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Nota VVF prot. n. 137 del 07 gennaio 2019

ID 7562 | | Visite: 5114 | Prevenzione Incendi

Nota VVF prot. n. 137 del 07 gennaio 2019

Comunicazione di avvenuta pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di norme attinenti la Prevenzione Incendi relative agli istituti, luoghi della cultura e sedi del Ministero per i beni e le attività culturali, nonché per le sedi degli altri Ministeri vincolate ed alle strutture ricettive turistico-alberghiere localizzate nei territori colpiti dagli eccezionali eventi meteorologici che si sono verificati a partire dal 2 ottobre 2018.

Si informa che nel Supplemento ordinario n. 62 alla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 302 del 31/12/2018 è stato pubblicato il seguente atto normativo di interesse:

Legge 30 dicembre 2018, n. 145 "Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019  e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021".

In particolare, per gli aspetti relativi alla prevenzione incendi, si segnala che:

- all'art. 1, commi 566, 567, 568, sono fornite le indicazioni per gli istituti, luoghi della cultura e del Ministero per i beni e le attività culturali, nonchè per le sedi degli altri Ministeri vincolate;

- all'art. 1, comma 1141, è prevista una proroga per le strutture ricettive turistico-alberghiere localizzate nei territori colpiti dagli eccezionali eventi meteorologici che si sono verificati a partire dal 2 ottobre 2018, così come individuati dalla delibera dello stato di emergenza del Consiglio dei ministri 8 novembre 2018, pubblicata nella gazzetta Ufficiale n. 266 del 15 novembre 2018.

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Legge 30 dicembre 2018, n. 145 art. 1, commi 566, 567, 568

566. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero per i beni e le attività culturali provvede a una ricognizione in tutti i propri istituti, luoghi della cultura e sedi, nonché nelle sedi degli altri Ministeri vincolate ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, che siano soggetti al controllo di prevenzione degli incendi.
567. Il Ministero per i beni e le attività culturali e gli altri Ministeri che hanno in uso gli immobili di cui al comma 566 provvedono, nei limiti delle risorse disponibili, alla messa a norma delle eventuali criticità rilevate e all’adempimento delle eventuali prescrizioni impartite con le modalità e i tempi stabiliti con uno o più decreti del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le amministrazioni interessate, da adottare entro sessanta giorni dalla scadenza del termine previsto per l’ultimazione della ricognizione di cui al comma 566. Il medesimo decreto prevede opportune misure di sicurezza equivalenti, eseguibili negli istituti, luoghi della cultura e sedi del Ministero per i beni e le attività culturali e negli altri immobili, ai fini dell’adeguamento alle norme di prevenzione degli incendi ovvero alle eventuali prescrizioni impartite, da completare nel rispetto delle scadenze previste dal decreto di cui al periodo precedente e comunque non oltre il 31 dicembre 2022.
568. All’attuazione delle disposizioni dei commi 566 e 567 si provvede a valere sulle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, anche in conto residui, comprese quelle rivenienti dalla riassegnazione dei fondi per l’attuazione del Programma operativo interregionale attrattori culturali, naturali e turismo – Fondo europeo di sviluppo regionale.

Legge 30 dicembre 2018, n. 145 art. 1, comma 1141

1141. Nelle materie di interesse del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo è disposta la seguente proroga di termini: all’articolo 1, comma 1122, lettera i), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: « Per le strutture ricettive turistico-alberghiere localizzate nei territori colpiti dagli eccezionali eventi meteorologici che si sono verificati a partire dal 2 ottobre 2018, così come individuati dalla delibera dello stato di emergenza del Consiglio dei ministri 8 novembre 2018, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 266 del 15 novembre 2018, il termine per il completamento dell’adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi, di cui al primo periodo, è prorogato al 31 dicembre 2019, previa presentazione al Comando provinciale dei Vigili del fuoco entro il 30 giugno 2019 della SCIA parziale

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Fonte: VVF

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Elenco degli esplosivi attività estrattive 2018

ID 7556 | | Visite: 4359 | Documenti Sicurezza Enti

Elenco eplosivi attivita  estrattive 2018

Elenco degli esplosivi attività estrattive 2018

Elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione riconosciuti idonei all'impiego nelle attività estrattive

L'elenco contiene prodotti esplodenti secondo la classifica prevista dal titolo VIII del Decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, a seguito delle prove o verifiche condotte dall'Amministrazione per la conformità ai requisiti previsti dal Decreto Ministeriale 6 febbraio 2018. I prodotti sono iscritti nell'elenco a seguito del versamento del canone annuo di cui all'art. 32 della Legge 12 dicembre 2002, n. 273 da parte del fabbricante, di un suo rappresentante autorizzato o di un importatore.

Riferimenti normativi

Il titolo VIII del Decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128 disciplina l'impiego degli esplosivi nelle attività estrattive; in particolare l'art. 297 stabilisce che "nelle miniere e nelle cave è vietato impiegare esplosivi da mina, accessori detonanti e mezzi di accensione non compresi tra quelli riconosciuti dal Ministero dell'Interno ai sensi dell'art. 53 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con Regio Decreto 18 giugno 1931 n. 773, e riconosciuti idonei per l'impiego minerario dal Ministero per l'industria ed il commercio".

L'art. 299 recita: "È istituito presso il Ministero dell'industria e del commercio l'elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione, riconosciuti idonei per l'impiego minerario dallo stesso Ministero [omissis] L'elenco è approvato con decreto da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale".

L'art. 303 stabilisce che "gli imprenditori sono tenuti a fornirsi degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione destinati alle lavorazioni minerarie, eventualmente tramite imprese commerciali, soltanto dalle ditte produttrici comprese nell'elenco di cui all'art. 299".

L'art. 687 stabilisce: "Quando per gli strumenti, apparecchi, dispositivi, macchinari, esplosivi o materiali vari è richiesta dalle norme del presente decreto una specifica idoneità, il Ministro per l'industria ed il commercio stabilisce i requisiti per il riconoscimento di tale idoneità e, accertata attraverso prove di controllo la rispondenza dei tipi ai requisiti previsti, li ammette all'impiego fissando il termine per l'adozione. Fino a quando non siano stati stabiliti i requisiti per il riconoscimento di idoneità previsto dal precedente comma, l'ingegnere capo prescrive le misure di sicurezza eventualmente necessarie. I controlli sono eseguiti a spese degli interessati presso la Stazione mineraria statale di prova del Corpo delle miniere e, se questa non sia costituita o non sia ancora attrezzata per particolari incombenze, presso laboratori, istituti, e servizi tecnici di riconosciuta competenza".

La Direttiva 2013/29/UE e la Direttiva 2014/28/UE, che hanno armonizzato le legislazioni degli Stati membri sulla messa a disposizione sul mercato di articoli pirotecnici ed esplosivi per uso civile, in particolare introducendo nei due settori figure di operatori economici fino ad ora non considerate, nel settore in questione definendone compiti e responsabilità, nonché dettando norme per l’immissione sul mercato dei prodotti de quo, hanno avuto impatto anche sulla regolazione dell’utilizzo di esplosivi nelle specifico settore estrattivo.

Il Decreto Ministeriale 6 febbraio 2018, al fine di recepire le sopra dette modificazioni, interviene pertanto ad aggiornare e sostituire il precedente Decreto Ministeriale 21 aprile 1979, dettando "norme per il rilascio dell'idoneità di prodotti esplodenti ed accessori di tiro all'impiego estrattivo”, ai sensi dell'art. 687 del Decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128".

MISE
Anno 2018
Aggiornamento del 26/10/2018

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Spazi confinati: OSHA 29 CFR 1910.146 (Permit-required confined spaces)

ID 3772 | | Visite: 42317 | Documenti Riservati Sicurezza

Spazi confinati: lo standard OSHA 29 CFR 1910.146 (Permit-­required confined spaces)

Scheda Update 11.07.2018

Definizioni, classificazione e misure di sicurezza OSHA sul rischio spazi confinati (OSHA 29 CFR 1910.146) con Documenti allegati.

UNI ha in preparazione un progetto di norma (UNI1601920), che 
si propone di supportare i datori di lavoro nell’analizzare e valutare se all’interno delle infrastrutture aziendali o del proprio ciclo produttivo esistono ambienti che rientrano nel campo di applicazione del DPR 177/2011, riportando indicazioni operative sulla loro gestione.

L’entrata in vigore del DPR 177/2011 ha determinato l’osservanza di obblighi per il Datore di lavoro committente che non tengono conto delle differenti tipologie di ambienti confinati/sospetti di inquinamento esistenti (differenze di natura strutturale, impiantistica, di lavorazioni condotte al loro interno, di natura e tipologia di sostanze pericolose e in termini di correlazione o meno tra la presenza di tali sostanze e il processo di lavoro della committente).

In attesa di uno standard nazionale, vedi anche le "Linee guida INAIL 2013 Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3, comma 3, del DPR 177/2011", un importante standard di riferimento internazionale è quello dell'OSHA [OSHA 29 CFR 1910.146], nonchè le pubblicazioni NIOSH [es. Publication Worker Deaths in Confined Spaces No. 94-103"].

L'articolo, affronta, con allegati documenti di lavoro, la gestione del rischio spazi confinati, in relazione allo standard OSHA.

La definizione degli spazi confinati

In base alla OSHA 1910.146 gli ambienti confinati sono uno “Spazio abbastanza grande e configurato affinché un lavoratore possa accedervi interamente per eseguire il lavoro assegnato, ha limitati o ristretti accessi per l’entrata/uscita, non è progettato per un’attività continua”.

Lo spazio confinato è quindi un luogo in cui sussistono le seguenti condizioni:

1. largo abbastanza da consentire ad un lavoratore di entrare interamente con il corpo ed eseguire il lavoro assegnato

2. che crea limitazioni e/o impedimenti per l’ingresso o l’uscita (cioè non si riesce ad entrare o uscire senza piegarsi, senza ostacoli, senza salire o scendere, senza girarsi o contorcersi)

3. non è progettato per essere occupato continuativamente da un lavoratore.

Se, nello spazio così identificato, si verifica una delle seguenti condizioni:

- rischio anche potenziale di atmosfera pericolosa
- rischio di seppellimento
- rischio di intrappolamento
- rischio grave di altro tipo

è necessario richiedere obbligatoriamente un permesso per consentire l’accesso (Permit­required confined spaces).

Nel momento in cui lo spazio analizzato rientri nelle caratteristiche descritte sopra, lo stesso può essere classificato in tre categorie (rielaborata da NIOSH Worker Deaths in Confined Spaces No. 94-103):

 

Classe A

Classe B

Classe C

Caratteristiche

Uno spazio confinato che presenta un alto e immediato rischio per la salute e la vita del lavoratore. Include la mancanza di ossigeno, presenza di atmosfere infiammabili o esplosive, alte concentrazioni di sostanze tossiche (IDHL – immediately dangerous to life or health)

Spazio confinato che può portare a situazioni di infortunio se non vengono adottate misure preventive, ma non è immediatamente pericoloso per la vita e la salute.

Spazio confinato in cui il rischio è trascurabile, non influisce sul normale svolgimento del lavoro e non è prevedibile un peggioramento.

Ossigeno

%O2 < 18 oppure  %O2 > 25

18 < %O2 < 25

20 < %O2 < 25

Esplodibilità

Uguale o supperiore al 20% del LIE

Dal 10% al 19% del LIE

Uguale o inferiore al 10% del LIE

Tossicità

>IDLH

Superiore o uguale al VLE (TLV) ma inferiore a IDLH

Inferiore al VLE (TLV)

Definizioni:

LIE (Limite Inferiore di Esplodibilità o di infiammabilità): minima concentrazione in aria di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapori, polveri, fibre o residui solidi volanti, la quale, dopo l’accensione, permette l’autosostentamento della propagazione delle fiamme.

IDLH (Immediately Dangerous to Life or Health): alto e immediate pericolo per la salute e la vita in base alla definizione NIOSH: livello di concentrazione in presenza della quale un lavoratore sano ha un tempo Massimo di 30 minuti per allontanarsi dalla zona pericolosa.

VLE (Valore Limite di Esposizione professionale) (concentrazione media di sostanza misurata o calcolata su un periodo di otto ore), di cui esiste lista contenuta dlel’Allegato XXXVIII del D.Lgs. 81/2008. Per le sostanze non presenti in quest’ultimo è necessario riferirsi al TLV – ACGIH di significato simile al VLE.

Le misure di sicurezza da adottare in base alle classi sopra elencate sono:

 

Classe A

Classe B

Classe C

Comunicazione

La continua comunicazione con l’interno deve essere garantita da personale di sicurezza che stazioni all’esterno dello spazio confinato.

E’ necessario contatto visivo o uditivo con i lavoratori all’interno. Qualora il contatto diretto crei una situazione pericolosa per il personale esterno, la comunicazione può anche essere interdetta*.

Necessaria comunicazione con i lavoratori all’interno.

DPI per gli addetti al salvataggio

Gli addetti al salvataggio devono avere adeguate e complete protezioni individuali per la respirazione e/o il rischio esplosione.

Gli addetti al salvataggio devono avere adeguate e complete protezioni individuali per la respirazione e/o il rischio esplosione.

Normalmente non è necessario che gli addetti al salvataggio abbiano adeguate e complete protezioni individuali per la respirazione e/o il rischio esplosione.

Autorizzazioni

X

X

X

Controllo preliminare dell’atmosfera (con annotazione dell’esito)

X

X

X

Controllo continuo dell’atmosfera

X

X

O

Formazione ed addestramento del personale

X

X

X

Cartellonistica di rischio (compresa indicazione delle sostanze presenti)

X

X

X

Redazione della procedura di lavoro

X

X

X

Redazione della procedura di salvataggio

X

X

X

Intercettazioni (chiusura tubazioni, lucchettaggio, avvisi scritti)

X

X

X

Ventilazione di bonifica

X

X

O

Predisposizione di equipaggiamenti speciali

X

X

O

Presenza di personale esterno di sorveglianza-allertamento

X

X

X

Vestiti e DPI antistatici quando necessario

X

X

O

DPI specifici (resppiratore/mascherina, imbragatura e sistema di recupero

X

X

O

Attrezzature di salvataggio.

X

X

X

*COMUNICAZIONE DIRETTA: realizzata con personale esterno che vede e/o parla con i lavoratori all’interno affacciandosi all’entrata del luogo confinato.

COMUNICAZIONE INDIRETTA: realizzata per via strumentale (es. interfono, telecamera, ecc) 

LEGENDA:

X = sempre obbligatorio;
O = non obbligatorio ma soggetto a valutazione del personale qualificato.

Rif. Legislativi

D. Lgs. 81/2008 
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Art. 66 ­Lavori in ambienti sospetti di inquinamento

1. È vietato consentire l’accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l’assenza di pericolo per la vita e l’integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell’atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell’atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione. L’apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi.
...
Art. 121 Presenza di gas negli scavi

1. Quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli, camini e fosse in genere, devono essere adottate idonee misure contro i pericoli derivanti dalla presenza di gas o vapori tossici, asfissianti, infiammabili o esplosivi, specie in rapporto alla natura geologica del terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi, raffinerie, stazioni di compressione e di decompressione, metanodotti e condutture di gas, che possono dar luogo ad infiltrazione di sostanze pericolose.

2. Quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici, asfissianti o la irrespirabilità dell'aria ambiente e non sia possibile assicurare una efficiente aerazione ed una completa bonifica, i lavoratori devono essere provvisti di idonei dispositivi di protezione individuale delle vie respiratore, ed essere muniti di idonei dispositivi di protezione individuale collegati ad un idoneo sistema di salvataggio, che deve essere tenuto all'esterno dal personale addetto alla sorveglianza. Questo deve mantenersi in continuo collegamento con gli operai all'interno ed essere in grado di sollevare prontamente all'esterno il lavoratore colpito dai gas.

3. Possono essere adoperate le maschere respiratorie, in luogo di autorespiratori, solo quando, accertate la natura e la concentrazione dei gas o vapori nocivi o asfissianti, esse offrano garanzia di sicurezza e sempreché sia assicurata una efficace e continua aerazione.

4. Quando si sia accertata la presenza di gas infiammabili o esplosivi, deve provvedersi alla bonifica dell'ambiente mediante idonea ventilazione; deve inoltre vietarsi, anche dopo la bonifica, se siano da temere emanazioni di gas pericolosi, l'uso di apparecchi a fiamma, di corpi incandescenti e di apparecchi comunque suscettibili di provocare fiamme o surriscaldamenti atti ad incendiare il gas.

5. Nei casi previsti dai commi 2, 3 e 4, i lavoratori devono essere abbinati nell'esecuzione dei lavori.
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D.P.R. n. 177/2011 - Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati

Circolare n. 42/2010 - Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro: lavori in ambienti sospetti di inquinamento. Iniziative relative agli appalti aventi a oggetto attività manutentive e di pulizia che espongono i lavoratori al rischio di asfissia o di intossicazione dovuta ad esalazione di sostanze tossiche o nocive



Il Prodotto Certifico Spazi Confinati

DVR & Procedure Spazi confinati

N 2018 Rev. 3.0 2018

Il Prodotto consente di redigere un DVR e relative Procedure di sicurezza per il Rischio Ambienti Confinati. 
E' disponibile un Modello master doc di Documento completo di Procedure, check list, guide, normativa e altra documentazione d'interesse. 

La valutazione dei rischio specifico ambienti confinati è prevista, se presente, come attività da integrare nel DVR generale (artt. 17 e 28 D.Lgs. 81/08) in particolare in riferimento agli Artt. 66 e 121 o in accordo con il DPR 177/2011.

Il Modello è strutturato con la metodologia di OHSA CFR 1910.146 con il concetto di "permesso di lavoro per operare negli spazi confinati" (PRCS) "Permit-Required Confined Spaces" e alcuni passi (di studio) estratti da NIOSH Worker Deaths in Confined Spaces No. 94-103 e Working in Confinated Spaces No 80‐106; illustrate inoltre apposite Procedure di sicurezza per operare in ambienti confinati.

Indice 
00. Dettagli Versione
01. DVR e Procedure Spazi Confinati Rev. 1.0 2017 
02. Appendice A OSHA 1910.146 
03. Appendice F OSHA 1910.146 
04. Confined Space Pre Entry Check List - 1910.146 App D 
05. Confined Spaces Regulations 1997 HSE 
06. Worker Deaths in Confined Spaces NIOSH 
07. Testo-Unico-81-08-Edizione-Giugno 2016
08. Spazi confinati errori comuni non corrette interpretazioni standard OSHA 
09. Guida ISPEL 2008 Lavori in ambienti sospetti di inquinamento 
10. Manuale Ambienti Confinati INAIL 2013 
11. Circolare MLPS 42 2010 
12. D.P.R. 14 Settembre 2011 n. 177

ISBN: 978-88-98550-64-7 
Cod.: CM45 
Edizione: 3.0 
Anno: 2018
Formato: .docx 
Struttura: Adobe Portfolio.pdf 
Tipo: Modello 
Livello tecnico: ****/***** 
Pagine: --- 
Dimensioni: 50 Mb

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Certifico Srl - IT | Rev. 00 2018
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Attestazione conformità D.Lgs. 17/2010 Vendita/Locazione Macchine

ID 551 | | Visite: 26015 | Documenti Riservati Sicurezza

ID 551 Attestazione vendita macchine

Attestazione conformità D.Lgs. 17/2010 | Vendita Locazione Macchine

ID 551 | Rev. 6.0 del 11.05.2023

Attestazione conformità per la vendita di macchine conformi D.Lgs. 17/2010 / Norme Tecniche / Altro.

Documenti aggiornati con la Rev. 6.0 2023: 

Allegato V D.Lgs 81/2008 - Norme tecniche - Rev. 4.0 2023 [.CEM] 
Allegato V D.Lgs 81/2008 - Norme tecniche - Rev. 4.0 2023 [.pdf]
Allegato V D.Lgs 81/2008  [.pdf]
- Attestazione D.Lgs. 17/2010 Vendita Locazione Macchine Mod. 01 2023 [.docx]
- NTA Direttiva Macchine 10.01.2023. [CEM]
- NTA Direttiva Macchine 10.01.2023 [.pdf]

D.Lgs. 17/2010

ART. 18 (Abrogazioni)

1. È abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, fatta salva la residua applicabilità delle disposizioni transitorie di cui all’articolo 11, commi 1 e 3, del medesimo decreto.

D.P.R. 24 Luglio 1996 n. 459

Art. 11 "Norme finali e transitorie"

1. Fatto salvo l'art. 1, comma 3, in caso di modifiche costruttive, chiunque venda, noleggi o conceda in uso o in locazione finanziaria macchine o componenti di sicurezza già immessi sul mercato o già in servizio alla data di entrata in vigore del presente regolamento e privi di marcatura CE, deve attestare, sotto la propria responsabilità, che gli stessi sono conformi, al momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o locazione finanziaria, alla legislazione previgente alla data di entrata in vigore del presente regolamento.

D.Lgs. 81/2008

Art. 69 - Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intende per:

a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto, inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all'attuazione di un processo produttivo, destinato ad essere usato durante il lavoro; (2) (3)

b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, il montaggio, lo smontaggio;

c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso;

d) lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi interamente o in parte in una zona pericolosa;

e) operatore: il lavoratore incaricato dell'uso di una attrezzatura di lavoro o il datore di lavoro che ne fa uso. (1)

Nota
(1) Lettera modificata dall'art. 20, comma 1 lett. l del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
(2) 
Parere ML prot. 21346-07-4 del 13 Settembre 1995 equpare le scaffalature ad attrezzature di lavoro
(3) 
Decreto 20 maggio 2015 Revisione generale periodica delle macchine agricole ed operatrici, ai sensi degli articoli 111 e 114 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285.

Art. 70 - Requisiti di sicurezza

1. Salvo quanto previsto al comma 2, le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto.

2. Le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 1, e quelle messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente all'emanazione di norme legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali di sicurezza di cui all'allegato V.

3. Si considerano conformi alle disposizioni di cui al comma 2 le attrezzature di lavoro costruite secondo le prescrizioni dei decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 395 del decreto Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ovvero dell'articolo 28 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.

4. Qualora gli organi di vigilanza, nell'espletamento delle loro funzioni ispettive in materia di salute e sicurezza sul lavoro, constatino che un'attrezzatura di lavoro, messa a disposizione dei lavoratori dopo essere stata immessa sul mercato o messa in servizio conformemente alla legislazione nazionale di recepimento delle direttive comunitarie ad essa applicabili ed utilizzata conformemente alle indicazioni del fabbricante, presenti una situazione di rischio riconducibile al mancato rispetto di uno o più requisiti essenziali di sicurezza previsti dalle disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 1, ne informano immediatamente l'autorità nazionale di sorveglianza del mercato competente per tipo di prodotto. In tale caso le procedure previste dagli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, vengono espletate:

a) dall'organo di vigilanza che ha accertato in sede di utilizzo la situazione di rischio, nei confronti del datore di lavoro utilizzatore dell'esemplare di attrezzatura, mediante apposita prescrizione a rimuovere tale situazione nel caso in cui sia stata accertata una contravvenzione, oppure mediante idonea disposizione in ordine alle modalità di uso in sicurezza dell'attrezzatura di lavoro ove non sia stata accertata una contravvenzione;

b) dall'organo di vigilanza territorialmente competente rispettivamente, nei confronti del fabbricante ovvero dei soggetti della catena della distribuzione, qualora, alla conclusione dell'accertamento tecnico effettuato dall'autorità nazionale per la sorveglianza del mercato, risulti la non conformità dell'attrezzatura ad uno o più requisiti essenziali di sicurezza previsti dalle disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 1 dell'articolo 70.

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Rapporto 2018 Convenzione MLC sul lavoro marittimo

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Rapporto 2018 Convenzione MLC sul lavoro marittimo

Rapporto 2018 Convenzione MLC sul lavoro marittimo 

Rapporto del Governo Italiano sull'applicazione della Convenzione MLC sul lavoro marittimo - Anno 2018

Risposta del 31 ottobre 2018 alla domanda diretta della Commissione di esperti OIL

MIT, 04 Gennaio 2019

In merito all'applicazione, nella legislazione e nella pratica, della Convenzione in esame, si forniscono le informazioni richieste dalla Commissione di Esperti nella domanda diretta adottata nel 2016.

In via preliminare, ad integrazione della normativa indicata nell’ultimo rapporto (2015), per effetto della quale le disposizioni della Convenzione in oggetto trovano applicazione, si riporta, di seguito, quella emanata successivamente all’invio del predetto rapporto:

- Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro della Salute e il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del 27 aprile 2018;
- Legge 29 luglio 2015, n. 115;
- Decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 71;
Circolare n. 005 del 9 marzo 2010 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
- Decreto Direttoriale (D.D.) n. 30 del 17/10/2014;
Circolare n. 30 del 14/11/2014 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
Circolare n. 33 del 15/5/2015 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
- Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del 1° luglio 2015.

...

Il decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271 , all’articolo 3, comma 1, lettera n), definisce come lavoratore marittimo: “qualsiasi persona facente parte dell'equipaggio che svolge, a qualsiasi titolo, servizio o attività lavorativa a bordo di una nave o unità mercantile o di una nave da pesca”. La lettera o) dello stesso articolo definisce come personale adibito a servizi generali e complementari: “personale imbarcato a bordo non facente parte né dell'equipaggio né dei passeggeri e non impiegato per i servizi di bordo”.

Il decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 108, all’articolo 2, comma 1, lettera d), inoltre, definisce come lavoratore marittimo: “qualsiasi persona facente parte dell'equipaggio che svolge, a qualsiasi titolo, servizio o attività lavorativa a bordo di una nave adibita alla navigazione marittima”. Il riferimento a “qualsiasi attività lavorativa a bordo di una nave adibita alla navigazione marittima” include anche i lavoratori incaricati di servizi generali e complementari.

Pertanto, i lavoratori indicati dalla Commissione di Esperti nella domanda diretta, pur non essendo iscritti nelle categorie della gente di mare di cui all’articolo 115 del Codice della navigazione, lavorano sulla nave ed hanno le stesse tutele dei marittimi indicati al precitato articolo del Codice della navigazione.

Al riguardo, si fa presente che le autorizzazioni alle Società di appalto dei servizi di bordo sono rilasciate dall’Autorità competente ai sensi dell’articolo 17 della legge 5 dicembre 1986, n. 856 (all. 3), come modificato dalla legge 14 giugno 1989, n. 234.

Si evidenzia, altresì, che l’articolo 10 del decreto legislativo n. 271/1999 - Contratto d'appalto o d'opera - impone all’armatore e alla Società appaltatrice una serie di obblighi a tutela di tale personale.

Si fa presente, inoltre, che i CCNL riguardanti le categorie di questi lavoratori sono tenuti a bordo, a disposizione degli ispettori che effettuano i controlli sull’applicazione delle disposizioni  della Convenzione MLC, 2006, sul lavoro marittimo (ispettori MLC).

Si precisa, infine, che, in caso di mancato rispetto delle tutele indicate nella Convenzione MLC, ai singoli lavoratori a bordo di navi battenti bandiera italiana è sempre garantito il diritto di reclamo.

...segue in allegato

Fonte: MIT

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Autoliquidazione 2018-2019: rinvio termine di pagamento dei premi

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Autoliquidazione 2018 2019

Autoliquidazione 2018-2019: rinvio del termine di pagamento dei premi

INAIL, 04 Gennaio 2019

Rinviato al 16 maggio 2019 il termine per il pagamento dei premi in autoliquidazione 2018-2019 per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

E' rinviato da febbraio a maggio il termine per il pagamento dei premi in autoliquidazione 2018-2019 per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali sulla base di quanto disposto dall’art. 1, co. 1125, della legge n.145 del 30 dicembre 2018 al fine di consentire l’applicazione delle nuove tariffe dei premi oggetto di revisione.

In particolare:

- il termine del 31 dicembre 2018 entro cui l’Inail rende disponibili al datore di lavoro gli elementi necessari per il calcolo del premio assicurativo è stato differito al 31 marzo 2019
- il termine del 16 febbraio 2019 entro cui inviare la comunicazione motivata di riduzione delle retribuzioni presunte è stato differito al 16 maggio 2019
- il termine del 16 febbraio 2019 previsto per il versamento tramite F24 e F24EP dei premi ordinari e dei premi speciali unitari artigiani, dei premi relativi al settore navigazione, per il pagamento in unica soluzione e per il pagamento della prima rata in caso di rateazione ai sensi delle leggi 449/1997 e 144/1999 è stato differito al 16 maggio 2019
- il termine del 28 febbraio 2019 per la presentazione telematica delle dichiarazioni delle retribuzioni è stato differito al 16 maggio 2019.

Il differimento dei termini disposto dalla citata legge di bilancio 2019 riguarda la Tariffa ordinaria dipendenti (tod) delle gestioni "Industria", "Artigianato", "Terziario" ed "Altre Attività", nonché la Tariffa dei premi speciali unitari artigiani e la Tariffa dei premi del settore navigazione.

Restano confermati i termini di scadenza per il pagamento e per gli adempimenti relativi ai premi speciali anticipati per il 2019 relativi alle polizze scuole, apparecchi rx, sostanze radioattive, pescatori, frantoi, facchini nonché barrocciai/vetturini/ippotrasportatori. Detti premi, per il 2019, in attesa della loro revisione continueranno ad usufruire della riduzione prevista dalla legge 147/2013 che per l’anno in corso è pari al 15,24%.

Resta, inoltre, confermato al 18 febbraio 2019 il termine di scadenza dei premi per i lavoratori somministrati relativi al 4° trimestre 2018.

...

Fonte: INAIL

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 58350 | 28 Dicembre 2018

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Sentenze cassazione penale

 Infortunio con una pialla a filo

Mancanza di idonei accorgimenti per allontanare le mani dall'utensile durante la sagomatura dei pezzi

Penale Sent. Sez. 4 Num. 58350 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: TORNESI DANIELA RITA
Data Udienza: 19/09/2018

Ritenuto in fatto

l. Con sentenza emessa in data 07 febbraio 2014 il Tribunale di Brescia dichiarava la penale responsabilità di P.L.D. e, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, lo condannava alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi due di reclusione.
2. Con pronuncia del 20 ottobre 2015 la Corte di appello di Brescia concedeva al P.L.D. il beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale, confermando nel resto l'impugnata sentenza.
2.1. Al predetto imputato era ascritto il reato di cui agli artt. 40 cpv, 590, commi 1 e 3, 583, comma 1, n. 1 e 2, cod. pen. «per avere, nella qualità di legale rappresentante della società F.A.L.P.A. s.r.l., con sede legale e produttiva in Fiero (BS), per colpa cagionato a E.A.H.M.M., lavoratore dipendente della predetta società, lesioni personali gravi consistite nella ferita ed amputazione parziale falange del dito mano sinistra, giudicate guaribili in 96 giorni, per le quali l'INAIL riconosceva al predetto una invalidità pari a 4 punti, in quanto mentre il lavoratore, adibito alla macchina pialla a filo marca Primultini senza targa identificativa, dovendo effettuare la sagomatura di un pezzo di legno di piccole dimensioni sulla pialla predetta, senza l'uso di idonee attrezzature (portapezzi, spingitoi e simili) che hanno la funzione di protezione contro il contatto accidentale con un utensile in movimento, inavvertitamente la mano sinistra finiva contro l'utensile subendo sopra descritte conseguenze lesive; colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza delle norme per la prevenzione sugli infortuni del lavoro, per non avere adottato le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, erano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori ed in particolare nella violazione:
- dell'art. 71, comma 3, in relazione al punto 9, allegato VI del d.lgs. n. 81/2008, per non aver adottato le misure tecniche ed organizzative necessarie al fine di ridurre al minimo i rischi di contatto accidentale dell’operatore con gli organi lavoratori pericolosi delle macchine stesse, nello specifico, per non aver fornito, disposto e preteso l'uso di idonei portapezzi, spingitoi e simili durante l'uso della pialla a filo per la lavorazione di pezzi in legno di piccole dimensioni, al fine di allontanare le mani dall'utensile durante la sagomatura dei pezzi stessi;
- dell'art. 18, comma 1, lettera f) del d.lgs. n. 81/2008 per non aver richiesto e preteso dai lavoratori il rispetto delle norme vigenti nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza sul lavoro in quanto tollerava che per prassi aziendale l'uso di attrezzature inidonee per realizzare la sagomatura degli elementi di legno, al fine di evitare il contatto diretto dell'operatore con l'utensile in movimento.
Fatto aggravato per aver cagionato lesioni gravi e perché commesso con violazioni delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
In Fiero (BS) il 27.11.08.
2. P.L.D., a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza elevando i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo denuncia il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato contestato rappresentando che la Corte di appello di Brescia non ha operato alcuna rivalutazione critica delle risultanze istruttorie acquisite nel corso del giudizio di primo grado nonostante le puntuali censure difensive che comprovavano:
a) la mancata utilità aziendale della costruzione del cuneo di legno, pezzo su cui lavorava il lavoratore infortunato;
b) l'assenza di qualsiasi elemento di prova a sostegno dell'asserita riferibilità in capo all'odierno ricorrente dell'ordine di costruzione del pezzo anomalo;
c) l'innegabile incapacità del dipendente infortunato ad esprimersi e capire la lingua italiana;
d) le risultanze obiettive portate dall'ufficiale dell'U.P.G.;
d) l'assenza fisica in azienda del ricorrente al momento del fatto
Sottolinea, inoltre, che non vi è prova del fatto che sia stato il P.L.D. a dare l'ordine di costruire il pezzo anomalo in quanto la persona offesa è incorsa in evidenti contraddizioni ed inoltre aveva un interesse particolare in quanto aveva (e tuttora ha) una causa pendente con l’INPS nei confronti della società F.AL.PA. s.r.l. la cui soluzione risarcitoria è in stretta dipendenza con quella della causa de qua.
Ribadisce che non era a conoscenza di questa iniziativa del lavoratore e che al momento dell'infortunio non era in azienda.
Rileva che la condotta del lavoratore presenta i caratteri della abnormità posto che la creazione di un ausilio strutturale inventato autonomamente dal lavoratore non rientrava certo fra le mansioni ad esso assegnate all'interno della produzione aziendale.
2.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata rappresentando che all'interno della F.AL.PA s.r.l. il preposto alla sicurezza ed al rispetto della normativa antinfortunistica sul luogo di lavoro è G.P., fratello del ricorrente, in forza di delega conferita nell'assemblea ordinaria della società tenutasi in data 20.05.2008, specificando che il predetto non è un semplice preposto alla sicurezza ma è, altresì, co-amministratore della F.AL.PA s.r.l., quindi pienamente coinvolto nei processi decisionali di destinazione delle risorse aziendali.
2.3. Conclude chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. Il ricorso non può trovare accoglimento, pur dovendosi dare atto del decorso del termine massimo di prescrizione di cui al combinato disposto degli artt. 157 e 161 cod. pen. perfezionatosi in data 27 maggio 2016 e, dunque, in data successiva alla pronuncia di appello.
Pertanto, non rilevandosi profili di manifesta infondatezza del ricorso, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per intervenuta prescrizione.
Ed invero, le risultanze già poste dai giudici di merito a fondamento della affermazione di responsabilità non consentono di pervenire ad una più favorevole declaratoria di non punibilità per ragioni di merito ai sensi dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen.
Si rammenta che, secondo la giurisprudenza di legittimità (Sez. Un. n. 28954 del 27/04/2017; Sez. Un. n. 35490 del 28/05/2009, Rv. 244274), in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione ai sensi della predetta disposizione, solo nei casi in cui gli elementi da cui poter evincere l'inesistenza del fatto, l'irrilevanza penale di esso o la non commissione dello stesso da parte dell'imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, con la conseguenza che la valutazione richiesta attiene più al concetto di «constatazione», ossia di percezione ictu oculi, che non a quello di «apprezzamento», senza che possa assumere rilievo la mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede, invece, un vaglio ponderato tra opposte risultanze.
Orbene, nella fattispecie in esame, la Corte distrettuale ha ritenuto comprovato, coerentemente alle risultanze processuali acquisite e con argomentazioni congrue e logiche, che l'infortunio è avvenuto durante l'utilizzo, da parte della persona offesa, della palla a filo marca Primultini per sagomare un pezzo di legno della lunghezza di trenta centimetri che gli serviva per realizzare un sostegno per alcune perline così da mantenerle dritte e facilitare la loro introduzione in un altro macchinario; mentre stava svolgendo tale attività, facendo passare il legno sopra la lama e accompagnandolo con le mani, la lama stessa incocciava in un nodo del legno, cosicché perdeva la presa sul pezzo con la conseguenza che la sua mano sinistra entrava in contatto con la lama della palla che gli cagionava le lesioni personali contestate nell'imputazione.
Da tale ricostruzione dei fatti ne deriva che l'infortunio non è di certo ascrivibile ad una condotta abnorme del lavoratore.
Si rammenta che, secondo la giurisprudenza di legittimità ( Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 - dep. 2017 - Rv. 269603), in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme ed idonea ad escludere il nesso di causalità tra il comportamento del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia.
I giudici di secondo grado precisavano, inoltre, che G.P. era stato semplicemente nominato quale rappresentante della società innanzi alle autorità giudiziarie e agli enti e organi preposti all'esercizio delle funzioni di controllo e vigilanza per la sicurezza sul lavoro, per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e per la protezione. Peraltro tale atto di nomina era privo di data certa e non attribuiva al delegato quell'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate ed era quindi sprovvisto dei requisiti prescritti dall'art. 16 del d.lgs. n. 81/2008. Si soggiungeva che tale delega non era idonea ad escludere, in capo al datore di lavoro, l'obbligo di vigilanza sul corretto espletamento, da parte del delegato, delle funzioni trasferite. Il datore di lavoro era giustamente individuato, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett.b) d.lgs. n. 81/2008 proprio in P.L.D., amministratore delegato, il quale era peraltro anche socio lavorante con incarichi attinenti alla produzione; proprio per questo egli era a diretto contatto con le maestranze e, dunque, aveva comunque l'obbligo di impedire, a prescindere da qualsiasi delega di funzioni, comportamenti scorretti e pericolosi dei lavoratori ai quali fosse venuto a conoscenza e, così, anche condotte del tipo di quelle poste in essere dalla persona offesa alle quali aveva più volte assistito.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 19/09/2018

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Legge 7 dicembre 1984 n. 818

ID 7460 | | Visite: 15960 | Prevenzione Incendi

Legge 7 dicembre 1984 n  818

Legge 7 dicembre 1984 n. 818

Nullaosta provvisorio per le attivita' soggette ai controlli di prevenzione incendi, modifica degli articoli 2 e 3 della legge 4 marzo 1982, n. 66, e norme integrative dell'ordinamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. 

(GU n.338 del 10-12-1984)

Iscrizioni Elenchi MI Professionisti antincendio

L'iscrizione di professionisti iscritti in albi professionali in appositi elenchi del Ministero dell'interno, nasce con la Legge n. 818/1984 (art. 1), poi abrogato dal D.Lgs. 8 marzo 2006 n. 139e il DM 25 marzo 1985. Ad oggi la norma di riferimento è il l'Art. 16 del D.Lgs. 8 marzo 2006 n. 139 e il DM 5 agosto 2011.

Si riporta il testo nativo L'Art. 1 della Legge n. 818/1984, inerente professionisti iscritti in appositi elenchi del Ministero dell'interno abrogato dal: D.Lgs. 8 marzo 2006 n. 139:

"I titolari delle attività indicate nel decreto del Ministro dell'interno 16 febbraio 1982 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 aprile 1982, n. 98, sono tenuti a richiedere il certificato di prevenzione incendi secondo le procedure di cui alla legge 26 luglio 1965, n. 966, ed al decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577.
(comma dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte costituzionale 11-14 giugno 1990, n. 282)

Ai fini dell'approvazione di un progetto o del rilascio del certificato di prevenzione incendi, i comandi provinciali dei vigili del fuoco, oltre agli accertamenti ed alle valutazioni direttamente eseguite, possono richiedere certificazioni rilasciate da enti, laboratori o professionisti iscritti in albi professionali, che, a domanda, siano stati autorizzati ed iscritti in appositi elenchi del Ministero dell'interno.

Il rilascio delle autorizzazioni e l'iscrizione negli appositi elenchi sono subordinati al possesso dei requisiti che saranno stabiliti dal Ministro dell'interno con proprio decreto. (Decreto ministeriale 25 marzo 1985 abrogato da DM 5 agosto 2011 / ndr).

Fino alla pubblicazione degli elenchi di cui ai commi precedenti, può essere provvisoriamente autorizzato, con decreto del Ministro dell'interno, il ricorso ad enti e laboratori ritenuti idonei o a professionisti iscritti in albi professionali.

Nell'attesa del rilascio del certificato di cui ai precedenti commi, i titolari delle attività esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge debbono presentare, entro il 31 dicembre 1985, istanza per il rilascio del nullaosta provvisorio di cui al successivo articolo 2."

Per l'iscrizione negli Elenchi MI Professionisti antincendio fare riferimento all'Art. 3 del DM 5 agosto 2011.

In allegato testo consolidato 2018 con gli aggiornamenti di:

21/06/1985
DECRETO-LEGGE 21 giugno 1985, n. 288 (in G.U. 21/06/1985, n.145), convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 1985, n. 407 (in G.U. 13/08/1985, n. 190)

31/12/1985
DECRETO-LEGGE 30 dicembre 1985, n. 791 (in G.U. 31/12/1985, n.306), convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 1986, n. 46 (in G.U. 01/03/1986, n. 50)

28/02/1987
DECRETO-LEGGE 27 febbraio 1987, n. 51 (in G.U. 28/02/1987, n.49), convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 1987, n. 149 (in G.U. 18/04/1987, n. 91)

28/02/1987
DECRETO-LEGGE 27 febbraio 1987, n. 51 (in G.U. 28/02/1987, n.49), convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 1987, n. 149 (in G.U. 18/04/1987, n. 91)

14/02/1989
LEGGE 10 febbraio 1989, n. 48 (in G.U. 14/02/1989, n.37)

20/06/1990
Corte costituzionale, con sentenza 11 giugno 1990, n. 282 (in G.U. 20/06/1990 n. 25) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1.
20/06/1990
Corte costituzionale, con sentenza 11 giugno 1990, n. 282 (in G.U. 20/06/1990 n. 25) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1.

21/05/1991
LEGGE 20 maggio 1991, n. 158 (in G.U. 21/05/1991, n.117)

10/03/1998
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 12 gennaio 1998, n. 37 (in G.U. 10/03/1998, n.57)

05/04/2006
DECRETO LEGISLATIVO 8 marzo 2006, n. 139 (in SO n.83, relativo alla G.U. 05/04/2006, n.80) - Testo consolidato 2018

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Regolamento di esecuzione (UE) 2018/2032

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Regolamento di esecuzione (UE) 2018/2032

della Commissione, del 20 novembre 2018, che modifica il regolamento (CE) n. 416/2007 della Commissione concernente le specifiche tecniche relative agli avvisi ai naviganti

GU L 332/1 del 28.12.2018

Entrata in vigore: 17.01.2019

Articolo 1

L'allegato del regolamento (CE) n. 416/2007 è sostituito dal testo dell'allegato del presente regolamento.

______

ALLEGATO

1. DISPOSIZIONI GENERALI
1.1 Definizioni
1.2. Funzioni e requisiti essenziali d'esercizio per gli avvisi ai naviganti (NtS)
2. TRASMISSIONE DEGLI AVVISI AI NAVIGANTI
3. TIPI DI MESSAGGIO NtS
4. STRUTTURA DEGLI NtS E CODIFICA DEI MESSAGGI NtS
4.1. Struttura generale
4.1.1. Sezione di identificazione
4.1.2. Messaggio relativo al canale navigabile e al traffico
4.1.3. Messaggio riguardante le acque
4.1.4. Messaggio relativo al ghiaccio
4.1.5. Messaggio di tipo meteorologico
4.2. Spiegazione dei tag XML e dei valori dei codici nelle tavole di riferimento NtS
4.3. Identificazione di sezioni del canale navigabile e oggetti nei messaggi NtS
4.4. Norme per la codifica dei messaggi NtS
Appendice A: Guida alla codifica degli NtS per i compilatori
Appendice B: Guida alla codifica degli NtS per gli sviluppatori di applicazioni
Appendice C: Definizione dello schema NtS XML (XSD)
Appendice D: Specifica del servizio web per gli NtS (WSDL)

...

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Cassazione civile Sent. sez. Lav. n. 32714 | 18 Dicembre 2018

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Sentenze cassazione civile

Folgorazione del dipendente. Responsabilità contrattuale

Civile Sent. Sez. L Num. 32714 Anno 2018

Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: BOGHETICH ELENA
Data pubblicazione: 18/12/2018

Fatto
1. Con sentenza n. 1947 depositata il 10.3.2014, la Corte di appello di Napoli, confermando la pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha respinto la domanda di risarcimento proposta da S.C. nei confronti della società Coeclerici s.p.a. in relazione all'infortunio sul lavoro che il 4.9.1995 (ossia dopo circa due mesi dall'assunzione, per passaggio diretto da altra società) aveva provocato una forte folgorazione al dipendente.
2. La Corte ha rilevato che il tenore testuale del ricorso introduttivo del giudizio deponeva chiaramente per una domanda di risarcimento del danno contrattuale, domanda che doveva ritenersi prescritta, mentre l'indicazione, nel verbale di prima udienza, dell'intenzione di proporre altresì una domanda di risarcimento per responsabilità aquiliana era irrilevante posto che si trattava di mutatio libelli, e, in ogni caso, mancava l'autorizzazione del giudice prevista dall'art. 420, primo comma, cod.proc.civ. e la controparte non aveva accettato il contraddittorio.
3. Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione il S.C., deducendo due motivi di impugnazione, illustrati da memoria. La società resiste con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto
4. Con entrambi i motivi il ricorrente denunzia violazione degli artt. 112 cod.proc.civ. e 2043 cod.civ. (ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, errato nell'omettere di considerare l'esplicazione del potere dispositivo esercitato nel corso della prima udienza di discussione quando la parte ha dichiarato che "l'azione era da considerarsi anche di tipo extracontrattuale", sussistendo in capo all'armatore sia l'obbligo di garantire la sicurezza del personale imbarcato sia l'integrità fisica di tutti i dipendenti.
5. I motivi non sono fondati.
La Corte distrettuale ha chiaramente pronunciato sulla domanda del lavoratore di ampliamento dell'ambito dell'azione giudiziaria, rilevando, preliminarmente, che il tenore testuale del ricorso introduttivo del giudizio deponeva per l'esercizio di una responsabilità contrattuale (posto che i fatti erano circoscritti esclusivamente nell'ambito del rapporto di lavoro con la società, la responsabilità della società veniva invocata con riguardo all'inadempimento degli obblighi contrattuali di sicurezza e protezione dei lavoratori, il quadro normativo richiamato atteneva alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato, ossia artt. 336 cod.nav., 9 della legge n. 300 del 1970, 2087 cod.civ.); in seconda battuta, la Corte distrettuale ha precisato che era irrilevante la dichiarazione - resa dal S.C. in prima udienza - della volontà di esercitare altresì un'azione di responsabilità extracontrattuale posto che tale ultima domanda si basava su elementi di fatto e di diritto diversi (tali da configurare una mutatio libelli), che, in ogni caso, non risultava l'autorizzazione del giudice a tale ampliamento di domanda e che, infine, la controparte non aveva accettato il contraddittorio. In particolare, la Corte distrettuale ha precisato che "Nel caso di specie, l'evento dannoso è derivato dalla supposta violazione di obblighi derivanti dal contratto di lavoro, e quindi si verte in tema di responsabilità contrattuale".
Secondo consolidato insegnamento di questa Corte, il lavoratore che agisce nei confronti del proprio datore di lavoro (debitore di un obbligo di sicurezza), deve fornire una descrizione del fatto materiale che consenta di evincere una condotta del datore contraria o a misure di sicurezza espressamente imposte da una disposizione normativa o a misure di sicurezza che, sebbene non individuate specificamente da una norma, siano comunque rinvenibili nel sistema dell'art. 2087 cod.civ. L'allegazione del lavoratore-creditore non può pertanto attenere ad un inadempimento qualunque esso sia, ma ad un inadempimento, per così dire, qualificato, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno. Diversamente, la responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod.civ. - invocata in corso di causa - introduce nel processo un nuovo tema di indagine e di decisione, idoneo ad alterare l'oggetto sostanziale dell'azione ed i termini della controversia, tanto da porre in essere una pretesa diversa da quella fatta valere in precedenza (per la distinzione in tali termini tra mutatio ed emendatio libelli cfr. Cass. n. 20355 del 2005, Cass. n. 25764 del 2013, Cass. n.5751 del 2015). La Corte distrettuale ha, quindi, ritenuto - sulla base delle allegazioni formulate nel ricorso introduttivo del giudizio - che fosse stata esercitata l'azione contrattuale, all'esito di una valutazione non formale o nominalistica, ma dell'esatta considerazione dei tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito posto a base della pretesa risarcitoria azionata, ricostruzione che non è stata censurata dal ricorrente.
Del pari, il ricorrente non ha censurato l'argomentazione della Corte di appello concernente la mancata autorizzazione (anche in forma implicita, cfr. Cass. n. 17176 del 2014) del giudice ad un'eventuale emendatio libelli, né ha indicato elementi circa l'accettazione del contraddittorio ad opera della controparte.
6. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall'art. 91 cod.proc.civ.
7. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti di impugnazione iniziati in data successiva al 30.1.2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).

P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 novembre 2018.

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Allegato riservato Civile Sent. Sez. L Num. 32714 Anno 2018.pdf
 
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INAIL: Rapporti 2017 per Regione

ID 7452 | | Visite: 4370 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Rapporto annuale regionale 2017 inail

Rapporti annuali regionali INAIL 2017

Pubblicati da INAIL i Rapporti annuali per regione 2017, comprensivi di appendice statistica, inerenti i fenomeni infortunistici

Dati rilevati al 31 Ottobre 2018

Nota metodologica - Dati rilevati al 31 ottobre 2018

Nella tabella 1.1 sono considerate posizioni assicurative territoriali (Pat) in gestione quelle attive almeno un giorno nell’anno; le masse salariali (relative all’anno) sono quelle effettive (come regolate nell’anno successivo).
Nella tabella 1.2 i premi accertati e incassati sono quelli relativi al periodo assicurativo di osservazione (anno solare).
Nelle tabelle 1.4 e 1.5 gli indennizzi in temporanea e in capitale sono rilevati per i casi di infortunio per anno di accadimento e per quelli di malattia professionale per anno di protocollo.
Nella tabella 1.6 il dato indicato fa riferimento alle rendite gestite e non al numero dei soggetti titolari.
Nelle tabelle 2.4 e 2.5 la riga in assenza di menomazioni si riferisce ai casi per i quali è stata accertata l’assenza di menomazioni, o per i quali, alla data di rilevazione, non è stata ancora effettuata la valutazione definitiva del danno.
Nella tabella 5.1 i premi omessi accertati sono riferiti al periodo assicurativo di competenza (a prescindere dall’anno di accertamento).
Nella tabella 5.4 i servizi sono quelli richiesti nell’anno di esercizio, resi in quell’anno a prescindere dall’anno di richiesta, resi e richiesti nel medesimo anno; il fatturato è esposto per anno di esercizio.

...


Sommario
Nota metodologica – Dati rilevati al 31 ottobre 2018.
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Ricominciamo dalla terra. Il futuro del Gran Sasso. Piano d’Accio (Te), 13 maggio 2017
7. Schede monografiche
Protocollo d‘intesa contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura
Glossario


Sommario
Nota metodologica – Dati rilevati al 31 ottobre 2018.
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Schede monografiche
Realizzazione di un percorso di aggiornamento continuo sulla valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori 
Glossario


Sommario
Nota metodologica – Dati rilevati al 31 ottobre 2018.
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Tavolo tecnico c/o Agrialp. Bolzano, 24 novembre 2017 
Glossario


Sommario
Nota metodologica – Dati rilevati al 31 ottobre 2018.
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
L’Inail, dall’analisi dei dati all’informazione. Catanzaro, 1° febbraio 2017
L’Inail e l’Università Mediterranea sulla strada della sicurezza. Reggio Calabria, 15 febbraio 2017
Informazione sui finanziamenti alle imprese che investono in sicurezza. Crotone, 9 marzo 2017
Informazione sui finanziamenti alle imprese che investono in sicurezza. Cosenza, 28 marzo 2017
Protocollo d’intesa con Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente in Calabria (Arpacal) in materia di salute e sicurezza sul lavoro 

7. Schede monografiche
Una sicurezza di ferro
Sconfiniamo in sicurezza
La sicurezza non deve fare acqua. La Prevenzione nell’impresa artigiana di impiantistica termoidraulica 

Glossario


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Indice delle tabelle  
Sintesi dei fenomeni rilevanti  
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail 
2. Infortuni  
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Le Malattie professionali in provincia di Caserta: riflessioni e prospettive. Caserta, 7 novembre 2017
Finanziamenti alle imprese: dalla prevenzione al reinserimento lavorativo. Napoli, 8 febbraio 2017
Inaugurazione Sede locale Inail di Avellino

7. Schede monografiche
Epimeria: elaborazione di buone prassi per le piccole e medie imprese agroalimentari campane tramite indagine microbiologica ambientale
Progetto formativo/informativo “la Sicurezza dentro”
Applicazione innovativa degli ultrasuoni per ridurre l’uso di solventi nella lavorazione conciaria
Pompei per tutti

Glossario


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Indice delle tabelle  
Sintesi dei fenomeni rilevanti  
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail  
2. Infortuni  
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Atlante Infortuni Emilia Romagna. Bologna, 27 giugno 2017
Seminario di studio “La valutazione del rischio stress lavoro correlato, ruolo dei soggetti coinvolti, benessere organizzativo - stili di vita e Responsabilità sociale d’impresa”. Ferrara, 13 dicembre 2017
Disturbi muscolo – scheletrici e lavoro: una mappatura ragionata. Modena, 17 febbraio 2017

7. Schede monografiche
Progetto di facilitazione al reinserimento lavorativo: ”UNA SFIDA…..POSSIBILE”
Atlante Infortuni Emilia Romagna
Valutazione e interpretazione della Spirometria nelle malattie professionali
Le emergenze/urgenze cliniche nel nelle sedi locali Inail

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Nota metodologica – Dati rilevati al 31 ottobre 2018.
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Convegno nazionale porti. Trieste, 19 settembre 2017 
7. Schede monografiche
Punto Informativo Campo Sicuro
Promozione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro ed in ambito scolastico
Campus estivo interregionale Comitato Italiano Paralimpico (Cip)-Inail a favore di assistiti Inail
Sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (Sgsl) Uni Inail nelle Medie Piccole Imprese artigiane del Friuli Venezia Giulia 2016/2017. Estensione del Modello alla filiera del settore agroalimentare e informatizzazione del processo di auditing
Piano mirato di prevenzione per il miglioramento della sicurezza sul lavoro delle aziende che operano nell’area portuale di Trieste 

Glossario


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Nota metodologica – Dati rilevati al 31 ottobre 2018.  
Indice delle tabelle  
Sintesi dei fenomeni rilevanti  
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail  
2. Infortuni  
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Gestione del sistema di sicurezza e cultura della prevenzione nella scuola.
Frosinone, 5 aprile e 10 maggio 2017
Seminario Flussi Informativi Inail – Regioni: alla scoperta delle novità dell’ultima versione del data base Flussi Informativi

7. Schede monografiche
La prevenzione operativa nelle piccole e micro imprese artigiane del Lazio
La sicurezza negli ambienti di lavoro in presenza di rischio derivante da atmosfere potenzialmente esplosive
Protocolli e procedure: linee di indirizzo per il miglioramento delle buone pratiche nelle strutture sanitarie ambulatoriali del Lazio

Glossario

 
Sommario
Nota metodologica – Dati rilevati al 31 ottobre 2018.
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
La sicurezza sul lavoro nelle iniziative Inail a supporto dei lavoratori e delle aziende. Genova, 3 aprile 2017
Vita lavorativa “Sostenibile”. Genova, 25 ottobre alle 9.00 - Biblioteca civica Berio, via del Seminario, 16 
7. Schede monografiche
La Guida Giusta – Video informativo per la diffusione della salute e sicurezza a bordo dei mezzi di trasporto per gli autotrasportatori e i lavoratori che utilizzano abitualmente mezzi di trasporto
Gli invincibili – Gruppo di Auto Mutuo Aiuto per gli infortunati
Coping & Training - Percorso tra le tecniche di fronteggiamento dello stress post traumatico per gli utenti e familiari della sede Inail di Imperia Glossario


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Indice delle tabelle  
Sintesi dei fenomeni rilevanti 
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail  
2. Infortuni  
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Workers’ Memorial Day “Safety Happening – La sicurezza in piazza”.
Milano, 28 aprile 2017
La ricerca sui ponteggi metallici. Utilizzo come protezione collettiva in sommità e comportamento strutturale. Milano, 29 settembre 2017
Festivaletteratura di Mantova. Mantova, 6-10 settembre 2017
Lavoro e disabilità: servizi alla persona e sostegno alle aziende. Milano, 15 marzo 2017

7. Schede monografiche
European Mineralogical Union School 2017
CTRL Macchine: come migliorare controllo e manutenzione delle attrezzature aziendali
Promozione della pratica sportiva
Sci per tutti

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1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Giornata Nazionale per la sicurezza nelle Scuole sui temi del rischio sismico e rischio incendio. Pesaro, 22 novembre 2017
7. Schede monografiche
Studio ed elaborazione di raccomandazioni a tutela dei lavoratori nei cantieri post sisma
Progetto regionale di prevenzione del sovraccarico biomeccanico e delle patologie muscoloscheletriche
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Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Schede monografiche
II edizione del Master di I livello “Management per le funzioni di coordinamento in igiene, sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro”
In-formazione in sicurezza? “Take it easy” il futuro è nelle tue mani
“Lettere dal domani”
“La Fabbrica si misura” 

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Sintesi dei fenomeni rilevanti  
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail  
2. Infortuni  
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Inaugurazione della nuova sede di corso Galileo Ferraris. Torino, 21 aprile 2017
Donne al lavoro nel secolo dell’industria – Mostra fotografica. Verbania, marzo 2017
"Abilitando". Santa Croce a Borgo Marengo, 6/7 ottobre 2017
Settimana europea della Sicurezza – Novara, 23/27 ottobre 2017
Seminario di aggiornamento COR TUNS 2017 - Dati italiani e futuri scenari di collaborazione Europea. Torino, 6 aprile 2017

7. Schede monografiche
Decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105. Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose. Analisi delle criticità connesse all’invecchiamento degli impianti.
Interventi per il reinserimento sociale attraverso la pratica sportiva delle persone con disabilità da lavoro prese in carico in Piemonte, in attuazione delle convenzioni con il Comitato Italiano Paralimpico nazionale e regionale
Studio dei livelli di danno ossidativo in lavoratori esposti a polvere di legno
Collaborazione al piano della prevenzione 2014-2019 della Regione Piemonte
Avvio delle attività del Punto Assistenza per la fornitura di ausili alle persone con disabilità lavoro prese in carico dalle Équipe multidisciplinari delle Sedi del Piemonte

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5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Dall’analisi dei dati alle nuove tutele. Bari, 1° marzo 2017
7. Schede monografiche
Analisi e strategie funzionali ai flussi istruttori per il riconoscimento in Puglia delle malattie eziologicamente derivate dal lavoro
Il nuoto si fa in tre
@ scuola di prevenzione: a(c)corti & sicuri
Indicazioni operative per il settore pirotecnico. Fabbriche, depositi di fabbriche e di vendita

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1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
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4. Cura, riabilitazione, reinserimento
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6. Eventi rilevanti
Ambienti di vita e lavoro verso gli infortuni zero. Cagliari, 22 novembre 2017
Progettare la sicurezza nei luoghi di lavoro: percorsi formativi, sistemi di gestione e case studies. Cagliari, 22 settembre 2017
Giorni rubati, D10, D11. Cagliari, marzo 2017 

7. Schede monografiche
Take it easy il futuro è nelle tue mani
So-stare… in sicurezza?! 

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4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Blue Sea Land–Expo dei cluster del Mediterraneo, dell’Africa e del Medioriente. Mazara del Vallo (TP),
settembre-1 ottobre 2017.

7. Schede monografiche
Progetto di reinserimento lavorativo personalizzato, Circolare n.51/2016
Ricominciamo dalla terra – Circolare n.61/2011

Glossario


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1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail 
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3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Lavoro e disabilità. Il reinserimento e l’integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro. Firenze, 22 giugno 2017
“La sicurezza sul lavoro va a teatro. Siamo tutti attori.” Pistoia, 14 novembre 2017

7. Schede monografiche
EDICI - Edifichiamo cittadinanza
Master Universitario di I Livello in Igiene Industriale Prevenzione e sicurezza
La prevenzione dei rischi associati alle interruzioni ed al multitasking in ospedale
Progetto “NORM.ALI”
Progetto di formazione della Sede di Livorno per il reinserimento e l’integrazione lavorativa dell’infortunato sul
 lavoro Sig. D.M. - Anno 2017.
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2. Infortuni  
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Incontro informativo sui bandi di finanziamento Inail per la sicurezza sul lavoro e interventi per il reinserimento lavorativo. Trento, 5 aprile 2017
Il camper della salute. Trento, 2 giugno 2017
Verifiche e utilizzo in sicurezza dei carri raccoglifrutta – Conduzione e adeguamento dei trattori agricoli. Trento, 7 giugno 2017
Visitiamo il Parco della Sicurtà a Valeggio sul Mincio (Vr). 25 ottobre 2017
Sinergie con il Dipartimento scolastico della Provincia autonoma di Trento e con l’Azienda provinciale dei servizi sanitari finalizzate alla razionalizzazione del flusso di infortuni degli studenti nelle scuole trentine. Trento, ottobre 2017
Convenzione tra Direzione provinciale Inail di Trento e Collegio dei periti industriali e periti industriali laureati. Trento, 19 dicembre 2017

7. Schede monografiche
Promozione di stili di vita sani e sicuri sul luogo di lavoro attraverso nuove tecnologie (detto anche “Key to Health”)
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Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Road show bandi ISI 2016. Sicurezza sul lavoro: dall’Inail oltre 5 milioni di euro per le imprese umbre. Perugia, 22 marzo 2017
A Sigillo l’ottava edizione della “Notte bianca dello sport paralimpico”. Sigillo (Pg), 26 agosto 2017 

7. Schede monografiche
Master di I livello in “Ingegneria della sicurezza e analisi dei rischi in ambito industriale”. II edizione
Progetto “Cantiere complesso”
Prevenzione e gestione dello stress lavoro correlato nei rapporti con l’utenza
Attivazione a Norcia di un “Point interistituzionale” per supportare la ricostruzione nelle zone colpite dagli eventi sismici del 2016
Inail Umbria e alternanza scuola lavoro
Progetto “Sicurezza Stradale”: aumentare la consapevolezza del rischio e prevenire l’errore umano

Glossario


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Nota metodologica – Dati rilevati al 31 ottobre 2018.  
Indice delle tabelle  
Sintesi dei fenomeni rilevanti  
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail  
2. Infortuni  
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Presentazione Isi. Aosta, 5 aprile 2017
Giornata di avvicinamento alla disciplina del curling. Palaghiaccio di Courmayeur (AO), 16 dicembre 2017

7. Schede monografiche
Percorso di formazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro per alunni con disabilità cognitiva
Progetto OiRA (Online Interaction Risk Assessment) – Fase II
Promozione delle tematiche prevenzionali nelle scuole valdostane

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Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
Simposio “La persona con disabilità da lavoro al centro del sistema di tutela Inail: reinserimento sociale e lavorativo”. Padova, 5/7 ottobre 2017
I sistemi di gestione della sicurezza sul lavoro in sanità: esperienze, confronti e prospettive.
4 ottobre 2017
7. Schede monografiche
Campus estivo paralimpico
Gruppo motivazionale per la ricerca attiva del lavoro
Riflessi negli specchi
A Viva voce
“Guida Sicura” nei servizi pubblici del settore trasporti
Glossario

...

Fonte: INAIL

Dati rilevati al 31 Ottobre 2018

INAIL: Rapporti 2016 per Regione

Decreto 7 giugno 2016: Precisazioni aggiornamento formazione professionisti antincedio

ID 2742 | | Visite: 16070 | Prevenzione Incendi

Decreto 7 giugno 2016

Modifiche al decreto 5 agosto 2011 recante procedure e requisiti per l’autorizzazione e l’iscrizione dei professionisti negli elenchi del Ministero dell’interno di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.

GU n. 126 del 24 giugno 2016

Modifiche al decreto del Ministro dell’interno 5 agosto 2011

Il comma 1 dell’art. 7 del decreto del Ministro dell’interno 5 agosto 2011, è sostituito dal seguente:

«1. Per il mantenimento dell’iscrizione negli elenchi del Ministero dell’interno di cui all’art. 1, i professionisti devono effettuare ogni cinque anni corsi o seminari di aggiornamento in materia di prevenzione incendi della durata complessiva di almeno quaranta ore. Il termine dei cinque anni decorre:

a) dalla data di iscrizione negli elenchi di cui all’art. 1;
b) dalla data di riattivazione dell’iscrizione stessa in caso di sospensione per l’inadempienza di cui al comma 2;
c) dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per i professionisti già iscritti alla medesima data negli elenchi di cui all’art. 1.».

Art. 7 c.1 Decreto 5 agosto 2011 Modificato 
1. Per il mantenimento dell’iscrizione negli elenchi del Ministero dell’interno di cui all’art. 1, i professionisti devono effettuare ogni cinque anni corsi o seminari di aggiornamento in materia di prevenzione incendi della durata complessiva di almeno quaranta ore. Il termine dei cinque anni decorre: 

a) dalla data di iscrizione negli elenchi di cui all’art. 1; 
b) dalla data di riattivazione dell’iscrizione stessa in caso di sospensione per l’inadempienza di cui al comma 2; 
c) dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per i professionisti già iscritti alla medesima data negli elenchi di cui all’art. 1.

Entrata in vigore
Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Professionisti antincendio già abilitati alla data del 27 agosto 2011 (Entrata in vigore del Decreto 5 agosto 2011)

Per i professionisti antincendio già abilitati alla data di entrata in vigore del Decreto 5 agosto 2011 (27 agosto 2011) per il mantenimento negli elenchi del Ministero dell'interno devono effettuare corsi o seminari di aggiornamento in materia di prevenzione incendi della durata complessiva di almeno quaranta ore nell'arco di cinque anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, cioè entro il 26 agosto 2016.

Nel caso di inadempienza di quanto previsto al comma 1, il professionista è sospeso dagli elenchi sino ad avvenuto adempimento.

Collegati

Check list sicurezza fabbriche e depositi articoli pirotecnici

ID 6483 | | Visite: 11006 | Documenti Riservati Sicurezza

 check list materiali esplodenti

Check list fabbriche e depositi articoli pirotecnici

ID 6483 | 26.1.2018

La presente check list, elaborata sulle Linee guida ispezioni TULPS e requisiti Prevenzione Incendi VVF è finalizzata a verificare il rispetto delle prescrizioni in ordine alle autorizzazioni, alle caratteristiche strutturali ed alle misure gestionali proprie delle fabbriche e dei depositi di articoli pirotecnici.

La check list è disponibile in formato editabile .doc, riservato Abbonati.

Le fabbriche che producono esplosivi e articoli pirotecnici, sono soggette a specifici obblighi previsti dal T.U.L.P.S. il quale, all’Allegato B, contiene prescrizioni tecniche per la costruzione degli impianti di produzione, per le caratteristiche degli ambienti dove viene effettuata la produzione di prodotti esplodenti, per le distanze da osservare, per quantitativi massimi di materiale lavorabile e per l’accesso ai locali alle persone non addette ai lavori.

Per quanto riguarda l'idoneità tecnica dei soggetti operanti nelle fabbriche, si evidenzia che con D.Lgs del 25.09.2012, n. 176 di modifica del D.Lgs.n. 58/2010, sono stati previsti corsi di formazione, iniziale e periodica con programmi differenziati, riservati ai direttori di fabbriche e stabilimenti di fuochi artificiali e agli altri operatori.

Il R.D. n. 773 del 18/06/1931 - Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (T.U.L.P.S.), ed il R. D. n° 635 del 06/05/1940 - Approvazione del regolamento per l'esecuzione del T.U.L.P.S., costituiscono la normativa di base che regolamenta la fabbricazione, l'utilizzo, il deposito, l'importazione, la vendita ed il trasporto degli esplosivi.

Successivi decreti e leggi hanno integrato e completato la normativa di pubblica sicurezza, rendendola compatibile con i mutamenti che si sono avvicendati nel settore degli esplosivi nel corso degli anni.

Queste norme di carattere generale spesso si intersecano con norme statali e regionali, disciplinanti singole attività specialistiche.

Le autorizzazioni di polizia sono propedeutiche a qualunque attività concernente i materiali esplodenti, la disciplina generale relativa ai provvedimenti di polizia é individuata dal Titolo I del T.U.L.P.S. "Dei provvedimenti di polizia e della loro esecuzione ".

Gli articoli 9 e 27 della legge 18 aprile 1975 n. 110, individuano ulteriori requisiti soggettivi concernenti il rilascio delle autorizzazioni in materia di esplosivi, i quali si aggiungono a quelli dell' articolo 11 del T.U.L.P.S..

Le autorizzazioni di polizia non possono essere rilasciate alle persone che si trovino nelle condizioni indicate nell'articolo 43 del T.U.L.P.S.

a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;
b) a chi ha riportato condanna o pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;
c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra anche se amnistiata, o per porto abusivo di armi).

Inoltre l'autorità di pubblica sicurezza può richiedere agli interessati la presentazione di certificato di cui al quarto comma dell'articolo 35 T.U.L.P.S. (certificato del medico provinciale, o dell'ufficiale sanitario, o di un medico militare dal quale risulti che il richiedente non é affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendete e di volere).

Fabbricazione, deposito, vendita, trasporto di esplosivi

Il T.U.L.P.S. individua agli articoli 46 e 47 due diverse tipologie di licenze:

1) il Ministro dell'Interno rilascia licenza per fabbricare, tenere in deposito, vendere o trasportare dinamite e prodotti affini negli effetti esplodenti, fulminanti, picrati, artifici contenenti miscele detonanti ovvero elementi solidi e liquidi destinati alla composizione di esplosivi nel momento dell'impiego. Fabbricare polveri contenenti nitrocellulosa o nitroglicerina;

2) il prefetto rilascia la licenza per fabbricare, tenere in deposito, vendere o trasportare polveri piriche o qualsiasi altro esplosivo diverso da quelli indicati nell'articolo precedente, compresi i fuochi artificiali ed i prodotti affini, ovvero materie e sostanze atte alla composizione o fabbricazione di prodotti esplodenti. Tenere in deposito, vendere o trasportare polveri senza fumo a base di nitrocellulosa o nitroglicerina.

Registro delle operazioni giornaliere

L'articolo 55 del T.U.L.P.S. pone l'obbligo di tenere un registro delle operazioni giornaliere agli esercenti di fabbriche, depositi o rivendite di esplodenti di qualsiasi specie.

L'obbligo di tenuta del registro delle operazioni giornaliere é riferito agli esplosivi di ogni genere, esclusi i giochi pirici.

In tale registro debbono essere annotate le generalità delle persone con le quali le operazioni sono compiute. In particolare va registrata la data dell'operazione, le generalità della persona e della ditta con la quale l'operazione é compiuta, la specie e quantità dell'esplosivo acquistato o venduto e il modo col quale l'acquirente ha dimostrato la propria identità personale (art. 108 Reg.  T.U.L.P.S).

I dati devono essere comunicati mensilmente dai rivenditori di materiali esplodenti all'ufficio di polizia competente per territorio. Il registro deve essere esibito ad ogni richiesta degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza e deve essere conservato per un periodo di cinque anni, anche dopo la cessazione dell'attività .

L'articolo 25 della legge 18 aprile 1975, n.110 estende l'obbligo di tenuta dei registri delle operazioni giornaliere, previsto dal primo comma dell'art. 55 del T.U.L.P.S., a tutti coloro che per l'esercizio della propria attività lavorativa fanno abituale impiego di esplosivi di qualsiasi genere.

L'articolo 25 della legge 110/75 sanziona con delitto la mancata tenuta del registro, ed estende la pena anche ai soggetti individuati nel primo comma dell'articolo 55 T.U.L.P.S.. Per quanto riguarda l'irregolare tenuta dei registri si continua invece ad applicare la pena prevista dall'art. 55 T.U.L.P.S.. La violazione dell'obbligo di esibire i registri delle operazioni giornaliere agli organi di pubblica sicurezza viene inoltre sanzionata dal più recente articolo 24 comma 4 della legge 110/75, mentre l'obbligo di conservare il registro delle operazioni giornaliere per cinque anni anche dopo la cessazione dell'attività , é introdotto e sanzionato dal D.lgs. 2 gennaio 1997, n. 7.

Impiego degli esplosivi

L'uso delle mine é disciplinato dall'All.B del Reg. T.U.L.P.S. capitolo V, che tuttavia al punto 2. dispone che "l'uso delle mine nelle miniere e cave é regolato dalla legge e dal regolamento di polizia mineraria ". Pertanto, una trattazione esaustiva che affronti il problema relativo agli adempimenti e procedure da adottare nel settore degli esplosivi, implica una triplice distinzione concernente le differenti tipologie di attività . Nel complesso panorama normativo si individuano infatti disposizioni generali applicabili a tutte le attività , disposizioni applicabili solamente alle attività minerarie, disposizioni residuali applicabili alle attività non minerarie.

Prevenzione incendi

D.P.R 1° agosto 2011 n. 151
Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell’articolo 49, comma 4 -quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

ATTIVITÀ 17

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni.

ATTIVITÀ 18

Esercizi di minuta vendita e/o depositi di sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni.

Esercizi di vendita di artifici pirotecnici declassificati in “libera vendita” con quantitativi complessivi in vendita e/o deposito superiori a 500 kg, comprensivi degli imballaggi.

ATTIVITÀ 19

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze instabili che possono dar luogo da sole a reazioni pericolose in presenza o non di catalizzatori ivi compresi i perossidi organici

ATTIVITÀ 20

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono nitrati di ammonio, di metalli alcalini e alcolino-terrosi, nitrato di piombo e perossidi inorganici 

 

ATTIVITÀ (DPR 151/2011)

CATEGORIA

A

B

C

17

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni.

 

 

Tutti

Equiparzione con le attività di cui all’allegato ex DM 16/02/82

24

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché perossidi organici

Principali differenze fra le attività di equiparazione
Nessuna sostanziale modifica tranne che la nuova attività non contempla i perossidi organici.

 

 

ATTIVITÀ (DPR 151/2011)

CATEGORIA

A

B

C

18

Esercizi di minuta vendita e/o depositi di sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni.

Esercizi di vendita di artifici pirotecnici declassificati in “libera vendita” con quantitativi complessivi in vendita e/o deposito superiori a 500 kg, comprensivi degli imballaggi.

 

Esercizi di vendita di artifici pirotecnici declassificati in “libera vendita”

Esercizi di minuta vendita di sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni.”

Equiparzione con le attività di cui all’allegato ex DM 16/02/82

25

Esercizi di minuta vendita di sostanze esplodenti di cui ai decreti ministeriali 18 ottobre 1973 e 18 settembre 1975, e successive modificazioni ed integrazioni

Principali differenze fra le attività di equiparazione
La nuova attività introduce, per l’assoggettabilità ai controlli di prevenzione incendi, gli esercizi di vendita di artifici pirotecnici declassificati in “libera vendita” nelle condizioni di cui al punto stesso.

 

 

ATTIVITÀ (DPR 151/2011)

CATEGORIA

A

B

C

19

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze instabili che possono dar luogo da sole a reazioni pericolose in presenza o non di catalizzatori ivi compresi i perossidi organici

 

 

Tutti

Equiparzione con le attività di cui all’allegato ex DM 16/02/82

26

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze instabili che possono dar luogo da sole a reazioni pericolose in presenza o non di catalizzatori.

Principali differenze fra le attività di equiparazione
Nessuna sostanziale modifica tranne che la nuova attività contempla i perossidi organici.

 

 

ATTIVITÀ (DPR 151/2011)

CATEGORIA

A

B

C

20

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono nitrati di ammonio, di metalli alcalini e alcolino-terrosi, nitrato di piombo e perossidi inorganici

 

 

Tutti

Equiparzione con le attività di cui all’allegato ex DM 16/02/82

27

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono nitrati di ammonio, di metalli alcalini e alcalino-terrosi, nitrato di piombo e perossidi inorganici

Principali differenze fra le attività di equiparazione
Non vi è alcuna differenza fra le due attività.

Elaborato Certifico Srl - IT | Rev. 00 2018
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Fonti:

DM 15 maggio 1996

ID 7440 | | Visite: 5379 | Prevenzione Incendi

Certificato di operatore aereo antincendio (COAN)

ID 7432 | | Visite: 5183 | Prevenzione Incendi

Regolamento Certificato di operatore aereo antincendio  COAN

Certificato di operatore aereo antincendio (COAN)

Requisiti relativi alle operazioni aeree antincendio nonché ad aspetti relativi alle operazioni specializzate e non commerciali non compresi nel regolamento (UE) 965/2012

L'ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) nella riunione del consiglio di amministrazione del 17 novembre 2017, come reso noto in un comunicato dello stesso Ente, pubblicato sulla Gazzetta uciale del 20 gennaio 2018, n. 16.

Il nuovo regolamento appprovato da ENAC il 17 novembre 2017, si occupa in particolare di:

- operazioni di volo antincendio ed operazioni specializzate commerciali;
- limiti dei tempi di volo e di servizio e requisiti sui tempi di riposo;
- gestione della navigabilità continua e manutenzione degli aeromobili;
- requisiti di nazionalità ed economico-finanziari per lo svolgimento delle attività;
- certificato di operatore aereo antincendio (COAN), relative modifiche e mantenimento della validità;
- limiti dei tempi di volo e di servizio e requisiti sui tempi di riposo per i membri di equipaggi di condotta impiegati in operazioni specializzate commerciali e antincendio;
- disposizioni in materia di tempi di volo e di servizio per i membri di equipaggio di condotta impiegati in operazioni non commerciali con aeromobili complessi.

Vedi: Decreto del ministero dell'Interno 12 gennaio 2018 sulla riorganizzazione del servizio antincendio boschivo (AIB) del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Certificato di Operatore Aereo Antincendio - Proroga dei termini di applicazione 

ENAC, 30 agosto 2018

Si comunica che è stata approvata una seconda proroga di tre mesi dei termini relativamente all'applicazione del Certificato di Operatore aereo antincendio (COAN), come di seguito specificato.

Tale proroga è stata definita in seguito all'impossibilità di completare tutti i procedimenti di rilascio del suddetto Certificato entro i termini definiti nell'art. 20, comma 2, del Regolamento ENAC "Requisiti relativi alle operazioni aeree antincendio nonché ad aspetti delle operazioni specializzate e non commerciali non compresi nel regolamento (UE) 965/2012" ovverosia entro il 30 maggio 2018

Viene pertanto esteso a dodici mesi il termine attualmente riportato nel Regolamento sopra citato così da permettere agli operatori, attualmente in possesso dei certificati COLA in corso di validità, di continuare ad operare fino al 30 novembre 2018.

La proroga si applica a tutti gli operatori che hanno presentato entro il termine del 30 maggio u.s. la domanda di rilascio "COAN". 

Si conferma inoltre che la proroga dei termini di cui sopra non si applica all'articolo 6 "Limiti dei tempi di volo e di servizio e requisiti dei tempi di riposo" del citato Regolamento che pertanto è pienamente in vigore.


ENAC, 26 luglio 2018

comunica che la dilazione dei termini per l'ottenimento del COAN di cui all'art. 20 comma 2 del pertinente Regolamento ENAC, fino al termine massimo del 30 agosto 2018, per coloro che hanno già presentato domanda e sono titolari di un COLA valido per attività antincendio, non si applica all'articolo 6 "limiti dei tempi di volo e di servizio e requisiti dei tempi di riposo" che pertanto è pienamente in vigore. 


ENAC, 1° giugno 2018

Si comunica che è stata approvata la dilazione dei termini di applicazione del Certificato di Operatore aereo antincendio (COAN), come di seguito specificato, in seguito all'impossibilità di completare tutti i procedimenti di rilascio del suddetto Certificato entro i termini definiti nell'art. 20, comma 2, del pertinente Regolamento ENAC ovverosia entro il 30 maggio 2018.

Al fine di non penalizzare alcun operatore nazionale impegnato in attività o in gare antincendio regionali, e tenuto conto che la sicurezza del volo è comunque garantita dal possesso di un certificato COLA e dal rispetto dei relativi requisiti, si estende, ai sensi della PO GEN 02B, la dilazione dei termini di cui al citato art.20.2., per il periodo proposto che, in relazione all'approssimarsi dell'estate, si ritiene congruo nella misura di 3 mesi.

Viene pertanto esteso da sei a nove mesi il termine attualmente riportato così da permettere agli operatori di elicotteri, attualmente in possesso dei certificati COLA in corso di validità, di continuare ad operare in accordo al Regolamento "Certificato di Operatore di Lavoro Aereo" fino al 30 agosto 2018.

Condizione ulteriore per la validità della proroga è avere presentato la domanda di rilascio COAN entro la data del 30 maggio 2018.

Vedi comunicati ENAC

Collegati

Circolare Inail n. 52 del 21 dicembre 2018

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Circolare Inail n. 52 del 21 dicembre 2018

Articolo 1, comma 246, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, concernente benefici previdenziali per i lavoratori del settore della produzione di materiale rotabile ferroviario.

Nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2017, Supplemento ordinario n. 62, è stata pubblicata la legge 27 dicembre 2017, n. 205 “Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020” (legge di bilancio 2018). L’articolo 1, comma 246, della suddetta legge, ha modificato la disposizione di cui all’articolo 1, comma 277, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 tale per cui ai lavoratori del settore della produzione di materiale rotabile ferroviario che hanno prestato la loro attività nel sito produttivo, senza essere dotati degli equipaggiamenti di protezione adeguati all'esposizione alle polveri di amianto, durante le operazioni di bonifica dall'amianto poste in essere mediante sostituzione del tetto, sono riconosciuti i benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, per il periodo corrispondente alla medesima bonifica e per dieci anni successivi al termine dei lavori di bonifica, a condizione della continuità del rapporto di lavoro in essere al momento delle suddette operazioni di bonifica.

Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze 12 maggio 2016 erano state adottate le modalità di attuazione del comma 277 come originariamente disciplinato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 e con circolare Inps 6 aprile 2017, n. 68 era stato definito anche l’iter amministrativo per accedere al beneficio previdenziale di che trattasi. A seguito dell’intervento legislativo di cui alla legge di bilancio 2018, con circolare Inps 14 marzo 2018, n. 46 è stato specificato nuovamente l’iter amministrativo per il riconoscimento del beneficio in argomento e sono state ribadite le codifiche delle attività economiche per l’individuazione dei datori di lavoro operanti nel settore del materiale rotabile ferroviario specificandone gruppo, classe, categorie e sottocategorie. La suddetta circolare precisa altresì che l’Istituto previdenziale effettui un esame preliminare delle istanze e, a conclusione delle verifiche, trasmetta tempestivamente all’Inail la domanda di accesso al beneficio, al fine del rilascio della certificazione tecnica attestante la sussistenza dei requisiti di cui alle lettere a) e b) del paragrafo 3 della circolare medesima.

Con la presente circolare, acquisito il preventivo parere del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con nota del 17 dicembre 2018, prot. n. 10082, si forniscono in particolare le istruzioni applicative delle disposizioni in oggetto, per quanto attiene all’istruttoria e alla verifica per il rilascio della predetta certificazione tecnica da parte dell’Inail.

Soggetti aventi diritto

Il beneficio previdenziale spetta ai lavoratori del settore della produzione di materiale rotabile ferroviario che abbiano prestato la loro attività nel sito produttivo, senza essere dotati degli equipaggiamenti di protezione adeguati all'esposizione alle polveri di amianto, durante le operazioni di bonifica dall'amianto poste in essere mediante sostituzione del tetto. Con l’entrata in vigore della legge di bilancio 2018, ulteriore condizione per il riconoscimento del beneficio di cui all’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 è la continuità del rapporto di lavoro in essere al momento delle suddette operazioni di bonifica e per dieci anni successivi. È necessario, inoltre, che l’attività svolta dal lavoratore presso il sito produttivo sia assoggettata all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali gestite dall’Inail.

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Fonte: INAIL

Effettuato il primo rifornimento GNL ad una nave

ID 7561 | | Visite: 4948 | News Prevenzioni Incendi

Effettuato il primo rifornimento GNL ad una nave

Effettuato il primo rifornimento GNL ad una nave

Venezia, 15 Gennaio 2019

Nei giorni scorsi, é stato effettuato a Venezia il primo storico rifornimento di GNL (Gas Naturale Liquefatto) ad una nave ormeggiata alla Stazione marittima. Durante le operazioni i vigili del fuoco hanno garantito la sicurezza.

Si tratta di un traghetto a doppia alimentazione costruito nel cantiere rodigino di Porto Viro per una società spagnola, che prenderà servizio nel mediterraneo il prossimo mese di febbraio.

L’approvvigionamento è stato assicurato da autocisterne arrivate su gomma alla Stazione marittima del porto.

Le tre fasi di riempimento, durate tre giorni, hanno visto la presenza del personale dei Vigili del Fuoco con il nucleo NBCR (Nucleare Biologico Chimico Radiologico), che ha monitorato i vari stadi del rifornimento.

L’uso del gas naturale liquefatto, stoccato in due serbatoi della nave da 165 metri cubi ciascuno, ridurrà le emissioni di anidride carbonica e ossidi di azoto per oltre il 40%; allo stesso tempo saranno eliminate le emissioni nocive causate dall’utilizzo di combustibili con presenza di zolfo.

Per svolgere l’operazione è stato necessario avviare dei tavoli tecnici, che hanno visto la partecipazione dei Vigili del Fuoco, del terminal passeggeri, dell’Arpav, della Stazione Marittima, del servizio chimico del porto e della società di fornitura del GNL.

Durante le operazioni di travaso la sicurezza in mare è stata assicurata da una motovedetta della Guardia costiera che ha vigilato sul traffico acqueo. La sicurezza tecnica in banchina è stata assicurata dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

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Fonte: Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco

Circolare Inail n. 1 dell'11 gennaio 2019

ID 7539 | | Visite: 3479 | News Sicurezza

Circolare Inail n. 1 dell'11 gennaio 2019

Differimento dei termini per l’autoliquidazione 2019. Prime indicazioni.

La legge di bilancio 2019, tra le altre misure di interesse per l’Istituto, ha previsto le necessarie coperture finanziarie per consentire la revisione delle Tariffe dei premi Inail oggetto dell’applicazione della riduzione prevista dall’articolo 1, comma 128, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.

Nell’ambito delle predette coperture sono già in corso le procedure per l’adozione dei provvedimenti relativi alle gestioni Industria, Artigianato, Terziario, Altre Attività di cui al decreto ministeriale 12 dicembre 2000, ai premi speciali unitari per l’assicurazione degli artigiani e alle Tariffe del settore marittimo.

...segue in allegato

Fonti: INAIL

Collegati:

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 58366 | 28 Dicembre 2018

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Sentenze cassazione penale

Crollo di una parete instabile durante i lavori di ristrutturazione e rischio seppellimento

Responsabilità del coordinatore per la sicurezza.

Penale Sent. Sez. 4 Num. 58366 Anno 2018
Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: TORNESI DANIELA RITA
Data Udienza: 19/10/2018

Ritenuto in fatto 

1. La Corte d'Appello di Bologna, con sentenza del 17 novembre 2017, confermava la pronuncia con la quale il Tribunale di Rimini condannava B.F., previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti rispetto alle contestate aggravanti, alla pena di un mese di reclusione per il reato di cui all'art. 590, commi 2 e 3, cod. pen.
Il B.F. era altresì condannato al risarcimento sofferto dalla parte civile da liquidare nel giudizio civile, con il riconoscimento di una provvisionale di euro 1.500/oltre alla rifusione delle spese processuali.
1.1. Al predetto imputato, nella qualità di coordinatore per l'esecuzione dei lavori, era contestato di avere cagionato, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia nonché nella violazione di norme antinfortunistiche, lesioni personali della durata superiore ai quaranta giorni a O.T., il quale, lavorando nel cantiere edile per la ristrutturazione di civile abitazione sita in Rimini, dopo che era stata eseguita la demolizione dell'immobile con il mantenimento dei soli muri perimetrali per un'altezza di cm. 310, veniva investito da una parete in precaria condizione di stabilità, ribaltatasi improvvisamente, essendo stata costruita con mattoni inefficacemente legati fra loro da una malta composta di cemento e sabbia marina, sotto la quale erano stati eseguiti lavori di scavo per la realizzazione di travi rovesce e del basamento del nuovo edificio, e che era quasi completamente scollegata dalle altre pareti dell'edificio.
In particolare si addebitava al B.F. la violazione dell'art. 92, comma 1, del d.lgs. n. 81/2008 per non avere verificato l'applicazione, da parte dell'impresa Edil N. di M.N., delle previsioni contenute a pag. 37 del Piano di Sicurezza e Coordinamento relative alle misure preventive e protettive atte a scongiurare il rischio di seppellimento dei lavoratori, dovuto a crolli intempestivi e cioè che le precarie pareti perimetrali fossero puntellate e rafforzate adeguatamente.
In Rimini il 09 novembre 2010.
2. La vicenda processuale veniva così ricostruita dai giudici di merito. L'infortunio era avvenuto in un cantiere sito a Rimini, in via Modena 14, avente ad oggetto la ristrutturazione di un fabbricato, originariamente costituito da un piano terreno e da un primo piano coperto da un tetto, quest'ultimo già rimosso, al momento del sinistro, unitamente a parte dei muri perimetrali (in particolare quelli del primo piano). L'incidente era stato provocato da un crollo verso l'interno nella zona in cui si trovavano gli operai (tra cui l'O.T.) intenti, a fine giornata, a sistemare gli attrezzi della parte centrale della parete est del fabbricato.
I funzionari della locale AUSL avevano accertato che:
- la parte del muro crollata non era stata in precedenza né tutelata né ingabbiata con la necessaria puntellatura, e nel punto del crollo era stata praticata un'apertura di circa 2-2,5 metri per fare entrare un escavatorino, con conseguente necessario smontamento di parte dell'impalcatura esterna;
- tale impalcatura esterna rappresentava solamente una protezione verso l'esterno, mentre all'interno non vi era alcuna puntellatura;
- la costruzione era stata a suo tempo realizzata con malta cementizia mescolata con sabbia, e che pertanto risultava poco stabile.
Il muro era crollato a causa di un ribaltamento per un'improvvisa inclinazione verso l'interno della base su cui poggiava, dovuta alla pioggia, caduta copiosamente in quei giorni, ed alla scarsissima stabilità delle pareti, in quanto il muro risultava totalmente scollegato rispetto al resto dell'edificio, non potendosi considerare sufficiente a realizzare un vincolo statico l'unico collegamento rimasto in piedi, vale a dire la trave posta al di sopra dell'ingresso.
2.1. I giudici di merito accertavano la responsabilità del B.F., il quale era chiamato a rispondere del contenuto del P.S.C. (Piano di Sicurezza e Coordinamento) da lui redatto e sottoscritto e del P.O.S. (Piano Operativo di Sicurezza), il quale, seppure sottoscritto dal M.N., quale titolare della impresa costruttrice, era stato da lui avallato e fatto proprio, nella qualità di Coordinatore per la sicurezza sia nella fase progettuale che in quella esecutiva, con l'apposizione della firma "per presa visione". In particolare il predetto non aveva verificato la completa coerenza tra i due piani e non aveva provveduto ad adeguarli in relazione ai lavori da eseguire.
Veniva infatti accertato che mentre nel P.S.C. era stato espressamente previsto il rischio di "seppellimento" e di "sprofondamento" a seguito di slittamento, frana, crollo o cedimento nelle operazioni di scavo o di demolizione, nel P.O.S. tale rischio era previsto solo in relazione alle operazioni di scavo ed era mancante dell'indicazione delle misure di prevenzione da adottare per fronteggiare tale rischio.
Inoltre non aveva vigilato sulla corretta osservanza, da parte dell'Impresa esecutrice dei lavori, delle norme del P.S.C.
3. B.F., a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza elevando, quale unico motivo, il vizio di violazione di legge e il vizio motivazionale in relazione all'affermazione di responsabilità nella duplice veste di coordinatore per la sicurezza nella fase progettuale (CSP) e di coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva (CSE).
3.1. Il ricorrente sottolinea come, a norma degli arti. 91 e 92, d.lgs. n. 81/2008, non vi era alcun obbligo da parte suo di integrare il P.O.S. con il rischio specifico di seppellimento da demolizione, dato che lo stesso era previsto nel P.S.C., unitamente a tutte le misure idonee a scongiurarlo.
Sostiene inoltre che era stata l'impresa edile a porre in essere palesi violazioni del P.S.C. (ad esempio l'apertura di un varco nei muri perimetrali), determinando un'evoluzione del cantiere in senso difforme rispetto ad esso e al progetto strutturale creando, così, pericoli nuovi e non previsti senza che nulla venisse comunicato al B.F.. Altra violazione del P.S.C. posta in essere dall'impresa esecutrice riguardava il cronoprogramma allegato al piano medesimo. Sostiene dunque che l'instabilità del cantiere, la quale è stata la vera causa dell'infortunio, è stata il frutto di una attività dell'impresa esecutrice, la quale ha disatteso ogni prescrizione impartita dal CSE e dai progettisti, oltre che dai piani per la sicurezza.
Infine rappresenta che avrebbe potuto rendersi conto dell'evoluzione del cantiere solo con una presenza quotidiana sul luogo non prevista da alcuna disposizione di legge.
3.2. Con memoria depositata in data 10 ottobre 2018 il ricorrente articola motivi aggiunti evidenziando altri profili di manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui afferma che era compito del B.F. prevedere che, a fronte del ritrovamento di un elemento costruttivo sconosciuto e non previsto, la ditta esecutrice sarebbe stata costretta a modificare il progetto originale optando per quella precisa soluzione progettuale.
Osserva al riguardo che non era possibile richiedere al coordinatore per la sicurezza sia in fase progettuale che in fase esecutiva di prevedere, già al momento della redazione del piano di coordinamento della sicurezza e, poi, in sede esecutiva, una decisione della ditta esecutrice tesa a stravolgere il progetto predisposto ed approvato.

Considerato in diritto

1. Il ricorso non presenta profili di manifesta infondatezza ed impone, pertanto, di rilevare, agli effetti penali, l'intervenuto decorso del termine massimo di prescrizione del reato maturato in data 13 gennaio 2018 e, dunque, in data successiva alla pronuncia di appello. 
La delibazione dei motivi fa escludere l'emergere di un quadro dal quale possa trarsi ragionevole convincimento dell'evidente innocenza del B.F..
Sul punto, l'orientamento della Corte di Cassazione è univoco. In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art.129, comma 2, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosicché la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n.35490 del 28/05/2009, Rv. 24427501).
Nel caso di specie, restando al vaglio previsto dall'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., l'assenza di elementi univoci dai quali possa trarsi, senza necessità di approfondimento critico, il convincimento di innocenza dell'imputato impone l’applicazione della causa estintiva.
2. Si soggiunge che, nel giudizio di impugnazione, in presenza di una condanna al risarcimento dei danni o alle restituzioni pronunziata dal primo giudice o dal giudice di appello ed essendo ancora pendente l'azione civile, il giudice penale, secondo il disposto dell'art.578 cod. proc. pen., è tenuto, quando accerti l'estinzione del reato per prescrizione, ad esaminare il fondamento dell'azione civile. In questi casi la cognizione del giudice penale, sia pure ai soli effetti civili, rimane integra e il giudice dell'impugnazione deve verificare, senza alcun limite, l'esistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale al fine di confermare o meno il fondamento della condanna alle restituzioni ed al risarcimento pronunziata dal primo giudice o, come nel caso in esame, confermata dal giudice di appello.
2.1. Con riguardo, in particolare, all'impugnazione proposta anche in relazione alle statuizioni civili, secondo quanto già affermato da questa Sezione (Sez.4, n. 10802 del 21/01/2009, Rv.24397601), trova applicazione il principio cosiddetto di immanenza della costituzione di parte civile.
In ragione di tale principio, normativamente previsto dall'art.76, comma 2, cod. proc. pen., secondo il quale «la costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo», il giudice di legittimità è tenuto a verificare l'esistenza dei presupposti per l'affermazione della responsabilità penale ai soli fini della pronuncia sull'azione civile, allorché abbia rilevato una causa estintiva del reato. Tale principio comporta, infatti, che la parte civile, una volta costituita, debba ritenersi presente nel processo anche se non compaia, debba essere citata anche nei successivi gradi di giudizio anche se non impugnante e senza che sia necessario per ogni grado di giudizio un nuovo atto di costituzione.
2.2. Corollario di questo principio generale è che l'immanenza viene meno soltanto nel caso di revoca espressa e che i casi di revoca implicita - previsti dall'art.82, comma 2, cod. proc. pen., nel caso di mancata presentazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado o di promozione dell'azione davanti al giudice civile - non possono essere estesi al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate dalla norma indicata (Sez. 5, n.39471 del 04/06/2013, Rv. 25719901;Sez. 6, n.48397 del 11/12/2008, Rv. 24213201).
3. Ciò posto, si osserva che il ricorso va rigettato agli effetti civili.
4. Si premette, a tal proposito, che, secondo la giurisprudenza di legittimità, le posizioni di garanzia del coordinatore per la sicurezza nella fase progettuale e del coordinatore per la sicurezza nella fase esecutiva sono autonome rispetto a quelle del committente e del datore di lavoro, affiancandosi ad esse per realizzare, attraverso la valorizzazione di una figura unitaria con compiti di coordinamento e controllo, la massima garanzia dell'incolumità dei lavoratori (Sez. 4, n. 37738 del 28/05/2013, Rv. 256636; Sez. 4, n. 7443 del 17/01/2013, Rv. 255102).
Tanto premesso, la figura del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione (CSP), è prevista specificamente dall'art. 91, d.lgs. n. 81/2008, il quale gli attribuisce essenzialmente il compito di redigere il piano di sicurezza e coordinamento (PSC), che contiene l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi, e le conseguenti procedure, apprestamenti ed attrezzature per tutta la durata dei lavori (Sez. 4, n. 18472 del 04/03/2008, , Rv. 240393).
La posizione di garanzia del coordinatore per l'esecuzione dei lavori (CSE), è disciplinata dell'art. 92, d.lgs. n. 81/2008, con il compito di vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza e sulla scrupolosa applicazione delle procedure a garanzia dell'incolumità dei lavoratori nonché di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, con conseguente obbligo di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni (Sez. 4, n. 31296 del 18/04/2013, Rv. 256427; Sez. 4, n. 18651 del 20/03/2013, Rv. 255106).
La Suprema Corte ha affermato che egli svolge una funzione di c.d. "alta vigilanza", ossia una funzione di autonoma vigilanza che ha ad oggetto quegli eventi riconducibili alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione e non anche gli eventi contingenti, scaturiti estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori medesimi e, come tali, affidati al controllo del datore di lavoro e del suo preposto (Sez. 4, n. 46991 del 12/11/2015, Rv. 265661).
Tale funzione ha, dunque, ad oggetto esclusivamente il rischio c.d. generico, relativo alle fonti di pericolo riconducibili all'ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, alle procedure lavorative ed alla convergenza in esso di più imprese; ne consegue che il coordinatore non risponde degli eventi riconducibili al c.d. rischio specifico, proprio dell'attività dell'impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo (Sez. 4, n. 3288 del 27/09/2016, Rv. 269046).
In definitiva il coordinatore della sicurezza ricopre una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, spettandogli compiti di alta vigilanza, consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS (Sez. 4, n. 3288 del 27/09/2016, Rv. 269046; Sez. 4, n. 44977 del 12/06/2013, Rv. 257167).
4.1.Tutto ciò considerato, i giudici di merito hanno correttamente ricostruito la posizione di garanzia gravante sul B.F. cui è stata in particolare rimproverata la violazione degli specifici doveri imposti dall'art. 92, d.lgs. n. 81/2008 di alta vigilanza e di raccordo fra i piani per la sicurezza (P.S.C. e P.O.S.) che costituiscono l'essenza della posizione di garanzia del Coordinatore per la Sicurezza nella fase progettuale.
In particolare è stato accertato che mentre nel P.S.C. lo specifico rischio di seppellimento da demolizione era previsto ed adeguatamente fronteggiato, non altrettanto poteva dirsi con riferimento al P.O.S., nel quale l'indicazione di tale rischio mancava.
La Corte distrettuale ha correttamente rigettato la tesi difensiva secondo cui sarebbe stato sufficiente il rinvio contenuto nel P.O.S. al P.S.C., trattandosi di due documenti distinti, e rilevando, sul piano dell'esecuzione dei lavori, il primo di essi.
Ed ancora risultano congrue le argomentazioni dei giudici di secondo grado che sottolineano che la esecuzione delle opere di demolizione e di sbancamento era prevista nell'arco di poche settimane e, pertanto, doveva essere predisposto ab initio un adeguato puntellamento delle pareti anche verso l'interno del manufatto.
Tali considerazioni rivelano l'infondatezza delle censure articolate dal ricorrente in relazione alla circostanza dell'accelerazione dei lavori da parte della impresa edile, giustamente ritenuta dalla Corte distrettuale di per sè ininfluente ai fini della invocata esclusione di responsabilità del B.F..
5. Alla stregua delle sopraesposte considerazioni la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, agli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione.
Il ricorso va rigettato agli effetti civili.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, agli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione.
Rigetta il ricorso agli effetti civili.
Così deciso il 19 ottobre 2018

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La tubercolosi sul posto di lavoro: Rischi e prevenzione

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La tubercolosi sul posto di lavoro

La tubercolosi sul posto di lavoro: Rischi e prevenzione

La tubercolosi in tutto il mondo rappresenta una delle malattie infettive più frequenti e interessa milioni di persone. Fino a pochi decenni fa, dato che non esistevano trattamenti efficaci, essa era anche molto temuta nelle nazioni industrializzate occidentali e ciò ha lasciato tracce dietro di sé, come la tutt’ora valida legislazione per la lotta a questa malattia, i sanatori antitubercolari, oggi in parte utilizzati per altri scopi, e non da ultimo le tristi storie dei malati, in parte anche immortalate dalla letteratura.

A questi appartenevano in quantità non indifferente anche il personale infermieristico e i medici 1 che doverano curare i pazienti malati di tubercolosi. Con l’introduzione di migliori condizioni igieniche e di farmaci antitubercolari efficaci, la frequenza della malattia è sensibilmente diminuita. La tubercolosi, alle nostre latitudini, sembra essere stata più o meno sconfitta.

A livello mondiale il numero dei casi di tubercolosi rimane stabile, ma con grandi differenze regionali. Fatta eccezione per il mondo occidentale, la tubercolosi in molte nazioni continua ad essere frequente e l’aumento delle migrazioni ci porta nuovamente a contatto con questa malattia. Oltre a ciò molti malati di tubercolosi sfuggono a un trattamento adeguato a causa della scarsa organizzazione dei programmi di controllo.

Per questo motivo possono comparire micobatteri resistenti che pongono grossi problemi di contenimento. Sono a rischio anche i pazienti immunodepressi, prima di tutto i malati di infezione da HIV. Ciò ha fatto sì che un numero sempre maggiore di persone sia diventato suscettibile di contrarre l’infazione da tubercolosi. Tutto ciò ha contribuito a far aumentare l’incidenza della tubercolosi anche nelle nazioni occidentali.

La presente pubblicazione si rivolge al personale e ai responsabili delle istituzioni che hanno ripetuti contatti con i portatori di tubercolosi contagiosa come le strutture sanitarie e diverse istituzioni sociali. La pubblicazione, dal punto di vista degli organi di controllo per la prevenzione delle malattie professionali in Svizzera, ha lo scopo di contribuire a ridurre al minimo il rischio di infezione dei lavoratori nelle strutture sanitarie e anche nelle istituzioni al di fuori delle strutture sanitarie stesse.

SUVA 2015

DM 21 Novembre 2018

ID 7507 | | Visite: 2554 | Decreti Sicurezza lavoro

DM 21 novembre 2018

DM 21 Novembre 2018

Costituzione del Comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici i sensi dell'articolo 232 comma 1.
_______

Art. 1
1. Per quanto indicato in premessa è costituito, ai sensi dell'articolo 232 comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, il Comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici.
....

Art. 2
1. Il Comitato dura in carica 2 anni a decorrere dalla data del presente decreto.

Art. 3
1. Il supporto organizzativo e logistico è assicurato, ai sensi dell'articolo 232, comma 1, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 81/2008 dalla Direzione Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Segue in allegato
______

D.Lgs. 81/2008
...
Titolo IX SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I Protezione da agenti chimici
...
Art. 232. Adeguamenti normativi

1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici.

Il Comitato è composto da nove membri esperti nazionali di chiara fama in materia tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, su proposta dell'Istituto superiore di sanità, dell'ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Il Comitato si avvale del supporto organizzativo e logistico della Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

Agenti chimici: 4° Elenco

Direttiva (UE) 2017/164 (XIV Direttiva particolare)

Direttiva (UE) 2017/164 della Commissione del 31 gennaio 2017 che definisce un quarto elenco di valori indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e che modifica le direttive 91/322/CEE, 2000/39/CE e 2009/161/UE della Commissione (XIV Direttiva particolare).

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 57937 | 21 Dicembre 2018

ID 7495 | | Visite: 3066 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Grave infortunio in un reparto fonderia

Assoluzione dei consulenti esterni in materia di sicurezza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 57937 Anno 2018

Presidente: MENICHETTI CARLA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 09/10/2018

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 5.12.2017 la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Parma, ha condonato la pena inflitta in primo grado a F.F. e ha dichiarato M.S. responsabile, agli effetti civili, del reato a lui ascritto, condannandolo al risarcimento del danno in favore delle parti civili. Per il resto ha quindi confermato la declaratoria di penale responsabilità del F.F. in ordine ai reati colposi di omicidio in danno dei lavoratori F.C. e L.G. e di lesioni personali gravi in danno del lavoratore R.S..
1.1. I predetti lavoratori, tutti dipendenti della S.r.l. T. & C., il 3.11.2004 erano rimasti vittima di un incidente avvenuto all'interno del reparto fonderia della società T., che produce acciai speciali centrifugati.
Secondo quanto accertato in sede di merito, i tre lavoratori si trovavano in prossimità alla conchiglia rotante di una delle macchine centrifughe elettricamente alimentate: erano impegnati nella fase di solidificazione del processo tecnologico di colata centrifuga verticale, attraverso cui dovevano realizzare un getto di leghe d'acciaio inossidabile. In quella fase il contenitore- conchiglia, al cui interno erano stati appena colati 361 Kg di metallo fuso alla temperatura di circa 1.600 gradi, compiva circa 480 giri al minuto, sviluppando internamente una pressione di circa 20 tonnellate e generando una notevolissima spinta dell'acciaio fuso verso l'alto, tendente a sollevare il coperchio - detto "flangia" - rispetto alla sua sede. Purtroppo, a causa della deformazione e del cedimento di due dei tre dispositivi meccanici di trattenuta della flangia (costituiti da spine coniche d'acciaio), quest'ultima si sollevava creando un meato attraverso il quale in pochi istanti fuoriusciva d'improvviso e con violenza una massa di circa 270 Kg di acciaio allo stato liquido, sotto forma di pioggia incandescente; ciò generava un'onda d'urto che sbalzava via le protezioni balistiche di lamiera poste sulla conchiglia, mentre i tre operatori prossimi alla macchina rotante venivano colpiti in varie parti del corpo dal fluido schizzato fuori dalla medesima.
1.2. Rispetto al suddetto evento, si contestano al F.F. e allo M.S. , in cooperazione colposa con G.T. (giudicato separatamente quale datore di lavoro e responsabile del servizio di prevenzione e protezione), i seguenti profili di colpa.
Al F.F., quale libero professionista esterno all'azienda (perito industriale specialista in prevenzione antinfortunistica), legato al T. da un contratto d'opera intellettuale, si addebita di non aver adeguatamente coadiuvato il datore di lavoro nella valutazione globale di tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori presenti nell'ambito del luogo di lavoro, e nella successiva elaborazione del relativo documento. In particolare, gli si rimprovera di non aver valutato i rischi derivanti dalla messa in servizio e dalle modalità di impiego dell'attrezzatura in questione, malgrado fosse stata autoprodotta e messa in servizio già da alcuni anni, senza un documento progettuale e senza la previa attestazione da parte del costruttore (T.) della sua conformità ai requisiti essenziali di sicurezza e di salute, con dichiarazione CE ed apposizione di marcatura di conformità CE, come imposto dal regolamento "macchine". Ciò nonostante si trattasse di attrezzatura estremamente pericolosa, generante il gravissimo rischio meccanico di proiezione a distanza di metallo fuso, causato da un'errata concezione del sistema di bloccaggio della flangia, per essere le spine coniche sottodimensionate rispetto alla importante pressione della massa di metallo sulla copertura. Inoltre il macchinario era dotato di protezioni balistiche laterali mobili, anziché fisse, inadeguate allo scopo. Allo stesso modo, i lavoratori solevano indossare dispositivi di protezione individuale assolutamente inadatti rispetto al rischio causato da temperature estreme.
Allo M.S. , quale consulente esterno all'azienda, legato al T. da un contratto d'opera intellettuale, si addebita di non aver adeguatamente coadiuvato il datore di lavoro nella elaborazione dell'attestazione della conformità CE del macchinario in questione ai requisiti essenziali di sicurezza e salute e nella elaborazione del manuale d'uso e manutenzione del medesimo. In particolare, gli si rimprovera che entrambi i predetti documenti risultavano vuoti di contenuto ed avevano un significato solo autoreferenziale.
Sulla scorta di quanto sopra, ad entrambi i professionisti si contesta, essenzialmente, di non aver segnalato le predette situazioni di rischio al datore di lavoro - il quale nel caso specifico, pur essendo anche r.s.p.p., mancava di cognizioni nella materia della prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori -, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione datoriale delle debite misure prevenzionali.
2. La Corte di appello, conformemente a quanto statuito dal primo giudice, ha ritenuto - in estrema sintesi - la responsabilità del F.F. quale soggetto inserito ex contractu nella valutazione dei rischi del ciclo industriale dell'azienda, riconducendo al medesimo l'inadeguato documento di valutazione dei rischi (d.v.r.) redatto ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. n. 626/1994.
Quanto alla posizione dello M.S. - che era stato assolto dal Tribunale in quanto era stato ritenuto che l'attività del medesimo si fosse esaurita in una attività di certificazione del macchinario e di formazione del personale, estranea alla materia della sicurezza -, la Corte territoriale, in accoglimento dell'appello proposto dalle sole parti civili, ha ritenuto che invece anch'egli fosse stato investito contrattualmente di adempimenti connessi con la sicurezza del macchinario e con la relativa materia prevenzionistica a tutela dei lavoratori.
3. Avverso tale sentenza propongono distinti ricorsi per cassazione, a mezzo dei difensori, gli imputati F.F. e M.S. .
4. Il F.F. lamenta quanto segue.
I) Inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 589, comma 3, cod. pen. e conseguente erronea applicazione della disciplina in tema di prescrizione del reato e di successione delle leggi penali nel tempo.
Denuncia che erroneamente i giudici di merito hanno ritenuto l'unicità del reato ascritto al F.F., mentre è pacifico che si tratta di tre distinti reati (due omicidi ed una lesione personale colposi), unificati solo quoad poenam, trattandosi di un'ipotesi speciale di concorso formale di reati. Ne deriva che le cause estintive trovano applicazione in rapporto ai singoli episodi criminosi, che mantengono la loro autonomia. Osserva pertanto che i reati sono ormai estinti per prescrizione, trovando nel caso applicazione la disciplina più favorevole costituita dalla c.d. legge ex-Cirielli (n. 251/2005), nella formulazione vigente sino al momento dell'entrata in vigore del raddoppio dei termini di prescrizione per il reato di cui all'art. 589, comma 2, cod. pen., in forza del d.l. n. 92/2008, conv. in legge n. 125/2008.
II) Inosservanza dell'art. 468, comma 1, cod. proc. pen. con riferimento all'esame di testi e consulenti indicati nella lista del pubblico ministero, depositata oltre il termine perentorio di sette giorni antecedenti la data fissata per il dibattimento.
Lamenta il tardivo deposito della lista testi della parte pubblica, avvenuto il 3.3.2011, rispetto alla prima udienza dibattimentale fissata dinanzi al Tribunale per il giorno 9.2.2011, e l'erroneità della motivazione con la quale la Corte territoriale ha respinto tale eccezione proposta in sede di gravame, basata sull'argomento che l'ormai avvenuta assunzione dei testi nel contraddittorio delle parti non rende inutilizzabili le relative deposizioni. Di contro, osserva che il termine di cui al primo comma dell'art. 468 cod. proc. pen. è stabilito a pena di inammissibilità, come tale deducibile in ogni stato e grado del processo e non suscettibile di sanatoria, neanche mediante acquiescenza tacita o mancata opposizione della controparte. Né nel caso risulta che il PM sia stato rimesso in termini o che il giudice abbia ammesso tale prova testimoniale quale "prova contraria" o d'ufficio ex art. 507 cod. proc. pen. 
Ili) Vizio di motivazione ed erronea applicazione degli artt. 1, comma 4-ter, e 4, commi 1 e 2, d.lgs. n. 626/1994, anche in rapporto all'art. 40, comma 2, cod. pen., in relazione all'asserita assunzione, da parte del F.F., dell'obbligo di valutare il rischio concretatosi negli eventi per i quali è processo.
Rileva come le affermazioni di penale responsabilità formulate, nei confronti del ricorrente, da entrambi i giudici di merito trovano fondamento nel preteso riconoscimento, in capo a costui, dell'obbligo di valutare il rischio che si sarebbe poi concretato nell'evento lesivo e in quelli mortali oggetto del processo. Tuttavia, l'individuazione di una simile posizione di garanzia finisce per scontrarsi con i criteri di allocazione della responsabilità penale derivanti dalla normativa antinfortunistica richiamata; in ogni caso, essa non trova alcun riscontro capace di condurre o ritenere provata una simile circostanza "al di là di ogni ragionevole dubbio".
Al riguardo deduce che le disposizioni (all'epoca vigenti) del d.lgs. n. 626/1994 stabiliscono che le attività di valutazione dei rischi per la sicurezza dei lavoratori sono poste a carico del datore di lavoro e non sono da lui delegabili. Nel caso di specie il datore di lavoro era il T., che era anche il responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
Quanto alla tesi per la quale il F.F. avrebbe assunto un qualche obbligo in relazione alla valutazione dei rischi presenti nell'azienda del T., il ricorrente sostiene che ciò non trova alcun reale riscontro con riferimento al caso concreto: in primo luogo perché ciò non risulta da alcuna espressa pattuizione fra le parti circa i compiti affidati al F.F.. Sebbene la Corte territoriale affermi che il F.F. avesse compiti di generale consulenza proprio per la messa in sicurezza delle macchine, atteso che il T. era persona del tutto inesperta in materia prevenzionistica, una simile lettura si edifica su un compendio probatorio solamente parziale e del tutto insufficiente, in quanto asseverata esclusivamente dalle dichiarazioni rese in dibattimento dal T., soggetto originariamente coimputato del F.F., come tali necessitanti di riscontro esterno, nel caso insussistente.
Quanto al d.v.r. che sarebbe stato redatto dal F.F., il ricorrente evidenzia che la natura di tale documento è assolutamente controversa; che, inoltre, la possibilità di ascrivere tale documento al F.F., nel senso di ritenere costui autore di un vero e proprio d.v.r. incompleto e pertanto censurabile, è conclusione in definitiva apodittica. Trattasi, invero, di una mera check-list, utile e funzionale a svolgere l'attività di valutazione dei rischi sulla cui base redigere, poi, il vero e proprio d.v.r., secondo quanto dichiarato dai consulenti della difesa, sulle cui deposizioni la Corte di appello non ha fornito alcuna motivazione. Le stesse dichiarazioni del funzionario dell'ASL B., che aveva affermato il carattere generico di tale documento, supportava la conclusione che esso fosse una mera check-list, antecedente e funzionale all'elaborazione di un vero e proprio d.v.r. Quanto poi alla individuazione dell'autore di tale documento, mai sottoscritto dal F.F., osserva che la stessa dicitura iniziale contenuta nello stesso individua il F.F. quale mero consulente con il quale sarebbero stati adottati "I criteri di analisi della valutazione dei rischi", con compiti quindi di assistenza nella individuazione dei criteri su cui la valutazione dei rischi vera e propria si sarebbe dovuta fondare, ad ulteriore conferma che si tratta di linee guida e non del documento effettivo.
Deduce che un soggetto estraneo all'organizzazione aziendale a cui sia affidata una generica consulenza non possa essere chiamato a condividere la generale responsabilità del datore di lavoro. Nessun dato contrattuale depone nel senso che al F.F. fosse stato affidato l'ambito della messa in sicurezza delle macchine che consentono di colare il metallo fuso, con compiti specifici di redazione di un adeguato d.v.r. Né risulta una delega espressa in tal senso. Inoltre, la valutazione dei rischi specifici della macchina centrifuga risulta svolta da soggetti diversi dal F.F.. Di qui l'apoditticità dell'inferenza dei giudici bolognesi, secondo cui il T., avvalendosi di consulenti esterni (tra cui il F.F.), avrebbe demandato agli stessi un obbligo permanente di adottare misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
IV) Erronea applicazione dell'art. 41 cod. pen., con riguardo all'interruzione del nesso causale tra la condotta del F.F. e gli eventi contestati. Inosservanza delle norme in tema di responsabilità colposa ex art. 43 cod. pen.
Deduce che il prevenuto ha fornito al T. delle linee guida in relazione agli approfondimenti ed agli accertamenti da svolgere ai fini della valutazione e della redazione del documento ex art. 4 d.lgs. n. 626/1994, adempiendo in modo puntuale all'attività di consulenza richiestagli. Il mancato o insufficiente svolgimento delle verifiche assume valenza di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento.
Rileva che anche partendo dal diverso presupposto che il F.F. abbia fornito al T. un vero d.v.r., tuttavia inadeguato rispetto alle attività svolte nell'azienda, il nesso di causalità risulterebbe comunque interrotto. Infatti, atteso che il preteso d.v.r. sarebbe relativo alla valutazione dei rischi in generale presenti nell'azienda e non di quelli concernenti la specifica macchina centrifuga, rileva come il sinistro verificatosi si connoti per la propria abnormità rispetto all'attività che sarebbe stata richiesta al F.F., attenendo alla progettazione e realizzazione della macchina. 
Deduce, inoltre, che il F.F. non verserebbe comunque in colpa rispetto al sinistro, avuto riguardo al fatto che altri avevano progettato e costruito il macchinario e altri avevano proceduto alla specifica attività di verifica dei rischi ad esso riconducibili. Né è emersa alcuna evidenza che il F.F. fosse stato portato a conoscenza di eventuali problemi di tenuta delle spine coniche.
V) Travisamento della prova in ordine alla natura del documento erroneamente inteso come d.v.r. ex art. 4 d.lgs. n. 626/1994, alla sua riconducibilità come tale al F.F., al coinvolgimento del medesimo nella valutazione dei rischi della macchina centrifuga da cui è scaturito il sinistro.
Deduce che i giudici abbiano pretermesso ogni considerazione di elementi probatori emersi .in ordine al fondamentale aspetto della natura da riconoscere al c.d. documento di valutazione dei rischi, con particolare riguardo a quanto riferito dai consulenti della difesa FA. e BA., che ne hanno escluso tale natura, e rispetto ai quali la Corte territoriale nulla ha osservato.
Sulla riconducibilità di tale documento al F.F., deduce che esso non risulta sottoscritto dal medesimo e costui viene indicato solo come consulente interpellato per la individuazione dei criteri sulla cui base sarebbe poi stata effettuata la verifica dei rischi.
Neanche risulta agli atti che il F.F. sia stato incaricato di regolarizzare la macchina centrifuga per la sicurezza, visto che l'analisi dei rischi del macchinario risulta effettuato e sottoscritto da soggetti diversi dal F.F. (T. e A.).
VI) Vizio di motivazione con riferimento alla valutazione del grado di colpa ascrivibile al F.F. e del conseguente quantum di pena inflitta al medesimo.
Deduce che l'affermazione contenuta in sentenza secondo cui sarebbe marcato il grado di colpa del F.F. in quanto il T. era persona del tutto inesperta in materia di prevenzione, è destituita di fondamento, trattandosi di soggetto che ricopriva il ruolo di r.s.p.p., per cui è richiesta la frequenza di apposito corso di formazione. Talché, un simile dato finisce per inficiare la valutazione espressa dalla Corte di appello in ordine al disvalore che connoterebbe la condotta del F.F., con le connesse conseguenze in punto di valutazione circa la congruità del trattamento sanzionatorio.
5. Lo M.S. lamenta quanto segue.
I) Erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 28 e 31, comma 3, d.lgs. n. 81/2008 e in relazione al d.P.R. 495/1996 (ndr. d.P.R. 459/1996), c.d. "Regolamento macchine".
Lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto, erroneamente, l'obbligo di sicurezza del datore di lavoro del tutto sovrapponibile a quello del progettista e costruttore di macchine. Le critiche mosse al T., infatti, al di là del suo ruolo datoriale, attengono al suo ruolo di progettista e costruttore della macchina centrifuga coinvolta nell'incidente. Il regolamento macchine prescrive che il fabbricante deve effettuare un'analisi dei rischi concernenti la sua macchina, e deve progettarla e costruirla tenendo presente l'analisi. Ne discende come non sia possibile ritenere che la legge abbia duplicato la posizione di garanzia, tipica del costruttore-progettista, verso altri soggetti, sulla generica base della qualifica di consulente esterno per la sicurezza. La valutazione dei rischi di cui all'art. 28 cit. deve ricercare tutti i rischi, ma sicuramente non quelli dei quali non sia possibile "apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza".
L'erronea applicazione della legge penale discende, pertanto, dall'avere sovrapposto le competenze, in termini di analisi dei rischi, del progettista a quelle del r.s.p.p., che può limitarsi a prendere atto soltanto dei rischi di una macchina immediatamente percepibili, mentre nel caso il T. non si era reso conto della inadeguatezza delle "spine coniche di fissaggio" da lui stesso costruite.
Lo M.S. , nella sua qualità di consulente esterno della sicurezza, non aveva alcun obbligo di verificare l'idoneità delle "spine coniche di fissaggio" e, tanto meno, di accorgersi della loro inidoneità "a occhio", di rivisitare la macchina in tutti i suoi aspetti, se non mediante un esplicito incarico in tal senso da parte del T..
Rileva che è privo di riscontro il convincimento della Corte territoriale che la deformazione delle spine coniche durante l'uso fosse la conseguenza della loro inadeguatezza sotto il profilo del calibro. Non risulta inoltre provato che T. si fosse rivolto ai consulenti esterni perché si era reso conto della inidoneità delle spine coniche di fissaggio, né che tale problematica sia stata comunicata agli stessi.
A proposito della marcatura CE e della redazione del manuale d'uso della macchina, il ricorrente osserva che si tratta di adempimenti che non avrebbero consentito di prendere atto del difetto delle spine coniche di fissaggio e comunque non connessi con la sicurezza della centrifuga in termini progettuali.
II) Vizio di motivazione in relazione alle contestazioni formulate nei confronti di M.S. di avere coadiuvato il datore di lavoro nella elaborazione dell'attestazione di conformità CE del macchinario ai requisiti essenziali di sicurezza (RES), di avere elaborato il manuale d'uso e manutenzione della macchina e il documento relativo alle soluzioni adottare per il rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza e salute.
Deduce che il giudice di primo grado, sulla base della documentazione e delle testimonianze acquisite, aveva attribuito al ricorrente una mera attività di consulenza per l'ottenimento del certificato di qualità EN ISO. La Corte di appello invece, senza confutare le argomentazioni del primo giudice, rileva che la paternità di M.S. del documento RES derivi dal documento datato 2.8.2002, nel quale si fa riferimento alla analisi dei rischi e risposta ai requisiti essenziali di sicurezza per la macchina centrifuga. Ma al documento in questione non hanno fatto seguito prove sulla effettiva attuazione del programma contenuto in quel documento. In conclusione, M.S. , non essendo il progettista della macchina non avrebbe potuto entrare nel merito della corretta progettazione delle spine coniche di fissaggio.
Con riferimento alla elaborazione dell'attestazione di conformità CE del macchinario, il giudice di primo grado aveva escluso la sua riferibilità allo M.S. in quanto il consulente tecnico del PM rilevava come in concreto la macchina centrifuga ne fosse priva. La Corte di appello, lungi dal confutare tale argomentazione, sostiene addirittura che la riconducibilità del documento allo M.S. derivi dalle dichiarazioni rese in dibattimento dal consulente della difesa arch. Carretta.
Con riferimento al manuale d'uso e manutenzione della macchina, il giudice di primo grado aveva escluso la sua riferibilità a M.S. , avendo lo stesso T. affermato che la provenienza del documento era interna all'azienda. La Corte di appello, di contro, richiama la testimonianza di Carretta e le dichiarazioni del T., non sicure sul punto. Peraltro il manuale, in quanto documento differente dalla progettazione di un macchinario, non entra sicuramente nel merito delle scelte progettuali, e quindi di dimensionamento dei componenti della macchina come le spine coniche di fissaggio. M.S. è stato l'autore del solo fascicolo tecnico, da intendersi come mero contenitore di tutti gli altri documenti in precedenza redatti da altri soggetti. Né risulta dimostrato il nesso di causalità tra le condotte omissive di cui si discute e l'evento.
VI) Denuncia la violazione dei principi in tema di motivazione rafforzata e del canone di giudizio "al di là di ogni ragionevole dubbio".
Deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata, che insinua il sospetto del mancato superamento del confine del "ragionevole dubbio", in quanto non appare delineata con la dovuta certezza la riferibilità a M.S. della redazione dei documenti contestati, attribuendogli una sorta di responsabilità oggettiva ed un'assertiva sussistenza del nesso causale tra la condotta contestata e l'evento.
Osserva che non si può imputare allo M.S. una posizione di garanzia, rectius un dovere di gestione di questo specifico rischio derivante dal sottodimensionamento delle spine coniche di fissaggio della centrifuga, in quanto non rientrante nella sfera del rischio che questi era stato chiamato a governare. Non era suo compito individuare la presenza di vizi occulti di progettazione.

Considerato in diritto

Sul ricorso di F.F.
1. Il primo motivo, con il quale si deduce l'inosservanza e l'erronea applicazione dell'art. 589, comma 3, cod. pen. e la conseguente erronea applicazione della disciplina in tema di prescrizione del reato e di successione delle leggi penali nel tempo, è infondato.
Esso si fonda sull'erroneo presupposto che la disciplina più favorevole, costituita dalla legge n. 251/2005 (c.d. ex-Cirielli), nella formulazione vigente sino al momento dell'entrata in vigore del d.l. n. 92/2008 (conv. nella legge n. 125/2008), non prevedesse il raddoppio dei termini di prescrizione per il reato di cui all'art. 589, comma 2, cod. pen.
Non è così.
La citata modifica del 2008 ha solo aumentato la pena edittale del reato di omicidio colposo e aggiunto, all'art. 157 cod. pen., l'ipotesi del quarto comma dell'art. 589 cod. pen., ai fini del raddoppio dei termini di prescrizione. Di contro, per la fattispecie di cui al secondo comma dell'art. 589 cod. pen. (omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica) ha sempre operato il raddoppio dei termini di prescrizione, sin dalla originaria emissione della legge ex-Cirielli. Ne discende che per tale ipotesi di reato il termine massimo di prescrizione è sempre stato di 15 anni.
E' poi vero che al F.F. risultano contestati tre distinti reati costituiti da due episodi di omicidio colposo (in danno dei lavoratori F.C. e L.G.) e da un episodio di lesioni personali colpose gravi nei confronti del R.S., unificati in concorso formale ai sensi del terzo comma (oggi quarto comma) dell'art. 589 cod. pen.; sicché, quantomeno per il delitto di lesioni colpose di cui all'art. 590 cod. pen., sarebbe ormai intervenuta la prescrizione, stante il termine massimo pari a sette anni e mezzo previsto per tale ipotesi di reato. Tuttavia, non si ritiene in questa sede di dover pronunciare declaratoria di estinzione del predetto reato, in ragione di quanto si dirà nel prosieguo della trattazione in merito alla posizione di responsabilità del F.F..
2. E' parimenti infondato il secondo motivo, con il quale si deduce l'inosservanza dell'art. 468, comma 1, cod. proc. pen. con riferimento all'esame di testi e consulenti indicati nella lista tardivamente depositata dal pubblico ministero.
Sulla questione, la prevalente giurisprudenza della Corte di cassazione ritiene comunque utilizzabile la prova, tenuto conto dei poteri attribuibili al giudice di ammissione ex officio delle prove ritenute rilevanti ai fini della decisione. Nel caso di specie, è pacifico che le prove orali di cui si tratta sono state ammesse ed acquisite dal giudice in dibattimento. Solo in sede di appello ne è stata eccepita la inammissibilità. Ma una volta assunte, tali prove non possono essere considerate inutilizzabili, posto che l'art. 507 cod. proc. pen. consente al giudice di assumere d'ufficio anche prove irregolarmente indicate dalle parti, ed in ogni caso non sussiste un divieto di assunzione che possa attivare la sanzione di inutilizzabilità prevista dall'art. 191 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 2, n. 31882 del 30/06/2016, Cicconetti, Rv. 26750501; Sez. 5, n. 8394 del 02/10/2013 - dep. 2014, Tardiota, Rv. 25904901; Sez. 5, n. 15325 del 10/02/2010, Cascio, Rv. 24687301).
3. Il terzo motivo, piuttosto articolato, con il quale si deduce il vizio di motivazione e l'erronea applicazione degli artt. 1, comma 4-ter, e 4, commi 1 e 2, d.lgs. n. 626/1994, anche in rapporto all'art. 40, comma 2, cod. pen., in relazione all'asserita assunzione, da parte del F.F., dell'obbligo di valutare il rischio concretatosi negli eventi per i quali è processo, è fondato.
Al riguardo, si osserva, in sintesi, che dalla lettura della sentenza impugnata si ricava che la posizione del F.F. è stata sostanzialmente equiparata a quella del datore di lavoro, attribuendo al prevenuto la peculiare posizione di un vero e proprio "garante di fatto" a tutela dei lavoratori, senza però che la Corte territoriale abbia fornito in motivazione un ragionamento probatorio adeguato ed idoneo a specificare le esatte mansioni attribuite al F.F. e le modalità di effettivo inserimento del medesimo nella struttura aziendale, né tantomeno la sicura incidenza della sua asserita condotta omissiva nella verificazione dell'evento.
La sentenza impugnata muove da apodittiche affermazioni in ordine alla posizione di garanzia del F.F. - che in verità risulta pacificamente un consulente esterno all'azienda - e non offre, nel suo percorso argomentativo, adeguati elementi di riscontro che consentano di avere contezza della effettiva estensione oggettiva dell'incarico affidato al medesimo da parte del datore di lavoro, in maniera tale da poterlo considerare, in luogo di un semplice consulente esterno, un vero e proprio titolare, di fatto, di una specifica posizione di garanzia, come sembra evincersi dall'argomentare della Corte di appello. In effetti, la sentenza impugnata delinea la posizione del F.F. in termini di longa manus del datore di lavoro, con particolare riguardo a quanto a lui addebitato in ordine alla inadeguata valutazione dei rischi da cui sono derivati gli eventi letali per cui è processo, ma lo fa con argomentazioni apodittiche e contraddittorie. 
4. In termini generali, sarà utile ricordare che, sulla base della normativa di settore e per giurisprudenza costante, è il datore di lavoro ad essere il primo destinatario del generale obbligo di sicurezza di cui all'art. 2087 cod. civ., in quanto garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro (Sez. 4, n. 4361 del 21 ottobre 2014, Ottino, Rv. 26320001); è sempre il datore di lavoro che è tenuto, a norma degli arti. 3 e 4 del d.lgs. 626/1994 (oggi meglio delineati dagli artt. 17 e 18 del d.lgs n. 81/2008), alla redazione del documento di valutazione dei rischi (Sez. 4, n. 45808 del 27 giugno 2017, Catrambone ed altro, Rv. 27107901), del piano operativo di sicurezza (Sez. 4, n. 31304 del 19 aprile 2013, Giorgi, Rv. 25595301), nonché alla nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP). Si tratta di obblighi non delegabili, tranne che in presenza di rischi particolarmente complessi e specifici che richiedano la presenza di un soggetto altamente specializzato. Ad ogni modo, il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione dei suddetti documenti non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia (Sez. 4, n. 27295 del 2 dicembre 2016, Furlan, Rv. 27035501; Sez. 4, n. 22147 del 11 febbraio 2016, Morini, Rv. 26685901). È inoltre sempre sul datore di lavoro che grava il fondamentale obbligo di formazione ed informazione dei lavoratori (Sez. 4, n. 39765 del 19 maggio 2015, Vallani, Rv. 26517801; Sez. 4, n. 21242 del 12 febbraio 2014, Nogherot, Rv. 25921901).
In ambito aziendale sono poi individuabili altre figure destinatarie della normativa prevenzionistica, e come tali titolari di distinte posizioni di garanzia in quanto incarnano distinte funzioni e diversi livelli di responsabilità organizzativa e gestionale.
Abbiamo così il dirigente, che costituisce il livello di responsabilità intermedio e che è tenuto a cooperare con il datore di lavoro nell'assicurare l'osservanza della disciplina legale nel suo complesso; trattasi di ruolo conformato ai poteri gestionali di cui dispone concretamente, in quanto ciò che rileva non è solo e non tanto la qualifica astratta, ma anche e soprattutto la funzione assegnata e svolta.
Il preposto, infine, è colui che sovraintende alle attività, attua le direttive ricevute controllandone l'esecuzione, sulla base e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico.
Si tratta di definizioni di carattere generale che subiscono specificazioni in relazione a diversi FA., quali il settore di attività, la conformazione giuridica dell'azienda, la sua concreta organizzazione, le sue dimensioni.
E' evidente che in un'organizzazione di qualche complessità vi siano diverse persone, con diverse competenze, chiamate a ricoprire i ruoli in questione. Queste considerazioni di principio evidenziano che nell'ambito dello stesso organismo può riscontrarsi la presenza di molteplici figure di garanti. Ciò suggerisce che l'individuazione della responsabilità penale passa attraverso una accurata analisi delle diverse sfere di competenza gestionale ed organizzativa all'interno di ciascuna istituzione. Dunque, rilevano da un lato le categorie giuridiche, i modelli di agente, dall'altro i concreti ruoli esercitati da ciascuno. Si tratta, in breve, di una ricognizione essenziale per un'imputazione che voglia essere personalizzata, in conformità ai sommi principi che governano l'ordinamento penale; ciò al fine di evitare l'indiscriminata, quasi automatica attribuzione dell'illecito a diversi soggetti (si tratta di considerazioni contenute nella motivazione della fondamentale sentenza delle Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri).
5. La sentenza impugnata non si è attenuta a tali fondamentali principi di imputazione oggettiva del reato omissivo improprio derivante da colpa, che richiede una accurata e specifica individuazione delle concrete mansioni e competenze attribuite al soggetto individuato come garante, in maniera tale da poterne affermare la responsabilità penale per non aver impedito l'evento.
5.1. Il ragionamento della Corte territoriale parte dal presupposto che l'evento letale sia stato principalmente causato dal sottodimensionamento delle tre spine coniche destinate alla tenuta della copertura della macchina centrifuga realizzata dal T. (datore di lavoro). Tali spine, durante le lavorazioni, si piegavano saltuariamente con l'andare del tempo, per cui venivano di tanto in tanto sostituite. Il T. era ben consapevole di tale problema, visto che anche lui era solito lavorare presso le macchine. Ne desume la Corte, del tutto congetturalmente, che tale problematica sia stata comunicata ai consulenti. E' comunque pacifico che la macchina venne progettata e messa in opera dallo stesso T., privo di titoli di studio comprovanti conoscenze tecniche professionali relative alla fonderia in generale o alla colata centrifuga verticale in particolare, sicché la Corte ribadisce che le gravi anomalie e carenze strutturali della macchina e del suo sistema di bloccaggio siano da ascrivere principalmente al T. stesso, che la ideò, progettò e realizzò in maniera del tutto empirica.
5.2. Da tali presupposti, del tutto condivisibili, la sentenza impugnata, passando a valutare la posizione del F.F., in maniera del tutto apodittica e contraddittoria afferma perentoriamente che costui, pur essendo pacificamente un consulente esterno incaricato di collaborare alla valutazione dei rischi ai sensi dell'art. 4 d.lgs. 626/1994, avrebbe potuto e dovuto «entrare nel merito delle scelte progettuali di una macchina utensile» e avrebbe avuto «l'obbligo giuridico di rivedere un progetto realizzato da altri, e valutare se esso progetto risulti adeguato in termini di sicurezza». Tutto ciò in funzione del fatto che il F.F. «fosse in collaborazione con il T. da molti anni (più di dieci) e quindi in un'azienda - tra l'altro non particolarmente grande - ed ha certamente avuto modo di visionare tutta la strumentazione ed i macchinari della produzione». Ne deduce che se un soggetto, come il F.F., «si inserisce ex lege o ex contractu nella valutazione dei rischi del ciclo industriale e questo è comunque avviato ed in atto (...) non è esente da (co)responsabilità».
Si tratta di passaggi argomentativi che si rivelano assolutamente apodittici e congetturali, poiché non spiegano, in concreto, sulla base di quali elementi specifici si debba ritenere che la posizione di consulente esterno del F.F., ai fini della valutazione dei rischi aziendali, imponesse al medesimo non soltanto di coadiuvare il datore di lavoro in tale attività finalizzata alla redazione del documento di valutazione dei rischi - il cui obbligo, va qui ribadito, ricade interamente sul datore di lavoro -, ma anche di entrare nel dettaglio delle caratteristiche progettuali della macchina centrifuga, con specifico onere di revisionare l'intero progetto al fine di valutarne le eventuali falle in termini di sicurezza.
5.3. E' poi del tutto inaccettabile e vuota di significato l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui l'inserimento di un qualsiasi soggetto nella valutazione dei rischi del ciclo industriale non lo esenta da corresponsabilità. In linea generale, avvalersi di consulenti non implica necessariamente il trasferimento degli obblighi di protezione dal datore di lavoro ai soggetti esterni all'azienda, come sembra erroneamente affermare la Corte di appello: semmai è sempre il datore di lavoro (assistito dal r.s.p.p., che nel caso coincidono) che è tenuto per legge ad adottare le opportune misure precauzionali. Si deve, piuttosto, qui ribadire che i principi di imputazione oggettiva e soggettiva del reato colposo commissivo mediante omissione impongono di esaminare in maniera accurata le modalità di inserimento e le specifiche attribuzioni del soggetto all'interno del ciclo aziendale, al fine di delinearne una eventuale posizione di responsabilità quale soggetto garante del bene tutelato.
Nel caso di specie la Corte territoriale, del tutto contraddittoriamente, pur riconoscendo che al F.F. non risulta attribuita alcuna delega in materia di sicurezza, desume la sua posizione di "garante di fatto" sulla base di «una consulenza, sia pure generalizzata», in relazione alla messa in sicurezza delle macchine. Tuttavia, di tale "consulenza generalizzata", non è dato evincere - dalla sentenza impugnata - alcun contenuto effettivo e specifico. In altri termini, non si ha contezza degli esatti compiti contrattualmente attribuiti al consulente F.F. (ma il discorso vale anche per lo M.S. , su cui v. infra), in assenza di una pattuizione espressa fra le parti. Il convincimento della Corte di merito si basa esclusivamente sulle generiche dichiarazioni del T. (coimputato le cui dichiarazioni necessiterebbero di riscontri), secondo cui il F.F. «si occupava della valutazione dei rischi inerente tutta l'azienda».
Appare evidente che una simile motivazione non soddisfa i requisiti richiesti dalla giurisprudenza di legittimità ai fini della esatta individuazione di una posizione di garanzia in capo al F.F., che viene desunta in termini assolutamente apodittici e congetturali.
5.4. Si deve qui ribadire che, in tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia - che può essere generata da investitura formale o dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante - deve essere individuata accertando in concreto la effettiva titolarità del potere dovere di gestione della fonte di pericolo, alla luce delle specifiche circostanze in cui si è verificato il sinistro (Sez. 4, n. 19029 del 01/12/2016 - dep. 2017, De Nardis, Rv. 26960201).
5.5. La sentenza impugnata offre un percorso motivazionale che non ricostruisce in maniera accurata la fonte ed il contenuto della ritenuta posizione di garanzia del consulente esterno all'azienda, né la sua eventuale cooperazione colposa, non avendo individuato in maniera specifica l'estensione oggettiva del suo incarico, al di là di generiche affermazioni che stridono con il canone di giudizio «al di là di ogni ragionevole dubbio». Il ragionamento della Corte di appello, che estende automaticamente tale posizione al consulente, è inaccettabile e contrario alle disposizioni legislative in materia antinfortunistica, che individuano nel datore di lavoro, nel r.s.p.p. ed eventualmente nei dirigenti e soggetti preposti interni all'azienda i garanti dei rischi dei lavoratori e gli unici destinatari della normativa prevenzionistica.
Ciò non significa che un consulente esterno non possa essere chiamato a rispondere di eventuali comportamenti colposi che abbiano contribuito, in cooperazione colposa ex art. 113 cod. pen. con le figure dianzi indicate - principali destinatarie degli obblighi prevenzionistici in materia di infortuni sul lavoro - all’aggravamento del rischio, fornendo un contributo causale giuridicamente apprezzabile alla realizzazione dell'evento (Sez. 4, n. 43083 del 03/10/2013, Redondi e altro, Rv. 25719701). Occorre, però, che una simile condotta di cooperazione colposa sia correttamente analizzata e specificamente individuata sulla base di un ragionamento probatorio che dia adeguato conto, al di là di ogni ragionevole dubbio, della sua esistenza e riconducibilità al prevenuto in termini di prevedibilità e prevenibilità dell'evento.
5.6. Da quanto sopra discende che la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti del F.F., con rinvio per nuovo giudizio alla competente Corte di merito che si atterrà ai principi sopra indicati. In tale statuizione rimangono assorbiti i restanti motivi di censura.

Sul ricorso di M.S.
6. I motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in quanto fra loro strettamente connessi, sono fondati e meritevoli di accoglimento sulla base delle seguenti considerazioni.
7. Si devono, intanto, richiamare anche per lo M.S. le considerazioni già svolte per il F.F. in merito alla necessità, nel giudizio di responsabilità penale, di ricostruire in maniera accurata la posizione di garanzia a lui attribuita alla luce di elementi concreti e specifici che consentano di ricostruire le sue esatte mansioni e competenze nell'ambito della valutazione dei rischi aziendali che hanno contribuito a determinare l'evento lesivo per cui si procede; trattasi di operazione valutativa che anche per lo M.S. è stata svolta in maniera largamente carente e inadeguata nella sentenza impugnata.
Con specifico riferimento allo M.S. , il ragionamento probatorio della Corte di merito è ancora più carente di quello svolto per il F.F., e foriero di conseguenze ben più gravi, in termini di vizio motivazionale deducibile in cassazione, rispetto a quanto statuito nei confronti del F.F.. Ciò in quanto lo M.S. , a differenza del F.F., era stato assolto dal giudice di primo grado, sulla base di argomentazioni che la sentenza di appello omette di confutare in maniera specifica, limitandosi sostanzialmente a ricondurre l'attività del consulente in un ambito di generica tutela della sicurezza dei lavoratori, senza che sia dato comprendere quali sarebbero stati gli esatti obblighi a carico dello M.S. - a tutela dei lavoratori - derivanti dalla attività di consulenza prestata in favore del T..
8. Al riguardo, occorre qui ribadire il principio enunciato da lungo tempo dalla giurisprudenza della Corte di cassazione (sin da Sez. 1, n. 1381 del 16/12/1994 - dep. 1995, Felice ed altro, Rv. 20148701), secondo il quale la decisione del giudice di appello, che comporti totale riforma della sentenza di primo grado, impone la dimostrazione dell’incompletezza o della non correttezza ovvero dell'incoerenza delle relative argomentazioni, con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da completa e convincente dimostrazione che, sovrapponendosi in toto a quella del primo giudice, dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato ad elementi di prova diversi o diversamente valutati. Inoltre, il giudice di appello, allorché prospetti ipotesi ricostruttive del fatto alternative a quelle ritenute dal giudice di prima istanza, non può limitarsi a formulare una mera possibilità, come esercitazione astratta del ragionamento, disancorata dalla realtà processuale, ma deve riferirsi a concreti elementi processualmente acquisiti, posti a fondamento di un iter logico che conduca, senza affermazioni apodittiche, a soluzioni divergenti da quelle prospettate da altro giudice di merito.
In buona sostanza, la totale riforma della sentenza di primo grado impone al giudice di appello di raffrontare il proprio decisum, non solo con le censure dell'appellante, ma anche con il giudizio espresso dal primo giudice, che si compone sia della ricostruzione del fatto che della valutazione complessiva degli elementi probatori, nel loro valore intrinseco e nelle connessioni tra essi esistenti.
Sul tema in disamina la giurisprudenza della Suprema Corte ha elaborato il concetto di "motivazione rafforzata", per esprimere, con la forza semantica del lemma, il più intenso obbligo di diligenza richiesto al giudice di secondo grado, sia nel caso di pronuncia di condanna in seguito ad assoluzione pronunciata dal primo giudice (Sez. 6, n. 10130 del 20/01/2015, Marsili, Rv. 26290701; Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 23167901), sia nel caso di pronuncia di assoluzione a seguito di precedente sentenza di condanna (Sez. 3, n. 29253 del 05/05/2017, P.C. in proc. C, Rv. 27014901; Sez. 4, n. 4222 del 20/12/2016 - dep. 2017, P.C. in proc. Mangano e altro, Rv. 26894801; anche se nel caso di ribaltamento assolutorio in appello non mancano voci dissonanti: cfr. Sez. 3, n. 46455 del 17/02/2017, Pg e pc in proc. M, Rv. 27111001).
Si tratta di giurisprudenza che è andata successivamente sviluppandosi alla luce della lettura della innovazione introdotta nel 2006 (art. 5 legge 20 febbraio 2006, n. 46) con la modifica dell'art. 533 cod. proc. pen. e l'introduzione del canone dell' "al di là di ogni ragionevole dubbio". Si ritiene che esso implichi che, in mancanza di elementi sopravvenuti, la valutazione peggiorativa compiuta nel processo d'appello sullo stesso materiale probatorio acquisito in primo grado, debba essere sorretta da argomenti dirimenti, tali da rendere evidente l'errore della sentenza assolutoria, la quale deve rivelarsi, rispetto a quella d'appello, non più razionalmente sostenibile, per essere stato del tutto fugato ogni ragionevole dubbio sull'affermazione di colpevolezza. Perché possa dirsi rispettato il canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio non è, dunque, più sufficiente una mera diversa valutazione caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo invece una forza persuasiva superiore, tale da far cadere "ogni ragionevole dubbio", in qualche modo intrinseco alla stessa situazione di contrasto. Ciò anche sulla scorta del principio secondo cui la condanna presuppone la certezza della colpevolezza, mentre l'assoluzione non presuppone la certezza dell'innocenza, ma la mera non certezza della colpevolezza (Sez. 6, n. 40159 del 03/11/2011, Galante, Rv. 25106601).
9. Alla luce di quanto sopra si deve osservare che le doglianze del ricorrente colgono nel segno laddove evidenziano che l'impugnata sentenza, nel riformare in condanna - sia pure ai soli effetti civili - la sentenza assolutoria di primo grado, non ha rispettato l'onere motivazionale di supportare la decisione con un corredo argomentativo rispettoso dei sopra delineati principi in tema di motivazione rafforzata.
9.1. La pronuncia del primo giudice aveva, in sintesi, motivatamente evidenziato che l'incarico dello M.S. per la ditta del T. aveva avuto luogo per circa un anno, dal febbraio 2002 al marzo 2003; il suo ruolo era stato quello di predisporre la documentazione tecnica che afferisce alla macchina centrifuga in relazione al processo di certificazione di qualità della stessa per l'ottenimento del certificato di qualità EN ISO. Quindi un'attività di consulenza rivolta essenzialmente al mantenimento e miglioramento dei sistemi di qualità, attività affatto diversa rispetto alla consulenza o alla collaborazione in materia di sicurezza per i lavoratori.
9.2. La Corte di appello ha completamente ribaltato tale prospettiva, inserendo l'attività dello M.S. , anche in questo caso del tutto apoditticamente, in un più generale processo di "messa a norma" del macchinario avvenuto, con singolare rovesciamento dei tempi fisiologici di vita della macchina, in epoca successiva alla messa in funzione del macchinario medesimo; sicché la "presa di coscienza" del T. avrebbe ineluttabilmente coinvolto chiunque avesse ricevuto un qualsiasi incarico diretto a tale singolare "regolarizzazione" ex post della macchina. Secondo la Corte distrettuale, anche lo M.S. avrebbe dovuto preoccuparsi di individuare i dispositivi di protezione più adatti per la sicurezza dei lavoratori, di fatto sostituendosi al datore di lavoro nella verifica completa delle caratteristiche progettuali del macchinario.
Come già riscontrato per il F.F., anche allo M.S. viene attribuito uno specifico ruolo di controllo e di verifica della sicurezza del macchinario che non è dato evincere da alcun elemento specifico indicato in sentenza; la responsabilità del consulente viene desunta, per lo più, da generiche affermazioni che attengono, più correttamente, alla posizione di responsabilità del datore di lavoro in materia di sicurezza, salvo ricondurre apoditticamente anche ai consulenti del medesimo una posizione di corresponsabilità che, però, è affermata in maniera astratta e non è sorretta, nel percorso argomentativo dei giudici di appello, da dati concreti, idonei a fondare in maniera congrua e logica, oltre che corretta in diritto, l'asserita corresponsabilità del consulente esterno. 
La sentenza impugnata ricava essenzialmente la responsabilità dello M.S. dalla sua posizione di consulente esterno chiamato dal datore di lavoro ad occuparsi dei profili di certificazione di qualità del macchinario, profili che, in quanto in qualche modo connessi con la problematica della sicurezza e pericolosità del macchinario, imporrebbero anche al consulente, così come al datore di lavoro, di salvaguardare i lavoratori da tutti i possibili pericoli e rischi derivanti dall'utilizzo del macchinario medesimo.
Si tratta, come è evidente, di un'argomentazione che, oltre ad essere assolutamente generica ed apparente, contiene chiari errori in diritto, non potendo ricavarsi da un soggetto esterno all'azienda, che collabori con il datore di lavoro in ordine alla redazione di documentazione tecnica diretta a regolarizzare, in senso lato, il macchinario in questione, una automatica posizione di garanzia in materia antinfortunistica che si aggiunge a quella specifica del datore di lavoro. Tutto ciò, peraltro, in totale assenza di un serio apprezzamento degli specifici profili colposi addebitabili al consulente, nell'ambito di una corretta valutazione ex ante e non ex post, come invece sembra aver fatto la Corte di appello, laddove imputa allo M.S. sostanzialmente di non aver adottato le necessarie misure di sicurezza, consentendo la permanenza in azienda di un macchinario pericoloso.
9.3. Sul punto, peraltro, appare corretto il ragionamento del ricorrente secondo cui la Corte territoriale confonde i rischi progettuali della macchina (nel caso non immediatamente evidenti e riconducibili al costruttore/progettista T.) con i rischi derivanti dall'uso della stessa. La sentenza impugnata non spiega adeguatamente in che modo lo M.S. avrebbe potuto prevedere un rischio riconducibile ad un difetto di progettazione della macchina, tanto più che, alla luce di quanto processualmente emerso, egli si era limitato a predisporre documentazione tecnica per fini completamente diversi rispetto a quelli riconducibili alla prevenzione dei rischi specifici del macchinario in questione. Sfugge, nella sostanza, né viene spiegato dalla Corte distrettuale, il nesso esistente fra l'incarico allo M.S. di predisporre la documentazione tecnica per l'ottenimento della marcatura CE, con la possibilità da parte del medesimo, attraverso il detto incarico, di avere contezza dell'asserito difetto delle spine coniche di fissaggio, riguardante la sicurezza della centrifuga in termini progettuali.
10. In conclusione, le evidenziate lacune logico-giuridiche da cui è affetta la sentenza impugnata, che neanche è stata in grado di fornire una "motivazione rafforzata" rispetto alla sentenza assolutoria del giudice di primo grado nei confronti dello M.S. , ne comportano l'inevitabile annullamento, che deve essere disposto senza rinvio, ex art. 620, lett. I), cod. proc. pen., in quanto appare evidente che i contrastanti esiti dei giudizi di primo e di secondo grado non consentono di pervenire ad una tranquillante e motivata sentenza di responsabilità nei confronti dello M.S. per i fatti a lui ascritti, rispettosa del canone di giudizio dell'«al di là di ogni ragionevole dubbio». Conseguentemente, va revocata la condanna civile nei confronti del medesimo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di F.F. e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Bologna, cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di M.S.e revoca le statuizioni civili.
Così deciso il 9 ottobre 2018

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DM 25 marzo 1985

ID 7461 | | Visite: 7925 | Prevenzione Incendi

Modulo RLS Navigazione

ID 7459 | | Visite: 6815 | Documenti Sicurezza

Modulo RLS Navigazione

Modulo RLS Navigazione

INAIL Comunicazione rappresentante dei lavoratori per la sicurezza/rappresentante alla sicurezza dell'ambiente di lavoro

Settore navigazione marittima

D.lgs. n. 81/2008 e s.m.i. art. 18, comma 1, lettera aa; d.lgs. n. 271/1999 art. 16

L’art. 18, comma 1, lettera aa) del d.lgs. 81/2008, stabilisce che “il datore di lavoro e il dirigente hanno l’obbligo di comunicare in via telematica all’Inail e all’Ipsema, nonché per il loro tramite al Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro di cui all’art.8, in caso di nuova elezione o designazione, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; in fase di prima applicazione l’obbligo di cui alla presente lettera riguarda i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori già eletti o designati”.

Parimenti l’art. 16 del d.lgs. n. 271/1999, dispone che a bordo di tutte le navi o unità di cui all’art. 2 del medesimo decreto, i lavoratori marittimi eleggano il proprio rappresentante, rinviando alla contrattazione collettiva nazionale di categoria la definizione delle procedure elettive.

Inoltre, il comma 5 dell’art.16 prevede che “Per le unita' adibite ai servizi tecnico-nautici e portuali, per le navi o unita' mercantili nuove ed esistenti di stazza lorda inferiore a 200 e per quelle da pesca nuove ed esistenti di lunghezza inferiore a 24 m o con equipaggio fino a sei unita' di tabella di armamento, il rappresentante alla sicurezza puo' essere eletto nell'ambito del personale appartenente alla struttura armatoriale di terra.”

Soggetti obbligati

L’obbligo dell’invio della comunicazione è a carico del datore di lavoro/armatore o del comandante della nave.

Oggetto della comunicazione

L’armatore/datore di lavoro o il comandante della nave è tenuto a comunicare i nominativi dei Rappresentanti eletti su ogni nave o unità mercantile nuova o esistente, indicando nome cognome, codice fiscale e data di decorrenza dell’incarico.

Nella comunicazione devono altresì essere presenti i dati anagrafici dell’azienda e i dati caratteristici dell’unità navale, così come richiesti nel presente modulo. Tutti i dati necessari ad identificare il datore di lavoro e l’unità navale sono obbligatori.

Modalità di compilazione

Il presente modulo consente di comunicare i nominativi dei Rappresentanti eletti sia per unità navale (compilando i riquadri presenti a pag. 1) che per flotta.

Nel caso in cui, secondo quanto previsto dall’Accordo collettivo di categoria (oppure secondo quanto previsto dal comma 5 dell’art.16 del d.lgs. n. 271/1999), l’elezione viene effettuata individuando un numero di lavoratori destinati a ricoprire lefunzioni di RLS /RASAL pari al numero delle navi (incrementato di una riserva del 70%), con valore collettivo per l’intera flotta, è necessario compilare il Quadro dei rappresentanti del lavoratori per la sicurezza/rappresentanti alla sicurezza dell’ambiente di lavoro, inserendo l’Elenco delle navi costituenti la flotta e l’Elenco dei rappresentanti eletti (pag. 2 e 3).

Modalità di invio

In attesa del rilascio di uno specifico applicativo per l’inoltro telematico delle suddette comunicazioni da parte del datore di lavoro/armatore e dei suoi delegati o intermediari, il presente modulo, va inoltrato all’indirizzo di Posta Elettronica Certificata della Sede Inail competente, individuata in base alla sede legale dell’azienda.

Il modulo, debitamente compilato e firmato, dovrà essere accompagnato dalla copia fronte/retro di un documento di riconoscimento valido.

______

D.lgs. n. 81/2008 art. 18, comma 1, lettera aa

aa) comunicare in via telematica all'INAIL e all'IPSEMA, nonche' per loro tramite, al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro di cui all'articolo 8, in caso di nuova elezione o designazione, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; in fase di prima applicazione l'obbligo di cui alla presente lettera riguarda i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori gia' eletti o designati;

Art. 16 d.lgs. n. 271/1999  Il rappresentante alla sicurezza dell'ambiente di lavoro

1. A bordo di tutte le navi o unita' di cui all'articolo 2, i lavoratori marittimi eleggono il proprio rappresentante all'igiene e sicurezza dell'ambiente di lavoro, secondo le modalita' previste dai contratti collettivi nazionali di categoria.

2. Il rappresentante alla sicurezza :

a) collabora con il servizio di prevenzione e protezione di cui all'articolo 13;

b) e' consultato preventivamente sulla designazione effettuata dall'armatore del personale addetto al servizio di prevenzione e protezione;

c) propone iniziative in materia di prevenzione e protezione del lavoratore a bordo;

d) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonche' quelle riguardanti le sostanze ed i materiali pericolosi, le attrezzature di lavoro, l'organizzazione e l'ambiente di lavoro a bordo, gli infortuni e le malattie professionali.

3. Il rappresentante della sicurezza non puo' subire pregiudizio alcuno a causa della sua attivita' e beneficia delle misure di salvaguardia e liberta' dei diritti sindacali, previste dalle vigenti norme in materia di tutela dei lavoratori. Egli, inoltre, deve disporre del tempo necessario allo svolgimento del proprio incarico senza perdita di retribuzione, nonche' dei mezzi necessari per l'esercizio delle funzioni connesse al compito assegnato.

4. Il rappresentante della sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di igiene e sicurezza del lavoro a bordo delle navi, concernente la normativa nazionale ed internazionale vigente nel settore ed i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.

5. Per le unita' adibite ai servizi tecnico-nautici e portuali, per le navi o unita' mercantili nuove ed esistenti di stazza lorda inferiore a 200 e per quelle da pesca nuove ed esistenti di lunghezza inferiore a 24 m o con equipaggio fino a sei unita' di tabella di armamento, il rappresentante alla sicurezza puo' essere eletto nell'ambito del personale appartenente alla struttura armatoriale di terra. 

...

Fonte: INAIL

Collegati:

Regolamento (CE) n. 416/2007

ID 7457 | | Visite: 2593 | Legislazione Sicurezza

Regolamento CE n  416 2007

Regolamento (CE) n. 416/2007

della Commissione del 22 marzo 2007 concernente le specifiche tecniche relative agli avvisi ai naviganti di cui all’articolo 5 della direttiva 2005/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai servizi armonizzati d’informazione fluviale (RIS) sulle vie navigabili interne della Comunità

GU L 105/88 del 23.04.2007

Entrata in vigore: 23.04.2007

...

Articolo 1

Il presente regolamento fissa le specifiche tecniche relative agli avvisi ai naviganti. Le specifiche tecniche sono riportate nell’allegato.

....

ALLEGATO Avvisi ai naviganti

INDICE
1. Introduzione
2. Standard dei dati
3. Informazioni idrometriche
4. Modalità di diffusione
5. Procedura per la modifica delle tavole di riferimento e dello schema XML degli avvisi ai naviganti
6. Struttura dei messaggi e impiego dei formati XML
6.1. Struttura degli avvisi ai naviganti
6.1.1. Generalità
6.1.2. Presentazione della definizione XML
6.1.3. Spiegazione dei marcatori (tag)
6.1.4. Spiegazione dei codici
6.1.4.1. Codici relativi all’oggetto degli avvisi ai naviganti
6.1.4.2. Spiegazione dei codici relativi al ghiaccio
6.1.4.3. Codifica della durata di restrizione
Appendice — Esempi per la compilazione degli avvisi ai naviganti
Tavole di riferimento
XML Schema (XML_v2_7.xsd)

_____

I servizi di informazione sulle vie navigabili (di seguito «FIS») forniscono informazioni geografiche, idrologiche e amministrative utilizzate dai comandanti e dai gestori di flotta per programmare, effettuare e sorvegliare il viaggio. I FIS forniscono informazioni dinamiche (quali ad esempio i livelli idrometrici, le previsioni relative ai fondali, ecc.) nonché statiche (ad esempio gli orari di esercizio delle conche e dei ponti) sull’uso e sullo stato dell’infrastruttura per la navigazione interna, facilitando le decisioni tattiche e strategiche relative alla navigazione.

Tradizionalmente i FIS sono forniti in forma, ad esempio, di segnaletica alla navigazione, avvisi ai naviganti su supporto cartaceo, bollettini via etere e mediante telefoni fissi presso le conche. La telefonia mobile basata sullo standard GSM ha schiuso nuove possibilità di comunicazione vocale e trasferimento di dati, ma non è tuttavia disponibile ovunque e in ogni momento. I FIS personalizzati possono essere forniti mediante servizio radiotelefonico sulle vie navigabili interne, servizi Internet o carte nautiche elettroniche (ad esempio ECDIS Interno con ENC).

Le seguenti specifiche tecniche per gli avvisi ai naviganti stabiliscono le norme per il trasferimento telematico di informazioni sulle vie navigabili attraverso servizi Internet.

La standardizzazione degli avvisi ai naviganti mira a:
-consentire la traduzione automatica del contenuto essenziale degli avvisi nelle lingue di tutti gli Stati partecipanti,
- fornire una struttura normalizzata dei dati di tutti gli Stati partecipanti, facilitando l’integrazione degli avvisi nei sistemi di pianificazione del viaggio,
- fornire uno standard per le informazioni idrometriche,
- assicurare la compatibilità degli avvisi ai naviganti con la struttura di dati dell’ECDIS interno, per agevolarne l’integrazione in tale sistema,
- agevolare lo scambio di dati tra i vari paesi,
- utilizzare un vocabolario uniforme abbinato a liste di codici.

Non sarà possibile standardizzare tutte le informazioni riportate negli avvisi ai naviganti. Parte di queste saranno trasmesse in forma di «testo libero», senza traduzione automatica. La parte standardizzata del testo dovrebbe
comprendere tutte le informazioni che sono:
- importanti per la sicurezza della navigazione (ad esempiopiccolo natante affondato sul lato destro del canale navigabile del Danubio, al km 2 010),
- necessarie per la pianificazione del viaggio (ad esempiochiusura di conche, riduzione del tirante d’aria, ecc.).

...

Modifiche:
Regolamento di esecuzione (UE) 2018/2032

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 57706 | 20 Dicembre 2018

ID 7455 | | Visite: 2706 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Assenza di scarpe antinfortunistiche e grave infortunio con un macchinario.

Il datore di lavoro deve sorvegliare continuamente sull'adozione dei DPI da parte di preposti e lavoratori

Penale Sent. Sez. 4 Num. 57706 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: CAPPELLO GABRIELLA
Data Udienza: 26/09/2018

Ritenuto in fatto

1. La corte d'appello di Brescia, in accoglimento dell'appello proposto dal procuratore generale, ha riconosciuto B.R., nella qualità di datore di lavoro di A.A., responsabile del reato di lesioni colpose aggravate ai danni di costui, ribaltando il verdetto assolutorio di primo grado.
2. Questa, in sintesi, la vicenda.
Il 06/06/2014, l'infortunato - assegnato da circa quattro giorni alla COPPER ITALIA s.r.l., della quale il B.R. era presidente del consiglio di amministrazione - mentre era intento a controllare un macchinario, aveva notato che alcuni pezzi erano incastrati e nel tentativo di ripristinarne il normale funzionamento, era rimasto ferito al piede sinistro, essendo alcune parti del macchinario cadute imprigionandogli l'arto (che subiva l'amputazione parziale del primo e del secondo dito).
In relazione all'accaduto e alla sopra desctritta dinamica dell'infortunio, invero incontestata, si era formulata l'imputazione a carico del B.R., quale datore di lavoro, ravvisata nella condotta colposa nell'omessa fornitura al lavoratore delle scarpe antinfortunistiche, il cui utilizzo, stante il puntale in metallo, avrebbe scongiurato l'evento.
Il tribunale aveva assolto il B.R. rilevando che il datore di lavoro aveva fornito il presidio di sicurezza individuale, non utilizzato nell'occorso dal lavoratore, e che nessun obbligo di controllo dell'effettivo utilizzo poteva riconoscersi in capo al datore di lavoro, stante la presenza di un responsabile di produzione (Z.E.), tale controllo essendo inesigibile per un datore di lavoro come il B.R., che era al vertice di un'azienda che occupava circa 20 dipendenti, oltre ad alcuni interinali.
La valutazione era stata censurata dall'appellante, con il rilevare che il tribunale aveva sostanzialmente ritenuto esistente una delega allo Z.E. in materia di sicurezza sul lavoro, tuttavia non provata e non formalizzata secondo i cirteri di cui all'art. 16 del d.lgs. 81/08; che anche al lavoratore Z.E. erano stati consegnati i dispositivi di protezione individuale e, pertanto, anche costui doveva ritenersi destinatario della tutela antinfortunistica; che non vi era prova della posizione di preposto assunta da questi e che, in ogni caso, tale posizione non escludeva quella concorrente del datore di lavoro, ognuno essendo destinatario di obblighi, la cui violazione è singolarmente addebitabile; che il lavoratore, infine, era stato assegnato alla società da soli tre giorni, non aveva ricevuto istruzioni specifiche, non era in grado ci comprendere bene la lingua italiana e non era stato dotato delle scarpe antinfortunistiche, come già accaduto in precedenza, allorché aveva svolto attività lavorativa presso la stessa società.
3. Il B.R. ha proposto ricorso, con proprio difensore, formulando due motivi.
Con il primo, la difesa ha dedotto vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento all'elemento soggettivo del reato, essendo emerso dall'istruttoria che solo per un errore del responsabile della produzione le scarpe non erano state consegnate al lavoratore, avendo lo stesso Z.E. dichiarato di essere stato incaricato dal datore di lavoro di consegnare i dispositivi e di avere creduto che il lavoratore, come qualche volta accadeva, avesse le proprie scarpe antinfotunistiche.
Sotto altro profilo, la difesa ha dedotto anche il travisamento della prova documentale rappresentata dalle schede di fornitura dei mezzi di protezione, sottoscritte per la consegna proprio dallo Z.E., da tali documenti emergendo che al datore incombeva solo di fornire i mezzi di protezione individuale, mentre era compito specifico del responsabile di produzione provvedere alla loro materiale consegna al lavoratore.
Con il secondo, ha dedotto violazione di legge con riferimento agli artt. 18 e 19 del d. Lgs. 81/08, sia avuto riguardo alla pretesa mancata fornitura del presidio, che alla mancanza di di specifica delega scritta al preposto.
Quanto al primo aspetto, la difesa ha rilevato che i presidi erano presenti in azienda, laddove, con riferimento al secondo profilo, l'assenza di una delega scritta sarebbe stata nel caso di specie del tutto inconferente, stante la posizione di preposto dello Z.E., i cui doveri derivano pertanto direttamente dalla legge.

Considerato in diritto

1. Il ricorso va rigettato.
2. La corte bresciana ha ritenuto incontestata la ricostruzione della dinamica dei fatti in uno con la circostanza che, nell'occorso, il lavoratore non aveva indossato il presidio di sicurezza che avrebbe certamente scongiurato l'evento.
Ha, inoltre, opportunamente precisato che non era necessario procedere alla rinnovazione dell'istruttoria, in quanto l'appellante non aveva censurato la valutazione della prova dichiarativa, ma rilevato l'inesattezza giuridica delle conclusioni che il tribunale aveva tratto dalle prove acquisite, con riferimento alla posizione di garanzia del datore di lavoro.
Quanto, poi, all'esistenza di altre figure di garanti della sicurezza in quel contesto specifico (il riferimento è al responsabile di produzione Z.E.), la corte territoriale ha rilevato che spettava alla ditta che impiegava anche personale in somministrazione, fornire i dispositivi di protezione individuale, come era emerso dalla lettura del relativo contratto di somministrazione di lavoro a termine.
Altrettanto pacifico doveva ritenersi, per quel giudice, che la posizione di datore di lavoro fosse ricoperta dall'imputato, nella qualità di presidente del consiglio di amministrazione con delega per gli aspetti della sicurezza sul lavoro (come emerso dalla visura camerale e dal verbale del C.d.A. del 23 giugno 2006, ove il B.R. era stato indicato, per l'appunto, come datore di lavoro senza limiti di spesa).
Indiscussa, peraltro, era la circostanza che all'infortunato non fossero state fornite nell'occorso le apposite scarpe, sebbene necessarie per il lavoro svolto: egli aveva indossato le sue scarpe normali, come del resto era accaduto anche in una precedente occasione.
Inoltre, sebbene il responsabile della produzione Z.E. avesse affermato di avere chiesto al lavoratore se avesse le scarpe antinfortunistiche ricevendone risposta affermativa, il relativo modulo di consegna non era stato sottoscritto dal lavoratore, ma neppure dal datore di lavoro, né dal preposto.
Peraltro, dall'esame delle schede di consegna dei presidi di sicurezza, relative ad alcuni lavoratori, era emerso che esse erano sottoscritte dai lavoratori (anche quelli in somministrazione) e dal datore di lavoro, con il che, secondo la corte di merito, restava smentito l'assunto secondo cui l'obbligo di fornire il presidio e di controllarne l'uso non gravava sul B.R., tenuto conto delle dimensioni dell'azienda (che la corte ha ritenuto modeste, atteso che vi erano impiegati una ventina di dipendenti e solo occasionalmente alcuni interinali) e della presenza del preposto.
Proprio con riferimento all'esistenza di altra figura di garante, peraltro, la corte ha ritenuto di ravvisare un errore di diritto da parte del tribunale, spettando al datore di lavoro fornire i dispositivi personali di protezione, tale mansione non avendo formato oggetto di delega allo Z.E., il quale infatti, non era in grado di svolgerla, avendo scambiato le normali scarpe dell'Infortunato con quelle dotate di puntale in metallo.
Inoltre, la corte territoriale ha sottolineato la circostanza che la violazione degli obblighi da parte del datore di lavoro doveva considerarsi precedente all'omesso controllo dell'utilizzo del presidio, atteso che, nel caso del lavoratore infortunato, era emerso che il presidio non era stato proprio consegnato, non essendo stata rinvenuta alcuna scheda attestante il relativo passaggio.
3. I motivi sono infondati e il loro esame deve essere preceduto da una premessa generale che riguarda i casi, come quello all'esame, in cui il giudice d'appello ribalti il verdetto assolutorio di primo grado nei confronti dell'imputato.
Il caso, infatti, si pone nel solco delle pronunce che impongono una verifica della base fattuale sulla quale è intervenuta la decisione della corte territoriale, non disgiunta da uno scrutinio circa l'eventuale violazione del diritto dell'imputato di essere giudicato ad esito di un processo equo, nel quale il materiale probatorio esaminato dai diversi giudici del merito non abbia costituito oggetto di una valutazione distonica rispetto ai principi che costituiscono ormai ius receptum a seguito della nota decisione della Corte E.D.U. nel caso Dan c.Moldavia [ma che, in realtà, trova espressione già in precedenti pronunce, a partire dal caso Bricmont c. Belgio del 07/07/1989, e poi, ex plurimis, nei casi Costantinescu c. Romania del 27/06/2000; Sigurbor Arnarsson c. Islanda del 15/07/2003; Destrehem c. Francia del 18/05/2004; Garda Ruiz c. Spagna del 21/01/2006 (cfr., per tali richiami, motivazione sent. Sezioni Unite n. 27620 del 2016, Dasgupta)].
L'argomento, come è evidente, chiama innanzitutto in causa i principi che questa corte ha già da tempo elaborato in tema di motivazione rafforzata. Infatti, quando le decisioni dei giudici di primo e di secondo grado siano concordanti, la motivazione della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo. Nel caso in cui, invece, per diversità di apprezzamenti, per l’apporto critico delle parti e/o per le nuove eventuali acquisizioni probatorie, il giudice di appello ritenga di pervenire a conclusioni diverse da quelle accolte dal giudice di primo grado, non può allora egli risolvere il problema della motivazione della sua decisione inserendo nella struttura argomentativa di quella di primo grado - genericamente richiamata - delle notazioni critiche di dissenso, in una sorta di ideale 
montaggio di valutazioni ed argomentazioni fra loro dissonanti, essendo invece necessario che egli riesamini, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato dal giudice di primo grado, consideri quello eventualmente sfuggito alla sua delibazione e quello ulteriormente acquisito, per dare, riguardo alle parti della prima sentenza non condivise, una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni (cfr. Sezioni Unite n. 6682 del 04/02/1992, Rv. 191229).
Tali principi sono stati anche successivamente approfonditi, essendosi affermato che, in caso di totale riforma della decisione di primo grado, il giudice dell'appello ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (cfr. Sezioni Unite n. 33748 del 12/07/2005, Marinino, Rv. 231679), mettendo alla luce carenze e aporie di quella decisione sulla base di uno sviluppo argomentativo che si confronti con le ragioni addotte a sostegno del decisum impugnato (cfr. sez. 2 n. 50643 del 18/11/2014, Rv. 261327), dando alla decisione, pertanto, una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni [cfr. Sez. 6 n. 1253 del 28/11/2013 Ud. (dep. 14/01/2014), Rv. 258005; n. 46742 dell'08/10/2013, Rv. 257332; Sez. 4 n. 35922 dell'11/07/2012, Rv. 254617].
Ai fini della riforma della sentenza assolutoria, in assenza di elementi sopravvenuti, non basta una diversa valutazione del materiale probatorio acquisito in primo grado, che sia caratterizzata da pari plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo una maggior forza persuasiva, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio, potendo il verdetto di colpevolezza fondarsi su puntuali rilievi di contraddittorietà della motivazione assolutoria, ai quali il giudice pervenga sulla scorta del medesimo materiale probatorio, ma ampliando la piattaforma valutativa esaminata in prima cura [cfr. sez. 1 n. 12273 del 05/12/2013 ud. (dep. 14/03/2014), Rv. 262261; sez. 6 n. 45203 del 22/10/2013, Rv. 256869; sez. 6 n. 46847 del 10/07/2012, Rv. 253718].
Il tema coinvolge anche quello della corretta interpretazione del canone del "ragionevole dubbio", quale limite alla riforma di una sentenza assolutoria, avendo le Sezioni Unite di questa Corte (nella già citata sentenza del 2016, Dasgupta) rilevato che <<per effetto del rilievo dato alla introduzione del canone «al di là di ogni ragionevole dubbio», inserito nel comma 1 dell'art. 533 cod. proc. pen. adopera della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (ma già individuato dalla giurisprudenza quale inderogabile regola di giudizio: v. Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222139), si è più volte avuto modo di puntualizzare che nel giudizio di appello, per la riforma di una sentenza assolutoria, non basta, in mancanza di elementi sopravvenuti, una mera diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, accorrendo una "forza persuasiva superiore", tale da far venire meno "ogni ragionevole dubbio" (ex plurimis, Sez. 3, n. 6817 del 27/11/2014, dep. 2015, S., Rv. 262524; Sez. 1, n. 12273 del 05/12/2013, dep. 2014, Ciaramella, Rv. 262261; Sez. 6, n. 45203 del 22/10/2013, Paparo, Rv. 256869; Sez. 2, n. 11883 del 08/11/2012, dep. 2013, Berlingeri, Rv. 254725; Sez. 6, n. 8705 del 24/01/2013, Fame, Rv. 254113; Sez. 6, n. 46847 del 10/07/2012, Aimone, Rv. 253718); posto che, come incisivamente notato da Sez. 6, n. 40159 del 03/11/2011, Galante, «la condanna presuppone la certezza della colpevolezza, mentre l'assoluzione non presuppone la certezza dell'innocenza ma la mera non certezza della colpevolezza».
Inoltre, nel caso specifico in cui la reformatio in peius sia frutto di una diversa valutazione delle prove dichiarative, all'indomani della sentenza della Corte E.D.U. 05/07/2011 nel caso Dan c. Moldavia, si è chiarito che il giudice ha l'obbligo di rinnovare l'istruttoria e di escutere nuovamente i dichiaranti, qualora valuti diversamente la loro attendibilità rispetto a quanto ritenuto in primo grado (cfr., ex multis, sez. 5 n. 29827 del 13/03/2015, Rv. 265139; Sez. 6, Sentenza n.44084 del 23/09/2014, Rv. 260623; sez. 3 n. 11658 del 24/02/2015, Rv. 262985). Tale principio è stato interpretato in maniera non assoluta, essendosi di volta in volta ravvisati alcuni contemperamenti, per esempio nel caso in cui la nuova assunzione della prova dichiarativa sia sollecitata dall'accusa, al fine di ottenere il ribaltamento della decisione assolutoria (cfr. sez. 5 n. 29827 del 2015 e sez. 6 citata 44084 del 2014 citate), oppure nel caso in cui ad essere rivalutata sia l'attendibilità estrinseca delle prove orali, cioè la ravvisabilità nel compendio probatorio di riscontri individualizzanti ovvero la loro idoneità a fungere da elemento esterno di conferma (cfr. sez. 6 n. 47722 del 06710/2015, Rv. 265879), ovvero quando il giudice d'appello fondi il proprio convincimento su una diversa valutazione in punto di diritto sul valore della prova, ovvero in punto di fatto sulla portata della prova nel contesto del compendio probatorio (cfr. sez. 3 n. 44006 del 24/09/2015, Rv. 265124) e sempre che dette prove siano decisive per l'affermazione di responsabilità (cfr. sez. 5 n. 25475 del 24/02/2015, Rv. 263903), in altre ipotesi essendosi invece addirittura affermato che l'obbligo di rinnovazione dell'istruttoria in appello, in caso di diversa valutazione dell'attendibilità dei soggetti da cui promani la prova dichiarativa, siccome espressione del principio generale di immediatezza, conformemente all'art. 6 della Convenzione E.D.U. così come intepretato dalla Corte di Strasburgo, trova applicazione non solo quando il giudice d'appello intenda riformare in peius una sentenza di assoluzione, ma anche nelì'ipotesi in cui vi sia stata condanna in primo grado, essendosi precisato che detto obbligo è ancor più stringente quando nel processo concluso con condanna in primo grado vi è stata la costituzione di parte civile (cfr. Sez. 2 n. 32619 del 24/04/2014, Rv. 260071).
Il tema ha, peraltro, costituito oggetto di una complessiva rivisitazione, anche a fronte di talune divergenti interpretazioni delle sezioni semplici di questa Corte, proprio da parte delle Sezioni Unite (cfr. sent. n. 27620 del 2016, Dasgupta, citata), chiamate a risolvere la questione della rilevabilità d'ufficio - in sede di giudizio di cassazione - della violazione dell'art. 6 CEDU per avere il giudice d'appello riformato la sentenza assolutoria di primo grado affermando la responsabilità penale dell'imputato esclusivamente sulla base di una diversa valutazione di attendibilità delle dichiarazioni di testimoni senza procedere a nuova escussione degli stessi. 
In quella sede, il Supremo Collegio ha intanto chiarito che la necessità per il giudice dell'appello di procedere, anche d'ufficio, alla rinnovazione dibattimentale della prova dichiarativa nel caso di riforma della sentenza di assoluzione sulla base di un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una dichiarazione ritenuta decisiva, non consente distinzioni a seconda della qualità soggettiva del dichiarante (cfr. sent. citata Rv. 267488), altresì affermando che la previsione contenuta nell'art.6, par.3, lett. d) della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativa al diritto dell'imputato di esaminare o fare esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l'esame dei testimoni a discarico, come definito dalla giurisprudenza consolidata della Corte EDU (il richiamo, in motivazione, è alle sentenze della Corte E.D.U. in Manolachi c/Romania del 05/03/2013 e Hueras c/Romania del 09/04/2013) - che costituisce parametro interpretativo delle norme processuali interne - implica che il giudice di appello, investito della impugnazione del pubblico ministero avverso la sentenza di assoluzione di primo grado, anche se emessa all'esito del giudizio abbreviato, con cui si adduca una erronea valutazione delle prove dichiarative, non può riformare la sentenza impugnata, affermando la responsabilità penale dell'imputato, senza avere proceduto, anche d'ufficio, ai sensi dell'art. 603, comma terzo, cod. proc. pen., a rinnovare l'istruzione dibattimentale attraverso l'esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo, ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado (cfr. sent. citata Rv. 267487), sgombrando il campo anche dai dubbi rinvenibili nelle decisioni rese da questa Corte a proposito della operatività di tali principi nel caso di riforma ai soli effetti civili (cfr. sent. citata Rv. 267489).
Cosicché deve ritenersi affetta da vizio di motivazione ex art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., per mancato rispetto del canone di giudizio "al di là di ogni ragionevole dubbio", di cui all'alt. 533, comma primo, cod. proc. pen., la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilità dell'imputato, in riforma di una sentenza assolutoria, operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, delle quali non sia stata disposta la rinnovazione a norma dell'art. 603, comma terzo, cod. proc. pen.; ne deriva che, al di fuori dei casi di inammissibilità del ricorso, qualora il ricorrente abbia impugnato la sentenza di appello censurando la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, pur senza fare specifico riferimento al principio contenuto nell'art. 6, par. 3, lett. d), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la Corte di cassazione deve annullare con rinvio la sentenza impugnata (cfr. sent. citata, Rv. 267492).
La sentenza in commento si fa carico di specificare quali siano le prove decisive al fine della necessità di procedere ex art. 603 cod. proc. pen., offrendo taluni spunti di riflessione certamente utili ai fini che ci occupano.
Si è infatti riconosciuta detta natura alle prove che, sulla base della sentenza di primo grado, hanno determinato, o anche soltanto contribuito a determinare, l'assoluzione e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso materiale 
probatorio, si rivelano potenzialmente idonee ad incidere sull'esito del giudizio, nonché a quelle che, pur ritenute dal primo giudice di scarso o nullo valore, siano, invece, nella prospettiva dell'appellante, rilevanti - da sole o insieme ad altri elementi di prova - ai fini dell'esito della condanna (cfr. citata sentenza Rv. 267491).
A fronte di tale quadro ricostruttivo dei principi sottesi al processo penale, si è poi precisato da parte del Supremo Collegio, nella più volte citata sentenza Dasgupta del 2016, che <<dovere di motivazione rafforzata da parte del giudice della impugnazione in caso di dissenso rispetto alla decisione di primo grado, canone "al di là di ogni ragionevole dubbio", dovere di rinnovazione della istruzione dibattimentale e limiti alla reformatio in pejus si saldano sul medesimo asse cognitivo e decisionale>> e che <<la rinnovazione della istruzione dibattimentale si profila come "assolutamente necessaria" ex art. 603, comma 3, cod. proc. pen.: tale presupposto, infatti, ai di là dei casi di incompletezza del quadro probatorio, si collega, più generalmente, alla esigenza che il convincimento del giudice di appello, nei casi in cui sia in questione il principio del "ragionevole dubbio”, replichi l'andamento del giudizio di primo grado, fondandosi su prove dichiarative direttamente assunte>>, non potendosi, pertanto, ritenere "decisivo" un apporto dichiarativo il cui valore probatorio, che in sé considerato non possa formare oggetto di diversificate valutazioni tra primo e secondo grado, si combini con fonti di prova di diversa natura non adeguatamente valorizzate o erroneamente considerate o addirittura pretermesse dal primo giudice, ricevendo soltanto da queste, nella valutazione del giudice di appello, un significato risolutivo ai fini dell'affermazione della responsabilità (per questo ordine di idee, v. Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015, Arcone, Rv. 265879; Sez. 2, n. 41736 del 22/09/2015, Di Trapani, Rv. 264682; Sez. 3, n. 45453 del 18/09/2014, P., Rv. 260867; Sez. 6, n. 18456 del 01/0712014, dep. 2015, Marziali, Rv. 263944)>> e neppure <<può ravvisarsi la necessità della rinnovazione della istruzione dibattimentale qualora della prova dichiarativa non si discuta il contenuto probatorio, ma la sua qualificazione giuridica, come nel caso di dichiarazioni ritenute dal primo giudice come necessitanti di riscontri ex art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen., e inquadrabili dall'appellante in una ipotesi di testimonianza pura (v. in tal senso Sez. 3, n. 44006, del 24/09/2015, 6., Rv. 265124). Tali principi sono stati peraltro ripresi dal supremo collegio anche successivamente (cfr. sez. unite n. 18620 del 19/01/2017, Pataiano).
4. Tale premessa, necessaria ai fini di un corretto inquadramento della fattispecie all'esame, che tenga conto dei principi sopra diffusamente richiamati, consente di escludere che, nel caso in esame, la motivazione della sentenza censurata sia incorsa nei profili di illegittimità di cui sopra.
Infatti, la sentenza di condanna censurata non costituisce il precipitato di un percorso argomentativo che, sulla scorta di una rivalutazione delle prove orali decisive esaminate dal tribunale e della loro attendibilità, abbia ad esse dato una diversa lettura. Il giudice d'appello, infatti, ha dato alle prove il medesimo significato assegnato dal tribunale e si è limitato a rettificare un errore di diritto nel quale è incorso il primo giudice con riferimento all'inquadramento della posizione giuridica ricoperta dal B.R., anche nell'ipotesi in cui siano eventualmente presenti altri soggetti garanti.
Alla accertata qualità di datore di lavoro dell'imputato, infatti, il tribunale ha ritenuto essere estranei obblighi viceversa direttamente ricollegabili a quella posizione, tenuto conto di quanto emerso dalla prova documentale con riferimento alla circostanza che, nel caso di specie, al lavoratore infortunato non era stato assegnato, prima ancora che consegnato, alcun presidio di sicurezza individuale.
Si tratta, in buona sostanza, di un'operazione concettuale necessariamente antecedente alla verifica, in concreto, della sussistenza di ulteriori profili di rimprovero per colpa per omesso controllo dell'effettivo utilizzo di quel presidio.
Il dovere di motivazione rafforzata, peraltro, deve ritenersi debitamente assolto in un caso, come quello di specie, in cui al giudice d'appello sia toccato di ricostruire la fattispecie, sulla scorta di dati fattuali certi, valutati negli stessi termini dal giudice di primo grado, ma facendo applicazione delle norme di settore, del tutto pretermesse dal tribunale.
Non può pertanto ravvisarsi nella sentenza censurata alcun vizio di legittimità che derivi dalla violazione dei principi dell'immediatezza e dell'oralità della prova e del ragionevole dubbio, né un dissenso rispetto alla attendibilità dei dichiaranti e al contenuto delle prove orali acquisite in primo grado, dovendosi ribadire, anche in questa sede, il principio di diritto secondo cui, in caso di condanna in appello, il giudice assolve correttamente all'obbligo di motivazione rafforzata, senza incorrere in violazione del principio del ragionevole dubbio, ove la condanna sia la conseguenza della correzione di un errore di diritto, decisivo ai fini dell'assoluzione, nel quale sia incorso il primo giudice.
5. Quanto al contenuto dei motivi di ricorso, l'inquadramento giuridico della posizione ricoperta dall'imputato operata dal giudice d'appello è coerente con le norme di legge, ma anche con il costante orientamento di questa corte di legittimità.
Sul punto, pare sufficiente un rinvio all'art. 18 co. 1 lett. d) d.lgs. 81/08 per avvedersi dell'obbligo del datore di lavoro di fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale e della sua violazione da parte dell'imputato, come peraltro risulta proprio da quella prova documentale allegata al ricorso, il cui travisamento parte ricorrente ha pure dedotto: un semplice confronto delle schede dà infatti conto della correttezza delle considerazioni svolte dal giudice d'appello, il quale ha sottolineato proprio la diversità del caso del lavoratore A.A., rispetto a quello degli altri lavoratori, atteso che la scheda relativa al primo non risultava, come le altre, sottoscritta dal lavoratore, ma neppure dal datore di lavoro.
Tale elemento è stato valorizzato, in maniera del tutto legittima, dal giudice d'appello a conferma delle dichiarazioni della persona offesa, la quale aveva affermato che il presidio di protezione individuale non gli era mai stato messo a disposizione (neppure in una precedente occasione).
Sul punto, giovi considerare che - in tema di infortuni sul lavoro - indipendentemente dalla esistenza o meno della figura del preposto - la cui specifica competenza è quella di controllare l'ortodossia antinfortunistica dell'esecuzione delle prestazioni lavorative per rapporto all'organizzazione dei dispositivi di sicurezza - il datore di lavoro risponde dell'evento dannoso laddove si accerti che egli abbia omesso di rendere disponibili nell'azienda i predetti dispositivi di sicurezza (cfr. sez. 4 n. 21593 del 02/04/2007, Bucolo, Rv. 236725). Egli, peraltro, quale responsabile della sicurezza, ha l'obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod. civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro [cfr. sez. 4 n. 4361 del 21/10/2014 Ud. (dep. 29/01/2015), Ottino, Rv. 263200].
Peraltro, in ordine alla ripartizione degli obblighi di prevenzione tra le diverse figure di garanti nelle organizzazioni complesse, il supremo collegio di questa corte ha definitivamente chiarito che gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono essere sì trasferiti (con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante), a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 riguardi un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa (cfr. sez. unite n.38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261108).
Anche più di recente del resto si è affermato il principio, che costituisce diretta applicazione di quelli già richiamati, che - in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro - qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge per cui l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione [cfr. sez. 4 n. 6507 dell'l/01/2018, Caputo, Rv. 272464; già in precedenza cfr. sez. 4 n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253850 (proprio in un caso in cui era stata dedotta l'esistenza di un preposto di fatto)].
Proprio con riferimento alla esatta individuazione del garante in tali specifiche ipotesi, si è pure chiarito che il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell'esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli [cfr. sez. 4 n. 26294 del 14/03/2018, Fassero Gamba, Rv. 272960 (in un caso di prassi "contra legem", instauratasi con il consenso del preposto, foriera di pericoli per gli addetti, in cui il datore di lavoro sia venuto meno ai doveri formazione e informazione del lavoratore e abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi)].
6. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Deciso in Roma il giorno 26 settembre 2018.

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Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 57706 Anno 2018.pdf
 
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Decreto 5 agosto 2011

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Decreto 5 agosto 2011

Decreto 5 agosto 2011: Professionisti antincendio Iscrizione elenchi MI

Procedure e requisiti per l'autorizzazione e l'iscrizione dei professionisti negli elenchi del Ministero dell'interno di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.

G.U. n.198 del 26 agosto 2011

Testo allegato consolidato 2018 con la modifica apportata dal Decreto 7 giugno 2016 (in rosso)

Decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139
...
Art 16 Procedure di prevenzione incendi

1. Le procedure di prevenzione incendi sono avviate dai comandi competenti per territorio su iniziativa dei titolari delle attivita' individuate ai sensi del comma 2.
I comandi provvedono all'esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonche' dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti; all'acquisizione delle segnalazioni certificate di inizio attivita'; all'effettuazione di controlli attraverso visite tecniche; all'istruttoria dei progetti in deroga all'integrale osservanza delle regole tecniche di prevenzione incendi; all'acquisizione della richiesta di rinnovo periodico della conformita' antincendio; ad ulteriori verifiche ed esami previsti da uno dei decreti del Presidente della Repubblica di cui al comma 2.

2. Con uno o piu' decreti del Presidente della Repubblica, da emanare a norma dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, sentito il Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi, sono individuati i locali, le attivita', i depositi, gli impianti e le industrie pericolose, in relazione alla detenzione ed all'impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano in caso di incendio gravi pericoli per l'incolumita' della vita e dei beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza, nonche' le disposizioni attuative relative alle procedure di prevenzione incendi e agli obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attivita'.

3. In relazione ad insediamenti industriali ed attivita' di tipo complesso, il comando puo' acquisire le valutazioni del Comitato tecnico regionale per la prevenzione incendi, ed avvalersi, per le visite tecniche, di esperti in materia designati dal Comitato stesso.

4. Il comando acquisisce dai soggetti responsabili delle attivita' di cui al comma 1 le certificazioni e le dichiarazioni attestanti la conformita' delle attivita' alla normativa di prevenzione incendi, rilasciate da enti, laboratori o professionisti, iscritti in albi professionali, autorizzati ed iscritti, a domanda, in appositi elenchi del Ministero dell'interno. Il rilascio delle autorizzazioni e l'iscrizione nei predetti elenchi sono subordinati al possesso dei requisiti stabiliti con decreto del Ministro dell'interno.

5. Qualora l'esito del procedimento rilevi la mancanza dei requisiti previsti dalle norme tecniche di prevenzione incendi, il comando adotta le misure urgenti anche ripristinatorie di messa in sicurezza dando comunicazione dell'esito degli accertamenti effettuati ai soggetti interessati, al sindaco, al prefetto e alle altre autorita' competenti, ai fini degli atti e delle determinazioni da adottare nei rispettivi ambiti di competenza. Le determinazioni assunte dal comando sono atti definitivi.

6. I titolari delle attivita' di cui al comma 2 hanno l'obbligo di attivare nuovamente le procedure di cui al presente articolo quando vi sono modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.

_______

Art. 1. Campo di applicazione

1. Il presente decreto individua i requisiti per l’iscrizione, a domanda, in appositi elenchi del Ministero dell’interno, dei professionisti iscritti in albi professionali, nonché il rilascio delle autorizzazioni ai sensi del comma 4 dell’art. 16, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.

Art. 2. Autorizzazione al rilascio delle certificazioni e delle dichiarazioni

1. I professionisti iscritti negli elenchi del Ministero dell’interno, nell’ambito delle rispettive competenze professionali stabilite dalle leggi e dai regolamenti vigenti, sono autorizzati al rilascio delle certifi cazioni e delle dichiarazioni di cui al comma 4, dell’art. 16, del decreto legislativo 8 marzo 2006 n. 139, alla redazione dei progetti elaborati con l’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio di cui al decreto del Ministro dell’interno 9 maggio 2007, nonché del relativo documento sul sistema di gestione della sicurezza antincendio.

Art. 3. Requisiti per l’iscrizione negli elenchi del Ministero dell’interno

1. Possono iscriversi, a domanda, negli elenchi del Ministero dell’interno i professionisti iscritti negli albi professionali, di seguito denominati professionisti, degli ingegneri, degli architetti-pianificatori-paesaggisti e conservatori, dei chimici, dei dottori agronomi e dottori forestali, dei geometri e dei geometri laureati, dei periti industriali e periti industriali laureati, degli agrotecnici ed agrotecnici laureati, dei periti agrari e periti agrari laureati, in possesso dei requisiti di cui al presente decreto.

2. Per l’iscrizione negli elenchi del Ministero dell’interno di cui al comma 1, i professionisti devono essere in possesso, alla data della presentazione della domanda, dei seguenti requisiti:

a) iscrizione all’albo professionale;
b) attestazione di frequenza con esito positivo del corso base di specializzazione di prevenzione incendi, di cui al successivo art. 4.

3. L’attestazione di cui al comma 2, lettera b), non è richiesta:

a) ai professionisti appartenuti, per almeno un anno, ai ruoli dei direttivi e dirigenti, degli ispettori e dei sostituti direttori antincendi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ed abbiano cessato di prestare servizio. Il requisito sarà comprovato dall’interessato all’Ordine o al Collegio professionale provinciale di appartenenza mediante attestazione rilasciata dal Ministero dell’interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, di seguito denominato Dipartimento;
b) ai dottori agronomi e dottori forestali, agrotecnici laureati, architetti-pianificatori-paesaggisti e conservatori, chimici, geometri laureati, ingegneri, periti agrari laureati e periti industriali laureati che comprovino di aver seguito favorevolmente, durante il corso degli studi universitari, uno dei corsi d’insegnamento di cui al successivo art. 5, comma 6. Per i suddetti professionisti è richiesto soltanto il superamento dell’esame inteso ad accertare l’idoneità dei candidati secondo quanto definito al successivo art. 5.

Art. 4. Programmi e organizzazione dei corsi

1. Il Dipartimento, sentiti i Consigli nazionali delle professioni elencate all’art. 3, stabilisce i programmi dei corsi base di specializzazione di prevenzione incendi, nonché la durata degli specifici insegnamenti.
2. I programmi dei corsi base di cui al comma 1 contengono almeno le materie di seguito indicate e prevedono un numero complessivo di ore di insegnamento non inferiore a centoventi:
a) obiettivi e fondamenti di prevenzione incendi;
b) fisica e chimica dell’incendio;
c) norme tecniche e criteri di prevenzione incendi e loro applicazione;
e) tecnologie dei sistemi e degli impianti di protezione attiva;
f) legislazione generale e direttive comunitarie di settore;
g) procedure di prevenzione incendi;
h) sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro;
i) valutazione del rischio e misure di sicurezza equivalenti;
l) approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio;
m) sistema di gestione della sicurezza antincendio (SGSA);
n) attività a rischio di incidente rilevante;
o) esercitazioni pratiche e visite formative presso attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.

3. La direzione e l’organizzazione dei singoli corsi è affidata ai seguenti soggetti organizzatori: Ordini e Collegi professionali provinciali o, d’intesa con gli stessi, Autorità scolastiche o universitarie.

4. La direzione e l’organizzazione dei singoli corsi è approvata dal Dipartimento, che valuta, con criteri di uniformità, le proposte che i soggetti organizzatori formulano.

5. Gli Ordini ed i Collegi professionali provinciali designano il responsabile del progetto formativo, al quale è affidato il compito di:
a) predisporre il modulo formativo in conformità con quanto previsto ai commi 1 e 2, da sottoporre all’approvazione del Dipartimento;
b) coordinare l’attività formativa;
c) proporre ai Consigli degli Ordini e dei Collegi professionali provinciali gli esperti qualifi cati per l’affidamento degli incarichi di docenza.

6. I soggetti organizzatori possono altresì proporre ai Consigli degli Ordini e dei Collegi professionali provinciali gli esperti qualificati per l’affi damento di incarichi di docenza.
7. Il Dipartimento, per la docenza dei corsi di cui al comma 1, può proporre ai Consigli degli Ordini e dei Collegi professionali provinciali funzionari appartenenti al ruoli tecnico-operativi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
8. I corsi si svolgono presso le strutture del Dipartimento, le università, gli istituti scolastici e le altre sedi indicate dai soggetti organizzatori.

Art. 5. Esame di fine corso e commissione esaminatrice

1. A conclusione di ogni corso base di specializzazione di prevenzione incendi, è previsto un esame inteso ad accertare l’idoneità dei partecipanti.
2. Qualora non superi l’esame, al candidato è consentito di ripeterlo e, in caso di ulteriore esito negativo, deve frequentare un nuovo corso.
3. La commissione preposta all’adempimento di cui al comma 1, è formata da un presidente e da almeno quattro componenti esperti, designati dalla direzione del corso, di cui almeno due appartenenti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
4. Il presidente della commissione preposta ad effettuare l’esame è il Capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco o suo delegato, per i corsi svolti presso le strutture centrali del Dipartimento, ovvero il direttore regionale dei vigili del fuoco competente per territorio o suo delegato, per i corsi svolti in altre sedi.
5. I soggetti organizzatori del corso, a seguito di favorevole esito dell’esame, rilasciano all’interessato l’attestazione di cui all’art. 3, comma 2, lettera b).
6. Le università abilitate al rilascio del titolo di dottore agronomo e dottore forestale, agrotecnico laureato, architetto-pianificatore-paesaggista e conservatore, chimico, geometra laureato, ingegnere, perito agrario laureato e perito industriale laureato, possono attivare, all’interno della propria offerta didattica, corsi di insegnamento aventi per oggetto le materie previste dai corsi base di specializzazione in prevenzione incendi ed elencate al comma 2 dell’art. 4 del presente decreto. I corsi dovranno prevedere un numero complessivo di ore non inferiore a centoventi di insegnamento, organizzate in lezioni, esercitazioni pratiche e visite formative. Per consentire a tali corsi di poter essere riconosciuti idonei al fine di quanto previsto all’art. 3, comma 3, lettera b), i relativi programmi di insegnamento devono essere preventivamente approvati dal Dipartimento.

Art. 6. Iscrizione negli elenchi del Ministero dell’interno

1. Le documentate richieste di iscrizione dei professionisti negli appositi elenchi di cui all’art. 1, sono inviate dagli interessati agli Ordini ed ai Collegi professionali provinciali competenti.
2. Gli Ordini ed i Collegi professionali provinciali verificano la validità dell’istanza e la sussistenza dei requisiti previsti nel presente decreto, entro sessanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza stessa. Nel medesimo termine, in esito alle favorevoli risultanze dell’esame degli atti, gli Ordini e i Collegi professionali provinciali, provvedono ad assegnare il codice di individuazione, da comunicare al professionista, e ad aggiornare gli elenchi del Ministero dell’interno attraverso le modalità telematiche individuate dal Dipartimento, d’intesa con i Consigli nazionali delle professioni.
3. Il codice di individuazione è unico ed è costituito dalla sequenza alfanumerica indicante nell’ordine:
a) la sigla della provincia sede dell’Ordine o del Collegio professionale provinciale;
b) il numero di iscrizione all’albo professionale;
c) la lettera indicante la professione: R per dottori agronomi e dottori forestali, B per agrotecnici ed agrotecnici laureati, A per architetti, C per chimici, G per geometri e geometri laureati, I per ingegneri, T per periti agrari e periti agrari laureati, P per periti industriali e periti industriali laureati;
d) il numero progressivo rilasciato dall’Ordine o dal Collegio professionale provinciale.
4. Con le stesse modalità individuate dal Dipartimento ai sensi del comma 2, gli Ordini ed i Collegi professionali provinciali provvedono ad aggiornare gli elenchi di cui all’art. 1, anche mediante la cancellazione o sospensione, in caso di mancanza dei requisiti previsti per il mantenimento dell’iscrizione.

Art. 7. Requisiti per il mantenimento dell’ iscrizione negli elenchi del Ministero dell’interno

1. Per il mantenimento dell’iscrizione negli elenchi del Ministero dell’interno di cui all’art. 1, i professionisti devono effettuare ogni cinque anni corsi o seminari di aggiornamento in materia di prevenzione incendi della durata complessiva di almeno quaranta ore. Il termine dei cinque anni decorre: 
a) dalla data di iscrizione negli elenchi di cui all’art. 1; 
b) dalla data di riattivazione dell’iscrizione stessa in caso di sospensione per l’inadempienza di cui al comma 2; 
c) dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per i professionisti già iscritti alla medesima data negli elenchi di cui all’art. 1..
2. In caso di inadempienza di quanto previsto al comma 1, il professionista è sospeso dagli elenchi sino ad avvenuto adempimento.
3. I programmi dei corsi e dei seminari di aggiornamento tengono conto della innovazione tecnologica e degli aggiornamenti normativi e sono stabiliti con provvedimento del Dipartimento, entiti i Consigli nazionali delle professioni elencate all’art. 3.
4. I corsi e i seminari di aggiornamento sono organizzati dai soggetti organizzatori di cui all’art. 4, comma 3, o dalle strutture centrali e periferiche del Dipartimento.
5. Il soggetto organizzatore trasmette il programma del corso o del seminario di aggiornamento, con l’individuazione dei relativi docenti, al Dipartimento. Decorsi quindici giorni dalla data di ricezione senza risposta, il corso si intende autorizzato.
6. Per comprovare l’effettuazione del corso o del seminario di aggiornamento, l’interessato trasmette all’Ordine o al Collegio professionale provinciale di appartenenza il relativo attestato di frequenza, rilasciato dal soggetto organizzatore.
7. Al termine del corso o seminario di aggiornamento, il soggetto organizzatore trasmette l’elenco dei partecipanti agli Ordini o ai Collegi professionali provinciali di rispettiva appartenenza.
8. Il Dipartimento può effettuare controlli sul corretto adempimento, da parte dei soggetti organizzatori, in ordine a quanto stabilito dal presente decreto per l’organizzazione dei corsi base e di aggiornamento nonché dei seminari di aggiornamento.

Art. 8. Disposizioni finali

1. Restano valide le iscrizioni dei professionisti già iscritti negli elenchi del Ministero dell’interno, alla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Sono fatti salvi i corsi autorizzati e i relativi effetti giuridici prodotti fi no alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Art. 9. Abrogazioni ed entrata in vigore

1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati:
a) il decreto del Ministro dell’interno 3 maggio 1986, recante «Procedure e requisiti per l’autorizzazione e l’iscrizione dei dottori agronomi, dei dottori forestali e dei periti agrari negli elenchi del Ministero dell’interno di cui alla legge 7 dicembre 1984, n. 818. Delimitazione del settore di operatività di tali professionisti nel campo della prevenzione incendi», pubblicato ella Gazzetta Uffiiale della Repubblica italiana n. 112 del 16 maggio 1986;
b) il decreto del Ministro dell’interno 27 aprile 2005, recante «Procedure e requisiti per l’autorizzazione e l’iscrizione degli agrotecnici ed agrotecnici laureati negli elenchi del Ministero dell’interno, di cui alla legge n. 7 dicembre 1984, n. 818. Delimitazione del settore di operatività di tali professionisti nel campo della prevenzione incendi», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 107 del 10 maggio 2005;
c) il decreto del Ministro dell’interno 30 aprile 1993, recante «Pubblicazione degli elenchi dei professionisti di cui alla legge n. 7 dicembre 1984, n. 818, concernente nullaosta provvisorio per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, modifi ca degli articoli 2 e 3 della legge n. 4 marzo 1982, n. 66, e norme integrative dell’ordinamento del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco».
2. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 5 agosto 2011

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Centrali elettriche ed elettrodotti

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Centrali elettriche ed elettrodotti

Centrali elettriche ed elettrodotti

ID 7442 | 26.12.2018

Rischi industriali - Centrali elettriche ed elettrodotti: Raccolta Normativa nazionale e Circolari  

Normativa Nazionale

Legge 23 agosto 2004, n. 239 "Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia". (G.U. n. 215 del 13 settembre 2004)

Legge 27 ottobre 2003, n. 290 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, recante disposizioni urgenti per la sicurezza del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica. Deleghe al Governo in materia di remunerazione della capacità produttiva di energia elettrica e di espropriazione per pubblica utilità". (G.U. n. 251 del 28 ottobre 2003)

Legge 55 del 9 aprile 2002 "Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale". (G.U. n. 84 del 10 Aprile 2002)

Art. 1. Legge 55 del 9 aprile 2002  Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale

1. Al fine di evitare il pericolo di interruzione di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale, sino alla determinazione dei principi fondamentali della materia in attuazione dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, e comunque non oltre il 31 dicembre 2003, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonche' le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi, sono dichiarati opere di pubblica utilita' e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attivita' produttive, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, fatto salvo quanto previsto al comma 4, costituendo titolo a costruire e ad esercire l'impianto in conformita' al progetto approvato. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni.

2. L'autorizzazione di cui al comma 1 e' rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalita' di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, d'intesa con la regione interessata. Ai soli fini del rilascio della valutazione di impatto ambientale (VIA), alle opere di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla legge 8 luglio 1986, n. 349, e al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, e successive modificazioni. Fino al recepimento della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, tale autorizzazione comprende l'autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle Amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali. L'esito positivo della VIA costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio. L'istruttoria si conclude (una volta acquisita la VIA ) in ogni caso entro il termine di centottanta giorni dalla data di presentazione della richiesta, comprensiva del progetto preliminare e dello studio di impatto ambientale.

3. L'autorizzazione di cui al comma 1 indica le prescrizioni e gli obblighi di informativa posti a carico del soggetto proponente per garantire il coordinamento e la salvaguardia del sistema elettrico nazionale e la tutela ambientale, nonche' il termine entro il quale l'iniziativa e' realizzata. Per il rilascio dell'autorizzazione e' fatto obbligo di richiedere il parere motivato del comune e della provincia nel cui territorio ricadono le opere di cui al comma 1. Il rilascio del parere non puo' incidere sul rispetto del termine di cui al comma 2. Qualora le opere di cui al comma 1 comportino variazioni degli strumenti urbanistici e del piano regolatore portuale, il rilascio dell'autorizzazione ha effetto di variante urbanistica. La regione competente puo' promuovere accordi tra il proponente e gli enti locali interessati dagli interventi di cui al comma 1 per l'individuazione di misure di compensazione e riequilibrio ambientale. 

3-bis. Il Ministero delle attivita' produttive, le regioni, l'Unione delle province d'Italia (UPI) e l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) costituiscono un comitato paritetico per il monitoraggio congiunto dell'efficacia delle disposizioni del presente decreto e la valutazione dell'adeguatezza della nuova potenza installata. 

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di VIA, ovvero risulti in via di conclusione il relativo procedimento, su dichiarazione del proponente.

4-bis. Nel caso di impianti ubicati nei territori di comuni adiacenti ad altre regioni, queste ultime sono comunque sentite nell'ambito della procedura di VIA. 

5. Fino al 31 dicembre 2003 e' sospesa l'efficacia dell'allegato IV al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989, dell'articolo 15 della legge 2 agosto 1975, n. 393, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1998, n. 53, relativamente alle centrali termoelettriche e turbogas, alimentate da fonti convenzionali, di potenza termica complessiva superiore a 300 MW. Restano fermi gli obblighi di corresponsione dei contributi dovuti sulla base delle convenzioni in essere. 

5-bis. Le disposizioni del presente decreto si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le disposizioni degli statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione.

Lettere Circolari

Lettera circolare DCPREV n. 12867 del 17/10/2012 Infrastrutture energetiche strategiche. Autorizzazioni ai sensi della Legge 4 Aprile 2012 n. 35.

Circolare MiSE n. 16268 del 13/08/2012 Disposizioni per le infrastrutture energetiche strategiche.

L.C. prot. n. 7714 del 04/06/2012 Impianti termoelettrici di potenza superiore a 300 MW termici. Autorizzazioni ai sensi della Legge 9 Aprile 2002, n. 55.

L.C. prot. DCPREV/10925 del 15/07/2010 Rete nazionale di trasporto dell'energia elettrica. Autorizzazioni ai sensi della legge n. 239 del 23/08/2004. Importo del versamento per l'esame progetto.

L.C. n. 7075 del 27/04/2010 Rete nazionale di trasporto dell'energia elettrica. Parere dei Comandi Provinciali Vigili del Fuoco.

Circolare prot. n. 3300 del 06/03/2019 Rete nazionale di trasporto dell'energia elettrica. Autorizzazioni ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 239

...

Fonte: VVF

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Decreto 20 ottobre 1998

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Decreto 12 gennaio 2018

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Decreto 12 gennaio 2018

Decreto 12 gennaio 2018

Servizio antincendio boschivo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Articolo 9 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177

(GU n. 18 del del 23 gennaio 2018)

D.Lgs 19 agosto 2016, n. 177
..
Art. 9 Attribuzione al Corpo nazionale dei vigili del fuoco di specifiche competenze del Corpo forestale dello Stato

1. In relazione a quanto previsto all'articolo 7, comma 1, ferme restando le attribuzioni delle regioni e degli enti locali, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono attribuite le seguenti competenze del Corpo forestale dello Stato in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e spegnimento con mezzi aerei degli stessi:

a) concorso con le regioni nel contrasto degli incendi boschivi con l'ausilio di mezzi da terra e aerei nelle attivita' di cui all'articolo 7, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 353, sulla base di accordi di programma;
b) coordinamento delle operazioni di spegnimento, d'intesa con le regioni, sulla base di accordi di programma, anche per quanto concerne l'impiego dei gruppi di volontariato antincendi (AIB);
c) partecipazione alla struttura di coordinamento nazionale e a quelle regionali.
c-bis) espressione, per la parte di competenza, dei pareri di cui all'articolo 8 della legge 21 novembre 2000, n. 353.

2. Per l'espletamento delle competenze di cui al comma 1 ed in relazione al trasferimento delle risorse di cui al successivo articolo 13, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ed il Ministro dell'economia e finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinate:

a) l'individuazione, nell'ambito del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del servizio antincendio boschivo e la sua articolazione in strutture centrali e territoriali;
b) l'attivita' di coordinamento dei Nuclei operativi speciali e dei Centri operativi antincendio boschivo del Corpo forestale dello Stato, trasferita al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, tramite le direzioni regionali.

3. Per le esigenze addestrative del personale impegnato nella lotta attiva contro gli incendi boschivi anche con mezzi aerei, con specifici protocolli d'intesa adottati tra l'Arma dei carabinieri e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono individuate modalita' di utilizzo congiunto dei relativi centri di formazione confluiti nell'Arma dei carabinieri.
...

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Documento Valutazione Rischio Atmosfere Esplosive: Modello conforme a CEI 31-35

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ATEX: Documento di Zonizzazione e Valutazione Rischio Atmosfere Esplosive 

ID 891 | 25.11.2016

Decreto Legislativo 9 Aprile 2008, n. 81 Titolo XI - Protezione da Atmosfere Esplosive

Relazione tecnica di classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione per la presenza di gas, vapori o nebbie infiammabili 

La presente Relazione di Valutazione del Rischio Atmosfere Esplosive è strutturata in accordo con la Guida CEI 31-35 Appendice GD che fornisce un esempio di Relazione tecnica e di Planimetria di classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione per la presenza di gas, vapori o nebbie infiammabili.

EN 60079-10-1 Atmosfere esplosive - Parte 10-1: Classificazione dei luoghi. Atmosfere esplosive per la presenza di gas

Guida CEI 31-35 2012 Atmosfere esplosive
Guida alla classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di gas in applicazione Norma CEI EN 60079-10-1

I contenuti della presente Relazione non devono essere applicati in modo acritico, ma correlati alla situazione reale che si presenta caso per caso.

La stesura della relazione conforme alla Guida CEI 31-35 è Stato di Buona Tecnica per il rispetto di quanto previsto sulla Valutazione dei Rischi in applicazione del Testo Unico Sicurezza D. Lgs. 81/2008 - Titolo XI Protezione Atmosfere Esplosive.

Attenzione!

Abrogata la Guida CEI 31-35:2012 e Variante V1:2014 in data 14 ottobre 2018

La Guida CEI 31-35 è abrogata dal 14 ottobre 2018 in quanto la Norma di riferimento CEI EN 60079-10-1:2010-01 (CEI 31-87) è superata da edizione successiva.

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 56952 | 18 Dicembre 2018

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Sentenze cassazione penale

Esalazioni di acido solfidrico all'interno della cisterna di raccolta acqua piovana

Morte di due lavoratori - Carenze organizzative e mancanza di formazione

Penale Sent. Sez. 4 Num. 56952 Anno 2018
Presidente: MONTAGNI ANDREA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 23/10/2018

Fatto 

1. Con sentenza del 10.10.2017 la Corte di appello di Bari, in riforma della sentenza emessa dal GUP di Bari in sede di giudizio abbreviato, per quanto qui interessa, ha assolto M.R. dal reato di omicidio colposo in danno dei lavoratori G.P. e B.A., per non aver commesso il fatto; ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di D.T. in ordine alle contravvenzioni a lui contestate perché estinte per prescrizione, rideterminando la pena nei suoi confronti in mesi 10 e giorni 20 di reclusione; per il resto, ha confermato la declaratoria di penale responsabilità del D.T. in ordine al predetto reato di omicidio colposo.
1.1. I due lavoratori deceduti erano dipendenti del D.T., titolare dell'omonima ditta che nell'occorso agiva quale subappaltatrice della S.p.a. Italiana Costruzioni, che aveva in appalto lavori per conto della committente S.p.a. Casa Olearia Italiana per la manutenzione, fra le altre cose, di cisterne e vasche per la raccolta di acque meteoriche. Nell'ambito di tale rapporto, che durava da diversi anni, i due lavoratori avevano ricevuto disposizioni da O.D., cognato dell'amministratore unico della ditta Casa Olearia Italiana S.p.a., L.M., di eseguire lavori per rendere nuovamente fungibile una cisterna per la raccolta delle acque piovane sita presso la sede della ditta stessa. Qualche giorno dopo, il 18.8.2006, il G.P. e l'B.A. si recavano, di propria iniziativa, presso tale ditta per portare a compimento l'operazione richiesta, senza che nessuno li vedesse o ne fosse a conoscenza; si addentravano nella cisterna e, a causa delle esalazioni di acido solfidrico, perdevano la vita per anossia cerebrale.
1.2. La Corte di appello, riconosciuta l'assoluta imprudenza nell'occorso delle due vittime, non avendo costoro adottato le opportune cautele, munendosi di adeguati dispositivi di protezione (imbracatura, mascherine e bombole d'ossigeno), pur rinvenute nel luogo del sinistro, ha escluso che tale comportamento dei due dipendenti assumesse valore di causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l'evento, trattandosi di operazione rientrante a pieno titolo nelle loro mansioni, e quindi non anomala né esorbitante o imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere.
1.3. Pertanto, conformemente con quanto stabilito dal primo giudice, ha ritenuto il D.T. responsabile dell'evento mortale, poiché costui, in qualità di datore di lavoro, «aveva l'obbligo di vigilare sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza e sulla conformità della condotta dei dipendenti alle regole di cautela»’, ha aggiunto che la mancata conoscenza, da parte del D.T., di tale intervento non ne escludeva la responsabilità, in quanto ciò era indicativo di una notevole disorganizzazione nella gestione dell'attività lavorativa, in buona parte affidata al G.P., che normalmente comunicava con i L.M. per conto del D.T..
1.4. La Corte di merito ha invece ribaltato in assoluzione il giudizio di condanna del primo giudice nei confronti di M.R., designato quale RSPP dalla Casa Olearia S.p.a. Al riguardo ha ritenuto che al prevenuto non fosse addebitabile alcuna violazione degli obblighi su di lui incombenti di analisi dei rischi delle attività aziendali e di compiuta informativa dei medesimi nei confronti del datore di lavoro e dei lavoratori, con particolare riguardo ai rischi connessi ai lavori svolti in vasche e cisterne.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto distinti ricorsi per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bari, la parte civile M.A. e altri nonché l'imputato D.T..
3. Il ricorso del Procuratore generale impugna la pronuncia assolutoria nei confronti di M.R., lamentando vizio di motivazione.
Deduce che la Corte di appello ha assolto il M.R. inopinatamente e senza motivazioni idonee a giustificare la riforma della sentenza di condanna di primo grado, senza delineare le linee portanti del proprio alternativo ragionamento probatorio e omettendo di confutare in modo specifico e compiuto i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza. Nel caso di specie, invece, il giudice di appello si sarebbe limitato ad una affermazione "fideistica" sull'avere il M.R. posto in essere quanto a lui richiesto in tema di prevenzione e protezione.
4. Il ricorso della parte civile M.A. e altri, condividendo le censure del Procuratore generale, lamenta il vizio di motivazione della sentenza impugnata, ritenendo che la stessa non consenta di individuare i passaggi logico-giuridici attraverso i quali la Corte di merito abbia ritenuto accertati i presupposti di fatto sui quali si basa l'assoluzione dell'imputato M.R., quando le emergenze probatorie conducono gli esiti del giudizio in senso diametralmente opposto.
Assume che non corrisponde al vero che il M.R. abbia predisposto un articolato piano di prevenzione rispetto agli operai della ditta D.T. che operavano in regime di appalto nella stabilimento della ditta appaltante. I due lavoratori deceduti erano operai edili non specializzati privi di apposite conoscenze e qualifiche. Denuncia la colposa disorganizzazione del M.R. che non aveva predisposto un adeguato servizio di vigilanza ed informazione presso la ditta nel periodo feriale. Nessuno si era preso cura di attenzionare gli operai dei rischi insiti nel calarsi nel tombino. 
Lamenta, inoltre, che la natura simmetrica del processo penale impone al giudice di secondo grado che desideri procedere al ribaltamento della decisione assunta dal giudice di primo grado, sulla base di una opposta valutazione delle prove dichiarative, di procedere alla rinnovazione di tali prove, rinnovazione che nel caso in disamina non risulta effettuata.
5. Il ricorso dell'imputato D.T. lamenta quanto segue.
5.1. Con il primo motivo, denuncia vizio di motivazione in relazione alla mancata quantificazione/valutazione del concorso di colpa delle vittime nel verificarsi dell'incidente sul lavoro, pur incontrovertibilmente riconosciuto in sentenza, anche a fini di mera quantificazione della pena ai sensi dell'art. 114 cod. pen.
5.2. Con il secondo motivo, denuncia contraddittorietà della motivazione nella valutazione della responsabilità del ricorrente rispetto a quella del coimputato M.R..
Osserva che la sentenza ha stabilito che al M.R., quale RSPP della ditta Casa Olearia, non è addebitabile la mancata analisi del rischio connesso alla lavorazione e la carente informativa dei lavoratori stessi rispetto al medesimo. Pertanto nel caso di specie era stata effettuata adeguata analisi del rischio connesso alla manutenzione delle vasche ed erogata adeguata informativa ai lavoratori stessi del rischio in questione. La Corte territoriale ha parimenti accertato che il D.T. non era stato avvertito né del lavoro da eseguire, né della decisione dei due operai di portarsi sul cantiere per eseguire il lavoro, visto che quel giorno era prevista una diversa attività (scarico di una nave nel porto di Monopoli), poi annullata. Anche per il D.T. il cantiere di Casa Olearia era chiuso per ferie. Pertanto l'affermazione di penale responsabilità del D.T. risulta in contraddizione logica con l'affermazione secondo cui il M.R. aveva approntato idonea "procedura operativa per la pulizia di serbatoi e vasche fuori terra e interrate".
Deduce la illogicità dell'affermazione di responsabilità del D.T. per colpa in materia di sicurezza sul lavoro con riferimento ad un compito dallo stesso non organizzato, non demandato a chicchessia e di cui non era addirittura a conoscenza.
Contesta, inoltre, l'argomentazione della Corte barese secondo cui la responsabilità del ricorrente si fonderebbe anche sulla «notevole disorganizzazione nella gestione dell'attività lavorativa, la quale era affidata in buona parte al G.P.» il quale «addirittura, si occupava della formazione dei lavoratori della ditta in ordine ai rischi lavorativi». In proposito osserva che la legge impone soltanto un obbligo di erogazione della formazione utile alla sicurezza dei propri dipendenti, mentre non regolamenta le specifiche modalità di somministrazione di tale attività formativa.
5.3. Con il terzo motivo, denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 589 cod. pen. e all'art. 28 d.lgs. n. 81/2008.
Deduce che la Corte di appello, per giustificare il suo immotivato approdo colpevolista, muove sull'aspetto dell'obbligo di informazione nei confronti dei lavoratori in una critica tanto generica, quanto imperscrutabile alle modalità di somministrazione di tale obbligo, di cui però (contraddittoriamente ed illogicamente) dà in concreto atto del relativo adempimento da parte del datore di lavoro. In punto di diritto osserva, però, che il legislatore ha preferito non codificare le forme di somministrazione delle informazioni obbligatorie da parte del datore di lavoro ai suoi dipendenti: l'importante, secondo l'art. 36 d.lgs. n. 81/2008, è che il contenuto dell'informazione sia "facilmente comprensibile per i lavoratori" e raggiunga lo scopo di "consentire loro di acquisire le relative conoscenze". La sentenza impugnata non ha accertato l'inadeguatezza della formazione dei lavoratori deceduti; al contrario, mandando assolto il M.R., ha statuito esattamente l'opposto. Del resto, solo il lavoratore che conosce i pericoli cui è esposto, può correttamente prendersi cura di sé medesimo e dei compagni, come previsto dall'art. 20 del Testo Unico. Né può richiedersi al datore di lavoro un obbligo di controllo "fino alla pedanteria" di quello che fa il lavoratore, soprattutto se, come nel caso, il ricorrente non era stato nemmeno informato della lavorazione. L'obbligo di informazione, formazione ed addestramento va evaso proprio perché del lavoratore bisognerà, poi, potersi fidare. Quanto più il lavoratore sarà messo in grado di gestire autonomamente il rischio, tanto più il datore di lavoro vedrà limitata la propria responsabilità. Nel caso in disamina, il rischio affrontato era ben noto ai lavoratori, i quali erano consapevoli delle misure di sicurezza da adottare attraverso strumenti idonei messi a disposizione dei lavoratori (ma colpevolmente non utilizzati dagli stessi).
Il vizio di fondo della sentenza impugnata, sulla scorta di quanto precede, è quello di non avere valorizzato la condotta imprudente degli operai deceduti quale causa sopravvenuta sufficiente di per sé sola a determinare il tragico evento, avendo la stessa innescato un rischio nuovo ed incommensurabile.
Ritiene, in ogni caso, che non possa individuarsi alcuna colpa nella condotta del datore di lavoro, il quale non ha commesso alcuna azione o omissione violativa di regole cautelari, eziologicamente ricollegabile all'evento mortale.
5.4. Con il quarto motivo, denuncia la carenza di motivazione in ordine all'accertamento del nesso causale tra omissione ed evento, con particolare riguardo al giudizio di prevedibilità in concreto dell'incidente mortale da parte del datore di lavoro. 
6. Sono state depositate note difensive da parte del difensore di M.R., con le quali, nel ritenere accertata, sulla base della ricostruzione dei fatti, l'interruzione del nesso di causalità fra le condotte contestate e l'evento, riscontra l'aspecificità e manifesta infondatezza dei ricorsi proposti dal Procuratore generale territoriale e dalle parti civili, di cui invoca l'inammissibilità.

Diritto

1. I ricorsi del Procuratore generale e della parti civili sono infondati e vanno, quindi, rigettati.
1.1. Si tratta di ricorsi i cui motivi sono ai limiti della inammissibilità, in quanto prospettano, in prevalenza, generiche censure di merito, essendo accomunati dal fatto che essi contestano a vario titolo la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte territoriale in relazione alla posizione di responsabilità del M.R. con riferimento all'incidente mortale in disamina.
Giova qui ribadire che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità «deve essere limitato soltanto a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l'adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali» (in tal senso, ex plurimis, Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 1996, Rv. 203272).
Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite, le quali hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207945). La Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica deM'art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasta preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del 23/03/2006, Rv. 234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 1, n. 1769 del 23/03/1995, Rv. 201177; Sez. 6, n. 22445 in data 8.05.2009, Rv. 244181).
1.2. Nel caso in disamina, con specifico riferimento alla posizione del M.R., la Corte territoriale ha congruamente e logicamente motivato in ordine alla esclusione di responsabilità del medesimo, accertando che costui aveva stilato idonea documentazione nella quale si dava atto dei rischi connessi ai lavori svolti in vasche e cisterne, ed inoltre aveva messo a disposizione dei dipendenti i necessari dispositivi di protezione utili allo svolgimento delle predette mansioni, garantendo la salubrità dei luoghi di lavoro.
In tal modo, il giudice di appello ha riscontrato l'assenza di specifiche omissioni colpose addebitabili al M.R., in linea con l'insegnamento di questa Corte secondo cui il responsabile del servizio di prevenzione e protezione risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, solo degli eventi dannosi derivati dai suoi suggerimenti sbagliati o dalla mancata segnalazione di situazioni di rischio, dovuti ad imperizia, negligenza, inosservanza di leggi o discipline, che abbiano indotto il secondo ad omettere l'adozione di misure prevenzionali doverose (Sez. 4, n. 2814 del 21/12/2010 - dep. 27/01/2011, Di Mascio, Rv. 24962601). Nulla di tutto questo è stato riscontrato dalla Corte territoriale, e le opposte considerazioni dei ricorrenti, secondo cui le emergenze probatorie condurrebbero gli esiti del giudizio in senso diametralmente opposto, pretendono di ottenere dalla Corte di cassazione una rivalutazione dei dati probatori finalizzata ad una diversa ed alternativa ricostruzione dei fatti che non è consentita in sede di legittimità, a fronte di una motivazione che non può dirsi affetta da incoerenza o da manifesta illogicità.
1.3. Per il resto, le doglianze dei ricorrenti in ordine a presunti vizi motivazionali da cui sarebbe affetta la sentenza impugnata sono generiche ed inconsistenti, posto che neanche vengono indicati quali sarebbero i punti decisivi o rilevanti che non sarebbero stati compiutamente affrontati dal giudice di appello rispetto alle argomentazioni della sentenza di primo grado, al di là dell'asserita gestione "familiare" della ditta presso cui il M.R. prestava servizio, dato che di per sé solo appare neutro rispetto al più ampio tema della sussistenza di specifiche omissioni addebitabili al M.R..
1.4. Non sono poi fondate le censure articolate dalle parti civili in merito all'obbligo da parte del giudice di appello, prima di decidere in senso assolutorio, di procedere alla rinnovazione istruttoria delle prove dichiarative. 
Al riguardo è stato ormai definitivamente affermato il principio secondo cui il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado non ha l'obbligo di rinnovare l'istruzione dibattimentale mediante l'esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive, ma deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017 - dep. 2018, P.G. in proc. Troise, Rv. 27243001). L'autorevole consesso ha chiarito che il principio della presunzione di non colpevolezza svolge un fondamentale ruolo di riequilibrio dell'ordine processuale, poiché, mentre il pubblico ministero è tenuto a provare i fatti costitutivi di un reato "al di là di ogni ragionevole dubbio", per l'imputato è sufficiente insinuare il dubbio circa l'esistenza di elementi negativi a discarico o impeditivi ai fini dell'accertamento della sua responsabilità. Ne discende che il sistema del processo penale - contrariamente a quanto affermato in ricorso - non presenta affatto un'architettura simmetrica, rilevando in tale prospettiva le implicazioni sottese alle regole di applicazione del principio posto dall'art. 27, secondo comma, Cost., con il corrispondente quadro normativo ordinario delineato negli artt. 530, comma 2, e 533, comma 1, cod. proc. pen. L'asimmetricità del sistema è conseguenza proprio delle regole di giudizio di cui ai predetti articoli, che impongono la condanna solo se la colpevolezza dell'imputato è provata «al di là di ogni ragionevole dubbio», mentre l'assoluzione può (e deve) essere pronunciata «anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l'imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile». La necessità di rinnovazione istruttoria delle prove dichiarative decisive - anche in caso di giudizio abbreviato - serve a vincere il ragionevole dubbio; dubbio rappresentato, appunto, da una precedente sentenza di assoluzione. L'assoluzione dopo una condanna, invece, non deve superare alcun dubbio, perché è la condanna che deve intervenire al di là di ogni ragionevole dubbio, non certo l'assoluzione (giusta la regola di cui all'art. 530, comma 2, cod. proc. pen.).
2. Anche il ricorso del D.T. è infondato e meritevole di rigetto.
2.1. Quanto al primo motivo, è appena il caso di rilevare che la questione del concorso di colpa della vittima non è stata specificamente dedotta nell'atto di appello, pertanto la stessa non può essere esaminata in sede di legittimità (cfr. Sez. 3, n. 27120 del 05/03/2015, Ottonello e altro). 
2.2. Quanto al secondo motivo, si osserva che non è dato riscontrare alcuna contraddittorietà nel percorso argomentativo della sentenza impugnata in ordine alla valutazione della responsabilità del ricorrente rispetto a quella del M.R..
In primo luogo, non possono ritenersi equivalenti le posizioni di responsabilità del D.T. e del M.R. rispetto all'Infortunio mortale in esame, che ha riguardato due dipendenti del D.T., mentre il M.R. era responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) di una ditta diversa rispetto a quella del D.T..
E' infatti evidente che laddove la Corte di appello addebita al D.T. profili colposi che attengono, essenzialmente, alla riscontrata disorganizzazione aziendale della ditta in cui operavano i lavoratori deceduti, viene in rilievo la specifica posizione del D.T. quale datore di lavoro, in alcun modo equiparabile, sotto il profilo degli obblighi riconducibili a tale posizione di garanzia, con quella del M.R. quale RSPP di una ditta diversa.
Sotto un diverso, ma connesso, profilo, il riscontrato deficit di formazione dei lavoratori deceduti, cui si accenna anche nella sentenza di primo grado, non può che essere imputato al datore di lavoro - e non certo allo RSPP di un'altra azienda - avuto riguardo al ruolo centrale di tale figura nel sistema prevenzionistico, quale primo destinatario del generale obbligo di sicurezza di cui all'art. 2087 cod. civ., in quanto garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro (Sez. 4, n. 4361 del 21 ottobre 2014, Ottino, Rv. 26320001); e fra i numerosi obblighi a suo carico in tale ambito, è sempre sul datore di lavoro che grava il fondamentale obbligo di formazione ed informazione dei lavoratori (Sez. 4, n. 39765 del 19 maggio 2015, Vallani, Rv. 26517801; Sez. 4, n. 21242 del 12 febbraio 2014, Nogherot, Rv. 25921901).
La circostanza che il D.T. non fosse stato avvertito del lavoro da eseguire da parte dei suoi due dipendenti, è stata adeguatamente considerata nella sentenza impugnata, che in maniera congrua e razionale, oltre che corretta in diritto, ne ha inferito che ciò non esonerava il D.T. dagli obblighi a lui attribuiti ex lege, denotando anzi proprio tale circostanza una notevole disorganizzazione nella gestione dell'attività lavorativa, nonostante i doveri incombenti sul datore di lavoro di organizzare in maniera tecnicamente adeguata l'attività lavorativa dei dipendenti in maniera tale da assicurarne la sicurezza, anche in presenza di comportamenti colposi degli stessi; cui sono ricollegabili gli ulteriori doveri, sempre incombenti sul datore di lavoro, di prevenzione informativa e formativa del personale nonché di necessaria vigilanza e controllo sull'operato dei propri subordinati.
Il datore di lavoro non può invocare a propria scusa il principio di affidamento, assumendo che l’attività del lavoratore era imprevedibile, essendo ciò doppiamente erroneo, da un lato in quanto l'operatività del detto principio riguarda i fatti prevedibili e dall'altro atteso che esso comunque non opera nelle situazioni in cui sussiste una posizione di garanzia, come certamente è quella del datore di lavoro (Sez. 4, n. 12115 del 03/06/1999, Grande A, Rv. 21499701).
L'addebito che viene mosso al D.T., sulla base di una valutazione del compendio probatorio e di un iter motivazionale che non è sindacabile in questa sede in quanto non affetto da incongruenza o manifesta illogicità, è essenzialmente quello di avere approntato un sistema di sicurezza aziendale che presentava delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli (Sez. 4, n. 22813 del 21/04/2015, Palazzolo).
Del resto, proprio dalle accertate modalità con le quali si è verificato l'infortunio mortale in disamina, sono state desunte le carenze organizzative ed il deficit di formazione dei lavoratori, imputabili al datore di lavoro D.T., tenuto conto della riscontrata imprudenza con la quale il G.P. e l'B.A. hanno posto in essere l'attività rivelatasi fatale, calandosi nella cisterna senza munirsi degli adeguati dispositivi di protezione (imbracatura, mascherine e bombole d'ossigeno). In tale ottica va letta l'affermazione della Corte di appello in ordine al deficit organizzativo e di formazione addebitabile al D.T., essendo stato accertato che tali aspetti - fondamentali in materia di sicurezza - erano stati informalmente delegati proprio al G.P., rivelando così la palese ed indebita sottrazione del D.T. agli obblighi prevenzionistici su di lui specificamente incombenti ai sensi di legge.
In definitiva, la sentenza impugnata ha esaurientemente argomentato in ordine alle omissioni colpose imputabili al D.T., cui viene, fondamentalmente, rimproverato di avere indebitamente "lasciato a loro stessi" il G.P. e l'B.A. nello svolgimento di una attività lavorativa pericolosa, disinteressandosi dei profili di organizzazione aziendale e di necessaria formazione dei dipendenti sotto il profilo della sicurezza prevenzionistica.
2.3. Il terzo motivo è parimenti infondato, per le stesse ragioni che sono già state dianzi rappresentate.
L'inadeguatezza della formazione dei lavoratori da parte del D.T. è stata desunta, con motivazione logica e insindacabile in questa sede, proprio a ragione delle modalità di verificazione dell'incidente lavorativo, particolarmente indicativo di un deficit di formazione dei lavoratori. Il datore di lavoro, per quanto consta dalla sentenza impugnata, non ha adempiuto all'obbligo di legge su di lui direttamente incombente di somministrare ai suoi dipendenti adeguata informazione sui rischi generali e specifici per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività dell'impresa ed in relazione all'attività svolta, ai sensi dell'art. 36 d.lgs. n. 81/2008.
Le sentenze di merito hanno concordemente e correttamente evidenziato come il comportamento dei lavoratori non possa essere qualificabile come anomalo o imprevedibile, così da escludere la responsabilità del datore di lavoro, posto che il G.P. e l'B.A. hanno posto in essere un'operazione sicuramente rientrante nelle mansioni loro delegate. Non vi è, perciò, spazio - diversamente da quanto asserito dal ricorrente - per valorizzare la condotta imprudente degli operai deceduti quale causa sopravvenuta sufficiente di per sé sola a determinare il tragico evento, non potendosi affermare che la detta attività abbia innescato un rischio nuovo ed incommensurabile rispetto a quello ordinariamente derivante dalla medesima attività.
2.4. Il quarto motivo è manifestamente infondato, atteso che nel caso di specie non si pone un problema di prevedibilità in concreto dell'Incidente mortale da parte del datore di lavoro, venendo in rilievo profili di colpa specifici che già di per sé contengono un giudizio di prevedibilità, immanente alle regole cautelari violate, specificamente finalizzate a prevenire il rischio poi tragicamente concretizzatosi.
3. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna del D.T. e delle parti civili ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi dell'imputato D.T. e delle parti civili, che condanna al pagamento delle spese processuali. Rigetta il ricorso del Procuratore generale.
Così deciso il 23 ottobre 2018

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Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 56952 Anno 2018.pdf
 
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