Slide background




Illustrazioni delle dinamiche infortunistiche in cava

ID 9089 | | Visite: 3393 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Illustrazione

Illustrazioni delle dinamiche infortunistiche in cava. Dall'analisi alla prevenzione

INAIL, 2019

Dall’esame dei dati contenuti nell’osservatorio degli infortuni del Dipartimento prevenzione della Asl Toscana nord-ovest si è sviluppata l’idea di realizzare una pubblicazione che, partendo dall’analisi dell’accadimento infortunistico, proponesse una riflessione in chiave prevenzionistica.

Il testo vuole essere quindi il nuovo punto di partenza per informare e sensibilizzare tutti gli addetti ai lavori, dando valore alle esperienze passate per orientare buoni comportamenti futuri. All’interno vi sono le illustrazioni di 19 infortuni, avvenuti nel comparto delle cave di Massa Carrara tra gli anni 2006 e 2016. Al termine di ogni scheda è stato previsto uno spazio ‘appunti/riflessioni’ a disposizione del singolo utilizzatore per annotare osservazioni e suggerimenti per migliorare situazioni operative presenti nelle proprie aree di lavoro.

________

INTRODUZIONE
Scheda 1 Infortunio mortale di un lavoratore durante fasi di lavoro interferenti compresa la movimentazione di un blocco in spazi ridotti
Scheda 2 Infortunio grave di un lavoratore colpito da materiale franato
Scheda 3 Infortunio mortale di un lavoratore durante il controllo di un cavo elettrico
Scheda 4 Infortunio grave di un lavoratore al termine del sezionamento di un blocco con macchina tagliatrice a filo diamantato
Scheda 5 Infortunio grave di un lavoratore durante la rimozione di porzione rocciosa con pala meccanica
Scheda 6 Infortunio di un lavoratore nella fase preliminare per il ribaltamento di una bancata di marmo
Scheda 7 Duplice infortunio grave durante la perforazione al monte
Scheda 8 Infortunio mortale e infortunio grave di due lavoratori durante la preparazione di cariche con polvere nera
Scheda 9 Infortunio grave di un lavoratore durante il taglio di una bancata al monte con macchina tagliatrice a filo diamantato
Scheda 10 Infortunio grave di un lavoratore in fase di spostamento di blocchi informi con escavatore
Scheda 11 Infortunio mortale di un lavoratore durante il taglio di una bancata al monte
Scheda 12 Infortunio grave di un lavoratore nella fase di apertura di porzione rocciosa con utilizzo di cuscini idraulici
Scheda 13 Infortunio grave di un lavoratore durante il transito su rampa di cava con escavatore
Scheda 14 Infortunio mortale di un lavoratore durante il transito con autocarro su strada di arroccamento
Scheda 15 Infortunio grave di un lavoratore durante la movimentazione di materiale con pala meccanica
Scheda 16 Infortunio mortale di un lavoratore durante le operazioni di abbattimento di un residuo di bancata al monte
Scheda 17 Infortunio mortale di un lavoratore durante il taglio di una bancata al monte con macchina tagliatrice a filo diamantato
Scheda 18 Infortunio grave di un lavoratore durante il sezionamento di un blocco di marmo con macchina tagliatrice a filo diamantato
Scheda 19 Duplice infortunio mortale ed infortunio grave, di tre lavoratori durante le operazioni per l’abbattimento di una sponda

Fonte: INAIL

Collegati:

Assicurazione infortuni domestici: entro il 15 ottobre l'integrazione 2019

ID 9075 | | Visite: 1758 | News Sicurezza

Temi: News

Assicurazione infortuni domestici: entro il 15 ottobre l'integrazione 2019

Assicurazione infortuni domestici, per versare l’integrazione del premio c’è tempo fino al 15 ottobre

Il pagamento di 11,09 euro allinea l’importo annuale della polizza obbligatoria ai 24 euro fissati dall’ultima legge di bilancio, che ha ulteriormente migliorato la tutela garantita alle persone che si prendono cura della casa e dei familiari in modo abituale ed esclusivo, a titolo gratuito e senza vincolo di subordinazione

ROMA - Per garantire la continuità della propria copertura assicurativa, entro il prossimo 15 ottobre gli assicurati Inail contro gli infortuni domestici devono effettuare il pagamento dell’integrazione di 11,09 euro, che allinea ai 24 euro fissati dalla legge di bilancio 2019 l’importo annuale della polizza, obbligatoria per tutte le persone che svolgono gratuitamente un’attività rivolta alla cura dei componenti della famiglia e dell’abitazione, in modo abituale ed esclusivo e senza vincoli di subordinazione.
 
La platea dei beneficiari estesa fino ai 67 anni. In una lettera inviata agli assicurati che nei mesi scorsi hanno versato i 12,91 euro per il rinnovo dell’iscrizione, l’Inail ricorda che il nuovo premio annuale stabilito dall’ultima legge di bilancio è accompagnato da un’estensione della platea dei beneficiari della tutela assicurativa, che ora si applica alle persone tra i 18 e i 67 anni, anziché tra i 18 e i 65 anni, e da un significativo ampliamento delle prestazioni garantite.
 
Tra le novità la riduzione del grado di invalidità per la costituzione della rendita. Le novità riguardano, in particolare, l’abbassamento del grado di invalidità che è necessario per la costituzione della rendita Inail, passato dal 27% al 16%, l’introduzione di una prestazione una tantum pari a 300 euro, quando l’inabilità permanente accertata è compresa tra il 6% e il 15%, e il riconoscimento dell’assegno integrativo per l’assistenza personale continuativa ai titolari di rendita che versano in particolari condizioni menomative e che hanno necessità di assistenza quotidiana.
 
Procedura più agevole con il bollettino precompilato e il sistema pagoPA. Per rendere più agevole il pagamento dell’integrazione, alla lettera inviata agli assicurati è allegato il bollettino PA precompilato di 11,09 euro. Il versamento può essere effettuato in via telematica, accedendo al sistema pagoPA tramite il sito dell’Istituto, o presso gli uffici postali, gli sportelli bancari, gli istituti di pagamento e i tabaccai che aderiscono a pagoPA, presentando l’avviso di pagamento e il bollettino PA precompilato.
 
È ancora possibile mettersi in regola. Le modalità di pagamento sono le stesse anche per chi quest’anno non ha effettuato il versamento di 12,91 euro, pur avendo i requisiti previsti dalla normativa per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni domestici. A questo proposito, l’Inail sta procedendo all’invio di un bollettino precompilato agli assicurati presenti nella propria banca dati che non risultano in regola, che potranno utilizzarlo per pagare i 24 euro del premio annuale in un’unica soluzione. In questo caso il versamento deve essere effettuato nel più breve tempo possibile, in quanto la copertura assicurativa si attiva solo a partire dal giorno successivo al pagamento.
 
Precisazioni relative agli avvisi di pagamento. Sugli avvisi di pagamento, nella sezione “Banche ed altri canali”, è riportato il codice CBILL “BE7KK”, anziché il codice CBILL “BE77K”. Ciò non ostacola in alcun modo il pagamento attraverso Poste italiane, mentre per i canali in cui è richiesta l’imputazione manuale del codice CBILL è sufficiente barrare il codice errato e scrivere o comunicare all’operatore quello corretto. Tutti i codici a barre destinati ai lettori ottici (datamatrix, QR code) sono corretti. Nei casi in cui, pur avendo già versato la quota di 12,91 euro, sia stata ricevuta la richiesta di pagamento del premio annuale di 24 euro, è necessario consegnare o inviare quanto prima la copia della ricevuta di pagamento alla sede Inail territoriale competente in relazione al proprio domicilio. L’Istituto provvederà poi a recapitare la richiesta di integrazione del premio pari a 11,09 euro, che andrà versata entro il 15 ottobre.
 
A chi rivolgersi per informazioni e assistenza. Per ulteriori informazioni relative all’assicurazione contro gli infortuni domestici è possibile chiamare il Contact Center Inail al numero 06.6001, raggiungibile sia da rete fissa sia da rete mobile, secondo il piano tariffario del proprio gestore telefonico. In alternativa è possibile anche rivolgersi alle sedi territoriali dell’Inail o alle associazioni delle casalinghe: Obiettivo famiglia/Federcasalinghe, Movimento italiano casalinghe (Moica) e Sindacato casalinghe lavoratrici europee (Scale Ugl).
 
Fonte INAIL
 
 

Esperto CEM: Requisiti e competenze

ID 9057 | | Visite: 5181 | Documenti Sicurezza Enti

Esp rto ECM

Esperto CEM: Requisiti e competenze

Requisiti di conoscenza, abilità e competenza del personale qualificato per la valutazione dei rischi da esposizione a campi elettromagnetici (0 hz-300 ghz nei luoghi di lavoro)

Il presente documento utilizza le regole generali individuate dalla Norma UNI 11711: 2018 al fine di definire i requisiti di specifiche conoscenze, abilità e competenze del “personale qualificato” che deve effettuare la valutazione a qualsiasi titolo dei rischi da esposizione a campi elettrici, magnetici, elettromagnetici (CEM), nell’intervallo di frequenza tra 0 Hz e 300 GHz nei luoghi di lavoro (“Esperto CEM” - “ECEM”).

Tali regole sono relative al metodo e alla struttura di tutte le norme riguardanti le attività professionali non regolamentate e possono essere così sintetizzate:

- fornire ai datori di lavoro, ai sensi dell’art.181 comma 2 del D.lgs.81/08 e s.m.i., uno strumento di individuazione dei requisiti professionali del “PERSONALE QUALIFICATO” a cui affidarsi per la valutazione dei rischi da CEM ai sensi del Titolo VIII - Capo IV del Decreto (aggiornato al D.lgs. 1.8.2016 n.159 - G.U. 18.8.2016; Serie generale n.192) “Attuazione della direttiva 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici, e che abroga la direttiva 2004/40/CE”);

- assicurare la coerenza con il Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF);

- fornire specifiche indicazioni per i processi di valutazione e di convalida delle conoscenze, abilità e competenze;

- fornire agli operatori del settore un documento per la propria qualificazione e accrescimento delle proprie competenze e conoscenze per una adeguata valutazione dei rischi di esposizione a CEM.

Il presente documento si inserisce inoltre nel contesto dell'Unione Europea come strumento utile alla mobilità delle persone e all'abbattimento delle barriere alla libera circolazione del capitale umano. Sono stati osservati i principi e le indicazioni di cui alla Raccomandazione 2008/C111/01 (EQF), della Raccomandazione 2009/C 155/02 (ECVET), del D.M. Decreto 8 gennaio 2018 (QNQ).

Il presente documento aggiorna e sostituisce il precedente predisposto dalla Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (CIIP) e approvato da tutte le Associazioni aderenti in data 26 novembre 2006 “Profilo professionale dell’Esperto nella valutazione dei rischi derivanti da esposizione a campi elettromagnetici (ECEM) (0Hz – 300GHz)”.

CIIP 2019

Collegati

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Requisiti essperto CEM CIIP 2019.pdf
CIIP 2019
365 kB 81

Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 36687 | 30 Agosto 2019

ID 9053 | | Visite: 2778 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Trapano a colonna privo di protezioni

L'eventuale responsabilità del RSPP non fa venir meno la concorrente responsabilità del datore di lavoro se manca una corretta organizzazione aziendale

Penale Sent. Sez. 3 Num. 36687 Anno 2019

Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: REYNAUD GIANNI FILIPPO
Data Udienza: 29/05/2019

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza del 13 dicembre 2018, il Tribunale di Pordenone ha assolto A.G. dalla contravvenzione di cui all'art. 71, comma 1, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, dichiarandolo non punibile per particolare tenuità del fatto. Il reato era stato contestato con riguardo alla messa a disposizione dei lavoratori della società di cui l'imputato era legale rappresentante con delega alla sicurezza ex art. 16 d.lgs. 81/2008 di un trapano a colonna privo di adeguate protezioni.
2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il difensore dell'imputato deducendo con unico motivo - premesso l'interesse ad impugnare la sentenza - la violazione dell'art. 43 cod. pen. ed il vizio di contraddittorietà della motivazione per essere stata ritenuta la mancata predisposizione di una organizzazione aziendale tale da impedire che fossero dai lavoratori utilizzati macchinari non a norma in contrasto con quanto emerso dalle prove assunte, in particolare dalla deposizione del teste GI., responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il quale aveva ricordato come l'imputato avesse organizzato un team di persone competenti per valutare la conformità delle attrezzature di lavoro ai requisiti di sicurezza. Nessuno aveva mai segnalato all'imputato la non conformità di quel trapano a colonna, ignorata anche dal menzionato RSPP, sì che, in un'organizzazione complessa come la società in questione - che all'epoca contava circa 400 dipendenti - alcun rimprovero per colpa poteva muoversi all'imputato, non avendo egli conoscenza, né conoscibilità, della situazione di difformità rispetto alla previsione normativa.

Considerato in diritto

1. Va premesso che il ricorso proposto contro la sentenza che ha dichiarato l'imputato non punibile per particolare tenuità del fatto è ammissibile, pur non venendo qui in rilievo possibili profili di efficacia della stessa nel giudizio civile o amministrativo di danno. Non risulta infatti, ed il ricorrente non lo allega specificamente, alcuna concreta possibilità di radicamento di giudizi risarcitori rispetto al fatto contravvenzionale oggetto di processo, posto che in sentenza si dà atto dell'assoluzione dell'Imputato dal reato di lesioni colpose contestato, in altro procedimento, con riguardo all'infortunio occorso ad un dipendente nell'utilizzo del trapano a colonna in questione per ritenuta insussistenza di nesso causale, sicché è generico il riferimento fatto in ricorso, per giustificare l'interesse a ricorrere, alla previsione di cui all'art. 651 bis cod. proc. pen.
Per contro, è invece sufficiente ad integrare detto interesse la circostanza - parimenti allegata dal ricorrente - che la sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto pronunciata a seguito di accertamento dibattimentale dev'essere iscritta nel casellario giudiziale, ai sensi dell'art. 3, lett. f, d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, come modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28. Diversamente dai provvedimenti di archiviazione adottati per tale ragione, che non rientrano nella richiamata previsione perché non definitivi (Sez. 5, n. 3817 del 15/01/2018, Pisani, Rv. 272282) e non radicano quindi un concreto interesse a ricorrere (Sez. 3, n. 30685 del 26/01/2017, Vanzo, Rv. 270247), l'iscrivibilità della sentenza dichiarativa della non punibilità per particolare tenuità del fatto integra gli estremi di un pregiudizio attuale che l'imputato ha interesse a rimuovere (cfr. Sez. 5, n. 48610 del 17/09/2018, M., Rv. 274144), così come, in situazione opposta, è stato affermato l'interesse del pubblico ministero a proporre impugnazione preordinata ad ottenere una diversa formula di proscioglimento che comporta l’iscrizione nel certificato del casellario giudiziale (Sez. 5, n. 40822 del 15/06/2017, C., Rv. 271424).
2. Passando al merito del ricorso, osserva il Collegio che lo stesso è infondato e va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, di recente ribadito alla luce delle considerazione svolte dalle Sezioni unite nella sent. n. 38343 del 24/04/2014, Espenhan e aa., Rv. 261108, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, anche nelle strutture aziendali complesse è configurabile la responsabilità del datore di lavoro - quale titolare della relativa posizione di garanzia, in quanto soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio - in caso di mancanza dei dispositivi di sicurezza delle attrezzature, per inottemperanza agli obblighi previsti dalla legge, tra i quali vi è quello, nella specie contestato, di cui all'art. 71, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2018 (Sez. 4, n. 52536 del 09/11/2017, Cibin, Rv. 271536; Sez. 4, n. 22606 del 04/04/2017, Minguzzi, Rv. 269972).
3. Applicando correttamente detto principio, il giudice di merito ha ritenuto che l'imputato - essendo non soltanto datore di lavoro quale legale rappresentante della società, ma anche delegato ai sensi dell'art. 16 d.lgs. 81/2008 - non avesse predisposto un'organizzazione aziendale tale da impedire che fossero utilizzabili dai lavoratori macchinari non a norma e tale valutazione non è manifestamente illogica, né contraddittoria con la prova testimoniale asseritamente fatta oggetto di travisamento.
Il teste GI. - RSPP - ha bensì riferito che nella società amministrata dall'imputato, certamente da ritenersi organizzazione complessa in relazione alle dimensioni ed al numero dei lavoratori occupati, le questioni relative alla sicurezza del lavoro erano gestite da un team del quale erano parte diversi soggetti, tra cui, ovviamente, lo stesso RSPP, altri dirigenti, i preposti, oltre a consulenti esterni. Posto, tuttavia, che il teste non era stato in grado di riferire i dettagli con cui era stata dall'imputato organizzata la valutazione della conformità alla normativa dei macchinari utilizzati - e che neppure era stato in grado di riferire perché, e da quando, quel vecchio trapano a colonna sprovvisto delle precauzioni di sicurezza si trovava in tali condizioni - la valutazione del giudice di merito circa l'inidoneità di quel lavoro di squadra a garantire l'obbligo di sicurezza nella specie violato non è né illogica, né contraddittoria.
Che il RSPP GI. - come lui stesso ha riferito, ciò di cui il giudice ha tenuto conto - non fosse a conoscenza della non conformità di quella attrezzatura e non avesse pertanto posto ad essa rimedio, né segnalato la circostanza all'imputato, non vale ad escludere la responsabilità di quest'ultimo. Il fatto che nemmeno al GI. fosse stata segnalata tale non conformità - da non meglio identificati dirigenti e/o preposti che avrebbero dovuto farlo - non consente di ritenere che l'organizzazione al proposito adottata dall'imputato con l'ausilio dei suoi consulenti per rispettare gli obblighi di prevenzione fosse idonea, desumendosene semmai logicamente il contrario come correttamente ha fatto il giudice di merito.
D'altro lato, se il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri (Sez. 4, n. 11708 del 21/12/2018, David, Rv. 275279), l'eventuale responsabilità dello stesso RSPP non fa venir meno la concorrente responsabilità del datore di lavoro delegato alla sicurezza neppure quando dall'inadempimento consegua un infortunio (cfr. Sez. 4, n. 40718 del 26/04/2017, Raimondo, Rv. 270765; Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Lovison e aa., Rv. 254094), sicché certo non lo esonera dall'obbligo, che su di lui specificamente grava a norma dell'art. 71, d.lgs. 81 del 2008, di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di sicurezza. Contrariamente a quanto osserva il ricorrente a pag. 4 del ricorso, richiamando il disposto di cui all'art. 33 d.lgs. 81 del 2008, va pertanto certamente ribadito il principio secondo cui, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di vigilanza e di controllo gravanti sul datore di lavoro non vengono meno con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il quale ha una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell'individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti (Sez. 4, n. 50605 del 05/04/2013, Porcu, Rv. 258125; v. anche Sez. 4, n. 24958 del 26/04/2017, Rescio, Rv. 270286).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 29 maggio 2019

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Penale Sent. Sez. 3 Num. 36687 Anno 2019.pdf
 
205 kB 13

Studi UE impatto modifiche direttiva 2004/37/CE

ID 9040 | | Visite: 1907 | Documenti Sicurezza UE

Studi UE impatto modifiche direttiva 2004 37 CE

Studi UE impatto modifiche direttiva 2004/37/CE esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni sul lavoro

EU, 2019

In allegato tre studi sulla raccolta delle informazioni più recenti per un certo numero di sostanze al fine di analizzare gli impatti sulla salute, socioeconomici e ambientali in relazione a possibili modifiche della direttiva 2004/37/CE relativa la protezione dei lavoratori dai rischi connessi all'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni sul lavoro.

Il primo studio valuta gli impatti dell'introduzione di ulteriori valori limite di esposizione professionale (OELV) ai sensi della Direttiva sugli agenti cancerogeni e mutageni (CMD) per sette dei 13 agenti chimici per i quali OELV nuovi o rivisti sono stati proposti dalla Commissione europea nel maggio 2016. Gli agenti chimici considerati in questo rapporto sono 1,2-epossipropano, 1,3-butadiene, acrilamide, composti di bromoetilene, cromo (VI), ossido di etilene e monomero di cloruro di vinile.

Vengono valutati i costi e i benefici degli OELV proposti, con il vantaggio principale di essere la riduzione nell'incidenza del cancro sul lavoro e le principali categorie di costo, comprese le modifiche alla produzione processi/misure tecniche aggiuntive e/o la fornitura di protezione personale aggiuntiva Attrezzatura (DPI).

Il secondo studio valuta gli impatti dell'istituzione di valori limite di esposizione professionale (OELV) e / o valori limite biologici (BLV) per un numero di sostanze. Questi includono OELV per composti di tricloroetilene, 1,2-dicloroetano, berillio e berillio inorganico, 1,2-dibromoetano, 1-cloro-2,3-epossipropano, 4,4′-metilendianilina (MDA) e BLV per il berillio e composti inorganici di berillio e 4,4′-metilene-bis (2-cloroanilina) (MOCA). Lo studio anche valuta l'estensione dell'attuale esposizione all'esaclorobenzene e gli impatti di un potenziale inclusione di alcune sostanze generate dal processo (emissioni di gas di scarico del motore diesel, oli motore usati, Polvere e fumi di processo di gomma) nell'allegato 1 della direttiva sugli agenti cancerogeni e mutageni (CMD).

Il terzo studio si basa la valutazione nel relazioni specifiche sulla sostanza e per sintetizzare l'esercizio di consultazione.

Il rapporto è organizzato come segue:

- La sezione 2 descrive come sono stati derivati ERR e DRR;
- La Sezione 3 stabilisce il modello utilizzato per monetizzare i risparmi da una cattiva salute evitata;
- la Sezione 4 definisce le caratteristiche chiave del modello per la valutazione dei costi;
- la Sezione 5 sintetizza i metodi utilizzati per la revisione degli impatti ambientali;
- la Sezione 6 descrive le attività di consultazione intraprese nell'ambito di questo studio;
- la Sezione 7 sintetizza la revisione delle relazioni sulla sicurezza chimica REACH (CSR); e
- La Sezione 8 fornisce un confronto tra questo studio e un rapporto recentemente completato da RPA e FoBiG per ETUI (2017).

L'allegato I presenta esempi di questionari e domande di intervista

1. First study to collect updated information for a limited number of chemical agents with a view to analyse the health, socio-economic and environmental impacts in connection with possible amendments of Directive 2004/37/EC on the protection of workers from the risks related to exposure to carcinogens or mutagens at work 

2. Second study to collect updated information for a limited number of chemical agents with a view to analyse the health, socio-economic and environmental impacts in connection with possible amendments of Directive 2004/37/EC 

3. Third study on collecting most recent information for a certain number of substances with the view to analyse the health, socio-economic and environmental impacts in connection with possible amendments of Directive 2004/37/EC. Final Report for inorganic arsenic compounds incl. arsenic acid and its salts.

Fonte: EU

Collegati:

Uso degli esoscheletri e sicurezza e salute sul lavoro

ID 9032 | | Visite: 3737 | Documenti Sicurezza UE

ESOSCHELETRI

L’impatto dell’uso degli esoscheletri sulla sicurezza e salute sul lavoro

EU-OSHA, 27.08.2019

Il documento di discussione esamina il ruolo che gli esoscheletri possono avere nell’ambiente lavorativo del futuro e l’impatto del loro utilizzo sulla sicurezza e salute dei lavoratori. Esso analizza il possibile ruolo degli esoscheletri nella prevenzione dei disturbi muscoloscheletrici, affrontando nel contempo i rischi potenziali che potrebbe comportare il loro impiego in diversi ambiti.

Il documento riconosce le incertezze in merito ai loro effetti a lungo termine sulla salute e le difficoltà nella creazione di una certificazione uniforme, e rileva la necessità di studi più esaustivi. È inoltre oggetto di discussione la gerarchia delle misure di prevenzione da considerare nella progettazione dei luoghi di lavoro futuri, piuttosto che basarsi sugli esoscheletri al fine di creare ambienti di lavoro ergonomici.

Fonte: EU OSHA

Collegati:

Ritardanti di fiamma alogenati in ambienti di lavoro

ID 9021 | | Visite: 3329 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Procedura

Procedura sperimentale per la determinazione di ritardanti di fiamma alogenati presenti in ambienti di lavoro

INAIL, 02.09.2019

I ritardanti di fiamma alogenati sono impiegati in comuni oggetti o materiali facilmente infiammabili per ridurre, in caso di incendio, lo sviluppo di fumo e contenere la propagazione della fiamma.

A seguito dell’emanazione della Convenzione di Stoccolma, nella quale alcuni ritardanti di fiamma tossici e bioaccumulabili sono stati dichiarati proibiti, sono stati introdotti nuovi composti di struttura simile i quali, quindi, si suppone abbiano analoga tossicità.

Al fine di monitorare impianti di riciclaggio e smaltimento di apparecchiature elettriche ed elettroniche, è descritto un metodo analitico per l’analisi contemporanea di ritardanti di fiamma di vecchia e nuova generazione.

...

I ritardanti di fiamma negli ambienti di lavoro

I ritardanti di fiamma vengono rilasciati nell’ambiente in fase di produzione, di utilizzo, nonché durante lo smaltimento degli oggetti in cui sono presenti. Oltre agli addetti alla produzione delle miscele contenenti i ritardanti di fiamma, anche i lavoratori nel settore delle materie plastiche, delle pelli ignifughe per arredamento, degli interni auto, dei tessili (lana, cotone, poliesteri), dei trattamenti superficiali del legno, dell’edilizia dove si utilizzano schiume poliuretaniche a spruzzo per l’isolamento interno ed esterno, di seminterrati, soffitti e pavimenti possono essere esposti a rischi causati dalla presenza di ritardanti di fiamma.
Particolare attenzione va sicuramente posta ai siti di smaltimento di dispositivi elettrici ed elettronici, dove può esserci anche il rilascio dei composti ormai banditi per legge.

_____

Indice

Premessa
1. Introduzione
1.1. I ritardanti di fiamma negli ambienti di lavoro
1.2. Impianti di smaltimento di apparecchiature elettriche ed elettroniche
2. Ritardanti di fiamma alogenati in studio
2.1. Policlorobifenili (PCB)
2.2. Polibromobifenil eteri (PBDE)
2.3. 1,2,5,6,9,10-Esabromociclododecano (HBCD)
2.4. Nuovi ritardanti di fiamma bromurati (NBFR)
2.4.1. Esaclorociclopentadienildibromociclottano (HCDBCO)
2.4.2. 1,2-Dibromo-4-(1,2-dibromoetil)cicloesano (TBECH)
2.4.3. 1,2,5,6-Tetrabromocicloottano (TBCO)
2.4.4. Ritardanti di fiamma tribromofenossi
2.4.4.1. 1,2-Bis(2,4,6-tribromofenossi)etano (BTBPE)
2.4.4.2. 2,3-Dibromopropil-2,4,6-tribromofenil etere (DPTE)
2.4.4.3. 2,4,6-Tribromofenilallil etere (ATE)
2.4.5. Ritardanti di fiamma tetrabromo ftalati e tetrabromobenzoati
2.4.5.1. Bis(2-etilesil)tetrabromoftalato (TBPH) e 2-etil-esil-2,3,4,5-tetrabromo benzoato (TBB)
2.4.6. Ritardanti di fiamma bromurati aromatici
2.4.4.1. Esabromobenzene (HBB)
2.4.4.2. 2,3,4,5,6-Pentabromoetilbenzene (PBEB)
3. Determinazione di ritardanti di fiamma alogenati in campioni di materiale particolato
3.1. Campionamento in un impianto RAEE
3.2. Analisi dei ritardanti di fiamma
3.2.1. Estrazione e purificazione in ASE
3.2.2. Analisi in GC-NCI/MS
3.2.3. Analisi quantitativa
3.2.4. Materiale Standard di Riferimento (SRM) NIST 2585
4. Conclusioni
5. Bibliografia

Fonte: INAIL

Collegati:

Professioni sanitarie: Decreto con Elenchi speciali

ID 8995 | | Visite: 3410 | News Sicurezza

Professioni sanitarie: Decreto con gli Elenchi speciali per 18 categorie professionali

Update 10.09.2019

Pubblicato sulla GU Serie Generale n.212 del 10-09-2019 il Decreto 9 agosto 2019 Istituzione degli elenchi speciali ad esaurimento istituiti presso gli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.

_______

Il ministro della Salute, Giulia Grillo, ha firmato il decreto che istituisce gli Elenchi speciali ad esaurimento per gli operatori sanitari che non possono iscriversi agli Albi professionali delle professioni sanitarie a causa della mancanza dei requisiti formativi previsti dalla normativa vigente.

Il decreto individua i requisiti e i titoli che si devono possedere per essere iscritti in tali Elenchi. In questo modo si realizza un sistema completamente regolamentato in cui soltanto chi è iscritto negli Albi professionali o negli Elenchi speciali ad esaurimento potrà operare.

L’iscrizione negli Elenchi, prevista dai commi 537 e 538 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019, dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2019.

È prevista l’istituzione di ‘Elenchi speciali ad esaurimento presso gli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione  per:

Tecnico sanitario di laboratorio biomedico; Tecnico audiometrista; Tecnico audioprotesista; Tecnico ortopedico; Dietista; Tecnico di neurofisiopatologia; Tecnico fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare; Igienista dentale; Fisioterapista; Logopedista; Podologo; Ortottista e assistente di oftalmologia; Terapista della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva; Tecnico della riabilitazione psichiatrica; Terapista occupazionale; Educatore professionale; Tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro; Massofisioterapisti.

...

Fonte: Quotidiano Sanità

Decreto 13 agosto 2019

ID 8978 | | Visite: 9077 | News Sicurezza

Decreto 13 agosto 2019

Decreto 13 agosto 2019: Nuovo Regolamento Steward

Il Decreto 3 Agosto 2019 (GU n. 197 del 23.08.2019) che abroga il precedente Decreto 8 agosto 2007, stabilisce i requisiti, le modalità di selezione e la formazione del personale incaricato dei servizi di controllo dei titoli di accesso agli impianti sportivi ove si svolgono competizioni calcistiche "steward", di accoglienza e instradamento degli spettatori e di verifica del rispetto del regolamento d’uso degli impianti medesimi e le modalità di collaborazione con le forze dell’ordineIstituito il libretto professionale personale dello "steward".

Decreto 13 agosto 2019 | MIT

Modifica del decreto 8 agosto 2007, recante «Organizzazione e servizio degli steward negli impianti sportivi».

(GU Serie Generale n.197 del 23-08-2019)

[box-note]Decreto 13 agosto 2019

Art. 1. Oggetto e ambito di applicazione

1. Il presente decreto, in attuazione dell’art. 2 -ter , comma 1 del decreto-legge n. 8 del 2007, stabilisce:

a) i requisiti, le modalità di selezione e la formazione del personale incaricato dei servizi di controllo dei titoli di accesso agli impianti sportivi ove si svolgono competizioni calcistiche, di accoglienza e instradamento degli spettatori e di verifica del rispetto del regolamento d’uso degli impianti medesimi;
b) le modalità di collaborazione del personale di cui alla lettera a) con le forze dell’ordine.

2. Il presente decreto, ai sensi dell’art. 2 -ter , comma 2 del decreto-legge n. 8 del 2007, individua, altresì, i servizi ausiliari dell’attività di polizia, relativi ai controlli nell’ambito dell’impianto sportivo, che possono essere affidati al personale di cui al comma 1, per il cui espletamento non è richiesto l’esercizio di pubbliche potestà o l’impiego operativo di appartenenti alle Forze di polizia.

3. Il presente decreto si applica agli impianti sportivi ove si svolgono competizioni calcistiche professionistiche, nonché agli impianti sportivi ove si svolgono competizioni calcistiche dilettantistiche aventi capienza superiore a 7.500 posti.[box-note]

Decreto 13 agosto 2019

...
Art. 8. Entrata in vigore e abrogazioni 

1. Il presente decreto entrerà in vigore il 20 agosto 2019. 

2. Il decreto del Ministro dell’interno 8 agosto 2007 è abrogato a decorrere dal 20 agosto 2019.

Decreto attuativo Art. 2-ter c. 1 Legge 4 aprile 2007 n. 41

Art. 2-ter della legge 4 aprile 2007 n. 41 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, recante misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche. (GU n.80 del 05-04-2007)
...
Art. 2-ter. Norme sul personale addetto agli impianti sportivi

1. Con decreto del Ministro dell’interno, (Decreto 8 Agosto 2007 abrogato dal presente Decreto 13 agosto 2019 - ndrda emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti i requisiti, le modalità di selezione e la formazione del personale incaricato dei servizi di controllo dei titoli di accesso agli impianti sportivi, nonché di instradamento degli spettatori e di verifica del rispetto del regolamento d’uso degli impianti medesimi. Il medesimo decreto stabilisce le modalità di collaborazione con le forze dell’ordine.
Il decreto e' sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti che vi provvedono entro sessanta giorni. Decorso tale termine, il decreto può essere egualmente emanato.

2. Le società sportive e incaricate dei servizi di cui al comma 1 comunicano i nominativi del personale da impiegare nei predetti servizi al prefetto della provincia che, se constata la mancanza dei requisiti per taluni soggetti, ne dispone il divieto di impiego comunicandolo alla società.

_______

Collegati

Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 21563 | 21 agosto 2019

ID 8973 | | Visite: 2216 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione civile

Cassazione Civile, Sez. Lav. 21 agosto 2019 n. 21563

Incombe sul datore di lavoro l'onere probatorio ai fini dell'esclusione della natura professionale delle malattie e della causa lavorativa degli infortuni

Civile Sent. Sez. L Num. 21563 Anno 2019

Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: GHINOY PAOLA
Data pubblicazione: 21/08/2019

Ritenuto

1. La Corte d'appello di Trieste confermava la sentenza del Tribunale di Pordenone che aveva rigettato le domande proposte da Electrolux professional s.p.a. finalizzate ad ottenere l'annullamento del certificato di variazione Inail del 10/12/2007 e in parte del certificato del 8/5/2008 e la rideterminazione del tasso applicabile, con esclusione degli infortuni e delle malattie che assumeva di origine non professionale, con condanna dell' Inail al rimborso dei maggiori premi versati rispetto a quelli che assumeva dovuti.
2. La Corte territoriale, premessa la legittimazione ad agire della ricorrente per contestare giudizialmente l'indennizzabilità di determinati infortuni o la natura professionale di malattie dei dipendenti, ove tale indennizzabilità si ponga quale presupposto della misura del premio dovuto dal datore di lavoro, riteneva che la società ricorrente non avesse assolto gli oneri probatori posti a tale fine a suo carico. Di conseguenza, condivisibilmente il Tribunale non aveva ammesso la richiesta c.t.u., in quanto meramente esplorativa.
3. Per la cassazione della sentenza Electrolux professional s.p.a. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, cui ha resistito l'Inail con controricorso.
4. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

Considerato

5. Come primo motivo di ricorso la società deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del d.p.r. n. 1124 del 1965 e degli articoli 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. . Sostiene che nel rapporto tra datore di lavoro e Inail sia quest'ultimo a dover fornire la prova dell' origine professionale della malattia e dell' indennizzabilità degli eventi che hanno determinato l'aumento del premio. Argomenta di avere contestato sin dal momento della denuncia obbligatoria l'origine professionale degli eventi dannosi, denunciati solo per obbligo di legge. Aggiunge che la documentazione in atti sarebbe idonea a comprovare se gli eventi contestati siano meno riconducibili a infortuni lavorativi o malattia professionale, previa valutazione tramite apposita consulenza medico-legale. Riporta il contenuto della documentazione che era stata prodotta in corso di causa.
6. Come secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 c.c., 115, 61 e 62 c.p.c. e sostiene che erroneamente la Corte d'appello avrebbe ritenuto esplorativa la richiesta c.t.u. medico-legale, mentre la stessa era volta ad accertare in base al concreti elementi dedotti la natura non professionale dei singoli infortuni e malattie. Si trattava quindi di c.t.u. con funzione deducente o comunque percipiente, perché solo l'analisi di un consulente in base a criteri medico-legali può determinare la sussistenza della causa lavorativa degli eventi morbosi.
7. Come terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del d.p.r. n. 1124 del 1965 e degli articoli 2697 c.c. ,115 e 116 c.p.c. e riferisce che la Corte d'appello per quanto riguarda tre delle posizioni contestate sarebbe stata già in grado di svolgere in base documenti presenti in atti la diretta valutazione in punto di sussistenza o meno dei presupposti per il riconoscimento del singolo evento come infortunio o malattia, anche senza una valutazione medica, che non è avvenuta.
8. Il ricorso non è fondato.
In relazione al primo motivo, occorre ribadire che il datore di lavoro che - in presenza di oneri effettivamente sostenuti dall'I.N.A.I.L. per l'erogazione di prestazioni assicurative ai lavoratori dell'azienda, per un ammontare tale da implicare oscillazione in aumento del tasso specifico aziendale - assuma di essere tenuto al versamento di un premio di importo inferiore a quello preteso dall'Istituto stesso, assume necessariamente la giuridica inefficacia, nei propri confronti, del fatto costitutivo di siffatta pretesa, solo in tal guisa potendo sottrarsi alle obbligazioni nascenti dal rapporto di assicurazione e dalla specifica disciplina della determinazione dei premi. Ne consegue, in applicazione dei criteri di distribuzione dell'onere della prova dettati dall'art. 2697 cod. civ., che incombe al datore di lavoro l'onere di fornire al giudice la dimostrazione dei fatti sui quali fonda la propria eccezione o la propria domanda (così Cass. n. 17781 del 02/09/2004, Cass. n. 8247 del 11/09/1996, n. 778 del 23/01/1995).
9. La Corte territoriale si è attenuta a tale principio, e, sulla scorta dell'esame del compendio probatorio fornito dal datore di lavoro, ha ritenuto che tale onere non fosse stato assolto.
10. I motivi si risolvono quindi in una richiesta di rivisitazione dell'esito della valutazione sul merito della causa, che può essere compiuta in questa sede di legittimità solo nei limiti delineati dall'art. 360 n. 5 c.p.c.
11. Al presente giudizio si applica però ratione temporis la formulazione dell'art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. introdotta dall'art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha ridotto al "minimo costituzionale" il sindacato di legittimità sulla motivazione, nel senso chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014, secondo il quale la lacunosità e la contraddittorietà della motivazione possono essere censurate solo quando il vizio sia talmente grave da ridondare in una sostanziale omissione, né può fondare il motivo in questione l'omesso esame di una risultanza probatoria, quando essa attenga ad una circostanza che è stata comunque valutata dal giudice del merito.
12. E' da escludere che nel caso ci si trovi innanzi a una delle indicate patologie estreme dell'apparato argomentativo, considerato che gli aspetti valorizzati nel ricorso sono stati esaminati dalla Corte territoriale, ma ritenuti superati dalle ulteriori risultanze o comunque non decisivi. Ne deriva che sotto nessun profilo la motivazione può dirsi omessa, né può quindi procedersi in questa sede a nuova valutazione delle medesime circostanze.
13. Con riferimento al secondo motivo, si ribadisce che la consulenza tecnica non costituisce un mezzo di prova in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati. (Cass. n. 10373 del 12/04/2019, Cass. n. 30218 del 15/12/2017, Cass. n. 15219 del 05/07/2007).
14. Fa eccezione il caso in cui la decisione della controversia dipenda unicamente da fatti accertabili soltanto mediante uso di particolari cognizioni tecniche (cioè dipenda da una CTU percipiente): in tale evenienza non può il giudice da un lato non utilizzare le nozioni tecniche di comune conoscenza e neppure disporre (anche d'ufficio) indagini tecniche e, dall'altro, respingere la domanda perché non risultano provati i fatti che avrebbero potuto accertarsi soltanto con l'impiego di conoscenze tecniche (giurisprudenza costante: cfr., ex aliis, Cass. n. 12884/16; Cass. n. 17399/15; Cass. n. 4853/07).
15. L'evenienza da ultimo descritta non si verifica nel caso in esame, nel quale la Corte territoriale ha ritenuto che, pacifico essendo che i lavoratori fossero affetti dalle denunciate malattie, al fine di escludere la natura professionale delle malattie e la causa lavorativa degli infortuni, il datore di lavoro avrebbe dovuto dimostrare le concrete modalità di accadimento dei primi e le caratteristiche dell'attività produttiva, il che non aveva fatto.
16. La conclusione vale a maggior ragione per le malattie professionali, che la Corte riferisce essere nella quasi totalità tabéllate, sicché il datore di lavoro avrebbe dovuto fornire la prova dell'esistenza di fattori patogeni extralavorativi, dotati di efficacia esclusiva, idonei a superare la presunzione legale di eziologia professionale (Cass. n. 13024 del 24/05/2017).
17. Né il ricorso offre elementi significativi per ritenere che siano stati ignorati fatti decisivi nel senso proposto, riproponendosi il contenuto dei documenti degli atti che sono stati già valutati dal giudice di merito.
18. Anche il terzo motivo di ricorso, per le stesse ragioni, risulta pertanto inammissibile.
19. Segue coerente il rigetto del ricorso.
20. Le spese, liquidate come da dispositivo in ragione del valore e della complessità della controversia, seguono la soccombenza.
21. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.



P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 5000,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28.5.2019

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Civile Sent. Sez. L Num. 21563 Anno 2019.pdf
 
292 kB 7

DM 24 maggio 2002 | Testo consolidato 2019

ID 8021 | | Visite: 9765 | Prevenzione Incendi

DM24052002

DM 24 maggio 2002 | Testo consolidato 2019

Norme di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione stradale di gas naturale per autotrazione.

Testo consolidato 2019 decreto 24 maggio 2002 con le modifiche successive introdotte dal D.M. 27 gennaio 2006, D.M. 11 settembre 2008, dal D.M. 31 marzo 2014 e dal DM 12 marzo 2019.

Riservato Abbonati: Sicurezza, 2X, 3X, 4X, Full, il Testo Consolidato 2019 del DM 24 maggio 2002 pdf in Allegato.

Il testo consolidato 2019 tiene conto inoltre, della modifica di cui della recente modifica di cui al:

Decreto 12 Marzo 2019 - Modifiche ed integrazioni al decreto 24 maggio 2002, recante: «Norme di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione stradale di gas naturale per autotrazione».

(GU Serie Generale n.67 del 20-03-2019)

Entrata in vigore: 19.04.2019

...

Il testo consolidato tiene conto delle Modifiche/integrazioni a Marzo 2019:

DM Interno 24 maggio 2002
Norme di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione stradale di gas naturale per autotrazione 
(Gazzetta Ufficiale n. 131 del 06/06/2002) 

Decreto del Ministero dell’Interno 28/06/2002
Rettifica dell’allegato al decreto 24/05/2002, recante norme di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione stradale di gas naturale per autotrazione 
(Gazzetta Ufficiale n. 161 del 11/07/2002) 

Decreto del Ministero dell’Interno 27/01/2006 – articolo 5 – comma 2 
Requisiti degli apparecchi, sistemi di protezione e dispositivi utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva, ai sensi della direttiva n. 94/9/CE, presenti nelle attività soggette ai controlli antincendio 
(Gazzetta Ufficiale n. 32 del 08/02/2006) 

Decreto del Ministero dell’Interno 11/09/2008
Modifiche ed integrazioni al decreto del Ministero dell’Interno 24/05/2002, recante norme di prevenzione degli incendi e di progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione stradale di gas naturale per autotrazione 
(Gazzetta Ufficiale n. 232 del 03/10/2008) 

Decreto del Ministero dell’Interno 31/03/2014
Modifiche ed integrazioni al decreto 24/05/2002, recante norme di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione stradale di gas naturale per autotrazione
(Gazzetta Ufficiale n. 83 del 09/04/2014) 

Decreto 12 Marzo 2019 - Modifiche ed integrazioni al decreto 24 maggio 2002
Norme di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione stradale di gas naturale per autotrazione
(GU Serie Generale n.67 del 20-03-2019)

....

Attività n 13 del DPR 01/08/2011 n. 151 – Criteri di assoggettabilità

Impianti fissi di distribuzione carburanti per l’autotrazione, la nautica e l’aeronautica; contenitori - distributori rimovibili di carburanti liquidi:

a) Impianti di distribuzione carburanti liquidi;

b) Impianti fissi di distribuzione carburanti gassosi e di tipo misto (liquidi e gassosi)

 

 

ATTIVITÀ (DPR 151/2011)

CATEGORIA

A

B

C

13

Impianti fissi di distribuzione carburanti per l’autotrazione, la nautica e l’aeronautica; contenitori-distributori rimovibili di carburanti

 

 

 

a) Impianti di distribuzione carburanti liquidi

Contenitori distributori rimovibili e non di carburanti liquidi fino a 9 mc con punto di infiammabilità superiore a 65 °C

Solo liquidi combustibili,

Tutti gli altri

b) Impianti fissi di distribuzione carburanti gassosi e di tipo misto (liquidi e gassosi) 

 

 

Tutti

Equiparazione con le attività di cui all’allegato ex DM 16/02/82

7

Impianti di distribuzione di gas combustibili per autotrazione

18

Impianti fissi di distribuzione di benzina, gasolio e miscele per autotrazione ad uso pubblico e privato con o

senza stazione di servizio

Principali differenze fra le attività di equiparazione

La nuova attività unifica sostanzialmente le precedenti, vengono però distinti due gruppi: distributori di soli carburanti liquidi - gruppo a) - e distributori di carburanti gassosi e di tipo misti - gruppo b) - .

La nuova attività fa esplicitamente riferimento anche ai distributori fissi per la nautica e l’aeronautica. La nuova attività richiama esplicitamente anche i contenitori-distributori rimovibili di carburanti liquidi.

Stato normativo

I gas combustibili che per lo più vengono utilizzati attualmente per il rifornimento degli automezzi sono il gpl ed il gas naturale.

Per quanto attiene il rifornimento stradale di gas naturale il decreto di riferimento è, adesso, il DM 24/05/02 che ha sostituito i seguenti decreti che si sono nel tempo succeduti: il DM 08/06/93 e la parte terza del DM 24/11/84.

Il DL 31 maggio 2010 dà la possibilità di installare piccoli impianti di distribuzione di gas naturale (VRA), senza serbatoio di accumulo, senza necessità di  autorizzazione  in  materia  di prevenzione  incendi per gli impianti aventi una portata di ricarica inferiore a 3 Nm3/h; le misure antincendio sono riportate nel DM 30/04/2012.

La difficoltà di alcuni siti di essere raggiunti dalle condotte di gas naturale, ha portato all’emanazione della lettera circolare 21/03/2013 n. 3819 che riporta le misure antincendio per impianti di alimentazione di gas naturale liquefatto (GNL), con serbatoio criogenico fuori terra, a servizio di stazioni di rifornimento di gas naturale compresso (GNC) per autotrazione

Un altro combustibile gassoso previsto per l’autotrazione è l’idrogeno; per gli impianti di distribuzione che lo utilizzano è stato prima emanato il DM 31/08/2006, successivamente sostituito dal DM 23 ottobre 2018.

Il progressivo aumento del numero di veicoli elettrici ed il previsto aumento delle infrastrutture di ricarica di tali veicoli, hanno reso necessaria la valutazione del possibile rischio di incendio e/o di esplosione connesso all’uso di tali infrastrutture, in particolare se installate nell’ambito di attività soggette al controllo dei vigili del fuoco; per tali motivi è stata emanata la Circolare 05/11/18, n. 2 - prot. n. 15000 con allegate le “Linee guida per l’installazione di infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici.

Certifico Srl - IT | 2019
©Copia autorizzata Abbonati

 ______

Collegati:

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato DM 24 maggio 2002 Testo consolidato 2019.pdf
Certifico Srl - Ed. 1.0 Marzo 2019
1400 kB 55

Lavoro accessorio e TUS

ID 5565 | | Visite: 10947 | Documenti Riservati Sicurezza

 Lavoro accessorio tus

Prestazioni di lavori accessorio e applicazioni norme TUS

Documento allegato sulle prestazioni di lavoro accessorio (voucher) e applicazione norme del D.Lgs. 81/2008

In materia di prestazioni di lavoro accessorio (voucher), l'art. 3, c. 8, D.Lgs. n. 81/2008 (così come modificato dal D.Lgs. n. 151/2015), stabilisce che:

Prestazione lavoro accessorio 00

Regime di pena tutela

Vige pertanto, l'applicazione del regime di tutela piena del D.Lgs. n. 81/2008, quando il lavoro è prestato a favore di un soggetto avente la qualifica di imprenditore o di professionista, indipendentemente dalla natura subordinata o meno del rapporto.

Prestazione lavoro accessorio 01

Regime di tutela limitata del lavoro accessorio negli altri casi
 
L'art. 3, c. 8, del D.Lgs. n. 81/2008, stabilisce che “Negli altri casi si applicano esclusivamente le disposizioni di cui all'articolo 21” (non si applica il regime di tutela pieno previsto per i lavoratori subordinati (e equiparati), bensì solo quello di tutela limitata che l'art. 21 dello stesso decreto accorda ai lavoratori autonomi e alcuni altri soggetti (es. collaboratori dell'impresa familiare)).
 
In tali casi, i lavoratori hanno l'obbligo di utilizzare le attrezzature di lavoro e i DPI in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III, e la facoltà di chiedere di beneficiare della formazione prevista per i lavoratori (art. 37 D.Lgs. n. 81/2008) e/o della sorveglianza sanitaria (art. 41 D.Lgs. n. 81/2008).

Casi di esclusione

Esclusi dal campo applicativo del D.Lgs. n. 81/2008, e dalle altre norme in materia:

- i piccoli lavori domestici a carattere straordinario;
- l'insegnamento privato supplementare;
- l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili.

Tale previsione si raccorda con quella dall'art. 2, c.1, lett. a) dello stesso decreto che esclude dal suo campo applicativo i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari (colf, badanti) i quali ricevono, pertanto, dall'ordinamento giuridico solo una tutela generale.

Divieto del lavoro accessorio nell'appalto

L'art. 48, c.6, del D.Lgs n. 81/2015, in ogni caso è vietato il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell'ambito dell'esecuzione di appalti di opere o servizi, fatte salve le specifiche ipotesi individuate con decreto del Ministero del lavoro, sentite le parti sociali, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto.

Tabella riassuntiva - Lavoro accessorio e sicurezza sul lavoro

Regimi di tutela

 

Art. 3, c. 8, D.Lgs. n. 81/2008

 

Ai prestatori di lavoro accessorio occupati da imprese e professionisti si applica il D.Lgs. n.81/2008 e le altre norme in materia di sicurezza sul lavoro.

Negli altri casi si applica il regime di tutela più limitato già previsto per i lavoratori autonomi dall'art. 21 del D.Lgs. n. 81/2008.

...

...

...

Computo numerico

Art. 4, c.1, lett. e), D.Lgs n. 81/2008

 

Ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il D.Lgs. n. 81/2008, fa discendere particolari obblighi non sono computati i lavoratori che svolgono prestazioni occasionali di tipo accessorio ai sensi degli artt. 70, e seguenti, del D.Lgs. n. 276/2003, nonché le prestazioni che esulano dal mercato del lavoro ai sensi dell'art. 74 del medesimo decreto  (D.Lgs. n. 81/2015).


segue in allegato

Elaborato Certifico Srl - IT | Rev. 00 2018


Collegati:

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Prestazioni di lavori accessorio e applicazioni norme TUS.pdf
Certifico Srl - Rev. 0.0 2018
282 kB 170

Radiazioni a radiofrequenze e tumori: sintesi delle evidenze scientifiche

ID 8903 | | Visite: 2517 | Documenti Sicurezza Enti

Rapporto ISTISAN 19 11

Radiazioni a radiofrequenze e tumori: sintesi delle evidenze scientifiche

Rapporto ISTISAN 19/11 - 22.07.2019

Le radiazioni a radiofrequenze (100 kHz-300 GHz) sono utilizzate nelle telecomunicazioni e in molte altre applicazioni biomediche e industriali, con esposizioni ubiquitarie negli ambienti di vita e di lavoro. Gli eventuali effetti nocivi di queste esposizioni, oggetto di un’intensa attività di ricerca, sono anche caratterizzati da una elevata percezione dei rischi da parte della popolazione, con conseguente richiesta di un’esauriente informazione.

Questo rapporto, indirizzato agli operatori del Servizio Sanitario Nazionale e del Sistema Nazionale delle Agenzie di Protezione Ambientale, vuole fornire una descrizione delle caratteristiche dell’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenze e una presentazione delle evidenze epidemiologiche e sperimentali sui rischi per la salute derivanti da queste esposizioni. Il rapporto è focalizzato in particolare sulla relazione tra le sorgenti che destano maggiore preoccupazione (telefoni cellulari, antenne radio-televisive, stazioni radio base e impianti WLAN/WiFi) e sugli effetti a lungo termine più rilevanti per la salute dell’uomo, i tumori.

Fonte: ISS

INL: risultati del primo semestre 2019

ID 8897 | | Visite: 1891 | News Sicurezza

INL: risultati del primo semestre 2019

Raddoppiate le sanzioni per appalto illecito e triplicate le denunce per caporalato

In attesa che vengano avviati gli iter concorsuali per le assunzioni autorizzate dalla legge di bilancio nell’intento di rafforzare la tutela della legalità nel mondo del lavoro, i risultati dei controlli effettuati e dei servizi resi al pubblico dagli Ispettorati del Lavoro nel primo semestre di quest’anno sono significativi di un ulteriore tendenziale progresso rispetto al già positivo andamento fatto registrare nel 2018.

Pur a fronte di un minor volume di ispezioni (-9%) consentito dalle risorse disponibili, gli indici di efficacia dell’attività di vigilanza risultano infatti crescenti a confronto di quelli del corrispondente periodo dello scorso anno.

Il tasso delle irregolarità riscontrate presso le imprese controllate è salito del 3% (dal 69 al 72% dei casi) come pure del 7,7% è aumentato il numero delle posizioni lavorative risultate irregolari (dalle 77.222 del 2018 alle attuali 83.191). In crescita del 14% (da 20.398 a 23.300) è anche il numero dei lavoratori “in nero” accertati mentre, in questa prima fase di attuazione della misura, sono stati 185 i percettori indebiti del “reddito di cittadinanza” individuati.

L’attività di contrasto è risultata parimenti e ancor più incisiva anche in ambiti di intervento più complessi ed insidiosi: è infatti più che raddoppiato (da 5.161 a 10.454) il numero dei lavoratori soggetti a forme di appalto e somministrazione illeciti e pressoché triplicato (da 150 a 413) quello dei lavoratori interessati da accertamenti in materia di distacco transnazionale illecito.

Le indagini svolte sul fronte della lotta al “caporalato” hanno altresì portato alla denuncia di 263 persone – 59 delle quali in stato d’arresto – in netto incremento rispetto alle 80 denunce dell’omologo periodo del 2018 e con una incidenza del fenomeno che si è confermata prevalente (147 denunce) nel settore agricolo.

In sensibile aumento sono anche i recuperi contributivi risultanti dall’attività di vigilanza previdenziale e assicurativa, di ammontare pari a 530 milioni di € superiore del 43% rispetto ai 351 milioni di € del corrispondente primo semestre del 2018.

Nella loro estrema sintesi, i dati riportati rendono chiara la misura della professionalità e dell’impegno con cui gli organi ispettivi si adoperano nel presidio del territorio a tutela dei diritti dei lavoratori e sono al tempo stesso indici di un efficace esercizio, da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, delle funzioni di analisi, pianificazione, coordinamento e condotta della vigilanza in materia di lavoro, legislazione sociale, contribuzione e assicurazione obbligatoria che ad esso fanno capo.

Roma, 2 agosto 2019

Fonte: INL

Nota VVF n. 4494 del 05.04.2019

ID 8884 | | Visite: 5632 | Prevenzione Incendi

D P R  n  151 2011 Serbatoi GPL uso agricolo

Nota VVF n. 4494 del 05.04.2019

VVF 24.07.2019

Assoggettabilità al D.P.R. n. 151/2011 per i serbatoi di GPL a servizio di imprenditori agricoli - Riscontro

La Legge 11 agosto 2014 n. 116 che ha convertito in legge il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 prevede alcuni interventi per il settore agricolo anche di natura antincendio: all'art. 1 bis di specifica: "Ai fini dell'applicazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, gli imprenditori agricoli che utilizzano depositi di prodotti petroliferi di capienza non superiore a 6 metri cubi, anche muniti di erogatore, ai sensi dell'articolo 14, commi 13-bis e 13- ter, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, non sono tenuti agli adempimenti previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151."

Tali disposizioni semplificative sono state recepite e correttamente applicate nei casi previste dalla norma in parola, ai contenitori-distributori mobili di gasolio (normalmente afferenti all'attività n. 13.1A) nonché dei depositi di olio di oliva (altrimenti ricompresi nel punto n. 12.1A) per effetto delle ulteriori modifiche apportate dalla Legge 28 luglio 2016, n. 154.

Da una attenta rilettura dell'art.14 comma 13 bis risultano parimenti esclusi dal campo di applicazione del D.P.R. n. 151/2011 tutti i depositi di prodotti petroliferi qualora a servizio di imprenditore agricolo come definito dall'art. 2135 del Codice Civile, e comunque nel limite volumetrico di mc 6 per ciascun deposito.

Ne consegue quindi necessariamente che anche i depositi di GPL a servizio di aziende agricole, ivi compresi gli allevamenti e le attività ricettive classificate come agriturismi, sono esclusi dagli obblighi amministrativi del D.P.R. n. 151/2011 in relazione all'attività 4.3A, qualora rientranti nei limiti volumetrici sopra richiamati.

Dal momento che tale semplificazione amministrativa non è di fatto utilizzata nella pratica, né la letteratura tecnica di prevenzione incendi sembra aver dato alcun risalto alla questione, prima di dare diffusione agli operatori del settore delle possibilità insite nella norma di cui in oggetto, si prega di voler far conoscere il parere di codesta Direzione Centrale anche per uniformità di indirizzo con gli altri Comandi territoriali.

Comandante Provinciale 

D.P.R. 151/2011 - Att. 4A/4B
Depositi di gas infiammabili in serbatoi fissi. Compressi, con capacità > 0,75 m3, disciolti o liquefatti con capacità > 0,3 m3.

Collegati

Schema DM 4° elenco agenti chimici lavoro All. XXXVIII DLgs 81/08

ID 8881 | | Visite: 8051 | Documenti Riservati Sicurezza

Schema DM 4 elenco agenti chimici lavoro

Schema DM 4° elenco agenti chimici lavoro All. XXXVIII  DLgs 81/08

Schema di Decreto dei Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Salute che aggiorna la tabella allegato XXXVIII al DLgs 81/2008 con i valori limite di esposizione ad agenti chimici.

Il documento che contiene i valori limite di esposizione ad agenti chimici per il recepimento della Direttiva 2017/164/UE comprende anche lettere di trasmissione, verbali della consultazione delle parti sociali del 17/7/2019, gli approfondimenti del Comitato Consultivo Valori Limite per il recepimento della Direttiva 2017/164/UE, le osservazioni di Confindustria, CNA, Confartigianato e Confcommercio.

______

Direttiva (UE) 2017/164 (XIV Direttiva particolare)

Direttiva (UE) 2017/164 della Commissione del 31 gennaio 2017 che definisce un quarto elenco di valori indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e che modifica le direttive 91/322/CEE, 2000/39/CE e 2009/161/UE della Commissione (XIV Direttiva particolare).

[...]

Articolo 7 

1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro 21 agosto 2018. 

Allegato

 

CE(1)

 

CAS(2)

 

NOME DELL'AGENTE CHIMICO

VALORI  LIMITE

 

 

Annotazione(3)

8ore(4)

Breve termine(5)

mg/m3(6)

ppm(7)

mg/m3(6)

ppm(7)

Manganese e composti inorganici del manganese
(espresso come manganese)

0,2(8)
0,05(9)

200-240-8

55-63-0

Trinitrato di glicerolo

0,095

0,01

0,19

0,02

cute

200-262-8

56-23-5

Tetracloruro di carbonio,tetracloro metano

6,4

1

32

5

cute

200-521-5

61-82-5

Amitrolo

0,2

200-580-7

64-19-7

Acido acetico

25

 10

50

 20

 200-821-6

 74-90-8

Cianuro di idrogeno
(espresso come cianuro)

1

0,9

 5

4,5

 cute

 200-838-9

 75-09-2

Cloruro di metilene diclorometano

 353,

 100

 706

 200

 cute

200-864-0

75-35-4

Cloruro di vinilidene,1,1-di­cloroetilene

 8

 2

 20

 5

 —

201-083-8

78-10-4

Ortosilicato ditetraetile

 44

5

 201-177-9

 79-10-7

Acido acrilico, acidoprop-2- enoico

29

10

59(10)

20(10)

201-188-9

79-24-3

Nitroetano

 62

 20

 312

 100

 cute

201-245-8

80-05-7

BisfenoloA,  4,4′-isopropili­dendifenolo

 2(8)

 —

 —

 —

 —

202-981-2

101-84-8

Difeniletere

7

1

14

2

203-234-3

104-76-7

2-etilesan-1-olo

5,4

1

203-400-5

106-46-7

1,4-diclorobenzene; p-diclorobenzene

12

2

60

10

cute

203-453-4

107-02-8

Acroleina, acrilaldeide; prop-2-enale

0,05

 0,02

0,12

0,05

 —

203-481-7

107-31-3

Formiato di metile

125

 50

250

100

cute


segue

(1) N. CE: Numero CE (Comunità europea) — identificatore numerico delle sostanze all'interno dell'Unione europea. 
(2) N. CAS: Chemical Abstract Service Registry Number (numero del registro del Chemical Abstract Service). 
(3) Un'annotazione che riporta il termine «cute» per un valore limite di esposizione professionale indica la possibilità di un assorbimento significativo attraverso la pelle.
(4) Misurato o calcolato in relazione a un periodo di riferimento di otto ore come media ponderata (TWA). 
(5) Livello di esposizione a breve termine (STEL). Valore limite oltre il quale non dovrebbe esservi esposizione e che si riferisce ad un periodo di 15 minuti, salvo diversa indicazione. 
(6) mg/m3: milligrammi per metro cubo d'aria. Per le sostanze chimiche in fase gassosa o di vapore il valore limite è espresso a 20 °C e 101,3 kPa. 
(7) ppm: parti per milione per volume di aria (ml/m3). 
(8) Frazione inalabile. 
(9) Frazione respirabile. 
(10) Valore limite di esposizione a breve termine in relazione a un periodo di riferimento di 1 minuto.

....

D.Lgs. 81/2008

Titolo IX SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I Protezione da agenti chimici

Art. 232. Adeguamenti normativi

1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici. Il Comitato è composto da nove membri esperti nazionali di chiara fama in materia tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, su proposta dell'Istituto superiore di sanità, dell'ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Il Comitato si avvale del supporto organizzativo e logistico della Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

2. Con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali, sono recepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatori predisposti dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori limite nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati XXXVIII, XXXIX, XL e XLI in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici pericolosi.

 ...

Fonte: CIIP

Collegati:

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Schema di DM esposizione agenti chimici.pdf
 
6194 kB 24

Valutazione rischio sismico luoghi di lavoro

ID 7701 | | Visite: 30909 | Documenti Riservati Sicurezza

Valutazione rischio sismico lavoro

Valutazione rischio sismico luoghi di lavoro

In allegato Documenti di inquadramento rischio sismico lavoro, plesso scolastico tipo e insediamento produttivo Documenti d'interesse, Modello di DVR Sismico Plesso scolastico formato doc (replicabile ad insediamenti produttivi).

Excursus

A causa dei terremoti che hanno recentemente colpito l’Italia, si è rivelato indispensabile considerare tra i rischi potenzialmente presenti negli ambienti di lavoro anche quello sismico.

Il D.Lgs. 81/08 da sempre riporta come obbligo non delegabile del datore di lavoro, nell’Art. 17, la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento di valutazione dei rischi. Inoltre il rischio sismico (terremoti) è presente nelle "Procedure standardizzate" di cui al D.M. 30 Novembre 2012 Modulo 2 INDIVIDUAZIONE DEI PERICOLI PRESENTI IN AZIENDA:

1 2 3 4 5 6
Famiglia di pericoli Pericoli Pericoli presenti Pericoli non presenti Riferimenti legislativi Esempi di incidenti e di criticità
--- ---        
Altre emergenze Inondazioni, allagamenti, terremoti, ecc.     D.Lgs. 81/08 s.m.i.
(Titolo I, Capo III, sez. VI)
- Cedimenti strutturali

Oltre ad una valutazione documentale progettuale e autorizzativa degli edifici, è prioritario effettuare una verifica della zona sismica in cui è presente la struttura.

L'età dell'edificio potrebbe essere comunque una discriminante sulla tipologia costruttiva.

Di rilievo i Documenti:

1. Linee di indirizzo riduzione vulnerabilità sismica impiantistica antincendio (VVF 2011)
2. Linee guida riduzione vulnerablità elementi non strutturali arredi e impianti (PC 2009)
3. Linee guida e scheda rilievo vulnerabiità elementi non strutturali scuole (CSLP 2009)
4. Linee di indirizzo interventi su edifici industriali monopiano non antisismici (PC 2012)
5. Valutazione vulnerabilità costruzioni uso produttivo in zona sismica (CSLP 2012)
6. Direttiva PdCM 9 febbraio 2011 (PdCM 2011)
7. Classificazione sismica e normativa antisismica (Certifico Srl - 2018)

DVR sismico plesso scolastico

DVR Sismico - Plesso scolastico

1. Metodologia del rischio sismico

Il rischio sismico, come gli altri rischi naturali, si esprime in funzione di tre parametri:

- PERICOLOSITA (caratteristica del sito)
- VULNERABILITA (caratteristica dell'edificio)
- ESPOSIZIONE (caratteristico delle attività svolte)

Quindi la formula classica del rischio R= f (P, D), utilizzando in “f” il fattore moltiplicativo R = P x D viene sostituita da una formula che, tenendo conto dei parametri sopra indicati diviene piu realistica: il danno D diverrà funzione della vunerabilità dell'edificio e dell'esposizione

R=P x (V x E)

PERICOLOSITA’
La Pericolosità sismica di un territorio è rappresentata dalla frequenza e dalla forza dei terremoti che lo potrebbero interessare, ovvero dalla sua sismicita. Tecnicamente è definita come la probabilità che in una data area ed in un certo intervallo di tempo (periodo di ritorno) si verifichi un evento sismico con assegnate caratteristiche. Essa è variabile non modificabile e il suo valore sarà ricavato dalle carte della pericolosità sismica definite per il territorio al livello statale e regionale (Vedi Fig. 1)

Mappa sismica IT
Zoom

Fig. 1 - Mappa Sismica IT 2006

Si veda per dettaglio: INGV

VULNERABILITA’
La Vulnerabilità sismica, definita come la predisposizione di una costruzione ad essere danneggiata, ovvero di partecipazione al movimento sismico e quindi la sua capacità di resistervi o meno, in funzione dei materiali e della morfologia costruttiva e della conformazione geometrica, è da stabilirsi tramite indagini e valutazioni specifiche, da parte dell'Ente proprietario, obbligatorio per l'art. 2, comma 3, dell'OPCM 3274/2003 ("è fatto obbligo di procedere a verifica, da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, pubblici e privati, sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuate collasso").

ESPOSIZIONE
L'Esposizione è influenzata dal numero di persone presenti, dalle attività svolte e dalle perdite subite in caso di sisma: anche questo è un parametro difficile da modificare. Si può intende l'importanza dei beni esposti al rischio o la tipologia di utenza che può essere coinvolta nei crolli a seguito di un evento sismico in termini di perdite di vite umane. Nel caso delle scuole l'utenza è da considerarsi basilare (edifici con notevole affollamento di ragazzi in età scolare, nella maggioranza dei casi minorenni).

lnoltre l'utilizzo quotidiano degli ambienti scolastici e la normale attività, in essi svolta, potrebbe esporre i presenti a rischi aggiuntivi, durante le attività sismiche, in relazione alle vulnerabilità di elementi non strutturali come scaffali, attrezzature ginniche, macchine operatrici negli istituti tecnici, questo parametro è legato alle modalità di gestione degli ambienti da parte del Datore di Lavoro. Per questo motivo viene fatta anche una valutazione specifica in relazione all'utilizzo.

2. Valutazione del rischio sismico

Per la valutazione del rischio sismico, analogamente alla classica matrice del rischio si adotta anche in questo caso una scala che varia da 1 a 4, dove 4 è il valore massimo (situazione peggiore) e 1 il valore minore (situazione migliore) per ciascuna delle entità indicate:

Valutazione rischio sismico 01

Quindi il valore di D sarà trovato mettendo a matrice V x E:

Valutazione rischio sismico 02

Il risultato di D servirà insieme al valore rintracciato sulle mappe della pericolosità sismica nazionale a trovare il valore del rischio sismico; D verrà messo a matrice con il valore di P e se ne dedurrà il rischio che sarà valutato secondo lo schema classico già definito per la valutazione del rischio in generale:

Valutazione rischio sismico 03

Il rischio sismico verrà valutato in base alle classi di valore e per ciascuna dovranno essere definire delle adeguate misure migliorative per abbassare il rischio.

Nel caso specifico del rischio sismico, esso è il risultato di indicatori che possono non essere modificabili, come ad esempio la pericolosità, su cui si può intervenire solo cambiando zona sismica. Altro parametro su cui è difficile intervenire è l'esposizione: per questo gli interventi andranno indirizzati sull'aumento degli indici di vulnerabilità degli edifici in uso.

Oltre però ad interventi di tipo strutturali si prevederanno azioni mirate a migliorare la gestione dell'uso quotidiano degli ambienti, anche con assidua attività di controllo e azioni mirate al miglioramento dell'efficacia della gestione dell'emergenza sismica.

Valutazione rischio sismico 04
...
segue Modello doc in allegato

DVR Sismico - Insediamento produttivo (memoria)

DVR Sismico Insediamento produttivo

(P. ARNAUD, F. BARPI, ecc)

In allegato è riportato, tra gli altri, un Documento che presenta una metodologia di valutazione del rischio sismico di insediamenti industriali che tiene in conto i fabbricati, le scaffalature e gli impianti ospitati al loro interno. La procedura proposta non entra nel merito delle calcolazioni da effettuare, ma individua un percorso logico e conseguenziale che permette di giungere ad una oggettiva valutazione del Rischio Sismico di ogni oggetto analizzato singolarmente e delle loro interazioni sismiche all’interno di un complesso industriale.

Trattasi di un’analisi integrata multicriteria di elevata complessità tecnica, in particolare nella valutazione degli impianti, ma soprattutto complessità normativa per la mancanza di una linea guida univoca che permetta ad un Datore di Lavoro di adempiere con semplicità senza necessariamente dipendere da numerose norme e dalle loro diverse interpretazioni. A titolo d’esempio non esiste ancora alcuna indicazione legislativa che chiarisca come redigere un DVR Sismico.

La metodologia proposta è stata applicata a numerosi casi di impianti industriali di notevole estensione e complessità, permettendo di giungere, in tempi relativamente brevi, alla definizione del Rischio Sismico, alla redazione del relativo DVR ed alla successiva programmazione delle diverse attività di adeguamento e miglioramento.

La memoria presenta le attuali novità e gli indirizzi in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro. Viene proposto, in maniera sintetica, un approccio metodologico per la valutazione del rischio sismico in applicazione del D.Lgs. 81/2008 “Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” art. 17, comma 1, lettera a) e art. 28 e s.m.i. ed in particolare sulla sicurezza dei luoghi di lavoro da prevedersi nell’ambito dell’aggiornamento continuo del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) di siti produttivi industriali.

La procedura tecnica di indagine, che trova coerenza nella normativa attualmente in vigore, consiste in una classificazione dei fabbricati dal punto di vista sismico tramite un censimento che, oltre a valutare la vulnerabilità sismica propria della struttura “esterna” (intesa come fabbricato edile, vedi la Figura 1), tiene in conto anche delle numerose strutture “interne”, quali quelle staticamente indipendenti (soppalchi) e/o accessorie ai fabbricati (pensiline, scale esterne), le scaffalature (pesanti e leggere) e gli impianti a servizio del fabbricato stesso o della produzione.

Stabilimento

Fig. 1 - Fabbricato tipo

Una delle principali problematiche che emerge quando si affronta la valutazione del rischio sismico per gli ambienti di lavoro, risiede nella complessità e nella scarsa chiarezza del quadro normativo.

Con l’emanazione della OPCM 3274/2003 sono state rese obbligatorie le verifiche della vulnerabilità sismica per gli edifici esistenti (strategici e rilevanti), con la precisazione che tali valutazioni fossero da effettuare su edifici progettati prima del 1984 o che appartenessero a porzioni di territorio soggette a riclassificazione sismica con incremento della pericolosità di base. Vanno altresì tenuti in opportuna considerazione i casi in cui eventuali cambiamenti della destinazione d’uso (anche senza lavori) abbiano portato ad un incremento della pericolosità sismica.

Tuttavia, l’aspetto più importante, è la mancata definizione di una strategia univoca relativa all’interpretazione e all’utilizzo degli esiti delle verifiche. Se da un lato, infatti, le verifiche sono obbligatorie, non altrettanto si può dire per gli interventi, che sono lasciati alla discrezionalità dei singoli soggetti (pubblici o privati).
Ovviamente ciò può non valere in casi specifici per i quali esistono indicazioni cogenti. Un esempio è il caso della Regione Emilia Romagna che, a seguito degli eventi sismici del 2012, ha imposto specifici obblighi per alcune tipologie di edifici ad uso produttivo. Tali obblighi riguardano i capannoni prefabbricati monopiano in calcestruzzo armato privi di collegamenti e/o danneggiati dal sisma, ubicati nei comuni individuati nell’Allegato 1 della L. 122/2012 e, più in generale, per tutti quei stabilimenti produttivi classificati sotto il D.Lgs. 105/2015 ( Direttiva Seveso III).

A seguito del terremoto emiliano è iniziata una sempre maggiore presa di coscienza, che ha portato a considerare tra i rischi potenzialmente presenti negli ambienti di lavoro, anche quello sismico. Inoltre, il D.Lgs. 81/2008, secondo quanto indicato nell’art. 63 e nell’allegato IV, richiede che gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro o qualunque altra opera e struttura presente nel luogo di lavoro, garantiscano una stabilità e solidità corrispondenti al loro tipo d’impiego ed alle caratteristiche ambientali. Da questa semplice evidenza per il Datore di Lavoro risulta quindi obbligatorio e necessario valutare anche il sisma tra le possibili fonti di rischio al momento della redazione e/o dell’aggiornamento del DVR.

La memoria presenta le attuali novità e gli indirizzi in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro. Viene proposto, in maniera sintetica, un approccio metodologico per la valutazione del rischio sismico in applicazione del D.Lgs. 81/2008“Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” art. 17, comma 1, lettera a) e art. 28 e s.m.i. ed in particolare sulla sicurezza dei luoghi di lavoro da prevedersi nell’ambito dell’aggiornamento continuo del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) di siti produttivi industriali.

La procedura tecnica di indagine, che trova coerenza nella normativa attualmente in vigore, consiste in una classificazione dei fabbricati dal punto di vista sismico tramite un censimento che, oltre a valutare la vulnerabilità sismica propria della struttura “esterna” (intesa come fabbricato edile, vedi la Figura 1), tiene in conto anche delle numerose strutture “interne”, quali quelle staticamente indipendenti (soppalchi) e/o accessorie ai fabbricati (pensiline, scale esterne), le scaffalature (pesanti e leggere) e gli impianti a servizio del fabbricato stesso o della produzione.

La metodologia utilizzata proposta si può sintetizzare nei seguenti passaggi:

a) Valutazioni preliminari
Nell'ambito di uno stabilimento industriale, ancor prima di iniziare il censimento dei fabbricati e degli impianti, occorre individuare le principali fonti di pericolo sismico che, generalmente, riguardano:
- fabbricati principali (eventualmente aggregati in blocchi edilizi in base alle potenziali interazioni);
- fabbricati secondari;
- strutture staticamente indipendenti (scale di sicurezza, tettoie, soppalchi, carriponti, gru indipendenti, strutture accessorie ecc.), vedi la Figura 2;
- scaffalature;
- impianti (acqua potabile e industriale, antincendio, gas vari, aria compressa, ecc.).

b) Censimento dei fabbricati e degli impianti
Effettuate le valutazioni preliminari, si provvede al dettagliato censimento di tutte le fonti di pericolo sismico precedentemente individuate. In questa fase, per ciascuna struttura o impianto, vengono raccolte, in opportune schede, tutte le informazioni disponibili (dati geometrici principali, tipologie strutturali, materiali, eventuali danneggiamenti e degradi, documentazione di progetto, esecuzione o collaudo disponibile, ecc..). Per le sole opere rilevanti e/o strategiche saranno compilate le Schede di Livello 0 (se non ancora disponibili). Tutte le schede, invece, dovranno contenere una prima valutazione speditiva delle più evidenti fonti di rischio rilevate durante i sopralluoghi. Tali valutazioni speditive preliminari risultano di fondamentale importanza in quanto permettono:

- l’eventuale immediata rimozione di modeste fonti di rischio (ad esempio, ancoraggi carenti nelle scaffalature);
- l’organizzazione delle successive analisi in base a criteri di priorità;
- una prima stima e programmazione delle indagini sperimentali atte a definire le caratteristiche meccaniche dei materiali.

c) Valutazioni speditiva della vulnerabilità sismica
Un insediamento industriale implica normalmente la presenza di un numero considerevole di fabbricati ed impianti ed è quindi necessaria una prima campagna di valutazione speditiva della vulnerabilità sismica.

I risultati di tale indagine permettono di ottenere un quadro d’insieme del livello di rischio all’interno dell’insediamento attraverso un indicatore qualitativo (rischio basso, medio, alto o altissimo) che determina le successive priorità di indagine e l’approfondimento che le stesse dovranno avere.

d) Valutazione approfondita della vulnerabilità sismica
Sulla base dei livelli di rischio evidenziati nella valutazione speditiva e dell’effettiva importanza di ciascuna struttura o impianto, in base a criteri di priorità determinati, si procede con le verifiche approfondite di vulnerabilità sismica (ad esempio con analisi numeriche FEM). Tali verifiche, generalmente da fare per un numero limitato di strutture, permettono di avere una valutazione precisa e puntuale del livello di sicurezza atteso in base alle norme tecniche vigenti (attualmente le NTC 2008).

Diventa quindi possibile evidenziare le specifiche carenze strutturali e/o impiantistiche e programmare gli eventuali interventi di miglioramento e di adeguamento.

e) Definizione del livello di rischio, redazione del Documento di Valutazione del Rischio Sismico (DVR) e programmazione degli interventi di mitigazione
A seguito delle valutazioni di vulnerabilità (siano esse speditive o approfondite) sono quindi disponibili le stime del rischio sismico (qualitative o approfondite) sulla base delle quali possono essere evidenziati, attraverso la redazione di uno specifico DVR con approccio matriciale, gli specifici rischi sismici presenti presso il sito industriale in esame, una loro classificazione (sulla base della Pericolosità sismica del luogo, della Vulnerabilità sismica delle strutture, degli impianti e delle scaffalature e della loro Esposizione nell’ambito dei processi produttivi dell’Azienda), nonché la programmazione di un Piano di Miglioramento previsto per legge.

Tale piano consentirà di eliminare o mitigare le fonti di rischio precedentemente analizzate secondo un preciso susseguirsi di interventi programmati con un loro ordine temporale e di priorità.
...
segue in allegato
...
Quadro normativo D.Lgs. n. 81/2008

D.Lgs. n. 81/2008
...
Titolo II LUOGHI DI LAVORO

Capo I Disposizioni generali

Art. 63. Requisiti di salute e di sicurezza

1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV.

2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili.

3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posi di lavoro utilizzati da lavoratori disabili.

4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.

5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.

6. Comma abrogato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.

Art. 64 “Obblighi del datore di lavoro”: 

1. Il datore di lavoro provvede affinché:

a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'articolo 63, commi 1, 2 e 3;

b) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;

c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;

d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;

e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.

ALLEGATO IV REQUISITI DEI LUOGHI DI LAVORO 

1.1 Stabilità e solidità
1.1.1. Gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro o qualunque altra opera e struttura presente nel luogo di lavoro devono essere stabili e possedere una solidità che corrisponda al loro tipo d'impiego ed alle caratteristiche ambientali.
1.1.2. Gli stessi requisiti vanno garantiti nelle manutenzioni.
1.1.3. I luoghi di lavoro destinati a deposito devono avere, su una parete o in altro punto ben visibile, la chiara indicazione del carico massimo dei solai, espresso in chilogrammi per metro quadrato di superficie.
1.1.4. I carichi non devono superare tale massimo e devono essere distribuiti razionalmente ai fini della stabilità del solaio.
1.1.5. L'accesso per i normali lavori di manutenzione e riparazione ai posti elevati di edifici, parti di impianti, apparecchi, macchine, pali e simili deve essere reso sicuro ed agevole mediante l'impiego di mezzi appropriati, quali andatoie, passerelle, scale, staffe o ramponi montapali o altri idonei dispositivi.
1.1.6. Il datore di lavoro deve mantenere puliti i locali di lavoro, facendo  eseguire  la pulizia, per quanto è possibile, fuori dell'orario di lavoro e in modo da ridurre al minimo il sollevamento della polvere dell'ambiente, oppure mediante aspiratori.
1.1.7. Nelle adiacenze dei locali di lavoro e delle loro dipendenze, il datore di lavoro non può tenere depositi di immondizie o di rifiuti e di altri materiali solidi o liquidi capaci di svolgere emanazioni insalubri, a meno che non vengano adottati mezzi efficaci per evitare le molestie o i danni che tali depositi possono arrecare ai lavoratori ed al vicinato.


...
segue in allegato

Fonti: AUSL RE / P. ARNAUD, F. BARPI, ecc / Ing. M. Malatesta / INGV / altri

Certifico Srl - IT | Rev. 00 2019
©Copia autorizzata Abbonati

Collegati

NIA 2019 | Scoppi di bombole e serbatoi

ID 9058 | | Visite: 5557 | Prevenzione Incendi

Scoppi di bombole

Scoppi di bombole e serbatoi: analisi ed interpretazione dei segni

NIA, Agosto 2019

Gli incendi e le esplosioni provocati da bombole di gas GPL o in cui rimangono coinvolte sono frequenti nell'ambito delle attività di soccorso tecnico svolte dai Vigili del Fuoco. Negli  ultimi tempi questa pericolosa tipologia di intervento si e arricchita di ulteriore complessità, a causa di un fenomeno sempre più diffuso: quello del riempimento abusivo di bombole per uso domestico presso le stazioni di rifornimento carburanti per autotrazione.

L'investigazione antincendio, in questo come in altri casi, e resa complessa dalla natura distruttiva dell'evento, che vede gli investigatori operare su scenari caratterizzati da livelli di danneggiamento delle strutture e dei materiali tali da non consentire una ricostruzione puntuale dello stato dei luoghi, ma anche dalla carenza di utili riferimenti per la ricerca delle cause di incendio e di esplosione. 

La presente trattazione si pone come obbiettivo quello di fornire al personale operativo del Vigili del Fuoco un utile riferimento sulle cause di incidenti coinvolgenti bombole e serbatoi, attraverso una analisi dei segni lasciati sui contenitori, questo al fine di determinare le cause di scoppio od esplosione e svolgere le attività connesse agli interventi di soccorso.

La gran parte delle statistiche e della ricerca delle cause, si sofferma sui motivi esterni cioè sulle cause che provengono dall’ambiente di installazione, tralasciando il comportamento meccanico del recipiente o dell’impianto.

Va posta particolare attenzione sulle condizioni di una bombola per ricostruire fenomeni assai preoccupanti che si possono verificare come i cedimenti del contenitore per eccesso di riempimento. A scopo informativo, si rende noto che una analisi tecnica nell’ambito di una ricerca delle cause dello scoppio, viene effettuata attraverso una indagine macrofrattografica sulle superfici della frattura, evidenziando gli aspetti diagnostici della morfologia ed individuando il probabile punto di innesco della lesione.

Gli esami metallografici condotti, consentono di ricostruire i tipi e le caratteristiche degli acciai utilizzati nella realizzazione di bombole e serbatoi, in particolare della tecnica di saldatura e di valutare gli aspetti di corrosione in alcune parti critiche. Il confronto con i dati sui materiali e sulle tecniche realizzative definite dalle Norme, permette di trarre conclusioni sulla corretta realizzazione del reperto analizzato e far scaturire osservazioni sulle cause della sovrappressione interna che hanno portato all’apertura del mantello della bombola e di conseguenza al rilascio nell’ambiente del suo contenuto.
Ovviamente tali esami tecnici ed altamente specifici vengono messi in campo nel caso di incidenti rilevanti con risvolti talvolta tragici per le vittime e in molti dei casi su delega di indagine da parte del Pubblico Ministero della competente Procura della Repubblica.

Il presente lavoro si propone di riportare un panorama il più possibile esaustivo circa le conoscenze nel campo degli incidenti riguardanti recipienti portatili di GPL e delle bombole in generale, ed allo stesso tempo vuole evidenziare il grave fenomeno dei riempimenti abusivi di serbatoi per GPL, fenomeno estremamente diffuso che può portare a gravissime conseguenze per chi lo mette in atto e le persone circostanti.

...

Fonte: VVF

Collegati:

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato NIA 2019 Scoppi di bombole e serbatoi.pdf
NIA 2019 |
6189 kB 122

La valutazione del rischio vibrazioni

ID 9064 | | Visite: 5266 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Rischio vibrazioni

La valutazione del rischio vibrazioni

INAIL, 2019

Il volume si propone come riferimento operativo per la misura, la valutazione e il controllo del rischio derivante dall’esposizione alle vibrazioni meccaniche nei luoghi di lavoro, sulla base dello stato dell’arte delle conoscenze tecniche e scientifiche in materia.

Viene proposto un metodo per la corretta classificazione dei lavoratori in fasce di rischio, e un nuovo metodo standardizzato per il calcolo dell’incertezza sui descrittori del rischio. Nelle Appendici sono presentati diversi esempi pratici.

L’esposizione professionale a vibrazioni meccaniche può presentare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, se non è correttamente valutata e se non vengono messe in atto, da parte del datore di lavoro per il tramite del Servizio di prevenzione e protezione, tutte le misure tecniche di prevenzione e protezione consentite dallo stato dell’arte e tutte le misure organizzative concretamente attuabili nel posto di lavoro. In Italia l’esposizione professionale a vibrazioni meccaniche è stata regolamentata per la prima volta dal d.lgs. 187/2005 di attuazione della direttiva vibrazioni 2002/44/CE. Il d.lgs. 187/2005 è stato successivamente incorporato all’interno del d.lgs. 81/2008, nel quale compare come Capo III del Titolo VIII sulla protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni meccaniche, e risultando integrato dall’Allegato Tecnico XXXV.

Parallelamente, il Coordinamento tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro e l’Inail hanno pubblicato le Indicazioni operative per la corretta applicazione del Titolo VIII del d.lgs. 81/2008, tra cui anche il Capo III. Ciò nonostante, numerosi aspetti tecnici e metodologici riguardanti la corretta valutazione del rischio vibrazioni, sono rimasti aperti e richiedono ancora oggi una risposta.

Il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail ha voluto realizzare, a tale riguardo, questa pubblicazione per fornire ai datori di lavoro, ai responsabili del servizio di prevenzione e protezione e in generale a tutti coloro che si occupano di prevenzione nei luoghi di lavoro, un documento operativo di sintesi sulle attuali conoscenze nazionali e internazionali per consentire loro di valutare nel migliore dei modi i rischi legati all’esposizione alle vibrazioni meccaniche, sia quelle trasmesse al sistema mano-braccio che quelle trasmesse al corpo intero. In particolare vengono date indicazioni operative dettagliate sulla corretta metodologia di valutazione del rischio vibrazioni per ciascuno dei tre ‘percorsi’ previsti dall’art. 202 del d.lgs. 81/2008 che utilizzano, alternativamente, i dati di certificazione dei costruttori, le banche dati o le misurazioni. Per ognuno di questi percorsi è inoltre definito un metodo per il calcolo dell’incertezza associata alla stima dei descrittori di rischio.

Indicazioni tecniche per la riduzione del rischio e un’ampia casistica di esempi completano il documento.

_____

Indice

1. Introduzione
1.1 Gli agenti fisici
1.2 Il titolo VIII del d.lgs. 81/2008 e s.m.i.
2. Determinazione dell’esposizione al rischio vibrazioni
2.1 Definizioni
2.1.1 Le vibrazioni meccaniche
2.1.2 Il sistema mano-braccio
2.1.3 Il corpo intero
2.2 Descrittori di esposizione a vibrazioni
2.3 Valori soglia e misure di prevenzione
2.3.1 HAV
2.3.2 WBV
2.3.3 Deroghe
2.4 Percorsi
2.5 Misura dell’esposizione al sistema mano-braccio
2.5.1 La misura dell’accelerazione
2.5.2 Posizionamento ed orientamento del sensore
2.5.3 Numero delle misure
2.5.4 Durata delle misure
2.5.5 Calcolo dell’accelerazione ponderata
2.5.6 Il descritore della vibrazione
2.5.7 Esposizione giornaliera
2.5.8 Periodi brevi
2.5.9 Metodo supplementare di misura per il rischio vascolare
2.6 Misura dell’esposizione al corpo intero
2.6.1 La misura dell’accelerazione
2.6.2 Posizionamento ed orientamento del sensore
2.6.3 Numero delle misure
2.6.4 Durata delle misure
2.6.5 Calcolo dell’accelerazione ponderata
2.6.6 Calcolo del valore totale della vibrazione
2.6.7 Esposizione giornaliera
2.6.8 Il descrittore della vibrazione
2.6.9 Periodi brevi
2.6.10 Metodi di misura alternativi
2.7 Informazioni fornite dal fabbricante
2.7.1 Conformità alla vecchia e alla nuova direttiva macchine
2.7.2 Indicazioni sulle HAV
2.7.3 Indicazioni sulle WBV
2.7.4 Periodi brevi
2.8 Banche dati vibrazioni (BDV)
2.8.1 Periodi brevi
2.9 Relazione tecnica di misura
2.10 Incertezza
3. Il documento di valutazione del rischio
3.1 Le fasi della valutazione del rischio
3.2 La giustificazione del rischio
3.3 L’identificazione delle condizioni espositive da valutare
3.4 La quantificazione dell’esposizione
3.5 Altri elementi di cui tenere conto nella valutazione del rischio
3.6 Il programma delle misure tecniche e organizzative
3.7 I DPI ‘antivibrazione’
3.7.1 I DPI per le HAV
3.7.2 I DPI per WBV
3.8 L’informazione e la formazione
3.9 La sorveglianza sanitaria
4. Il controllo delle vibrazioni meccaniche delle macchine
4.1 Modello meccanico di un sistema ad un grado di libertà
4.2 La riduzione passiva delle vibrazioni meccaniche
4.3 La riduzione attiva delle vibrazioni meccaniche
5. La corretta manutenzione
Bibliografia e sitografia
Riferimenti normativi
Norme tecniche
Acronimi
Appendici
Appendice A - Metodo della quarta potenza della dose di vibrazioni
Appendice B - Metodo dei valori rms costanti

Fonte: INAIL

Collegati:

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 37002 | 04 Settembre 2019

ID 9052 | | Visite: 1991 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Infortunio del dipendente di una cartiera

Penale Sent. Sez. 4 Num. 37002 Anno 2019

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: ESPOSITO ALDO
Data Udienza: 10/04/2019

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 13 dicembre 2016 il Tribunale di Genova ha assolto G.D. per il reato di cui agli artt. 590, commi primo, secondo e terzo, cod. pen. (imputazione: per aver cagionato - in qualità di datore di lavoro della Cartiera G.D. s.a.s. - a S.A., operaio specializzato dipendente della cartiera con mansioni di conduttore di macchina continua, lesioni personali consistite in trauma da spappolamento ad arto superiore sinistro con frattura della glena e della scapola sinistra, per colpa generica e per violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e, in particolare, nel non avere richiesto l'osservanza da parte dei lavoratori addetti alla macchina continua dell'istruzione operativa per il passaggio "coda" di carta nella macchina continua non impedendo il diffondersi di pratiche di lavoro rapide ed efficaci dal punto di vista operativo (strappo manuale della carta nella zona tra due cilindri - art. 18, punto f, D. Lgs. n. 81 del 2008; il 15 marzo 2013, S.A. si accorgeva che, prima dell'arrotolatore, la coda era fuoriuscita dalle funi guida carta; dopo aver tentato invano di ripristinare il percorso corretto della coda tra le funi, decideva di interromperla strappandola manualmente prima dell'entrata nella sezione monolucido, ma il suo arto superiore sinistro era trascinato tra il rullo guida carta e il sottostante rullo guida tela, restando incastrato e schiacciato fino alla spalla).
1.1. In ordine alla ricostruzione della dinamica del sinistro, il Tribunale ha rilevato che il S.A., accortosi dell'uscita della coda dal nastro o della sua rottura, aveva deciso di intervenire immediatamente per risolvere il problema, strappando con le mani il pezzo di carta prima del suo inserimento nei rulli, ma in tale frangente perdeva l'equilibrio poggiando la mano sinistra sul rullo in movimento, per cui il braccio sinistro rimaneva incastrato in esso; fortunatamente un collega presente nelle vicinanze bloccava il pulsante di arresto rapido.
Gli Ispettori d: P.G. F. e G., che avevano esaminato il macchinario in questione durante la lavorazione della carta, riferivano che il S.A., sebbene esperto del settore, aveva strappato manualmente la carta con la guida in movimento. Come dichiarato anche dal S.A., la procedura corretta consisteva nel blocco della macchina mediante il pulsante di arresto posto sopra le guide, anche se ciò avrebbe comportato l'interruzione della lavorazione.
La previsione dei rischi era stata correttamente valutata e non erano emerse lacune nella vigilanza del dipendente.
1.2. La Corte di appello di Genova, in riforma della sentenza del Tribunale, ha condannato G.D. alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi uno di reclusione per il reato ascrittogli, avendo riconosciuto la sussistenza di una prassi aziendale di intervenire in modo anomalo, allorché si verificava l'inconveniente del non corretto scorrimento della carta (blocco, arrotolamento e simili) nell'imminenza del passaggio della stessa attraverso i rulli.
L'operaio era esperto e anche il collega Gh. presente con lui riferiva di aver sempre effettuato tale manovra, ritenendo difficile che potesse procurare conseguenze lesive. Evidentemente, la stessa persona offesa si era assunta la responsabilità dell'accaduto, per non fermare quella sezione di linea e il processo di lavorazione.
Secondo la Corte di merito, il datore di lavoro avrebbe dovuto fornire strumenti e procedure di sicurezza, comunicarle ai dipendenti ed esigerne il rispetto attraverso costanti verifiche. L'imputato non aveva fornito dimostrato l'esistenza di deleghe certe ed efficaci in punto di prevenzione sotto il profilo dei controlli e degli interventi volti ad eliminare prassi pericolose.
2. Il G.D., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo quattro motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al nesso di causalità, risultanti dalle risultanze processuali, dalla relazione della ASL del 20 agosto 2013 e dalla procedura operativa della Cartiera, contenuta nel DVR.
Si deduce che il DVR era idoneo e che era stata predisposta un'istruzione operativa per svolgere la suddetta manovra in piena sicurezza, diffusa anche mediante l'apposizione di cartelli in corrispondenza della linea e conosciuta dai lavoratori compreso l'esperto S.A., che aveva scelto di non seguire la procedura prevista "per comodità", cioè non per un interesse aziendale. Si trattava di un gesto occasionale e anomalo, svolto rapidamente quando si poteva conseguire la certezza di non essere visti, e non di un comportamento conosciuto, tollerato o suggerito dai vertici aziendali.
La procedura errata non poteva essere giustificata da finalità di profitto dell'azienda, non occorrendo l'interruzione dell'intera linea, bensì l'azione su di una sola sezione della stessa. Il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione, peraltro, avrebbe avuto il compito di vigilare.
La Corte di appello ha rivalutato la prova dichiarativa, senza rinnovare l'istruttoria dibattimentale e senza illustrare la propria diversa valutazione mediante una motivazione rafforzata.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'elemento soggettivo del reato, emergenti dalle trascrizioni delle udienze del 12 aprile e del 12 maggio 2016, dalla relazione della ASL del 20 agosto 2013 e dalla procedura operativa della Cartiera, contenuta nel DVR.
Si rileva che non era possibile configurare la responsabilità per omessa vigilanza, senza considerare l'esperienza nel settore del S.A., adeguatamente formato ed informato, dal quale ci si poteva attendere solo il puntuale rispetto dell'idonea procedura. La Corte territoriale, peraltro, ha erroneamente attribuito rilievo alla condotta dell'imputato e alla sua legittima scelta di rimanere assente nel corso del procedimento, dovendo l'accusa dimostrare la mancata vigilanza sulle prescrizioni.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 18, comma 1, D. Lgs. n. 81 del 2008.
Si osserva che il G.D., ottantenne e pensionato, non esercitava più l'attività di ingegnere. Non gli competeva la vigilanza della linea produttiva. Egli aveva fornito i mezzi idonei al lavoratore e adempiuto alle obbligazioni proprie della posizione di garanzia, per cui non era responsabile per un evento riconducibile ad una condotta colposa del lavoratore.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla mancata concessione della circostanza attenuante del risarcimento del danno e all'omesso giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante, nonostante l'integrale risarcimento del danno in epoca anteriore all'inizio del giudizio.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.
1.1. Va premesso che la presente vicenda concerne l'infortunio sul lavoro occorso all'operaio specializzato S.A., dipendente di una cartiera, che strappava manualmente la carta con la guida in movimento senza fermare preventivamente il macchinario corre da procedura prescritta e, conseguentemente, inciampava, finendo col braccio sotto la pressa, procurandosi lesioni personali.
Dalle risultanze processuali emerge incontestabilmente che il Documento di Valutazione dei Rischi contemplava le modalità di intervento in caso di rottura del foglio e che le stesse erano rese note mediante appositi cartelli segnaletici, per evitare ogni rischio. Il DVR, infatti, prevedeva che, in caso di rottura accidentale del foglio in formazione, occorreva ripetere dall'inizio l'operazione di passaggio coda, utilizzando un apposito dispositivo, comandato da un pulsante sul pulpito presse; presso la postazione di manovra era affisso l'avviso «se è necessario interrompere il foglio di carta in formazione si raccomanda l'utilizzo dell'apposito pulsante di rottura carta sul pulpito di comando presse o agendo sul volantino di allargamento/restringimento sulla tavola piana».
1.2. Il primo motivo di ricorso è fondato.
Deve osservarsi al riguardo, che la difformità delle decisioni di merito è derivata da una diversa valutazione circa la prassi aziendale in caso di accadimenti del genere di quelli verificatisi.
Il Tribunale ha escluso la possibilità di rinvenire dagli elementi probatori acquisiti la presenza di una prassi lavorativa scorretta, come quella concretamente attuata, idonea a porre a rischio la salute dell'operaio. 
Al contrario, la Corte di appello ha riconosciuto apoditticamente l'esistenza di una prassi contra legem osservata in caso di scorrimento anomalo della carta, senza tuttavia indicare da quali risultanze processuali potesse ricavarsi la prova della medesima. Né la dimostrazione dell'esistenza di tale prassi (e della sua conoscibilità da parte dei vertici aziendali) poteva essere desunta dall'ammissione della persona offesa e di un altro lavoratore di aver effettuato in precedenza la medesima manovra pericolosa.
Ebbene, alla luce di quanto esposto, la Corte territoriale avrebbe dovuto verificare puntualmente l'eventuale instaurazione o meno, nella concreta situazione data (connotata da un certo tipo di organizzazione aziendale, da una pluralità di dipendenti e dalla nomina di un preposto), di una prassi aziendale contra legem di tolleranza di condotte pericolose, accertamento necessario nella fattispecie, in ossequio al consolidato principio giurisprudenziale, secondo cui in tema di prevenzione infortuni sul lavoro il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell'esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli; ne consegue che, qualora nell'esercizio dell'attività lavorativa si instauri, con il consenso del preposto, una prassi contra legem, foriera di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche (Sez. 4, n. 26294 del 14/03/2018, Fassero Gamba, Rv. 272960, in un caso di omicidio colposo; in conformità, in un'ipotesi di lesioni colpose, Sez. 4, n. 18638 del 16/01/2004, Policarpo, Rv. 228344; principio risalente a Sez. 4, n. 17941 del 16/11/1989, Raho, Rv. 182857).
A tali considerazioni, peraltro, va aggiunto che non è emerso che la procedura impropria seguita dal lavoratore determinasse un'accelerazione del processo di lavorazione e che rientrasse in una logica di profitto aziendale.
2. Tenuto conto della totale assenza di indicazioni da parte della Corte di merito circa i dati processuali dai quali ha ricavato l'affermazione dell'esistenza di una prassi non corretta, deve ritenersi irrilevante un eventuale ulteriore approfondimento probatorio.
Discende, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la decisione di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato, restando assorbito ogni ulteriore motivo di ricorso. 

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato. Così deciso in Roma il 10 aprile 2019.

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 37002 Anno 2019.pdf
 
255 kB 9

Decreto 4 luglio 2019

ID 9034 | | Visite: 2454 | News Sicurezza

Decreto 4 luglio 2019

Decreto 4 luglio 2019 

Organizzazione e funzionamento del tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura. 

(GU Serie Generale n.206 del 03-09-2019)

Art. 1. Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura.

1. È costituito il Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura, di seguito denominato «Tavolo».
2. Il Tavolo svolge le seguenti funzioni:
a) predisposizione del Piano triennale che individua le principali linee di intervento;
b) indirizzo e programmazione delle attività istituzionali finalizzate al contrasto del caporalato e dello sfruttamento lavorativo in agricoltura;
c) monitoraggio sull’attuazione degli interventi previsti dal Piano triennale;
d) monitoraggio sull’attuazione della legge n. 199 del 4 novembre 2016;
e) coordinamento delle azioni intraprese dalle diverse istituzioni attraverso la gestione condivisa degli interventi volti alla prevenzione del fenomeno, ferme restando le competenze delle Forze di polizia e dell’Autorità di pubblica sicurezza ai sensi della legge 1° aprile 1981, n. 121;
f) condivisione delle buone prassi sperimentate a livello locale e loro possibile riproduzione in altre realtà territoriali;
g) condivisione e confronto sulla programmazione dei pertinenti Fondi europei per il finanziamento di azioni di prevenzione e contrasto al caporalato;
h) elaborazione di proposte normative relative al contrasto e alla prevenzione del fenomeno;
i) collaborazione con la Cabina di regia e con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità.

_______

Collegati:

Norme di sicurezza nelle camere iperbariche

ID 9023 | | Visite: 4262 | News Sicurezza

Cassazione Penale Sez  3 29 agosto 2019 n  36612

Cassazione Penale Sez. 3 29 agosto 2019 n. 36612

Norme di sicurezza nelle camere iperbariche

Penale Sent. Sez. 3 Num. 36612 Anno 2019

Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: ROSI ELISABETTA
Data Udienza: 15/05/2019

Fatto

1. Il Tribunale di Varese, con sentenza emessa in data 16 aprile 2018, ha condannato P.T. alla pena complessiva di euro 17.800,00 di ammenda perché riconosciuta colpevole, in quanto Amministratore Unico e legale rappresentante del Centro di Medicina Iperbarica del Verbano s.r.l., struttura convenzionata con la ASL di Varese, dei reati di cui al capo A), ex artt. 29 comma 3 e 55 comma 3, D. Lgs. n. 81 del 2008, capo B), ex artt. 63 comma 1 e 68 comma 2 D. Lgs. n. 81 del 2008, capo C), ex artt. 64 comma 1 lett. a) e 68 comma 1 lett. b) D. Lgs. n. 81 del 2008, capo D), ex artt. 71 comma 8 lett. b) punto due e 87 comma 2 lett. c) D. Lgs. n. 81 del 2008, capo E), ex artt. 37 comma 7 e 55 comma 5 lett. c) D. Lgs. n. 81 del 2008, e capo F), ex artt. 77 comma 5 e 87 comma 2 D. Lgs. n. 81 del 2008 (fatti accertati in Laveno Mombello il 21 aprile 2015 e l'1 settembre 2015), come dettagliatamente descritti nei capi di imputazione, condotte tutte collegate all'aggiornamento del documento di valutazione del rischio di incendio, alle prescrizioni in materia di sicurezza del lavoro, relative alla gestione del Centro sanitario correlato all'attività di terapia nelle camere iperbariche ed alla formazione del personale addetto a tali terapie.

2. L'imputata, tramite il proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendo l'annullamento della sentenza per i seguenti motivi:
1) Violazione di legge ex art. 606 lett. b) c.p.p. relativamente all'art. 29 comma 3 D. Lgs. 81/08, per insussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato, avendo la difesa fornito in sede dibattimentale prova documentale tanto dell'elaborazione del D.V.R. (documento di valutazione dei rischi), quanto della presenza di specifiche procedure di emergenza per il rischio incendi, contenute negli allegati acquisiti agli atti e dell'assenza delle circostanze previste dall'art. 29 comma 3 del D. Lgs. 81/08 che avrebbero imposto una modifica o un aggiornamento del DVR aziendale. Questi elementi avrebbero dovuto condurre ad una sentenza assolutoria per insussistenza del fatto per il capo A).
2) Violazione di legge ex art. 606 lett. b) c.p.p. relativamente agli artt. 63 e 64 del D. Lgs. 81/08, per insussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi costitutivi dei reati di cui ai capi B) e C), nonché difetto di motivazione ex art. 606 lett. e) c.p.p. sul punto, in riferimento alle deposizioni dei testi S. e T., considerato che nell'istruttoria dibattimentale è stato provato che le porte di uscita del Centro e quelle delle camere iperbariche erano apribili facilmente ed in direzione dell'esodo, come prescrivono gli articoli in questione. Ha dunque errato il giudice della sentenza impugnata nel dichiarare la colpevolezza dell'imputata, sulla base della sola mancanza di maniglioni antipanico sulle porte in questione - nonostante nessuna norma in materia di sicurezza imponga questa specifica tipologia di maniglia - e per la presenza di catenacci a chiusura di tali porte, circostanza che la ricorrente ha giustificato nel corso del suo esame, chiarendo che i catenacci erano collocati al termine delle attività terapeutiche, alla chiusura del Centro.

2- bis) Violazione di legge ex art. 606 lett. b) c.p.p. relativamente all'art. 43 c.p. per insussistenza dell'elemento soggettivo dei reati ex artt. 63 e 64 D. Lgs. n. 81 del 2008, considerato che il Centro era già stato oggetto di numerosi sopralluoghi eseguiti da funzionari dell'ATS, senza che in nessuno di essi fu mossa alcuna critica o contestazione riguardo alle porte delle uscite di emergenza; al contrario, nel 2011, in occasione di un progetto di ristrutturazione del Centro, l'interpellata ATS Insubria, rappresentata dal Dott. R., lo stesso aveva dato parere positivo. Da questi elementi e dalle già citate testimonianze dei teste T. e S., è emersa la totale buona fede dell'imputata circa l'idoneità delle porte del Centro a garantire gli standard di sicurezza previsti ed imposti dalla legge. Il Tribunale avrebbe omesso di motivare su tali rilievi difensivi.

3) Violazione di legge ex art. 606 lett. b) c.p.p. per falsa ed errata applicazione dell'art. 77 comma 5 D. Lgs. 81/08, nonché travisamento dei fatti, tenuto conto che sembra che il giudicante abbia confuso la fattispecie di cui all'art. 37 comma 7 D. Lg. 81/08. "mancata formazione specifica del soggetto preposto alla camera iperbarica" con la contravvenzione prevista dall'art. 77 comma 5 stesso decreto, che invece prescrive una specifica formazione per l'uso di maschere antincendio appartenenti alla "terza categoria". Dall'istruttoria è difatti emerso come il preposto alla camera iperbarica, il Dott. B., aveva conseguito apposita specializzazione all'utilizzo di maschere antincendio, in quanto soggetto preposto all'istruzione dei pazienti del Centro al loro corretto utilizzo, secondo le linee-guida della regione Lombardia. Pertanto la previsione di tale sua formazione non doveva essere contenuta nel DVR, sia in quanto l'autorespiratore con maschera pieno facciale non rientra nella terza categoria di DPI prevista dall'art. 77 comma 5 D. Lgs. 81/08 (categoria che ha ottenuto specificazione nell'art. 4, comma 5 e 6, del D. Lgs. n. 475/92), sia perché la formazione specifica sull'uso di tale maschera è prescritta già dal regolamento regionale, nello specifico dalla delibera n. 49305 3.0 della Regione Lombardia.

Diritto

1. Va premesso che il quadro normativo relativo alla gestione della sicurezza nelle strutture sanitarie, in particolare in quelle che gestiscono la terapia con le camere iperbariche, è composto principalmente dal Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ("TUSL" - d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81) e dalle modifiche ad esso apportate dal d.lgs. n. 3 agosto 2009, n. 106, nonché dalla normativa di recepimento delle direttive europee in materia di dispositivi medici ed attrezzature a pressione (rispettivamente direttiva n. 93/42/CEE recepita con D.lgs. 46/1997 e direttiva n. 97/23/CE recepita con D. lgs. 93/2000: la finalità della disciplina europea è l'uniformazione dei criteri di valutazione del rischio nella progettazione e realizzazione delle apparecchiature mediche). Inoltre, nel giugno 2010 le procedure relative alle apparecchiature iperbariche, le tecniche di utilizzo, la formazione e la qualificazione del personale esposto all'iperbarismo sono state accreditate presso l'UNI (ente di unificazione normativa italiano) divenendo Norma UNI 11366. Tale norma è richiamata anche dal d.l. 24 gennaio 2012, art. 16, il quale prevede che le attività "di cui all'articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1979, n. 886, sono svolte secondo le norme vigenti, le regole di buona tecnica di cui alla norma UNI 11366". Il riferimento conferisce dunque alla norma un valore cogente. A tali disposizioni quindi la ASL ebbe a fare riferimento nel dettare le prescrizioni non ottemperate dalla ricorrente.

2. Il primo motivo di ricorso, afferente al capo A) dell'imputazione, con il quale si contesta l'omessa rielaborazione del documento di valutazione dei rischi tenendo in debito conto il rischio di incendio per l'uso in sicurezza delle camere iperbariche, non è fondato ed anzi è ai limiti dell'ammissibilità in quanto mira nella sostanza a sollecitare una nuova valutazione sulle acquisizioni probatorie. Deve innanzitutto essere ribadito il principio che in materia di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l'obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'Interno dell'azienda e, all'esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all'Interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori ( in tal senso, SSUU, n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261109, nella fattispecie la Corte ha confermato il giudizio di colpevolezza dell'amministratore delegato, dei dirigenti aziendali e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione per la morte di alcuni dipendenti provocata dalla mancata adozione di efficaci misure antincendio sottovalutate nel documento di valutazione dei rischi).

3. Nella sentenza impugnata viene dato atto dell'ampia istruttoria svolta e si evidenziano i numerosi sopralluoghi effettuati, considerato che il Centro Medicina Iperbarica, gestito dalla ricorrente, era stato destinatario di un decreto di sospensione per sessanta giorni dell'autorizzazione all'esercizio, con diffida ad ottemperare alle indicazioni fornitegli. In particolare il giudice di merito ha richiamato gli specifici sopralluoghi effettuati dalla ASL di Varese per quanto attiene alla normativa in materia di igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro (in data 19 aprile e 1 settembre 2015). Il Tribunale ha sottolineato l'esistenza di plurime versioni del documento di valutazione dei rischi, evidenziando come quello presente in azienda fosse diverso da quello trasmesso alla ASL ed allegato alla nota del 15 giugno 2015, che, peraltro, faceva riferimento ad una attività di montaggio di pneumatici per auto.

4. Quindi la motivazione che riconosce la responsabilità della ricorrente in relazione al capo A) risulta immune da censure, posto che non solo non è chiaro quale documento di valutazione dei rischi fosse effettivamente stato adottato, ma neppure lo stesso risultava avere analizzato lo specifico rischio di incendio, assai elevato nell'attività di terapia in camera iperbarica, come richiesto alla luce della normativa di settore e dei contenuti delle specifiche Linee Guida della Regione Lombardia, diramate a seguito del tragico incidente della Camera iperbarica dell'Ospedale Galeazzi.

5. Anche i motivi sviluppati ai punti 2) e 2-bis) in relazione ai capi B) e C) dell'imputazione risultano infondati. La sentenza impugnata è provvista di idonea motivazione in ordine all'assenza dei maniglioni antipanico ed alla collocazione invece del blocco di mezza anta per mezzo di catenacci, come riscontrato nel sopralluogo del 9 aprile 2015. La ricorrente lamenta la mancata valutazione di alcune testimonianze senza però allegare le stesse e senza descrivere neppure quali circostanze risolutive - non potendosi per esse intendere un giudizio personale del teste circa la asserita facilità di apertura delle porte - sarebbero emerse dalle loro dichiarazioni, circostanze in grado, cioè, di porre in dubbio la necessità di provvedere nelle porte i maniglioni antipanico per agevolare le vie di fuga. Nulla di risolutivo poteva essere riferito a fronte della constatazione che tali vie di fuga risultavano serrate dai catenacci, catenacci che furono rinvenuti in situ nell'orario del sopralluogo, orario che certamente non poteva essere coincidente con l'orario di chiusura del Centro medico.

6. Ai fini dell'osservanza del principio di specificità in relazione alla prospettazione di vizi di motivazione e di travisamento dei fatti, è necessario che il ricorso contenga la compiuta rappresentazione e dimostrazione di un'evidenza - pretermessa o infedelmente rappresentata dal giudicante - di per sé dotata di univoca, oggettiva ed immediata valenza esplicativa, in quanto in grado di disarticolare il costrutto argomentativo del provvedimento impugnato per l'intrinseca incompatibilità degli enunciati (in tal senso Sez.l, n. 54281 del 05/07/2017, Tallarico, Rv. 272492) e comunque n virtù della previsione di cui all'art. 606, comma primo, lett. e) cod. proc. pen. costituisce vizio denunciabile in cassazione la contraddittorietà della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato, ovvero da altri atti del processo indicati nei motivi di gravame nonché l'errore cosiddetto revocatorio che cadendo sul significante e non sul significato della prova si traduce nell'utilizzo di una prova inesistente per effetto di una errata percezione di quanto riportato dall'atto istruttorio (cosiddetto travisamento della prova) (cfr. Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168). Nella sostanza l'imputata sostenendo la non necessità della presenza sulle porte dei c.d. maniglioni antipanico, finisce per contestare l'accertamento della ASL e le prescrizioni a fini antincendio dalla stessa imposte: la valutazione sull'ambito di tale prescrizione è già stata svolta dal giudice del merito e si tratta di valutazione di fatto estranea alla sede di legittimità. Né il richiamo ad un asserita violazione di legge risulta pertinente posto che la contravvenzione ascritta alla ricorrente attiene per l'appunto all'inottemperanza alle prescrizione imposte con nota del 21 aprile 2015.

7. Con il terzo motivo si contestano, in correlazione, le contravvenzioni contestate ai capi E) ed F), avendo in particolare riferimento la formazione del soggetto addetto alla camera iperbarica che deve essere in grado di gestire eventuali situazioni di emergenza indossando una maschera pieno-facciale, maschera che richiede un addestramento particolare per il suo utilizzo. Si lamenta una inesistente confusione tra le due imputazioni, che di contro risultano chiaramente descritte ed anche specificamente motivate sotto il profilo sia della loro sussistenza che della attribuibilità soggettiva nella sentenza qui impugnata (pagg. 5 e 6). Anche di tale censura va perciò rilevata la infondatezza.
Pertanto il ricorso deve essere rigettato ed al rigetto consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 15 maggio 2019.

______

UNI 11366:2010
Sicurezza e tutela della salute nelle attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio dell industria - Procedure operative
La norma definisce i criteri e le modalità per l esecuzione di attività subacquee ed iperbariche professionali a servizio dell industria, le caratteristiche delle attrezzature e degli equipaggiamenti utilizzati ed i requisiti di natura professionale che deve possedere il personale coinvolto, tali da garantire la sicurezza e la tutela della salute dei medesimi lavoratori durante l espletamento di tali attività.

...

Collegati:

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Penale Sent. Sez. 3 Num. 36612 Anno 2019.pdf
 
301 kB 6

Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 20207 | 25 Luglio 2019

ID 9013 | | Visite: 3155 | Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione civile

Lavaggio e manutenzione dei DPI

Civile Ord. Sez. L Num. 20207 Anno 2019

Presidente: TRIA LUCIA
Relatore: PONTERIO CARLA
Data pubblicazione: 25/07/2019

Ritenuto

1. con sentenza n. 319 depositata il 19.1.18, la Corte d'appello di Cagliari, in accoglimento dell'impugnazione proposta da De Vizia Transfer s.p.a e in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda degli eredi di A.M. e la domanda di P.F. e I.B., operatori ecologici autisti i primi due e operatore ecologico il terzo, di condanna di parte datoriale al risarcimento dei danni da inadempimento dell'obbligo di lavaggio e manutenzione dei dispositivi di protezione individuale (D.P.I.);
2. la Corte territoriale, richiamata la definizione di D.P.I. dettata dall'art. 40, D.Lgs. n. 626 del 1994, ("qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo"), nonché le previsioni di cui al D.Lgs. n. 475 del 1992 e alla circolare del Ministero del Lavoro n. 34 del 29.4.99, ha precisato come dispositivi di protezione individuale fossero solo quelli aventi, secondo valutazioni tecnico scientifiche, la funzionalità tipica di protezione dai rischi per la salute e la sicurezza e che rispondessero ai requisiti normativamene dettati per la relativa realizzazione e commercializzazione;
3. ha escluso che gli indumenti da lavoro forniti dalla società datoriale potessero essere qualificati D.P.I. in quanto non destinati a fornire una adeguata protezione dai rischi di contatto con sostanze nocive o agenti patogeni; come peraltro desumibile dal c.c.n.l. 2.8.1995, che prevedeva solo la fornitura "in uso gratuito" degli "indumenti da lavoro" elencati nell'art. 22, e dal successivo c.c.n.l. 30.4.2003 secondo cui gli indumenti rientrano nei D.P.I. "solo in caso di specifica destinazione a finalità protettive da parte del piano di valutazione dei rischi"; il documento di valutazione dei rischi (D.V.R.) redatto dalla società contemplava uno specifico corredo antinfortunistico per le mansioni di raccoglitore (protezione delle mani: guanti contro le aggressioni meccaniche e chimiche; protezione dei piedi: calzature di sicurezza con dotazione di lamina antiforo e suola antisdrucciolo; protezione della persona: dispositivi di alta visibilità applicati sugli indumenti; protezione contro gli agenti atmosferici: impermeabile con dispositivi ad alta visibilità") che non includeva gli indumenti; ha definito "adeguata" la contestata scelta datoriale, anche alla luce del verbale ispettivo dell'Ausl n. 8 "che aveva ritenuto di difficile quantificazione il livello di pericolosità del servizio di raccolta rifiuti";
4. la Corte di merito ha negato che la società appellante fosse classificabile come industria insalubre di prima classe sul rilievo che il D.M. 5.9.94 ha individuato come tali unicamente gli impianti di depurazione e trattamento dei rifiuti solidi e liquami e trattamento, lavorazione e deposito dei rifiuti tossici e nocivi e non i servizi di raccolta e smaltimento rifiuti svolti dai lavoratori in questione;
5. ha dato atto di come il verbale di sopralluogo dell'Asl del 4.8.2005 avesse indicato l'esistenza, nel settore della raccolta dei rifiuti, di un elevato ("pericolo maggiore") "rischio infettivo" richiamando, a proposito degli indumenti da lavoro, la previsione normativa sui D.P.I.; il medesimo verbale aveva fatto riferimento anche ad una "potenziale esposizione ad agenti microbiologici" ma riferita esclusivamente ai "casi di punture da ago e ferite da taglio" e ad alcune categorie di lavoratori con "mansioni di spazzino, di riporta sacchi, di addetto allo svuotamento dei pozzetti delle caditoie stradali" non svolte dall'appellato;
6. ha, infine, desunto dalla previsione contenuta nel citato verbale, di un lavaggio settimanale degli indumenti da parte della società, la conferma ulteriore della non appartenenza degli indumenti da lavoro in oggetto alla categoria dei D.P.I., risultando altrimenti l'unico lavaggio settimanale misura inidonea a preservare la salute dei dipendenti;
7. avverso tale sentenza gli eredi del sig. A.M. e i signori P.F. e I.B. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, cui ha resistito con controricorso la società;
8. entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell'art. 380 bis.l. c.p.c.;

Considerato

9. col primo motivo i ricorrenti hanno censurato la sentenza, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 626 del 1994 e dell'art. 216, T.U. n. 1265 del 1934, per aver escluso che la De Vizia Transfer s.p.a. fosse classificabile come impresa insalubre di prima classe;
10. col secondo motivo i ricorrenti hanno dedotto, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 c.c., 40, D.Lgs. n. 626 del 1994; 1, comma 2, D.Lgs. n. 475 del 1992; 379 del D.P.R. n. 547 del 1955 e 43, comma 4, D.Lgs. n. 626 del 1994, per avere la sentenza impugnata affermato che gli indumenti forniti ai lavoratori per lo svolgimento della prestazione non avessero alcuna funzione protettiva e quindi non fossero classificabili come D.P.I.;
11. col terzo motivo di ricorso è stata denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché omesso esame di un punto decisivo della controversia, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per avere la Corte d'appello erroneamente escluso il rischio alla salute, certificato dalle relazioni dell'Ausl, cui erano esposti i lavoratori per il contatto con i rifiuti solidi urbani e per il lavaggio nelle proprie abitazioni degli indumenti usati durante l'attività lavorativa; i ricorrenti hanno richiamato il verbale ispettivo del 4.8.2005 che aveva evidenziato l'esistenza, nel settore della raccolta e dello stoccaggio dei rifiuti solidi urbani, di un rischio di esposizione degli addetti ad agenti microbiologici, con particolare riferimento al virus dell'epatite B (HBV), e con pericolo di contatto, specie per alcune mansioni come quelle del portasacchi, riguardante varie parti del corpo tra cui mani, braccia, gambe;
12. col quarto motivo è stata dedotta erronea valutazione degli artt. 4, comma 2, e 42 del D.Lgs. n. 626 del 1994, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la sentenza impugnata considerato attendibile il piano di valutazione dei rischi eseguito dal datore di lavoro;
13. col quinto motivo i ricorrenti hanno censurato la decisione per violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 c.c., 4, D.Lgs. n. 626 del 1994; dell'art. 67, comma 2, lett. a) c.c.n.l. 30.4.2003, in relazione all'alt. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte d'appello escluso che gli indumenti da lavoro forniti ai dipendenti costituissero D.P.I. in quanto non menzionati nel piano di valutazione rischi aziendale; 
14. col sesto motivo i ricorrenti hanno dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell'alt. 2697 c.c., in relazione all'alt. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per omesso esame di un punto decisivo della controversia ed, esattamente, per avere la Corte d'appello erroneamente disatteso che tra gli indumenti forniti dall'azienda ai lavoratori fossero ricomprese le scarpe, i guanti e la pettina alta visibilità che nel D.V.R. aziendale erano classificati D.F.I.;
15. il secondo, il terzo e il quinto motivo di ricorso, che si trattano in via prioritaria ed unitariamente per ragioni di ordine logico, sono fondati nei limiti di seguito esposti;
16. non è di ostacolo all'accoglimento del terzo motivo l'impropria invocazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., posto che, secondo il costante indirizzo di questa Corte, ove si possa identificare il contenuto delle censure attraverso le ragioni prospettate dal ricorrente, il profilo sostanziale dell'atto deve prevalere su quello formale, sicché l'omessa o l'erronea indicazione degli articoli di legge viene a perdere ogni rilevanza (Cass. n. 4923 del 1995; n. 302 del 1996; n. 1430 del 1999; n. 15713 del 2002) e, nella specie, dalle argomentazioni poste a base delle censure risulta evidente la denuncia di violazione dell'alt. 2087 c.c. , con riguardo all'affermata esclusione del rischio alla salute per i lavoratori di cui si tratta, in contrasto con quanto affermato - pacificamente - nelle relazioni dell'Ausl in sede di ispezione;
17. il profilo di censura riferito all'art. 360, n. 5, c.p.c. (formulato nel medesimo terzo motivo) è da considerare inammissibile perché il vizio prospettato attiene alla qualificazione e valutazione giuridica di fatti e quindi concerne parti della motivazione in diritto e non l'omesso esame di fatti veri e propri, principali o secondari, come richiesto dal vigente art. 360, n. 5, c.p.c.;
18. ciò posto, deve essere, in primo luogo, ricordato che, ai sensi dell'alt. 40, D.Lgs. n. 626 del 1994, recante attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, "1. Si intende per dispositivo di protezione individuale qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. 2. Non sono dispositivi di protezione individuale: a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;...";
19. tale previsione si pone in continuità con quelle di cui al D.P.R. n. 547 del 1955; ai sensi dell'art. 377, relativo a "Mezzi personali di protezione", "il datore di lavoro, fermo restando quanto specificatamente previsto in altri articoli del presente decreto, deve mettere a disposizione dei lavoratori mezzi personali di protezione appropriati ai rischi inerenti alle lavorazioni ed operazioni effettuate, qualora manchino o siano insufficienti i mezzi tecnici di protezione. - I detti mezzi personali di protezione devono possedere i necessari requisiti di resistenza e di idoneità nonché essere mantenuti in buono stato di conservazione"; secondo l'art. 379 relativo agli "Indumenti di protezione", " Il datore di lavoro deve, quando si è in presenza di lavorazioni, o di operazioni o di condizioni ambientali che presentano pericoli particolari non previsti dalle disposizioni del Capo 3^ del presente Titolo (art. 366 ss.), mettere a disposizione dei lavoratori idonei indumenti di protezione"). L'art. 40 cit. è stato poi sostituito dall'alt. 74, D.Lgs. n. 81 del 2008, che ne ricalca interamente il testo;
20. il D.Lgs. n. 626 del 1994, all'art. 4, comma 5, prevede che "il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori e, in particolare..lett. d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione";
21. l'interpretazione data dalla Corte di merito al citato art. 40, volta a far coincidere i D.P.I. con le attrezzature formalmente qualificate come tali in ragione della conformità a specifiche caratteristiche tecniche di realizzazione e commercializzazione, non tiene adeguatamente conto del tenore letterale delle disposizioni richiamate e, soprattutto, della finalità delle stesse, di tutela della salute quale diritto fondamentale (art. 32 Cost.);
22. l'espressione adoperata dall'alt. 40 cit., che fa riferimento a "qualsiasi attrezzatura" nonché ad "ogni complemento o accessorio" destinati al fine di proteggere il lavoratore "contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza e la salute durante il lavoro", deve essere intesa nella più ampia latitudine proprio in ragione della finalizzazione a tutela del bene primario della salute e dell'ampiezza della protezione garantita dall'ordinamento attraverso non solo disposizioni che pongono specifici obblighi di prevenzione e protezione a carico del datore di lavoro, ma anche attraverso la norma di chiusura di cui all'alt. 2087 c.c.;
23. lo stesso D.Lgs. 81 del 2008 (seppure non applicabile razione temporis) contiene nell'allegato VIII un "Elenco" espressamente definito "indicativo e non esauriente delle attrezzature di protezione individuale", che costituisce la conferma del contenuto necessariamente "aperto" della categoria dei mezzi di protezione e quindi della correttezza della sola interpretazione in grado di salvaguardare l'ampiezza dell'obbligo di tutela posto anche dalle disposizioni in esame;
24. da tali premesse discende come la previsione dell'art. 43, commi 3 e 4, D.Lgs. n. 626 del 1994, secondo cui "3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI (dispositivi di protezione individuale) conformi ai requisiti previsti dall'art. 42 e dal decreto di cui all'art. 45, comma 2"; 4. Il datore di lavoro: - a) mantiene in efficienza i DPI (dispositivi di protezione individuale) e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie ( )", non possa essere letta in senso limitativo del contenuto e del novero dei D.P.I., come ha fatto la Corte d'appello, bensì quale previsione di un ulteriore obbligo di carattere generale, posto a carico del datore di lavoro, di adeguatezza dei D.P.I. e di manutenzione dei medesimi;
25. parimenti non rilevante è la circostanza della previsione o meno degli specifici D.P.I. nell'ambito del documento di valutazione dei rischi, atteso che l'obbligo posto dall'art. 4, comma 5 dei D.L.gs. n. 626 del 1994 di fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, costituisce un precetto al quale il datore di lavoro è tenuto a conformarsi a prescindere dal fatto che il loro utilizzo sia specificamente contemplato nel documento di valutazione dei rischi, confezionato dal medesimo datore di lavoro (in tal senso, con riferimento alla omologa previsione di cui all'art. 18, lett. d), D.Lgs. n. 81 del 2008, cfr. Cass. pen., n. 13096 del 2017); 
26. la categoria dei D.P.I. deve essere quindi definita in ragione della concreta finalizzazione delle attrezzature, degli indumenti e dei complementi o accessori alla protezione del lavoratore dai rischi per la salute e la sicurezza esistenti nelle lavorazioni svolte, a prescindere dalla espressa qualificazione in tal senso da parte del documento di valutazione dei rischi e dagli obblighi di fornitura e manutenzione contemplati nel contratto collettivo;
27. da questo punto di vista appare coerente la distinzione che l'art. 40 cit. pone tra ciò che integra un D.P.I. e ciò che non è tale; in particolare, la lett. a) del comma 2 esclude che costituiscano D.P.I. "gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore", vale a dire gli indumenti che in nessun modo sono correlati alla finalità di protezione da un rischio per la salute, e che assolvono unicamente alla funzione di uniforme aziendale o di preservare gli abiti civili;
28. in tal senso si è espressa la circolare del Ministero del Lavoro n. 34 del 1999 (che non costituisce fonte del diritto, ma presupposto chiarificatore della posizione espressa dall'Amministrazione su un determinato oggetto, cfr. Cass. n. 7889 del 2011; n. 23042 del 2012; n. 1577 del 2014; n. 280 del 2016) che ha elencato le diverse funzioni a cui possono assolvere gli indumenti di lavoro, in particolare: a) elemento distintivo di appartenenza aziendale, ad esempio uniformi o divise; b) mera preservazione degli abiti civili dalla ordinaria usura connessa all'espletamento dell'attività lavorativa; c) protezione da rischi per la salute e la sicurezza; la circolare ha specificato che "in quest'ultimo caso gli indumenti rientrano nei dispositivi di sicurezza che assolvono alla funzione di protezione dai rischi, ai sensi dell'art. 40 del Decreto Legislativo 19 settembre 1994 n. 626. Rientrano, ad esempio, tra i D.P.I. ... gli indumenti per evitare il contatto con sostanze nocive, tossiche, corrosive o con agenti biologici ecc.";
29. questa Corte ha più volte affermato, anche sotto il vigore del D.Lgs. n. 626 del 1994, come "in tema di tutela delle condizioni di igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro, ed in particolare di fornitura ai lavoratori di indumenti, alla stregua della finalità della disciplina normativa apprestata dal legislatore, per "indumenti di lavoro specifici" si debbono intendere le divise o gli abiti aventi la funzione di tutelare l'integrità fisica del lavoratore nonché quegli altri indumenti, essenziali in relazione a specifiche e peculiari funzioni, volti ad eliminare o quanto meno a ridurre i rischi ad esse connessi (come la tuta ignifuga del vigile del fuoco), oppure a migliorare le condizioni igieniche in cui viene a trovarsi il lavoratore nello svolgimento delle sue incombenze, onde scongiurare il rischio potenziale di contrarre malattie, come appunto deve reputarsi per la divisa dell'operatore ecologico (cfr. Cass. n. 11071 del 2008; nello stesso senso Cass. n. 23314 del 2010);
30. con particolare riferimento agli operatori ecologici, addetti alla raccolta dei rifiuti, questa Corte ha sempre affermato l'obbligo datoriale di manutenzione e lavaggio degli indumenti da lavoro sul presupposto, fattuale e logico, della qualificazione degli indumenti medesimi come dispositivi di protezione individuale;
31. si è in particolare precisato come "l'idoneità degli indumenti di protezione che il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori - a norma del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 379 fino alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 626 del 1994 e ai sensi dell'art. 40, art. 43, commi 3 e 4, di tale decreto, per il periodo successivo - deve sussistere non solo nel momento della consegna degli indumenti stessi, ma anche durante l'intero periodo di esecuzione della prestazione lavorativa. Le norme suindicate, infatti, finalizzate alla tutela della salute quale oggetto di autonomo diritto primario assoluto (art. 32 cost.), solo nel suddetto modo conseguono il loro specifico scopo che, nella concreta fattispecie, è quello di prevenire l'insorgenza e il diffondersi d'infezioni. Ne consegue che, essendo il lavaggio indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza, esso non può non essere a carico del datore di lavoro, quale destinatario dell'obbligo previsto dalle citate disposizioni", (cfr. Cass., n. 11139 del 1998; n. 22929 del 2005; n. 14712 del 2006; n. 22049 del 2006; n. 18573 del 2007; n. 11729 del 2009; n. 16495 del 2014; n. 8585 del 2015);
32. nella sentenza n. 18674 del 2015, questa Corte, nel confermare la pronuncia di appello che aveva qualificato come D.P.I. gli indumenti usati da una lavoratrice addetta alla pulizia delle carrozze dei treni, attività comportante la raccolta di rifiuti, lo svuotamento di cestini e portacenere e l'inevitabile contatto con sostanze nocive o patogene, come la polvere, la sporcizia, residui organici, 
ha affermato che "per i lavori di pulizia di ambienti, treni, ecc. la semplice tuta di cotone può considerarsi un (seppur minimo) mezzo o dispositivo di protezione individuale, e non solo strumento identificativo dell'azienda per cui si lavora, e come tale essa deve essere fornita dal datore di lavoro e tenuta in stato idoneo"; la medesima pronuncia ha ritenuto come l'inclusione degli indumenti tra i D.P.I. in ragione della funzione protettiva svolta dovesse prescindere dalla loro qualificazione o meno in tal senso da parte delle fonti contrattuali collettive e, deve aggiungersi, anche da parte del documento di valutazione dei rischi;
33. sulla base del quadro normativo in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, di rilievo costituzionale nonché attuativo delle direttive europee (a partire dalla direttiva quadro 89/391/CE) e delle convenzioni internazionali, incentrato sull'obbligo di prevenzione quale insieme di "disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi dell'attività lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno" (art. 2, lett. g), D.Lgs. n. 626 del 1994), la giurisprudenza di legittimità ha collegato l'obbligo di fornitura e manutenzione dei D.P.I. alla idoneità, seppur minima, dei medesimi di ridurre i rischi legati allo svolgimento dell'attività lavorativa, costituendo specifico obbligo datoriale quello di porre in essere tutte le misure necessarie per garantire la salute e sicurezza dei lavoratori e quindi per prevenire, con specifico riferimento agli operatori ecologici, l'insorgere e la diffusione di infezioni in danno dei medesimi e dei loro famigliari, a cui il rischio si estenderebbe in caso di lavaggio degli indumenti da lavoro in ambito domestico;
34. nessun rilievo può attribuirsi alle pronunce di legittimità richiamate nella sentenza impugnata e nel controricorso (Cass. nn. 2625, 5176, 13745 del 2014), in quanto relative a lavoratori non addetti alla raccolta dei rifiuti, bensì a mansioni di giardiniere; neppure paiono significativi i precedenti di questa Corte (sentenze Sez. 6, nn. 13931 - 13936, 13707, 14033 -14035, tutte pronunciate all'udienza del 15.4.2014) in cui è precisato come fosse estraneo al giudizio trattato il thema decidendum "della tutela della salute, della conformità degli indumenti forniti alla normativa vigente e, quindi, della violazione deM'art. 2087 c.c., dell'art. 35, punti 1 e 3 (b e c), art. 4 (c) e D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 40..."; peraltro, nelle fattispecie decise con le sentenze del 2014 appena richiamate non risulta che l'azienda avesse accettato di farsi carico del lavaggio settimanale degli indumenti da lavoro, come invece avvenuto da parte della società attuale controricorrente, a seguito delle prescrizioni contenute nel verbale ispettivo dell'Asl;
35. la sentenza impugnata ha dato atto dell'esito del sopralluogo effettuato dall'Asl il 4.8.2005 che aveva individuato l'esistenza, nel settore della raccolta dei rifiuti svolta dalla società, di un rischio infettivo, più esattamente di un rischio da contatto con sostanze tossiche, nocive ed agenti biologici;
36. la Corte di merito, nonostante l'accertamento sulla esistenza di rischi, specie di natura infettiva, per la salute dei lavoratori impegnati nell'attività di raccolta dei rifiuti, rischi legati al possibile contatto con sostanze nocive, tossiche o corrosive, ha escluso la qualificazione degli indumenti forniti dalla società come D.P.I. sul rilievo che gli stessi non possedessero una specifica funzionalità protettiva desumibile da caratteristiche tecniche dettate per la loro realizzazione e commercializzazione, e ciò nonostante non risultassero adottati altri strumenti in grado di fronteggiare il rischio pacificamente accertato, cosicché rappresentavano per gli operatori ecologici l'unico schermo di protezione concreto utilizzabile contro il possibile contatto con sostanze nocive per la salute
37. in tal modo la sentenza impugnata è incorsa nel denunciato vizio di violazione di legge avendo interpretato l'art. 40, comma 1, D.lgs. n. 626 del 1994, e la nozione legale di D.P.I. come limitata alle attrezzature appositamente create e commercializzate per la protezione di specifici rischi alla salute in base a caratteristiche tecniche certificate; laddove la disposizione suddetta, per l'ampio tenore letterale della previsione e la precipua finalità di tutela di beni fondamentali del lavoratore, deve essere letta, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, nel senso di includere nella categoria dei D.P.I. qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa in concreto costituire una barriera protettiva, sia pure ridotta o limitata, rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore, ai fini dell'adempimento datoriale all'obbligo, posto dall'art. 4, comma 5, D.lgs. n. 626 del 1994; 
38. l'accoglimento del secondo, terzo e quinto motivo di ricorso, porta a ritenere assorbiti il primo e il sesto motivo;
39. risulta, invece, inammissibile il quarto motivo di ricorso in quanto contenente censure di incompletezza ed inattendibilità del D.V.R. che non è stato, tuttavia, prodotto né trascritto nelle parti rilevanti;
40. la sentenza impugnata deve essere pertanto cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Cagliari, in diversa composizione, che provvederà ad un riesame della fattispecie attenendosi a tutti i principi sopra enunciati e quindi anche al seguente:
"la nozione legale di Dispositivi di Protezione Individuale (D.P.I.) non deve essere intesa come limitata alle attrezzature appositamente create e commercializzate per la protezione di specifici rischi alla salute in base a caratteristiche tecniche certificate, ma, in conformità alla giurisprudenza di legittimità, va riferita a qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa in concreto costituire una barriera protettiva, sia pure ridotta o limitata, rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore, in conformità con l'art. 2087 cod. civ., norma di chiusura del sistema di prevenzione degli infortuni e malattie professionali, suscettibile di interpretazione estensiva in ragione sia del rilievo costituzionale del diritto alla salute sia dei principi di correttezza e buona fede cui deve ispirarsi lo svolgimento del rapporto di lavoro. Nella medesima ottica il datore di lavoro è tenuto a fornire i suddetti indumenti ai dipendenti e a garantirne l'idoneità a prevenire l'insorgenza e il diffondersi di infezioni provvedendo al relativo lavaggio, che è indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza e che, pertanto, rientra tra le misure necessarie "per la sicurezza e la salute dei lavoratori" che il datore di lavoro è tenuto ad adottare ai sensi dell'art. 4, comma 5, del d.lgs. n. 626 del 1994 e degli artt. 15 e ss. del d.lgs. n. 81 del 2008 e s.m.i. (Fattispecie riguardante gli addetti alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani)".



P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo, terzo e quinto motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione, dichiara inammissibile il quarto motivo, assorbiti il primo e il sesto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'appello di Cagliari, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Cosi deciso nell'Adunanza camerale del 3.4.2019

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Civile Ord. Sez. L Num. 20207 Anno 2019.pdf
 
702 kB 21

Nota INL 7401 del 12 agosto 2019

ID 8994 | | Visite: 1993 | News Sicurezza

Nota INL 7401 del 12 agosto 2019

Oggetto: ricorso ex art. 14 D.Lgs. n. 81/2008

Perviene a questo Ufficio, da parte di codesto IIL, una richiesta di chiarimenti in merito alla sussistenza del diritto alla restituzione della somma versata ai fini dell’emissione del provvedimento di revoca della sospensione dell’attività imprenditoriale di cui all’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, nel caso in cui il provvedimento perda efficacia in conseguenza della mancata adozione della decisione sul ricorso amministrativo previsto dal comma 9 della medesima disposizione.

Questo Ufficio, d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, concorda con la soluzione prospettata dalla ITL di Bari, per la quale la decadenza del provvedimento di sospensione, a seguito dello spirare del termine di 15 giorni, opera ex nunc, con salvezza, pertanto, degli effetti già maturati.

La richiesta di rimborso di quanto versato ai fini dell’emissione del provvedimento di revoca della sospensione dell’attività imprenditoriale è stata, pertanto, correttamente rigettata dalla ITL di Bari.

_______

Art. 14.  D.Lgs. n. 81/2008 Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori

1. Al fine di far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonche' di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l'esecuzione dei lavori di cui all'articolo 92, comma 1, lettera e), gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione in relazione alla parte dell'attivita' imprenditoriale interessata dalle violazioni quando riscontrano l'impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, nonche' in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, adottato sentito il Ministero dell'interno e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. In attesa della adozione del citato decreto, le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attivita' imprenditoriale sono quelle individuate nell'Allegato I. Si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione oggetto di prescrizione dell'organo di vigilanza ottemperata dal contravventore o di una violazione accertata con sentenza definitiva, lo stesso soggetto commette piu' violazioni della stessa indole. Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse individuate, in attesa della adozione del decreto di cui al precedente periodo, nell'allegato I. L'adozione del provvedimento di sospensione e' comunicata all'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell'adozione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche. La durata del provvedimento e' pari alla citata sospensione nel caso in cui la percentuale dei lavoratori irregolari sia inferiore al 50 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro; nel caso in cui la percentuale dei lavoratori irregolari sia pari o superiore al 50 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, ovvero nei casi di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ovvero nei casi di reiterazione la durata e' incrementata di un ulteriore periodo di tempo pari al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni; nel caso di reiterazione la decorrenza del periodo di interdizione e' successiva al termine del precedente periodo di interdizione; nel caso di non intervenuta revoca del provvedimento di sospensione entro quattro mesi dalla data della sua emissione, la durata del provvedimento e' pari a due anni, fatta salva l'adozione di eventuali successivi provvedimenti di rideterminazione della durata dell'interdizione a seguito dell'acquisizione della revoca della sospensione. Le disposizioni del presente comma si applicano anche con riferimento ai lavori nell'ambito dei cantieri edili. Ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241. Limitatamente alla sospensione dell'attivita' di impresa, all'accertamento delle violazioni in materia di prevenzione incendi, indicate all'allegato I, provvede il comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente. Ove gli organi di vigilanza o le altre amministrazioni pubbliche rilevino possibili violazioni in materia di prevenzione incendi, ne danno segnalazione al competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, il quale procede ai sensi delle disposizioni del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, e di cui al comma 2.

2. I poteri e gli obblighi di cui al comma 1 spettano anche agli organi di vigilanza delle aziende sanitarie locali, con riferimento all'accertamento della reiterazione delle violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro di cui al comma 1. In materia di prevenzione incendi in ragione della competenza esclusiva del Corpo nazionale dei vigili del fuoco di cui all'articolo 46 trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.

3. Il provvedimento di sospensione puo' essere revocato da parte dell'organo di vigilanza che lo ha adottato.

4. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di cui al comma 1:

a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;

b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;

c) il pagamento di una somma aggiuntiva rispetto a quelle di cui al comma 6 pari a ((2.000 euro)) euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare e a (3.200 euro) euro nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

5. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza delle aziende sanitarie locali di cui al comma 2:

a) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni delle disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;

b) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro (3.200 euro) rispetto a quelle di cui al comma 6.

5-bis. Su istanza di parte, fermo restando il rispetto delle altre condizioni di cui ai commi 4 e 5, la revoca e' altresi' concessa subordinatamente al pagamento del venticinque per cento della somma aggiuntiva dovuta. L'importo residuo, maggiorato del cinque per cento, e' versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell'istanza di revoca. In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell'importo residuo entro detto termine, il provvedimento di accoglimento dell'istanza di cui al presente comma costituisce titolo esecutivo per l'importo non versato.

6. E' comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti.

7. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 4, lettera c), integra la dotazione del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, ed e' destinato al finanziamento degli interventi di contrasto al lavoro sommerso ed irregolare individuati con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di cui all'articolo 1, comma 1156, lettera g), della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

8. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 5, lettera b), integra l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attivita' di prevenzione nei luoghi di lavoro.

9. Avverso i provvedimenti di sospensione di cui ai commi 1 e 2 e' ammesso ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente, alla Direzione regionale del lavoro territorialmente competente e al presidente della Giunta regionale, i quali si pronunciano nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia.

10. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione di cui al presente articolo e' punito con l'arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare.

11. Nelle ipotesi delle violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui al comma 1, le disposizioni del presente articolo si applicano nel rispetto delle competenze in tema di vigilanza in materia.

11-bis. Il provvedimento di sospensione nelle ipotesi di lavoro irregolare non si applica nel caso in cui il lavoratore irregolare risulti l'unico occupato dall'impresa. In ogni caso di sospensione nelle ipotesi di lavoro irregolare gli effetti della sospensione possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell'attivita' lavorativa in corso che non puo' essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi.

Fonte: INL

Collegati:

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 36169 | 19 Agosto 2019

ID 8974 | | Visite: 2163 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale, Sez. 4, 19 agosto 2019, n. 36169

Rischi derivanti dal lavoro di taglio della macchina cesoia a ghigliottina idraulica.

Annullata con rinvio la sentenza di condanna del datore di lavoro per eccessiva genericità

Penale Sent. Sez. 4 Num. 36169 Anno 2019
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: CENCI DANIELE
Data Udienza: 28/03/2019

Ritenuto in fatto

l. La Corte di appello di Firenze il 12 luglio 2018 ha integralmente confermato la sentenza emessa all'esito del dibattimento il 20 maggio 2016 dal Tribunale di Firenze, sentenza, appellata dall'imputato, con cui M.B. è stato ritenuto responsabile del reato di lesioni colpose gravi in danno di A.C., con violazione della disciplina antinfortunistica, fatto commesso il 3 dicembre 2011, e, in conseguenza, condannato alla pena stimata di giustizia.
2. In sintesi, il fatto, come concordemente ricostruito dai Giudici di merito.
A.C., operaio dipendente della s.r.l. LEF, ditta con oggetto sociale produzione e lavorazione di lamierati per apparecchiature elettriche, il cui legale rappresentante - amministratore unico con pieni poteri decisionali e di spesa - era M.B., mentre stava inserendo un pezzo di lamiera di piccole dimensioni (circa 25 X 10 cm.) all'interno della macchina "Cesoia a ghigliottina idraulica modello CG 2004", oltrepassava, passandovi sotto, la griglia fissa di protezione di colore giallo della macchina, griglia che si è ritenuto non dotata di idonei ripari fissi o di ripari interbloccati o di dispositivi elettrosensibili atti ad impedire il contatto degli arti con il premi-lamiera o con la lama mobile; il lavoratore inoltre azionava il pulsante a pedale e così subiva lo schiacciamento del terzo dito della mano sinistra da parte del pistone premi-lamiera, con conseguente amputazione della falange distale del dito.
Dall'istruttoria - tra l'altro - è emerso: che il lavoratore infortunato era addetto da dieci giorni a quella macchina e che un tecnico aveva fatto formazione all'impiego della stessa; che la distanza tra la feritoia attraverso la quale il lavoratore ha infilato la mano e l'area di taglio era di soli otto centimetri e dalla zona di intervento dei pistoni di poco più di due centimetri, mentre avrebbe dovuto essere almeno di dodici centimetri (in difformità da direttive della Comunità europea); e che la macchina, in ottemperanza alle prescrizioni impartite dalla A.S.L. dopo l'infortunio, è stata modifica attraverso la riduzione delle dimensioni dell'imboccatura ad otto millimetri, così impedendo l'introduzione delle dita e rispettando la distanza di sicurezza minima rispetto all'area di intervento dei pistoni.
Ciò posto, è stata riconosciuta la responsabilità dell'imputato, in veste di datore di lavoro: per avere omesso di prendere in considerazione nel documento di valutazione dei rischi quelli derivanti dal lavoro di taglio e di premi-lamiera della macchina cesoia a ghigliottina idraulica; e per avere messo a disposizione del dipendente tale macchina non idonea ai fini della sicurezza, in quanto non dotata di idonei ripari fissi o di ripari interbloccati o di dispositivi elettrosensibili atti ad impedire il contatto degli arti superiori in genere e delle dita, in particolare, con il premi-lamiera o con la lama mobile, in quanto la griglia fissa di colore giallo installata non impediva l'accesso degli arti nella zona di pericolo; così violando, rispettivamente, gli artt. 17 e 71 del d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81.
3.Ricorre per la cassazione della sentenza l'imputato, tramite difensore, affidandosi ad un solo, complesso, motivo, con cui denunzia travisamento della prova, mancanza di motivazione e violazione di legge (artt. 43 e 590 cod. pen.).
Il ricorrente premette di avere già denunziato travisamento della prova nell'atto di appello, ciò che rende deducibile il vizio in sede di legittimità, nonostante la "doppia conforme", essendosi - a suo avviso - la Corte di merito limitata a richiamare la sentenza di primo grado senza argomentare sulla inadeguatezza o inconsistenza dei motivi di impugnazione (pp. 1-2 del ricorso).
Ripercorsa, poi, la ricostruzione dei fatti operata nella sentenza di primo grado e la relativa motivazione, i motivi di appello (pp. 2-9 del ricorso) e la risposta della Corte di merito (p. 9), lamenta il ricorrente (pp. 9-11) la eccessiva genericità della sentenza impugnata, l'essersi la stessa concentrata solo sul tema della "distanza orizzontale" tra la griglia di protezione e la linea di discesa dei pistoni premi-lamiera disinteressandosi, però, della rilevabilità o meno ictu oculi della "distanza in altezza" della griglia di protezione dal piano di lavoro, corrispondente a circa meno di due centimetri, anziché ad otto millimetri, «e, di conseguenza, del mancato rispetto della proporzione tra tale altezza e la misura della predetta distanza orizzontale (fissata in 21 mm anziché in 120 mm): ossia del "cuore" dell'atto di appello e del fulcro della valutazione in ordine alla rilevabilità di tale vizio di fabbricazione, da parte del datore di lavoro, mediante l'impiego della "ordinaria diligenza» (così alla p. 10 del ricorso), liquidando - ma, si sostiene, vagamente e soltanto in maniera superficiale - le doglianze difensive svolte in appello sul tema della agevole accertabilità o meno della mancanza di requisiti di sicurezza in un macchinario che risulta pacificamente dotato di marcatura CE, con ogni conseguenza in tema di affidamento del datore di lavoro acquirente del macchinario, per di più installato e collaudato da un esperto (il sig. C.) che aveva anche svolto, su incarico del datore di lavoro, proprio su tale macchinario una compiuta attività di formazione dei lavoratori.

Considerato in diritto

1. Premesso che il reato non è prescritto, il ricorso è fondato e deve essere accolto.
2. La sentenza di appello risulta, come in effetti denunziato dal ricorrente, non solo eccessivamente stringata e superficiale, ma mancante di motivazione quanto alle articolate doglianze svolte in appello (v. pp. 5-10 dell'impugnazione di merito), incentrate sulla non evidenza ictu oculi del profilo di debolezza e di insicurezza di un macchinario che è stato acquistato dall'imputato provvisto di regolare marchio CE, che è stato collaudato ed installato da un esperto, il quale non ha mosso rilievi ed ha anche provveduto a fare formazione ai dipendenti e sulla differenza di poco più di un centimetro dell'intervento correttivo della struttura dell'imboccatura del macchinario imposto dalla A.S.L. dopo l'infortunio.
A fronte di serie censure difensive svolte in appello in maniera argomentata non sarebbe sufficiente richiamare il ben noto - e severo - principio di diritto in effetti esistente, secondo il quale «Il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro, è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati, e risponde dell'infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti, senza che la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità "CE" o l'affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarlo dalla sua responsabilità» (Sez. 4, n. 37050 del 12/06/2008, Vigilardi e altro, Rv. 241020, in conformità v. Sez. 4, n. 26247 del 30/05/2013, Magrini, Rv. 256948; Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014, Enne e altro Rv. 259229), dovendo i Giudici di appello "calare" tale principio, al quale occorre certo dare continuità, nella concreta vicenda in esame e "misurasi" effettivamente con l'impugnazione.
Per contro, in sole due pagine e due righe (pp. 5-6 e prime due righe di p. 7) la sentenza impugnata si è limitata ad una insoddisfacente editio minor della - assai più ampia ed argomentata - decisione del Tribunale, sostanzialmente ignorando i rilievi difensivi svolti nell'impugnazione di merito.
3. Discende, di necessità, l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvia per nuovo esame alla Corte d'appello di Firenze - altra Sezione.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte d'appello di Firenze.
Così deciso il 28/03/2019.

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 36169 Anno 2019.pdf
 
183 kB 9

Modello Riduzione tasso medio prevenzione INAIL anno 2020 | OT23

ID 8915 | | Visite: 15222 | News Sicurezza

Modello riduzione 2020

Modello Riduzione del tasso medio per prevenzione anno 2020: Nuovo Modello OT23

Entro il 29 Febbraio 2020

Pubblicato il nuovo modello per le istanze di riduzione del tasso medio per prevenzione che verranno inoltrate nel 2020.

Sono disponibili sul portale, nella sezione della modulistica Moduli e modelli – Assicurazione – Premio Assicurativo, il nuovo modello OT23 da utilizzare per le domande di riduzione del tasso medio per prevenzione e la relativa guida per la compilazione.
Il modulo riguarda le istanze che saranno inoltrate nell'anno 2020 per gli interventi migliorativi adottati dalle aziende nel 2019.

Modello OT23 2020 / Modello OT24 2019

A seguito della revisione dell'intero sistema delle tariffe dei premi INAIL, introdotta dal D.I. 27/2/2019, sono stati ricondotte ad un unico articolo (art. 23) le azioni che portavano alla riduzione del tasso INAIL per prevenzione previste dalla normativa precedente (DM 12.12.2000) per il primo biennio di attività dall'art. 20 (Modello OT20) e dopo il primo biennio di attività dall'art. 24 (Modello OT24).

Il nuovo Modello OT 23 vale, dunque, per tutte le imprese, sia nel primo biennio di attività della PAT sia dopo il primo biennio di attività, e prevede l'attuazione di azioni migliorative per prevenzione che riprendono quelle del Modello OT24 dell'anno scorso, salvo alcune modifiche.

L’art. 23 delle Modalità per l’applicazione delle Tariffe, approvate con decreto interministeriale del 27.02.2019, prevede una riduzione del tasso medio di tariffa per le aziende che abbiano effettuato interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli previsti dalla normativa in materia.

Per accedere alla riduzione, l’azienda deve presentare un’apposita istanza (Modulo per la riduzione del tasso medio per prevenzione), esclusivamente in modalità telematica, attraverso la sezione Servizi Online presente sul sito www.inail.it, entro il termine del 29 febbraio 2020, unitamente alla documentazione probante richiesta dall’Istituto.

L’azienda può chiedere la riduzione qualunque sia l’anzianità dell’attività aziendale, anche nel primo biennio di attività della posizione assicurativa territoriale (PAT).

1. INTERVENTI MIGLIORATIVI

L’Inail predefinisce gli interventi che sono considerati validi ai fini della concessione del beneficio in ragione della loro valenza prevenzionale.

L’azienda indica sul modulo di domanda per la riduzione del tasso medio per prevenzione gli interventi che ha attuato nell’anno solare precedente quello di presentazione della domanda (2019).

Il modulo di domanda articola gli interventi nelle seguenti sezioni:

A Interventi di carattere generale
B Interventi di carattere generale ispirati alla responsabilità sociale
C Interventi trasversali
D Interventi settoriali generali
E Interventi settoriali.

Nel modulo sono previsti interventi “generali” che riguardano l’azienda, ossia realizzati su tutte le PAT dell’azienda (codice ditta), ed interventi di cui sono destinatarie solo singole PAT.

In generale, gli interventi possono essere realizzati in tutti i settori produttivi, ad eccezione degli interventi Settoriali Generali (SG) che possono essere realizzati solo dalle aziende appartenenti a determinati settori produttivi, individuati dallo specifico
riferimento delle Tariffe dei premi di cui al decreto del 27 febbraio 2019.

Nel caso di accentramento delle posizioni assicurative, gli interventi devono essere realizzati su tutte le sedi di lavoro che confluiscono nella PAT accentrante.

2. PUNTEGGIO

Ad ogni intervento è attribuito un punteggio. Per poter accedere alla riduzione del tasso medio di tariffa è necessario aver effettuato interventi tali che la somma dei punteggi sia pari almeno a 100.

Per alcuni interventi, il punteggio è stato differenziato in relazione al settore produttivo di appartenenza dell’azienda, individuato attraverso le voci di tariffa con cui è assicurata l’attività aziendale.

Qualora le voci di tariffa che coprono il rischio dell’attività aziendale siano riconducibili a diversi settori produttivi, il punteggio è predeterminato automaticamente in relazione al settore produttivo che prevede il punteggio più elevato.

In generale, per il raggiungimento del punteggio pari o superiore a 100 è possibile  selezionare interventi di qualunque sezione del modulo, tranne quelli della sezione B.

Gli interventi della sezione B “Interventi di carattere generale ispirati alla responsabilità sociale” rilevano solo se la soglia dei 100 punti è conseguita nell’ambito della stessa sezione, ossia se vengono selezionati interventi ispirati alla responsabilità sociale tali da raggiungere il punteggio pari o superiore a 100. Inoltre, il punteggio è graduato in relazione alla dimensione aziendale (grandi, medie, piccole e micro imprese ), determinante anche ai fini del numero di condizioni/attività da attuare.

Una volta individuati interventi sufficienti a far raggiungere un punteggio almeno pari a 100, è inibita la selezione di ulteriori interventi.

Qualora l’azienda abbia effettuato gli interventi solo su singole posizioni assicurative (sezioni C ed E), il punteggio è calcolato per ciascuna PAT e, quindi, per ogni PAT è necessario aver effettuato interventi tali che la somma dei loro punteggi sia pari almeno a 100.

3. DOCUMENTAZIONE PROBANTE

L’Istituto individua, nel campo “Documentazione ritenuta probante”, per ogni intervento, la documentazione che ritiene probante l’attuazione dello stesso nell’anno precedente quello di presentazione della domanda.

A pena di inammissibilità, entro il 29 febbraio 2020, tale documentazione deve essere presentata unitamente alla domanda, utilizzando l’apposita funzionalità disponibile nei Servizi online.

Nel campo “Note” sono riportati chiarimenti e definizioni sugli interventi proposti. In caso di interventi con valenza pluriennale è necessario che l’azienda ripresenti annualmente l’istanza e dimostri, anno per anno, la continuità di attuazione mediante
la documentazione probante. 

La documentazione prodotta dall’azienda deve riportare:
- data;
- firma (in genere del datore di lavoro, ma, a seconda degli interventi, anche di altri soggetti idonei, ad esempio, ad attestare un’emissione formale da parte dell’azienda, a comprovare l’effettiva condivisione da parte delle figure previste dalla legge, ecc.).

In particolare, con riferimento agli interventi riguardanti l’implementazione e/o l’adozione di “procedure”, si precisa che per “procedura” si intende un insieme sistematico di istruzioni operative su come eseguire una determinata operazione, formalmente emessa dall’azienda, resa nota ai lavoratori e attuata.

La procedura deve essere caratterizzata, oltre che da data e firma, da:

- contenuti, che devono essere congruenti con l’oggetto dell’intervento;
- evidenze documentali dell’attuazione nell’anno solare precedente quello di presentazione della domanda.

È facoltà sia dell’azienda che dell’Istituto fornire o richiedere altra documentazione atta a dimostrare quanto dichiarato nel modulo.

4. PRESUPPOSTI APPLICATIVI

Nel modulo di domanda l’azienda dichiara di essere consapevole che il riconoscimento della riduzione è subordinato all’accertamento degli obblighi contributivi e assicurativi, all’osservanza delle norme di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro e all’ attuazione di interventi di miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene dei luoghi di lavoro.

a. Regolarita’ contributiva

La riduzione è concessa solo dopo l’accertamento dei requisiti di regolarità contributiva del datore di lavoro richiedente, secondo i criteri e le modalità previste dal decreto interministeriale 30 gennaio 2015 e s.m.i., in attuazione del comma 2 dell’articolo 4 del decreto legge 34/2014, come precisato nella circolare Inail n. 61 del 26 giugno 2015.

La verifica di regolarità è attivata dall’Istituto nel periodo che intercorre tra il 1° e il 30 aprile dell’anno di presentazione della domanda.

In ogni caso, la regolarità deve sussistere alla data di adozione del provvedimento di accoglimento della domanda di riduzione del tasso per prevenzione.

b. Osservanza delle norme in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro

Il requisito s’intende realizzato qualora siano osservate tutte le disposizioni obbligatorie in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro con riferimento alla situazione presente alla data del 31 dicembre dell’anno precedente quello di presentazione della domanda.

Per la sussistenza del requisito si fa riferimento all’azienda nel suo complesso e non alle sole PAT oggetto della domanda.

Non rilevano le irregolarità risultanti da accertamenti non definitivi a norma di legge o comunque sospesi in sede di contenzioso amministrativo o giudiziario.

5. DEFINIZIONE DELLA DOMANDA

La domanda di riduzione è accolta qualora risulti accertata la ricorrenza dei presupposti indicati nel precedente § 4.

È fatta salva la facoltà dell’INAIL di procedere, in sede d’istruttoria o successivamente, alla verifica di quanto dichiarato dal richiedente.

6. APPLICAZIONE DELLA RIDUZIONE

Nei primi due anni dalla data di inizio attività della PAT, la riduzione è applicata nella misura fissa dell’otto per cento.

La riduzione ha effetto solo per l’anno di presentazione della domanda ed è applicata in sede di regolazione del premio assicurativo dovuto per lo stesso anno, in egual misura a tutte le voci della PAT.

Dopo il primo biennio di attività della PAT, la percentuale di riduzione del tasso medio di tariffa è determinata in relazione al numero dei lavoratori-anno del triennio della medesima PAT.

In caso di accoglimento, la riduzione riconosciuta ha effetto per l’anno in corso alla data di presentazione dell’istanza ed è applicata in sede di regolazione del premio assicurativo dovuto per lo stesso anno.

In caso di selezione di un intervento definito “Trasversale Generale” o “Settoriale Generale”, la definizione della domanda (accoglimento o rigetto) riguarda tutte le PAT dell’azienda.

In caso di selezione di interventi definiti “Trasversali” o “Settoriali” la definizione della domanda esplica effetti solo sulla PAT o sulle PAT interessata/e dagli interventi migliorativi in materia di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro.

Qualora risulti, in qualsiasi momento, la mancanza dei requisiti prescritti per il riconoscimento della riduzione, l’Inail procede all’annullamento della riduzione stessa e alla richiesta delle integrazioni dei premi dovuti, nonché all’applicazione delle vigenti sanzioni.

INAIL, 01.08.2019

...

Per poter accedere alla riduzione del tasso medio di tariffa è necessario aver effettuato interventi tali che la somma dei loro punteggi sia pari almeno a 100.

TG = Trasversale Generale (può essere realizzato su tutti i settori produttivi e produce effetti su tutte le PAT della ditta)
T = Trasversale (può essere realizzato su tutti i settori produttivi ma non necessariamente attuato in tutte le PAT della ditta) 
SG = Settoriale Generale (può essere realizzato solo in alcuni settori e produce effetti su tutte le PAT) 
S = Settoriale (il punteggio varia in funzione dei settori e può essere attuato non necessariamente in tutte le PAT)

Novità del modello 2020:

E INTERVENTI SETTORIALI

E-19 INTERVENTI PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO DA POLVERI CONTENENTI SILICE LIBERA CRISTALLINA RESPIRABILE NEL SETTORE CERAMICHE - PIASTRELLE: l’azienda ha adottato misure che hanno portato o mantenuto i livelli di esposizione personale dei lavoratori al di sotto del valore di 0,05 mg/m3 

Punteggio= 80

Note:
Ai fini del presente intervento per “misure” si intendono quelle individuate nelle schede specifiche di cui alla parte 4 della buona pratica elaborata dal Network Italiano Silice: Piastrelle ceramiche - Indicazioni sulle misure  di prevenzione e protezione per la riduzione della esposizione a polveri contenenti Silice Libera Cristallina.

Il livello di esposizione a silice libera cristallina dei lavoratori nei reparti interessati deve essere misurato ante e post intervento; il livello post intervento dovrà risultare inferiore a 0,05 mg/m3 e comunque non superiore a quello rilevato prima dell’intervento. Tutte le misure dovranno essere realizzate adottando la medesima metodologia, in accordo con le norme tecniche UNI ISO 16258 - parti 1 e 2 (misurazione della concentrazione di silice libera cristallina aerodispersa) e UNI EN 482 e UNI EN 689 (valutazione del rischio da esposizione a polveri).

E-20 INTERVENTI PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO DA POLVERI CONTENENTI SILICE LIBERA CRISTALLINA RESPIRABILE NEL SETTORE FONDERIE: l’azienda ha adottato misure che hanno portato o mantenuto i livelli di esposizione personale dei lavoratori al di sotto del valore di 0,05 mg/m3 

Punteggio=80

Note:
Ai fini del presente intervento per “misure” si intendono quelle individuate nelle schede specifiche di cui alla parte 4 della buona pratica elaborata dal Network Italiano Silice reperibile: Comparto fonderie - Indicazioni sulle misure di prevenzione e protezione per la riduzione della esposizione a polveri contenenti Silice Libera Cristallina.
Il livello di esposizione a silice libera cristallina dei lavoratori nei reparti interessati deve essere misurato ante e post intervento; il livello post intervento dovrà risultare inferiore a 0,05 mg/m3 e comunque non superiore a quello rilevato prima dell’intervento. Tutte le misure dovranno essere realizzate adottando la medesima metodologia, in accordo con le norme  tecniche UNI ISO 16258 - parti 1 e 2 (misurazione della concentrazione di silice libera cristallina aerodispersa) e UNI EN 482 e UNI EN 689 (valutazione del rischio da esposizione a polveri)

E -21 INTERVENTI PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO DA POLVERI CONTENENTI SILICE LIBERA CRISTALLINA RESPIRABILE NEL COMPARTO LAPIDEO: l’azienda ha adottato misure che hanno portato o mantenuto i livelli di esposizione personale dei lavoratori al di sotto del valore di 0,05 mg/m3 

Punteggio=80

Note:
Ai fini del presente intervento per “misure” si intendono quelle individuate nelle schede specifiche di cui alla parte 4 della buona pratica elaborata dal Network Italiano Silice: Comparto lapideo - Indicazioni sulle misure di prevenzione e protezione per la riduzione della esposizione a polveri contenenti Silice Libera Cristallina.
Il livello di esposizione a silice libera cristallina dei lavoratori nei reparti interessati deve essere misurato ante e post intervento; il livello post intervento dovrà risultare inferiore a 0,05 mg/m3 e comunque non superiore a quello rilevato prima dell’intervento. Tutte le misure dovranno essere realizzate adottando la medesima metodologia, in accordo con le norme tecniche UNI ISO 16258 - parti 1 e 2 (misurazione della concentrazione di silice libera cristallina aerodispersa) e UNI EN 482 e UNI EN 689 (valutazione del rischio da esposizione a polveri).

E -22 INTERVENTI PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO DA POLVERI CONTENENTI SILICE LIBERA CRISTALLINA RESPIRABILE NEI LAVORI DI SCAVO DI GALLERIE: l’azienda ha adottato misure che hanno portato o mantenuto i livelli di esposizione personale dei lavoratori al di sotto del valore di 0,05 mg/m3 

Punteggio=80

Note:
Ai fini del presente intervento per “misure” si intendono quelle individuate nelle schede specifiche di cui alla parte 4 della buona pratica elaborata dal Network Italiano Silice: Indicazioni sulle misure di prevenzione e protezione per la riduzione della esposizione a polveri contenenti Silice Libera Cristallina - Scavo di gallerie.
Il livello di esposizione a silice libera cristallina dei lavoratori nei reparti interessati deve essere misurato ante e post intervento; il livello post intervento dovrà risultare inferiore a 0,05 mg/m3 e comunque non superiore a quello rilevato prima dell’intervento. Tutte le misure dovranno essere realizzate adottando la medesima metodologia, in accordo con le norme tecniche UNI ISO 16258 - parti 1 e 2 (misurazione della concentrazione di silice libera cristallina aerodispersa) e UNI EN 482 e UNI EN 689 (valutazione del rischio da esposizione a polveri).

 Vedi Documenti 

Rischio silice quadro normativo

Rischio silice: quadro normativo e documenti

Scheda tecnica 02.04.2018

Documento e riferimenti, in allegato, sulla Silice Libera Cristallina e sul rischio SLC nelle attività estrattive, di lavorazione pietre, ecc: i nuovi limiti UE, i limiti delle principali organizzazioni, le lavorazioni, le malattie professionali riconosciute e tutti i Documenti preparatori e Linee guida del NIS (Network Italiano Silice).

________

2019 06 26 15 36 29 EN 689 2019

UNI EN 689:2019 sostituisce UNI EN 689:2018

Atmosfera nell'ambiente di lavoro - Misura dell'esposizione per inalazione agli agenti chimici - Strategia per la verifica della conformità coi valori limite di esposizione occupazionale
La norma definisce una strategia per effettuare misure rappresentative dell’esposizione per inalazione ad agenti chimici in modo da dimostrare la conformità coi limiti di esposizione occupazionale (OELVs).
La presente norma europea non è applicabile a OELVs con periodi di riferimento inferiori ai 15 minuti.

http://store.uni.com/catalogo/index.php/uni-en-689-2019.html

Data entrata in vigore: 16 maggio 2019

Recepisce: EN 689:2018+AC:2019

Sostituisce: UNI EN 689:2018

_________

La norma EN 689:2019 rispetto all'ed. 2018 (EN 689:2018), della quale è stato proposto un Documento di approfondimento nel 2018, include il corrigendum AC:2019 che modifica le abbreviazioni, il contenuto in molti allegati, la bibliografia e i riferimenti riportati. Nel documento allegato tutte le modifiche apportate sono indicate in blu.

La EN 689 è una delle metodiche standardizzate per la misurazione degli agenti contenute nell’allegato ALLEGATO XLI del D.Lgs.81/08-Titolo IX art.225 c.2.

Nell’ambito della valutazione del rischio chimico all’interno di un’azienda, l’analisi dell’esposizione alle sostanze contenute nell’aria è sempre molto difficoltosa.
All’interno delle aziende, difatti, esistono diverse attività lavorative, diversi processi che impiegano, o possono impiegare, sostanze chimiche potenzialmente pericolose per inalazione. Può essere molto complesso, inoltre, analizzare la velocità di emissione, i tempi di emissione, la distanza dalle fonti di emissione, in relazione all’effettiva esposizione dei lavoratori.
La EN 689 indica strategie e metodologie per misurare la concentrazione degli agenti chimici, mettere in rapporto l’esposizione inalatoria degli operatori con i valori limite di riferimento e consentire il confronto dei dati nel tempo, definendo la periodicità delle misure. 

E-23 INTERVENTI PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO IN AMBIENTI SOSPETTI DI INQUINAMENTO E IN AMBIENTI CONFINATI: l’azienda con meno di 50 lavoratori ha acquistato dispositivi e/o robot atti a eliminare o ridurre la presenza dell’uomo all’interno di ambienti sospetti di inquinamento e/o di ambienti confinati.

Punteggio= 60

Note:
Ai fini del presente intervento per “ambienti sospetti di inquinamento e ambienti confinati” si intendono quelli così definiti dal d.p.r. 177/2011 (rispettivamente, ambienti di cui agli articoli 66 e 121 del d.lgs. 81/2008 e ambienti di cui all'allegato IV, punto 3, del medesimo decreto).
L’intervento si intende realizzato se l’azienda ha acquistato nell’anno 2018 almeno un dispositivo (ad es. trivelle perforanti, cannoni ad aria compressa, lance o ugelli per lavaggio, dispositivi per mescolamento ecc.) o un robot (ad es. per ispezioni, per pulizia in remoto, per lavaggio ecc.) atti a eliminare o ridurre la presenza dell’uomo all’interno di ambienti sospetti di inquinamento e/o di ambienti confinati.
L’intervento può essere riproposto per i quattro anni successivi a quello di acquisto dei dispositivi/robot.

 Vedi Prodotto

489a5d8e6547c456e30b761a8f26a80b

DVR & Procedure Spazi confinati

NEW Ed. 5.0 Agosto 2019 

Il Prodotto consente di redigere un DVR e relative Procedure di sicurezza per il Rischio Ambienti Confinati. 
E' disponibile un Modello master doc di Documento completo di Procedure, check list, guide, normativa e altra documentazione d'interesse. 

La valutazione dei rischio specifico ambienti confinati è prevista, se presente, come attività da integrare nel DVR generale (artt. 17 e 28 D.Lgs. 81/08) in particolare in riferimento agli Artt. 66 e 121 o in accordo con il DPR 177/2011.

Il Modello è strutturato con la metodologia di OHSA CFR 1910.146 con il concetto di "permesso di lavoro per operare negli spazi confinati" (PRCS) "Permit-Required Confined Spaces" e alcuni passi (di studio) estratti da NIOSH Worker Deaths in Confined Spaces No. 94-103 e Working in Confinated Spaces No 80‐106; illustrate inoltre apposite Procedure di sicurezza per operare in ambienti confinati.

Quindi in relazione alla possibilità di dover intervenire all'interno degli spazi confinati e, al fine di avere uno strumento efficace per la gestione della sicurezza e salute, nonché, delle criticità nella gestione delle emergenze, viene adottata la metodologia suddetta per la valutazione del rischio e classificazione degli spazi confinati, ad integrazione del processo di valutazione compiuto nel DVR generale aziendale.

 ...

Segnaliamo inoltre quale intervento trasversale: 

C-16 INTERVENTI PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO ELETTRICO: l’azienda ha effettuato nel corso dell’anno 2018 una analisi termografica a una o più parti di impianto elettrico e ha conseguentemente attuato le opportune azioni correttive.

Punteggio = 50

Note:

L’intervento si riferisce a parti di impianto quali quadri elettrici, quadri di comando e trasformatori.
Il rilievo termografico e l’interpretazione e valutazione dei dati rilevati devono essere eseguiti da persone certificate in accordo ai Livelli 1 e 2 previsti dalla norma UNI EN ISO 9712. Ogni punto oggetto di analisi termografica deve essere corredato da foto nel campo visibile e infrarosso.

Documentazione ritenuta probante:

- Report dell’analisi termografica, corredato da foto nel campo visibile e infrarosso, datato e firmato da persona certificata almeno di Livello 2 secondo la norma UNI EN ISO 9712.
- Per la persona che ha condotto il rilievo termografico sul campo: evidenza del nome e cognome e della certificazione almeno di Livello 1, metodo TT (Termografia a infrarossi) secondo la norma UNI EN ISO 9712.
- Per la persona che ha redatto il report di analisi, evidenza del nome e cognome e della certificazione almeno di Livello 2, metodo TT (Termografia a infrarossi) secondo la norma UNI EN ISO 9712.
- Evidenze dell’attuazione delle eventuali azioni correttive poste in atto (ad es. fatture, schede di intervento, ecc.).

 Vedi Documento 

INDAGINI TERMOGRAFICHE INDUSTRIALI: APPLICAZIONI E NORME

Un Documento sull'applicazione della UNI ISO 18434-1:2011 (Estratto Appendici A, B e C) Monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine - Termografia

La termografia industriale IR applicata alle macchine, può avere un duplice obbiettivo:

1. quale strumento per sicurezza, prevenzione dal rischio incendio ed esplosione importante (indagine predittive); 
2. per l'ottimizzazione degli oneri di manutenzione.

Le termografia IR è un metodo di indagine “non distruttivo” (Prove Non Distruttive - NPD) cioè non va ad interagire direttamente con l’oggetto in esame, esistono molte norme che regolamentano l’analisi, la formazione dei soggetti addetti.

Le prove termografiche devono essere condotte secondo i principi di UNI EN 16714-1, 2, 3 e a seconda dell'applicazione (del caso UNI ISO 18434-1:2011 Monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine) ed in particolare UNI ISO 18436-7:2014 per i requisiti per la qualificazione e la valutazione del personale nella termografia monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine (vedi anche UNI EN ISO ISO 9712:2012 per la qualificazione e certificazione del personale NPD).

Vedi Documento 

Segnaliamo inoltre quale intervento settoriale:

E8 - INTERVENTI PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO DA LAVORO IN SOLITARIO: sono stati acquistati o noleggiati sistemi di rilevamento “uomo a terra”

Documentazione ritenuta probante:
- Fatture di acquisto o contratto di noleggio dei dispositivi, relativi all’anno 2019
- Stralcio del DVR dal quale risultino le mansioni a rischio per lavoro in solitario

 Vedi Documento 

Lavoratori isolati sicurezza

Lavoratori isolati: Sicurezza

Il Documento allegato affronta il quadro normativo generale della Sicurezza dei "Lavoratori isolati", con riferimento all'uso dei dispositivi con funzionalità uomo a terra e immobilità o isolato (man down) geolocalizzati, estremamente utili e segnalati su quesito MLPS, per l'emergenza in questo contesto lavorativo.

Non è definita dalla legislazione la figura del "lavoratore isolato" (salvo alcuni riferimenti di cui in seguito), malgrado molti lavoratori eseguono attività lavorative che possono essere ricondotte a tale figura in considerazione del concetto. A riferimento, la norma UNI EN ISO 15743 Ergonomia dell’ambiente termico – Posti di lavoro al freddo – Valutazione e gestione del rischio, per la gestione organizzativa per i lavori in ambienti a basse temperature es. lavori in celle frigo, che sono molte volte riconducibili a lavoro isolati/lavori in condizioni particolari.

Fonte: INAIL

Decreto 18 luglio 2019

ID 8925 | | Visite: 2258 | Legislazione Sicurezza

Decreto 18 luglio 2019

Aggiornamento dell'elenco delle attrazioni dello spettacolo viaggiante.

(GU Serie Generale n.188 del 12-08-2019)

Art. 1.

L’elenco delle attività spettacolari, dei trattenimenti e delle attrazioni di cui all’art. 4 della legge 18 marzo 1968 n. 337 è integrato con l’inserimento della sottoelencata nuova attrazione:

Sezione I - Medie attrazioni (Ottovolante con vetture girevoli (Compact spinning coaster)). - “Strutture metalliche di diversa altezza collegate fra loro che sostengono un percorso multiforme su binario o rotaia con salite, discese e curve, sottopassaggi. Le vetture, a più posti, sono dotate di carrello con ruote snodateportanti-direzionali e di sicurezza. Le vetture singole o collegate sono libere di ruotare su se stesse; sono spinte al punto più alto del percorso tramite ruote gommate motorizzate ed effettuano la discesa per inerzia o per mezzo di ruote motorizzate posizionate lungo il percorso. L’altezza massima da terra del binario non deve essere superiore ai 6 metri.

...

Collegati:

 

Linee indirizzo MMC pazienti ISO TR 12296 (MAPO) | RL

ID 8455 | | Visite: 12548 | Documenti Sicurezza Enti

Rischio MMC ISO 11226 Pazienti

Linee indirizzo MMC pazienti TR 12296 (MAPO) | RL 

ID 8455 | 27.05.2019

Come in altri ambiti il quadro normativo di riferimento è spesso più avanzato rispetto alla realtà. Per questo settore, in particolare, oltre alle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori vi sono quelle relative all’accreditamento delle strutture sanitarie e socio-sanitarie e quelle per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

In questo complesso di norme si inserisce a pieno titolo il recente Technical Report (TR) 12296 “Ergonomics: Manual handling in health care sector” pubblicato nel giugno 2012.

In estrema sintesi questo TR si pone due obbiettivi principali:

a) Il miglioramento delle condizioni di lavoro degli operatori addetti all’assistenza (diminuendo i sovraccarico biomeccanico)
b) Il miglioramento della qualità di assistenza.

Definisce una precisa strategia di intervento che, partendo dalla valutazione del rischio (Annesso A), possa attuare una gestione del rischio basata su aspetti di tipo organizzativo (Annesso B), sulla scelta di adeguate attrezzature/ausili (annesso C), sull’ambiente di lavoro - in termini di spazi e di passaggi - (Annesso D), su un’efficace formazione degli operatori (Annesso E) ed infine sulla continua verifica di efficacia delle azioni intraprese (Annesso F).
...
Il metodo MAPO, adotatto con queste linee di indirizzo di Regione Lombardia, è aderente in tutte le sue parti allo schema individuato nel TR sia perchè prevede una valutazione del rischio per step successivi (individuazione del pericolo, checklist MAPO e valutazione analitica del rischio) sia perché considera tutti gli aspetti che devono essere considerati nel risk management. Inoltre appare utile avere a disposizione degli strumenti che, per la loro sinteticità, forniscano informazioni chiare e semplici sulle quali operare delle scelte, da cui possono discendere risultati sicuramente quantificabili e confrontabili. D’altronde questa strada, che indubbiamente può presentare delle carenze rispetto all’ampia variabilità che si può incontrare nei diversi contesti lavorativi, è quella perseguita dall’ISO che ha sempre proposto, per la valutazione dei rischi lavorativi, metodi parametrici. Premesso che, al di là delle modalità con cui si effettua una valutazione del rischio, quello che importa è il risultato che si riesce ad ottenere, vale la pena fare alcune puntualizzazioni:

1) Identificazione del pericolo nella movimentazione dei pazienti: è necessario porre una domanda chiave (key enter) che deve condurre ad una risposta del tipo Si/No.

Il criterio adottato sia nel TR che nel metodo MAPO è: “nel servizio da indagare è presente un paziente che deve essere movimentato?”.

Il fatto che sia presente identifica la presenza di un pericolo che non necessariamente è sinonimo di rischio (cioè di una condizione che aumenta la probabilità di avere un danno).

2) Qualora sia presente un pericolo, è necessario procedere alla Stima/Valutazione del rischio. Con il metodo MAPO è possibile procedere per step successivi effettuando prima una stima del rischio (checklist MAPO) e, qualora dalla stima risulti la presenza di un rischio, poi procedere alla valutazione analitica del rischio (MAPO Analitico). 
...
segue in allegato

Collegati

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Linee indirizzo MMC pazienti TR 12296 RL 2015.pdf
RL 2015
1074 kB 326

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 35568 | 05 Agosto 2019

ID 8901 | | Visite: 3022 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 05 agosto 2019, n. 35568

Rischio di incendio boschivo derivante da lavorazioni effettuate nel cantiere operante in prossimità del bosco

Penale Sent. Sez. 4 Num. 35568 Anno 2019

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: DOVERE SALVATORE
Data Udienza: 05/06/2019

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha parzialmente riformato la pronuncia emessa dal Tribunale di Lucca nei confronti di B.L. e di B.N. con la quale questi erano stati giudicati responsabili di incendio boschivo colposo (artt. 40, co. 2 e 423-bis cod. pen.), condannandoli alla pena di un anno di reclusione ciascuno, ed era stato mandato assolto il B.L. dal reato di cui agli artt. 28 e 55 d.lgs. n. 81/2008 mentre per il B.N., per il medesimo reato, era stata dichiarata l'estinzione per prescrizione (altre statuizioni, qui non rilevanti, avevano attenuto al coimputato I.G.).
Sul gravame proposto dal B.N. e dal B.L., la Corte di Appello ha infatti mandato assolto il primo dal residuo reato, ritenendo che egli non avesse commesso il fatto, ed ha confermato ogni altra statuizione.
2. I fatti valutati dai giudici di merito sono stati ricostruiti nel modo che segue.
Il 6 settembre 2009 A.C., dipendente della Bea s.r.l., aveva provocato l'innesco dell'incendio di circa mille metri quadrati di bosco sito in località Ponte a Serraglio di Bagni di Luca. Ciò era accaduto perché il A.C., tagliando delle sbarre di ferro con una mola troncatrice, aveva fatto sprigionare delle scintille che avevano attinto dell'erba secca posta sul muro che delimitava da un lato il cantiere della Cooperativa Terra Uomini e Ambiente; erba che aveva preso fuoco.
Agli imputati in parola, il B.N. nella qualità di legale rappresentante della Bea s.r.l. e quindi datore di lavoro del A.C. (giudicato separatamente per l'imputazione di incendio boschivo colposo) e il B.L. quale responsabile della sicurezza nei luoghi di lavoro della società cooperativa a responsabilità limitata Terra Uomini e Ambiente e come tale soggetto obbligato alla redazione del POS, era stato ascritto di aver omesso di formulare nel POS misure dirette a prevenire il rischio di incendio boschivo derivante dalle lavorazioni effettuate nel cantiere operante in prossimità del bosco e così di aver cagionato l'incendio.
3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione B.L. a mezzo del difensore di fiducia, avv. Francesco L..
3.1. Con un primo motivo, deduce violazione di legge in relazione al rigetto dell'eccezione di nullità della notifica all'imputato della citazione a giudizio per il grado di appello, derivante dalla consegna dell'atto non già all'imputato personalmente ma a D.B., persona non legittimata a riceverlo, siccome non residente nel luogo e quindi non convivente con il destinatario.
3.2. Con un secondo motivo, lamenta che la Corte di Appello, incorrendo in violazione della legge penale e nel vizio di motivazione, ha erroneamente ritenuto sussistente in capo al B.L. una posizione di garanzia rispetto al rischio di incendio boschivo, insussistente alla luce del fatto che egli era responsabile della sicurezza e quindi non titolare degli obblighi di redazione del POS e comunque una eventuale posizione di garanzia in tale veste era delimitata alla tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori e non a tutela del patrimonio boschivo.
Ravvisa poi manifesta illogicità nella sentenza, che assolve il B.L. dalla contravvenzione per non aver commesso il fatto, in quanto privo di obbligo, e poi lo condanna per il delitto perché titolare di posizione di garanzia.
Inoltre, la stessa sentenza prende atto che il B.N. aveva assolto all'obbligo di adozione del POS, nel quale vi era specifica valutazione del rischio incendio, sulla scorta di quella segnalazione fatta dal B.L. la cui omissione invece gli viene rimproverata.
Per altro verso l'esponente rimarca come sia dubitabile che la posizione di garanzia ricoperta dal B.L. sia riferibile alla prevenzione dell'incendio boschivo; menziona, a dimostrazione, gli artt. 1, 2, co. 1 lett. q), 15 e 28 del d.lgs. n. 81/2008.

Considerato in diritto

Va rilevato che successivamente alla pronuncia della sentenza qui impugnata è decorso il termine massimo di prescrizione del reato.
Tale termine è di sette anni e sei mesi, che per effetto di alcuni periodi di sospensione, risulta decorso il 26.9.2016.
Dovendosi escludere, per le ragioni che saranno subito esposte, la inammissibilità del ricorso, siffatta causa estintiva può essere rilevata (cfr. Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531; Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164; Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 - dep. 25/03/2016, Ricci, Rv. 266818), anche perché non emerge la prova evidente dell'innocenza dell'Imputato che imporrebbe, ai sensi dell'art. 129, co. 2 cod. proc. pen., un proscioglimento nel merito.
In particolare, la motivazione con la quale la Corte di Appello ha respinto l'osservazione difensiva secondo la quale il B.L. avrebbe dovuto attivarsi perché fosse fronteggiato il rischio di incendio boschivo risulta carente e non in linea con i principi posti da questa Corte a riguardo dell'obbligo giuridico di impedire l'evento. Invero, se le qualifiche richiamate nella sentenza impugnata possono di per sé valere quale richiamo sintetico alle disposizioni che attribuiscono in via originaria al dirigente e al preposto puntuali obblighi di garanzia nei confronti dei lavoratori rispetto ai rischi derivanti dall'attività lavorativa, la rilevanza che nel caso specifico assume il rischio di incendio boschivo avrebbe richiesto di esplicitare il percorso logico-giuridico in forza del quale anch'esso è stato ricondotto all'area del rischio gestito dal B.L..
Per contro, da un canto la Corte distrettuale ha rimarcato che il B.L. era titolare di posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori operanti nel cantiere di cui trattasi; dall'altro, prendendo atto dell'assoluzione per la contravvenzione pure contestatagli e quindi del fatto che al medesimo non poteva essere riportata la omessa previsione del rischio di incendio boschivo nel POS, ha concluso per un addebito fondato sulla mera presenza in cantiere e sulla violazione di regole di colpa generica, in tal modo credendo di fondare esclusivamente sulla conoscenza dell'esistenza in prossimità del cantiere di erba secca e del compimento di lavorazione che sprigionava scintille l'ampliamento dell'area di rischio affidata al B.L.. Senza però considerare che l'imputazione per fatto omissivo improprio avrebbe richiesto comunque di approfondire in forza di quali disposizioni la conoscenza delle condizioni di contesto del cantiere avrebbe reso il B.L. obbligato ad adottare misure per la prevenzione dell'incendio boschivo.
5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata perché il reato è estinto per prescrizione.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5/6/2019.

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 35568 Anno 2019.pdf
 
161 kB 8

Revisione DM standard sicurezza ed impiego apparecchiature RM

ID 8888 | | Visite: 4945 | News Sicurezza

Revisione DM standard sicurezza ed impiego apparecchiature RM

Revisione DM standard sicurezza ed impiego apparecchiature RM

Nuovo documento sugli standard di sicurezza per gli apparecchi di risonanza magnetica nucleare.

31.07.2019 - Lo schema di decreto (e il relativo disciplinare) allo Stato-Regioni

La proposta di revisione è stata messa a punto dal ministero della Salute dopo aver acquisito il parere dell'Istituto superiore di sanità, dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e del Consiglio superiore di Sanità e il parere tecnico della Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica. Il documento precedente risale a poco meno di un anno fa (Decreto 10 agosto 2018). 

Lo schema di decreto della Salute esonera dall’autorizzazione le apparecchiature a risonanza magnetica settoriali di nuova generazione. con campo magnetico non superiore a 0,5 tesla e con magnete non superconduttore, destinate all'esecuzione di esami diagnostici per lo studio delle grandi e piccole articolazioni degli arti (spalla, gomito, polso, mano. anca, ginocchio. caviglia e piede) e della biomeccanica vertebrale (inclino e in ortostasi).

Per le altre vale il disciplinare allegato al decreto sugli aspetti relativi alla messa in esercizio dell'apparecchiatura di risonanza magnetica, finalizzandola a/l'ottimizzazione degli aspetti di sicurezza.

Il disciplinare è una sintesi delle norme di buona tecnica e delle raccomandazioni nazionali e internazionali disponibili e tiene conto della normativa di sicurezza sul lavoro in vigore al momento della sua emanazione.

Nuovi standard che derivano dall’evoluzione delle norme europee e delle raccomandazioni potranno essere adottati, a modifica e integrazione di quelli già esistenti, anche in attesa del loro recepimento da parte della normativa nazionale.

Per la protezione e sorveglianza delle persone esposte deve essere realizzato un regolamento di sicurezza, redatto dall’esperto responsabile della sicurezza in RM e dal medico responsabile della sicurezza clinica e dell'efficacia diagnostica dell'apparecchiatura RM.

Il regolamento di sicurezza deve contenere:

- le indicazione delle criticità connesse all'esame RM;
- i protocolli di sicurezza adottati per la gestione dell'accesso 'ai locali;
e procedure relative al percorso diagnostico, dal raccordo anamnestico alla individuazione delle procedure di preparazione anche invasive del paziente per l'esame RM e la raccolta dei relativi consensi informati;
- le procedure di emergenza relative alla gestione del paziente;
- le procedure di emergenza relative alla fuoriuscita dei gas criogenici all'interno della sala magnete;
- le procedure di emergenza in caso di altri eventuali rischi accidentali, quali incendio, interruzione elettrica, accesso accidentale di oggetti ferromagnetici in sala RM;
- le modalità e le periodicità previste per le verifiche di qualità e sicurezza;
- le norme interne di sicurezza per tutti i soggetti coinvolti nelle attività del Sito RM.

Il datore di lavoro emana il regolamento di sicurezza e per mezzo del medico responsabile della sicurezza clinica e dell'efficacia diagnostica dell'apparecchiatura RM, emana e mantiene aggiornato l'elenco del personale autorizzato. Il personale sanitario e non sanitario indicato nell'elenco non può iniziare l'attività di lavoro nel sito RM se sprovvisto di idoneità medica specifica e di idonea formazione.

Per quanto riguarda le misure di sicurezza per i pazienti, le richieste di esami dovranno essere vagliate personalmente dal medico responsabile della prestazione diagnostica che in base alla propria esperienza clinica, alla valutazione delle condizioni del paziente e alla effettiva utilità dell'esame, deciderà sull'opportunità di accoglimento della richiesta e sulle modalità di esecuzione dell'esame stesso.

Ciascun esame dovrà essere:

- giustificato per quanto concerne l'esposizione dei pazienti ai campi magnetici presenti durante l’esame RM e alle eventuali procedure invasive da effettuare per rispondere efficacemente al quesito clinico proposto, valutando in tal senso l'appropriatezza dell'esame sia in funzione della metodica diagnostica proposta che in funzione delle caratteristiche della apparecchia tura RM a disposizione;
- ottimizzato in merito ai tempi di esposizione e alle procedure di scansione da eseguire sulla base della valutazione del reale beneficio diagnostico e terapeutico che ne può derivare dalla tipologia di esame proposto.

Il personale autorizzato annota e informa i responsabili della sicurezza su eventuali anomalie, incidenti o mancati incidenti occorsi durante lo svolgimento della propria attività.

È compito del medico responsabile della prestazione diagnostica stabilire, sulla base dell'assenza di documentate controindicazioni del paziente, l'effettuazione dell'esame RM.

Il datore di lavoro ha l'obbligo di nominare con atto formale il responsabili per la sicurezza prima dell'avvio della fase progettuale e di assicurare i mezzi utili alla messa in atto del programma di garanzia della qualità e della sicurezza nell'uso clinico dell'Apparecchiatura RM definiti dai responsabili per la sicurezza fornendo loro tutti i mezzi necessari per la sua attuazione.

Il medico responsabile della sicurezza clinica e dell'efficacia diagnostica dell'apparecchiatura RM:

- redige le norme interne di sicurezza per quanto attiene gli aspetti clinici;
- redige i protocolli per la corretta esecuzione degli esami RM (percorso paziente) anche relativi a tutte le procedure di preparazione invasive in atto nel sito RM e dei consensi informati per esse preposti;
- redige i protocolli relativi all'accesso di eventuali assistenti all'esame;
- redige i protocolli, ove previsto, per l'esecuzione di esami su soggetti in regime di detenzione e per l'eventuale accesso al sito di forze dell'ordine, se richiesto, sia per aspetti clinici che per pratiche di medicina legale;
- redige i protocolli per il pronto intervento sul paziente nei casi di emergenza e relativa formazione del personale;
- segnala gli incidenti di tipo medico al datore di lavoro;
- garantisce la sussistenza dell'idoneità specifica all'attività nel sito RM per tutto il personale addetto;
- elabora il programma di garanzia della qualità per gli aspetti clinici;
- redige ed aggiorna l'elenco del personale autorizzato;
- collabora con l’esperto responsabile della sicurezza in RM per gli aspetti organizzativi relativi all'esecuzione dei controlli di sicurezza e qualità, garantendo tempi di accesso e collaborazione di personale per la loro corretta realizzazione.

I responsabili della sicurezza, ciascuno per le proprie competenze, sono incaricati di provvedere a:

- elaborare i protocolli di accesso di tutto il personale che accede al sito RM;
- elaborare il regolamento di sicurezza;
- redigere i protocolli di accesso per accompagnatori, visitatori, manutentori e di chiunque altro dovesse accedere al sito RM;
- pianificare la formazione specifica del personale autorizzato per la gestione clinica dei pazienti per gli aspetti di sicurezza su incarico del datore di lavoro.

__________

Riferimento normativo

D.P.R. 8 agosto 1994 n. 542

Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento di autorizzazione all'uso diagnostico di apparecchiature a risonanza magnetica nucleare sul territorio nazionale.  GU n.219 del 19-09-1994

Art. 2. Determinazione degli "standards"

1. Gli "standards" di sicurezza ed impiego per le apparecchiature R.M. sono fissati con decreto del Ministro della sanità, sentito il parere del Consiglio superiore di sanità, l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro e aggiornati, con la medesima procedura, in relazione all'evoluzione tecnologica, anche su domanda delle imprese produttrici.

2. Fino all'emanazione dei predetti decreti gli "standards" sono quelli previsti dal decreto ministeriale 2 agosto 1991, allegati 1 e 4, e dal relativo aggiornamento di cui al decreto ministeriale 3 agosto 1993, allegati A e B.

...

Fonte: Quotidiano Sanità

Collegati:

Nota VV 11358 del 24.07.2019

ID 8885 | | Visite: 4282 | Prevenzione Incendi

Nota VV 11358 del 24.07.2019

Quesiti inerente i gruppi elettrogeni presso i ripetitori radio

Si riscontra la richiesta qui pervenuta rappresentando che le informazioni e i chiarimenti inerenti la normativa antincendio, sulla base di un esame diretto del singolo progetto riferito ad un caso concreto di applicazione della norma, sono fomite istituzionalmente dai Comandi VV.F. competenti per territorio.

In generale comunque, con riferimento ai quesiti proposti, questo Ufficio ritiene che:

1. per la determinazione della potenza complessiva dei gruppi si può, in ogni caso, fare riferimento alla definizione di cui alla lettera q), del punto 1.1 della regola tecnica allegata al decreto 13 luglio 2011 le cui disposizioni, come indicato al comma 3 dell'art. I dello stesso decreto, costituiscono un utile riferimento anche per le installazioni in argomento;

2. per i depositi di gasolio a servizio di gruppi elettrogeni di potenza complessiva non superiore a 25 kW si confermano i chiarimenti già fomiti in precedenza della non assoggettabilità, in analogia a quanto stabilito per gli impianti di produzione di calore.

Collegati

Prossima proroga normativa antincendio edifici scolastici e asili nido

ID 8868 | | Visite: 4369 | News Prevenzioni Incendi

Prossima proroga normativa antincendio

Prossima proroga normativa antincendio edifici scolastici al 31.12.2021 e asili nido al 31.12.2019

Update 12 agosto 2019

Differimento termini adeguamento PI scuole al 31 .12.2021 ed asili nido al 31.12.2019

La Legge 8 agosto 2019 n. 81, conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2019, n. 59, con l'articolo 4-bis differisce (dal 31 dicembre 2018) al 31 dicembre 2019 il termine di adeguamento per gli asili nido alla normativa antincendio mentre per le strutture adibite a servizi scolastici al 31 dicembre 2021, nei casi in cui a ciò non si sia già proceduto.

Art. 4 - bis Modifiche all’articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, e piano straordinario per l’adeguamento alla normativa antincendio degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico

1. Al fine di garantire la sicurezza nelle scuole, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è definito un piano straordinario per l’adeguamento alla normativa antincendio degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico. All’attuazione del piano straordinario di cui al primo periodo si provvede, nei limiti di 25 milioni di euro per l’anno 2019, di 25 milioni di euro per l’anno 2020 e di 48 milioni di euro per l’anno 2021, mediante utilizzo delle risorse assegnate al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo dell’articolo 1, commi 95 e 98, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
2. Nelle more dell’attuazione del piano straordinario di interventi di cui al comma 1, all’articolo 4 del decreto legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, le parole: «al 31 dicembre 2018» sono sostituite dalle seguenti: «al 31 dicembre 2021»;
b) al comma 2 -bis , le parole: «al 31 dicembre 2018» sono sostituite dalle seguenti: «al 31 dicembre 2019».
3. Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sono definite idonee misure gestionali di mitigazione del rischio, da osservare sino al completamento dei lavori di adeguamento. Con lo stesso decreto, fermo restando il termine del 31 dicembre 2021, sono altresì definite scadenze differenziate per il completamento dei lavori di adeguamento a fasi successive.

Update 31 luglio 2019

Conversione in legge con modificazioni del DL 59/2019

Il 31 luglio 2019 la VII Commissione della Camera ha concluso l'esame del D.L. 59/2019 (A.C. 2019), già approvato, con modifiche, dal Senato (A.S. 1374), apportandovi una ulteriore modifica (A.C. 2019-A). Nella stessa data è stato avviato l'esame da parte dell'Assemblea della Camera.

Il testo  reca misure urgenti in materia di personale delle fondazioni lirico-sinfoniche e di altri soggetti, di sostegno del settore del cinema e dell'audiovisivo, di finanziamento delle attività del Ministero per i beni e le attività culturali, di svolgimento della manifestazione UEFA Euro 2020.

Inoltre, a seguito dell'esame del Senato, reca misure attinenti al processo di statizzazione degli Istituti superiori musicali non statali e delle Accademie di belle arti non statali finanziati da enti locali, alla c.d. Card cultura, alla videosorveglianza nei locali di pubblico spettacolo, all'adeguamento alla normativa antincendio degli edifici scolastici e degli asili nido, agli incentivi fiscali per gli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani, periodici ed emittenti televisive e radiofoniche locali.

_____

Disegno di legge: S. 1374. - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2019, n. 59, recante misure urgenti in materia di personale delle fondazioni lirico sinfoniche, di sostegno del settore del cinema e audiovisivo e finanziamento delle attività del Ministero per i beni e le attività culturali e per lo svolgimento della manifestazione UEFA Euro 2020" (approvato dal Senato) (2019)

Iter

31 luglio 2019: all'esame dell'assemblea

Successione delle letture parlamentari
S.1374 approvato 24 luglio 2019
C.2019 all'esame dell'assemblea 31 luglio 2019

Misure riguardanti il personale delle fondazioni lirico sinfoniche e di altri soggetti

L'articolo 1 reca disposizioni inerenti le piante organiche e i rapporti di lavoro nell'ambito delle fondazioni lirico-sinfoniche e, limitatamente ai rapporti di lavoro a tempo determinato, di altri soggetti.

In particolare, riconosce alle fondazioni lirico-sinfoniche, ai teatri di tradizione e ai soggetti finanziati dal Fondo unico per lo spettacolo che utilizzano il CCNL delle medesime fondazioni, la possibilità di stipulare uno o più contratti di lavoro a tempo determinato a condizione che esistano esigenze contingenti o temporanee, la durata complessiva non sia superiore, a decorrere dal 1° luglio 2019, a 36 mesi e si ricorra all'atto scritto.

In caso di superamento del termine di 36 mesi, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno.

Per il reclutamento di personale a tempo indeterminato, dispone che le fondazioni lirico-sinfoniche ricorrono ad apposite procedure selettive pubbliche, secondo criteri e modalità stabiliti da ciascuna, nel rispetto, fra l'altro, dei princìpi di trasparenza, pubblicità e imparzialità.

I contratti di lavoro stipulati non rispettando tale disciplina sono nulli, fermo restando il diritto dei lavoratori alla retribuzione.

Sulla validità dei provvedimenti e delle procedure di reclutamento del personale è competente il giudice ordinario.

Introduce, altresì, una disciplina transitoria, finalizzata, anzitutto, all'assunzione con precedenza – comunque, dopo le assunzioni derivanti dalle procedure selettive in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge - dei vincitori nell'ambito di graduatorie in corso di validità, nonché, fino al 31 dicembre 2021, all'assunzione, in misura non superiore al 50% dei posti disponibili, mediante procedure selettive riservate, di personale che abbia maturato esperienza professionale presso le fondazioni – nei termini indicati - con rapporti di lavoro a tempo determinato.

Sempre fino al 31 dicembre 2021, le fondazioni possono altresì avviare, per i residui posti disponibili, procedure selettive per titoli ed esami, finalizzate a valorizzare, con apposito punteggio, l'esperienza professionale maturata in virtù di precedenti rapporti di lavoro presso le stesse.

Infine, ridisciplina la procedura per la definizione della dotazione organica delle fondazioni lirico-sinfoniche, in particolare prevedendo l'adozione, con decreto interministeriale, di uno schema tipo, sulla base del quale ogni fondazione elabora una proposta. La proposta è approvata con decreto interministeriale previo parere – per le fondazioni che hanno presentato il piano di risanamento di cui al D.L. 91/2013 (L. 112/2013: art. 11) – del commissario straordinario.

Finanziamento delle attività del Ministero per i beni e le attività culturali

L'articolo 2 autorizza la spesa di € 15.410.145 per il 2019 per assicurare lo svolgimento dei servizi generali di supporto alle attività del MIBAC e delle sue strutture periferiche e di € 19.400.000 per ciascuno degli anni 2019 e 2020, al fine di incrementare la quota degli utili derivanti dai giochi del lotto riservata al MIBAC per il recupero e la conservazione dei beni culturali, archeologici, storici, artistici, archivistici e librari, nonché per interventi di restauro paesaggistico e per attività culturali.
Promozione delle opere europee ed italiane da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi

L'articolo 3, co. 1 e 2, interviene sulla disciplina per la promozione delle opere europee ed italiane, prorogando l'applicazione della nuova disciplina (dal 1° luglio 2019) al 1° gennaio 2020. In particolare, modifica gli obblighi di programmazione e di investimento da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi lineari e non lineari, abbassando le quote di progressivo incremento precedentemente previste.

Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche

L'articolo 3, co. 3, ridisciplina la composizione della Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche, in particolare riducendo (da 50) a 49 i membri complessivi, di cui 1 con funzioni di Presidente, e introducendo elementi di maggiore flessibilità nella composizione dei gruppi di soggetti che devono essere rappresentati nella stessa Commissione.

Contributi per opere cinematografiche e audiovisive e per attività di promozione cinematografica e audiovisiva

L'articolo 3, co. 4, aumenta (da 5) a 15 il numero degli esperti chiamati a valutare le richieste di accesso ai contributi selettivi previsti per opere cinematografiche e audiovisive e prevede che siano gli stessi esperti ad attribuire anche i contributi per attività e iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva, specificando anche che la valutazione attiene alla qualità artistica, al valore culturale e all'impatto economico del progetto. Inoltre, modifica alcuni criteri di ripartizione del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo, con riferimento alle medesime tipologie di contributi.

Card cultura per i diciottenni

L'articolo 3, co. 4-bis, inserisce i prodotti dell'editoria audiovisiva fra quelli che possono essere acquistati dai soggetti che compiono 18 anni nel 2019 tramite la c.d. Card cultura.

Sistemi di videosorveglianza nei locali di pubblico spettacolo

L'articolo 3, co. 4-ter, prevede che l'installazione di sistemi di videosorveglianza all'interno della sala destinata al pubblico spettacolo, esclusivamente al fine di individuare chi registra abusivamente un'opera cinematografica o audiovisiva, deve essere autorizzata dal Garante per la protezione dei dati personali. I dati acquisiti con il sistema di videosorveglianza sono criptati e possono essere conservati per un periodo massimo di 30 giorni decorrenti dalla data di registrazione.

Incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani, periodici ed emittenti televisive e radiofoniche locali

L'articolo 3-bis dispone che il credito di imposta previsto per gli investimenti pubblicitari incrementali effettuati da imprese, lavoratori autonomi ed enti non commerciali su quotidiani, periodici ed emittenti televisive e radiofoniche locali, a decorrere dal 2019 è concesso ai medesimi soggetti nella misura del 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati.

Dal 2019, alla copertura degli oneri si provvede mediante utilizzo delle risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, nel limite complessivo determinato annualmente con il DPCM che stabilisce i criteri per la ripartizione delle risorse del Fondo fra la Presidenza del Consiglio e il Ministero per lo sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza. Il DPCM deve essere adottato entro il 31 marzo di ciascun anno.

Per l'anno 2019, le comunicazioni per l'accesso al credito d'imposta sono presentate dal 1° al 31 ottobre.

Modifiche in materia di secondary ticketing

L'articolo 4 esclude lo spettacolo viaggiante dall'applicazione della normativa in base alla quale, dal 1° luglio 2019, i biglietti di accesso ad attività di spettacolo che si svolgono in impianti con capienza superiore a 5.000 spettatori sono nominali.

Adeguamento alla normativa antincendio degli edifici scolastici e degli asili nido

L'articolo 4-bis differisce (dal 31 dicembre 2018) al 31 dicembre 2019 il termine di adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici e ad asili nido alla normativa antincendio, nei casi in cui a ciò non si sia già proceduto.

Interventi per la manifestazione UEFA Euro 2020

L'articolo 5 prevede la possibilità per Roma Capitale di nominare un commissario straordinario preposto alla realizzazione degli interventi necessari per assicurare lo svolgimento del campionato europeo di calcio del 2020 a Roma.

Il commissario provvede in via esclusiva all'espletamento delle procedure dirette alla realizzazione di lavori e all'acquisizione di servizi e forniture, anche per gli eventi strettamente connessi allo svolgimento della manifestazione sportiva, nonchè alla predisposizione e approvazione del piano degli interventi. Quest'ultimo deve essere trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e all'Autorità di governo competente in materia di sport.

Istituti superiori musicali non statali e Accademie di belle arti non statali finanziati da enti locali

L'articolo 5-bis incrementa di € 4 mln le risorse da destinare nel 2019 alla statizzazione degli Istituti superiori musicali non statali e delle Accademie di belle arti non statali finanziati dagli enti locali, per un totale, dunque, di € 32,5 mln.
Le risorse aggiuntive sono utilizzate per consentire allo Stato di assumere l'onere delle situazioni debitorie pregresse delle stesse Istituzioni, nel caso di enti locali per i quali sia stato dichiarato il dissesto finanziario fra il 2 gennaio 2018 e il 31 marzo 2018.

Le stesse risorse sono attribuite su richiesta dell'Istituzione interessata e previa verifica da parte del MIUR.

Dispone, inoltre, in ordine alla assegnazione delle risorse per il 2019 prima del perfezionamento della domanda di statizzazione.

....

Collegati:

Ultimi archiviati Sicurezza

Le molestie e le vittime e contesto
Lug 02, 2024 80

Report ISTAT Le molestie e le vittime (2022-2023)

Report ISTAT Le molestie e le vittime e contesto - Anno 2022-2023 ID 22159 | 02.07.2024 / In allegato Nel 2022-2023 si stima che il 13,5% delle donne di 15-70 anni, che lavorano o hanno lavorato, abbia subito molestie sul lavoro a sfondo sessuale nel corso dell’intera vita (soprattutto le più… Leggi tutto
Giu 30, 2024 108

Decreto 18 giugno 2024

Decreto 18 giugno 2024 ID 22148 | 30.06.2024 Decreto 18 giugno 2024 Procedure per il rilascio dell'autorizzazione allo svolgimento dei corsi di addestramento per il personale marittimo. (GU n.151 del 29.06.2024) ... Art. 1. Finalità e ambito di applicazione 1. Il presente decreto disciplina i… Leggi tutto
Piano Triennale della Formazione INL
Giu 27, 2024 108

Piano Triennale della Formazione INL | 2024-2025-2026

Piano Triennale della Formazione INL | 2024-2025-2026 ID 22132 | 27.06.2024 / In allegato Il presente Piano Triennale della Formazione (PTF) 2024-2026 costituisce il principale strumento di pianificazione, programmazione e governo della formazione del personale nel quale vengono rappresentate le… Leggi tutto
Giu 26, 2024 140

Decreto n. 43 del 21 giugno 2024

Decreto n. 43 del 21 giugno 2024 / Componenti task force “Lavoro sommerso” ID 22125 | 26.06.2024 / In allegato Con Decreto n. 43 del 21 giugno 2024, il Direttore generale INL Paolo Pennesi ha provveduto alla nomina dei componenti della Task force "Lavoro sommerso", istituita con il D.M. 50/2024.… Leggi tutto

Più letti Sicurezza