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Indicazioni operative ottimizzazione radioprotezione procedure di radiologia

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Rapporto ISTISAN 21 1

Indicazioni operative per l’ottimizzazione della radioprotezione nelle procedure di radiologia interventistica alla luce della nuova normativa

Rapporto ISTISAN 21/1 

Le procedure di Radiologia Interventistica (RI) hanno subito un rapido sviluppo negli ultimi 25 anni con ampia diffusione sul territorio nazionale, rappresentando uno degli scenari più critici per la radioprotezione a causa degli elevati valori di esposizione.

Per tale motivo le procedure debbono essere rigorosamente regolamentate e disciplinate attraverso un continuo aggiornamento dei documenti sulla radioprotezione di paziente e operatore in RI, anche per tenere conto delle novità legislative. In particolare l’uscita dell’ICRP 135 e il recepimento della Direttiva 2013/59/Euratom attraverso il Dlgs 101/20 hanno reso fondamentale l’aggiornamento delle indicazioni pubblicate nel documento Rapporti ISTISAN 15/41.

L’Istituto Superiore di Sanità e l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, insieme al Gruppo di Studio per l’Assicurazione di Qualità in radiologia interventistica, hanno pertanto provveduto all’aggiornamento del suddetto documento, con un approccio multidisciplinare che ha visto la partecipazione attiva di tutte le componenti professionali e scientifiche direttamente coinvolte.

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Fonte: ISTISAN

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24° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche

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24° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche 

08 Marzo 2021

Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche

Pubblicato il Decreto Direttoriale n. 16 dell'08 Marzo

Con il Decreto direttoriale n. 16 dell'08 Marzo2 021, è stato adottato il ventitquattresimo elenco, di cui al punto 3.7 dell'Allegato III del d.i. 11 aprile 2011, dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro ai sensi dell'art. 71, comma 11, del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.

Il suddetto decreto è composto da sette articoli:

- Articolo 1 Rinnovo delle iscrizioni nell'elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 2 Variazione delle abilitazioni
- Articolo 3 Iscrizione nell'elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 4 Proroga delle iscrizioni nell'elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 5 Cancellazione dall'elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 6 Elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 7 Obblighi dei soggetti abilitati.

Fonte: MPLS

Tutti gli elenchi pubblicati

D.M. 11 aprile 2011 Verifica impianti e attrezzature

Consulta il database dei Soggetti abilitati 

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Verifiche periodiche Idroestrattori: Note e Chiarimenti

ID 10167 | | Visite: 15597 | Documenti Riservati Sicurezza

Verifiche perioche idroestrattori   Note e chiarimenti

Verifiche periodiche Idroestrattori: Note e Chiarimenti

ID 10167 | 16.02.2020

Documento (completo in allegato) sugli idroestrattori soggetti a verifica periodica di cui all’Art 71 c.11 del D.Lgs. 81/2008, esempi, note e riferimenti specifici, classificazione, riferimenti normativi.

Gli idroestrattori a forza centrifuga sono essenzialmente costituiti da un paniere che ruotando attorno ad un asse (albero) comandato da un motore provoca la separazione centrifuga dei materiali da trattare. 
La classificazione dei vari tipi di idroestrattori viene quindi effettuata in base alle varie caratteristiche degli organi suddetti.

Nel seguito si parlerà di “Idroestrattori”, come “macchine centrifughe/centrifughe” con “paniere” per le quali è prevista la verifica periodica attrezzature di cui all’Art 71 c.11 del D.Lgs. 81/2008. Sono escluse quindi dalle verifiche le centrifughe che non hanno paniere (altro vedi a seguire).

Le centrifughe sono soggette a marcatura CE in accordo con la Direttiva macchine 2006/14/CE con norma armonizzata in Presunzione di Conformità EN 12547:2014.

Il D.Lgs. 81/2008 Allegato V al punto 5.8, riporta i requisiti di sicurezza degli delle macchine per centrifugare e simili.

Le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche sono riportate nel D.M. 11 aprile 2011.

Come illustrato a seguire, non tutte le centrifughe sono soggette a verifica periodica, discriminanti sono

- dimensioni del paniere
- funzionamento continuo
- funzionamento discontinuo

Si vedano a seguire anche esempi di tipi di macchine non soggette a verifica.

Excursus

UNI EN 12547:2014

Centrifughe - Requisiti comuni di sicurezza

La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 12547 (edizione ottobre 2014). La norma si applica a centrifughe per la separazione o il cambiamento di concentrazione di miscele di liquidi e solidi. Essa fornisce i requisiti per ridurre al minimo i pericoli significativi collegati al funzionamento delle centrifughe.

PARTI PER DEFINIRE UN IDROESTRATTORE

TAMBURO
: Camera contenente il prodotto da trattare e disposta per poter ruotare intorno al suo asse di simmetria.

PANIERE: Tamburo utilizzato per scopi di filtrazione, fanno parte il mantello, eventuali anelli intermedi e fasce, inferiore e superiore, bordo superiore, fondo.

DEFINIZIONI EN 12547 - Estratto

3.1.1 centrifuga
: Dispositivo di separazione dotato di una camera che - quando in funzione - ruota attorno al suo asse di simmetria e in questo modo sottopone il materiale da trattare a una forza centrifuga

3.2 Elementi di una centrifuga

3.2.1 tamburo: Camera contenente il materiale da trattare e disposta in modo da ruotare intorno al suo asse di simmetria.

3.2.2 anello: Anello fissato alla periferia esterna di un tamburo per accrescere la sua resistenza meccanica.

3.2.3 paniere: Tamburo utilizzato per scopi di filtrazione.

3.2.4 catino: Tamburo utilizzato per la separazione di liquidi non miscelabili e/o la sedimentazione di solidi.

3.2.5 rotore: Parte assemblata della centrifuga che ruota, che comprende il tamburo e l'albero con i loro accessori.

3.2.6 carcassa; Incastellatura: Involucro nel quale ruota almeno il tamburo e che può trattenere i materiali da trattare e le fasi separate che escono dal tamburo verso percorsi particolari.

Nota La carcassa può essere composta da più componenti.

3.2.7 copertura della carcassa; coperchio: Parte fissata sulla carcassa per permettere l'accesso, per esempio per ispezione, utilizzo o manutenzione.

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CLASSIFICAZIONE E DESCRIZIONE DEGLI IDROESTRATTORI

A seconda che la fase di alimentazione (o caricamento) e di scarico siano o no simultanee, vengono classificate in:

- macchine di tipo continuo ovvero le principali tappe del procedimento sono effettuate in continuo 

- macchine di tipo discontinuo ovvero le principali tappe del procedimento son effettuate in sequenza; rientrano in questa definizione anche le centrifughe a funzionamento intermittente ovvero può essere programmata per concatenare in sequenza alimentazione, lavaggio e marcia e dove lo scarico dei solidi può avvenire in maniera automatica o manuale. 

EN 12547 - Estratto

A.2.2 centrifuga a funzionamento continuo: Centrifuga in cui le fasi principali del processo quali alimentazione, separazione e lavaggio sono effettuate in continuo.

A.2.3 centrifuga a funzionamento discontinuo: Centrifuga in cui le fasi principali del processo quali alimentazione, separazione e lavaggio sono effettuate in sequenza.

Considerando la posizione dell'asse di rotazione, gli idroestrattori si distinguono In: 

- idroestrattori ad asse orizzontale; 
- idroestrattori ad asse verticale. 

Gli idroestrattori ad asse verticale possono essere ancora suddivisi a seconda del tipo di sospensione dell'incastellatura: 

- idroestrattori a sospensione superiore (pendolari); 
- idroestrattori a sospensione inferiore.

Ciascuna delle sospensioni potrà essere:
- sospensione del tipo rigido;
- sospensione del tipo elastico (oscillante).

Altra suddivisione può essere fatta per macchine singole a seconda della posizione del motore:

- con motore coassiale;
- con motore laterale (a sbalzo).

I tipi di idroestrattori attualmente più diffusi nell'industria, sono ad asse verticale, a sospensione inferiore oscillante e con motore a sbalzo.

Esempio di questo tipo di idroestrattore, che è riportato in Figura 2 e 3. 
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Un esempio di idroestrattore ad asse orizzontare è riportato in Figura 4.
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Idroesttrattore 1

Figura 3 - Centrifuga verticale con scarico manuale, centrifuga a funzionamento discontinuo, macchina filtrante, macchina sedimentatrice

Legenda
1. Basamento, piedistallo
2. Telaio
3. Colonna di sospensione
4. Carcassa, incastellatura
5. Copertura, coperchio
7. Oblò
9. Albero
10. Puleggia condotta
11. Motore di trascinamento
12. Puleggia motrice
15. Paniere
16. Bordo del paniere

Idroesttrattore 2

Figura 4 - Centrifuga orizzontale a raschiante con scarico automatico, centrifuga a funzionamento discontinuo, macchina filtrante

Legenda
2. Telaio
4. Carcassa, incastellatura
5. Copertura, coperchio
9. Albero
10. Puleggia condotta
11. Motore di trascinamento
13. Freno
15. Paniere
26. Vomere 

Illustrazioni del paniere di un idroestrattore la cui dimensiona discrimina la verifica periodica Art 71 c.11 del D.Lgs. 81/2008 sono riportati in Figura 5.

Idroestrattore   Paniere
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Figura 5 - Esempi di Paniere
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VERIFICA PERIODICA IDROESTRATTORE

Per gli adempimenti di cui dell'art. 71 comma 11 del D.Lgs 9 aprile 2008, n. 81, è da considerare idroestrattore un apparecchio caratterizzato da un unico paniere ruotante resistente, avente qualsiasi forma, con o senza foratura, funzionante a forza centrifuga, nel quale le fasi lavorative avvengano in tempi distinti (fase di carico - centrifugazione - arresto - scarico), al fine di estrarre un liquido a mezzo della centrifugazione, ovvero per separare un solido (o miscele di solidi) da un liquido, oppure di liquidi da una miscela di liquidi oppure per variare le proporzioni in una miscela.

Come detto, gli droestrattori a forza centrifuga sono essenzialmente costituiti da un paniere che ruotando attorno ad un asse (albero) comandato da un motore provoca la separazione centrifuga dei materiali da trattare. 

La classificazione dei vari tipi di idroestrattori viene quindi effettuata in base alle dimensioni del paniere e velocità del paniere.

Si ha quindi:

Idroesttrattore 3

Per gli idroestrattori operanti con solventi infiammabili o tali da dar luogo a miscele esplosive od instabili l'unico parametro è il diametro esterno del paniere.

Macchine centrifughe considerate idroestrattori - soggetti a verifica

Sono considerati idroestrattori:

- gli idroestrattori per asciugare la biancheria;
- gli idroestrattori per asciugare le verdure;
- gli idroestrattori per masse zuccherine;
- gli idroestrattori per disidratare prodotti chimici;
- gli idroestrattori per disoleare minuterie metalliche.

Idroesttrattore 4

Fig. 6 - Macchina centrifuga ad asse orizzontale (considerata Idroestrattore Art. 71 c.11 D.Lgs. 81/2008)
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Idroesttrattore 6
Fig. 7 - Macchina centrifughe ad asse verticale (considerata Idroestrattore Art. 71 c.11 D.Lgs. 81/2008)
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Non sono invece da considerare idroestrattori:

- le macchine che fanno uso della forza centrifuga per costipare materiali, quali ad esempio le macchine a centrifugare per la produzione dei tubi di cemento o di ghisa o per la produzione di camicie di motori a scoppio;
- la lavacentrifuga è una macchina nel cui paniere la biancheria o il tessuto viene prima lavato e poi asciugato mediante centrifugazione è pertanto durante questa ultima fase del ciclo operativo che essa svolge la funzione di idroestrattore per cui la fase di centrifugazione è inserita in un ciclo operativo più complesso;
- le centrifughe di laboratorio.

Non sono invece da considerare idroestrattori (assenza di un organo rotante assimilabile ad un paniere)

Non vengono considerate altresì soggette agli obblighi di verifica le macchine che, pur effettuando una separazione per effetto di forza centrifuga, non sono caratterizzate da un organo rotante assimilabile ad un paniere, quali ad esempio:

- le scrematrici per burro;
- i separatori per olio di oliva;
- separatori per mosti di uve.


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Idroesttrattore 7

Figura 9 - Separatore ad asse verticale per olio di oliva (a dischi) (non considerata Idroestrattore Art. 71 c.11 D.Lgs. 81/2008)
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PERIODICITA’ VERIFICHE PERIOCHE IDROESTRATTORI

Gli Idroestrattori in base all'art. 71 comma 11 del D. Lgs. 81/2008 e Allegato VII sono sottoposti a verifica iniziale e periodica.

Idroesttrattore 8
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D.Lgs. 81/2008 Allegato V

5.8 Macchine per centrifugare e simili
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Idroestrattori operanti con solventi

Per tali idroestrattori è stata emanata nel 1980 da parte del Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale la circolare n. 55 del 23 giugno 1980 che rimane applicabile alle macchine messe in servizio in data antecedente al 21 settembre 1996 ovvero entrata in vigore del DPR 459/96 (abrogato, in vigore D.Lgs 17 /2010) relativo alla marcatura CE delle macchine.
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Idroesttrattore 9
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D.Lgs. 81/2008 Allegato V (per idroestrattori non marcati CE)
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D.Lgs. 81/2008 Art. 71. - Obblighi del datore di lavoro
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11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate in allegato VII a verifiche periodiche volte a valutarne l'effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. La prima di tali verifiche è effettuata dall'ISPESL che vi provvede nel termine di sessanta giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il datore di lavoro può avvalersi delle ASL e o di soggetti pubblici o privati abilitati con le modalità di cui al comma 13. Le successive verifiche sono effettuate dai soggetti di cui al precedente periodo, che vi provvedono nel termine di trenta giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il datore di lavoro può avvalersi di soggetti pubblici o privati abilitati, con le modalità di cui al comma 13.
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Idroesttrattore 10
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Idroesttrattore 11
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Idroesttrattore 12
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segue in allegato

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Metodologie per la riduzione del rumore negli ambienti di lavoro

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Metodologie per la riduzione del rumore negli ambienti di lavoro

Metodologie e interventi tecnici per la riduzione del rumore negli ambienti di lavoro

Approvato dalla Commissione consultiva il 28 novembre 2012

Il Manuale operativo “Metodologie e interventi tecnici per la riduzione del rumore negli ambienti di lavoro” fornisce lo stato dell’arte sugli aspetti tecnici della prevenzione dei rischi da esposizione a rumore, con particolare attenzione al tema della bonifica, ed a due temi ad essa direttamente correlati e spesso trascurati: la progettazione acustica ex novo degli insediamenti produttivi ed i collaudi acustici degli interventi di bonifica. Il Manuale si propone di mettere a disposizione della comunità nazionale informazioni, metodologie e interventi realizzati sul campo, normalmente reperibili solo in un ristretto ambito di addetti ai lavori e di esperti di acustica, utili per garantire il pieno controllo del rischio rumore in tutti i principali comparti produttivi. 

Il testo presentato a seguito è organizzato, per facilità di comprensione e di accesso alle informazioni, in due livelli.

Il Primo Livello contiene l’articolato essenziale del Manuale operativo ed è ispirato alla massima semplicità di lettura e chiarezza di contenuti; esso è rivolto alla generalità dei destinatari e non richiede particolari conoscenze di acustica.

Il Secondo Livello è articolato in 30 Schede destinate all’approfondimento tecnico e gestionale degli argomenti trattati nel primo livello; si citano ad esempio le Schede di acustica fisica generali utili per comprendere il fenomeno acustico in tutte le sue articolazioni (generazione, propagazione, assorbimento e isolamento), le Schede riguardanti i criteri di scelta e collaudo delle metodologie attualmente disponibili per la riduzione del rumore, la Scheda sulla scelta del consulente tecnico, la Scheda contenente le bonifiche effettuate sul territorio ed i risultati raggiunti in termini di efficacia acustica e di costo. Il Secondo Livello, per la sua natura di schede tecniche, è destinato ad arricchirsi nel tempo attraverso i successivi aggiornamenti che si renderanno necessari e verranno pertanto reso disponibile solo in formato elettronico.
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1. Manuale operativo (primo livello)

1 OBIETTIVI E DESTINATARI DEL MANUALE
2 DALLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO ALLE STRATEGIE PER LA SUA RIDUZIONE
2.1 VALUTAZIONE DEL RISCHIO RUMORE
2.2 STRATEGIE PER LA RIDUZIONE DEL RISCHIO
3 PRESTAZIONI ACUSTICHE E CRITERI DI PROGETTAZIONE E BONIFICA DEGLI STABILIMENTI INDUSTRIALI
3.1 RIDUZIONE DELL’IMPATTO ACUSTICO
3.2 RIDUZIONE DEL RISCHIO PER I LAVORATORI
3.2.1 Individuazione e caratterizzazione delle sorgenti di rumore
3.2.2 Spazi e caratteristiche geometriche dello stabilimento
3.2.3 Stima dei livelli di esposizione negli ambienti di lavoro
3.2.4 Definizione degli obiettivi acustici da raggiungere
3.2.5 Interventi sul lay-out
3.2.6 Trattamenti fonoassorbenti ambientali
4 PRESTAZIONI ACUSTICHE E CRITERI DI PROGETTAZIONE E BONIFICA PER SPECIFICI LUOGHI DI LAVORO
4.1 PARAMETRI DA CONTROLLARE E VALORI DI RIFERIMENTO
4.1.1 Uffici
4.1.2 Attività commerciali
4.1.3 Ambienti scolastici
4.1.4 Strutture sanitarie
4.2 SINTESI DEI REQUISITI E DEGLI STANDARD ACUSTICI
5 CRITERI ACUSTICI DI ACQUISTO DI MACCHINE, ATTREZZATURE E IMPIANTI
5.1 REQUISITI ACUSTICI PREVISTI DALLA LEGISLAZIONE
5.1.1 Provvedimenti legislativi di carattere generale
5.1.2 Provvedimenti legislativi di carattere specifico
5.2 SPECIFICHE DI ACQUISTO E DI ACCETTAZIONE
5.3 INDICAZIONI PER LA VIGILANZA E CONTROLLO DELLE ASL
6 BONIFICA ACUSTICA DI MACCHINE, ATTREZZATURE E IMPIANTI
6.1 CONTROLLO DEL RUMORE ALLA SORGENTE
6.1.1 Elementi metodologici per la bonifica
6.1.2 Bonifica delle sorgenti sonore primarie
6.1.3 Bonifica delle sorgenti sonore secondarie
6.1.4 Esame di un caso
6.2 INTERVENTI SULLA TRASMISSIONE E SULLA PROPAGAZIONE DEL RUMORE
6.2.1 Cabine acustiche (Coperture integrali)
6.2.2 Cappottature acustiche (Coperture parziali)
6.2.3 Schermi e barriere acustiche
6.2.4 Silenziatori
6.2.5 Interventi sulla propagazione per via solida
6.2.6 Interventi di controllo attivo del rumore e delle vibrazioni
6.2.7 Cabine per operatori
6.2.8 Trattamenti fonoassorbenti ambientali
6.3 MANUTENZIONE E CONTROLLO DELLA RUMOROSITÀ
7 COLLAUDO ACUSTICO IN OPERA DEGLI INTERVENTI DI CONTROLLO DEL RUMORE
8 BIBLIOGRAFIA
8.1 BIBLIOGRAFIA GENERALE
8.1 BIBLIOGRAFIA SPECIFICA
9 GLOSSARIO

2. Schede di approfondimento (secondo livello)

SECONDO LIVELLO
SCHEDA 1 PROPAGAZIONE DEL RUMORE IN AMBIENTI CHIUSI: ASPETTI FISICI
SCHEDA 2 PROPAGAZIONE DEL RUMORE IN AMBIENTI INDUSTRIALI: MODELLIZZAZIONE
SCHEDA 3 ISOLAMENTO ACUSTICO: ASPETTI FISICI
SCHEDA 4 ISOLAMENTO AL CALPESTIO E PAVIMENTI GALLEGGIANTI
SCHEDA 5 COMPRENSIONE DEL MESSAGGIO VERBALE E DEI SEGNALI DI PERICOLO
SCHEDA 6 CAPITOLATO DI ACQUISTO DI UNA MACCHINA
SCHEDA 7 CRITERI DI SCELTA DEL PERSONALE QUALIFICATO IN ACUSTICA
SCHEDA 8 URTI E IMPATTI: EMISSIONE SONORA E BONIFICA ACUSTICA*
SCHEDA 9 MICROURTI: EMISSIONE SONORA E CRITERI DI BONIFICA
SCHEDA 10 ATTRITO E INERZIA
SCHEDA 11 MOTO DI LIQUIDI: TURBOLENZA, CAVITAZIONE, COLPO D’ARIETE. EMISSIONE SONORA E CRITERI DI BONIFICA
SCHEDA 12 RISONANZA MECCANICA
SCHEDA 13 MATERIALI E TECNOLOGIE PER L’ISOLAMENTO E LO SMORZAMENTO DELLE VIBRAZIONI
SCHEDA 14 TRASMISSIONE DEL RUMORE PER VIA AEREA E PER VIA STRUTTURALE
SCHEDA 15 RADIAZIONE ACUSTICA DI SUPERFICI VIBRANTI
SCHEDA 16 CONTROLLO ATTIVO DEL RUMORE E DELLE VIBRAZIONI
SCHEDA 17 COPERTURE INTEGRALI E PARZIALI DI SORGENTI SONORE
SCHEDA 18 CABINE PER OPERATORI
SCHEDA 19 SCHERMATURE DI SORGENTI SONORE E DI AREE RUMOROSE
SCHEDA 20 TRATTAMENTI FONOASSORBENTI
SCHEDA 21 PROPAGAZIONE DEL RUMORE NELLE CONDOTTE D’ARIA
SCHEDA 22 SILENZIATORI DISSIPATIVI E REATTIVI
SCHEDA 23 SILENZIATORI PER GETTI D’ARIA
SCHEDA 24 MISURA E VALUTAZIONE DEL LIVELLO DI POTENZA SONORA (DI SORGENTI INDUSTRIALI IN AMBIENTE DI LAVORO)
SCHEDA 25 CRITERI GENERALI DI COLLAUDO DI UNA BONIFICA ACUSTICA
SCHEDA 25.1 COPERTURE TOTALI O PARZIALI
SCHEDA 25.2 SCHERMI E BARRIERE
SCHEDA 25.3 SILENZIATORI
SCHEDA 25.4 TRATTAMENTI FONOASSORBENTI AMBIENTALI
SCHEDA 25.5 CABINE PER OPERATORI
SCHEDA 25.6 REQUISITI ACUSTICI PASSIVI DEGLI EDIFICI
SCHEDA 25.7 IMPIANTI DI CLIMATIZZAZIONE E VENTILAZIONE
SCHEDA 26 MODULISTICA PER LA RACCOLTA DI INFORMAZIONI ACUSTICHE SUI NUOVI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI O SULLA LORO RISTRUTTURAZIONE
SCHEDA 27 RIDUZIONE DELL’IMPATTO ACUSTICO DI STABILIMENTI INDUSTRIALI
SCHEDA 28 MODULISTICA PER SEGNALAZIONE DI PRESUNTA NON CONFORMITÀ AI RES DA PARTE DELLE ASL
SCHEDA 29 NORMATIVA DI LEGGE E TECNICA ESSENZIALE
SCHEDA 30 ESEMPI DI INTERVENTI TECNICI DI RIDUZIONE DEL RUMORE REALIZZATI SUL CAMPO

Bozza DM gestione sicurezza antincendio luoghi lavoro

ID 10324 | | Visite: 7157 | News Prevenzioni Incendi

Bozza DM gestione sicurezza antincendio luoghi lavoro

DM gestione sicurezza antincendio luoghi lavoro: Trasmesso Commissione europea

ID 10324 | Update 25.09.2021 / Bozze trasmesse 25 Febbraio 2021 allegate

Update 25.09.2021

Pubblicato il Decreto 1 settembre 2021 / Nuovo Decreto controllo PI

Criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

(GU n.230 del 25.09.2021)

Entrata in vigore: 25.09.2022

Update 03.03.2021 | Bozza 2021 trasmessa Commissione europea

In allegato bozze di DM (nr.3) riguardanti i criteri per la prevenzione e protezione antincendio nei luoghi di lavoro trasmessi il 24 e 25 febbraio 2021 alla CE di modo che quest’ultima, entro il 25 e il 26 maggio 2021, possa esaminare i testi notificati e verificare la loro conformità al diritto europeo.

Vedi anche l'analisi dei 3 decreti anticipata il 14.10.2020

Struttura ed analisi dei 3 decreti previsti

L’art. 46, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, prevede l’adozione di uno o più DM nei quali sono definiti:

decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81

Art. 46. Prevenzione incendi

1. La prevenzione incendi è la funzione di preminente interesse pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente.

2. Nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto legislativo devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l'incolumità dei lavoratori.

3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 e dalle disposizioni concernenti la prevenzione incendi di cui al presente decreto, i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti atti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;

4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione1.

4. Fino all'adozione dei decreti di cui al comma 3, continuano ad applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998.

Decreto minicodice
1. Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Lo schema di Decreto stabilisce i criteri generali per individuare le misure intese ad evitare l’insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi, nonché le misure precauzionali di esercizio. Esso si applica alle attività che si svolgono nei luoghi di lavoro, come definiti dall’articolo 62 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, ad esclusione delle attività che si svolgono nei cantieri temporanei o mobili.

L’Allegato I allo schema di Decreto reca i criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro a basso rischio di incendio.
In particolare, l’Allegato stabilisce criteri semplificati per la valutazione del rischio di incendio ed indica le misure di prevenzione, protezione e gestionali antincendio da adottare nei luoghi di lavoro a basso rischio d’incendio.

Ai fini dell’applicazione dell’allegato, sono considerati luoghi di lavoro a basso rischio d’incendio quelli ubicati in attività non soggette e non dotate di specifica regola tecnica verticale, aventi tutti i seguenti requisiti aggiuntivi:
a. con affollamento complessivo ≤100 occupanti;
b. con superficie lorda complessiva ≤1000 m2;
c. con piani situati a quota compresa tra -5 m e 24 m;
d. ove non si detengono o trattano materiali combustibili in quantità significative;
e. ove non si detengono o trattano sostanze o miscele pericolose in quantità significative;
f. ove non si effettuano lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio.

Decreto controlli
2. Criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a) punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81

La bozza di DM stabilisce i criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, delle attrezzature e degli altri sistemi di sicurezza antincendio.

L’Allegato I specifica i criteri generali per manutenzione, controllo periodico e sorveglianza di impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antiincendio, mentre l’Allegato II è relativo alla qualificazione dei manutentori di impianti, attrezzature e altri sistemi di sicurezza antincendio.

Decreto GSA
3. Criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza e caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a), punto 4 e lettera b) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81
.

Lo schema di Decreto si applica alle attività che si svolgono nei luoghi di lavoro come definiti dall’articolo 62 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Per le attività che si svolgono nei cantieri temporanei o mobili e per le attività di cui al D. Leg.vo 26/06/2015, n. 105, le disposizioni si applicano limitatamente alle prescrizioni di cui agli articoli 4, 5 e 6 dello schema di Decreto.

L’allegato I specifica i criteri per la gestione della sicurezza antincendio in esercizio, l’Allegato II specifica i criteri per la gestione della sicurezza antincendio in emergenza, l’Allegato III riguarda i corsi di formazione e aggiornamento antincendio per addetti al servizio antincendio, l’Allegato IV è relativo all’idoneità tecnica degli addetti al servizio antincendio, l’Allegato V riguarda i corsi di formazione e di aggiornamento dei docenti dei corsi antincendio.

Update 14.10.2020 | Bozza Ottobre 2020

Saranno tre i Decreti che andranno a sostituire il DM 10 marzo 1998, secondo quanto previsto dall'46 comma 3 del D.Lgs. 81/2008, l'iter di sviluppo è iniziato a fine anno 2019 con la costituzione di un tavolo tecnico ad hoc cui hanno partecipato Dirigenti e Funzionari della Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile e del Ministero del lavoro - Direzione generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali, che ha esaminato quanto previsto dall'Art. 46, superando la precedente bozza di tipo prescrittivo (2018), ed iniziando l'iter per 3 decreti, nei quali sono presenti anche elementi di tipo FSE.

Vedi anche l'analisi dei 3 decreti anticipata il 14.10.2020

Struttura ed analisi dei 3 decreti previsti 

Update 06.03.2020 | Bozza Marzo 2020

In allegato bozza Decreto Ministero dell'Interno che stabilisce, in attuazione dell’articolo 46, comma 3 lettera a punto 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81,  i criteri per la gestione in esercizio ed in emergenza della sicurezza antincendio e si applica attività che si svolgono nei luoghi di lavoro come definiti dall’articolo 62, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Il DM andrà ad abrogare l’art. 3 comma 1 lett. f, l’art. 5, l’art. 6 e l’art. 7 del decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale del 10 marzo 1998.

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Art. 1 Campo di applicazione

1. Il presente decreto stabilisce i criteri per la gestione in esercizio ed in emergenza della sicurezza antincendio, in attuazione dell’articolo 46, comma 3, lettere a punto 4 e b del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
2. Il presente decreto si applica alle attività che si svolgono nei luoghi di lavoro come definiti dall’articolo 62, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
3. Per le attività che si svolgono nei cantieri temporanei o mobili di cui al titolo IV del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e per le attività industriali di cui al decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105, le disposizioni di cui al presente decreto si applicano limitatamente alle prescrizioni di cui agli articoli 4, 5 e 6.

Art. 2 Gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza

1. Il datore di lavoro adotta le misure di gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza, in funzione dei fattori di rischio incendio presenti presso la propria attività, secondo i criteri indicati negli allegati I, II che costituiscono parte integrante al presente decreto.
2. Nei casi sottoelencati il datore di lavoro predispone un piano di emergenza in cui sono riportate le misure di gestione della sicurezza antincendio in emergenza di cui al comma 1:
- luoghi di lavoro ove sono occupati almeno 10 lavoratori;
- luoghi di lavoro aperti al pubblico caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di 50 persone, indipendentemente dal numero dei lavoratori;
- luoghi di lavoro che rientrano nell’allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.
3. Nel piano di emergenza sono altresì riportati i nominativi dei lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e di gestione delle emergenze, o quello del datore di lavoro, nei casi di cui all’articolo 34 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
4. Per i luoghi di lavoro che non rientrano in nessuno dei casi indicati al comma 2, il datore di lavoro non è obbligato a redigere il piano di emergenza, ferma restando la necessità di adottare misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio; tali misure sono, comunque, riportate nel documento di valutazione dei rischi.

Art. 3 Informazione e formazione dei lavoratori

Il datore di lavoro adotta le misure finalizzate a fornire ai lavoratori una adeguata informazione e formazione sui rischi di incendio secondo i criteri di cui all'allegato I, in funzione dei fattori di rischio incendio presenti presso la propria attività.

Art. 4 Designazione degli addetti al servizio antincendio

1. All'esito della valutazione dei rischi d'incendio e sulla base delle misure di gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza, ivi incluso il piano di emergenza, laddove previsto, il datore di lavoro designa i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze, di seguito chiamati “addetti al servizio antincendio”, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, o se stesso nei casi previsti dall'articolo 34 del medesimo decreto.
2. I lavoratori designati devono frequentare i corsi di formazione e di aggiornamento di cui all’articolo 5 del presente decreto.

Art. 5 Formazione ed aggiornamento degli addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione dell’emergenza

1. Conformemente a quanto stabilito dall’articolo 37, comma 9, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, il datore di lavoro assicura la formazione degli addetti al servizio antincendio, secondo quanto previsto nell'allegato III che costituisce parte integrante del presente decreto.
2. Per le attività di cui all’allegato IV, è previsto che gli addetti al servizio antincendio conseguano l'attestato di idoneità tecnica di cui all’articolo 3 del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 512.
3. Fermo restando l'obbligo di cui al comma 2, qualora il datore di lavoro ritenga necessario che l'idoneità tecnica del personale sia comprovata da apposita attestazione, la stessa è acquisita secondo le procedure di cui all'articolo 3 del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 512.
4. Conformemente a quanto stabilito dall’articolo 43, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, il personale del Ministero della Difesa “addetto al servizio antincendio” può assolvere l’obbligo di formazione e di idoneità tecnica di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo attraverso la formazione specifica e il superamento delle specifiche prove di accertamento tecnico svolti presso gli istituti o le scuole della propria Amministrazione.
5. Gli addetti al servizio antincendio frequentano specifici corsi di aggiornamento con cadenza almeno quinquennale, secondo quanto previsto nell’allegato III.
6. Oltre che dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, i corsi di cui al presente articolo possono essere svolti anche da soggetti, pubblici o privati, tenuti ad avvalersi di docenti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 6.
7. I corsi di cui al presente articolo possono anche essere svolti direttamente dal datore di lavoro, ove il medesimo abbia i requisiti di cui all’articolo 6, oppure avvalendosi di lavoratoriì dell’azienda in possesso dei requisiti di cui all’articolo 6.

Art. 6 Requisiti dei docenti

1. I docenti dei corsi di formazione ed aggiornamento degli addetti antincendio devono possedere i requisiti di seguito indicati.
2. I docenti della parte teorica e della parte pratica devono possedere il diploma di scuola secondaria di secondo grado e, inoltre, almeno uno dei seguenti requisiti:
a) documentata esperienza come docenti in materia antincendio, sia in ambito teorico che in ambito pratico, di almeno novanta ore, svolte alla data di entrata in vigore del presente decreto;
b) avere frequentato con esito positivo un corso di formazione per docenti teorico/pratici erogato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell’articolo 14, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, secondo le modalità definite all’allegato V che costituisce parte integrante del presente decreto per i corsi di tipo A;
c) iscrizione negli elenchi del Ministero dell’interno di cui al decreto del Ministro dell’interno del 5 agosto 2011 e frequenza con esito positivo di un corso di formazione per docenti di cui al comma 4, lettera b) del presente articolo, limitatamente al modulo 10 di esercitazioni pratiche;
d) personale cessato dal servizio, che ha prestato servizio per almeno dieci anni nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco nei ruoli operativi dei dirigenti e dei direttivi, dei direttivi aggiunti, degli ispettori antincendi dei corrispondenti ruoli speciali ad esaurimento.
3. I docenti della sola parte teorica devono possedere il diploma di scuola secondaria di secondo grado e, inoltre, almeno uno dei seguenti requisiti:
a) documentata esperienza come docenti in materia antincendio, in ambito teorico, di almeno novanta ore, svolte alla data di entrata in vigore del presente decreto;
b) avere frequentato con esito positivo un corso di formazione per docenti teorici erogato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell’articolo 14, comma 2, lettera g), del decreto legislativo n. 139 del 2006, secondo le modalità definite all’allegato V per corsi di tipo B;
c) iscrizione negli elenchi del Ministero dell’Interno di cui al decreto del Ministro dell’Interno del 5 agosto 2011;
d) personale cessato dal servizio, che ha prestato servizio per almeno dieci anni nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco nei ruoli operativi dei dirigenti e dei direttivi, dei direttivi aggiunti, degli ispettori antincendi dei corrispondenti ruoli speciali ad esaurimento.
4. I docenti della sola parte pratica devono possedere, almeno uno dei seguenti requisiti:
a) documentata esperienza come docenti in materia antincendio, in ambito pratico, di almeno novanta ore, svolte alla data di entrata in vigore del presente decreto;
b) avere frequentato con esito positivo un corso di formazione per docenti pratici erogato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell’articolo 14, comma 2, lettera g) del decreto legislativo n.139 del 2006, secondo le modalità definite all’allegato V per corsi di tipo C;
c) personale cessato dal servizio, che ha prestato servizio nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco nel ruolo dei capi reparto e dei capi squadra per almeno dieci anni.
5. I docenti devono frequentare specifici corsi di aggiornamento con cadenza almeno quinquennale, secondo quanto previsto nell’allegato V.
6. I docenti dovranno fornire, su richiesta dell’organo di vigilanza, la documentazione attestante i requisiti di cui al presente articolo o dichiarazione sostitutiva resa ai sensi di legge.

Art. 7 Disposizioni transitorie e finali

1. I corsi di cui all’articolo 5, già programmati con i contenuti dell’allegato IX del decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale del 10 marzo 1998, sono considerati validi se svolti entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto.
2. Fatti salvi gli obblighi di informazione, formazione e aggiornamento in capo al datore di lavoro in occasione di variazioni normative, l’obbligo di aggiornamento degli addetti al servizio antincendio decorre dalla data della formazione o dell’ultimo aggiornamento svolto. Nei casi in cui la formazione o l’ultimo aggiornamento sia stato erogato da più di 5 anni prima dell’entrata in vigore del presente decreto, l’obbligo di aggiornamento dovrà essere ottemperato entro 12 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto.
3. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati l’art. 3 comma 1 lett. f, l’art. 5, l’art. 6 e l’art. 7 del decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale del 10 marzo 1998.

Art. 8 Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore 180 giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana

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ALLEGATO I - GESTIONE DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO IN ESERCIZIO

ALLEGATO II GESTIONE DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO IN EMERGENZA

ALLEGATO III CORSI DI FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO ANTINCENDIO PER ADDETTI AL SERVIZIO ANTINCENDIO

ALLEGATO IV IDONEITA’ TECNICA DEGLI ADDETTI AL SERVIZIO ANTINCENDIO

ALLEGATO V - CORSI DI FORMAZIONE E DI AGGIORNAMENTO DEI DOCENTI DEI CORSI ANTINCENDIO 

[...] Segue in allegato 

Vedi anche:

Vedi struttura ed analisi dei 3 decreti previsti

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Collegati:

Dossier donne 2021

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Dossier donne 2021

Dossier donne 2021

In controtendenza rispetto al complesso degli infortuni sul lavoro, tra i quali i casi femminili si fermano al 36%, le lavoratrici sono le più colpite dai contagi professionali da Covid-19, come emerge dai dati del nuovo Dossier donne dell’Inail, pubblicato a pochi giorni dalla Giornata internazionale dell’8 marzo. Su 147.875 denunce pervenute alla data del 31 gennaio del 2021, infatti, ben 102.942 sono femminili, ossia circa 70 contagi professionali ogni 100. Diversa la situazione tra le vittime, donne nel 17,1% dei casi (con 79 decessi su 461), in linea con il dato degli infortuni mortali sul lavoro nel complesso, che registra il numero maggiore di decessi tra gli uomini, mentre le donne restano sotto la soglia del 10%.

L’età media tra le contagiate è di 46 anni. Secondo l’analisi condotta dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail, il 43,6% delle contagiate dal Covid-19 ha oltre 49 anni, il 38,1% ha tra i 35 e i 49 anni e il 18,3% è under 35. L’età media è di 46 anni e quella mediana di 48 anni, anche se ultimamente c’è una tendenza alla diminuzione. Più elevata, e pari a 56 anni, l’età media al decesso, con nessuna deceduta nella classe di età più giovane delle under 35, mentre il 19,0% delle vittime ha tra i 35 e i 49 anni e l’81,0% ha dai 50 anni in su. Gli infortuni si concentrano nelle regioni con il maggior numero di contagi nella popolazione. La Lombardia raccoglie, infatti, il 28,3% delle denunce femminili, seguita da Piemonte (15,4%), Veneto (11,1%) ed Emilia Romagna (8,5%). È sempre la Lombardia a registrare il maggior numero di vittime femminili, ben il 39,2%. A seguire Emilia Romagna (15,2%) e Piemonte (8,9%).

Le più colpite sono le infermiere. Con il 42,0% dei casi codificati, sono i tecnici della salute a far registrare il maggior numero di denunce da Covid-19. Tra le figure professionali più colpite ci sono le infermiere (81,1% dei casi della categoria) e le fisioterapiste (5,8%). Segue la categoria delle operatrici sociosanitarie, con il 22,4% dei casi, e, con l’8,9%, quella delle lavoratrici qualificate nei servizi personali e assimilati. Il 6,3% dei casi riguarda, invece, i medici e il 5,0% le lavoratrici non qualificate nei servizi di istruzione e sanitari. Per quanto riguarda i decessi, la categoria più colpita è sempre quella dei tecnici della salute, con un caso ogni quattro denunce: il 70% sono infermiere. Seguono le operatrici socio-sanitarie con il 14,1% dei casi e le operatrici socio-assistenziali con il 12,8%.

Quasi la metà dei decessi femminili nel tragitto tra la casa e il luogo di lavoro. Lo studio della Csa prosegue con i dati del 2019, aggiornati allo scorso 31 ottobre, che confermano l’elevata incidenza per le donne degli infortuni in itinere, avvenuti cioè nel percorso di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro. Questi infortuni rappresentano, infatti, il 23,5% (praticamente una su quattro) del totale delle denunce femminili (231.128) e il 12,5% (poco più di una su dieci) del totale di quelle maschili (413.779). Più elevata l’incidenza per le denunce con esito mortale: nel 2019, quasi un decesso femminile su due (44 su 97, il 45,4%) è avvenuto in itinere, rapporto che per gli uomini scende a circa uno su quattro (281 su 1.087, il 25,9%). I dati sono confermati nella più ampia categoria degli infortuni “fuori azienda”, che sommano tutti i casi in itinere e quelli in occasione di lavoro avvenuti con mezzo di trasporto coinvolto: il 25,3% (58.396) delle denunce femminili contro il 16,1% (66.485) di quelle maschili e, per i casi mortali, il 67,0% femminile (65 casi dei 97 totali) contro il 44,8% maschile (487 su 1.087).

Nel quinquennio 2015-2019 denunce in aumento dell’1,8%. Nel periodo compreso tra il 2015 e il 2019, a fronte di un aumento dell’occupazione pari al +1,1%, le denunce di infortunio delle lavoratrici sono passate dalle 227.068 del 2015 alle 231.128 del 2019, con un aumento percentuale dell’1,8%, maggiore rispetto a quello rilevato tra i lavoratori (+1,0%), per i quali l’Istat ha registrato un aumento dell’occupazione pari al +0,3%. Le denunce di infortunio con esito mortale tra le lavoratrici sono, invece, diminuite, dai 117 casi del 2015 ai 97 del 2019 (-17,1%), in maniera più marcata rispetto alla riduzione dell’8,9% rilevata tra i lavoratori.

Crescono di più gli infortuni tra le ultra sessantenni. Tutte le fasce di età hanno registrato nel 2019 un andamento infortunistico altalenante rispetto all’anno precedente, con la riduzione più marcata per la fascia 40–44 anni (-4,0%) e aumenti più alti per le ultra 60enni (+3,9%). L’incremento più importante si registra nella classe 65–69 anni (+14,8%). La fascia tra i 50-54 anni, con 31.782 casi (-1,2%), è, invece, la più colpita in valore assoluto e rappresenta il 13,8% di tutti gli infortuni al femminile. Tra gli infortuni mortali, il maggior numero di casi riguarda la fascia 60-64 anni (14 casi), seguita dalle tre fasce 45-49, 50-54 e 55-59 anni, con 13 denunce ciascuna. A livello territoriale, gli infortuni femminili si sono concentrati per oltre la metà al Nord (60,2%), seguito dal Centro (20,6%) e dal Mezzogiorno (19,2%). Per i casi mortali le percentuali si attestano al 49,5% per il Nord, al 20,6% per il Centro e al 29,9% per il Meridione.

La caduta è la prima causa d’infortunio. Nel periodo 2015-2019, la caduta è la prima causa di infortunio per le donne (26,7% sul totale dei casi codificati) e la quarta per gli uomini (17,6%), seguita dai movimenti del corpo sotto sforzo fisico (23,4%), che è anche la seconda causa degli infortuni maschili (21,1%). Nel 2019, la sede più interessata dagli infortuni continua a essere la mano, anche se per le donne ha un’incidenza inferiore rispetto agli uomini (23,3% dei casi codificati contro 29,2%), dovuta alla maggiore rilevanza assunta dalla caviglia (13,7% contro 8,9%), dalla colonna vertebrale e dal ginocchio (entrambi al 10% per le donne contro, rispettivamente, l’8,3% e il 7,9% per gli uomini). Sia per gli uomini che per le donne, le conseguenze più frequenti degli infortuni sono contusioni e lussazioni.

L’incidenza maggiore delle tecnopatie nel pubblico impiego. Le malattie professionali denunciate dalle lavoratrici nel 2019 sono state 16.640 (649 in più rispetto all’anno precedente), pari al 27,2% delle 61.197 tecnopatie denunciate nel complesso. Rispetto al 2015, si è avuto un aumento delle denunce del 3,9%, sintesi di un incremento pari al 5,9% per gli uomini e di un calo dell’1,0% per le donne. Il 75,0% delle denunce di malattia professionale femminili si sono concentrate nella gestione più grande dell’Industria e servizi (contro l’82,6% dei maschi), il 22,8% nell’Agricoltura e il restante 2,2% nel Conto Stato. A causa della forte presenza femminile tra gli occupati di molti settori, come la scuola e i ministeri, la gestione Conto Stato detiene il primato di incidenza percentuale femminile tra le denunce di malattia professionale (362 casi su 639, pari al 56,7%).

Dorsopatie, disturbi dei tessuti molli e sindrome del tunnel carpale le patologie più frequenti.
Le malattie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo e quelle del sistema nervoso si confermano, anche nel 2019, le più frequenti tra i lavoratori nel complesso (78,3% del totale delle denunce). Ben marcata resta anche la differenza tra uomini e donne: se le patologie citate rappresentano il 74,5% delle denunce dei lavoratori, la percentuale sale al 90,9% tra le lavoratrici (oltre 15mila delle 16.640 denunce complessive). In particolare, fra le patologie del sistema osteo-muscolare, le malattie più frequenti sono le dorsopatie ed i disturbi dei tessuti molli (circa il 92%) e, fra quelle del sistema nervoso, la quasi totalità è rappresentata dalla sindrome del tunnel carpale.

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Indice
L’ANDAMENTO INFORTUNISTICO
LE MALATTIE PROFESSIONALI
INFORTUNI AL FEMMINILE: I DATI DEL 2019 IN PILLOLE
DONNE: BILANCIO DI UN ANNO DI COVID-19

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Collegati

DVR: i termini per l'elaborazione

ID 8550 | | Visite: 30870 | Documenti Riservati Sicurezza

DVR Impresa

DVR: Entro quanto tempo deve essere elaborato

ID 8550 | 12.06.2019

Domanda frequente sono i termini entro i quali deve essere elaborato il Documento di Valutazione dei Rischi di cui al D.Lgs. 81/2008. Il Documento allegato con nota a seguire da indicazioni in merito, seguendo anche l'evoluzione legislativa degli Artt. 28 e 29 del D.Lgs. 81/2008, articoli in cui sono anche riportate le indicazioni relative alle tempistiche.

Formalmente il DVR deve essere elaborato:
- per "nuove Imprese" entro 90 giorni;
- per "modifiche" entro 30 giorni,
ma "tecnicamente" tali termini si riducono a "immediato". Vedasi a seguire.

Gli Artt. 28 e 29 del D.Lgs. 81/2008 hanno subito nel tempo (2009 e 2014) modifiche sulle tempistische di cui a seguire.

D.Lgs. 81/2008 Stato attuale Artt. 28 e 29 

D.Lgs. 81/2008
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Art. 28. Oggetto della valutazione dei rischi

1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei miscele chimiche (7) impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro e i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall'articolo 89, comma 1, lettera a), del presente decreto, interessati da attività di scavo. (2)

1-bis. La valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all'articolo 6, comma 8, lettera m-quater), e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1° agosto 2010. (4)(5)

2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione, può essere tenuto, nel rispetto delle previsioni di cui all'articolo 53, su supporto informatico e deve essere munito anche tramite le procedure applicabili ai supporti informatici di cui all'articolo 53, di data certa o attestata dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro, nonché, ai soli fini della prova della data, dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato, e contenere:

a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l'idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione;
b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;
f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.

3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresì rispettare le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla valutazione dei rischi contenute nei successivi titoli del presente decreto.

3-bis. In caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività. (0) (1)

Anche in caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'adempimento degli obblighi di cui al comma 2, lettere b), c), d), e) e f), e al comma 3, e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. (3)

3-ter. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, l'Inail, anche in collaborazione con le aziende sanitarie locali per il tramite del Coordinamento Tecnico delle Regioni e i soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera ee), rende disponibili al datore di lavoro strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio. L'Inail e le aziende sanitarie locali svolgono la predetta attività con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. (6)
_________

(0) Il D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro dopo il comma 3 è aggiunto il seguente 3-bis.
(1) Il Decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha disposto (con l'art. 8, comma 12) che "al fine di adottare le opportune misure organizzative, nei confronti delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dei datori di lavoro del settore privato il termine di applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 28 e 29 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di rischio da stress lavoro-correlato, è differito al 31 dicembre 2010 e quello di cui all'articolo 3, comma 2, primo periodo, del medesimo decreto legislativo è differito di dodici mesi".

(2) La legge 1 ottobre 2012, n. 177 aggiunge l'ultimo periodo "e i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall'articolo 89, comma 1, lettera a), del presente decreto, interessati da attività di scavo"
(3) La Legge 30 ottobre 2014, n. 161, all'articolo 13 modifica il comma 3 bis.
(4) Circolare MLPS  18 novembre 2010, Approvazione delle indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato di cui all'articolo 28, comma 1- bis, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81
(5) Ministero dell'interno, circ. 2 marzo 2015 - Valutazione del rischio stress lavoro-correlato nel personale che presta servizio nelle strutture centrali e periferiche dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza
(6) Comma inserito dall'art. 20, comma 1 lett. e del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183
(7) Come modificato dall' art. 1, lett. a del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 39

Art. 29. Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi

1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, nei casi di cui all'articolo 41.

2. Le attività di cui al comma 1 sono realizzate previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

3. La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali.

Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (8)


4. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), e quello di cui all'articolo 26, comma 3, devono essere custoditi presso l'unità produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi.

5. Fermo restando quanto previsto al comma 6-ter, (6) i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il 30 giugno 2013, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare l'effettuazione della valutazione dei rischi. Quanto previsto nel precedente periodo non si applica alle attività di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonché g). (2) (3) (4) (5)

6. Fermo restando quanto previsto al comma 6-ter, (6) i datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori possono effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Nelle more dell'elaborazione di tali procedure trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, e 4. (3)

6-bis. Le procedure standardizzate di cui al comma 6, anche con riferimento alle aziende che rientrano nel campo di applicazione del titolo IV, sono adottate nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 28.

6-ter. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare, sulla base delle indicazioni della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali, sulla base di criteri e parametri oggettivi, desunti dagli indici infortunistici dell’INAIL e relativi alle malattie professionali di settore e specifiche della singola azienda. Il decreto di cui al primo periodo reca in allegato il modello con il quale, fermi restando i relativi obblighi, i datori di lavoro delle aziende che operano nei settori di attività a basso rischio infortunistico possono dimostrare di aver effettuato la valutazione dei rischi di cui agli articoli 17, 28 e al presente articolo. Resta ferma la facoltà delle aziende di utilizzare le procedure standardizzate previste dai commi 5 e 6 del presente articolo. (6) (7)

6-quater. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi previo parere della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, sono individuati strumenti di supporto per la valutazione dei rischi di cui agli articoli 17 e 28 e al presente articolo, tra i quali gli strumenti informatizzati secondo il prototipo europeo OIRA (Online Interactive Risk Assessment). (6) (9)

7. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano alle attività svolte nelle seguenti aziende:
a) aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d), f) e g);
b) aziende in cui si svolgono attività che espongono i lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, connessi all'esposizione ad amianto;
c) [Lettera soppressa dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.] (1)
________

(1) Il Decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha disposto (con l'art. 8, comma 12) che "al fine di adottare le opportune misure organizzative, nei confronti delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dei datori di lavoro del settore privato il termine di applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 28 e 29 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di rischio da stress lavoro-correlato, è differito al 31 dicembre 2010 e quello di cui all'articolo 3, comma 2, primo periodo, del medesimo decreto legislativo è differito di dodici mesi".
(2) Decreto-Legge 12 maggio 2012, n. 57 -Disposizioni urgenti in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nel settore dei trasporti e delle microimprese ha modificato l'art. 29, comma 5, prorogando di 6 mesi la autocertificazione.
(3) Decreto interministeriale, 30 novembre 2012 - Recepimento delle procedure standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi di cui all'articolo 29, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche ed integrazioni, ai sensi dell'articolo 6, comma 8, lettera f), del medesimo decreto legislativo.
(4) La Legge 24 dicembre 2012, n. 228, (art. 1, comma 388, tabella 2, n. 9) dispone la modificato l'art. 29, comma 5, prorogando al 30 giugno 2013 il precedente termine.
(5) Nota MLPS 31 gennaio 2013, n. 2583 - Decreto interministeriale sulle procedure standardizzate - chiarimenti inerenti al termine finale dell’esercizio della facoltà di autocertificare la valutazione dei rischi (articolo 29, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modifiche e integrazioni).
(6) Il Decreto-Legge 21 giugno 2013, n. 69 - Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia (art. 32, c. 1, lett. b), dispone la modifica dell'art. 29, commi 5 e 6 e aggiunge i commi 6-ter e 6-quater.
Il comma 2 dell'art. 32 dispone che il decreto di cui al comma 6 ter venga adottato entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto stesso.
(7) Comma modificato dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia
(8) La Legge 30 ottobre 2014, n. 161, all'articolo 13 modifica il comma 3.
(9) Comma sostituito dall'art. 20, comma 1 lett. f del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183. 

DVR   i termini per l elaborazione

__________

2009 - Integrazione del D.Lgs. 106/2009

Entrambi questi articoli 28 e 29 nativi del D.Lgs. 81/2008 furono da subito oggetto di discussione, il Legislatore modificò ed integrò il loro contenuto già con il successivo D.Lgs. 106/09 (Correttivo sicurezza).

All’articolo 28 fu aggiunto un nuovo comma: il 3-bis di seguito riportato:

D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106
...
Art. 18 (Modifiche all'articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81)
....
e) dopo il comma 3 e' aggiunto il seguente: "3-bis. In caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro e' tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attivita'.".

2014 - Procedura di infrazione n. 2010/4227

Questi nuovi termini sono rimasti validi fino al 25 novembre 2014 (entrata in vigore della Legge 30 ottobre 2014 n. 161), quando, in seguito alla procedura di infrazione n. 2010/4227 comminata all’Italia dalla Comunità Europea, la stessa è stata chiusa inserendo l'Art. 13 nella Legge 30 ottobre 2014 n. 161 (Legge europea 2013-bis), che ha modificato il D.Lgs. 81/08 introducendo 2 periodi all'Art. 28 comma 3-bis e all'Art. 29 comma 3.

Legge 30 ottobre 2014 n. 161
...
Art. 13
1. Al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 28, comma 3-bis, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Anche in caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'adempimento degli obblighi di cui al comma 2, lettere b), c), d), e) e f), e al comma 3, e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»;

b) all'articolo 29, comma 3, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza».

Immediata evidenza con idonea Documentazione VR nuova impresa

D.Lgs. 81/2008
...
Art. 28. Oggetto della valutazione dei rischi
...
2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione, può essere tenuto, nel rispetto delle previsioni di cui all'articolo 53, su supporto informatico e deve essere munito anche tramite le procedure applicabili ai supporti informatici di cui all'articolo 53, di data certa o attestata dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro, nonché, ai soli fini della prova della data, dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato,e contenere:
...
b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;
f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.

3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresì rispettare le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla valutazione dei rischi contenute nei successivi titoli del presente decreto.

3-bis. In caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività

Anche in caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'adempimento degli obblighi di cui al comma 2, lettere b), c), d), e) e f), e al comma 3, e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

Con queste integrazioni il datore di lavoro, che avvia una nuova attività deve immediatamente (quindi prima dei 90 giorni) provvedere ad elaborare idonea documentazione, al cui interno siano riportate:

- le misure di protezione e prevenzione adottate e i DPI utilizzati;
- le indicazioni inerenti il programma delle misure di miglioramento;
- le procedure da attuare e le figure aziendali che devono occuparsene;
- le mansioni maggiormente esposte a rischi specifici e che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento;
- il nominativo del RSPP, del RLS ed, eventualmente, del Medico competente, che hanno partecipato alla valutazione dei rischi.

In pratica ciò significa che il datore di lavoro di una nuova impresa deve provvedere subito, e non entro 90 giorni, alla redazione di gran parte del Documento di Valutazione dei Rischi, dandone immediata comunicazione al RLS. (Fig. 1)

DVR Nuova impresa

Fig. 1 - DVR Nuova impresa

Immediata rielaborazione VR modifiche processo, ecc.

D.Lgs. 81/2008
...
Art. 29. Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi
...

3. La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali.
Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

...

Quindi il datore di lavoro deve provvedere all’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi in presenza di:

- modifiche del processo produttivo o dell’organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori
- in relazione al grado di evoluzione della tecnica
- a seguito di infortuni significativi
- quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità

Tale aggiornamento va effettuato entro 30 giorni dal verificarsi di una delle occorrenze soprariportate dandone immediata evidenza, attraverso la produzione di adeguata documentazione, e con immediata comunicazione RLS. (Fig. 2)

DVR Modifiche impresa

Fig. 2 - DVR Modifica Impresa
...

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 7113 | 24 Febbraio 2021

ID 12954 | | Visite: 1072 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 24 febbraio 2021 n. 7113

Infortunio con una pressa FTV 40/60 priva di ripari atti ad impedire il contatto degli arti superiori. Ricorso inammissibile

Penale Sent. Sez. 4 Num. 7113 Anno 2021
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: NARDIN MAURA
Data Udienza: 02/02/2021

FattoDiritto

1. Con ricorso proposto personalmente O.R. ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Brescia del 10 dicembre 2019, che ha parzialmente riformato, riducendo la pena inflitta, la sentenza del Tribunale di Bergamo con cui egli è stato ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 590, comma 1 e 2 cod. pen., ascrittogli per avere cagionato lesioni personali a A.I.N. - in particolare amputazione falange distale del primo dito della mano destra ed amputazione della P3 del secondo dito- con colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia e nella violazione dell'art. 70 d.lgs. 81/2008, consentendo l'utilizzo di una pressa FTV 40/60, priva di ripari atti ad impedire il contatto degli arti superiori dell'addetta con gli organi in movimento, così non evitando che la medesima, che indossava guanti antifortunisici forniti dalla collega D.T. posta in affiancamento alla lavoratrice, tirasse con le mani verso il basso i cavi che si trovavano dentro lo stampo in fase di carico, restando impigliata con il guanto destro fra lo stampo in uscita dalla pressa e la base su cui scorreva, con conseguente schiacciamento dell'indice che rimaneva incastrato.
2. Avverso la sentenza propone ricorso personalmente l'imputato formulando un unico motivo di impugnazione con il quale fa valere la violazione dell'art. 70 d.lgs. 81/2008 ed il vizio di motivazione sotto il profilo della manifesta illogicità. Sottolinea il mancato accertamento sulla data di fabbricazione della pressa, essendo la medesima stata prodotta anteriormente all'entrata in vigore della normativa sulla sicurezza del lavoro di cui al d.lgs 81/2008, nonché l'assenza di accertamento in ordine alla non conformità dell'apparecchiatura al disposto normativo. Assume che seppure l'apparecchiatura era stata modificata, consentendo la fabbricazione di due spine elettriche per volta, anziché quella di una sola spina, ciò era stato realizzato attraverso un meccanismo di slittamento del piano operativo. Nondimeno, sia la pressa come modificata, che quella nella sua originaria versione, imponevano il caricamento della macchina con collocazione dei fili elettrici nella presa pressofusa e la loro estrazione solo alla fine del procedimento. L'incidente, come chiarito dal teste Be. del Dipartimento della Sicurezza sul lavoro, si è verificato anche per l'utilizzo dei guanti antifortunistici forniti alla lavoratrice dalla collega T. ed a causa di una non meglio identificata 'depressione del piano di lavoro', per un movimento incauto della persona offesa. Osserva che, dunque, nessuna responsabilità può essere attribuita al datore di lavoro. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
3. Con requisitoria scritta, ai sensi dell'art. 23, comma 8 d.l. 137/2020 il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
4. Il ricorso è inammissibile, in quanto personalmente proposto, essendo stato introdotto successivamente all'entrata in vigore, in data 3 agosto 2017, della legge 23 giugno 2017 n. 10, con cui è stata disposta la soppressione della prima parte dell'art. 613 cod. proc. pen..
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 2/02/2021

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Decreto Direttoriale n.58 del 24.02.2021

ID 12946 | | Visite: 2053 | News Sicurezza

Decreto Direttoriale n 58 del 24 02 2021

Decreto Direttoriale n.58 del 24.02.2021

Misure in materia di lavoro agile in forma semplificata. Aggiornamento criteri
_______

DECRETA

Articolo 1 (Misure in materia di lavoro agile in forma semplificata)

1. L’art. 2, comma 3, del decreto direttoriale n.226 del 28 ottobre 2020 è sostituito dal seguente:
“Fermo restando quanto previsto ai commi 1 e 2, i dirigenti programmano, organizzano e concordano con i propri collaboratori le attività che richiedano la presenza in sede, limitando la compresenza nella medesima giornata lavorativa in modo tale da assicurare la presenza di non più di un dipendente per ciascuna stanza e comunque limitando l’attività in sede a quella strettamente necessaria per evitare l’interruzione del servizio. In ogni caso, l’attività in presenza non può svolgersi, per ciascun dipendente, per più di due giorni nella settimana lavorativa o, per i dipendenti impegnati in attività che devono essere svolte in presenza, come individuate dal presente decreto, per più di quattro giorni a settimana. Nell’esercizio della programmazione i dirigenti privilegiano, per lo svolgimento dell’attività in presenza, il personale che ne faccia volontariamente richiesta.”
2. Il presente decreto è portato a conoscenza di tutti i dipendenti della Direzione generale e pubblicato sulla intranet istituzionale.

...

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Apparecchi di sollevamento persone - accertamento tecnico verifica periodica

ID 12931 | | Visite: 2515 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Apparecchi di sollevamento persone

Apparecchi di sollevamento persone - L'accertamento tecnico per la verifica periodica

INAIL, 2021

Partendo dal patrimonio informativo che negli anni l’Istituto ha costituito e dalle competenze maturate nell’espletamento delle attività di verifica periodica e di accertamento tecnico, il documento rappresenta un archivio dei pareri tecnici elaborati sugli apparecchi di sollevamento materiali, al fine di fornire utili indirizzi che possano rendere più efficace l’attività di verifica periodica, nell’ottica di un miglioramento dei livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro, come previsto nella mission istituzionale.

_____

Indice
1. Introduzione
2. Il flusso della sorveglianza del mercato
3. La verifica periodica degli apparecchi di sollevamento
4. Le norme armonizzate
5. Sorveglianza del mercato e verifica periodica
5.1 Schede tecniche
Appendice - Documentazione

Fonte: INAIL

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Decreto 1° marzo 1974

ID 12914 | | Visite: 2383 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto 1° marzo 1974

Decreto ministeriale 1° marzo 1974 Norme per l'abilitazione alla conduzione di generatori di vapore

(G.U. n. 99 del 16 aprile 1974)

Modificato da:

Decreto 7 febbraio 1979

Abrogato

In base all'art. 11 del Decreto 7 Agosto 2020: Decreto 1° marzo 1974 abrogato dal 30.09.2021

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Monossido di carbonio e Mono/Biossido di azoto: I Valori Limite lavoro 2020

ID 11995 | | Visite: 23688 | Documenti Riservati Sicurezza

Monossido di carbonio e Mono Biossido di azoto   VLE lavoro

Monossido di carbonio e Mono/Biossido di azoto: I Valori Limite Esposizione Professionale lavoro 2020

ID 11995 | 08.11.2020 / Documento di Lavoro completo allegato

Allegati:
- Documento di Lavoro Rev. 00 2020
- Acute Exposure Guideline Levels (AEGLs) for Carbon Monoxide EPA
- Acute Exposure Guideline Levels (AEGLs) for Nitrogen Dioxid EPA
- Monossido di carbonio - ILO
- Mono-Biossido di azoto - ILO

Con il Decreto 2 maggio 2020 (GU n. 128 del 19.05.2020), in attuazione della direttiva 2017/164/UE della Commissione del 31 gennaio 2017, che definisce un quarto elenco di valori indicativi di esposizione professionale per gli agenti chimici, sono stabiliti, oltre ad altri nuovi, i valori limite per il monossido di azoto, il biossido di azoto e il monossido di carbonio.

Excursus

Il Decreto 2 maggio 2020 ha modificato l'Allegato XXVIII del D.Lgs. 81/2008 "Valori limite di esposizione professionale" - VLEP (per gli agenti chimici).

Valori definiti di VLEP di CO, NO, NO2

La definizione di un VLEP sulle 8 ore e sui 15 min (breve termine) per tali agenti chimici (gas) impone in modo chiaro un controllo all’origine e delle misure atte a non superare i livelli indicati.

Devono essere messe in atto metodologie di misurazione da utilizzare per dimostrare la conformità con il valore limite (anche misurazioni in continuo in aree a rischio).

Tipico è il rischio della presenza di tali gas negli ambienti confinati, o in attività in cui avvengono processi di combustione, carrelli elevatori a combustione, forni, trattamenti termici, lavorazioni a fiamma (vedasi come esempio, l’uso di lisciatrici per cacestruzzo a benzina KANBrief.de).

Vedasi il Documento "La valutazione e la prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati: un caso storico di rischio chimico per la sicurezza" - SPISAL Treviso, Legnago, Vicenza 2011.

...

Direttiva 2017/164/UE

Direttiva (UE) 2017/164 della Commissione del 31 gennaio 2017 che definisce un quarto elenco di valori indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e che modifica le direttive 91/322/CEE, 2000/39/CE e 2009/161/UE della Commissione (XIV Direttiva particolare) (GU n. 27/118 del 01.02.2017).

A norma della direttiva 98/24/CE, per «valore limite di esposizione professionale» si intende, se non diversamente specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell'aria all'interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un periodo di riferimento specificato.

I valori limite indicativi dell'esposizione professionale sono elaborati dallo SCOEL in base a considerazioni sanitarie a partire dai dati scientifici più recenti e sono adottati dalla Commissione tenendo conto della disponibilità di tecniche di misurazione. Essi costituiscono valori soglia di esposizione al di sotto dei quali non sono previsti, in genere, effetti negativi per ogni agente chimico dato dopo un'esposizione, di breve durata o giornaliera, nell'arco della vita lavorativa. Essi rappresentano obiettivi dell'Unione elaborati per aiutare i datori di lavoro a determinare e valutare i rischi e a mettere in atto misure di prevenzione e di protezione in conformità alla direttiva 98/24/CE.

Nel rispetto delle raccomandazioni del comitato scientifico, i valori limite indicativi di esposizione professionale sono stabiliti in relazione a un periodo di riferimento di otto ore, come media ponderata nel tempo (valori limite di esposizione a lungo termine); per alcuni agenti chimici i periodi di riferimento sono più brevi, in genere di quindici minuti, come media ponderata nel tempo (valori limite di esposizione a breve termine) per tenere conto degli effetti derivanti dall'esposizione a breve termine.

Per ogni agente chimico per il quale è stato stabilito a livello dell'Unione un valore limite indicativo di esposizione professionale, gli Stati membri sono tenuti a stabilire un valore limite nazionale di esposizione professionale. A tal fine va preso in considerazione il valore limite dell'Unione e determinata la natura del valore limite nazionale in conformità alla legislazione e alla prassi nazionali.

...

I Valori limite:

Monossido di carbonio e Mono Biossido di azoto   Valore VLEP

(N) Decreto 2 maggio 2020
Articolo 2
1. Per le sole attività sotterranee in miniera e in galleria, i valori limite per il monossido di azoto, il biossido di azoto e il monossido di carbonio si applicano dal 22 agosto 2023.

(1) EINECS: Inventario europeo delle sostanze chimiche esistenti a carattere commerciale.
(2) N. CAS: Chemical Abstract Service Registry Number (numero del registro del Chemical Abstract Service).
(3) Un'annotazione che riporta il termine «cute» per un valore limite di esposizione professionale indica la possibilità di un assorbimento significativo attraverso la pelle.
(4) Misurato o calcolato in relazione a un periodo di riferimento di otto ore come media ponderata (TWA).
(5) Livello di esposizione a breve termine (STEL). Valore limite oltre il quale non dovrebbe esservi esposizione e che si riferisce ad un periodo di 15 minuti, salvo diversa indicazione.
(6) mg/m3: milligrammi per metro cubo d'aria. Per le sostanze chimiche in fase gassosa o di vapore il valore limite è espresso a 20 °C e 101,3 kPa.
(7) ppm: parti per milione per volume di aria (ml/m3).

Monossido di azoto, il biossido di azoto e il monossido di carbonio: Attività sotterranee in miniera e in galleria

Direttiva 2017/164/UE
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Il comitato consultivo per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro(1), consultato a norma dell'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 98/24/CE, ha riconosciuto che sussistono preoccupazioni per quanto riguarda la fattibilità tecnica dei valori limite indicativi di esposizione professionale proposti per il monossido di azoto e il biossido di azoto nelle attività sotterranee in miniera e in galleria, e per il monossido di carbonio nelle attività sotterranee in miniera. Lo stesso comitato ha anche riconosciuto che attualmente vi sono difficoltà legate alla disponibilità di metodologie di misurazione da utilizzare per dimostrare la conformità con il valore limite proposto per il biossido di azoto negli ambienti sotterranei costituiti da miniere e gallerie. È pertanto opportuno autorizzare gli Stati membri a prevedere un periodo transitorio prima che diventino effettivi nelle attività sotterranee in miniera e in galleria i valori limite per il monossido di azoto, il biossido di azoto e il monossido di carbonio stabiliti nell'allegato della presente direttiva, nonché che la Commissione riesamini le questioni suddette prima della fine del periodo transitorio. Durante tale periodo transitorio gli Stati membri possono continuare ad applicare i valori limite vigenti anziché quelli stabiliti nell'allegato della presente direttiva.

(1) Decisione 2003/C 218/01 del Consiglio, del 22 luglio 2003, che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (GU C 218 del 13.9.2003, pag. 1).

Per le attività sotterranee in miniera e in galleria è presente un periodo transitorio che termini al più tardi il 21 agosto 2023 per quanto riguarda i valori limite per il monossido di azoto, il biossido di azoto e il monossido di carbonio.

Durante il periodo transitorio si continuano ad applicare i valori seguenti in luogo dei valori limite stabiliti dalla Direttiva 2017/164/UE:

a) per quanto riguarda il monossido di azoto: i valori limite esistenti stabiliti in conformità all'allegato della direttiva 91/322/CEE;

b) per quanto riguarda il biossido di azoto e il monossido di carbonio: i valori limite nazionali in vigore al 1° febbraio 2017.

Monossido di carbonio e Mono Biossido di azoto   Valore VLEP Decreto 2 maggio 2020

Fig. 1 Valori Limite esposizione professionale VLEP e data applicazione

Monossido di carbonio

Le intossicazioni da monossido di carbonio sono tra le cause di decesso più comuni dovute a un gas tossico. Il monossido di carbonio è infatti inodore, insapore e incolore e la sua presenza può essere rivelata solo con un apparecchio. L'assorbimento nei polmoni avviene in molto rapido e una volta inalato, il gas si lega all'emoglobina nel sangue e prende il posto dell'ossigeno, facendo in modo che il corpo non ne riceva più. Se i soccorsi sono tempestivi, si può ancora salvare la vittima, che però deve essere trasferita in una camera di ossigeno iperbarica.

Le conseguenze di un'intossicazione da monossido di carbonio dipendono dalla durata dell'esposizione e dalla concentrazione del gas nell'aria ambiente (vedi tabella). Le parti del corpo più colpite sono il sistema nervoso centrale e il cuore. A basse concentrazioni la vittima accusa mal di testa, problemi digestivi o vomito. A elevate concentrazioni la persona entra in coma e può morire. Un'intossicazione da monossido di carbonio può provocare danni neurologici e cardiocircolatori irreversibili.

Monossido di carbonio Valori

Tab. 1 Concentrazione di monossido di carbonio (CO) e sintomatologia da intossicazione (Fonte SUVA)

VLEP CO

I Limiti di esposizione professionale a breve termine (riferiti ad un periodo di 15 minuti), sono ora stabiliti in 117 mg/m3 e 100 Ppm.

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Ossido di azoto (NO) e  Biossido di azoto NO2

L’ossido di azoto (NO) e il biossido di azoto (NO2) sono i due principali ossidi di azoto presenti nell’aria associati alle fonti di combustione.

Il 90-95% degli ossidi di azoto viene normalmente emesso come ossido di azoto (NO) e solo il 5-10% come biossido di azoto (NO2). All’esterno, l’ossido di azoto viene rapidamente ossidato nell’aria per formare biossido di azoto grazie agli ossidanti disponibili (come ossigeno, ozono e VOC). Nell’aria indoor, tuttavia, questo processo di ossidazione è generalmente molto più lento.

Biossido di azoto Soglie 2020

Tab. 2 Concentrazione di biossido di azoto (NO2) ed effetti (EPA - NRC 1977)

VLEP NO2

I Limiti di esposizione professionale a breve termine (riferiti ad un periodo di 15 minuti), sono ora stabiliti in 1,91 mg/m3 e 1 Ppm.

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Ambienti di lavoro confinati 

Numerosi sono gli incidenti in attività all’interno di ambienti di lavoro confinati dove si ha carenza di ossigeno (inferiore al 21%).

La carenza di ossigeno (atmosfera sotto-ossigenata) si ha quando la concentrazione di ossigeno (pO2, pressione parziale di ossigeno) è inferiore al 21%. Con concentrazioni inferiori al 18% si ha riduzione delle prestazioni fisiche e intellettuali, senza che la persona se ne renda conto. Con tenori inferiori all’11% c’è il rischio di morte. Sotto l’8% lo svenimento si verifica in breve tempo e la rianimazione è possibile se effettuata immediatamente. Al di sotto del 6% lo svenimento è immediato e ci sono danni cerebrali, anche se la vittima viene soccorsa.

Si ha carenza di ossigeno in tutte quelle situazioni in cui l’ossigeno viene consumato, senza venir rimpiazzato (come in ambiente confinato), a causa di una reazione chimica di ossidazione/combustione con formazione di CO2, H2O, CO, NOx, di ossidi metallici e di altri composti ossigenati.

Vedi il Documento "La valutazione e la prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati: un caso storico di rischio chimico per la sicurezza" - SPISAL Treviso, Legnago, Vicenza 2011

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Inidoneità del lavoratore alla mansione | Note

ID 11483 | | Visite: 33540 | Documenti Riservati Sicurezza

Inidoneita  lavoratore alla mansione   Note

Inidoneità del lavoratore alla mansione | Note

ID 11483 | 05.09.2020 - Documento completo allegato

Il giudizio di idoneità/Inidoneità del lavoratore alla mansione è espresso dal Medico Competente sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui all'Art. 41 c. 2 del D.Lgs. 81/2008.

I giudizi relativi alla mansione specifica che possono essere espressi dal MC sono 4:

a) idoneità;
b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
c) inidoneità temporanea;
d) inidoneità permanente.

D.Lgs. 81/2008
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Art. 41 Sorveglianza sanitaria

1. La sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente:
a) nei casi previsti dalla normativa vigente, (...) dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all'articolo 6;
b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.

2. La sorveglianza sanitaria comprende:
a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica;
b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l'anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio.
L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente;
c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell'attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;
d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l'idoneità alla mansione specifica;
e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente.
e-bis) visita medica preventiva in fase preassuntiva;
e-ter) visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l'idoneità alla mansione.

2-bis.
Le visite mediche preventive possono essere svolte in fase preassuntiva, su scelta del datore di lavoro, dal medico competente o dai dipartimenti di prevenzione delle ASL. La scelta dei dipartimenti di prevenzione non è incompatibile con le disposizioni dell'articolo 39, comma 3.

3. Le visite mediche di cui al comma 2 non possono essere effettuate:
a) [Lettera soppressa dal D. Lgs 3 agosto 2009, n. 106];
b) per accertare stati di gravidanza;
c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente.

4. Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall'ordinamento, le visite di cui al comma 2, lettere a), b), d), e-bis) e e-ter) sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.

4-bis. Entro il 31 dicembre 2009, con accordo in Conferenza Stato-regioni, adottato previa consultazione delle parti sociali, vengono rivisitate le condizioni e le modalità per l'accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza. (1)

5. Gli esiti della visita medica devono essere allegati alla cartella sanitaria e di rischio di cui all'articolo 25, comma 1, lettera c), secondo i requisiti minimi contenuti nell'Allegato 3A e predisposta su formato cartaceo o informatizzato, secondo quanto previsto dall'articolo 53.

6. Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica:

a) idoneità;

b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
c) inidoneità temporanea;
d) inidoneità permanente.

6-bis. Nei casi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 il medico competente esprime il proprio giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro.

7. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneità temporanea vanno precisati i limiti temporali di validità.

8. [Comma abrogato dal D. Lgs 3 agosto 2009, n. 106].

9. Avverso i giudizi del medico competente, ivi compresi quelli formulati in fase preassuntiva, è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.

Art. 42. Provvedimenti in caso di inidoneità alla mansione specifica

1. Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui all'articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un'inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza.
2. [Comma abrogato dal D. Lgs 3 agosto 2009, n. 106].

(1) Accordo CSR del 13.07.2017
Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sul documento "Indirizzi per la prevenzione di infortuni gravi e mortali correlati all'assunzione di alcolici e di sostanze stupefacenti, l'accertamento di condizioni di alcol dipendenza e di tossicodipendenza e il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza" in materia di salute e di sicurezza sul lavoro ex articolo 5 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

L'idoneità è sempre riferita alla mansione specifica.

Demansionamento

In caso di adibizione a mansioni inferiori, è peraltro ora espressamente prevista, in positivo, la possibilità di deroga al divieto di demansionamento di cui all'art. 2103 c.c., ed è dunque autorizzato il demansionamento al solo fine di tutelare la salute del lavoratore, che conservazione la superiore retribuzione originaria. (Sentenza CC Sez. 5 del 2 agosto 2001 n. 1057)

Licenziamento del lavoratore per inidoneità

D.Lgs. 81/2008 prevede solo che un lavoratore "inidoneo alla mansione" debba essere ricollocato dal Datore di Lavoro "a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza".

Secondo la Cassazione e giurisprudenza:

- l'inidoneità sopravvenuta alla mansione impone al datore di lavoro la verifica in ordine alla possibilità di ricollocare il lavoratore in attività diverse riconducibili a mansioni equivalenti o inferiori, anche attraverso un adeguamento dell'organizzazione aziendale (Cass. Civ., sez. lav., sent. n. 27243 del 26 ottobre 2018)

- in caso di impossibilità sopravvenuta parziale allo svolgimento della prestazione, sussiste il diritto del lavoratore ad essere assegnato a mansioni diverse ed equivalenti (se sussistenti in azienda) ed anche inferiori, dietro manifestazione di consenso del lavoratore alla dequalificazione finalizzata alla salvaguardia del superiore interesse all’occupazione, per le cui richieste al datore di lavoro il lavoratore deve attivarsi precisando le residue attitudini professionali tali da rendergli possibile una diversa collocazione in azienda" (Cass. 5/8/00, n. 10339).

- il lavoratore, licenziato dal datore di lavoro a seguito dell'accertamento di inidoneità da parte del medico, può in ogni caso impugnare il licenziamento contestando l'accertamento ed al giudice del lavoro è rimesso il sindacato sulla correttezza del giudizio espresso, anche disponendo consulenza tecnica d'ufficio (nella specie il tribunale ha anche affermato che non è conforme a buona fede e correttezza il comportamento del datore di lavoro che ha licenziato il lavoratore immediatamente dopo l'accertamento di inidoneità senza attendere che trascorresse il termine per impugnare il giudizio dinanzi all'organo di vigilanza)” (Corte appello Bari, 15 luglio 2003, in Gius. 2004, 268).

- la sopravvenuta inidoneità psicofisica del lavoratore può giustificare il licenziamento solo se il datore di lavoro offre documentazione specifica che attesti la inidoneità stessa e dia prova di aver valutato correttamente la possibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni compatibili" (Trib. Ravenna 29/10/2007 ord., Giud. Riverso).
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Obbligo di repechage
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Legge n. 68/1999 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili)

Art. 4 (Criteri di computo della quota di riserva) 

4. I lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia non possono essere computati nella quota di riserva di cui all'articolo 3 se hanno subito una riduzione della capacita' lavorativa inferiore al 60 per cento o, comunque, se sono divenuti inabili a causa dell'inadempimento da parte del datore di lavoro, accertato in sede giurisdizionale, delle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Per i predetti lavoratori l'infortunio o la malattia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento nel caso in cui essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori. Nel caso di destinazione a mansioni inferiori essi hanno diritto alla conservazione del piu' favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza.

Qualora per i predetti lavoratori non sia possibile l'assegnazione a mansioni equivalenti o inferiori, gli stessi vengono avviati, dagli uffici competenti di cui all'articolo 6, comma 1, presso altra azienda, in attivita' compatibili con le residue capacita' lavorative, senza inserimento nella graduatoria di cui all'articolo 8.
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Covid-19 | Contagi sul lavoro denunciati all’INAIL: Schede regionali 31 Gennaio 2021

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COVID 19   Schede regionali 31 01 2021

Covid-19 | Contagi sul lavoro denunciati all’INAIL: Schede regionali 31 Gennaio 2021

INAIL, 18.02.2021

Contagi sul lavoro da Covid-19, più di sei casi su 10 denunciati all’Inail tra ottobre e gennaio

Il nuovo report mensile della Consulenza statistico attuariale conferma il maggiore impatto della seconda ondat.a della pandemia anche in ambito lavorativo. Le infezioni di origine professionale segnalate all’Istituto alla data dello scorso 31 gennaio sono 147.875, 16.785 in più rispetto al mese precedente (+12,8%). I decessi sono 461 (+38 rispetto al 31 dicembre).

La seconda ondata di contagi da Covid-19 ha avuto un impatto più intenso della prima anche in ambito lavorativo e non solo per la presenza di un mese in più. Il quadrimestre ottobre 2020-gennaio 2021, con oltre 92mila contagi, incide infatti per il 62,3% sul totale delle infezioni di origine professionale denunciate all’Inail dall’inizio della pandemia, rispetto agli oltre 50mila casi registrati nel trimestre marzo-maggio 2020, pari al 34,2%. A rilevarlo è il 13esimo report nazionale elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, pubblicato oggi insieme alla versione aggiornata delle schede di approfondimento regionali, che alla data dello scorso 31 gennaio registra 147.875 denunce di infortunio sul lavoro da nuovo Coronavirus, pari a circa un quarto delle denunce complessive di infortunio pervenute all’Inail dall’inizio del 2020 e al 5,8% dei contagiati nazionali totali comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla fine di gennaio. I casi in più rispetto ai 131.090 del mese precedente sono 16.785 (+12,8%).

Oltre un quarto delle denunce in novembre. Le denunce sono concentrate soprattutto nei mesi di novembre (25,3%), marzo (19,2%), ottobre (15,9%), dicembre (15,1%), aprile (12,4%) e gennaio 2021 (6,0%), per un totale del 93,9%, mentre il rimanente 6,1% riguarda gli altri mesi del 2020: maggio (2,6%), settembre (1,3%), febbraio (0,7%), giugno e agosto (0,6% per entrambi) e luglio (0,3%), oltre alle 16 denunce del gennaio 2020. Come emerge anche da questi dati, nel periodo estivo tra la prima e la seconda ondata era stato registrato un consistente ridimensionamento del fenomeno, fino alla leggera risalita rilevata a settembre, che lasciava presagire la ripresa dei contagi che ha caratterizzato i mesi successivi.

Nell’aprile 2020 il 40,8% dei casi mortali. I casi mortali rilevati al 31 gennaio sono 461, circa un terzo del totale dei decessi denunciati dal gennaio 2020, con un’incidenza dello 0,5% rispetto al complesso dei deceduti nazionali da Covid-19 comunicati dall’Iss alla stessa data. L’aumento rispetto ai 423 casi rilevati al monitoraggio del 31 dicembre è di 38 casi, di cui 13 avvenuti a gennaio 2021, 16 a dicembre e sette a novembre 2020. I restanti due decessi risalgono a marzo e aprile. Il consolidamento dei dati permette, infatti, di acquisire le informazioni non disponibili nei mesi precedenti. A differenza del complesso delle denunce, i casi mortali sono concentrati soprattutto nella prima ondata dei contagi. Il 72,9% dei decessi da Covid-19 denunciati all’Inail, infatti, sono avvenuti nel trimestre marzo-maggio 2020, con un picco del 40,8% nel solo mese di aprile, contro il 24,3% del periodo ottobre 2020-gennaio 2021. I casi mortali riguardano soprattutto gli uomini (82,9%) e le fasce di età 50-64 anni (71,1%) e over 64 anni (19,1%).

Più contagiati tra le donne e nella fascia 50-64 anni. Il rapporto tra i generi si inverte prendendo in considerazione il complesso delle denunce. La quota femminile sul totale, infatti, è pari al 69,6% e sale al 70,4% per i casi avvenuti in gennaio. L’età media dei contagiati dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni (59 per i casi mortali). Il 42,1% delle infezioni di origine professionale denunciate riguarda la classe 50-64 anni. Seguono le fasce 35-49 anni (36,8%), under 34 anni (19,3%) e over 64 anni (1,8%). L’86,0% delle denunce riguarda lavoratori italiani. Il restante 14,0% sono stranieri, concentrati soprattutto tra i lavoratori rumeni (pari al 20,9% dei contagiati stranieri), peruviani (13,5%), albanesi (8,0%), ecuadoregni (4,5%) e moldavi (4,3%). Concentrando l’analisi sui casi mortali, la quota dei lavoratori italiani sale all’89,8%, mentre la comunità straniera più colpita risulta essere quella peruviana (con il 19,1% dei decessi dei lavoratori stranieri), seguita da quelle rumena (12,8%) e albanese (10,6%).

Confermato il primato negativo del Nord-Ovest. Dall’analisi territoriale emerge una distribuzione delle denunce del 45,6% nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 27,1%), del 23,9% nel Nord-Est (Veneto 10,4%), del 14,2% al Centro (Lazio 5,9%), dell’11,8% al Sud (Campania 5,4%) e del 4,5% nelle Isole (Sicilia 2,9%). Le province con il maggior numero di contagi da inizio pandemia sono quelle di Milano (10,5%), Torino (7,2%), Roma (4,7%), Napoli (3,8%), Brescia, Varese e Verona (2,7%), Genova (2,5%), Bergamo e Cuneo (2,0%). Milano è anche la provincia che registra il numero più alto di contagi di origine professionale nel mese di gennaio, seguita da Roma, Torino, Verona e Palermo. Sono però le province di Fermo, Sud Sardegna, Campobasso, Lecce e Gorizia quelle che registrano i maggiori incrementi percentuali rispetto alla rilevazione del mese precedente. Prendendo in considerazione i soli casi mortali, la percentuale del Nord-Ovest sale al 48,9% (prima la Lombardia con il 35,4%), mentre il Sud con il 20,8% dei decessi (contro l’11,8% riscontrato sul complesso delle denunce) precede il Centro (14,3%), il Nord-Est (11,7% rispetto al 23,9% del totale delle denunce) e le Isole (4,3%). Le province che contano più decessi dall’inizio della pandemia sono quelle di Bergamo (9,5%), Milano (8,9%), Napoli (6,9%), Roma (6,1%), Brescia (5,6%), Cremona (4,1%), Torino (3,7%) e Genova (3,3%).

Nella sanità il 68,8% delle denunce e il 25,9% dei decessi. Tra le attività produttive, il settore della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – si conferma al primo posto con il 68,8% del totale delle denunce e il 25,9% dei decessi codificati, seguito dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), con il 9,2% dei contagi e il 10,7% dei casi mortali. Gli altri settori più colpiti sono i servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero (tra cui gli addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare), al secondo posto per numero di decessi con il 13,2% del totale, le attività dei servizi di alloggio e ristorazione, il trasporto e magazzinaggio e le altre attività di servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere…), le attività professionali, scientifiche e tecniche (consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale) e il commercio all’ingrosso e al dettaglio.

L’andamento del fenomeno nelle tre fasi della pandemia. Dividendo l’intero periodo di osservazione in tre intervalli – fase di “lockdown” (fino a maggio 2020 compreso), fase “post lockdown” (da giugno a settembre 2020) e fase di “seconda ondata” dei contagi (ottobre 2020-gennaio 2021) – si riscontrano significative differenze in termini di incidenza del fenomeno. Per l’insieme dei settori della sanità, assistenza sociale e amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl - e amministratori regionali, provinciali e comunali) si osserva, infatti, una progressiva riduzione dell’incidenza delle denunce tra le prime due fasi e una risalita nella terza, comunque inferiore a quella osservata nella prima fase anche, probabilmente, per una migliore gestione del rischio (si è passati dall’80,4% dei casi codificati nel primo periodo al 54,7% del periodo giugno-settembre, per poi risalire al 77,7% nel quadrimestre ottobre-gennaio). Viceversa l’incidenza di altri settori, con la graduale ripresa delle attività, in particolare nel periodo estivo, è aumentata tra le prime due fasi e si è ridotta nella terza. È il caso, per esempio, dei servizi di alloggio e ristorazione (passati dal 2,5% del primo periodo al 5,8% del secondo e al 2,4% del terzo) o i trasporti (passati, rispettivamente, dall’1,2% al 5,5% al 2,2%). Il decremento in termini di incidenza osservato nell’ultimo quadrimestre nei servizi di alloggio e ristorazione e nei trasporti non deve però trarre in inganno. A partire dal mese di ottobre in questi settori, come in tutti gli altri, il numero dei casi è aumentato sensibilmente. A diminuire è la loro quota sul totale, a fronte del più consistente aumento che caratterizza, sia in valore assoluto che relativo, la sanità.

Le professioni più colpite. Con il 39,2% delle denunce, l’82,7% delle quali relative a infermieri, e l’11,2% dei casi mortali codificati (il 68,0% infermieri), la categoria dei tecnici della salute è quella più coinvolta dai contagi. Seguono gli operatori socio-sanitari con il 19,3% delle denunce (e il 5,1% dei decessi), i medici con il 9,2% (6,7% dei decessi), gli operatori socio-assistenziali con il 7,3% (3,3% dei decessi) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,8% (4,2% dei decessi). Tra le altre professioni spiccano quelle degli impiegati amministrativi, con il 3,9% delle denunce e il 10,7% dei casi mortali, degli addetti ai servizi di pulizia, dei conduttori di veicoli e dei direttori e dirigenti amministrativi e sanitari.

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Fonte: INAIL

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La professione dell'ingegnere in ottica di genere

ID 12874 | | Visite: 1807 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Professione ingegnere

La professione dell'ingegnere in ottica di genere

INAIL, 2021

La professione dell'ingegnere in ottica di genere - Uno studio diretto sulle professioni tecniche

Lo studio condotto inquadra le diverse attività svolte dalle donne impegnate nelle professioni tecniche che, oltre a un corposo lavoro di concetto, effettuano sopralluoghi in ambienti ad alto rischio come i cantieri temporanei e mobili, lavori in sotterraneo, opifici spetto situati in aree industriali delocalizzate rispetto ai centri urbani.

Vengono analizzate le criticità legate alle professioni tecniche espresse dalle lavoratrici, utili per una corretta valutazione dei rischi in ottica di genere.

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I SEZIONE - Fondamenti giuridici dell’assicurazione
Capitolo I - Inquadramento normativo
1.1 Requisiti del rapporto assicurativo
1.2 Oggetto dell’assicurazione
1.3 Attività rischiose
1.4 Soggetti assicurati
1.4.1 Soci e parasubordinati in Industria e Terziario
1.5 La previdenza dei professionisti
1.5.1 Inarcassa
Capitolo 2 - Il premio assicurativo
2.1 Determinazione del premio
2.2 Inquadramento aziendale Inps
2.2.1 Settori di attività
FONTI
II SEZIONE - Dati statistici
Capitolo 3 - Istat e Inail a confronto
3.1 Popolazione
3.1.1 Occupati
3.2 Assicurati Inail
3.3 Rapporto tra Occupati e Assicurati Inail
3.4 Ingegneri iscritti agli ordini professionali
3.4.1 Ingegneri: in aumento la presenza femminile
3.4.2 La professionalità in ottica di genere
Capitolo 4 - Dati statistici
4.1 Nota metodologica per l’analisi dei dati
4.2 Infortuni sul lavoro riconosciuti
4.2.1 Studio sulla Gestione Industria e Servizi
4.3 Casi mortali riconosciuti
4.3.1 Studio sulla Gestione Industria e Servizi
4.4 Malattie professionali riconosciute
4.4.1 Studio sulla Gestione Industria e Servizi
Elenco tabelle
Bibliografia
Sitografia
III SEZIONE - La valutazione del rischio in ottica di genere
Capitolo 5 - La valutazione del rischio in ottica di genere: gli ingegneri
5.1 Introduzione
5.2 Materiali e metodi
5.3 Valutazione dei rischi
5.3.1 La valutazione dei rischi in ottica di genere degli ingegneri
5.4 Mitigazione del rischio
Bibliografia e sitografia
Capitolo 6 - Questionario per la rilevazione in ottica di genere delle criticità legate al lavoro che possino avere ricadute sulla salute e sicurezza delle professiste tecniche

Fonte: INAIL

Monitoraggio sugli operatori sanitari risultati positivi a Covid-19

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Monitoraggio operatori sanitari covid 19

Monitoraggio sugli operatori sanitari risultati positivi a Covid-19

Monitoraggio sugli operatori sanitari risultati positivi a Covid-19 dall’inizio dell’epidemia fino al 30 aprile 2020: studio retrospettivo in sette regioni italiane

La pubblicazione, frutto di un lavoro tecnico di ricerca condotto dall’Inail, in collaborazione con l’ISS, è stata realizzata grazie al prezioso contributo delle regioni nella raccolta dei dati relativi al personale sanitario contagiato, consentendo di realizzare lo studio retrospettivo descritto nel volume.

ll documento affronta il tema del contagio tra il personale sanitario che, fin dalle primissime fasi, ha svolto un ruolo cruciale nella gestione dell'epidemia sia per la cura in prima linea dei pazienti infetti, con il conseguente maggior rischio di esposizione, sia nell’assicurare la piena implementazione delle misure di prevenzione e controllo per il contenimento del contagio. Questo ha determinato un'elevata diffusione di contagi tra gli operatori sanitari con percentuali molto elevate rispetto ai casi registrati nella popolazione generale.

Il documento riporta i dati di una ricerca condotta in collaborazione con sette regioni italiane all’indomani della manifestazione del virus e fino al 30 aprile 2020. Ad essere più colpita la categoria degli infermieri (48%), maggiormente contagiate le operatrici sanitarie (67%), luogo prevalente di infezione le strutture ospedaliere (94%)

Contagio tra i tecnici della salute covid-19

Dall’inizio della pandemia e fino al 30 aprile 2020, tra i tecnici della salute la categoria degli infermieri (47,9%) è stata quella più colpita dall’infezione derivante dal nuovo Coronavirus. A seguire, i medici, con il 20,5%, e gli operatori socio-sanitari con il 19,7%. Guardando al genere, a essere maggiormente contagiate sono state le donne (67,4%) rispetto agli uomini (32,6%), con un’età media pari a 47,4 anni e mediana pari a 49 anni. Anche queste cifre confermano che a fronteggiare per primi un “nemico” dal profilo iniziale ancora indefinito sono stati gli addetti del sistema sanitario. I dati emergono dal documento sul monitoraggio degli operatori sanitari risultati positivi al Covid-19 nei primi mesi dell’emergenza epidemiologica, compiuto attraverso uno studio retrospettivo in sette regioni italiane.

Uno studio Inail-Iss in collaborazione con sette regioni. La pubblicazione è frutto di un lavoro tecnico di ricerca curato dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità e con le regioni Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Abruzzo, Puglia e Sicilia. Condiviso con il Comitato tecnico-scientifico (Cts) istituito presso il Dipartimento della Protezione Civile nella seduta del 5 marzo scorso, lo studio è consultabile sul sito dell’Istituto, insieme agli altri documenti tecnici relativi all’emergenza sanitaria.

Fondamentale il ruolo degli operatori sanitari nella gestione dell’epidemia. Nel report viene affrontato il tema del contagio tra gli operatori sanitari fotografando l’epidemia dai suoi albori, quando cioè la comparsa di un agente virale e di una patologia del tutto nuovi e sconosciuti ha determinato serie difficoltà per il sistema sanitario nazionale in termini di diagnosi, tracciamento e trattamento dei casi. Come viene ricordato in premessa, fin dalle primissime fasi il personale sanitario ha svolto un ruolo cruciale nella gestione dell’epidemia, sia per la cura in prima linea dei pazienti infetti, con il conseguente maggior rischio di esposizione, sia nell’assicurare la piena implementazione delle misure di prevenzione e controllo per il contenimento del contagio.

Un’analisi suddivisa in quattro macro-aree territoriali. Nella ricerca Inail-Iss, le circa 16mila schede valide esaminate al termine del monitoraggio, provenienti dalle sette regioni citate e relative agli operatori sanitari risultati positivi durante la prima ondata dell’epidemia da Sars-CoV-2, hanno consentito di raggruppare le regioni in quattro macro-aree. In particolare la Lombardia rappresenta il Nord-Ovest (63,7%), il Veneto confluisce nel Nord-Est (19,6%), il Lazio e la Toscana afferiscono al Centro (10,8%) e l’Abruzzo, la Puglia e la Sicilia nella macro-area Sud e Isole (6,0%).

Il contagio si è verificato prevalentemente in ospedale. Riguardo alla tipologia di struttura in cui sono avvenuti i contagi, dallo studio risulta che sul campione totale il 76,5% dei casi in esame ha operato prevalentemente in strutture di ricovero e cura. Tra queste, la maggior parte (94,2%) era costituita da strutture ospedaliere. A seguire, con il 4,2%, le strutture socio-sanitarie (residenze sanitarie assistenziali, case riposo/case famiglia, hospice).

Ricoveri e modalità di contagio. La ricerca ha approfondito anche gli aspetti riguardanti in maniera più specifica il contagio da Covid-19. È emerso che gli operatori sanitari ospedalizzati sono stati 3.633, pari al 22,8% del campione totale, i ricoverati in terapia intensiva 197 (1,2%) e 63 gli operatori deceduti (0,4%). Quanto infine alle modalità di contagio, nei casi in cui questa informazione era disponibile, il 52,5% ha dichiarato di aver avuto un contatto in ambito famigliare o in altro ambito mentre il 47,5% ha sostenuto di aver avuto un contatto stretto in ambito lavorativo, di cui la parte prevalente è costituita dal contatto con un paziente.

L’abbassamento della curva grazie all’approfondimento sul virus e all’uso dei dispositivi di protezione. Anche da questo documento, quindi, si rileva che all’inizio della pandemia si è registrata un’elevata diffusione di infezioni tra gli operatori sanitari, con percentuali molto alte rispetto ai casi riscontrati nella popolazione generale. Solo dopo diverse settimane, spiegano gli autori della ricerca, sono state registrate percentuali di assestamento intorno al 3-4%. Un risultato dovuto al miglioramento delle conoscenze, all’aumentata capacità di testing e di disponibilità dei dispositivi di protezione individuale, nonché alla campagna vaccinale iniziata a fine dicembre 2020. In questo modo è stato possibile mitigare il rischio, favorendo tra gli operatori sanitari una riduzione della curva dei contagi.

...

INDICE
Introduzione
Metodologia
Scheda di rilevazione
Analisi dei dati
Risultati
Caratteristiche socio-demografiche
Caratteristiche professionali e lavorative
Caratteristiche delle strutture
Informazioni relative al contagio
Identificazione come contatto stretto
Patologie preesistenti
Incidenza
Confronto con i dati della sorveglianza epidemiologica integrata dell’ISS
Conclusioni
Bibliografia

Fonte: INAIL

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Ri-conoscere per prevenire i fenomeni di molestia e violenza sul luogo di lavoro

ID 13038 | | Visite: 1639 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Ri conoscere

Ri-conoscere per prevenire i fenomeni di molestia e violenza sul luogo di lavoro

INAIL, 2021

I Comitati unici di garanzia contribuiscono all'attuazione del protocollo di intesa per la prevenzione e il contrasto di violenze e molestie nei luoghi di lavoro, sottoscritto con i Dipartimenti per la Funzione pubblica e Pari opportunità, attraverso azioni a supporto dell'informazione e formazione del personale oltre che non iniziative di vario genere descritte nel protocollo.

Una delle preliminari azioni è fornire al personale informazioni che, seppur di carattere generale, possono essere d'aiuto nel riconoscere i fenomeni e individuare gli interlocutori cui rivolgersi.

...

Fonte: INAIL

Collegati

Rischio Atmosfere iperbariche | Quadro normativo

ID 11340 | | Visite: 9616 | Documenti Riservati Sicurezza

Rischio atmosfere iperbariche

Rischio Atmosfere iperbariche | Quadro normativo

ID 11340 | 11.08.2020

Sono lavoratori esposti ad atmosfere iperbariche i lavoratori che effettuano la loro attività in condizioni iperbariche ovvero in ambienti in cui la pressione è del 10% superiore alla pressione a livello del mare.

Il fattore specifico di rischio da esposizione ad atmosfere iperbariche è inserito tra i fattori di rischio fisici nel Titolo VIII del D.lgs 81/2008

Articolo 180 - Definizioni e campo di applicazione
1. Ai fini del presente Decreto Legislativo per agenti fisici si intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche, di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

L’esposizione ad ambiente iperbarico può causare sia effetti di tipo acuto che di tipo cronico (barotrauma, intossicazione da gas inalati, patologie decompressive), con conseguenze più o meno gravi, che vanno dall’irritazione cutanea alla morte. I sintomi compaiono o durante o a seguito dell’esposizione, nel passaggio dall’ambiente in sovrapressione alla pressione atmosferica di partenza.

Il termine “immersione” deve essere interpretato come esposizione ad un aumento della pressione della miscela respiratoria.

Il rischio da esposizione ad atmosfera iperbarica è sempre da valutare tenendo in considerazione gli altri fattori di rischio lavorativi a cui il soggetto è esposto nelle differenti condizioni lavorative.

Il presente elaborato risulta essere così strutturato:

1. Attività lavorative in atmosfere iperbariche
2. Normativa
3. Effetti dell'esposizione ad atmosfere iperbariche
4. Valutazione del rischio da esposizione ad Atmosfere Iperbariche
5. Prevenzione e Protezione
5.1 Attivita’ iperbariche a secco (cassonisti/lavori di escavazione in tunnel: TBM)
5.2 Attività subacquee
5.3 Attivita' iperbarica in ambito sanitario: ossigeno terapia iperbarica

Excursus

Attività lavorative in atmosfere iperbariche

Le attività lavorative interessate dalle atmosfere iperbariche sono:

- Attività iperbariche a secco
- Attività subacquee

ATTIVITA' IPERBARICHE A SECCO:

CASSONISTI: i cassonisti sono coloro che eseguono lavori in un cassone ad aria compressa.
Il cassone è un contenitore stagno che appoggia sul fondo del mare. Poiché tenderebbe spontaneamente ad allagarsi, si tiene fuori l’acqua pompando all’interno aria compressa alla pressione corrispondente alla quota di lavoro. Attualmente questa categoria di lavoratori è quasi scomparsa.
LAVORI DI ESCAVAZIONE NEI TUNNEL: nei lavori di escavazione meccanizzate mediante sistemi TBM (Tunnel Bore Machine), EPB (Earth Pressure Balanced) l’effettuazione dello scavo avviene in sovrapressione, controbilanciando la pressione litostatica ed idrostatica relativa al materiale scavato: nel caso in cui il personale addetto abbia necessità di entrare nella camera di scavo, deve far necessario ricorso a camere iperbarich. La lavorazione può avvenire in roccia, suolo, sottosuolo o anche sotto il livello del mare con pressioni che comunque superano almeno di 100 Pa la pressione atmosferica.

ATTIVITA' IPERBARICA IN AMBITO SANITARIO: Ossigeno Terapia Iperbarica

L’Ossigenoterapia Iperbarica (OTI) è la somministrazione incruenta di Ossigeno puro (o di miscele gassose iperossigenate), che avviene all’interno di speciali ambienti, le Camere Iperbariche, che vengono portati ad una pressione superiore a quella atmosferica mediante pressurizzazione con aria compressa, mentre il paziente, all'interno, respira Ossigeno puro (o miscele gassose iperossigenate) in circuito chiuso, attraverso maschere, caschi o tubi endotracheali.
TECNICI E MEDICI IPERBARICI: Il personale che presta servizio all'interno della Camera Iperbarica per l’assistenza ai pazienti o per interventi tecnici dentro la camera iperbarica è esposto a rischio da atmosfere iperbariche

ATTIVITA' SUBACQUEE:

SOMMOZZATORI IN SERVIZIO LOCALE: il sommozzatore in servizio locale, altrimenti detto subacqueo di porto, è la figura di riferimento per i piccoli e medi lavori portuali e di raddobbo delle navi in porto. Effettua immersioni umide respirando aria in ambienti confinati. I suoi compiti solitamente consistono nel lavorare sott’acqua per posare e riparare ponti, moli e fondamenta di arginamento portuali, ispezionare gli scafi delle navi e le installazioni subacquee per rilevare eventuali danni ed effettuare delle riparazioni minori, accertare la condizione delle navi naufragate, liberare gli ostacoli sott’acqua, praticare i fori per l'esplosivo sott'acqua, realizzare immersioni legate ad operazioni di salvataggio, di recupero o di ricerca di annegati, coordinare altri lavoratori.
SUBACQUEI DI BASSO E ALTO FONDALE: il subacqueo di basso fondale opera a profondità che vanno da pochi metri fino a 50 metri in acque libere. Impiega aria ma anche miscele diverse che vanno dall’ossigeno puro al nitrox. I suoi compiti sono di supporto alle attività estrattive per la parte sommersa dell’impianto: montaggi di parti della trivella, saldature, verifica saldature, etc. Il subacqueo di alto fondale esegue le stesse operazioni, ma a profondità che vanno da 50 a 300 metri con l’impiego di ombelicale e miscele studiate ad hoc.
SUBACQUEI ADDETTI AD ATTIVITA’ RICREATIVE: sono i subacquei che formano e accompagnano i turisti subacquei. I lavoratori che operano in questo settore si dividono in professionisti e dilettanti. I primi sono coloro che hanno un’altra attività subacquea professionale che si accompagna a quella di istruttore o di guida. I dilettanti sono coloro che hanno un mestiere principale che si sviluppa fuori dall’acqua. Il compito dell’istruttore è di formare l’allievo a tutte le procedure che ne renderanno sicura la permanenza sott’acqua. Opera prevalentemente in piscina ed usa esclusivamente aria.
La guida subacquea ha il compito di portare sott’acqua un subacqueo autonomo o meno e di curarne la sicurezza ma soprattutto il divertimento, conducendolo dove l’immersione è più interessante e agevole. Respira prevalentemente aria e saltuariamente nitrox, sempre in ambiente umido.
SUBACQUEI DEI CORPI DELLO STATO: i subacquei dei Corpi dello Stato svolgono servizi di natura varia ma, in generale, deputati a risolvere situazioni che si sono create per effetto di cause naturali o umane. Respira prevalentemente aria e saltuariamente nitrox, sempre in ambiente umido.
RICERCATORI SUBACQUEI: il ricercatore subacqueo esegue rilievi di carattere scientifico che non possono essere compiuti, senza la necessaria professionalità scientifica specifica, da parte di un operatore subacqueo professionale. Il personale impiegato ha un’estrazione varia: studenti, dottorandi, ricercatori e professori. Respira prevalentemente aria e saltuariamente nitrox, sempre in ambiente umido.
PESCATORI SUBACQUEI PROFESSIONALI: sono altrimenti detti corallari. La loro attività si esplica essenzialmente nella raccolta ad alta profondità di corallo ed altre specie. Operano in ambiente umido e inspirano miscele a bassa pressione parziale di ossigeno con sostituzione del gas inerte.
ALTRE ATTIVITA’ SUBACQUEE: in questa categoria rientrano tutti coloro che non rientrano nelle precedenti categorie. Ad esempio ultimamente sono sempre di più gli operatori che si occupano della pulizia e manutenzione di piscine e grandi acquari

Normativa

DECRETO LEGGE 24 Gennaio 2012

DECRETO PRESIDENTE REPUBBLICA 20 marzo 1956, n. 321 Norme per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro nei cassoni ad aria compressa (G.U. 5 maggio 1956, n. 109, suppl. ord.).

DECRETO PRESIDENTE REPUBBLICA 23 marzo 1998, n. 126 Regolamento recante norme per l'attuazione della direttiva 94/9/CE in materia di apparecchi e sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva LEGGE 21 dicembre 1978, n. 845, Legge-quadro in materia di formazione professionale. (GU n.362 del 30-12-1978)

DECRETO MINISTERIALE 13 gennaio 1979 (in Gazzetta Ufficiale, 16 febbraio, n. 47). Istituzione della categoria dei sommozzatori in servizio locale

DECRETO MINISTERIALE 2 febbraio 1982 Modificazioni al decreto ministeriale 13 gennaio 1979 istitutivo della categoria dei sommozzatori in servizio locale.

 DECRETO MINISTERIALE 20 ottobre 1986 (in G U, 2 dicembre, n° 280). Disciplina della pesca subacquea professionale.

Si rappresenta che in data 23 giugno 2020 è stata presentata una proposta di legge "Disciplina delle attività subacquee e iperbariche" (Atto camerca n. 2553).

La proposta di legge stabilisce i princìpi fondamentali in materia di attività subacquee e iperbariche e di servizi di carattere ricreativo.

Estratto Proposta di Legge:

Art. 3. (Definizioni)
1. Sono operatori subacquei e iperbarici professionali coloro i quali compiono, a titolo professionale, anche se in modo non esclusivo o non continuativo, attività connesse a lavori subacquei o iperbarici in mare e in acque interne, a profondità con pressione superiore a quella atmosferica, ovvero a pressione atmosferica con l'ausilio di appositi mezzi, strutture o veicoli subacquei.
2. Sono imprese subacquee o iperbariche le imprese che eseguono lavori subacquei o iperbarici, comprese quelle che producono impianti iperbarici.
Art. 4. (Qualifiche professionali e ambiti operativi)
1. Ai fini di cui alla presente legge, per operatore tecnico subacqueo (OTS) si intende colui che, avendo acquisito le necessarie competenze attraverso un apposito iter formativo, è in grado di effettuare immersioni subacquee a scopo lavorativo a profondità e a pressione variabili, in rapporto al proprio livello di qualificazione, utilizzando attrezzature individuali di protezione termica e sistemi e attrezzature per la respirazione di gas compressi; per operatore tecnico iperbarico (OTI) si intende colui che è addetto alla manovra delle camere iperbariche e agli impianti di saturazione ovvero colui che, avendo acquisito le necessarie competenze attraverso un apposito iter formativo, è in grado di manovrare e di utilizzare l'impianto iperbarico di supporto alle attività subacquee professionali, in modo tale che agli OTS, soggetti agli agenti iperbarici, siano in ogni momento assicurate ottimali condizioni fisiologiche.
2. L'iscrizione nel registro di cui all'articolo 5 avviene per le seguenti qualifiche professionali:
a) operatore di basso fondale, che effettua immersioni fino alla profondità di 50 metri;
b) operatore di alto fondale, che effettua immersioni anche oltre 50 metri di profondità con il supporto di impianti iperbarici;
c) OTI.
Art. 5. (Registro degli operatori subacquei e iperbarici professionali)
1. Il registro dei sommozzatori in servizio locale, tenuto dal comandante del porto ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Ministro della marina mercantile 13 gennaio 1979, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 16 febbraio 1979, assume la denominazione di registro degli operatori subacquei e iperbarici professionali.
2. È fatto divieto a chiunque non sia iscritto nel registro di cui al comma 1 di svolgere a titolo professionale, anche in modo non esclusivo e non continuativo, l'attività di OTS e di OTI.
3. L'iscrizione nel registro di cui al comma 1 consente all'operatore di esercitare la sua attività nel territorio nazionale e dell'Unione europea.
Art. 6. (Requisiti per l'iscrizione nel registro degli operatori subacquei e iperbarici professionali)
1. Per l'iscrizione nel registro di cui all'articolo 5 sono necessari i seguenti requisiti:
a) maggiore età;
b) cittadinanza italiana o di altro Stato membro dell'Unione europea. Possono chiedere l'iscrizione anche i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea che sono in possesso di un valido titolo di soggiorno rilasciato in conformità alla normativa nazionale in materia di immigrazione;
c) possesso di un titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado o di una qualifica professionale di durata almeno triennale, compresi quelli conseguiti all'estero e riconosciuti;
d) possesso di un attestato di qualificazione professionale rilasciato al termine di corsi effettuati dagli assessorati regionali preposti alla formazione professionale, aventi strutture tecniche e didattiche idonee, ovvero da scuole o centri di formazione professionale, aventi strutture tecniche e didattiche idonee, autorizzati dalle regioni territorialmente competenti;
e) in alternativa a quanto disposto dalla lettera d), possesso di un attestato di qualificazione professionale rilasciato da una scuola militare o da una scuola di un corpo dello Stato;
f) sana e robusta costituzione fisica, esente da difetti dell'apparato cardio-vascolare e otorino-laringoiatrico nonché da alterazioni del sistema neurologico e psichico, accertata da un medico del Ministero della salute in servizio presso gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF) o presso i servizi territoriali per l'assistenza sanitaria al personale navigante (SASN), da centri o da servizi di medicina iperbarica delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere o delle strutture universitarie provviste delle necessarie autorizzazioni regionali per la specifica attività, da un ufficiale medico appartenente alle Forze armate che abbia conseguito l'abilitazione o la specializzazione in medicina subacquea, da un medico specialista in medicina del nuoto e delle attività subacquee o da un medico diplomato con master universitario di II livello in medicina subacquea e iperbarica, entrambi in possesso anche di una certificazione di livello II D DMAC/EDTC med, convenzionato o accreditato dal Servizio sanitario nazionale, di seguito denominato «medico subacqueo»;
g) assenza di condanne per un delitto punibile con una pena superiore a tre anni di reclusione o per un delitto contro la fede pubblica che preveda l'interdizione dai pubblici uffici, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione.
2. Per i cittadini stranieri il titolo di qualificazione professionale per l'iscrizione nel registro di cui all'articolo 5 è valido solo se è legalmente riconosciuto nello Stato che lo ha rilasciato.

Buone prassi

Buone prassi per lo svolgimento in sicurezza delle attività subacquee – Approvate dalla Commissione Consultiva Permanente ex. Art.6 INAIL-ISPRA-ARPA (2013).

Norme tecniche

UNI 11366: 2010 - Sicurezza e tutela della salute nelle attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio dell’industria – Procedure operative
La norma definisce i criteri e le modalità per l’esecuzione di attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio dell’industria, le caratteristiche delle attrezzature e degli equipaggiamenti utilizzati ed i requisiti di natura professionale che deve possedere il personale coinvolto, tali da garantire la sicurezza e la tutela della salute dei medesimi lavoratori durante l’espletamento delle attività. La suddetta norma viene richiamata nel Decreto Legga 24 Gennaio 2012, un riferimento che le conferisce dunque un valore cogente.
UNI ISO 11107:2010 - Servizi per l'immersione ricreativa - Requisiti per i programmi di addestramento per le immersioni con aria arricchita nitrox (EAN)
La norma specifica il livello di competenza richiesto ad un subacqueo per conferirgli una certificazione di subacqueo con aria arricchita nitrox da parte di una organizzazione di addestramento. La norma specifica, inoltre, le condizioni alle quali deve essere fornito questo addestramento, in aggiunta ai requisiti generali per i servizi di immersione ricreativa specificati nella ISO 24803.
UNI ISO 11121:2010 - Servizi per l'immersione ricreativa - Requisiti per i programmi di addestramento introduttivi alle immersioni subacquee
La norma specifica i requisiti minimi per le organizzazioni di addestramento che offrono programmi di addestramento introduttivi all'esperienza di immersione subacquea, rivolti a non subacquei. Si applica a programmi che includono partecipanti che sono portati in un ambiente acquatico aperto. Essa non si applica a programmi che sono condotti esclusivamente in un ambiente acquatico confinato (per esempio le piscine). La norma specifica, inoltre, le condizioni alle quali deve essere fornito questo servizio, in aggiunta ai requisiti generali per i servizi di immersione ricreativa specificati nella ISO 24803.
UNI EN 15565:2008 - Servizi turistici - Requisiti per l'erogazione di programmi di formazione professionale e di qualifica delle guide turistiche
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 15565 (edizione marzo 2008). La norma specifica i requisiti minimi per l'erogazione di programmi di formazione professionale e qualifica delle guide turistiche.
UNI EN ISO 24801-1:2014 - Servizi per l'immersione ricreativa - Requisiti per la formazione di subacquei ricreativi - Parte 1: Livello 1 - Subacqueo non autonomo e/o guidato (Supervised Diver)
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN ISO 24801-1 (edizione aprile 2014). La norma specifica le competenze che un subacqueo ricreativo deve acquisire affinché gli venga assegnata la qualifica di subacqueo ricreativo dall’Organizzazione di formazione, che indica che egli ha raggiunto o superato il livello 1 di subacqueo ricreativo "Subacqueo non autonomo" e/o guidato e specifica i criteri di valutazione di tali competenze.
UNI EN ISO 24801-3:2014 - Servizi per l’immersione ricreativa - Requisiti per la formazione di subacquei ricreativi - Parte 3: Livello 3 – Guida subacquea (Dive leader)
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN ISO 24801-3 (edizione aprile 2014). La norma specifica le competenze che un subacqueo ricreativo deve acquisire affinché gli venga assegnata la qualifica di subacqueo ricreativo dall’Organizzazione di formazione, che indica che egli ha raggiunto o superato il livello 3 di subacqueo ricreativo "Guida subacquea" e specifica i criteri di valutazione di tali competenze.
UNI EN ISO 24802-1:2014 - Servizi per l'immersione ricreativa - Requisiti per la formazione degli istruttori subacquei - Parte 1: Livello 1
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN ISO 24802-1 (edizione aprile 2014). La norma specifica le competenze che un istruttore subacqueo deve acquisire affinché gli venga assegnata la qualifica di istruttore subacqueo dall’Organizzazione di formazione, che indica che egli ha raggiunto o superato il livello 1 di istruttore subacqueo e specifica i criteri di valutazione di tali competenze.
UNI EN ISO 24802-2:2014 - Servizi per l'immersione ricreativa - Requisiti per la formazione degli istruttori subacquei - Parte 2: Livello 2
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN ISO 24802-2 (edizione aprile 2014). La norma specifica le competenze che un istruttore subacqueo deve acquisire affinché gli venga assegnata la qualifica di istruttore subacqueo dall’Organizzazione di formazione, che indica che egli ha raggiunto o superato il livello 2 di istruttore subacqueo e specifica i criteri di valutazione di tali competenze.
ISO 24803:2007 - Recreational diving services -- Requirements for recreational scuba diving service providers
La presente norma specifica i requisiti per i fornitori di servizi nell’ambito della subacquea ricreativa.
In particolare specifica 3 aree di forniture di servizi:
-formazione ed istruzione
-immersioni organizzate e guidate per subacquei certificati
- noleggio di attrezzature subacquee
UNI EN 14467:2006 - Servizi per l'immersione ricreativa - Requisiti per i fornitori di servizi per l'immersione subacquea ricreativa
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 14467 (edizione febbraio 2004). La norma specifica i requisiti per i fornitori dei seguenti servizi nell'ambito dei servizi per l'immersione:
- addestramento e formazione;
- immersioni guidate e organizzate;
- fornitura dell'attrezzatura per le immersioni.
I fornitori di servizio possono offrire uno o più dei precedenti servizi. La norma definisce la natura e la qualità dei servizi al cliente e si applica solamente in un ambito contrattuale.
UNI EN 144-1: 2006 - Apparecchi di protezione delle vie respiratorie - Valvole per bombole per gas - Parte 1: Raccordo filettato per gambo di collegamento
La presente norma è la versione ufficiale in lingua italiana della norma europea EN 144-1 (edizione agosto 2000), dell’aggiornamento A1 (edizione aprile 2003) e dell’aggiornamento A2 (edizione giugno 2005). La norma si applica al collegamento tra una valvola per bombola di gas e una bombola per gas per apparecchi di protezione delle vie respiratorie. Essa specifica le dimensioni e le tolleranze dei raccordi filettati da utilizzare negli apparecchi di protezione delle vie respiratorie e contiene i requisiti di resistenza all’impatto per il collegamento tra una bombola per gas e una valvola per bombola per gas.
UNI EN 144-2:2000 - Apparecchi di protezione delle vie respiratorie - Valvole per bombole per gas - Raccordi di uscita
La presente norma è la versione ufficiale in lingua italiana della norma europea EN 144-2 (edizione novembre 1998). La norma si applica al raccordo filettato usato per collegare la valvola della bombola per gas e il riduttore di pressione per i dispositivi di protezione delle vie respiratorie, ad eccezione di quelli per immersioni subacquee, contenenti aria respirabile, ossigeno o ossigeno/azoto. Essa specifica le dimensioni e le tolleranze per i raccordi utilizzati per gli apparecchi di protezione delle vie respiratorie.
UNI EN 144-3:2004 - Apparecchi di protezione delle vie respiratorie - Valvole per bombole per gas - Parte 3: Raccordi di uscita per gas per l'immersione subacquea, Nitrox e ossigeno
La presente norma è la versione ufficiale in lingua italiana della norma europea EN 144-3 (edizione febbraio 2003) e tiene conto dell’errata corrige del dicembre 2003 (AC:2003). La norma si applica al raccordo filettato usato per collegare la valvola della bombola per gas e il riduttore di pressione per gli apparecchi di protezione delle vie respiratorie per l immersione subacquea contenenti Nitrox respirabile con un tenore di ossigeno maggiore del 22% o ossigeno. La norma specifica le dimensioni e le tolleranze per i raccordi utilizzati per gli apparecchi di protezione delle vie respiratorie.
UNI EN 137:2007 - Dispositivi di protezione delle vie respiratorie - Autorespiratori a circuito aperto ad aria compressa con maschera intera - Requisiti, prove, marcatura
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 137 (edizione novembre 2006). La norma specifica i requisiti prestazionali minimi per autorespiratori a circuito aperto ad aria compressa con maschera intera utilizzati come dispositivi di protezione delle vie respiratorie, eccetto gli apparecchi per la fuga e per uso subacqueo. Questo equipaggiamento è destinato ad essere utilizzato in situazioni di lavoro in cui il rischio di sovrapressurizzazione delle bombole equipaggiate con le loro valvole, dovuto a condizioni ambientali molto calde, è basso. Prove di laboratorio e prove pratiche di impiego sono incluse per la verifica di conformità ai requisiti
UNI EN 138:1996 - Apparecchi di protezione delle vie respiratorie. Respiratori a presa d'aria esterna per l'uso con maschera intera, semimaschera o boccaglio. Requisiti, prove, marcatura
Versione in lingua italiana della norma europea EN 138 (edizione agosto 1994). Definisce i requisiti minimi e i relativi metodi di prova per i respiratori a presa d'aria esterna da utilizzare con maschere intere, semimaschere o boccagli come dispositivi di protezione delle vie respiratorie. Sono inoltre fornite indicazioni in merito alla marcatura e alle istruzioni per l'uso.
UNI EN 145:2001 - Apparecchi di protezione delle vie respiratorie - Autorespiratori a circuito chiuso ad ossigeno compresso o ad ossigeno-azoto compressi - Requisiti, prove, marcatura
La presente norma è la versione ufficiale in lingua italiana della norma europea EN 145 (edizione agosto 1997) e dell'aggiornamento A1 (edizione marzo 2000). La norma specifica i requisiti minimi per gli autorespiratori a circuito chiuso ad ossigeno compresso (O2) e ad ossigeno- azoto compressi (O2 - N2), utilizzati come apparecchi di protezione delle vie respiratorie, ad eccezione degli apparecchi destinati alla fuga e all'uso subacqueo.
UNI EN ISO 15027-1 :2012 - Tute di protezione termica in caso di immersione - Tute da indossare permanentemente, requisiti inclusa la sicurezza
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN ISO 15027-1 (edizione novembre 2012) e tiene conto delle correzioni introdotte il 21 novembre 2012. La norma specifica i requisiti prestazionali e di sicurezza delle tute di protezione termica in caso di immersione. Essa si applica alle tute da indossare permanentemente.
UNI EN ISO 15027-2 :2012 - Tute di protezione termica in caso di immersione - Tute per abbandono, requisiti inclusa la sicurezza
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN ISO 15027-2 (edizione novembre 2012). La norma specifica i requisiti prestazionali e di sicurezza delle tute di protezione termica in caso di immersione. Essa si applica alle tute per abbandono.
UNI EN ISO 15027-3 :2012 - Tute di protezione termica in caso di immersione - Parte 3: Metodi di prova
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN ISO 15027-3 (edizione novembre 2012) e tiene conto delle correzioni introdotte il 21 novembre 2012. La norma specifica i metodi di prova per le tute di protezione termica in caso di immersione. Essa si applica alle tute da indossare permanentemente e alle tute per abbandono.
UNI EN 1127-1:2011 - Atmosfere esplosive - Prevenzione dell'esplosione e protezione contro l'esplosione - Parte 1: Concetti fondamentali e metodologia
La presente norma e' la versione ufficiale della norma europea EN 1127-1 (edizione luglio 2011). La norma specifica i metodi per l'identificazione e la valutazione delle situazioni pericolose che conducono all'esplosione e le misure di progettazione e costruzione adeguate alla sicurezza richiesta.
UNI EN 1127-2:2014 - Atmosfere esplosive - Prevenzione dell'esplosione e protezione contro l'esplosione - Parte 2: Concetti fondamentali e metodologia per attività in miniera
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 1127-2 (edizione giugno 2014). La norma fornisce linee guida generali per la prevenzione dell’esplosione e la protezione contro le esplosioni nelle miniere mediante la definizione di concetti fondamentali e metodologia per la progettazione e costruzione di equipaggiamenti, sistemi di protezione e componenti.
UNI EN 1834-2:2001 - Motori alternativi a combustione interna - Requisiti di sicurezza per la progettazione e la costruzione di motori per l'utilizzo in atmosfere potenzialmente esplosive - Motori del gruppo I per l'utilizzo in lavori sotterranei in atmosfere grisoutose con o senza polveri infiammabili
La presente norma è la versione ufficiale in lingua italiana della norma europea EN 1834-2 (edizione gennaio 2000). La norma specifica i requisiti e/o le misure di sicurezza atte ad eliminare i pericoli e limitare i rischi relativi ai motori alternativi a combustione interna ad accensione per compressione appartenenti al gruppo I, categoria M 2, da utilizzarsi in lavori sotterranei in atmosfere grisoutose con o senza polveri infiammabili.
UNI EN 250:2006 - Respiratori - Autorespiratori per uso subacqueo a circuito aperto ad aria compressa - Requisiti, prove, marcatura
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 250 (edizione aprile 2014). La norma si applica agli autorespiratori per uso subacqueo a circuito aperto ad aria compressa e ai relativi gruppi componenti.
EN 14225-1:2005 - Mute umide
This document specifies the construction and performance requirements (including thermal) of wet suits for wear by divers for underwater activities where the user is breathing underwater. Marking, labelling, information to be provided at the point of sale, and instructions for use are also specified. Laboratory and practical performance tests are specified. Short sleeve jackets, short-leg trousers, under and over-garments, and separate accessories such as gloves, hoods and boots are not within the scope of this document.
EN 14225-2:2005 - Mute stagne
This document specifies the construction and performance, of dry suits for wear by divers for underwater activities where the user is breathing underwater. Marking, labelling, information to be provided at the point of sale, and instructions for use are also specified. Laboratory and practical performance tests are specified.
UNI EN 14931:2006 Camere iperbariche per persone - Camere iperbariche multiposto per terapia iperbarica - Prestazioni, requisiti di sicurezza e prove
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 14931 (edizione giugno 2006). La norma si applica alle prestazioni, ai requisiti di sicurezza e ai metodi di prova associati delle camere iperbariche multiposto per terapia iperbarica.

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Valutazione del rischio da esposizione ad Atmosfere Iperbariche

Il rischio da esposizione ad ATMOSFERE IPERBARICHE è un rischio multifattoriale che va valutato tenendo in considerazione gli altri rischi specifici del contesto lavorativo in cui si opera.

I rischi specifici da atmosfere iperbariche sono legati sia all’adattamento dell’organismo alle variazioni della pressione esterna sia alle variazioni della pressione parziale dei differenti gas che vengono inalati dall’operatore.

Considerando che non esiste un capo specifico del Decreto 81/2008 per questo agente, è necessario ai fini della valutazione del rischio, fare riferimento all’articolo 181 secondo il quale la valutazione del rischio deve far riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi.  Nel seguito si individuano i principali criteri valutativi del rischio iperbarico per le tre categorie di attività ove tale rischio è presente.

ATTIVITA’ IPERBARICHE A SECCO (CASSONISTI/LAVORI DI ESCAVAZIONE NEI TUNNEL TBM)

RIFERIMENTO NORMATIVO: D.P.R 321/56

Il riferimento normativo ancora in vigore per tali tipologie di attività è il D.P.R 321/56, che specifica accuratamente la procedura di decompressione, è da considerarsi obsoleto.

Le procedure di compressione e decompressione sono enunciate nei seguenti articoli:

Art. 28 (Compressione e decompressione): vengono specificate le tempistiche di compressione e decompressione

Art. 36 (Durata del lavoro): in questo articolo viene presentata una tabella dove si indicano i limiti di durata del lavoro

Le procedure indicate in questo articolo risultano oboslete ed espongono il lavoratore ad un doppio stress decompressivo, in quanto prescrivono di spezzare il turno di lavoro in due parti e di trascorrere l’intervallo tra i due periodi all’aria aperta. L’unificazione dei periodi deve essere espressamente autorizzata dall’ispettorato al Lavoro e anche in questo si riscontrano criteri degli anni '50 non più attuali.

Un importante riferimento ai fini della sicurezza è costituito dalla norma UNI EN 12110:2014 “Macchine per scavo meccanizzato di gallerie. Zone di pressione. Requisiti di sicurezza".

ATTIVITÀ SUBACQUEE

RIFERIMENTO NORMATIVO: UNI 11366: 2010

Buone prassi per lo svolgimento in sicurezza delle attività subacquee – Approvate dalla Commissione Consultiva Permanente ex. Art.6 INAIL-ISPRA-ARPA (2013).

Il Decreto legge 24 gennaio 2012 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, meglio noto come “decreto liberalizzazioni”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, all’articolo 16 (“Sviluppo di risorse energetiche e minerarie nazionali strategiche”) richiama la  norma UNI 11366 : 2010; “Sicurezza e tutela della salute nelle attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio dell’industria – Procedure operative, Ente Nazionale Italiano di Unificazione, Milano, 2010.”

Il sopra citato articolo 16, al punto 2, stabilisce che le attività “di cui all’articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1979, n. 886, sono svolte secondo le norme vigenti, le regole di buona tecnica di cui alla norma UNI 11366”. Un riferimento che conferisce dunque alla norma un valore cogente.

...Segue in allegato

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Fonte: PAF
Decreto Ministeriale 20 ottobre 1986
Decreto Ministeriale 13 gennaio 1979
D.Lgs. 81/2008 Testo Unico Salute e Sicurezza Lavoro
D.P.R. 20 marzo 1956 n. 321

Collegati:

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 7939 | 01 Marzo 2021

ID 13005 | | Visite: 1721 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 1° marzo 2021 n. 7939

Mancanza di protezioni periferiche del macchinario: configurabilità dell'ipotesi delittuosa descritta dall'art. 437 cod. pen.

Penale Sent. Sez. 4 Num. 7939 Anno 2021
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: NARDIN MAURA
Data Udienza: 25/11/2020

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 9 luglio 2018 la Corte di Appello di Torino ha parzialmente riformato, dichiarando l'estinzione per prescrizione del reato di cui all'art. 590, commi 1", 2" e 3" cod. pen., la sentenza del Tribunale di Torino, con cui G.E. e S.A., nelle loro rispettive qualità di datore di lavoro e consigliere di amministrazione, responsabile del servizi di prevenzione e protezione della I.C.L. s.p.a., erano stati ritenuti responsabili dei reati di cui all'art. 590, commi l", 2" e 3" cod. pen. e 437 comma 2" cod. pen., per avere omesso di collocare apparecchi e segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro sulla linea Slitter 2-9*1500 ed in particolare, le protezioni periferiche antinfortunistiche previste dalla ditta costruttrice, così cagionando a D.P. -il quale intento a posizionare la cesoia rotativa, saliva su una piattaforma e veniva attinto dalla spalla mobile del macchinario- lesioni personali gravi, consistite nella frattura biossea esposta del piede destro.
2. Avverso la sentenza propongono ricorso G.E. e S.A., a mezzo del loro comune difensore, formulando due articolati motivi di impugnazione.
3. Con il primo fanno valere l'erronea applicazione dell'art. 437 cod. pen. Sostengono che, pur essendo pacifica la ricostruzione del fatto e non venendo contestata dagli imputati l'omessa predisposizione di protezioni perimetrali, non possa essere condivisa l'interpretazione assegnata dalla Corte territoriale all'art. 437 cod. pen., che ne estende l'applicazione non solo alle ipotesi di pericolo riguardante collettività indistinte di lavoratori, od al più a gruppi di essi, ma anche ad ipotesi, quale quella di specie, in cui il pericolo riguarda un solo lavoratore per ciascun turno di lavoro. Sottolineano che una simile impostazione si pone in contrasto con la collocazione della norma incriminatrice fra quelle poste a presidio dell'incolumità pubblica, rivolte alla protezione di una pluralità di soggetti, ancorché modesta e predeterminata. Assumono che in questo modo si realizza una sovrapposizione fra la fattispecie regolatrice del singolo evento dannoso con quella posta a presidio anticipato dell'incolumità di un numero plurale di consociati trasformando l'art. 437 cod. pen. da reato di pericolo collettivo a reato di pericolo individuale. Richiamano le pronunce di legittimità con le quali si è affermato che sebbene la norma tuteli anche l'incolumità dei singoli, nondimeno, la rimozione, il danneggiamento o l'omissione di impianti, apparecchi e segnali destinati a prevenire infortuni deve avere l'attitudine, almeno astratta a pregiudicare l'integrità fisica di una collettività di lavoratori, ancorché ciò non significhi la coincidenza con l'intera comunità dei dipendenti. Osservano che, nel caso in esame, siffatto presupposto non è integrato, essendo affermato dalla stessa Corte territoriale che la macchina, destinata all'utilizzo da parte di un solo addetto per turno di lavoro, non si trovava in un luogo di transito di più persone. Con la conseguenza che la prospettiva argomentativa della decisione impugnata fa dipendere la sussistenza del reato non dal pericolo prodotto in un unico contesto spazio-temporale nei confronti una pluralità -pur limitata- di lavoratori, ma dalla programmazione lavorativa, escludendo la fattispecie solo nell'ipotesi di produzione strutturata su un unico turno giornaliero, con la previsione di un unico addetto.
4. Con il secondo motivo denunciano la falsa applicazione dell'art. 437 cod. pen., in ordine alla dimensione soggettiva della fattispecie. Rilevano che la sentenza impugnata, pronunciata la prescrizione per il reato di cui all'art. 590 cod. pen., e senza porre in dubbio l'effettività della qualifica di datore di lavoro con delega alla sicurezza di A.P. (nei confronti del quale è intervenuta pronuncia di non doversi procedere per morte del reo), giustifica l'estensione della responsabilità per il reato di cui all'art. 437 cod. pen. a G.E. e S.A., non sulla base della formale qualità di componenti del Consiglio di amministrazione, bensì, in forza della loro consapevolezza della perdurante inadeguata protezione della macchina in questione, risultante dalla loro sottoscrizione del documento di valutazione dei rischi. Nondimeno, da siffatta consapevolezza, peraltro lealmente ammessa da G.E. nel corso del dibattimento, non può trarsi la responsabilità in ordine al reato proprio di cui all'art. 437 cod. pen., soggettivamente attribuibile solo al titolare della posizione di garanzia, Angelo G.E.. Invero, la Corte territoriale, così facendo ha di fatto esteso ai ricorrenti, non titolari di specifica posizione di garanzia, la qualità di concorrenti estranei nel reato proprio. La giurisprudenza di legittimità, tuttavia, ha chiarito che ai fini della configurabilità del concorso dell'extraneus nel reato proprio, non è sufficiente la mera condotta ausiliatrice, ma è necessario un quid pluris, ricavabile dai rapporti personali, modalità e circostanze di fatto, che dimostri il raggiungimento di un'intesa con il concorrente qualificato. Lamentano che la sentenza impugnata non si sia fatta carico di individuare il necessario contributo fornito da G.E. e S.A., limitandosi a ritenere che la scelta di rinviare l'allestimento delle protezioni perimetrali sul macchinario implicasse una decisione condivisa, non trattandosi di una risoluzione esclusivamente tecnica, ma gestionale ed imprenditoriale, inerente alle scelte produttive. Il giudice del gravame, fa, dunque, discendere dalle dichiarazioni di G.E. -secondo le quali si era deciso di attendere la pausa estiva per l'intervento di adeguamento del macchinario- la responsabilità dell'intero consiglio di amministrazione, in assenza di elementi da cui trarre il compimento da parte dei ricorrenti di un'opera di persuasione o istigazione nei confronti dell'unico soggetto cui competeva il potere di deliberare e che disponeva del relativo potere di spesa. Concludono per l'annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. Il ricorso deve essere accolto.
2. Il primo motivo è fondato.
3. Va, innanzitutto, ricordato che "In materia di prevenzione di infortuni sul lavoro, in caso di lesioni personali colpose derivanti dall'omessa adozione delle cautele necessarie ad eliminare la pericolosità di un macchinario, deve escludersi il rapporto di specialità tra la disposizione di cui all'art. 437 cod. pen. - che prevede il delitto di rimozione od omissione dolosa di cautele - e quella di cui all'art. 590, secondo comma, cod. pen., mancando un rapporto di continenza tra tali norme, per la diversità, nei due reati, dell'elemento soggettivo (dolo nel primo caso e colpa nel secondo), della condotta (non essendo inclusa nello schema legale del primo la condotta costitutiva del secondo) e dell'evento (costituito, nel primo caso, dal comune pericolo di disastro o di un infortunio - il cui effettivo verificarsi non è elemento costitutivo del reato medesimo perché costituisce ove si realizzi, circostanza aggravante - e dalle lesioni nel secondo caso). (Sez. 4, n. 6156 del 19/12/2017 - dep. 08/02/2018, Oliva, Rv. 271970).
4. Ciò premesso, ritiene questo Collegio che debba darsi continuità all'orientamento secondo cui "Ai fini della configurabilità dell'ipotesi delittuosa descritta dall'art. 437 cod. pen., è necessario che l'omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l'inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l'attitudine, almeno in via astratta, a pregiudicare l'integrità fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di un numero di persone gravitanti attorno all'ambiente di lavoro sufficiente a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo. (Sez. 1, n. 4890 del 23/01/2018 - dep. 31/01/2019, PG c/ Prunas, Rv. 276164 ; Sez. 1, n. 18168 del 20/01/2016, P.M. in proc. Antonini altri, Rv. 266881; Sez.l, n. 6393 del 02/12/2005, dep. 2006, Strazzarino, Rv. 233826).
5. La norma incriminatrice, infatti, è collocata fra i delitti contro la pubblica incolumità o di comune pericolo (Titolo II, capo VI del codice penale), accomunati dalla caratteristica potenza espansiva del danno che la condotta dolosa sanzionata può arrecare all'integrità personale di una pluralità di persone. La diffusività del pericolo giustifica l'anticipazione della soglia di punibilità ad un momento che precede l'eventuale evento dannoso, che si pone, laddove si realizzi, come una circostanza aggravante del reato. Si tratta di ipotesi caratterizzate -nella comune esperienza- per il fatto di recare con sé una rilevante possibilità di danno alla vita o all'incolumità personale, che esprimono cioè una capacità lesiva in grado di coinvolgere una pluralità di persone, in un modo che non è precisamente definibile. Di qui l'idea di indeterminatezza del danno che caratterizza i reati di comune pericolo.
6. E' chiaro, tuttavia, che le condotte dolose descritte dall'art. 437 cod. pen. - omissione, rimozione o danneggiamento di cautele destinate a prevenire gli infortuni sul lavoro- ben possono rilevare anche quando la diffusività del pericolo sia circoscritta alla 'collettività' di coloro che gravitano intorno all'ambiente di lavoro, essendo principalmente l'integrità fisica dei lavoratori l'oggetto della tutela anticipata. Non necessariamente, dunque, l'indefinitezza dei soggetti che possono essere attinti dalle conseguenze della condotta coincide con l'intera collettività, ben potendo limitarsi ad una specifica comunità di soggetti intesa come un numero di lavoratori sufficiente a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo, senza di che mancherebbe in radice la possibilità di un'offesa al bene giuridico tutelato. (Sez. 1, Sentenza n. 11161 del 20/11/1996, Rv. 206428; Sez. 4, Sentenza n. 10812 del 04/05/1989, Rv. 181921).
7. Anche così circoscritta la dimensione soggettiva del pericolo, dunque, ciò che connota il reato resta la diffusività del rischio potenziale di danno, che non può pertanto coincidere con la possibilità di arrecare danno ad un'unica persona, come non condivisibilmente ritenuto da alcune pronunce (cfr. "Il reato di cui all'art. 437 cod. pen. è integrato anche nel caso in cui il pericolo interessi soltanto il singolo lavoratore addetto alla macchina priva del dispositivo atto a prevenire gli infortuni" Sez. 4, Sentenza n. 57673 del 24/11/2017, Rv. 271693; ma anche: Sez. 1, Sentenza n. 12464 del 21/02/2007, Rv. 236431; Sez. 1, Sentenza n. 8054 del 11/03/1998, Rv. 211778)
8. E,' infatti, proprio l'astratta potenzialità della condotta a determinare una situazione di pericolo per una pluralità di persone -ancorché numericamente e spazialmente determinata- che contraddistingue l'anticipazione della punibilità alla minaccia del danno all'incolumità fisica, ché altrimenti, in assenza della dimensione pubblica del pericolo, si finirebbe considerare punibile un comportamento specificamente rivolto ad omettere, escludere o rimuovere cautele finalizzate alla tutela di un lavoratore determinato, mutando il bene giuridico tutelato anziché nella salute pubblica, nel senso di 'collettiva' e plurale, pur nei limiti indicati, in quella individuale.
9. Ad escludere una simile lettura, oltre alla collocazione del reato fra i delitti contro la pubblica incolumità, concorre la previsione del secondo comma della disposizione di cui all'art. 437 cod. pen. che chiarisce come il prodursi dell'evento, quale concretizzazione del pericolo sanzionato dal primo comma, costituisca un aggravamento del reato anche qualora ne derivi 'un infortunio', cioè un evento dannoso che può riguardare un singolo individuo. L'utilizzo dell'articolo indeterminativo 'un' anziché di quello determinativo assume un significato esegetico preciso, posto che laddove il primo comma fosse riferito alla tutela del singolo e non della collettività, il legislatore penale avrebbe posto in relazione il secondo comma con il primo facendo ricorso alla locuzione aggettivale 'l'infortunio'. Cioè proprio quell'unico specifico evento temuto e descritto dal primo comma. La precisa scelta linguistica, nondimeno, contribuisce a spiegare che il pericolo di mettere a repentaglio l'incolumità di più persone - di per sé sanzionato- può, in concreto, realizzarsi anche con la produzione di un danno nei confronti di uno solo dei soggetti esposti al rischio, non essendo necessario che esso coinvolga la salute pubblica, ben potendo la minaccia del bene collettivo trasformarsi nella realizzazione di un evento che coinvolge l'individuo. Il che rende evidente la distinzione fra la condotta pericolosa, riguardante la collettività, e l'evento dannoso configurabile anche nei confronti del singolo.
10. La necessaria diffusività del pericolo si riflette anche sulla dimensione spazio-temporale della minaccia, che deve sempre comprendere una pluralità di soggetti, ancorché individuabili in una comunità, com'è quella dei lavoratori di uno stabilimento produttivo.
11. Ne discende, nondimeno, che laddove l'impianto o l'apparecchiatura difettante delle cautele destinate a prevenire infortuni, per la volontaria omissione o rimozione delle medesime, non preveda l'utilizzazione contemporanea da parte di una pluralità di lavoratori o non sia idonea a sprigionare una forza dirompente, in grado di coinvolgere numerose persone, in un modo che non è precisamente definibile o calcolabile, il reato di cui all'art. 437 cod. pen. non può ritenersi integrato perché non è configurabile il pericolo comune, non avendo l'azione criminosa l'attitudine a coinvolgere una molteplicità di individui.
12. Va, dunque, esclusa la configurabilità del reato contestato, contrariamente a quanto ritenuto dalla decisione impugnata, in un'ipotesi, come quella di specie, in cui al macchinario, privato della cautele antinfortunistiche, sia destinato un lavoratore per turno.
13. La sentenza deve, pertanto, essere annullata senza rinvio, perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste. Così deciso il 25.11.2020

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INAIL Istruzione operativa 1° marzo 2021

ID 12995 | | Visite: 2582 | News Sicurezza

Tutela assicurativa Inail e rifiuto vaccino personale infermieristico

Rifiuto vaccino personale infermieristico e tutela INAIL

Posizione INAIL su tutela assicurativa Inail e rifiuto di sottoporsi a vaccino anti Covid-19 da parte del personale infermieristico.
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ID 12995 | INAIL Istruzione operativa 1° marzo 2021 allegata

Oggetto: tutela assicurativa Inail e rifiuto di sottoporsi a vaccino anti Covid-19 da parte del personale infermieristico.

Si riscontra la nota del 18.2.2021 (all.1-3), con cui è stato trasmesso il quesito formulato con PEC del 17.2.2021 dall’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, per chiarire quanto segue.

Nel quesito si chiede all’Inail se e quali provvedimenti debbano essere adottati riguardo al personale infermieristico che non abbia aderito al piano vaccinale anti-Covid-19, considerato che, pur in assenza di una specifica norma di legge che stabilisca l’obbligatorietà della vaccinazione, la mancata adesione al piano vaccinale nazionale potrebbe comportare da un lato responsabilità del datore di lavoro in materia di protezione dell’ambiente di lavoro (sia per quanto riguarda i lavoratori, che i pazienti) e dall’altro potrebbe esporre lo stesso personale infermieristico a richieste di risarcimento per danni civili, oltre che a responsabilità per violazione del codice deontologico.

Nel quesito si chiede in particolare se la malattia infortunio sia ammissibile o meno alla tutela Inail nel caso in cui il personale infermieristico (ma non solo), che non abbia aderito alla profilassi vaccinale, contragga il virus.
In merito a quanto richiesto relativamente alla tutela infortunistica si chiarisce che l’assicurazione (obbligatoria e pubblica) gestita dall’Istituto opera al ricorrere dei presupposti previsti direttamente dalla legge.

Si tratta di attività vincolata sottratta alla disponibilità delle parti, intendendosi con ciò non solo il lavoratore e il datore di lavoro, ovvero il soggetto assicurante su cui grava l’obbligo di versare i premi assicurativi, ma lo stesso Istituto assicuratore.

La tutela assicurativa è così intensa da operare anche indipendentemente dall’eventuale inadempimento dell’obbligo assicurativo da parte del soggetto assicurante. L’articolo 67 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 stabilisce che Gli assicurati hanno diritto alle prestazioni da parte dell'Istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto agli obblighi stabiliti nel presente titolo (principio di automaticità delle prestazioni).

Ne deriva che la tutela assicurativa non può essere sottoposta a ulteriori condizioni oltre quelle previste dalla legge. 

L’articolo 2 del suddetto decreto stabilisce, infatti, che L'assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un'inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un'inabilità temporanea che importi l'astensione dal lavoro per più di tre giorni.

Come si evince dall'articolo 65 del suddetto decreto, secondo cui non è indennizzabile l'assicurato il quale abbia simulato un infortunio o abbia dolosamente (con coscienza e volontà) aggravato le conseguenze di esso, la tutela è esclusa soltanto per l’infortunio doloso.

In sintesi, l’assicurazione gestita dall’Inail ha la finalità di proteggere il lavoratore da ogni infortunio sul lavoro, anche da quelli derivanti da colpa, e di garantirgli i mezzi adeguati allo stato di bisogno derivante dalle conseguenze che ne sono derivate¹.

Alla luce di quanto premesso vanno, pertanto, tenute anzitutto distinte le questioni sollevate dalla nota dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova attinenti al rapporto di lavoro del personale in questione, agli obblighi di prevenzione del datore di lavoro e di collaborazione del lavoratore (art. 2087 cod. civ. e artt. 266, 279 e 20 del decreto legislativo n. 81/2008), da quelli riguardanti la tutela del lavoratore che ha contratto il contagio da SARS-CoV-2 in occasione di lavoro.

In proposito il quesito concerne il ruolo da attribuire alla volontà del personale infermieristico di non sottoporsi alla profilassi vaccinale con riguardo all’operatività della tutela in caso di avvenuto contagio in occasione di lavoro.

Sotto il profilo assicurativo, per giurisprudenza consolidata il comportamento colposo del lavoratore, tra cui rientra anche la violazione dell’obbligo di utilizzare i dispositivi di protezione individuale, non comporta di per sé, l'esclusione dell'operatività della tutela prevista dall'assicurazione gestita dall'Inail.

Il comportamento colposo del lavoratore può invece ridurre oppure escludere la responsabilità del datore di lavoro, facendo venir meno il diritto dell’infortunato al risarcimento del danno nei suoi confronti, così come il diritto dell’Inail ad esercitare il regresso nei confronti sempre del datore di lavoro, ma non comporta l’esclusione della tutela assicurativa apprestata dall’Istituto in caso di infortunio.

In merito ai comportamenti colposi per violazione delle norme di sicurezza sul lavoro, secondo la giurisprudenza, sebbene ovviamente la violazione di norme antinfortunistiche da parte del lavoratore debba essere considerata un comportamento sicuramente illecito (tanto che la legislazione più recente, al fine di responsabilizzare il lavoratore, prevede sanzioni anche a carico di questi quando non osservi i precetti volti alla tutela della salute nei luoghi di lavoro), l'illiceità del comportamento non preclude comunque in alcun modo la configurabilità dell'infortunio come evento indennizzabile; in quanto la colpa dell'assicurato costituisce una delle possibili componenti causali del verificarsi dell'evento (insieme al caso fortuito, alla forza maggiore, al comportamento del datore di lavoro ed al comportamento del terzo)².

Non appare nemmeno ipotizzabile nel caso del rifiuto di vaccinarsi, l’applicazione del concetto di “rischio elettivo”, elaborato dalla giurisprudenza per delimitare sul piano oggettivo l'occasione di lavoro e, dunque, il concetto di rischio assicurato o di attività protetta.

Secondo la giurisprudenza consolidata, l’infortunio derivante da rischio elettivo è quello che è conseguenza di un rischio collegato ad un comportamento volontario, volto a soddisfare esigenze meramente personali e, comunque, indipendente dall'attività lavorativa, cioè di un rischio generato da un'attività che non abbia rapporto con lo svolgimento dell'attività lavorativa o che esorbiti in modo irrazionale dai limiti di essa³.

Perché ricorra il rischio elettivo occorre, pertanto, il concorso simultaneo dei seguenti elementi caratterizzanti:

a) vi deve essere non solo un atto volontario (in contrapposizione agli atti automatici del lavoro, spesso fonte di infortuni), ma altresì arbitrario, nel senso di illogico ed estraneo alle finalità produttive;
b) diretto a soddisfare impulsi meramente personali (il che esclude le iniziative, pur incongrue, ed anche contrarie alle direttive datoriali, ma motivate da finalità produttive);
c) che affronti un rischio diverso da quello lavorativo al quale l’atto stesso sarebbe assoggettato, per cui l'evento non ha alcun nesso di derivazione con lo svolgimento dell'attività lavorativa.

In sintesi il rischio elettivo ricorre quando per libera scelta il lavoratore si ponga in una situazione di fatto che l'ha indotto ad affrontare un rischio diverso da quello inerente l'attività lavorativa.

Per quanto sopra il rifiuto di vaccinarsi non può configurarsi come assunzione di un rischio elettivo, in quanto il rischio di contagio non è certamente voluto dal lavoratore e la tutela assicurativa opera se e in quanto il contagio sia riconducibile all’occasione di lavoro, nella cui nozione rientrano tutti i fatti, anche straordinari ed imprevedibili, inerenti l'ambiente, le macchine, le persone, compreso il comportamento dello stesso lavoratore, purché attinenti alle condizioni di svolgimento della prestazione.

D’altra parte, non si rileva allo stato dell’attuale legislazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, un obbligo specifico di aderire alla vaccinazione da parte del lavoratore; infatti il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 all’articolo 279 riguardante Prevenzione e controllo, stabilisce che “il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari (...)" tra cui “a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente”, ma non prevede l’obbligo del lavoratore di vaccinarsi.

In materia di trattamenti sanitari opera, tra l’altro, la riserva assoluta di legge di cui all’articolo 32 della Costituzione, secondo cui Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Per quanto sopra, il rifiuto di vaccinarsi, configurandosi come esercizio della libertà di scelta del singolo individuo rispetto ad un trattamento sanitario, ancorché fortemente raccomandato dalle autorità, non può costituire una ulteriore condizione a cui subordinare la tutela assicurativa dell’infortunato.

Resta inteso, infine, che quanto chiarito non comporta l’automatica ammissione a tutela del lavoratore che abbia contratto il contagio e non si sia sottoposto alla profilassi vaccinale in quanto, come precisato nella circolare n. 13/2020, occorre comunque accertare concretamente la riconduzione dell’evento infortunistico all’occasione di lavoro.

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Fonte: INAIL

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INAIL 2021
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Guida al lavoro in sicurezza COVID-19 | ATS Brianza Febbraio 2021

ID 12978 | | Visite: 2480 | Documenti Sicurezza Enti

Guida al lavoro in sicurezza COVID 19 ATS Brianza Febbraio 2021

Guida al lavoro in sicurezza COVID-19 | ATS Brianza Febbraio 2021 

Guida al lavoro in sicurezza nelle aziende nel corso dell’attuale emergenza Covid-19

ATS Brianza - vers. 2.7 16 febbraio 2021

Il presente documento nasce nell’ambito delle attività di assistenza alle aziende ed ai lavoratori proprie dei Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro delle ATS, ed è l’evoluzione della precedente guida, a suo tempo predisposta per supportare la “fase due”, in cui le imprese potevano riavviare le proprie attività dopo il primo lockdown. Il continuo susseguirsi di norme rende ora necessaria una semplificazione al fine di rendere più facilmente consultabile e aggiornabile il documento che si propone tre obiettivi:

- fornire un quadro aggiornato tempestivamente sulle indicazioni delle Autorità, che verosimilmente si susseguiranno molto velocemente e con modifiche anche sostanziali di prescrizioni;
- rispondere ai quesiti più comuni, evitando comunque di introdurre elementi di ulteriore confusione laddove vi siano aspetti di ambiguità e/o eccessiva discrezionalità nell’interpretazione della norma, limitandosi ad illustrare con la maggiore semplicità di linguaggio possibile quanto indicato dal legislatore;
- fornire recapiti e informazioni sulle modalità organizzative proprie di ATS Brianza per i servizi posti a disposizione dei cittadini, dei lavoratori e delle aziende relativamente alla gestione della “emergenza Covid-19”.

Visto l’elevato numero di norme emanate, sia statali che regionali, e le intersezioni tra le stesse, la linea guida è stata strutturata per AREE TEMATICHE. Sono state aggiunte della note a margine che facilitano la ricerca dell’argomento di interesse una volta individuato il paragrafo di pertinenza.

Questa nuova versione della linea guida, strutturata in 12 schede tematiche, se da una parte facilita la ricerca centrata sul tema di interesse, dall’altra perde una quota di prospettiva sull’evoluzione storiografica della normativa in corso di emergenza pandemica Sars-Cov-2. Gli utenti interessati a un’illustrazione dell’evoluzione normativa secondo un criterio cronologico possono consultare la versione storica 1.24 ancora pubblicata nel sito.

Infine, sempre allo scopo di facilitare la ricerca del tema d’interesse, il lettore troverà alle fine della linea guida un indice analitico, in ordine alfabetico, delle parole chiave.
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Sommario
GUIDA AL LAVORO IN SICUREZZA NELLE AZIENDE NEL CORSO DELL’ATTUALE EMERGENZA COVID-19
PREMESSA
1.INFORMAZIONE/FORMAZIONE
1.a Normativa
1.b Specificità di settore
1.c Specificità applicative di ATS Brianza
1.d Commenti interpretativi
2.INGRESSO IN AZIENDA, SPOSTAMENTI INTERNI ED USCITA (dipendenti e utenti/fornitori esterni)
2.a Normativa
2.b Specificità di settore
2.c Specificità applicative di ATS Brianza
2.d Commenti interpretativi
3.GESTIONE DI UNA PERSONA SINTOMATICA
3.a Normativa
3.b Specificità di settore
3.c Specificità applicative di ATS Brianza
3.d Commenti interpretativi
4.MISURE AZIENDALI DI TIPO ORGANIZZATIVO (orari di lavoro, smart working, layout, locali comuni, chiusure, ecc)
4.a Normativa
4.b Specificità di settore
4.c Specificità applicative di ATS Brianza
4.d Commenti interpretativi
5.PULIZIA E SANIFICAZIONE DEGLI AMBIENTI DI LAVORO E DELLE ATTREZZATURE IMPIEGATE PER FINALITÀ DI SERVIZIO
5.a Normativa
5.b Specificità di settore
5.c Specificità applicative di ATS Brianza: nessuna
5.d Commenti interpretativi
6.DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
6.a Normativa
6.b Specificità di settore
6.c Specificità applicative di ATS Brianza
6.d Commenti interpretativi
7.SORVEGLIANZA SANITARIA E TUTELA DELLE “FRAGILITÀ”
7.a Normativa
7.b Specificità di settore
7.c Specificità applicative di ATS Brianza
7.d Commenti interpretativi
8.VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO CORRELATO ALL’EMERGENZA COVID-19
8.a Normativa
8.g Specificità di settore
8.h Specificità applicative di ATS Brianza
8.i Commenti interpretativi
9.CONTACT TRACING, RIENTRO IN COMUNITÀ E TEST DIAGNOSTICI
9.a Normativa
9.b Specificità di settore
9.c Specificità applicative di ATS Brianza
9.d Commenti interpretativi
10.INFORTUNI SUL LAVORO INAIL
10.a Normativa
10.b Specificità di settore
10.c Specificità applicative di ATS Brianza
10.d Commenti interpretativi
SPOSTAMENTI DA E VERSO L’ESTERO
INDICE ANALITICO

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Fonte: ATS Brianza

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ATS Brianza - vers. 2.7 16 febbraio 2021
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CEI 106-45 Guida CEM Luoghi di lavoro

ID 12975 | | Visite: 3097 | News Sicurezza

CEI 106 45 Guida CEM Luoghi di lavoro

CEi 106-45 Guida CEM Luoghi di lavoro

ID 12975 | CEI, 01.01.2021

Guida CEM - Guida alla valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza derivante dall’ esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (CEM) fra 0 Hz e 300 GHz nei luoghi di lavoro

Abstract

La Guida CEM ha lo scopo di fornire un supporto operativo per l’identificazione, la valutazione dell’esposizione e dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori derivanti dall’esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (CEM) nel campo di frequenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz, in conformità alla Direttiva 2013/35/EU recepita dal D.Lgs. 81/08 e s.m.i., integrando i contenuti della
Norma CEI EN 50499:2020 - Procedura per la valutazione dell’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici e la disciplina sulla protezione dalle esposizioni ai CEM ai sensi della legislazione nazionale vigente.
Nel contempo, la Guida CEM intende fornire chiarimenti interpretativi agli operatori per la valutazione dell’esposizione e del rischio CEM nei luoghi di lavoro, rivolgendosi anche a coloro che non hanno specifiche conoscenze e competenze tecniche in materia.

Negli Allegati alla Guida sono, inoltre, forniti approfondimenti su alcuni temi specifici, integrando i diversi riferimenti legislativi, tecnico-normativi e della letteratura scientifica italiana e internazionale secondo un approccio multidisciplinare. La Guida è corredata anche di alcune schede sinottiche di supporto alla valutazione del rischio relative a specifiche tipologie di sorgenti.

L’art. 209 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i. individua le norme tecniche del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) come riferimento per la valutazione dei rischi e l’identificazione dell’esposizione ai CEM.
Allo scopo, il CEI ha redatto la Guida CEM al fine di fornire un supporto operativo per la corretta applicazione delle normative nazionali ed internazionali nella valutazione dei rischi e identificazione dell’esposizione dei lavoratori ai CEM.

La Guida CEM si applica a tutti gli ambienti di lavoro come definiti dal D.Lgs. 81/08 e s.m.i.

D.Lgs. 81/2008
.
..
Art. 209 Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi

1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 181, il datore di lavoro valuta tutti i rischi per i lavoratori derivanti da campi elettromagnetici sul luogo di lavoro e, quando necessario, misura o calcola i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori. La valutazione, la misurazione e il calcolo devono essere effettuati tenendo anche conto delle guide pratiche della Commissione europea, delle pertinenti norme tecniche europee e del Comitato elettrotecnico italiano (CEI), delle specifiche buone prassi individuate o emanate dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6 del presente decreto, e delle informazioni reperibili presso banche dati dell'INAIL o delle regioni.

La valutazione, la misurazione e il calcolo devono essere effettuati, inoltre, tenendo anche conto delle informazioni sull'uso e sulla sicurezza rilasciate dai fabbricanti o dai distributori delle attrezzature, ovvero dei livelli di emissione indicati in conformità alla legislazione europea, ove applicabili alle condizioni di esposizione sul luogo di lavoro o sul luogo di installazione.
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Vedi documento:

CEI 106 45 2021

Il mercato del lavoro 2020

ID 12951 | | Visite: 2048 | News Sicurezza

Mercato del lavoro 2020

Quarto Rapporto di Inail, Istat, Ministero del Lavoro, Inps e Anpal il mercato del lavoro al tempo del Covid-19

La nuova pubblicazione valorizza le diverse fonti sull’occupazione per offrire un’analisi approfondita della situazione nell’anno della pandemia. Bettoni: “Lockdown e smart working hanno ridotto l’esposizione al rischio dei lavoratori e il numero degli infortuni, ma con il virus sono aumentati i casi mortali”.

L’emergenza sanitaria scoppiata all’inizio del 2020 e la conseguente sospensione delle attività di interi settori hanno rappresentato uno shock improvviso per la produzione di beni e servizi e, di conseguenza, per il mercato del lavoro, con ripercussioni che saranno di lungo periodo e potrebbero anche comportare cambiamenti strutturali del sistema economico. Il quarto Rapporto annuale sul mercato del lavoro pubblicato oggi, frutto della collaborazione tra Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal, grazie alla valorizzazione delle diverse fonti di informazione sull’occupazione offre una lettura integrata della situazione nel nostro Paese nell’anno della pandemia da Covid-19, che ha pesantemente condizionato gli sviluppi dell’economia e della società.

“La condivisione delle informazioni può orientare le politiche e il dibattito pubblico su questo tema”. “L’elemento più importante alla base di questa collaborazione – spiega il presidente dell’Inail, Franco Bettoni – è la condivisione del patrimonio informativo di ciascuno degli enti coinvolti, che consente di osservare l’andamento delle dinamiche dell’occupazione da punti di vista complementari. Il Rapporto mette a disposizione informazioni armonizzate e coerenti, che possono contribuire all’orientamento delle politiche e allo sviluppo del dibattito pubblico sul tema del lavoro, che rivestono un ruolo ancora più cruciale nella fase storica senza precedenti che stiamo vivendo”.

Donne, giovani e lavoratori stranieri i più penalizzati dalla crisi. La nuova pubblicazione, articolata in sette capitoli e in un’appendice normativa dedicata ai principali provvedimenti introdotti nel 2020 per contrastare gli effetti dell’emergenza, descrive le ricadute del Covid-19 sulla domanda e sull’offerta di lavoro, il ruolo degli ammortizzatori sociali messi in campo e l’impatto sulla qualità del lavoro. Le categorie più colpite sono quelle che soffrivano già di condizioni di svantaggio, come donne, giovani e lavoratori stranieri, che sono stati penalizzati maggiormente perché svolgono più spesso impieghi meno tutelati nei settori e nei tipi di impresa che sono stati investiti più duramente dalla crisi. L’emergenza sanitaria ha determinato, inoltre, un mutamento repentino della modalità di erogazione delle prestazioni lavorative che sono state rese, quando possibile, da remoto, attraverso il lavoro agile, il telelavoro e altre modalità. La digitalizzazione e il distanziamento sociale hanno concorso a produrre una nuova segmentazione nel mercato del lavoro, distinguendo chi può lavorare da casa e chi, per la natura della prestazione svolta, è strettamente legato al luogo di lavoro.

“L’emergenza sanitaria ha creato un nuovo tipo di infortuni”. “In questo contesto così difficile – aggiunge Bettoni – i mesi di lockdown e il massiccio ricorso allo smart working hanno ridotto l’esposizione al rischio dei lavoratori, determinando un calo consistente degli infortuni e delle malattie professionali. La pandemia ha creato un nuovo tipo di infortuni, quelli da contagio da Covid-19, che ha inciso sulle denunce di infortunio nel complesso e ha comportato l’incremento del numero delle morti, a causa della letalità del virus”. Nei primi nove mesi del 2020, infatti, la diminuzione delle denunce di infortunio sul lavoro è stata del 15,8% rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre i decessi sono aumentati del 18,6%. “L’Inail - conclude il presidente - ha risposto alle nuove emergenze determinate dalla pandemia attivando in maniera tempestiva le tutele assicurative previste dalla legge ed è pronto a fornire le proprie prestazioni anche a favore di quelle categorie al momento non coperte dall’assicurazione, nel caso in cui il legislatore volesse prevedere un’estensione dei soggetti tutelati”.

Nel 2019 i casi denunciati in crescita dell’1,1% rispetto al 2015. Il Rapporto analizza anche l’andamento infortunistico nel quinquennio 2015-2019. L’incremento dell’1,1% dei casi denunciati, dai 555.288 del 2015 ai 561.190 del 2019, è da leggersi anche alla luce della sensibile contrazione del fenomeno che aveva interessato proprio il 2015 rispetto agli anni precedenti e dell’introduzione, a partire dall’ottobre 2017, delle comunicazioni obbligatorie degli infortuni che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento, effettuate ai soli fini statistici e informativi da tutti i datori di lavoro e i loro intermediari, compresi i datori di lavoro privati di lavoratori assicurati presso altri enti o con polizze private. Rispetto alle 562.940 denunce del 2018, invece, si registra una flessione dello 0,3%.

I decessi sono 5,5 ogni 100mila lavoratori. Per quanto riguarda l’incidenza delle denunce di infortunio sul numero degli occupati, si è passati dalle 27,0 denunce ogni mille lavoratori del 2015 alle 26,2 del 2019. Per i casi mortali, l’incidenza nel 2019 si riposiziona sui livelli del 2017 con 5,5 denunce mortali ogni 100mila lavoratori, valore minimo nel quinquennio considerato. I decessi denunciati nel 2019 sono stati 1.179, 85 in meno (-6,7%) rispetto ai 1.264 del 2018, anno però funestato da un elevato numero di incidenti plurimi, che causano cioè la morte di due o più lavoratori. Tra tutti il crollo del ponte Morandi a Genova, con 15 vittime sul lavoro. Nel quinquennio il calo dei casi mortali è stato del 9,4%, con 122 decessi in meno nel 2019 rispetto ai 1.301 del 2015 che, come il 2018, si è contraddistinto per alcuni incidenti plurimi gravissimi. Come sottolineato nel Rapporto, la serie storica delle denunce mortali è caratterizzata da una maggiore variabilità rispetto a quella degli infortuni non mortali. La minor consistenza numerica, infatti, espone questa casistica a maggiori fluttuazioni, su cui incidono anche il rischio da circolazione stradale, causa di metà dei decessi sul lavoro, ed effetti “punta” per incidenti plurimi.

Nei primi nove mesi del 2020 forte calo delle denunce di malattia professionale. Un’altra conseguenza dell’epidemia da SARS-Cov-2 è la forte flessione delle malattie professionali denunciate nei primi nove mesi del 2020, che sono state 31.701, quasi il 30% in meno rispetto ai primi nove mesi del 2019, sia per la sospensione temporanea o la chiusura nel corso dell’anno di molte attività economiche, sia per la difficoltà oggettiva dei lavoratori di effettuare di persona la denuncia di malattia. Nel 2019, invece, sono state denunciate all’Inail 61.195 patologie di origine professionale, in aumento sia rispetto all’anno precedente (+2,9%) sia al 2015 (+3,9%). Quelle riconosciute positivamente sono state oltre 24mila: circa sette su 10 interessano il sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, per lo più affezioni a carico della colonna vertebrale e della spalla. In media sono 1.500 i lavoratori che muoiono ogni anno per una malattia professionale.

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INDICE

Prefazione 
Capitolo 1 – Il mercato del lavoro nel 2020: una crisi senza precedenti
1.1 I contraccolpi della pandemia sul contesto macroeconomico e sul mercato del lavoro della zona euro
1.2 Evoluzione del mercato del lavoro in Italia
1.2.1 La dinamica più recente
1.2.2 L’evoluzione trimestrale
1.3 Alcune caratteristiche della dinamica delle ore lavorate
Riferimenti bibliografici
Capitolo 2 – L’impatto della pandemia sul mercato del lavoro
2.1 L’impatto della pandemia sulla condizione occupazionale
2.2 L’occupazione nel 2020: l’impatto della crisi sanitaria
2.3 Disoccupazione e inattività nel 2020: l’impatto della crisi sanitaria
Il lavoro da remoto nell’anno della crisi
Riferimenti bibliografici
Capitolo 3 – Strategie e prospettive occupazionali delle imprese a seguito della pandemia
3.1 Strategie delle imprese nella gestione delle risorse umane durante la pandemia
3.2 L’utilizzo dello smart working da parte delle imprese: strategia emergenziale o strutturale?
3.3 Profili strategici e operativi delle imprese durante la pandemia e nel primo semestre del 2021
La dinamica integrata di stock e flussi occupazionali nelle imprese dei settori dell’industria e dei servizi
Riferimenti bibliografici
Capitolo 4 – La dinamica delle attivazioni e delle cessazioni dei rapporti di lavoro dipendente
4.1 La dinamica trimestrale dei rapporti di lavoro
4.2 Principali caratterisitiche delle attivazioni e delle cessazioni
4.3 L’evoluzione delle posizioni di lavoro dipendente
Gli occupati e i flussi di assunzioni e cessazioni nel settore turistico
Riferimenti bibliografici
6 Il mercato del lavoro 2020. Una lettura integrata
Capitolo 5 – Effetti della pandemia sulla continuità del lavoro 89
5.1 Introduzione
5.2 Gli effetti del lockdown sulla condizione occupazionale degli individui interessati da cessazioni contrattuali
5.3 L’andamento e le caratteristiche dei reingressi in occupazione nel periodo successivo al lockdown
5.4 Input di lavoro effettivo: quanto hanno lavorato gli occupati rientrati nel lavoro dipendente privato dopo la fase di lockdown
Riferimenti bibliografici
Capitolo 6 – Gli strumenti di sostegno al reddito e all’occupazione nel contesto della pandemia
6.1 Il quadro generale
6.2 L’esplosione della Cassa integrazione
6.2.1 La dinamica mensile: dall’esplosione del ricorso alla Cig all’incompleto riassorbimento
6.2.2 I cassintegrati: caratteristiche e incidenza sulle platee di riferimento
6.2.3 Intensità, durata e continuità del ricorso alla Cig
6.3 Rei, Rdc e Rem: evoluzione delle misure contro la povertà nel tempo della pandemia
Riferimenti bibliografici
Capitolo 7 – Lavoro e salute: infortuni sul lavoro e malattie professionali nell’ultimo quinquennio
7.1 Gli infortuni sul lavoro
7.1.1 L’andamento degli infortuni sul lavoro nel quinquennio 2015-2019
7.1.2 Le modalità di accadimento
7.1.3 Il territorio di accadimento
7.1.4 Le caratteristiche dell’infortunato: genere, classe di età, paese di nascita, sede e natura della lesione
7.1.5 Le gestioni assicurative e i principali settori di attività economica
7.1.6 L’incidenza infortunistica
7.1.7 I primi dati infortunistici dell’anno 2020
7.2 L’andamento delle malattie professionali nel quinquennio 2015-2019 e i primi dati del 2020
7.2.1 Le malattie professionali denunciate: caratteristiche e peculiarità
7.2.2 Le malattie professionali riconosciute: la gravità e le patologie
7.2.3 I lavoratori deceduti per anno di decesso: il quinquennio 2015-2019
7.2.4 I primi dati del 2020 e il confronto con l’anno 2019
Riferimenti bibliografici
Appendice normativa – I principali provvedimenti introdotti nel corso del 2020 per contrastare gli effetti dell’emergenza sanitaria sul mercato del lavoro
Glossario

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Fonte: INAIL

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Proroga termini legislativi Prevenzione incendi D.L. 183/2020 conversione in iter

ID 12932 | | Visite: 3105 | News Prevenzioni Incendi

Proroga termini legislativi Prevenzione incendi

Proroga termini legislativi Prevenzione incendi D.L. 183/2020 conversione in iter

12932 | 23.02.2021  / In allegato Dossier parlamentare del 21 febbraio 2021

Il Milleproproghe 2021, ora all'esame dell'Aula della Camera, proroga il termine di adeguamento alla normativa antincendio dal 31 dicembre 2021 al 31 dicembre 2022, per gli edifici scolastici ed i locali adibiti a scuola (art. 4, co. 2, del D.L. 244/2016).

Inoltre, il termine è differito dal 31 dicembre 2019 al 31 dicembre 2022 per gli edifici ed i locali adibiti ad asilo nido (art. 4, co. 2-bis, del  D.L. 244/2016).

Articolo 2, comma 4-septies (Adeguamento alla normativa antincendio degli edifici scolastici e degli asili nido)

L’articolo 2, comma 4-septies, introdotto durante l'esame in sede referente, proroga e unifica il termine di adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici (lett.a)) e ad asili nido (lett. b)) alla normativa antincendio, nei casi in cui a ciò non si sia già proceduto. In particolare, vengono novellati, rispettivamente, i commi 2 e 2-bis dell’art. 4 del  D.L. 244/2016 (L. 19/2017).

In particolare, il termine di adeguamento alla normativa antincendio:

- è prorogato dal 31 dicembre 2021 al 31 dicembre 2022, per gli edifici scolastici ed i locali adibiti a scuola (art. 4, co. 2, del  D.L. 244/2016);
- è differito dal 31 dicembre 2019 al 31 dicembre 2022, per gli edifici ed i locali adibiti ad asilo nido (art. 4, co. 2-bis, del  D.L. 244/2016).

Si ricorda che l’art. 10-bis del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) aveva previsto che le vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione degli incendi per l'edilizia scolastica dovevano essere attuate entro il 31 dicembre 2015 e che con decreto del Ministro dell'interno – che doveva essere emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione – dovevano essere definite e articolate, con scadenze differenziate, le prescrizioni per l'attuazione.

Successivamente, l’art. 4, co. 2, del D.L. 210/2015 (L. 21/2016) aveva disposto che l’adeguamento delle strutture scolastiche dovesse essere completato entro sei mesi dalla data di adozione del decreto ministeriale di cui all’art. 10-bis del citato D.L. 104/2013, e comunque non oltre il 31 dicembre 2016.

Le prescrizioni per l'attuazione, con scadenze differenziate, delle vigenti normative in materia di prevenzione degli incendi per l'edilizia scolastica sono state adottate con D.I. 12 maggio 2016.

Il termine di adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici alla normativa antincendio era poi stato prorogato, nei casi in cui a ciò non si fosse già provveduto, al 31 dicembre 2017 dall'art. 4, co. 2, del  D.L. 244/2016 (L. 19/2017), al 31 dicembre 2108 dall'art. 6, co. 3-bis, del D.L. 91/2018 (L. 108/2018) e poi al 31 dicembre 2021 dall'art. 4-bis, co. 2, lett. a), del D.L. 59/2019 (L. 81/2019).

A sua volta, l'art. 4, co. 2-bis, del citato  D.L. 244/2016 aveva fissato al 31 dicembre 2017 - prorogato al 31 dicembre 2018 dall’art. 6, co. 3-ter, del summenzionato D.L. 91/2018 e poi al 31 dicembre 2019 dall'art. 4-bis, co.2, lett. b), del predetto D.L. 59/2019 (L. 81/2019) - il termine per l'adeguamento alla normativa antincendio per gli edifici ed i locali adibiti ad asilo nido, per i quali, alla data della sua entrata in vigore non si fosse ancora provveduto all'adeguamento antincendio previsto dall'art. 6, co. 1, lett. a), del decreto del Ministero dell'interno 16 luglio 2014, in relazione agli adempimenti richiesti dalla medesima lett. a)29, fermi restando i termini indicati per gli altri adempimenti previsti dalle lett. b) e c) dello stesso art. 6, co. 1.

Con D.I. 21 marzo 2018 sono state adottate le disposizioni applicative della normativa antincendio agli edifici e ai locali adibiti a scuole di qualsiasi tipo, ordine e grado, nonché agli edifici e ai locali adibiti ad asili nido. 

Per completezza, con riferimento alle risorse stanziate per l'adeguamento alla normativa antincendio degli edifici scolastici, si rammenta che con D.M. 13 febbraio 2019, n. 101 l'ex MIUR ha ripartito tra le regioni contributi per complessivi 114.160.000 euro, per le annualità dal 2019 al 2022.

Successivamente, sempre al fine dell'adeguamento alla normativa antincendio delle scuole, un ulteriore riparto di risorse si è avuto con D.M. 29 novembre 2019, n.1111, che ha ripartito tra le regioni, per il triennio 2019-2021, 98 milioni di euro (di cui 25 milioni di euro per il 2019, 25 milioni di euro per il 2020 e 48 milioni di euro per il 2021), sulla base dei criteri stabiliti nell'Accordo quadro definito nella seduta della Conferenza unificata del 6 settembre 2018. Tale D.M. ha dato attuazione all'art. 4-bis, co. 1, del D.L. 59/2019, che ha previsto la definizione, con decreto dell'allora Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con la Conferenza unificata, di un piano straordinario per l'adeguamento alla normativa antincendio degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico. Per maggiori informazioni si veda la pagina dedicata al Piano antincendio sul sito del Ministero dell'istruzione.

Articolo 2, comma 4-octies (Adeguamento antincendio nelle strutture recettive)

L’articolo 2, al comma 4-octies, inserito in sede referente, sostituisce l’articolo 1, comma 1122, lett. i) della legge di bilancio 2018 (L. n. 205/2017), al fine di posticipare i termini per il completamento dell’adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi per alcune categorie di strutture ricettive turistico-alberghiere.

In particolare, il comma 4-octies dispone:

- la proroga di un anno (dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021) del termine per il completamento dell’adeguamento antincendio per le strutture ricettive con oltre 25 posti letto, ammesse al piano straordinario previsto dall’articolo 15 del decreto-legge n. 216 del 2011, che prevedeva una istanza da parte delle strutture interessate e la ammissione da parte di un decreto del Ministro dell’Interno (DM 16 marzo 2012), previa presentazione della SCIA che attesta il rispetto di almeno 4 dei requisiti indicati dal comma 1122 della legge n. 205 del 2017 entro il 30 giugno 2021;
- per le strutture localizzate nei territori colpiti dagli eccezionali eventi metereologici verificatisi a partire del 2 ottobre 2018, nonché per i territori colpiti dagli eventi sismici del Centro Italia del 2016 e 2017, e nei Comuni di Casamicciola Terme, Lacco Ameno e Forio d’Ischia in ragione degli eventi sismici del 21 agosto 2017, si prevede la proroga del termine di adeguamento al 31 dicembre 2022 (anziché entro il 30 giugno 2022), previa presentazione della SCIA parziale al Comando provinciale dei vigili del fuoco, entro il 30 giugno 2021 (anziché entro il 31 dicembre 2020);
- differisce di un anno, dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021, per i rifugi alpini, il termine (previsto dall’art. 38, comma 2, del D.L. 69/2013) per la presentazione, ai fini del rispetto della normativa antincendio dell’istanza preliminare per l’esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio (ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 151/2011) e della SCIA sostitutiva dell’istanza per l’ottenimento del certificato di prevenzione incendi (ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 151/2011).

Relativamente alle strutture citate dalla norma in esame, si rammenta che il DM 9 aprile1994 "Regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l'esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere” è stato aggiornato con le modifiche introdotte dal DM 6 ottobre 2003 “Regola tecnica recante l'aggiornamento delle disposizioni di prevenzione incendi per le attività ricettive turistico-alberghiere esistenti di cui al DM 9/4/1994” e dal DM 3 marzo 2014 “Modifica del Titolo IV - del DM 9 aprile 1994, in materia di regole tecniche di prevenzione incendi per i rifugi alpini”.

Con il DM 16 marzo 2012 è stato approvato il "Piano straordinario biennale, concernente l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi delle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre venticinque posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del DM 9 aprile 1994 (26 aprile 1994), che non abbiano completato l'adeguamento alle suddette disposizioni di prevenzione incendi".

L’articolo 1, comma 1222, lett. i) della legge di bilancio 2018 (L. n. 205/2017), ha posticipato al 30 giugno 2019 il termine per il completamento dell'adeguamento alla normativa antincendio delle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del D.M. 9 aprile 1994, in possesso dei requisiti per l'ammissione al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio.

Ha altresì previsto la previa presentazione al comando provinciale dei vigili del fuoco, entro il 1° dicembre 2018, della Scia parziale, attestante il rispetto di almeno quattro delle seguenti prescrizioni come disciplinate dalle specifiche regole tecniche:

- resistenza al fuoco delle strutture
- reazione al fuoco dei materiali
- compartimentazioni
- corridoi
- scale
- ascensori e montacarichi
- impianti idrici antincendio
- vie d’uscita ad uso esclusivo, con esclusione dei punti ove prevista la reazione al fuoco dei materiali
- vie d’uscita ad uso promiscuo con esclusione dei punti ove è prevista la reazione al fuoco dei materiali
- locali adibiti a deposito.

La legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018, art. 1, co. 1141) ha poi aggiunto una ulteriore previsione per le strutture ricettive turisticoalberghiere localizzate nei territori colpiti dagli eccezionali eventi meteorologici che si sono verificati a partire dal 2 ottobre 2018, come individuati dalla delibera dello stato di emergenza del Consiglio dei ministri 8 novembre 2018.

Per tali strutture, ha prorogato il termine per il completamento dell'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi al 31 dicembre 2019, previa presentazione al Comando provinciale dei Vigili del fuoco entro il 30 giugno 2019 della SCIA parziale.

Il successivo D.L. n. 162/2019 (cd. milleproroghe), all’art. 3, comma 5, ha sostituito integralmente la lettera i) del comma 1122 della L. n. 205/2017, al fine di ulteriormente differire:

- dal 30 giugno 2019 al 31 dicembre 2021 il termine entro il quale le attività ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto, esistenti alla data del 26 aprile 1994, ed in possesso dei requisiti per l'ammissione al piano straordinario di adeguamento antincendio, completano l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione degli incendi;
- dal 1° dicembre 2018 al 30 giugno 2020 il termine entro il quale le predette strutture presentano, al Comando provinciale dei Vigili del fuoco, la SCIA parziale, attestante il rispetto di almeno quattro delle prescrizioni disciplinate dalle specifiche regole tecniche già indicate dalla legge di bilancio 2018.

Il D.L. n. 162/2019 ha anche prorogato:

- dal 31 dicembre 2019 al 30 giugno 2022 il termine entro il quale le strutture ricettive turistico-alberghiere localizzate nei territori colpiti dagli eccezionali eventi meteorologici che si sono verificati a partire dal 2 ottobre 2018, nonché quelle ubicate nei territori colpiti dagli eventi sismici del Centro Italia nel 2016 e 2017 e nei comuni di Casamicciola Terme, Lacco Ameno e Forio dell’isola di Ischia in ragione degli eventi sismici verificatisi il 21 agosto 2017, completano l’adeguamento alle disposizioni di prevenzione degli incendi, previa presentazione al Comando provinciale dei vigili del fuoco della SCIA parziale;
- dal 30 giugno 2019 al 31 dicembre 2020 il termine entro il quale la predetta SCIA parziale deve essere presentata.

Il D.L. n. 162/2019 ha introdotto, infine, una disposizione relativa ai rifugi alpini, volta al differimento al 31 dicembre 2020 (dal 31 dicembre 2019) del termine (previsto dall’art. 38, comma 2, del D.L. 69/2013) per la presentazione, ai fini del rispetto della normativa antincendio, dell’istanza preliminare per l’esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio (ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 151/2011); della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) sostitutiva dell’istanza per l’ottenimento del certificato di prevenzione incendi (ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 151/2011).

Fonte: Senato della Repubblica

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Metodo Snook Ciriello - Valutazione Traino/Spinta UNI ISO 11228-2

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Snook ciriello

Metodo Snook Ciriello - Valutazione Traino/Spinta UNI ISO 11228-2

ID 8499 | 09.06.2019

Il presente elaborato analizza la norma UNI ISO 11228-2, la quale permette di valutare e caratterizzare i rischi connessi ad attività di traino e spinta svolte da un lavoratore adulto in posizione eretta, che applica la forza con entrambe le mani per muovere (o arrestare) un oggetto (generalmente un carrello).

Il protocollo prevede la valutazione del rischio secondo gradi di approfondimento successivi, attraverso i quali si procede:

1. all’identificazione dei pericoli (forza, postura, distanza percorsa, caratteristiche dell’oggetto, caratteristiche individuali dell’operatore, organizzazione del lavoro);

2. alla stima del rischio;

3. alla valutazione e alla quantificazione del rischio.

Per quanto riguarda la fase di valutazione, la norma prevede la possibilità di utilizzare due metodi di analisi, caratterizzati da diverso grado di approfondimento.

Metodo 1

Viene utilizzato per valutare in modo relativamente rapido i rischi connessi alle operazioni di spinta e traino di un oggetto. Sulla base dell’analisi condotta con una check list, si procede alla valutazione generale dei rischi connessi alle operazioni di traino e spinta, per le quali occorre conoscere l’altezza delle maniglie o del punto di applicazione della forza, la distanza da percorrere, l’entità della forza impiegata, la sua frequenza di applicazione e la composizione (maschile/femminile) della popolazione lavorativa. Il confronto tra i valori di forza (iniziale e di mantenimento) misurati con un dinamometro e quelli ricavati dalle “tabelle psicofisiche” di Snook e Ciriello determina l’indice di rischio (IR), che permette di classificare come “accettabile” o “inaccettabile” un compito di spinta o traino di un carico.

Metodo 2

Viene impiegato nei casi in cui il metodo 1 rilevi una condizione operativa “inaccettabile” dal punto di vista del sovraccarico biomeccanico; permette di calcolare i limiti di accettabilità basati sulla forza muscolare (FBr) e sulla forza compressiva nella zona lombare (FLs). A partire da questi valori, si può calcolare il limite di sicurezza (FL), determinato dal rapporto tra i valori di forza esercitata dall’operatore durante la spinta o il traino, effettivamente misurati con il dinamometro e quelli individuati nelle tabelle appropriate. Il metodo in questione, estremamente complesso, necessita di una notevole esperienza per la sua applicazione.

Riferimenti normativi

- D.lgs. 81/08 e s.m.i. (in particolare Titolo VI e Allegato XXXIII).
- Direttiva 90/269/CEE
- UNI EN 1005-2 (2003). Sicurezza del macchinario; Prestazione fisica umana: Movimentazione manuale di macchinario e di parti componenti il macchinario.
- UNI ISO 11228-1 (2003). Ergonomia - Movimentazione manuale - Parte 1: Sollevamento e trasporto.
- ISO TR 12295 (2014). Ergonomics - Application document for ISO standards on manual handling (ISO 11228-1, ISO 11228-2 and ISO 11228-3) and evaluation of static working postures (ISO 11226).
- UNI ISO 11228-2:2009 “Ergonomia – Movimentazione manuale – Spinta e traino”.
- Snook S.H. and Ciriello V.M. “The design of manual handling tasks: revised tables of maximum acceptable weights and forces”, Ergonomics 1991, vol. 34, no. 9, 1197-1213.
...

Sommario
Premessa
1. Definizioni
2. Quick assessment
3. La valutazione di azioni di spinta o traino e di trasporto dei carichi in piano
4. La Norma UNI ISO 11228-2
5. Stima del rischio e sua valutazione
6. Trasporto traino e spinta manuale il calcolo dell’indice di Esposizione
7. Operazioni di traino e spinta manuale
8. Criteri interpretativi degli indici espositivi finali
9. Sintesi delle Tavole di Snook e Ciriello per azioni di trasporto, traino e spinta
10. Vantaggi e svantaggi del metodo Snook e Ciriello
11. Interpretazione dell'indice di esposizione
Fonti
...

La Norma UNI ISO 11228-2

In linea di principio, la movimentazione manuale dei carichi, rappresentando un potenziale pericolo per i lavoratori, dovrebbe essere sempre evitata. La Norma UNI ISO 11228-2 entra in gioco nel momento in cui, non essendo possibile eliminare le fasi più gravose, sia necessario esaminare in modo approfondito i fattori che rendono rischiosa le attività di traino e spinta; per mezzo del protocollo descritto nella norma è possibile qualificare e quantificare gli elementi che determinano il rischio per migliorare le condizioni operative legate alle attività di traino e spinta. L’analisi prevede due fasi (metodi) di approfondimento successivo attraverso le quali si procede dapprima all’identificazione dei pericoli, alla stima del rischio e infine alla sua valutazione, come rappresentato nella figura 1.

Figura1

 

Figura 1 - Valutazione dei rischi secondo la Norma UNI ISO 11228-2.

Stima del rischio e sua valutazione

Come già detto la Norma ISO 11228-2 prevede due differenti metodi di valutazione.

Il metodo 1

Costituisce una rapida analisi del compito, mediante prospetti psicofisici, che individuano i valori di riferimento delle forze iniziali e delle forze di mantenimento considerate accettabili, in funzione delle variabili che costituiscono l'attività quali: l'altezza delle mani al punto di applicazione della forza, la distanza percorsa, la frequenza dei compiti di movimentazione, la differenza di genere. Il primo metodo non propone solamente i valori di riferimento suggeriti, ma espone anche le fasi di valutazione per la riduzione del rischio rilevato.

Nell'allegato A della norma troviamo anche i prospetti da compilare durante la raccolta dati:

primo prospetto: contiene uno screening di presenza/assenza del pericolo. A risposta affermativa a questa analisi occorre proseguire con il secondo prospetto.

secondo prospetto: comporta la individuazione delle posizioni lavorative, del personale coinvolto e del flusso operativo.

terzo prospetto: vi si trova la scheda per la valutazione dei fattori di rischio potenziali. In sostanza questa tabella è una check list che propone svariate domande su sei elementi da analizzare preventivamente al rilievo delle forze e cioè: il compito da eseguire, l'oggetto da spostare, la caratteristica delle ruote o delle rotelle presenti, l'ambiente di lavoro ove è eseguita, le capacità individuali dell'operatore ed eventuali altri fattori presenti. La compilazione della checklist prevede una risposta del tipo si/no, ove la risposta affermativa individua la presenza di rischio. Quando il rischio è presente, si devono trascrivere le motivazioni della identificazione del pericolo, e i possibili suggerimenti e azioni di miglioramento.

NB: i primi tre prospetti possono essere superati utilizzando la tecnica del quick assessment per le azioni di Traino e Spinta

quarto prospetto: si esegue la determinazione delle forze iniziali e di mantenimento. Per effettuare una corretta valutazione, occorre rilevare:

- l'altezza delle mani;

- la distanza di spinta o traino;

- la frequenza delle azioni di spinta/traino, sia iniziale sia di mantenimento;

- la popolazione lavoratrice, cioè la sua composizione: interamente maschile (usare i limiti per i maschi) oppure interamente femminile o mista maschi/femmine (usare i limiti per le femmine);

Ricerca delle forze accettabili. Successivamente (prospetti da 5 ad 8), occorre individuare le forze accettabili, iniziali e di mantenimento, per salvaguardare il 90% della popolazione di utilizzatori prevista.

Misura delle forze iniziali e di mantenimento. Durante sopralluoghi è infine necessario misurare le forze iniziali e di mantenimento. Per effettuare correttamente le misure, chiare indicazioni pratiche sono descritte nell'Allegato D.

Classificazione del rischio. Una volta raccolti tutti i dati e misurate le forze in gioco si procede al loro confronto con la classificazione del rischio fornita.

Il metodo 1 individua solamente due condizioni: presenza o assenza di rischio (fascia rosso/fascia verde), proponendo però tre possibili condizioni che coinvolgono anche i risultati della compilazione del prospetto 3 (o del quick assessment) riguardante la sussistenza di possibili altri fattori di rischio presenti:

- se le forze misurate sono maggiori delle forze raccomandate, il rischio è presente e quindi siamo in fascia ROSSA;

- se le forze misurate sono inferiori a quelle raccomandate, ma in check list esiste un numero predominante di fattori di rischio presenti, allora siamo comunque in presenza di rischio e la fascia permane ROSSA;

- altrimenti, classificare il rischio come VERDE.

Il metodo 2 

Il secondo metodo proposto dalla Norma 11228-2 è di complessa esecuzione. Adotta una procedura per la determinazione analitica dei limiti di forza della spinta e del traino a corpo intero, utilizzando le caratteristiche sia demografiche che antropometriche della popolazione di utilizzatori prevista. Questi valori dovrebbero essere ricavati da uno studio accurato della popolazione specifica di utilizzatori.

La procedura del Metodo 2 si divide in quattro parti:

Parte A -Determinazione dei limiti di forza muscolari: individua i limiti di forza sulla base delle misurazioni di forza statica e li pondera secondo le caratteristiche della popolazione (ovvero, età, genere e statura) e i requisiti del compito (ovvero frequenza, durata e distanza del compito di spinta/traino).

Parte B - Determinazione dei limiti di forza compressivi spinali: tiene conto dei risultanti di studi su forze compressive spinali lombari in compiti di spinta/traino e regola le forze di spinta/traino secondo i limiti di compressione spinale per età e sesso.

Parte C - Determinazione dei limiti delle massime forze accettabili; identifica la forza massima applicabile utilizzando i limiti di forza basati sulla forza muscolare.

Parte D - Determinazione dei limiti di sicurezza: definisce i limiti di sicurezza determinando il moltiplicatore di rischio mr. A differenza del primo metodo il moltiplicatore di rischio mr è suddiviso in tre fasce per la determinazione del livello di rischio (verde, giallo e rosso), esse sono così definite:

Zona verde (rischio accettabile: - mr <= 0,85

Il rischio di malattia o lesione è trascurabile oppure è a un livello accettabilmente basso per l'intera popolazione degli operatori. Non occorre alcuna azione.

Zona gialla (rischio accettabile sotto condizione): 0,85 < mr <= 1,0

Esiste un rischio di malattia o lesione che non può essere trascurato per l'intera popolazione o parte di essa. Il rischio deve essere stimato ulteriormente, analizzato assieme ai fattori di rischio ulteriori e seguito quanto prima possibile da una riprogettazione. Se la riprogettazione non è possibile, si devono prendere misure per controllare il rischio.

Zona rossa (rischio non accettabile): 1,0 < mr

Esiste un considerevole rischio di malattia o lesione che non può essere trascurato per la popolazione. È necessaria un'azione immediata per ridurre il rischio (per esempio, riprogettazione, organizzazione del lavoro, istruzione e addestramento dei lavoratori).

La complessità del Metodo 2 ne consiglia, per il momento, l'utilizzo solamente in casi particolari.

Va però rilevato che con il TR ISO 12295 (in particolare all’Annex B) sono state introdotte notevoli semplificazioni nell’utilizzo del Metodo 2 che si basa su robusti dati e studi “fisiologici”: tali semplificazioni in buona sostanza prevedono il solo ricorso ai dati di riferimento di tabelle “predeterminate” e chiariscono che nella pressoché totalità dei casi i valori di riferimento (forza raccomandata) derivano dai limiti di forza muscolare, essendo molto elevati quelli derivanti dalle compressioni spinali del rachide lombare. Il vantaggio delle relative tavole di riferimento è che i dati sono espressi in relazione alla composizione della popolazione per genere ma anche per specifiche popolazioni “senior” o per popolazioni non lavorative, nonché per una gamma assai articolata di altezze da terra delle mani durante le azioni di spinta e traino. Una ulteriore semplificazione della procedura prevista dal TR ISO 12295 a proposito del metodo 2 di ISO 11228-2, che esula dagli scopi di questo documento, potrà comunque portare a una sua più generalizzata applicazione visto che alcuni dati preliminari indicano che tale metodo, semplificato, potrebbe risultare più protettivo del metodo 1 (basato su criteri psicofisici) finora più largamente utilizzato.

Va da ultimo ricordato che, indipendentemente dal metodo usato, il problema principale nella valutazione delle azioni di Traino e Spinta rimane quello di una adeguata rilevazione delle forze effettivamente esercitate (iniziali e di mantenimento) attraverso l’uso delle diverse tipologie di Dinamometri reperibili sul mercato e la non semplice questione della interpretazione dei risultati dagli stessi forniti (specie per quelli elettronici di ultima generazione).

Sintesi delle Tavole di Snook e Ciriello per azioni di trasporto, traino e spinta

Questo metodo è stato proposto dagli autori per valutare il rischio correlato al trasporto in piano, al traino e alla spinta dei carichi così come richiamato nella norma ISO 11228-2.

Alla base del metodo proposto ci sono gli studi condotti da Snook e Ciriello utilizzando metodologie psicofisiche (comprese le misure del consumo di ossigeno, della frequenza cardiaca, delle caratteristiche antropometriche...). I soggetti esaminati potevano scegliere liberamente i pesi da movimentare; tutte le altre variabili dell’operazione (le azioni di sollevamento, spinta, traino, così come l’altezza, la distanza, la frequenza,) erano decise dagli sperimentatori.

I soggetti monitoravano le loro sensazioni di fatica e sforzo e riaggiustavano il peso movimentato o la forza impiegata.

I risultati di questi studi sono riassunti nelle cosiddette “Tabelle Psicofisiche”, le quali forniscono importanti informazioni sulle capacità e limitazioni dei lavoratori riguardo alla movimentazione manuale dei carichi (in senso generale, comprese le azioni di traino, spinta e trasporto). Vengono forniti per ciascuna tipologia di azione, per sesso e per diversi percentili di “protezione” della popolazione sana, nonché per varianti interne al tipo di azione (frequenza, altezza da terra del punto di applicazione della spinta, distanza di trasporto, ecc.) i valori limite di riferimento del peso (azioni di trasporto) o della forza esercitata (in azioni di tirare o spingere) rispettivamente nella fase iniziale (picco di forza) e poi di mantenimento dell’azione (forza di mantenimento).

Nelle tabelle sotto riportate sono forniti i relativi valori “ideali” rispettivamente per le azioni di spinta, di traino e di trasporto in piano; sono stati selezionati unicamente i valori che tendono a proteggere il 90% delle rispettive popolazioni adulte sane, maschili e femminili. L’uso dei dati riportati nella tabella è estremamente semplice: si tratta di individuare la situazione che meglio rispecchia il reale scenario lavorativo esaminato, decidere se si tratta di proteggere una popolazione solo maschile o anche femminile, estrapolare il valore raccomandato (di peso o di forza) e confrontarlo con il peso o la forza effettivamente sviluppata (misurata con dinamometro) ponendo quest’ultima al numeratore e il valore raccomandato al denominatore. Si ottiene così un indice di rischio del tutto analogo a quello ricavato dall’analisi delle azioni di sollevamento

TABELLE 6-9. Azioni di spinta: massime forze (iniziali e di mantenimento in kg) raccomandate per la popolazione lavorativa adulta sana, in funzione di: sesso, distanza di spostamento, frequenza di azione, altezza delle mani da terra

FI = forza iniziale

FM = forza di mantenimento

Tabella6 8

...segue in allegato

Interpretazione dell'indice di esposizione

L'applicazione alle singole operazioni di spostamento e traino della metodologia analitica sin qui seguita, fornisce per ciascuna un indicatore sintetico di rischio.

Tali indicatori non sono altro che il rapporto tra il peso (la forza) effettivamente movimentato nella specifica situazione lavorativa e il peso (la forza) raccomandato per quell'azione. Sulla scorta dei risultati (indicatori) ottenuti è possibile individuare tutte le attività e quindi le aree dove vengono svolte, maggiormente richiedenti interventi di bonifica a carattere protezionistico-preventivo.

Figura2

...segue in allegato

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Legge 26 luglio 1965 n. 966

ID 12899 | | Visite: 3517 | Prevenzione Incendi

Legge 26 luglio 1965 n. 966

Disciplina delle tariffe, delle modalita' di pagamento e dei compensi al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per i servizi a pagamento.

(GU n.204 del 16-08-1965)
_______

Legge 26 luglio 1965 n. 966
...

Art. 4.
I depositi e le industrie pericolose soggetti alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi, nonché la perio­dicità delle visite, sono determinati con decreto del ministro per l'interno, di concerto con il ministro per l'industria e commercio, in relazione alle esigenze tec­niche di sicurezza degli impianti.
Indipendentemente dalla periodicità stabilita con H provvedimento di cui al precedente comma, l'obbligo di richiedere le visite ed i controlli ricorre: quando ci sono modifiche di lavorazione o di strutture; nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi, e ogni qualvolta vengano a mu­tare le condizioni di sicurezza precedentemente accer­tate.
Il Comando provinciale dei vigili del fuoco, eseguiti i controlli e accertata la rispondenza degli impianti alle prescrizioni di sicurezza, rilascia un "certificato di prevenzione" che ba validità pari alla periodicità delle visite.

Emanato in accordo all'Art. 4 il DM 16 febbraio 1982

Tribunale di Messina Sez. Lav. del 12 dicembre 2020 n. 23455

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Tribunale di Messina Sez  Lav  del 12 dicembre 2020 n  23455

Tribunale di Messina Sez. Lav. del 12 dicembre 2020 n. 23455 

Accolto il ricorso dell'infermiera contro il decreto dell’assessore alla Sanità che prevede l’obbligo della vaccinazione antinfluenzale per medici e operatori sanitari

....

Ordinanza

letta l’istanza cautelare proposta da C.C.C. con ricorso ex art. 700 c.p.c., depositato in data 1 dicembre 2020;
letta la memoria di costituzione dell’Assessorato Regionale della Salute, visti gli atti ed esaminata la documentazione prodotta;

OSSERVA

Con ricorso ex art. 700 c.p.c., depositato in data 1 dicembre 2020, C.C.C. esponeva:
- di prestare servizio, con la qualifica di collaboratore professionale sanitario, infermiere, presso l'AOU G. Martino, con sede in Messina;
- con Decreto n.743 del 13 agosto 2020, avente ad oggetto: "Campagna di vaccinazione antinfluenzale 2020/2021 -coinvolgimento MMFG e PLS" l'Assessore della Salute della Regione Siciliana aveva approvato il "programma di vaccinazione antinfluenzale e antipneumococcica per l'anno 2020/2021", stabilendo, all'art. 1, l'inizio della campagna vaccinale per il 5 ottobre 2020, con termine prefissato al 28 febbraio 2021;
- nel prevedere la somministrazione del vaccino antinfluenzale ed antipneumococcico, ovvero, per i soggetti già sottoposti a tale ultimo vaccino, la sola vaccinazione anti Tpa e/o antizoster, il citato decreto all'art. 10, recitava testualmente "per la campagna di vaccinazione antinfluenzale 2020/2021, in concomitanza con la pandemia da Covid-19, viene introdotto l'obbligo della vaccinazione antinfluenzale per i medici e personale sanitario, sociosanitario di assistenza, operatori di servizio di strutture di assistenza, anche se volontario. La mancata vaccinazione, non giustificabile da ragioni di tipo medico, comporta l'inidoneità temporanea, per tutto il periodo della campagna, allo svolgimento della mansione lavorativa, ai sensi dell'art. 41 comma 6 del d.lgs 81/2008, nell'ambito della sorveglianza sanitaria da parte del medico competente di cui all'art. 279 e correlata alla rivalutazione del rischio biologico a cura del datore di lavoro, ai sensi degli art. 271 e ss. del decreto citato;
- l’AOU G. Martino aveva diramato la "Comunicazione avvio campagna vaccinale antinfluenzale 2020/2021 obbligatoria per gli operatori sanitari" prot. n. 1027/2020, del 28 settembre 2020", a firma del Direttore della U.O. Igiene Ospedaliera, indirizzata a tutti i Direttori delle UU.OO ed alla Direzione medica di Presidio, con la quale veniva comunicato che "dal 5 ottobre 2020 avrà inizio, come da D.Lg. 743 del 13 settembre 2020 Assessorato regionale della Salute, la campagna vaccinale antinfluenzale e anti pneumococcica in Sicilia, che si concluderà il 28 febbraio 2021. Come ogni anno, l'AO G. Martino e l'UO di Igiene Ospedaliera, si impegnano all'offerta attiva delle suddette vaccinazioni………ricordiamo che l'influenza, patologia spesso sottovalutata, rappresenta un serio problema di Sanità Pubblica con elevato impatto sociale ed economico. Al fine di limitarne la trasmissione interumana, è importante l'attuazione di semplici misure di prevenzione comportamentali (come il lavaggio delle mani, la copertura di naso e bocca durante gli starnuti) e l'effettuazione della vaccinazione, cercando di ottenere coperture vaccinali elevati per garantire l'immunità di gregge. In particolare, durante la stagione 2020/2021 la probabile co-circolazione del virus influenzale con il SARS_CoV-2 dovrà essere contrastata ampliando la copertura vaccinale delle categorie a cui è fortemente raccomandata. Viene dunque, introdotto l'obbligo alla vaccinazione antinfluenzale per medici e personale sanitario. La mancata adesione alla vaccinazione non giustificabile da ragioni di tipo medico, comporta l'inidoneità temporanea alle mansioni lavorative per tutta la durata della campagna vaccinale (art. 10 del D.A. n. 743/2020)";
- la comunicazione proseguiva, poi, con l'illustrazione della valenza del vaccino per la tutela del personale medico e sanitario e dell'utenza, rimarcando l'agevolazione della diagnosi differenziale con l'infezione dal SARS-CoV, attesa la necessità di distinguere le due infezione, perché " i virus influenzali facilitano l'ingresso del coronavirus nei polmoni tramite una sovraespressione di recettori ACE 2 nelle cellule epiteliali alveolari: una recente esposizione al virus dell'influenza potrebbe, pertanto, peggiorare l'esito di COVID-19 e rendere più impegnativo il decorso della malattia. In aggiunta, in una situazione post influenzale, il sistema immunitario, già indebolito, rende il soggetto molto più suscettibile ad una eventuale infezione secondaria: si informano pertanto le SS.VV. che la vaccinazione è offerta gratuitamente al personale ospedaliero, universitario e agli studenti dei corsi di laurea in area sanitaria a partire dal 5 ottobre 2020 in attività ambulatoriale…dalle 9,00 alle 12.30 e nei giorni di martedì e giovedì dalle 14.00 alle 17,00 e presso le postazioni dislocate nei vari padiglioni…ricordiamo che quest'anno sono disponibili due tipi di vaccini: il primo vaccino VAXIGRIP TETRA conterà virus dell'influenza "split" inattivati coltivati in embrioni di pollo, il secondo vaccino, FLUCELVAX TETRA conterà i virus prodotti in culture cellulari renali canine". Nel successivo allegato, veniva scandito il calendario vaccinale dal 1/10/2020 all'11/11/2020;
- in data 8 ottobre 2020 l'Assessorato della Salute Regione Siciliana, Dipartimento Regionale Attività e Osservatorio Epidemiologico, aveva emesso "chiarimenti applicativi" in ordine al D.A. n. 743/2020, resisi necessari ai fini di "una omogenea applicazione delle disposizioni ivi contenute in conformità alla vigente normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro" precisando quanto segue: "preliminarmente, è opportuno evidenziare che, ai fini degli adempimenti connessi all'obbligo vaccinale degli operatori sanitari, le Aziende in indirizzo potranno prevedere più finestre o step di vaccinazione per il personale interessato, di cui una iniziale, dei soggetti volontari da tenersi tra il 15 ottobre e il 15 dicembre e, successivamente, le altre per il restante personale e ciò per garantire la copertura vaccinale per i periodo di picco influenzale. Ciò detto, è necessario chiarire anche l'ambito di applicazione dell'art. 10 del citato Decreto Assessorile, il quale stabilisce che… la mancata vaccinazione, non giustificabile da ragioni di tipo medico, comporta l'inidoneità temporanea, per tutto il periodo della campagna, allo svolgimento della mansione lavorativa, ai sensi dell'art. 41 comma 6 del d.lgs 81/2008, nell'ambito della sorveglianza sanitaria da parte del medico competente di cui all'art. 279 e correlato alla rivalutazione del rischio biologico a cura del datore di lavoro, ai sensi degli artt. 271 e ss. del decreto citato. In tal senso, le Direzioni Sanitarie dovranno provvedere a rilevare, attraverso l'istituzione di apposito data-base, l'avvenuta vaccinazione del personale sanitario aziendale. L'Ufficio del medico competente sarà coinvolto sinergicamente con le suddette Direzioni Sanitarie nella verifica delle certificazioni vaccinali e parteciperà attivamente alla divulgazione della campagna vaccinale. Al termine di ogni finestra o step di vaccinazione, il Medico Competente esprimerà un parere circa la non idoneità alla esposizione a rischio biologico per coloro che non sono stati vaccinati e sulla base di tale parere le Direzioni Sanitarie aziendali procederanno a notificare la temporanea non idoneità ai sensi dell'art. 10 del suddetto Decreto Assessorile agli operatori che non hanno eseguito la vaccinazione. Laddove invece l'operatore sanitario non potesse eseguire la vaccinazione, esclusivamente e per comprovati problemi di salute, dovrà farne richiesta ai sensi dell'art. 41 del d.lgs 81/08 per eseguire la visita medica straordinaria. Si invitano le SS.LL. in indirizzo a dare puntuale applicazione a quanto sopra esposto, notificando con urgenza la presente ai medici competenti aziendali";
- con nota prot. n.ro 1296/20 del 24/11/2020, "Comunicazione personale non ancora vaccinati durante la campagna antinfluenzale 2020/2021 obbligatoria per gli operatori sanitari", sempre il Direttore UO Igiene Ospedaliera della AOU G. Martino -riproponendo tutte le motivazioni precedentemente esposte e l'obbligo vaccinale per il personale medico e sanitario, nonché le conseguenze connesse alla mancata adesione alla disposizione assessorile (inidoneità temporanea alle mansioni lavorative per tutta la durata della campagna vaccinale (art. 13 del D.A. n. 743/2020)- faceva presente che "in accordo con il Medico Competente dell'Azienda, entro il giorno 20 dicembre 2020 verranno inviati allo stesso i dati aggiornati di coloro che NON hanno effettuato la vaccinazione antinfluenzale, per i provvedimenti di competenza. Si comunica, dunque, al personale non ancora vaccinato, che sarà possibile vaccinarsi tutti i giorni feriali, presso la postazione fissa sita al 3° piano pad. G (Torre biologica) dalle 9,00 alle 12,30".
Evidenziava che tali decisioni non apparivano condivisibili.
Rilevava che il DCA n. 743/2020 ed i successivi chiarimenti intervenivano in tema di procedimento inerente l’idoneità del lavoratore alla mansione cui era preposto e che l’istituto era disciplinato dal D. lgs n. 81/2008.
Rilevava che il decreto assessoriale, i successivi chiarimenti e le note emesse dalla AOU G. Martino, rappresentavano meri atti amministrativi adottati quale strumento di prevenzione dei contagi da Covid 19 ed al fine di contenere, nelle strutture sanitarie, ove il personale addetto poteva costituire un potenziale vettore, la circolazione del virus, di agevolare la diagnosi differenziale con l’influenza stagionale e di ridurre la pressione sulle strutture ospedaliere.
Evidenziava che l’art. 32 della legge n. 833/1978, disponeva che “Il Ministro della sanità può emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente piu' regioni… Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale o dal sindaco ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale”.
Rilevava che in tema di salute pubblica era intervenuto il D.L. n. 19 del 25/3/2020 convertito con modifiche nella legge n. 25/2020, poi modificata dal D.L. n. 83/2020, per quel che concerneva la gestione emergenziale connessa al diffondersi del Covid 19.
Evidenziava che la disciplina emergenziale aveva demandato al Presidente del Consiglio dei Ministri la totale competenza alla adozione delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid 19, mentre aveva demandato alle regioni la sola adozione di eventuali misure provvisorie giustificate da particolari e motivate situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario a livello locale, sulle quali potevano intervenire ma sempre nell’ambito delle attività di competenza delle regioni stesse.
Rilevava che dal combinato disposto delle disposizioni, si evinceva che le regioni potevano intervenire con misure ulteriori rispetto a quelle statali, ma solo nel delimitato ambito di cui all’art. 1 c 2 d.l. n. 19/2020 ed in tali tipologie non era compreso il tema delle vaccinazioni obbligatorie.
Evidenziava che la disposizione emergenziale non si poneva in contrasto con la normativa generale ed ordinaria ed in particolare con l’art. 32 della l. n. 833/1978 che al 3°comma, prevedeva che il Presidente della giunta regionale potesse adottare ordinanze contingibili ed urgenti in materia di sanità pubblica, perché la norma doveva essere letta in combinato disposto con l’art. 117 del d.lgs n. 112/1998 e con l’art. 50 c. 5 del d.lgs n. 267/2000.
Rilevava che i poteri esercitabili attraverso lo strumento dell’ordinanza potevano essere esercitati “in ragione della dimensione dell’emergenza” e la dimensione nazionale dell’emergenza sanitaria demandava la competenza alla adozione di provvedimenti di urgenza ai centri di imputazione ministeriale.
Evidenziava che non sussisteva alcuna legge di Stato che consentisse l’imposizione del vaccino antinfluenzale nei confronti del personale sanitario, né tantomeno, in difetto, la previsione della inidoneità alla mansione e la conseguente decurtazione degli emolumenti stipendiali.
Rilevava che la “tutela della salute” in quanto “materia di legislazione concorrente” era “determinata” nei principi fondamentali dallo Stato ( art 117, comma 3) e che lo Stato, inoltre, aveva la esclusiva della clausola di “uniformità” per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, comma 2, lett. m), nonché vigilava sulla loro effettività, con l’esercizio del potere sostitutivo extra ordinem (art. 120, comma 2), nonché, in casi straordinari di necessità e di urgenza, si avvaleva della decretazione d’urgenza che prevale e supera quella locale/regionale ( art 77 Cost. applicato anche al caso attuale della pandemia da covid 19).
Evidenziava che i trattamenti sanitari obbligatori, quali quelli di vaccinazione antinfluenzale, erano coperti da riserva di legge statale, ex art. 32 c. 2, art. 3 e 117 c. 3 Costituzione, anche in relazione all’art. 133 Costituzione.
Rilevava che il Decreto n. 743/2020, i chiarimenti applicativi e le successive note aziendali erano stati adottati in violazione dell’art. 21 septies l. n. 241/1990 ed erano viziati anche sotto il profilo dell’incompetenza assolute e della carenza di potere.
Evidenziava che il decreto emesso dall’Assessorato alla Salute della Regione Sicilia non poteva trovare fondamento nemmeno nell’art. 32, comma 3 l. n. 833 del 1978 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) che attribuiva, in teoria, al solo presidente della giunta regionale o al sindaco il potere di emanare ordinanze di carattere contingibile e urgente in materia di igiene e sanità pubblica.
Rilevava che l’impossibilità di rinvenire un siffatto fondamento si riscontrava in quanto tale articolo era derogato dalla disciplina dettata dal d.l. n. 19 del 2020 e perché, comunque, l’emergenza sanitaria aveva carattere nazionale, e dunque imponeva l’intervento da parte del Governo centrale ma, nel caso in esame, vi era un ulteriore elemento, rappresentato dalla totale assenza di qualsiasi provvedimento, normativo ovvero regolamentare, emesso dal Presidente della Giunta Regionale Siciliana, da cui, in ipotesi, il decreto assessorile poteva rinvenire la sua origine derivativa.
Affermava che in assenza di ogni provvedimento da parte del Presidente della Regione Siciliana, volto alla tutela della salute pubblica ex art 32 l.n. 833/78, non era possibile affermare che il potere assessorile era stato correttamente usato, non avendo tenuto conto della riserva di legge statale che copriva i trattamenti sanitari obbligatori.
Rilevava che per quanto riguardava poi le modalità applicative, andava precisato che l’art.
279 comma 2 lettera a del d.l. n. 81/2008, non prevedeva affatto, né poteva farlo, l’obbligatorietà della vaccinazione in capo al lavoratore, ma imponeva al datore di lavoro la messa a disposizione del vaccino, mentre il successivo comma 5 obbligava al medico competente di informare i lavoratori sui vanteggi e sugli inconvenienti del vaccino.
Evidenziava che l’art. 304 comma 1 lettera d) stabiliva l’abrogazione di ogni altra disposizione legislativa e regolamentare nella materia incompatibile con il d.l. citato.
In ordine al periculum in mora, rileva che di fronte alla paventata, eventuale confusione dei sintomi della sindrome influenzale con quelli da Covid, si addiveniva ad un giudizio prognostico sulle condizioni cliniche e di salute degli operatori sanitari che non volevano sottoporsi all’introdotto obbligo vaccinale, per cui gli stessi erano considerati temporaneamente inidonei al servizio, con conseguente sospensione dall’esercizio dell’attività professionale.
Rileva che la casistica clinica e medica non era ancora pervenuta a dirimere le possibili interferenze tra virus dell’influenza e Covid 19, in modo tale da poter agire nel rispetto dell’art. 32 della Costituzione.

Lamentava la gravissima violazione della volontà di autodeterminazione dei soggetti che venivano sospesi dal servizio senza che soccorresse, a tutela dell’introdotto obbligo vaccinale, il reale, superiore interesse della tutela della salute pubblica.
Evidenziava che le conseguenze della dichiaranda inabilità temporanea al lavoro, comportanti una diminuzione patrimoniale, con perdita di intere retribuzioni mensili, nel caso in esame, andavano ad incidere anche sulla situazione reddituale di una lavoratrice che viveva sostenendosi della sola retribuzione percepita in costanza di rapporto di lavoro, unica fonte di reddito del nucleo familiare, con una figlia a carico di 19 anni.
Chiedeva, pertanto, che venissero disapplicati il Decreto n.ro 743/2020 ed Allegato 1 emesso dall’Assessorato regionale della Salute regione Siciliana, i chiarimenti applicativi resi dal Dipartimento regionale Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico Assessorato della Salute Regione Siciliana con nota n.ro 34829/2020, la nota prot. 1027/2020, a firma del Direttore della U.O. Igiene Ospedaliera AOU G. Martino, ed allegato calendario, la nota prot. 1296/2020, a firma del Direttore della U.O. Igiene Ospedaliera AOU G. Martino, limitatamente alla posizione della ricorrente e che contestualmente venisse fissata l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé assegnando all'istante un termine perentorio per la notificazione del ricorso e dell'emittendo decreto, e a tale udienza con ordinanza confermare, modificare o revocare il provvedimento emanato con detto decreto.
In via subordinata, chiedeva che venisse fissata la comparizione delle parti in contraddittorio, procedendo nel modo ritenuto opportuno e, comunque, emettendo ogni altro provvedimento d'urgenza, che appaia, secondo le circostanze, più idoneo ad eliminare il pregiudizio subito e subendo per tutti i motivi dedotti nel corpo dell'atto.
Instava per le spese di lite, da distrarre in favore del procuratore, antistatario
L’Assessorato Regionale della Salute, costituendosi in giudizio, contestava la fondatezza del ricorso.
Rilevava che la disposizione contestata da parte ricorrente reppresentava una vera e propria misura di civiltà che la Regione, secondo il dettato di cui all'art. 32 della Costituzione, per motivi di equità e di universalità aveva inteso offrire gratuitamente alla collettività, nell'evidente intento di salvaguardare la salute pubblica e di ridurre le conseguenze della pandemia.
In ordine all'asserita violazione dello stesso art. 32 della Costituzione, nella parte in cui al comma 2 prevedeva una riserva di legge statale per i trattamenti sanitari obbligatori, osservava che essa non teneva conto intanto dell'art. 32 comma 3 della legge n. 833/1978 che riconosceva al Presidente della Giunta regionale o al Sindaco il potere di emanare, in materia di sanità pubblica e di polizia veterinaria, ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla Regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale.
Evidenziava che la misura contestata, pur se inserita nel contesto di un decreto assessoriale, possedeva , senza ombra di dubbio, il crisma della contingibilità e dell'urgenza, posto che essa era stata assunta dall'Amministrazione, nel quadro della campagna di vaccinazione antinfluenzale 2020/2021, in concomitanza con la pandemia da Covid 19, a tutela della salute pubblica e nel pieno rispetto delle indicazioni del CTS istituito presso la Presidenza della Regione, che aveva sottolineato l’utilità della vaccinazione obbligatoria per gli operatori sanitari, e considerato

Rilevava che l'efficacia della stessa era, ovviamente, limitata al territorio regionale e su quest'ultimo punto, il tenore del comma 3 dell'art. 32 della legge n. 833/1978 era assai esplicito, avuto riguardo alla circostanza che esso circoscriveva l'efficacia della misura alla Regione, senza, dunque, fare riferimento alle dimensioni dell'emergenza.
Evidenziava che le argomentazioni di controparte non tenevano in alcun conto la legislazione emergenziale intervenuta a seguito del diffondersi della pandemia da Covid 19 o, comunque, ne davano un'interpretazione non condivisibile.
Richiamava il D.L. n. 19/2020 nel testo convertito dalla legge n. 35/2020, che autorizzava le Regioni ad introdurre misure più restrittive di quelle statali, contenitive del contagio, al fine precipuo di tutelare la salute pubblica.
Rilevava che la misura della vaccinazione obbligatoria degli operatori sanitari prevista dalla Regione era preordinata alla predetta finalità della tutela della salute collettiva, giacché gli stessi risultavano essere tra le categorie più esposte al rischio di contagio e possibile veicolo di trasmissione del virus nei diversi ambiti assistenziali in cui operavano.
Evidenziava che la misura della vaccinazione obbligatoria degli operatori sanitari, nell'attuale quadro emergenziale, poteva ben essere considerata quale disposizione inquadrabile nell'ambito della competenza organizzativa in materia di sanità che il nostro ordinamento riconosceva esplicitamente alla Regioni, posto che essa perseguiva l'obiettivo dichiarato di alleggerire la pressione sulle strutture sanitarie del S.S.R., riducendo l'assenteismo degli operatori, dal lavoro e agevolandone i compiti in termini di diagnosi differenziale, specie nel periodo autunnale e invernale, allorquando il diffondersi dell'influenza potrebbe rendere alquanto problematica la distinzione della sindrome del SARS- CoV - 2 da una comune influenza.
Riteneva, poi, fuorviante l'asserzione secondo cui il provvedimento impugnato sarebbe nullo, ai sensi dell'art. 21 septies della legge n. 240/1990 e s.m.i. per difetto assoluto di attribuzione, essendo invece palese che l'atto era stato adottato dall'Assessore regionale della Salute a tutela della salute pubblica, a cui erano preordinati i poteri che l'art. 32 comma 3 della legge n. 833/1978 attribuiva alla Regione, consentendole di intervenire in via d'urgenza per finalità di tutela della salute pubblica e con efficacia limitata al territorio della Regione stessa.
Evidenziava che la Regione Siciliana non disponeva di una soggettività unitaria, posto che ciascun Assessore aveva una sua propria competenza con rilevanza esterna ed era, quindi, legittimato ad assumere atti che impegnano all'esterno il ramo di Amministrazione a cui era preposto e a stare in giudizio per esso, così come sancito da consolidata giurisprudenza.
In ordine all'inidoneità allo svolgimento della mansione lavorativa prevista dal D.A. gravato, ai sensi dell'art. 41 comma 6 del D.Lgs. n. 81/2008, nel caso di mancata vaccinazione, non giustificabile da ragioni mediche - disposizione anch'essa contestata dai ricorrenti - essa aveva efficacia temporanea, cioè, limitata alla durata della campagna di vaccinazione ed era senza dubbio preordinata alla tutela della salute, oltre che degli stessi operatori notevolmente esposti al rischio del contagio, anche e soprattutto dei fruitori delle relative strutture sanitarie assistenziali e sociosanitarie, il cui rischio di contrarre il coronavirus potrebbe aumentare ove quest'ultimi venissero a contatto con personale sanitario non vaccinato.
Contestava, poi, la sussistenza del periculum in mora, rilevando che dall'applicazione della vaccinazione antinfluenzale non poteva derivare ad essi alcun danno grave ed irreparabile, rivelandosi, piuttosto, una misura di tutela della salute pubblica in generale e degli stessi operatori sanitari da cui potevano conseguire solo benefici diretti per gli stessi ricorrenti e indiretti per i pazienti con cui sarebbero venuti a contatto.
Rilevava che controparte faceva riferimento alla inidoneità allo svolgimento della mansione lavorativa prevista dal D.A. gravato, ai sensi dell’art. 41, comma 6, del D.Lgs. n. 81/2008, prevista per il caso di mancata vaccinazione ma si trattava di una misura che aveva una efficacia limitata alla durata della campagna di vaccinazione 2020/2021 e rispondeva ad esigenze di tutela della salute pubblica e degli stessi operatori sanitari che per professione erano notevolmente esposti al rischio del contagio.
Chiedeva, pertanto, il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.

***

Preliminarmente, va dichiarata la contumacia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G. Martino” di Messina, non costituita in giudizio sebbene il ricorso sia stato regolarmente notificato.

Va, poi, rilevato che all’udienza del 11 dicembre 2020 il procuratore di parte ricorrente ha limitato le domande formulate in ricorso nei confronti dell’Assessorato Regionale alla Salute e dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G. Martino”.
Per quanto riguarda la controversia in esame, va rilevato che con decreto dell’Assessorato Regionale della Salute della Regione Sicilia n. 743/2020, relativo alla “campagna di vaccinazione antinfluenzale 2020/2021 - coinvolgimento MMG e PLS”, è stato disposto che "Per la campagna di vaccinazione antinfluenzale 2020/2021, in concomitanza con la pandemia da COVID-19, viene introdotto l'obbligo della vaccinazione antinfluenzale per i Medici e personale sanitario, sociosanitario di assistenza, operatori di servizio di strutture di assistenza, anche se volontario. La mancata vaccinazione, non giustificabile da ragioni di tipo medico, comporta l'inidoneità temporanea, per tutto il periodo della campagna, allo svolgimento della mansione lavorativa, ai sensi dell'art. 41 comma 6 del d.lgs 81/2008, nell'ambito della sorveglianza sanitaria da parte del medico competente di cui all'art. 279 e correlata alla rivalutazione del rischio biologico a cura del datore di lavoro, ai sensi degli art. 271 e ss. del decreto citato”.
Con decreto prot. n. 1027/20 del 28 settembre 2020, a firma del Direttore UO Igiene Ospedaliera dell’Azienda Universitaria Policlinico “G. Martino”, avente ad oggetto “Comunicazione avvio campagna vaccinale antinfluenzale 2020/2021 obbligatoria per gli Operatori Sanitari”, indirizzata ai Direttori delle UU.OO. e p.c. alla Direzione Medica di presidio, è stato comunicato che “dal 5 ottobre 2020 avrà inizio, come da D.Lg. 743 del 13 settembre 2020 Assessorato regionale della Salute, la campagna vaccinale antinfluenzale e anti pneumococcica in Sicilia che si concluderà il 28 febbraio 2021. Come ogni anno, l’AOU “G. Martino” e l’UO di Igiene Ospedaliera si impegnano all’offerta attiva delle suddette vaccinazioni………Ricordiamo che l’influenza, patologia spesso sottovalutata, rappresenta un serio problema di Sanità Pubblica con elevato impatto sociale ed economico. Al fine di limitarne la trasmissione interumana è importante l’attuazione di semplici misure di prevenzione comportamentali (come il lavaggio delle mani, la copertura di naso e bocca durante gli starnuti) e l’effettuazione della vaccinazione, cercando di ottenere coperture vaccinali elevati per garantire l’immunità di gregge. In particolare, durante la stagione 2020/2021 la probabile co-circolazione del virus influenzale con il SARS-CoV-2 dovrà essere contrastata ampliando la copertura vaccinale delle categorie a cui è fortemente raccomandata. Viene dunque, introdotto l’obbligo alla vaccinazione antinfluenzale per Medici e personale sanitario. La mancata adesione alla vaccinazione non giustificabile da ragioni di tipo medico, comporta l’inidoneità temporanea alle mansioni lavorative per tutta la durata della campagna vaccinale (art. 10 del D.A. n. 743/2020)...”.
Successivamente, con nota prot. n. 34829 del 8 ottobre 2020, sono stati emessi, dall’Assessorato Regionale della Salute, “chiarimenti applicativi” in ordine al D.A. n. 743/2020, “ai fini di una omogenea e corretta applicazione delle disposizioni ivi contenute in conformità alla vigente normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro” ed è stato evidenziato che “ai fini degli adempimenti connessi all’obbligo vaccinale degli operatori sanitari, le Aziende in indirizzo potranno prevedere più “finestre” o “step” di vaccinazione per il personale interessato, di cui una iniziale, dei soggetti volontari da tenersi tra il 15 ottobre e il 15 dicembre e, successivamente, le altre per il restante personale e ciò per garantire la copertura vaccinale per i periodo di picco influenzale. Ciò detto, è necessario chiarire anche l’ambito di applicazione dell’art. 10 del citato Decreto Assessorile, il quale stabilisce che “[…] la mancata vaccinazione, non giustificabile da ragioni di tipo medico, comporta l’inidoneità temporanea, per tutto il periodo della campagna, allo svolgimento della mansione lavorativa, ai sensi dell’art. 41 comma 6 del d.lgs 81/2008, nell’ambito della sorveglianza sanitaria da parte del medico competente di cui all’art. 279 e correlato alla rivalutazione del rischio biologico a cura del datore di lavoro, ai sensi degli artt. 271 e ss. del decreto citato. In tal senso, le Direzioni Sanitarie dovranno provvedere a rilevare, attraverso l’istituzione di apposito data-base, l’avvenuta vaccinazione del personale sanitario aziendale. L’Ufficio del medico competente sarà coinvolto sinergicamente con le suddette Direzioni Sanitarie nella verifica delle certificazioni vaccinali e parteciperà attivamente alla divulgazione della campagna vaccinale. Al termine di ogni “finestra” o “step” di vaccinazione, il Medico Competente esprimerà un parere circa la non idoneità alla esposizione a rischio biologico per coloro che non sono stato vaccinati e sulla base di tale parere le Direzioni Sanitarie aziendali procederanno a notificare la temporanea non idoneità ai sensi dell’art. 10 del suddetto Decreto Assessorile agli operatori che non hanno eseguito la vaccinazione. Laddove invece l’operatore sanitario non potesse eseguire la vaccinazione, esclusivamente e per comprovati problemi di salute, dovrà farne richiesta ai sensi dell’art. 41 del d.lgs 81/08 per eseguire la visita medica straordinaria. Si invitano le SS.LL. in indirizzo a dare puntuale applicazione a quanto sopra esposto, notificando con urgenza la presente ai medici competenti aziendali”.
Con nota prot. 1296/20 a firma del Direttore UO Igiene Ospedaliera dell’Azienda Universitaria Policlinico “G. Martino”, avente ad oggetto “Comunicazione personale non ancora vaccinatosi durante la campagna antinfluenzale 2020/2021 obbligatoria per gli Operatori Sanitari”, indirizzata ai Direttori delle UU.OO. e p.c. alla Direzione Medica di presidio è stato comunicato che “in accordo con il Medico Competente dell’Azienda, entro il giorno 20 dicembre 2020 verranno inviati allo stesso i dati aggiornati di coloro che NON hanno effettuato la vaccinazione antinfluenzale, per i provvedimenti di competenza. Si comunica, dunque, al personale non ancora vaccinato, che sarà possibile vaccinarsi tutti i giorni feriali, presso la postazione fissa sita al 3° piano pad. G (Torre biologica) dalle 9,00 alle 12,30”.
Come emerge dai decreti e dalle note richiamate, la mancata vaccinazione - non giustificabile da ragioni di tipo medico – determina l'inidoneità temporanea allo svolgimento della mansione lavorativa per tutto il periodo della campagna, ai sensi dell'art. 41 comma 6 del d.lgs 81/2008.
Parte ricorrente, in particolare, evidenzia, tra l’altro, che non sussiste alcuna legge statale che consente l’imposizione del vaccino antinfluenzale nei confronti del personale sanitario, né, in difetto, la previsione della inidoneità alla mansione e la conseguente decurtazione degli emolumenti stipendiali.
Al riguardo, come evidenziato dalla Corte Costituzionale, “L’introduzione dell’obbligatorietà per alcune vaccinazioni chiama in causa prevalentemente i principi fondamentali in materia di «tutela della salute», pure attribuiti alla potestà legislativa dello Stato ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. Questa Corte ha già chiarito che il diritto della persona di essere curata efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell’arte medica, e di essere rispettata nella propria integrità fisica e psichica (sentenze n. 169 del 2017, n. 338 del 2003 e n. 282 del 2002) deve essere garantito in condizione di eguaglianza in tutto il paese, attraverso una legislazione generale dello Stato basata sugli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica nazionale e internazionale. Tale principio vale non solo (come ritenuto nelle sentenze appena citate) per le scelte dirette a limitare o a vietare determinate terapie o trattamenti sanitari, ma anche per l’imposizione di altri. Se è vero che il «confine tra le terapie ammesse e terapie non ammesse, sulla base delle acquisizioni scientifiche e sperimentali, è determinazione che investe direttamente e necessariamente i principi fondamentali della materia» (sentenza n. 169 del 2017), a maggior ragione, e anche per ragioni di eguaglianza, deve essere riservato allo Stato – ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. – il compito di qualificare come obbligatorio un determinato trattamento sanitario, sulla base dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche disponibili. Nella specie, poi, la profilassi per la prevenzione della diffusione delle malattie infettive richiede necessariamente l’adozione di misure omogenee su tutto il territorio nazionale. Secondo i documenti delle istituzioni sanitarie nazionali e internazionali, l’obiettivo da perseguire in questi ambiti è la cosiddetta “immunità di gregge”, la quale richiede una copertura vaccinale a tappeto in una determinata comunità, al fine di eliminare la malattia e di proteggere coloro che, per specifiche condizioni di salute, non possono sottoporsi al trattamento preventivo. Pertanto, in questo ambito, ragioni logiche, prima che giuridiche, rendono necessario un intervento del legislatore statale e le Regioni sono vincolate a rispettare ogni previsione contenuta nella normativa statale, incluse quelle che, sebbene a contenuto specifico e dettagliato, per la finalità perseguita si pongono in rapporto di coessenzialità e necessaria integrazione con i principi di settore (sentenze n. 192 del 2017, n. 301 del 2013, n. 79 del 2012 e n. 108 del 2010)” (Corte Cost. n. 5 del 2018).
La materia della salute rientra tra le materie di legislazione concorrente di cui all’art. 117 comma 3 della Costituzione. In queste materie “spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.
Le Regioni devono, dunque, rispettare i “principi fondamentali” previsti a livello statale.
Va rilevato che ai sensi dell’art. 32 della legge 833 del 1978 “Il Ministro della sanità può emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni. La legge regionale stabilisce norme per l'esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria, ivi comprese quelle già esercitate dagli uffici del medico provinciale e del veterinario provinciale e dagli ufficiali sanitari e veterinari comunali o consortili, e disciplina il trasferimento dei beni e del personale relativi. Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale e dal sindaco ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale.....Sono altresì fatti salvi i poteri degli organi dello Stato preposti in base alle leggi vigenti alla tutela dell'ordine pubblico”.
L’art. 1 del D.L. 19 del 25 marzo 2020 convertito in l. n. 25/2020 e modificato dal d.l. 83/2020, ha previsto la possibilità di adozione di misure “per contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus COVID-19, su specifiche parti del territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso”.
Ai sensi dell’art. 2 del d.l. n. 19/2020 “1. Le misure di cui all'articolo 1 sono adottate con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia, nonché i presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l'intero territorio nazionale. I decreti di cui al presente comma possono essere altresì adottati su proposta dei presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero del Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l'intero territorio nazionale, sentiti il Ministro della salute, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia. Il Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato illustra preventivamente alle Camere il contenuto dei provvedimenti da adottare ai sensi del presente comma, al fine di tenere conto degli eventuali indirizzi dalle stesse formulati; ove ciò non sia possibile, per ragioni di urgenza connesse alla natura delle misure da adottare, riferisce alle Camere ai sensi del comma 5, secondo periodo. Per i profili tecnico-scientifici e le valutazioni di adeguatezza e proporzionalità, i provvedimenti di cui al presente comma sono adottati sentito, di norma, il Comitato tecnico-scientifico di cui all'ordinanza del Capo del dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 32 dell'8 febbraio 2020.
2. Nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1 e con efficacia limitata fino a tale momento, in casi di estrema necessità e urgenza per situazioni sopravvenute le misure di cui all'articolo 1 possono essere adottate dal Ministro della salute ai sensi dell'articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. ”.
Ai sensi dell’art. 117 del dlgs 112/1998 “1. In caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali. 2. In caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi del comma 1”.
Ai sensi dell’art. 50, comma 5, del dlgs 267/2000 “5. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all'urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali”.
Come emerge dalle disposizioni citate, la normativa volta a contrastare la diffusione del covid 19 non ha introdotto un obbligo vaccinale per il personale sanitario, il cui mancato assolvimento determina inidoneità al lavoro.
A prescindere dalla valutazione della ragionevolezza degli atti contestati da parte ricorrente, l’introduzione dell’obbligo del vaccino non appare, dunque, rientrare nella competenza regionale (v. TAR Lazio 10047/2020).
Accertata la sussistenza del fumus boni iuris, a giudizio di questo decidente appare sussistere anche il periculum in mora, tenuto conto dell’imminente scadenza del termine per la sottoposizione alla vaccinazione obbligatoria da cui scaturirebbe l’inidoneità temporanea al lavoro della ricorrente, con le relative conseguenze.
In ragione di quanto esposto, che rende superflua ogni ulteriore valutazione, con una cognizione sommaria propria di questa fase, il ricorso va, pertanto accolto e va, dunque, disposta la disapplicazione del decreto dell’Assessorato Regionale della Salute della Regione Sicilia n. 743/2020 e degli atti conseguenziali e per l’effetto vanno sospese la nota prot. n. 1027/20 del 28 settembre 2020 e la nota prot. n. 1296/20 del Direttore UO Igiene Ospedaliera dell’Azienda Universitaria Policlinico “G. Martino” di Messina.
Tenuto conto della novità della questione, le spese giudiziali vengono compensate per metà e la restante metà viene posta a carico dell’Assessorato Regionale della Salute della Regione Sicilia, soccombente e viene liquidata in dispositivo ex d.m. 10 marzo 2014, n. 55; le spese giudiziali vengono compensate integralmente nei confronti dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G. Martino” di Messina, tenuto conto delle ragioni della decisione.

P.Q.M.

visti gli artt. 700, 669 bis ss., 409 ss. c.p.c., così provvede:
- dispone la disapplicazione del decreto dell’Assessorato Regionale della Salute della Regione Sicilia n. 743/2020 e degli atti conseguenziali e per l’effetto sospende la nota prot. n. 1027/20 del 28 settembre 2020 e la nota prot. n. 1296/20 del Direttore UO Igiene Ospedaliera dell’Azienda Universitaria Policlinico “G. Martino” di Messina;

- condanna l’Assessorato Regionale della Salute della Regione Sicilia alla rifusione di metà delle spese di lite che liquida, in favore della ricorrente, nella somma di € 911,5 per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e rimborso spese generali come per legge da distrarre in favore del procuratore antistatario e dichiara compensata la restante quota;
- compensa le spese giudiziali nei confronti dell’ dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G. Martino” di Messina.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza. Messina, 12 dicembre 2020


Il Giudice del Lavoro

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Linee di indirizzo giudizio di idoneità Medico Competente

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Linee di indirizzo giudizio di idoneit  Medico Competente

Linee di indirizzo per l’espressione del giudizio di idoneità del medico competente e della commissione ex art. 41 comma 9 del D.Lgs. 81/2008

ID 12891 | 19.02.2021

Aspetti procedurali relativi alla attività della commissione

Premessa
Il presente documento costituisce documento di riferimento della Regione Toscana per le attività di cui al ricorso ex art. 41 c. 9 D.Lgs 81/08 che ogni struttura territoriale Pisll descriverà in una procedura/istruzione operativa definita secondo il modello dettato dal proprio SGQ aziendale.

1. Scopo/finalità
Definire modalità omogenee in tutto il territorio regionale per l'esame dei ricorsi avverso il giudizio del medico competente, presentati dal lavoratore o dal datore di lavoro, nel rispetto delle norme vigenti e dei principi del codice deontologico degli operatori di medicina del lavoro.

2. Campo di applicazione
La presente procedura/istruzione operativa si applica alle seguenti fasi:
1.Modalità di accesso alla prestazione
2.Modalità di esecuzione dell'intervento
3.Verifica congruità della richiesta
4.Acquisizione documentazione
5.Effettuazione visita ed emissione del giudizio
6.Registrazioni
7.Pagamento della visita e degli accertamenti sanitari complementari
8.Responsabilità
3. Personale coinvolto, anche appartenente a Dipartimenti diversi dal Dipartimento della Prevenzione

Medici del lavoro dell'UF Pisll, personale del Dipartimento Infermieristico, personale del Dipartimento delle Professioni Tecnico Sanitarie e personale del Dipartimento Amministrativo.

4. Modalità di accesso alla prestazione
La prestazione è richiesta dal lavoratore o dal datore di lavoro, la richiesta può essere presentata per posta ordinaria, per mail con ricevuta di lettura, per PEC o direttamente, presso gli uffici territoriali dell’U.F. competente sulla base del luogo di lavoro del lavoratore. All'uopo è stata predisposta apposita modulistica, reperibile presso lo Sportello Unico della Prevenzione zonale, le articolazioni zonali delle UF PISLL e nel sito aziendale.
La prestazione è effettuata su convocazione, secondo apposito modello.

5. Modalità di esecuzione intervento
Premessa
La prestazione è effettuata con modalità collegiale; composizione del collegio medico: almeno due medici del lavoro afferenti all’organo di vigilanza di cui, di norma, almeno uno operante nella zona di competenza territoriale del luogo di lavoro del lavoratore.

5.1 Verifica congruità della richiesta
Il RUF, o il medico responsabile del procedimento, valuta la rispondenza della richiesta ai termini di legge e, nel caso la domanda non possa essere accolta, ne dà comunicazione scritta al richiedente.

Nel caso in cui la sorveglianza sanitaria sia stata effettuata dal medico competente senza che ne ricorressero le condizioni, il giudizio espresso dal medico competente potrà essere ritenuto nullo, in quanto non dovuto e pertanto non ammesso a ricorso.

I 30 giorni utili per la presentazione del ricorso decorrono dal giorno in cui il soggetto che effettua il ricorso ha ricevuto comunicazione dell’esito dell’accertamento medico. Qualora la data non sia verificabile (è buona prassi far apporre al ricevente sul certificato di idoneità data del ritiro e firma) fa fede la data dichiarata, in modo formale e sotto la propria responsabilità, dal ricorrente.

5.2 Convocazioni
Il RUF, o il medico responsabile del procedimento, predispone le convocazioni:
- del collegio, mediante l’invio di mail e conseguente archiviazione della ricevuta di ritorno, o altre modalità previste dall'organizzazione della struttura
- dell'interessato attraverso comunicazione scritta inviata con mail diretta e conseguente archiviazione della ricevuta di ritorno, o con raccomandata A/R. Il datore di lavoro viene comunque informato della convocazione del lavoratore.
La visita deve essere effettuata entro 30 giorni (tempo massimo) dalla data di ricevimento del ricorso.

5.3 Acquisizione documentazione
Il medico responsabile del procedimento, preventivamente all'effettuazione della visita, richiede la documentazione utile per l'espletamento del ricorso; si ritengono documenti indispensabili:
- cartella sanitaria e di rischio del lavoratore con certificato di idoneità alla mansione
- documentazione esplicativa della mansione e dei compiti svolti dal lavoratore (estratto DVR relativo alla mansione specifica) all'atto della visita saranno inoltre acquisiti:
- estremi del documento di riconoscimento valido del diretto interessato
- eventuale documentazione sanitaria non presente nella cartella sanitaria e di rischio
...
segue in allegato

Regione Toscana 2018

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COVID-19 | FAQ - Garante per la Protezione dei Dati Personali

ID 10723 | | Visite: 6318 | News Sicurezza

FAQ COVID GPDP

COVID-19 | FAQ - Garante per la Protezione dei Dati Personali

ID 10723 | Rev. 1.0 del 17.02.2021 / In allegato pdf

FAQ -Trattamento dei dati nel contesto lavorativo pubblico e privato nell’ambito dell’emergenza sanitaria

...

1. Il datore di lavoro può rilevare la temperatura corporea del personale dipendente o di utenti, fornitori, visitatori e clienti all’ingresso della propria sede?

Nell’attuale situazione legata all’emergenza epidemiologica, si sono susseguiti, in tempi assai ravvicinati, in ragione dell’aggravarsi dello scenario nel contesto nazionale, numerosi interventi normativi e conseguenti atti di indirizzo emanati dalle istituzioni competenti che, al fine di individuare misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica, hanno stabilito che, i datori di lavoro, le cui attività non sono sospese, sono tenuti a osservare le misure per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica contenute nel Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro tra Governo e parti sociali del 14 marzo 2020.(1)

In particolare, il citato Protocollo prevede la rilevazione della temperatura corporea del personale dipendente per l’accesso ai locali e alle sedi aziendali, tra le misure per il contrasto alla diffusione del virus che trovano applicazione anche nei confronti di utenti, visitatori e clienti nonché dei fornitori, ove per questi ultimi non sia stata predisposta una modalità di accesso separata (cfr. Protocollo par. 2 e 3 e nota n. 1).

Analoghi protocolli di sicurezza, con riguardo alle attività pubbliche non differibili o ai servizi pubblici essenziali, sono stati stipulati dal Ministro per la pubblica amministrazione con le sigle sindacali maggiormente rappresentative nella pubblica amministrazione (come il Protocollo di accordo per la prevenzione e la sicurezza dei dipendenti pubblici in ordine all’emergenza sanitaria da “Covid-19” del 3 e 8 aprile 2020) in quanto le misure per la sicurezza del settore privato sono state ritenute coerenti con le indicazioni già fornite dallo stesso Ministro con la direttiva n. 2/2020 e con la Circolare n. 2/2020.

In ragione del fatto che la rilevazione in tempo reale della temperatura corporea, quando è associata all’identità dell’interessato, costituisce un trattamento di dati personali (art. 4, par. 1, 2) del Regolamento (UE) 2016/679), non è ammessa la registrazione del dato relativo alla temperatura corporea rilevata, bensì, nel rispetto del principio di “minimizzazione” (art. 5, par.1, lett. c) del Regolamento cit.), è consentita la registrazione della sola circostanza del superamento della soglia stabilita dalla legge e comunque quando sia necessario documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso al luogo di lavoro.

Diversamente nel caso in cui la temperatura corporea venga rilevata a clienti (ad esempio, nell’ambito della grande distribuzione) o visitatori occasionali anche qualora la temperatura risulti superiore alla soglia indicata nelle disposizioni emergenziali non è, di regola, necessario registrare il dato relativo al motivo del diniego di accesso.

2. L’amministrazione o l’impresa possono richiedere ai propri dipendenti di rendere informazioni, anche mediante un’autodichiarazione, in merito all’eventuale esposizione al contagio da COVID 19 quale condizione per l’accesso alla sede di lavoro?

In base alla disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro il dipendente ha uno specifico obbligo di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro (art. 20 del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81). Al riguardo la direttiva n.1/2020 del Ministro per la pubblica amministrazione ha specificato che in base a tale obbligo il dipendente pubblico e chi opera a vario titolo presso la P.A. deve segnalare all’amministrazione di provenire (o aver avuto contatti con chi proviene) da un’area a rischio. In tale quadro il datore di lavoro può invitare i propri dipendenti a fare, ove necessario, tali comunicazioni anche mediante canali dedicati.

Tra le misure di prevenzione e contenimento del contagio che i datori di lavoro devono adottare in base al quadro normativo vigente, vi è la preclusione dell’accesso alla sede di lavoro a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS. A tal fine, anche alla luce delle successive disposizioni emanate nell’ambito del contenimento del contagio (v. Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 14 marzo 2020 fra il Governo e le parti sociali), è possibile richiedere una dichiarazione che attesti tali circostanze anche a terzi (es. visitatori e utenti).

In ogni caso dovranno essere raccolti solo i dati necessari, adeguati e pertinenti rispetto alla prevenzione del contagio da Covid-19, e astenersi dal richiedere informazioni aggiuntive in merito alla persona risultata positiva, alle specifiche località visitate o altri dettagli relativi alla sfera privata.

3. È possibile pubblicare sul sito istituzionale i contatti dei funzionari competenti per consentire al pubblico di prenotare servizi, prestazioni o appuntamenti presso le amministrazioni nella attuale emergenza epidemiologica?

Le disposizioni normative per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica e le indicazioni operative fornite dalle istituzioni competenti impongono di limitare la presenza del personale negli uffici mediante, prevalentemente, il ricorso al lavoro agile. Con riguardo ai compiti che richiedono la necessaria presenza sul luogo di lavoro, è previsto che le amministrazioni svolgano le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza e quelle “indifferibili”, anche con riguardo “all’utenza esterna”. Pertanto, le attività di ricevimento o di erogazione diretta dei servizi al pubblico devono essere garantite con modalità telematica o comunque con modalità tali da escludere o limitare la presenza fisica negli uffici (ad es. appuntamento telefonico o assistenza virtuale), ovvero, predisponendo accessi scaglionati, anche mediante prenotazioni di appuntamenti.

Nel rispetto dei principi di protezione dei dati (art. 5 Regolamento UE 2016/679) la finalità di fornire agli utenti recapiti utili a cui rivolgersi per assistenza o per essere ricevuti presso gli uffici, può essere utilmente perseguita pubblicando i soli recapiti delle unità organizzative competenti (numero di telefono e indirizzo PEC) e non quelli dei singoli funzionari preposti agli uffici. Ciò, anche in conformità agli obblighi di pubblicazione concernenti l’organizzazione delle pubbliche amministrazioni.

4. Quali trattamenti di dati personali sul luogo di lavoro coinvolgono il medico competente?

In capo al medico competente permane, anche nell’emergenza, il divieto di informare il datore di lavoro circa le specifiche patologie occorse ai lavoratori.

Nel contesto dell’emergenza gli adempimenti connessi alla sorveglianza sanitaria sui lavoratori da parte del medico competente, tra cui rientra anche la possibilità di sottoporre i lavoratori a visite straordinarie, tenuto conto della maggiore esposizione al rischio di contagio degli stessi, si configurano come vera e propria misura di prevenzione di carattere generale, e devono essere effettuati nel rispetto dei principi di protezione dei dati personali e rispettando le misure igieniche contenute nelle indicazioni del Ministero della Salute (cfr. anche Protocollo condiviso del 14 marzo 2020)(1).

Nell’ambito dell’emergenza, il medico competente collabora con il datore di lavoro e le RLS/RLST al fine di proporre tutte le misure di regolamentazione legate al Covid-19 e, nello svolgimento dei propri compiti di sorveglianza sanitaria, segnala al datore di lavoro “situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti” (cfr. paragrafo 12 del predetto Protocollo).

Ciò significa che, nel rispetto di quanto previsto dalle disposizioni di settore in materia di sorveglianza sanitaria e da quelle di protezione dei dati personali, il medico competente provvede a segnalare al datore di lavoro quei casi specifici in cui reputi che la particolare condizione di fragilità connessa anche allo stato di salute del dipendente ne suggerisca l’impiego in ambiti meno esposti al rischio di infezione. A tal fine, non è invece necessario comunicare al datore di lavoro la specifica patologia eventualmente sofferta dal lavoratore.

In tale quadro il datore di lavoro può trattare, nel rispetto dei principi di protezione dei dati (v. art. 5 Regolamento UE 2016/679), i dati personali dei dipendenti solo se sia normativamente previsto o disposto dagli organi competenti ovvero su specifica segnalazione del medico competente, nello svolgimento dei propri compiti di sorveglianza sanitaria.

5. Il datore di lavoro può comunicare al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza l’identità dei dipendenti contagiati?

I datori di lavoro, nell’ambito dell’adozione delle misure di protezione e dei propri doveri in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro, non possono comunicare il nome del dipendente o dei dipendenti che hanno contratto il virus a meno che il diritto nazionale lo consenta.

In base al quadro normativo nazionale il datore di lavoro deve comunicare i nominativi del personale contagiato alle autorità sanitarie competenti e collaborare con esse per l’individuazione dei “contatti stretti” al fine di consentire la tempestiva attivazione delle misure di profilassi.

Tale obbligo di comunicazione non è, invece, previsto in favore del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, né i compiti sopra descritti rientrano, in base alle norme di settore, tra le specifiche attribuzioni di quest’ultimo.

Il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, proprio nella fase dell’attuale emergenza epidemiologica, dovrà continuare a svolgere i propri compiti consultivi, di verifica e di coordinamento, offrendo la propria collaborazione al medico competente e al datore di lavoro (ad esempio, promuovendo l'individuazione delle misure di prevenzione più idonee a tutelare la salute dei lavoratori nello specifico contesto lavorativo; aggiornando il documento di valutazione dei rischi; verificando l’osservanza dei protocolli interni).

Il Rappresentate dei lavoratori per la sicurezza quando nell’esercizio delle proprie funzioni venga a conoscenza di informazioni- che di regola tratta in forma aggregata ad es. quelle riportate nel documento di valutazione dei rischi- rispetta le disposizioni in materia di protezione dei dati nei casi in cui sia possibile, anche indirettamente, l’identificazione di taluni interessati.

6. Può essere resa nota l’identità del dipendente affetto da Covid-19 agli altri lavoratori da parte del datore di lavoro?

No. In relazione al fine di tutelare la salute degli altri lavoratori, in base a quanto stabilito dalle misure emergenziali, spetta alle autorità sanitarie competenti informare i “contatti stretti” del contagiato, al fine di attivare le previste misure di profilassi.

Il datore di lavoro è, invece, tenuto a fornire alle istituzioni competenti e alle autorità sanitarie le informazioni necessarie, affinché le stesse possano assolvere ai compiti e alle funzioni previste anche dalla normativa d’urgenza adottata in relazione alla predetta situazione emergenziale (cfr. paragrafo 12 del predetto Protocollo).

La comunicazione di informazioni relative alla salute, sia all’esterno che all’interno della struttura organizzativa di appartenenza del dipendente o collaboratore, può avvenire esclusivamente qualora ciò sia previsto da disposizioni normative o disposto dalle autorità competenti in base a poteri normativamente attribuiti (es. esclusivamente per finalità di prevenzione dal contagio da Covid-19 e in caso di richiesta da parte dell’Autorità sanitaria per la ricostruzione della filiera degli eventuali “contatti stretti di un lavoratore risultato positivo).

Restano ferme le misure che il datore di lavoro deve adottare in caso di presenza di persona affetta da Covid-19, all’interno dei locali dell’azienda o dell’amministrazione, relative alla pulizia e alla sanificazione dei locali stessi, da effettuarsi secondo le indicazioni impartite dal Ministero della salute (v. punto 4 del Protocollo condiviso).
_____
(1) Come aggiornato in data 24 aprile 2020

7. Il datore di lavoro può richiedere l’effettuazione di test sierologici ai propri dipendenti?

Si, ma solo se disposta dal medico competente e, in ogni caso, nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie, anche in merito all’affidabilità e all’appropriatezza di tali test.

Solo il medico competente, infatti, in quanto professionista sanitario, tenuto conto del rischio generico derivante dal Covid-19 e delle specifiche condizioni di salute dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria, può stabilire la necessità di particolari esami clinici e biologici e suggerire l’adozione di mezzi diagnostici, qualora ritenuti utili al fine del contenimento della diffusione del virus e della salute dei lavoratori (cfr. par. 12 del Protocollo condiviso tra il Governo e Parti sociali aggiornato il 24 aprile 2020).

Resta fermo che le informazioni relative alla diagnosi o all’anamnesi familiare del lavoratore non possono essere trattate dal datore di lavoro (ad esempio, mediante la consultazione dei referti o degli esiti degli esami), salvi i casi espressamente previsti dalla legge. Il datore di lavoro può, invece, trattare i dati relativi al giudizio di idoneità alla mansione specifica e alle eventuali prescrizioni o limitazioni che il medico competente può stabilire come condizioni di lavoro.

Le visite e gli accertamenti, anche ai fini della valutazione della riammissione al lavoro del dipendente, devono essere posti in essere dal medico competente o da altro personale sanitario, e, comunque, nel rispetto delle disposizioni generali che vietano al datore di lavoro di effettuare direttamente esami diagnostici sui dipendenti.

Resta fermo che i lavoratori possono liberamente aderire alle campagne di screening avviate dalle autorità sanitarie competenti a livello regionale relative ai test sierologici Covid-19, di cui siano venuti a conoscenza anche per il tramite del datore di lavoro, coinvolto dal dipartimento di prevenzione locale per veicolare l’invito di adesione alla campagna tra i propri dipendenti (cfr. FAQ n. 10 - Trattamento dati nel contesto sanitario nell’ambito dell’emergenza sanitaria).

I datori di lavoro possono offrire ai propri dipendenti, anche sostenendone in tutto o in parte i costi, l’effettuazione di test sierologici presso strutture sanitarie pubbliche e private (es. tramite la stipula o l’integrazione di polizze sanitarie ovvero mediante apposite convenzioni con le stesse), senza poter conoscere l’esito dell’esame.

_____

10. Quali aspetti bisogna considerare nel promuovere screening sierologici per il Covid-19 nei confronti di lavoratori appartenenti a categorie a rischio come, ad esempio, gli operatori sanitari e le forze dell’ordine? (VEDI ANCHE: FAQ - Trattamento dei dati nel contesto lavorativo pubblico e privato nell’ambito dell’emergenza sanitaria - in particolare n. 7)

Gli screening sierologici per il Covid-19 possono essere promossi dai Dipartimenti di prevenzione della regione nei confronti delle categorie di soggetti considerati a maggior rischio di contagio e diffusione del Covid-19. Tra tali categorie di soggetti vi sono gli operatori sanitarie e le forze dell’ordine. La partecipazione di tali soggetti ai test può avvenire solo su base volontaria.

I risultati possono essere utilizzati dalla struttura sanitaria che ha effettuato il test per finalità di diagnosi e cura dell’interessato e per disporre le misure di contenimento epidemiologico previste dalla normativa d’urgenza in vigore (es. isolamento domiciliare), nonché per finalità di sanità pubblica da parte del dipartimento di prevenzione regionale.

Tali trattamenti di dati devono essere tenuti distinti da quelli effettuati nell’ambito dell’effettuazione di test sierologici per Covid-19 per finalità di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.

8. Il datore di lavoro può trattare i dati personali del dipendente affetto da Covid-19 o che ne presenta i sintomi?

Sebbene, di regola, i dati personali relativi alle specifiche patologie di cui sono affetti i lavoratori possano essere trattati solo da professionisti sanitari (es. medici di base, specialisti, medico competente) e non anche dal datore di lavoro, quest’ultimo, in taluni casi, nel contesto dell’attuale emergenza epidemiologica, può lecitamente venire a conoscenza dell’identità del dipendente affetto da Covid-19 o che presenta sintomi compatibili con il virus.

Ciò, in particolare, può verificarsi quando ne venga informato direttamente dal dipendente, sul quale grava l’obbligo di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Coerentemente il Protocollo condiviso tra il Governo e Parti sociali aggiornato il 24 aprile 2020, la cui osservanza è prescritta dalla normativa dell’emergenza, prevede specifici obblighi informativi del lavoratore in favore del datore di lavoro laddove sussistano condizioni di pericolo, come i sintomi influenzali (si vedano anche gli analoghi protocolli stilati in ambito pubblico e quelli relativi a specifici settori, quali cantieri, trasporti e logistica); ciò anche quando tali sintomi si manifestino all’ingresso della sede di lavoro o durante la prestazione lavorativa (cfr. Protocollo condiviso, es. parr. 1, 2 e 11). A tal fine, il datore di lavoro può quindi invitare i propri dipendenti a fare tali comunicazioni agevolando le modalità di inoltro delle stesse, anche predisponendo canali dedicati, tenendo conto del proprio generale obbligo di tutelare l'integrità fisica dei prestatori di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c. e del d.lgs. 81/2008 (cfr., anche FAQ n. 2).

Il datore di lavoro potrebbe, inoltre, venire a conoscenza dello stato di positività al Covid-19 accertato dalle autorità sanitarie a seguito dell’effettuazione di un tampone oro/nasofaringeo, nell’ambito della collaborazione che è tenuto a prestare a tali autorità, anche con il coinvolgimento del medico competente, per la ricostruzione degli eventuali contatti stretti con altre persone nel contesto lavorativo (cfr. par. 11 del Protocollo del 24 aprile 2020).

Il datore di lavoro può, altresì, conoscere lo stato di avvenuta negativizzazione del tampone oro/nasofaringeo, ai fini della riammissione sul luogo di lavoro dei lavoratori già risultati positivi all’infezione da Covid-19, secondo le modalità previste e la documentazione rilasciata dal dipartimento di prevenzione territoriale di competenza (cfr. par. 2 e 12 del Protocollo condiviso tra il Governo e Parti sociali aggiornato il 24 aprile 2020).(1)

In questi casi, dunque, il datore di lavoro può trattare i dati relativi ai sintomi o alla positività al Covid-19 del lavoratore per la finalità di salute e sicurezza dei luoghi di lavoro o per adempire agli obblighi di collaborazione con gli operatori di sanità pubblica.

Al di fuori dei casi normativamente previsti, il datore di lavoro non può, invece, trattare dati sulla salute del lavoratore e comunicare gli stessi a soggetti terzi (cfr. FAQ nn. 5 e 6).

In base alle norme in materia di sorveglianza sanitaria, non derogate da quelle dell’emergenza, il datore di lavoro non può, inoltre, conoscere l’esito degli esami diagnostici disposti dal medico competente, tra i quali anche i test sierologici, che non consentono, peraltro, di diagnosticare l’infezione (cfr. FAQ n. 7).

Resta fermo che, ove all’esito del test sierologico sia disposta l’effettuazione di un tampone che attesti la positività al virus, il datore di lavoro potrà conoscere, oltre alla valutazione del medico competente in merito all’inidoneità al servizio, anche l’identità del dipendente nei casi sopra esplicitati (cfr. Protocollo condiviso, parr. 1, 2, 11 e 12), di seguito riepilogati.

Alla luce del quadro normativo vigente, il datore di lavoro può quindi trattare i dati personali del dipendente affetto da Covid-19 o che ne presenta i sintomi e può conoscere la condizione di positività al Covid-19:

- quando ne venga informato direttamente dal lavoratore; o

- nei limiti in cui sia necessario al fine di prestare la collaborazione all’autorità sanitaria; o

- ai fini della riammissione sul luogo di lavoro del lavoratore già risultato positivo all’infezione da Covid-19.

9. Sono utilizzabili applicativi con funzionalità di “contact tracing” in ambito aziendale?

La funzionalità di “contact tracing”, prevista da alcuni applicativi al dichiarato fine di poter ricostruire, in caso di contagio, i contatti significativi avuti in un periodo di tempo commisurato con quello individuato dalle autorità sanitarie in ordine alla ricostruzione della catena dei contagi ed allertare le persone che siano entrate in contatto stretto con soggetti risultati positivi, è − allo stato − disciplinata unicamente dall’art. 6, d.l. 30.4.2020, n. 28.

10. Al fine di contenere il rischio di contagio sul luogo di lavoro sono disponibili applicativi che non trattano dati personali?

Sì, il datore di lavoro può ricorrere all’utilizzo di applicativi, allo stato disponibili sul mercato, che non comportano il trattamento di dati personali riferiti a soggetti identificati o identificabili. Ciò nel caso in cui il dispositivo utilizzato non sia associato o associabile, anche indirettamente (es. attraverso un codice o altra informazione), all’interessato né preveda la registrazione dei dati trattati.

Si pensi alle applicazioni che effettuano il conteggio del numero delle persone che entrano ed escono da un determinato luogo, attivando un “semaforo rosso” al superamento di un prestabilito numero di persone contemporaneamente presenti; oppure alle funzioni di taluni dispositivi indossabili che emettono un avviso sonoro o una vibrazione in caso di superamento della soglia di distanziamento fisico prestabilita (dunque senza tracciare chi indossa il dispositivo e senza registrare alcuna informazione). Si pensi, altresì, ad applicativi collegati ai tornelli di ingresso che, attraverso un rilevatore di immagini, consentono l’accesso solo a persone che indossano una mascherina (senza registrare alcuna immagine o altra informazione). In questi casi spetta comunque al titolare verificare il grado di affidabilità dei sistemi scelti, predisponendo misure da adottare in caso di malfunzionamento dei dispositivi o di falsi positivi o negativi.

___

FAQ - Trattamento di dati relativi alla vaccinazione anti Covid-19 nel contesto lavorativo

1. Il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione?

NO. Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19. Ciò non è consentito dalle disposizioni dell’emergenza e dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo (considerando 43 del Regolamento).

2. Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati?

NO. Il medico competente non può comunicare al datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati. Solo il medico competente può infatti trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, d.lgs. n. 81/2008).

Il datore di lavoro può invece acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati (es. art. 18 comma 1, lett. c), g) e bb) d.lgs. n. 81/2008).

3. La vaccinazione anti covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni (ad es. in ambito sanitario)?

Nell’attesa di un intervento del legislatore nazionale che, nel quadro della situazione epidemiologica in atto e sulla base delle evidenze scientifiche, valuti se porre la vaccinazione anti Covid-19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni, allo stato, nei casi di esposizione diretta ad "agenti biologici" durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevati per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi (art. 279 nell’ambito del Titolo X del d.lgs. n. 81/2008).

In tale quadro solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica del vaccino, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica.

Il datore di lavoro dovrà invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del d.lgs. n. 81/2008).

Fonte: Garante per la Protezione dei Dati Personali

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UILM - ISO/PAS 45005: 2020 Linee guida sicurezza lavoratori pandemia COVID-19

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ISO PAS 45005 2020

UILM - ISO/PAS 45005: 2020 Linee guida sicurezza lavoratori pandemia COVID-19

Febbraio 2021 - Linee guida generali per lavorare in sicurezza durante la pandemia COVID-19 

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Questo documento è una risposta alla pandemia COVID-19 e all'aumento del rischio che questa malattia presenta perla salute, la sicurezza e il benessere delle persone in tutti i contesti, compresi quelli che lavorano a casa o in ambienti mobili, i lavoratori e altre parti interessate in luoghi di lavoro fisici. I governi, le autorità di regolamentazione e altri organismi professionali in tutto il mondo hanno pubblicato linee guida per lavorare in sicurezza durante la pandemia COVID-19.

Questo documento fornisce un unico insieme generico di linee guida che integra queste informazioni e supporta i principi che:

- misure ragionevoli per gestire i rischi derivanti da COVID-19 sono o saranno attuate per proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori e di altre parti interessate pertinenti;
- i lavoratori non dovrebbero essere tenuti a lavorare a meno che queste misure non siano state attuate.

Questa guida include raccomandazioni pratiche alle organizzazioni e ai lavoratori su come gestire questi rischi ed è adatta per le organizzazioni che riprendono le operazioni, quelle che sono state operative durante la pandemia e quelle che stanno iniziando le operazioni.

La guida è generica e applicabile alle organizzazioni indipendentemente dalla natura dell'attività, dalla fornitura di servizi, dalle dimensioni o dalla complessità. Riconosce che molte organizzazioni più piccole non hanno dipartimenti dedicati per funzioni come salute e sicurezza sul lavoro (OH&S), gestione delle strutture o risorse umane. Informazioni più dettagliate per funzioni specifiche sono disponibili presso gli organismi professionali e un'ampia gamma di standard nazionali e internazionali.

Implementando la guida in questo documento, l'organizzazione sarà in grado di:

- intraprendere azioni efficaci per proteggere i lavoratori e le altre parti interessate rilevanti dai rischi legati al COVID-19;
- dimostrare che sta affrontando i rischi relativi al COVID-19 utilizzando un approccio sistematico;
- mettere in atto un quadro per consentire un adattamento efficace e tempestivo alla situazione in evoluzione. Organizzazioni che utilizzano ISO 45001 può utilizzare questo documento per informare il proprio sistema di gestione per la SSL mettendo in relazione le clausole pertinenti al ciclo Plan-Do-CheckAct (PDCA), come descritto di seguito. L'adozione di un approccio sistemico facilita il coordinamento delle risorse e degli sforzi che sono così importanti nella gestione di COVID-19.
- Pianificare: pianificare ciò che deve essere fatto affinché l'organizzazione lavori in sicurezza (vedere Clausole 4 per 8).
- Fare: fare ciò che l'organizzazione ha pianificato di fare (vedere Clausole 9 per 12 ).
- Controlla: guarda come funziona (vedi Clausola 13).
- Agisci: risolvi i problemi e cerca modi per rendere ancora più efficace ciò che l'organizzazione sta facendo (vedi Clausola 14).

... Segue in allegato

Fonte: UILM

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