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Indagine prevenzione incendi CNI 2019

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Indagine prevenzione incendi 2019

Indagine prevenzione incendi CNI 2019

Il documento riporta le opinioni degli Ingegneri iscritti agli elenchi del Ministero dell'Interno sul codice di prevenzione incendi D.M. 03.08.2015 e sulle norme tecniche di prevenzione incendi.

Il tema della prevenzione degli incendi e l’applicazione delle norme del Nuovo Codice sono di notevole attualità. Secondo le statistiche ufficiali dei Vigili del Fuoco, nel 2018 gli interventi sono stati 325.941 tra incendi ed esplosioni. Questo dato significa 893 casi al giorno: il numero è risultato in aumento rispetto sul 2016 di ben il 33,7% e addirittura del 45,9% considerando la media dell’ultimo quinquennio. Dalla gestione e dalla tutela delle criticità del territorio, dalla messa in sicurezza degli edifici e dalla loro conformità alle regole più moderne in materia di prevenzione degli incendi, derivano anche innumerevoli opportunità di lavoro per i professionisti del settore.

Nel corso degli anni il legislatore ha inteso dotare i professionisti di strumenti sempre più accessibili ed efficaci nella gestione delle situazioni di rischio e nella messa in sicurezza di edifici di nuova costruzione o strutture già esistenti; la più recente riforma strutturale delle tecniche di prevenzione incendi, il D.M. 03/08/2015 entrata in vigore nel Novembre 2015, si è mossa nella direzione dell’innovazione.

Il Nuovo Codice del 2015 ha infatti apportato una serie di cambiamenti molto importanti rispetto alla precedente normativa che di fatto mutano concettualmente le metodologie di approccio al concetto stesso di rischio. 

Tra le innovazioni principali introdotte le più rilevanti sono state:

- la disposizione di un testo unico in luogo di innumerevoli regole tecniche che di fatto semplifica le regole di prevenzione incendi;
- la valorizzazione del lavoro dei professionisti attraverso l’utilizzo di regole meno prescrittive, più prestazionali;
- l’individuazione di regole sostenibili, proporzionate al rischio reale che garantiscano comunque un pari livello di sicurezza;
- flessibilità e possibilità per i professionisti di scegliere fra diverse soluzioni che favoriscono l’utilizzo dei metodi dell’ingegneria antincendio.

Nel sondaggio proposto i professionisti antincendio sono stati sottoposti a 13 domande relative la conoscenza generale del Codice prevenzione incendi (D.M. 03/08/2015). Durante il sondaggio il 54% degli intervistati ha risposto di avere una conoscenza sufficiente, mentre solo l’1,3% del campione ha affermato di non avere nessuna familiarità con le suddette norme. La percentuale dei professionisti che hanno affermato di possedere una conoscenza approfondita del Codice è del 18,4%, mentre il 25% ne ha una conoscenza parziale.

Domande poste ai professionisti:

Domanda 1 Conosci il Codice di prevenzione incendi: D.M. 03/08/2015 – Norme tecniche di prevenzione incendi?
Domanda 2 Età degli intervistati
Domanda 3 In qualità di professionista antincendio, in quale condizione ti trovi rispetto all’obbligo di aggiornamento previsto dal D.M. 05/08/2011 (40 ore ogni 5 anni?)
Domanda 4 Hai avuto l’opportunità di progettare con il Codice di prevenzione incendi?
Domanda 5 Progettando con il Codice, quali differenze sono emerse rispetto all’approccio tradizionale?
Domanda 6 Progettando con il Codice, quali soluzioni progettuali hai utilizzato?
Domanda 7 Nell’utilizzare il Codice per la progettazione che ausili hai utilizzato?
Domanda 8 Ritieni che la progettazione con il Codice aumenti il carico di responsabilità poste in capo al professionista antincendio?
Domanda 9 Sei riuscito ad ottenere un maggiore riconoscimento economico e professionale progettando con il Codice?
Domanda 10 Gradimento del Codice a livello di versatilità progettuale.
Domanda 11 Pensi che il Codice favorirà un maggiore ricorso ai metodi dell’ingegneria della sicurezza (FSE - fire safety engineering)?
Domanda 12 Saresti disposto ad assumerti maggiori responsabilità progettuali e di certificazione/ asseverazione, a fronte di regole certe e strumenti normativi (regole tecniche di progettazione) non opinabili?
Domanda 13 Pensi che la formazione offerta dagli Ordini contribuisca alla comprensione ed applicazione del Codice?

In generale è possibile affermare che i risultati del sondaggio confermano un opinione positiva della categoria di professionisti sul Codice di prevenzione incendi e sulle sue potenzialità, ma non si trascura l’evidenza del ritardo nell’assimilazione dei nuovi metodi e la difficoltà ad interiorizzare il cambiamento di approccio progettuale.

Alcuni risultati rilevanti ai fini delle conclusioni

Domanda 4 Hai avuto l’opportunità di progettare con il Codice di prevenzione incendi?

opportunit  di progettare con il codice

Domanda 5 Progettando con il Codice, quali differenze sono emerse rispetto all’approccio tradizionale?

differenze emerse progettando con il codice

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Fonte: CNI

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CNI 2019
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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 6/2019

ID 9195 | | Visite: 3312 | Interpelli Sicurezza lavoro



Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 6 del 15 Luglio 2019

Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011
Con Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011 è stata istituita la Commissione per gli interpelli prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro (Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81) ed è stato attivato l’indirizzo di posta elettronica Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

I quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro possono essere inoltrati alla Commissione per gli interpelli, esclusivamente tramite posta elettronica, dagli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.

Le istanze di interpello trasmesse da soggetti non appartenenti alle categorie indicate o privi dei requisiti di generalità non potranno essere istruite. Non saranno pertanto istruiti i quesiti trasmessi, ad esempio, da studi professionali, associazioni territoriali dei lavoratori o dei datori di lavoro, Regioni, Province e Comuni.

Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza. Prima di inoltrare l’istanza si prega di verificare:

- che il quesito, concernente l’interpretazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro sia di carattere generale e non attenga a problematiche aziendali specifiche;
- che il soggetto firmatario rientri nelle categorie indicate. 

Nuovo Interpello del 15 Luglio 2019 (n. 6/2019):

15/07/2019 - n. 06/2019 Destinatario: Federazione Sindacale Italiana dei Tecnici e Coordinatori della Sicurezza
Art. 12, d.lgs. n. 81/2008 e smi - Chiarimenti in merito l’obbligo di cui art. 148 comma 1 del d.lgs. n. 81/2008 

Oggetto: art. 12, d.gs. n. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni - Chiarimenti in merito l’obbligo di cui art. 148 comma 1 del d.lgs. n. 81/2008 

La Federazione Sindacale Italiana dei Tecnici e Coordinatori della Sicurezza ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito al seguente quesito: "Il datore di lavoro deve sempre predisporre obbligatoriamente misure di protezione collettiva, ai sensi dell’art. 148 c. 1 d.lgs. n. 81/2008 e smi, ovvero ha la facoltà di valutare caso per caso quali misure di protezione (collettiva o individuale) adottare?".
Il richiedente afferma che "Questo obbligo risulta in contrasto con quanto indicato nell’art. 111 c. 1 let. a) del d.lgs. n. 81/2008 smi per il quale il datore di lavoro, in caso di lavori in quota, deve dare priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale ma non l’obbligo di predisporle sempre".

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VVF 2019 | Prime linee direttive attività di spegnimento degli incendi

ID 9180 | | Visite: 7334 | Prevenzione Incendi

Prime linee direttive attivit  di spegnimento degli incendi

Prime linee direttive finalizzate al miglioramento dell'attività di spegnimento degli incendi

Ministero dell'Interno, dip. VVF, 6 agosto 2019, prot. n. 26540

A seguito dell’esercitazione operativa dello scorso giugno a Montelibretti, che ha visto coinvolti tutti i comandi VVF d’Italia, sono state emanate dalla Direzione centrale per l’emergenza le prime linee direttive finalizzate al miglioramento dell’attività di spegnimento degli incendi.

Tra gli importanti risultati conseguiti dall’esercitazione, uno dei più rilevanti riguarda l’uso dei liquidi schiumogeni. In particolare, le esercitazioni svolte hanno evidenziato la necessità che i liquidi schiumogeni proteinici e fluoro-proteinici vengano sostituiti dai nuovi liquidi schiumogeni sintetici, aventi caratteristiche di maggiore efficacia e compatibilità ambientale.

Pertanto, fermo restando l’impiego fino ad esaurimento delle attuali scorte, è stato raccomandato alle Direzioni Regionali e ai Comandi di acquisire liquidi sintetici, omologati o certificati da ente terzo, adatti per incendi di classe B (liquidi infiammabili quali benzine, gasolio, alcoli, solventi, vernici, oli minerali, grassi, eteri, ecc.) oppure di tipologia bagnante “wetting agent”, per incendi di classe A (materiali solidi la cui combustione genera braci quali legname, carboni, carta, tessuti, trucioli, pelli, gomma e derivati, ecc.).

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OGGETTO: Prime linee direttive finalizzate al miglioramento dell'attività di spegnimento degli incendi.

A seguito dell'esercitazione operativa di spegnimento degli incendi, con l'utilizzo di sistemi innovativi e di aumentata efficacia, considerate le valutazioni emerse anche in linea con i concetti fondamentali della formazione di base rivolta ai vigili del fuoco, si evidenziano di seguito le prime linee direttive che dovranno essere tenute in considerazione a livello centrale e territoriale per l'equipaggiamento degli automezzi di soccorso e per fronteggiare gli scenari di incendio:

1. i liquidi schiumogeni in dotazione ai mezzi di soccorso dovranno essere di tipologia sintetica, omologati o certificati da ente terzo secondo le parti applicabili della serie delle norme UNI EN 1568:2018 per incendi di classe B (liquidi infiammabili quali benzine, gasolio, alcoli, solventi, vernici, oli minerali, grassi, eteri, ecc.) e conformi al capitolo 6 dello standard NFPA 18:2017 di tipologia bagnante “wetting agent” per incendi di classe A (materiali solidi la cui combustione genera braci quali legname, carboni, carta, tessuti, trucioli, pelli, gomma e derivati, ecc.), di elevata eco compatibilità, e nel rispetto delle caratteristiche indicate in allegato 1. Non si dovranno più acquisire liquidi schiumogeni proteinici e fluoro-proteinici e le scorte dovranno essere smaltite a norma di legge entro i tempi di scadenza delle stesse;
2. i nuovi sistemi di miscelazione - produttori della soluzione schiumogena - dovranno essere rispondenti alle caratteristiche indicate in allegato 2. L'utilizzo di schiumogeni sintetici in luogo di quelli fluoroproteinici dovrà essere preceduto da un'accurata bonifica dei miscelatori e dei sistemi che sono entrati in contatto con i precedenti liquidi schiumogeni, con relativa verifica di funzionamento;
3. ogni automezzo tipo APS o ABP dovrà essere provvisto di almeno n. 2 lance a getto cavo per l'erogazione di acqua e n. 2 lance per la generazione di schiuma a bassa e media espansione, conformi alle caratteristiche indicate in allegato 3 e un divisore UNI 70/70-45¬45 per rimodulare le mandate senza dover agire sulla pompa; le autobotti antincendio dovranno comprendere anche una lancia per la generazione di schiuma a bassa espansione, con le caratteristiche riportate nel medesimo allegato;
4. tutti gli automezzi di soccorso dotati di sistemi di intervento, dovranno essere provvisti di kit di igiene, come indicato in allegato 4;
5. per incendi all'aperto o al chiuso, ove siano coinvolti notevoli quantitativi di sostanze plastiche, gomme o rifiuti, dovranno essere utilizzate schiume con le caratteristiche sopra specificate, con effetto bagnante, coprente o soffocante, tali da contenere il più possibile la diffusione dei fumi. L'utilizzo di acqua, oltre che per la protezione degli operatori, deve essere commisurato alla effettiva esigenza di schermatura degli effetti (fiamme, calore, fumi), la protezione degli ambienti e dei siti non ancora interessati dall'incendio, evitando inutili dispersioni di acqua in ambiente, fino al completo spegnimento dell'incendio;
6. i Comandi che hanno già in dotazione sistemi innovativi per lo spegnimento devono favorirne l'utilizzo riferendo alla Direzione Centrale Emergenza le risultanze delle attività.

È intenzione dell'Amministrazione dotare le strutture regionali di unità antincendio robotizzate controllate da remoto al fine di supportare le squadre nelle attività di spegnimento degli incendi.

È emersa, inoltre, la necessità di migliorare gli apparati di comunicazione individuali e di squadra che saranno implementati mediante specifici sistemi, attrezzature e procedure di utilizzo.
Infine, a seguito delle risultanze del Gruppo di Lavoro appositamente incaricato dallo scrivente, in almeno tre Comandi sarà avviata una sperimentazione sulle modalità di trattazione dei D.P.I. esposti ai prodotti di combustione, ai fini dell'igiene. Le modalità saranno disciplinate con una specifica direttiva.

Tutto il personale che ha partecipato all'esercitazione presso la Scuola di Formazione Operativa dovrà essere coinvolto in attività di divulgazione organizzata dai Comandi provinciali, avvalendosi anche del materiale informativo pubblicato su specifica sezione della Intranet della Direzione Centrale Emergenza e di vigilfuoco.tv, insieme alle Direzioni Regionali che ne cureranno la programmazione e il monitoraggio.

Le presenti linee direttive potranno essere aggiornate in relazione alle risultanze delle attività che saranno svolte sul territorio, con particolare riguardo ai contenuti degli allegati. I riferimenti alle norme tecniche, richiamate sopra e negli allegati, sono da riferirsi all'ultima versione pubblicata e quindi in vigore.
Si raccomanda che quanto sopra sia eseguito nei tempi tecnici strettamente necessari.

ALLEGATO 1
CARATTERISTICHE DEGLI SCHIUMOGENI SINTETICI

Caratteristiche generali

Tipologia schiumogeno: sintetica

I liquidi schiumogeni debbono essere idonei ad essere utilizzati anche con acqua di mare. Al fine di favorire l'utilizzo con i sistemi di produzione della soluzione schiumogena attualmente in uso sono da prediligere liquidi schiumogeni Newtoniani (a bassa viscosità). (requisito non obbligatorio).

La dotazione di un Comando deve essere su due linee di prodotti, in modo tale da garantire l'efficacia su incendi di classe A e classe B.

Schiumogeni idonei per incendi di classe A (utilizzabili per incendi di solidi che danno luogo a brace)

Per materiale combustibile solido si intende quello fibroso, derivante dal legno e derivati, carta, cartone e pneumatici, cosi come definiti dalla norma UNI EN 2.2005.

Tali liquidi schiumogeni (non contenenti composti fluorurati) devono essere conformi al capitolo 6 dello standard NFPA 18:2017 di tipologia bagnante “wetting agent”, alla UNI EN 1568.2018-1 (schiuma in media espansione) e alla UNI EN-1568.2018-3 (bassa espansione liquidi non miscibili con l'acqua) di classe > III C; la concentrazione d'utilizzo deve essere compatibile con i sistemi di produzione della soluzione schiumogena in uso. Ad ogni conto la concentrazione deve essere < all'1%.

Schiumogeni idonei per incendi di classe B (utilizzabili per incendi liquidi o materiali liquefattibili)

Per materiale combustibile liquido si intende quello a più alto potere calorifico (liquidi infiammabili e solidi che si possono liquefare, come definiti dalla UNI EN 2.2005.

Tali liquidi schiumogeni sono di tipo AFFF AR (Aqueous Film Forming Foam - Alcohol Resistant), conformi alla normativa UNI EN-1568.2018-3 (liquidi a bassa espansione non miscibili con l'acqua) di classe > I B (idonea per getto diretto sulla superficie dell'incendio) e conformi alla normativa UNI EN-1568.2018 - 4 (liquidi miscibili con l'acqua) di classe > I B. Devono essere conformi al Regolamento EU “2017/1000/EC; la concentrazione d'utilizzo dello schiumogeno dovrà essere idonea ad essere utilizzata dalla dotazione attuale di sistemi della produzione della soluzione schiumogena. In ogni caso < al 3%.

Se il concentrato di schiuma è influenzato negativamente dalla conservazione a bassa temperatura si dovrà porre particolare attenzione alle temperature minime di utilizzo dei prodotti, in relazione alle condizioni climatiche locali.

Metodologia di prova

Al momento dell'acquisizione il Comando/Direzione Regionale VF/Uffici Centrali, devono provvedere a richiedere tutte le certificazioni riportate in precedenza che potrebbero essere verificate mediante specifiche prove di laboratorio utili a garantire l'effettiva rispondenza dei prodotti offerti con quelli consegnati.

In caso di verifica a garanzia della bontà delle forniture, i liquidi schiumogeni acquisiti per le dotazione dei mezzi di soccorso, di tipologia sintetica, dovranno essere sottoposti a prove di collaudo secondo le seguenti modalità:
- per gli incendi di classe A
i liquidi schiumogeni bagnanti “wetting agent” devono essere sottoposti a prove di spegnimento in accordo alle previsioni della norma EN 3-7; il liquido schiumogeno alla concentrazione minima dichiarata dal fabbricante dovrà essere impiegato quale agente estinguente all'interno di un estintore portatile con carica nominale da 9 litri ed acquisire una classe di spegnimento non inferiore alla 34A. Le prove di spegnimento potranno essere condotte presso laboratori autorizzati ai sensi del D.M. 26/03/1985, o presso laboratori di prova riconosciuti in uno dei paesi dell'U.E. o in uno dei Paesi SEE.
- per incendi di classe B:
certificati da ente terzo secondo le parti applicabili della serie norme UNI EN 1568: 2018. Specifiche di maggior dettaglio inerenti alle prove di verifica di tali schiumogeni saranno impartite con apposita direttiva.

Etichettatura

Il liquido schiumogeno alla concentrazione indicata dal produttore deve essere classificato come: “facilmente biodegradabile” come indicato al punto 4.1.2.9.2 del Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele.

È importante che l'etichettatura contenga bene in vista i seguenti dati:
• Simbolo di rischio ai sensi del regolamento CE n. 1272/2008;
• Classificazione;
• Concentrazione di utilizzo;
• Ecocompatibilità;
• Il nome identificante il prodotto concentrato;
• “Concentrato schiumogeno per schiuma media espansione/bassa espansione”;
• La normativa di riferimento e la data (UNI EN 1568.2018-1, UNI EN-1568.2018-3, UNI EN-1568.2018-4);
• Se il concentrato ne possiede le caratteristiche le parole “Acqueous film forming”;
• La concentrazione d'utilizzo raccomandata;
• Se il concentrato di schiuma è influenzato negativamente dalla conservazione a bassa temperatura, la dicitura "Non congelare";
• La quantità nominale di prodotto nel contenitore;
• Il nome del fornitore e l'indirizzo;
• Il numero di lotto e la data di produzione;
• La dicitura "adatto all'uso con acqua di mare”;
• Se il concentrato di schiuma è newtoniano e la viscosità alla temperatura minima per l'uso è superiore a 200 mm2 s-1 se misurata secondo la norma EN ISO 3104, la dicitura "questo concentrato può richiedere un'apparecchiatura di miscelazione speciale";
• Se il concentrato di schiuma è pseudo-plastico e la viscosità alla temperatura più bassa per l'uso è maggiore o uguale a 120 mPa.s a 375 s-1 la dicitura "Concentrato di schiuma di pseudo-plastico, questo concentrato può richiedere un'attrezzatura di miscelazione speciale";
• La classe di prestazioni estinguenti più bassa e il livello più basso di resistenza alla riaccensione ottenuto durante il test su ciascuna parte della serie UNI EN 1568 (se testato in più di una parte) con tutti i combustibili, in acqua potabile e in acqua di mare.

Inoltre, anche se non previsto dall'etichettatura della norma, si ritiene opportuno che sia indicata anche la data di scadenza del prodotto.

Modalità di impiego delle diverse tipologie di liquido schiumogeno

Riguardo alla predisposizione del caricamento delle diverse tipologie di liquido schiumogeno sugli automezzi di soccorso - e ferme restando le diverse valutazioni operative da parte dei Comandanti provinciali in funzione di specifiche pianificazioni di intervento - ove non si ritenesse fattibile il caricamento della doppia tipologia di schiumogeno adatto per incendi di classe A e B, si impartisce la direttiva che gli automezzi di “prima partenza” destinati al contrasto della generalità degli incendi, debbano essere provvisti prioritariamente di liquido schiumogeno avente capacità di effetto bagnante per incendi di classe A, idoneo per la generalità degli incendi di sostanze che, nella combustione, producono brace.

L'impiego di tale tipologia di schiumogeno non è consigliabile su incendi di liquidi infiammabili o di sostanze liquefattibili, per i quali è previsto l'utilizzo di dedicato liquido schiumogeno per incendi di classe B.

Per queste ultime tipologie di liquido schiumogeno, è opportuno che vengano pianificati allestimenti e caricamenti di automezzi di supporto specificamente attrezzati per grandi incendi (es. carri schiuma) o su automezzi di supporto finalizzati al contrasto di incendi di liquidi infiammabili e materie liquefattibili che non danno luogo a brace.

Si evidenzia che, in ogni caso, le tipologie di schiumogeno per incendi di classe B possono essere utilizzati anche per altre tipologie di incendio di sostanze solide (classe A), sia pure con efficacia inferiore rispetto a quelle specificamente certificate per tale impiego, che agiscono con effetto bagnante.

Raccomandazioni:

La Direttiva 2006/122//EC del 12/12/2006 proibisce l'uso di PFOS (perfluoro- ottanilsulfonato) nei tensioattivi fluorurati ed impone che tutti gli schiumogeni contenente i PFOS debbano essere smaltiti all'inceneritore. È pertanto vietato acquisire a qualunque titolo, anche gratuitamente da aziende - e non devono esser accettati neanche per esercitazione - schiumogeni che contengano le citate categorie di sostanze.

Le tipologie di schiumogeno di tipo proteinico e fluoroproteinico in cui non siano presenti i PFOS potranno essere utilizzate fino al completo utilizzo e in ogni caso la data di scadenza.

Successivamente si dovrà provvedere alle nuove acquisizioni secondo quanto riportato nella presente direttiva.

ALLEGATO 2
SISTEMI DI PRODUZIONE DELLA SOLUZIONE SCHIUMOGENA

ALLEGATO 3
LANCE A GETTO CAVO

ALLEGATO 4
KIT IGIENICO PER APS

[... segue in allegato]

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VVF 2019
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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 38845 | 20 Settembre 2019

ID 9173 | | Visite: 1777 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 20 settembre 2019 n. 38845

Prassi abituale scorretta per velocizzare il lavoro: infortunio con la macchina insaccatrice.

Corresponsabilità del committente e dell'appaltatore

Penale Sent. Sez. 4 Num. 38845 Anno 2019
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: DI SALVO EMANUELE
Data Udienza: 19/07/2019

Ritenuto in fatto

1. G.A. e GA.G. ricorrono per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui all'art. 590 cod. pen. perché in qualità la G.A. di legale rappresentante della s.p.a. "Salumificio G.A.", la GA.G. di legale rappresentante della "Smeraldo" società cooperativa, la quale operava in appalto, a mezzo di suoi dipendenti, presso lo stabilimento della s.p.a. "Salumificio G.A.", per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, quanto alla G.A. omettendo di verificare che la macchina insaccatrice venisse utilizzata in conformità alle istruzioni del costruttore, le quali prescrivevano che, in caso di esaurimento della carne da insaccare, la macchina venisse spenta e l'operatore provvedesse quindi a spingere verso il basso la carne rimasta; quanto alla GA.G., omettendo di informare i dipendenti circa i rischi inerenti alle mansioni espletate e quindi circa la necessità del rispetto delle procedure di ricarico indicate dalle istruzioni del costruttore, cagionavano lesioni personali gravi al dipendente della "Smeraldo" società cooperativa MA.M., il quale, contrariamente alla procedura prevista, provvedeva a spingere la carne rimasta nella tramoggia dell'insaccatrice con un pestello e quindi con le mani, mentre un altro dipendente avviava la macchina, cosicché la persona offesa toccava con le dita le palette metalliche in rotazione, con conseguente amputazione parziale delle falangi distali di due dita.
2. G.A. deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché ella ha sempre correttamente adempiuto agli incombenti a suo carico in ordine alla verifica del corretto utilizzo della macchina insaccatrice di cui all'imputazione, in conformità alle istruzioni del costruttore. Erroneamente, pertanto, la Corte d'appello ha ritenuto che la principale doglianza formulata nei motivi d'appello inerisse all'abnormità della condotta del lavoratore: doglianza che era stata formulata solo secondariamente. La doglianza principale era, infatti, che alla G.A. non è addebitabile alcuna condotta colposa, poiché ella ha sempre verificato, con attenzione, che i propri macchinari venissero utilizzati dal personale secondo le istruzioni del costruttore, organizzando numerosi corsi di formazione in materia di sicurezza del lavoro. Ciò è stato confermato dal teste CH., perito della s.p.a. "Salumificio G.A.", il quale ha riferito di aver egli stesso svolto dei corsi di formazione cui aveva partecipato anche il MA.M., come documentalmente dimostrato anche dall'attestato di partecipazione, evidenziando i rischi inerenti alla lavorazione e le procedure di sicurezza. Anche i testi, dipendenti della società, B.L., M.R. e M.S. hanno confermato di aver ricevuto istruzioni circa le procedure di sicurezza. Nessuno dei testimoni ha riferito che la manovra pericolosa effettuata dalla persona offesa costituisse prassi abituale per tutti i lavoratori del salumificio, come incongruamente ritenuto dai giudici di merito. Mai è capitato alla ricorrente di vedere lavoratori utilizzare il macchinario di cui all'imputazione in modo difforme dalle prescrizioni. E infatti su nessun macchinario in uso presso la s.p.a. "Salumificio G.A." si è mai verificato alcun Infortunio sul lavoro.
2.1. Il soggetto passivo, senza alcuna autorizzazione da parte della ricorrente, eludendo il sistema di sicurezza rappresentato dal secondo e ultimo scalino, l'apertura del quale interrompeva automaticamente ogni possibile funzionamento della macchina, nonostante il fatto che egli non fosse addetto a tale apparecchiatura, invece che seguire la corretta procedura, di cui il MA.M. comunque era a conoscenza, è salito sulla macchina e ha spinto la carne residua verso il basso, utilizzando inizialmente un pestello e successivamente, di sua iniziativa e incomprensibilmente, la mano destra, venendo in questo modo in contatto con le palette metalliche. Condotta del tutto errata, esorbitante rispetto al procedimento lavorativo prescritto e quindi abnorme, imprevedibile e tale da interrompere il nesso causale. Lo stesso MA.M. ha ammesso, nell'immediatezza, di essere a conoscenza che l'operazione da lui compiuta avrebbe dovuto essere eseguita a macchina spenta. Solo successivamente la persona offesa ha dichiarato, in modo del tutto contrastante rispetto a quanto precedentemente riferito, di non avere mai ricevuto istruzioni sul corretto utilizzo della macchina. Ciò rende inattendibili le sue dichiarazioni. Egli ha posto in essere tale condotta perché gli era stato chiesto da B.A. - e non dalla ricorrente - di aiutarlo nelle operazioni di rimozione dei residui rimasti nella tramoggia dell'insaccatrice e ha effettuato una manovra del tutto estemporanea e imprevedibile. Il fatto che il B.L. abbia erroneamente avviato la macchina nel corso della suddetta errata operazione di pulitura, convinto di avere ricevuto l'ok dal MA.M., non può esonerare quest'ultimo da responsabilità, poiché se egli si fosse attenuto alle prescrizioni, azionando il secondo scalino ed utilizzando solo il pestello per spingere la carne verso il basso e non anche la mano destra, non avrebbe riportato alcun danno, nemmeno nel caso in cui il macchinario si fosse messo malauguratamente in funzione anzitempo.
2.2. La persona offesa non era dipendente della s.p.a. "Salumificio G.A." ma della società appaltatrice, "Smeraldo" società cooperativa, la quale era tenuta, per l'esecuzione dei servizi oggetto del contratto di appalto, ad utilizzare i macchinari presenti presso lo stabilimento della G.A. secondo le specifiche tecniche richieste nonché ad addestrare il proprio personale a tale utilizzo. 
L'appaltatore, in forza del detto contratto di appalto, operando in piena autonomia di gestione di mezzi e persone, con proprio rischio aziendale, si era altresì impegnato ad adempiere a tutti gli obblighi previsti dalla normativa in materia di sicurezza del lavoro, riconoscendo la propria esclusiva competenza in ordine all' osservanza delle norme di prevenzione, con espresso esonero di responsabilità della committente. Dunque la ricorrente non può essere ritenuta responsabile. Nè ha rilievo che l'infortunato fosse stato in precedenza dipendente della G.A..
2.3. Erroneamente è stata contestata l'aggravante dell'indebolimento permanente della funzione prensile, contrariamente alle risultanze della perizia, che avevano escluso tale indebolimento della mano destra, limitando il danno sostanzialmente a un pregiudizio di natura estetica.
2.4. Ingiustificatamente è stata ritenuta l'equivalenza tra le aggravanti e le attenuanti di cui agli artt. 62 bis e 62 n. 6 cod. pen., anziché la prevalenza di queste ultime, senza alcuna congrua motivazione.
3. GA.G. deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché la Corte territoriale non ha argomentato circa le censure sollevate con l'atto d'appello in ordine alle contraddizioni tra la versione dei fatti fornita dalla persona offesa nell'Immediato e quella addotta in sede di deposizione testimoniale. Mai nessun lavoratore aveva rivolto rimostranze, relativamente alla situazione esistente presso l'impresa G.A., alla GA.G., la quale non aveva motivo di dubitare della correttezza dell'impiego dei macchinari, anche perché il MA.M. aveva frequentato dei corsi di aggiornamento specifici proprio presso l'impresa G.A.. In ogni caso, nel momento in cui il MA.M. era stato Impiegato presso la G.A., la GA.G. aveva perso ogni potere di diretta vigilanza sul lavoratore, compito che sarebbe gravato sulla G.A.. Comunque, per quello che sapeva la GA.G., tutto risultava a norma nel salumificio e l'operazione che ha portato all'evento lesivo è stata svolta totalmente ad insaputa della GA.G.. Né la Corte d'appello spiega per quale motivo la GA.G. dovesse aver avuto conoscenza di prassi contrarie alle normative di prevenzione esistenti presso l'impresa G.A.. La Corte d'appello non ha saputo neanche indicare quali sarebbero stati i comportamenti che la GA.G. avrebbe dovuto tenere per andare esente da responsabilità, atteso che nessuno le aveva riferito delle mansioni cui il MA.M. era stato preposto o delle prassi invalse al salumificio G.A..
3.1. Ingiustificatamente e senza alcuna motivazione è stata negata la prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti, nonostante nessuna norma consenta di incrementare il peso sanzionatorio di un'aggravante a seconda delle modalità concrete del fatto. Viceversa le attenuanti generiche, considerata l'incensuratezza della GA.G., e l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen. avevano un peso criminologico assai superiore e ingiustificatamente non sono state considerate prevalenti.

Considerato in diritto

1. Il primo motivo di ricorso della G.A. è infondato. Costituisce infatti ius receptum, nella giurisprudenza di questa suprema Corte, il principio secondo il quale, anche alla luce della novella del 2006, il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene pur sempre alla coerenza strutturale della decisione, di cui saggia l'oggettiva "tenuta", sotto il profilo logico-argomentativo, e quindi l'accettabilità razionale, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass., Sez. 3, n. 37006 del 27 -9-2006, Piras, Rv. 235508; Sez. 6, n. 23528 del 6-6-2006, Bonifazl, Rv. 234155). Ne deriva che il giudice di legittimità, nel momento del controllo della motivazione, non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con I limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento, atteso che l'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. non consente alla Corte di cassazione una diversa interpretazione delle prove. In altri termini, il giudice di legittimità, che è giudice della motivazione e dell'osservanza della legge, non può divenire giudice del contenuto della prova, non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento probatorio. Questo controllo è riservato al giudice di merito, essendo consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l'apprezzamento della logicità della motivazione (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 3, n. 8570 del 14-1-2003, Rv. 223469; Sez. fer., n. 36227 del 3-9-2004, Rinaldi; Sez . 5, n. 32688 del 5-7-2004, Scarcella; Sez. 5, n.22771 del 15-4-2004, Antonelll).
1.1. Nel caso in disamina, il giudice a quo ha evidenziato che dalle dichiarazioni della persona offesa, del collega B.A., di M.R., caporeparto, e di M.S., suo vice, emerge che la manovra pericolosa effettuata dal MA.M. costituiva, da anni, prassi abituale per tutti i lavoratori del salumificio, i quali sistematicamente eludevano il dispositivo di sicurezza costituito dallo scalino, operando in due (uno faceva funzionare il macchinario mentre l'altro spingeva i residui di impasto), in modo da far prima e non sprecare nulla. Dunque da anni il macchinario veniva utilizzato da tutti gli addetti in totale violazione delle prescrizioni di sicurezza, con pericolo di infortuni gravi, non avendo i lavoratori una specifica conoscenza dei gravi rischi collegati all'uso improprio del macchinario né una cognizione precisa delle istruzioni, così come riportate sullo specifico libretto. L'impianto argomentativo a sostegno del decisum è dunque puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico esperito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo la Corte territoriale preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuta alle proprie conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
1.2. Le conclusioni a cui è pervenuto il giudice a quo sono d'altronde del tutto conformi al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui compito del titolare della posizione di garanzia è evitare che si verifichino eventi lesivi dell'Incolumità fisica intrinsecamente connaturati all'esercizio di talune attività lavorative, anche nell'ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti ad eventuali negligenze, imprudenze e disattenzioni dei lavoratori subordinati, la cui incolumità deve essere protetta con appropriate cautele. Il garante non può, infatti, invocare, a propria scusa, il principio di affidamento, assumendo che il comportamento del lavoratore era imprevedibile, poiché tale principio non opera nelle situazioni in cui sussiste una posizione di garanzia (Cass., Sez. 4., 22-10-1999, Grande, Rv. 214497). Il garante, dunque, ove abbia negligentemente omesso di attivarsi per impedire l'evento, non può invocare, quale causa di esenzione dalla colpa, l'errore sulla legittima aspettativa in ordine all'assenza di condotte imprudenti, negligenti o imperite da parte dei lavoratori, poiché il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l'incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti dalle sue stesse imprudenze e negligenze o dai suoi stessi errori, purché connessi allo svolgimento dell'attività lavorativa (Cass., Sez. 4, n. 18998 del 27-3-2009, Rv. 244005). Ne deriva che il titolare della posizione di garanzia è tenuto a valutare i rischi e a prevenirli e la sua condotta non è scriminata, in difetto della necessaria diligenza, prudenza e perizia, da eventuali responsabilità dei lavoratori (Cass., Sez. 4, n. 22622 del 29-4-2008, Rv. 240161). D'altronde, l’obbligo dei titolari della posizione di garanzia comprende non solo l’istruzione dei lavoratori sui rischi connessi alle attività lavorative svolte e la necessità di adottare tutte le opportune misure di sicurezza ma anche la loro effettiva predisposizione nonché il controllo continuo ed effettivo sulla concreta osservanza delle misure predisposte al fine di evitare che esse siano trascurate o disapplicate, e il controllo sul corretto utilizzo, in termini di sicurezza, degli strumenti di lavoro e sul processo stesso di lavorazione (Sez. 4, n. 46820 del 26/10/2011, Rv. 252139). 
2. Infondato è anche il secondo motivo del ricorso della G.A., inerente all'interruzione del nesso causale, giacché quest'ultima, nella sequenza fattuale descritta nella motivazione della sentenza Impugnata, non può certamente essere ravvisata. L'operatività dell'art. 41, comma 2, cod. pen. è Infatti circoscritta ai casi in cui la causa sopravvenuta Inneschi un rischio nuovo e del tutto Incongruo rispetto al rischio originario, attivato dalla prima condotta (Cass., Sez. 4, n. 25689 del 3-5-2016, Rv. 267374; Sez. 4, n. 15493 del 10-3-2016, Pietramala, Rv. 266786; n. 43168 del 2013, Rv. 258085). Non può, pertanto, ritenersi causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l'evento, il comportamento negligente di un soggetto, nella specie il lavoratore, che si riconnetta ad una condotta colposa altrui, nella specie a quella del legale rappresentante dell'Impresa (Cass., Sez. 4, n. 18800 del 13-4-2016, Rv. 267255; n. 17804 del 2015, Rv. 263581; n. 10626 del 2013, Rv.256391). L'interruzione del nesso causale è infatti ravvisabile esclusivamente qualora il lavoratore ponga in essere una condotta del tutto esorbitante dalle procedure operative alle quali è addetto ed incompatibile con il sistema di lavorazione ovvero non osservi precise disposizioni antinfortunistiche. In questi casi, è configurabile la colpa dell'infortunato nella produzione dell'evento, con esclusione della responsabilità penale del titolare della posizione di garanzia (Cass., Sez. 4, 27-2-1984, Monti, Rv. 164645; Sez. 4, 11-2-1991, Lapi, Rv. 188202). Nel caso di specie, il giudice a quo ha invece sottolineato come, se è indubbia la sussistenza di profili di colpa a carico del lavoratore, nel compimento di un'operazione certamente Imprudente, quest'ultima, lungi dal poter essere ascritta ad una estemporanea ed imprevedibile scelta del MA.M., rientrava in una prassi abituale, adottata, da anni, da tutti gli addetti alla lavorazione, per esigenze di celerità e di snellimento degli incombenti operativi. E in questa sede occorre sottolineare come non sia configurabile la responsabilità del lavoratore per l'infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato dal titolare della posizione di garanzia presenti delle evidenti criticità, dovendo il garante evitare l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli (Cass., Sez. 4, n. 10265 del 17-1-2017, Rv. 269255).
3. Non può essere accolto nemmeno il terzo motivo di ricorso. Occorre, infatti, ribadire, in questa sede, il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, nel caso di appalto di lavori all'interno dell'azienda, il datore di lavoro committente deve promuovere la cooperazione e il coordinamento dell'attività di tutti i soggetti interessati all'espletamento del lavoro, al fine di attuare le misure di prevenzione e protezione dei lavoratori e di evitare il concretizzarsi dei rischi cui questi ultimi sono esposti (Cass., Sez. 4, n. 28167 del 27-6-2013, Tomassini). Ed anzi si è precisato, in giurisprudenza, che gli obblighi di cooperazione e coordinamento rappresentano, per i datori di lavoro di tutte le imprese coinvolte, "la cifra" della loro posizione di garanzia e delimitano l’ambito delle rispettive responsabilità (Cass., Sez. 4, n. 30557 del 07/06/2016, Rv. 267687; n. 44792 del 2015, Rv. 264957). Ne deriva che il committente, che è titolare "ex lege" di una posizione di garanzia che integra ed interagisce con quella di altre figure di garanti legali, come quella del datore di lavoro (Cass., Sez. 4, n. 37738 del 28/05/2013, Rv. 256635), può essere chiamato a rispondere dell’ infortunio subito dal lavoratore qualora l’evento si colleghi causalmente ad una sua colpevole omissione (Sez. 4, n. 10608 del 04/12/2012, Rv. 255282). Ove, infatti, i lavori si svolgano nello stesso ambiente, non venendo meno l'ingerenza dell'appaltante e la diretta riconducibilità anche a quest'ultimo dell'organizzazione del cantiere, sussiste la responsabilità sia dell'appaltante che dell'appaltatore in relazione agli obblighi antinfortunistici. Un'esclusione della responsabilità dell'appaltante è configurabile solo qualora all'appaltatore sia affidato lo svolgimento di lavori, ancorché individuati e circoscritti, da espletare in piena e assoluta autonomia organizzativa e dirigenziale rispetto all' appaltante. In difetto, trattandosi di norme di diritto pubblico che non possono essere derogate, non potrebbero avere rilevanza operativa, per escludere la responsabilità dell'appaltante, neppure eventuali clausole di trasferimento del rischio (Cass., Sez. 4, n. 6857 del 21-2-2012, Bianchi). Dunque, nel caso di prestazione lavorativa in esecuzione di un contratto di appalto, il committente è costituito come corresponsabile con l'appaltatore per le violazioni delle misure prevenzionali (Cass., Sez. 4, n. 32272 del 6-8-2009, Linzi) e risponde dell'evento lesivo allorché quest'ultimo si ricolleghi causalmente anche alla sua colposa omissione, come avviene, ad esempio, quando egli abbia consentito l'espletamento del lavoro in presenza di situazioni di fatto pericolose (Cass., Sez. 4, n. 36605 dell'11-10-2011, Giordano), sempre che l'ambiente di lavoro rimanga nella disponibilità giuridica del committente (Cass., Sez. 4. n. 17846 dell'11-5-2012, Andreacchio; per la nozione di "ambiente di lavoro, v. Sez. 4, n. 23147 del 12-6-2012, De Lucchi nonché Sez. 4, n. 43966 del 17-11-2009, Morelli, secondo cui per ambiente di lavoro deve intendersi tutto lo spazio in cui l'attività lavorativa si esplica ed in cui coloro che siano autorizzati ad accedervi nonché coloro che vi entrino, per ragioni connesse o meno all'attività lavorativa, possono recarsi e sostare, anche in momenti di pausa, riposo e sospensione dei lavori). Ciò è senz'altro riscontrabile nel caso in esame, risultando dalla motivazione della sentenza impugnata che il lavoro veniva espletato all'Interno dello stabilimento della S.p.A. "Salumificio G.A." in cui operavano, al momento dell'infortunio, sia dipendenti diretti di quest'ultima sia dipendenti della Cooperativa Smeraldo, tra cui il MA.M.. In un siffatto contesto, il committente risponde, in particolare, per violazione dell'obbligo di fornire dettagliate informazioni all'appaltatore e al lavoratori autonomi chiamati a operare all'interno dell'azienda, in ordine ai rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro e alle misure di prevenzione adottate per scongiurarli. Infatti, il personale della ditta appaltatrice deve essere, a cura dell'appaltante, posto in condizioni di conoscere preventivamente i rischi cui può andare incontro in quel luogo di lavoro, onde gli obblighi di informazione si estendono alla dettagliata e compiuta analisi dei rischi specifici inerenti alle lavorazioni conferite in appalto ossia a tutte quelle situazioni e insidie che, dipendendo proprio dal luogo di lavoro e dalla natura dei materiali e delle apparecchiature esistenti e delle mansioni da svolgere, devono essere poste a conoscenza dell'appaltatore, affinché questi possa regolarsi di conseguenza (Cass., Sez. 4, n. 36024 del 7-9-2015, Del Papa). Ne deriva che, in presenza di tale obbligo generale di collaborazione antinfortunistica, è esclusa la possibilità che il solo affidamento a terzi dell'esecuzione dei lavori liberi l'appaltante dalla propria responsabilità prevenzionale (Cass., Sez. 4, n. 49731 del 28-11-2014, Castelli). I datori di lavoro - e quindi sia i committenti che gli appaltatori - devono Infatti cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione contro i rischi di incidenti nell'attività lavorativa oggetto dell'appalto (Cass., Sez. 4, n. 28197 del 9-7-2009, Controne). Il committente è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica soltanto relativamente alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare In determinate lavorazioni, neH'utlllzzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine, di esclusiva competenza dell'appaltatore (c.d. "rischi specifici":Cass., Sez. 4, n. 35534 del 25-8-2015, GA.G.ne; Sez. 4, n. 36857 del 22-9-2009,Clngolani): ciò che non è dato riscontrare nel caso di specie, risultando dall'apparato argomentativo della pronuncia in esame che l'infortunio si verificò nel corso dell'ordinario ciclo di lavorazione.
4. È Infondato anche il quarto motivo di ricorso. Preliminarmente occorre rilevare che dal tenore dell'imputazione riportata nella sentenza impugnata emerge che l'aggravante è stata contestata sotto il profilo della perdita anatomica del secondo e terzo dito della mano destra, con conseguente assenza dal lavoro di oltre 60 giorni. Dunque la durata della malattia, nettamente superiore a 40 giorni e non contestata dal ricorrente, è già di per sé sufficiente a integrare gli estremi dell'aggravante, a norma del combinato disposto degli artt. 590, comma 3, e 583 cod. pen. Occorre comunque osservare come sussista l'aggravante dell'Indebolimento permanente di un organo - Inteso come complesso di elementi omologhi che concorrono alla stessa funzione anatomo-fisiologica (Cass., Sez. 5, n. 3301 del 2-2-1983) - qualora, in conseguenza di un fatto lesivo, esso risulti menomato nella sua potenzialità funzionale, la quale risulti ridotta rispetto allo status quo ante, senza che sia rilevante II grado dell'Indebolimento (Cass., Sez. 5, n. 34012 del 3-4-2013, Rv. 256527). In quest'ottica, l'indebolimento permanente dell'organo della prensione è stato, in giurisprudenza, ravvisato nell'amputazione di due falangi (Cass., Sez. 4, n. 6851 del 2-4-1981): ciò che si è precipuamente verificato nel caso in esame.
5. Privo di fondamento è anche l'ultimo motivo del ricorso della G.A., in quanto le determinazioni del giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuridici. Nel caso di specie, la motivazione della sentenza Impugnata è senz'altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale fatto riferimento a quanto accertato in merito all'espletamento del lavoro In un contesto operativo di abituale Inosservanza delle prescrizioni relative alla sicurezza, perdurante da anni, con conseguente pericolo di Infortuni gravi, come quello verificatosi.
6. Il primo motivo del ricorso della GA.G. è Infondato. Sono al riguardo da richiamarsi le considerazioni di cui al par. 3 in merito alla corresponsabilità del committente e dell'appaltatore in merito all'osservanza degli obblighi antinfortunistici. Per quanto più specificamente attiene alla figura del datore di lavoro - appaltatore, occorre osservare come l'ordinamento giuridico attribuisca a quest'ultimo pieni poteri decisionali, con la conseguenza che egli, al pari di qualsiasi altro datore di lavoro, diventa destinatario del dovere di provvedere alla tutela della salute e dell'integrità fisica dei propri dipendenti (Cass., Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Rv. 272221; Cass. n. 10608 del 2012, Rv. 255282; n. 44131 del 2015, Rv. 264974; n. 27296 del 2017, Rv. 270100). D'altronde, è stato chiarito, in giurisprudenza, che, se più sono i titolari della posizione di garanzia, relativamente al rispetto della normativa antinfortunistica sui luoghi di lavoro, ciascuno è, per intero, destinatario dell'obbligo giuridico di impedire l'evento, con la conseguenza che, se è possibile che determinati interventi siano eseguiti da uno dei garanti, è, però, doveroso per l'altro o per gli altri garanti, dai quali ci si aspetta la stessa condotta, accertarsi che il primo sia effettivamente intervenuto. Non è, perciò, invocabile il principio di affidamento nel comportamento altrui, con conseguente esclusione di responsabilità, da parte di chi versi in colpa per avere violato norme precauzionali o avere omesso
determinate condotte e, nonostante ciò, confidi che colui che gli si affianca nella posizione di garanzia elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione, in quanto la condotta del garante concorrente non si configura come fatto eccezionale sopravvenuto, da solo sufficiente a produrre l'evento (Cass., Sez. 4, n. 35827 del 27/06/2013, Rv. 258124; Cass., n. 4793 del 1991). Dunque la GA.G., a prescindere da segnalazioni o rimostranze per la situazione esistente presso l'impresa G.A., ricevute o meno da chicchessia, avrebbe dovuto curarsi che il proprio dipendente MA.M. operasse in condizioni di assoluta sicurezza e in un contesto di osservanza delle normative antinfortunistiche. L'appaltatore è, infatti, tenuto a procedere all'individuazione del rischio, collaborando con il committente (Cass., Sez. 4, n. 44792 del 9-11-2015, Mancini; Sez. 4, n. 5420 del 10-2-2012, Intrevado). Viceversa risulta dallo stesso ricorso che la GA.G. ignorava l'esistenza delle prassi invalse al salumificio G.A. e perfino le mansioni cui il MA.M. era stato preposto.
7. Per quanto attiene all'ultimo motivo del ricorso della GA.G., vanno richiamate le considerazioni espresse in relazione all'analoga doglianza proposta dalla G.A., non essendo state prospettate argomentazioni nuove o diverse.
8. I ricorsi vanno dunque rigettati, con conseguente condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta I ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 19 luglio 2019.

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Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 38845 Anno 2019.pdf
 
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OiRA per il settore alberghiero e per quello della ristorazione

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OIRA

OiRA per il settore alberghiero e per quello della ristorazione

Un nuovo strumento OiRA aiuta le imprese del settore alberghiero e di quello della ristorazione a proteggere i lavoratori dai rischi.

L'Agenzia Europea per la salute e la sicurezza sul lavoro (EU-OSHA) ha sostenuto lo sviluppo di un nuovo strumento di valutazione interattiva dei rischi online (OiRA) per il settore alberghiero e per quello della ristorazione.

Scivoloni e cadute, ustioni, sostanze pericolose e stress sono tra i molti rischi cui sono esposti i lavoratori che operano in questi settori.

Questo nuovo strumento consente all’OiRA nazionale e alle parti sociali di dotare le imprese alberghiere di un valido strumento per la valutazione dei rischi che le aiuti ad elaborare un piano d’azione per gestirli.

See the new OiRA Horeca tool and explore EU legislation required for your risk assessment

Check out all OiRA tools for the Horeca sector

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Fonte: EU OSHA

Collegati:

Vademecum STOP VVF

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Manuale STOP VVF

Manuale/Vademecum STOP VVF

Edizione 2009 (Manuale STOP 2009) ed Edizione aggiornata 2010 (Vademecum STOP 2010)

 1.  Edizione 2009

Manuale STOP sull'attività del nucleo di coordinamento delle Opere Provvisionali del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco a seguito del terremoto dell'Abruzzo del 2009

Elaborazione di standard progettuali e soluzioni tecniche per la messa in sicurezza post-sisma.

Nell’ambito delle attività connesse alla gestione dell’emergenza post‐sisma nell’area colpita dal terremoto dell’Aquila, con provvedimento del 17.04.2009 a firma del Capo del Corpo Nazionale, è stato istituito il Nucleo per il Coordinamento delle Opere Provvisionali. A tale Nucleo è stato affidato il compito di garantire l’uniformità nella realizzazione delle opere provvisionali effettuate dai Vigili del Fuoco e monitorarne lo stato di avanzamento, in sinergia con gli enti del sistema di Protezione Civile nazionale.

La struttura ha svolto diverse attività funzionali al raggiungimento degli obiettivi prefissati e segnatamente:

1. elaborazione di procedure tecnico‐organizzative per la gestione degli interventi da parte del Nucleo nello specifico contesto operativo emergenziale, sviluppando intese e collaborazioni con gli organismi esterni ai Vigili del Fuoco (DICOMAC, COM, MiBAC, Università, Comunità scientifica, Enti Locali, ecc.);

2. elaborazione di standard progettuali e soluzioni tipo per opere provvisionali;

3. attività di consulenza tecnica, informazione e formazione del personale per l’effettuazione di lavori di particolare complessità;

4. monitoraggio degli interventi riguardanti la realizzazione di opere provvisionali attraverso l’acquisizione e la gestione dei relativi dati.

Il volume, nato dal duplice sforzo di seguire e coordinare la concreta realizzazione delle opere provvisionali e di progettare soluzioni tecniche standardizzate, si configura come una estesa operazione di ricerca applicata sul campo.

Articolazione dell'opera:

- Introduzione;
- Capitolo 1 - I Vigili del Fuoco e l'emergenza sismica;
- Capitolo 2 - La storia delle opere provvisionali del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco;
- Capitolo 3 - La standardizzazione delle opere provvisionali;
- Capitolo 4 - Ipotesi e criteri di calcolo;
- Capitolo 5 - Gli aspetti operativi;
- Capitolo 6 - Impiego sul campo delle schede STOP;
- Capitolo 7 - Esempi di realizzazione;
- Bibliografia e glossario.

 2.  Edizione aggiornata 2010

La revisione del Vademecum sulle opere provvisionali

Nell'ambito delle attività connesse alla gestione dell'emergenza post-sisma nell'area colpita dal terremoto de L'Aquila, con provvedimento del 17/4/09 a firma del Capo del Corpo Nazionale, è stato istituito il Nucleo per il Coordinamento delle Opere Provvisionali. A tale nucleo è stato affidato il compito di garantire l'uniformità nella realizzazione delle opere provvisionali effettuate dai Vigili del Fuoco e monitorarne lo stato di avanzamento, in sinergia con gli enti del sistema di Protezione Civile nazionale preposti alla gestione dell'emergenza.

La struttura ha svolto diverse attività funzionali al raggiungimento degli obiettivi prefissati, e segnatamente:

- elaborazione di procedure tecnico-organizzative per la gestione degli interventi da parte del Nucleo nello specifico contesto operativo emergenziale, sviluppando intese e collaborazioni con gli - organismi esterni ai Vigili del Fuoco (DI.COMA.C., C.O.M., Sovrintendenza ai beni architettonici e culturali, Università, Comunità scientifica, enti locali, etc.);
- elaborazione di standards progettuali e soluzioni tipo per opere provvisionali;
- attività di consulenza tecnica, informazione e formazione del personale per l'effettuazione di lavori di particolare complessità;
- monitoraggio degli interventi riguardanti la realizzazione di opere provvisionali attraverso l'acquisizione e gestione dei relativi dati.

Un'azione di particolare rilievo tecnico-scientifico è stata l'elaborazione di un Vademecum di schede tecniche riguardanti le soluzioni progettuali delle opere provvisionali più ricorrenti per la messa in sicurezza dei manufatti danneggiati, quali puntelli di ritegno e di sostegno, tirantature, cerchiature, etc., compresi i relativi particolari costruttivi (connessioni tra gli elementi, vincoli, nodi, etc.), al fine di rendere agevole e pratico il dimensionamento sul campo delle strutture da parte delle squadre dei Vigili del Fuoco nella fase dell'emergenza post-sismica.

Le schede (in allegato) rappresentano un utile, ma ovviamente non vincolante, riferimento tecnico per ottenere rapidamente soluzioni pre-dimensionate sicure e standardizzate, attraverso la semplice consultazione di abachi e tabelle.

Nella redazione delle schede del Vademecum, adattato alle esigenze pompieristiche, sono stati presi come riferimento tecnico-scientifico sia il manuale delle opere provvisionali urgenti post-sisma "OPUS" realizzato dal Servizio Sismico nazionale e dall'Università degli Studi della Basilicata sia altre pubblicazioni nazionali ed internazionali.

I calcoli ed i dati conosciuti, sono stati sintetizzati e semplificati, con considerazioni comunque a favore di sicurezza, per fornire abachi di semplice consultazione, senza formule, che riportano le soluzioni standard realizzabili con elementi facilmente reperibili sul mercato.

Le schede sono state suddivise in diverse parti ove vengono riportati sinteticamente, gli aspetti essenziali che orientano la scelta progettuale:

- tipologia di struttura danneggiata e meccanismo di collasso in atto, per contrastare il quale l'opera si rende necessaria;
- indicazioni generali e schemi per il dimensionamento degli elementi principali e secondari;
- evidenziazione delle criticità da gestire, con indicazioni esecutive e particolari costruttivi;

Istruzioni per l'uso della scheda.

Gli schemi e gli abachi sono la sintesi di considerazioni che, partendo da presupposti tecnici rigorosi, hanno messo a frutto l'ingentissima e preziosa esperienza dei Vigili del Fuoco, acquisita sia nell'attuale che nelle passate calamità.

Attraverso un meccanismo del tipo "work in progress", sono stati sapientemente assemblati tutti i contributi forniti dai Tecnici del Nucleo (composto da tre dirigenti, venticinque funzionari del Corpo ed un Docente universitario), per elaborare le seguenti schede relative a:

Puntelli di ritegno
Puntelli di sostegno aperture
Centinature archi
Puntellature di sostegno solai e balconi
Puntelli di contrasto
Tirantature con funi in acciaio
Fasciature con fasce in poliestere
Cerchiature pilastri
Incamiciatura pareti

Dopo aver consultato le schede, con l'ausilio delle istruzioni allegate allo scopo, il responsabile delle operazioni dei Vigili del Fuoco (R.O.S.), potrà immediatamente dimensionare i vari elementi dell'opera, individuare il materiale necessario per la sua realizzazione ed iniziare i lavori una volta che il materiale stesso sia stato approvvigionato.

Il materiale tecnico prodotto dal Nucleo ed i suoi presupposti, ha riscosso un notevole gradimento da parte di numerosi operatori Vigili del Fuoco, soprattutto per poter finalmente disporre di un agevole strumento per eseguire le opere provvisionali in emergenza superando l'onere, spesso insormontabile, della progettazione tradizionale attraverso laboriosi calcoli. La possibilità di velocizzare il computo a piè d'opera del materiale necessario alla realizzazione ha reso altresì più efficace e standardizzabile il reperimento e del materiale, velocizzando il processo di messa in sicurezza.

Foto dell'intervento nella chiesa di Sant'Eusanio Forconese (Terremoto de L'Aquila 6 aprile 2009), il primo effettuato conformemente alle schede STOP, per la messa in sicurezza post-sisma

Vademecum STOP 2010   1 Vademecum STOP 2010   2 Vademecum STOP 2010   3
Fig. 1 Fig. 2 Fig. 3
Vademecum STOP 2010   4 Vademecum STOP 2010   5 Vademecum STOP 2010   6
Fig. 4 Fig. 5 Fig. 6

 

VVF 2010

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22° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche

ID 9136 | | Visite: 5148 | Decreti Sicurezza lavoro

22° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche 

18 Settembre 2019

Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche

Pubblicato il Decreto Direttoriale n. 57 del 18 Settembre 2019

Con il Decreto direttoriale n. 57 del 18 Settembre 2019, è stato adottato il ventiduesimo elenco, di cui al punto 3.7 dell'Allegato III del d.i. 11 aprile 2011, dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro ai sensi dell'art. 71, comma 11, del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.

Il suddetto decreto è composto da sette articoli:

- Articolo 1 Rinnovo delle iscrizioni nell'elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 2 Variazione delle abilitazioni
- Articolo 3 Iscrizione nell'elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 4 Proroga delle iscrizioni nell'elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 5 Cancellazione dall'elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 6 Elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 7 Obblighi dei soggetti abilitati.

 Fonte: MPLS

Tutti gli elenchi pubblicati

D.M. 11 aprile 2011 Verifica impianti e attrezzature

Consulta il database dei Soggetti abilitati 

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Sicurezza nelle scuole: oltre 77mila infortuni di studenti nel 2018

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Sicurezza nelle scuole

Sicurezza nelle scuole, nel 2018 denunciati oltre 77mila infortuni di studenti

INAIL 18.09.2019

In occasione del ritorno sui banchi, i numeri dell’istruzione in Italia e il bilancio dell’andamento infortunistico tra gli alunni degli istituti pubblici statali sono al centro del nuovo numero del periodico statistico Dati Inail. Quasi tutti gli incidenti hanno avuto conseguenze lievi, senza riconoscimento di un grado di menomazione

Sono oltre 77mila le denunce di infortunio di studenti di scuole pubbliche statali presentate all’Inail nel 2018, 1.400 in più rispetto all’anno precedente. L’incremento è pari al 2% e conferma il trend di crescita iniziato nel 2017, in seguito all’introduzione dell’obbligo di comunicare all’Istituto, a fini statistici e informativi, anche gli infortuni che comportino un’assenza di almeno un giorno, escluso quello dell’evento.

Un approfondimento a 360 gradi. A tracciare il quadro aggiornato della situazione, in occasione dell’inizio del nuovo anno scolastico, è il periodico statistico Dati Inail, che nel suo nuovo numero analizza i numeri dell’istruzione in Italia: dalla distribuzione degli oltre 7,7 milioni di alunni della scuola statale negli istituti dell’infanzia (12,0%), primari (32,5%), di primo (21,2%) e secondo grado (34,3%), alla condizione occupazionale dei laureati, attraverso un’elaborazione dei dati contenuti nell’ultimo rapporto AlmaLaurea. Il rapporto, pubblicato lo scorso giugno, richiama l’attenzione su un insieme di risultati positivi per il nostro Paese, come la riduzione dell’età alla laurea, l’aumento della regolarità degli studi, la maggiore partecipazione a tirocini curriculari e il lieve incremento delle esperienze di studio all’estero, che favoriscono l’ingresso nel mondo del lavoro.

Dai laboratori all’educazione fisica, la copertura riguarda alcune attività specifiche. Dall’analisi dell’andamento infortunistico tra gli studenti delle scuole pubbliche statali – assicurati all’Inail solo per gli infortuni che avvengono durante le attività tecnico-scientifiche e di laboratorio, le esercitazioni pratiche e di lavoro, l’educazione fisica e i viaggi di istruzione o di integrazione della preparazione – emerge che nel 2018 l’Istituto ha riconosciuto oltre la metà delle denunce presentate per infortuni occorsi agli studenti. Nella maggioranza dei casi si tratta di infortuni lievi, senza riconoscimento di un grado di menomazione (97,7%) o con grado compreso tra 1 e 5 (2%).

Tra gli under 14 più di sei casi su 10. Il 44% degli infortuni denunciati è avvenuto nelle sole regioni della Lombardia (22,0%), Emilia Romagna (11,3%) e Veneto (10,7%). Rapportando gli infortuni accertati per regione agli esposti al rischio, ovvero al numero degli alunni delle scuole pubbliche statali, l’Emilia Romagna passa al primo posto, con circa otto casi accertati ogni 1.000 esposti, davanti al Piemonte e alla Lombardia. Il 55,7% degli infortuni riconosciuti riguarda studenti e il 44,3% studentesse. Indipendentemente dal genere, la fascia di età più colpita è quella sotto i 14 anni (64,0%), seguita da quella tra i 15 e i 19 anni (35,1%).

Il mese più a rischio è maggio. Scivolamenti e inciampamenti tra le cause più frequenti. Complici la stanchezza di fine anno e la frequenza maggiore delle attività all’aperto, maggio è il mese in cui gli studenti si infortunano di più, seguito da ottobre e marzo. Le cause sono soprattutto scivolamenti e inciampamenti, movimenti scoordinati e passi falsi, che procurano fratture e contusioni di mani e polsi e lussazioni di caviglie.

Nel nuovo sistema tariffario aggiornate le voci del settore istruzione. Come ricordato da Dati Inail, se nelle scuole statali la copertura assicurativa di studenti e docenti avviene mediante il sistema della gestione per conto dello Stato, in quelle non statali gli insegnanti rientrano nel regime ordinario, mentre per gli alunni vale il premio speciale unitario. Nella nuova tariffa ordinaria dipendenti, varata quest’anno a quasi 20 anni dall’ultimo aggiornamento, nelle gestioni terziario e altre attività sono stati introdotti riferimenti specifici per l’istruzione di grado preparatorio, come le scuole per l’infanzia e le scuole speciali collegate alle scuole primarie, e una voce ad hoc nel caso degli asili nido, prima ascritti alla generica voce degli ospizi, orfanatrofi e brefotrofi. Sono stati inoltre completamente rivisti la logica e i riferimenti tariffari destinati ad assicurare i rischi a cui è esposto chi frequenta tirocini formativi di tipo extracurriculare, attivati sulla base di una convenzione tra un ente promotore e un soggetto ospitante.

Fonte: INAIL

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Gli incidenti con mezzo di trasporto

ID 9123 | | Visite: 3547 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Incidente con mezzi di trasporto

Gli incidenti con mezzo di trasporto - Un’analisi integrata dei determinanti e dei fattori di rischio occupazionali

INAIL, 2019

Il progetto di ricerca denominato “Studi di fattibilità connessi all’accessibilità di Big Data” ha costituito un archivio integrato Istat-Inail di incidenti con mezzo di trasporto, che collega l’informazione incidentale con l’informazione occupazionale/assicurativa.

La monografia ne illustra i principali risultati quali: le metodologie impiegate per la connessione degli archivi incidentali, l’analisi statistica integrata del fenomeno, le elaborazioni eseguite con tecniche avanzate di statistica per la individuazione dei determinanti e la classificazione del fenomeno, l’analisi del fenomeno in relazione alle caratteristiche della rete viaria, l’incidenza del traffico telefonico mobile sul rischio di incidente con mezzo di trasporto, le differenze di genere.

Fonte: INAIL

Circolare n. 655 del 20 gennaio 2012

ID 9106 | | Visite: 3457 | Prevenzione Incendi

Circolare n. 655 del 20 gennaio 2012

Apparecchi estintori portatili d’incendio omologati ai sensi del Decreto Ministeriale del 7 gennaio 2005

________

DIPARTIMENTO DEI VIGILI DEL FUOCO, DEL SOCCORSO PUBBLICO E DELLA DIFESA CIVILE DIREZIONE CENTRALE PER LA PREVENZIONE E LA SICUREZZA TECNICA
AREA VI - PROTEZIONE ATTIVA

Lettera Circolare

Allegati

Roma,li

ALLE DIREZIONI REGIONALI ED INTERREGIONALI VV.F.
LORO SEDI

Alla Direzione Centrale per la Formazione
SEDE

Alla Direzione Centrale per l'Emergenza
SEDE

Alla Direzione Centrale per le Risorse Logistiche e Strumentali
SEDI

ALL'UFFICIO STUDI, AFFARI LEGISLATIVI E INFORTUNISTICA
SEDE

Al COMANDI PROVINCIALI VV.F.
LORO SEDI

OGGETTO: Apparecchi estintori portatili d'incendio omologati ai sensi del D.M. 07/01/2005.

Per conoscenza e norma dei Comandi in indirizzo si riporta di seguito l'elenco degli apparecchi estintori portatili d'incendio Omologati e Rinnovati da questo Ministero, successivamente alla data di emanazione delle precedenti lettere circolari di pari oggetto, rilasciati al 31.12. 2011.
Si allegano, altresì, le variazioni di Ragione Sociale avvenute nell'anno 2011.

IL DIRIGENTE GENERALE
CAPO DEL CORPO NAZIONALE VV.F.
VICE CAPO DIPARTIMENTO VICARIO

DIREZIONE CENTRALE PER LA PREVENZIONE E LA SICUREZZA TECNICA AREA VI - PROTEZIONE ATTIVA

La Ditta "EMME s.r.l.", ha comunicato a questo Ministero l'avvenuta variazione della titolarità degli atti di Omologazione, con l'acquisizione da parte della Ditta "EMME ANTINCENDIO s.r.l." , Atto Notaio Dott. Francesco PANE , registrato ad Arezzo il 20/12/2010 n° 9453 /IT repertorio 56768 Raccolta 14665.
Pertanto, gli atti di Omologazione rilasciati alla Ditta " EMME s.r.l. " devono intendersi annullati.


La Ditta " APICE s.r.l.", ha comunicato a questo Ministero l'avvenuta variazione della titolarità degli atti di Omologazione, con l'acquisizione da parte della Ditta " RACK SYSTEM s.r.l.". Atto Notaio Dott. Amedeo VENDITTI , registrato a Milano il 08/02/2011 n° 2916 /IT repertorio 12169 .
Pertanto, gli atti di Omologazione rilasciati alla Ditta " APICE s.r.l. " devono intendersi annullati.


La Ditta " SACEP s.r.l.". ha comunicato a questo Ministero l'avvenuta variazione della titolarità degli atti di Omologazione, con l'acquisizione da parte della Ditta " SACEP INTERNATIONAL s.r.l." , Atto Notaio Dott. Michele GAMBINO , registrato a Bassano del Grappa il 08/07/2011 n° 4384 / IT repertorio 11890 Raccolta 6970.
Pertanto, gli atti di Omologazione rilasciati alla Ditta " SACEP s.r.l. " devono intendersi annullati.

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DVR VDT | Modello valutazione rischio Videoterminali

ID 8331 | | Visite: 37441 | Documenti Riservati Sicurezza

Cover DVR VDT

DVR VDT | Modello valutazione rischio Videoterminali

08.05.2019 | Rev. 0.0 2019

La Documentazione allegata è inerente la valutazione del rischio videoterminali, secondo quanto prescritto dal D.Lgs. n. 81/2008 “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro” - TITOLO VII, CAPO I e CAPO II (in formato .doc/pdf), con Modello DVR VDT, Documenti ufficiali INAIL, Documento sulle norme UNI VDT/Postazioni di lavoro ufficio, altra Documentazione d'interesse.

I lavoratori addetti a VDT sono (Art. 173 D.Lgs. n. 81/2008) tutti i lavoratori che utilizzano un VDT in modo sistematico e abituale, per venti ore settimanali, dedotte le pause obbligatorie di 15 minuti ogni due ore di attività. Utilizzo sistematico e abituale vuol dire che l’uso del VDT è una parte necessaria e costante dell’attività lavorativa, e quindi non un uso saltuario, occasionale, per tempi ridotti.

Il lavoratore addetto al VDT, nel D.Lgs. 626/94, veniva definito come il lavoratore che utilizza una attrezzatura munita di VDT in modo sistematico e abituale, per almeno quattro ore consecutive al giorno per tutta la settimana lavorativa, dedotte le interruzioni obbligatorie (art. 54: pausa di 15 minuti ogni 120 minuti di applicazione continua, non cumulabili all’inizio o alla fine dell’orario lavorativo).

A differenza della precedente enunciazione del D.Lgs. 626/94, che richiedeva un uso continuativo per quattro ore giornaliere, l’organizzazione dei tempi di adibizione (quante ore al giorno, quante ore continuative) non risulta più discriminante.

Nel D.Lgs. n. 81/2008 la richiesta di quattro ore consecutive giornaliere viene a cadere, e la definizione riformulata diventa: “lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all’articolo 175 D.Lgs. n. 81/2008 (quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale).

Videoterminali

I videoterminali (Vdt) costituiscono oggi un elemento essenziale in quasi tutti gli ambienti lavorativi, siano essi uffici, dove il videoterminale è adesso lo strumento fondamentale di lavoro, che ambienti produttivi, dove in molti casi i videoterminali entrano con funzioni di controllo (postazioni di comando, gestione dei quantitativi e dei flussi, controllo dell’organizzazione, ecc.) o per attività di progettazione.

Il lavoro al videoterminale pone dei rischi per la salute dei lavoratori, che dipendono non solo dal videoterminale stesso ma da tutto ciò che costituisce l’ambiente in cui il lavoratore si trova. I rischi legati al vero e proprio Vdt sono dipendenti dalle sue componenti (schermo, tastiera, mouse, altre periferiche) oltre che dalle caratteristiche dei software installati, mentre l’ambiente comprende la postazione di lavoro (essenzialmente scrivania e seduta) e quanto c’è intorno (luce ambientale, microclima, spazi di lavoro e di movimento, ambiente sonoro, ecc.).

Il rischio dovuto al Vdt è uno dei fattori considerati nella legislazione sulla salute e sicurezza sul lavoro, che pone la sua valutazione tra gli obblighi del datore di lavoro, come per tutti gli altri rischi presenti nell’ambiente lavorativo.

Utilizzo sicuro del vdt

Lavorare al videoterminale comporta in generale dei possibili rischi dovuti al mantenimento di una postura statica (spesso seduta) e alla necessità di concentrare lo sguardo su uno schermo, per tutto o quasi il periodo di lavoro. Inoltre sono da considerare anche i rischi più generali legati all’ambiente di lavoro, e i rischi specifici dovuti alle caratteristiche degli strumenti utilizzati, siano essi strumenti fisici (hardware) che programmi (il software), oltre alle richieste dell’attività dal punto di vista mentale.

Le principali fonti di rischio sono riferibili a:

1. caratteristiche della postazione di lavoro (caratteristiche del piano di lavoro, della seduta, disposizione dei materiali, ecc.);
2. caratteristiche del Vdt vero e proprio (caratteristiche dello schermo e delle periferiche);
3. caratteristiche dell’ambiente in cui si trova la postazione di lavoro (illuminazione, microclima, rumore, ecc.)

Nella presente sezione vengono analizzati questi fattori sulla base delle raccomandazioni presenti nel d.lgs. 81/2008, in particolare nell’allegato XXXIV D.Lgs. n. 81/2008, ma anche sulla base di quanto presente nella normativa tecnica specifica.

Vdt e salute

L’utilizzo del videoterminale può presentare dei rischi per i lavoratori addetti: infatti l’adibizione a un videoterminale, che per legge si concretizza in un tempo di adibizione di almeno 20 ore settimanali, comporta in genere il mantenimento di una postura statica e la concentrazione dell’attenzione (e dello sguardo) su uno schermo, per tutto o quasi il periodo di lavoro.

Si tratta quindi soprattutto di rischi per il sistema muscoloscheletrico legati alla postura assunta e ai movimenti che vengono fatti, e rischi per la vista legati alle caratteristiche di luminosità e contrasto dello schermo e dell’ambiente circostante.

Inoltre la necessità di mantenere la concentrazione su un compito per lunghi periodi, o con compiti che richiedono un notevole impegno cognitivo, comporta un rischio di affaticamento mentale.
In questa sezione sono raccolte delle informazioni relative ai rischi per la salute che possono essere riferibili a una adibizione a Vdt, insieme ad informazioni sugli organi e apparati maggiormente coinvolti. Per riferimento è stata inserita la definizione di benessere e di discomfort, dato che stati di discomfort possono essere legati allo stress e sono possibile causa di molti disturbi aspecifici.

Tipologie di postazioni al vdt

Le attività al Videoterminale possono essere molto diversificate. Nella maggior parte dei casi si tratta di attività di ufficio, con caratteristiche abbastanza simili, che riguardano principalmente l’immissione di dati, la videoscrittura, il calcolo e l’analisi di informazioni; queste attività vengono svolte con modalità simili e comportano simili caratteristiche delle postazioni.

Esistono comunque anche molte altre attività al Vdt che possono richiedere una particolare organizzazione della postazione, come ad esempio negli uffici aperti al pubblico, o le postazioni per attività specializzate. In questa sezione sono analizzate alcune comuni tipologie di postazioni al videoterminale, evidenziando le loro caratteristiche specifiche. In questa sede non verranno trattate le postazioni di controllo per specifiche macchine o per singole operazioni lavorative.

...

Il documento allegato risulta essere così strutturato:

1. Introduzione
1.1 Videoterminali
1.2 Utilizzo sicuro del vdt
1.3 Vdt e salute
1.4 Tipologie di postazioni al vdt
2. Riferimenti normativi
2. Obblighi del datore di lavoro
3. Dati generali impresa
4. La valutazione dei rischi da lavoro ai videoterminali: I principali fattori di rischio 9
5. La postazione di lavoro
6. Il Piano di lavoro
7. Il sedile di lavoro
8. L’illuminazione naturale ed artificiale
9. Il corretto utilizzo dei computer portatili
10. Le condizioni ambientali
11. Misure di prevenzione
12. Check list di verifica Allegato XXXIV del D.Lgs.81/2008 e s.m.i.
13. Norme UNI
14. Elenco operatori attrezzature munite di videoterminali
15. Firme del Documento per presa visione
Fonti

_______ 

Titolo VII D.Lgs. n. 81/2008 ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI

Capo I Disposizioni generali

Art. 172. Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.

2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:

a) ai posti di guida di veicoli o macchine;

b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;

c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico;

d) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;

e) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.

Art. 173. Definizioni

1. Ai fini del presente decreto legislativo si intende per:

a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;

b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, incluso il mouse, il software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro immediatamente circostante;

c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 175.

Capo II Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti 

Art. 174. Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'articolo 28, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:

a) ai rischi per la vista e per gli occhi;

b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale;

c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.

2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.

3. Il datore di lavoro organizza e predispone i posti di lavoro di cui all'articolo 173, in conformità ai requisiti minimi di cui all'allegato XXXIV.



ALLEGATO XXXIV REQUISITI MINIMI D.Lgs. n. 81/2008

Osservazione preliminare
Gli obblighi previsti dal presente allegato si applicano al fine di realizzare gli obiettivi del titolo VII.
I requisiti minimi previsti dal presente allegato si applicano anche alle attività di cui all'articolo 3, comma 7.
1. Attrezzature

a) Osservazione generale.
L'utilizzazione in sé dell'attrezzatura non deve essere fonte di rischio per i lavoratori.

b) Schermo.
La risoluzione dello schermo deve essere tale da garantire una buona definizione,  una  forma chiara, una grandezza sufficiente dei caratteri e, inoltre, uno spazio adeguato tra essi.
L'immagine  sullo  schermo  deve  essere  stabile;  esente  da farfallamento, tremolio o da altre forme di instabilità.
La brillanza e/o il contrasto di luminanza tra i caratteri e lo sfondo dello schermo devono essere facilmente regolabili da parte dell'utilizzatore del videoterminale e facilmente adattabili alle condizioni ambientali.
Lo schermo deve essere orientabile ed inclinabile liberamente per adeguarsi facilmente alle esigenze dell'utilizzatore.
È possibile utilizzare un sostegno separato per lo schermo o un piano regolabile.
Sullo schermo non devono essere presenti riflessi e riverberi che possano causare disturbi all'utilizzatore durante lo svolgimento della propria attività.
Lo schermo deve essere posizionato di fronte all'operatore in maniera che, anche agendo su eventuali meccanismi di regolazione, lo spigolo superiore  dello  schermo  sia  posto  un  po' più in basso dell'orizzontale che passa per gli occhi dell'operatore e ad una distanza degli occhi pari a circa 50-70 cm, per i posti di lavoro in cui va assunta preferenzialmente la posizione seduta

c) Tastiera e dispositivi di puntamento.
La  tastiera  deve essere separata dallo schermo e facilmente regolabile e dotata di meccanismo di variazione della pendenza onde consentire al lavoratore di assumere una posizione confortevole e tale da non provocare l'affaticamento delle braccia e delle mani.
Lo spazio sul piano di lavoro deve consentire un appoggio degli avambracci davanti alla tastiera nel corso della digitazione, tenendo conto delle caratteristiche antropometriche dell'operatore.
La tastiera deve avere una superficie opaca onde evitare i riflessi.
La disposizione della tastiera e le caratteristiche dei tasti devono agevolarne l'uso. I simboli dei tasti devono presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili dalla normale posizione di lavoro.
Il mouse o qualsiasi dispositivo di puntamento in dotazione alla postazione di lavoro deve essere posto sullo stesso piano della tastiera, in posizione facilmente raggiungibile e disporre di uno spazio adeguato per il suo uso.

d) Piano di lavoro.
Il piano di lavoro deve avere una superficie a basso indice di riflessione, essere stabile, di dimensioni sufficienti a permettere una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, dei documenti e del materiale accessorio.
L'altezza del piano di lavoro fissa o regolabile deve essere indicativamente compresa fra 70 e 80 cm. Lo spazio a disposizione deve permettere l'alloggiamento e il movimento degli arti inferiori, nonché l'ingresso del sedile e dei braccioli se presenti.
La profondità del piano di lavoro deve essere tale da assicurare una adeguata distanza visiva dallo schermo.
Il supporto per i documenti deve essere stabile e regolabile e deve essere collocato in modo tale da ridurre al minimo i movimenti della testa e degli occhi.

e) Sedile di lavoro.
Il sedile di lavoro deve essere stabile e permettere all'utilizzatore libertà nei movimenti, nonché una posizione comoda. Il sedile deve avere altezza regolabile in maniera indipendente dallo schienale e dimensioni della seduta adeguate alle caratteristiche antropometriche dell'utilizzatore.
Lo  schienale  deve fornire un adeguato supporto alla regione dorso-lombare  dell'utente.  Pertanto deve essere adeguato alle caratteristiche  antropometriche  dell'utilizzatore e deve avere altezza e inclinazione regolabile. Nell'ambito di tali regolazioni l'utilizzatore dovrà poter fissare lo schienale nella posizione selezionata.
Lo schienale e la seduta devono avere bordi smussati. I materiali devono  presentare  un  livello  di permeabilità tali da non compromettere il comfort dell'utente e pulibili.
Il sedile deve essere dotato di un meccanismo girevole per facilitare i cambi di posizione e deve poter essere spostato agevolmente secondo le necessità dell'utilizzatore.
Un poggiapiedi sarà messo a disposizione di coloro che lo desiderino per far assumere una postura adeguata agli arti inferiori. Il poggiapiedi non deve spostarsi involontariamente durante il suo uso.

f) Computer portatili
L'impiego prolungato dei computer portatili necessita della fornitura di una tastiera e di un mouse o altro dispositivo di puntamento esterni nonché di un idoneo supporto che consenta il corretto posizionamento dello schermo.

2. Ambiente

a) Spazio
Il posto di lavoro deve essere ben dimensionato e allestito in modo che vi sia spazio sufficiente per permettere cambiamenti di posizione e movimenti operativi.

b) Illuminazione
L'illuminazione  generale e specifica (lampade da tavolo) deve garantire un illuminamento sufficiente e un contrasto appropriato tra lo  schermo  e  l'ambiente  circostante,  tenuto  conto delle caratteristiche del lavoro e delle esigenze visive dell'utilizzatore.
Riflessi  sullo  schermo,  eccessivi  contrasti di luminanza e abbagliamenti dell'operatore devono essere evitati disponendo la postazione di lavoro in funzione dell'ubicazione delle fonti di luce naturale e artificiale.
Si dovrà tener conto dell'esistenza di finestre, pareti trasparenti o traslucide, pareti e attrezzature di colore chiaro che possono determinare fenomeni di abbagliamento diretto e/o indiretto e/o riflessi sullo schermo.
Le finestre devono essere munite di un opportuno dispositivo di copertura regolabile per attenuare la luce diurna che illumina il posto di lavoro.

c) Rumore
Il rumore emesso dalle attrezzature presenti nel posto di lavoro non deve perturbare l'attenzione e la comunicazione verbale.

d) Radiazioni
Tutte le radiazioni, eccezion fatta per la parte visibile dello spettro  elettromagnetico,  devono  essere  ridotte  a  livelli trascurabili dal punto di vista della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori

e) Parametri microclimatici
Le condizioni microclimatiche non devono essere causa di discomfort per i lavoratori.
Le attrezzature in dotazione al posto di lavoro non devono produrre un eccesso di calore che possa essere fonte di discomfort per i lavoratori.

3. Interfaccia elaboratore/uomo
All'atto dell'elaborazione, della scelta, dell'acquisto del software, o allorché questo venga modificato, come anche nel definire le mansioni che implicano l'utilizzazione di unità videoterminali, il datore di lavoro terrà conto dei seguenti fattori:

a) il software deve essere adeguato alla mansione da svolgere;

b) il software deve essere di facile uso adeguato al livello di conoscenza  e  di  esperienza dell'utilizzatore. Inoltre nessun dispositivo di controllo quantitativo o qualitativo può essere utilizzato all'insaputa dei lavoratori;

c) il software deve essere strutturato in modo tale da fornire ai lavoratori  indicazioni  comprensibili  sul corretto svolgimento dell'attività;

d) i sistemi devono fornire l'informazione di un formato e ad un ritmo adeguato agli operatori;

e) i principi dell'ergonomia devono essere applicati in particolare all'elaborazione dell'informazione da parte dell'uomo.

Fonti: 
D.Lgs. 81/2008 Testo Unico Salute e Sicurezza Lavoro
Il lavoro al videoterminale

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Allegato riservato Benessere e discomfort.pdf
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Allegato riservato VDT e salute_Il carico di lavoro mentale 2014.pdf
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Allegato riservato VDT e salute_La colonna vertebrale.pdf
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Allegato riservato L'apparato visivo.pdf
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Allegato riservato Prodotti informativi sul lavoro al VDT - Descrizioni.pdf
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Allegato riservato Tipologia di postazioni - Postazioni da ufficio.pdf
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Allegato riservato Tipologia di postazioni - Call center.pdf
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I protocolli di sorveglianza sanitaria nelle strutture INAIL

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Protoclli sorveglianza sanitaria strutture INAIL

I protocolli di sorveglianza sanitaria nelle strutture INAIL

Come è noto il D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. ha innovato il D.Lgs. 626/94 e s.m.i. e, quello che prima era previsto negli artt. 16 e 17, ora si ritrova, meglio normato, all’art. 25 (Obblighi del Medico Competente) e 41 (Sorveglianza sanitaria).

Tra le tante novità su cui meriterebbe soffermarsi, riteniamo, con il presente contributo, di focalizzare la nostra attenzione su quanto previsto dall’art. 25 comma 1, lett. c) che prevede, tra gli obblighi del MC, quello di “programmare ed effettuare la sorveglianza sanitaria di cui all’art. 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati”.

Tale obbligo, anche se non è una novità assoluta - in parte lo stesso concetto si deduceva sia nel D.Lgs. 626/94, ma addirittura nel D.P.R. 303/1956 - ha una rilevanza assai significativa in considerazione del fatto che la sorveglianza sanitaria non è più lasciata ad una “libera interpretazione” del Medico Competente (MC). Infatti all’art. 16, comma 3, del D.Lgs. 626/1994 si leggeva che gli accertamenti cui era sottoposto il lavoratore ai fini del giudizio di idoneità “..comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente”.

La frase, ancorchè ripresa integralmente nell’art. 41 comma 4, del D.Lgs. 81/2008, è ora collegata ad un “rigoroso” protocollo sanitario cui lo stesso MC deve attenersi dopo averlo esplicitato e differenziato rischio per rischio. Anche se tutti i MC hanno, da sempre, svolto l’attività di Sorveglianza Sanitaria seguendo linee di indirizzo ben definite e secondo scienza e coscienza, per la prima volta nella normativa diviene obbligatorio attenersi a specifici protocolli. Onde evitare una cristallizzazione delle procedure, la dizione “..tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati..”, impone inoltre al MC un continuo aggiornamento su eventuali nuove, diverse e più affidabili procedure per valutare correttamente lo stato di salute del lavoratore e prevenire gli effetti nocivi dei rischi a cui è esposto.

Della sorveglianza sanitaria, come della valutazione dei rischi, abbiamo una definizione precisa derivante dallo stesso D.Lgs. 81/08 che all’art. 2, comma 1 lett. m) definisce la Sorveglianza Sanitaria come “..insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa” e la Valutazione dei rischi come “valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza”. Partendo quindi dalle due definizioni la prima non può che derivare da una applicazione della seconda, ed i protocolli sanitari non sono che il passaggio intermedio, o meglio il collegamento tra due attività a cui il MC deve partecipare in prima persona.

Il protocollo sanitario (art. 25), che rientra a pieno titolo tra gli “atti” che il M.C. deve predisporre, è alla base della sorveglianza sanitaria (art. 41) di cui definisce le modalità organizzative. La costruzione dei protocolli sanitari costituisce, quindi, uno dei momenti essenziali dell’attività del M.C. in quanto gli stessi rappresentano un mezzo indispensabile per attuare la tutela della salute del singolo lavoratore prevenendo l’insorgenza di eventuali tecnopatie o l’aggravamento di condizioni patologiche professionali o non.

In che cosa consiste un “protocollo sanitario”?

In via generale, il protocollo sanitario modulato su ogni specifico rischio è uno strumento per svolgere al meglio la sorveglianza sanitaria che, come è noto, prevede alcuni passaggi obbligati: un’anamnesi completa, un esame obiettivo generale e uno mirato, visite specialistiche specifiche, accertamenti strumentali e valutazioni clinico-funzionali circostanziati in grado di evidenziare il reale stato di salute in correlazione al rischio esaminato. Il pericolo che si può correre è quello di predisporre dei protocolli “non effettivamente mirati” e sganciati da una reale valutazione dei livelli di esposizione ai singoli fattori di rischio. In altri casi è possibile invece che non vengano prese in considerazione tutte le specifiche, e spesso complesse, condizioni di esposizione dei lavoratori (esposizioni contemporanee a più fattori di rischio, variazioni temporali nell’esposizione, esposizioni indirette).

In altri casi il rischio è di predisporre dei protocolli sanitari di tipo “difensivo” spesso “ridondanti” con un eccesso di esami tecnico-strumentali con periodicità ravvicinata non sempre giustificata. Risulta quindi chiaro che la compilazione ed elaborazione dei protocolli sanitari è certamente una fase critica della attività del M.C. ed è il frutto di un procedimento assai strutturato che richiede non solo conoscenze mediche o comunque di medicina del lavoro ma anche “ conoscenze tecniche relative allo specifico settore lavorativo, ai fattori di rischio tipici, agli ambienti di lavoro, ai risultati di eventuali indagini analitiche ambientali così come sono riportati nel documento di valutazione dei rischi alla stesura del quale dovrebbe, peraltro, aver contribuito attivamente.” e che, come recita, l’art. 25 “…tiene in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati…”. Come detto in premessa, vi è una stretta correlazione tra “valutazione dei rischi” e successiva stesura dei “protocolli sanitari” in quanto questi ultimi non possono che derivare da una attenta e puntuale analisi della valutazione del rischio.

È opportuno ricordare che per ciascuna mansione deve essere definito compiutamente il profilo, in quanto il giudizio di idoneità previsto dall’art. 41, comma 6, viene espresso in relazione alla “mansione specifica” che può esporre ad uno o più rischi che devono essere tutti esplicitati e comunicati al MC.

In concreto i rischi lavorativi evidenziati nel D.V.R. aziendale devono essere coerenti con quelli poi presi in considerazione nella stesura del protocollo sanitario. Nel protocollo è necessario inserire non solo gli accertamenti sanitari ma anche la loro periodicità che non deve essere “blindata” , come nel D.P.R. 303/56, ma che potrà essere stabilita dal MC autonomamente in base alle risultanze della visita, degli accertamenti e della valutazione del rischio, fermo restando che, qualora non prevista da specifica normativa, questa “..viene stabilita di norma in una volta l’anno” (art. 41, c. 2, lett. b).

Nel presente manuale verranno quindi presi in esame i rischi ed i relativi protocolli sanitari previsti nelle strutture INAIL (uffici e centri medico legali). Poiché non si tratta solo di rischi da “lavoro da ufficio” è ovvio che saranno ben più articolati di un protocollo legato solo al rischio da VDT. Per quanto riguarda il rischio “stress lavoro-correlato” a tutt’oggi si attendono le indicazioni della Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul Lavoro, come previsto nel D.Lgs. 81/08 e s.m.i., indicazioni, che dovevano essere emanate entro il 31.7.2010, ed in carenza delle quali si dovrà comunque procedere alla valutazione anche di questo rischio a decorrere dall’1.8.2010, termine prorogato al 31.12.2010 (Legge n. 122/2010).

INAIL 2010

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Illustrazioni delle dinamiche infortunistiche in cava

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Illustrazione

Illustrazioni delle dinamiche infortunistiche in cava. Dall'analisi alla prevenzione

INAIL, 2019

Dall’esame dei dati contenuti nell’osservatorio degli infortuni del Dipartimento prevenzione della Asl Toscana nord-ovest si è sviluppata l’idea di realizzare una pubblicazione che, partendo dall’analisi dell’accadimento infortunistico, proponesse una riflessione in chiave prevenzionistica.

Il testo vuole essere quindi il nuovo punto di partenza per informare e sensibilizzare tutti gli addetti ai lavori, dando valore alle esperienze passate per orientare buoni comportamenti futuri. All’interno vi sono le illustrazioni di 19 infortuni, avvenuti nel comparto delle cave di Massa Carrara tra gli anni 2006 e 2016. Al termine di ogni scheda è stato previsto uno spazio ‘appunti/riflessioni’ a disposizione del singolo utilizzatore per annotare osservazioni e suggerimenti per migliorare situazioni operative presenti nelle proprie aree di lavoro.

________

INTRODUZIONE
Scheda 1 Infortunio mortale di un lavoratore durante fasi di lavoro interferenti compresa la movimentazione di un blocco in spazi ridotti
Scheda 2 Infortunio grave di un lavoratore colpito da materiale franato
Scheda 3 Infortunio mortale di un lavoratore durante il controllo di un cavo elettrico
Scheda 4 Infortunio grave di un lavoratore al termine del sezionamento di un blocco con macchina tagliatrice a filo diamantato
Scheda 5 Infortunio grave di un lavoratore durante la rimozione di porzione rocciosa con pala meccanica
Scheda 6 Infortunio di un lavoratore nella fase preliminare per il ribaltamento di una bancata di marmo
Scheda 7 Duplice infortunio grave durante la perforazione al monte
Scheda 8 Infortunio mortale e infortunio grave di due lavoratori durante la preparazione di cariche con polvere nera
Scheda 9 Infortunio grave di un lavoratore durante il taglio di una bancata al monte con macchina tagliatrice a filo diamantato
Scheda 10 Infortunio grave di un lavoratore in fase di spostamento di blocchi informi con escavatore
Scheda 11 Infortunio mortale di un lavoratore durante il taglio di una bancata al monte
Scheda 12 Infortunio grave di un lavoratore nella fase di apertura di porzione rocciosa con utilizzo di cuscini idraulici
Scheda 13 Infortunio grave di un lavoratore durante il transito su rampa di cava con escavatore
Scheda 14 Infortunio mortale di un lavoratore durante il transito con autocarro su strada di arroccamento
Scheda 15 Infortunio grave di un lavoratore durante la movimentazione di materiale con pala meccanica
Scheda 16 Infortunio mortale di un lavoratore durante le operazioni di abbattimento di un residuo di bancata al monte
Scheda 17 Infortunio mortale di un lavoratore durante il taglio di una bancata al monte con macchina tagliatrice a filo diamantato
Scheda 18 Infortunio grave di un lavoratore durante il sezionamento di un blocco di marmo con macchina tagliatrice a filo diamantato
Scheda 19 Duplice infortunio mortale ed infortunio grave, di tre lavoratori durante le operazioni per l’abbattimento di una sponda

Fonte: INAIL

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Assicurazione infortuni domestici: entro il 15 ottobre l'integrazione 2019

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Temi: News

Assicurazione infortuni domestici: entro il 15 ottobre l'integrazione 2019

Assicurazione infortuni domestici, per versare l’integrazione del premio c’è tempo fino al 15 ottobre

Il pagamento di 11,09 euro allinea l’importo annuale della polizza obbligatoria ai 24 euro fissati dall’ultima legge di bilancio, che ha ulteriormente migliorato la tutela garantita alle persone che si prendono cura della casa e dei familiari in modo abituale ed esclusivo, a titolo gratuito e senza vincolo di subordinazione

ROMA - Per garantire la continuità della propria copertura assicurativa, entro il prossimo 15 ottobre gli assicurati Inail contro gli infortuni domestici devono effettuare il pagamento dell’integrazione di 11,09 euro, che allinea ai 24 euro fissati dalla legge di bilancio 2019 l’importo annuale della polizza, obbligatoria per tutte le persone che svolgono gratuitamente un’attività rivolta alla cura dei componenti della famiglia e dell’abitazione, in modo abituale ed esclusivo e senza vincoli di subordinazione.
 
La platea dei beneficiari estesa fino ai 67 anni. In una lettera inviata agli assicurati che nei mesi scorsi hanno versato i 12,91 euro per il rinnovo dell’iscrizione, l’Inail ricorda che il nuovo premio annuale stabilito dall’ultima legge di bilancio è accompagnato da un’estensione della platea dei beneficiari della tutela assicurativa, che ora si applica alle persone tra i 18 e i 67 anni, anziché tra i 18 e i 65 anni, e da un significativo ampliamento delle prestazioni garantite.
 
Tra le novità la riduzione del grado di invalidità per la costituzione della rendita. Le novità riguardano, in particolare, l’abbassamento del grado di invalidità che è necessario per la costituzione della rendita Inail, passato dal 27% al 16%, l’introduzione di una prestazione una tantum pari a 300 euro, quando l’inabilità permanente accertata è compresa tra il 6% e il 15%, e il riconoscimento dell’assegno integrativo per l’assistenza personale continuativa ai titolari di rendita che versano in particolari condizioni menomative e che hanno necessità di assistenza quotidiana.
 
Procedura più agevole con il bollettino precompilato e il sistema pagoPA. Per rendere più agevole il pagamento dell’integrazione, alla lettera inviata agli assicurati è allegato il bollettino PA precompilato di 11,09 euro. Il versamento può essere effettuato in via telematica, accedendo al sistema pagoPA tramite il sito dell’Istituto, o presso gli uffici postali, gli sportelli bancari, gli istituti di pagamento e i tabaccai che aderiscono a pagoPA, presentando l’avviso di pagamento e il bollettino PA precompilato.
 
È ancora possibile mettersi in regola. Le modalità di pagamento sono le stesse anche per chi quest’anno non ha effettuato il versamento di 12,91 euro, pur avendo i requisiti previsti dalla normativa per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni domestici. A questo proposito, l’Inail sta procedendo all’invio di un bollettino precompilato agli assicurati presenti nella propria banca dati che non risultano in regola, che potranno utilizzarlo per pagare i 24 euro del premio annuale in un’unica soluzione. In questo caso il versamento deve essere effettuato nel più breve tempo possibile, in quanto la copertura assicurativa si attiva solo a partire dal giorno successivo al pagamento.
 
Precisazioni relative agli avvisi di pagamento. Sugli avvisi di pagamento, nella sezione “Banche ed altri canali”, è riportato il codice CBILL “BE7KK”, anziché il codice CBILL “BE77K”. Ciò non ostacola in alcun modo il pagamento attraverso Poste italiane, mentre per i canali in cui è richiesta l’imputazione manuale del codice CBILL è sufficiente barrare il codice errato e scrivere o comunicare all’operatore quello corretto. Tutti i codici a barre destinati ai lettori ottici (datamatrix, QR code) sono corretti. Nei casi in cui, pur avendo già versato la quota di 12,91 euro, sia stata ricevuta la richiesta di pagamento del premio annuale di 24 euro, è necessario consegnare o inviare quanto prima la copia della ricevuta di pagamento alla sede Inail territoriale competente in relazione al proprio domicilio. L’Istituto provvederà poi a recapitare la richiesta di integrazione del premio pari a 11,09 euro, che andrà versata entro il 15 ottobre.
 
A chi rivolgersi per informazioni e assistenza. Per ulteriori informazioni relative all’assicurazione contro gli infortuni domestici è possibile chiamare il Contact Center Inail al numero 06.6001, raggiungibile sia da rete fissa sia da rete mobile, secondo il piano tariffario del proprio gestore telefonico. In alternativa è possibile anche rivolgersi alle sedi territoriali dell’Inail o alle associazioni delle casalinghe: Obiettivo famiglia/Federcasalinghe, Movimento italiano casalinghe (Moica) e Sindacato casalinghe lavoratrici europee (Scale Ugl).
 
Fonte INAIL
 
 

Circolare INL 14 gennaio 2019 n. 1

ID 9196 | | Visite: 2241 | News Sicurezza

Circolare INL 14 gennaio 2019 n. 1

Oggetto: verbalizzazione accertamenti – indicazioni sulla corretta individuazione dei mezzi di impugnazione.

La Commissione Centrale di programmazione dell’attività di vigilanza ha rilevato alcune problematiche relative alle modalità di verbalizzazione in occasione delle vigilanze che hanno ad oggetto sia la materia lavoristica che contributiva ed assicurativa, evidenziando l’esigenza di una semplificazione delle attività di accertamento e di una razionalizzazione dei contenuti delle avvertenze inerenti gli strumenti di tutela.

Modalità di verbalizzazione dell’accertamento congiunto

Giova preliminarmente chiarire che tali vigilanze devono caratterizzarsi per la piena condivisione, da parte del personale ispettivo che abbia preso parte alle attività di accertamento, di tutte le risultanze ispettive che, tuttavia, possono essere riportate in verbali separati rispettivamente per gli aspetti amministrativo-sanzionatori e contributivi.

Ciò in quanto, l’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004, nel disciplinare dettagliatamente il verbale unico, stabilisce che la sua “unicità” riguarda esclusivamente la contestazione di sanzioni amministrative di cui alla L. n. 689/1981.

Più precisamente, il comma 4 dell’art. 13 specifica che, all'ammissione alla procedura di regolarizzazione, attraverso la diffida o la diffida “ora per allora”, nonché alla contestazione delle violazioni amministrative di cui all'art. 14 della L. n. 689/1981, si provvede da parte del personale ispettivo esclusivamente con un unico verbale di accertamento notificato al trasgressore e all'eventuale obbligato in solido.
...
segue in allegato

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Allegato riservato Circolare INL n. 1 del 14 gennaio 2019.pdf
 
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Affollamento massimo locali pubblico spettacolo: quadro normativo

ID 7355 | | Visite: 146896 | Documenti Riservati Sicurezza

Affollamento dicoteca   Strage Corinaldo

Affollamento massimo locali pubblico spettacolo: quadro normativo

ID 7335 | Update 08.12.2018 | Documento completo allegato

Si illustra la legislazione autorizzativa e di sicurezza dei locali di pubblico spettacolo, in particolare "l'affollamento massimo", facendo seguito alla tragedia della discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo (AN) con 6 vittime 100 feriti del 08.12.2018 (news ANSA 08 dicembre 2018 09:30), Link allegate Note VVF riportate.

Documento completo in allegato

Affollamento massimo locali pubblico spettacolo   Quadro normativo

L'affollamento dei locali di pubblico spettacolo è sempre un aspetto critico e spesso non rispettato dai gestori degli stessi. Si fornisce un quadro legislativo generale autorizzativo e di prevenzione incendi delle attività di pubblico spettacolo e in estrema sintesi l'aspetto dell'affollamento di cui al punto 4.1 del D.M. 19 agosto 1996.

La normativa principale di riferimento è legata ad aspetti di:

- Pubblica Sicurezza (T.U.P.S) R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (Licenza)
- Prevenzione Incendi (RTV) D.M. 19 agosto 1996 (Locali di pubblico spettacolo)

La licenza (art. 68 del T.U.P.S) è necessaria per dare corso a spettacoli e trattenimenti ed in particolare è concessa: "R.D. 18 giugno 1931, n. 773 - Art. 80...prima di aver fatto verificare da una commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio". 

Per il rispetto dell'Art. 80 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 sono istituite apoosite Commissioni di Vigilanza (CVLPS) di cui agli Artt. 141, 141-bis,142. 

La "capienza" di un locale di pubblico spettacolo e trattenimento costituisce l’affollamento massimo consentito ed è stabilita dalla Commissione di Vigilanza sui L.P.S. (CVLPS), nel rispetto delle norme di sicurezza e di igiene vigenti (Lett. circ. n. P718/4118 sott. 20/C del 27/3/1997). 

Il parere della CVLPS

Non ogni spettacolo o trattenimento musicale o danzante svolto in un pubblico esercizio è soggetto al regime di cui agli artt. 68, 69 e 80 del TULPS con il parere della CVLPS e relatriva Licenza.

Debbono ritenersi esenti dal sistema autorizzatorio che discende da tali articoli gli spettacoli e/o i trattenimenti musicali e danzanti allestiti occasionalmente o per specifiche ricorrenze (es.: festa dell'ultimo dell'anno), sempreché rappresentino un'attività meramente complementare e accessoria rispetto a quella principale della ristorazione e della somministrazione di alimenti e bevande.

Conseguentemente, sono stati considerati esenti dalla disciplina di cui ai richiamati articoli del TULPS ed ai controlli delle CVLPS quei trattenimenti organizzati eccezionalmente in pubblici esercizi, senza l'apprestamento di elementi tali da configurarne la trasformazione in locali di pubblico spettacolo, nei quali, in definitiva, il trattenimento è strettamente funzionale all'attività di ristorazione e di somministrazione di alimenti. In tali casi, può ritenersi che l'esercente attui in maniera lecita una maggiore attrattiva sul pubblico nell’ambito dello svolgimento della sua propria attività economica, senza tratti di specifica imprenditorialità nel campo dell'intrattenimento e dello spettacolo.

Ove, invece, finiscano per essere prevalenti le caratteristiche tipiche del locale di pubblico spettacolo, idoneo allo svolgimento dell'esibizione artistica programmata e all'accoglimento prolungato dei clienti (ad es., con allestimento di apposite sale, con allestimenti scenici, con il richiamo di un pubblico più ampio di quello cui si rivolge normalmente l'attività di somministrazione di alimenti e bevande, con il pagamento di un biglietto d'ingresso, ecc.) si è espresso l'avviso che tornino ad essere applicabili le disposizioni del TULPS e quelle, connesse, del suo regolamento di esecuzione (con il relativo sistema di controlli e verifiche), poiché l'intrattenimento non può più considerarsi come attività meramente occasionale e complementare rispetto a quella della somministrazione di alimenti e bevande.

Lo stesso si è sostenuto laddove il trattenimento musicale e/o danzante sia previsto con cadenza saltuaria ma ricorrente (ad es., nei fine settimana) … (nota prot. n. 557/PAS/U/003524/13500.A(8) del 21-2-2013 del Dipartimento PS).

Affollamento massimo locali di pubblico spettacolo

L'affollamento massimo di un locale di pubblico spettacolo è definito al p. 4.1 del D.M. 19 agosto 1996, di cui a seguire.

 Lett. circ. n. P718/4118 sott. 20/C del 27/3/1997

Al riguardo si precisa che la “capienza” di un locale di pubblico spettacolo o trattenimento costituisce l’affollamento massimo consentito e viene stabilita dalla Commissione provinciale di vigilanza, di cui all’art. 141 del regolamento del T.U.L.P.S. (R.D. 6 maggio 1940 N. 635 ndr), nel rispetto delle norme di sicurezza e di igiene vigenti.

R.D. 18 giugno 1931, n. 773 - "Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS)
(GU n.146 del 26-6-1931 - SO n. 146)

R.D. 6 maggio 1940 N. 635 "Approvazione del regolamento per l'esecuzione del testo unico 18 giugno 1931-IX, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza".
(GU n.149 del 26-6-1940 - SO n. 149)

D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311 - "Regolamento per la semplificazione dei procedimenti relativi ad autorizzazioni per lo svolgimento di attività disciplinate dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza nonché al riconoscimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza (numeri 77, 78 e 108, allegato 1 della legge n. 59/1997 e numeri 18, 19, 20 e 35, allegato 1 della legge n. 50/1999)"
(GU n.178 del 02-08-2001)

D.M. 19 agosto 1996 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo.
(G.U. n. 14 del 12 settembre 1996  SO)
...

D.M. 19 agosto 1996 RVT Locali pubblico spettacolo

Art. 1 - Campo di applicazione

1. Il presente decreto ha per scopo l’emanazione di disposizioni di prevenzione incendi riguardanti la progettazione, la costruzione e l’esercizio dei sottoelencati locali:

a) teatri;(1)
b) cinematografi;
c) cinema-teatri;
d) auditori e sale convegno;
e) locali di trattenimento, ovvero locali destinati a trattenimenti ed attrazioni varie, aree ubicate in esercizi pubblici ed attrezzate per accogliere spettacoli, con capienza(2) superiore a 100 persone;
f) sale da ballo e discoteche;
g) teatri tenda;
h) circhi;
i) luoghi destinati a spettacoli viaggianti e parchi di divertimento;(3)
l) luoghi all’aperto, ovvero luoghi ubicati in delimitati spazi all’aperto attrezzati con impianti appositamente destinati a spettacoli o intrattenimenti e con strutture apposite per lo stazionamento del pubblico. Rientrano nel campo di applicazione del presente decreto i locali multiuso utilizzati occasionalmente per attività di intrattenimento e pubblico spettacolo.

Ai locali di trattenimento, di cui alla precedente lettera e), con capienza non superiore a 100 persone, si applicano le disposizioni di cui al titolo XI dell’allegato.

2. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto:(4)

a) i luoghi all’aperto, quali piazze e aree urbane prive di strutture specificatamente destinate allo stazionamento del pubblico per assistere a spettacoli e manifestazioni varie, anche con uso di palchi o pedane per artisti, purché di altezza non superiore a m 0,8 e di attrezzature elettriche, comprese quelle di amplificazione sonora, purché installate in aree non accessibili al pubblico, (5) fermo restando quanto stabilito nel titolo IX della regola tecnica allegata al presente decreto;(6)

b) i locali, destinati esclusivamente a riunioni operative, di pertinenza di sedi di associazioni ed enti;(7)

c) i pubblici esercizi dove sono impiegati strumenti musicali in assenza dell’aspetto danzante e di spettacolo;

d) i pubblici esercizi in cui è collocato l’apparecchio musicale “karaoke” o simile, a condizione che non sia installato in sale appositamente allestite e rese idonee all’espletamento delle esibizioni canore ed all’accoglimento prolungato degli avventori, e la sala abbia capienza non superiore a 100 persone;

e) i pubblici esercizi dove sono installati apparecchi di divertimento, automatici e non, in cui gli avventori sostano senza assistere a manifestazioni di spettacolo (sale giochi).

3. Le disposizioni del presente decreto si applicano ai locali di nuova realizzazione ed a quelli esistenti alla data di entrata in vigore dello stesso(8) , già adibiti ad attività di cui al comma 1, nel caso siano oggetto di interventi comportanti la loro completa ristrutturazione e/o il cambio di destinazione d’uso, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, di cui all’art. 31 lettera a) della legge 5 agosto 1978, n. 457.

Nel caso che gli interventi, effettuati su locali esistenti, comportino la sostituzione o modifica di impianti e/o attrezzature di protezione attiva antincendio, la modifica parziale delle caratteristiche costruttive e/o del sistema di vie di uscita, e/o ampliamenti, le disposizioni del presente decreto si applicano solamente agli impianti e/o alle parti della costruzione oggetto degli interventi di modifica. In ogni caso gli interventi di modifica effettuati su locali esistenti, che non comportino un loro cambio di destinazione, non possono diminuire le condizioni di sicurezza preesistenti.

Note

(1) I locali destinati a riprese cinematografiche e/o televisive con presenza di pubblico rientrano nel campo di applicazione del DM 19/8/1996 essendo assimilati a teatri (Nota prot. n. P806/4109 sott. 44/C(5) del 26/5/2004).

(2) La "capienza" di un locale di pubblico spettacolo e trattenimento costituisce l’affollamento massimo consentito ed è stabilita dalla Commissione di Vigilanza sui L.P.S., nel rispetto delle norme di sicurezza e di igiene vigenti (Lett. circ. n. P718/4118 sott. 20/C del 27/3/1997).

(3) I “parchi avventura” non avendo all’interno del loro sedime alcun “locale di trattenimento” così come definito dal Titolo I del DM 19/8/1996, non rientrano tra le attività di cui al punto 65 del DPR 151/2011. Per l’applicazione della regola tecnica i parchi avventura possono essere assimilati ai “parchi divertimenti” di cui alla lettera i) dell’art. 1 del DM 19/8/1996 (Nota DCPREV prot. n. 717 del 18/1/2018).

(4) Art. 1, co. 2, lettera a) come modificato dal D.M. 18 dicembre 2012 modifica al D.M. 19 agosto 1996

(5) Le verifiche da parte delle Commissioni di Vigilanza non sono previste in caso di svolgimento di manifestazioni in area all’aperto non recintate e prive di attrezzature destinate allo stazionamento del pubblico. In tal caso corre tuttavia l’obbligo di ottemperare all’ ultimo comma del titolo IX del D.M. 19 agosto 1996. Per quanto riguarda l’affollamento, si rimanda a quanto stabilito al p.to 4.1, titolo IV (Nota prot. n. P529/4109 sott. 44/B del 02-07-2003).

(6) I locali adibiti a gallerie, esposizioni, mostre e fiere non possono essere qualificati come locali di pubblico spettacolo o trattenimento. L’apertura e l’esercizio di tali attività non è subordinato al rilascio del nulla osta di agibilità (art. 80 T.U.L.P.S.) e pertanto il collaudo dell’agibilità e della sicurezza di gallerie, esposizioni, mostre e fiere non rientra nella sfera di attribuzioni della Commissione di vigilanza sui L.P.S. Nei locali adibiti a gallerie, esposizioni, mostre e fiere, ove il servizio di vigilanza antincendio VV.F. è obbligatorio ai sensi del DM n. 261/1996, la Commissione è tenuta a determinare l’entità del servizio in ottemperanza all’art. 5 del suddetto decreto (Nota prot. n. P410/4109 sott. 51/D.2 del 28/6/2002).

(7) Le pubbliche manifestazioni (tra le quali rientrano comizi, congressi politici, manifestazioni sindacali, ecc.) non sono da ritenersi, in linea di principio, soggette agli obblighi di cui all’art. 2, lett. b), della legge n. 966/1965 in quanto non configurabili nella fattispecie propria del “pubblico spettacolo” e/o del “trattenimento pubblico” e quindi non soggette al regime autorizzatorio di polizia di cui agli articoli 68 e 80 del T.U.L.P.S. (Nota prot. n. P989/4118 sott. 20/C5(I) del 21/6/2004).

(8) Le disposizioni del decreto si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore per:
a) realizzazione di nuovi locali;
b) completa ristrutturazione e/o cambio di destinazione di locali esistenti;
c) interventi di modifica parziale e/o ampliamento di impianti e parti costruttive in locali esistenti. Pertanto, a decorrere dalla data suddetta, i progetti di nuove costruzioni o modifica di quelle esistenti dovranno essere redatti secondo le disposizioni del decreto. Ne consegue che i progetti pervenuti alle CPV prima dell’entrata in vigore del decreto e redatti sulla base della previgente normativa, dovranno essere esaminati sulla scorta delle precedenti disposizioni di prevenzione incendi, fermo restando l'obbligo di adeguamento al Titolo XIX dell'allegato (Circolare n. 1 MI.SA. (97) del 23/1/1997)

TITOLO IV MISURE PER L’ESODO DEL PUBBLICO DALLA SALA

4.1 AFFOLLAMENTO

L’affollamento massimo(1)(2) deve essere stabilito come segue:

a) nei locali, di cui all’art. 1, comma 1, lettere a), b), c), d), g), h), pari al numero dei posti a sedere ed in piedi autorizzati, compresi quelli previsti per le persone con ridotte o impedite capacità motorie;

b) nei locali, di cui all’art. 1, comma 1, lettere e), pari a quanto risulta dal calcolo in base ad una densità di affollamento di 0,7 persone per metro quadrato;

c) Nelle sale da ballo e discoteche di cui all’art. 1, comma 1, lettera f), pari a quanto risulta dal calcolo in base ad una densità di affollamento(3)(4) di 1,2 persone al metro quadrato. La densità di affollamento dovrà tenere conto dei vincoli previsti da regolamenti igienico-sanitari.

Rif.  Tipo di locale Affollamento
A a) teatri;
b) cinematografi; 
c) cinema-teatri; 
d) auditori e sale convegno; 
g) teatri tenda;
h) circhi; 
numero dei posti a sedere ed in piedi autorizzati
(compresi quelli previsti per le persone con ridotte
o impedite capacità motorie)
B e) locali di trattenimento, ovvero locali destinati
a trattenimenti ed attrazioni varie, aree ubicate
in esercizi pubblici ed attrezzate per accogliere
spettacoli, con capienza superiore a 100 persone; 
densità di affollamento di 0,7 persone / mq
C f) sale da ballo e discoteche;  densità di affollamento 1,2 persone / mq

L'affollamenìto massimo deve essere, in particolare, commisurato alla "Capacità di deflusso" p. 4.2 e al sistema delle "Vie d'uscita" p. 4.3 del D.M. 19 agosto 1996.

Calcole della superifici - Note

Locali di servizio
Ai fini dell'affollamento devono essere calcolate solo le superfici delle sale che compongono i locali, escludendo i locali di "servizio" (Nota prot. n. P2166/4109 Sott. 53 del 20/11/1997). 

Tramezzature / spazi accessibili / altri locali 
La superficie da considerare ai fini del calcolo dell'affollamento massimo è quella compresa entro il perimetro interno delle pareti delimitanti il locale, al lordo di eventuali tramezzature interne, e comprensiva degli spazi accessibili al pubblico (biglietteria, pista da ballo e zona correlata quale salotti e aree di sosta di persone che non ballano, zona bar, ecc.) che costituiscono pertinenze a uso della sala da ballo e non si configurano come attività indipendenti o spazi occupati in alternativa, con esclusione sia delle aree riservate alla gestione e alla manutenzione, non accessibili al pubblico (uffici, magazzini/depositi, guardaroba, servizi riservati al personale, aree a rischio specifico) sia delle scale di collegamento, dei percorsi di esodo, dei servizi igienici, ecc. (Nota DCPREV prot. n. 6832 del 4/5/2011).

Superfici calcolo affollamento
Figura 1 - Superfici per il calcolo

Note

(1) Si ritiene che il numero delle uscite, non possa essere ridotto sulla base di una dichiarazione del titolare dell'attività che preveda una limitazione dell'affollamento, ma deve essere determinato sulla base dei parametri indicati relativi a superficie e densità di affollamento. Nei locali di cui alle lettere e) e f) in base a una densità di affollamento rispettivamente di 0,7 e 1,2 persone/mq (Nota prot. n. P712/4109 sott. 44/B del 19-09-2003).

(2) Non essendo elencati i luoghi all’aperto ove si tengono concerti di cui alla lett. "l" dell'art. 1 co. 1, deve essere la Commissione di vigilanza sui LPS, valutate le "strutture apposite per lo stazionamento del pubblico", a definire il massimo affollamento accettabile. Per tale valutazione si potranno usare come riferimento i criteri del numero di posti a sedere e di densità di cui alla lett. b), tenendo conto che l'esclusione di tali luoghi è stata imposta dall’atipicità dei luoghi stessi e dalla conseguente necessità di dotare gli organi di controllo di una maggiore discrezionalità (Nota prot. n. P2187/4109 sott. 44 del 5/11/1997).

(3) Ai fini dell'affollamento devono essere calcolate solo le superfici delle sale che compongono i locali, escludendo i locali di "servizio" (Nota prot. n. P2166/4109 Sott. 53 del 20/11/1997).

(4) La superficie da considerare ai fini del calcolo dell'affollamento massimo è quella compresa entro il perimetro interno delle pareti delimitanti il locale, al lordo di eventuali tramezzature interne, e comprensiva degli spazi accessibili al pubblico (biglietteria, pista da ballo e zona correlata quale salotti e aree di sosta di persone che non ballano, zona bar, ecc.) che costituiscono pertinenze a uso della sala da ballo e non si configurano come attività indipendenti o spazi occupati in alternativa, con esclusione sia delle aree riservate alla gestione e alla manutenzione, non accessibili al pubblico (uffici, magazzini/depositi, guardaroba, servizi riservati al personale, aree a rischio specifico) sia delle scale di collegamento, dei percorsi di esodo, dei servizi igienici, ecc. (Nota DCPREV prot. n. 6832 del 4/5/2011).

Art. 17 della Costituzione:

I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico(1) , non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico(2) deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

R.D. 18 giugno 1931, n. 773
Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS)

R.D. 18 giugno 1931, n. 773
...

Art. 18. - I promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico(3) devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore. È considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sarà tenuta, o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata. I contravventori sono puniti con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da € 103,00 a 413,00. Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola.(4)

Il Questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di ordine pubblico, di moralità o di sanità pubblica, può impedire che la riunione abbia luogo e può, per le stesse ragioni, prescrivere modalità di tempo e di luogo alla riunione. I contravventori al divieto o alle prescrizioni dell'autorità sono puniti con l'arresto fino a un anno e con l'ammenda da € 206,00 a € 413,00. Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle predette riunioni prendono la parola. Non è punibile chi, prima dell'ingiunzione dell'autorità o per obbedire ad essa, si ritira dalla riunione. Le disposizioni di questo articolo non si applicano alle riunioni elettorali.
...
Art. 68. Senza licenza del Questore(5) non si possono dare in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, accademie, feste da ballo, corse di cavalli, né altri simili spettacoli o trattenimenti, e non si possono aprire o esercitare circoli, scuole di ballo e sale pubbliche di audizione(6). Per le gare di velocità di autoveicoli e per le gare aeronautiche si applicano le disposizioni delle leggi speciali

Art. 69. Senza licenza della autorità locale di pubblica sicurezza è vietato dare, anche temporaneamente, per mestiere, pubblici trattenimenti, esporre alla pubblica vista rarità, persone, animali, gabinetti ottici o altri oggetti di curiosità, ovvero dare audizioni all'aperto.
..
Art. 80.(7) L'autorità di pubblica sicurezza(8) non può concedere la licenza per l'apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una commissione tecnica(9) la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio. Le spese dell'ispezione e quelle per i servizi di prevenzione contro gli incendi sono a carico di chi domanda la licenza.

Note

(1) Luogo aperto al pubblico: locali di pubblico spettacolo e esercizi pubblici in genere come teatri, cinema, discoteche, bar, ristoranti, ecc.

(2) Luogo pubblico: piazze, strade cittadine, parchi pubblici, ecc.

(3) La Corte costituzionale con sentenza 31/3/1958, n. 27 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo nella parte relativa alle riunioni in luogo aperto al pubblico poiché l'art. 17 della Costituzione nel secondo comma dispone che per le riunioni in luogo aperto al pubblico non è richiesto preavviso.

(4) La Corte costituzionale, con sentenza 3 giugno 1970, n. 90 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, terzo comma, nella parte in cui non limita la previsione punitiva a coloro che prendono la parola essendo a conoscenza dell'omissione di preavviso previsto dal primo comma. Successivamente la stessa Corte con sentenza 4 maggio 1979, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, comma terzo (secondo periodo), secondo periodo, nella parte in cui prevede la incriminazione contravvenzionale di coloro che prendono la parola in riunione in luogo pubblico essendo a conoscenza dell'omissione di preavviso previsto nel primo comma.

(5) La Corte costituzionale, con sentenza 15/12/1967, n. 142, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico, senza la licenza del questore, in riferimento all'art. 17 della Costituzione. Con successiva sentenza 15/4/1970, n. 56, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico e non indetti nell'esercizio di attività imprenditoriali, occorre la licenza del questore. 

(6) Comma così modificato dall'art. 164, D.lgs 31 marzo 1998, n. 112. 

(7) Non ogni spettacolo o trattenimento musicale o danzante svolto in un pubblico esercizio è soggetto al regime di cui agli artt. 68, 69 e 80 del TULPS, con il conseguente parere della CVLPS. … debbono ritenersi esenti dal sistema autorizzatorio che discende da tali articoli gli spettacoli e/o i trattenimenti musicali e danzanti allestiti occasionalmente o per specifiche ricorrenze (es.: festa dell'ultimo dell'anno), sempreché rappresentino un'attività meramente complementare e accessoria rispetto a quella principale della ristorazione e della somministrazione di alimenti e bevande. Conseguentemente, sono stati considerati esenti dalla disciplina di cui ai richiamati articoli del TULPS ed ai controlli delle CVLPS quei trattenimenti organizzati eccezionalmente in pubblici esercizi, senza l'apprestamento di elementi tali da configurarne la trasformazione in locali di pubblico spettacolo, nei quali, in definitiva, il trattenimento è strettamente funzionale all'attività di ristorazione e di somministrazione di alimenti. In tali casi, può ritenersi che l'esercente attui in maniera lecita una maggiore attrattiva sul pubblico nell’ambito dello svolgimento della sua propria attività economica, senza tratti di specifica imprenditorialità nel campo dell'intrattenimento e dello spettacolo. Ove, invece, finiscano per essere prevalenti le caratteristiche tipiche del locale di pubblico spettacolo, idoneo allo svolgimento dell'esibizione artistica programmata e all'accoglimento prolungato dei clienti (ad es., con allestimento di apposite sale, con allestimenti scenici, con il richiamo di un pubblico più ampio di quello cui si rivolge normalmente l'attività di somministrazione di alimenti e bevande, con il pagamento di un biglietto d'ingresso, ecc.) si è espresso l'avviso che tornino ad essere applicabili le disposizioni del TULPS e quelle, connesse, del suo regolamento di esecuzione (con il relativo sistema di controlli e verifiche), poiché l'intrattenimento non può più considerarsi come attività meramente occasionale e complementare rispetto a quella della somministrazione di alimenti e bevande. Lo stesso si è sostenuto laddove il trattenimento musicale e/o danzante sia previsto con cadenza saltuaria ma ricorrente (ad es., nei fine settimana) … (nota prot. n. 557/PAS/U/003524/13500.A(8) del 21-2-2013 del Dipartimento PS).

(8) Il rilascio della licenza di agibilità per teatri o luoghi di pubblico spettacolo di cui all'art. 80 del TULPS è attribuita ai Comuni, come previsto dall'art. 19 punto 9 del DPR 24/7/1977 n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22/07/1975, n. 382).

(9) Le Commissioni (Comunali o Provinciali) di Vigilanza sui Locali di Pubblico Spettacolo previste dall'art. 141 del regolamento di esecuzione del TULPS.

D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311 
Regolamento per la semplificazione dei procedimenti relativi ad autorizzazioni per lo svolgimento di attività disciplinate dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza nonché al riconoscimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza (numeri 77, 78 e 108, allegato 1 della legge n. 59/1997 e numeri 18, 19, 20 e 35, allegato 1 della legge n. 50/1999).
...
D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311
...
Art. 4. Semplificazioni dei procedimenti concernenti i locali di pubblico spettacolo
1. Al regolamento di esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, sono apportate le seguenti ulteriori modificazioni (Artt. 116, 141, 141-bis, 142):

R.D 6 maggio 1940 n. 635
Approvazione del regolamento per l'esecuzione del testo unico 18 giugno 1931-IX, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza". 
...
R.D. 6 maggio 1940 n. 635
...
Art. 116. Per le licenze di cui agli articoli 68 e 69 della legge (R.D. 18 giugno 1931, n. 773 ndr) e' ammessa la rappresentanza.

La domanda per ottenere la licenza deve contenere l'indicazione della specie di spettacolo o di trattenimento e il periodo delle rappresentazioni.

Alla domanda della licenza per pubbliche rappresentazioni nelle sale di varieta', nei circhi equestri e in qualunque altro luogo pubblico o aperto al pubblico, esclusi i teatri per rappresentazioni di opere liriche o drammatiche, occorre unire i certificati di nascita dei minorenni che prendano parte alle rappresentazioni.

La licenza e' concessa per un numero determinato di rappresentazioni o di trattenimenti di una sola specie. La concessione di nuove licenze di esercizio per spettacoli cinematografici, misti e teatrali e la rinnovazione delle licenze stesse sono subordinate al preventivo nulla osta del Ministero della cultura popolare, a termini dei Regi decreti-legge 3 febbraio 1936-XIV, n. 419 e 10 settembre 1936-XIV, n. 1946.
...
Art. 141. Per l'applicazione dell'articolo 80 della legge (R.D. 18 giugno 1931, n. 773 ndr) sono istituite commissioni di vigilanza aventi i seguenti compiti:

a) esprimere il parere sui progetti di nuovi teatri e di altri locali o impianti di pubblico spettacolo e trattenimento, o di sostanziali modificazioni a quelli esistenti;
b) verificare le condizioni di solidita', di sicurezza e di igiene dei locali stessi o degli impianti ed indicare le misure e le cautele ritenute necessarie sia nell'interesse dell'igiene che della prevenzione degli infortuni;
c) accertare la conformita' alle disposizioni vigenti e la visibilita' delle scritte e degli avvisi per il pubblico prescritti per la sicurezza e per l'incolumita' pubblica;
d) accertare, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 8 gennaio 1998, n. 3, anche avvalendosi di personale tecnico di altre amministrazioni pubbliche, gli aspetti tecnici di sicurezza e di igiene al fine della iscrizione nell'elenco di cui all'articolo 4 della legge 18 marzo 1968, n. 337;
e) controllare con frequenza che vengano osservate le norme e le cautele imposte e che i meccanismi di sicurezza funzionino regolarmente, suggerendo all'autorita' competente gli eventuali provvedimenti. Per i locali e gli impianti con capienza complessiva pari o inferiore a 200 persone(1) il parere(2), le verifiche e gli accertamenti di cui al primo comma sono sostituiti, ferme restando le disposizioni sanitarie vigenti, da una relazione tecnica di un professionista iscritto nell'albo degli ingegneri o nell'albo degli architetti o nell'albo dei periti industriali o nell'albo dei geometri che attesta la rispondenza del locale o dell'impianto alle regole tecniche stabilite con decreto del Ministro dell'interno. Salvo quanto previsto dagli articoli 141-bis e 142 per l'esercizio dei controlli di cui al primo comma, lettera e), e salvo che la natura dei luoghi in cui sono installati gli allestimenti temporanei richiedano una specifica verifica delle condizioni di sicurezza, non occorre una nuova verifica per gli allestimenti temporanei che si ripetono periodicamente, per i quali la commissione provinciale di cui all'articolo 142, nella stessa provincia, o quella comunale di cui all'articolo 141-bis, nello stesso comune, abbia gia' concesso l'agibilita' in data non anteriore a due anni.

Art. 141-bis. Salvo quanto previsto dall'articolo 142, la commissione di vigilanza è comunale e le relative funzioni possono essere svolte dai comuni anche in forma associata. La commissione comunale di vigilanza è nominata ogni tre anni dal sindaco competente ed è composta:

a) dal sindaco o suo delegato che la presiede;
b) dal comandante del Corpo di polizia municipale o suo delegato;
c) dal dirigente medico dell'organo sanitario pubblico di base competente per territorio o da un medico dallo stesso delegato;
d) dal dirigente dell'ufficio tecnico comunale o suo delegato;
e) dal comandante provinciale dei Vigili del fuoco o suo delegato;
f) da un esperto in elettrotecnica.

Alla commissione possono essere aggregati, ove occorra, uno o più esperti in acustica o in altra disciplina tecnica, in relazione alle dotazioni tecnologiche del locale o impianto da verificare. Possono altresì far parte, su loro richiesta, un rappresentante degli esercenti locali di pubblico spettacolo e un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori designati dalle rispettive organizzazioni territoriali, tra persone dotate di comprovata e specifica qualificazione professionale. Quando sono impiegate attrezzature da trattenimento, attrazioni o giochi meccanici, elettromeccanici o elettronici è comunque richiesta una relazione tecnica di un tecnico esperto, dalla quale risulti la rispondenza dell'impianto alle regole tecniche di sicurezza e, per i giochi di cui alla legge 6 ottobre 1995, n. 425, alle disposizioni del relativo regolamento di attuazione. Per ogni componente della commissione possono essere previsti uno o più supplenti. Il parere della commissione è dato per iscritto e deve essere adottato con l'intervento di tutti i componenti. Gli accessi della commissione sono comunicati al destinatario del provvedimento finale, che può parteciparvi, anche mediante proprio rappresentante, e presentare memorie e documenti. Per l'esercizio del controllo di cui all'articolo 141, primo comma, lettera e), il presidente, sentita la commissione, individua i componenti delegati ad effettuarli e, comunque, un medico delegato dal dirigente medico dell'organo sanitario pubblico di base competente per territorio, il comandante dei Vigili del fuoco o suo delegato, o, in mancanza, altro tecnico del luogo.

Art. 142. Relativamente ai locali o agli impianti indicati nel presente articolo e quando la commissione comunale non e' istituita o le sue funzioni non sono esercitate in forma associata, ai compiti di cui al primo comma dell'articolo 141 provvede la commissione provinciale di vigilanza. La commissione provinciale di vigilanza e' nominata ogni tre anni dal prefetto ed e' composta:

a) dal prefetto o dal vice prefetto con funzioni vicarie, che la presiede;
b) dal questore o dal vice questore con funzioni vicarie;
c) dal sindaco del comune in cui si trova o deve essere realizzato il locale o impianto o da un suo delegato;
d) dal dirigente medico dell'organo sanitario pubblico di base competente per territorio o da un medico dallo stesso delegato;
e) da un ingegnere dell'organismo che, per disposizione regionale, svolge le funzioni del genio civile;
f) dal comandante provinciale dei Vigili del fuoco o suo delegato;
g) da un esperto in elettrotecnica.

Possono essere aggregati, ove occorra, uno o piu' esperti in acustica o in altra disciplina tecnica, in relazione alle dotazioni tecnologiche del locale o impianto da verificare. Possono altresi' far parte, su loro richiesta, un rappresentante degli esercenti locali di pubblico spettacolo e un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori designati dalle rispettive organizzazioni territoriali, tra persone dotate di comprovata e specifica qualificazione professionale.

Per ogni componente possono essere previsti uno o piu' supplenti, anche al fine di istituire, all'occorrenza, due o piu' sezioni della commissione provinciale. Relativamente alla composizione delle sezioni, ferma restando la facolta' di avvalersi di supplenti, il questore puo' delegare un ufficiale di pubblica sicurezza appartenente all'ufficio o comando di polizia competente per territorio e l'ingegnere con funzioni del genio civile puo' essere sostituito dal dirigente dell'ufficio tecnico comunale o da un suo delegato. Il parere della commissione o della sezione e' dato per iscritto e deve essere adottato con l'intervento di tutti i componenti. Si osservano le disposizioni dei commi quarto e settimo dell'articolo 141-bis. Per l'esercizio del controllo di cui all'articolo 141, primo comma, lettera e), la commissione provinciale puo' delegare il sindaco o altro rappresentante del comune in cui trovasi il locale o impianto da visitare, che provvede avvalendosi del personale specificamente indicato dall'ottavo comma dell'articolo 141-bis. Fuori dei casi di cui al comma precedente e di cui all'articolo 141, secondo e terzo comma, la verifica da parte della commissione provinciale di cui al presente articolo e' sempre prescritta: 

a) nella composizione di cui al primo comma, eventualmente integrata con gli esperti di cui al secondo comma, per i locali cinematografici o teatrali e per gli spettacoli viaggianti di capienza superiore a 1.300 spettatori e per gli altri locali o gli impianti con capienza superiore a 5.000 spettatori;
b) con l'integrazione di cui all'articolo 141-bis, terzo comma, per i parchi di divertimento e per le attrezzature da divertimento meccaniche o elettromeccaniche che comportano sollecitazioni fisiche degli spettatori o del pubblico partecipante ai giochi superiori ai livelli indicati con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della sanita'.

Note

(1) Il parere sui progetti di nuovi teatri o altri locali di pubblico spettacolo con capienza fino a 200 persone, o su sostanziali modifiche di quelli esistenti, non possono essere sostituiti dalla SCIA, in ragione della natura giuridica degli atti demandati alle CVLPS e della discrezionalità tecnica che li contraddistingue. Infatti la SCIA, in virtù dell'art. 19 della L. n. 241/1990, sostituisce ogni atto di autorizzazione, licenza, con chiaro riferimento a un titolo, comunque denominato, di natura autorizzatoria, laddove i pareri delle CVLPS non hanno tale natura, inserendosi nel complesso procedimento finalizzato al rilascio della licenza di agibilità o di esercizio da parte dell'amministrazione comunale. Inoltre, presupposto per la sufficienza di una SCIA è la natura vincolata dell'atto autorizzativo da essa sostituito, subordinatamente al mero accertamento positivo dei presupposti e dei requisiti di legge, laddove il parere delle CVLPS presuppone l'esercizio di una discrezionalità tecnica commisurata a ciascuno specifico locale o impianto, con un contenuto, perciò, più ampio di una mera verifica del rispetto delle norme vigenti in materia di sicurezza.… (nota prot. n. 557/PAS/U/003524/13500.A(8) del 21-2-2013 del Dipartimento PS).

(2) Per i locali con capienza fino a 200 persone, l’art. 4, co. 1 lett. c) del D.Lgs. n. 222/2016 ha modificato il D.P.R. 331/2001 aggiungendo anche “il parere” tra gli atti sostituibili da una relazione tecnica a firma di professionista. In precedenza, relativamente a tali locali, la sola verifica ad opera realizzata era demandabile ad un professionista tecnico iscritto ad albo professionale, mentre restava demandato alla competenza della Commissione di vigilanza l’espressione del parere sul progetto. 

Fonti
VVF/GU

Certifico Srl - IT | Rev. 00 2018
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Documentazione interventi VVF di maggiore entità dal 1951

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Interventi VVF 1951 2013

Documentazione interventi VVF di maggiore entità 1951/2013

ID 9157 | 28.09.2019

Documentazione degli eventi incidentali di maggiore entità che hanno colpito il Paese negli ultimi cinquant'anni.

Eventi incidentali di maggiore entità che hanno colpito il paese negli ultimi 50 anni, dall'alluvione del Polesine al terremoto del Belice, dall'incidente di Seveso all'alluvione del Piemonte ed altri eventi passati.

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1951 Alluvione del Polesine

Il 14 novembre il Po straripa invadendo la regione del Polesine; in pochi istanti otto miliardi di metri cubi d'acqua invadono le campagne.
Il primo bilancio del disastro è drammatico: 107.000 ettari su 157.000 coltivabili sono allagati, i raccolti distrutti.
Il Paese si mobilita per la prima grande campagna di solidarietà del dopoguerra

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1956 - Maltempo in Italia Meridionale

L'Italia Centro Meridionale resta completamente isolata a causa del maltempo e delle eccezionali nevicate.

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1963 - Disastro del Vajont

Il 9 ottobre 1963 un'enorme frana precipita dal monte Toc nelle acque della diga del Vajont.

Un'ondata alta 200 metri travolge immediatamente i paesi vicini: Longarone, Rivalta, Pirago, Villanova, Faè, Erto, Casso, Castellavazzo sono ridotti a cumuli di macerie e di fango.

Muoiono 2500 persone, migliaia sono i senzatetto.

I Vigili del Fuoco lavorano ininterrottamente per settantadue giorni, salvando la vita di oltre settanta persone e recuperando i corpi di 1243 vittime.

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1966 - Alluvione di Firenze

La piena del fiume Arno travolge la città di Firenze.

Il centro cittadino resta per giorni semi-sommerso dall'acqua e da migliaia di tonnellate di detriti e fango che danneggiano, soprattutto, il patrimonio artistico.

Nella sola Firenze, tra il 4 ed il 5 novembre, vengono effettuati oltre 9.000 salvataggi.

Il dispositivo del C.N.VV.F. consente di portare soccorso a circa 34.000 persone.

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1968 - Terremoto nel Belice

Il 15 gennaio si registra una forte scossa di terremoto nella Sicilia occidentale che provoca la morte di 231 persone.

Nei soccorsi si alternano sul posto circa 7.000 vigili.

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1974 - Esplosione dell'Italicus

La notte del 4 agosto 1974 una bomba esplode nella vettura numero 5 dell'espresso Roma-Brennero.

I morti sono 12 e i feriti circa 50, ma una strage spaventosa è stata evitata per questione di secondi: se la bomba fosse esplosa nella galleria che porta a San Benedetto Val di Sambro i morti sarebbero stati centinaia.

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1976 - Incidente a Seveso

Il 10 luglio una nuvola di diossina fuoriesce da uno stabilimento chimico contaminando il territorio circostante.

Una delle più grandi catastrofi chimiche comincia in una fabbrica di profumi e disinfettanti.

All'interno di un reattore della fabbrica veniva prodotto il triclorofenolo (Tcf), materia prima per la produzione di cosmetici, disinfettanti ospedalieri e diserbanti.

La temperatura doveva essere mantenuta sotto i 156 gradi. A temperature superiori, infatti, comincia la formazione di diossina (Tcdd), un potentissimo veleno. Più alta è la temperatura, più diossina si forma.

Il 10 luglio, invece, nel reattore, la temperatura sale improvvisamente fino a superare i 300 gradi. La valvola di sicurezza si rompe e fuoriesce una nube di vapori che il vento trasporta per qualche chilometro in direzione sud-est, sopra le città di Meda e Cesano Maderno.

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1976 - Terremoto in Friuli

La sera del 6 maggio la terra trema in Friuli, a nord di Udine.

La scossa investe 77 comuni con circa 60.000 abitanti.

Muoiono 965 persone, 45.000 sono i senzatetto.

Migliaia di Vigili del Fuoco, con oltre 600 mezzi, intervengono immediatamente con le componenti dello Stato presenti sul territorio colpito (Esercito, forze dell'ordine, volontari).

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1980 - Esplosione a Bologna

Il 2 agosto del 1980 una bomba posta nella sala d'aspetto della stazione centrale di Bologna provocò un'esplosione. La deflagrazione, di enorme potenza, fece crollare un tratto del fabbricato che ospitava i locali del ristorante e delle sale di attesa di prima e seconda classe causando la morte di 85 persone e il ferimento di altre 200.

Fu colpito anche il treno interregionale 13544 Ancona-Basilea, fermo sul primo binario. La forza d'urto mandò in frantumi i vetri di quasi tutti i palazzi che circondano la stazione.

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1980 - Terremoto in Irpinia

Il 23 novembre un fortissimo terremoto investe un'area di 17.000 Kmq. Le cifre della tragedia sono pesantissime: 2.914 i corpi recuperati, 10.000 i feriti, 280.000 i senzatetto.

I Vigili del Fuoco intervengono sul territorio con 4.300 unità e oltre 1.000 mezzi.

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1985 - Crollo bacini decantazione Val di Stava

Il 19 luglio 1985, alle 12.22, il crollo delle discariche della miniera di Prestavel provoca una immensa frana che sconvolge la valle del rio Stava, 180 mila metri cubi di fango ed acqua percorrono la valle alla velocità di circa 90 chilometri all'ora, uccidendo 268 fra uomini, donne e bambini e provocando danni per decine di miliardi.

La tragedia della val di Stava è la più grave catastrofe industriale degli ultimi anni in Italia, seconda per distruzione e numero di vittime solo alla catastrofe del Vajont.

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1987 - Frana in Valtellina

17 luglio 1987, 305 i millimetri di pioggia in un solo giorno: un quarto di tutta l'acqua che solitamente cade nella valle in un anno intero.

28 luglio 1987, frana in Val Pola (saranno colpiti i paesi: Morignone, S. Antonio, Aquilone, Foliano, Castellaccio, S. Martino, Plegne, ecc.).

Attorno alle 7.30 la frana si materializza: a cedere non è un milione di metri cubi, né cinque, né dieci: sono quaranta milioni di metri cubi.

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1991 - Incendio della petroliera Haven

Giovedì 11 aprile sulla petroliera Haven, ancorata nel porto di Genova, scoppia un incendio che causa un disastro ecologico.

500 chilometri quadrati coperti dal petrolio nel golfo Ligure.

La petroliera conteneva, al momento dello scoppio, 143.000 tonnellate di greggio nella sua stiva, capace di ben 220.000 a pieno carico.

Circa 15.000 tonnellate di petrolio galleggiano nel mar Ligure, 27 microgrammi di anidride solforosa, la concentrazione massima per mq. registrata in provincia di Genova.

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1994 - Alluvione in Piemonte

5 novembre 1994, ore 18.00. Da vari giorni piove incessantemente su tutto il Nord Italia. I principali corsi d'acqua, investiti dalla crescente pressione, cominciano ad ingrossarsi sempre più, iniziando a tracimare dai loro argini, allagando le campagne circostanti.

Tra le regioni maggiormente interessate figurerà il Piemonte, particolarmente colpito nelle provincie di Cuneo, Asti ed Alessandria. É proprio in queste zone, infatti, che il Tanaro, il Covetta ed il Bovina fuoriescono contemporaneamente dai loro letti, trascinando nella loro corsa verso valle una quantità enorme di detriti. Sarà a causa della potenza delle loro acque, cresciuta a dismisura col passare del tempo e dei chilometri percorsi, che questi corsi si trasformeranno in fiumi tumultuosi, capaci di travolgere tutto con la veemenza delle proprie acque. Nell'inondazione, perderanno la loro vita più di cento persone, mentre il numero dei senzatetto oltrepasserà i cinquemila. L'economia stessa della zona risulterà annientata: innumerevoli abitazioni vengono infatti distrutte dall'alluvione, migliaia di capi di bestiame vanno perduti, annegati nel fango; le scorte di cereali e mangimi svaniscono, i terreni agricoli, invasi dalla piena, divengono.

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1996 - Alluvione in Versilia

19 giugno 1996 alle 6 del mattino, sul crinale tra l'Alta Versilia e la Garfagnana sulle montagne del Corchia e della Pania, del Forato e del Procinto, e nelle strette gole che vi si insinuano, il cielo cominciò a tuonare mentre l'acqua venne giù a scrosci sempre più fitti, si trattò di un acquazzone dovuto all'impatto di aria calda venuta dal mare con quella, assai più fredda, che sovrastava le cime delle Apuane, il classico temporale estivo, sfuggito alle previsioni, tanto ridotto era il perimetro su cui insistette: le cime e le ripide pendici delle montagne, sul versante garfagnino, sopra a Fornovolasco, e su quello della valle senza nome che finisce a Cardoso, nei comuni di Stazzema e di Serravezza. Un perimetro di due chilometri per dieci, a esagerare, è piovuto per dodici ore di seguito, alle ore 13.50 l'alluvione raggiunse la massima intensità, alla fine si calcolò che erano piovuti 482 millilitri, mezza tonnellata d'acqua per ogni metro quadro.

Su Cardoso, portati dalle acque, piombarono 2.200.000 metri cubi di detriti. Fango, pietre e grandi massi, interi castagneti, a ondate successive. L'acqua piovana aveva gonfiato a dismisura i rivi che scendono dalle montagne fino a diventare cascate il cui urto aveva sbranato le pendici dei monti, dalla Pania al Forato, precipitandole dabbasso, nella ridotta conca dove confluiscono i torrenti Capriola, Farneto e Vezza, tra le case di Cardoso. Disintegrato il paese, la valanga d'acqua e di fango era straripata lungo tutta la valle, fino a Serravezza e poi nella piana versiliese e fino al mare. La valanga aveva viaggiato alla velocità di dieci metri al secondo: così aveva travolto tutto ciò che si trovava sopra l'alveo del Vezza, i ponti e le fiancate della strada, le massicciate, le case fino a tre piani, lo storico Albergo Milani al Ponte Stazzemese, i magazzini e le segherie, per inondare poi la pianura fino a sfondare la via Aurelia e scardinare il terrapieno della ferrovia Pisa-Genova. Fino alle passeggiate lungomare e aveva portato con sé la gente.

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1996 - Crollo a Secondigliano

Alle ore 16,30 del 23 gennaio si verifica il crollo di una palazzina di tre piani, già sotto ordinanza di sgombero, contemporaneamente al crollo si innesca un violento incendio causato dallo scoppio del gas metano fuoriuscito dalla sottostante tubazione, che provoca un'ampia voragine sull'assetto stradale di circa venti metri di profondità, danneggiando i cavi elettrici, quelli telefonici e facendo precipitare le auto in sosta e quelle in transito.            

Nella zona erano in corso dei lavori per la costruzione di una galleria per collegare Arzano e Miano dove, in quel momento avveniva una esplosione all'interno della galleria dove si trovavano otto operai. I Vigili del Fuoco hanno lavorato ininterrottamente per giorni per recuperare i corpi delle vittime (11), per la messa in sicurezza dei manufatti limitrofi e per le numerose verifiche di stabilità richieste.

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1996 - Voragine a Milano

In Milano alle ore 14,40 del 12 dicembre 1996 si forma una voragine di dimensioni considerevoli, 35 metri di profondità, sotto la bottega di un fabbro, causata probabilmente da infiltrazioni d'acqua.               

Il proprietario ed il figlio vengono inghiottiti con parte della loro officina ed in seguito ritrovati in fondo alla voragine; prima il figlio ed il 31 dicembre alle ore 18 si chiudevano le operazioni con il recupero del genitore.

I Vigili del Fuoco hanno operato per 20 lunghissimi giorni, realizzando ed istallando il sistema per operare all'interno della profonda voragine.

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1996 - Incendio del teatro La Fenice a Venezia

Il 29 gennaio 1996 un incendio ha distrutto il teatro La Fenice a Venezia.

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1997 - Salvataggio della Sacra Sindone a Torino

Venerdì 11 aprile 1997, divampa un incendio all'interno della Cappella del Guarini, nel Duomo di Torino. Le fiamme raggiungono, rapidamente, il vicino Palazzo Reale mettendo in pericolo la teca contenente la Sacra Sindone.

Quando tutto sembrava perduto, un Vigile del Fuoco si è lanciato tra le fiamme con una grossa mazza di ferro, rompendo a furia di colpi la teca, antiproiettile, che proteggeva la reliquia e portando al sicuro il Sudario di Cristo.

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1997 - Terremoto in Umbria e Marche

Nella notte del 26 settembre 1997, una prima scossa dell'ottavo grado della scala Mercalli, poi alle 11,42 una seconda, mentre frati e tecnici stavano controllando eventuali danni alla volta nella Basilica di San Francesco ad Assisi, causarono ingenti danni al patrimonio architettonico.

Il crollo della volta nella Basilica ha provocato quattro morti. I paesi più colpiti saranno: Assisi, Foligno, Colfiorito, Serravalle del Chienti, e tanti altri piccoli centri.          

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1998 - Dissesto idrogeologico in Campania

Nei giorni 4, 5 e 6 maggio del 1998, una massa di fango e detriti si è staccata dalla montagna e dalla collina sovrastanti i paesi di Quindici (in Irpinia), Sarno, Siano e Braciliano (Salerno).

In alcuni casi, come nella frazione di Episcopio (Sarno), la furia del fiume di fango ha distrutto tutto quello che c'era.

La frana ha provocato la morte di 159 persone.

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1999 - Crollo a Foggia

Il 10 novembre a Foggia un palazzo di sei piani crolla seppellendo circa novanta persone. Dopo quattro giorni di incessante lavoro Vigili del Fuoco, Forze dell'ordine e volontari estraggono dalle macerie 62 vittime e una ventina di feriti.

In piena notte il palazzo comincia a manifestare sinistri scricchioli, sintomi precursori inequivocabili di un imminente cedimento strutturale. L'amministratore dello stabile, per fortuna è sveglio. Intuisce il pericolo, esce in strada e pigia freneticamente la pulsantiera dei citofoni per dare l'allarme.

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2000 - Alluvione in Piemonte

Già a partire dal giorno 13, il Centro Nazionale Climatologia e Meteorologia Aeronautica (C.N.C.M.A.), ha emesso le previsioni meteo "...molto nuvoloso o coperto, con piogge diffuse e locali rovesci o temporali; i fenomeni potranno risultare localmente forti sul settore ovest, in particolare sulle zone alpine, prealpine e sulla riviera di levante" ed infatti, in serata e per tutta la giornata del 14 ottobre, intense precipitazioni hanno interessato le regioni Piemonte e Valle d'Aosta ed in particolare le zone montane.

In poche ore le abbondanti piogge hanno provocato l'ingrossamento di numerosi fiumi e torrenti che sono esondati provocando l'isolamento di diversi centri abitati; la pioggia è stata anche causa di diverse frane e crolli che hanno provocato non poche difficoltà alla viabilità stradale.

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2000 - Alluvione a Soverato

L'ondata assassina è arrivata poco prima delle 5. Ed ha sorpreso nel sonno tutto il campeggio, dove insieme ai soliti turisti c'erano tanti disabili organizzati in una specie di colonia. È stata una strage. Il fango ha travolto tutti e tutto, lasciando pochissime vie di scampo: i tetti dei bungalow in muratura ed i salici centenari. Chi non ha avuto la forza, la prontezza ed il coraggio di saltare sui muri e sugli alberi non ha trovato scampo, a meno di un miracolo.

Il teatro della tragedia è il camping Le Giare, alle porte dei Soverato, una trentina di chilometri da Catanzaro lungo la jonica.

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2000 - Sisma ai Monti Tiburtini

Alle ore 11.35 dell'11 marzo 2000, una forte scossa di terremoto è stata avvertita dalle popolazioni residente nella zona dei monti Tiburtini, in un territorio compreso tra le provincie di Roma, L'Aquila, Frosinone e Rieti.

Il movimento tellurico, registrato dai sismografi dell'Istituto Nazionale di Geofisica con magnitudo 4.1, è stato distintamente avvertito in molte zone delle provincie sopracitate provocando, oltre a comprensibili momenti di panico, diversi danni agli edifici, tutti localizzati nella zona epicentrale ed in particolare nei Comuni di Subiaco, Agosta, Cerreto Laziale, Ciciliano, Cervara di Roma, Gerano, Bellegra, Canterano, Rocca S. Stefano, Sambuci e Tivoli.

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2001 - Esplosione a Roma (Via Ventotene)

Nella mattina del 27 novembre, a Roma, mentre i pompieri con i tecnici dell'azienda del gas stavano lavorando per cercare di individuare una perdita, dopo aver evacuato il palazzo probabilmente interessato dalla fuga di gas, c'è stata un'esplosione.

Gravissime le conseguenze per la squadra dei Vigili del Fuoco intervenuta, tutti investiti dallo scoppio, decine i feriti, notevoli danni materiali alle abitazioni circostanti. Cinque le palazzine evacuate.

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2002 - Monte Etna – Catania

Monte Etna - Catania: Il 26 ottobre 2002 l'Etna si risveglia e sono circa 200 le scosse sismiche, di origine vulcanica, registrate fra il 27 e il 28 ottobre 2002, dall'I.N.G. (Istituto Nazionale di Geofisica). I valori sono compresi tra il 3° e il 6° grado della scala Mercalli, con magnitudo tra 3.1 e 3.9.

L'eruzione del vulcano dell'Etna, che ha minacciato alcuni comuni pedemontani del versante Nord e Sud dell'Etna, ha reso necessaria la mobilitazione di uomini e mezzi di tutti i Comandi Provinciali della Sicilia, nonché l'approntamento di un Campo Base per il monitoraggio del fenomeno. Le scosse sismiche, che hanno raggiunto la massima intensità il 29 ottobre, causando numerosi dissesti statici, parziali crolli in diversi Comuni, tra cui S. Venerina, Zafferana, Milo e alcune frazioni di Acireale, Guardia e Mangano, hanno comportato un rafforzamento della macchina dei soccorsi, attraverso l'invio di ulteriori Sezioni Operative di Colonna Mobile dai Comandi dei Vigili del Fuoco della vicina Calabria e delle regioni Emilia Romagna e Lombardia, con un dispositivo di soccorso che ha coinvolto più di 400 unità, oltre al personale già operante sul territorio.

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2002 - Terremoto in Molise

Alle ore 16.08 del 31 ottobre 2002 l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia registra una scossa sismica di magnitudo 5.3, pari all'8° della scala Mercalli, con epicentro tra le località di Casacalenda, Sant'Elia a Pianisi e Colletorto.

La scossa principale è stata seguita da numerose repliche, le più forti delle quali si sono verificate alle 16.20, con magnitudo 4.1 (6° Mercalli), alle ore 18.21 con magnitudo 3.8 (5° Mercalli).

A causa degli eventi si sono verificati ulteriori crolli a Castellino sul Biferno, dove sono state interessate circa 50 abitazioni e la chiesa parrocchiale, a Bonefro ed a S. Giuliano di Puglia, un solaio a Termoli e numerose lesioni a Campobasso.

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2002 - Formazione di un lago epiglaciale sul Monte Rosa

Le alte temperature ed il conseguente innalzamento dello zero termico sulle Alpi Pennine hanno causato la formazione di un lago alla base del ghiacciaio Belvedere, nei pressi del preesistente lago delle Locce.

I Vigili del Fuoco, dopo aver effettuato le preliminari operazioni di monitoraggio, hanno approntato apposite infrastrutture destinate ad accogliere pompe idrovore ad altissima capacità, realizzando al contempo un by-pass a valle per il deflusso delle acque con il conseguente svuotamento del lago. Gli interventi, effettuati in condizioni di estrema difficoltà a causa delle temperature piuttosto basse e delle assenze di vie di comunicazione, hanno evitato che l'eventuale repentina tracimazione delle acque travolgesse l'abitato di Macugnaga, con conseguenze gravissime per la vita delle persone e per le loro abitazioni.

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2002 - Esplosione in un appartamento a Milano

Un inquilino, colpito da disperazione per lo sfratto in atto dall'appartamento in cui abitava, si barricava in casa e minacciando il suicidio apriva la valvola del gas provocando la saturazione degli ambienti.

Sul posto sono immediatamente intervenuti Vigili del Fuoco e Forze di Polizia. Mentre il personale della Polizia di Stato tentava un'opera di dissuasione gli operatori dei Vigili del Fuoco, ben consci del grave pericolo in atto, dovuto alla fuoriuscita di gas, si apprestavano ad intervenire.

Purtroppo, com'è noto, l'uomo ha esploso alcuni colpi di arma da fuoco, che hanno provocato il ferimento di un Vigile, mentre una successiva esplosione ha investito il Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco, unitamente a diversi agenti della Polizia di Stato ed ad un funzionario della stessa, in seguito deceduto.

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2002 – Incidente ferroviario, Messina

In prossimità della stazione di Rometta Marina è deragliato il treno 1932, che ha causato la morte di 8 persone e 30 feriti.

L'intervento di numerose squadre dei Vigili del Fuoco, affluite anche dai Comandi VV.F. di Messina, Catania e Palermo, ha consentito di portare in salvo molti viaggiatori rimasti intrappolati tra le lamiere della motrice e delle carrozze.

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2002 - Violento nubifragio

A seguito delle avverse condizioni meteorologiche che, nei primi giorni di settembre, hanno interessato il territorio dell'Isola d'Elba, provocando l'allagamento dei piani scantinati di molti edifici nonché diffusi smottamenti, numerose squadre dei Vigili del Fuoco sono intervenute in soccorso della popolazione, procedendo, tra l'altro, all'evacuazione da campeggi e strutture ricettive di circa 750 persone.

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2002 - Scosse sismiche a Palermo

Le numerose e forti scosse di terremoto verificatesi dal 9 settembre scorso nella città di Palermo hanno comportato una incessante attività delle squadre dei VV.F. per accertamenti statici (circa 2.000 i sopralluoghi effettuati), verifiche di stabilità ed attività di assistenza alla popolazione.

Alle ore 03.21 del 6 settembre, l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha registrato una scossa sismica di Magnitudo 5.6 con epicentro localizzato in mare a circa 40 km a largo di Palermo. La scossa è stata seguita da altre scosse di assestamento di intensità inferiore. L'evento è stato avvertito in tutta la Sicilia.

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2009 - Terremoto in Abruzzo

6 aprile, ore 3.32: la terra trema. Viene registrata una scossa di 5,8 gradi della scala Richter con epicentro a pochi chilometri dal centro del L'Aquila e a circa 5 km di profondità. Il sisma viene avvertito in tutto il centro-sud, dalla Romagna a Napoli.

Nelle 48 ore successive vengono registrate altre 256 scosse o repliche, delle quali più di 150 nel giorno di martedì 7 aprile, di cui 56 di grado superiore a 3,0. Lo sciame sismico prosegue per mesi con circa 18000 terremoti registrati in tutta l'area della città del L'Aquila.

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2009 - Incidente ferroviario di Viareggio

Il 29 giugno, alle ore 23.48, il treno merci 50325, con il suo con il suo convoglio di quattordici carri cisterna, deraglia in corrispondenza del sovrappasso pedonale che scavalca il fascio binari sud della stazione ferroviaria, collegando via Burlamacchi con via Ponchielli.

Quattro carri cisterna escono dai binari e uno si danneggia, con fuoriuscita del GPL. Il gas fuoriuscito si innesca immediatamente provocando un incendio di vastissime proporzioni che interessato la stazione di Viareggio, qualche centinaio di metri a sud del fabbricato viaggiatori della stessa, e le aree circostanti.

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2009 - Alluvione di Messina

Il 1° ottobre 2009 piogge torrenziali colpiscono la Sicilia orientale per tutta la notte, fino al mattno. Il nubifragio provoca lo straripamento dei corsi d'acqua e diversi eventi franosi, a cui seguì lo scivolamento a valle di colate di fango e detriti.

Particolarmente colpiti i paesi di Giampilieri, Molino, Altolia Briga, Pezzolo, Santa Marina e nei Comuni di Scaletta Zanclea e Itala, dove colate di fango bloccarono il sistema viario e isolarono Scaletta Zanclea.

L'alluvione provoca 37 vittime. Oltre duemila le persone evacuate.

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2010 - Nubifragio a Messina

Il 13 ottobre l'area ionica è interessata da diffusi temporali e piogge intense. Colpita particolarmente la zona Sud di Messina, le frazioni ed i comuni già interessati dall'alluvione del 1° ottobre 2009.

Circa 70 gli interventi effettuati dai Vigili del fuoco per straripamenti di torrenti, frane e smottamenti a Giampilieri Superiore, Altolia, Molino, Scaletta Zanclea, Itala, Briga Superiore, Pezzolo e Mili S. Marco, anche con impiego di mezzi movimento terra.

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2011 - Alluvione delle Cinque Terre

Il 25 ottobre, a seguito di una forte precipitazione che in sei ore ha riversato oltre 500 mm di pioggia sulla provincia della Spezia e di Massa e Carrara, si verifica una alluvione che interessa il territorio dello Spezzino e della Lunigiana.

Questo evento meteorologico causa la piena dei fiumi Vara e Magra e dei torrenti affluenti nelle zone colpite, con allagamenti e inondazione in tutta la Val di Vara e la Val di Magra.

I centri più colpiti sono quelli di Borghetto di Vara, Brugnato, Bonassola, Levanto, Monterosso al Mare, Vernazza, Beverino, Santo Stefano di Magra, Sarzana, Ameglia in provincia della Spezia e Aulla in provincia di Massa-Carrara.

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2012 - Naufragio della Costa Concordia

Venerdì 13 gennaio, alle ore 21.45, la nave da crociera Costa Concordia urta uno scoglio riportando l'apertura di una falla lunga circa 70 metri sul lato sinistro dell'opera viva. L'impatto provoca la brusca interruzione della crociera, un forte sbandamento e il conseguente arenamento sullo scalino roccioso del basso fondale prospiciente Punta Gabbianara, a nord di Giglio Porto.

Sulla nave erano presenti oltre 4000 persone, compreso l'equipaggio.

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2012 - Terremoto in Emilia

Alle ore 4.03 del 20 maggio, una scossa sismica di magnitudo 5.9 ha interessato un’ampia zona dell'Italia Settentrionale. L'epicentro è stato localizzato tra i comuni di Finale Emilia, Borgofranco sul Po e Felonica.

Alle prime luci dell'alba, l'elicottero VVF del nucleo di Bologna effettua una ricognizione rilevando danni alle strutture in particolare nei comuni delle province di Ferrara, Modena e Mantova.

Immediato l'invio delle sezioni operative dalle Direzioni Regionali di Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Lazio e Veneto e di ulteriori mezzi aerei del nucleo di Venezia.

Il 29 maggio ulteriori scosse colpiscono l'Emilia Romagna: alle ore 9.00 di magnitudo 5.8, alle 12.55 una di 5.4 e poi alle 13.00 altre due scosse, rispettivamente di magnitudo 4.9 e 5.2. L'epicentro viene individuato tra i comuni di Medolla, Mirandola e Cavezzo. Le scosse furono avvertite in tutta l'Italia settentrionale.

Ulteriori repliche, anche importanti, si susseguono nei giorni successivi.

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2013 - Terremoto in Lunigiana e Garfagnana

Alle ore 12.33 del 21 giugno, una scossa sismica di magnitudo 5.2 interessa le provincie di Massa Carrara e di Lucca.

Molte le repliche che si susseguono nelle settimane successive, alcune anche di magnitudo elevata.

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2013 - Alluvione in Sardegna

Il 18 novembre, la Sardegna viene colpita da una intensa perturbazione che provoca abbondantissime piogge, che provocano esondazioni e imponenti allagamenti.

Particolarmente colpite le provincie di Sassari, in particolare Olbia e Arzachena, di Nuoro.

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Allegato riservato 2002 Terremoto in Molise.pdf
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Allegato riservato 2002 Monte Etna - Catania.pdf
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Allegato riservato 2001 Esplosione a Roma (Via Ventotene).pdf
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Allegato riservato 2000 Sisma ai Monti Tiburtini.pdf
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Allegato riservato 2000 Alluvione a Soverato.pdf
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Allegato riservato 2000 Alluvione in Piemonte.pdf
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Allegato riservato 1999 Crollo a Foggia.pdf
Certifico Srl - 2019
360 kB 4
Allegato riservato A Sarno nell'inferno del fango che uccide.pdf
Certifico Srl - 2019
103 kB 4
Allegato riservato 1998 Dissesto idrogeologico in Campania (Sarno).pdf
Certifico Srl - 2019
536 kB 3
Allegato riservato 1997 Terremoto in Umbria e Marche.pdf
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568 kB 3
Allegato riservato 1997 Salvataggio della Sacra Sindone a Torino.pdf
Certifico Srl - 2019
157 kB 4
Allegato riservato 1996 Incendio del teatro La Fenice a Venezia.pdf
Certifico Srl - 2019
163 kB 5
Allegato riservato 1996 Voragine a Miano.pdf
Certifico Srl - 2019
230 kB 4
Allegato riservato 1996 Crollo a Secondigliano.pdf
Certifico Srl - 2019
250 kB 3
Allegato riservato 1996 Alluvione in Versilia.pdf
Certifico Srl - 2019
753 kB 3
Allegato riservato 1994 Alluvione in Piemonte.pdf
Certifico Srl - 2019
162 kB 3
Allegato riservato 1991 Incendio della petroliera Haven.pdf
Certifico Srl - 2019
88 kB 5
Allegato riservato 1987 Frana in Valtellina.pdf
Certifico Srl - 2019
540 kB 6
Allegato riservato 1985 Crollo bacini decantazione Val di Stava.pdf
Certifico Srl - 2019
271 kB 3
Allegato riservato Terremoto in Irpinia.pdf
VVF
754 kB 6
Allegato riservato 1980 Terremoto in Irpinia.pdf
Certifico Srl - 2019
194 kB 5
Allegato riservato 1980 Esplosione a Bologna.pdf
Certifico Srl - 2019
340 kB 5
Allegato riservato Le operazioni di intervento del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco in Friuli.pdf
VVF
46 kB 4
Allegato riservato 1976 Terremoto in Friuli.pdf
Certifico Srl - 2019
766 kB 4
Allegato riservato 1976 Incidente a Seveso.pdf
Certifico Srl - 2019
48 kB 9
Allegato riservato 1974 Esplosione dell'Italicus.pdf
Certifico Srl - 2019
291 kB 4
Allegato riservato 1968 Terremoto nel Belice.pdf
Certifico Srl - 2019
105 kB 4
Allegato riservato 1966 Alluvione di Firenze.pdf
Certifico Srl - 2019
333 kB 4
Allegato riservato 1963 Disastro del Vajont.pdf
Certifico Srl - 2019
515 kB 5
Allegato riservato 1956 Maltempo in Italia Meridionale.pdf
Certifico Srl - 2019
256 kB 4
Allegato riservato La pianificazione d'emergenza per il rischio alluvioni in Polesine.pdf
VVF
113 kB 3
Allegato riservato 1951 Alluvione del Polesine.pdf
Certifico Srl - 2019
229 kB 6

Raccolta Linee guida Prevenzione dei Rischi Specifici - RL

ID 1498 | | Visite: 30101 | Documenti Riservati Sicurezza

Cover rischi specifici

Raccolta Linee guida per la Prevenzione dei Rischi Specifici

Rev. 7.0 - 17.07.2019

Una Raccolta in formato portfolio di tutte le Linee guida Prevenzione sui Rischi Specifici Sicurezza Lavoro pubblicate della Sanità Regione Lombardia.

Download Indice Rev. 7.0 2019

Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro di cui al D. Lgs. 81/2008, prevedono all'Art. 15. comma 1. lettera a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza.

I rischi specifici sono rischi a cui sono esposti i lavoratoti in particolari mansioni anche in relazione alla specifica tipologia contrattuale.

I rischi specifici sono rischi propri del contesto in cui l’attività viene svolta, ad esempio, i rischi collegati con l’utilizzo di un particolare solvente piuttosto che un altro a seconda del luogo che deve essere pulito, i rischi durante l'uso o la manipolazione di un gas durante una particolare fase di lavoro.

In accordo a quanto previsto dal D.Lgs. 81/08 Art. 28 c. 2 lettera f):

(oggetto della valutazione dei rischi) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.

In accordo a quanto previsto dal D.Lgs. 81/08 Art. 36 c. 2 lettera a):

2. Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:

a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
b) sui pericoli connessi all’uso delle sostanze e delle miscele pericolose sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; 
c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate.

________

Struttura della Raccolta (nr. 68 Documenti)

68. Decreto 9204 del 25.06.2019 FAQ per la valutazione, gestione e miglioramento dello stress lavoro correlato nelle micro e piccole imprese e documenti di interesse
67. Decreto n. 9203 del 25.06.2019 Linee di indirizzo per la valutazione e la gestione del rischio da esposizione a idrocarburi policiclici aromatici nelle opere di asfaltatura
66. Decreto n. 10838 del 25.07.2018 Linee guida per la verifica degli scenari di esposizione di una sostanza ai sensi del regolamento n. 1907 2006 REACH
65. Decreto n. 16750 del 21/12/2017 - Indirizzi per la sorveglianza sanitaria dei soggetti esposti al rischio da sovraccarico biomeccanico
64. Decreto n. 11665 del 15/11/2016 - Linea guida regionale sulla stima e gestione del rischio da esposizione a formaldeide: razionalizzazione del problema e proposta operativa
63. Decreto n.3221 del 12.04.2016 - Linee d'indirizzo per la prevenzione e la sicurezza dei cantieri per opere di grandi dimensioni e rilevante complessità e per la realizzazione di infrastrutture strategiche
62. Decreto n.977 del 16.02.2016 - Linee guida per la verifica di conformità delle schede dati di sicurezza (SDS) ai sensi dei regolamenti n. 1907/2006 (REACH) e n. 1272/2008 (CLP)
61. Decreto n.7661 del 23.09.2015 - Linee Guida Prevenzione Patologie Muscolo Scheletriche connesse con movimenti e sforzi ripetuti
60. Deliberazione n.X/3381 del 10/4/2015 - Linee di indirizzo per l'attuazione del D. Lgs 19 febbraio 2014, n. 19 recepimento della Direttiva Europea 2010/32/UE in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario
59. Nota n. 4975 del 12.02.2015 - Indicazioni operative per la valutazione, scelta e corretto utilizzo dei dispositivi per la protezione individuale da rischio biologico in ambito sanitario
58. Decreto n.6551 del 08.07.2014 - Linee guida "Uso delle piattaforme di lavoro elevabili" (cantieri temporanei e mobili)
57. Decreto n.6463 del 04/07/2014 - Linee guida per la gestione in sicurezza degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, comunemente detti biogas, nelle fasi significative della loro vita utile
56. Decreto n. 1819 del 5/3/2014 - Linee guida per l'utilizzo di scale portatili nei cantieri temporanei e mobili
55. Decreto n.10087 del 6/11/2013 - Riconoscimento della formazione in modalità e-learning dei lavoratori in sanità
54. Decreto n. 1757 del 1/3/2013 - Sperimentazione di una strategia partecipativa, strutturata e coordinata per lo sviluppo di un sistema di gestione per la salute e sicurezza negli ambienti di lavoro (Strategia Sobane - Gestione dei rischi professionali) (11.3 MB) PDF
53 Decreto n. 658 del 31/01/2013 - Linee di indirizzo tecniche per la promozione della sicurezza nei cantieri Expo 2015
52. Decreto n. 5408 del 19/06/2012 - Linea guida regionali per la sorveglianza sanitaria in edilizia: aggiornamento del decreto Direttore Generale Giunta Regionale 31 ottobre 2002, n. 20647
51. Decreto n. 10464 del 19/6/2012 - Indicazioni operative per l'irrogazione delle sanzioni in materia di sostanze chimiche
50. Frequently Asked Questions (FAQ) sui controlli previsti dai regolamenti Reach e Clp in Lombardia
49. Decreto n. 10033 del 9/11/2012 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori attività di saldatura metalli
48. Decreto n.9944 del 7/11/2012 - Linee di indirizzo per la valutazione esposizione a campi elettromagnetici ambito sanitario
47. Decreto n. 6989 del 1/8/2012 - Indicazioni operative alle ASL conduzione attività di vigilanza sulla sperimentazione di prodotti fitosanitari
46. Decreto n. 6986 del 1/8/2012 - Indirizzi operativi per il controllo ufficiale sul commercio e impiego prodotti fitosanitari
45. Decreto n. 5028 del 7/6/2012 - Linee guida per la gestione delle segnalazioni di non conformità ai Regolamenti Reach e CLP
44. Decreto n. 4398 del 21/5/2012 - Metodologia di selezione imprese oggetto controllo di conformità applicazione dei Regolamenti Reach e CLP
43. Decreto n. 2174 del 15/3/2012 - Linee di indirizzo per la redazione del piano d'emergenza nelle strutture sanitarie
42. Decreto n. 1864 del 7/3/2012 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle attività calzaturiere
41. Decreto n. 10611 del 15/11/2011 - Valutazione del rischio stress lavoro-correlato indicazioni atti normativi integrati
40. Decreto n. 10602 del 15/11/2011 - Linee di indirizzo per l'attività di coordinatore per la sicurezza nei cantieri edili
39. Decreto n. 10009 del 28/10/2011 - Linee guida per l'effettuazione dei controlli previsti dai regolamenti Reach e CLP in RL
38. Decreto n. 7629 del 10/08/2011 - Guida al sopralluogo in aziende del comparto metalmeccanico
37. Decreto n. 3933 del 3/5/2011 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle opere di asfaltatura
36. Decreto n. 3357 del 13/4/2011 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle attività di galvanica
35. Decreto n. 13541 del 22/12/2010 - Approvazione delle linee guida per la bonifica di manufatti in posa contenenti fibre vetrose artificiali
34. Decreto D.G. Sanità n. 8715 del 16/9/2010 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute nello stampaggio della gomma
33. Decreto D.G. Sanità n. 8713 del 16/9/2010 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute con le polveri di legno
32. Documento congiunto Regione-ISPESL "Indicazioni operative e procedurali sull’applicazione del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. relativamente agli aspetti inerenti la sicurezza impiantistica delle macchine e delle attrezzature impiegate nei luoghi di lavoro"
31. Decreto n. 4580 del 29 aprile 2010 - Buona pratica utilizzo fitofarmaci in agricoltura
30. Progetto Prevenzione Tumori professionali – Area Vigilanza - Report indagine realizzata triennio 2005-2007 in attuazione DGR 18344/2004
29. Relazione LA.D.A Progetto Tumori Area Epidemiologica 2005-2007
28. Decreto n. 14521 del 29 dicembre 2009 - Linee di indirizzo per la redazione del documento unico di valutazione dei rischi da interferenza
27. Decreto n. 14219 del 21 dicembre 2009 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute nello stampaggio di plastica
26. Decreto n. 13559 del 10 dicembre 2009 - Indirizzi generali per la valutazione e gestione del rischio stress lavorativo alla luce dell'accordo europeo 8/10/2004 (art. 28 comma 1 D.Lgs. 81/08 e successive modifiche ed integrazioni)
25. Decreto n. 12831 del 30/11/2009: "Requisiti minimi per l'applicazione di un Sistema di Gestione per la Sicurezza e salute sul Lavoro (SGSL) nelle strutture sanitarie"
24. Decreto n. 12830 del 30/11/2009: "Criteri e metodi per l'analisi del contesto produttivo e di rischio nel settore della metalmeccanica"
23. FAQ accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ambienti di lavoro – 2009
22. Circolare n. 20 del 29/9/2009 - Aggiornamento Linee guida prevenzione malattie trasmissibili negli ambulatori e/o studi odontoiatrici
21. Decreto N. 3958 del 22/4/2009 - Linee guida prevenzione patologie muscolo scheletriche
20. Decreto N. 5368 del 29/5/2009 "Linee guida integrate in edilizia rurale e zootecnia"
19. Decreto N. 5547 del 4/6/2009 - Indirizzi operativi finalizzati alla prevenzione delle patologie muscolo scheletriche
18. Decreto N. 3959 del 22/4/2009 - Linee guida per la sorveglianza sanitaria in agricoltura
17. Decreto N. 848 del 3/2/2009 - Criteri per l'individuazione di "buone pratiche" in relazione alla prevenzione delle patologie muscolo scheletriche connesse con movimenti e sforzi ripetuti degli arti superiori
16. Decreto N. 120 del 14/1/2009 - Linea operativa gestione parco macchine prevenzione eventi infortunistici nel comparto agricolo
15. Decreto N. 126 del 14/1/2009 - Linee guida per la movimentazione in quota, all'interno dei cantieri temporanei e mobili, di pallet attraverso l'uso di forche per il contenimento degli eventi infortunistici nel comparto edile
14. Decreto N. 119 del 14/1/2009 - Disposizioni concernenti la prevenzione dei rischi di caduta dall'alto per il contenimento degli eventi infortunistici nel comparto edile
13. Decreto N. 10803 del 27/9/2007 - Linee guida per la prevenzione dei rischi nel comparto della panificazione artigianale
12. Circolare/Nota N. 36329 del 31/7/2006 - Vademecum sicurezza e della salute dei lavoratori nelle opere di asfaltatura
11. Decreto N. 12544 del 10/8/2005 - Linee guida regionali in applicazione del D.M. 1/12/2004, n. 329 attrezzature a pressione
10.Delibera VIII/489 del 4/8/2005 - Linee guida per la prevenzione e sicurezza nei cantieri per la costruzione del sistema ferroviario ad alta velocità e grandi opere
09. Pubblicazione "Prevenzione dei rischi da sorgenti di radiazioni non ionizzanti impiegate in ambito sanitario" (27/7/2005)
08. Decreto N. 16258 del 29/9/2004 - Linee Guida Regionali per la prevenzione degli infortuni in zootecnia
07. Indirizzi per la redazione del documento di valutazione del rischio (ex art. 4 D.Lgs. 626/94) (3/9/2004)
06. Pubblicazione "Prevenzione rischi da esposizione a sorgenti artificiali di radiazione ultravioletta in ambito estetico" (4/8/2003)
05.Pubblicazione "La radioprotezione in campo sanitario in Lombardia" (14/1/2003)
04.Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Provincie autonome - Titolo VII DLgs 626/94 - Linee Guida Protezione da agenti cancerogeni: Lavorazioni che espongono a polveri di legno duro (2/12/2002)
03.Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Provincie autonome - Titolo VII DLgs 626/94 - Linee Guida Protezione da agenti cancerogeni e/o mutageni (2/12/2002)
02.Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Provincie autonome - Titolo VII DLgs 626/94 - Linee Guida Protezione da agenti chimici (2/12/2002)
01.Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Provincie autonome - Titolo VII DLgs 626/94 - Linee Guida Protezione da agenti chimici: Premessa (2/12/2002)

...

Fonte: Sanità Regione Lombardia 

Saldatori | Rischi ed Effetti sulla salute

ID 7012 | | Visite: 94109 | Documenti Riservati Sicurezza

Rischi saldatori

Saldatori | Rischi ed Effetti sulla salute

ID 7012 | Rev. 1.0 del 23.09.2019

Update 23.09.2019

IARC Fumi di saldatura

I fumi di saldatura sono classificati nella IARC Monograph 118 Welding, Molybdenum Trioxide, and Indium Tin Oxide (2018) che ha aggiornato la IARC Monograph 49 Chromium, Nickel and Welding (1990). 

I fumi di saldatura sono stati riclassificati come "cancerogeni" per l'uomo (Gruppo 1), classificazione aggiornata dalla precedente come "possibili cancerogeni" per l'uomo (Gruppo 2B) nel 1989 (IARC 49, 1990).

Vedi il Documento ID 9147 | 23.09.2019

Gli effetti sulla salute del lavoro di saldatura tradizionale possono essere acuti e cronici. I principali effetti respiratori acuti sono la febbre da fumi metallici e il decremento della funzione respiratoria durante il turno di lavoro. Il calore, l’elettricità e le radiazioni UV possono provocare lesioni cutanee e oculari. Gli effetti cronici sull’apparato respiratorio comprendono la bronchite cronica, la peumoconiosi benigna o siderosi, l’asma ed un possibile incremento dell’incidenza di cancro polmonare. I saldatori presentano maggior frequenza, durata e gravità della infezioni respiratorie.

Il numero di occupati in imprese IT che fabbricano prodotti in metallo, macchine e apparecchi meccanici, e quindi potenzialmente adibiti a mansioni di saldatura, arriva ad 1 milione. Il lavoro di saldatura è eterogeneo in termini di tecnologia, di materiali utilizzati, di posto di lavoro, di tipo ed intensità dell’esposizione professionale; quindi i rischi per la salute sono variabili.
 
Il documento è stato elaborato con dati estratti dai seguenti studi allegati:

- Le nuove tecniche di saldatura e rischi per la salute (G. Marina La Vecchia - Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale - Università di Brescia
- Rischi sanitari della saldatura SUVA 2013.

La Tabella I riassume i principali pericoli connessi al lavoro di saldatura tradizionale. Molti di questi componenti pericolosi sono stati eliminati o ridotti con le nuove tecniche di saldatura.

Tuttavia queste tecniche trovano un’applicazione ancora limitata e non vi sono studi specifici sui lavoratori esposti. È stato osservato, ad esempio, che la saldatura dell’alluminio per frizione libera aerosol di particelle submicroniche e ultrafini di zinco, alluminio e ferro per cui i rischi per la salute potrebbero essere diversi da quelli tradizionali. 

Fumi Gas Energia radiante Altri fattori di rischio
Alluminio
Cadmio
Cromo
Rame
Ferro
Piombo
Manganese
Molibdeno
Nichel
Titanio
Tungsteno
Zinco
Fluoruri
CO2
CO
NO2
NO
O3
Ultravioletti
Visibile
Infrarossi
Calore
Rumore
Vibrazioni
Elettricità
Campi elettromagnetici
Prodotti di decomposizione di sgrassanti lubrificanti ili e vernici (fosgene, Pb NH3 Co HCL)
Posture incongrue
Proiezione di scorie e metallo fuso

Tabella 1 - Saldatura e fattori di rischio

I principali effetti sulla salute durante il processo di saldatura essere distinti in acuti e cronici, respiratori e non respiratori.

Rischi saldatori 03

Fig. 1 Effetti sulla salute

2. Effetti acuti
2.1 Respiratori

Gli effetti respiratori acuti sono stati descritti in lavoratori esposti a concentrazioni elevate di fumi di saldatura.

- Febbre da fumi metallici
Rappresenta il più frequente disturbo respiratorio acuto nei saldatori.
È caratterizzata da sintomi similinfluenzali (febbre, brividi, malessere generale, mialgie, cefalea, tosse secca, dispnea), che iniziano dopo 4-8 ore dall’esposizione e si risolvono spontaneamente in 24-48 ore. È in genere dovuta all’inalazione di fumi contenenti ossidi di zinco nella saldatura di acciaio zincato, ma può essere causata da altri ossidi metallici (rame, magnesio, stagno o cadmio). Studi sull’uomo hanno suggerito che vi sia un reclutamento intrapolmonare di polimorfonucleati neutrofli con liberazione di TNF-α, nelle fasi iniziali (3 ore), e più tardivamente di IL-6 e IL-8 (8-22 ore). Una caratteristica della febbre da metalli è lo sviluppo di tolleranza per 1-2 giorni dopo un episodio, per cui i lavoratori restano asintomatici in occasione di esposizioni ripetute e i sintomi si manifestano più spesso il lunedì.

- Decremento della funzione respiratoria
È stata osservata una lieve e transitoria riduzione di indici funzionali respiratori durante il turno (volumi polmonari, flussi massimi espiratori, transfer del CO), specie nei saldatori esposti ad elevate concentrazioni di fumi, che può essere associata a sintomi respiratori come tosse, espettorato, sibili e senso di oppressione toracica. Le alterazioni funzionali e i sintomi respiratori sono reversibili e non sono correlati allo sviluppo di asma o BPCO.

1.2 Non respiratori
- Ustioni ed elettrocuzioni dovute al calore e all’elettricità.
- Foto-dermatiti da UV nelle zone cutanee scoperte.
- Foto-cheratocongiuntivite causata dalle radiazioni ultraviolette sviluppate dall’arco elettrico.
- Infiammazione sistemica.

- cute e occhi
L'arco elettrico e la fiamma di saldatura producono radiazioni ottiche nel campo dell'infrarosso fino all'ultravioletto. L'intensità dipende, tra l'altro, dal procedimento utilizzato, dal gas protettivo e dal materiale in lavorazione. Quindi, in caso di misure di protezione carenti, o a causa di riflessi, si possono avere lesioni corneali. A rischio non è soltanto il saldatore ma lo sono anche le persone che si trovano nelle vicinanze. L'irradiazione ultravioletta può causare un'infiammazione congiuntivale e corneale (cheratocongiuntivite fotoelettrica). Questo "abbagliamento del saldatore" compare alcune ore dopo la saldatura e scompare senza reliquati sospendendo l'esposizione dopo uno o due giorni. L'irradiazione infrarossa della saldatura può causare alterazioni associate al calore.

La luce ultravioletta presente nella saldatura ad arco elettrico e a fiamma, può causare una dermatite da UV ("ustione solare") delle zone di cute non protetta come collo o avambracci. Dopo diversi anni di saldatura sono state descritte anche alterazioni cutanee croniche. Ulteriori informazioni sui danni cutanei da UV si possono trovare nella pubblicazione della Suva "Brufliche Hautkrankheiten" (Fr.: "Les dermatoses professionnelles").

Scintille, scorie, parti metalliche incandescenti o anche esplosioni o incendi possono causare ustioni, in particolare a mani e viso.

3. Effetti cronici
3.1 Respiratori

- Bronchite cronica/Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)
La tosse e l’espettorato cronici sono i sintomi più frequentemente associati al lavoro di saldatura. Numerosi studi hanno indicato che i fumi di saldatura possono indurre bronchite cronica indipendentemente dall’abitudine al fumo. Tuttavia, la prevalenza di bronchite cronica particolarmente elevata nei saldatori che fumano ha suggerito che vi sia un’interazione tra fumo di sigaretta e saldatura. Vi è limitata evidenza che l’esclusiva esposizione a fumi di saldatura, in assenza di episodi acuti di inalazione massiva di fumi o di altre esposizioni concomitanti o di abitudine al fumo di sigaretta, determini BPCO.

- Pneumoconiosi/fibrosi polmonare
La comparsa di piccole opacità nodulari alla radiografia del torace di esposti a fumi di saldatura per almeno 15 anni, dovute ad accumulo di ossidi di ferro nei macrofagi alveolari, senza evidenza di fibrosi polmonare evolutiva è stata definita “siderosi”. Questa pneumoconiosi benigna è in genere asintomatica e senza alterazioni della funzione respiratoria. Sono stati tuttavia descritti dei casi di fibrosi polmonare interstiziale in saldatori con esposizione più lunga (>25 anni) ed ad elevate concentrazioni di fumi, in cui i depositi di ferro erano contigui ad aree di fibrosi. In questi casi, i soggetti potevano avere sintomi respiratori, come dispnea e bronchite cronica, e alterazioni della funzione respiratoria (quadro restrittivo o misto, riduzione del transfer del CO, ipossiemia da sforzo).

- Asma
L’esposizione a fumi di saldatura è frequentemente associata con asma correlata al lavoro, che comprende l’asma professionale, l’asma da irritanti e l’asma preesistente esacerbata dal lavoro. L’agente causale nei casi di asma professionale in genere non è stato determinato. Negli studi che hanno eseguito test di provocazione bronchiale specifico, l’asma era indotta da fumi di saldatura di acciai inossidabili ed è stato quindi ipotizzato che gli agenti causali fossero cromo e nickel.

- Infezioni respiratorie
La frequenza e la gravità di infezioni delle vie aeree superiori e inferiori è maggiore nei saldatori. L’inalazione di fumi metallici aggrava la prognosi di polmonite e comporta un eccesso di mortalità per questa causa. Il fenomeno è stato attribuito ad una ridotta capacità citotossica delle cellule immunocompetenti dei saldatori.

- Cancro polmonare
I fumi di saldatura sono stati classificati dalla International Agency for Research on Cancer (IARC) come 1, “cancerogeni” da IARC Monograph 118 Welding Molybdenum Trioxide, and Indium Tin Oxide (2018), aggiornamento della IARC Monograph 49 Chromium, Nickel and Welding (1990) nella quale erano 1 "possibili cancerogeni".

Precedentemente era stato ipotizzato che il rischio cancerogeno fosse circoscritto alla saldatura di acciaio inossidabile per il contenuto in cromo e nickel, noti cancerogeni polmonari. Con la IARC Monograph 118 del 2018, aggiornamento della precedente IARC Monograph 1990 del 1989, è stata introdotta nella valutazione le radiazioni ultraviolette emesse nel processo, già di per se classe 1 (IARC Monograph 100D), che porta la nuova classificazione dei fumi di saldatura a classe 1 (cancerogeni)

Vedi il Documento ID 9147 | 23.09.2019

3.2 Non respiratori

- Sistema nervoso centrale
È stato dimostrato che il manganese è neurotossico se inalato in elevate concentrazioni sul posto di lavoro. Tuttavia, la questione se il manganese contenuto nei fumi di saldatura possa causare problemi neurologici non è ancora risolta, ad eccezione di casi isolati che avevano lavorato in particolari condizioni espositive e presentavano chiara intossicazione da manganese. Alcuni costituenti dei fumi di saldatura (manganese, piombo, alluminio) sono sospettati di causare sintomi psichiatrici in lavoratori esposti.

- apparato riproduttivo
Esistono indizi che nei saldatori, in particolare di acciai altamente legati, possa comparire una limitazione dose-dipendente della qualità dello sperma, fatto che potrebbe portare ad altera-zioni della fertilità [OSHA, Rom, IARC].

- apparato locomotore
Gran parte del lavoro di un saldatore è statica. A seconda dell'equipaggiamento, devono esse-re sorretti contemporaneamente il cannello e la visiera di protezione. A volte devono essere sollevate parti da lavorare pesanti. I problemi ergonomici dipendono anche dalla dimensione delle parti da lavorare: per i piccoli pezzi prodotti in serie possono essere utilizzati tavoli di lavoro; a questo proposito, per la lavorazione di pezzi più grandi, raramente sono disponibili posti di lavoro adattati secondo un concetto ergonomico. Negli spazi ristretti e per i lavoro da effettuare al di sopra del capo si producono allo stesso modo situazioni sfavorevoli con posizioni obbligate. Anche il procedimento di saldatura utilizzato influenza il carico dell'apparato locomotore. Nella saldatura con elettrodo a bacchetta questo deve essere sostituito dopo circa 2 minuti, fatto che rende poco ordinata l'attività di saldatura; negli altri procedimenti di saldatura (MIG/MAG), a questo proposito è possibile lavorare al pezzo per un tempo più lungo e quindi il carico di lavoro statico è maggiore.

- campi elettromagnetici
Nella saldatura elettrica si formano campi elettrici e magnetici (EMF). Per quanto riguarda i rischi per la salute i campi elettrici sono trascurabili date le correnti relativamente basse. Al contrario i campi magnetici possono essere significativi a causa delle alte intensità di corrente. Correnti elevate fino a 750 A vengono utilizzate soprattutto nei procedimenti di saldatura ad arco elettrico MIG, MAG e WIG e nella saldatura a punti. I campi magnetici generano correnti nel corpo stesso perché influenzano le molecole cariche elettricamente. I fenomeni irritativi delle cellule muscolari e nervose o anche i cosiddetti fosfeni retinici sono effetti indesiderati diretti, scientificamente accertati, dei campi magnetici elevati.
Questi sono fenomeni luminosi percepiti soggettivamente che sono prodotti dall'irritazione elettrica delle cellule retiniche. Per la pratica in medicina del lavoro, invece, ha importanza la possibilità che venga esercitata un'influenza su pacemaker, defibrillatori impiantabili, neurostimolatori e altri dispositivi attivi.

- vibrazioni
Spesso i lavoratori che effettuano lavori di saldatura utilizzano anche apparecchiature vibranti per pulire o rettificare i pezzi. In caso di utilizzo per tempi lunghi di questi apparec-chi possono comparire alterazioni sensoriali e vascolari delle dita nel contesto della sindrome di Raynaud.

- udito
A seconda della procedura di saldatura, del pezzo in lavorazione o dei parametri elettrici, l'esposizione al rumore è notevole e può superare il picco di rumore citato nella lista svizzera dei valori limite pari a Leq 85 dB (A). Questo è il caso in particolare per il taglio al plasma, le macchine ossitaglio, il riscaldo alla fiamma oppure quando esistono contemporanea-mente altre fonti di rumore in posti di lavoro adiacenti.

- cute
La luce ultravioletta presente nella saldatura ad arco elettrico e a fiamma, può causare una dermatite da UV ("ustione solare") delle zone di cute non protetta come collo o avambracci. Dopo diversi anni di saldatura sono state descritte anche alterazioni cutanee croniche. Ulteriori informazioni sui danni cutanei da UV si possono trovare nella pubblicazione della Suva "Berufliche Hautkrankheiten" (Fr.: "Les dermatoses professionnelles").
Scintille, scorie, parti metalliche incandescenti o anche esplosioni o incendi possono causare ustioni, in particolare a mani e viso.
In caso di sviluppo di allergie verso sostanze utilizzate sul posto di lavoro (per esempio con-tatto con lubrorefrigeranti) e a causa del frequente lavaggio delle mani possono comparire eczemi cutanei. 
Ulteriori lesioni degli occhi possono essere causate da gas, fumi, scintille, ecc. che colpiscono direttamente gli occhi non protetti.

- occhi
L'arco elettrico e la fiamma di saldatura producono radiazioni ottiche nel campo dell'infrarosso fino all'ultravioletto. L'intensità dipende, tra l'altro, dal procedimento utilizzato, dal gas pro-tettivo e dal materiale in lavorazione. Quindi, in caso di misure di protezione carenti, o a causa di riflessi, si possono avere lesioni corneali. A rischio non è soltanto il saldatore ma lo sono anche le persone che si trovano nelle vicinanze. L'irradiazione ultravioletta può causare un'in-fiammazione congiuntivale e corneale (cheratocongiuntivite fotoelettrica). Questo "abbagliamento del saldatore" compare alcune ore dopo la saldatura e scompare senza reliquati so-spendendo l'esposizione dopo uno o due giorni. L'irradiazione infrarossa della saldatura può causare alterazioni associate al calore.

Recenti studi hanno dimostrato che l’esposizione a fumi di saldatura induce infiammazione sistemica (neutrofilia e aumento della proteina C reattiva) e alterazioni del sistema nervoso autonomo (riduzione delle variazioni del ritmo cardiaco). Il significato clinico di tali variazioni resta da determinare.

4. Le più importanti sostanze pericolose per la salute nella saldatura

Durante la saldatura, a seconda della procedura utilizzata, si liberano svariati fumi, polveri, vapori e gas contenenti diverse sostanze. Complessivamente nei fumi e nei gas si trovano circa 40 sostanze chimiche. Le sostanze nocive originano dallo stesso materiale lavorato che permane nell'aria in forma di particelle metalliche o derivati del metallo (per esempio ossidi), materiali d'apporto (elettrodi, elettrodi a bacchetta, piombo, polvere per saldatura, ecc.) oppure queste vengono asportate dalla ricopertura come lacche o rivestimenti metallici o detergenti. Va tenuto conto anche dei materiali di consumo (gas combustibili, gas protettivi, fondenti ecc.).

Fumo

La fonte più importante del fumo di saldatura è rappresentata dalle sostanze aggiuntive. Il fumo si forma da un lato con la condensazione e l’ossidazione dei metalli nella fase di vapore, e dall'altro in seguito a una combustione incompleta di materiali organici come il materiale d'apporto o il rivestimento

Gas e vapori

Sostanze nocive gassose originano dai gas combustibili, dall'aria, dai materiali di rivestimento o dalle impurità. Esempi di sostanze nocive gassose sono l'ozono, il monossido di carbonio, l'ossido di azoto, l'acido cloridrico o l'aldeide. Dei gas va anche considerato il rischio di incendio ed esplosione, così come il rischio di intossicazione da biossido di carbonio, ossido d'azoto o argon.

Polveri

Le singole particelle nella saldatura, nel taglio e nella brasatura hanno un diametro da 0,01 fino a 1 µm e pertanto possono raggiungere gli alveoli (frazione alveolare della polvere). I saldatori, rispetto ad altri gruppi professionali, sono più fortemente esposti a tali particelle, in particolare quelle con diametro <0,1 µm (particelle ultrafini). Le particelle, solitamente, sono più piccole nei lavori di saldatura rispetto a quelli di taglio. Un'eccezione è rappresentata dai procedimenti di taglio con laser nei quali si formano soprattutto particelle ultrafini.

Una piccola parte dei fumi da saldatura è composta, in forma agglomerata, dalla frazione di polvere inalabile. Nelle procedure di taglio termico o spruzzatura a caldo, per esempio, si possono formare queste grandi particelle con granulometria fino a 100 µm.

Il carico di polveri nella saldatura dipende da fattori specifici per procedura e materiale: la saldatura con elettrodi a bacchetta (barretta) mostra il più alto tasso di emissione rispetto a tutte le procedure di saldatura, la saldatura WIG e quella al plasma mostrano il livello più basso di liberazione di fumi. Tramite adeguate misure di igiene del lavoro, come le apparecchiature di aspirazione, l'esposizione ai fumi può essere fortemente ridotta.

Nella tabella 2 si trova una classificazione delle più importanti sostanze nocive che si liberano nelle singole procedure.

Rischi saldatori 00
...segue

Tabella 2 Tecniche di saldatura e fumi e gas che si sviluppano

La Tabella 3 fornisce una panoramica dei valori limite delle più importanti sostanze che si formano durante la saldatura.

Rischi saldatori 01

Tabella 3 Elenco dei più importanti valori MAC(2) secondo la lista dei valori limite (edizione 2013)

Frazione alveolare della polvere (in precedenza detta polvere fine) = globalità delle particelle nell'aria inspirata che possono raggiungere gli alveoli polmonari.

Frazione inalabile della polvere (in precedenza detta polvere totale) = globalità delle particelle nell'aria inspirata che possono essere inalate tramite bocca e naso.

5. Malattie a seconda della sostanza pericolosa

In Tabella 4 si trova un elenco delle più importanti sostanze pericolose che si riscontrano nella saldatura con le possibili conseguenze sulla salute da loro indotte. I problemi sulla salute possono essere indotti dalla stessa sostanza o da un composto di questa (per esempio un ossido); nella tabella questo fatto non viene differenziato.

Rischi saldatori 02

Tabella 4 Sostanze pericolose più importanti e problemi sanitari che possono essere causati dalle stesse o dai loro composti

6. Monitoraggio biologico

Con monitoraggio biologico si intende la valutazione dell'esposizione dei lavoratori a sostanze chimiche con la determinazione della sostanza in materiali biologici come sangue, urine o aria espirata, la determinazione dei metaboliti o di un parametro dell'organismo che venga influenzato dalla sostanza da lavoro.
I valori misurati vengono confrontati con i valori limite biologici (BAT)(1) elencati nella lista dei valori limite. In questo modo può essere valutato il carico interno prodotto da una sostanza da lavoro o una reazione dell'organismo alla sostanza da lavoro stessa, da cui si stima un rapporto dose-effetto tra la concentrazione della sostanza da lavoro nell'aria e l'effetto sull'organo bersaglio. Con il monitoraggio biologico vengono rilevate tutte le vie di assorbimento di una sostanza da lavoro, quindi non solo l'inalazione, ma anche l'assunzione attraverso cute e tratto gastroenterico.

La concentrazione nei sopracitati materiali biologici è influenzata da diversi fattori, pertanto non sempre si trova una correlazione soddisfacente tra le misurazioni nell'aria ambientale e i valori biologici. Infatti l'assorbimento per via inalatoria può oscillare a seconda del volume respiratorio al minuto e l'assorbimento della cute a seconda della qualità delle misure di protezione; il metabolismo subisce delle variabilità individuali a seconda della situazione e, per emivite di eliminazione lunghe, una sostanza si può accumulare nell'organismo (body burden) ed essere rilasciata dai tessuti ancora dopo molto tempo. Le interazioni con altri solventi o sostanze, inoltre, influenzano la tossicodinamica e la tossicocinetica. Nel monitoraggio biologico i fattori influenzanti devono essere assolutamente riconosciuti con un'anamnesi accurata e considerati nella valutazione.

Per le seguenti sostanze, alle quali possono essere esposti i lavoratori durante la saldatura, esistono valori BAT.

Rischi saldatori 04

Tabella 5 Valori BAT di alcune sostanze che si formano durante la saldatura [Lista dei valori limite 2013 SUVA];

a: nessuna limitazione,
b: fine dell'esposizione o del turno,
c: in caso di esposizione per periodi lunghi dopo la fine di diversi turni,
d: prima dell'inizio di un turno

(1) BAT Biologischer Arbeitsstoff-Toleranzwert (valore di tolleranza delle sostanze di lavoro biologiche) Svizzera
(2) MAC: Maximale Arbeitsstoffkonzentration (concentrazione massimale di una sostanza di lavoro), il valore per le sostanze cancerogene viene stabilito in base al rischio con l'obiettivo che l'eccesso di rischio di comparsa di un tumore maligno non sia superiore a 1: 100'000 all'anno. Svizzera

- G. Marina La Vecchia, Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale - Università di Brescia, Via Branze, 38, 25123 Brescia, Italy
- Dr. med. Dr. sc. nat. Michal Koller Dr. med. Marcel Jost, PD Dr. med. David Miedinger, PhD Dr. med. Klaus Stadtmüller dipl. chem. FH Markus Blättler - SUVA CH

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Con il decreto direttoriale n. 58 del 18 Settembre 2019, e' stato adottato l'ottavo elenco, di cui al punto 3.4 dell'Allegato I del d.m. 4 febbraio 2011, dei soggetti abilitati per l'effettuazione dei lavori sotto tensione e dei soggetti formatori ai sensi dell'art. 82, comma 2, del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni

Pubblicato sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali: www.lavoro.gov.it

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Sentenze cassazione penale

Infortunio mortale per inalazione di gas nella centrale termoelettrica

Cassazione Penale, Sez. 4, 17 settembre 2019, n. 38380

Infortunio mortale per inalazione di gas nella centrale termoelettrica: mancata bonifica preventiva, mancata chiusura dell'altoforno, mancata predisposizione di rapide via di fuga

Penale Sent. Sez. 4 Num. 38380 Anno 2019
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: CENCI DANIELE
Data Udienza: 15/02/2019

Ritenuto in fatto

1. La Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, il 22 novembre 2017, in parziale riforma della sentenza emessa all'esito del dibattimento il 12 dicembre 2012 dal Tribunale di Taranto, appellata (anche) dagli imputati, sentenza con cui, per quanto in questa sede rileva, A.A., P.M., F.V. e M.A. sono stati ritenuti responsabili, in cooperazione colposa tra di loro, dell'omicidio colposo di AN.MI., con violazione della disciplina antinfortunistica, fatto commesso il 18 aprile 2006, e, in conseguenza, concesse ad A.A., ad M.A. e a F.V. le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante ed esclusa la recidiva contestata a P.M., condannati alla pena stimata di giustizia (due anni di reclusione, pena sospesa e non menzione, per A.A., M.A. e F.V.; due anni e sei mesi di reclusione per P.M.), oltre al risarcimento dei danni a favore delle parti civili, con assegnazione di somma a titolo di provvisionale, ebbene, riconosciute anche a P.M. le circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti, ha ridotto nei suoi confronti la sanzione (a due anni di reclusione).
2. La vittima, dipendente della ditta s.r.l. C.M.T. ed in servizio presso lo stabilimento siderurgico di Taranto dell'ILVA s.p.a., stava lavorando nell'area batteria - lato uscita - della centrale termoelettrica presso il collettore principale di distribuzione del gas AFO (si tratta di una miscela, molto pericolosa e persino potenzialmente mortale in caso di inalazione, di carbonio, anidride carbonica, idrogeno, ossigeno ed azoto, che viene utilizzata per l'alimentazione di forni e caldaie). In particolare, il compito di AN.MI. il 18 aprile 2006 era quello di svitare i dadi di serraggio di tubi di grande diametro che viaggiavano, su appositi sostegni, a circa venti metri di altezza dal suolo, per inserire dischi che isolassero il tratto di tubazione compreso tra due determinate valvole: ciò in quanto l'ILVA s.p.a. aveva appaltato alla ditta C.M.T. i lavori di modifica e di ammodernamento della rete di distribuzione del gas AFO nel tratto compreso, appunto, tra una determinata valvola presso l'altoforno dove avveniva la combustione e le valvole, dette "a saracinesca", in uscita dalle batterie dei forni coke, oltre che la sostituzione di alcune valvole, di tipo sia a saracinesca che "ad occhiale"; la ditta C.M.T. aveva subappaltato parte dei lavori alla s.a.s. S.M.I. (acronimo di Socieè Montaggi Industriali) di Livorno.
Preliminare ai lavori da svolgersi qual giorno da parte della C.M.T. era chiudere, da parte del personale dell'ILVA, due valvole relative al tratto della tubazione interessato ai lavori di modifica e di ammodernamento e bonificare con azoto il tronco in questione: quindi il personale della C.M.T., e, dunque, anche AN.MI., doveva provvedere ad operare nel tratto interessato inserendo, ad un certo punto della tubazione, alcuni pesanti dischi di metallo del diametro del tubo, in modo da occluderlo, dischi che venivano calati dall'alto attraverso un'apparecchiatura di sollevamento, previo svitamento parziale dei numerosi dadi di serraggio dei tubi per consentire l'inserimento.
Durante le fasi di lavoro che si sono descritte, essendo costantemente in funzione l'altoforno, si aveva inevitabilmente una fuoriuscita di gas nell'ambiente circostante, sicché era necessario, a protezione delle vie respiratorie, che i lavoratori addetti a tali mansioni fossero provvisti di maschere facciali a tenute collegate con tubazioni flessibili a bombole di ossigeno, costituenti dispostivi di protezione individuale proprio contro i rischio di intossicazione e di asfissia da gas AFO. Maschere che è risultato essere state, in effetti, fornite dalla ILVA alla C.M.T. in numero adeguato ed in ottime condizioni di funzionamento, fatta salva la mancanza, secondo quanto previsto dal manuale della casa produttrice ("Spasciani" s.p.a.), di una piccola bombola della capacità di 2-4 litri, che avrebbe permesso ai lavoratori in caso di necessità di allontanarsi dalla zona contaminata in autonomia e sicurezza, non potendo portarsi addosso in tale evenienza la pesante bombola principale di 40 litri; tale bomboletta supplementare sarebbe dovuta servire anche nel caso di ipotetica ostruzione della manichetta collegata alla bombola principale.
Ciò posto, è risultato sia documentalmente (tabulati telefonici) che attraverso testimonianze che quel giorno AN.MI. durante l'attività lavorativa si era ripetutamente tolto, o comunque scostato, dal viso la maschera per effettuare e per ricevere numerose telefonate con il cellulare, cosi esponendosi al gas AFO con elevata concentrazione di monossido di carbonio, che aveva respirato, tanto da intossicarsi e in conseguenza, alle ore 16.30 circa, da perdere i sensi. Soccorso dai colleghi, attesa la peculiarità della postazione di lavoro, cioè un pianerottolo in grigliato metallico di anguste dimensioni, collocato, su sostegni, a circa venti metri di altezza dal suolo, pianerottolo provvisto di una scala ma senza vie rapide di fuga, si era ritenuto necessario da parte dei compagni, improvvisatisi soccorritori, mentre l'infortunato, privo di sensi, continuava a rimanere nella zona in cui fuoriusciva il gas, reperire tavoloni di legno, issarli sopra i grossi tubi sospesi per improvvisare una passarella ove camminare per trasportare il compagno al piano di campagna ove era giunta l'ambulanza: AN.MI. però giungeva morto all'ospedale.
L'autopsia accertava che il decesso era avvenuto per intossicazione acuta da monossido di carbonio, con un valore di carbossiemoglobina del 72 %, a fronte di un limite massimo di esposizione per l'uomo del 5 %. Più colleghi di AN.MI. che gli aveva prestato soccorso dovevano essere ricoverati per intossicazione, da cui fortunatamente si riprendevano.
3. Tanto premesso, gli odierni ricorrenti sono stati riconosciuti responsabili di omicidio colposo da parte dei giudici di merito nelle seguenti qualità di garanti:
A.A. - capo cantiere preposto della ditta CMT;
P.M. - datore di lavoro della vittima, titolare della s.a.s. S.M.I.;
F.V. - responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi per la sicurezza della ditta s.r.l. C.M.T.;
M.A. - capo reparto ILVA;
tutti, per le ragioni che in prosieguo si esamineranno, confrontandole con i motivi di ricorso, nel "considerato in diritto".
4. Ricorrono per la cassazione della sentenza, tramite difensore, gli imputati A.A., P.M., F.V. e M.A., affidandosi a plurimi motivi.
Va premesso che tutte le impugnazioni sottolineano la estrema imprudenza posta in essere dal lavoratore deceduto e consistita nel togliersi o, quantomeno, nello scostarsi molte volte nel corso della giornata lavorativa la maschera per parlare al cellulare, pur in presenza di emissione di gas, riconducendo la stessa ad un comportamento abnorme della vittima, interruttivo del nesso di causalità.
5. Il ricorso di A.A. (avv. Fabrizio L. del Foro di Taranto), capo cantiere e preposto della ditta C.M.T., è affidato a due motivi con i quali denunzia promiscuamente violazione di legge (artt. 40-589 e 132-133 cod. pen.) e difetto di motivazione.
5.1. Sotto un primo profilo, si censura la struttura della sentenza di secondo grado, che ripercorrerebbe pedissequamente quella del Tribunale senza dare risposta alle questioni poste con l'appello. Si registrerebbero inoltre: travisamento delle risultanze processuali; giustificazione della decisione mediante richiamo di massima di esperienza in contrasto con il senso comune; affermazione di penale responsabilità in base a mere congettura accusatorie prive di riscontri, tanto che dal testo della motivazione sarebbe impossibile ricostruire il percorso logico in effetti seguito dai decidenti.
Si sottolinea in modo particolare la gravissima imprudenza posta in essere della vittima, che pure aveva un ruolo di responsabilità (caposquadra), era esperto e, secondo il ricorrente, era consapevole del pericolo, nel togliersi ripetutamente la maschera per telefonare, specialmente in rapporto alla posizione dell'A.A. il quale, come capo-cantiere [preposto della ditta C.M.T.] aveva adottato tutte le misure necessarie alla salvaguardia dei lavoratori; peraltro impropria risulta essere la contestazione relativa alla mancata predisposizione di una via di fuga trattandosi, nel caso di specie, di un luogo aperto e conosciuto dai dipendenti» (così alla p. 3 del ricorso).
Richiamati i compiti del preposto, tra cui quello di vigilare sul rispetto delle misura di sicurezza, si rammenta che A.A. «ha sempre svolto egregiamente il suo compito, come è dimostrato dalle dichiarazioni spontanee rese da tutti i soggetti presenti sul luogo dell'infortunio. I signori Z., D., F. e B., infatti, hanno dichiarato di utilizzare quotidianamente sia i dispositivi di protezione individuale (nella fattispecie le maschere antigas dotate di bombola ad ossigeno), sia i rilevatori acustico- luminosi di gas C02. Ma vi è di più: detta circostanza è stata rilevata dagli Ufficiali di P.G. (... alla p. 4 del ricorso), sicché non si comprenderebbe dove si fondi una responsabilità del ricorrente per culpa in vigilando.
In definitiva, la vittima avrebbe posto in essere una condotta che si ritiene essere abnorme, esorbitante dalle direttive che gli erano state impartite, imprevedibile, tale, insomma, da interrompere il nesso di causalità tra il comportamento del ricorrente e l'infortunio occorso, in pratica auto-cagionato.
5.2. Sotto l'ulteriore profilo si lamenta mancanza di motivazione circa la pena in concreto prescelta, non rispettosa di quanto prescritto dagli artt. 132¬133 cod. pen. e che ha trascurato la condotta della vittima che, con il suo comportamento, ha fornito un contributo causale indispensabile all'evento.
6. Il ricorso di P.M. (avv. Nicola G. del Foro di Livorno), datore di lavoro della persona offesa e titolare della s.a.s. Società Montaggi Industriali, cui la s.r.l. C.M.T., da cui dipendeva la vittima, aveva subappaltato parte dei lavori, è incentrato su tre motivi con i quali si denunziano promiscuamente violazione di legge e difetto motivazionale.
6.1. Con il primo motivo censura plurime violazioni di legge (artt. 375 del d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, 12, comma 1, e 43, commi 3, 4 e 5 del d. lgs. 19 settembre 1994, n. 626) in cui sarebbe incorsa la Corte di appello nell'ascrivere il reato a P.M. in qualità di titolare della S.M.I. s.a.s., rivedicandone, invece, la totale estraneità ai fatti.
P.M. non avrebbe rivestito nei confronti di AN.MI. la qualifica di datore di lavoro e non avrebbe avuto la relativa posizione di garanzia, essendo l'infortunato dipendente della C.M.T. s.r.l. (come di legge alla p. 1 della sentenza impugnata), che aveva ricevuto un appalto dall'ILVA, e non della S.M.I., incombendo sulla s.p.a. ILVA il compito di bonificare il tronco delle tubazioni oggetti di lavori e alla C.M.T. quello di provvedere alle riparazioni. La S.M.I. sarebbe dovuta intervenire solo successivamente alle riparazioni da effettuare sulla tubature oggetto di intervento e soltanto per verificare l'esatta esecuzione della saldature dei tubi stessi. La segnalata circostanza sarebbe rafforzata dal rilievo che (come si legge alla p. 3 della sentenza impugnata) nessun preposto della S.M.I. era presente nel cantiere, nessun addetto della S.M.I. era indicato nell'autorizzazione all'accesso agli impianti o in qualunque altro documento ufficiale dell'ILVA, pur essendo fisicamente presenti all'Interno (p. 13 della sentenza del Tribunale). Si valuta criticamente il capo di imputazione e la sentenza del Tribunale (p. 15) nella parte in cui si legge che P.M. era intervenuto con la sua ditta S.M.I. in modo misterioso e che sarebbe "indecifrabile" il ruolo di tale società.
Inoltre, ad avviso del ricorrente, la delega di funzioni tra C.M.T. s.r.l., cui era stato affidata l'appalto, e s.a.s. S.M.I. risulterebbe meramente formale e non fattuale (pp. 8-11 sentenza) e, dunque, non liberatoria per la delegante C.M.T.
6.2. Mediante il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione dell'art. 589 cod. pen. ed ulteriormente degli arti. 375 del d.P.R. n. 547 del 1955, 12, comma 1, e 43, commi 3, 4 e 5 del d. lgs. n. 626 del 1994, in quanto la responsabilità dell'accaduto sarebbe da attribuire alla s.p.a. ILVA, sia per non avere fornito i sistemi di protezione completi, essendo essi privi della bombola aggiuntiva rispetto a quella principale, della capacità di 2-4 litri, sia per non avere correttamente bonificato con azoto il tratto di tubazione sul quale intervenire; non senza trascurare la emersa inadeguatezza del piano operativo di sicurezza (acronimo: P.O.S.) redatto da C.M.T. (p. 5 della sentenza impugnata).
Inoltre, il mancato apprestamento di altri presidi di sicurezza (non perfetta tenuta delle valvole, causato dal non essere le guarnizioni sostituite da tempo; mancato bloccaggio dell'altoforno; mancanza di vie di fuga) e la condotta gravemente colposa delle stesso AN.MI., che ha effettuato, togliendosi la maschera, ben 29 telefonate, 6 della quali peraltro con l'imputato A.A., titolare della C.M.T., inducono, secondo il ricorrente, a «chiedersi [...] quale responsabilità possa essere ascritta al P.M. quale titolare della SMI s.a.s. per l'inosservanza di misure di sicurezza cui non era tenuto, su lavoratori di cui non era datore di lavoro, sulla fornitura di strumenti di salvaguardia cui non era obbligato, sulla predisposizione di un cantiere in sicurezza espressamente a carico di altra e diversa società. Nessuna [...]> (così alla p. 8 del ricorso).
6.3. Con l'ultimo motivo il ricorrente si duole del trattamento sanzionatorio (artt. 132 e 62-bis cod. pen.), in particolare della pena, che si afferma essere di due anni e sei mesi, pena che sarebbe eccessiva e troppo distante dal minimo, oltre che iniqua rispetto a quella applicata ai coimputati.
Ingiusto ed illegittimo sarebbe, infine, il diniego delle attenuanti generiche.
7. Il ricorso di F.V. (avv. Chiara S. del Foro di Lecce), responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi per la sicurezza della ditta s.r.l. C.M.T., è strutturato su due motivi, con i quali si denunzia violazione di legge (entrambi) e difetto motivazionale.
7.1. Premesso che i Giudici di merito non si sarebbero soffermati sui profili di ascrivibilità colposa a F.V. né sulla riferibilità causale dell'evento résulle gravi mancanze che hanno contraddistinto la condotta della vittima, limitandosi ad affermare che l'imputato avrebbe redatto un P.O.S. inadeguato senza descrivere la condotta ed il nesso causale con la morte di AN.MI., trascurando elementi favorevoli alla difesa, e che la condanna - per reato omissivo improprio - non sarebbe basata su un giudizio di alta probabili logica, si assume la violazione degli artt. 113 e 589 cod. pen., 4, lett. a) e b), 21 e 22 del d. lgs. 626 del 1994.
In particolare, la sentenza di secondo grado (alle pp. 25-26) si limiterebbe a riproporre gli argomenti di quella del Tribunale, senza valutare, ad avviso del ricorrente, le doglianze contenute nell'atto di appello.
Si evidenzia che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione risponde dell'evento dannoso solo nel caso in cui abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia omesso la segnalazione di una situazione di pericolo o di adottare una misura prevenzionale, comportamento da cui sia derivato l'evento.
Si sottolinea al riguardo che F.V. non soltanto ha redatto a regola il P.O.S. ma ha anche tenuto correttamente i corsi teorico-pratici, come risulta anche dalla documentazione firmata da AN.MI., che il giorno dell'infortunio ha contravvenuto a tutti gli obblighi di collaborazione alla realizzazione della sicurezza gravanti sul dipendente, in quanto, come emerso dall'istruttoria, i dispositivi di protezione individuale erano stati forniti e funzionavano regolarmente ma AN.MI. si è più volte tolto la maschera o, quantomeno, la ha sollevata, facendo entrare gas (come ritenuto dal consulente del P.M.) per fare e per ricevere molte telefonate, sette della quali nell'ultima ora prima di svenire, commettendo così una gravissima imprudenza costituente - si ritiene dal ricorrente - fattore causale eccezionale e tale da solo da determinare l'evento.
Peraltro, AN.MI., in quanto capo squadra, non solo conosceva le prescrizioni ma non doveva agire direttamente sul tubo, essendo suo compito quello di sorvegliare gli altri operai.
Si pone in luce anche che i tecnici della A.S.L. in fase di indagine non hanno ipotizzato alcuna responsabilitàdi F.V., ma di altri soggetti-garanti.
7.2. In ogni caso - si assume - il reato sarebbe prescritto dopo dieci anni dalla commissione del fatto cioèprima della pronunzia della sentenza impugnata. 
Non ricorrerebbero, infine, ad avviso del ricorrente la condizioni per confermare le statuizioni civili ai sensi dell'art. 578 cod. proc. pen.
8. Il ricorso di M.A. (avv. Giuseppe D. del Foro di Taranto), capo reparto dell'ILVA di Taranto, è affidato a sette motivi, con cui denunzia sia violazione di legge sia difetto motivazionale.
8.1. Con il primo motivo, in particolare, censura la violazione del principio della responsabilità personale posto dall'art. 27 Cost.
Dalle poche righe dedicate alla posizione di M.A., alle pp. da 21 a 25 della sentenza impugnata, non emergerebbe alcuna condotta colpevole specificamente riconducibile allo stesso, che era il capo reparto energia, vapore, aria e gas dell'ILVA di Taranto, privo di qualsiasi delega che lo possa accostare alla figura datoriale, mentre si farebbe confusione di ruoli e di responsabilità rispetto alla posizione dei coimputati A.L. (sostanzialmente datore di lavoro per delega) e A.DL. (tecnico dell'area energia e manutenzione meccanica), entrambi dipendenti ILVA, trattandosi congiuntamente (in maniera che si stima erronea) le tre posizioni A.L. - A.DL. - M.A.; si pone in luce come nella sentenza impugnata si adoperi impropriamente l'espressione "stazione appaltante", che è estranea al novero penalistico delle responsabilità che sono necessariamente individuali.
E' un passaggio - che si stima sibillino - a p. 17 della sentenza impugnata consentirebbe di attribuire ad M.A., atteso il suo modesto mansionario, la responsabilità per non avere bloccato l'altoforno, decisione politico-produttiva chiaramente esulante dalle limitate competenze del ricorrente.
8.2. Con il secondo motivo ci si duole della mancanza di motivazione della sentenza in ordine alla responsabilità di M.A. fondata sull'art. 113 cod. pen. in assenza di elementi che specifichino la porzione di condotta censurata.
Richiamata la ratio della norma di cui all'art. 113 cod. pen., si osserva che dopo due gradi di merito non si comprende a quale titolo l'imputato sia stato processato per omicidio colposo e poi condannato e quale azione o frazione di azione colpevole gli sia addebitabile, sembrando che la Corte di merito non abbia fatto alcuna luce nè distinzione circa i ruoli dei tre (M.A., A.L. e A.DL.), peraltro condannati tutti per cooperazione in omicidio colposo ad identica pena, con "piatto" riconoscimento a tutti di generiche equivalenti.
8.3. Con il terzo motivo si lamenta applicazione in malam partem nei confronti dell'imputato di norme entrate in vigore dopo il fatto.
Infatti, alle pp. 8-11 della sentenza del Tribunale, richiamata in toto dalla Corte di appello, si richiama espressamente il d. lgs. n 81 del 2008, che è entrato in vigore dopo il fatto, che risale al 18 aprile 2006. 
Non essendo l'imputato né titolare della ditta appaltatrice né titolare della ditta appaltante né delegato dell'una o dell'altra né datore di lavoro ma un semplice capo squadra con mansioni intermedie tra gli operai ed i dirigenti, non gli si può addossare - si ritiene - la responsabilità, che dipende dal vertice aziendale, di far lavorare i dipendenti in un ambiente saturo di gas anziché bloccare l'altoforno e così sospendere in radice l'afflusso di gas.
8.4. L'ulteriore motivo di impugnazione ha ad oggetto la mancanza di motivazione circa le cause effettive della morte di AN.MI..
Partendo dal presupposto che le due uniche fonti del sinistro mortale furono la determinazione aziendale di far lavorare gli operai in ambienti saturi di gas a seguito della scelta di non bloccare l'altoforno e l'utilizzo a dir poco improprio della maschera da parte della vittima, che se la tolse o la sollevi per telefonare più volte, si osserva che la sentenza impugnata si concentra su carenze delle vie di fuga e sulla presenza di mascherine di ossigeno mobili, senza tenere conto che si tratta di incombenze che sarebbero spettate alla ditta appaltatrice, cui era estraneo l'M.A., capo reparto dipendente dell'ILVA. Essendo, tuttavia, probabile, secondo il ricorrente, che AN.MI. stramazzò al suolo verosimilmente morto, ogni discettazione sulla idoneità delle vie di fuga e sull'uso di mascherine mobili di ossigeno perderebbe di significato, riguardando comportamenti post mortem senza efficacia eziologica: e, in caso di dubbio sul punto, occorrerebbe annullare la sentenza affinché il Giudice di merito accerti il momento del decesso.
I residui addebiti di mancanza di verifica e di controllo sarebbero, ma indistintamente, rivolti (alla p. 23 della sentenza impugnata) ai tre imputati M.A., A.L. e A.DL..
8.5. Con il quinto motivo il ricorrente denunzia erronea applicazione dell'art. 7 del d. lgs. n. 626 del 1994 e, nel contempo, mancanza di motivazione quanto alla individuazione del soggetto "datore di lavoro" tenuti agli obblighi di protezione dei lavoratori e di collaborazione tra più datori di lavoro, in quanto AN.MI. era dipendente della appaltatrice ditta C.M.T. e non gè dell'ILVA, ditta committente di cui M.A. era un dipendente privo di qualifica datoriale.
Si richiama al riguardo documentazione acquisita agli atti, che sarebbe stata del tutto trascurata dai Giudici di merito, da cui risulta lo sforzo di ILVA nell'adempiere agli obblighi di protezione e nell'informare C.M.T. su tutti i rischi specifici e l'avvenuta consegna dei lavori alla C.M.T. in persona di A.A..
8.6. L'ulteriore motivo attiene alla mancata valutazione in termini di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, che erano state chieste dalla difese in appello, avendo trascurato la Corte territoriale gli elementi ex art. 133 cod. pen., quali l'eè avanzata dell'imputato, la sua incensuratezza e la irreprensibile condotta di vita. 
8.7. Con l'ultimo motivo si denunzia la nullità della sentenza per essere stato l'imputato nei gradi di merito difeso dallo stesso avvocato che ha assistito Alfredo D. ed A.L., con palese violazione del diritto di difesa del ricorrente, attesa la incompatibilità tra le posizioni degli imputati, essendo i coimputati in posizione gerarchicamente sovraordinata a M.A., senza poter sviluppare, quindi, autonomi motivi che avrebbero potuto in tesi danneggiare gli altri due. Tale incompatibilità difensiva, non rilevata dai Giudici di merito, avrebbe causato sostanziale carenza di difesa, sanzionata dall'ordinamento - si ritiene da parte del ricorrente - con la nullità.

Considerato in diritto

1. I ricorsi di A.A., P.M. e F.V. sono infondati; merita invece, accoglimento quello nell'interesse di M.A..
1.1. Una prima, doverosa, premessa, attiene al tema della prescrizione, invocata dalla difesa di F.V. con il secondo motivo.
La questione è destituita di fondamento.
Infatti, fermo che al momento della commissione del fatto (18 aprile 2006), la pena edittale massima prevista dal legislatore per l'omicidio colposo aggravato da violazioni antinfortunistiche era di cinque anni e che si applica, evidentemente, la disciplina sulla prescrizione successiva alla entrata in vigore della legge cd. ex-Cirielli (legge 5 dicembre 2005, n. 251, in vigore dall'8 dicembre 2005), si rammenta che, ai sensi dell'art. 157 cod. pen., <La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente ai massimo della pena edittale stabilito dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto [...]> (art. 157, comma 1, cod. pen.). I sei anni sono, poi, raddoppiati ai sensi dell'art. 157, comma 6, cod. pen. ed ulteriormente aumentati di un quarto per effetto dell'evento interruttivo, ex artt. 160, comma 3, e 161, comma 2, cod. pen., e, così, sino a quindici anni (non dieci, come sostiene erroneamente il ricorrente): in conseguenza, la prescrizione maturata non prima del 14 aprile 2021.
1.2. Una seconda, necessaria, premessa va operata in relazione al preteso deficit motivazionale, per cosi dire, strutturale preliminarmente denunziato dalla difesa A.A., per quanto con argomentazioni meramente assertive ed apodittiche (con riferimento a travisamenti, sia pure non dimostrati, a richiami di massime di esperienza che tali non sarebbero e ad indecifrabilità del tessuto argomentativo della sentenza di appello: p. 2 del relativo ricorso).
1.2.1. E' ben noto, infatti, che le decisioni conformi di merito vanno lette congiuntamente, integrandosi a vicenda: infatti, secondo tradizionale e risalente insegnamento della S.C., da cui non vi è ragione alcuna di discostarsi, «il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile> (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino, Rv. 209145; in conformiè, tra le numerose altre, Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, Zanotti ed altri, Rv. 225671; Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano ed altri, Rv. 224079; Sez. 3, n. 4700 del 14/02/1994, Scauri, Rv. 197497; recentemente, Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore e altro, Rv. 266617).
1.2.2. Ciò posto, è opportuno precisare, poiché, accanto ad alcune denunziate violazioni di legge, i ricorsi in esame censurano, in larga parte, difetto di motivazione, che è ben noto che, nell'esaminare le doglianze attinenti alla tenuta argomentativa della sentenza, particolarmente rigorosi sono i limiti del controllo di legittimità sulla sentenza di merito (cfr., a mero titolo di esempio, ex plurimis, le considerazioni svolte nella parte motiva della sentenze di Sez. 4 n. 19710 del 03/02/2009, Buraschi, Rv. 243636, specc. ai punti nn. 4.1. e 4.2.).
Ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il controllo di legittimità sulla motivazione non concerne ré la ricostruzione dei fatti né l'apprezzamento operato dal giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile:
a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;
b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.
Con la precisazione, quanto all'illogica della motivazione, come vizio denunciabile, che deve essere evidente ("manifesta illogicità") cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le incongruenze minime e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione, purché le ragioni del convincimento siano spiegate in modo logico ed adeguato.
In altri termini, l'illogicità della motivazione, deve risultare percepibile ictu oculi, in quanto l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore (non modificata dalla novella sul testo dell'art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen. ad opera della legge 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, comma 1, lett. a e b), a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibili di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali.
Inoltre, il vizio della "manifesta illogicità" della motivazione deve risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel senso che il relativo apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica, come si è detto con espressione particolarmente efficace, "rispetto a sé stessa", cioè rispetto agli atti processuali citati nella stessa (ovvero ad altri che devono essere specificamente indicati nel ricorso) ed alla conseguente valutazione effettuata dal Giudice di merito, che si presta a censura soltanto se, appunto, manifestamente contrastante ed incompatibile con i principi della logica.
Sicché, in sintesi, il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la motivazione della pronuncia:
A) sia "effettiva", non già meramente apparente, cioè realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione;
B) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica;
C) non sia internamente "contraddittoria", ovvero sia esente da incongruenze insormontabili tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute;
D) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi del suo ricorso per cassazione: c.d. autosufficienza dell'impugnazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.
Nel vigente ordinamento, infatti, alla Corte di cassazione non è consentito procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti, magari finalizzata, nella prospettiva del ricorrente, ad una ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli operati dal giudice del merito; così come nonèconsentito che, attraverso il richiamo agli "atti del processo", possa esservi spazio per una rivalutazione dell'apprezzamento del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamento riservato in via esclusiva al giudice del merito: infatti al Giudice di legittimità resta preclusa - in sede di controllo della motivazione - la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione del fatti, ipoteticamente preferibili rispetto a quelli adottati dal Giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, in quanto un tale modo di procedere trasformerebbe la Corte di legittimità in un ulteriore giudice del fatto. 
Ed è appena il caso di rammentare che dinanzi ad doppia pronuncia di eguale segno, c.d. "doppia conforme", come nel caso di specie, in cui l'unica modifica di quanto statuito dal Tribunale ad opera della Corte di appello è consistita nel riconoscimento delle attenuanti generiche e nella esclusione della recidiva, con riduzione di pena, il vizio di travisamento della prova (nell'accezione di vizio di tale gravità e centralità da scardinare il ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio non considerato ovvero alterato quanto alla sua portata informativa, secondo la nozione pacificamente accolta nella giurisprudenza di legittimità: v., tra le numerose, Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio e altri, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499; Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, Buraschi, Rv. 243636; Sez. 1, n. 24667 del 15/06/2007, Musumeci, Rv. 237207) pii» essere rilevato in sede di legittimità soltanto nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado.
Invero, sebbene in tema di giudizio di cassazione, in forza della novella dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. ad opera della richiamata legge n. 46 del 2006, risulta sindacabile il vizio di travisamento della prova (che sia desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti specificamente indicati dal ricorrente), travisamento che si ha quando nella motivazione si fa uso di un’informazione rilevante che non esiste nel processo o si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del devolutum con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il Giudice d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (cfr., tra le tante, Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, dep. 2014, Capuzzi e altro, Rv. 258438; Sez. 4, n. 5615 del 13/11/2013, dep. 2014, Nicoli, Rv. 258432; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499; oltre alle gè citate Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio e altri, Rv. 258774; Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, Buraschi, Rv. 243636; Sez. 1, n. 24667 del 15/06/2007, Musumeci, Rv. 237207).
E' doveroso, dunque, prendere atto che nel caso di specie la Corte di appello ha riesaminato lo stesso identico materiale probatorio sottoposto al Tribunale, senza operare richiami a dati probatori non esaminati dal primo giudice né introdurne di nuovi, e che, dopo aver preso atto delle censure degli appellanti, è giunta alla medesima conclusione della sussistenza di penale responsabilità di tutti gli imputati. 
Sviluppando i principi suesposti, deve ritenersi che la sentenza impugnata non contenga alcun travisamento della prova o dei fatti e che, sotto il profilo del denunziato, sotto plurimi profili, difetto motivazionale, regga al vaglio di legittimità, non palesandosi assenza, contraddittorietà od illogicità della motivazione, per tutte le ragioni che via via si illustreranno in riferimento alle singole osservazioni svolte dalle difese.
Risulta, dunque, destituita di ogni fondamento la - peraltro genericissima - evocazione di un preteso travisamento da parte della difesa A.A. (p. 2 del relativo ricorso).
Quanto alle censurate violazioni di legge, essendo nella concreta struttura dei ricorsi per lo più denunziate promiscuamente rispetto ai dedotti difetti motivazionali, si dirà di ciascuna di esse in prosieguo, affrontando il merito delle singole posizioni.
1.3. Ancora una premessa, utile all'inquadramento di tutti i ricorsi.
I Giudici di merito hanno escluso, con motivazione analitica, congrua e logica, la abnormità del comportamento oggettivamente incauto della vittima, avendo spiegato: sia che la stessa era stata male formata ed informata del pericolo; sia che il punto in cui i lavoratori si toglievano la maschera era troppo vicino - soli quattro metri - al gas, di cui era ancora saturo, pur se collocato all'aperto, e ciò non per colpa dei lavoratori, quattro dei quali avevano avuto lo stesso giorno disturbi, può meno gravi, a causa della inalazione di gas; sia che AN.MI. era stato indotta ad usare il telefono anche per avere ricevuto chiamate dal proprio capo cantiere A.A. (pp. 4-7 e 13-14 della sentenza del Tribunale e 21-22 e 25-26 di quella impugnata).
Ciò posto, si passi ad affrontare le impugnazioni.
2. Ricorso nell'interesse di A.A., capo cantiere e preposto della ditta C.M.T.
2.1. A.A. è stato riconosciuto responsabile dai Giudici di merito poiché, nella qualità indicata, ha trascurato la predisposizione di adeguate vie di fuga ed ha sottovalutato i rischi di togliersi la maschera. Si legge al riguardo nelle sentenze di merito:
«A.A., nel corso dell'esame, ha riconosciuto espressamente che era pienamente consapevole che l'impianto non era stato messo in sicurezza dalla committente, ponendo egli stesso un'alternativa ineluttabile tra maschere funzionanti o morte sicura; e che era a conoscenza, quando aveva [lo stesso A.A.] eseguito le sei telefonate a AN.MI. [tra le tante chiamate ricostruite alla p. 4 della decisione del Tribunale], che la vittima si trovava in prossimità della tubazione e che necessariamente avrebbe dovuto togliersi la maschera per rispondere. Avrebbe dovuto dunque impedire lo svolgimento dei lavori in quelle condizioni anche tenuto conto di quanto riferito dai testi Z. e R. secondo i quali non era stata svolta alcuna attività formativa specifica riguardante l'utilizzo delle maschere e, più in generale, l'esecuzione di lavori simili se non dopo la morte del AN.MI.> (così alle pp. 4, 7 e 14 della sentenza di primo grado).
Le riferite considerazioni vengono ribadite alle pp. 24-25 della sentenza impugnata, ove si sottolinea in modo particolare l'assenza totale di vie di fuga, dette anche vie di primo intervento, e la consapevole partecipazione proprio di A.A., per conto della C.M.T. s.r.l. ad una riunione, tenutasi il 14 aprile 2006, conclusa con l'impegno - poi in concreto non rispettato - che i lavori sarebbero iniziati soltanto previa realizzazione delle opportune opere di prevenzione al fine di potere eseguire le opere in totale sicurezza.
2.2. In conclusione, non solo non si registrano violazioni di legge, né vizio della motivazione, che risulta adeguata, logica e persuasiva, ma il ricorrente, a ben vedere, non si confronta puntualmente con la riferita giustificazione, che in sostanza elude invocando indimostrati travisamenti e l'interruzione del nesso di causalità per effetto del comportamento della vittima, comportamento che, invece, come si è visto,èstato correttamente ritenuto non abnorme.
3. Ricorso nell'interesse di P.M., titolare della S.M.I.
3.1. Il Collegio prende atto che il ricorso nell'interesse di P.M. è la mera trasposizione testuale dell'appello, nemmeno aggiornato (v. pp. 8-9 del ricorso) alle modifiche migliorative apportate dalla Corte di appello, la quale, come si è detto (v. punto n. 1 del "ritenuto in fatto"), ha ridotto la pena da due anni e sei mesi a due anni, come gli altri imputati, concedendo le attenuanti generiche che il ricorrente, inspiegabilmente, invece assume essere negate.
3.2.In ogni caso, quanto all'an della responsabilità, alle pp. 26 della sentenza impugnata e alle pp. 13-15 di quella di primo grado si è - logicamente - valorizzata l'accertata presenza all'interno del cantiere di dipendenti della s.a.s. S.M.I., pur non autorizzati all'ingresso, senza che la società figuri in alcun documento ufficiale dell'ILVA e, soprattutto, la circostanza che la S.M.I. si era contrattualmente impegnata ad assumere a proprio carico la direzione dei lavori, con organizzazione del cantiere, nomina del responsabile del servizio di sicurezza e del capocantiere, cura dell'attuazione, sotto la propria esclusiva responsabilità, di tutti i provvedimenti per evitare infortuni e presenza costante del responsabile di cantiere e della sicurezza, sollevando la s.r.l. C.M.T. da ogni responsabilità. A ciò si aggiungano le ulteriori, assai rilevanti, puntualizzazioni: 
<D'altra parte, non può ritenersi che la SMI potesse rimanere estranea ai lavori di messa in sicurezza dell'impianto sul quale il suo personale specializzato avrebbe dovuto, di lì a poco, procedere alla sostituzione delle valvole [...], posto che si tratta di una lavorazione unica sebbene suddivisibile in più fasi> (cos alla p. 26 della sentenza impugnata);
il piano di gestione delle emergenze redatto dalla S.M.I. e consegnato alle autorità solo dopo l'incidente era del tutto inadeguato poiché riguardava non già un gasdotto ma un albergo (così alla p. 3 della sentenza del Tribunale).
Le trancianti considerazioni da ultimo riferite concorrono alla conferma della valutazione circa la congruità e la correttezza della motivazione della sentenza impugnata: discende l'infondatezza del ricorso.
4. Ricorso nell'interesse di F.V., responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi per la sicurezza della ditta s.r.l. C.M.T.
4.1. L'impugnazione di F.V. è strutturata in maniera meramente assertiva, limitandosi a contrapporre alla valutazione conforme dei Giudici di merito una propria, soggettiva, lettura alternativa dei fatti.
4.2.Inoltre, il ricorso ripropone gli argomenti già svolti nell'impugnazione di merito, che hanno trovato adeguata risposta alle pp. 25-26 della sentenza impugnata, ove si legge che il P.O.S. era assolutamente generico, che non conteneva schede di sicurezza, che non faceva alcuna menzione dei nominativi di addetti alla evacuazione dei lavoratori o comunque alle eventuali emergenze in cantiere e che non era stata fatta adeguata formazione da parte di F.V. ai lavoratori, tra i quali AN.MI.. Le medesime considerazioni si rinvengono, con maggiore ampiezza argomentativa, alle pp. 5-8 e 13-14 della sentenza di primo grado, ove si sottolinea - assai significativamente - che la postazione in cui gli operai si toglievano le maschere era del tutto inadeguata in quanto distante soli quattro metri dal punto di fuoriuscita del gas e, quindi, in una zona satura (p. 8) e che i verbali e i documenti concernenti i - pretesi - corsi erano generici non riguardavano i rischi da esposizione al gas (alla p. 6 della sentenza del Tribunale si dà atto che, addirittura, in un determinato passaggio testuale del documento si suggeriva "l'umorismo per migliorare l'ambiente di lavoro").
La sentenza impugnata resiste, quindi, alle censure difensive.
5. Ricorso nell'interesse di M.A., capo reparto e preposto della C.M.T.
Mentre il terzo ed il settimo motivo sono infondati, il primo, il secondo ed il quinto motivo risultano fondati, con assorbimento degli ulteriori (quarto e sesto). 
5.1. Partendo da quelli infondati, quanto al terzo motivo, con cui si lamenta l'applicazione in malam partem di norme successivamente entrate in vigore, è pur vero che la sentenza di primo grado fa qualche richiamo al d. lgs. n. 81 del 2008, peraltro non ripetuto nella sentenza di appello, ma si tratta, in realtà, di richiamo a generali principi già vigenti nell'ordinamento e rispetto ai quali vi è continuità normativa tra il d. lgs. 626 del 1994 e il d. lgs. n. 81 del 2008: nihi novi sub sole, dunque.
In relazione al settimo motivo, mediante il quale si contesta una lesione del diritto di difesa per incompatibilità delle posizioni, la Corte di legittimità ha già ritenuto - condivisibilmente - quanto segue: «L’incompatibilità che a norma dell'art. 106, comma 1, cod. proc. pen., vieta l’affidamento della difesa di più imputati a un unico difensore, è causa di nullità della decisione soltanto se il contrasto di interessi tra coimputati è effettivo, concreto ed attuale, nel senso, cioè, che sussiste un conflitto che rende Impossibile la proposizione di tesi difensive tra loro logicamente conciliabili, implica una posizione processuale che rende concretamente inefficiente e improduttiva la comune difesa ed è riscontrabile In relazione a specifici atti dei procedimento» (Sez. 5, n. 39449 del 17/05/2018, De Luca e altro, Rv. 273766; in conformità, Sez. 2, n. 10757 del 18/01/2017, H. ed altri, Rv. 269310).
Dovendosi dare applicazione al richiamato principio, si osserva che la impossibilità di proposizione di tesi difensive logicamente inconciliabili non è nemmeno prospettata nel ricorso.
5.2. Passando ad esaminare i motivi, per così dire, "sostanziali" (cioè nn. 1, 2 e 5), essi colgono nel segno.
Le sentenze di merito presentano infatti due gravi, non superabili, aporie.
5.2.l. In primo luogo, la posizione di M.A. è trattata sempre insieme a quelle, non coincidenti, dei coimputati D. e A.L., aventi differenti ruoli e compiti, essendo dipendenti dell'ILVA, uno delegato dal datore di lavoro e l'altro tecnico dell'area energia e manutenzione meccanica, entrambi condannati nello stesso processo con sentenza divenuta irrevocabile (il 25 maggio 2018), non essendo stata proposta impugnazione. Da ciò deriva un primo serio vulnus alla logicità della giustificazione della condanna nei confronti del ricorrente.
5.2.2. Determinante è la seconda considerazione.
Mentre la sentenza impugnata, in maniera piuttosto vaga (alle pp. 23-24), in sostanza chiosando l'editto di accusa, individua gli addebiti nei confronti di M.A. nella violazione degli obblighi di controllo sulla correttezza dei lavori e sulla adeguatezza delle misure di sicurezza apprestate dalla stessa ditta appaltatrice, invece alla p. 13 di quella di primo grado si legge che ad avere determinato l'affermazione di responsabilità - anche - nei confronti del capo reparto dell'ILVA è la constatazione di tre elementi di fatto, cioè: 1) la mancata perfetta bonifica preventiva con azoto; 2) la mancata chiusura dell'altoforno; 3) la mancata predisposizione di rapide via di fuga.
La conclusione cui giungono i Giudici di merito è illogica e non rispettosa della disciplina posta dall'art.413 cod. pen. e merita, dunque, censura.
Le tre condotte (con)causative dell'evento letale addebitate alla responsabilità di M.A. consistono, a ben vedere, in conseguenze di generali scelte economiche e tecniche riconducibili ai vertici di un'azienda di grandi dimensioni, scelte che è impensabile possano essere addebitate ad un semplice capo reparto, che sulle stesse non avrebbe mai potuto influire.
Si rammenta al riguardo che, secondo consolidato orientamento di legittimità, da cui non vi è ragione per discostarsi, in tema di prevenzione di incidenti in cui possono essere coinvolti i lavoratori, il capo-reparto ed il capo-cantiere, le cui posizioni sono assimilabili, sono destinatari dell'obbligo di vigilare sulla corretta applicazione delle norme antinfortunistiche e delle regole di comune prudenza (Sez. 4, n. 16888 del 07/02/2012, Pugliese e altro, Rv. 252373), sicché «Il capo reparto è personalmente tenuto a far adottare ai dipendenti del suo reparto i necessari mezzi di protezione personale adeguati ai tipo di lavoro che devono compiere, svolgendo, a tal fine, specifica attività di vigilanza e di controllo> (così Sez. 3, n. 8528 del 30/07/1981, Pierro, Rv. 150316; nello stesso senso, Sez. 4, n. 1345 del 01/07/1992, dep. 1993, Boano ed altro, Rv. 190334).
Ebbene, l'istruttoria ha fatto emergere (v. p. 7 della sentenza del Tribunale) che la scelta sicura in assoluto sarebbe stata quella di operare ad altoforni spenti ma che le difficoltà tecnico-economiche ad agire in tal modo hanno determinato, nel necessario bilanciamento tra costi e benefici, la opzione aziendale di agire ad altoforno in funzione: scelta certamente legittima ma che avrebbe comportato la necessità di agire con elevatissima prudenza, attesa la inevitabile fuoriuscita dalle giunzioni che venivano aperte di significative quantità di gas ad alto potenziale tossico.
Il coinvolgimento del ricorrente nella responsabilità penale deriva, a ben vedere, da un'errata impostazione originaria della Procura della Repubblica (capo di imputazione sub lett. D), avallata dai decidenti di merito: quella cioè di addebitare al capo reparto condotte derivanti da scelte esulanti dalle competenze dello stesso, mediante ricorso all'Istituto della cooperazione nel delitto colposo.
E' appena il caso di rammentare la nozione di cooperazione del delitto colposo rilevante ex art. 113 cod. pen.: «La cooperazione nei delitto colposo si verifica quando più persone pongono in essere una autonoma condotta, nella reciproca consapevolezza di contribuire con l'azione od omissione altrui alla produzione dell'evento non voluto> (v., tra le numerose, Sez. 4, n. 16978 del 12/02/2013, Porcu e altro, Rv. 255274; in termini, Sez. 4, n. 40205 del 09/07/2004, Bettin, Rv. 229575; in conformità, cfr. Sez. 4, n. 50138 del 21/01/2016, Lo Giudice ed altri, non mass., in motivazione sub n. 2.1. del "considerato in diritto"). Con la precisazione che «Ai fini del riconoscimento della cooperazione nei reato colposo non è necessaria la consapevolezza della natura colposa dell'altrui condotta, né la conoscenza dell'identità delle persone che cooperano, ma è sufficiente la coscienza dell'altrui partecipazione nello stesso reato, intesa come consapevolezza del coinvolgimento di altri soggetti in una determinata attività, fermo restando che la condotta cooperativa dell'agente deve, in ogni caso, fornire un contributo causale giuridicamente apprezzabile alla realizzazione dell'evento, non voluto da parte dei soggetti tenuti al rispetto delle norme cautelari» (così Sez. F, n. 41158 del 25/08/2015, P.G. in proc. E. e altri, Rv. 264885; in termini, Sez. 4, n. 6215 del 10/12/2009, dep. 2010, Pappaci e altri, Rv. 246420).
Facendo applicazione di tale principio al caso di specie, deve ritenersi che, limitatamente alla posizione in esame, non correttamente sono stati ritenuti sussistenti nel caso concreto da parte dei Giudici di merito i caratteri propri della cooperazione colposa.
Alla stregua dell'istruttoria, di cui danno atto le sentenze di merito, infatti, non emerge una finalità condivisa dell'agire dei coimputati, con i vari livelli di responsabilità rivestiti, che possa dirsi in qualche modo comune al ricorrente, né un intreccio cooperativo tra gli imputati che possa coinvolgere M.A. e nemmeno una convergenza dei rispettivi contributi all'incedere di una comune procedura in corso. Non vi è, in definitiva, un comune coinvolgimento nella gestione del rischio, registrandosi, al contrario, un evento finale luttuoso che è frutto, secondo quanto accertato dai Giudici, della coincidenza di più azioni od omissioni riconducibili ad altri coimputati, scisse però da qualsiasi vincolo soggettivo rispetto alla posizione di M.A..
In altre parole, l'applicazione dell'art. 113 cod. pen. (che ha funzione estensiva dell'incriminazione coinvolgendo anche condotte, di per, sé atipiche, incomplete o di modesta significatività: v., con speciale chiarezza, Sez. 4, n. 1786 del 02/12/2008, dep. 2009, Tomaccio e altri, Rv. 242566, in motivazione sub n. 3.2.2, pp. 17-18) presuppone - necessariamente - che l'agente sia consapevole dell'agire altrui, circostanza che non è emersa in alcun modo rispetto alla concreta situazione del ricorrente.
Allo stesso risultato liberatorio per l'imputato si giungerebbe, in ogni caso, prendendo le mosse dalla sussistenza di una posizione di garanzia in capo al ricorrente, ponendosi la domanda circa la esigibilità meno in concreto da parte del capo reparto delle condotte che si sono ritenute, in parte qua, causative della morte (e cioè: 1. la mancata perfetta bonifica preventiva con azoto; 2. la mancata chiusura dell'altoforno; 3. la mancata predisposizione di rapide via di fuga).
La risposta che si impone, infatti, è che si tratta di conseguenze di scelte in nessun modo riconducibili all'agire cosciente e consapevole dell'imputato, il quale su di esse non avrebbe potuto influire. Infatti, «In tema di reati colposi, l'agente non può rispondere dei verificarsi dell'evento se, pur titolare di una posizione di garanzia, non disponga dei necessari poteri impeditivi degli eventi dannosi» (Sez. 4, n. 17491 del 29/03/2019, Azienda U.S.L.S. 5 Polesana, Rv. 275875, sia pure in fattispecie non coincidente: v. spec. punto n. 4.3. del "considerato in diritto").
5.3. Discende la decisione in dispositivo.
6. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio nei confronti di M.A., per non avere commesso il fatto.
Devono essere, invece, rigettati i ricorsi di A.A., di P.M. e di F.V..
Gli imputati soccombenti vanno condannati, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), al pagamento al pagamento delle spese processuali oltre che alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Fiom Cgil Taranto nel giudizio di legittimità, spese che, viste le nota depositata ed alla stregua delle tariffe applicabili, vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di M.A. per non aver commesso il fatto.
Rigetta i ricorsi di A.A. , P.M. e F.V. che condanna al pagamento al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Fiom Cgil in questo giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.
Cosi deciso il 15/02/2019.

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Giornata nazionale sicurezza nelle scuole: 22 Novembre

ID 9126 | | Visite: 7425 | News Sicurezza

Giornata sicurezza scuole 22 Novembre

Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole: 22 Novembre

La legge 13 luglio 2015, n. 107 ha previsto l’istituzione della Giornata nazionale per la sicurezza.

Con decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca del 27 novembre 2015 n. 914, tale giornata è stata fissata al 22 novembre di ogni anno in ricorso di tutte le vittime degli incidenti avvenuti nelle scuole italiane.

DM n. 914 del n. 914 del 27 Novembre 2015

Art. 1. Oggetto
A decorrere dall'anno 2016, ai sensi dell'articolo 1, comma 159, della legge 13 luglio 2015, n. 107, è istituita nella data del 22 novembre di ogni anno la Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole.
...

I dati sicurezza edilizia scolastica

Secondo i dati presenti nell’Anagrafe dell’Edilizia Scolastica realizzata dal Miur 2018, circa il 58% delle scuole non è a norma sotto il profilo della normativa antincendio e circa il 53% sotto il profilo dell’agibilità. Dal Nord al Sud della penisola, pur con le consuete differenze territoriali, il problema è insomma diffuso. Una situazione particolarmente grave, poi, si riscontra a Roma: in base agli ultimi dati disponibili, più dell’80% delle scuole ubicate a Roma e provincia non dispone del certificato anti -sisma. Il certificato di agibilità/abitabilità manca nell’ 83,1% delle strutture, mentre il 77,4% delle scuole non dispone del certificato di collaudo statico. Il 60% degli edifici scolastici ha tra i 40 e i 50 anni e richiede interventi urgenti di manutenzione.

http://www.istruzione.it/edilizia_scolastica/giornata_sicurezza.shtml

Nel flusso di dati sono contenute le informazioni riguardanti la sicurezza degli edifici delle scuole Statali di ogni ordine e grado (I dati sono caricati dagli Enti locali proprietari o gestori degli edifici adibiti ad uso scolastico ai sensi della legge 11 gennaio 1996, n. 23):

Certificazioni e documenti relativi alla sicurezza

Scuola sicura Codacons

Il Codacons ha deciso di intervenire a tutela di studenti e personale: l’Associazione mette quindi a disposizione di tutti gli interessati un modulo per richiedere di “ intervenire urgentemente per la riqualificazione dell’edificio scolastico in oggetto, ed in particolare attraverso la verifica su agibilità, collaudo statico, impianti elettrici, idraulici, verifica di vulnerabilità sismica, certificazione igienico-sanitaria, certificazione di conformità antincendio, ascensori, ecc., con i relativi rinnovi”, coinvolgendo anche l’amministrazione comunale che – ai sensi dell’art. 3 c.1 della Legge n. 23/1996 – è tenuta a essere garante della manutenzione ordinaria, straordinaria e impiantistica degli edifici adibiti a scuola.

http://217.220.34.18/form/sicurezza_scuole_form.php

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Nuova RTV centrali termiche a combustibile gassoso

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Nuova RTV centrali termiche a combustibile gassoso

Nuova RTV centrali termiche a combustibile gassoso - Bozza

ID 9115 | 17.09.2019

Regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la realizzazione e l'esercizio degli impianti per la produzione di calore alimentati da combustibili gassosi.

Update 21.11.2019

Pubblicato nella GU n. 273 del 21 Novembre 2019 il Decreto 8 Novembre 2019 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la realizzazione e l'esercizio degli impianti per la produzione di calore alimentati da combustibili gassosi. (GU Serie Generale n.273 del 21-11-2019) Entrata in vigore: 21.12.2019

La RTV è stata notificata alla Commissione europea il 04/06/2019 con n. 2019/0263/I - I20, termine dello status quo 05/09/2019, disponibile in allegato il testo notificato. Vari contributi di organizzazioni al vaglio della Commissione dopo il termine dello status quo (05/09/2019).

Il provvedimento notificato aggiorna le precedenti disposizioni di sicurezza antincendi per gli impianti per la produzione di calore alimentati a combustibile gassoso con portata termica superiore a 35 kW di cui al decreto del Ministro dell'Interno 12 aprile 1996 modificato con decreto del 16 novembre 1999 e decreto 23 luglio 2001.

Nel dettaglio lo schema di decreto si compone di sei articoli e due allegati, e precisamente:

- art. 1: Definisce il campo di applicazione;
- art. 2: Definisce gli obiettivi;
- art. 3: Approva le disposizioni tecniche;
- art. 4: Stabilisce l'impiego dei prodotti per uso antincendio;
- art. 5: Stabilisce le disposizioni per gli impianti esistenti;
- art. 6: Riporta le disposizioni finali;
- Allegato 1: Regola tecnica di prevenzione incendi;
- Allegato 2: Elenco specifiche tecniche.

Motivazioni in breve
Con il decreto del Ministro dell’interno 12 aprile 1996 è stata approvata la regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio degli impianti termici alimentati da combustibili gassosi.

Nel corso degli ultimi anni si è registrata una significativa evoluzione tecnologica nel settore impiantistico con la pubblicazione delle relative specifiche tecniche, di prodotto e di installazione, adottate dagli enti di normazione sia a livello comunitario che nazionale.

Si è rilevata quindi la necessità di aggiornare e semplificare le disposizioni di sicurezza antincendi, in particolare per gli aspetti impiantistici ed alle caratteristiche dei relativi ambienti, relative agli impianti con portata termica superiore a 35 kW, di cui al richiamato decreto 12 aprile 1996, anche al fine di superare alcune criticità che attualmente richiedono il ricorso a specifici procedimenti di deroga.

RTV centrali termiche a combustibile gassoso - Bozza
...
Art. 1 Campo di applicazione

1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano alla progettazione, realizzazione e esercizio degli impianti per la produzione di calore civili extradomestici di portata termica complessiva maggiore di 35 kW alimentati da combustibili gassosi della 1a, 2a e 3a famiglia con pressione non maggiore di 0,5 bar, asserviti a:
a) climatizzazione di edifici e ambienti;
b) produzione di acqua calda, acqua surriscaldata e/o vapore;
c) cottura del pane e di altri prodotti simili (forni) ed altri laboratori artigiani;
d) lavaggio biancheria e sterilizzazione;
e) cottura di alimenti (cucine) e lavaggio stoviglie, anche nell’ambito dell’ospitalità professionale, di comunità e ambiti similari.

2. Il presente decreto non si applica a:
a) gli impianti realizzati specificatamente per essere inseriti in cicli di lavorazione industriale;
b) gli impianti di incenerimento;
c) gli impianti costituiti da stufe catalitiche;
d) gli impianti costituiti da apparecchi di tipo A ad eccezione di quelli per il riscaldamento realizzati con diffusori radianti ad incandescenza.

3. Più apparecchi alimentati a gas, di seguito denominati apparecchi, installati nello stesso locale, ovvero in locali direttamente comunicanti, sono considerati come facenti parte di un unico impianto di portata termica pari alla somma delle portate termiche dei singoli apparecchi ivi installati; qualora detta somma sia maggiore di 35 kW, indipendentemente dal valore della singola portata termica di ciascun apparecchio, il locale che li contiene ricade, ai fini delle misure di prevenzione incendi, nel campo di applicazione del presente decreto. All'interno di una unità immobiliare ad uso abitativo, ai fini del calcolo della portata termica complessiva, non concorrono gli apparecchi domestici di portata termica singola non superiore a 35 kW quali gli apparecchi di cottura alimenti, le stufe, i caminetti, i radiatori individuali, gli scaldacqua unifamiliari, gli scaldabagno ed i lavabiancheria. Gli impianti del gas a cui tali apparecchi sono collegati devono essere comunque realizzati nel rispetto delle norme tecniche vigenti ad essi applicabili o di specifiche tecniche ad esse equivalenti.

4. Più apparecchi installati all’aperto non costituiscono un unico impianto.

5. Le disposizioni del presente decreto si applicano agli impianti di nuova realizzazione. Per gli impianti esistenti si applicano le specifiche disposizioni indicate nell’articolo 5 e nell’allegato 1 di cui all’articolo 3.

Fonte: EC

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Circolare n. 661 del 20 gennaio 2012

ID 9107 | | Visite: 3565 | Prevenzione Incendi

Circolare n. 661 del 20 gennaio 2012

Apparecchi estintori carreallati d’incendio omologati ai sensi del D.M. 06/03/1992

___________

MINISTERO DELL'INTERNO

DIPARTIMENTO DEI VIGILI DEL FUOCO, DEL SOCCORSO PUBBLICO E DELLA DIFESA CIVILE DIREZIONE CENTRALE PER LA PREVENZIONE E LA SICUREZZA TECNICA
AREA VI - PROTEZIONE ATTIVA

Lettera Circolare

allegati

Roma,lì

ALLE DIREZIONI REGIONALI ED INTERREGIONALI VV.F. LORO
SEDI
Alla Direzione Centrale per la Formazione
SEDE
Alla Direzione Centrale per l'Emergenza
SEDE

Alla Direzione Centrale per le Risorse Logistiche e Strumentali
SEDI

ALL'UFFICIO STUDI, AFFARI LEGISLATIVI E INFORTUNISTICA
SEDE

AI COMANDI PROVINCIALI VV.F. LORO SEDI

OGGETTO: Apparecchi estintori carrellati d'incendio omologati ai sensi del D.M. 06/03/1992.

Per conoscenza e norma dei Comandi in indirizzo si riporta in allegato l'elenco degli apparecchi estintori carrellati d'incendio omologati da questo Ministero nell'anno 2011, ai sensi del D.M. 06/03/1992.
Si allegano altresì, l'elenco dei rinnovi delle omologazioni degli estintori carrellati rilasciati al 31/12/2011.

IL CAPO DEL CORPO NAZIONALE DEI VIGILI DEL FUOCO

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EU-OSHA: Valutazione dei rischi e lesioni da punture da aghi

ID 9103 | | Visite: 3689 | Documenti Sicurezza UE

Valutazione dei rischi e lesioni da punture da aghi

EU-OSHA: Valutazione dei rischi e lesioni da punture da aghi

E-fact n. 40: Valutazione dei rischi e lesioni da punture da aghi

La salute dei lavoratori, in particolare di quelli occupati nei settori della sanità e dell’assistenza, è a rischio a causa dell’esposizione sul luogo di lavoro a germi patogeni presenti nel sangue, spesso attraverso lesioni subite dal lavoratore stesso. Tali lesioni non vanno trascurate perché, per il loro tramite, il lavoratore potrebbe contrarre infezioni trasmissibili per via ematica (virus, batteri, funghi e altri microrganismi1,2). Il virus da immunodeficienza (HIV) e il virus dell’epatite B (HBV) e C (HCV) sono i più comuni, ma si conoscono oltre venti malattie trasmissibili per via ematica.

I lavoratori sono esposti al rischio di infezione tramite il contatto con sangue infetto o altri fluidi corporei attraverso ferite o le membrane delle mucose.

Il contatto può verificarsi mediante:

- inoculazione di sangue attraverso aghi di siringa o oggetti taglienti/appuntiti,
- contaminazione con sangue attraverso ferite della pelle,
- ingestione del sangue di una persona (ad es. dopo la rianimazione bocca a bocca),
- contaminazione mediante indumenti sporchi di sangue in corrispondenza di una ferita aperta,
- morsi (dove la pelle è lacerata)

Poiché il tipo di contatto più diffuso è quello attraverso una puntura di siringa, questi infortuni sono spesso indicati come “puntura di siringa” o “puntura di ago”.

L’infezione può avvenire, inoltre, mediante schizzi di sangue sulla membrana delle mucose (ad es. occhi o bocca). Tali incidenti possono verificarsi durante operazioni di pulizia (ad es. la pulizia ad alta pressione di un’area contaminata).

Sono a rischio non soltanto gli operatori sanitari. Mentre gli infermieri che lavorano in situazioni mediche di emergenza sono considerati come i lavoratori più esposti, anche molte altre categorie sono a rischio. Basti pensare agli addetti alla pulizia di spazi pubblici (treni, parchi pubblici), che possono entrare in contatto con materiale contaminato da fluidi corporei, come le siringhe usate da tossicodipendenti.

Sono inoltre considerati potenzialmente a rischio i seguenti ambiti lavorativi:

- carceri e servizi di controllo di individui in libertà vigilata,
- polizia e servizi di sicurezza,
- servizi doganali,
- assistenti sociali,
- servizi di pompe funebri,
- settore del body piercing/body art,
- smaltimento dei rifiuti,
- settore edile e delle demolizioni

È difficile stimare il livello del rischio di infezione cui sono esposti i lavoratori perché non tutti i casi di lesioni da punture vengono registrati e perché potrebbero mancare misure di controllo sanitario. Secondo stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, circa 3 milioni (su 35 milioni) di lavoratori del settore sanitario sono esposti ogni anno al rischio di contrarre infezioni da agenti patogeni presenti nel sangue

Il rischio dopo l’esposizione a sangue infetto è stato così stimato:

- epatite B: rischio ~30%,
- epatite C: rischio ~10%,
- HIV: rischio ~0,3%

...

Fonte: EU-OSHA

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Linee guida sorveglianza sanitaria dei lavoratori

ID 9100 | | Visite: 5265 | Documenti Sicurezza Enti

Linee guida sorveglianza sanitaria dei lavoratori

Linee guida sorveglianza sanitaria dei lavoratori

Documenti di peer review elaborata dal Servizio Prevenzione e Protezione, dal Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro e dai Medici Competenti

Premessa
Sorveglianza sanitaria dei lavoratori effettuata dal medico competente: ambito di applicazione Sorveglianza sanitaria per il lavoro notturno
Sorveglianza sanitaria per il rischio biologico
Movimentazione manuale dei pazienti: valutazione del rischio e misure di tutela
Alcol e problemi alcol correlati
Appendice
Schema di procedura per la richiesta di visita pe:· l'accertamento dell'idoneità lavorativa e per la gestione delle non idoneità/idoneità con prescrizioni

USL ROMA 2009

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USL ROMA 2009
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Toolkit Prevention of Sharps Injuries Healthcare Sector

ID 9097 | | Visite: 3826 | Documenti Sicurezza Enti

EBN Toolkit 2011 IT

Toolkit for implementation of EU Direcitve Prevention of Sharps Injuries in the Hospital and Healthcare Sector

Strumenti per l’attuazione della Direttiva Europea in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario (Direttiva 2010/32/UE) negli Stati membri.

La Direttiva 2010/32/UE è stata recepita in IT con il Decreto Legislativo 19 febbraio 2014 n. 19, il Documento-Toolkit dell’European Biosafety Network - EBN, fornisce un insieme di strumenti pratici per l'effettiva attuazione della Direttiva 2010/32/UE in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario.

A questo scopo ci si riferisce ad una vasta gamma di esperienze pratiche e di buone pratiche, accompagnate da pareri esistenti in materia e studi indipendenti che sono stati realizzati nel corso degli anni. Un ulteriore supporto è disponibile consultando la Guida Applicativa già pubblicata dall’European Biosafety Network. Nel corso del suo lavoro quotidiano, il personale sanitario viene esposto al rischio di gravi infezioni causate da oltre 30 agenti patogeni potenzialmente pericolosi, tra cui epatite B (HBV), epatite C (HCV) e HIV, attraverso ferite con aghi contaminati e altri oggetti taglienti.

La maggior parte di queste ferite sono prevenibili con un training efficace, procedure di lavoro più sicure e dispositivi medici dotati di meccanismi di sicurezza che proteggono o ritraggono l'ago / l’oggetto tagliente dopo l'uso. Oltre al personale medico, sono esposti a ferite causate da dispositivi medici taglienti usati e contaminati i lavoratori a valle, quali il personale di pulizia e di lavanderia, i netturbini ed il personale non sanitario.

La pubblicazione, nel giugno 2010, della Direttiva del Consiglio dell'Unione Europea 2010/32/UE in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario, ha sottolineato l'importanza di una coerente attuazione di misure obbligatorie per evitare queste ferite potenzialmente letali. La normativa esistente è stata largamente ignorata o interpretata male e si è di conseguenza rivelata inefficace.

Fonte: EBN 2011

Estratto

MATRICE E ANALISI DI VALUTAZIONE DEI RISCHI
Rif. Prof Dr A Wittman, Università di Heidelberg, Germania. Maggio 2011

La Direttiva 2010/32/UE dispone che in tutte le attività in cui sono utilizzati dispositivi medici taglienti o acuminati vengano effettuate valutazioni formali dei rischi, e che ovunque ci sia un rischio di ferita o d’infezione questo deve essere eliminato per mezzo di corsi di formazione, il miglioramento delle pratiche di lavoro e l'introduzione di dispositivi medici dotati di meccanismi di sicurezza. La tabella che segue riassume i rischi di esposizione al sangue relativi all'uso dei diversi tipi di dispositivi medici.
Rischio per tipo di dispositivo

I criteri più adeguati per valutare i rischi per la sicurezza associati ai diversi tipi di dispositivi sembrerebbe essere una combinazione fra la probabilità della presenza di sangue
sufficiente a causare una grave infezione e la frequenza tipica di lesioni per quel tipo di dispositivo. Una matrice di analisi dei rischi funge da strumento pratico e semplice per determinare le opportune misure preventive.

EBN Toolkit 2011 Matrice

Azioni preventive necessarie:

 ROSSO Essenziale l’uso di dispositivi di sicurezza, obbligatorie la vaccinazione
contro l'epatite B e una corretta informazione e formazione per il
personale
 GIALLO Necessario l’uso di dispositivi di sicurezza, obbligatorie la vaccinazione
contro l'epatite B e una corretta informazione e formazione per il
personale
 VERDE Formazione per il personale obbligatoria per raggiungere il massimo
livello di sicurezza possibile. Eliminare l'uso di oggetti taglienti se sono
disponibili alternative.

* Qualora non esistano dispositivi di sicurezza si consiglia l'uso del doppio guanto, la vaccinazione contro l'epatite B ed una corretta informazione e formazione per il personale.

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EBN 2011
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Valutazione rischio sismico luoghi di lavoro

ID 7701 | | Visite: 30909 | Documenti Riservati Sicurezza

Valutazione rischio sismico lavoro

Valutazione rischio sismico luoghi di lavoro

In allegato Documenti di inquadramento rischio sismico lavoro, plesso scolastico tipo e insediamento produttivo Documenti d'interesse, Modello di DVR Sismico Plesso scolastico formato doc (replicabile ad insediamenti produttivi).

Excursus

A causa dei terremoti che hanno recentemente colpito l’Italia, si è rivelato indispensabile considerare tra i rischi potenzialmente presenti negli ambienti di lavoro anche quello sismico.

Il D.Lgs. 81/08 da sempre riporta come obbligo non delegabile del datore di lavoro, nell’Art. 17, la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento di valutazione dei rischi. Inoltre il rischio sismico (terremoti) è presente nelle "Procedure standardizzate" di cui al D.M. 30 Novembre 2012 Modulo 2 INDIVIDUAZIONE DEI PERICOLI PRESENTI IN AZIENDA:

1 2 3 4 5 6
Famiglia di pericoli Pericoli Pericoli presenti Pericoli non presenti Riferimenti legislativi Esempi di incidenti e di criticità
--- ---        
Altre emergenze Inondazioni, allagamenti, terremoti, ecc.     D.Lgs. 81/08 s.m.i.
(Titolo I, Capo III, sez. VI)
- Cedimenti strutturali

Oltre ad una valutazione documentale progettuale e autorizzativa degli edifici, è prioritario effettuare una verifica della zona sismica in cui è presente la struttura.

L'età dell'edificio potrebbe essere comunque una discriminante sulla tipologia costruttiva.

Di rilievo i Documenti:

1. Linee di indirizzo riduzione vulnerabilità sismica impiantistica antincendio (VVF 2011)
2. Linee guida riduzione vulnerablità elementi non strutturali arredi e impianti (PC 2009)
3. Linee guida e scheda rilievo vulnerabiità elementi non strutturali scuole (CSLP 2009)
4. Linee di indirizzo interventi su edifici industriali monopiano non antisismici (PC 2012)
5. Valutazione vulnerabilità costruzioni uso produttivo in zona sismica (CSLP 2012)
6. Direttiva PdCM 9 febbraio 2011 (PdCM 2011)
7. Classificazione sismica e normativa antisismica (Certifico Srl - 2018)

DVR sismico plesso scolastico

DVR Sismico - Plesso scolastico

1. Metodologia del rischio sismico

Il rischio sismico, come gli altri rischi naturali, si esprime in funzione di tre parametri:

- PERICOLOSITA (caratteristica del sito)
- VULNERABILITA (caratteristica dell'edificio)
- ESPOSIZIONE (caratteristico delle attività svolte)

Quindi la formula classica del rischio R= f (P, D), utilizzando in “f” il fattore moltiplicativo R = P x D viene sostituita da una formula che, tenendo conto dei parametri sopra indicati diviene piu realistica: il danno D diverrà funzione della vunerabilità dell'edificio e dell'esposizione

R=P x (V x E)

PERICOLOSITA’
La Pericolosità sismica di un territorio è rappresentata dalla frequenza e dalla forza dei terremoti che lo potrebbero interessare, ovvero dalla sua sismicita. Tecnicamente è definita come la probabilità che in una data area ed in un certo intervallo di tempo (periodo di ritorno) si verifichi un evento sismico con assegnate caratteristiche. Essa è variabile non modificabile e il suo valore sarà ricavato dalle carte della pericolosità sismica definite per il territorio al livello statale e regionale (Vedi Fig. 1)

Mappa sismica IT
Zoom

Fig. 1 - Mappa Sismica IT 2006

Si veda per dettaglio: INGV

VULNERABILITA’
La Vulnerabilità sismica, definita come la predisposizione di una costruzione ad essere danneggiata, ovvero di partecipazione al movimento sismico e quindi la sua capacità di resistervi o meno, in funzione dei materiali e della morfologia costruttiva e della conformazione geometrica, è da stabilirsi tramite indagini e valutazioni specifiche, da parte dell'Ente proprietario, obbligatorio per l'art. 2, comma 3, dell'OPCM 3274/2003 ("è fatto obbligo di procedere a verifica, da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, pubblici e privati, sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuate collasso").

ESPOSIZIONE
L'Esposizione è influenzata dal numero di persone presenti, dalle attività svolte e dalle perdite subite in caso di sisma: anche questo è un parametro difficile da modificare. Si può intende l'importanza dei beni esposti al rischio o la tipologia di utenza che può essere coinvolta nei crolli a seguito di un evento sismico in termini di perdite di vite umane. Nel caso delle scuole l'utenza è da considerarsi basilare (edifici con notevole affollamento di ragazzi in età scolare, nella maggioranza dei casi minorenni).

lnoltre l'utilizzo quotidiano degli ambienti scolastici e la normale attività, in essi svolta, potrebbe esporre i presenti a rischi aggiuntivi, durante le attività sismiche, in relazione alle vulnerabilità di elementi non strutturali come scaffali, attrezzature ginniche, macchine operatrici negli istituti tecnici, questo parametro è legato alle modalità di gestione degli ambienti da parte del Datore di Lavoro. Per questo motivo viene fatta anche una valutazione specifica in relazione all'utilizzo.

2. Valutazione del rischio sismico

Per la valutazione del rischio sismico, analogamente alla classica matrice del rischio si adotta anche in questo caso una scala che varia da 1 a 4, dove 4 è il valore massimo (situazione peggiore) e 1 il valore minore (situazione migliore) per ciascuna delle entità indicate:

Valutazione rischio sismico 01

Quindi il valore di D sarà trovato mettendo a matrice V x E:

Valutazione rischio sismico 02

Il risultato di D servirà insieme al valore rintracciato sulle mappe della pericolosità sismica nazionale a trovare il valore del rischio sismico; D verrà messo a matrice con il valore di P e se ne dedurrà il rischio che sarà valutato secondo lo schema classico già definito per la valutazione del rischio in generale:

Valutazione rischio sismico 03

Il rischio sismico verrà valutato in base alle classi di valore e per ciascuna dovranno essere definire delle adeguate misure migliorative per abbassare il rischio.

Nel caso specifico del rischio sismico, esso è il risultato di indicatori che possono non essere modificabili, come ad esempio la pericolosità, su cui si può intervenire solo cambiando zona sismica. Altro parametro su cui è difficile intervenire è l'esposizione: per questo gli interventi andranno indirizzati sull'aumento degli indici di vulnerabilità degli edifici in uso.

Oltre però ad interventi di tipo strutturali si prevederanno azioni mirate a migliorare la gestione dell'uso quotidiano degli ambienti, anche con assidua attività di controllo e azioni mirate al miglioramento dell'efficacia della gestione dell'emergenza sismica.

Valutazione rischio sismico 04
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segue Modello doc in allegato

DVR Sismico - Insediamento produttivo (memoria)

DVR Sismico Insediamento produttivo

(P. ARNAUD, F. BARPI, ecc)

In allegato è riportato, tra gli altri, un Documento che presenta una metodologia di valutazione del rischio sismico di insediamenti industriali che tiene in conto i fabbricati, le scaffalature e gli impianti ospitati al loro interno. La procedura proposta non entra nel merito delle calcolazioni da effettuare, ma individua un percorso logico e conseguenziale che permette di giungere ad una oggettiva valutazione del Rischio Sismico di ogni oggetto analizzato singolarmente e delle loro interazioni sismiche all’interno di un complesso industriale.

Trattasi di un’analisi integrata multicriteria di elevata complessità tecnica, in particolare nella valutazione degli impianti, ma soprattutto complessità normativa per la mancanza di una linea guida univoca che permetta ad un Datore di Lavoro di adempiere con semplicità senza necessariamente dipendere da numerose norme e dalle loro diverse interpretazioni. A titolo d’esempio non esiste ancora alcuna indicazione legislativa che chiarisca come redigere un DVR Sismico.

La metodologia proposta è stata applicata a numerosi casi di impianti industriali di notevole estensione e complessità, permettendo di giungere, in tempi relativamente brevi, alla definizione del Rischio Sismico, alla redazione del relativo DVR ed alla successiva programmazione delle diverse attività di adeguamento e miglioramento.

La memoria presenta le attuali novità e gli indirizzi in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro. Viene proposto, in maniera sintetica, un approccio metodologico per la valutazione del rischio sismico in applicazione del D.Lgs. 81/2008 “Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” art. 17, comma 1, lettera a) e art. 28 e s.m.i. ed in particolare sulla sicurezza dei luoghi di lavoro da prevedersi nell’ambito dell’aggiornamento continuo del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) di siti produttivi industriali.

La procedura tecnica di indagine, che trova coerenza nella normativa attualmente in vigore, consiste in una classificazione dei fabbricati dal punto di vista sismico tramite un censimento che, oltre a valutare la vulnerabilità sismica propria della struttura “esterna” (intesa come fabbricato edile, vedi la Figura 1), tiene in conto anche delle numerose strutture “interne”, quali quelle staticamente indipendenti (soppalchi) e/o accessorie ai fabbricati (pensiline, scale esterne), le scaffalature (pesanti e leggere) e gli impianti a servizio del fabbricato stesso o della produzione.

Stabilimento

Fig. 1 - Fabbricato tipo

Una delle principali problematiche che emerge quando si affronta la valutazione del rischio sismico per gli ambienti di lavoro, risiede nella complessità e nella scarsa chiarezza del quadro normativo.

Con l’emanazione della OPCM 3274/2003 sono state rese obbligatorie le verifiche della vulnerabilità sismica per gli edifici esistenti (strategici e rilevanti), con la precisazione che tali valutazioni fossero da effettuare su edifici progettati prima del 1984 o che appartenessero a porzioni di territorio soggette a riclassificazione sismica con incremento della pericolosità di base. Vanno altresì tenuti in opportuna considerazione i casi in cui eventuali cambiamenti della destinazione d’uso (anche senza lavori) abbiano portato ad un incremento della pericolosità sismica.

Tuttavia, l’aspetto più importante, è la mancata definizione di una strategia univoca relativa all’interpretazione e all’utilizzo degli esiti delle verifiche. Se da un lato, infatti, le verifiche sono obbligatorie, non altrettanto si può dire per gli interventi, che sono lasciati alla discrezionalità dei singoli soggetti (pubblici o privati).
Ovviamente ciò può non valere in casi specifici per i quali esistono indicazioni cogenti. Un esempio è il caso della Regione Emilia Romagna che, a seguito degli eventi sismici del 2012, ha imposto specifici obblighi per alcune tipologie di edifici ad uso produttivo. Tali obblighi riguardano i capannoni prefabbricati monopiano in calcestruzzo armato privi di collegamenti e/o danneggiati dal sisma, ubicati nei comuni individuati nell’Allegato 1 della L. 122/2012 e, più in generale, per tutti quei stabilimenti produttivi classificati sotto il D.Lgs. 105/2015 ( Direttiva Seveso III).

A seguito del terremoto emiliano è iniziata una sempre maggiore presa di coscienza, che ha portato a considerare tra i rischi potenzialmente presenti negli ambienti di lavoro, anche quello sismico. Inoltre, il D.Lgs. 81/2008, secondo quanto indicato nell’art. 63 e nell’allegato IV, richiede che gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro o qualunque altra opera e struttura presente nel luogo di lavoro, garantiscano una stabilità e solidità corrispondenti al loro tipo d’impiego ed alle caratteristiche ambientali. Da questa semplice evidenza per il Datore di Lavoro risulta quindi obbligatorio e necessario valutare anche il sisma tra le possibili fonti di rischio al momento della redazione e/o dell’aggiornamento del DVR.

La memoria presenta le attuali novità e gli indirizzi in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro. Viene proposto, in maniera sintetica, un approccio metodologico per la valutazione del rischio sismico in applicazione del D.Lgs. 81/2008“Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” art. 17, comma 1, lettera a) e art. 28 e s.m.i. ed in particolare sulla sicurezza dei luoghi di lavoro da prevedersi nell’ambito dell’aggiornamento continuo del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) di siti produttivi industriali.

La procedura tecnica di indagine, che trova coerenza nella normativa attualmente in vigore, consiste in una classificazione dei fabbricati dal punto di vista sismico tramite un censimento che, oltre a valutare la vulnerabilità sismica propria della struttura “esterna” (intesa come fabbricato edile, vedi la Figura 1), tiene in conto anche delle numerose strutture “interne”, quali quelle staticamente indipendenti (soppalchi) e/o accessorie ai fabbricati (pensiline, scale esterne), le scaffalature (pesanti e leggere) e gli impianti a servizio del fabbricato stesso o della produzione.

La metodologia utilizzata proposta si può sintetizzare nei seguenti passaggi:

a) Valutazioni preliminari
Nell'ambito di uno stabilimento industriale, ancor prima di iniziare il censimento dei fabbricati e degli impianti, occorre individuare le principali fonti di pericolo sismico che, generalmente, riguardano:
- fabbricati principali (eventualmente aggregati in blocchi edilizi in base alle potenziali interazioni);
- fabbricati secondari;
- strutture staticamente indipendenti (scale di sicurezza, tettoie, soppalchi, carriponti, gru indipendenti, strutture accessorie ecc.), vedi la Figura 2;
- scaffalature;
- impianti (acqua potabile e industriale, antincendio, gas vari, aria compressa, ecc.).

b) Censimento dei fabbricati e degli impianti
Effettuate le valutazioni preliminari, si provvede al dettagliato censimento di tutte le fonti di pericolo sismico precedentemente individuate. In questa fase, per ciascuna struttura o impianto, vengono raccolte, in opportune schede, tutte le informazioni disponibili (dati geometrici principali, tipologie strutturali, materiali, eventuali danneggiamenti e degradi, documentazione di progetto, esecuzione o collaudo disponibile, ecc..). Per le sole opere rilevanti e/o strategiche saranno compilate le Schede di Livello 0 (se non ancora disponibili). Tutte le schede, invece, dovranno contenere una prima valutazione speditiva delle più evidenti fonti di rischio rilevate durante i sopralluoghi. Tali valutazioni speditive preliminari risultano di fondamentale importanza in quanto permettono:

- l’eventuale immediata rimozione di modeste fonti di rischio (ad esempio, ancoraggi carenti nelle scaffalature);
- l’organizzazione delle successive analisi in base a criteri di priorità;
- una prima stima e programmazione delle indagini sperimentali atte a definire le caratteristiche meccaniche dei materiali.

c) Valutazioni speditiva della vulnerabilità sismica
Un insediamento industriale implica normalmente la presenza di un numero considerevole di fabbricati ed impianti ed è quindi necessaria una prima campagna di valutazione speditiva della vulnerabilità sismica.

I risultati di tale indagine permettono di ottenere un quadro d’insieme del livello di rischio all’interno dell’insediamento attraverso un indicatore qualitativo (rischio basso, medio, alto o altissimo) che determina le successive priorità di indagine e l’approfondimento che le stesse dovranno avere.

d) Valutazione approfondita della vulnerabilità sismica
Sulla base dei livelli di rischio evidenziati nella valutazione speditiva e dell’effettiva importanza di ciascuna struttura o impianto, in base a criteri di priorità determinati, si procede con le verifiche approfondite di vulnerabilità sismica (ad esempio con analisi numeriche FEM). Tali verifiche, generalmente da fare per un numero limitato di strutture, permettono di avere una valutazione precisa e puntuale del livello di sicurezza atteso in base alle norme tecniche vigenti (attualmente le NTC 2008).

Diventa quindi possibile evidenziare le specifiche carenze strutturali e/o impiantistiche e programmare gli eventuali interventi di miglioramento e di adeguamento.

e) Definizione del livello di rischio, redazione del Documento di Valutazione del Rischio Sismico (DVR) e programmazione degli interventi di mitigazione
A seguito delle valutazioni di vulnerabilità (siano esse speditive o approfondite) sono quindi disponibili le stime del rischio sismico (qualitative o approfondite) sulla base delle quali possono essere evidenziati, attraverso la redazione di uno specifico DVR con approccio matriciale, gli specifici rischi sismici presenti presso il sito industriale in esame, una loro classificazione (sulla base della Pericolosità sismica del luogo, della Vulnerabilità sismica delle strutture, degli impianti e delle scaffalature e della loro Esposizione nell’ambito dei processi produttivi dell’Azienda), nonché la programmazione di un Piano di Miglioramento previsto per legge.

Tale piano consentirà di eliminare o mitigare le fonti di rischio precedentemente analizzate secondo un preciso susseguirsi di interventi programmati con un loro ordine temporale e di priorità.
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segue in allegato
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Quadro normativo D.Lgs. n. 81/2008

D.Lgs. n. 81/2008
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Titolo II LUOGHI DI LAVORO

Capo I Disposizioni generali

Art. 63. Requisiti di salute e di sicurezza

1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV.

2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili.

3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posi di lavoro utilizzati da lavoratori disabili.

4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.

5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.

6. Comma abrogato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.

Art. 64 “Obblighi del datore di lavoro”: 

1. Il datore di lavoro provvede affinché:

a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'articolo 63, commi 1, 2 e 3;

b) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;

c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;

d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;

e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.

ALLEGATO IV REQUISITI DEI LUOGHI DI LAVORO 

1.1 Stabilità e solidità
1.1.1. Gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro o qualunque altra opera e struttura presente nel luogo di lavoro devono essere stabili e possedere una solidità che corrisponda al loro tipo d'impiego ed alle caratteristiche ambientali.
1.1.2. Gli stessi requisiti vanno garantiti nelle manutenzioni.
1.1.3. I luoghi di lavoro destinati a deposito devono avere, su una parete o in altro punto ben visibile, la chiara indicazione del carico massimo dei solai, espresso in chilogrammi per metro quadrato di superficie.
1.1.4. I carichi non devono superare tale massimo e devono essere distribuiti razionalmente ai fini della stabilità del solaio.
1.1.5. L'accesso per i normali lavori di manutenzione e riparazione ai posti elevati di edifici, parti di impianti, apparecchi, macchine, pali e simili deve essere reso sicuro ed agevole mediante l'impiego di mezzi appropriati, quali andatoie, passerelle, scale, staffe o ramponi montapali o altri idonei dispositivi.
1.1.6. Il datore di lavoro deve mantenere puliti i locali di lavoro, facendo  eseguire  la pulizia, per quanto è possibile, fuori dell'orario di lavoro e in modo da ridurre al minimo il sollevamento della polvere dell'ambiente, oppure mediante aspiratori.
1.1.7. Nelle adiacenze dei locali di lavoro e delle loro dipendenze, il datore di lavoro non può tenere depositi di immondizie o di rifiuti e di altri materiali solidi o liquidi capaci di svolgere emanazioni insalubri, a meno che non vengano adottati mezzi efficaci per evitare le molestie o i danni che tali depositi possono arrecare ai lavoratori ed al vicinato.


...
segue in allegato

Fonti: AUSL RE / P. ARNAUD, F. BARPI, ecc / Ing. M. Malatesta / INGV / altri

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NIA 2019 | Scoppi di bombole e serbatoi

ID 9058 | | Visite: 5557 | Prevenzione Incendi

Scoppi di bombole

Scoppi di bombole e serbatoi: analisi ed interpretazione dei segni

NIA, Agosto 2019

Gli incendi e le esplosioni provocati da bombole di gas GPL o in cui rimangono coinvolte sono frequenti nell'ambito delle attività di soccorso tecnico svolte dai Vigili del Fuoco. Negli  ultimi tempi questa pericolosa tipologia di intervento si e arricchita di ulteriore complessità, a causa di un fenomeno sempre più diffuso: quello del riempimento abusivo di bombole per uso domestico presso le stazioni di rifornimento carburanti per autotrazione.

L'investigazione antincendio, in questo come in altri casi, e resa complessa dalla natura distruttiva dell'evento, che vede gli investigatori operare su scenari caratterizzati da livelli di danneggiamento delle strutture e dei materiali tali da non consentire una ricostruzione puntuale dello stato dei luoghi, ma anche dalla carenza di utili riferimenti per la ricerca delle cause di incendio e di esplosione. 

La presente trattazione si pone come obbiettivo quello di fornire al personale operativo del Vigili del Fuoco un utile riferimento sulle cause di incidenti coinvolgenti bombole e serbatoi, attraverso una analisi dei segni lasciati sui contenitori, questo al fine di determinare le cause di scoppio od esplosione e svolgere le attività connesse agli interventi di soccorso.

La gran parte delle statistiche e della ricerca delle cause, si sofferma sui motivi esterni cioè sulle cause che provengono dall’ambiente di installazione, tralasciando il comportamento meccanico del recipiente o dell’impianto.

Va posta particolare attenzione sulle condizioni di una bombola per ricostruire fenomeni assai preoccupanti che si possono verificare come i cedimenti del contenitore per eccesso di riempimento. A scopo informativo, si rende noto che una analisi tecnica nell’ambito di una ricerca delle cause dello scoppio, viene effettuata attraverso una indagine macrofrattografica sulle superfici della frattura, evidenziando gli aspetti diagnostici della morfologia ed individuando il probabile punto di innesco della lesione.

Gli esami metallografici condotti, consentono di ricostruire i tipi e le caratteristiche degli acciai utilizzati nella realizzazione di bombole e serbatoi, in particolare della tecnica di saldatura e di valutare gli aspetti di corrosione in alcune parti critiche. Il confronto con i dati sui materiali e sulle tecniche realizzative definite dalle Norme, permette di trarre conclusioni sulla corretta realizzazione del reperto analizzato e far scaturire osservazioni sulle cause della sovrappressione interna che hanno portato all’apertura del mantello della bombola e di conseguenza al rilascio nell’ambiente del suo contenuto.
Ovviamente tali esami tecnici ed altamente specifici vengono messi in campo nel caso di incidenti rilevanti con risvolti talvolta tragici per le vittime e in molti dei casi su delega di indagine da parte del Pubblico Ministero della competente Procura della Repubblica.

Il presente lavoro si propone di riportare un panorama il più possibile esaustivo circa le conoscenze nel campo degli incidenti riguardanti recipienti portatili di GPL e delle bombole in generale, ed allo stesso tempo vuole evidenziare il grave fenomeno dei riempimenti abusivi di serbatoi per GPL, fenomeno estremamente diffuso che può portare a gravissime conseguenze per chi lo mette in atto e le persone circostanti.

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Fonte: VVF

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