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Vaccinazione anti COVID-19 per i lavoratori | Posizione CIIP

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CIIP Prime indicazioni vaccinazioni anti COVID

Vaccinazione anti COVID-19 per i lavoratori | Posizione CIIP

CIIP, 12.02.2021

Prime note sulla vaccinazione anti Covid 19 per i lavoratori.

Con queste prime note CIIP intende dare un contributo al dibattito che si è aperto sul tema della vaccinazione anti COVID 19 per i lavoratori e relativi problemi sanitari e giuridici che si pongono.

Si tratta di un primo contributo che verrà aggiornato nel tempo in rapporto all’evoluzione delle conoscenze scientifiche, alle disposizioni nazionali e regionali, allo stato dell’organizzazione della campagna vaccinale, al dibattito scientifico e giuridico in corso, ai contributi delle forze sociali e delle associazioni professionali e scientifiche.

Il piano strategico per la vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19

Il Piano strategico per la vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19, elaborato da Ministero della Salute, Commissario Straordinario per l’Emergenza, Istituto Superiore di Sanità, Agenas e Aifa il 12/12/20, è stato emanato con DM 2/1/2021.

Il Piano è stato recentemente aggiornato con un secondo documento emanato il 8/2/21 “Vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19 - Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19”.

Il piano prevede la vaccinazione gratuita e garantita a tutti i cittadini italiani, identifica le categorie da vaccinare con priorità nella fase iniziale a limitata disponibilità dei vaccini: operatori sanitari e sociosanitari, residenti e personale delle RSA per anziani. A tali categorie sono poi state aggiunte quelle degli anziani over 80 aa, le persone dai 60 ai 79 aa e con almeno una comorbilità cronica.

“Con l'aumento delle dosi di vaccino si inizierà a sottoporre a vaccinazione le altre categorie di popolazioni, fra le quali quelle appartenenti ai servizi essenziali, quali anzitutto gli insegnanti ed il personale scolastico, le forze dell'ordine, il personale delle carceri e dei luoghi di comunità, etc.”

L’aggiornamento del Piano di vaccinazione del 8/2/21 ha previsto che, data l’intervenuta disponibilità del vaccino AstraZeneca, queste categorie potranno essere vaccinate sin da subito con questo vaccino.

Successivamente la vaccinazione potrà estendersi al resto della popolazione.

Logistica, approvvigionamento, stoccaggio e trasporto, sono di competenza del Commissario straordinario mentre la governance del piano di vaccinazione è assicurata dal coordinamento costante tra il Ministero della Salute, la struttura del Commissario straordinario e le Regioni e Province Autonome.

Nella fase iniziale della campagna vaccinale per l’erogazione del vaccino è previsto l’impiego di personale sanitario e amministrativo di supporto essenzialmente afferente alle strutture ospedaliere o peri-ospedaliere.

Nelle fasi successive di campagne su vasta scala verranno attivati gli ambulatori vaccinali territoriali, dei Medici di Medicina Generale e dei Pediatri di Libera Scelta, della sanità militare, e dei medici competenti delle aziende. I Dipartimenti di Prevenzione saranno gli “attori” del coordinamento per l’attuazione dei piani vaccinali regionali.

Per questo è indispensabile che i Dipartimenti di Prevenzione vengano adeguatamente potenziati per poter svolgere appieno il loro ruolo e l’enorme impegno che li aspetta; ci auguriamo che ciò avvenga al più presto, che l’aggiornamento del Piano vaccinale per l’avvio della seconda e terza fase preveda degli standard di personale (medici, infermieri, assistenti sanitari) di cui i Dipartimenti di Prevenzione devono essere dotati in rapporto alla popolazione da vaccinare, così da fornire chiare indicazioni alla Regioni e alle ASL per il reclutamento degli operatori.

La scarsità di risorse di personale dei Dipartimenti di Prevenzione è cosa nota, ripetutamente segnalata dalle associazioni professionali e scientifiche, frutto del disinvestimento nella prevenzione da parte di chi ha governato il SSN e i SSR, ha comportato enormi difficoltà nel tracciamento dei contatti manifestatesi in quasi tutto il paese.

Stiamo assistendo alla più vasta campagna di vaccinazione della popolazione concentrata nel tempo, che mira a garantire la massima copertura della popolazione italiana e a ridurre la circolazione del virus, anche al fine di rallentare le mutazioni, fino a raggiungere l’immunità di gregge. Una campagna di salute pubblica cui sono chiamati a partecipare gli operatori sanitari di moltissime strutture sanitarie e i cittadini tutti con la massima adesione.

Obbligatorietà della vaccinazione

La vaccinazione non è obbligatoria ma fortemente raccomandata proprio per proteggere non solo gli individui ma la collettività tutta, secondo il principio dell’art. 32 della Costituzione.

Qualora i decisori istituzionali si orientassero per rendere obbligatoria la vaccinazione anti COVID lo dovranno fare con un atto normativo di rango legislativo, stante la riserva assoluta di legge prevista dall’art. 32 Cost., così come avvenuto per altre vaccinazioni rese obbligatorie.

L’obbligatorietà potrebbe anche non essere generalizzata e riguardare alcune tipologie di cittadini e di lavoratori a più stretto contatto con il pubblico, quale misura di prevenzione collettiva condizionante la possibilità di svolgere determinate attività.

Su questo tema il dibattito è in corso. Ovviamente l’eventuale obbligatorietà è condizionata dalla disponibilità dl vaccini rispetto ai bisogni della popolazione, condizione, peraltro, attualmente non pienamente soddisfatta, date le difficoltà generali di approvvigionamento, ma anche da alcune incertezze che ancora gravano sulle caratteristiche dell’immunità acquisita con i vari tipi di vaccino.

Ancora insufficienti, tra l’altro, le certezze sull’efficacia dei vaccini nel tempo, sui livelli di efficacia dei diversi vaccini nei confronti delle diverse fasce di età e con patologie varie, verso le diverse varianti e soprattutto sulla protezione non solo dalla malattia ma anche dalla possibilità di infettare gli altri. Gli studi clinici finora condotti hanno, infatti, permesso di valutare l’efficacia dei vaccini nella protezione dalla malattia, “ma è necessario più tempo per ottenere dati significativi per dimostrare se i soggetti vaccinati si possano infettare in modo asintomatico e contagiare altre persone.” (da FAQ AIFA Covid-19). A riprova di ciò AIFA conclude che “Sebbene sia plausibile che la vaccinazione protegga dall’infezione, i vaccinati e le persone che sono in contatto con loro devono continuare ad adottare le misure di protezione anti COVID-19.”

Incertezze che condizionano non tanto la validità della campagna di vaccinazione della popolazione quanto, a nostro avviso, l’obbligatorietà della vaccinazione e i suoi riflessi sull’idoneità lavorativa.

La questione SARS-CoV-2/COVID-19 è stata configurata e trattata finora dai pubblici poteri competenti, almeno nelle linee generali, come questione di salute pubblica e non come specifica questione di prevenzione nei luoghi di lavoro e nelle attività lavorative. A tale quadro, a nostro avviso, va ricondotta anche la specifica questione dell’eventuale obbligatorietà “speciale” della vaccinazione per i lavoratori e quella, connessa e conseguente, della sanzionabilità disciplinare del lavoratore eventualmente renitente a vaccinarsi, e per il quale non sia reperibile una diversa e non rischiosa attività lavorativa (es. smart working., lavoro isolato, ecc.).

In tema di prevenzione in ambito lavorativo l’art. 279 del D. Lgs. 81/08 prevede che “il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari ……” tra cui “a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente”.

La vaccinazione anti COVID non appare rientrare in tale ambito in quanto l’agente biologico non è presente nella lavorazione bensì diffuso in ogni ambiente. Tuttavia, in alcuni settori lavorativi, come tipicamente quello ospedaliero ed equiparati di cui all’All. XLIV del D. Lgs. 81/08, ma eventualmente anche altri assimilabili, gli agenti biologici, tra cui il SARS-CoV-2/COVID-19, possono costituire un rischio potenziale al quale i lavoratori sono esposti in via strutturale, pur non essendovi in tali attività “la deliberata intenzione di operare con agenti biologici” (art. 271, comma 4).

L’obbligo del datore di lavoro è quello di mettere a disposizione vaccini per i lavoratori non quello di obbligare questi ultimi a sottoporsi a vaccinazione; in altre parole le vaccinazioni a cui si fa riferimento non costituiscono un trattamento sanitario obbligatorio perché non previste da leggi, neanche dal D.Lgs. 81/08. Questa considerazione vale, a nostro avviso, sia che le vaccinazioni costituiscano una misura di protezione individuale che collettiva.

Queste considerazioni sollecitano, peraltro, la necessità di chiarire il rapporto tra le “norme emergenziali” emanate anche in tema di tutela dei lavoratori e la legislazione ordinaria in tema di salute e sicurezza sul lavoro, essenzialmente il D.Lgs. 81/08.

Ruolo del Medico Competente

In questo contesto i medici competenti delle aziende saranno di ausilio per la realizzazione della campagna vaccinale generale, con particolare riguardo ai lavoratori delle imprese in cui essi operano e il loro contributo si inserirà nella campagna di sanità pubblica secondo le direttive nazionali e regionali. Il loro ruolo è importante non solo nella realizzazione della campagna vaccinale ma anche nell’assicurare una adeguata informazione scientifica che ne favorisca l’adesione da parte dei lavoratori.

Ricordiamo che i MC sono circa 5.000 e che la sorveglianza sanitaria riguarda attualmente più di 15 milioni di lavoratori (da elaborazione dei dati 2018 dell’Allegato3B).

Il loro ruolo dovrebbe essere definito, magari con un aggiornamento del “Protocollo condiviso”, siglato tra le parti sociali e il Governo il 24 aprile 2020 e richiamato nella Legge n. 40/2020, art. 29- bis. È auspicabile che nella definizione delle nuove regole preventive standardizzate per settori vengano coinvolte, oltre alle associazioni sindacali maggiormente rappresentative, anche le associazioni scientifico-professionali rappresentative delle categorie dei professionisti della prevenzione nei luoghi di lavoro. Questi professionisti, previsti dal D. Lgs. 81/08 sia per l’organizzazione aziendale della prevenzione che per le funzioni di assistenza e controllo da parte delle ASL, costituiscono una ricchezza di esperienza professionale indispensabile per la gestione dei problemi di salute dei lavoratori.

Affinché i medici competenti possano dare questo contributo è necessario siano chiari alcuni presupposti primo fra tutti che anche loro usufruiscano, come tutti i sanitari, della vaccinazione anti COVID già nella prima fase della campagna, come richiesto da ANMA con nota del 22 dicembre 2020.

L’organizzazione sarà sempre in capo alle strutture di sanità pubblica, in particolare ai Dipartimenti di prevenzione, che dovranno valutare l’adeguatezza di infrastrutture e risorse di personale con un confronto assiduo con datori di lavoro e medici competenti. Nella effettuazione delle vaccinazioni si pongono, infatti, problemi rilevanti rispetto alla capacità di conservazione dei vaccini, di somministrazione, anche in rapporto alle effettive disponibilità, di gestione di possibili reazioni avverse. Per facilitare l’organizzazione e la gestione delle campagne vaccinali sarebbe utile che le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni, che costituiscono la maggior parte del tessuto produttivo italiano, potessero contare sulla disponibilità di locali idonei forniti da enti locali (Comune, ASL, ...).

Il raccordo tra medici competenti e Dipartimenti di prevenzione garantirà anche la corretta registrazione nel rispetto della privacy. A tal proposito è auspicabile venga istituito un registro informatizzato nazionale accessibile a tutti gli operatori coinvolti e che possa poi restituire informazioni sui risultati della campagna vaccinale.

Idoneità dei lavoratori vs vaccinazione

Un altro problema particolare da affrontare è quello della gestione delle idoneità lavorative di quei lavoratori che, per ragioni sanitarie individuali ovvero perché non aderiscono alla vaccinazione, non saranno vaccinati. 

La sorveglianza sanitaria prevista dall’art. 279 del D. Lgs. 81/08 in caso di rischio biologico è una misura di prevenzione a tutela del lavoratore verso i rischi connessi alla sua attività lavorativa ed è pertanto affidata al medico competente. Ma a chi è affidata la sorveglianza sanitaria a protezione degli utenti e della comunità dalle malattie infettive? E a chi compete il relativo giudizio di idoneità? Il lavoratore non vaccinato può non presentare alcuna controindicazione all’attività lavorativa, ma può essere esposto al contagio da parte dei colleghi o costituire lui stesso fonte di contagio. Il vaccino anti COVID 19 è volto a tutelare sia il soggetto, in quanto individuo che opera in una comunità, che la comunità stessa. Salvo casi particolari né il lavoratore né la comunità lavorativa specifica sono soggetti a rischi specifici da SARS-CoV-2/COVID-19 connessi con l’attività specifica ma ad un rischio generico come tutti i cittadini e altre comunità (trasporto pubblico, ambienti collettivi, ecc.).

Il giudizio di idoneità è quindi competenza del Medico competente ovvero deve essere affidato alle strutture di cui all’art. 5 della L. 300/70?

Nei settori in cui i lavoratori sono esposti sia ad un rischio generico che ad un rischio potenziale da SARS-CoV-2/COVID-19 derivante dalla attività lavorativa (es. strutture sanitarie) la sorveglianza sanitaria e il conseguente giudizio di idoneità potranno essere espletati dal medico competente.

Sorveglianza sanitaria e misure di prevenzione dovranno essere strettamente ancorate alla valutazione dei rischi nelle diverse situazioni lavorative.

Ma il legislatore potrebbe anche decidere di affidare al medico competente la sorveglianza sanitaria a protezione sia del lavoratore che degli utenti e della comunità dalla COVID 19, dilatando le funzioni attribuite al MC dall’art. 41 del D.Lgs. 81/08, come avvenuto per il controllo dell’assunzione di alcol e di sostanze stupefacenti e psicotrope. Anche in questo caso la decisione deve tradursi in uno specifico atto normativo. L’atto normativo dovrà tenere in considerazione anche le realtà lavorative i cui lavoratori non sono soggetti alla sorveglianza sanitaria di cui al D.Lgs. 81/08 e nelle quali, conseguentemente, il medico competente non è presente.

Inoltre, in diversi settori lavorativi in cui il lavoratore presta la sua attività a stretto contatto con il pubblico, si porrà il problema della conferma o meno della sua idoneità e pertanto della conservazione o meno della sua mansione, e in taluni casi anche del posto di lavoro, in caso di impossibilità ad essere vaccinato o di non adesione alla vaccinazione, sempre che non sia possibile attuare altre misure di prevenzione e protezione adeguate (es. smart working). Il problema, di particolare rilevanza nelle strutture sanitarie e assistenziali, sia pubbliche che private, può essere in realtà di molto più vasta applicazione e tutte le sfaccettature possibili sono analizzabili unicamente da parte del Servizio di Prevenzione e Protezione della singola Unità Produttiva unitamente al Medico competente sulla base delle indicazioni che devono essere approntate da linee guida nazionali. Tali indicazioni potrebbero trovare allocazione nel Protocollo condiviso opportunamente aggiornato.

Nell’affrontare il tema della obbligatorietà della vaccinazione anti COVID 19 per i lavoratori e conseguentemente della idoneità o meno dei lavoratori non vaccinati occorre tenere presente non solo gli aspetti giuridici ma anche quelli sanitari precedentemente richiamati. In particolare la profonda incertezza sulla non contagiosità della persona vaccinata inficerebbe la distinzione tra vaccinati e non vaccinati nel determinare la protezione della collettività quantomeno fino a che non sarà raggiunta l’immunità di gregge.

[...] Segue in allegato

Fonte: CIIP

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