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Decreto direttoriale n. 122 del 20 Ottobre 2023

ID 20638 | | Visite: 1179 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto direttoriale n  122 del 20 Ottobre 2023

Decreto direttoriale n. 122 del 20 Ottobre 2023 

ID 20638 | 22.10.2023

Decreto direttoriale n. 122 del 20 Ottobre 2023 - Iscrizione nel Repertorio nazionale degli organismi paritetici O.P.S.A.P

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Articolo 1 (Iscrizione nel Repertorio nazionale degli organismi paritetici)

1. L’“ORGANISMO PARITETICO SULLA SICUREZZA DELLA PROVINCIA DI ASCOLI PICENO" in breve "O.P.S.A.P.”, con sede legale in Ascoli Piceno in via Dino Angelini n. 62/A., è iscritto al numero 19 del Repertorio nazionale degli organismi paritetici, con decorrenza dalla data del presente decreto direttoriale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 11 ottobre 2022, n. 171.

Articolo 2 (Obblighi successivi all’iscrizione nel Repertorio nazionale degli organismi paritetici)

1. Ai sensi dell’articolo 4, comma 3, decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 11 ottobre 2022, n. 171, l’“ORGANISMO PARITETICO SULLA SICUREZZA DELLA PROVINCIA DI ASCOLI PICENO" in breve "O.P.S.A.P.” è tenuto a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all’iscrizione che possa determinare il venir meno dei requisiti identificativi di cui all’articolo 2 del citato Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 11 ottobre 2022, n. 171 e la conseguente cancellazione dal Repertorio.
2. Ai sensi dell’articolo 4, comma 4, Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 11 ottobre 2022, n. 171, al fine di assicurare la verifica periodica dei requisiti necessari per l’iscrizione nel Repertorio, ogni tre anni, a decorrere dalla data di iscrizione, l’ “ORGANISMO PARITETICO SULLA SICUREZZA DELLA PROVINCIA DI ASCOLI PICENO" in breve "O.P.S.A.P.” deve inviare alla Direzione generale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del legale rappresentante, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, volta a confermare la sussistenza dei requisiti che hanno consentito l’iscrizione nel Repertorio.

Articolo 3 (Efficacia dell’iscrizione nel Repertorio nazionale degli organismi paritetici)

1. L’iscrizione nel Repertorio nazionale degli organismi paritetici attesta la sussistenza dei requisiti identificativi di cui all’articolo 2, comma 2, Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 11 ottobre 2022, n. 171 e consente lo svolgimento dei compiti e delle attività di cui all’articolo 51decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

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Fonte: MLPS

Collegati

 

Ponteggi fissi: quadro normativo

ID 6110 | | Visite: 120730 | Documenti Riservati Sicurezza

Ponteggi fissi quadro normativo 2018

Ponteggi fissi: quadro normativo / Rev. 5.0 del 17.10.2023

ID 6110 | 17.10.2023 - Rev. 5.0 2023 / Documento completo allegato

In allegato Documento quadro normativo sui ponteggi fissi, in relazione all'autorizzazione alla costruzione e impiego, con Decreti, Circolari, rif norme tecniche e altra documentazione.

I ponteggi fissi (sistema di ponteggi di facciata secondo la UNI EN 12810-1), sono attrezzature di lavoro, e non macchine, e salvo assenza di movimenti, non sono soggetti alla Direttiva 2006/42/CE (macchine), e non sono rientranti nel campo di applicazione di altre direttive di prodotto. Non sono quindi soggetti a Marcatura CE.

Per essere autorizzati alla costruzione ed all'impiego è previsto il solo regime di autorizzazione ministeriale di cui all’Art. 131 del D.Lgs. 81/2008.

Il rilascio da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dell’autorizzazione alla costruzione ed all’impiego dei ponteggi era previsto già nel D.P.R. 164/56 all’art. 30.

Dal 1973 lo stesso Ministero ha emesso diverse centinaia di provvedimenti (autorizzazioni, estensioni, volture) che, fino alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 81/2008 (14 maggio 2008), avevano validità illimitata nel tempo.

Con il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, viene introdotto il concetto di periodo di validità limitato dell’autorizzazione ministeriale:

L’autorizzazione è soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verificare l’adeguatezza del ponteggio all’evoluzione del progresso tecnico (Art. 131 comma 5).

Nel mese di Maggio 2018, pubblicata la Circolare n. 10 del 28 maggio 2018 recante le istruzioni per il rinnovo delle autorizzazioni alla costruzione e all’impiego di ponteggi, ai sensi dell’art. 131, comma 5, del Decreto legislativo 9 aprile 2018, n. 81 e successive modificazioni.

Il 13 Ottobre 2023 è stata pubblicata la norma nazionale UNI 11927:2023 Attrezzature provvisionali - Ponteggi di facciata con funzione di protezione dei bordi - Requisiti prestazionali e metodi di prova, che diventa un ulteriore riferimento per gli operatori del settore.

UNI EN 12810-1:2004

Ai fini della presente norma europea si applicano i termini e le definizioni riportati nella EN 12811-1 e i seguenti.

Sistema di ponteggio:

a) serie di componenti collegati tra loro, prevalentemente progettati per ii sistema di ponteggio, e
b) serie base di configurazioni del sistema valutate, e
c) manuale del prodotto.
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UNI 11927:2023

La UNI 11927:2023 si applica ai ponteggi di facciata, costituiti da componenti prefabbricati o da tubi e giunti, intesi per proteggere l'utilizzatore dal rischio di caduta dall'alto dai bordi di superfici di lavoro piane e inclinate, diverse dagli impalcati del ponteggio. La norma specifica i requisiti prestazionali e i metodi di prova. Le superfici di lavoro piane e inclinate sono solo quelle il cui bordo non protetto è posizionato a un massimo di 50 cm più in alto rispetto all'ultimo impalcato superiore del ponteggio. Tali ponteggi hanno anche la funzione di trattenere i materiali che possano cadere dalle stesse superfici.

Il ponteggio di facciata  è un esempio di ponteggio di servizio

Ai fini della presente norma si applicano i termini e le definizioni di cui alla UNI EN 12810-1:2004 e UNI EN 12811-1:2004 e i termini e le definizioni seguenti [omiss].

Il ponteggio deve essere classificato in conformità al prospetto 1 della UNI EN 12810-1:2004
...

Alla data, è assente un database consultabile utilizzatori dei ponteggi autorizzati.

I titolari di autorizzazioni ministeriali dovranno trasmettere al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali apposite istanze di rinnovo delle autorizzazioni in corso, corredando tale richiesta da una copia delle autorizzazioni a suo tempo rilasciate dall'Amministrazione, da una dichiarazione resa dal legale rappresentante, ai sensi del D.P.R. 445/2000, circa il mantenimento dei requisiti di sicurezza del ponteggio e da una dichiarazione, anch’essa resa ai sensi del D.P.R. 445/2000, da cui risulti che la produzione del ponteggio è tuttora in corso.

Rev. 5.0 del 17 Ottobre 2023

Inseriti riferimenti:
UNI 11927:2023 | Ponteggi di facciata
Decreto Direttoriale n. 114 del 28 settembre 2023

Rev. 3.0 del 11 Gennaio 2023

Inseriti i seguenti riferimenti prassi:
Circolare MLPS 22 Novembre 1985 n.149
Circolare 9 Febbraio 1995 n. 20298/0M4

Autorizzazione ponteggio

I ponteggi fissi di cui all'Art. 131 del D.Lgs. 81/2008, per ciascun tipo di ponteggio, il fabbricante deve richiede al MLPS autorizzazione alla costruzione ed all'impiego (libretto), corredando la domanda di una relazione i cui contenuti sono riportati nell'Art. 132:

a) descrizione degli elementi che costituiscono il ponteggio, loro dimensioni con le tolleranze ammissibili e schema dell'insieme;
b) caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati e coefficienti di sicurezza adottati per i singoli materiali;
c) indicazione delle prove di carico, a cui sono stati sottoposti i vari elementi;
d) calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di impiego;
e) istruzioni per le prove di carico del ponteggio;
f) istruzioni per il montaggio, impiego e smontaggio del ponteggio;
g) schemi-tipo di ponteggio con l'indicazione dei massimi ammessi di sovraccarico, di altezza dei ponteggi e di larghezza degli impalcati per i quali non sussiste l'obbligo del calcolo per ogni singola applicazione.

Il MLPS, in aggiunta all'autorizzazione attesta, a richiesta e a seguito di esame della documentazione tecnica, la rispondenza del ponteggio già autorizzato anche alle norme UNI EN 12810 e UNI EN 12811 o per i giunti alla norma UNI EN 74.

L'autorizzazione è soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verificare l'adeguatezza del ponteggio all'evoluzione del progresso tecnico.

Alla data notizia, l'elenco delle ditte autorizzate, escludendo le autorizzazioni per cui sono scaduti i termini di rinnovo ai sensi del D.Lgs. 81/2008 art. 131 comma 5, sono riportate nelle:

Circolare MLPS n. 11 2014 del 23 aprile 2014
Circolare MLPS n. 18 2010 del 08 Giugno 2010
Circolare MLPS n. 11 2008 del 14 Aprile 2008 (Scadenza 14 maggio 2018)

La domanda di rilascio dell'autorizzazione alla costruzione e all'impiego di ponteggi va rivolta, dal fabbricante al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione Generale della tutela delle condizioni di lavoro e delle relazioni industriali, via Fornovo 8, Roma, utilizzando il seguente modello di istanza.

Scadenza 14 maggio 2018 delle autorizzazioni ponteggi richieste prima del 15 maggio 2008

La scadenza delle autorizzazioni dei ponteggi richieste prima del 15 maggio 2008. Le imprese possono comunque continuare ad impiegare tali ponteggi, anche dopo la cessazione della validità dell’autorizzazione, infatti con la Circolare MLPS n. 29 2010 il Ministero ha chiarito che in riferimento all'art. 131, comma 5 del D.Lgs. 81/2008:

il termine di validità delle autorizzazioni ministeriali rilasciate al fabbricante del ponteggio è il 14 maggio 2018, se sono state rilasciate prima del 15 maggio 2008, altrimenti dopo 10 anni dalla data di rilascio;

il Ministero ha però chiarito anche che tale autorizzazione riguarda il fabbricante del ponteggio o, comunque, chi l'ha richiesta, pertanto, l'impresa utilizzatrice potrà impiegare il ponteggio anche dopo la cessazione della validità decennale dell'autorizzazione; si ricorda comunque che in base all'art.15 del D.Lgs. 81/2008 i ponteggi come tutte le attrezzatture nei luoghi di lavoro per essere "a norma" devono consentire la migliore possibile sicurezza in funzione del progresso tecnico. 

 

Gruppo di lavoro ponteggi fissi Art. 131 e opere provvisionali Art. 122

Il Gruppo di lavoro fornisce, all’esito di idonea istruttoria, un parere tecnico in ordine al rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 131 del D.Lgs. 81/2008, nonché per eventuali profili applicativi in materia di opere provvisionali.

Il Decreto Direttoriale n.55 del 25/09/2020 è l'ultimo di ricostituzione del GL.

Relazione tecnica

La relazione tecnica dove includere almeno un indice generale e una premessa, vedi un modello esempio, in cui l'azienda richiedente indica il luogo di produzione e i nomi dei fornitori, e si impegna produrre all'interno dei suoi stabilimenti, almeno i componenti fondamentali del ponteggio specificati nella Circolare MLPS n. 30 del 29/09/2003.

Le istruzioni per la compilazione delle relazioni tecniche sono contenute nei seguenti documenti:

- Ponteggio a tubi e giunti (PTG) | Circolare MLPS n. 85 del 09/11/1978;
- Ponteggio a telai prefabbricati (PTP) | Circolare MLPS n. 44 del 15/05/1990;
- Ponteggio a montanti e traversi prefabbricati (PMTP) | Circolare MLPS n. 132 del 24/10/1991;

Durante la stesura delle relazioni occorre tener conto anche di quanto disposto da: 

D.M. del 02/09/1968
- Circolare MLPS n. 28 del 08/07/2004 
Lettera Circolare n. 22787/OM4 del 21/01/1999.

Ai sensi del D.P.C.M. n. 46 del 18/02/2011, tabella A n. prog. 13, la durata totale del procedimento di autorizzazione non può superare i 120 giorni.

Documentazione in cantiere

Nei cantieri in cui vengono usati ponteggi deve essere tenuta ed esibita, a richiesta degli organi di vigilanza, copia della documentazione di cui al comma 6 dell'articolo 131 del D.Lgs. 81/2008 (Libretto di Autorizzazione Ministeriale) e copia del piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in caso di lavori in quota, i cui contenuti sono riportati nell'allegato XXII del presente Titolo.

Il libretto di Autorizzazione Ministeriale da tenere in cantiere ed esibire agli organi di vigilanza è composto da:

- Copia della lettera di rilascio dell'Autorizzazione.
- Un allegato solitamente che contiene un estratto della relazione tecnica allegata all'istanza, su cui è stato apposto il timbro del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in ogni pagina. Ai sensi del D.Lgs. 81/2008 art. 131 comma 6, l'allegato 1 deve contenere almeno i capitoli da 4 a 7.
- Un secondo allegato solitamente contrassegnato con il numero 2, fornito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali contestualmente al rilascio dell'Autorizzazione, uguale per tutti i fabbricanti e sostanzialmente identico all'allegato 2 alla Circolare MLPS n. 132 del 24/10/1991.

Norme tecniche

Il MLPS, in aggiunta alla documentazione di autorizzazione, a richiesta e a seguito di esame della documentazione tecnica, può richiedere la rispondenza del ponteggio già autorizzato anche alle norme UNI EN 12810 e UNI EN 12811 o per i giunti alla norma UNI EN 74.

UNI 11927:2023 Attrezzature provvisionali - Ponteggi di facciata con funzione di protezione dei bordi - Requisiti prestazionali e metodi di prova, che diventa un ulteriore riferimento per gli operatori del settore.

La UNI 11927:2023 si applica ai ponteggi di facciata, costituiti da componenti prefabbricati o da tubi e giunti, intesi per proteggere l'utilizzatore dal rischio di caduta dall'alto dai bordi di superfici di lavoro piane e inclinate, diverse dagli impalcati del ponteggio. La norma specifica i requisiti prestazionali e i metodi di prova. Le superfici di lavoro piane e inclinate sono solo quelle il cui bordo non protetto è posizionato a un massimo di 50 cm più in alto rispetto all'ultimo impalcato superiore del ponteggio. Tali ponteggi hanno anche la funzione di trattenere i materiali che possano cadere dalle stesse superfici.

UNI EN 12810-1:2004 Ponteggi di facciata realizzati con componenti prefabbricati - Parte 1: Specifiche di prodotto

La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 12810-1 (edizione dicembre 2003). La norma specifica i requisiti prestazionali e i requisiti generali per la progettazione costruttiva e valutazione per i sistemi di ponteggi di facciata prefabbricati.

UNI EN 12810-2:2004 Ponteggi di facciata realizzati con componenti prefabbricati - Parte 2: Metodi particolari di progettazione strutturale

La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 12810-2 (edizione dicembre 2003). La norma definisce le regole per la progettazione e l analisi strutturale dei sistemi di ponteggi di facciata attraverso calcoli e prove in conformità con la UNI EN 12810-1.

UNI EN 12811-1:2004 Attrezzature provvisionali di lavoro - Parte 1: Ponteggi - Requisiti prestazionali e progettazione generale

La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 12811-1 (edizione dicembre 2003). La norma specifica i requisiti prestazionali e i metodi di progettazione strutturale e generale per ponteggi di accesso e di lavoro.

UNI EN 12811-2:2004 Attrezzature provvisionali di lavoro - Parte 2: Informazioni sui materiali

La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 12811-2 (edizione febbraio 2004). La norma fornisce una guida su dove trovare le informazioni sui materiali usati di solito nei lavori temporanei.

UNI EN 12811-3:2005 Attrezzature provvisionali di lavoro - Parte 3: Prove di carico

La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese e italiana della norma europea EN 12811-3 (edizione novembre 2002). La norma specifica le regole per le prove di carico, la documentazione e la valutazione dei risultati di prova nel campo delle attrezzature di lavoro provvisionali ad azionamento non meccanico.

UNI EN 12811-4:2014 Attrezzature provvisionali di lavoro - Parte 4: Parasassi per ponteggi - Requisiti prestazionali e progettazione del prodotto

La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 12811-4 (edizione novembre 2013). La norma specifica i requisiti del prodotto, i metodi di progettazione strutturale e generale e le prove relativi a parasassi per ponteggi, destinati a proteggere i lavoratori e i passanti dalla caduta di oggetti dai ponteggi.
La norma si applica solamente a parasassi per i ponteggi che sono utilizzati come luoghi di lavoro.

UNI EN 74-1:2022
Giunti, spinotti e basette per l'utilizzo in strutture di sostegno per opere permanenti e ponteggi - Parte 1: Giunti per tubi - Requisiti e procedimenti di prova

La norma specifica per i giunti ortogonali, i giunti girevoli, i giunti a manicotto e i giunti paralleli:
- i materiali;
- i requisiti di progetto;
- le classi di resistenza con differenti parametri strutturali inclusi valori di resistenza e di rigidezza;
- i procedimenti di prova;
- la verifica e fornisce
- le raccomandazioni per il controllo durante la produzione.

UNI EN 74-2:2022
Giunti, spinotti e basette per l'utilizzo in strutture di sostegno per opere permanenti e ponteggi - Parte 2: Giunti speciali - Requisiti e procedimenti di prova

La norma specifica:
- i materiali,
- i requisiti di progetto,
- i valori specificati di resistenza e di rigidezza che un giunto deve ottenere quando sottoposto a prova,
- i procedimenti di prova e verifica, per i seguenti giunti speciali:
- mezzi giunti a vite e a cuneo, giunti a manicotto con perni a taglio, giunti di riduzione ortogonali e giunti di riduzione girevoli.
Essa fornisce raccomandazioni per il controllo durante la produzione. 

UNI EN 74-3:2007 Giunti, spinotti e basette per l utilizzo in strutture di sostegno per opere permanenti e ponteggi - Parte 3: Basette piane e spinotti - Requisiti e procedimenti di prova

La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 74-3 (edizione aprile 2007). La norma specifica per basette piane e sagomate e spinotti sciolti da utilizzare con tubi con diametro di 48,3 mm in ponteggi e strutture di sostegno per opere permanenti:
- materiali,
- requisiti di progetto,
- procedimenti di prova,
- verifica.

UNI EN 16508:2016 Attrezzature provvisionali di lavoro - Copertura ed incapsulamento temporanei delle costruzioni - Requisiti prestazionali e di progettazione

La presente norma europea specifica i requisiti prestazionali e i metodi di progettazione sia per le coperture temporanee sia per gli incapsulamenti temporanei delle costruzioni.

È possibile proteggere le costruzioni in diversi modi, mediante: copertura sostenuta da una costruzione permanente esistente, copertura sostenuta da un ponteggio, copertura sostenuta da un'altra costruzione temporanea (esempio: struttura in acciaio), parete sostenuta da una costruzione separata, incapsulamento costituito da una struttura temporanea completa (includente una copertura, le pareti ed i corrispondenti sostegni temporanei)

Esempio di libretto (Fonte Marcegaglia)
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Ponteggi fissi   Quadro normativo

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Estratto normativo

D.Lgs. 81/2008
Titolo IV CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI

Capo II
Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota

Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname

Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname

Art. 122. Ponteggi ed opere provvisionali

1. Nei lavori in quota, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose conformemente ai punti 2, 3.1, 3.2 e 3.3 dell'allegato XVIII.

Art. 123. Montaggio e smontaggio delle opere provvisionali

1. Il montaggio e lo smontaggio delle opere provvisionali devono essere eseguiti sotto la diretta sorveglianza di un preposto ai lavori.

Art. 124. Deposito di materiali sulle impalcature

1. Sopra i ponti di servizio e sulle impalcature in genere è vietato qualsiasi deposito, eccettuato quello temporaneo dei materiali ed attrezzi necessari ai lavori.

2. Il peso dei materiali e delle persone deve essere sempre inferiore a quello che è consentito dalla resistenza strutturale del ponteggio; lo spazio occupato dai materiali deve consentire i movimenti e le manovre necessarie per l'andamento del lavoro.

Art. 125. Disposizione dei montanti 

1. I montanti devono essere costituiti con elementi accoppiati, i cui punti di sovrapposizione devono risultare sfalsati di almeno un metro; devono altresì essere verticali o leggermente inclinati verso la costruzione.

2. Per le impalcature fino ad 8 metri di altezza sono ammessi montanti singoli in un sol pezzo; per impalcature di altezza superiore, soltanto per gli ultimi 7 metri i montanti possono essere ad elementi singoli.

3. Il piede dei montanti deve essere solidamente assicurato alla base di appoggio o di infissione in modo che sia impedito ogni cedimento in senso verticale ed orizzontale.

4. L'altezza dei montanti deve superare di almeno m 1,20 l'ultimo impalcato; dalla parte interna dei montanti devono essere applicati correnti e tavola fermapiede a protezione esclusivamente dei lavoratori che operano sull'ultimo impalcato.

5. La distanza tra due montanti consecutivi non deve essere superiore a m 3,60; può essere consentita una maggiore distanza quando ciò sia richiesto da evidenti motivi di esercizio del cantiere, purché, in tale caso, la sicurezza del ponteggio risulti da un progetto redatto da un ingegnere o architetto corredato dai relativi calcoli di stabilità.

6. Il ponteggio deve essere efficacemente ancorato alla costruzione almeno in corrispondenza ad ogni due piani di ponteggio e ad ogni due montanti, con disposizione di ancoraggi a rombo o di pari efficacia.

Art. 126. Parapetti

1. Gli impalcati e ponti di servizio, le passerelle, le andatoie, che siano posti ad un'altezza maggiore di 2 metri, devono essere provvisti su tutti i lati verso il vuoto di robusto parapetto e in buono stato di conservazione.

Art. 127. Ponti a sbalzo

1. Nei casi in cui particolari esigenze non permettono l'impiego di ponti normali, possono essere consentiti ponti a sbalzo purché la loro costruzione risponda a idonei procedimenti di calcolo e ne garantisca la solidità e la stabilità.

Art. 128. Sottoponti

1. Gli impalcati e ponti di servizio devono avere un sottoponte di sicurezza, costruito come il ponte, a distanza non superiore a m 2,50.

2. La costruzione del sottoponte può essere omessa per i ponti sospesi, per le torri di carico, per i ponti a sbalzo e quando vengano eseguiti lavori di manutenzione e di riparazione di durata non superiore a cinque giorni.

Art. 129. Impalcature nelle costruzioni in conglomerato cementizio

1. Nella esecuzione di opere a struttura in conglomerato cementizio, quando non si provveda alla costruzione da terra di una normale impalcatura con montanti, prima di iniziare la erezione delle casseforme per il getto dei pilastri perimetrali, deve essere sistemato, in corrispondenza al piano raggiunto, un regolare ponte di sicurezza a sbalzo, avente larghezza utile di almeno m 1,20.

2. Le armature di sostegno del cassero per il getto della successiva soletta o della trave perimetrale, non devono essere lasciate sporgere dal filo del fabbricato più di 40 centimetri per l'affrancamento della sponda esterna del cassero medesimo. Come sotto ponte può servire l'impalcato o ponte a sbalzo costruito in corrispondenza al piano sottostante.

3. In corrispondenza ai luoghi di transito o stazionamento deve essere sistemato, all'altezza del solaio di copertura del piano terreno, un impalcato di sicurezza (mantovana) a protezione contro la caduta di materiali dall'alto. Tale protezione può essere sostituita con una chiusura continua in graticci sul fronte del ponteggio, qualora presenti le stesse garanzie di sicurezza, o con la segregazione dell'area sottostante.

Art. 130. Andatoie e passerelle

1. Le andatoie devono avere larghezza non minore di m 0,60, quando siano destinate soltanto al passaggio di lavoratori e di m 1,20, se destinate al trasporto di materiali. La loro pendenza non deve essere maggiore del 50 per cento.

2. Le andatoie lunghe devono essere interrotte da pianerottoli di riposo ad opportuni intervalli; sulle tavole delle andatoie devono essere fissati listelli trasversali a distanza non maggiore del passo di un uomo carico.

Sezione V
Ponteggi fissi

Art. 131. Autorizzazione alla costruzione ed all'impiego 

1. La costruzione e l'impiego dei ponteggi realizzati con elementi portanti prefabbricati, metallici o non, sono disciplinati dalle norme della presente sezione.

2. Per ciascun tipo di ponteggio, il fabbricante chiede al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali l'autorizzazione alla costruzione ed all'impiego, corredando la domanda di una relazione nella quale devono essere specificati gli elementi di cui all'articolo seguente.

3. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in aggiunta all'autorizzazione di cui al comma 2 attesta, a richiesta e a seguito di esame della documentazione tecnica, la rispondenza del ponteggio già autorizzato anche alle norme UNI EN 12810 e UNI EN 12811 o per i giunti alla norma UNI EN 74.

4. Possono essere autorizzati alla costruzione ed all'impiego ponteggi aventi interasse qualsiasi tra i montanti della stessa fila a condizione che i risultati adeguatamente verificati delle prove di carico condotte su prototipi significativi degli schemi funzionali garantiscano la sussistenza dei gradi di sicurezza previsti dalle norme di buona tecnica.

5. L'autorizzazione è soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verificare l'adeguatezza del ponteggio all'evoluzione del progresso tecnico.

6. Chiunque intende impiegare ponteggi deve farsi rilasciare dal fabbricante copia della autorizzazione di cui al comma 2 e delle istruzioni e schemi elencati al comma 1, lettere d), e), f) e g) dell'articolo 132.

7. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali si avvale anche dell'ISPESL per il controllo delle caratteristiche tecniche dei ponteggi dichiarate dal titolare dell'autorizzazione, attraverso controlli a campione presso le sedi di produzione.

Art. 132. Relazione tecnica

1. La relazione di cui all'articolo 131 deve contenere:

a) descrizione degli elementi che costituiscono il ponteggio, loro dimensioni con le tolleranze ammissibili e schema dell'insieme;

b) caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati e coefficienti di sicurezza adottati per i singoli materiali;

c) indicazione delle prove di carico, a cui sono stati sottoposti i vari elementi;

d) calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di impiego;

e) istruzioni per le prove di carico del ponteggio;

f) istruzioni per il montaggio, impiego e smontaggio del ponteggio;

g) schemi-tipo di ponteggio con l'indicazione dei massimi ammessi di sovraccarico, di altezza dei ponteggi e di larghezza degli impalcati per i quali non sussiste l'obbligo del calcolo per ogni singola applicazione.

Art. 133. Progetto

1. I ponteggi di altezza superiore a 20 metri e quelli per i quali nella relazione di calcolo non sono disponibili le specifiche configurazioni strutturali utilizzate con i relativi schemi di impiego, nonché le altre opere provvisionali, costituite da elementi metallici o non, oppure di notevole importanza e complessità in rapporto alle loro dimensioni ed ai sovraccarichi, devono essere eretti in base ad un progetto comprendente:

a) calcolo di resistenza e stabilità eseguito secondo le istruzioni approvate nell'autorizzazione ministeriale;

b) disegno esecutivo.

2. Dal progetto, che deve essere firmato da un ingegnere o architetto abilitato a norma di legge all'esercizio della professione, deve risultare quanto occorre per definire il ponteggio nei riguardi dei carichi, delle sollecitazioni e dell'esecuzione.

3. Copia dell'autorizzazione ministeriale di cui all'articolo 131 e copia del progetto e dei disegni esecutivi devono essere tenute ed esibite, a richiesta degli organi di vigilanza, nei cantieri in cui vengono usati i ponteggi e le opere provvisionali di cui al comma 1.

Art. 134. Documentazione

1. Nei cantieri in cui vengono usati ponteggi deve essere tenuta ed esibita, a richiesta degli organi di vigilanza, copia della documentazione di cui al comma 6 dell'articolo 131 e copia del piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in caso di lavori in quota, i cui contenuti sono riportati nell'allegato XXII del presente Titolo.

2. Le eventuali modifiche al ponteggio, che devono essere subito riportate sul disegno, devono restare nell'ambito dello schema-tipo che ha giustificato l'esenzione dall'obbligo del calcolo.

Art. 135. Marchio del fabbricante

1. Gli elementi dei ponteggi devono portare impressi, a rilievo o ad incisione, e comunque in modo visibile ed indelebile il marchio del fabbricante.

Art. 136. Montaggio e smontaggio

1. Nei lavori in quota il datore di lavoro provvede a redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in funzione della complessità del ponteggio scelto, con la valutazione delle condizioni di sicurezza realizzate attraverso l'adozione degli specifici sistemi utilizzati nella particolare realizzazione e in ciascuna fase di lavoro prevista. Tale piano può assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato da istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio, ed è messo a disposizione del preposto addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati.

2. Nel serraggio di più aste concorrenti in un nodo i giunti devono essere collocati strettamente l'uno vicino all'altro.

3. Per ogni piano di ponte devono essere applicati due correnti, di cui uno può fare parte del parapetto.

4. Il datore di lavoro assicura che:

a) lo scivolamento degli elementi di appoggio di un ponteggio è impedito tramite fissaggio su una superficie di appoggio, o con un dispositivo antiscivolo, oppure con qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;

b) i piani di posa dei predetti elementi di appoggio hanno una capacità portante sufficiente;

c) il ponteggio è stabile;

d) Lettera soppressa dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106;

e) le dimensioni, la forma e la disposizione degli impalcati di un ponteggio sono idonee alla natura del lavoro da eseguire, adeguate ai carichi da sopportare e tali da consentire un'esecuzione dei lavori e una circolazione sicure;

f) il montaggio degli impalcati dei ponteggi è tale da impedire lo spostamento degli elementi componenti durante l'uso, nonché la presenza di spazi vuoti pericolosi fra gli elementi che costituiscono gli impalcati e i dispositivi verticali di protezione collettiva contro le cadute.

5. Il datore di lavoro provvede ad evidenziare le parti di ponteggio non pronte per l'uso, in particolare durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione, mediante segnaletica di avvertimento di pericolo generico e delimitandole con elementi materiali che impediscono l'accesso alla zona di pericolo, ai sensi del titolo V.

6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d'arte e conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste.

7. La formazione di cui al comma 6 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:

a) la comprensione del piano di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio;

b) la sicurezza durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio con riferimento alla legislazione vigente;

c) le misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone o di oggetti;

d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle condizioni meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;

e) le condizioni di carico ammissibile;

f) qualsiasi altro rischio che le suddette operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione possono comportare.

8. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.

Art. 137. Manutenzione e revisione

1. Il responsabile del cantiere, ad intervalli periodici o dopo violente perturbazioni atmosferiche o prolungata interruzione di lavoro deve assicurarsi della verticalità dei montanti, del giusto serraggio dei giunti, della efficienza degli ancoraggi e dei controventi, curando l'eventuale sostituzione o il rinforzo di elementi inefficienti. 

2. I vari elementi metallici devono essere difesi dagli agenti nocivi esterni con idonei sistemi di protezione.

Art. 138. Norme particolari

1. Le tavole che costituiscono l'impalcato devono essere fissate in modo che non possano scivolare sui traversi metallici.

2. È consentito un distacco delle tavole del piano di calpestio dalla muratura non superiore a 20 centimetri.

3. È fatto divieto di gettare dall'alto gli elementi del ponteggio.

4. È fatto divieto di salire e scendere lungo i montanti.

5. Per i ponteggi di cui alla presente sezione valgono, in quanto applicabili, le disposizioni relative ai ponteggi in legno. Sono ammesse deroghe:

a) alla disposizione di cui all'articolo 125, comma 4, a condizione che l'altezza dei montanti superi di almeno 1 metro l'ultimo impalcato (...);

b) alla disposizione di cui all'articolo 126, comma 1, a condizione che l'altezza del parapetto sia non inferiore a 95 cm rispetto al piano di calpestio;

c) alla disposizione di cui all'articolo 126, comma 1, a condizione che l'altezza del fermapiede sia non inferiore a 15 cm rispetto al piano di calpestio;

d) Lettera soppressa dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.

... Segue in allegato

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Matrice revisioni

Rev. Data Oggetto
5.0 17.10.2023 Aggiunti riferimenti:
UNI 11927:2023 | Ponteggi di facciata
Decreto Direttoriale n. 114 del 28 settembre 2023
4.0 24.07.2023 Inseriti i seguenti riferimenti prassi:
Circolare n. 3/2003 del 23/05/2003 Prot. 21112 /PR/OP/PONT/CIRC
Nota del 14/04/2023, prot. n. 2573
Nota INL del 17 giugno 2022 prot. n. 3687
3.0 11.01.2023 Inseriti i seguenti riferimenti prassi:
Circolare MLPS 22 Novembre 1985 n.149
Circolare 9 Febbraio 1995 n. 20298/0M4
2.0 02.12.2022

Inseriti i seguenti riferimenti normativi:
DM del MLPS 2 settembre 1968
DM del MLPS 23 marzo 1990 n. 115
DM del MLPS 22 maggio 1992 n. 466
DM del MLPS 19 settembre 2000
Decreto Direttoriale n.55 del 25/09/2020
Decreto Direttoriale MLPS n. 84 del 18 Ottobre 2022

Inseriti i seguenti riferimenti prassi:
Circolare MLPS n. 3 dell’08/01/2001
Circolare MLPS n. 7 del 12/01/2001
Circolare MLPS n. 20 del 23/05/2003
Circolare MLPS n. 11 del 24/03/2004
Circolare MLPS n. 4 del 22/02/2006
Circolare MLPS n. 11 del 04/04/2006
Circolare MLPS n. 30 del 03/11/2006
Circolare MLPS n. 3 del 25/01/2008 

Inserito Interpello n. 16/2015 del 29.12.2015

Aggiornate norme tecniche:
- UNI EN 74-1:2022
- UNI EN 74-2:2022

Inseriti link normativi: http://www.tussl.it
1.0 28.05.2018 Aggiunta Circolare n. 10 del 28 maggio 2018
0.0 09.05.2018 ---

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Misure di sicurezza per manipolare farmaci pericolosi

ID 20619 | | Visite: 2344 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Misure di sicurezza per manipolare farmaci pericolosi

Misure di sicurezza per manipolare farmaci pericolosi / INAIL 2023

ID 20619 | 19.10.2023 / In allegato

Misure di sicurezza, ricerca e innovazione tecnologica per manipolare farmaci pericolosi: garanzia di tutela con la norma in evoluzione

Il 9 marzo 2022, l'Unione Europea ha pubblicato la direttiva 2022/431, un emendamento alla direttiva 2004/37/EC, con l'obiettivo di migliorare la protezione dei lavoratori da esposizioni ad agenti cancerogeni, mutageni e reprotossici.

Tra le novità la direttiva 431 enfatizza l'importanza dell'implementazione di misure di sicurezza per evitare l'esposizione a farmaci pericolosi, un'area non così evidenziata precedentemente. Al riguardo si richiede una attenta valutazione dei rischi, la messa in atto di tutti gli interventi di prevenzione - protezione considerando, in aderenza ai disposti legislativi, le acquisizioni della comunità scientifica e le innovazioni tecnologiche, specialmente in ambienti sanitari o dove vengono maneggiati o prodotti.

...

Fonte: INAIL

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Curva di Bradley / Note

ID 20360 | | Visite: 5779 | Documenti Riservati Sicurezza

Curva di Bradley

Curva di Bradley - DuPont / Note - Esempio applicazione

ID 20360 | 10.09.2023 / In allegato Nota completa

La curva di Bradley si basa su un dato fondamentale: la maggior parte degli infortuni sul lavoro sono causati dal comportamento umano o non vengono prevenuti da esso. Infatti, le statistiche delle associazioni di categoria e di altre organizzazioni attive a livello internazionale mostrano che i comportamenti personali sono responsabili di oltre l'85% degli infortuni sul lavoro.

Per ridurre gli infortuni sul lavoro occorre considerare questo numero come un fattore (cultura della sicurezza) su cui agire.

La curva di Bradley è stata sviluppata da Berlin Bradley nel 1995, un dipendente della DuPont. Egli raccolse le sue intuizioni teoriche in una matrice, supportandole successivamente con delle prove scientifiche. La curva di Bradley descrive quattro fasi della cultura della sicurezza.

Il metodo “Curva di Bradley” è una rappresentazione visiva della relazione tra il livello di cultura della sicurezza e il livello di protezione del lavoro, il coinvolgimento dei dipendenti, la loro interdipendenza e il sostegno reciproco. I suoi vantaggi includono la semplicità, la disponibilità e l'uso di effetti sia negativi che favorevoli. Questo metodo prevede un semplice diagramma che mostra la relazione principale tra livello di infortuni e produttività, per la quale è possibile sviluppare misure di gestione della sicurezza.

Garantire la sicurezza del lavoro è una delle condizioni fondamentali per il buon funzionamento e lo sviluppo di un'impresa. L’organizzazione del lavoro di squadra consente di eliminare e identificare tempestivamente i pericoli. Questo aiuta a prevenire gli infortuni sul lavoro.

La “Curva di Bradley” mostra che maggiori sono gli sforzi comuni volti a garantire condizioni di lavoro sicure e formazione del personale, minore è la probabilità di incidenti. Se il personale si prende cura della propria sicurezza non solo sotto l'influenza degli istinti naturali, sotto la supervisione della leadership, ma mostra anche attività personale e capacità di lavoro di squadra, il livello di sicurezza sul lavoro aumenta notevolmente.

L’esperienza di implementazione del metodo “Curva di Bradley” ha dimostrato che gli sforzi di sistema dei manager per costruire una cultura progressiva della sicurezza porteranno a risultati tangibili e sostenibili:

1. Formazione di un ambiente di lavoro sicuro che favorisca la liberazione del potenziale del personale;

2. Ridurre il numero di errori sul posto di lavoro;

3. Sicurezza e prolungamento del tempo di funzionamento delle apparecchiature.

Diagramma / Curva di Bradley

L’evoluzione della cultura della sicurezza si articola in quattro fasi. A seconda del livello di maturità dell’organizzazione, queste fasi sono caratterizzate come segue:

- Fase - 

1. Reattivo: comportamento istintivonon esiste una gestione della sicurezza. Tasso di infortuni più alto e prestazione più bassa. Le persone stesse decidono come agire in base alla propria esperienza personale;
2. Dipendente: gestione sotto forma di supervisione. C'è una diminuzione del livello di lesioni;
3. Indipendente: comportamento sicuro. ll comportamento sicuro delle persone è determinato dalla loro stessa coscienza, dall'apprendimento.
4. Interdipendente: organizzazione del lavoro di squadra. Basato su obiettivi e valori comuni, prendersi cura degli altri membri del team.
È con questo approccio che il livello infortunistico è più basso e tende a zero con un contestuale aumento della produttività.

Figura 1 – Diagramma / Curva di Bradley

DuPont Bradley Curve Diagrams

Queste fasi consentono di comprendere quali metodi di gestione della sicurezza sul lavoro risulteranno efficaci nell'organizzazione e di sviluppare, di conseguenza, le misure necessarie.

Studi moderni (vedi a seguire) dimostrano che per porre rimedio alla situazione attuale è necessario identificare attentamente i microtraumi (rilevati/registrati e non rilevati/registrati) (Schema 1)

Possono essere dovuti allo stato psicofisiologico del lavoratore, alle sue qualifiche, allo stato dei principali elementi delle linee tecnologiche in generale e a tipi specifici di attrezzature in particolare, e altri.

Di conseguenza, la padronanza delle competenze del personale nell'organizzazione del lavoro di squadra preverrà non solo gli infortuni, ma anche i microtraumi nella fase di esecuzione del lavoro.

Schema 1   Fase della Curva di Bradley analizzando i microtraumi

Schema 1 – Fase della Curva di Bradley analizzando i microtraumi

[...] Segue in allegato

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Decreto direttoriale n. 111 del 20 settembre 2023

ID 20487 | | Visite: 8595 | Decreti Sicurezza lavoro

DD n  111 del 20 settembre 2023

DD n. 111 del 20 settembre 2023 / Pubblicato in GU

ID 20487 | Update 16.10.2023 / In allegato Decreto direttoriale 

Rivalutazione sanzioni violazioni in materia di salute e sicurezza dal 1° luglio 2023 del 15,9%

Decreto direttoriale n. 111 del 20 settembre 2023 - Rivalutazione delle ammende riferite alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché, da aventi forza di legge, a decorrere dal 1° luglio 2023.

(GU n. 242 del 16.10.2023)

...

VISTO il decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, recante “Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”;

VISTO in particolare, l’articolo 306, comma 4-bis, del citato decreto legislativo n. 81 del 2008, secondo il quale “Le ammende previste con riferimento alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente decreto nonché da atti aventi forza di legge sono rivalutate ogni cinque anni con decreto del direttore generale della Direzione generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in misura pari all'indice ISTAT dei prezzi al consumo previo arrotondamento delle cifre al decimale superiore”;

VISTO il decreto del Capo dell’Ispettorato nazionale del lavoro n. 12 del 6 giugno 2018, con il quale si è provveduto a rivalutare, a decorrere dal 1° luglio 2018, le ammende previste con riferimento alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal decreto 9 aprile 2008, n. 81 nonché da atti aventi forza di legge;

VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 5 marzo 2017, n. 57, recante “Regolamento di organizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali”, come modificato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 giugno 2021, n. 140, che ha previsto l’istituzione della Direzione generale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro;

VISTA la nota prot. 0002575.16-03-2022 dell’Ufficio Legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la quale si ritiene che con riferimento alla procedura di rivalutazione delle ammende e delle sanzioni pecuniarie “…omissis…la relativa funzione non può che rientrare tra le attività di competenza del vigilante MPLS”;

VISTA la variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo registratasi nel quinquennio 2019- 2023 che, arrotondata ai sensi del citato articolo 306, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 81 del 2008, risulta pari a 15,9%;

RITENUTO pertanto di dover procedere alla rivalutazione quinquennale delle ammende previste con riferimento alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, nonché da atti aventi forza di legge

Articolo 1 

1. Le ammende riferite alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché da atti aventi forza di legge, sono rivalutate, a decorrere dal 1° luglio 2023, nella misura del 15,9%.

...

Fonte: MLPS

D.Lgs. 81/2008 

Art. 306 - Disposizioni finali
.
..

4-bis. Le ammende previste con riferimento alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente decreto nonché da atti aventi forza di legge sono rivalutate ogni cinque anni con decreto del direttore generale della Direzione generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in misura pari all’indice ISTAT dei prezzi al consumo previo arrotondamento delle cifre al decimale superiore. In sede di prima applicazione la rivalutazione avviene, a decorrere dal 1° luglio 2013, nella misura del 9,6% e si applica esclusivamente alle sanzioni irrogate per le violazioni commesse successivamente alla suddetta data.

Le maggiorazioni derivanti dalla applicazione del presente comma sono destinate, per la metà del loro ammontare, al finanziamento di iniziative di vigilanza nonché di prevenzione e promozione in materia di salute e sicurezza del lavoro effettuate dalle Direzioni territoriali del lavoro.

A tal fine le predette risorse sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio

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Progetto "Primo...non morire" - ATS Brianza

ID 20565 | | Visite: 3660 | Documenti Riservati Sicurezza

Progetto Primo NON morire

Progetto "Primo...non morire" - ATS Brianza

ID 20565 | 12.10.2023 / Materiale allegato

Il progetto nasce dall’esigenza di contrastare l’incremento di infortuni mortali che si è verificato in Lombardia nel 2018-19 e che nel 2019 in Brianza ha fatto registrare un numero di casi molto più alto del consueto.

Caratteristiche comuni a molti di questi infortuni mortali sono la ripetitività delle modalità di accadimento e la presenza di cause anche banali e facilmente eliminabili.

Per questo motivo il Comitato Territoriale di Coordinamento ha pensato di intervenire con un’ottica di priorità verso le situazioni più frequenti e gravi, affrontandole con un l’approccio del Triage: «primo non morire».

Alla preparazione dei materiali hanno collaborato, nell’ambito del Comitato Territoriale di Coordinamento: API Lecco, ATS - Brianza, Confartigianato Imprese Lecco, Confindustria Lecco Sondrio, ESEM CPT, ESPE Lecco, INAIL Prov. Lecco, INAIL Prov. Monza, Ordine Ingegneri Monza e Brianza.

Obiettivi

- Contrastare il continuo verificarsi di infortuni mortali facilmente evitabili con le misure di prevenzione. MOLTE COSE POSSONO SEMBRARE BANALI MA PER QUESTE BANALITA’ SI MUORE ANCORA!!!

-  Non sostituire ma supportare la valutazione dei rischi effettuata dal datore di lavoro; infatti, in tema di prevenzione, NON E’ POSSIBILE SEMPLIFICARE MA SI PUO’ AIUTARE chi è coinvolto nelle valutazione e prevenzione dei rischi a GESTIRE LA COMPLESSITA’.

- Fare in modo che le situazioni di rischio grave o mortale siano prioritariamente e adeguatamente gestite dall’azienda, fermo restando che tutti gli adempimenti relativi alla sicurezza e salute sul lavoro devono essere attuati.

- Nella logica del TRIAGE, intervenire subito sulle situazioni di rischio che possono produrre il maggior numero di danni irreversibili nel breve periodo.

Contenuto e metodo di lavoro utilizzato:

A partire dall’analisi dei dati statistici delle dinamiche di accadimento di tutti i 13.153 infortuni sul lavoro gravi, di cui 394 mortali, avvenuti dal 2010 al 2017 in Regione Lombardia (estratti per similitudine, sulla base di quelli definiti come “Traumi Maggiori” dal sistema AREU dei Pronto Soccorso), sono state individuate le modalità di accadimento più ricorrenti nei vari comparti. L’analisi è stata completata con i dati registrati in MAPI di Regione Lombardia che contiene i risultati delle indagini per infortunio grave sul lavoro svolte dal personale di ATS. Infine, i gruppi tematici di esperti hanno delineato le “modalità tipo” di evento da trattare, effettuando una valutazione multifattoriale dei fattori di rischio (Diagrammi Fishbone) alla base degli infortuni.

Per queste modalità, oltre ai diagrammi, sono fornite alcune delle “misure minime di prevenzione” da mettere subito in campo.

Il lavoro è “IN PROGRESS”; attualmente è coperto circa il 20% delle modalità di accadimento dei traumi maggiori e degli infortuni mortali; man mano che l’analisi proced e, saranno pubblicati successivi aggiornamenti per ampliare la copertura sulle modalità e integrare ulteriori analisi e metodi di prevenzione.

Il «ruolo» dell’energia negli infortuni - E’ l’energia che ferisce e uccide!

Ricercare dove si trova l’ENERGIA aiuta ad individuare i FATTORI DI RISCHIO con i relativi PERICOLI e a valutare e gestire i RISCHI.

Lo studio delle variazioni dell’energia è anche alla base del metodo utilizzato per l’analisi delle cause degli incidenti ed infortuni dell’altra Campagna di promozione della sicurezza di questa ATS “Impariamo dagli errori”.

L’analisi dell’albero delle cause dei singoli infortuni evidenzia che i determinanti che hanno consentito all’energia di danneggiare il lavoratore sono MULTIFATTORIALI, quindi anche le misure di prevenzione devono essere molteplici, seguendo sempre il principio della RIDONDANZA che significa mettere più barriere di protezione (attrezzature sicure, procedure di lavoro corrette, informazione, formazione, addestramento, vigilanza, ecc.) a tutela dei lavoratori.

Flusso di lavoro e ruoli

Per lo studio dei dati statistici e la preparazione dei materiali è stato definito questo flusso di lavoro

Progetto Primo non morire  Organigramma

Il progetto è aperto a contributi esterni

Uno degli obiettivi dei piani straordinari di regione Lombardia per la prevenzione degli infortuni è la raccolta di soluzione tecniche preventive e di buone pratiche; le aziende che lo desiderano possono inviare una scheda completa di tipo Pxxxx, con le misure di prevenzione per una singola modalità di infortunio (indicare a quale scheda Dxxxx si riferisce).La scheda può riportare, a richiesta, i riferimenti degli autori; ATS e il Comitato Territoriale si riservano di valutare la compatibilità con la normativa vigente e di apportare le modifiche grafiche necessarie per uniformare la scheda al documento.

P.M.P. Primo non morire - Aziende

Materiali - seminario 27.06.2023

- PMP-Aziende Scheda 01 Introduzione
- PMP-Aziende Scheda 02 Metologia dei PMP ATS
- PMP-Aziende Scheda 03 Break formativi
- PMP-Aziende Scheda 04 Valorizzare i near miss
- PMP-Aziende Scheda 05 Come si usa il documento e questionario autovalutazione
- PMP-Aziende Scheda 06 a Caduta materiali Parte 1
- PMP-Aziende Scheda 06 b Caduta materiali Parte 2
- PMP-Aziende Scheda 07 a Estratto schede PRIMO NON MORIRE
- PMP-Aziende Scheda 07 b Estratto schede PRIMO NON MORIRE
- PMP-Aziende Scheda 07 c Caduta da macchinario
- PMP-Aziende Scheda 07 d Caduta forche muletto
- PMP-Aziende Scheda 07 e Il pericolo a volte spunta
- PMP-Aziende Scheda 08 Sorveglianza sanitaria in edilizia Linee guida Regione Lombardia
- PMP-Aziende Scheda autovalutazione

P.M.P. Primo non morire - Cantiere

Materiali - seminario 22.06.2023

- PMP-Cantieri Scheda 01 Presentazione progetto
- PMP-Cantiere Scheda 02 Metodologia dei PMP
- PMP-Cantieri Scheda 03 a Come si usa il documento
- PMP-Cantieri Scheda 03 b Schede di autovalutazione
- PMP-Cantieri Scheda 03 c Sorveglianza sanitaria in edilizia Linee guida Regione Lombardia
- PMP-Cantieri Scheda 04 Esempio scheda Schiacciamento contro parti fisse
- PMP-Cantieri Scheda 05 Ribaltamento in fase di scarico altri mezzi
- PMP-Cantieri Scheda autovalutazione

...

Fonte ATS Brianza - Regione Lombardia

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Allegato riservato PMP-Aziende Scheda 07 b Estratto schede Primo non morire.pdf
 
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Allegato riservato PMP-Aziende Scheda 07 c Caduta da macchinario.pdf
 
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Allegato riservato PMP-Aziende Scheda 07 d Caduta forche muletto.pdf
 
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Allegato riservato PMP-Aziende Scheda 07 e Il pericolo a volte spunta.pdf
 
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Allegato riservato PMP-Cantiere Scheda 02 Metodologia dei PMP.pdf
 
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Allegato riservato PMP-Cantieri Scheda 03 a Come si usa il documento.pdf
 
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Allegato riservato PMP-Cantieri Scheda 03 b Schede di autovalutazione.pdf
 
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Lavoratori distaccati nel settore delle costruzioni

ID 20592 | | Visite: 1428 | Documenti Sicurezza UE

Lavoratori distaccati nel settore delle costruzioni

Lavoratori distaccati nel settore delle costruzioni

ID 20592 | 15.10.2023 / In allegato

Lavoratori distaccati nel settore delle costruzioni. Conoscere i propri diritti e doveri

Stai lavorando temporaneamente in uno stato membro diverso da quello in cui sei stato assunto?

Vieni inviato in un altro Stato membro dal tuo datore di lavoro per un periodo di tempo limitato?

Una volta completato il tuo compito, prevedi di tornare nello Stato membro in cui ha sede il tuo datore di lavoro?

Se hai risposto sì a queste domande, probabilmente sei un lavoratore distaccato. Se sei un lavoratore distaccato, godi di diritti specifici.

Ai lavoratori distaccati si applicano i seguenti termini e condizioni di impiego dello Stato membro ospitante:

- retribuzioni comprese le maggiorazioni per le ore di lavoro straordinario;
- durata massima dell’orario di lavoro e periodi minimi di riposo;
- ferie annuali retribuite minime; salute, sicurezza e igiene sul lavoro;
- condizioni per la cessione temporanea di manodopera (ad esempio per la fornitura temporanea di lavoratori da parte di agenzie);
- condizioni per le donne in gravidanza, per le puerpere, per i bambini e i giovani (di età inferiore a 18 anni);
- parità di trattamento tra uomini e donne e altre norme che impediscono la discriminazione;
- condizioni di alloggio, se fornito dal tuo datore di lavoro; indennità e rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio nello Stato membro ospitante.

Ciò si applica se sei tenuto a viaggiare durante l’incarico o a viaggiare da e verso il luogo di lavoro abituale nello Stato membro ospitante e se questo è l’abituale trattamento.

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Fonte: EU

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EU 2023
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Interpello n. 2/2011 / Fondo Volo - fondo di previdenza complementare

ID 20585 | | Visite: 1340 | Interpelli Sicurezza lavoro

Interpello n. 2/2011 / Fondo Volo – fondo di previdenza complementare

ID 20585 | 13.10.2023 / In allegato

Interpello n. 2/2011 del 2 febbraio 2011 

Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – personale di volo – Fondo Volo – fondo di previdenza complementare – contribuzione in caso di assunzione di lavoratori in Cassa Integrazione Straordinaria.

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Interpello n. 1/2011 / Distacco ex art. 30, D.Lgs. n. 276/2003

ID 20583 | | Visite: 2045 | Interpelli Sicurezza lavoro

Interpello n. 1/2011 / Distacco ex art. 30, D.Lgs. n. 276/2003

ID 20583 | 13.10.2023 / In allegato

Interpello n. 1/2011 2 febbraio 2011 
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – distacco ex art. 30, D.Lgs. n. 276/2003 – svolgimento della prestazione lavorativa in luogo diverso dalla sede del distaccatario. 

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Decreto Legislativo 10 settembre 2003 n. 276
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Art. 30 Distacco

1. L'ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o piu' lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attivita' lavorativa.

2. In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore.

3. Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato. Quando comporti un trasferimento a una unita' produttiva sita a piu' di 50 km da quella in cui il lavoratore e' adibito, il distacco puo' avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.

4. Resta ferma la disciplina prevista dall'articolo 8, comma 3, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

4-bis. Quando il distacco avvenga in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato puo' chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell'articolo 414 del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell'articolo 27, comma 2.

4-ter. Qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validita' ai sensi del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, l'interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell'operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilita' dei lavoratori previste dall'articolo 2103 del codice civile. Inoltre per le stesse imprese e' ammessa la codatorialita' dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso.
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Allegato riservato Interpello n. 1 2011 del 2 febbraio 2011.pdf
 
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Circolare INAIL n. 39 del 2 agosto 2005

ID 20581 | | Visite: 2005 | Circolari Sicurezza lavoro

Circolare INAIL n. 39 del 2 agosto 2005

Distacco dei lavoratori in ambito nazionale. Applicazione della nuova disciplina. Obbligo assicurativo e tutela contro gli infortuni.
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Decreto Legislativo 10 settembre 2003 n. 276
.
..

Art. 30 Distacco

1. L'ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o piu' lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attivita' lavorativa.

2. In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore.

3. Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato. Quando comporti un trasferimento a una unita' produttiva sita a piu' di 50 km da quella in cui il lavoratore e' adibito, il distacco puo' avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.

4. Resta ferma la disciplina prevista dall'articolo 8, comma 3, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

4-bis. Quando il distacco avvenga in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato puo' chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell'articolo 414 del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell'articolo 27, comma 2.

4-ter. Qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validita' ai sensi del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, l'interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell'operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilita' dei lavoratori previste dall'articolo 2103 del codice civile. Inoltre per le stesse imprese e' ammessa la codatorialita' dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso.
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D. Lgs. 81/08
...
Articolo 3 Campo di applicazione
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6. Nell'ipotesi di distacco del lavoratore di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario, fatto salvo l'obbligo a carico del distaccante di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato. Per il personale delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che presta servizio con rapporto di dipendenza funzionale presso altre amministrazioni pubbliche, organi o autorità' nazionali, gli obblighi di cui al presente decreto sono a carico del datore di lavoro designato dall'amministrazione, organo o autorità' ospitante.
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Strumento di valutazione dell'umidità / muffe - Edifici scolastici

ID 20570 | | Visite: 2311 | Documenti Sicurezza Enti

Strumento di valutazione dell umidit  e della muffa   Edifici scolastici   NIOSH

Strumento di valutazione dell'umidità / muffe - Edifici scolastici - Dampness and Mold Assessment Tool - School Buildings / NIOSH 2018

ID 20570 | 12.10.2023 / In allegato

NIOSH ha sviluppato uno strumento per aiutare a valutare le aree di umidità negli edifici e per aiutare a dare priorità alla bonifica aree problematiche

La salute di coloro che vivono, frequentano la scuola o lavorano in edifici umidi è stata una preoccupazione crescente nel corso degli anni a causa di un’ampia gamma di sintomi e malattie segnalati legati agli edifici. La ricerca ha scoperto che le persone che trascorrono del tempo in edifici umidi hanno maggiori probabilità di riferire problemi di salute come questi:

- Sintomi respiratori (come nel naso, nella gola, nei polmoni)
- Sviluppo o peggioramento dell'asma
- Polmonite da ipersensibilità (una rara malattia polmonare causata da una risposta del sistema immunitario all'inalazione ripetuta di sostanze sensibilizzanti come batteri, funghi, polveri organiche e sostanze chimiche)
- Infezioni respiratorie
- Rinite allergica (spesso chiamata “febbre da fieno”)
- Bronchite
- Eczema

Le esposizioni negli edifici umidi sono complesse. Variano da edificio a edificio e in luoghi diversi all'interno di un edificio. L'umidità permette alle muffe indoor di moltiplicarsi più facilmente sui materiali da costruzione o altro superfici e le persone all'interno degli edifici possono essere esposte ai microbi e ai loro componenti strutturali, come ad esempio come spore e frammenti fungini. La muffa può anche produrre sostanze che possono causare o peggiorare la salute problemi, e queste sostanze variano a seconda della specie di muffa e delle condizioni legate alla ambiente interno. L’umidità può anche attirare scarafaggi, roditori e acari della polvere. Danneggiato dall'umidità i materiali da costruzione possono rilasciare composti organici volatili che possono causare problemi alla salute.

I ricercatori non hanno scoperto esattamente quanta esposizione avvenga alle sostanze legate all’umidità causare problemi di salute. Studi di ricerca riportano che trovare e correggere le fonti di umidità è a un modo più efficace per prevenire problemi di salute rispetto al conteggio dei microbi indoor. Pertanto, NIOSH ha sviluppato uno strumento per aiutare a valutare le aree di umidità negli edifici e per aiutare a dare priorità alla bonifica aree problematiche.
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6) Assessing Damage and Scoring

Assessing Damage
Use the three different columns of damage types for the assessment.

1) Damage or Stains
This refers to any water-related damage or stains identified per component.

- Damage could include peeling paint, efflorescence, rust, warping, and deteriorated or crumbling building materials.

Dampness and Mold Assessment Tool 00

Damage to wall caused by flooding.

- Stains could include discoloration caused by possible water leaks, flooding or condensation.

Dampness and Mold Assessment Tool 01

Water stained ceiling panels.

2) Visible Mold
Note if you see visible mold growth or suspect mold growth.

- Mold can include patches or spots that are colored differently than the underlying material (typically gray, brown, or black). Mold can appear fuzzy and can have a musty or earthy odor.

Dampness and Mold Assessment Tool 02
Mold on a wall.

3) Wet or Damp
Note any areas of wetness or dampness that are visible.

- Wet or damp conditions could include visible signs of moisture, such as water beads or condensation, humidity, water leaks, or flooding.

Dampness and Mold Assessment Tool 03
Wet area on floor and side of wall.

Scoring

Scoring is based on the size of all affected areas combined. Individual sizes of each affected area are added together to obtain a combined size. Scoring examples are provided in the Appendix.

0 = No problem areas identified.
1 = The combined area of damage is the size of a standard sheet of paper (8½ inches X 11 inches) or smaller.
2 = The combined area of damage is greater than the size of a standard sheet of paper (8 1/2” x 11”) and less than the size of a standard interior door (32” x 80”).
3 = The combined area of damage is greater than the size of a standard interior door Interior door (32” x 80”)
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Dampness and Mold Assessment Tool
add

NIOSH 2018

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Decreto direttoriale n. 120 dell'11 ottobre 2023

ID 20564 | | Visite: 1360 | News Sicurezza

Decreto direttoriale n. 120 dell'11 ottobre 2023

ID 20564 | 12.10.2023

Articolo 1 (Iscrizione nel Repertorio nazionale degli organismi paritetici)

1. All’articolo 1 del decreto direttoriale n. 70 dell’8 giugno 2023, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
“1 bis. Sono iscritte al medesimo n. 11 del Repertorio nazionale degli organismi paritetici anche le sedi operative della “Rete paritetica” di cui all’allegato 1 che fa parte integrante del presente decreto”.

Articolo 2 (Obblighi successivi all’iscrizione nel Repertorio nazionale degli organismi paritetici)

1. All’articolo 2 del decreto direttoriale n. 70 dell’8 giugno 2023 i commi 1 e 2 sono così modificati: “1. Ai sensi dell’articolo 4, comma 3, decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 11 ottobre 2022, n. 171, il “Formedil - Ente unico formazione e sicurezza” è tenuto a comunicare, per l’intera “Rete paritetica”, ogni variazione intervenuta successivamente all’iscrizione che possa determinare il venir meno dei requisiti identificativi di cui all’articolo 2 del citato decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 171 del 2022 e la conseguente cancellazione dal Repertorio.

2. Ai sensi dell’articolo 4, comma 4, decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 11 ottobre 2022, n. 171, al fine di assicurare la verifica periodica dei requisiti necessari per l’iscrizione nel Repertorio, ogni tre anni, a decorrere dalla data di iscrizione, il “Formedil - Ente unico formazione e sicurezza” deve inviare alla Direzione generale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del legale rappresentante, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, volta a confermare la sussistenza dei requisiti che hanno consentito l’iscrizione nel Repertorio dell’intera “Rete paritetica”.

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Fonte: MLPS

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Simple Solutions Ergonomics for Construction Workers

ID 20554 | | Visite: 2174 | Documenti Sicurezza Enti

Simple Solutions Ergonomics for Construction Workers

Simple Solutions Ergonomics for Construction Workers / NIOSH 2007

ID 29554 | 10.10.2023

Questo opuscolo è destinato ai lavoratori edili, ai sindacati, ai supervisori, agli appaltatori, agli specialisti della sicurezza, ai responsabili delle risorse umane e a chiunque sia interessato a cantieri edili sicuri. Alcuni degli infortuni più comuni nel settore edile sono il risultato di esigenze lavorative che spingono il corpo umano oltre i suoi limiti naturali. I lavoratori che devono spesso sollevare, chinarsi, inginocchiarsi, torcere, afferrare, allungare, allungarsi sopra la testa o lavorare in altre posizioni scomode per svolgere un lavoro sono a rischio di sviluppare un disturbo muscoloscheletrico legato al lavoro (WMSD). 

Questi possono includere problemi alla schiena, sindrome del tunnel carpale, tendiniti, rotture, distorsioni e stiramenti.

Un obiettivo importante di questo documento era fornire soluzioni pratiche ed economicamente vantaggiose. Tutti gli interventi descritti nel libretto sono facilmente reperibili e sono stati utilizzati in cantieri funzionanti. Data la natura della costruzione, alcune soluzioni potrebbero non essere adatte a tutti i cantieri. Al contrario, le soluzioni scoperte per un mestiere a volte possono essere modificate per altri mestieri. Sebbene alcune soluzioni possano richiedere il coinvolgimento del proprietario dell’edificio o dell’appaltatore generale, ci sono molte idee che i singoli lavoratori e supervisori possono adottare.

Un esempio riguarda gli strumenti per la legatura delle armature.

I lavoratori del ferro legano il tondo per cemento armato a mano con pinze e filo di legatura. Il lavoro richiede movimenti ripetuti e veloci della mano e del braccio applicando molta forza. In caso di legatura a livello del suolo, i lavoratori devono lavorare in posizione curva, con il corpo profondamente piegato in avanti. 

Questi compiti aumentano le possibilità di un lavoratore di sviluppare disturbi mano-polso e lesioni alla parte bassa della schiena. Una soluzione, valutata dal NIOSH su richiesta di un appaltatore per il rinforzo del calcestruzzo edile, consiste nell'utilizzare uno strumento per legare le armature. 

Questo strumento riduce il rischio di lesioni alla mano e al polso del lavoratore eliminando i movimenti frequenti e rapidi della mano richiesti quando si utilizzano le pinze. 

Alcuni livelli di armatura ti consentono di lavorare in piedi, quindi c'è meno sforzo sulla parte bassa della schiena a causa della curvatura e della flessione.
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segue in allegato

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Allegato riservato Simple Solutions Ergonomics for Construction Workers - NIOSH 2007.pdf
NIOSH 2007
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EN 131-3 Scale - Istruzioni per l’Utilizzatore

ID 539 | | Visite: 75309 | Documenti Riservati Sicurezza

EN 131 3 Scale 2021

EN 131-3 Scale - Istruzioni per l’Utilizzatore

ID 539 | Rev. 4.1 del 16.02.2021 / Documento completo in allegato o acquisto singolo

Documento di analisi del quadro normativo/legislativo sulle scale e sulla loro corretta marcatura in accordo alla norma UNI EN 131-3:2018. La norma fornisce consigli sull'utilizzo in sicurezza delle scale contemplate nello scopo e campo di applicazione della UNI EN 131-1 e conformi ai requisiti della UNI EN 131-1, della UNI EN 131-2, della UNI EN 131-4 per quanto riguarda le scale trasformabili multi posizione con cerniere, della UNI EN 131-6 per quanto riguarda le scale telescopiche e della UNI EN 131-7, per quanto riguarda le scale movibili con piattaforma.
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Scale portatili: quadro normativo

Il quadro normativo delle scale portatili è basato, in particolare, sulle seguenti leggi/norme/linee guida:

- D.Lgs 81/08, in particolare l'art. 113, ed il relativo Allegato XX (Legislazione);
- Norme tecniche UNI EN 131 Parte 1 | 2 | 3 | 4 | 6 | 7 (norme di buona tecnica);
- Linea Guida ISPESL “per la scelta, l’uso e la manutenzione delle scale portatili” del Settembre 2004 (Guide INAIL già ISPESL);
- Linea Guida INAIL “Scale portatili - Quaderni Tecnici per i cantieri temporanei o mobili” Settembre 2018.

Riferimenti normativi di legge

L’uso delle scale è normato dal Titolo III Capo I “Uso delle attrezzature di lavoro” e dal Titolo IV “Cantieri temporanei e mobili” del D.Lgs 81/08.

Sono particolarmente significativi gli articoli del Titolo III e Titolo IV e Allegato XX:

- Art. 69 comma 1 Definizioni
- Art. 70 comma 4 Requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro
- Art. 71 Obblighi del Datore di lavoro correlati all’uso delle attrezzature
- Art. 72 Obblighi dei noleggiatori e dei concedenti in uso di attrezzature
- Art. 73 Informazione, formazione e addestramento 
...
- Art. 107 Definizione lavoro in quota
- Art. 111 Obblighi del datore di lavoro nell’uso di attrezzature per lavori in quota
- Art. 113 Scale
...
- Allegato XX
- - A. Costruzione e impiego di scale portatili
- - B. Autorizzazione ai laboratori di certificazione (concernenti ad esempio: scale, puntelli, ponti su ruote a torre e ponteggi)
 

Riferimenti normativi di buona tecnica

- EN 131-1:2019 Scale - Parte 1: Termini, tipi, dimensioni funzionali
- EN 131-2:2017 Scale - Parte 2: Requisiti, prove, marcatura
- EN 131-3:2018 Scale - Parte 3: Marcatura e istruzioni per l'utilizzatore
- EN 131-4:2020 Scale - Parte 4: Scale trasformabili multi-posizione con cerniere
- EN 131-6:2019 Scale - Parte 6: Scale telescopiche
- EN 131-7:2013 Scale - Parte 7: Scale movibili con piattaforma
- Linea Guida ISPESL “per la scelta, l’uso e la manutenzione delle scale portatili”
- Linea Guida INAIL “Scale portatili - Quaderni Tecnici per i cantieri temporanei o mobili”

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D.Lgs. 81/2008 Allegato XX

A. Costruzione e impiego di scale portatili

1. È riconosciuta la conformità alle vigenti disposizioni, delle scale portatili, alle seguenti condizioni:

a) le scale portatili siano costruite conformemente alla norma tecnica UNI EN 131 parte 1a e parte 2a;
b) il costruttore fornisca le certificazioni, previste dalla norma tecnica di cui al punto a), emesse da un laboratorio ufficiale.

Figura A schema

Fig. A – Schema applicazione Allegato XX D.Lgs. 81/08

Deroga alle disposizioni dei commi 3, 8 e 9 dell'Art. Art. 113 (Scale) del D.Lgs. 81/2008.

D.Lgs. 81/2008
...
Art. 113 Scale
...
10. È ammessa la deroga alle disposizioni di carattere costruttivo di cui ai commi 3, 8 e 9 per le scale portatili conformi all'allegato XX.

Per laboratori ufficiali si intendono:

- laboratorio dell'ISPESL;
- laboratorio delle università e dei politecnici dello Stato;
- laboratori degli istituti tecnici dello Stato riconosciuti ai sensi della legge 5 novembre 1971, n. 1086;
- laboratori autorizzati in conformità a quanto previsto dalla sezione B del presente allegato, con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dello sviluppo economico e della salute;
- laboratori dei Paesi membri dell'Unione europea o dei paesi aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo riconosciuti dai rispettivi Stati.

c) le scale portatili siano accompagnate da un foglio o libretto recante:

- una breve descrizione con l'indicazione degli elementi costituenti;
- le indicazioni utili per un corretto impiego;
- le istruzioni per la manutenzione e conservazione;
- gli estremi del laboratorio che ha effettuato le prove, numeri di identificazione dei certificati, date dei rilascio) dei certificati delle prove previste dalla norma tecnica UNI EN 131 parte 1a e parte 2a;
- una dichiarazione del costruttore di conformità alla norma tecnica UNI EN 131 parte 1a e parte 2a.

2. L'attrezzatura di cui al punto 1 legalmente fabbricata e commercializzata in un altro Paese dell'Unione europea o in un altro Paese aderente all'Accordo sullo spazio economico europeo, può essere commercializzata in Italia purché il livello di sicurezza sia equivalente a quello garantito dalle disposizioni, specifiche tecniche e standard previsti dalla normativa italiana in materia.

B. Autorizzazione ai laboratori di certificazione (concernenti ad esempio: scale, puntelli, ponti su ruote a torre e ponteggi)

1. Requisiti

1.1. I laboratori per essere autorizzati alla certificazione:

a) non devono esercitare attività di consulenza, progettazione, costruzione, commercializzazione, installazione o manutenzione nella materia oggetto della certificazione. Il rapporto contrattuale a qualsiasi titolo intercorrente tra i laboratori autorizzati ed il personale degli stessi deve essere vincolato da una condizione di esclusiva per tutta la durata del rapporto stesso;
b) devono disporre di personale qualificato in numero sufficiente e dei mezzi tecnici necessari per assolvere adeguatamente alle mansioni tecniche ed amministrative connesse con le procedure riguardanti l'attività di certificazione;
c) devono dotarsi di manuale di qualità redatto in conformità alla norma UNI CEI EN 45011;
d) devono utilizzare locali ed impianti che garantiscano le norme di igiene ambientale e la sicurezza del lavoro.


___________

UNI EN 131-3

Definizioni

Ai fini del presente documento, si applicano i seguenti termini e definizioni.

1.1 produttore
a) Fabbricante di un prodotto o altra persona che si presenti come il fabbricante apponendo il proprio nome, marchio di fabbrica o altro marchio distintivo sul prodotto, oppure la persona che revisiona il prodotto.
b) Altri professionisti della catena di fornitura, nella misura in cui le loro attività possano influire sulle caratteristiche di sicurezza di un prodotto.

1.2 distributore
Professionista della catena di fornitura, la cui attività non influisce sulle caratteristiche di sicurezza di un prodotto.

1.3 possessore
Persona o azienda che acquista o che riceve la scala.
Il possessore può utilizzare la scala personalmente o metterla a disposizione di altri utilizzatori.

1.4 utilizzatore
Persona che utilizza la scala.

1.5 danno
Lesione fisica o danno alla salute delle persone, oppure danno alla proprietà o all'ambiente.

1.6 pericolo
Possibile causa di danno.

1.7 rischio
Probabilità che si verifichi un pericolo che causa un danno e il grado di gravità del danno


___________

Segnali di sicurezza

La forma geometrica dei segnali di sicurezza di base deve essere in conformità alla ISO 3864-1, ISO 3864-3 e si deve basar sul modello per i segnali di sicurezza della EN ISO 7010 con una dimensione minima d e h di 155 (figura 1).

Figura 1

Fig. 1 – Forma geometrica

Informazioni di sicurezza supplementari

Figura 2

Fig.2 – Informazioni supplementari

Marcatura di sicurezza tutte le scale

Tabella avvertenze
___________

Verifica conformità scala D.Lgs. 81/08 | EN 131-3

Verifica conformit  scala

...

Segue in allegato (Documento completo in allegato o acquisto singolo)

Fonti
EN 131-1:2019 Scale - Parte 1: Termini, tipi, dimensioni funzionali
EN 131-2:2017 Scale - Parte 2: Requisiti, prove, marcatura
EN 131-3:2018 Scale - Parte 3: Marcatura e istruzioni per l'utilizzatore
EN 131-4:2020 Scale - Parte 4: Scale trasformabili multi-posizione con cerniere
EN 131-6:2019 Scale - Parte 6: Scale telescopiche
EN 131-7:2013 Scale - Parte 7: Scale movibili con piattaforma
Linea Guida ISPESL “per la scelta, l’uso e la manutenzione delle scale portatili”
Linea Guida INAIL “Scale portatili - Quaderni Tecnici per i cantieri temporanei o mobili”
D.lgs. 81/08

Certifico Srl - IT | Rev. 4.1 2021
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Rev. Data Oggetto Autore
4.1 16.02.2021 Modifica grafico figura A / Altro Certifico Srl
4.0 15.02.2021 Aggiornamenti riferimenti normativi
Aggiunta scheda verifica/manutenzione scale
Certifico Srl
3.0 11.02.2019 Aggiornamento normativo Certifico Srl
2.0 29.01.2018 Aggiornamento normativo Certifico Srl
1.0 23.09.2012 --- Certifico Srl

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Tabella riepilogativa Formazione/Informazione TUS

ID 3195 | | Visite: 62901 | Documenti Riservati Sicurezza

Tabella IFA Informazione Formazione Addestramento 2023

Tabella riepilogativa Informazione/Formazione lavoratori TUS / Febbraio 2023

ID 3195 | Update 5.0 Febbraio 2023 / Documento completo allegato

Nella presente revisione 5.0 Febbraio 2023, aggiornato il documento al Decreto 2 Settembre 2021 PI che ha abrogato il DM 10 marzo 1998, altro (vedasi changelog), miglioramenti grafici/correzioni. Il Documento non ha carattere di esaustività SSL.

Changelog

Ed. 5.0
- Abrogato il DM 10 marzo 1998 dal Decreto 2 Settembre 2021
01. Art. 37 - Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
02. Art. 46 - Prevenzione incendi
012. Accordo Stato Regioni n. 2429 del 26 gennaio 2006 / Trasposto nell’Allegato XXI
047. Disocianati

---, Merci pericolose ADR
---, Regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH)
---, Regolamento (CE) n. 1272/2008 (CLP)

Ed. 4.0
037. UNI ISO 23813:2011 Apparecchi di sollevamento - Formazione di persona designata
038. Formazione impianti elettrici ATEX
039. Formazione addetti manutenzione impianti antincendio
040. Formazione verifiche impianti di terra
041. Formazione bombole GPL
042. Formazione scarico /scarico Gas naturale
043. Formazione Seveso III
044. Igienista industriale

Ed. 3.1
---. Dettagliata Tabella Formazione lavoratori attrezzature (abilitazione specifica) - Accordo Stato/Regioni 22 febbraio 2012 
---. Corretta quantità ore formazione specifica rischio alto Formazione generale Lavoratori Accordo Stato/Regioni 21 Dicembre 2011

Ed. 3.0
08. Circolare MLPS n. 23 del 22 luglio 2016 allo scopo di divulgare le “Istruzioni per l'esecuzione in sicurezza di lavori su alberi con funi”.
013. Decreto Interministeriale del 4 marzo 2013 - Sostituito da Decreto MLPS 22 gennaio 2019
026. Titolo X-bis protezione dalle ferite da taglio e da punta nel settore ospedaliero e sanitario - Art. 286-sexies. Misure di prevenzione specifiche
D.Lgs. 19 febbraio 2014 n. 19 Attuazione della direttiva 2010/32/UE che attua l'accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario.
031. UNI EN 15635:2009 PRSES (Person Responsable for Storage Equipment Safety) (Addetto alla sicurezza dell’attrezzatura di immagazzinaggio)
032. Patentino saldatura (per la parte di sicurezza durante l’attività)
033. Tecnico addetto LASER LSO Laser Safety Officer (CEI EN 60825-1) (IEC/TR 60825-8)
034. DM 18 novembre 2014, n. 201 Disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro Regolamento recante norme per l'applicazione, nell'ambito dell'amministrazione della giustizia, delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro.
035. Sicurezza lavoratori marittimi
036. D.M. 2 agosto 1991 Autorizzazione alla installazione ed uso di apparecchiature diagnostiche a risonanza magnetica.
Il D.M. 02.08.91 identifica quali responsabili per la gestione della sicurezza in un sito di Risonanza Magnetica due figure professionali specifiche, il Medico Responsabile (MR) e l’Esperto Responsabile (ER).

Ed. 2.0
Aggiunta Sezione “Altro”
26. Macchine complesse
27. Macchine agricole
28. Patentino pesticidi
29. Scaffalature metalliche
30. Patentino saldatura (per la parte di sicurezza durante l’attività)
32. Agenti fisici

Tabella riepilogativa Informazione/Formazione/Addestramento (I.F.A.) TUS D.Lgs 81/2008:

- Lavoratori
- Addetti Antincendio
- Addetti Primo Soccorso
- Addetti attrezzature specifiche
- Addetti Figure specifiche

con Schede di sintesi sulla durata e aggiornamento.

Excursus

Tabella riepilogativa sulla formazione/informazione dei lavoratori e addetti Antincendio, Primo Soccorso, prevista dal Testo Unico sicurezza, Decreti collegati e Accordi per tipologia di formazione, con durata e aggiornamenti in riferimento a:

Formazione Durata Aggiornamento
Lavoratori    
Lavoratori attrezzature specifiche    
Addetti Antincendio    
Addetti Primo Soccorso    

IFA tabella

[...segue in allegato]

Aggiunta II tabella di suddivisione per rischio:


________

Quadro normativo

1. Informazione/Formazione/Addestramento nel D.Lgs 81/2008
....

Art. 2 Definizioni c.1
...
aa) "formazione": processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi;
bb) "informazione": complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro;
cc) "addestramento": complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro;
...

Art. 15. Misure generali di tutela c. 1
....
n) l'informazione e formazione adeguate per i lavoratori;
...

Art. 18 Obblighi del datore di lavoro e del dirigente c.1
...
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37;
...

Art. 20. Obblighi dei lavoratori c.1
...
h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;
...

Art. 25. Obblighi del medico competente c.1
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all'attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro.
...

Art. 28.Oggetto della valutazione dei rischi c.2
...
f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
...

Art. 33. Compiti del servizio di prevenzione e protezione c.1
...
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
...

Art. 34. Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi c.1
...
2-bis. Il datore di lavoro che svolge direttamente i compiti di primo soccorso nonché di prevenzione incendi e di evacuazione deve frequentare gli specifici corsi formazione previsti agli articoli 45 e 46.
...

Art. 35. Riunione periodica c. 1
...
d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute.
...

Art. 36. Informazione ai lavoratori

1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale;
b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei luoghi di lavoro;
c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 45 e 46;
d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione, e del medico competente.
2. Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
b) sui pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei miscele pericolose sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate.
3. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettera a), e al comma 2, lettere a), b) e c), anche ai lavoratori di cui all'articolo 3, comma 9.
4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo.

Art. 37. Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti

1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:
a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda.

2. La durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
Entro il 30 giugno 2022, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adotta un accordo nel quale provvede all’accorpamento, alla rivisitazione e alla modifica degli accordi attuativi del presente decreto in materia di formazione, in modo da garantire:
a) l’individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro;
b) l’individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e delle modalità delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.

3. Il datore di lavoro assicura, altresì, che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del presente decreto successivi al I.
Ferme restando le disposizioni già in vigore in materia, la formazione di cui al periodo che precede è definita mediante l'accordo di cui al comma 2.

4. La formazione e, ove previsto, l'addestramento specifico devono avvenire in occasione:
a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell'inizio dell'utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e miscele pericolose.

5. L'addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro. L’addestramento consiste nella prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l’addestramento consiste, inoltre, nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato.

6. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi o all'insorgenza di nuovi rischi.

7. Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo.

7-bis. La formazione di cui al comma 7 può essere effettuata anche presso gli organismi paritetici di cui all'articolo 51 o le scuole edili, ove esistenti, o presso le associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori.

7-ter. Per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi.

8. I soggetti di cui all'articolo 21, comma 1, possono avvalersi dei percorsi formativi appositamente definiti, tramite l'accordo di cui al comma 2, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

9. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza devono ricevere un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico; in attesa dell'emanazione delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 46, continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, attuativo dell'articolo 13 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.

10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.

11. Le modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dei seguenti contenuti minimi:
a) principi giuridici comunitari e nazionali;
b) legislazione generale e speciale in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
c) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
d) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
e) valutazione dei rischi;
f) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione;
g) aspetti normativi dell'attività di rappresentanza dei lavoratori;
h) nozioni di tecnica della comunicazione.
La durata minima dei corsi è di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate, con verifica di apprendimento. La contrattazione collettiva nazionale disciplina le modalità dell'obbligo di aggiornamento periodico, la cui durata non può essere inferiore a 4 ore annue per le imprese che occupano dai 15 ai 50 lavoratori e a 8 ore annue per le imprese che occupano più di 50 lavoratori.

12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l'attività del datore di lavoro, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.

13. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo.

14. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attività di formazione di cui al presente decreto sono registrate nel libretto formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, se concretamente disponibile in quanto attivato nel rispetto delle vigenti disposizioni. Il contenuto del libretto formativo è considerato dal datore di lavoro ai fini della programmazione della formazione e di esso gli organi di vigilanza tengono conto ai fini della verifica degli obblighi di cui al presente decreto.

14-bis. In tutti i casi di formazione ed aggiornamento, previsti dal presente decreto legislativo per dirigenti, preposti, lavoratori e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in cui i contenuti dei percorsi formativi si sovrappongano, in tutto o in parte, è riconosciuto il credito formativo per la durata e per i contenuti della formazione e dell'aggiornamento corrispondenti erogati.
Le modalità di riconoscimento del credito formativo e i modelli per mezzo dei quali è documentata l'avvenuta formazione sono individuati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6. Gli istituti di istruzione e universitari provvedono a rilasciare agli allievi equiparati ai lavoratori, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), e dell'articolo 37, comma 1, lettere a) e b), del presente decreto, gli attestati di avvenuta formazione sulla salute e sicurezza sul lavoro.

Art. 45. Primo soccorso
...
2. Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione, individuati in relazione alla natura dell'attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio sono individuati dal decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e dai successivi decreti ministeriali di adeguamento acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Art. 46. Prevenzione incendi

1. La prevenzione incendi è la funzione di preminente interesse pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente.

2. Nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto legislativo devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l'incolumità dei lavoratori.

3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 e dalle disposizioni concernenti la prevenzione incendi di cui al presente decreto, i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti atti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione

4. Fino all'adozione dei decreti di cui al comma 3, continuano ad applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998.

5. Al fine di favorire il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro, ed ai sensi dell'articolo 14, comma 2, lettera h), del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, con decreto del Ministro dell'interno sono istituiti, presso ogni direzione regionale dei vigili del fuoco, dei nuclei specialistici per l'effettuazione di una specifica attività di assistenza alle aziende. Il medesimo decreto contiene le procedure per l'espletamento della attività di assistenza.

6. In relazione ai principi di cui ai commi precedenti, ogni disposizione contenuta nel presente decreto legislativo, concernente aspetti di prevenzione incendi, sia per l'attività di disciplina che di controllo, deve essere riferita agli organi centrali e periferici del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. Restano ferme le rispettive competenze di cui all'articolo 13.

7. Le maggiori risorse derivanti dall'espletamento della funzione di controllo di cui al presente articolo, sono rassegnate al Corpo nazionale dei vigili per il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro.

2. Formazione generale Lavoratori

Accordo Stato/Regioni 21 dicembre 2011
Accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per Ia formazione dei lavoratori ai sensi dell'articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
(GU n.8 dell’11 gennaio 2012)

3. Formazione Addetti Prevenzione Incendi

Decreto 2 Settembre 2021
Criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza e caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punto 4 e lettera b) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. (GU n.237 del 04.10.2021)

4. Formazione Addetti Primo Soccorso

Decreto 15 luglio 2003, n. 388
Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale, in attuazione dell'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni.
(GU n. 27 del 03 Febbraio 2004)

5. Formazione lavoratori attrezzature (abilitazione specifica)

Accordo Stato/Regioni 22 febbraio 2012
Individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori (art. 73, comma 5, d.lgs. 81/2008)
(GU n. 60 del 12 marzo 2012 - S.O. n. 47)

6. Formazione lavoratori attività lavorative stradali

Decreto Interministeriale del 4 marzo 2013
Criteri di sicurezza sulle procedure di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale destinata ad attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare.
(GU n. 67 del 20 marzo 2013)

7. Ambienti Confinati

D.Lgs 81/08: Artt. 63, 66, 121 Allegato IV, punto 3 
DPR 177/2011

8. Patente di abilitazione all’impiego di GAS tossici 

R.D. 147/1927 art. 55


9. Patentino generatore di vapore 

D.M. 01 Marzo 1974

10. Soggetti abilitati ad operare su parti in tensione 

D.Lgs 81/08: Art. 82
D.M. 4 febbraio 2011

11. Abilitazione attività di bonifica di materiali contenenti amianto 

Legge 257/92 Art. 10 comma 2 lett. h)

D.P.R. 8/08/94 Art. 10 

12. Formazione addetti segnaletica stradale

Decreto MLPS 22 gennaio 2019

13. REACH

Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un'Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE. (GU L 136/3 del 29.5.2007)

14. CLP

Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008 , relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006. (GU L 353/1 31.12.2008)

15. Merci pericolose ADR

L'ADR, norma in specifici capitoli gli Obblighi (ADR 1.4) e la Formazione (ADR 1.3) degli addetti al trasporto merci pericolose.

Le figure individuate nella catena carico-trasporto-scarico di merci pericolose sono quelle individuate dal confezionamento della merce pericolosa sino allo scarico della stessa sono ("in forma non esaustiva"):

1.4.2.1. Speditore
1.4.2.2. Trasportatore
1.4.2.3. Destinatario
1.4.3.1. Caricatore
1.4.3.2. Imballatore
1.4.3.3. Riempitore
1.4.3.4. Gestore di un contenitore-cisterna o di una cisterna mobile
1.4.3.7. Scaricatore

Ogni Addetto ha obblighi ben definiti (ADR 1.4), e la formazione  deve essere articolata (ADR 1.3)

16. Accordo Stato Regioni n. 2429 del 26 gennaio 2006 (*)

Accordo Stato, regioni e province autonome, in attuazione degli articoli 36-quater, comma 8, e 36-quinquies, comma 4, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, in materia di prevenzione e protezione dei lavoratori sui luoghi di lavoro. Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. (Repertorio atti n. 2429). (GU n. 45 del 23.02.2006)
Vedi

(*) II presente accordo costituisce attuazione del citati articoli 36-quater e 36-quinquies decreto legislativo n. 626 del 1994. ove si demanda alla Conferenza Stato, Regioni e Province autonome l'individuazione dei soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di per lavoratori e preposti addetti all'uso di attrezzature di lavoro in quota. (l’Accordo è trasposto nell’Allegato XXI)
...

Certifico Srl - IT
©Copia autorizzata Abbonati

Matrice Revisioni

Revisione Data Oggetto Autore
5.0 19.02.2023 Nuovo Decreto PI Decreto 2 Settembre 2021
Altri norme / rischi
Aggiornamento struttura
Certifico Srl
4.0 10.01.2021 Altri rischi Certifico Srl
3.1 05.03.2019 Correzioni/miglioramenti grafici Certifico Srl
3.0 03.03.2019 Altri rischi Certifico Srl
2.0 28.06.2018 Altri rischi Certifico Srl
1.0 03.09.2017 Tutti i rischi Certifico Srl
0.0 04.11.2016 --- Certifico Srl

Collegati
[box-note]D.Lgs. 81/2008 Testo Unico Salute e Sicurezza Lavoro
www.tussl.it
Codice Unico Sicurezza 
Accordo Formazione Stato-Regioni 22 Febbraio 2012
Mappa Accordi formazione sicurezza lavoro / Modalità di svolgimento
Decreto 2 settembre 2021

Sentenza CP Sez. 4, n. 38914 del 25 settembre 2023

ID 20538 | | Visite: 11215 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenza CP Sez  4  n  38914 del 25 settembre 2023

Sentenza CP Sez. 4, n. 38914 del 25 settembre 2023 / Condanna RLS

ID 20538 | 08.10.2023 / Sentenza allegata 

La Cassazione Sez, 4, con Sentenza n. 38914 del 25 settembre 2023, ha, per la prima volta, sanzionato penalmente un RLS per violazione di quanto previsto dall’art. 50 comma 1 del D.lgs. 81/2008.

La Cassazione ha confermato la condanna di un RLS perché, in violazione di quanto previsto dall’art. 50 comma 1 del D.lgs. 81/08.

Fatto
...

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Trani nei confronti di A.A. e B.B., ritenuti colpevoli del reato di omicidio colposo, conseguente alla violazione delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
...

1.3 A B.B., in qualità di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, è stata ascritta la colpa specifica correlata a violazioni di norme in materia di sicurezza sul lavoro, per aver concorso a cagionare l'infortunio mortale di un  lavoratore (investito da tubi d’acciaio), attraverso una serie di contegni omissivi, consistiti nell'aver omesso di promuovere l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori, di sollecitare il datore di lavoro ad effettuare la formazione dei dipendenti (tra cui il C.C.) per l'uso dei mezzi di sollevamento e di informare i responsabili dell'azienda dei rischi connessi all'utilizzo del carrello elevatore.
...
Diritto
...

1. I ricorsi sono infondati e devono, pertanto, essere rigettati.
...

3. Quanto al ricorso di B.B.
...

la sentenza impugnata ha illustrato adeguatamente i termini in cui si è realizzata la cooperazione colposa dello B.B. nel delitto di cui trattasi.

Richiamati i compiti attribuiti dall'art. 50 al Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza, ha osservato come l'imputato non abbia in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge, consentendo che il C.C. fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l'adozione da parte del responsabile dell'azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal D.D..
...

D.Lgs. 81/2008

Art. 50 - Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva;
c) è consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente;
d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'articolo 37;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle sostanze ed ai miscele pericolose (1), alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista dall'articolo 37;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è, di norma, sentito;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
m) fa proposte in merito alla attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
...

sentenza allegata

Collegati

Decreto direttoriale n. 121 del 20 Ottobre 2023

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Decreto direttoriale n  121 del 20 Ottobre 2023

Decreto direttoriale n. 121 del 20 Ottobre 2023 

ID 20637 | 22.10.2023

Decreto direttoriale n. 121 del 20 Ottobre 2023 - Iscrizione nel Repertorio nazionale degli organismi paritetici Ente bilaterale del commercio e dei servizi della provincia di Verona

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Articolo 1 (Iscrizione nel Repertorio nazionale degli organismi paritetici)

1. L’ “Ente bilaterale del commercio e dei servizi della provincia di Verona”, con sede legale in Verona, via Sommacampagna n. 63/h, è iscritto al numero 18 del Repertorio nazionale degli organismi paritetici, con decorrenza dalla data del presente decreto direttoriale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 11 ottobre 2022, n. 171.

Articolo 2 (Obblighi successivi all’iscrizione nel Repertorio nazionale degli organismi paritetici)

1. Ai sensi dell’articolo 4, comma 3, Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 11 ottobre 2022, n. 171, l’“Ente bilaterale del commercio e dei servizi della provincia di Verona” è tenuto a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all’iscrizione che possa determinare il venir meno dei requisiti identificativi di cui all’articolo 2 del citato Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 11 ottobre 2022, n. 171 e la conseguente cancellazione dal Repertorio.

2. Ai sensi dell’articolo 4, comma 4, Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 11 ottobre 2022, n. 171, al fine di assicurare la verifica periodica dei requisiti necessari per l’iscrizione nel Repertorio, ogni tre anni, a decorrere dalla data di iscrizione, l’ “Ente bilaterale del commercio e dei servizi della provincia di Verona” deve inviare alla Direzione generale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del legale rappresentante, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, volta a confermare la sussistenza dei requisiti che hanno consentito l’iscrizione nel Repertorio.

Articolo 3 (Efficacia dell’iscrizione nel Repertorio nazionale degli organismi paritetici) 

1. L’iscrizione nel Repertorio nazionale degli organismi paritetici attesta la sussistenza dei requisiti identificativi di cui all’articolo 2, comma 2, Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 11 ottobre 2022, n. 171 e consente lo svolgimento dei compiti e delle attività di cui all’articolo 51decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

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Fonte: MLPS

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 39697 | 02 Ottobre 2023

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Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 02 Ottobre 2023 n. 39697 

Lavoratore investito dal vapore ad alta pressione fuoriuscito dalla valvola non messa in sicurezza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 39697 Anno 2023
Udienza del 05/07/2023
Presidente FERRANTI DONATELLA
Relatore ESPOSITO ALDO

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Ancona del 4 luglio 2019, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di A.A. e della Api Raffineria Spa in relazione alle contravvenzioni e dell'illecito amministrativo di cui ai capi B), C) e D) perchè estinte per intervenuta prescrizione e, concesse le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza, ha ridotto a mesi 8 di reclusione la pena inflitta al A.A. e ad anni uno di reclusione la pena inflitta ad B.B. in relazione al reato di cui agli artt. 113 e 589 c.p. (capo A) (benefici della sospensione condizionale della pena concessi con la sentenza di primo grado) e ha confermato la condanna dei predetti e della responsabile civile Api Raffineria Spa al risarcimento del danno cagionato alle parti civili.

Il capo A) dell'imputazione è la seguente:

A) art. 113 c.p. e art. 589 c.p., comma 2, perchè, in cooperazione colposa tra loro, essendo il A.A. Amministratore Delegato, I.I. (originario coimputato) responsabile del settore Manutenzione, L.L. (originario coimputato) responsabile del Reparto Ispezione, B.B. dirigente del Settore Operazioni, M.M. (originaria coimputata) dirigente del Settore Produzione, N.N. dipendente con mansioni di operatore addetto alla messa in sicurezza dell'impianto della Spa API, società committente dei lavori eseguiti sui propri impianti e O.O. (originario coimputato) legale rappresentante della FERPLAST Srl esecutrice dei lavori e datore di lavoro, per colpa generica e per inosservanza delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro ed in particolare dell'art. 28, comma 2, lett. b) e d), rispettivamente nell'ambito delle specifiche competenze disponendo, dirigendo, organizzando, coordinando ed autorizzando l'esecuzione di lavori di manutenzione di tredici valvole di sicurezza dell'impianto vapore esistente all'interno dello stabilimento API ad impianto in funzione anzichè fermo (l'Amministratore Delegato e i Dirigenti dei Settori Operazioni, Produzione e Manutenzione), quindi con un elevato rischio di fuoriuscita di vapore durante le operazioni di smontaggio delle PSV, senza adottare le cautele necessarie per evitare il suddetto rischio e comunque senza prescrivere l'emissione di singoli permessi di lavoro per lo smontaggio di ogni valvola di sicurezza, senza prevedere idonee misure di prevenzione e comunque una procedura di sicurezza idonea ad evitare il predetto rischio e senza disciplinare la gestione dei permessi di lavoro multipli o cumulati, protratti per più turni e contemporanei, con conseguente esecuzione di molteplici lavorazioni contemporanee e protratte nel tempo, non soggette a controllo da parte degli stessi operatori che le hanno autorizzate ed eseguite da operatori appartenenti all'area PRA - reparto alta pressione - anzichè da almeno due operatori del Reparto Ispezione, senza controllare la preventiva chiusura delle valvole di intercettazione e l'apertura della valvola di drenaggio esistenti prima di ogni PSV (a carico del Settore Operazioni, dell'Area Manutenzione e del Reparto Ispezioni dell'API), accollandosi la messa in sicurezza degli impianti che invece spettava al personale API e senza far verificare che dalla valvola di drenaggio non fuoriuscisse più vapore (legale rappresentante FERPLAST), in seguito a consegna del Permesso di lavoro n. 180248 del 29 maggio 2013 relativo allo smontaggio di tredici valvole PSV ma privo del loro elenco e di planimetria, da parte del capoturno in servizio P.P. e dell'Operatore di area N.N., che lo rifirmava il giorno successivo per la prosecuzione dei lavori, facevano eseguire lavori di smontaggio della valvola di sicurezza denominata PSV 2651 ad impianto del vapore acceso e, in conseguenza delle condotte colpose sopra delineate, in particolare l'avere fatto eseguire i lavori di smontaggio della valvola di sicurezza ad impianto acceso o comunque funzionante, l'avere omesso di potenziare il sistema di controllo dell'impianto con idoneo investimento per dotare ogni valvola di intercettazione di un sensore di prossimità che permetta di verificarne la chiusura dalla Sala controllo in qualunque momento e soprattutto al momento di iniziare lo smontaggio della corrispondente valvola di sicurezza, l'avere omesso di far eseguire la messa in sicurezza della valvola o almeno la sua verifica da almeno due operatori del Reparto Ispezione o di altro reparto API altrettanto competente, e comunque l'avere omesso di affidare la verifica finale della messa in sicurezza delle valvole anche agli operatori incaricati dello smontaggio, istruendoli a riconoscere le valvole di drenaggio ed a verificare che queste ultime risultassero aperte e che non ne fuoriuscisse più vapore, cagionavano la morte per insufficienza multiorganica ed ARDS conseguente ad ustioni profonde ed estese al 75% del dipendente della FERPLAST Srl Q.Q. che, eseguendo i lavori di smontaggio della valvola PSV 2651, era investito dal vapore ad alta pressione fuoriuscito dalla predetta valvola non messa in sicurezza.

2. Con sentenza del 4 luglio 2019, il Tribunale di Ancona, oltre alle statuizioni suindicate, aveva assolto I.I., L.L. e M.M. dal reato di cui ai capo A), perchè il fatto non costituisce reato e Api Raffineria Ancona Spa dell'illecito di cui al capo B) perchè il fatto non sussiste.

L'incidente che aveva causato il decesso del Q.Q. si verificava il (Omissis) all'interno dello stabilimento Api di (Omissis) durante i lavori di manutenzione degli impianti, eseguiti dopo il periodo di fermata generale annuale.

Nella sentenza era illustrato il programma in tre fasi di ravviamento finalizzato alla messa in funzione dell'impianto di produzione di vapore dopo il periodo di fermo: 1) avviamento delle unità di servizio, tra cui la caldaia ausiliaria (ASG-auxiliary steam generetor); 2) bonifica delle tubature ed apparecchiature con il vapore 3) ciecatura.

Già in date 9/10 maggio, dopo la messa in servizio della caldaia (fase 1), era iniziata la produzione di vapore necessaria alla bonifica degli impianti (fase 2), precedentemente mantenuti in pressione di azoto, per conservarne l'integrità. Il vapore prodotto da detta caldaia, attraverso la rete vapore dello stabilimento, arrivava alla linea vapore ad alta pressione HPS, tubazione sulla quale, tra le altre, era installata proprio la valvola di sicurezza PSV-2651 (valvola definita di sicurezza poichè, quando la pressione dei fluidi all'interno della linea su cui è montata crescono al di sopra di un valore critico, si apre automaticamente, con un sistema a molla, consentendo di scaricare il fluido contenuto all'esterno. Quando la pressione ritorna ai suoi valori normali, la valvola si richiude automaticamente).

Mentre eseguiva lo smontaggio della valvola di sicurezza PSV-2651, posta sulla linea vapore dell'impianto denominato platforming U.2600 del reparto PRA (Alta Pressione), il Q.Q. era investito da un getto di vapore che gli procurava lesioni gravissime a seguito delle quali decedeva il (Omissis).

Una volta riavviata la caldaia, prodotto il vapore e bonificata la linea, detta valvola, unitamente ad altre 12, doveva essere smontata, sottoposta alla taratura periodica in officina e rimontata. Per smontare le valvole era necessario eseguire, per ciascuna di esse, una serie di operazioni preliminari consistenti nella chiusura della valvola di intercettazione posta a monte di quella di sicurezza e nella depressurizzare della linea mediante apertura della valvola di drenaggio posta a valle. In questo modo il vapore presente nella tubatura rimaneva bloccato in corrispondenza della valvola di intercetto, mentre quello rimasto nella porzione di linea in cui erano istallate le valvole di sicurezza era scaricato dalla valvola di dreno, assicurando così agli operatori in campo che nella porzione di linea da lavorare non fosse più presente vapore.

I lavori di manutenzione in oggetto erano stati affidati in appalto dall'API ad una ditta esterna, la COIMA - Consorzio Industriale Marche. A sua volta la COIMA (committente) aveva stipulato con la consorziata COSMI (appaltatore) e con la FERPLAST (sub appaltatore) un "Accordo Quadro per attività di manutenzione impianti", con cui era stato assegnato a quest'ultima l'incarico di montaggio e rimontaggio delle tredici valvole. La gestione della sicurezza dei lavori di manutenzione appaltati era regolata dal DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi di Interferenze) e dal PSC (Piano di Sicurezza e Coordinamento) elaborati dalla committente Api e dal POS (Piano Operativo Sicurezza) elaborato della ditta esterna FERPLAST. Il lavoro di smontaggio delle 13 valvole - tra cui la PS 2651 - era stato disciplinato dal PdL n. 180248, composto da diverse sezioni, ciascuna delle quali specificava gli adempimenti da compiere e i soggetti a ciò incaricati (richiedente, emittente, responsabile dell'esecuzione dei lavori e operatore di reparto).

In data 29 maggio 2013, P.P. - capoturno giornaliero di fermata dell'Api - in qualità di emittente compilava e firmava il quadro B2, della sezione B del PdL, che elencava le precauzioni di processo e operative adottate, tra le quali erano barrate le caselle "apparecchiatura/linea depressata", "apparecchiatura/linea vuotata", "apparecchiatura/linea intercettata", "apparecchiatura/linea discata cieca"; mentre il N.N. - operatore di unità dell'API - compilava e firmava il quadro D, dichiarando così di aver verificato l'attuazione delle prescrizioni di cui ai punti B2 e B3 ed autorizzando l'inizio dei lavori. Pertanto, quella giornata, una volta compilato e firmato il PdL da tutti i soggetti responsabili e in tutte le sue sezioni, iniziavano i lavori di smontaggio delle tredici valvole. Al termine del turno, però, gli operatori riuscivano a smontare solamente una parte limitata delle 13 valvole, per cui si rendeva necessaria la prosecuzione dell'attività il giorno seguente.

Difatti, in data (Omissis), era compilato un nuovo modulo di autorizzazione alla ripresa dei lavori. Firmando detto permesso, l'emittente P.P. delegava l'operatore di unità N.N. a procedere al controllo della permanenza delle condizioni di sicurezza indicate nel PdL ai fini della ripresa dei lavori e il N.N., firmando il documento, attestava di avervi proceduto, autorizzando la ripresa dei lavori. In calce al modulo era riportata la firma del Responsabile Esecuzione Lavori, R.R , per presa visione ed accettazione.

Ricevuto detto modulo, la squadra di operali FERPLAST composta dal Q.Q. e da S.S , dietro indicazione del caposquadra Cosmi T.T. (il quale, a sua volta, aveva ricevuto istruzioni in tal senso dal capoturno API U.U.), si recava sulla valvola PSV-2651, ma, nell'aprire l'accoppiamento flangiato, il Q.Q. era investito da un getto di vapore bollente (temperatura 400 e pressione 40 bar) che gli cagionava le gravissime ustioni che poi lo portavano alla morte.

Sulla dinamica dell'incidente erano stati sentiti i seguenti testi: S.S , dipendente FERPLAST ed appartenente alla squadra recatasi a smontare la valvola PSV-2651; T.T. Vittorio, dipendente Cosmi, quel giorno caposquadra in raffineria; R.R , dipendente Cosmi anch'egli in raffineria il giorno dell'infortunio; P.P., capoturno API il giorno del fatto; V.V., dipendente API, presente in raffineria il giorno precedente; U.U., dipendente API, in raffineria il giorno dell'incidente con funzione di capoturno senza ruoli specifici con riferimento al PdL in oggetto; Z.Z., dipendente API in raffineria il giorno dell'infortunio.

Tenuto conto delle - in parte qua assolutamente concordi - informazioni fornite dai predetti e dei convergenti esiti dell'ulteriore istruttoria dibattimentale espletata, il Tribunale ricostruiva la dinamica dell'infortunio che aveva condotto al decesso del Q.Q. e riteneva dimostrato che, quando il (Omissis), la squadra di operai FERPLAST si era recata presso la linea di vapore su cui avrebbero dovuto intervenire, diversamente da quanto attestato nel relativo PdL, la valvola PSV-2651 non era stata messa in sicurezza, in quanto la valvola di intercetto posta a monte non era stata chiusa. Tale mancata chiusura comportava che, non appena i due operai avevano iniziato a rimuovere i bulloni della valvola PSV-2651, improvvisamente l'accoppiamento flangiato si era aperto, con conseguente uscita del getto di vapore che aveva investito in pieno il Q.Q., soggetto più vicino all'apparecchiatura.

Il Tribunale riteneva fondati gli addebiti formulati dalla pubblica accusa circa l'ambiguità dei permessi di lavoro cd. cumulativi, ossia riguardanti interventi multipli o cumulativi da svolgersi per più turni o per più giorni.

Nel verbale di prescrizione ASUR del 23 luglio 2013, era stato contestato al datore di lavoro A.A., di non aver individuato, in relazione a tale tipologia di permessi, una procedura di sicurezza sufficientemente esaustiva volta ad evitare il rischio della mancata messa in sicurezza degli impianti a causa della sovrapposizione di più lavorazioni contemporanee o protratte nel tempo. Sentito a dibattimento, il tecnico ASUR W.W., confermava che tale rischio era proprio quello concretizzatosi nella vicenda in oggetto, in cui non erano state attuate misure di prevenzione per ogni singola valvola.

Analoghe valutazioni erano effettuate dal C.T. del P.M. prof. Y.Y., il quale confermava il proprio giudizio di inidoneità dei permessi rilasciati dall'API. Al contrario, il consulente della difesa ing. J.J. sosteneva che l'utilizzo dei permessi cumulativi rappresentava una prassi consolidata e perfettamente in linea con la salvaguardia della sicurezza del lavoro, data la ricorrenza di una serie di circostanze, tutte sussistenti nel caso di specie: apparecchiature insistenti sullo stesso impianto e simili tra loro, tipologie di lavoro omogeneo/ripetitivo; attività eseguite sotto la responsabilità e il coordinamento dello stesso Responsabile Esecuzioni Lavori.

Il Tribunale evidenziava che la generica dicitura, contenuta nei riquadri B2 e D del PdL, "precauzioni di processo e operative adottate", era suscettibile di essere fraintesa, lasciando intendere all'operatore sul campo che tutte le valvole indicate nell'elenco allegato fossero già state messe in sicurezza, anche perchè il giorno precedente all'infortunio erano state messe in sicurezza solo le 3 o 4 valvole da smontare quel giorno, in quanto era prassi intercettare le valvole man mano che si procedeva coi lavori. Secondo il Tribunale, per evitare simili fraintendimenti, sarebbe stato necessario predisporre un diverso modello di PdL con un ulteriore spazio o allegato in cui venisse richiesto di dare conto, per ciascuna valvola, dell'avvenuta messa in sicurezza, indicando anche giorno ed ora dello svolgimento di detta operazione e il nome del soggetto che vi aveva provveduto e che avrebbe dovuto apporre una sottoscrizione specifica, attestando tali circostanze con riferimento a ciascuna valvola.

Erano stati ritenuti, invece, infondati ulteriori gli addebiti relativi all'esecuzione delle operazioni di manutenzione eseguite ad impianto di vapore acceso, anzichè spento, e alla mancata installazione di sensori di prossimità, essendo stata giudicata, in particolare, l'applicazione di tale ultimo strumento una precauzione solo auspicabile, ma, allo stato, non esigibile, attesa l'evoluzione attuale della tecnica e l'inesistenza di un simile presidio in qualsiasi altra raffineria.

In merito al mancato coinvolgimento nella verifica della messa in sicurezza degli operatori del reparto ispezioni, pur condividendosi il coinvolgimento nelle operazioni di un reparto diverso rispetto a quello personalmente destinato alla messa in sicurezza, non si è ritenuto pertinente chiamare in causa il reparto ispezioni, in quanto dall'organigramma API tale articolazione non risultava avere funzioni operative.

Con riferimento alla posizione del datore di lavoro del deceduto, l'addebito relativo al promesso coinvolgimento degli operai materiali esecutori dei lavori nella verifica ultima della messa in sicurezza era stato ritenuto fondato.

L'inadeguatezza della procedura SGS.P.01.4 aveva costituito l'addebito di colpa anche per l'Amministratore Delegato API Cognati, in quanto le procedure di sicurezza costituiscono parte integrante del DUVRI che dia questi promana e rientrano tra le attribuzioni non delegabili del datore di lavoro.

Quanto alla responsabilità amministrativa dell'API, il Giudice ha rilevato come, seppure nel caso di specie risultasse integrato il presupposto soggettivo, tuttavia, l'ulteriore requisito di aver commesso il fatto nell'interesse o a vantaggio dell'ente non era ravvisabile. Le incongruenze sottostanti al rilascio dei permessi erano state causate da negligenze che non avevano determinato modifiche rilevanti in termini di tempi e costi per l'ente, in quanto l'API non avrebbe subito sostanziali aggravi di spesa se fosse stata adottata una procedura più dettagliata.

Quanto alla posizione della FERPLAST, era stato evidenziato che nel verbale di prescrizioni ASUR del 23 luglio 2013 era stato contestato al datore di lavoro della persona offesa (O.O., legale rappresentante della FERPLAST) di non avere individuato una misura di prevenzione idonea a ridurre al minimo il rischio di investimento dei lavoratori da fuoriuscite di vapore durante lo smontaggio delle valvole. Infatti, nel POS elaborato dalla FERPLAST, con riferimento a questa tipologia di lavorazioni, tra le misure di prevenzione e protezione, era stata prevista testualmente la verifica che le linee di processo fossero state intercettate, senza però specificare il soggetto deputato alla verifica e le modalità di svolgimento.

Peraltro, al riguardo, il CT del P.M. prof. Y.Y. aveva chiarito che gli operai potevano verificare visivamente ed agevolmente, se la valvola da smontare fosse o meno in sicurezza.

3. La Corte di appello ha osservato che l'infortunio mortale non era stato frutto di improvvide ed imprevedibili iniziative di singoli dipendenti API coinvolti nelle attività di manutenzione in corso, bensì di gravi falle esistenti in materia nelle procedure antinfortunistiche predisposte dall'API e nella loro attuazione, essendo emersi, in particolare, i seguenti punti critici:

1) insufficienza, incongruità ed ambiguità della procedura SGS.P.014 relativa al rilascio del permesso di lavoro, specie in caso di lavori multipli e di conseguente emissione di un unico permesso di lavoro cumulativo;

2) esistenza di una prassi applicativa - frutto anche delle carenze di cui al punto precedente - per cui per "apparecchiatura sulla quale operare" era intesa la singola valvola e si intercettavano, pertanto, via via le singole valvole che fermavano il flusso del vapore verso ciascuna singola da rimuovere e non a mettere in sicurezza, prima dell'inizio dei lavori di manutenzione, tutte le tredici valvole da smontare;

3) totale mancanza di rilevazione del rischio specifico di fuoriuscita di vapore bollente a 400 di temperatura connesso alle attività demandate agli dipendenti della FERPLAST (e, in particolare, alla persona offesa) e assenza dell'indicazione di tale (maggiore e più grave perchè mortale) fattore di rischio nella documentazione predisposta in relazione al compimento dell'attività lavorativa;

4) negligenze nell'individuazione ed assegnazione dei ruoli ai singoli soggetti coinvolti nelle varie operazioni.

In ordine al punto 3) deve rilevarsi che, nel permesso di lavoro in atti relativo alle operazioni qui di rilievo, v'era scritto che i rischi specifici derivanti dalla tipologia di lavoro erano solo quelli di "caduta da piani elevati" e "caduta di oggetti utensili" e che, nel contempo, nell'ambiente e/o nelle tubature avrebbero potuto trovarsi le seguenti sostanze nocive: acido solfidrico, azoto e idrocarburi. Ciò dimostrava che l'atto non era stato compilato con la previsione di fare il lavoro a impianto di vapore acceso, giacchè il vapore surriscaldato, come evidenziato da tutti i tecnici che si erano espressi sul punto (a cominciare dai CCTT delle difese), non rientrava tra le sostanze tossiche e/o nocive sopra indicate e, anzi, aveva proprio la funzione di bonificare le linee da eventuali residui di tali sostanze tossiche e/o nocive.

Pur essendo i lavori qui di interesse (appaltati alla FERPLAST) di carattere periodico e da effettuarsi su di una linea di vapore a 42 bar e a 400 di calore, l'API non aveva segnalato tale fonte di pericolo; poichè si era intervenuti ad impianto acceso, anzichè spento, una simile fonte di pericolo esisteva aldilà delle precauzioni adottate o da adottarsi (quali quella di intercettare le valvole), sussistendo la concreta possibilità di errori umani e di malfunzionamenti o di inefficienze delle valvole di intercetto. Anche il teste K.K. confermava tale circostanza, avendo affermato che era prevedibile una rottura o una mancata tenuta di una valvola di intercettazione per un difetto di costruzione, per usura e per qualsiasi altra ragione.

Del resto se, nonostante l'opera di bonifica svolta dal vapore, l'API aveva ritenuto necessario evidenziare la remota possibilità di permanenza di residui di sostanze pericolose nei tubi, a maggiore ragione non avrebbe dovuto essere sottaciuta la possibile presenza di un elemento potenzialmente mortale quale il vapore a quella temperatura. Nè si comprendeva come, in un impianto che produceva, appunto, vapore, avrebbero potuto trovarsi sostanze tossiche, ma non vapore.

Ne discende il completo scollamento tra il contenuto del permesso di lavoro (relativo, peraltro, ad attività che avevano carattere abituale e non poteva quindi certo non essere conosciute da tutti i livelli dell'organizzazione Api) e la specifica attività che questo era destinato a disciplinare.

Sono irrilevanti, pertanto, le argomentazioni difensive dirette ad adombrare una responsabilità della persona offesa, perchè questa non avrebbe seguito pedissequamente le regole da adottarsi nello smontaggio delle valvole (procedendo su un tirante alla volta con un'operazione a croce), giacchè, a parte l'elevata pressione il vapore comunque sarebbe sicuramente fuoriuscito; in ogni caso il rischio della fuoriuscita di vapore non era mai stato segnalato e, pertanto, la persona offesa non era rimproverabile, per non avere ipoteticamente adottato precauzioni in tal senso.

Il permesso di lavoro costituiva l'ultimo adempimento/documento che avrebbe dovuto garantire l'effettuazione in completa sicurezza dell'intervento in esame. Il complesso sistema di gestione della sicurezza applicato dall'API prevedeva l'interazione tra diverse procedure e compendiate principalmente in tre documenti: il DUVRI (di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 26, comma 1, lett. b), comma 2, lett. a) e b), commi 3 e 6); il PSC e il Permesso di Lavoro (PDL).

Mediante il DUVRI, l'API avrebbe dovuto evidenziare e fornire alle ditte esecutrici le informazioni relative ai pericoli esistenti all'interno della raffineria; con il PSC avrebbe dovuto particolareggiare tali informazioni con riferimento allo svolgimento delle singole attività da svolgersi (come quella poi sfociata nel sinistro mortale) e attraverso il PDL avrebbe dovuto dare atto delle precauzioni da adottarsi ed effettivamente adottate per tutelare i lavoratori durante dette singole lavorazioni.

Ebbene, nella sezione relativa all'Organizzazione per i lavori in appalto del DUVRI, alle pagg. 40/43, al paragrafo 2.2.1 si legge: "Schede riportanti i principali fattori di rischia presenti nelle aree dove verranno effettuate le attività affidate alle ditte Appaltatrici"; l'API informava che erano state predisposte schede di censimento dei pericoli per ogni singola area, così da evidenziare tutti i fattori di rischio.

Partendo dall'analisi della scheda relativa ai pericoli di Area U-2600, è indicata la possibile presenza di superfici e/o materiali caldi e freddi - derivanti anche da getti di liquido o vapore - e come scenario ipotizzato/causa è indicata solo quella relativa all'esistenza di superfici calde accessibili; è l'unico accenno contenuto nel DUVRI in relazione all'eventuale presenza di vapore, privo di specificazioni quali condizioni di temperatura e pressione, in cui si sarebbe potuto presentare.

Coordinando questa generica informazione con le schede di censimento dei pericoli concreti relativi alle attività che la FERPLAST avrebbe dovuto svolgere secondo quanto riportato nel contratto d'appalto (scheda 2.1 Inserimento/Rimozione dischi ciechi, 2.2 Montaggio smontaggio tubazioni e componenti apparecchiature, 2.5 Lavori a freddo, 2.11 Sollevamento Apparecchiature/attrezzature tramite autogru), il riferimento alla presenza di vapore scompariva dei tutto.

Nella scheda 2.1 (Inserimento/Rimozione dischi ciechi), nelle precauzioni da adottare a carico della committente (API) era indicata la procedura di svuotamento, depressamento e bonifica delle apparecchiature, mentre a carico dell'impresa esecutrice era indicato solo l'uso di guanti e indumenti idonei in funzioni delle caratteristiche delle pericolosità dell'agente chimico con il quale si poteva venire in contatto.

Quindi il vapore acqueo surriscaldato, che, pur essendo estremamente pericoloso, non costituisce, però, certo un agente chimico, non era stato indicato tra i rischi - neppure remoti - che si potevano profilare nell'esecuzione dei lavori. Analogamente nel Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) del 21 maggio 2013 concernente la "Manutenzione impianti di raffineria giugno 2013", a pag. 7, par. 8, erano stati analizzati tutti i possibili rischi derivanti dai lavori di manutenzione da effettuarsi sull'impianto, con ulteriore rimando, quanto alla loro specifica individuazione, al DUVRI e al Permesso di Lavoro (PdL) (oltre che all'Analisi Rischio Lavoro -.)FIA - per le attività complesse, tra le quali non rientrava quella qui in esame).

Ebbene, al paragrafo 8.2.1, erano state elencate le prescrizioni scaturite dalla valutazione dei rischi per attività particolari come segue: "Nel caso in cui si valuti il rischio di contatto con sostanze pericolose (es, sostanze liquide, vapore, etc.) nel permesso di lavoro dovrà essere riportata anche la prescrizione sull'uso della visiera in aggiunta agli altri dispositivi di protezione individuale. L'uso della visiera è limitato alle sole fasi di apertura di accoppiamenti flangiati". Dunque anche dal PSC non si evincevano rilevazioni del rischio specifico per taluni lavoratori - certo non emendabile con uso di una semplice visiera - di essere investiti da vapore ad alte temperatura (400C) e pressione (42 Kg/cm2).

Della completa carenza in parte qua anche nel permesso di lavoro che aveva regolato concretamente l'attività nell'esecuzione della quale si era verificato l'infortunio si è già detto innanzi (nessun cenno rivenendosi in esso al pericolo di fuoriuscita di vapore e neppure all'eventuale uso della visiera) nè era emerso che informazioni in tal senso fossero circolate nelle riunioni di coordinamento effettuate prima dell'inizio dei lavori e alle quali avevano partecipato anche i rappresentanti della ditte esterne. Tali carenze informative, unite a quelle relative all'organizzazione degli interventi derivanti dall'assenza di appropriata regolamentazione dei lavori cumulativi, avevano inciso in modo determinante nella veril1cazione dell'infortunio, giacchè, se anche a ritenere legittima la scelta aziendale di procedere ai lavori con l'impianto di vapore acceso (anzichè in condizione di spegnimento che, ovviamente, avrebbe azzerato ogni rischio per i dipendenti FERPLAST), nondimeno tale scelta era stata presa, appunto, a costo di assoggettare gli operatori ad un pericolo assai rilevante (perchè potenzialmente letale) e, allora, la relativa procedura avrebbe dovuto essere ideata e attuata con criteri di estrema prudenza, sensibilizzando gli attori della vicenda e costringendoli, anche mediante la redazione di apposito PdL, ad "attestare" l'effettiva avvenuta esecuzione dei necessari interventi di intercettazione e di scarico del vapore in relazione a ciascuna valvola, si da ridurre drasticamente sino ai limiti più bassi possibili il rischio di errori umani.

Inoltre, la dovuta informazione fornita al responsabile e ai dipendenti della FERPLAST circa il rischio di cui si è detto avrebbe consentito anche a questi ultimo di adottare le necessarie precauzioni. La FERPLAST, infatti, era attrezzata per lavori da svolgersi in ambienti pericolosi del genere di quello di cui si discute (quali fonderie) e, tra le proprie dotazioni, aveva anche caschi e tute ignifughe e protettive dal calore che avrebbero potuto se non evitare, certamente ridurre in maniera consistente i danni provocati dal contatto con il vapore surriscaldato e, con essi, l'evento morte. Gli stessi operai della FERPLAST avrebbero potuto essere invitati ad effettuare un controllo finale visivo circa lo stato delle valvole di intercetto, dato il pericolo che da esse si potesse sprigionare del vapore a simili temperature e pressione.

L'inadeguatezza della procedura costituiva addebito di colpa ascrivibile anche all'amministratore delegato A.A.. Le procedure di sicurezza, per quanto non specificatamente approvate e sottoscritte dall'amministratore delegato, appartengono al Duvri e rientrano tra le attribuzioni indelegabili del datore di lavoro.

Il datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28, all'interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda in relazione alla singola lavorazione o ambiente di lavoro e le misure precauzionali e dispositivi adottati per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori; il conferimento a terzi della delega relativa alla relazione del suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia e di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata.

Anche il teste X.X., responsabile risorse umane e organizzazione di Api, confermava che "l'amministratore delegato è a conoscenza di tutte le procedure che si utilizzano nella raffineria... " sotto il profilo antinfortunistico.

Contrariamente all'assunto difensivo, l'infortunio non era stato determinato da iniziative contingenti prese da singoli dipendenti dell'API, bensì era il frutto avvelenato di gravi carenze organizzative e di evidenti deficienze esistenti nelle procedure antinfortunistiche predisposte ed attuate dall'API. Dalla documentazione acquisita e dalle dichiarazioni dell'A.B. e del X.X. si comprendeva che il reparto operativo diretto dall'B.B. organizzava il lavoro (anche sotto il profilo antinfortunistico) e curava la predisposizione dei relativi permessi, essendo egli, nel contempo, uno di coloro i quali avevano personalmente approvato la procedura SGS.P.014.

4. Il A.A., l'B.B. e la responsabile civile API, a mezzo dei rispettivi difensori, ricorrono per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello.

5. A.A. (nove motivi di impugnazione).

5.1. Nullità della sentenza impugnata per vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del nesso causale fra il decesso del Q.Q. e l'asserita incongruità ed ambiguità della Procedura SGS.P.014 relativa al rilascio dei Permessi di lavoro.

Si deduce che la Corte di merito non ha vagliato le deduzioni articolate nei motivi di appello e che gli elementi probatori - ivi puntualmente richiamati - smentivano quella ricostruzione, in quanto la procedura SGS.P.014 prevedeva la necessità di attuare tutte le misure di prevenzione prima dell'avvio dei lavori.

Ciò risultava dal testo della procedura e dalle dichiarazioni rese in dibattimento dal consulente del P.M. prof. Y.Y. e dello P.P., Emittente del permesso di lavoro 180248, che avrebbe dovuto attuare le misure di sicurezza ivi previste. La procedura SGS.P.014 era chiara nel pretendere l'attuazione di tutte le misure di sicurezza prima dell'avvio dei lavori.

L'assunto di una "equivocità" della procedura SGS.P.014 era stato smentito anche da varie convergenti dichiarazioni rese in dibattimento dai testi, secondo i quali la procedura SGS.P.014 ed il permesso di lavoro n. 180248 imponevano di intercettare tutte le 13 valvole PSV (ivi compresa la PSV 2651) prima di avviare i lavori.

Il capoturno P.P. - cioè, colui il quale avrebbe dovuto assicurare l'attuazione delle misure di sicurezza consistenti nell'intercettazione delle 13 valvole PSV (fra cui la PSV 2651) - dava esplicitamente atto che il 29 maggio 2013 (il giorno prima dell'evento) l'operatore di reparto in turno N.N. avrebbe dovuto intercettare tutte le 13 valvole PSV (ivi compresa, la PSV 2651). Di fronte a questa circostanza, nell'intento di accreditare la propria ricostruzione, la Corte di appello ha lasciato intendere che lo P.P. avrebbe solo inteso confermare che, per mettere in sicurezza 13 valvole PSV, sarebbe stato necessario chiudere altrettante valvole di intercetto. In realtà, le dichiarazioni rese dallo P.P. non avevano il significato che la Corte territoriale ha cercato di attribuire loro.

Anche lo P.P. e il consulente del P.M. Y.Y. evidenziavano che l'assunto della pretesa ambiguità della procedura e le conseguenti "invitabili incertezze", in cui si sarebbero trovati ad operare gli addetti Api a seguito della mancata regolamentazione dei permessi di lavoro "multipli", costituiva una congettura confutata dagli elementi probatori acquisiti nel corso del giudizio di primo grado.

Lo stesso emittente del permesso di lavoro P.P. - che avrebbe dovuto assicurare l'attuazione delle misure di sicurezza, infatti, dimostrava di conoscere perfettamente non solo le misure di sicurezza dovute per eseguire i lavori in sicurezza - e cioè, la necessità di procedere all'intercettazione delle 13 valvole PSV - ma (più ancora) dimostrava di essere consapevole della necessità di attuare tutte le misure di sicurezza il 29 maggio 2013, prima dell'avvio dei lavori di manutenzione.

I testi A.C. (assistente tecnico di manutenzione), A.D. (Responsabile HSE fino al 2008) e A.E. (allora Responsabile della funzione HSE) avevano confermato che, secondo la procedura SGS.P.014, le misure di sicurezza indicate nel permesso di lavoro dovevano essere tutte attuate prima dell'avvio dei lavori.

5.2. Nullità della sentenza impugnata per vizio di motivazione, in relazione all'o-messa valutazione di quanto dedotto nei motivi di appello con riferimento all'ipotesi prevista dalla procedura SGS.P.014 di ripresa dei lavori.

Si rileva che, anche a voler condividere la ricostruzione ribadita dalla Corte distrettuale - e già prospettata nella sentenza di primo grado - secondo la quale la procedura SGS.P.014 avrebbe determinato l'insorgere (per usare le parole del giudice di appello) di "inevitabili equivoci ed ambiguità", lasciando nel dubbio gli operatori API sulla necessità di intercettare tutte le valvole da subito ovvero per gradi (in parallelo al progredire dei lavori), l'osservanza della medesima, nella parte in cui disciplina la "ripresa dei lavori", avrebbe comunque impedito con certezza l'evento.

I lavori di smontaggio delle valvole PSV, infatti, avevano avuto avvio il 29 maggio 2013, dopo che lo P.P., capoturno ed Emittente, e l'operatore di unità N.N. avevano sottoscritto i quadri B2 e D del permesso di lavoro, dando atto di avere adottato le "precauzioni di processo" e di averne verificato l'attuazione; i lavori non si erano conclusi il 29 maggio ed erano proseguiti il 30 maggio, dopo la sottoscrizione da parte dello P.P. e del N.N. di un nuovo modulo, con il quale avevano autorizzato la ripresa dei lavori, dando atto di aver nuovamente verificato l'effettiva attuazione delle misure di sicurezza previste nel permesso di lavoro.

La procedura SGS.P.014 ed il permesso di lavoro regolavano espressamente tale eventualità, stabilendo che - laddove i lavori si protraessero oltre una giornata - la ripresa dei lavori dovesse essere preceduta da un'ulteriore verifica dall'effettiva attuazione delle misure di sicurezza e dalla sottoscrizione da parte dell'Emittente e dell'Operatore di unità di uno specifico "Modulo di Autorizzazione alla ripresa del lavoro". Nel paragrafo 8 della procedura SGS.P.014 (allegata ai motivi di appello, come allegato 1) era, infatti, previsto che il permesso di lavoro deve essere rinnovato quando viene richiesto per più di una giornata lavorativa.

Il rinnovo del permesso di lavoro (con conseguente autorizzazione alla ripresa dei lavori) richiede ulteriori attività di verifica a carico dell'Emittente dell'Operatore di reparto e segnatamente: a) "l'Emittente/Responsabile di area verifica che le condizioni sulla base delle quali è stato formalizzato inizialmente il Permesso di Lavoro non siano mutate, che risultino confermate le prescrizioni presenti nel Permesso di Lavoro ed appone data e propria firma"; b) "l'Operatore di reparto, accompagnato dal Responsabile esecuzione lavori, si reca sul posto e verifica che le prescrizioni operative siano state messe in atto e autorizza l'inizio dei lavori, apponendo data e firma e facendo firmare il Responsabile esecuzione lavori". Infatti, al Permesso di lavoro n. 180248 era allegato un "Modulo di Autorizzazione alla ripresa del lavoro" (già allegato all'atto di appello e di seguito riprodotto per estratto), con il quale l'Emittente (P.P.) autorizza l'operatore di reparto "a controllare la permanenza delle condizioni di sicurezza indicate nel Permesso di Lavoro ai fini della ripresa dei lavori". Nel modulo si legge che l'operatore di reparto (N.N.) autorizzava la ripresa dei lavori, "avendo verificato l'attuazione di quanto indicato nel Permesso di Lavoro". Si tratta di una circostanza di importanza cruciale, che evidenzia in modo plateale la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata.

Anche a dare per buona la ricostruzione accreditata nella sentenza di appello ed a ritenere: 1) che la procedura SGS.P.014 presentasse davvero margini di incertezza tali da indurre gli operatori Api a pensare che la messa in sicurezza delle valvole potesse essere effettuata "per gradi"; 2) che si fosse instaurata davvero una "prassi operativa" in tal senso resta il fatto che il (Omissis) (i.e., il giorno dell'evento) l'Operatore di reparto N.N. - come previsto dalla Procedura SGS.P.014 e dal Modulo di "Autorizzazione alla ripresa del lavoro" - avrebbe dovuto verificare nuovamente che le misure di sicurezza previste dal permesso di lavoro 180248 per le valvole, su cui dovevano intervenire gli addetti della FERPLAST (fra cui la PSV 2651), fossero "state messe in atto", prima di autorizzare la ripresa dei lavori. Se il N.N. avesse eseguito le prescrizioni di cui alla procedura SGS.P.014 e dal "Modulo di Autorizzazione alla ripresa del lavoro", l'evento non si sarebbe verificato.

5.3. Nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 43 c.p. e per vizio di motivazione, quanto alla ritenuta sussistenza di profili di colpa.

Si rileva che l'unico fra i documenti richiamati in sentenza rispetto ai quali, secondo la Corte di appello, poteva ravvisarsi un a carenza informativa, suscettibile di essere ricondotta alle attribuzioni del A.A., nelle sua qualità di Amministratore delegato e datore di lavoro, era il Documento di Valutazione dei rischi interferenziali. Il A.A. era estraneo alle attività che avevano condotto alla redazione ed al rilascio del Permesso di Lavoro 180248 redatto e sottoscritto: a) dal Responsabile del reparto manutenzione (A.C. - Quadro A1) nella sua qualità di richiedente gli interventi di manutenzione (che avrebbero dovuto condurre allo smontaggio delle 13 valvole di sicurezza PSV); b) dal Responsabile Esecuzione Lavori (R.R - Quadro A2 e Quadro C), responsabile dell'impresa esecutrice dei lavori; c) dal Capoturno giornaliero di fermata (P.P. - Quadro B1) nella sua qualità di Emittente del permesso di lavoro, al quale spettava indicare (fra l'altro) le informazioni sulle sostanze che interferivano sul lavoro e sui rischi specifici ed elencare le precauzioni di processo ed operative adottate; d) dall'Operatore di Unita/Area (N.N. - Quadro D), nella sua qualità di operatore incaricato di autorizzare l'inizio dei lavori, dopo avere verificato l'effettiva attuazione delle prescrizioni di sicurezza ivi indicate.

Il A.A. non partecipava all'elaborazione e alla redazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) dell'API Raffineria di (Omissis), che - come previsto dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 91 e come risultante dall'estratto del PSC in atti e di seguito riprodotto - era stato redatto e sottoscritto dal Coordinatore per la Sicurezza in fase di progettazione, A.F. (e sottoscritto altresì dal responsabile dei lavori nominato dalla Committente Api Raffineria di Ancona Spa ing. I.I.).

Pertanto, (pretese) carenze informative della documentazione di sicurezza, per l'asserita mancata indicazione dello specifico fattore di rischio (vapore) nel PSC di Api Raffineria di Ancona Spa o nel Permesso di Lavoro 180248 sarebbero - anche ove esistenti - del tutto irrilevanti, in quanto pacificamente irriferibili al A.A..

L'indicazione contenuta nel DUVRI ("svuotamento, depressamento e bonifica delle apparecchiature") imponeva l'intercettazione della linea, mediante la chiusura delle valvole di intercetto a monte della PSV 2651, come attestato dallo P.P., Emittente del permesso di lavoro.

Peraltro, la scelta di non menzionare esplicitamente il vapore (o altre sostanze specifiche) nel DUVRI - ma di far riferimento come fonte di rischio al "possibile contatto con residui delle sostanze precedentemente presenti nelle apparecchiature 24 tubazioni" - coprendo così tutti i rischi derivanti dalla presenza di sostanze pericolose (indipendentemente dalla loro natura e caratteristiche) all'interno della linea e prevedendo in ogni caso come precauzione da adottare l'intercettazione ("svuotamento, depressamento") e la bonifica delle linee e delle apparecchiature, era legittima.

Essa, infatti, non aveva formato oggetto di rilievi da parte dell'ASUR Marche (che aveva svolto le indagini), del consulente del P.M. prof. Y.Y. e del P.M., che aveva incentrato la contestazione sulla (pretesa) inidoneità della procedura SGS.P.014 sui permessi di lavoro e sullo svolgimento dei lavori di manutenzione ad impianto vapore in funzione.

Anche a voler ammettere che la mancata esplicitazione nel DUVRI della presenza del vapore costituisse un'omissione rimproverabile a titolo di colpa, le misure di cautela indicate nel DUVRI con riferimento alla possibile presenza di sostanze pericolose ("svuotamento, depressamento e bonifica delle apparecchiature") richiedevano ed imponevano in ogni caso l'intercettazione della linea mediante la chiusura delle valvole di intercettazione (ivi comprese quelle a monte della PSV 2651). L'addebito di colpa, quindi, costituiva una violazione eziologicamente irrilevante rispetto all'evento, in quanto - essendo nel DUVRI comunque richiesta l'intercettazione delle linee - anche un'eventuale esplicitazione della presenza del vapore non avrebbe aggiunto nulla alle misure di cautela già previste e dovute. La stessa Corte di appello, infatti, non ha saputo indicare quale sarebbe stata l'ulteriore misura di cautela dovuta laddove fosse stata esplicitata la presenza del vapore, continuando invece a far riferimento all'esigenza dell'intercettazione delle linee prima dell'avvio dei lavori.

Un ulteriore vizio di motivazione era riscontrabile in riferimento all'assunto proiettato dalla Corte di appello - secondo il quale la mancata indicazione di tale fattore di rischio specifico avrebbe impedito all'impresa esecutrice FERPLAST di dotare i propri dipendenti di idonei DPI (caschi e tute ignifughe e protettive dal calore) in grado di impedire il decesso del Q.Q., ovvero di invitare i propri dipendenti a verificare l'intercettazione delle linee. La ritenuta possibilità per la FERPLAST di dotare i propri dipendenti di DPI in grado di impedire ili decesso del Q.Q. è stata enunciata dalla Corte territoriale, nonostante ciò non emergesse dagli atti processuali. Anzi, si pone in contrasto con le dichiarazioni rese in dibattimento dal teste A.G., funzionario dell'AsuR Marche, che aveva svolto le indagini e che aveva dato atto dell'inesistenza di DPI in grado di assicurare protezione contro il vapore alle pressioni e temperature (42 bar e 4000), caratterizzanti il getto di vapore che aveva investito il Q.Q..

L'AsuR Marche e il P.M., infatti, non avevano formulato addebiti nei confronti del A.A. (quale Amministratore delegato di API Raffineria di Ancona e datore di lavoro), di altri dirigenti della Società o di O.O., nella sua qualità di Amministratore unico e datore di lavoro della FERPLAST. Era altresì viziata l'affermazione, secondo la quale la mancata esplicitazione nel DUVRI e negli altri documenti di sicurezza della presenza di vapore surriscaldato avrebbe impedito alla FERPLAST di invitare i propri dipendenti "ad effettuare essi stessi un controllo finale visivo" circa l'avvenuta intercettazione delle linee. Al riguardo, nella sentenza impugnata si è dato atto che il POS della FERPLAST prevedeva (con riferimento alle operazioni riguardanti lo smontaggio delle valvole PSV) che gli addetti della FERPLAST verificassero l'avvenuta intercettazione delle linee e si escludeva la concreta esigibilità di un siffatto controllo da parte di tali addetti.

Dalla procedura SGS.P.014 e dal permesso di lavoro in atti si evinceva che la verifica finale prevista anche sul versante delle ditte appaltatrici (peraltro solo a livello "esterno") era successiva all'effettuazione delle operazioni di messa in sicurezza da parte dell'API e spettava solo alla Cosmi e non alle altre realtà imprenditoriali coinvolte e/o ai loro dipendenti. I dipendenti della FERPLAST, pertanto, dovevano adottare solo la precauzione di non entrare in azione, Finchè il personale preposto dell'API e della Cosmi non avesse dato loro il segnale di avvio, rassicurandoli sull'avvenuta messa in sicurezza delle valvole da smontare, la quale, tuttavia, avrebbe dovuto essere effettuata con modalità adottate a sua insindacabile scelta dall'API e, quindi, non note (ne controllabili) dagli esecutori.

5.4. Nullità della sentenza impugnata per violazione di legge e per vizio di motivazione in relazione alla ritenuta attribuibilità dell'evento a condotte colpose del A.A., nella sua qualità di Amministratore delegato di Api Raffineria di Ancona s.p.a..

Si deduce che la Corte di appello ha riconosciuto l'estraneità del A.A. alle attività riguardanti la predisposizione ed il rilascio dei permessi di lavoro, tra i quali il n. 180248 emesso il 21 maggio 2013 per l'esecuzione dei lavori di smontaggio delle valvole PSV, compresa la PSV 2651 interessata dall'evento. E ha ribadito l'estraneità del A.A. all'elaborazione e redazione della procedura SGS.P.014, la cui ritenuta inadeguatezza sarebbe (secondo la ricostruzione accreditata in sentenza) alla base dell'evento incidentale che aveva determinato il decesso del Q.Q..

In relazione alla pretesa riferibilità (anche) all'Amministratore delegato dell'inadeguatezza della procedura SGS.P.014, in ragione della sua (asserita) riconducibilità al DUVRI e, quindi, alle attribuzioni indelegabili del Datore di lavoro, va censurata la ricostruzione accreditata nella sentenza del Tribunale. La procedura SGS.P.014 non era "stata nè redatta, nè approvata, nè sottoscritta" dal A.A. e la motivazione con la quale il Tribunale aveva cercato di ricondurre a quest'ultimo la responsabilità della procedura era stata smentita - in via di fatto - dalle dichiarazioni rese in dibattimento dai testi e, in particolare, dal Responsabile del personale e dell'organizzazione X.X.). In realtà, il contenuto dell'obbligo indelegabile gravante sul datore di lavoro D.Lgs. n. 81 del 2008, ex art. 28 riguardava - semmai - la valutazione dei rischi e la redazione (ed aggiornamento) del relativo documento "e non certo l'elaborazione o redazione delle singole procedure".

Pur dando atto dell'estraneità del A.A. all'elaborazione, alla redazione e all'approvazione della procedura SGS.P.014 ed al rilascio del permesso di lavoro 180248, la Corte territoriale ha sostenuto che la (ritenuta) inadeguatezza della procedura andrebbe posta a carico anche dell'imputato, sull'assunto che tutte le procedure dovrebbero ritenersi attratte fra le attribuzioni indelegabili del datore di lavoro. Il A.A., in qualità di datore di lavoro, dovrebbe - per ciò solo - ritenersi responsabile di tutte le procedure esistenti dentro la Raffineria API. Questa impostazione travisa il contenuto dell'obbligo indelegabile del datore di lavoro di procedere alla valutazione dei rischi, come dimostrano le conseguenze obiettivamente abnormi ed incompatibili con il principio di colpevolezza - alle quali conduce la sua applicazione. L'obbligo indelegabile gravante sul datore di lavoro ai sensi D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28 riguarda esclusivamente la valutazione dei rischi, cui fa seguito la redazione ed aggiornamento del relativo documento (oltrechè la nomina del RSPP e del medico competente), non certo l'elaborazione e/o redazione delle procedure, in cui trovano concretizzazione le misure di cautela previste.

I "permessi di lavoro multipli" costituivano uno strumento operativo utilizzato da molti anni in raffineria - ed ampiamente "consolidato e testato", secondo le dichiarazioni del teste A.C. - ed all'interno della Raffineria API erano previsti una serie di controlli sull'adempimento della procedura SGS.P.014 e dei permessi di lavoro, anche attraverso verifiche a campione da parte di un team di specialisti munito di check-list. Non erano mai emerse anomalie o di carenze della procedura SGS.P.014 o di prassi operative scorrette degli operatori di campo.

5.5. Nullità della sentenza impugnata per violazione di legge e per vizio di motivazione, in relazione alla posizione di garanzia ed alla prevedibilità dell'evento.

Si osserva che la Raffineria API in oggetto era un'impresa estesa per una superficie di oltre 70 ettari, con centinaia di chilometri di tubazioni e migliaia di valvole di ogni tipo e dentro la quale lavoravano (all'epoca dei fatti) circa quattrocento dipendenti. A queste dimensioni faceva riscontro una corrispondente articolazione organizzativa, che prevedeva un'articolata ripartizione di funzioni e competenze, con attribuzione ad una serie di figure dirigenziali della gestione degli impianti e dell'esecuzione delle attività (ivi comprese quelle di carattere manutentivo).

Come attestato dal teste Dott. X.X. (Responsabile Organizzazione e risorse umane della Raffineria dal 2005), l'amministratore delegato non svolgeva funzioni operative, ma si occupava della gestione strategica dell'impresa nel suo complesso.

Il Tribunale aveva affermato la responsabilità dell'imputato, unicamente in virtù del suo ruolo di datore di lavoro, evidenziando che la sussistenza di profili di colpa in capo al A.A. doveva essere verificata e valutata avuto riguardo alla concreta realtà organizzativa dell'azienda. Dentro un'impresa di queste dimensioni il datore di lavoro non poteva verificare in proprio l'attuazione delle misure di sicurezza previste dai permessi di lavoro e il "dovere di sicurezza", bensì doveva assicurare il disegno organizzativo dell'insieme e apprestare un sistema di controlli idoneo ad evidenziare eventuali inadempimenti dei doveri di sicurezza da parte delle figure operative.

Non si comprendevano le ragioni, in base alle quali la ritenuta inadeguatezza della procedura SGS.P.014 avrebbero dovuto essere poste a carico dell'amministratore delegato, estraneo alla sua redazione, elaborazione ed attuazione.

Un vizio di motivazione è riscontrabile anche con riferimento al tema dei controlli e dell'avvenuta certificazione - da parte di un ente esterno accreditato (DNV) - del Sistema integrato di Gestione della Sicurezza della raffineria API e delle procedure relative (ivi compresa la SGS.P.014), in conformità allo standard internazionale OH-SAS 18001. Il sistema dei controlli comprendeva verifiche dirette a testare il rispetto della procedura SGS.P.014 e delle misure di sicurezza previste dai permessi di lavoro, demandate a specifiche figure interne alla raffineria. Dalle centinaia di controlli effettuati in raffineria nel corso di 12 anni (la procedura era in vigore dal 2001) non erano mai emerse evidenze di carenze della procedura SGS.P.014, nè di un suo inadempimento o dell'inosservanza di quanto previsto nei permessi di lavoro, nè - men che mai - di prassi applicative in contrasto con l'obbligo di attuare le misure di sicurezza ivi indicate prima dell'avvio dei lavori.

In ordine al sistema dei controlli, la Corte distrettuale ha riconosciuto l'esistenza e la pervasività del sistema dei controlli (affidati "a specialisti con l'ausilio di check list") e - più ancora - ha dato atto che da tali controlli non era mai emersa evidenza di una "prassi operativa" nella quale le misure di sicurezza fossero attuate "per gradi", in parallelo all'avanzamento dei lavori richiesti. Ma ha cercato di azzerarne la rilevanza, sostenendo che - poichè i permessi di lavoro "multipli" non erano stati esplicitamente regolati nella procedura - la mancata rilevazione di anomalie o di violazioni non avrebbe avuto alcun significato, perchè la violazione si sarebbe potuta riscontrare solo rispetto ad una procedura "codificata".

Così facendo, però, la Corte di appello è incorsa - anzitutto - in un'evidente contraddizione. La Corte distrettuale ha dato atto che il teste A.C. aveva riferito che l'impiego dei permessi di lavoro "multipli" era diffuso da tempo in raffineria. Peraltro, il teste A.C. aveva dato atto nelle sue dichiarazioni che si trattava di una prassi non solo consolidata da molti anni, ma anche "testata". Se la modalità operativa dei permessi di lavoro "multipli" era diffusa ("consolidata e testata") da molti anni, i controlli effettuati dalle strutture specialistiche di raffineria sul rispetto della procedura SGS.P.014 e dei permessi di lavoro non potevano che essere estesi anche questi ultimi: è ovviamente inverosimile, infatti, che - a fronte di uno strumento operativo oggetto di "una prassi diffusa in raffineria" - le centinaia di controlli eseguiti negli anni sull'osservanza della procedura e dei permessi di lavoro non avessero mai avuto ad oggetto "permessi multipli".

Se fosse vera l'ipotesi, accreditata in sentenza, secondo la quale - a causa dell'incertezza indotta dalla mancata "standardizzazione" nella procedura SGS.P.014 dei permessi di lavoro "multipli" - si fosse instaurata una "prassi operativa" in cui le misure di sicurezza ivi previste erano attuate per gradi, tale circostanza non sarebbe potuta sfuggire alle strutture specialistiche di raffineria incaricate dei controlli. Data la "diffusione" dei permessi di lavoro "multipli", sarebbe stato inevitabile che, in occasione di una delle numerose verifiche effettuate, le strutture deputate al controllo si avvedessero che le cautele previste dal permesso di lavoro "multiplo" non erano state interamente attuate prima dell'avvio dei lavori, ma erano state eseguite solo in parte (e cioè, per la parte corrispondente ai lavori in corso di esecuzione). Non avrebbero certamente mancato di segnalarlo come una violazione della procedura SGS.P.014 (e, comunque, come una criticità), indipendentemente dal fatto che il permesso di lavoro fosse "singolo" o "multiplo".

La Corte di appello ha riconosciuto che le evidenze probatorie (vedi le dichiarazioni del teste A.E.) attestavano l'assenza di anomalie connesse all'adempimento della procedura SGS.P.014 o di un'attuazione parziale delle misure di cautela previste dai permessi di lavoro. L'assunto di cui alla sentenza impugnata, secondo il quale i controlli eseguiti in raffineria sui permessi di lavoro non avrebbero mai rilevato l'esistenza di alcuna prassi operativa "distorta", solo perchè la procedura SGS.P.014 non regolava esplicitamente i permessi di lavoro "multipli", si rivelava illogico e infondato.

Il A.E. - responsabile della funzione HSE - descriveva il funzionamento del sistema dei controlli, dando atto che essi comprendevano anche verifiche dirette ad accertare il puntuale rispetto della procedura SGS.P.014 e delle misure previste dai permessi di lavoro, effettuate da figure specialistiche, con l'ausilio di apposite check list. Aveva esplicitamente affermato che dai controlli eseguiti non erano emerse evidenze di prassi operative, in cui le misure di sicurezza previste dai permesso di lavoro fossero attuate progressivamente, in parallelo all'avanzamento dei lavori. Il A.E. faceva chiaramente riferimento all'ipotesi di permessi di lavoro "multipli".

Analogamente, la sentenza impugnata si esponeva ad una serie di rilievi, anche in riferimento alle argomentazioni addotte circa la Certificazione OHSAS 18001 del Sistema di Gestione della Sicurezza e delle relative procedure.

La Corte di appello non ha disconosciuto che il Sistema di Gestione della Sicurezza era stato certificato secondo lo standard OHSAS 18001, ma ha cercato di escluderne la rilevanza, sull'assunto che l'Ente di certificazione non avrebbe potuto valutare la validità della procedura con riferimento ai permessi di lavoro "multipli", che non erano espressamente regolati. Il discorso svolto dalla Corte distrettuale, tuttavia, risulta non solo carente sul piano logico, ma anche viziato in diritto.

La circostanza che il Sistema di Gestione della Sicurezza e l'intero corpo procedurale che ne faceva parte - ivi compresa la procedura SGS.P.014 sui permessi di lavoro - fossero stati certificati ai sensi del British Standard OHSAS 18001 riveste una rilevanza determinante sul terreno dell'affidamento che legittimamente il A.A. riponeva nell'idoneità della procedura.

La Corte di appello ha rimproverato al A.A. - nella sua qualità di Amministratore delegato e datore di lavoro - la ritenuta inadeguatezza della procedura SGS.P.014, in quanto (asseritamente) rientrante nelle sue "attribuzioni indelegabili". Dal momento che anche la Corte territoriale ha dovuto dare atto (come già il Tribunale) che il A.A. non aveva partecipato alla sua elaborazione, nè alla sua redazione, l'addebito di colpa rivoltogli consisteva nel non essersi avveduto della sua insufficienza/incongruità/ambiguità (e nel mancato suo intervenuto per emendarla). Tale addebito si fondava, in realtà, su una ricostruzione del contenuto dei "doveri indelegabili" gravanti sul datore di lavoro incompatibile coi principi fondanti del nostro sistema penale. L'argomentazione svolta dalla Corte territoriale collideva con il principio di affidamento, che governa le attività che richiedano la partecipazione ed il contributo di una pluralità di soggetti. Il A.A. non avrebbe potuto cogliere - da solo ed in proprio - la ritenuta insufficienza/incongruità/ambiguità della procedura SGS.P.014, dopo che non solo era stata predisposta e verificata dai responsabili delle funzioni aziendali preposte specificamente alla tutela della sicurezza in azienda, ma era stata certificata ai sensi del British Standard OHSAS 18001.

5.6. Nullità della sentenza impugnata per vizio di motivazione in relazione alla prevedibilità dell'evento ed alla ritenuta sussistenza di una prassi caratterizzata dall'attuazione progressiva delle misure di sicurezza previste dal permesso di lavoro.

Si rileva che anche a ritenere che il teste V.V. avesse confermato che le valvole non fossero state tutte intercettate prima dell'avvio dei lavori, ma in parallelo al progredire dei lavori, ciò non significava che si fosse instaurata in azienda una prassi di attuazione "per gradi" delle misure di sicurezza previste dai permessi di lavoro.

L'esistenza di una siffatta "prassi operativa" è smentita dalle dichiarazioni dello P.P., emittente del permesso di lavoro n. 180248, secondo il quale il N.N. avrebbe dovuto mettere in sicurezza tutte le tredici valvole, prima di autorizzare l'avvio dei lavori, senza fare riferimenti ad una "messa in sicurezza per gradi".

Analoga smentita poteva trarsi dalle dichiarazioni rese dal Calcagnile e dal T.T. (dipendenti della FERPLAST e colleghi del Q.Q.), laddove avevano dato atto che il (Omissis) - dopo la consegna del "Modulo di Autorizzazione alla ripresa del lavoro" sottoscritto dallo P.P. e dal N.N. - un dipendente API (poi identificato in U.U.) aveva loro indicato la collocazione della valvola PSV 2651, rassicurandoli che "era tutto a posto" e che potevano iniziare i lavori.

Se fosse vera la ricostruzione proiettata dalla sentenza impugnata di una messa in sicurezza per gradi, ci si sarebbe dovuti attendere che l'U.U. (dipendente API ed operatore di campo) accompagnasse la squadra della FERPLAST sul posto, per mettere in sicurezza la valvola PSV 2651. Al contrario, allorchè il caposquadra T.T. gli mostrava il permesso di lavoro (rectius il "Modulo di Autorizzazione alla ripresa del lavoro") e gli chiedeva se potevano iniziare il lavoro, l'U.U. rispondeva affermativamente. La Corte di appello non ha dimostrato la conoscenza - da parte del A.A. - di questa (supposta) "prassi operativa", ma ha addirittura escluso che il A.A. ed i vertici aziendali ne fossero a conoscenza. Pertanto, non v'è spazio per addebitare al A.A. la pretesa incongruità o ambiguità della procedura SGS.P.014.

5.7. Nullità della sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione a mancato proscioglimento del A.A. dalla contestazione di cui al capo C) dell'imputazione (D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 55, comma 3, in riferimento all'art. 28, comma 2, lett. d), D.Lgs. cit.).

Si deduce che la fattispecie incriminatrice dm cui si discute mira a sanzionare il datore di lavoro per aver adottato un DUVRI privo dell'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonchè dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere.

La contestazione rivolta al A.A., tuttavia, riguardava non già l'assenza del DUVRI o la mancata indicazione in quest'ultimo delle procedure per l'attuazione delle misure di sicurezza necessarie, quanto - semmai il fatto che la procedura SGS.P.014 sui permessi di lavoro non fosse stata ritenuta "sufficientemente esaustiva", non avendo tenuto conto "della gestione di Permessi di lavoro relativi a interventi multipli o cumulati contemporanei e protratti per più turni". La contestazione formulata nei confronti del A.A. riguardava non l'inesistenza della procedura, ma solo la sua (pretesa) "inadeguatezza" (o "non esaustività"), sull'assunto che nella procedura mancasse un'indicazione specifica volta a regolare i permessi di lavoro "multipli" o "cumulativi". Ne consegue che la contestata contravvenzione doveva (e deve) ritenersi insussistente (prima ancora che in fatto) già in diritto, dal momento che l'esistenza della procedura SGS.P.014 non era mai stata messa in discussione.

5.8. Nullità della sentenza impugnata per erronea applicazione dell'art. 185 c.p., e s.s. e comunque per mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in relazione al capo attinente le statuizioni civili.

Si osserva che, quanto esposto nei motivi precedenti, impone l'integrale riforma anche del capo civile della sentenza impugnata. In ogni caso, la sentenza è nulla nel capo attinente alla condanna civile, per mancanza assoluta di motivazione con riferimento alle censure espresse con riferimento alle statuizioni civili.

5.9. Nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 133 c.p. e per vizio di motivazione, in riferimento al trattamento sanzionatorio applicato al A.A..

Si rileva che i criteri enunciati per formulare un giudizio di equivalenza tra le circostanze si pongono in contrasto coi parametri per la commisurazione della pena. Il risarcimento effettuato dalla società assicuratrice deve ritenersi eseguito personalmente dall'imputato medesimo, se questi ne abbia conoscenza e mostri la volontà di farlo proprio. Peraltro, la gradazione della pena non può essere ancorata all'età della persona offesa (o al suo stato di salute), in contrasto coi principi dell'ordinamento.

6. B.B. (sette motivi di impugnazione).

6.1. Vizio di motivazione e travisamento in relazione all'affermazione di responsabilità dell'imputato.

Si deduce che la procedura SGS.P.014 "Rilascio del Permesso di Lavoro" era conforme alle norme tecniche e agli standard Europei di riferimento (norma tecnica UNI 10449 del 2008) ed idonea a prevenire eventi del tipo di quello verificatosi, in quanto, il Permesso di Lavoro specifico per ogni singola attività disciplinava le condizioni di pericolo in relazione ad ogni operazione e le misure intraprese per fronteggiarle.

In base a tale procedura l'Emittente P.P. si assumeva la responsabilità dell'attuazione della messa in sicurezza, compilando le sezioni B2 e B3 del Modulo, relative alle precauzioni di processo ed operative adottate. A pag. 16 della procedura era previsto che egli definisse e ponesse in atto, con l'ausilio del personale operativo in turno, gli interventi sull'apparecchiatura coinvolta. Nella sua qualità di Emittente e Preposto, egli doveva vigilare sulla corretta esecuzione delle operazioni. L'Operatore di Unità N.N. doveva verificare l'attuazione delle prescrizioni di cui ai punti B2 e B3, prima di sottoscrivere l'autorizzazione ad iniziare i lavori (sezione D).

L'assunto della Corte territoriale, secondo cui l'asserito generico riferimento ad una "apparecchiatura" contenuto nella procedura potrebbe essere fuorviante, contrasta con le precise indicazioni della procedura SGS.P.014, applicabile a tutti i lavori da eseguirsi all'interno del sito, senza distinzione tra apparecchiature, macchine o linee (o porzioni delle stesse), demandando la specifica analisi relativa alla singola operazione da svolgere al Modulo "Permesso di Lavoro", compilato a cura dell'Emittente, persona esperta, rivestendo la qualifica di preposto, e più vicina alla fonte di rischio.

Con il Modulo "Permesso di lavoro" n. 180248 del 21 maggio 2013, relativo alla operazione in oggetto, alla voce "apparecchiatura interessata" era stato indicato "PSV come da elenco": non v'era incertezza, pertanto" su come compilare il modulo (che doveva riguardare tutte le valvole oggetto di intervento) o su come procedere (intercettare tutte le valvole come da elenco). L'indicazione è specifica: le apparecchiature interessate dall'intervento manutentivo avviato il 29.5.2013 erano tredici PSV, indicate in un dettagliato elenco che precisava persino la loro collocazione sull'impianto. L'Emittente, adeguatamente formato in un unico contesto avrebbe dunque dovuto mettere in sicurezza tutte le valvole, senza alcuna distinzione.

Dall'elenco delle valvole allegato al Permesso di Lavoro neppure si può intuire una qualche forma di discriminazione tra valvola e valvola. Ciò conferma come l'Emittente dovesse intercettare tutte le PSV che dovevano essere smontate. Non vi sono equivoci, pertanto, data la chiarezza della procedura, in ordine all'apparecchiatura coinvolta nei lavori ed ai compiti e responsabilità connessi alle operazioni.

6.2. Vizio di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità dell'imputato in punto di individuazione ed assegnazione dei ruoli ai singoli soggetti coinvolti.

Si osserva che la Corte territoriale non ha valutato tali dichiarazioni alla luce del chiaro contenuto della procedura, che non lasciava spazio a dubbi interpretativi nè a possibili fraintendimenti.

La procedura SGS.P.014 pone a carico dell'Emittente l'obbligo non solo di "definire", ma soprattutto quello di "porre in atto, con l'ausilio del personale operativo in turno, gli interventi sull'apparecchiatura coinvolta nel lavoro richiesto, per consentire l'esecuzione del lavoro in sicurezza".

All'Emittente è imposto di attuare le misure di sicurezza previste e, con la sottoscrizione del Quadro B del "permesso di lavoro", l'Emittente (Capo Turno P.P.) attestava di avere adottato e attuato tutte le misure di sicurezza richiamate nel "permesso di lavoro" e in particolare (e per quello che qui interessa) di avere intercettato la linea ("Apparecchiatura/Linea intercettata"). La procedura SGS.P.014 prevede che, successivamente, l'Emittente debba "consegnare o far consegnare al proprio Operatore il Permesso di Lavoro per la verifica dell'avvenuta attuazione delle prescrizioni (Sezioni B2, B3), che dopo la propria firma formalizza l'inizio dei lavori".

La procedura prescrive espressamente l'intervento di una seconda figura, l'Operatore di reparto/unità (nel caso di specie N.N.), che in un secondo momento è tenuta a verificare l'effettiva attuazione di tutte le misure di sicurezza previste dal "permesso di lavoro", prima di autorizzare l'inizio dei lavori. Emittente ed Operatore di Reparto/Unità sono due soggetti diversi e distinti: la procedura, quindi, esclude un'identificazione tra queste due figure.

6.3. Vizio di motivazione con riferimento all'esistenza di una prassi operativa contraria alle regole di sicurezza.

Si rileva che la Corte di appello ha preteso di dimostrare l'asserita carenza della procedura SGS.P.014 "Rilascio del Permesso di Lavoro" dal mero fatto che gli operatori avevano "agito diversamente", incorrendo, così, in un ragionamento circolare.

A questo proposito è citata la dichiarazione del R.R a conferma che i lavoratori "erano convinti che si potesse procedere per gradi", dalla quale, tuttavia, non si può ricavare l'esistenza di una prassi di procedere gradatamente.

Lo smontaggio di gruppi di valvole in uno stesso contesto era già stato realizzato nel passato; ne deriva che le corrette modalità operative non erano sconosciute al personale di raffineria e alle imprese appaltatrici che nel passato avevano sempre svolto le attività di smontaggio delle valvole con modalità analoghe a quelle da realizzare in quest'occasione, ben note ai lavoratori esperti, in quanto conoscevano a fondo l'impianto e le prescrizioni per la messa in sicurezza. Tale prassi di procedere per gradi, inoltre, era stata apertamente esclusa da molti dei testimoni, per cui la motivazione è contraddittoria rispetto alle evidenze dichiarative.

Proprio il teste P.P. il quale affermava che l'operatore di impianto avrebbe dovuto intercettare tutte e tredici le valvole, come prescritto dal Permesso di Lavoro.

Il A.C., dipendente di Api con qualifica di manutentore strumentista, chiariva che l'intervento del (Omissis) riguardava la rimozione di alcune valvole di sicurezza e che anche nel passato per questa stessa operazione erano stati aperti Permessi di Lavoro cumulativi, poichè questa era la procedura nota e consolidata.

Il A.E., responsabile della funzione salute e sicurezza, negava l'esistenza di una prassi di operare valvola per valvola, in quanto detta prassi non era emersa nè in sede di interviste condotte a seguito dell'evento per analizzare le cause e proporre azioni migliorative nè in precedenza, in sede di controlli periodici effettuati dalla stessa funzione EISE. 6.4. Insussistenza dell'elemento soggettivo sotto il profilo della prevedibilità e dell'evitabilità dell'evento; conoscenza o conoscibilità dell'esistenza di una prassi operativa contraria alle regole di sicurezza.

Si deduce che non sussistevano elementi probatori idonei a dimostrare la conoscenza in capo ai dirigenti della Raffineria di una prassi non conforme alla procedura e come non fosse possibile ricavare tale consapevolezza sulla base di inferenze connotate da logicità. La responsabilità dell'B.B. è stata riconosciuta per la mera posizione ricoperta. Non sussistevano elementi, per sostenere che in altre occasioni si fosse operato "valvola per valvola" ovvero mettendo in sicurezza l'intero impianto. L'assenza di incidenti nei casi precedenti di ricorso ai Permessi di Lavoro cumulativi costituisce, viceversa, un indice di correttezza delle modalità esecutive seguite dai lavoratori. Non essendo stati acquisiti elementi di sicura valenza probatoria in ordine all'esistenza della prassi indicata in sentenza di procedere gradatamente alla messa in sicurezza e non essendo stato svolti accertamenti in ordine a come si era proceduto nel passato, la motivazione della sentenza sul punto è del tutto mancante.

6.5. Erronea imputazione soggettiva dell'evento.

Si osserva che la responsabilità dell'evento era ascrivibile al preposto P.P., le cui condotte assumevano rilevanza causale esclusiva nella causazione dell'evento.

La violazione episodica e non prevedibile delle procedure era attribuibile alla sfera di rischio gestibile dal preposto nella fase esecutiva dell'attività. Lo P.P. avrebbe dovuto vigilare sull'applicazione delle disposizioni aziendali nel corso delle operazioni di messa in sicurezza dell'impianto Platforming (112600) del Reparto PRA. Avrebbe dovuto eseguire il depressamento, il vuotamento, l'intercettazione e la ciecatura delle linee e verificare l'effettività del controllo svolto dall'operatore N.N.. Se lo P.P. avesse rispettato la procedura e il N.N. avesse controllato il mantenimento delle condizioni di sicurezza dell'impianto, come aveva dichiarato di aver fatto sottoscrivendo l'autorizzazione all'esecuzione dei lavori, il tragico incidente sarebbe stato evitato. Non essendo derivato l'evento da una scorretta valutazione del rischio o da un difetto organizzativo generalizzato ma da un errore nella esecuzione delle istruzioni datoriali, era impossibile ravvisare profili di colpa a carico dell'B.B..

6.6. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio.

Si osserva che la severa valutazione della Corte di appello si è fondata su due sostanziali argomentazioni: il pagamento dei risarcimenti da parte delle compagnie assicurative; la relativa giovane età della vittima. Dette argomentazioni, tuttavia, paiono manifestamente illogiche ed in contrasto coi criteri di valutazione della gravità della condotta di reato al fine della determinazione della pena.

6.7. Erronea applicazione dell'art. 185 c.p..

Si contesta la generica condanna al risarcimento del danno sotto due profili: la totale assenza di motivazione e la mancata esclusione dalle parti risarcibili dell'infante G.P. e dei parenti esterni alla cd. famiglia nucleare (E.E., F.F. e D.D.). Emergeva la totale assenza di motivazione circa le statuizioni civili e la conseguente impossibilita di articolare un'impugnazione motivata: nella sentenza di primo grado, infatti, mancava del tutto una motivazione a sostegno della pronuncia sulla responsabilità civile, con la conseguente nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione. Sennonchè la Corte di appello non ha valutato detto motivo d'impugnazione, limitandosi ad esplicitare le ragioni che la inducevano a ritenere corretta la cd. condanna generica per tutte le parti civili costituite.

7. Responsabile civile API Raffineria di Ancona Spa (tre motivi di impugnazione).

7.1. Vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del nesso causale.

Si deduce che il Tribunale aveva individuato la causa dell'incidente nella circostanza secondo cui la valvola, diversamente da quanto attestato nel PDL n. 180248, non era in sicurezza, in quanto la valvola di intercetto non era stata chiusa e che esisteva una procedura specifica per la messa in sicurezza della summenzionata valvola di intercetto (procedura SGS.P.014), che affidava dei compiti specifici a persone individuate nel corso del procedimento, le quali non avevano effettuato quanto previsto e dichiarato nel permesso di lavoro.

Il Tribunale aveva spiegato che le valvole oggetto di manutenzione dovessero essere tutte intercettate prima dei lavori, ma tale procedura non era stata rispettata, ancorchè qualcuno avesse attestato nel permesso di lavoro il contrario. Il Tribunale aveva dunque concluso, affermando in modo netto di condividere il "parere di tutti i tecnici escussi", secondo i quali "la procedura adottata da API consistente nell'intercettazione, depressamento e svuotamento della linea, ove correttamente eseguita avrebbe escluso certamente l'evento infortunistico".

Tutte le precauzioni dettate dalla procedura dovevano essere attuate, senza possibilità di fraintendimenti, prima dell'avvio dei lavori, ma la Corte anconetana si è limitata ad escludere la possibilità di trarre dal testo della procedura tale conclusione, sottraendosi però al confronto con le prove e con le conseguenti ulteriori censure sviluppate nei motivi di appello.

L'intera motivazione addotta dalla Corte territoriale a supporto della ritenuta insufficienza/incongruità/ambiguità della procedura SGS.P.014 riposa, infatti, sull'apodittica affermazione che la mancata "standardizzazione" dei permessi di lavoro "multipli" avrebbe creato un inevitabile margine di incertezza, lasciando nel dubbio gli operatori di campo se si dovesse provvedere (fin da subito) all'intercettazione di tutte le valvole, ovvero se si potesse procedere man mano che i lavori proseguivano.

La procedura SGS.P.014 era univoca nel pretendere l'attuazione di tutte le misure di sicurezza prima dell'avvio dei lavori, circostanza riconosciuta in dibattimento anche dallo stesso consulente del P.M. prof. Y.Y.. Questi aveva riconosciuto e dato atto - nel rispondere alle domande rivoltegli dal P.M. - che non v'erano dubbi sulla circostanza che in base alla procedura ed al permesso di lavoro le misure di sicurezza previste dovessero essere adottate prima dell'avvio dei lavori di manutenzione. Secondo l'esperto nominato dal P.M., la procedura SGS.P.014 ed il permesso di lavoro non erano suscettibili di fraintendimenti, ma richiedevano che tutte le tredici valvole PSV fossero intercettate prima dell'avvio dei lavori.

L'assunto di una "equivocità" della procedura SGS.P.014 era stato smentito anche dai testi, che avevano confermato che tale procedura ed il permesso di lavoro n. 180248 imponevano di intercettare tutte le 13 valvole PSV (ivi compresa la PSV 2651) prima dell'avvio alle attività di manutenzione. La stessa Corte territoriale ha dato atto di ciò, salvo aggiungere che gli operatori in campo (P.P. e N.N.) e gli addetti delle imprese appaltatrici avrebbero fatto altrimenti, perchè "convinti che si potesse procedere per gradi". L'intima contraddizione che mina alla radice il discorso svolto dalla Corte di appello è evidente. Una cosa, infatti, è dare atto che i testi abbiano riconosciuto che "tutte le valvole avrebbero dovuto essere messe in sicurezza prima dell'inizio dei lavori". Altro conto è dare atto che gli operatori di campo P.P. e N.N. abbiano "agito diversamente", disattendendo le indicazioni della procedura e del permesso di lavoro: ciò non significa che - come ha scritto la Corte di appello - ciò sia accaduto perchè "convinti che si potesse procedere per gradi". Le procedure di sicurezza e le indicazioni che vi sono contenute, infatti, possono essere disattese dai lavoratori per ragioni non ricollegabili alla loro chiarezza ed idoneità (si pensi, ad esempio, alle violazioni dovute a pigrizia).

Lo P.P. era l'Emittente del Permesso di lavoro 180248: cioè colui che, secondo la procedura SGS.P.014 - avrebbe dovuto "definire e porre in atto, con l'ausilio del personale operativo di turno, gli interventi sulle apparecchiature coinvolte nel lavoro richiesto, necessari per eseguire il lavoro in sicurezza". Proprio lo P.P., destinatario della procedura SGS.P.014 che avrebbe dovuto assicurare l'attuazione delle misure di sicurezza consistenti nell'intercettazione delle tredici valvole PSV (fra cui la PSV 2651), dava atto che il 29 maggio 2013 (cioè, il giorno prima dell'evento) l'operatore di reparto avrebbe dovuto intercettare tutte le tredici valvole. Di fronte a questa circostanza - puntualmente dedotta dalle difese nei motivi di appello - la Corte di appello, nell'intento di accreditare la propria ricostruzione, non ha esitato a travisare il significato di quelle dichiarazioni, lasciando intendere che lo P.P. avrebbe solo inteso confermare che, per mettere in sicurezza tredici valvole PSV, sarebbe stato necessario chiudere altrettante valvole di intercetto.

Anche le dichiarazioni rese dallo P.P. (come quelle del consulente del P.M., prof. Y.Y.), dunque, evidenziano che l'assunto su cui la Corte di appello ha costruito la pronuncia di responsabilità degli odierni imputati - e cioè, la pretesa ambiguità della procedura e le incertezze operative conseguenti alla mancata regolamentazione dei permessi di lavoro "multipli" - è un'illazione, positivamente smentita dagli elementi probatori. E attestano conseguentemente la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione posta a fondamento della sentenza impugnata.

Lo stesso P.P. - che avrebbe dovuto assicurare l'attuazione delle misure di sicurezza - dimostrava, infatti, di sapere perfettamente non solo le misure di sicurezza previste per eseguire i lavori in sicurezza e di essere consapevole che tutte le misure di sicurezza avrebbero dovuto essere attuate il 29 maggio 2013 prima dell'avvio dei lavori di manutenzione. Lo P.P. non aveva fatto riferimenti ad una messa in sicurezza "per gradi" delle valvole di sicurezza (cioè, in parallelo al progredire dei lavori di manutenzione), ma aveva dato atto che l'operatore di impianto avrebbe dovuto mettere in sicurezza tutte le tredici valvole ("Doveva intercettare tredici valvole", "Io dicevo tutte quante") il 29 maggio 2013, prima di far partire i lavori.

Anche i testi A.C. (assistente tecnico di manutenzione), A.D. (Responsabile HSE fino al 2008) e A.E. (allora Responsabile della funzione HSE) avevano confermato che, secondo la procedura SGS.P.014, le misure di sicurezza indicate nel permesso di lavoro dovevano essere tutte attuate prima dell'avvio dei lavori. Anche a dare per buona la ricostruzione ribadita dalla Corte distrettuale - e già prospettata nella sentenza di primo grado - secondo la quale la procedura SGS.P.014 avrebbe determinato l'insorgere (per usare le parole del giudice di appello) di "inevitabili equivoci ed ambiguità", lasciando così nel dubbio gli operatori API se si dovesse provvedere da subito all'intercettazione di tutte le valvole o si potesse procedere per gradi (in parallelo al progredire dei lavori), l'osservanza della procedura SGS.P.014 nella parte in cui disciplina la "ripresa dei lavori" avrebbe con certezza impedito l'evento.

7.2. Vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio.

Si osserva che non si giustificava il significativo scostamento dai minimi edittali di pena in ragione della liquidazione dei danni da parte delle compagnie assicurative della responsabile civile e dell'aspettativa di vita della persona offesa.

7.3. Erronea applicazione dell'art. 185 c.p. e mancanza della motivazione.

Si contesta la generica condanna al risarcimento del danno per la mancata esclusione dalle parti risarcibili dell'infante (G.P.) e dei parenti esterni alla cd. famiglia nucleare (E.E., F.F. e D.D.).

8. Con memoria difensiva le parti civili C.C., E.E., F.F. e D.D. chiedono il rigetto dei ricorsi.

Si rileva che la responsabilità degli imputati è stata riconosciuta sulla base di valutazioni sostanzialmente congrue, logiche, aderenti al materiale istruttorio raccolto e atte a sorreggere il percorso argomentativo seguito. L'infortunio mortale non era stato frutto di improvvide ed imprevedibili iniziative di singoli lavoratori coinvolti nelle attività di manutenzione in corso, quanto di gravi falle esistenti in materia nelle procedure antinfortunistiche predisposte dall'API e nella loro attuazione.

Il dato inequivocabile, mai contestato dai ricorrenti nel corso dei due precedenti gradi di giudizio, è quello che la valvola di intercettazione, nell'impianto attivo e funzionante, era aperta. Il lavoro di manutenzione delle valvole di sicurezza avrebbe potuto essere svolto prima dell'accensione dell'impianto vapore in condizioni di assoluta sicurezza soprattutto per il lavoratore; la scelta di compiere siffatte operazioni di manutenzione con l'impianto invece attivo senza un preventivo obbligo di informazione e coordinamento era riconducibile alla responsabilità dell'API, la quale aveva predisposto un permesso di lavoro unico, e non multiplo rivelatosi del tutto insufficiente, inadeguato ed inadatto, come affermato nella sentenza del G.U.P. del Tribunale di Ancona di assoluzione del N.N..

La scelta del veloce riavvio dell'impianto a vapore con lo scopo di accelerare le operazioni di avviamento degli impianti di raffinazione, ricadeva sui vertici dell'API, che aveva badato a contenere il tempo ed i costi.

La responsabilità di voler effettuare il lavoro di manutenzione su un elevato numero di valvole con un unico PdL, con evidente aumento di rischio di errori, era riconducibile all'API per le considerazioni ampiamente trattate dai giudici di merito. Avrebbe dovuto concretamente ed adeguatamente vigilare sulla corretta esecuzione della messa in sicurezza delle valvole da smontare, controllando la chiusura delle valvole di intercettazione.

Il DUVRI, infatti, non può essere surrogato dal Permesso di Lavoro, perchè quest'ultimo documento è interamente gestito da soggetti privi di qualifica dirigenziale, mentre l'obbligo di adozione e aggiornamento del DUVRI fa capo al datore di lavoro e per espressa previsione normativa non è delegabile.

L'API non aveva mai ottemperato alla prescrizione impostagli. Stante l'incompletezza e la superficialità della documentazione afferente alla valutazione dei rischi specifici, la responsabilità doveva essere ascritta all'API ed ai suoi vertici apicali.

Dal verbale di prescrizioni ASUR - Prot. n. 86416 del 23 luglio 2013 - emergevano i profili di responsabilità dell'API Spa Con detto Verbale si contestava al A.A. di non aver individuato una procedura di sicurezza" sul rilascio del Permesso di Lavoro, sufficientemente esaustiva che tenesse conto della gestione di Permessi relativo ad interventi multipli o cumulati, contemporanei e protratti per più turni di lavoro dopo quello dell'operatore di unità in turno che ha autorizzato l'avvio del lavori.

Il lavoro di manutenzione della valvole di sicurezza avrebbe potuto essere svolto prima dell'accensione dell'impianto vapore in condizioni di assoluta sicurezza; la scelta di compiere siffatte operazioni di manutenzione con l'impianto attivo, senza preventivi obblighi di informazione e coordinamento era riconducibile alla responsabilità dell'API. Gli addebiti di colpa erano ascrivibilli in primo luogo all'B.B., Dirigente del Settore Operazioni, in quanto aveva firmato sotto la dicitura "approvato" la Procedura SGSP014, risultata inadeguata, quanto alla disciplina dei Permessi di Lavoro "cumulativi", sia in quanto Dirigente del Settore Responsabile della messa in sicurezza per operazioni di quel tipo.

L'inadeguatezza della procedura costituisce altresì addebito di colpa a carico del A.A. per via dell'inadeguatezza della procedura SGSP014 in quanto le procedure di sicurezza, per quanto non specificatamente approvate e sottoscritte dall'Amministratore Delegato API, appartengono al DUVRI (in cui è richiamata la suindicata procedura) che, come detto sopra, il cui obbligo di adozione e aggiornamento fa capo al datore di lavoro e, per espressa previsione normativa, non è delegabile.

Considerato in diritto

1. I ricorsi sono infondati.

Col primo e col secondo motivo del ricorso proposto da A.A. e col primo motivo del ricorso dell'API si formulano plurimi distinti rilievi in ordine al tema della (pretesa) inidoneità ed ambiguità della procedura SGS.P.014, in quanto essa contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello - prevedeva la necessità di attuare tutte le misure di prevenzione prima dell'avvio dei lavori. Tale dato sarebbe confermato dalle dichiarazioni del C.T. del P.M. Y.Y., del teste P.P. e di altri testi. Inoltre, col quarto motivo del ricorso dell'B.B. si sostiene che la procedura di ripresa dei lavori contemplava l'esigenza di provvedere in via prioritaria all'intercetto delle valvole e che non esisteva una prassi di disporre l'intercetto delle valvole di volta in volta.

Contrariamente a quanto evidenziato dalla difesa, la Corte territoriale ha chiarito, con motivazione ampia ed esauriente, le ragioni per le quali ha ritenuto il rilascio dei permessi di lavoro multipli non previsto e regolato in una procedura ben definita.

Si è evidenziato che, in caso di interventi erano multipli per apparecchiatura poteva intendersi un'intera linea o la singola parte di essa interessata dai lavori (nel caso di specie la singola valvola che, pure, costituiva anch'essa un'apparecchiatura), per cui permaneva un'insormontabile incertezza se, in un caso quale quello in esame, si fosse dovuti intervenire ad isolare l'intera linea di vapore sulla quale erano situate diverse valvole di sicurezza, oppure agire via via sulle singole valvole di intercettazione e di dreno poste prima e dopo la singola apparecchiatura (o valvola) da smontare, tanto più laddove non si trattava di effettuare un'operazione unica (come, ad es., quella di chiudere una valvola generale posta a monte dell'impianto), ma, appunto, di intervenire su singole valvole (di intercetto e di dreno) poste a monte e a valle di ciascuna di quelle da sostituire.

Si è precisato altresì che le affermazioni del C.T. della difesa in ordine alla sussistenza delle condizioni (apparecchiature che insistono sullo stesso impianto/unità, apparecchiature simili tra loro, tipologie di lavoro omogeneo/ripetitivo...) che, nel frangente specifico, avrebbero legittimato l'utilizzo dei permessi di lavoro multipli o cumulativi in realtà riguardavano modelli teorici non concretizzatisi in una specifica procedura elaborata dall'API, lasciando così aperti inevitabili spazi esecutivi caratterizzati dalla massima ambiguità e soggettività.

La Corte territoriale ha illustrato la notevole diversità tra un lavoro che può essere svolto intercettando a monte un impianto con una singola operazione ed un lavoro multiplo che richiede il previo intercetto (a monte e a valle) di tredici + tredici diverse valvole poste in zone diverse e, soprattutto, ad altezze molto diverse di un determinato impianto e, quindi, un'attività di prevenzione in realtà diversificata, perchè si trattava di recarsi in 13 + 13 diversi punti e operare su diversi marchingegni (vale a dire sulle valvole sia di intercetto, che di sfogo del vapore rimasto nelle tubature).

Nella sentenza impugnata si è correttamente evidenziato che i permessi multipli, sebbene non censurabili in astratto, avrebbero dovuto essere previsti e regolamentati in maniera specifica prima del loro concreto utilizzo, per stabilire i casi nei quali erano applicabili senza rischi (e non è detto che quello in esame lo fosse, per le ragioni appena esposte) e l'adozione di appositi moduli che, indipendentemente dalla loro lunghezza o dalla loro complessità, avrebbe dovuto, immancabilmente specificare gli "apparecchi" (ossia, nel caso di specie, quali valvole) intercettati e da chi.

Inoltre, si sarebbe dovuto precisare espressamente se occorreva mettere previamente in sicurezza tutte le valvole da sostituire nei casi di lavoro non completato in un solo giorno, ovvero procedere per gradi, mettendo via via in sicurezza solo le valvole sulle quali si andava ad operare, non potendosi certo desumersi implicitamente dalla procedura standardizzata relativa ai permesso di lavoro ed al relativo modello, essendo entrambi stati concepiti per un singolo intervento e non già per interventi multipli che riguardavano plurime apparecchiature. Un conto è un intervento (anche protratto magari per più giorni) limitato ad una certa - singola - apparecchiatura o macchinario e un conto un intervento che, come nel caso di specie, riguardava, invece, diverse apparecchiature richiedenti singole operazioni di messa in sicurezza per ciascuna di esse.

Si è spiegato esaurientemente che gli esperti sentiti in dibattimento avevano ovviamente affermato che - in teoria - tutte le valvole dovevano essere messe in sicurezza prima dell'inizio dei lavori, mentre in realtà lo P.P., il N.N., il responsabile dell'esecuzione dei lavori R.R e tutti gli altri addetti della ditte appaltatrici (che pure seguivano i corsi di formazione e di informazione organizzati dall'Api) erano convinti di poter agire per gradi; (o P.P. aveva risposto che tutte le valvole dovevano essere messe preventivamente in sicurezza rispetto alla domanda "se si dovevano rimuovere valvole di sicurezza, quante valvole di intercetto bisognava azionare?", per cui era ovvio che rispondesse "tredici". Nonostante i corsi e l'attività di formazione si era formata tale convinzione e si era determinata una prassi sistematicamente seguita.

Tale dato era confermato dal teste V.V., che attestava l'avvenuto depressamento dell'apparecchiatura, cioè oggetto di intercetto limitatamente alle tre o quattro valvole sostituite quel giorno e non a tutte quelle da sostituire. Le sue dichiarazioni riscontrate dal teste Z.Z.. Secondo la Corte distrettuale, da tali dichiarazioni si evinceva la consapevolezza del N.N. della mancata messa in sicurezza delle valvole, proprio perchè era usuale procedere step by step. Si è specificato che il Manuale del sistema di gestione salute e sicurezza ambiente API, diversamente dalla tesi prospettata dai testi indotti dalla difesa, non prevedeva che, in caso di lavori da eseguirsi su più apparecchiature, le stesse dovessero essere tutte intercettate in precedenza, per cui la scelta avventata degli operatori di procedere per gradi non integrava una prassi consapevolmente attuata in spregio alle direttive e/o alla formazione ricevuta. Si è così logicamente spiegata la ragione della ritenuta irrilevanza delle testimonianze citate dalle difese degli imputati e dell'API. Inoltre, la Corte territoriale ha sufficientemente illustrato le ragioni della ritenuta irrilevanza della sottoscrizione di un nuovo modulo ai fini della ripresa dei lavori da parte dello P.P. e del N.N.. Stante l'incertezza sulla procedura da seguire, infatti, era impossibile riversare la responsabilità in via esclusiva a tali soggetti.

La Corte distrettuale ha tratto logicamente conferma della distorsione derivante dalla prassi dei permessi multipli - non codificata nelle procedure ed individuata quale falla del sistema - dalla decisione di reintrodurre la prassi dei permessi singoli dopo l'incidente.

Dalla lettura della sentenza impugnata, peraltro, è emerso che tali prassi di esecuzione degli interventi sulle valvole da parte del personale della FERPLAST fosse costante e generalmente adoperata (da qui anche le ragioni per le quali tale attività non completata il giorno precedente era poi proseguita il giorno dell'infortunio sempre con personale della FERPLAST). Il personale dell'API non aveva mai effettuato tali operazioni sulle valvole in altre occasioni e, pertanto, la FERPLAST aveva sempre agito senza attendere l'intervento di altri.

2. Col terzo, col quarto e col quinto motivo del ricorso del A.A. si prospettano plurime doglianze attinenti al tema della causalità, alla posizione di garanzia ed alla prevedibilità dell'evento.

2.1. Si deduce l'impossibilità di rimproverare al A.A. la mancata esplicitazione nel DUVRI della presenza del vapore, in quanto le misure di cautela ivi indicate con riferimento alla possibile presenza di sostanze pericolose ("svuotamento, depressamento e bonifica delle apparecchiature") richiedevano ed imponevano in ogni caso come misura di cautela - l'intercettazione della linea mediante la chiusura delle valvole di intercettazione (ivi comprese quelle a monte della PSV 2651).

Al riguardo, la difesa del A.A. ha richiamato le dichiarazioni del teste P.P., secondo cui il depressamento comprenderebbe l'intercetto, dato che tuttavia non appare agevolmente ricollegabile alle sue dichiarazioni. Al riguardo, sono riportate nella sentenza impugnata le dichiarazioni del teste V.V., secondo il quale si procedeva man mano al depressamento, ma non emerge la dedotta coincidenza tra tali due operazioni.

2.2. Si evidenzia che nel Duvri era richiesta l'intercettazione della linea mediante la chiusura delle relative valvole, per cui l'esplicito inserimento della presenza del vapore non avrebbe modificato la situazione.

In proposito, questa Corte ha costantemente affermato che, in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28, all'interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata (Sez. 4, n. 27295 del 02/12/2016, dep. 2017, Furlan, Rv. 270355).

E ha altresì precisato che, nel caso in cui la lavorazione comporti un numero elevato di azioni ripetitive, è obbligo del datore di lavoro, quale titolare della posizione di garanzia, prevenire il concretizzarsi di rischi riguardanti la verificazione anche di un "evento raro" la cui realizzazione non sia però ignota all'esperienza e alla conoscenza della scienza tecnica e, una volta individuato il rischio, predisporre le misure precauzionali e procedimentali, ove necessarie, per impedire l'evento (Sez. 4, n. 27186 del 10/01/2019, D'Ottavio, Rv. 276703, relativa a fattispecie in tema di omessa valutazione del rischio di esplosione verificatasi per l'omessa adozione di procedimento da seguire durante l'operazione, svolta quotidianamente e sempre con le medesime modalità, di pulitura di una pressa ad iniezione, necessitata, nel caso di specie, dalla formazione di un grumo di materiale plastico all'interno che aveva occluso sia un ugello, sia il foro di ingresso del materiale, evenienza, quest'ultima, rara, ma non straordinaria in quanto verificatasi, altrove, sul medesimo macchinario, almeno altre due volte negli ultimi trent'anni).

La Corte territoriale si è allineata a tali superiori principi, sottolineando la carenza del DUVRI e l'esigenza che questo contemplasse anche la procedura di sicurezza, occorrendo verificarne effettivamente l'efficacia e dovendo lo stesso considerare anche un rischio remoto di un incidente del tipo di quello verificatosi. L'indicazione della fonte di pericolo costituita dalla possibile emissione del vapore bollente avrebbe consentito di allertare maggiormente i lavoratori e prevenire possibili infortuni derivanti dal mancato uso di DPI. Nella sentenza impugnata si è esclusa ogni valenza significativa del sistema dei controlli esterni operante per l'API (e le relative certificazioni), non potendo essere valutati nella presunta validità della procedura adottata in caso di permessi cumulativi per lavori multipli, poichè la stessa, come si è detto, in realtà era solo, una "prassi" di fatto non previamente pianificata e formalizzata nè la questione connessa al mancato aggiornamento del DUVRI ed alla mancata indicazione in esso dei pericolo di fuoriuscita di vapore ustionante dalle valvole, giacchè si trattava di un'eventualità sostanzialmente non riportata (o, comunque, non dovutamente evidenziata nei citato documento), essendo stato concepito il DUVRI operante e sottoposto all'attenzione dei preposti all'attività di verifica, come se i lavori in oggetto dovessero essere effettuati a linea di vapore disattivata.

2.3. Quanto al tema delle elevate dimensioni e della complessità dell'impresa, la Corte territoriale ha sottolineato che anche l'amministratore delegato non poteva essere esonerato da responsabilità, in quanto il sistema di sicurezza rappresentato dal DUVRI, dal PSC e dal PDL prevedeva l'esecuzione dei lavori periodici in oggetto ad impianto di vapore spento (ovvero senza rischi possibili di fuoriuscita di vapore). La decisione di procedere, invece, ad impianto ausiliario funzionante aveva costituito una scelta gestionale adottata a livello apicale o, comunque, quanto meno previa interlocuzione e benestare anche dei vari livelli dirigenziali dell'azienda, ivi compreso l'amministratore delegato, a capo di tutte le procedure anche sotto il profilo antinfortunistico.

Secondo la sentenza impugnata, anche in considerazione del carattere periodico dei lavori, l'imputato era consapevole di tale scelta e dei rischi derivanti, ma, nonostante ciò, non aveva aggiornato il DUVRI e, per impulso, i documenti che da esso promanavano; inoltre, la prassi dei permessi multipli era diffusa all'interno della raffineria (come confermato anche dal teste A.C. nel corso della sua deposizione), per cui l'amministratore delegato non poteva ignorarla e avrebbe dovuto adottare adeguate iniziative propulsive.

Si trattava, quindi, di una prassi ripetuta nel tempo e generalizzata che avrebbe imposto l'adozione delle misure necessarie ad evitare infortuni del genere di quello verificatosi ai danni del Q.Q.. La Corte territoriale, con motivazione logica ed esauriente, ha chiarito che in ragione della diffusione della prassi da lungo tempo e del particolare rilievo di tale modalità operativa all'interno della raffineria, la mancata partecipazione del A.A. alla redazione del DUVRI e l'esistenza di altri soggetti suoi sottoposti o delegati non gli consentivano di sottrarsi alle responsabilità derivanti dalla sua posizione di garanzia.

2.4. La questione in ordine alla non conoscenza della prassi dei permessi multipli da parte del A.A. è stata ritenuta logicamente priva di rilievo, in quanto, in relazione alla posizione del A.A., il problema prioritario era costituito dall'incertezza della procedura posta in essere nel caso specifico.

3. Col settimo motivo di ricorso, il A.A. si duole della declaratoria di prescrizione relativamente alla contravvenzione di cui al capo C) riguardante l'omessa individuazione di una procedura di sicurezza sufficientemente esaustiva, che tenesse conto della gestione di permessi di lavoro relativi ad interventi multipli o cumulati.

Si sottolinea che la dizione di mancata individuazione procedura "sufficientemente esaustiva" contenuta nel suddetto capo di imputazione lascerebbe presupporre l'esistenza di una disciplina - seppur incompleta - per cui non risulterebbero integrati i presupposti della contravvenzione in questione, di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28, comma 2, lett. d), e art. 55, comma 3.

In realtà, l'espressione procedura "sufficientemente esaustiva" è riferibile ai permessi di lavoro in generale. Dalla lettura completa del capo di imputazione si evince che la contestazione riguarda chiaramente la totale mancanza di previsioni quanto alla materia della "gestione" dei permessi di lavoro relativi ad interventi multipli cumulati.

Per le ragioni esposte nei paragrafi precedenti deve rilevarsi che, nella fattispecie in esame, l'assoluta carenza di una procedura di sicurezza in materia di gestione di permessi di lavoro è effettivamente riscontrabile. Ne consegue la correttezza della pronunzia emessa dalla Corte di merito di non doversi procedere relativamente alla contravvenzione di cui al capo C).

4. Col primo motivo del ricorso, l'B.B. deduce che la procedura SGS.P.014 "Rilascio del Permesso di Lavoro" era conforme alle norme tecniche e agli standard Europei di riferimento, per cui non gli poteva essere contestata la sottoscrizione della medesima in qualità di dirigente del settore operazioni.

Col secondo motivo del ricorso dell'B.B. si sostiene che la procedura in questione contemplava necessariamente l'impiego di distinti soggetti per il completamento della medesima, per cui non sussistevano rischi di coincidenza tra il controllore ed il controllato.

Va premesso che, in tema di infortuni sul lavoro, l'obbligo del datore di lavoro di vigilare sull'esatta osservanza, da parte dei lavoratori, delle prescrizioni volte alla tutela della loro sicurezza, può ritenersi assolto soltanto in caso di predisposizione e attuazione di un sistema di controllo effettivo, adeguato al caso concreto, che tenga conto delle prassi elusive seguite dai lavoratori di cui il datore di lavoro sia a conoscenza (Sez. 4, n. 35858 del 14/09/2021, Tamellini, Rv. 281855 fattispecie in cui, in applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata che aveva riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro per il reato di cui all'art. 589 c.p., comma 2, in relazione all'infortunio occorso al conducente di un trattore, deceduto per non aver fatto uso della cintura di sicurezza, ravvisando la colpa del datore di lavoro nell'omessa nomina di un preposto, nonostante la sua conoscenza della prassi instauratasi in relazione all'inosservanza dell'obbligo di allacciare le cinture di sicurezza, a fronte della quale egli si era limitato a ricorrere a richiami verbali del lavoratori).

Quanto alla fattispecie in esame, l'esecuzione delle attività di manutenzione affidate in appalto a imprese esecutrici esterne di regola doveva essere autorizzata tramite il previo rilascio di apposito Permesso di Lavoro (PdL) previsto e disciplinato dalla procedura API denominata SGS.P.014.

Il Tribunale aveva rilevato che, anche volendo ritenere il rilascio di un unico permesso cumulativo un metodo effettivamente razionale, quando devono essere effettuate lavorazioni ripetitive, che tale possibilità avrebbe però dovuto essere, prevista, tipizzata e disciplinata ad hoc nella procedura SGS.P.014.

La responsabilità dell'B.B., che aveva approvato, apponendo la propria firma, la procedura SGS.P.014 per il rilascio del permesso di lavoro, ritenuta inadeguata, era stata riconosciuta in ragione della sua qualità di dirigente del settore responsabile della messa in sicurezza per operazioni di quel tipo e di dirigente del settore operazioni, direttamente coinvolto nei lavori in oggetto. Essendo emerso che anche in passato erano stati effettuati lavori manutentivi su gruppi di valvole, l'B.B., visto il ruolo di garanzia ricoperto, era tenuto ad avvedersi della diffusione nella raffineria di una prassi distorta nell'ipotesi di rilascio di permessi cumulativi.

Il datore di lavoro, infatti, ha l'obbligo di prevedere e prevenire le prassi distorte, anche nel caso in cui le stesse si siano instaurate con il consenso del preposto. In tali situazioni, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno al dovere di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso l'opportuna sorveglianza integra il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche.

Se si esamina la citata procedura SGS.P.014 relativa al rilascio del permesso di lavoro, si legge quanto segue con riferimento alle responsabilità e ai compiti dell'emittente (che nel caso di specie, lo si rammenta, era il dipendente Api P.P.): "definire e porre in atto, con l'ausilio del personale operativo di turno, gli interventi sulla apparecchiatura coinvolta nel lavoro richiesto, necessari per eseguire il lavoro in sicurezza "(paragrafo 5.3.1.).

Dunque, a differenza di quanto sostenuto dalle difese, lo P.P. non era tenuto a porre in essere tali interventi preventivi, ma poteva farlo anche con l'ausilio del (ovvero delegandone la concreta esecuzione al) personale operativo di turno (nel caso di specie l'operatore N.N.).

Lo P.P., quindi, non mentiva quando aveva affermato di aver incaricato il N.N. di intervenire sulle valvole di intercetto, che avrebbero dovuto evitare la fuoriuscita di vapore dalle valvole di sicurezza che il giorno dell'infortunio avrebbero dovuto essere asportate dai dipendenti FERPLAST, ma evidentemente una simile procedura poteva comportare il rischio che il soggetto concretamente incaricato di adottare le "precauzioni di processo ed operative" determinanti sotto il profilo antinfortunistico fosse lo stesso che, compilando subito dopo il riquadro D) del permesso di lavoro, attestava di avere verificato l'attuazione delle prescrizioni/precauzioni antinfortunistiche ed autorizzava l'esecuzione dei lavori. Quindi, senza strappi rispetto alla procedura pianificata relativa al permesso di lavoro, vi poteva essere una completa identificazione tra chi attuava le precauzioni e chi controllava che fossero attuate e, pertanto, di fatto, l'assenza di controlli, anche perchè, in ogni caso, il controllo ed il via ai lavori sarebbero stati affidati a quella che era "l'ultima ruota del carro", vale a dire il N.N., pacificamente privo della qualifica di preposto.

Da qui gli evidenti limiti e l'incongruità della procedura che era stata approvata, tra gli altri, e che rientrava nelle specifiche competenze dell'B.B., trattandosi di figura istituzionalmente deputata alla vigilanza dell'osservanza delle misure di prevenzione.

La Corte distrettuale, pertanto, ha compiutamente descritto le circostanze obiettive che confermavano la pericolosità della prassi adottata e dell'incertezza operativa che la stessa, neppure adeguatamente formalizzata, determinava tra gli operatori.

Quanto al tema del rischio di impiego del medesimo soggetto in posizione di controllore e controllato, in assenza di plausibili spiegazioni alternative la motivazione dei giudici appare del tutto lineare e coerente con le emergenze in atti. La difesa in realtà prospetta una non consentita diversa interpretazione dei fatti, non suscettibile di essere delibata in questa sede al cospetto di una motivazione sorretta da logiche argomentazioni.

5. Col quinto motivo del ricorso dell'B.B. si sostiene che la responsabilità per l'evento mortale doveva essere attribuita interamente al preposto P.P..

Va rammentato che, alla luce della normativa prevenzionistica vigente, sul datore di lavoro grava l'obbligo di valutare tutti i rischi connessi alle attività lavorative e attraverso tale adempimento pervenire all'individuazione delle misure cautelari necessarie e quindi alla loro adozione, non mancando di assicurarsi l'osservanza di tali misure da parte dei lavoratori.

Nella maggioranza dei casi, tuttavia, la complessità dei processi aziendali richiede la presenza di dirigenti e di preposti che in diverso modo coadiuvano il datore di lavoro. I primi attuano le direttive del datore di lavoro, organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa (D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, comma 1, lett. d)); i secondi sovrintendono alla attività lavorativa e garantiscono l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa (D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, comma 1, lett. e)).

Pertanto, già nel tessuto normativo è prevista la vigilanza del datore di lavoro attuata attraverso figure dell'organigramma aziendale che - perchè investiti dei relativi poteri e doveri - risultano garanti della prevenzione a titolo originario. Il datore di lavoro può assolvere all'obbligo di vigilare sull'osservanza delle misure di prevenzione adottate attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza da parte sua delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione scelte a seguito della valutazione dei rischi (Sez. 4, n. 14915 del 19/02/2019, Arrigoni, Rv. 275577).

Prendendo atto di tali previsioni, questa Corte ha già affermato il principio secondo il quale, in tema di prevenzione infortuni sul lavoro, ai fini dell'individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l'infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell'organizzazione dell'attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l'incidente derivante da scelte gestionali di fondo (Sez. 4, n. 22606 del 04/04/2017, Minguzzi, Rv. 269972).

Pertanto, anche in relazione all'obbligo di vigilanza, le modalità di assolvimento vanno rapportate al ruolo che viene in considerazione; il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell'esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli.

Ne consegue che, qualora nell'esercizio dell'attività lavorativa si instauri, con il consenso del preposto, una prassi contra legem, foriera di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di omicidio colposo o di lesioni colpose aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche (Sez. 4, n. 26294 del 14/03/2018, Fassero Gamba, Rv. 272960, in un caso di omicidio colposo; in conformità, in un'ipotesi di lesioni colpose, Sez. 4, n. 18638 del 16/01/2004, Policarpo, Rv. 228344; principio risalente a Sez. 4, n. 17941 del 16/11/1989, Raho, Rv. 182857).

Ciò posto sui principi operanti in materia di preposti e di prassi lavorative, la Corte di merito ha configurato un addebito di colpa anche all'B.B., quale dirigente del settore Operazioni, sia in quanto aveva firmato sotto la dicitura "approvato" la procedura SGS.P.014, inadeguata in quanto carente nei termini sopra specificati quanto alla disciplina dei PdL "cumulativi", sia in quanto dirigente del settore responsabile della messa in sicurezza per operazioni di quel tipo (v. pag. 24 deposizione del C.T. Y.Y. verbale stenotipico del 26 ottobre 2017, e deposizione X.X. verbale stenotipico del 17 maggio 2018).

Si è osservato che non si trattava della prima volta di esecuzione di lavori di quel tipo su gruppi di valvole, per cui egli avrebbe dovuto avvedersi (in quanto in condizioni di farlo) della prassi distorta e della totale confusione degli operativi in ordine alla procedura da seguire nei casi, come quello di specie, di PdL "cumulativi".

Il datore di lavoro, invero, ha l'obbligo di prevedere e prevenire anche le prassi di lavoro distorte, foriere di pericoli, come di fatto verificatosi nel caso di specie.

La Corte territoriale, quindi, ha riconosciuto mediante idoneo apparato argomentativo l'esistenza di una prassi contra legem, seguita ripetutamente e, pertanto, conoscibile da parte dei vertici aziendali.

Si è quindi dimostrato che il preposto, nell'esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, pur errando nel non verificare la messa in sicurezza di tutte le valvole, non aveva violato una procedura esistente, in quanto quella in essere era totalmente carente e lacunosa e non stabiliva indefettibilmente ed esplicitamente la necessità di un'operazione preventiva di intercetto di tutti i meccanismi. La prassi di effettuare la messa in sicurezza delle valvole volta per volta era particolarmente pericolosa per gli addetti e sostanzialmente tollerata dalle società, le quali non predisponevano le opportune precauzioni per scongiurarne l'utilizzo e non sorvegliavano adeguatamente l'operato dei dipendenti.

La prassi distorta consentiva una decisione estemporanea: la possibilità per il lavoratore di decidere come gestire la propria attività e di scegliere nell'ambito di una lavorazione da svolgere in più giorni quali valvole mettere in sicurezza. Si tratta di fattori di notevole criticità adeguatamente rappresentato dalla Corte anconetana.

6. Col nono motivo del ricorso del A.A., col sesto motivo del ricorso dell'B.B. e col secondo motivo di ricorso dell'API si censura la mancata formulazione di un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata circostanza aggravante.

Va premesso che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione (Sez. 2, n. 31543 dell'08/06/2017, Pennelli, Rv. 270450).

In tema di concorso di circostanze, peraltro, il giudizio di comparazione risulta sufficientemente motivato, quando il giudice, nell'esercizio del potere discrezionale previsto dall'art. 69 c.p. scelga la soluzione dell'equivalenza, anzichè della prevalenza delle attenuanti, ritenendola quella più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. 2, n. 31531 del 16/05/2017, Pistilli, Rv. 270481).

Ciò posto, nella fattispecie, la Corte di appello ha logicamente ritenuto di formulare un giudizio di equivalenza, alla luce dei seguenti fattori considerati particolarmente significativi: la pluralità, la gravità e l'esclusiva rilevanza causale delle accertate violazioni di regole antinfortunistiche caratterizzanti la vicenda criminosa. Ha valutato altresì che i risarcimenti non erano stati effettuati direttamente dagli imputati, ma dalle compagnie assicurative della responsabile civile, con solo marginale coinvolgimento dei primi e l'aspettativa di vita della vittima (uomo sano di soli 53 anni).

La motivazione, pertanto, è ben più ampia ed articolata rispetto a quanto indicato nel ricorso.

I ricorrenti si limitano a valutare diversamente i medesimi elementi ritenuti significativi nella sentenza impugnata e ad enunciare fattori a loro favorevoli, ai quali è stato legittimamente attribuito minor rilievo dalla Corte di merito. Inoltre, le difese circoscrivono le proprie censure alle argomentazioni in tema di modalità del risarcimento e di età della vittima illustrate dalla Corte di merito, la quale, al contrario, ha assegnato rilievo decisivo soprattutto ai fattori inerenti alla gravità oggettiva della vicenda criminosa.

7. Con l'ottavo motivo del ricorso del A.A., col settimo motivo del ricorso dell'B.B. e col terzo motivo del ricorso dell'Api, si censurano le determinazioni della Corte anconetana attinenti alle statuizioni civili.

Va ricordato che la condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il giudice abbia riconosciuto il relativo diritto alla costituita parte civile, non comporta alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l'accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell'esistenza - desumibile anche presuntivamente, con criterio di semplice probabilità - di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, restando perciò impregiudicato l'accertamento riservato al giudice civile sulla liquidazione e l'entità del danno, ivi compresa la possibilità di escludere l'esistenza stessa di un danno eziologicamente collegato all'evento illecito (Sez. 3, n. 36350 del 23/03/2015, Bertini, Rv. 265637; vedi anche Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016, dep. 2017, Bordogna, non massimata sul punto; Sez. 5, n. 45118 del 23/4/2013, Di Fatta, Rv. 257551; Sez. 4, n. 20231 del 3/4/2012, Piazze, Rv. 252683).

Il diritto al risarcimento dei danni morali in caso di morte prescinde dalla valutazione dei rapporti di convivenza fondandosi sulla definitiva perdita di un legame di affectio familiaris da cui deriva l'incisione dell'interesse all'integrità morale, ricollegabile all'art. 2 Cost. ed al diritto all'intangibilità della sfera degli affetti, sicchè non rileva la frequenza dei tempi nei quali si coltivi la relazione familiare affettiva, ma unicamente la perdita di tale relazione, intesa come "punto di contatto emotivo e sentimentale", senza che essa debba essere stata supportata da frequentazioni o da condivisione, anche sporadica, di momenti di vita (Sez. 5, n. 18048 del 01/02/2018, S., Rv. 273746, relativa a fattispecie di scarsa o assente frequentazione dei familiari con la vittima ed a conflittualità caratteriale e dissapori con essa, che la Corte ha ritenuto irrilevante in astratto ai fini della configurabilità del diritto al risarcimento.

E' legittima, peraltro, la costituzione di parte civile nel processo penale di un soggetto non legato da rapporti di stretta parentela e non convivente con la vittima del reato (nella specie figlio della moglie di quest'ultimo), al fine di ottenere il risarcimento dei danni morali, considerato che la definitiva perdita di un rapporto di affectio familiaris può comportare l'incisione dell'interesse all'integrità morale, ricollegabile all'art. 2 Cost., sub specie di intangibilità della sfera degli affetti, la cui lesione comporta la riparazione ex art. 2059 c.c., mentre è, in tal caso, escluso il risarcimento dei danni patrimoniali. (Sez. 4, n. 20231 del 03/04/2012, Piazze, Rv. 252683, relativa a fattispecie in cui, in applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha ammesso la costituzione di parte civile del figlio non convivente della moglie della vittima di un incidente stradale).

La Corte territoriale ha fatto buon governo dei principi giurisprudenziali qui sopra riportati, riconoscendo il diritto al risarcimento in via generica ai soggetti legati alla vittima da un rapporto non stretto di parentela, restando comunque salva la possibilità per il giudice civile di valutare l'eventuale inesistenza in concreto di un danno risarcibile.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna gli imputati al pagamento delle spese processuali nonchè tutti in solido, compreso il responsabile civile, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle seguenti parti civili: - G.G. e H.H., difesi dall'avvocato Frassanito Roberto, nella qualità di titolari della responsabilità genitoriale nei confronti del minore P.G., che liquida in complessivi Euro tremila, oltre accessori di legge; C.C., E.E., D.D., difesi dall'avvocato Zecca Massimo che liquida in complessivi Euro quattromilaottocento oltre accessori di legge. Condanna, inoltre, i predetti ricorrenti alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile F.F., difeso dall'avvocato Zecca Massimo M. ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Ancona con separato decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2023.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2023

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Limiti alcolemici lavoro / test rapidi alcool e stupefacenti - Note

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Limiti alcolemici   Test rapidi stupefacenti e alcool lavoro   Note

Limiti alcolemici lavoro / test rapidi alcool e stupefacenti - Accordo CSR del 13/07/2017 Min Salute - non ancora approvato definitivamente CSR / Note 2023

ID 17166 | 21.08.2023 / Documento allegato

Limiti alcolemici lavoro / note test rapidi alcool e stupefacenti di cui all'Accordo CSR del 13/07/2017 (Min Salute - non ancora approvato definitivamente CSR) per i lavoratori delle attività di cui all'Allegato A - Indirizzi per la prevenzione di infortuni gravi e mortali correlati all'assunzione di alcolici e di sostanze stupefacenti, l'accertamento di condizioni di alcol dipendenza e di tossicodipendenza e il coordinamento delle azioni di vigilanza.

Accordo CSR del 13/07/2017 / In attesa di approvazione definitiva CSR

Il Documento è elaborato sull''Accordo CSR del 13/07/2017 testo definitivo delle linee inviato dal Ministero della salute con nota del 4 ottobre 2016, in attesa del formale assenso tecnico da parte del Coordinamento della Commissione salute per la sottoposizione definitiva alla CSR.

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Individuazione delle attività lavorative che comportano, in caso di infortunio nell'espletamento delle relative mansioni, un elevato rischio per la sicurezza, l'incolumità e la salute per i lavoratori e per i terzi.

Ritenuto necessario sotto tale profilo superare l'attuale condizione dì individuazione dì mansioni diverse per l'alcol e per le sostanze stupefacenti e psicotrope, previste rispettivamente nell'intesa del 16 marzo 2006 e nell'intesa del 30 ottobre 2007, con l'individuazione di una unica tabella delle mansioni a rischio per le quali sia prevista la sorveglianza sanitaria a tutela del lavoratore e dei terzi.

L'allegato A facente parte integrante del presente atto, che riporta in un unico elenco le attività ad elevate pericolo di infortunio, comportante gravi conseguenze per l'incolumità la salute del lavoratore, degli altri lavoratori e dei terzi nello svolgimento delle mansioni specifiche. L'elenco sarà oggetto di revisione periodica a cura del Ministero della Salute sulla base dell'aggiornamento dei dati su andamento e cause degli infortuni sul lavoro e della letteratura scientifica.

Schema Accordo CSR del 13 luglio 2017

 

Fig. 1 - Stato Provvedimenti alcol e sostanze stupefacenti e psicotrope lavoro 

Misure da adottare da parte del datore di lavoro

Per prevenire i rischi da assunzione di alcolici o di stupefacenti nelle attività ad elevate pericolo di infortuni con gravi conseguenze per l'incolumità e la salute del lavoratore e dei terzi di cui all'allegato A, per i quali è obbligatoria la sorveglianza sanitaria, ai sensi del combinato disposto degli articoli 2541 del decreto legislative 9 aprile 2008 n.81, il datore di lavoro, previa valutazione dei rischi, individua adeguate misure organizzative a tutela della sicurezza dei lavoratori per gestire i casi di alterazione delle condizioni psicofisiche dei lavoratori dovute ad assunzione di sostanze alcoliche o stupefacenti accertate dal medico competente, che non consentono temporaneamente la prestazione di attività lavorative o la non accettazione al turno lavorativo; in particolare provvede a:

- Disporre e far osservare in azienda ii divieto di somministrazione di qualsiasi bevanda alcolica e di assunzione di alcolici o sostanze stupefacenti o psicotrope durante l'orario di lavoro.

- Disporre la non accettazione al lavoro del lavoratore che, all'inizio o alla ripresa o durante ii turno lavorativo, venga giudicato temporaneamente non idoneo all'effettuazione del turno lavorativo per assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, con presenza ematica rilevabile di sostanze o metaboliti attivi di sostanze stupefacenti o psicotrope o con alcolemia stimabile come superiore a zero se misurata durante ii turno di lavoro e superiore a 0,2 g/1 se misurata entro un'ora dall'inizio dell'attività, accertata dal medico competente in matrici che consentono una correlazione diretta con la concentrazione ematica, fatte salve le disposizioni contenute in norme specifiche di settore.

Limiti alcolemici   Test rapidi stupefacenti e alcool lavoro attivita  allegato A   Note

Fig. 2 - Stima limiti alcolemia lavoratori attività in allegato A / non idoneità temporanea lavoratore

 

Alcolemia conducenti veicoli non pofessionali

Fig. 3 - Limite alcolemia conducenti veicoli non professionali

- Disporre l'attuazione di iniziative di sensibilizzazione finalizzate ad una corretta percezione dei rischi aggiuntivi derivanti dall'assunzione di alcolici e/o di sostanze stupefacenti o psicotrope in relazione ai rischi specifici della mansione, attraverso una idonea informazione su effetti acuti dell'alcol delle sostanze stupefacenti o psicotrope sulle capacita psicofisiche e sugli effetti cronici, anche rispetto alle possibili interazioni negative con sostanze presenti nel ciclo lavorativo, avvalendosi della collaborazione del medico competente .

- Valutare l'opportunità di rendere disponibili sul pasto di lavoro test rapidi per l'autocontrollo del tasso alcolemico da parte dei lavoratori.

- Attivare attraverso ii medico competente l'effettuazione dei controlli sanitari sui lavoratori.

Se, nello svolgimento di attività lavorative non ricomprese nell'allegato A, dalla valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a) emerga la presenza di rischi particolari dovuti a condizioni di alcol dipendenza o di tossicodipendenza, il datore di lavoro per prevenire infortuni al lavoratore stesso o agli altri lavoratori deve richiedere l'effettuazione di controlli dell'idoneità al lavoro alla Commissione ex art. 5 L. 300/70 (statuto dei lavoratori), costituita presso le ASL territorialmente competenti.

Criteri e procedure per i controlli sanitari effettuati dal medico competente

II medico competente, nell'effettuare le valutazioni sanitarie per accertare l'idoneità alla mansione specifica e ii perdurare nel tempo di tale idoneità, in relazione al rischio di assunzione di alcol e/o sostanze stupefacenti/psicotrope e per accertare l'assenza di condizioni di dipendenza, ha l'obbligo di ispirare ii proprio comportamento ai principi del codice ICOH di tutela della salute dei lavoratori, ivi compreso ii recupero per ii reinserimento lavorativo, e contestualmente di tenere in considerazione le situazioni in cui le condizioni di salute dei lavoratori possono comportare un danno a terzi.

Le visite mediche di sorveglianza sanitaria che, ai sensi dell'art. 41 comma 4 del D.Lgs. 81/2008 sono "altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti", riguardano tutti i lavoratori che svolgono le attività di cui all'allegato A, con periodicità e frequenza stabilita dal medico competente in funzione degli esiti della valutazione del rischio di assunzione di alcol o di sostanze stupefacenti e comunque con periodicità almeno triennale. Tali visite comprendono una anamnesi ed un esame obiettivo.

L'anamnesi deve essere approfondita per evidenziare o escludere possibili patologie attuali o pregresse, correlabili a situazioni di abuso/dipendenza. II medico competente deve in particolare indagare sulle abitudini di vita personali in relazione al consumo anche saltuario di alcolici o di stupefacenti, su eventuali antecedenti inerenti pregressi trattamenti sociosanitari per alcol dipendenza e/o tossicodipendenza presso strutture pubbliche o su eventuali infortuni lavorativi o incidenti occorsi anche al di fuori del lavoro. Devono essere indagati segni di abuso, previsti da protocolli internazionali, quali: incapacità di adempiere ad obblighi e responsabilità, esposizione a pericoli fisici, problemi di ordine legale o giudiziario, problemi sociali o interpersonali persistenti, anche attraverso la somministrazione di questionari mirati.

l'esame obiettivo deve essere particolarmente accurato e rivolto all'identificazione di segni e sintomi suggestivi di assunzione acuta di alcol e sostanze stupefacenti/psicotrope, nonché segni e sintomi riconducibili a situazioni di intossicazione cronica, condizioni di astinenza, dipendenza, presenza di patologie correlabili con abuso di tali sostanze.

In caso di sospetto clinico di possibile abuso di alcolici, giustificato da riscontri anamnestici e/o dagli esiti dell'esame obiettivo, per avvalorare o rimuovere tale sospetto possono essere effettuati esami di laboratorio per evidenziare possibili effetti negativi dell'alcol sulla funzionalità epatica e sull'emopoiesi, quali MCV, dosaggio gamma GT, transaminasi.

In caso di sospetto clinico, per riscontro di segni o sintomi di possibile dipendenza nei confronti di sostanze stupefacenti/psicotrope o di alcolici, possono essere richiesti test analitici su matrice cheratinica (capello), avvalendosi dell'ausilio oggettivo dei più moderni indicatori dell'abuso alcolico quali Etilglucuronide (EtG) o FAEE (Fatty Acid Ethyl Esters), con le modalità e le garanzie previste per ii prelievo e l'analisi dall'accordo Stato Regioni del 18 settembre 2008.

In caso di sospetto clinico di possibile assunzione di alcol e di sostanze stupefacenti/psicotrope, per i lavoratori che svolgono le attività di cui all'Allegato A, emerso in fase di visita sulla base di risconti anamnestici e/o clinici, deve essere programmata, successivamente alla visita medica, l'esecuzione individuale di test rapidi di screening a "sorpresa" sul posto di lavoro, durante ii turno lavorativo.

Test rapidi di screening sono effettuati dal medico competente nei casi in cui il lavoratore si presenti in azienda in evidenti condizioni alterate su richiesta del Datore di Lavoro, di un Dirigente, di un Preposto o dell'RSPP.

Test di screeng alcolemia stupefacenti

Fig. 4 - Test di screening alcol / stupefacenti a sorpresa / su richiesta (Attività allegato A)

Esecuzione di test rapidi di screening a "sorpresa"

In caso di sospetto clinico di possibile assunzione di alcol e di sostanze stupefacenti/psicotrope, per i lavoratori che svolgono le attività di cui all'Allegato A, emerso in fase di visita sulla base di risconti anamnestici e/o clinici, deve essere programmata, successivamente alla visita medica, l'esecuzione individuale di test rapidi di screening a "sorpresa" sul posto di lavoro, durante ii turno lavorativo.

Esecuzione di test rapidi per evidenti condizioni alterate

Test rapidi di screening sono effettuati dal medico competente nei casi in cui ii lavoratore si presenti in azienda in evidenti condizioni alterate su richiesta del Datore di Lavoro, di un Dirigente, di un Preposto o dell'RSPP.

Allegato A / attività lavorative con un elevato rischio per assunzione di alcolici o di stupefacenti

Le attività lavorative che comportano a causa di infortunio nell'espletamento delle relative mansioni. un elevato rischio per la sicurezza, l'incolumità e la salute per i lavoratori e per i terzi sono individuate nel seguente elenco:

Punto 1: Attività per le quali e richiesto un certificato di abilitazione per l'espletamento dei seguenti lavori:

a) Impiego di gas tossici;
b) Fabbricazione e uso di fuochi artificiali;
c) Direzione tecnica e conduzione di impianti nucleari;

Punto 2: Attività comportanti lavori in tubazioni, canalizzazioni, recipienti, quali vasche e serbatoi e simili, nei quali possono esservi gas, vapori, polveri infiammabili od esplosivi;

Punto 3: Attività sanitarie che comportano procedure invasive svolte in strutture sanitarie pubbliche o private, individuate in fase di valutazione dei rischi tra quelle che espongono al rischio di ferite da taglia a da punta, di cui al titolo X-bis del D.Lgs. 81/2008.

Punto 4: Attività comportanti l'obbligo della dotazione di armi.

Punto 5: Attività di trasporto:

a) Autisti di veicoli stradali per i quali e richiesto ii possesso della patente di guida categorie C, D, E e quelli per i quali e richiesto ii certificato di abilitazione per la guida di taxi o di veicoli in servizio di noleggio con conducente ovvero ii certificato di formazione professionale per la guida di veicoli che trasportano merci pericolose su strada;
b) circolazione dei treni e sicurezza dell'esercizio ferroviario:
- Personale ferroviario navigante sulle navi del gestore dell'infrastruttura ferroviaria con esclusione del personale di camera e di mensa;
- Personale navigante delle acque interne e delle acque marine, con qualifica di conduttore per le imbarcazioni da diporto adibite a noleggio;
- personale addetto alla circolazione e alla sicurezza delle ferrovie in concessione e in gestione governativa, metropolitane, tranvie e impianti assimilabili, filovie, autolinee e impianti funicolari;
- conducenti, conduttori, manovratori e addetti agli scambi di altri veicoli con binario, rotaie o di apparecchi di sollevamento, esclusi i manovratori di carri ponte con pulsantiera a terra e di monorotaie;
d) personale marittimo di I categoria delle sezioni di coperta e di macchina, limitatamente allo Stato maggiore e sottufficiali componenti l'equipaggio di navi mercantili e passeggeri, nonché ii personale marittimo e tecnico delle piattaforme in mare e delle navi posatubi;
e) controllori di volo;
f) personale aeronautico di volo;
g) collaudatori di mezzi di navigazione marittima, terrestre ed aerea;
h) addetti ai pannelli di controllo del movimento nel settore dei trasporti;
i) addetti alla guida di macchine di movimentazione terra e merci richiedenti una specifica abilitazione, prevista dal comma 5 dell'articolo 73 del D.Lgs. 81/2008

Punto 6: Attività di produzione, confezionamento, trasporto e vendita di esplosivi .

Punto 7: Attività nel settore dell'edilizia e delle costruzioni: operatori che svolgano attività in quota ad altezze superiori ai due metri.

Punta 8: Attività nel settore idrocarburi: Operatori con sostanze esplosive ed infiammabili.

Punto 9: Attività svolte in cave e miniere: addetti ai lavori in cave e miniere.

...

I Provvedimenti in vigore

Provvedimento 16 marzo 2006

Intesa in materia di individuazione delle attivita' lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumita' o la salute dei terzi, ai fini del divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche, ai sensi dell’articolo 15 della legge 30 marzo 2001, n. 125. Intesa ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Repertorio atti n. 2540). (GU n. 75 del 30.03.2006)

L'allegato I è sostituito dall'allegato A dell’Accordo CSR del 13/07/2017 (non ancora definitivamente approvato)

Vedi

Provvedimento 30 ottobre 2007

Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, in materia di accertamento di assenza di tossicodipendenza. (Repertorio atti n. 99/CU). (GU n. 266 del 15.11.2007)

L'allegato I è sostituito dall'allegato A dell’Accordo CSR del 13/07/2017 (non ancora definitivamente approvato)

Vedi

Provvedimento 17 settembre 2008

Procedure per gli accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza

Accordo, ai sensi dell'articolo 8, comma 2 dell'Intesa in materia di accertamento di assenza di tossicodipendenza, perfezionata nella seduta della Conferenza Unificata del 30 ottobre 2007 (Rep. Atti n. 99/CU), sul documento recante «Procedure per gli accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope in lavoratori addetti a mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l'incolumita' e la salute di terzi». (Rep. Atti n. 178/CSR) (GU n.236 del 08.10.2008)

Vedi

D.Lgs. 81/2008

Art. 41 - Sorveglianza sanitaria

4-bis. Entro il 31 dicembre 2009, con accordo in Conferenza Stato-regioni, adottato previa consultazione delle parti sociali, vengono rivisitate le condizioni e le modalità per l'accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza.

segue in allegato

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1.0 21.08.2023 Integrazione Certifico Srl
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L’installazione dispositivi protezione conducente capovolgimento / sistemi di ritenzione trattori agricoli/forestali

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L installazione dispositivi protezione conducente capovolgimento e sistemi di ritenzione trattori agricoli o forestali 2023

Linee guida
L’installazione dei dispositivi di protezione del conducente capovolgimento / sistemi di ritenzione trattori agricoli o forestali / Update Maggio 2023

ID 19690 | 25.05.2023 / Anno: 2011 / Strumento aggiornato il 22.05.2023 - In allegato

Adeguamento dei trattori agricoli o forestali con piano di carico (motoagricole) ai requisiti di sicurezza in caso di capovolgimento previsti al punto 2.4 della parte II dell’allegato V al D.Lgs. 81/08.

L’installazione dei dispositivi di protezione del conducente in caso di capovolgimento e dei sistemi di ritenzione del conducente e di eventuali passeggeri nei trattori agricoli o forestali con piano di carico (motoagricole)

Premessa

Partendo dai risultati di studi e ricerche realizzate dall’Inail e sulla base dei bollettini di omologazione di telai già sottoposti a prove di resistenza, sono state individuate le informazioni tecniche e procedurali necessarie per l’installazione dei dispositivi di protezione in caso di ribaltamento sui trattori agricoli con piano di carico (motoagricole).

Il D.Lgs. 81/08 stabilisce una serie di obblighi a carico del datore di lavoro tra i quali quello di adeguare talune attrezzature di lavoro a specifici requisiti di sicurezza.

In particolare, al punto 2.4 della parte II dell’allegato V al D. Lgs. 81/08 è richiamata la necessità di limitare i rischi derivanti dal ribaltamento delle attrezzature di lavoro mobili con lavoratore o lavoratori a bordo mediante l’adozione di particolari misure.

Allo stato delle conoscenze attuali, per i trattori agricoli o forestali con piano di carico, i principali sistemi di prevenzione a fronte del pericolo di ribaltamento sono essenzialmente
rappresentati da sistemi di prevenzione di tipo passivo, cioè finalizzati ad evitare che il verificarsi dell’evento pericoloso comporti conseguenze per l'incolumità del lavoratore o a
ridurre comunque l’entità di tali conseguenze.

I sistemi di protezione generalmente adottati nel caso dei trattori con piano di carico si basano sul principio di mantenere l’operatore all’interno di un “volume di sicurezza” o
“zona libera”, in tal modo infatti, il rischio per l'operatore di restare schiacciato tra le parti costituenti il trattore ed il suolo può essere ragionevolmente escluso.

Per conseguire questo risultato, pertanto, occorre che il trattore con piano di carico sia equipaggiato con:

1. un vero e proprio dispositivo di protezione in caso di capovolgimento, ossia una struttura adeguatamente rigida installata direttamente sul trattore, avente  essenzialmente lo scopo di garantire un volume di sicurezza destinato a contenere l’operatore;

2. un dispositivo che, indipendentemente dalle condizioni operative del trattore, trattenga l'operatore al posto di guida (cintura di sicurezza).

L’installazione dei predetti apprestamenti tecnici risulta essere stata diffusamente disattesa a cagione anche di una serie di concorrenti circostanze, una delle quali è rappresentata dalla mancata disponibilità di precisi indirizzi tecnico-costruttivi.

Pertanto nel presente documento, mirando alla completa definizione degli indirizzi tecnico costruttivi finora mancanti , sono, per singola tipologia di trattore con piano di carico, individuati:
- nella sezione 1, i requisiti costruttivi dei dispositivi di protezione del conducente in caso di capovolgimento unitamente alle relative istruzioni e procedure per la loro realizzazione ed applicazione;
- nella sezione 2, gli aspetti tecnici e procedurali connessi con l’installazione dei sistemi di ritenzione del conducente e di eventuali operatori trasportati (passeggeri).
...

Premessa

Sezione 1 L’installazione dei dispositivi di protezione del conducente in caso di capovolgimento nei trattori agricoli o forestali con piano di carico (motoagricole)
1. Scopo e campo di applicazione
2. Riferimenti normativi
3. Termini e definizioni
4. Metodologia di progettazione delle strutture di protezione contro il rischio ribaltamento
4.1 Suddivisione in classi di massa delle motoagricole e individuazione delle tipologie di strutture di protezione applicabili
4.2 Parametri di interesse
4.3 Dimensionamento dei telai a due e quattro montanti
4.4 Conformazione e dimensionamento dei dispositivi di attacco alla moto agricola
4.4.1 Classificazione dei dispositivi di attacco
4.4.2 Punti di ancoraggio sulla moto agricola
4.4.3 Collegamento del dispositivo di attacco al telaio di protezione
4.5 Realizzazione di un modello agli elementi finiti per la simulazione delle prove statiche
5. Specifiche tecniche relative alle saldature
5.1 Principali norme di riferimento
6. Aspetti procedurali relativi all’installazione delle strutture di protezione
6.1 Adeguamento con struttura di protezione conforme alle indicazioni tecniche previste nella linea guida INAIL
6.2 Adeguamento con struttura di protezione rispondente ai codici OCSE applicabili
6.3 Adeguamento di motoagricole omologate ed originariamente dotate di struttura di protezione

Sezione 2 L’installazione dei sistemi di ritenzione del conducente e di eventuali lavoratori trasportati
1. Scopo e campo di applicazione
2. Riferimenti normativi
3. Termini e definizioni
4. Sistemi di ritenzione del conducente
4.1 Criteri di intervento
4.1.1 Criteri di intervento per motoagricole munite fin dall’origine di dispositivo di protezione in caso di capovolgimento
4.1.2 Criteri di intervento per motoagricole rese conformi con dispositivo di protezione in caso di capovolgimento
4.1.3 Verifica del rispetto del volume di sicurezza o zona libera
4.1.4 Montaggio del sedile sulla moto agricola
5. Sistemi di ritenzione per passeggeri
5.1 Installazione del sistema di ritenzione del passeggero
5.1.1 Motoagricole dotate di sedile del passeggero fisso o mobile predisposto con punti di ancoraggio per cinture di sicurezza
5.1.2 Motoagricole dotate di sedile del passeggero mobile non predisposto
con punti di ancoraggio per cinture di sicurezza
5.1.3 Motoagricole dotate di sedile del passeggero fisso non predisposto
con punti di ancoraggio per cinture di sicurezza
6. La cintura di sicurezza
7. Aspetti procedurali relativi alla sostituzione del sedile
7.1 La sostituzione del sedile per i trattori con piano di carico del primo gruppo
7.2 La sostituzione del sedile per i trattori con piano di carico del secondo gruppo
7.3 La documentazione necessaria per la sostituzione del sedile

Allegato I
Scheda 1: telaio anteriore fisso saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa compresa fra 400 kg e 1000
Scheda 2: telaio anteriore fisso piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa compresa fra 400 kg e 1000 kg
Scheda 3: telaio anteriore abbattibile saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa compresa fra 400 kg e 1000 kg
Scheda 4: telaio anteriore abbattibile piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa compresa fra 400 kg e 1000 kg
Scheda 5: telaio posteriore fisso saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato rigido con posto di guida arretrato con massa compresa fra 400 kg e 1000 kg
Scheda 6: telaio posteriore fisso piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa compresa fra 400 kg e 1000 kg
Scheda 7: telaio posteriore telescopico saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 400 kg e fino a 1000
Scheda 8: telaio posteriore telescopico piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa compresa tra 400 kg e 1000 kg
Scheda 9: telaio posteriore abbattibile saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa compresa fra 400 kg e 1000 kg
Scheda 10: telaio posteriore abbattibile piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa compresa fra 400 kg e 1000 kg
Scheda 11: telaio anteriore fisso saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 1000 kg e fino a 2000 kg
Scheda 12: telaio anteriore fisso piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 1000 kg e fino a 2000
Scheda 13: telaio anteriore abbattibile saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 1000 kg e fino a 2000 kg
Scheda 14: telaio anteriore abbattibile piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 1000 kg e fino a 2000 kg
Scheda 15: telaio posteriore fisso saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 1000 kg e fino a 2000 kg
Scheda 16: telaio posteriore fisso piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 1000 kg e fino a 2000 kg
Scheda 17: telaio posteriore telescopico saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 1000 kg e fino a 2000 kg
Scheda 18: telaio posteriore telescopico piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 1000 kg e fino a 2000 kg
Scheda 19: telaio posteriore abbattibile saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 1000 kg e fino a 2000 kg
Scheda 20: telaio posteriore abbattibile piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 1000 kg e fino a 2000 kg
Scheda 21: telaio anteriore fisso saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 2000 kg e fino a 3500 kg
Scheda 22: telaio anteriore fisso piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 2000 kg e fino a 3500 kg
Scheda 23: telaio anteriore abbattibile saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 2000 kg e fino a 3500 kg
Scheda 24: telaio anteriore abbattibile piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 2000 kg e fino a 3500 kg
Scheda 25: telaio posteriore fisso saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 2000 kg e fino a 3500 kg
Scheda 26: telaio posteriore fisso piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 2000 kg e fino a 3500 kg
Scheda 27: telaio posteriore telescopico saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 2000 kg e fino a 3500 kg
Scheda 28: telaio posteriore telescopico piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 2000 kg e fino a 3500 kg
Scheda 29: telaio posteriore abbattibile saldato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 2000 kg e fino a 3500 kg
Scheda 30: telaio posteriore abbattibile piegato per motoagricole con struttura portante di tipo articolato o rigido con posto di guida arretrato con massa maggiore di 2000 kg e fino a 3500 kg
Scheda 31: telaio posteriore telescopico piegato per motoagricole di tipo transporter con massa maggiore di 1000 kg e fino a 2500 kg
Scheda 32: telaio a quattro montanti saldato per motoagricole di tipo transporter con massa maggiore di 1000 kg e fino a 2500 kg
Scheda 33: telaio posteriore telescopico piegato per motoagricole di tipo transporter con massa maggiore di 2500 kg e fino a 3500 kg
Scheda 34: telaio a quattro montanti saldato per motoagricole di tipo transporter con massa maggiore di 2500 kg e fino a 3500 kg

Allegato II
1. Dispositivi di attacco di classe A
1.1 Conformazione di base e dimensioni del dispositivo di attacco classe A
1.2 Installazione ed ancoraggio del dispositivo di attacco di classe A
1.2.1 Variazioni ammissibili sulla conformazione del dispositivo di attacco per l’ancoraggio alla motoagricola
1.3 Variazioni ammissibili degli spessori e dei diametri nominali dei collegamenti filettati
2. I dispositivi di attacco di classe B
2.1 Conformazione di base e dimensioni del dispositivo di attacco
2.2 Riduzioni ammissibili degli spessori e del diametro nominale dei collegamenti filettati
3. Dispositivi di classe C
3.1 Dispositivi di classe C1
3.1.1 Dimensioni del dispositivo di attacco di classe C1
3.1.2 Riduzioni ammissibili degli spessori e delle sezioni dei collegamenti filettati
3.2 Dispositivi di attacco di classe C2
3.2.1 Conformazione di base e dimensioni del dispositivo di attacco
3.2.1.1 Dispositivo di classe C2 a collegamento verticale
3.2.1.2 Dispositivo di classe C2 a collegamento orizzontale
3.2.1.3 Dispositivo di classe C2 a collegamento misto
3.3 Dispositivo di attacco di classe C3
3.3.1 Conformazione di base e dimensioni del dispositivo di attacco
3.3.1.1 Dispositivo di classe C3 a collegamento verticale
3.3.1.2 Dispositivo di classe C3 a collegamento orizzontale
4. Dispositivo di classe D
4.1 Conformazione di base e dimensioni del dispositivo di attacco
4.2 Installazione ed ancoraggio del dispositivo di attacco di classe D
4.3 Variazioni ammissibili sulla conformazione del dispositivo di attacco per l’ancoraggio al transporter
4.4 Variazioni ammissibili delle dimensioni e dei diametri nominali dei collegamenti
filettati

Allegato III
Dichiarazione di conformità del dispositivo di protezione in caso di capovolgimento

Allegato IV
Dichiarazione di corretta installazione del dispositivo di protezione in caso di capovolgimento

Allegato IV bis
Dichiarazione di corretta installazione di dispositivo di protezione in caso di capovolgimento conforme a direttive comunitarie ovvero a codici OCSE

Allegato V
Dichiarazione del costruttore di non disponibilità della struttura di protezione contro il rischio di ribaltamento

Allegato VI
Dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorieta’ (art. 47 d.p.r. 445 del 28/12/2000)

Allegato VII
Dichiarazione di corretta installazione del dispositivo di ritenzione del conducente
...

Scheda 12A – Adeguamento della motoagricola tipo Transporter modello Ferrante F120

Figura 1  Struttura di protezione contro il rischio di ribaltamento per la motoagricola Transporter tipo Ferrante F120 e simili  nomenclatura

Figura 1. Struttura di protezione contro il rischio di ribaltamento per la motoagricola Transporter tipo Ferrante F120 e simili, nomenclatura.
...

Figura 6  Struttura di protezione

Figura 6. Struttura di protezione.

Inail Settore Ricerca DTS

segue in allegato

D.Lgs. 81/2008 Allegato V

PARTE II PRESCRIZIONI SUPPLEMENTARI APPLICABILI AD ATTREZZATURE DI LAVORO SPECIFICHE
...

2.4 Le attrezzature di lavoro mobili con lavoratore/i a bordo devono limitare, nelle condizioni di utilizzazione reali, i rischi derivanti da un ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro: mediante una struttura di protezione che impedisca all'attrezzatura di ribaltarsi di più di un quarto di giro, ovvero mediante una struttura che garantisca uno spazio sufficiente attorno al lavoratore o ai lavoratori trasportati a bordo qualora il movimento possa continuare oltre un quarto di giro, ovvero mediante qualsiasi altro dispositivo di portata equivalente.
Queste strutture di protezione possono essere integrate all'attrezzatura di lavoro.
Queste strutture di protezione non sono obbligatorie se l'attrezzatura di lavoro è stabilizzata durante tutto il periodo d'uso, oppure se l'attrezzatura di lavoro è concepita in modo da escludere qualsiasi ribaltamento della stessa.
Se sussiste il pericolo che in caso di ribaltamento, il lavoratore o i lavoratori trasportati rimangano schiacciati tra parti dell'attrezzatura di lavoro e il suolo, deve essere installato un sistema di ritenzione.

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Vademecum sicurezza carrelli elevatori

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Vademecum Sicurezza carrelli elevatori 2023

Vademecum Sicurezza Carrelli elevatori / Rev. 1.0 agosto 2023

ID 4141 | Rev.1.0 Agosto 2023 / Documento completo allegato

Documento raccolta normativa e check list per la Sicurezza dei carrelli industriali con conducente a bordo in riferimento D.Lgs. 81/2008, Direttiva macchine 2006/42/CE, EN ISO 3691-1:2020, Guida ISPESL. Disponibili i file CEM delle check list importabili in CEM4 con il quali è possibile effettuare una Valutazione dei rischi in forma "Check list" - Vedi Check list CEM4.

Le norme per i carrelli elevatori possono suddividersi, in generale, nelle famiglie della serie UNI EN ISO 3691-X ed UNI EN 1459-X:

EN ISO 1691 X Carrelli industriali Schema 1

(*) I carrelli elevatori fuoristrada sono progettati per trasportare, sollevare e posizionare carichi e possono essere condotti su terreni accidentati.

Inoltre le norme della serie UNI EN 16307-X e della serie UNI EN 1275-X dettano, rispettivamente, i requisiti supplementari ed elettrici dei carrelli industriali:

EN ISO 1691 X Carrelli industriali Schema 2

Sono presenti, inoltre, altre norme per la sicurezza dei carrelli industriali per applicazioni specifiche, ecc.

Aggiornato

UNI EN ISO 3691-1:2020
Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 1: Carrelli industriali motorizzati, esclusi quelli senza conducente, i telescopici e i trasportatori per carichi

UNI EN 16307-1:2020
Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 1: Requisiti supplementari per carrelli industriali motorizzati, esclusi quelli senza conducente, i telescopici e i trasportatori per carichi

Disponibile File CEM importabile in CEM4 della "Check list Carrelli elevatori" e della EN ISO 3691-1 norma di tipo C.

Raccolta Portfolio:


00. Vademecum sicurezza carrelli elevatori Rev. 1.0 2023 [PDF]
01. Check list Carrelli elevatori Rev. 08 2023 [PDF]
02. Check list Carrelli elevatori Rev. 08 2023 [CEM] - importabile in CEM4
03. Direttiva macchine All. I RESS P. 3 Mobilità delle macchine [DOC]
04. Check list estratto EN ISO 3691-1 2020 [PDF]
05. Check list estratto EN ISO 3691-1 2020 [CEM] - importabile in CEM4

I carrelli elevatori sono "Attrezzature di lavoro" ai sensi dell'Art. 69 del D.Lgs. 81/2008 e "macchine" (nuove o da adeguare come "Buona Tecnica" / "Stato dell'Arte") ai sensi della Direttiva macchine 2006/42/CE (e Norme tecniche) e devono rispettare i Requisti:

- Allegato V (TUS)
- RESS 1, 2 (DM)
- Norme tecniche UNI/EN/ISO

La normativa sulla sicurezza dei carrelli elevatori (con conducente), è estremamente vasta, ma va ricondotta in successione a:

1. Legislazione
2. Guide ISPESL/INAIL
3. Norme Tecniche UNI/EN/ISO

La principale norma di tipo C per i carrelli industriali alimentati a batteria, a gasolio, benzina o GPL è la UNI EN ISO 3691-1:2020 armonizzata per la Direttiva macchine 2006/42/CE.

Per la diffusione dei carrelli elevatori e intrinseca pericolosità di utilizzo, sono state pubblicate da ISO, due norme (Stato TS) per la Verifica del requisiti regionali di sicurezza per i paesi all'interno o all'esterno dell'UE.

ISO/TS 3691-7:2011
Industrial trucks - Safety requirements and verification Regional requirements for countries within the European Community

ISO/TS 3691-8:2019
Industrial trucks - Safety requirements and verification Regional requirements for countries outside the European Community

EN ISO 3691-1:2020
Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifica - Parte 1: Carrelli industriali motorizzati, esclusi quelli senza conducente, i telescopici e i trasportatori per carichi (ISO 3691-1:2015-AMD2020)

Data entrata in vigore: 02 luglio 2020

La presente parte della UNI EN ISO 3691 fornisce requisiti di sicurezza e i mezzi per la verifica dei seguenti tipi di carrelli industriali motorizzati come definito nella UNI ISO 5053:
- carrelli industriali elevatori controbilanciati con forche a sbalzo;
- carrelli con sollevatore retrattile o con piastra porta forche retrattile;
- carrelli elevatori con forche fra i longheroni;
- carrelli elevatori a forche ricoprenti;
- carrelli elevatori a pianale ad alto sollevamento;
- carrelli con posto di guida elevabile fino a 1 200 mm;
- carrelli elevatori a presa unilaterale;
- carrelli elevatori a presa bilaterale ed a presa frontale e laterale;
- carrelli per pallet (transpallets);
- carrelli elevatori bidirezionali e multi direzionali;
- carrelli trattori con forza di traino fino a 20.000 N, compresi;
- carrelli elevatori fuoristrada;
- carrelli industriali alimentati a batteria, a gasolio, benzina o GPL (gas di petrolio liquefatto).

Legislazione di riferimento (data di entrata in vigore / cronistoria)

01.01.1956
D.P.R. 27 aprile 1955 n° 547
Norme per la prevenzione degli infortuni (G.U. 12 luglio 1955, n. 158 - SO)

01.07.1956
D.P.R. 19 marzo 1956 n° 303
Norme generali per l'igiene del lavoro (GU n.105 del 30-04-1956 - SO)

21.09.1991
D.Lgs 10 settembre 1991 n° 304
Attuazione delle direttive 86/663/CEE del Consiglio del 22 dicembre 1986 e 89/240/CEE della Commissione del 16 dicembre 1988, relative ai carrelli semoventi per movimentazione, a norma dell'art. 55 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 (legge comunitaria 1990). (GU n.221 del 20-09-1991 - SO n. 57)

01.03.1995
D.Lgs 19 settembre 1994 n° 626
Attuazione delle direttive 89/391CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro (GU n. 265 del 12.11.1994 - SO n. 141)

31.12.1995
Abrogazione del D.Lgs 304/91
Legge 19.12.1992 n° 489 Disposizioni in materia di attuazione di direttive comunitarie relative al mercato interno (GU n.299 del 21.12.1992)

21.09.1996
D.P.R. 24 luglio 1996 n° 459
Direttiva Macchine Regolamento per l'attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368, 93/44 e 93/68 concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine. (GU 209 del 06 Settembre 1996 SO 146)

19.04.2000
D.Lgs 04 agosto 1999 n° 359 (agg.to del D.Lgs 626/94)
Attuazione della direttiva 95/63/CE che modifica la direttiva 89/655/CEE relativa ai requisiti minimi di sicurezza e salute per l'uso di attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori. (GU n.246 del 19.10.1999)

15.05.2008
D.Lgs 09 aprile 2008 n° 81
Testo Unico sulla Sicurezza (1)

20.08.2009
D.Lgs 03 agosto 2009 n° 106
Disposizioni integrative e correttive al D.Lgs 81/2008 (GU n.180 del 05.08.2009 - S.O. n. 142)

06.03.2010
D.Lgs 27 gennaio 2010 n° 17
Direttiva Macchine Attuazione della direttiva 2006/42/CE, relativa alle macchine e che modifica la direttiva 95/16/CE relativa agli ascensori (2).

24.01.2012
Decreto 11 aprile 2011
Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n° 81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo. (GU n.98 del 29-04-2011 - SO n. 111)

12.03.2013
Accordo 22 febbraio 2012
Accordo ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs 28 agosto 1997, n° 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano concernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell’art. 73, comma 5, del D.Lgs 9 aprile 2008, n° 81 e successive modifiche e integrazioni.

14 gennaio 2014
Decreto 14 Gennaio 2014 Carrelli per brevi spostamenti

(1) Abrogazione del DPR 547/55; DPR 303/56, D.Lgs 626/94
(2) Abrogazione del DPR 459/96 “fatta salva la residua applicabilità delle disposizioni transitorie di cui all’articolo 11, commi 1 e 3, del medesimo decreto”

Ed il D.Lgs. 81/2008/Testo Unico (riportati nell’allegato V), in sintesi:

  • Contrassegni sui dispositivi di comando (Punto I/2.1);
  • Le eventuali fuoriuscite di gas di scarico sotto cofano (termici) e le fuoriuscite di vapori batteria all’interno di cabine chiuse (elettrici) devono prevedere appropriati dispositivi di ritenuta e/o di estrazione vicino alla fonte (Punto I/4.1);
  • Protezioni – in particolare a livello di gruppo di sollevamento – dai punti in cui si può rimanere schiacciati, cesoiati o intrappolati (Punto I/6.1);
  • Sicurezza cofani per termici (“Se, quando il cofano motore è aperto, ci sono parti in movimento non protette all’interno del vano motore, l’accesso al vano deve essere possibile solamente per mezzo di una chiave o di attrezzi oppure di una maniglia di sblocco posta all’interno della cabina dell’operatore, la quale deve essere chiudibile”) (Punto I/6.1);
  • Protezioni di parti a temperatura elevata quali gli scarichi dei termici (Punto I/8.1);
  • Contaore funzionante (Punto I/9.3);
  • Indicazioni di tensione/corrente per elettrici (Punto I/9.4);
  • Dispositivo di trattenuta dell’operatore (Punto II/2.5);
  • Chiave specifica di avviamento (Punto II/2.6 a);
  • Targhette di carico (Punto II/3.1.3);
  • Dispositivi acustici e luminosi di segnalazione e di avvertimento nonché di illuminazione del campo di manovra quando ricorrano specifiche condizioni di pericolo (Punto II/3.1.7);
  • Posto di guida ergonomico e sicuro sia in fase di accesso che di regresso (Punto II/3.1.13);
  • Tetto di protezione posto di guida (Punto II/3.1.13);
  • Protezione contro azionamenti accidentali leve distributore idraulico (Punto II/3.1.14);
  • Cancelletti non apribili in quota (Punto 4.1/b – solo per Carrelli da Magazzino ed ove necessario per specifici impieghi);
  • Dispositivo per discesa di emergenza a partire da elevazioni superiori a 2500mm (Punto 4.1/d – solo per WH).

4) Tali requisiti, in termini di salute e sicurezza, per i carrelli non recanti le marcature CE, dovrebbero rispettare:

  • Emissioni dei carrelli termici;
  • Rumore dei carrelli termici (Tit. VIII – Capo II del D.Lgs. 81/08 relativamente all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (rumore);
  • Vibrazioni dei carrelli termici ed elettrici (Tit. VIII – Capo III del D.Lgs. 81/08;
  • Stabilità in curva critica per baricentri “alti”;
  • Difficoltà di accesso per l’altezza della pedana.
  • Dispositivo a doppio consenso per leve che comandano pinze;
  • Blocco del movimento del mezzo e della manipolazione del carico in assenza dell’operatore;
  • Ergonomia e sicurezza del posto guida;
  • Sistema di trattenimento (cinture) operatore

5) Poiché resta naturalmente a carico degli utilizzatori/datori di lavoro l’obbligo giuridico di mantenere la macchina in buone condizioni di manutenzione e provvedere agli adeguamenti di sicurezza richiesti per il relativo utilizzo nel contesto della propria realtà operativa (D.Lgs. 81/2008 art. 71/comma 1), in base a quanto sopra espresso è più che evidente per i datori di lavoro medesimi l’opportunità di procedere con un primo “controllo periodico” del carrello unitamente alla compilazione del “Libretto per la verifica” di cui alla Linea Guida Ispesl.
_______

D.Ls. 81/2008 Allegato V

P. II PRESCRIZIONI SUPPLEMENTARI APPLICABILI AD ATTREZZATURE DI LAVORO SPECIFICHE

2.  Prescrizioni  applicabili ad attrezzature di lavoro mobili, semoventi o no.


2.1
Le attrezzature di lavoro con lavoratore/i a bordo devono essere strutturate in modo tale da ridurre i rischi per il lavoratore/i durante lo spostamento. Deve essere previsto anche il rischio che il lavoratore venga a contatto con le ruote o i cingoli o vi finisca intrappolato.

2.4
Le attrezzature di lavoro mobili con lavoratore/i a bordo devono limitare, nelle condizioni di utilizzazione reali, i rischi derivanti da un ribaltamento dell’attrezzatura di lavoro:
- mediante una struttura di protezione che impedisca all’attrezzatura di ribaltarsi di più di un quarto di giro,
- ovvero mediante una struttura che garantisca uno spazio sufficiente attorno al lavoratore o ai lavoratori trasportati a bordo qualora il movimento possa continuare oltre un quarto di giro,
- ovvero mediante qualsiasi altro dispositivo di portata equivalente.
Queste strutture di protezione possono essere integrate all’attrezzatura di lavoro. Queste strutture di protezione non sono obbligatorie se l’attrezzatura di lavoro è stabilizzata durante tutto il periodo d’uso, oppure se l’attrezzatura di lavoro è concepita in modo da escludere qualsiasi ribaltamento della stessa. Se sussiste il pericolo che in caso di ribaltamento, il lavoratore o i lavoratori trasportati rimangano schiacciati tra parti dell’attrezzatura di lavoro e il suolo, deve essere installato un sistema di ritenzione.

2.5
I carrelli elevatori su cui prendono posto uno o più lavoratori devono essere sistemati o attrezzati in modo da limitarne i rischi di ribaltamento, ad esempio,
- istallando una cabina per il conducente,
- mediante una struttura atta ad impedire il ribaltamento del carrello elevatore,
- mediante una struttura concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, uno spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo,
- mediante una struttura che trattenga il lavoratore o i lavoratori sul sedile del posto di guida per evitare che, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati da parti del carrello stesso

2.6
Le attrezzature di lavoro mobili semoventi il cui spostamento può comportare rischi per le persone devono soddisfare le seguenti condizioni:
a. esse devono essere dotate dei mezzi necessari per evitare la messa in moto non autorizzata;
b. esse devono essere dotate dei mezzi appropriati che consentano di ridurre al minimo le conseguenze di un’eventuale collisione in caso di movimento simultaneo di più attrezzature di lavoro circolanti su rotaia;
c. esse devono essere dotate di un dispositivo che consenta la frenatura e l’arresto; qualora considerazioni di sicurezza l’impongano, un dispositivo di emergenza con comandi facilmente accessibili o automatici deve consentire la frenatura e l’arresto in caso di guasto del dispositivo principale;
d. quando il campo di visione diretto del conducente è insufficiente per garantire la sicurezza, esse devono essere dotate di dispositivi ausiliari per migliorare la visibilità;
e. le attrezzature di lavoro per le quali è previsto un uso notturno o in luoghi bui devono incorporare un dispositivo di illuminazione adeguato al lavoro da svolgere e garantire sufficiente sicurezza ai lavoratori;
f. le attrezzature di lavoro che comportano, di per sé o a causa dei loro traini e/o carichi, un rischio di incendio suscettibile di mettere in pericolo i lavoratori, devono essere dotate di appropriati dispositivi antincendio a meno che tali dispositivi non si trovino già ad una distanza sufficientemente ravvicinata sul luogo in cui esse sono usate;
g. le attrezzature di lavoro telecomandate devono arrestarsi automaticamente se escono dal campo di controllo;
h. le attrezzature di lavoro telecomandate che, usate in condizioni normali, possono comportare rischi di urto o di intrappolamento dei lavoratori, devono essere dotate di dispositivi di protezione contro tali rischi, a meno che non siano installati altri dispositivi per controllare il rischio di urto.

2.12
I serbatoi del carburante liquido e le bombole dei gas compressi destinati all'azionamento dei veicoli devono essere sistemati in modo sicuro e protetti contro le sorgenti di calore e contro gli urti

3. Prescrizioni applicabili alle attrezzature di lavoro adibite al sollevamento, al trasporto o all'immagazzinamento di carichi.

3.1
Prescrizioni generali

3.1.1
Le attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di carichi installate stabilmente devono essere costruite in modo da assicurare la solidità e la stabilità durante l'uso tenendo in considerazione innanzi tutto i carichi da sollevare e le sollecitazioni che agiscono sui punti di sospensione o di ancoraggio alle strutture.

3.1.3
Le macchine adibite al sollevamento di carichi, escluse quelle azionate a mano, devono recare un'indicazione chiaramente visibile del loro carico nominale e, all'occorrenza, una targa di carico indicante il carico nominale di ogni singola configurazione della macchina.

3.1.4
Le attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di carichi installate stabilmente devono essere disposte in modo tale da ridurre il rischio che i carichi:
a) urtino le persone,
b) in modo involontario derivino pericolosamente o precipitino in caduta libera, ovvero
c) siano sganciati involontariamente.

3.1.5
I mezzi di sollevamento e di trasporto devono essere provvisti di dispositivi di frenatura atti ad assicurare il pronto arresto e la posizione di fermo del carico e del mezzo e, quando è necessario ai fini della sicurezza, a consentire la gradualità dell'arresto.

3.1.6
Nei casi in cui l'interruzione dell'energia di azionamento può comportare pericoli per le persone, i mezzi di sollevamento devono essere provvisti di dispositivi che provochino l'arresto automatico sia del mezzo che del carico.
In ogni caso l'arresto deve essere graduale onde evitare eccessive sollecitazioni nonché il sorgere di oscillazioni pericolose per la stabilità del carico.

3.1.7
I mezzi di sollevamento e di trasporto quando ricorrano specifiche  condizioni  di pericolo devono essere provvisti di appropriati dispositivi acustici e luminosi di segnalazione e di avvertimento, nonché di illuminazione del campo di manovra.

3.1.8
Gli apparecchi e gli impianti di sollevamento e di trasporto per trazione, provvisti di tamburi di avvolgimento e di pulegge di frizione, come pure di apparecchi di sollevamento a vite, devono essere muniti di dispositivi che impediscano:
a) l'avvolgimento e lo svolgimento delle funi o catene o la rotazione della vite, oltre le posizioni limite prestabilite ai fini della sicurezza  in  relazione  al  tipo  o  alle  condizioni d'uso dell'apparecchio (dispositivo di arresto automatico di fine corsa);
b) la fuoruscita delle funi o catene dalla sede dei tamburi e delle pulegge durante il normale funzionamento.
Sono esclusi dall'applicazione della disposizione di cui alla lettera a)  i piccoli apparecchi per i quali in relazione alle loro dimensioni, potenza, velocità e condizioni di uso, la mancanza dei dispositivi di arresto automatico di fine corsa non costituisca causa di pericolo.

3.1.9
I tamburi e le pulegge degli apparecchi ed impianti indicati al punto 3.1.8 devono avere le sedi delle funi e delle catene atte, per dimensioni e profilo, a permettere il libero e normale avvolgimento delle stesse funi o catene in modo da evitare accavallamenti o sollecitazioni anormali.
Quando per particolari esigenze vengono usati tamburi o pulegge in condizioni diverse da quelle previste dal comma precedente, devono essere impiegate funi o catene aventi dimensioni e resistenza adeguate alla maggiore sollecitazione a cui possono essere sottoposte

3.1.10
I tamburi e le pulegge motrici degli apparecchi ed impianti indicati nel punto 3.1.8. sui quali si avvolgono funi metalliche, salvo quanto previsto da disposizioni speciali, devono avere un diametro non inferiore a 25 volte il diametro delle funi ed a 300 volte il diametro dei fili elementari di queste. Per le pulegge di rinvio il diametro non deve essere inferiore rispettivamente a 20 e a 250 volte.

3.1.11
Le funi e le catene degli impianti e degli apparecchi di sollevamento e di trazione, salvo quanto previsto al riguardo dai regolamenti speciali, devono avere, in rapporto alla portata e allo sforzo massimo ammissibile, un coefficiente di sicurezza di almeno 6 per le funi metalliche, 10 per le funi composte di fibre e 5 per le catene.

3.1.13
I posti di manovra dei mezzi ed apparecchi di sollevamento e di trasporto devono:
a) potersi raggiungere senza pericolo;
b) essere costruiti o difesi in modo da consentire l'esecuzione delle manovre, i movimenti e la sosta, in condizioni di sicurezza;
c) permettere la perfetta visibilità di tutta la zona di azione del mezzo.

3.1.14
Gli organi di comando dei mezzi di sollevamento e di trasporto devono essere collocati in posizione tale che il loro azionamento risulti agevole e portare la chiara indicazione delle manovre a cui servono.
Gli stessi organi devono essere conformati, protetti o disposti in modo da impedire la messa in moto accidentale.

3.1.15
Le modalità di impiego degli apparecchi di sollevamento e di trasporto ed i segnali prestabiliti per l'esecuzione delle manovre devono essere richiamati mediante avvisi chiaramente leggibili.

4. Prescrizioni applicabili alle attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di persone e di persone e cose.

4.1
Le macchine per il sollevamento o lo spostamento di persone devono essere di natura tale:
a) da evitare i rischi di caduta dall'abitacolo, se esiste, per mezzo di dispositivi appropriati;
b) da evitare per l'utilizzatore qualsiasi rischio di caduta fuori dell'abitacolo, se esiste;
c)  da  escludere  qualsiasi  rischio  di  schiacciamento,  di intrappolamento oppure di urto dell'utilizzatore, in particolare i rischi dovuti a collisione accidentale;
d) da garantire che i lavoratori bloccati in caso di incidente nell'abitacolo non siano esposti ad alcun pericolo e possano essere liberati.
Qualora, per ragioni inerenti al cantiere e al dislivello da superare, i rischi di cui alla precedente lettera a) non possano essere evitati per mezzo di un dispositivo particolare, dovrà essere installato un cavo con coefficiente di sicurezza rinforzato e il suo buono stato dovrà essere verificato ad ogni giornata di lavoro.
_______

UNI EN ISO 3691-1:2020
Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifica - Parte 1: Carrelli industriali motorizzati, esclusi quelli senza conducente, i telescopici e i trasportatori per carichi (ISO 3691-1:2015+AMD 2020)

Data entrata in vigore: 02 luglio 2020
 
La presente parte della UNI EN ISO 3691 fornisce requisiti di sicurezza e i mezzi per la verifica dei seguenti tipi di carrelli industriali motorizzati come definito nella UNI ISO 5053:
- carrelli industriali elevatori controbilanciati con forche a sbalzo;
- carrelli con sollevatore retrattile o con piastra porta forche retrattile;
- carrelli elevatori con forche fra i longheroni;
- carrelli elevatori a forche ricoprenti;
- carrelli elevatori a pianale ad alto sollevamento;
- carrelli con posto di guida elevabile fino a 1 200 mm;
- carrelli elevatori a presa unilaterale;
- carrelli elevatori a presa bilaterale ed a presa frontale e laterale;
- carrelli per pallet (transpallets);
- carrelli elevatori bidirezionali e multi direzionali;
- carrelli trattori con forza di traino fino a 20.000 N, compresi;
- carrelli elevatori fuoristrada;
- carrelli industriali alimentati a batteria, a gasolio, benzina o GPL (gas di petrolio liquefatto).
_______

Norme EN (non esaustivo) / aggiornate 08.2023

EN 1175-1:1998+A1:2010 Sicurezza dei carrelli industriali - Requisiti elettrici - Requisiti generali per carrelli alimentati a batteria
EN 1175-2:1998+A1:2010Sicurezza dei carrelli industriali - Requisiti elettrici - Requisiti generali per carrelli equipaggiati con motore a combustione interna
EN 1175-3:1998+A1:2010 Sicurezza dei carrelli industriali - Requisiti elettrici - Requisiti specifici per sistemi a trasmissione elettrica dei carrelli equipaggiati con motore a combustione interna

Sostituite da EN 1175:2020

UNI EN 1459-1:2020 Carrelli elevatori fuoristrada - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 1: Carrelli a braccio telescopico
UNI EN 1459-2:2019 Carrelli elevatori fuoristrada - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 2: Carrelli a braccio telescopico rotante
UNI EN 1459-3:2015 Carrelli elevatori fuoristrada - Requisiti di sicurezza e verifica - Parte 3: Interfaccia tra il carrello elevatore telescopico e la piattaforma di lavoro
UNI EN 1459-4:2021 Carrelli elevatori fuoristrada - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 4:Requisiti aggiuntivi per i carrelli a braccio telescopico che movimentano carichi sospesi
UNI EN 1459-5:2021 Carrelli elevatori fuoristrada - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 5: Interfaccia per l'attrezzatura
UNI CEN/TS 1459-8:2018 Carrelli elevatori fuoristrada - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 8: Trattori agricoli a braccio telescopico
UNI EN 1459-9:2021 Carrelli elevatori fuoristrada - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 9: Carrelli a braccio telescopico attrezzati con piattaforme di lavoro con protezione anteriore che può essere aperta
EN 1526:2008 Sicurezza dei carrelli industriali - Requisiti aggiuntivi per funzioni automatiche sui carrelli
EN 1755:2015 Sicurezza dei carrelli industriali - Impiego in atmosfere potenzialmente esplosive - Utilizzo in presenza di gas, vapori, nebbie e polveri infiammabili
EN ISO 3691-1:2020 Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifica - Parte 1: Carrelli industriali motorizzati, esclusi quelli senza conducente, i telescopici e i trasportatori per carichi
EN ISO 3691-2:2023 Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifiche Parte 2 : Carrelli industriali a braccio telescopico
EN ISO 3691-3:2023 Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 3: Requisiti supplementari per carrelli con posto di guida elevabile e carrelli specificatamente progettati per circolare con carichi elevati
EN ISO 3691-4:2023 Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 4: Carrelli industriali senza guidatore a bordo e loro sistemi
EN ISO 3691-5:2020 Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 5: Carrello elevatore con operatore a piedi
UEN ISO 3691-6:2022 Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 6: Carrello trasportatore per carichi e persone
EN 16203:2014 Sicurezza dei carrelli industriali - Prove dinamiche per la verifica della stabilità laterale - Carrelli controbilanciati
EN 16307-1:2020 Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 1: Requisiti supplementari per carrelli industriali motorizzati, esclusi quelli senza conducente, i telescopici e i trasportatori per carichi
EN 16307-2:2023 Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 2 : Requisiti supplementari per carrelli industriali a braccio telescopico
EN 16307-3:2023 Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 3: Requisiti supplementari per carrelli con posto di guida elevabile e carrelli specificatamente progettati per circolare con carichi elevati (requisiti aggiuntivi alla EN 16307-1)
EN 16307-5:2013 Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 5: Requisiti supplementari per carrelli spinti manualmente
EN 16307-6:2014 Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 6: Requisiti supplementari per carrelli trasportatori per carichi e persone
EN 16842-1:2019 Carrelli industriali semoventi - Visibilità - Metodi di prova e verifica - Parte 1: Requisiti generali
EN 16203:2014 Sicurezza dei carrelli industriali - Prove dinamiche per la verifica della stabilità laterale - Carrelli controbilanciati
EN 12053:2008 Sicurezza dei carrelli industriali - Metodi di prova per la misu azione delle emissioni di rumore
EN 12895:2019 Carrelli industriali - Compatibilità elettromagnetica
EN 13059:2008 Sicurezza dei carrelli industriali - Metodi di prova per la misurazione delle vibrazioni
EN 15000:2008 Sicurezza dei carrelli industriali - Carrelli semoventi a braccio telescopico - Specifiche, caratteristiche e requisiti di prova per gli indicatori e i limitatori del momento del carico longitudinale
EN 16796-1:2017 Carrelli industriali - Efficienza energetica dei carrelli industriali – Metodi di prova - Parte 1: Generalità
EN 16796-2:2017 Carrelli industriali - Efficienza energetica dei carrelli industriali – Metodi di prova – Parte 2: Carrelli semoventi, carrelli trattore e carrelli trasportatori per carichi controllati da un operatore
EN 16796-3:2017 Carrelli industriali - Efficienza energetica dei carrelli industriali – Metodi di prova - Parte 3: Carrelli elevatori portacontainer
EN 16796-4:2019 Carrelli industriali - Efficienza energetica dei carrelli industriali - Metodi di prova - Parte 4: Carrelli elevatori fuoristrada a braccio telescopico
EN 16796-6:2020 Carrelli industriali - Efficienza energetica dei carrelli industriali - Metodi di prova - Parte 6: Carrello elevatore ed impilatore a portale
EN ISO 21281:2005 Costruzione e disposizione dei pedali dei carrelli semoventi per movimentazione con operatore seduto - Regole per la costruzione e la disposizione dei pedali

Norme UNI - UNI/ISO (non esaustivo) / aggiornate 08.2023

UNI ISO 1044:2012 - Carrelli industriali - Batterie di trazione al piombo per carrelli elettrici - Tensioni preferite
UNI ISO 1756:2012 - Carrelli industriali - Dimensioni dei bancali - Sagoma di collegamento
UNI ISO 3691:1983 - Carrelli industriali semoventi. Codice di sicurezza.
UNI ISO 5053-1:2020 - Carrelli industriali - Terminologia e classificazione - Parte 1: Tipi di carrelli industriali
UNI ISO 5057:2000 - Carrelli industriali - Controllo e riparazione dei bracci di forca in servizio sui carrelli elevatori a forche
UNI ISO 6055:2007 - Carrelli industriali - Tetto di protezione del guidatore - Prescrizioni e prove
UNI ISO 6292:2020 - Carrelli industriali semoventi e trattori industriali - Capacità di frenatura e resistenza degli elementi del freno
UNI EN 12053:2008 - Sicurezza dei carrelli industriali - Metodi di prova per la misurazione delle emissioni di rumore
UNI EN 13490:2009 - Vibrazioni meccaniche - Carrelli industriali - Valutazione in laboratorio e specifica delle vibrazioni trasmesse all'operatore dal sedile
UNI ISO 13562-1:2012 Carrelli industriali telescopici - Parte 1: Prove di stabilità
UNI ISO 13563-2:2012 Carrelli elevatori a presa unilaterale - Parte 2: Prove supplementari di stabilità per carrelli che movimentano containers di lunghezza maggiore o uguale a 6 m 
UNI ISO 15871:2012 - Carrelli industriali - Specifiche per indicatori luminosi per movimentazione di container ed operazioni di dispositivi di aggancio
UNI ISO 20898:2009 - Carrelli industriali - Requisiti elettrici
UNI ISO 22915-1:2020 - Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 1: Generalità
UNI ISO 22915-2:2020 - Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 2: Carrelli controbilanciati dotati di sollevatore
UNI ISO 22915-3:2022 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 3: Carrelli retrattili e carrelli a forche tra i longheroni
UNI ISO 22915-4:2020 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 4: Impilatori, doppi impilatori e commissionatori con posizione dell'operatore elevabile fino a un'altezza di sollevamento di 1200 mm compresi
UNI ISO 22915-5:2020 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 5: Carrelli a presa unilaterale
UNI ISO 22915-7:2020 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 7: Carrelli bidirezionali e multidirezionali
UNI ISO 22915-8:2020 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 8: Verifica supplementare di stabilità per carrelli che operano in condizioni speciali di impilamento con il sollevatore inclinato in avanti e carico elevato
UNI ISO 22915-9:2020 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 9: Carrelli controbilanciati con sollevatore per la movimentazione di container di lunghezza pari o maggiore di 6 m
UNI ISO 22915-10:2009 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 10: Verifica supplementare di stabilità per carrelli che operano in condizioni speciali di impilamento con il carico disposto decentrato da dispositivi motorizzati
UNI ISO 22915-11:2020 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 11: Carrelli industrial telescopici
UNI ISO 22915-12:2020 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 12: Carrelli industriali telescopici per la movimentazione di container di lunghezza pari o maggiore di 6 m
UNI ISO 22915-13:2021 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 13: Carrelli elevatori fuoristrada dotati di sollevatore
UNI ISO 22915-15:2020 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 15: Carrelli controbilanciati con sterzatura articolata
UNI ISO 22915-16:2020 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 16: Carrelli con operatore a piedi
UNI ISO 22915-17:2020 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 17: Carrelli trattori e carrelli trasportatori per carichi e persone
UNI ISO 22915-20:2009 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 20: Verifica supplementare di stabilità per carrelli che operano in condizioni speciali con carico decentrato, decentramento determinato dall'utilizzo
UNI ISO 22915-21:2020 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 21: Commissionatori verticali con elevazione dell'operatore oltre 1 200 mm
UNI ISO 22915-22:2021 Carrelli industriali - Verifica della stabilità - Parte 22: Carrelli elevatori a presa frontale e laterale con e senza posto di guida elevabile
UNI ISO 24134:2019 - Carrelli industriali - Requisiti aggiuntivi per funzioni automatiche sui carrelli
UNI ISO 24135-1:2012 - Carrelli industriali - Specifiche e metodi di prova per i sistemi di trattenuta dell'operatore - Parte 1: Cinture di sicurezza addominali
UNI ISO/TR 29944:2012 - Carrelli industriali semoventi e trattori industriali - Capacità di frenatura - Determinazione delle procedure di misurazione
ISO/TS 3691-7:2011 Industrial trucks - Safety requirements and verification Regional requirements for countries within the European Community
ISO/TS 3691-8:2019 Industrial trucks - Safety requirements and verification Regional requirements for countries outside the European Community

Carrelli industriali semoventi. Codice di sicurezza

Ad oggi ancora in vigore

UNI ISO 3691:1983 Carrelli industriali semoventi. Codice di sicurezza.

Versione in lingua italiana della ISO 3691 (edizione nov. 1980), adottata senza varianti. Specifica le regole di sicurezza per la costruzione, l'impiego, la manovra e la manutenzione di carrelli industriali semoventi. Appendice: esempio di un modulo di verifica.

LINEE GUIDA ISPESL - 2006
Linee guida per il controllo periodico dello stato di manutenzione ed efficienza dei carrelli elevatori e delle relative attrezzature

Certifico Srl - IT Rev. 1.0 2023
Formato: PDF/CEM

Matrice revisioni

Rev. Data Oggetto Autore
1.0 Agosto 2023 Aggiornamento normativo Certifico Srl
o.o Giugno 2017 --- Certifico Srl

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Malprof | Invecchiamento della popolazione attiva

ID 20596 | | Visite: 2161 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Malprof   Invecchiamento della popolazione attiva

Malprof | Invecchiamento della popolazione attiva

ID 20596 | 16.10.2023 / In allegato

Malprof, Invecchiamento della popolazione attiva: una lettura del fenomeno a partire dai dati del sistema Malprof

L’Oms definisce come lavoratore che invecchia (aging o ageing) colui che ha superato l’età di 45 anni e come lavoratore anziano (aged) chi ha oltre 55 anni.

I lavoratori anziani sono una parte crescente della forza lavoro. Dal momento che si lavora più a lungo, la gestione della SSL per una forza lavoro in età avanzata è divenuta una priorità. L’aumento dei livelli di occupazione e il prolungamento della vita lavorativa delle persone rappresentano importanti obiettivi delle politiche nazionali ed europee.

In questa scheda vengono integrati i dati Istat sulla distribuzione della popolazione e dei lavoratori per età con i dati sulle malattie professionali derivanti dal sistema di sorveglianza Malprof che registra le malattie correlate al lavoro rilevate dai Dipartimenti di Prevenzione del Servizio Sanitario Nazionale italiano, e viene effettuata un’analisi dei dati in relazione alle attività che possono aver provocato l’insorgenza di specifiche patologie nei lavoratori anziani. Attraverso i PRR (prevalence ratio) viene, inoltre, stimata la misura di associazione tra la frequenza delle diverse malattie e l’età. L’analisi dei dati tiene conto anche della differenza di genere.

...

Fonte: INAIL

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Monitoraggio biologico dell’esposizione occupazionale a benzene

ID 20549 | | Visite: 2697 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Monitoraggio biologico dell esposizione occupazionale a benzene

Monitoraggio biologico dell’esposizione occupazionale a benzene

ID 20549 | 10.10.2023 / In allegato

Monitoraggio biologico dell’esposizione occupazionale a benzene e relativo valore limite biologico, alla luce della nuova direttiva cancerogeni UE 431/22

Il benzene è un inquinante volatile ubiquitario, classificato come cancerogeno per l'uomo con ematotossicità (IARC - classe 1), può essere assorbito anche attraverso la cute.

La Direttiva 431/22 che entrerà in vigore nel 2024 sottolinea la necessità di considerare vie di assorbimento diverse da quella inalatoria, come quella cutanea, e sottolinea l’importanza del Monitoraggio Biologico per garantire il miglior livello di protezione possibile; proprio in considerazione del nuovo valore limite per il benzene stabilito nella Direttiva 431/22 pari a 0,2 ppm a partire dal 2026, e quindi dei valori sensibilmente più bassi per il valore limite biologico di esposizione a Benzene, la scelta della metodica analitica diventa cruciale, al fine di valutare correttamente il livello di esposizione e, quindi, di rischio associato, e di poterlo correlare con i dati ambientali.

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Fonte: INAIL

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Interpello n. 3/2011 / Formazione in assetto lavorativo attività di produzione e vendita di beni e servizi

ID 20584 | | Visite: 1226 | Interpelli Sicurezza lavoro

Interpello n. 3/2011 / Formazione in assetto lavorativo attività di produzione e vendita di beni e servizi

ID 20584 | 13.10.2023 / In allegato

Interpello n. 3/2011 del 2 febbraio 2011 

Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – formazione in assetto lavorativo nell’ambito di attività di produzione e vendita di beni e servizi – enti di istruzione e formazione professionale regionali. 

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Allegato riservato Interpello n. 3 2011 del 2 febbraio 2011.pdf
 
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Circolare MLPS n. 3 del 15 gennaio 2004

ID 20582 | | Visite: 1291 | Circolari Sicurezza lavoro

Circolare MLPS n. 3 del 15 gennaio 2004

Modifica dell'articolo 3 del decreto legge 22 marzo 1993, n. 71 (articolo 10, legge 14 febbraio 2003, n. 30
______

Decreto Legge 22 marzo 1993, n. 71

Art. 3 Benefici alle imprese artigiane, commerciali e del turismo.

1. Per le imprese artigiane, commerciali e del turismo rientranti nella sfera di applicazione degli accordi e contratti collettivi nazionali, regionali e territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, il riconoscimento di benefici normativi e contributivi e' subordinato all'integrale rispetto degli accordi e contratti citati, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale.
______

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Modello Piano Operativo Sicurezza POS compilabile

ID 174 | | Visite: 571032 | Documenti Riservati Sicurezza

POS Piano operativo sicurezza dlgs 81 2008

Modello Piano Operativo di Sicurezza POS compilabile / Update Gennaio 2023

ID 00174 | Rev. 3.0 del 30.01.2023 (Rev. 4a) / Modello in allegato

Il Piano Operativo di Sicurezza (P.O.S.) è il documento che un datore di lavoro deve redigere prima di iniziare le attività operative in un cantiere temporaneo o mobile di cui all'articolo 89, lettera h ed i cui contenuti minimi sono indicati nell'Allegato XV.

Download Preview POS Rev. 3.0 2023

Update Rev. 3.0 2023

1. Aggiornato intero documento

Update Rev. 2.0 2022

1. Comunicazione Preposto al committente
2. Comunicazione Lavoratori autonomi

Update Rev. 1.0 2019

1. aggiornate le norme di riferimento
2. compilazione del Modello facilitata da suggerimenti presenti nel testo.
3. aggiornata la struttura grafica

Il Piano Operativo di Sicurezza (POS), è il documento che il DL deve redigere prima di iniziare le attività operative in un cantiere esterno, contiene informazioni afferenti l'organizzazione del cantiere e l'esecuzione dei lavori, i mezzi e le attrezzature e la valutazione dei rischi. Deve essere sviluppato secondo i contenuti previsti nel Titolo IV - allegato XV.

Il DL dell'impresa esecutrice, consegnerà, il POS, al DL affidatario e quest'ultimo lo trasmetterà al CSE (Coordinatore della Sicurezza per l'esecuzione).

Indice

Premessa
Parte 1 dati generali del cantiere
Parte 2 dati identificativi dell'impresa esecutrice
Parte 3 specifiche mansioni inerenti la sicurezza
Parte 4 descrizione dell'attività di cantiere
Parte 5 descrizione delle modalità organizzative
Parte 6 elenco dei ponteggi, delle macchine, attrezzature ed impianti
Parte 7 elenco delle sostanze e preparati pericolosi
Parte 8 elenco dei dispositivi di protezione individuale
Parte 9 esiti dei rapporti di valutazione del rumore e delle vibrazioni
Parte 10 macroclima
Parte 11 procedure complementari e di dettaglio richieste dal PSC (quando previsto)
Parte 12 documentazione in merito all’informazione e formazione fornite ai lavoratori occupati in cantiere
Parte 13 valutazione dei rischi del cantiere
Allegato 1: Comunicazione Preposti al Committente
Allegato 2: Certificati di conformita’ macchine, impianti, apparecchi di sollevamento, etc.           
Allegato 3: Schede di sicurezza delle sostanze e miscele pericolose       
Allegato 4: Esiti dei rapporti di valutazione del rumore e/o vibrazioni
Appendice normativa
Fonti

D.Lgs. 81/2008

Art. 89. Definizioni

h) piano operativo di sicurezza: il documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti sono riportati nell'allegato XV;
...

Art. 96. Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

1. I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti:

a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui all'allegato XIII;

b) predispongono l'accesso e la recinzione del cantiere con modalità chiaramente visibili e individuabili;

c) curano la disposizione o l'accatastamento di materiali o attrezzature in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento;

d) curano la protezione dei lavoratori contro le influenze atmosferiche che possono compromettere la loro sicurezza e la loro salute;

e) curano le condizioni di rimozione dei materiali pericolosi, previo, se del caso, coordinamento con il committente o il responsabile dei lavori;

f) curano che lo stoccaggio e l'evacuazione dei detriti e delle macerie avvengano correttamente;

g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 89, comma 1, lettera h).

1-bis. La previsione di cui al comma 1, lettera g), non si applica alle mere forniture di materiali o attrezzature. In tali casi trovano comunque applicazione le disposizioni di cui all'articolo 26.

2. L'accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delle imprese del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100, nonché la redazione del piano operativo di sicurezza costituiscono, limitatamente al singolo cantiere interessato, adempimento alle disposizioni di cui all'articolo 17 comma 1, lettera a), all'articolo 26, commi 1, lettera b), 2, 3, e 5, e all'articolo 29, comma 3. 

POS Adempimento al singolo cantiere interessato:

Art. 17. Obblighi del datore di lavoro non delegabili

1. Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività:
a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28

Art. 26. Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione

1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo:
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori:
a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.

3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze ovvero individuando, limitatamente ai settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali di cui all’articolo 29, comma 6-ter, con riferimento sia all’attività del datore di lavoro committente sia alle attività dell’impresa appaltatrice e dei lavoratori autonomi, un proprio incaricato, in possesso di formazione, esperienza e competenza professionali, adeguate e specifiche in relazione all’incarico conferito, nonché di periodico aggiornamento e di conoscenza diretta dell’ambiente di lavoro, per sovrintendere a tali cooperazione e coordinamento. In caso di redazione del documento esso è allegato al contratto di appalto o di opera e deve essere adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture. A tali dati accedono il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Dell’individuazione dell’incaricato di cui al primo periodo o della sua sostituzione deve essere data immediata evidenza nel contratto di appalto o di opera. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Nell’ambito di applicazione del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, tale documento è redatto, ai fini dell’affidamento del contratto, dal soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dello specifico appalto.
...

5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni. I costi di cui primo periodo non sono soggetti a ribasso. Con riferimento ai contratti di cui al precedente periodo stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

Art. 29. Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi
...
3. La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali.
Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

Modello POS 2013   01
...
Modello POS 2013   05

Allegato XV
...

3.2. - Contenuti minimi del piano operativo di sicurezza

3.2.1. Il POS é redatto a cura di ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici, ai sensi dell’articolo 17 del presente Decreto, e successive modificazioni, in riferimento al singolo cantiere interessato; esso contiene almeno i seguenti elementi:

a) i dati identificativi dell’impresa esecutrice, che comprendono:

1) il nominativo del datore di lavoro, gli indirizzi ed i riferimenti telefonici della sede legale e degli uffici di cantiere;

2) la specifica attività e le singole lavorazioni svolte in cantiere dall’impresa esecutrice e dai lavoratori autonomi subaffidatari;

3) i nominativi degli addetti al pronto soccorso, antincendio ed evacuazione dei lavoratori e, comunque, alla gestione delle emergenze in cantiere, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, aziendale o territoriale, ove eletto o designato;

4) il nominativo del medico competente ove previsto;

5) il nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione;

6) i nominativi del direttore tecnico di cantiere e del capocantiere;

7) il numero e le relative qualifiche dei lavoratori dipendenti dell’impresa esecutrice e dei lavoratori autonomi operanti in cantiere per conto della stessa impresa;

b) le specifiche mansioni, inerenti la sicurezza, svolte in cantiere da ogni figura nominata allo scopo dall’impresa esecutrice[…]


...
segue in allegato

Certifico Srl - IT Rev. 3.0 2023
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Matrice revisioni:

Rev.  Data Oggetto Autore
3.0 30.01.2023 1. Aggiornato intero documento Certifico S.r.l.
2.0 07.02.2022 DL 21 ottobre 2021 n. 146
1. Comunicazione Preposto al committente
2. Comunicazione lavoratori autonomi
Certifico S.r.l.
1.0 04.09.2019 Normativo
Miglioramenti grafici
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0.0 03.11.2016 --- Certifico S.r.l.

Formato: doc

Acquista Documento singolo
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MODELLO SEMPLIFICATO POS: In ALTERNATIVA AL POS CLASSICO

Modelli semplificati per la redazione del piano operativo di sicurezza (POS), del piano di sicurezza e di coordinamento (PSC) e del fascicolo dell'opera (FO) nonché del piano di sicurezza sostitutivo (PSS)

Decreto Interministeriale 9 Settembre 2014

Con decreto interministeriale, ex articolo 104-bis del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 ed ex articolo 131, comma 2-bis del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono stati individuati i modelli semplificati per la redazione del piano operativo di sicurezza, del piano di sicurezza e di coordinamento e del fascicolo dell'opera nonché del piano di sicurezza sostitutivo.

GU n. 212 del 12 settembre 2014.

Ferma restando l'integrale applicazione delle previsioni di cui al Titolo IV (Art. 89) del dlgs. n. 81 del 2008, i datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici possono predisporre il POS utilizzando il modello semplificato di cui all'allegato I al presente decreto.

MODELLI SEMPLIFICATI POS | PSC | PSS | FO

Modelli semplificati di:
POS -  Piano Operativo dl Sicurezza
PSC - Piano di Sicurezza e Coordinamento
PSS - Piano di Sicurezza Sostitutivo
FO - Fascicolo dell’Opera

Elaborati in accordo con il Decreto Interministeriale 9 settembre 2014

Modelli semplificati per la redazione del piano operativo di sicurezza (POS), del piano di sicurezza e di coordinamento (PSC) e del fascicolo dell'opera (FO) nonché del piano di sicurezza sostitutivo (PSS).

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Code of Practice for Working in Confined Spaces

ID 20499 | | Visite: 2978 | Documenti Sicurezza Enti

Code of Practice for Working in Confined Spaces

Code of Practice for Working in Confined Spaces HSA IE Ireland 2017 (Regulations 2001)

ID 20449 | 02.10.2023 / Documenti allegati

This code of practice is intended to provide practical guidance on safe work in confined spaces and is operational from 1st May 2017.

Confined spaces are significantly more hazardous than normal workplaces and the hazards involved are always exacerbated by the enclosed nature of the confined space. A seemingly insignificant error or oversight while working in a confined space can result in a tragic accident.  

Attachment:

- Example of a Permit-to-Work Form for Work in Confined Spaces
- Code of Practice for Working in Confined Spaces
- Safety, Health and Welfare At Work (Confined Spaces) Regulations, 2001
- Safety, Health and Welfare at Work Act 2005
_______

This code of practice is published by the Health and Safety Authority under Section 60 of the Safety, Health and Welfare at Work Act 2005 and with the consent of the Minister of State at the Department of Jobs, Enterprise and Innovation.

The code is intended to provide practical guidance on safe work in confined spaces in accordance with the Safety, Health and Welfare at Work (Confined Spaces) Regulations 2001. The text of the Regulations is reproduced at Appendix 3.

A failure to observe any part of this code will not of itself render a person liable to civil or criminal proceedings. Where the code of practice gives practical guidance on the observance of any of the relevant statutory provisions then compliance or non-compliance with those provisions of the code may be admissible in evidence in any
criminal proceedings.

You may use alternative methods to those set out in the code in order to comply with the law.

However, the special legal status accorded to the code means that if you are prosecuted for breach of health and safety law, and it is proved that you did not follow the relevant provisions of the code, you will need to show that you have complied with the law in some other way or a court will find you at fault.

This code applies to all places of work, across all industry sectors, where confined spaces occur or are liable to occur.

Note 1: References to other Enactments

This Code of Practice should be read in conjunction with the Safety, Health and Welfare at Work (Confined Spaces) Regulations 2001 (S.I. No. 218 of 2001). Regulation 3 of those Regulations, relating to the application of the Regulations, provides as follows –

“3. (1) The provisions of Regulations 2, 4 and Part II of the Safety, Health and Welfare at Work (General Application) Regulations 1993 (S.I. No. 44 of 1993) shall apply in full to the application of the provisions of these Regulations.”

However, since the revocation of Regulations 2, 4 and Part II of the Safety, Health and Welfare at Work (General Application) Regulations 1993 by the Safety, Health and Welfare at Work (General Application)(Amendment)(Revocation) Regulations 2005 (S.I. No. 392 of 2005) and by Regulation 3 (o) of the Safety, Health and Welfare at Work (General Application) Regulations 2007 (S.I. No. 299 of 2007), the relevant references above should be read as references to the following corresponding replacement provisions of the Safety, Health and Welfare at Work Act 2005 (No. 10 of 2005)

– Section 2(1) – Interpretation - definitions of “fixed term employee”, “temporary employee” and “temporary employment business”, Section 8 – General Duties of Employer, Section 9 – Information for employees, Section 10 – Instruction, training and supervision of employees, Section 11 – Emergencies and serious and imminent dangers, Section 13 – Duties of Employee, Section 18 – Protective and Preventive Measures, Section 19 – Hazard identification and risk assessment, Section 20 – Safety Statement, Section 21 – Duty of employers to co-operate, Section 22 – Health Surveillance, Section 25 – Safety Representatives, Section 26 – Consultation and participation of employees, safety committees and Schedule 3 - General principles of Prevention.

Note 2: Confined Space Work in the Construction Sector

Notwithstanding the provisions of the Safety, Health and Welfare at Work (Confined Spaces) Regulations 2001 (S.I. No. 218 of 2001) and Regulation 79 of the Safety, Health and Welfare at Work (Construction) Regulations 2013 (S.I. No. 291 of 2013), relating to health hazards, attention is drawn to the provisions of Points 6.2 and 6.3 of Annex IV, Minimum Safety and Health Requirements for Construction Sites, of Council Directive 92/57/EEC of 24 June 1992 on the implementation of minimum safety and health
requirements at temporary or mobile construction sites, which provide as follows -

“6.2. If workers have to enter an area where the atmosphere is liable to contain a toxic or harmful substance or to have an insufficient oxygen level or to be inflammable, the
confined atmosphere must be monitored and appropriate steps taken to prevent any hazards.

6.3. A worker may not in any circumstances be exposed to a high-risk confined atmosphere.
He must at least be watched at all times from outside and all appropriate precautions must be taken to ensure that he can be assisted effectively and immediately”.
...
HSA Ireland

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Prevenzione incendi per attività ricettive turistico-alberghiere | INAIL 2023

ID 20328 | | Visite: 2820 | Prevenzione Incendi

Prevenzione incendi per attivit  ricettive turistico alberghiere INAIL 2023

Prevenzione incendi per attività ricettive turistico-alberghiere | INAIL 2023

ID 20328 | 05.09.2023 / In allegato

Nella presente pubblicazione viene affrontata la progettazione di un’attività ricettiva turistico-alberghiera, utilizzandone e confrontandone gli esiti risultanti, sia mediante il d.m. 9 aprile 1994 (regola tecnica verticale tradizionale pre Codice) che secondo la V.5, “nuova” regola tecnica verticale, che integra, in base alle proprie specificità, le imprescindibili e ineludibili indicazioni fornite dalla regola tecnica orizzontale costituita dal Codice.

La progettazione della sicurezza antincendio nelle attività soggette alle visite ed ai controlli dei Vigili del Fuoco, finalizzata alla riduzione della probabilità di insorgenza di un incendio e alla limitazione delle relative conseguenze, è sancita dal d.p.r. 1 agosto 2011 n. 151 e, se luoghi di lavoro, è assoggettata anche alle previsioni del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i. (Testo Unico sulla salute e sicurezza).

Tale progettazione si basa sulla preliminare valutazione del rischio d’incendio e può seguire un approccio progettuale di tipo prescrittivo o di tipo prestazionale.

La progettazione antincendio, nel rispetto della normativa vigente, può quindi essere effettuata elaborando soluzioni tecniche flessibili e aderenti alle specifiche caratteristiche ed esigenze delle attività esaminate (metodologia prestazionale).

In questo contesto si inserisce il “Codice di prevenzione incendi” (d.m. 3 agosto 2015 e s.m.i.) che si propone, privilegiando l’approccio flessibile, come promotore del cambiamento e in grado di garantire standard di sicurezza antincendio elevati mediante un insieme di soluzioni progettuali, sia conformi che alternative.

In sostanza, il Codice rappresenta uno strumento finalizzato al raggiungimento degli obiettivi di sicurezza antincendio, caratterizzato da un linguaggio allineato con gli standard internazionali.

La strategia antincendio in esso descritta, in funzione dei livelli di prestazione scelti, garantisce i prefissati obiettivi di sicurezza, mediante l’adozione di diverse soluzioni progettuali, grazie all’apporto ed alla compresenza delle varie misure antincendio (approccio di tipo olistico).

A seguito dell’emanazione del Codice, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ha iniziato ad implementare la Sezione V (Regole tecniche verticali), che originariamente prevedeva solamente tre RTV (V.1 Aree a rischio specifico, V.2 Aree a rischio per atmosfere esplosive e V.3 Vani degli ascensori), emanando nel tempo una serie di ulteriori specifiche RTV mirando, nel lungo termine, a sostituire gradualmente l’attuale corpo normativo sugellando, a regime, il passaggio dall'approccio prescrittivo tradizionale a quello basato sulla ormai nota metodologia prestazionale del Codice, per tutte le attività normate.

_________

Indice

Introduzione
Obiettivi
Le differenze tra l’approccio prescrittivo e quello prestazionale
Il Codice di prevenzione incendi
Attività ricettive - la normativa applicabile
Il d.m. 9 aprile 1994 e s.m.i.
La Regola Tecnica Verticale V.5
Caso studio: Albergo ubicato in un edificio esistente

Descrizione
Contestualizzazione dell’attività in relazione alla prevenzione incendi
Progettazione antincendio con il d.m. 9 aprile 1994 e s.m.i.

Riferimenti normativi
Classificazione dell’attività
Ubicazione
Caratteristiche costruttive
Misure per l’evacuazione in caso di emergenza
Aree ed impianti a rischio specifico
Servizi tecnologici
Impianti elettrici
Sistemi di allarme
Mezzi ed impianti di estinzione degli incendi
Impianto di rivelazione e segnalazione degli incendi
Segnaletica di sicurezza
Gestione della sicurezza
Chiamata servizi di soccorso
Addestramento del personale
Registro dei controlli
Istruzioni di sicurezza

Problematiche inerenti l’applicazione della RTV tradizionale
Progettazione antincendio con il Codice di prevenzione incendi

Riferimenti normativi
Classificazione dell’attività
La metodologia generale
Reazione al fuoco
Resistenza al fuoco
Compartimentazione
Esodo
Gestione della sicurezza antincendio (GSA)
Controllo dell’incendio
Rivelazione ed allarme
Controllo fumi e calore
Operatività antincendio
Sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio
Sezione V - Regole tecniche verticali

Confronto tra gli esiti delle due progettazioni
Considerazioni a commento
Bibliografia
Fonti immagini

...

Fonte: INAIL

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INAIL 2023
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Dati INAIL 10/2023 - Infortuni sul lavoro 2022

ID 20559 | | Visite: 2957 | News Sicurezza

Dati INAIL 10 2023   Infortuni sul lavoro 2022

Dati INAIL 10/2023 - Infortuni sul lavoro 2022

ID 20559 | 11.10.2023 / In allegato

Infortuni sul lavoro 2022: pubblicati i dati consolidati - Infortuni mortali sul lavoro 2022: dati provvisori e consolidati - Malattie professionali, i dati ufficiali sul 2022 confermano l’aumento

Dopo la pubblicazione della Relazione annuale 2022, presentata il 4 ottobre dal commissario straordinario Fabrizio D’Ascenzo, nel nuovo numero del periodico Dati Inail la Consulenza statistico attuariale dell’Istituto approfondisce l’analisi degli ultimi dati semestrali sull’andamento infortunistico e tecnopatico, rilevati alla data dello scorso 30 aprile. L’incremento del 24,6% delle denunce di infortunio in complesso, passate dalle 564.412 del 2021 alle 703.432 del 2022, è dovuto quasi in ugual misura sia all’aumento dei contagi sul lavoro da Covid-19 (da circa 49mila a 120mila casi) sia agli infortuni “tradizionali”, che sono stati 68mila in più. Come evidenziato dalla Csa, l’anno scorso si è avuta una recrudescenza delle infezioni da Covid-19 di origine professionale, con un’incidenza media sul totale di tutti gli infortuni denunciati che è passata da una denuncia su 12 nel 2021 a una denuncia su sei nel 2022, mentre nel 2020 era stata di una denuncia su quattro. Al netto dei contagi, l’incremento degli infortuni denunciati a livello nazionale scenderebbe, quindi, dal +24,6% al +13,2%.

L’incremento riguarda sia i casi avvenuti in occasione di lavoro (+27%) sia quelli in itinere (+11%). L’aumento delle denunce registrato nel 2022 rispetto all’anno precedente è l’effetto di un incremento del 27,0% degli infortuni avvenuti in occasione di lavoro (da 480mila a quasi 610mila casi), modalità in cui si concentrano le denunce da contagio, e dell’11,0% di quelli occorsi in itinere, nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro (da 85mila a 94mila), complice il calo del ricorso al lavoro agile rilevato dall’Istat nel 2022 rispetto ai due anni precedenti. Nel confronto con il 2021, invece, sono rimasti stazionari gli infortuni per incidenti stradali in occasione di lavoro, con oltre 16mila casi che hanno visto coinvolti mezzi di trasporto di conducenti professionali, come camionisti e tassisti.

Nella Sanità e assistenza sociale +90,3%. All’incremento delle denunce ha contribuito soprattutto la gestione assicurativa dell’Industria e Servizi (+23,3%, da 473mila a 583mila denunce), seguita dal conto Stato (+45,9%, da quasi 65mila a 94mila), mentre l’Agricoltura ha registrato un decremento del 2,9% (da più di 27mila a oltre 26mila). Prendendo in considerazione i settori di attività più colpiti, al primo posto per i casi avvenuti in occasione di lavoro c’è la Sanità e assistenza sociale, salita dalle oltre 45mila denunce del 2021 alle circa 87mila del 2022 (+90,3%), dopo il picco di 103mila del 2020. Nei tre anni della pandemia, infatti, il personale sanitario è stato esposto a un elevato rischio di contagio, in un contesto caratterizzato anche da stress e ritmi lavorativi rilevanti.

Amministrazione pubblica e Trasporto e magazzinaggio gli altri settori di attività più colpiti. Tra gli altri settori di attività spicca l’Amministrazione pubblica, a partire dagli organismi preposti alla sanità come le Asl, che con quasi 17mila denunce (+66,7% rispetto al 2021) supera anche le 15mila del 2020. Seguono il Trasporto e magazzinaggio, con un incremento del 31,8% (da 42mila denunce a più di 55mila) e le Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (+23,8%, da 16mila a 20mila). Tra i pochi settori in calo, l’estrazione di minerali da cave e miniere (-12,5%), i servizi di informazione e comunicazione (-10,9%) e altri comparti manifatturieri con riduzioni inferiori al 10% (coke e petrolio, bevande, metallurgico, alimentare e mobile).

La quota femminile è pari al 40,5%. In ottica di genere, l’incremento rilevato tra il 2021 e il 2022 è legato sia alla componente femminile, che sale del 40,5% (da 206mila a 289mila denunce), sia a quella maschile, in aumento del 15,6% (da 359mila a 415mila), il tutto influenzato ancora una volta dai contagi, che anche l’anno scorso hanno coinvolto maggiormente le lavoratrici rispetto ai lavoratori. L’aumento ha interessato sia i lavoratori italiani (+25,8%), sia quelli extracomunitari (+20,6%) e comunitari (+15,6%), mentre le fasce di età con gli incrementi maggiori sono quelle degli under 20 (+46,5%), per i quali si rileva una ripresa delle denunce degli studenti tornati a frequentare le lezioni in presenza, e 60-69 anni (+34,6%).

Il calo dei casi mortali è dovuto esclusivamente alla forte riduzione delle infezioni letali da nuovo Coronavirus. Dall’analisi degli infortuni mortali, che richiede un supplemento di cautela perché, più di quelli in complesso, sono soggetti a una sostanziale provvisorietà e a un futuro consolidamento, emerge che la diminuzione rilevata tra il 2021 e il 2022 è dovuta interamente ai decessi causati dal Covid-19, che sono passati rispettivamente da 235 a otto casi. I 1.208 casi mortali denunciati l’anno scorso rappresentano il dato più basso del quinquennio 2018-2022, in diminuzione rispetto ai 1.425 del 2021 (-15,2%) e ai 1.709 del 2020 (-29,3%), anni fortemente influenzati dalla pandemia, ma inferiore anche al numero dei decessi denunciati nel biennio che ha preceduto l’emergenza sanitaria (1.292 nel 2018 e 1.235 nel 2019). Al netto dei decessi da nuovo Coronavirus, nel 2022 i casi mortali “tradizionali” risultano invece in aumento dello 0,8% rispetto all’anno precedente e del 14,2% rispetto al 2020, il cui dato è però fortemente condizionato dal blocco di molte attività nel periodo del lockdown e dal massiccio ricorso al lavoro agile.

Le Costruzioni al primo posto con 143 decessi. A differenza degli infortuni in complesso, la diminuzione dei decessi denunciati rilevata nel 2022 rispetto all’anno precedente è sintesi di un diverso andamento nelle modalità di accadimento dell’infortunio. I casi mortali in occasione di lavoro, infatti, sono diminuiti del 23,7% (da 1.147 a 875), soprattutto per effetto del calo dei contagi letali, mentre le denunce di decessi avvenuti in itinere sono aumentate da 278 a 333 (+19,8%). Tra i settori di attività economica si segnalano le Costruzioni con 143 casi mortali in occasione di lavoro (-23,1% rispetto al 2021), il Trasporto e magazzinaggio con 126 (-19,2%) e il Manifatturiero con 114 (-23,5%). Con 18 decessi, la Sanità e assistenza sociale è ancora in calo rispetto ai 26 casi del 2021 e, soprattutto, ai 142 denunciati nel 2020, nella fase più cruenta della pandemia.

Oltre sei morti su 10 nella fascia 45-64 anni. Il decremento rilevato nel confronto tra il 2021 e il 2022 riguarda sia i lavoratori (-15,4%) che le lavoratrici (–13,8%). Per le donne, in particolare, i casi mortali denunciati sono passati da 152 a 131, mentre quelli degli uomini sono stati 196 in meno, da 1.273 a 1.077. La quota di decessi femminili sul totale è del 10,8%, in linea con il 2021 ma inferiore all’11,3% del 2020, influenzato dall’esposizione al contagio di molte categorie ad alta presenza femminile come quelle sanitarie, ma ancora lievemente superiore a quella degli anni ante pandemia, quando era compresa tra l’8% e il 9%. Diminuiscono anche le denunce di infortunio mortale dei lavoratori italiani (da 1.205 a 970, -19,5%), mentre aumentano quelle degli extracomunitari (da 164 a 178, +8,5%) e comunitari (da 56 a 60, +7,1%). La classe 45-64 anni raccoglie quasi il 61% dei decessi, un terzo dei quali concentrati tra i 55-59enni.

Le malattie professionali denunciate in crescita del 9,9%. I dati ufficiali del 2022 confermano anche l’incremento delle malattie professionali, già emerso dalla rilevazione provvisoria di fine dicembre. Rispetto al 2021, infatti, si registrano 5.458 patologie denunciate in più, da 55.201 a 60.659, pari al + 9,9%. Si tratta, comunque, di un risultato atteso dopo la forte flessione delle denunce causata dalla pandemia che ha caratterizzato, rispetto al biennio pre-Covid, sia il 2020 (45mila denunce) sia, in minor misura, l’anno successivo. In quegli anni, come sottolinea la Csa, i servizi sanitari sono infatti stati riorganizzati per far fronte all’afflusso dei pazienti contagiati, con la conseguente sospensione o riduzione dei servizi sanitari non urgenti o specialistici. Questo, insieme alla paura di contrarre l’infezione in luoghi potenzialmente affollati come i presidi sanitari, ha sicuramente dissuaso i lavoratori dal ricorrere agli accertamenti necessari per la denuncia, con l’effetto quantomeno di rimandarne la presentazione all’Inail.

Nel 2019 raggiunto il picco dell’ultimo ventennio. Il dato del 2022 rappresenta un ritorno ai livelli ante-pandemia e si avvicina, in particolare, a quello registrato nel 2019, quando con 61.196 malattie professionali denunciate è stato raggiunto il valore più alto dell’ultimo ventennio. Riprende vigore, quindi, il trend in aumento iniziato nel 2008 con l’inserimento tra le patologie “tabellate” delle malattie dell’apparato muscolo-scheletrico da sovraccarico biomeccanico e movimenti ripetuti, che ha di fatto esonerato il lavoratore dall’onere della prova della loro origine lavorativa, favorendo l’emersione di patologie lavoro-correlate che fino ad allora erano rimaste “nascoste”.

Il 70% sono patologie muscolo-scheletriche. Le malattie muscolo-scheletriche sono ormai da anni quelle più denunciate e nel 2022 rappresentano quasi il 70% di tutti i casi, con 42mila denunce ripartite fondamentalmente tra “disturbi dei tessuti molli” (tendiniti, soprattutto alla spalla come la sindrome della cuffia dei rotatori e al gomito per epicondelite) e “dorsopatie” (disturbi, degenerazioni, ernie dei dischi intervertebrali). Seguono, a distanza, le “malattie del sistema nervoso” (sindromi del tunnel carpale in particolare), con oltre 7.500 denunce, e quelle “all’orecchio” (ipoacusie e sordità), con più di quattromila. L’83% delle denunce del 2022 riguarda l’Industria e servizi, con oltre la metà concentrata nei settori Manifatturiero e delle Costruzioni, seguiti dal Commercio e dai Trasporti e magazzinaggio, il 16% l’Agricoltura e l’1% il conto Stato. L’incidenza femminile sul totale delle patologie denunciate è stabile nel tempo e limitata al 26%, contro il circa 40% riscontrato tra gli infortunati e tra gli occupati, conseguenza del fatto che la malattia più denunciata, quella muscolo-scheletrica da sovraccarico bio-meccanico, è legata sostanzialmente ad attività lavorative fisicamente gravose, tradizionalmente a maggior presenza maschile.

...

Fonte: INAIL

Sicurezza e Prevenzione Incendi vie e uscite di emergenza

ID 6369 | | Visite: 428968 | Prevenzione Incendi

Sicurezza e Prevenzione Incendi vie e uscite di emergenza

Sicurezza e Prevenzione Incendi vie e uscite di emergenza / Update Ottobre 2023

ID 6369 | Update 05.10.2023 / Documento completo allegato

In allegato Documento Quadro normativo sulle vie e uscite di emergenza, in riferimento alle norme generali di sicurezza e prevenzione incendi (con note e circolari):

D.Lgs. 81/2008 Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (GU n. 101 del 30 aprile 2008)
Decreto 3 Settembre 2021 Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. (GU n.259 del 29.10.2021)
Decreto 30 novembre 1983 Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi (GU n. 339 del 12 dicembre 1983)
DM 9 marzo 2007 Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (GU n. 74 del 29 marzo 2007)

Per attività normate da RT verticale fare riferimento in primis alla stessa.

Vie e uscite di emergenza

D.Lgs. 81/2008
...
Allegato IV
..
1.5. Vie e uscite di emergenza.
1.5.1. Ai fini del presente punto si intende per:
1.5.1.1. via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;
1.5.1.2. uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
1.5.1.3. luogo  sicuro:  luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza;
1.5.1.4. larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di passaggio al netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione di massima apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata (larghezza utile di passaggio).
1.5.2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.
1.5.3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
1.5.4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate, nonché al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.
1.5.5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio.
1.5.6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L'apertura delle porte delle uscite di emergenza nel verso dell'esodo non è richiesta quando possa determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta salva l'adozione di altri accorgimenti  adeguati  specificamente  autorizzati  dal Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio.
1.5.7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave quando sono presenti lavoratori in azienda, se non nei casi specificamente autorizzati dagli organi di vigilanza.
1.5.8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato  adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.
1.5.9.  Le vie e le uscite di emergenza, nonché le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
1.5.10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati.
1.5.11.  Le  vie  e  le  uscite  di emergenza che richiedono un'illuminazione  devono  essere  dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell'impianto elettrico.
1.5.12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le lavorazioni che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi di incendio alle quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno due scale distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla specifica normativa antincendio. Per gli edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista l'impossibilità accertata dall'organo di vigilanza. In quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe già concesse mantengono la loro validità salvo diverso provvedimento dell'organo di vigilanza.
1.5.13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta nel punto 1.5.4, ma gli stessi devono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza.
1.5.14.1. Le aperture esistenti nel suolo o nel pavimento dei luoghi, degli ambienti di lavoro o di passaggio, comprese le fosse ed i pozzi, devono essere provviste di solide coperture o di parapetti normali, atti ad impedire la caduta di persone. Quando dette misure non siano attuabili, le aperture devono essere munite di apposite segnalazioni di pericolo.
1.5.14.2. Le aperture nelle pareti, che permettono il passaggio di una persona e che presentano pericolo di caduta per dislivelli superiori ad un metro, devono essere provviste di solida barriera o munite di parapetto normale.
1.5.14.3. Per le finestre sono consentiti parapetti di altezza non minore di cm. 90 quando, in relazione al lavoro eseguito nel locale, non vi siano condizioni di pericolo.

Decreto 3 Settembre 2021 / Luoghi di lavoro a basso rischio d'incendio

Allegato I

1. Campo di applicazione

1. Il presente allegato stabilisce criteri semplificati per la valutazione del rischio di incendio ed indica le misure di prevenzione, protezione e gestionali antincendio da adottare nei luoghi di lavoro a basso rischio d’incendio.
2. Ai fini dell’applicazione del presente allegato, sono considerati luoghi di lavoro a basso rischio d’incendio quelli ubicati in attività non soggette e non dotate di specifica regola tecnica verticale, aventi tutti i seguenti requisiti aggiuntivi:

a) con affollamento complessivo ≤100 occupanti;

Nota
Per attività non soggette si intendono quelle attività non ricomprese nell’elenco dell’Allegato I al decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011.


Nota
Per occupanti si intendono le persone presenti a qualsiasi titolo all’interno dell’attività.

b) con superficie lorda complessiva ≤1000 m2;
c) con piani situati a quota compresa tra -5 m e 24 m;
d) ove non si detengono o trattano materiali combustibili in quantità significative;

Nota
Generalmente, per quantità significative di materiali combustibili si intende qf > 900 MJ/m2.

e) ove non si detengono o trattano sostanze o miscele pericolose in quantità significative;
f) ove non si effettuano lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio.

(*) qf = Carico d'incendio specifico [MJ/m2]

[...]

2. Termini e definizioni

1. I termini, le definizioni e i simboli grafici utilizzati nel presente allegato sono quelli del capitolo G.1 del decreto ministeriale 3 agosto 2015 e successive modifiche.

3. Valutazione del rischio di incendio

1. Deve essere effettuata la valutazione del rischio d’incendio in relazione alla complessità del luogo di lavoro.

Nota
La valutazione del rischio d’incendio rappresenta un’analisi dello specifico luogo di lavoro, finalizzata all’individuazione delle più severe ma credibili ipotesi d’incendio e delle corrispondenti conseguenze per gli occupanti. Tale analisi consente di implementare e, se necessario, integrare le soluzioni progettuali previste nel presente allegato.

2. La valutazione del rischio di incendio deve ricomprendere almeno i seguenti elementi:
a) individuazione dei pericoli d’incendio;

Nota
Ad esempio, si valutano: sorgenti d’innesco, materiali combustibili o infiammabili, carico di incendio, interazione inneschi-combustibili, quantitativi rilevanti di miscele o sostanze pericolose, lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio o dell’esplosione, possibile formazione di atmosfere esplosive, …

b) descrizione del contesto e dell’ambiente nei quali i pericoli sono inseriti;

Nota
Si indicano ad esempio: condizioni di accessibilità e viabilità, layout aziendale, distanziamenti, separazioni, isolamento, caratteristiche degli edifici, tipologia edilizia, complessità geometrica, volumetria, superfici, altezza, piani interrati, articolazione planovolumetrica, compartimentazione, aerazione, ventilazione e superfici utili allo smaltimento di fumi e di calore, …

c) determinazione di quantità e tipologia degli occupanti esposti al rischio d’incendio;
d) individuazione dei beni esposti al rischio d’incendio;
e) valutazione qualitativa o quantitativa delle conseguenze dell’incendio sugli occupanti;
f) individuazione delle misure che possano rimuovere o ridurre i pericoli che determinano rischi significativi.

Nota
Identificati i pericoli di incendio, è necessario valutare se gli stessi possano essere eliminati o ridotti adottando soluzioni più sicure (riduzione delle sorgenti di innesco, corretto impiego di attrezzature elettriche, utilizzo di materiali meno pericolosi, processi produttivi più sicuri, implementazione di specifiche procedure, …).

Nota
In base alla specificità del luogo di lavoro (es. numero degli occupanti esposti ai pericoli di incendio identificati, esigenze legate alla continuità dei servizi erogati, …) potrebbe essere necessario separare o proteggere determinati ambiti dello stesso rispetto ad altri (es. compartimentazione degli ambiti, interposizione di distanze di sicurezza, protezione mediante impianti automatici di inibizione controllo o spegnimento dell’incendio, impiego di impianti di rivelazione ed allarme incendio, …).

4. Strategia antincendio

1. In esito alle risultanze della valutazione del rischio di incendio, le misure antincendio da adottare nella progettazione, realizzazione ed esercizio dei luoghi di lavoro a basso rischio d’incendio sono quelle indicate di seguito.
2. Il datore di lavoro (o responsabile dell’attività) deve individuare le necessità particolari delle persone con esigenze speciali e tenerne conto nella progettazione e realizzazione delle misure di sicurezza antincendio.
3. L’applicazione della normazione tecnica volontaria citata nel presente allegato (es. norme ISO, IEC, EN, UNI, CEI, …) conferisce presunzione di conformità, ma rimane volontaria e non è obbligatoria, a meno che non sia resa cogente da altre disposizioni regolamentari.

4.1 Compartimentazione

1. In esito alle risultanze della valutazione del rischio di incendio, al fine di limitare la propagazione dell’incendio, possono essere adottate le seguenti misure:
a) verso altre attività, il luogo di lavoro può essere inserito in un compartimento antincendio distinto o può essere interposto spazio scoperto;
b) all’interno del luogo di lavoro, la volumetria dell’opera da costruzione contenente lo stesso può essere suddivisa in compartimenti antincendio o può essere interposto spazio scoperto tra ambiti dello stesso luogo di lavoro.

Nota
Deve essere posta particolare attenzione al mantenimento della continuità della compartimentazione, ad esempio in corrispondenza dei varchi di vani ascensori, cavedi impianti, scale di servizio, …

4.2 Esodo

1. La finalità del sistema d’esodo è di assicurare che in caso di incendio gli occupanti del luogo di lavoro possano raggiungere un luogo sicuro, autonomamente o con assistenza.

Nota
Ad esempio, si considera luogo sicuro la pubblica via. Relativamente ad un compartimento, si considera luogo sicuro temporaneo qualsiasi altro compartimento o spazio scoperto che può essere attraversato dagli occupanti per raggiungere il luogo sicuro tramite il sistema d’esodo, senza rientrare nel compartimento in esame.

4.2.1 Caratteristiche del sistema d’esodo

1. Tutte le superfici di calpestio delle vie d’esodo non devono essere sdrucciolevoli, né presentare avvallamenti o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito degli occupanti.
2. In generale, il fumo ed il calore dell’incendio smaltiti o evacuati dall’attività non devono interferire con le vie d’esodo.

Nota
Ad esempio, sono da evitare aperture di smaltimento o di evacuazione di fumo e calore sottostanti o adiacenti alle vie di esodo esterne.

3. Le porte installate lungo le vie d’esodo devono essere facilmente identificabili ed apribili da parte di tutti gli occupanti.
4. Se l’attività è aperta al pubblico, le porte ad apertura manuale lungo le vie d’esodo impiegate da > 25 occupanti, nella condizione d’esodo più gravosa, devono aprirsi nel senso dell’esodo ed essere dotate di dispositivo di apertura UNI EN 1125 o equivalente.
5. Il sistema d’esodo (es. vie d’esodo, luoghi sicuri, spazi calmi, …) deve essere facilmente riconosciuto ed impiegato dagli occupanti grazie ad apposita segnaletica di sicurezza.
6. Lungo le vie d’esodo deve essere installato un impianto di illuminazione di sicurezza, qualora l’illuminazione naturale possa risultare anche occasionalmente insufficiente a consentire l’esodo degli occupanti.

Nota
Per la progettazione dell’impianto di illuminazione di sicurezza può essere impiegata la norma UNI EN 1838.

4.2.2 Dati di ingresso per la progettazione del sistema d’esodo

1. L’affollamento massimo di ciascun locale è determinato moltiplicando la densità di affollamento pari a 0,7 persone/m2 per la superficie lorda del locale stesso.
2. Può essere dichiarato un valore dell’affollamento inferiore a quello determinato come previsto al comma 1 se il datore di lavoro (o responsabile dell’attività) si impegna a verificarlo e rispettarlo per ogni locale ed in ogni condizione d’esercizio dell’attività.

4.2.3 Progettazione del sistema d’esodo

1. Al fine di limitare la probabilità che l’esodo degli occupanti sia impedito dall’incendio, devono essere previste almeno due vie d’esodo indipendenti, per le quali sia minimizzata la probabilità che possano essere contemporaneamente rese indisponibili dagli effetti dell’incendio.
2. È ammessa la presenza di corridoi ciechi con lunghezza del corridoio cieco Lcc ≤30 m.
3. È ammessa una lunghezza del corridoio cieco Lcc ≤45 m nel caso in cui sia previsto uno dei seguenti requisiti antincendio aggiuntivi:

a) installazione di un IRAI dotato delle funzioni minime A, B, D, L, C;

Nota
La funzione A, rivelazione automatica dell’incendio, deve sorvegliare tutte le aree del luogo di lavoro.

b) altezza media dei locali serviti dal corridoio cieco ≥5 m.
4. Nei limiti di ammissibilità del corridoio cieco, è ammessa una sola via d’esodo.
5. Al fine di limitare il tempo necessario agli occupanti per abbandonare il compartimento di primo innesco dell’incendio, almeno una delle lunghezze d’esodo determinate da qualsiasi punto dell’attività deve essere Les ≤60 m.

Nota
Il luogo di lavoro può essere inserito in un compartimento o suddiviso in compartimenti in esito alle risultanze della valutazione del rischio, come indicato in 4.1

6. L’altezza minima delle vie di esodo è pari a 2 m. Sono ammesse altezze inferiori, per brevi tratti segnalati, lungo le vie d’esodo, in presenza di uno dei seguenti casi:
a) da ambiti ove vi sia esclusiva presenza di personale specificamente formato;
b) da ambiti ove vi sia presenza occasionale e di breve durata di un numero limitato di occupanti (es. locali impianti o di servizio, piccoli depositi, …);
c) secondo le risultanze di specifica valutazione del rischio.
7. La larghezza delle vie di esodo è la minima misurata, dal piano di calpestio fino all’altezza di 2 m, deducendo l’ingombro di eventuali elementi sporgenti con esclusione degli estintori. Tra gli elementi sporgenti non vanno considerati i corrimani e i dispositivi di apertura delle porte con sporgenza ≤80 mm.
8. La larghezza di ciascun percorso delle vie d’esodo orizzontali e verticali deve essere ≥ 900 mm. Sono ammessi:
a) varchi di larghezza ≥ 800 mm;
b) varchi di larghezza ≥700 mm, per affollamento del locale 10 occupanti;
c) varchi di larghezza ≥ 600 mm, per locali ove vi sia esclusiva presenza di personale specificamente formato o presenza occasionale e di breve durata di un numero limitato di occupanti (es. locali impianti o di servizio, piccoli depositi, …), oppure secondo le risultanze di specifica valutazione del rischio.
9. In tutti i piani dell’attività nei quali vi può essere presenza non occasionale di occupanti che non abbiano sufficienti abilità per raggiungere autonomamente un luogo sicuro tramite vie d’esodo verticali, deve essere possibile esodo orizzontale verso luogo sicuro o spazio calmo.

4.3 Gestione della sicurezza antincendio (GSA)

1. Il datore di lavoro (o il responsabile dell’attività) organizza la GSA tramite:

a) adozione e verifica periodica delle misure antincendio preventive;

Nota
Le misure preventive minime sono almeno le seguenti: corretto deposito ed impiego dei materiali combustibili, di sostanze e miscele pericolose; ventilazione degli ambienti ove siano presenti sostante infiammabili, mantenimento della disponibilità di vie d’esodo sgombre e sicuramente fruibili; riduzione delle sorgenti di innesco (es. limitazioni nell’uso di fiamme libere senza le opportune precauzioni, rispetto del divieto di fumo ove previsto, divieto di impiego di apparecchiature e attrezzature di lavoro malfunzionanti o impropriamente impiegate, …).

b) verifica dell’osservanza dei divieti, delle limitazioni e delle condizioni normali di esercizio che scaturiscono dalla valutazione del rischio d’incendio;
c) mantenimento in efficienza di impianti, attrezzature e altri sistemi di sicurezza antincendio (ad es. estintori, porte resistenti al fuoco, IRAI, impianti automatici di inibizione controllo o estinzione dell’incendio, …);
d) attuazione delle misure di gestione della sicurezza antincendio in esercizio e in emergenza;

Nota
Per il mantenimento in efficienza degli impianti, attrezzature e altri sistemi di sicurezza antincendio e per la gestione della sicurezza antincendio in emergenza si applicano le previsioni dei decreti ministeriali emanati in attuazione dell’art. 46 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

e) apposizione di segnaletica di sicurezza (es. divieti, avvertimenti, evacuazione, …);
f) gestione dei lavori di manutenzione, valutazione dei relativi rischi aggiuntivi e di interferenza, con particolare riguardo a lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio (es. lavori a caldo, …), pianificazione della temporanea disattivazione di impianti di sicurezza, pianificazione della temporanea sospensione della continuità della compartimentazione, impiego delle sostanze o miscele pericolose (es. solventi, colle, …).

4.4 Controllo dell’incendio

1. Per consentire la pronta estinzione di un principio di incendio, devono essere installati estintori di capacità estinguente minima non inferiore a 13A e carica minima non inferiore a 6 kg o 6 litri, in numero tale da garantire una distanza massima di raggiungimento pari a 30 m.

Nota
Per consentire la pronta estinzione di piccoli focolai può essere consigliata l’installazione di coperte antincendio, ad esempio del tipo conforme a UNI EN 1869.

2. Nel caso di presenza di liquidi infiammabili stoccati o in lavorazione o dove sia possibile prevedere un principio di incendio di un fuoco di classe B dovuto a solidi liquefattibili (es. cera, paraffina, materiale plastico liquefacibile, …), gli estintori installati per il principio di incendio di classe A devono possedere, ciascuno, anche una capacità estinguente non inferiore a 89 B.

Nota
I materiali plastici che bruciando formano braci sono classificati fuochi di classe A.

3. In esito alle risultanze della valutazione del rischio di incendio, possono essere installati estintori per altri fuochi o rischi specifici (ad es. fuochi di classe F, solventi polari, …).
4. Gli estintori devono essere sempre disponibili per l’uso immediato, pertanto devono essere collocati:
a) in posizione facilmente visibile e raggiungibile, lungo i percorsi d’esodo in prossimità delle uscite dei locali, di piano o finali;
b) in prossimità di eventuali ambiti a rischio specifico (es. depositi, archivi, …).
5. Nei luoghi di lavoro al chiuso, nei confronti dei principi di incendio di classe A o classe B, è opportuno l’utilizzo di estintori a base d’acqua (estintori idrici).

Nota
L’impiego di estintori a polvere in luoghi chiusi causa, generalmente, un’improvvisa riduzione della visibilità che potrebbe compromettere l’orientamento degli occupanti durante l’esodo in emergenza o altre operazioni di messa in sicurezza; inoltre la polvere potrebbe causare irritazioni sulla pelle e sulle mucose degli occupanti.

6. Qualora sia previsto l’impiego di estintori su impianti o apparecchiature elettriche in tensione, devono essere installati estintori idonei all’uso previsto.

Nota
Gli estintori portatili conformi alla norma EN 3-7 con agente estinguente privo di conducibilità elettrica (es. polvere, anidride carbonica, …) sono idonei all’utilizzo su impianti e apparecchiature elettriche sino a 1000 V ed alla distanza di 1 m. Gli estintori a base d’acqua conformi alla norma EN 3-7 devono superare la prova dielettrica per poter essere utilizzati su impianti ed apparecchiature elettriche in tensione sino a 1000 V e alla distanza di 1 m.

7. In esito alle risultanze della valutazione del rischio di incendio può essere prevista l’installazione di una rete idranti.
8. Per la progettazione dell’eventuale rete idranti secondo norma UNI 10779 e UNI EN 12845 devono essere adottati i seguenti parametri minimi:
a) livello di pericolosità 1;
b) protezione interna;
c) alimentazione idrica di tipo singola.

Nota
Per il livello di pericolosità 1 è consentita l’alimentazione promiscua.

4.5 Rivelazione ed allarme

1. La rivelazione e la diffusione dell’allarme incendio è generalmente demandata alla sorveglianza da parte degli occupanti. Pertanto, nella gestione della sicurezza antincendio, devono essere codificate idonee procedure di emergenza finalizzate:
a) al rapido e sicuro allertamento degli occupanti in caso di incendio;

Nota
Generalmente l’allarme è trasmesso tramite segnali convenzionali codificati nelle procedure di emergenza (es. a voce, suono di campana, accensione di segnali luminosi, …) comunque percepibili da parte degli occupanti.

b) alla messa in sicurezza degli impianti tecnologici (es. arresto di impianti di produzione, chiusura delle valvole di adduzione di gas o liquidi combustibili, distacco dell’alimentazione elettrica, …).

2. In esito alle risultanze della valutazione del rischio di incendio può essere prevista l’installazione di un impianto di rivelazione allarme incendi (IRAI).

Nota
Per la progettazione dell’IRAI può essere impiegata la norma UNI 9795.

3. Qualora previsto, l’IRAI deve essere dotato delle seguenti funzioni principali:
- B, funzione di controllo e segnalazione;
- D, funzione di segnalazione manuale;
- L, funzione di alimentazione;
- C, funzione di allarme incendio.

Nota
I segnali acustici di pre-allarme, qualora previsto, e di allarme incendio (funzione principale C) dovrebbero avere caratteristiche rispondenti alla norma UNI 11744.

4. La funzione A di rivelazione automatica, se prevista, deve essere estesa almeno agli spazi comuni, alle vie d’esodo (anche facenti parte di sistema d’esodo comune) e agli spazi limitrofi, alle aree dei beni da proteggere ed agli ambiti a rischio specifico.

4.6 Controllo di fumi e calore

1. Al fine di facilitare le operazioni delle squadre di soccorso dal luogo di lavoro deve essere possibile smaltire fumi e calore in caso d’incendio.
2. Lo smaltimento dei fumi e del calore deve essere garantito attraverso la presenza di aperture che possono coincidere con gli infissi (es. finestre, lucernari, porte, …) già presenti e richiesti per il luogo di lavoro ai fini igienico-sanitari.
3. Le modalità di apertura in caso di incendio delle aperture di smaltimento di fumo e calore devono essere considerate nella pianificazione di emergenza.

4.7 Operatività antincendio

1. Deve essere assicurata la possibilità di avvicinare i mezzi di soccorso antincendio a distanza ≤50 m dagli accessi dell’attività, oppure devono essere adottate specifiche misure di operatività antincendio.

Nota
Fra le misure specifiche di operatività antincendio possono essere previsti accessi protetti a tutti i piani dell’attività, disponibilità di agenti estinguenti per i soccorritori, …

4.8 Sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio

1. Gli impianti tecnologici e di servizio (es. impianti per la produzione ed utilizzazione dell’energia elettrica, distribuzione di fluidi combustibili, climatizzazione degli ambienti, …) devono essere realizzati, eserciti e mantenuti in efficienza secondo la regola dell’arte.
2. Gli impianti tecnologici e di servizio devono essere disattivabili, o altrimenti gestibili, a seguito di incendio

Decreto 30 novembre 1983 DM 9 marzo 2007
...
3. AFFOLLAMENTO - ESODO

3.1 - Capacità di deflusso o di sfollamento
Numero massimo di persone che, in un sistema di vie d'uscita, si assume possano defluire attraverso una uscita di "modulo uno". Tale dato, stabilito dalla norma, tiene conto del tempo occorrente per lo sfollamento ordinato di un compartimento.

ndr
Nelle regole tecniche verticali la capacità di deflusso è stabilita ipotizzando tempi molto brevi per lo sfollamento ordinato di un compartimento. Si ottengono pertanto valori molto bassi della capacità di deflusso per locali al chiuso (es. di norma 50 pers/mod per uscite in piano) a favore di sicurezza.

3.2 - Densità di affollamento
Numero massimo di persone assunto per unità di superficie lorda di pavimento (persone/mq).

3.3 - Larghezza delle uscite di ciascun compartimento
Numero complessivo di moduli di uscita necessari allo sfollamento totale del compartimento.

3.4 - Luogo sicuro
Spazio scoperto ovvero compartimento antincendio, separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o filtri a prova di fumo, avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un predeterminato numero di persone (luogo sicuro statico), ovvero a consentirne il movimento ordinato (luogo sicuro dinamico).

ndr
Nel D.M. 10/3/1998 il luogo sicuro è definito come "luogo dove le persone possono ritenersi al sicuro dagli effetti di un incendio"; Nelle norme specifiche ove si fa esplicito riferimento al "luogo sicuro" occorre attenersi alla definizione del DM 30/11/1983. Nelle attività non normate, qualora si ritenga di applicare il DM 10/3/98 per analogia anche alle attività soggette a controllo VV.F., un luogo sicuro può essere considerato un compartimento antincendio adiacente rispetto a un altro, dotato di vie d'uscita, ritenendo tutt'ora valide le argomentazioni di cui alla nota prot. n. P961/4101 sott. 106/36 del 29/5/1996.

3.5 - Massimo affollamento ipotizzabile
Numero di persone ammesso in un compartimento. È determinato dal prodotto della densità di affollamento per la superficie lorda del pavimento.

ndr
Nelle diverse regole tecniche può essere presente una definizione più specifica. Ad es. coincide con la definizione di "capienza" per gli impianti sportivi e i locali di pubblico spettacolo e trattenimento. Per questi ultimi costituisce l’affollamento massimo consentito e viene stabilita dalle Commissioni di Vigilanza L.P.S., nel rispetto delle norme di sicurezza e di igiene vigenti; È pari al numero dei posti letto nelle aree destinate alle camere nelle attività ricettive turistico - alberghiere; In vari casi, può risultare da apposita dichiarazione rilasciata sotto la responsabilità del titolare dell'attività; ecc

3.6 - Modulo di uscita Unità di misura della larghezza delle uscite. Il «modulo uno», che si assume uguale a 0.60 metri, esprime la larghezza media occupata da una persona.

3.7 - Scala di sicurezza esterna Scala totalmente esterna, rispetto al fabbricato servito, munita di parapetto regolamentare e di altre caratteristiche stabilite dalla norma.

ndr
Per quanto concerne le “altre caratteristiche stabilite dalla norma”, queste sono state precisate in regole tecniche successive, come evidenziato di seguito.

(*) - Scala di sicurezza esterna (ndr 1)
Scala totalmente esterna, rispetto al fabbricato servito, munita di parapetto regolamentare e realizzata secondo i criteri sotto riportati:
- i materiali devono essere di classe 0 di reazione al fuoco; (ndr 2)
- la parete esterna dell'edificio su cui è collocata la scala, compresi gli eventuali infissi, deve possedere, per una larghezza pari alla proiezione della scala, incrementata di 2,5 m per ogni lato, requisiti di resistenza al fuoco almeno REI/EI 60(ndr 3). In alternativa la scala esterna deve distaccarsi di 2,5 m dalle pareti dell'edificio e collegarsi alle porte di piano tramite passerelle protette con setti laterali, a tutta altezza, aventi requisiti di resistenza al fuoco pari a quanto sopra indicato.

ndr 1
Presente nelle seguenti regole tecniche: DM 19/8/1996 “locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo". DM 18/9/2002 “strutture sanitarie pubbliche e private”.
ndr 2
Ovvero incombustibili, dizione che compare nel D.M. 27 luglio 2010 regola tecnica “attività commerciali con superficie superiore a 400 mq”.

ndr 3

La dizione REI/EI (in luogo di REI) compare nel D.M. 27 luglio 2010 “attività commerciali …”

3.8 - Scala a prova di fumo
Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso per ogni piano, mediante porte di resistenza al fuoco almeno RE predeterminata e dotate di congegno di auto-chiusura, da spazio scoperto o da disimpegno aperto per almeno un lato su spazio scoperto dotato di parapetto a giorno.

3.9 - Scala a prova di fumo interna
Sala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso, per ogni piano, da filtro a prova di fumo.

3.10 - Scala protetta Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso diretto da ogni piano, con porte di resistenza al fuoco REI predeterminata e dotate di congegno di autochiusura.

3.11 - Sistema di vie di uscita
Percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro. La lunghezza massima del sistema di vie di uscita è stabilita dalle norme.

ndr
Anche denominata via di emergenza, o via di esodo, o via di uscita, o via di fuga

3.12 - Uscita Apertura atta a consentire il deflusso di persone verso un luogo sicuro avente altezza non inferiore a 2.00 m.

(*) - Spazio calmo
Luogo sicuro statico contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito. Tale spazio non dovrà costituire intralcio alla fruibilità delle vie di esodo ed avere caratteristiche tali da garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa dei soccorsi

ndr
Presente nelle seguenti regole tecniche: DM 9/4/1994 “attività ricettive turistico - alberghiere”; DM 18/9/2002 “strutture sanitarie pubbliche e private”; DM 22 febbraio 2006 regola tecnica “uffici”; DM 27 luglio 2010 “attività commerciali …”.

(*) - Corridoio cieco(ndr 1)
Corridoio o porzione di corridoio dal quale è possibile l'esodo in un'unica direzione. La lunghezza del corridoio cieco va calcolata dall'inizio dello stesso fino all'incrocio con un corridoio dal quale sia possibile l'esodo in almeno due direzioni, o fino al più prossimo luogo sicuro o via di esodo verticale. Nel calcolo della lunghezza del corridoio cieco occorre considerare anche il percorso d’esodo in unica direzione all’interno di locali ad uso comune. (ndr 2)

ndr 1
Presente nelle seguenti regole tecniche: DM 9/4/1994 “attività ricettive turistico - alberghiere”; DM 18/9/2002 “strutture sanitarie pubbliche e private”; DM 22 febbraio 2006 regola tecnica “uffici”; DM 27 luglio 2010 “attività commerciali …”.

ndr 2
Quest’ultima condizione è stata aggiunta ed è presente solo in: DM 22/2/2006 regola tecnica “uffici”

(*) - Colonna a secco
Installazione di lotta contro l’incendio ad uso dei Vigili del fuoco, comprendente una tubazione rigida metallica che percorre verticalmente l’edificio, di norma all’interno di ciascuna via d’esodo verticale.

ndr
Presente nel DM 14 luglio 2015 “attività ricettive turistico - alberghiere da 25 a 50 p.l.”

(*) - Percorsi alternativi
Da un dato punto due percorsi si considerano alternativi se formano tra loro un angolo maggiore di 45°.

ndr
La definizione compare per la prima volta nel D.M. 27 luglio 2010 regola tecnica “attività commerciali …”. I concetto era stato introdotto nel DM 19/8/1996 "Regola tecnica “locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo" per stabilire i criteri delle lunghezze delle vie d’uscita di cui al p.to 4.3.4 (si considerano percorsi alternativi quelli che, a partire da ciascun punto di riferimento, formano un angolo maggiore di 45°; qualora tale condizione non sia rispettata, la lunghezza del percorso, misurata fino al \punto dove c’è disponibilità di percorso alternativo, deve essere limitata a 15 m).

(*) - Esodo orizzontale progressivo 
Modalità di esodo che prevede lo spostamento dei degenti in un compartimento adiacente capace di contenerli e proteggerli fino a quando l'incendio non sia stato domato o fino a che non diventi necessario procedere ad una successiva evacuazione verso luogo sicuro.

ndr
Presente in: DM 18/9/2002 regola tecnica “strutture sanitarie pubbliche e private”

(*) - Percorso orizzontale protetto
Percorso di comunicazione orizzontale o suborizzontale protetto da elementi con caratteristiche di resistenza al fuoco adeguata, con funzione di collegamento tra compartimenti o di adduzione verso luogo sicuro.

ndr
Presente in: DM 18/9/2002 regola tecnica “strutture sanitarie pubbliche e private”

(*) - Piano di uscita dall'edificio
Piano dal quale sia possibile l'evacuazione degli occupanti direttamente in luogo sicuro all'esterno dell'edificio, anche attraverso percorsi orizzontali protetti.

ndr
Presente in: DM 18/9/2002 regola tecnica “strutture sanitarie pubbliche e private”

(*) - Piano di riferimento
Piano ove avviene l'esodo degli occupanti all'esterno dell'edificio, normalmente corrispondente con il piano della strada pubblica o privata di accesso.

ndr
Presente in D.M. 27 luglio 2010 “attività commerciali …”

Circolari

Circolare n. 4962 2012 
Uso delle vie e uscite di emergenza in presenza di sistemi di controllo degli accessi mediante “tornelli”.

Circolare n. 4963 2012
Uso delle vie e uscite di emergenza in presenza di porte scorrevoli orizzontalmente munite di dispositivi di apertura automatici ridondanti.

Altre

Nota prot. P1185/4147 sott. 4 del 25/10/1999
Nota prot. n. P1560/4122 sott. 54 del 07/12/1998
Nota prot. n. P961/4101 sott. 106/36 del 29 maggio 1996
Nota prot. n. P904/4122 Sott. 55 del 30/08/2001
Nota prot. n. 503/4122 Sott. 54/9 del 11 aprile 2001
Nota DCPREV prot. n. 15958 del 11 novembre 2010
Lett. Circ. prot. n. P720/4122 sott. 54/9 del 29/5/2008

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Collegati

Circolare n. 9 del 9 ottobre 2023

ID 20544 | | Visite: 1646 | Decreti Sicurezza lavoro

Circolare n. 9 del 9 ottobre 2023 

ID 20544 | 09.10.2023 / In allegato

Circolare n. 9 del 9 ottobre 2023 - Decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, recante “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso   al mondo del lavoro”, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85. Articolo 24, in materia di modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a termine. 

Il Decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48 modifica le specifiche condizioni che possono legittimare l’apposizione del termine al contratto di lavoro. In particolare, con l’articolo 24, il decreto-legge è intervenuto in modo significativo sulla disciplina delle condizioni (articolo 19 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 e successive modificazioni), delle proroghe e dei rinnovi (articolo 21), nonché sulle modalità di computo dei limiti percentuali di lavoratori che possono essere assunti con contratto di somministrazione (articolo 31).

Nello specifico, per quanto riguarda l’articolo 19 del decreto legislativo n. 81 del 2015, al comma 1 sono state del tutto soppresse le condizioni in precedenza riferite:

- ad esigenze temporanee e oggettive estranee all’ordinaria attività (contemplate alla previgente lettera a);

- ad esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria (di cui alla previgente lettera b)).

[...]

Fonte: MLPS

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Testo coordinato VVF sulla sicurezza antincendio sui luoghi di lavoro

ID 15022 | | Visite: 7548 | Prevenzione Incendi

Testo coordinato VVF sulla sicurezza antincendio sui luoghi di lavoro 2023

Testo coordinato VVF sulla sicurezza antincendio sui luoghi di lavoro - Ed. 3 / Settembre 2023

ID 15022 | 24.09.2023 - Testo coordinato in allegato aggiornato a Settembre 2023 (Ed. 3)

DM 01/09/2021
Criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a) , punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
(Decreto in vigore un anno dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale avvenuta il 25/09/2021. N.d.R.)

DM 02/09/2021
Criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza e caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a) , punto 4 e lettera b) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
(Decreto in vigore un anno dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale avvenuta il 04/10/2021. N.d.R.)

DM 03/09/2021
Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a) , punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
(Decreto in vigore un anno dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale avvenuta il 29/10/2021. N.d.R.)

...

Il DM 10/03/1998 regolamenta, ai sensi del D. Lgs 09/04/2008, n. 81, la sicurezza antincendio nelle attività non soggette ai controlli di prevenzione incendi e, per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, è applicabile limitatamente a:

a) ridurre la probabilità di insorgenza di un incendio secondo i criteri di cui all’allegato II al decreto;
b) garantire l’efficienza dei sistemi di protezione antincendio secondo i criteri di cui all’allegato VI al decreto;
c) fornire ai lavoratori una adeguata informazione e formazione sui rischi di incendio secondo i criteri di cui all’allegato VII al decreto.

Al fine di adeguare le misure antincendio all’evoluzione tecnica e normativa e per rendere più organizzati gli aspetti da seguire per tali misure, considerato che l’art. 46 comma 3 del D. Lgs 81/08 prevede uno o più decreti per regolamentare:

a) i criteri diretti atti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l’insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione, sono stati pubblicati, in sostituzione del DM 10/03/1998, tre decreti specifici, in modo da renderne più semplice la consultazione e l’aggiornamento.

I decreti che hanno sostituito il DM 10/03/1998 sono:

- il DM 01/09/2021, che tratta l’aspetto relativo al controllo e manutenzione delle attrezzature, degli impianti e dei sistemi di sicurezza antincendio (in vigore un anno dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale avvenuta il 25/09/2021);
- il DM 02/09/2021, che tratta l’aspetto relativo alla gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza ed alle caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio; esso comprende anche i corsi di formazione per gli addetti antincendio e per i formatori (in vigore un anno dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale avvenuta il 04/10/2021);
- Il DM 03/09/2021,che tratta dei criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro (in vigore un anno dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale avvenuta il 29/10/2021).

Tali decreti sono di seguito ordinati in modo da essere più coerenti con le metodologie riportate nelle regole tecniche antincendio che trattano prima la parte valutativa strutturale e, successivamente, quella gestionale e manutentiva.

[...]

Fonte: VVF

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