Slide background




Elenco malattie professionali 2014

ID 1102 | | Visite: 26267 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto 14 giugno 2014

Decreto 10 giugno 2014 / Elenco malattie professionali 2014

ID 1102 | Update news 13.01.2024

In allegato Documento completo sulle malattie professionali, con FAQ, Quadro normativo e Decreto 10 giugno 2014 (elenco)

Decreto aggiornato 2024 da: Decreto 15 novembre 2023

Con il Decreto 15 novembre 2023 (GU n.10 del 13.01.2024) è approvato l'aggiornamento dell’elenco delle malattie di cui al decreto ministeriale del 10 giugno 2014, per le quali è obbligatoria la denuncia ai sensi e per gli effetti dell’art. 139 del Testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Decreto 10 giugno 2014
Aggiornamento dell'elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia ai sensi e per gli effetti dell'articolo 139 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modifiche e integrazioni.

(GU 212 del 12 Settembre 2014)

D.P.R 1124/1965 

Art. 139.

E' obbligatoria per ogni medico, che ne riconosca la esistenza, la denuncia delle malattie professionali, che saranno indicate in un elenco da approvarsi con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale di concerto con quello per la sanita', sentito il Consiglio superiore di sanita'. 

La denuncia deve essere fatta all'Ispettorato del lavoro competente per territorio, il quale ne trasmette copia all'Ufficio del medico provinciale. 

I contravventori alle disposizioni dei commi precedenti sono puniti con l'ammenda da lire mille a lire quattromila.(1) 

Se la contravvenzione e' stata commessa dal medico di fabbrica previsto dall'art. 33 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, contenente norme generali per l'igiene del lavoro, l'ammenda e' da lire ottomila a lire quarantamila.(1)(2)
__________

Aggiornamenti Art. 139

(1) Il D. Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 ha disposto (con l'art. 26 comma 46 lettera a) che "nel terzo comma, le parole: "con l'ammenda da lire 4.000 a lire 12.000" sono sostituite con le seguenti: "con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni"; ha inoltre disposto (con l'art. 26 comma 46 lettera b) che "nel quarto comma, le parole: "l'ammenda e' da lire 24.000 a lire 120.000" sono sostituite dalle seguenti: "la pena e' dell'arresto da due a quattro mesi o dell'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni". 

(2) Il D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 ha disposto (con l'art. 258, comma 1) che "Le comunicazioni o segnalazioni alla competente Azienda sanitaria locale (ASL) di dati o informazioni concernenti la sorveglianza sanitaria o eventuali malattie contratte in servizio dai lavoratori militari, previste a carico del medico competente dall'articolo 40 del decreto legislativo n. 81 del 2008, e dall'articolo 139 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, sono sostituite da analoghe comunicazioni o segnalazioni inoltrate ai servizi di vigilanza di cui all'articolo 260".

_______

La denuncia/segnalazione è trasmessa, oltre che alle Direzioni territoriali del lavoro e alle Aziende sanitarie locali, anche all’Inail ai fini dell’alimentazione del Registro nazionale delle malattie causate dal lavoro ovvero a esso correlate, ai sensi dell’art. 10 del d.lgs 38/2000.

L’elenco è stato predisposto dalla Commissione scientifica, istituita ai sensi del predetto articolo 10, cui compete anche l'elaborazione e la revisione periodica delle tabelle delle malattie professionali di cui agli articoli 3 e 211 del Testo Unico assicurazione obbligatoria D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.

D.P.R 1124/1965 

Art. 3.

L'assicurazione e' altresi' obbligatoria per le malattie professionali indicate nella tabella allegato n. 4, le quali siano contratte nell'esercizio e a causa delle lavorazioni specificate nella tabella stessa ed in quanto tali lavorazioni rientrino fra quelle previste nell'art. 1. La tabella predetta puo' essere modificata o integrata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con il Ministro per la sanita', sentite le organizzazioni sindacali nazionali di categoria maggiormente rappresentative.(3) Per le malattie professionali, in quanto nel presente titolo non siano stabilite disposizioni speciali, si applicano quelle concernenti gli infortuni. 

Aggiornamento Art. 3

(3) La Corte Costituzionale con sentenza del 10 - 18 febbraio 1988 n. 179 (in G.U. 1 a s.s. 24.02.1988 n. 8) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale "in riferimento all'art. 38, comma secondo, Cost., dell'art. 3, comma primo, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (testo unico delle leggi sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali), nella parte in cui non prevede che "l'assicurazione contro le malattie professionali nell'industria e' obbligatoria anche per malattie diverse da quelle comprese nelle tabelle allegate concernenti le dette malattie e da quelle causate da una lavorazione specificata o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse, purche' si tratti di malattie delle quali sia comunque provata la causa di lavoro"
...

D.P.R 1124/1965 

Art. 211.

L'assicurazione comprende, altresi' le malattie professionali indicate nella tabella allegato n. 5 le quali siano contratte nell'esercizio ed a causa delle lavorazioni specificate nella tabella stessa ed in quanto tali lavorazioni rientrino tra quelle previste negli articoli 206, 207 e 208.(4)
Per tali malattie professionali, in quanto non siano stabilite disposizioni speciali, si applicano le norme concernenti gli infortuni sul lavoro in agricoltura.

Aggiornamento Art. 211

(4)La Corte Costituzionale con sentenza del 10 - 18 febbraio 1988 n. 179 (in G.U. 1 a s.s. 24.02.1988 n. 8) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale "in riferimento all'art. 38, comma secondo, Cost., dell'art. 211, comma primo, del detto d.P.R. n. 1124 del 1965, nella parte in cui non prevede che l'assicurazione e' obbligatoria anche per malattie diverse da quelle comprese nelle tabelle concernenti malattie professionali nell'agricoltura e da quelle causate da una lavorazione specificata o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse, purche' si tratti di malattie delle quali sia comunque provata la causa di lavoro".

Malattie professionali

Documento completo Riservato Abbonati

Il Decreto (art.1) aggiorna l'elenco delle malattie di cui al decreto ministeriale dell'11 dicembre 2009 e riguarda esclusivamente, gruppo 6 «tumori professionali» e il gruppo 2 «malattie da agenti fisici» con riferimento alle sole patologie muscolo scheletriche in tutte le tre liste rappresentate:

Decreto 10 giugno 2014 Completo

LISTA I - MALATTIE LA CUI ORIGINE LAVORATIVA È DI ELEVATA PROBABILITÀ;

LISTA II - MALATTIE LA CUI ORIGINE LAVORATIVA É DI LIMITATA PROBABILITÁ;

LISTA III - MALATTIE LA CUI ORIGINE LAVORATIVA É POSSIBILE.

TUTTE LE LISTE

Collegati

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Malattie professionali - Quadro Normativo e Procedure Rev. 00 2018.pdf
Certifico Srl - Rev. 0.0 2018
1392 kB 39

Strumenti di stima rischio chimico occupazionale

ID 5005 | | Visite: 12646 | Documenti Sicurezza Enti

Strumenti rischio chimico 2017

Strumenti di stima rischio chimico occupazionale

Panoramica degli strumenti riconosciuti dall'ECHA per la valutazione del rischio chimico occupazionale

Lo scenario d’esposizione è definito nel Regolamento REACH come “l'insieme delle condizioni, comprese le condizioni operative e le misure di gestione dei rischi, che descrivono il modo in cui la sostanza è fabbricata o utilizzata durante il suo ciclo di vita ed il modo in cui il fabbricante o l'importatore controlla, o raccomanda agli utilizzatori a valle di controllare, l'esposizione delle persone e dell'ambiente”.

Lo scenario d’esposizione rappresenta il fulcro del processo di valutazione della sicurezza chimica in quanto costituisce la base per la stima dell’esposizione ed, allegato alla Scheda di Dati di Sicurezza (SDS), è anche il maggior strumento di comunicazione delle informazioni lungo la catena d’approvvigionamento della sostanza. La stima dell’esposizione deve essere effettuata per ciascun scenario d’esposizione nella sua fase iniziale di sviluppo e successivamente affinata fino alla definizione dello scenario finale.

Il processo di stima dell’esposizione dovrebbe basarsi su misure sperimentali. In pratica, la disponibilità di dati reali d’esposizione è limitata e quindi, nella maggior parte dei casi, si deve ricorrere all’uso di modelli di calcolo. In particolare nel caso delle piccole e medie imprese (PMI), che si distinguono per un’elevata variabilità delle mansioni lavorative degli addetti e dei relativi tempi di esposizione, nonché delle modalità d’uso degli agenti chimici, gli algoritmi o i modelli di calcolo possono rappresentare uno strumento di grande utilità nella valutazione del rischio.

L’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA), nella Guida alle disposizioni in materia di informazione e alla valutazione della sicurezza chimica - Parte D , distingue tra modelli elaborati con l’intento di offrire una semplicità d’uso, ma intrinsecamente conservativi, e pertanto indicati ad essere utilizzati come modelli per uno screening iniziale (modelli di livello 1), e modelli più complessi di livello 2, che richiedono un maggior numero di dati di input e che forniscono stime d’esposizione più accurate e più aderenti ai dati sperimentali.

Gli strumenti comuni attualmente disponibili sono descritti nell'Appendice R.14-1 Guidance on Information Requirements and Chemical Safety Assessment - Chapter R.14: Occupational exposure assessment Version 3. 0 - August 2016.

Una panoramica di base sui diversi ambiti e domini di applicabilità degli strumenti è riportato nella Tabella R.14-2 e nella Tabella R.14-3:

Table R.14- 2: Applicability matrix (inhalation models)

Tabella ECHA R 14 1

Table R.14- 3 Applicability matrix (dermal models)

Tabella ECHA R 14 2

TREXMO

TREXMO

Lo strumento TREXMO può essere un'utile fonte di informazioni su come i diversi strumenti definiscono i determinanti dell'esposizione.

Lo strumento stabilisce un terreno comune per tutti i modelli di assumendo che un insieme di parametri di input in un modello possa essere tradotto in un altro modello. Ulteriori informazioni sullo strumento TREXMO sono disponibili su https://www.seco.admin.ch/trexmo.

Cos'è TREXMO?

TREXMO è uno strumento più grande per valutare in modo efficiente e affidabile l'ampia gamma di effetti speciali di esposizione professionale.

TREXMO integra sei modelli di esposizione professionale utilizzati:

-          ART v.1.5,
-          STOFFENMANAGER (versione Schinkel et al. 2010) v.5.1,
-          ECETOC TRA v.3,
-          MEASE v.1.02.01,
-          EMKG-EXPO-TOOL e EASE v. 2.0.

Questo metodo armonizza l'uso di diversi modi per la stessa situazione di esposizione In definitiva, TREXMO dovrebbe contribuire a rendere più affidabili i problemi di esposizione.

Perché è necessario TREXMO?

Spesso è un approccio di 1 ° livello (metodo di screening) o di 2 ° livello (analisi approfondita) per stimare l'esposizione per diversi scenari di esposizione. Nessuna guida è disponibile per interpretare i diversi livelli del modello e per gestire le incertezze associate alla situazione di esposizione, ai parametri e ai modelli. Numerosi studi sull'affidabilità tra utenti hanno presentato una valutazione di esposizione che si stima su diversi ordini di grandezza per la stessa situazione di esposizione.

Quali sono gli obiettivi del progetto TREXMO?

-          ridurre l'entrata per la selezione dei parametri in sei modelli.

-          ridurre il tempo richiesto per l'esecuzione di diversi modelli per un determinato ES

-          beneficio di stime di esposizione più affidabili per migliorare l'esperienza tra utente.

l'uso di TREXMO per scenari scenari di esposizione, ad esempio per rapporti di sicurezza o per il processo di autorizzazione delle SVHC.

Stoffenmanager® 

sTOFFENMANAGER 7

Il modello Stoffenmanager è stato sviluppato in Olanda inizialmente per le piccole e medie imprese con l’intento di facilitare il controllo del rischio chimico e l’individuazione delle priorità tra gli interventi di prevenzione e protezione da mettere in atto.

Il modello è intermedio tra il livello 1 e 2, è un modello web-based, ossia utilizzabile tramite internet, e attualmente è fruibile in Inglese, Olandese e Finlandese dal sito web: https://www.stoffenmanager.nl; è disponibile in una versione base, gratuita, e in una versione a pagamento, con maggiori funzionalità che, ad esempio, consente di far interagire il modello con altri database.

Stoffenmanager® ha i seguenti moduli:

1. Banding di controllo. Stoffenmanager® è stato inizialmente sviluppato come strumento per le PMI per dare priorità ai loro rischi per la salute di lavorare con prodotti pericolosi sul posto di lavoro e per determinare misure di controllo efficaci. Per raggiungere una priorità di rischio, Stoffenmanager® combina le informazioni sui pericoli di un prodotto con una stima dell'esposizione per inalazione o contatto con la pelle. Se vengono identificati dei rischi, è possibile selezionare le misure di controllo. Le valutazioni del rischio possono essere aperte come report e salvate sul computer. Un piano d'azione mostra le misure di controllo selezionate. I filmati Pimex e le schede di istruzioni sul posto di lavoro possono essere utilizzate per lo scambio di informazioni e la comunicazione del rischio. Il Report Sostanze pericolose genera una panoramica di tutti i prodotti pericolosi che vengono utilizzati all'interno dell'azienda. Accanto a questo è disponibile una registrazione speciale CMR (sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione).

2. Valutazione quantitativa dell'esposizione . Stoffenmanager® contiene un modulo di esposizione quantificato e convalidato per stimare l'esposizione a polveri e vapori in mg / m3. Stoffenmanager® stima la concentrazione del compito nel caso peggiore, il cosiddetto 90 percentile. Accanto a questi altri percentili della distribuzione dell'esposizione sono disponibili (ad esempio 50, 75 o 95 percentile). L'esposizione durante l'attività può essere confrontata con un limite di esposizione professionale (OEL). Successivamente la concentrazione media giornaliera può essere calcolata per uno o più compiti. Questo risultato può anche essere confrontato con un OEL. Se vengono identificati dei rischi, è possibile selezionare le misure di controllo. Le valutazioni del rischio possono essere aperte come report e salvate sul computer. Un piano d'azione mostra le misure di controllo selezionate.

3. L'esposizione del lavoratore. Stoffenmanager® contiene un modulo di esposizione REACH per stimare quantitativamente l'esposizione per inalazione. Questo è lo stesso modello del modulo di valutazione dell'esposizione quantitativa ma specificato per REACH. Stoffenmanager® presenta la distribuzione completa dell'esposizione e i corrispondenti percentili. La stima dell'esposizione può essere confrontata con il DNEL della sostanza. Questo modulo è disponibile solo nel pacchetto Premium.

4. Modulo Nano. Questo è un modulo separato per valutare qualitativamente i rischi di lavorare con oggetti nano fabbricati. Proprio come il modulo di controllo numerico, le proprietà di rischio e le informazioni sull'esposizione sono combinate per ricavare un punteggio di rischio. Le misure di gestione del rischio possono essere selezionate per controllare l'esposizione.

5. PGS-15. Questo è un modulo speciale per la gestione della conservazione chimica secondo la linea guida olandese PGS-15. Questo modulo è disponibile online in olandese e nel pacchetto Premium.

6. ATEX. Questo è un modulo per la valutazione della sicurezza dell'esplosione sul luogo di lavoro in conformità con le linee guida europee ATEX. Questo modulo è disponibile online in olandese e nel pacchetto Premium.

MEASE

MEASE (versione 1.02.01) è stata ampiamente utilizzata dall'industria dei metalli per le valutazioni di sicurezza chimica nei fascicoli di registrazione REACH negli ultimi anni.

Per valutare l'esposizione professionale, la guida prevede un "approccio a più livelli". Per il 1 ° livello, si propone di utilizzare i cosiddetti "strumenti di screening". Questi strumenti forniscono stime prudenti dell'esposizione e sono intesi a identificare (schermare) PROC privi di problemi al fine di risparmiare risorse da allocare alle PROC per le quali sono necessarie valutazioni di livello superiore.

A nome di EUROMETAUX, EBRC ha sviluppato uno strumento per la stima e la valutazione dell'esposizione della sostanza (MEASE versione 1) che combina approcci dal sistema esperto EASE, dallo strumento TRA ECETOC e dalla guida per la valutazione del rischio per la salute dei metalli (HERAG). Mira a fornire uno strumento di screening di 1 ° livello per la stima dell'inalazione professionale e dell'esposizione cutanea a metalli e sostanze inorganiche.

Per l'esposizione per inalazione, lo strumento segue l'approccio PROC dello strumento ECETOC TRA e seleziona le stime di esposizione iniziale da tre classi di fugacità (bassa, media, alta). Le classi di fugacità sono definite in base alla forma fisica, al punto di fusione del metallo, alla temperatura del processo, alla tensione di vapore e alla PROC selezionata. Le stime di esposizione iniziale per PROC 21-27a in MEASE si basano su dati misurati dall'industria dei metalli.

Per l'esposizione dermica, MEASE si basa sul sistema di bande di esposizione del sistema EASE ampiamente utilizzato. Tuttavia, le stime dell'esposizione generate si basano su dati misurati da diversi metalli, raccolti e tracciati rispetto alle classi di esposizione EASE nella "scheda informativa dermica" del progetto HERAG.

MEASE versione 1.02.01 http://www.ebrc.de/mease.html.

Strumento REACH avanzato (ART)

ART

ART è uno strumento di valutazione dell'esposizione di livello superiore che combina le previsioni dell'esposizione per inalazione modellate meccanicamente con i dati di esposizione disponibili utilizzando un approccio bayesiano. ART valuta l'esposizione per scenari in diversi impianti e siti. Le stime sono fornite per percentili diversi della distribuzione dell'esposizione e degli intervalli di confidenza attorno alla stima. Produce anche stime dell'esposizione in assenza di dati, ma l'incertezza delle stime diminuirà quando saranno inclusi i risultati delle misurazioni dell'esposizione.

L'Advanced REACH Tool (ART) è uno strumento di valutazione dell'esposizione che combina stime dell'esposizione per inalazione modellate meccanicamente con i dati di esposizione disponibili utilizzando un approccio bayesiano.

Il modello meccanicistico è basato su nove fattori di modifica principali indipendenti (MF). Uno di questi MF è il potenziale di emissione della sostanza, che affronta le proprietà intrinseche della sostanza come determinanti dell'emissione da una fonte. Questo documento descrive le attuali conoscenze e prove sulle caratteristiche intrinseche di solidi e liquidi che determinano il potenziale per il loro rilascio nell'aria del posto di lavoro. Il fattore principale che determina il rilascio di aerosol dalla manipolazione o dalla lavorazione di materiali in polvere, granulari o pellettizzati è la polverosità del materiale, nonché la frazione in peso della sostanza di interesse nella polvere e il contenuto di umidità. La pressione parziale di vapore è il principale fattore intrinseco che determina il potenziale di emissione della sostanza per l'emissione di vapori. Per la generazione di nebbia, il potenziale di emissione della sostanza è determinato dalla viscosità del liquido e dalla frazione in peso della sostanza di interesse nel liquido. All'interno di ART il rilascio di vapori è considerato per sostanze con una tensione di vapore parziale alla temperatura di processo di 10 Pa o più, mentre la formazione di nebbia è considerata per sostanze con una tensione di vapore ≤ 10 Pa. I moltiplicatori relativi sono assegnati per la maggior parte dei fattori intrinseci, ad eccezione della frazione in peso e della tensione di vapore, che viene applicata come variabile continua nella stima del potenziale di emissione della sostanza. Attualmente, la stima del potenziale di emissione di sostanze non è disponibile per fumi, fibre e gas. Il potenziale di emissione delle sostanze tiene conto dell'ultima riflessione sulle emissioni di polveri, nebbie e vapori e, a nostro avviso, fornisce un buon equilibrio tra teoria e pragmatismo. L'espansione della base di conoscenze sul potenziale di emissione delle sostanze migliorerà il potere predittivo dei modelli di esposizione professionale e, di conseguenza, l'accuratezza e la precisione delle stime dell'esposizione. 

Lo strumento avanzato REACH (ART): incorporazione di un database di misurazione dell'esposizione

L'incorporazione del database di esposizione in ART consente agli utenti che non dispongono di dati di misurazione propri per il proprio scenario di esposizione, di aggiornare le stime dell'esposizione prodotte dal modello meccanicistico utilizzando serie di misurazioni analoghe selezionate dal database di misurazione dell'esposizione ART. A seconda dell'input dell'utente per la categoria di sostanze e le classi di attività (sotto), il sistema seleziona le serie di misurazione dell'esposizione dal database di esposizione. Le esaurienti descrizioni degli scenari e le statistiche riassuntive aiutano l'utente a decidere se le serie di misure sono effettivamente completamente analoghe. Dopo aver selezionato uno o più set di dati analoghi, i dati sono utilizzati dal modulo bayesiano del sistema ART per aggiornare le stime dell'esposizione modellate meccanicamente. Le misurazioni dell'esposizione 1944 attualmente memorizzate nel database di misurazione dell'esposizione ART coprono 9 situazioni di esposizione per la gestione di oggetti solidi (n = 65), 42 situazioni per il trattamento di polveri, granuli o materiale pelletizzato (n = 488), 5 situazioni per la gestione della bassa volatilità liquidi (n = 88), 35 situazioni per la manipolazione di liquidi volatili (n = 870) e 26 situazioni per il trattamento di liquidi in cui le polveri sono disciolte o disperse (con conseguente esposizione alla nebbia) (n = 433). 

Advanced Reach Tool 1.5

EMKG-EXPO-TOOL 

Il sistema di controllo del posto di lavoro facile da usare per sostanze pericolose (EMKG) dell'Istituto federale tedesco per la sicurezza e la salute sul lavoro (BAuA) esiste dal 2005. È una guida pratica per la gestione dei rischi che coinvolge attività con sostanze pericolose. L'EMKG ha lo scopo di aiutare soprattutto le piccole e medie imprese (PMI) a tradurre le informazioni dalle schede di sicurezza e dai luoghi di lavoro in misure di riduzione dei rischi pratici che portano a condizioni di lavoro più sicure.

Identificazione rapida delle misure

Combinando i parametri facilmente accessibili dalle schede di sicurezza e dalle ispezioni in loco, l'EMKG consente di determinare in modo rapido e preciso il livello corretto di azione per ciascun pericolo. Vengono rilevati rischi inaccettabili per la salute e vengono fornite raccomandazioni appropriate per l'azione.

 Ad ogni livello di azione, l'EMKG offre linee guida sulle linee guida sotto forma di liste di controllo fronte-retro, che aiutano nell'implementazione delle misure.

Quali livelli di azione ci sono?

Nel complesso, l'EMKG comprende tre fasi.

Misura livello 1: il livello di misurazione 1 include i requisiti minimi per il posto di lavoro. Queste misure organizzative e igieniche devono sempre essere implementate.

Misura livello 2: il livello di misurazione 2 descrive le misure di riduzione delle emissioni per i processi di lavoro tipici che riducono al minimo il rilascio di sostanze pericolose, quali: B. pesatura, riempimento e decantazione, svuotamento, miscelazione, rivestimento e laminazione.

Livello di azione 3: il livello di azione 3 contiene proposte per la progettazione di sistemi chiusi

https://www.baua.de/DE/Themen/Arbeitsgestaltung-im-Betrieb/Gefahrstoffe/EMKG/Einfaches-Massnahmenkonzept-EMKG_node.html

ECETOC’S TARGETED RISK ASSESSMENT (TRA) 

Lo strumento ECETOC's Targeted Risk Assessment calcola il rischio di esposizione dei lavoratori, dei consumatori e dell'ambiente ai prodotti chimici.

È stato identificato dal regolamento sulla registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche (REACH) della Commissione europea come approccio preferenziale per la valutazione dei rischi per la salute dei consumatori e dei lavoratori (ECHA, 2010 a, b).

L'aggiornamento alla versione 3.1 è stato utilizzato come un'occasione per includere una lista specifica di rilascio ambientale aggiornato (SpERC) e miglioramenti delle funzionalità offrendo l'esportazione e l'importazione di singoli set di dati di sostanze. La versione 3.1 è disponibile sia come modello integrato che come versione standalone per la parte consumer e può essere scaricata insieme con guide aggiornate per questi strumenti e rapporti tecnici ECETOC TRA.

ECHA. 2010 a. Guida tecnica REACH sui requisiti di informazione e sulla valutazione della sicurezza chimica, Capitolo R14: Estimazione dell'esposizione professionale. Agenzia europea delle sostanze chimiche, Helsinki, Finlandia.

ECHA. 2010 b. Guida ai requisiti di informazione e valutazione della sicurezza chimica, Capitolo R15: Valutazione del rischio di consumo (versione 2, aprile 2010). Agenzia europea delle sostanze chimiche, Helsinki, Finlandia. Addendum a TR114: Base tecnica per il TRA v3.1 (giugno 2014)

ECETOC

RISKOFDERM 

Il modello RISKOFDERM (http://product-testing.eurofins.com) è stato sviluppato da un consorzio di 15 società di 11 paesi e aventi come coordinamamento l’ente olandese TNO (Netherlands Organisation for Applied Scientific Research).
Questo modello calcola solamente l'esposizione dermica per ambienti industriali e professionali. vengono presi in considerazione sei differenti ambienti di lavoro (DEO: Dermal Occupational Units). Il modello si presenta in forma di foglio di calcolo e rilascia una stima quantitativa del carico dermico (mg/day) nei vari DEO, inoltre da la possibilità di scegliere il valore percentile dell’esposizione.

Viene considerato il modello di riferimento per l’esposizione dermica. 

Versione non più aggiornata dal 2004.

Page Toolkit

Fonte: ECHA

Guidance on Information Requirements and Chemical Safety Assessment - Chapter R.14: Occupational exposure assessment Version 3. 0 - August 2016

Correlati:

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Guidance on Information Requirements and Chemical Safety Assessment - Chapter R.14 Occupational exposure assessment.pdf
Chapter R.14 Occupational exposure assessment
1210 kB 194

Cassazione Penale Sez. 4 n. 51735 del 14 novembre 2017

ID 4985 | | Visite: 4164 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Penale Sez. 4 n. 51735 del 14 novembre 2017 

Infortunio mortale  - autogru dal gancio di sollevamento della linguetta non funzionante

Responsabilità datore di lavoro

Penale Sent. Sez. 4 Num. 51735 Anno 2017

Presidente: ROMIS VINCENZO

Relatore: CAPPELLO GABRIELLA

Data Udienza: 08/11/2017


Ritenuto in fatto

1. La Corte d'appello di Bologna ha confermato la condanna dell'imputato G.C., quale Presidente della ditta Autotrasporti G.C. S.p.A. e datore di lavoro, per il reato di omicidio colposo ai danni del dipendente U.M., aggravato dalla violazione delle norme sulla sicurezza dei lavoratori, revocando le statuizioni civili, eccezion fatta per quelle relative a Z.O..

In particolare, si è contestato all'imputato, nella suindicata qualità, di avere cagionato la morte dell'U.M., per colpa generica (consistita in negligenza, imprudenza e imperizia) e specifica, in quanto:
- metteva a disposizione del lavoratore attrezzature inidonee ai fini di sicurezza (autogru con gancio di sollevamento della linguetta non funzionante e non sottoposta alla prescritta verifica annuale);
- ometteva di sottoporre il lavoratore alla necessaria formazione per l'utilizzo dell'autogrù, cosicché costui, giunto presso il cantiere edile "Complesso Crocetta", a bordo dell'automezzo SCANIA, dovendo scaricare bancali contenenti rotoli di guaine impermeabilizzanti, sganciava l'estremità della fune e sfilava i bracci della gru, posizionandoli a 19 mt. dal suolo, dopodiché, con radiocomando, azionava il verricello portando il gancio di sollevamento, con linguetta non funzionante, in corrispondenza dell'alloggiamento della forca, che doveva sollevare il primo bancale e, mentre stava iniziando il sollevamento del bancale con fune in tensione, a causa della linguetta non funzionante, dal gancio della gru fuoriusciva l'anello di sollevamento e il bozzello colpiva al capo U.M., causandone l'immediato decesso (in Parma il 27 maggio 2009).

2. Questa, in sintesi, la vicenda descritta nell'impugnata sentenza. [...]

3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il G.C., formulando quattro motivi. 

Con il primo, ha dedotto mancanza della motivazione in ordine ad un punto rilevante. Questo il ragionamento del ricorrente: la Corte di merito aveva ritenuto non provata nel processo la riconducibilità del mancato funzionamento del componente al difetto del fine corsa elettrico, ma anche indimostrata l'incidenza causale dell'angolazione laterale impressa dal lavoratore all'innesto della carrucola, prospettata a difesa. Tuttavia, pur non individuando alcuna diversa causa della riscontrata problematica, aveva comunque ritenuto provato il malfunzionamento della linguetta al momento dell'evento lesivo e, conseguenzialmente, ritenuto che tale difetto non fosse temporaneo e quindi imprevedibile, bensì strutturale ed imputabile quindi al datore di lavoro, omettendo, tuttavia, di spiegare le rassegnate conclusioni.

Con il secondo, ha dedotto vizio di motivazione contraddittoria in ordine all'elemento soggettivo della colpa, la cui esistenza assume esser stata affermata sulla scorta di un travisamento probatorio, avendo il giudice ravvisato la rimproverabilità della condotta nelle modalità di aggancio della carrucola, giudicate scorrette e imprudenti rispetto a quelle da utilizzarsi (utilizzo di un componente, c.d. grillo) in base al manuale delle istruzioni che, invece, nulla prescriveva sul punto, essendo quel componente prescritto per un altro modello di gru. [...]

Con il terzo motivo, ha dedotto violazione di legge in relazione all'All. VII del d.lgs. 81 del 2008, assumendo che l'obbligo di verifica annuale riguardava solo le attrezzature che hanno un anno di fabbricazione non antecedente ai 10 anni, quella utilizzata dai lavoratore nell'occorso risalendo al novembre 1999 e, dunque, al momento dell'infortunio non essendo ancora decorsi i 10 anni che ne richiedevano la sottoposizione a verifiche più ravvicinate. [...]

Infine, con il quarto motivo, ha dedotto mancanza di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, rispetto al quale, in caso di reato colposo, non potrebbe rinviarsi ai plurimi profili nei quali si articola il rimprovero, atteso che, in difetto di colpa, saremmo al cospetto di una condotta penalmente irrilevante.


Considerato in diritto

1. Il ricorso va rigettato.

2. Alla luce del compendio probatorio richiamato in sentenza, la Corte territoriale ha preliminarmente ricostruito la vicenda, rilevando che:
- la parte lesa si era recata con l'autocarro munito di gru presso un cantiere edile per scaricare alcuni bancali;
- la morte era stata conseguenza della caduta del bozzello sul capo della vittima, a sua volta riconducibile alla fuoriuscita del gancio della gru dall'anello di sollevamento;
- il lavoratore aveva correttamente sbloccato la gru, inserendo il gancio nell'apposita sede, posizionandosi sopra il carico e mettendo in tensione la fune;
- il carico non era stato sollevato e, a quel punto, era invece caduta la carrucola;
- gli ispettori intervenuti in sede di sopralluogo avevano rilevato alcuni malfunzionamenti del macchinario (dispositivo di chiusura all'imbocco del gancio di sospensione palesemente fuori uso e sistema di fine corsa del verricello non correttamente funzionante) che avevano prodotto sollecitazioni anomale aggravanti la situazione del macchinario;
- i testi oculari avevano confermato che la carrucola era agganciata quando la parte lesa aveva sfilato il braccio della gru. [...]

3. Il primo motivo è manifestamente infondato.

Deve, intanto, rilevarsi che, in maniera assai suggestiva, parte ricorrente ha evidenziato il gap motivazionale circa le cause del malfunzionamento della linguetta, avendo la Corte disatteso la tesi difensiva (del posizionamento laterale della carrucola), ma anche quella prospettata dall'accusa (del difetto del fine corsa elettrico) assumendo che quel giudice non avesse indicato la causa alternativa di detto, comprovato malfunzionamento. [...]

3.2. Il secondo motivo è infondato.

La Corte di merito ha descritto, attraverso un richiamo delle prove raccolte, la modalità di aggancio del carico che, nell'occorso, il lavoratore aveva osservato, giudicando, sempre in conformità alle stesse (C.T. del P.M., testimonianze ispettori S. e B.) che essa era stata scorretta, oltre che imprudente, atteso che, nel caso di specie, l'alloggiamento dell'anello del bozzello al gancio posto sulla sommità della gru non aveva consentito di tenere fissa la puleggia, e il gancio di sollevamento non era provvisto di un funzionante dispositivo di chiusura all'imbocco.

Inoltre, quel giudice ha dato atto che il sistema seguito era diverso da quello descritto nel manuale d'istruzioni e che una maggior cautela era doverosa in un caso in cui vi era un malfunzionamento della linguetta. [...]

3.3. Anche il terzo motivo è infondato.

La Corte d'appello, sulla scorta di un apprezzamento di merito, ancorato alle risultanze accertate dai consulenti e dagli ispettori del lavoro, ha confermato la sussistenza della violazione dell'allegato VII al d.lgs. 81 del 2008, relativo alle verifiche delle attrezzature di lavoro, ritenendo doverosa, nel caso di specie, tenuto conto della tipologia del trasporto, dell'ambiente lavorativo (un cantiere edile), della portata del carico e della tipologia del macchinario, la verifica annuale di funzionamento.
La parte ha contestato tale conclusione, ritenendo, sulla scorta dell'oggetto sociale della G.C. S.p.A. (trasporti e consegna merci) e della data di fabbricazione del mezzo (per sei mesi rientrante nel limite dei dieci anni) che il macchinario dovesse essere sottoposto solo a verifica biennale.

Trattasi, a ben vedere, non di una violazione di legge, come dedotta dalla parte, bensì della prospettazione di una lettura degli elementi fattuali, diversa rispetto a quella datane dalla Corte d'appello sulla scorta di precise indicazioni, del tutto coerenti con una delle ipotesi cui l'ALL. VII riconnette la necessità di una verifica più ravvicinata.

3.4. Deve rilevarsi, infine, la manifesta infondatezza del quarto motivo di ricorso, con il quale si è addirittura dedotta la mancanza della motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, palesandosi una totale indifferenza verso le ragioni ampiamente esposte sul punto nella sentenza impugnata. Rispetto ad esse, infatti, consta l'obiezione secondo cui i profili di colpa (la cui pluralità è stata sottolineata dal giudice a conferma della non meritevolezza del beneficio), siccome fondanti il titolo della responsabilità penale, non potrebbero essere valutati per giustificare il diniego della mitigazione del trattamento sanzionatorio. [...]

4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Z.O. che si liquidano in complessivi euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.


P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali; lo condanna inoltre a rimborsare alla parte civile Z.O. le spese sostenute per questo giudizio che liquida in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.

Deciso in Roma il giorno 08 novembre 2017

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Sentenza Cassazione Penale n. 51735 del 14.11.2017.pdf
 
560 kB 7

Évaluation des risques professionnels INRS

ID 4933 | | Visite: 3760 | Documenti Sicurezza Enti

Evaluation des risques professionnels

Évaluation des risques professionnels

Questions-réponses sur le document unique

 

La formalisation des résultats de l'évaluation des risques dans un document unique, prévue à l'article R. 4121-1 du code du travail, suscite de nombreuses interrogations. Cette brochure a pour objet de fournir quelques éléments de réponses aux questions les plus fréquemment posées sur cette exigence.

INRS 2004

Prevenzione Incendi: attività DM 1982 "incongruente" DPR 2011

ID 4715 | | Visite: 12659 | Prevenzione Incendi

Prevenzione Incendi: attività DM 1982 "incongruente" DPR 2011

Come gestire eventuali incongruenze, possibile l'applicazione delle declaratorie del D.M. 16.02.1982 anche se abrogato, ma è sempre da sottintendere al giudizio tecnico relativo al rischio antincendio - Chiarimenti VVF.

Il Comando Provinciale VVF di Pisa nel 2013, con nota prot. n. 2360 del 12.03.2013, ha richiesto chiarimenti i merito a:

Oggetto: D.P.R. n. 151/2011 ed applicazione di regole tecniche antecedenti facenti riferimento ad attività di cui al D.M. 16.02.1982

in particolare il Comando evidenziava la non corrispondenza biunivoca tra le attività di cui al D.M. 16.02.1982 e quelle riportate nell'Allegato I del D.P.R. n. 151/2011, formulando i quesiti:

Q_ VVF Pisa

1. se debbano essere ancora considerate letteralmente le attività del D.M. 16.02.1982, citate nelle regole tecniche, senza riconvertirle in quelle del D.P.R. n. 151/2011 nell'applicazione delle medesime norme;

2. se quando non specificate (nelle regole tecniche), le attività "soggette a controllo" (e per esclusione non soggette) debbano intendersi sempre in riferimento a quelle del D.M. 16.02.1982.

Re_ VV Roma

La Direzione Centrale rispondeva con Nota Prot. 00006959 del 21/05/2013:

Oggetto: Rinvii al D.M. 16/02/1982 effettuati da regole tecniche di prevenzione incendi.

Si fa riferimento alla prima problematica sollevata nella nota in indirizzo indicata concernente la sorte dei richiami alle attività elencate nel D.M. 16 febbraio 1982, contenuti nelle vigenti regale tecniche di prevenzione incendi.

Al riguardo si ritiene che:

Re_ 1
 - il richiamo dei numeri identificativi delle attività elencate nel D.M. 16 febbraio 1982, presente nelle vigenti regole tecniche, sottende un giudizio tecnico relativo al rischio antincendio rappresentato dalle stesse attività. Pertanto, si è dell'avviso che nell'applicare le specifiche regole tecniche si debba continuare ad operare il rinvio alle declaratorie delle attività del D.M. 16 febbraio 1982, anche se abrogate.


Re_ 2

- per i casi di richiamo generico alle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi ai sensi del D.M. 16 febbraio 1982, presente nelle regole tecniche di prevenzione incendi, si ritiene necessaria verificare, caso per caso, se e possibile applicare il principio sopra espresso.

Ciò in quanta si tratta pur sempre di un rinvio, all'interno di una regola tecniche, che sottende, come sopra evidenziato, una espressione di valutazione di pericolosità antincendio
...

La lettera circolare Nota Prot. 00006959 del 21/05/2013 chiarisce che se in una regola tecnica si fa riferimento ad un'attività del D.M. 16 febbraio 1982, si deve interpretare la regola tecnica in accordo con quanto riportato dal D.M. 16 febbraio 1982 anche se è abrogato dal D.P.

_____
 Esempi

Un esempio significativo ed esemplificativo è quello dell'attività uffici:

- attività 89 (uffici con oltre 500 addetti secondo DM 16 febbraio 1982)
- attività 71 (uffici con oltre 300 persone presenti secondo DPR 151/11).

La norme applicabili alternative sono:

1. In accordo con D.M. 3 agosto 2015 (RTO)
Decreto 8 Giugno 2016 "Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi per le attività di ufficio, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.

2. In accordo con le disposizioni specifica (RTV)
Decreto del Ministro dell’interno del 22 febbraio 2006 "Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio di edifici e/o locali destinati ad uffici".

L'incongruenza sul numero di persone/addetti può generare situazioni molto diverse nel caso di applicazione di una delle 2 possibili strade dettate dalle norme di riferimento.

Collegati

Nota DCPREV prot. n. 6959 del 21/5/2013

D.M. 16 febbraio 1982

Decreto Presidente della Repubblica 1° agosto 2011 , n. 151

Safe operation with fork lift trucks

ID 4927 | | Visite: 4662 | Documenti Riservati Sicurezza

Doc 165 17 Safe Operation with Fork Lift Trucks

Safe operation with fork lift trucks

EIGA Doc 165/17 Rev. doc. 165/10

The publication is intended to be used by those who are involved in and manage the selection, operation and maintenance of fork lift trucks.

Forklift trucks and mechanically operated pallet trucks are becoming increasingly important elements in mechanical handling practices, as the gases industry seeks to improve safe working conditions and reduce manual handling practices.

In recent years the number of forklifts and mechanically operated pallet trucks has increased as a result of this search for greater efficiency and safer work practices but incidents with these vehicles continue to occur on a regular basis.

The purpose of this publication is to help prevent and reduce the number of incidents that occur by making managers and operators aware of the hazards, and by providing recommendations on risk prevention, suitable maintenance practices and correct driver selection, training and assessment.

This revised edition has updated references and the layout has been aligned to match the EIGA publications standard.

_________

Table of Contents

1. Introduction
2. Scope and Purpose
2.1. Scope
2.2. Purpose
3. Definitions
3.1. Publication terminology
3.2. Technical definitions
4. Technical safety features
4.1. Forklift trucks
4.2. Pallet trucks
5. General safety instructions
6. FLT operations – Example of incidents from the industrial gases industry
6.1. Examples of incidents involving unsafe driving or manoeuvring
6.2. Incidents due to unsafe access or egress from FLT
6.3. Incidents due to unsafe loading or unloading from FLT
6.4. Images of FLT incidents
7. FLT operations – Key hazards and preventative measures
7.1. Forklift trucks
7.2. Pallet trucks
8. Driver hiring and training
9. Maintenance and inspection
9.1. Daily inspection
9.2. Maintenance
10. Safety checklist
10.1. Daily inspection checklist
10.2. Audit checklist
11. References
12. Additional references

Appendix 1: Example of daily forklift inspection checklists

Figure 1 Typical fork lift truck
Figure 2 Typical pallet truck and controls
Figure 3 Warning sign
Figure 4 Injured foot
Figure 5 FLT turned over and simulation of accident
Figure 6 Example of incorrect use of FLT for access
Figure 7 Example of unloading incident (1)
Figure 8 Example of unloading incident (2)
Figure 9 Illustration of FLT starting to turn over
Figure 10 Illustration of turned over FLT and trapped driver
Figure 11 FLT Load diagram
Figure 12 Example of visibility reduced by FLT mast
Figure 13 Example of visibility reduced by when carrying a bundle of cylinders
Figure 14 Example of misuse of FLT as a work platform
Figure 15 Example of potential incident

Fonte: EIGA

Correlati:

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Doc_165_17_Safe_Operation_with_Fork_Lift_Trucks.pdf
EIGA Doc165/2017
625 kB 42

Esecuzione in sicurezza dei lavori in copertura

ID 4908 | | Visite: 7378 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Esecuzione in sicurezza dei lavori in copertura. Misure di prevenzione e protezione

INAIL - Quaderno di ricerca 15/2017

La mancanza di una legislazione nazionale specifica, che prescriva la dotazione sulle coperture di sistemi necessari a garantire la sicurezza dei lavoratori che svolgono attività su di esse, ha determinato, in molte regioni italiane, l’emanazione di regolamenti ad hoc.

Le regioni hanno dunque legiferato riguardo alle misure preventive e protettive atte a consentire l’accesso, il transito e l’esecuzione dei lavori in quota in condizioni di sicurezza negli interventi sulle coperture.

Le misure di sicurezza individuate a livello locale non sono, per ovvie ragioni, “armonizzate” a livello nazionale e non facilitano il lavoro dei vari soggetti coinvolti.

Ci sono poi regioni che non dispongono affatto di una legislazione in merito. La presenza di norme tecniche UNI che affrontano, anche se indirettamente, l’argomento consente in via volontaria di avere a disposizione uno strumento comunque condiviso che ben si raccorda al quadro legislativo esistente.

Le disposizioni regionali più recenti non prevedono più l’obbligo “generico” dell’installazione dei sistemi di ancoraggio, ma l’adozione di misure a carattere permanente. È possibile utilizzarne di tipo provvisorio (non permanente, quindi), nei casi in cui sulle coperture esistenti non sia possibile adottare misure di questo tipo permanente, a causa di caratteristiche strutturali non idonee oppure contrastanti con prescrizioni regolamentari o con norme di tutela riguardanti l’immobile interessato dall’intervento.

Individuare tutte le possibili misure di prevenzione e protezione non è facile. In questo contesto ne verranno analizzate alcune per l’accesso (piattaforme di lavoro mobili elevabili, ponteggi, scale a pioli anticaduta, scale portatili, trabattelli), altre relative al transito e all’esecuzione (parapetti di sommità, parapetti provvisori, reti di sicurezza, ancoraggi e sistemi di ancoraggio, dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto).

Lo studio cercherà, inoltre, di identificare e fornire informazioni e dati agli operatori di settore che possono essere utilizzati anche dalle istituzioni pubbliche per la loro attività di verifica, controllo e indirizzo per condividere le misure di sicurezza da adottare per l’esecuzione delle attività sulle coperture.

Il documento non vuole essere esaustivo, ma si propone di affrontare una parte delle problematiche relative alla realizzazione delle citate misure, con particolare riguardo ai requisiti che i prodotti debbono soddisfare.

L’esplicitazione di tali requisiti è la sintesi di specifica attività effettuata dal Dipartimento, anche a livello sperimentale, negli ambiti di ricerca e normativa nazionale e internazionale.

La principale causa di infortunio grave o mortale nel settore delle costruzioni è rappresentata da cadute dall’alto relative a lavori in quota. La maggior parte di esse si verificano durante l’attività lavorativa svolta sulle coperture, sia in fase di nuova edificazione sia durante attività di manutenzione.

Negli ultimi anni è emersa una particolare attenzione riguardo alle problematiche di sicurezza dei lavoratori che eseguono la propria attività sulla coperture. Attenzione che, di fatto, ha determinato in molte regioni italiane l’entrata in vigore di regolamenti specifici. Essi definiscono le istruzioni tecniche per i progetti relativi ad attività inerenti le coperture di nuove costruzioni come di edifici esistenti, prevedendo l’applicazione di idonee misure preventive e protettive atte a consentire, nei successivi interventi, impiantistici o di manutenzione, l’accesso, il transito e l’esecuzione dei lavori in quota in condizioni di sicurezza.

In assenza di una legislazione nazionale specifica che imponga di dotare le coperture di tali sistemi di sicurezza, alcune regioni hanno legiferato in tal senso rendendo obbligatorie le disposizioni nei loro territori. È venuta così a crearsi una legislazione non uniforme tra le regioni, che ha quindi determinato inevitabilmente una condizione variegata di disposti normativi.

Uno degli argomenti trattati in maniera difforme è stato quello riguardante l’obbligo di esecuzione dei lavori in copertura, mediante l’utilizzo dei sistemi di ancoraggio permanenti, anche per la sola manutenzione periodica della stessa.

Inoltre, ad aumentare la confusione nell’approccio alla problematica [Cor, Ros-014], si è aggiunta la norma UNI EN 795:2012, spesso prevista all’interno delle leggi di alcune regioni e quindi di fatto obbligatoria soltanto in quei territori, che aveva definito DPI tutti i sistemi di ancoraggio elencati nella norma stessa: tipo A, tipo B, tipo C, tipo D e tipo E. Un DPI per definizione è “non permanente”.

Tuttavia, almeno per quanto concerne le caratteristiche degli “ancoraggi permanenti e non permanenti”, in Italia si è fatta chiarezza [Cor, Ros-015] attraverso la Circolare interministeriale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 13/2/2015, n. 3: “Dispositivi di ancoraggio per la protezione contro le cadute dall’alto - Chiarimenti”.

In Europa, la decisione di esecuzione (UE) 2015/2181 della Commissione del 24 novembre 2015 sulla pubblicazione con limitazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del riferimento alla norma EN 795:2012, ha posto la parola fine all’applicazione controversa e contraddittoria della stessa non permettendo più l’utilizzo di dispositivi di tipo “non permanente” quando essi venivano lasciati sul luogo di lavoro indefinitamente senza essere rimossi [Cor, Ros-016].

In un settore così complesso [Ros-015/2] fondamentale è stato il contributo dell’UNI che in poco tempo ha emanato le seguenti norme:

UNI 11158:2015 - Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto - Sistemi di protezione individuale dalle cadute - Guida per la selezione e l’uso.
UNI 11578:2015 - Dispositivi di ancoraggio destinati all’installazione permanente - Requisiti e metodi di prova.
UNI 11560:2014 - Sistemi di ancoraggio permanenti in copertura - Guida per l’individuazione, la configurazione, l’installazione, l’uso e la manutenzione.

Esse hanno fornito strumenti utili a definire le caratteristiche di prodotto degli ancoraggi permanenti [CRG-015] di tipo A, C e D, nonché la loro configurazione in copertura.

La norma UNI 11560: 2014 in particolare consente, anche se in via volontaria, in quelle regioni dell’Italia ancora non regolamentate di avere a disposizione uno strumento condiviso e ben si raccorda al quadro legislativo esistente [Ros, Fol-015].

Le disposizioni regionali più recenti non prevedono più l’obbligo “generico” dell’installazione dei sistemi di ancoraggio, ma l’adozione di misure a carattere permanente. Sulle coperture esistenti, nelle quali non sia possibile adottare misure di questo tipo a causa di caratteristiche strutturali non idonee, o per contrasto con prescrizioni regolamentari o con norme di tutela riguardanti l’immobile interessato dall’intervento, esse possono essere di tipo provvisorio (“non permanente”). In tali disposizioni viene altresì ribadito il concetto di priorità delle misure collettive rispetto a quelle individuali, in linea con il d.lgs. 81/08.

Le misure di prevenzione e protezione in dotazione alla copertura sono incorporate nella copertura o a servizio della stessa, per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori incaricati di eseguire i lavori successivi sulla copertura.

Le misure di prevenzione e protezione ausiliarie sono, invece, le altre misure la cui adozione è richiesta ai datori di lavoro delle imprese esecutrici ed ai lavoratori autonomi incaricati di eseguire i lavori successivi sulla copertura.

Le misure “in dotazione” e “ausiliarie” sono dunque finalizzate a:

- l’accesso o lo sbarco in copertura;
- il transito e l’esecuzione dei lavori sulla copertura.

Esse dovranno essere realizzate “prioritariamente” attraverso apprestamenti e/o dispositivi di tipo permanente. Ciò non crea troppe difficoltà in caso di nuove costruzioni mentre è spesso difficile, e a volte impossibile, negli edifici esistenti. In questi casi dovranno essere adottate opere provvisionali, attrezzature e/o dispositivi non permanenti.

Individuare tutte le misure di prevenzione e protezione finalizzate alla sicurezza dei lavoratori che operano in copertura è arduo. Nel presente documento ne verranno analizzate alcune riguardanti l’accesso (piattaforme di lavoro mobili elevabili, ponteggi, scale a pioli anticaduta, scale portatili, trabattelli), altre relative al transito e all’esecuzione (parapetti di sommità, parapetti provvisori, reti di sicurezza, ancoraggi e sistemi di ancoraggio, dispositivi di protezione individuale contro le
cadute dall’alto).

Per un’analisi più approfondita dell’argomento è necessario iniziare a individuare le attività oggetto dei lavori. In esse rientrano la costruzione, la demolizione, il rifacimento, la riparazione ma anche quelle la verifica, la manutenzione e la pulizia in genere. Soprattutto queste ultime molto spesso vengono eseguite da personale non specializzato e raramente viene effettuata la necessaria valutazione dei rischi.

Spesso il problema legato alle attività in copertura, non è unicamente associato alla mancata osservanza delle norme base di sicurezza ma anche all’errato utilizzo di opere provvisionali, attrezzature di lavoro, sistemi di protezione contro le cadute dall’alto derivante dalla mancata o insufficiente informazione, formazione e addestramento del lavoratore.

È di fondamentale importanza dunque che lavoratori e datori di lavoro comprendano appieno che la questione non riguarda genericamente gli adempimenti normativi, ma anche e forse soprattutto le procedure, le attrezzature e i dispositivi corretti da utilizzare durante l’attività lavorativa, elementi che tutti insieme concorrono a garantire la sicurezza negli ambienti di lavoro.

_______

Indice degli argomenti
Premessa
Definizioni
1. Riferimenti
1.1 Legislazione nazionale
1.2 Legislazione regionale
1.2.1 Elementi dei regolamenti
1.2.2 Elaborato tecnico della copertura
1.3 Fascicolo tecnico
1.4 UNI 11560: 2014
1.5 Tipologia di attività
1.6 Limiti di applicazione
2. Valutazione del rischio
2.1 Analisi del rischio
2.1.1 Rischi prevalenti
2.1.2 Rischi concorrenti
2.1.3 Rischi susseguenti
2.1.4 Rischi derivanti dall’attività lavorativa
2.2 Esposizione al rischio
2.3 Riduzione del rischio
2.3.1 Riduzione del rischio di caduta dall’alto
2.3.2 Riduzione del rischio di urto contro parapetti e reti di sicurezza
2.4 Piano di emergenza
3. Elementi caratteristici della copertura
3.1 Inclinazione
3.2 Resistenza strutturale e fragilità
4. Accesso e/o sbarco
4.1 Piattaforme di lavoro mobili elevabili
4.2 Ponteggi
4.3 Scale a pioli anticaduta
4.4 Scale portatili
4.5 Trabattelli
5. Transito ed esecuzione
5.1 Parapetti di sommità
5.1.1 Generalità
5.1.2 Adeguata valutazione dei rischi e specifico progetto
5.2 Parapetti
5.2.1 Parapetti provvisori
5.2.2.1 Generalità
5.2.2.2 Tipologie
5.2.2.3 Posizionamento
5.2.3 Parapetti permanenti
5.3 Reti di sicurezza
5.3.1 Generalità
5.3.2 Tipologie
5.3.3 Posizionamento
5.3.4 Altezze di caduta e larghezza di raccolta
5.4 Ancoraggi e sistemi di ancoraggio
5.4.1 Generalità
5.4.2 Classificazione
5.4.3 Tirante d’aria
5.4.3.1 Tirante d’aria su ancoraggio puntuale
5.4.3.2 Tirante d’aria su ancoraggio lineare
5.4.4 Requisiti
5.4.4.1 Requisiti prestazionali
5.4.4.2 Requisiti geometrici
5.4.5 Influenza della tipologia di copertura
5.4.6 Spostamenti
5.4.7 Verifiche di funzionalità dell’installazione
5.5 Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto
5.5.1 Generalità
5.5.2 Classificazione
5.5.3 Sistemi di trattenuta
5.5.4 Sistemi di posizionamento sul lavoro
5.5.5 Sistemi di arresto caduta
5.5.6 Sistemi di salvataggio
Riferimenti bibliografici e normativi

Fonte: INAIL 
Autore:Luca Rossi

Correlati:

ECETOC's Targeted Risk Assessment

ID 4897 | | Visite: 7048 | Sicurezza lavoro

ECETOC’s Targeted Risk Assessment (TRA)

ID 4897 | Update 16.05.2022 / Documenti allegati

Lo strumento ECETOC's Targeted Risk Assessment calcola il rischio di esposizione dei lavoratori, dei consumatori e dell'ambiente ai prodotti chimici. 

È stato identificato dal regolamento sulla registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche (REACH) della Commissione europea come approccio preferenziale per la valutazione dei rischi per la salute dei consumatori e dei lavoratori (ECHA, 2010 a, b).

In risposta ai riscontri ricevuti dagli utenti del TRA, ECETOC ha ulteriormente migliorato la quota del consumatore del modello inserendo la capacità di tenere conto degli usi infrequenti dei prodotti di consumo. Le modifiche sviluppate in collaborazione con l'ECHA si trovano nella versione corrente 3.1 del TRA e si trovano anche nella versione 2.3 di Chesar ( https://chesar.echa.europa.eu ).

Una spiegazione dettagliata della motivazione delle modifiche è contenuta in un addendum al rapporto tecnico ECETOC 114 (pubblicato come rapporto tecnico ECETOC n. 124) che fornisce ulteriori chiarimenti su come ECETOC ha applicato "fattori di trasferimento" nella previsione di TRA di orale, dermico e le esposizioni di inalazione. Questi miglioramenti ora consentono di essere adeguatamente elaborati le informazioni contenute negli sviluppi come i DUCC specifici determinanti per l'esposizione al consumo ( http://www.ducc.eu/Activities.aspx ).

L'aggiornamento alla versione 3.1 è stato utilizzato come un'occasione per includere una lista specifica di rilascio ambientale aggiornato (SpERC) e miglioramenti delle funzionalità offrendo l'esportazione e l'importazione di singoli set di dati di sostanze. La versione 3.1 è disponibile sia come modello integrato che come versione standalone per la parte consumer e può essere scaricata insieme con guide aggiornate per questi strumenti e rapporti tecnici ECETOC TRA.

ECHA. 2010 a. Guida tecnica REACH sui requisiti di informazione e sulla valutazione della sicurezza chimica, Capitolo R14: Estimazione dell'esposizione professionale. Agenzia europea delle sostanze chimiche, Helsinki, Finlandia.

ECHA. 2010 b. Guida ai requisiti di informazione e valutazione della sicurezza chimica, Capitolo R15: Valutazione del rischio di consumo (versione 2, aprile 2010). Agenzia europea delle sostanze chimiche, Helsinki, Finlandia. Addendum a TR114: Base tecnica per il TRA v3.1 (giugno 2014)

Fonte:
ECETOC
European Centre for Ecotoxicology and Toxicology Of Chemicals

Cassazione Civile, Sez. 3, 31 ottobre 2017, n. 25838

ID 4873 | | Visite: 3777 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cavedio killer

Cassazione Civile, Sez. 3, 31 ottobre 2017, n. 25838 - Cavedio killer per due tecnici intenti a fare un rilievo: responsabilità della società proprietaria dell'immobile da ristrutturare

1. Nel 2000 V.M., S.L. e G.L. convennero dinanzi al Tribunale di Grosseto la società Unicoop Tirreno soc. coop. a r.l. (d'ora innanzi, per brevità, "la Unicoop"), esponendo:

(-) di essere, rispettivamente, madre e sorelle di Cesare L.;

(-) il 22 marzo 1994 Cesare L. perse la vita in conseguenza di un infortunio sul lavoro;

(-) quel giorno Cesare L., dipendente del geometra M.D., accompagnò quest'ultimo ad eseguire un'ispezione all'interno di un immobile di proprietà della società convenuta sito a Sticciano Scalo, frazione di Roccastrada (GR), nel quale occorreva eseguire dei lavori di sistemazione;

(-) per effettuare i rilievi ritenuti necessari, venne praticato un foro sul pavimento che immetteva in un sottostante cavedio, privo di aperture ed all'interno del quale non vi era ossigeno; sicché i due tecnici, calatisi nel cavedio, morirono per asfissia. Conclusero pertanto invocando la responsabilità della società convenuta ai sensi dell'articolo 2051 c.c., e chiedendone la condanna al risarcimento dei danni rispettivamente patiti.

2. Con sentenza 22 aprile 2008 n. 383 il Tribunale di Grosseto rigettò la domanda.

La Corte d'appello di Firenze, adita dalle soccombenti, con sentenza 7 gennaio 2014 n. 2 accolse il gravame e condannò la società Unicoop al risarcimento del danno.

Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d'appello ritenne che:

(-) il geometra M.D. ed il suo dipendente Cesare L. avevano praticato un foro nel pavimento per ispezionare il punto esatto ove far passare delle tubazioni; si erano così immessi in una "camera stagna" priva di vespaio e di bocchette di areazione; quivi erano deceduti per ipossia, perché in quella camera stagna non vi era ossigeno;

(-) il proprietario dell'immobile dunque doveva rispondere ex articolo 2051 c.c. dell'accaduto, dal momento che la situazione di pericolo era "connessa in modo immanente alla struttura"; in ogni caso, quella struttura non era stata costruita in modo conforme alle prescrizioni del regolamento edilizio del Comune di Roccastrada, in quanto priva di bocchette di aerazione;

(-) era irrilevante la circostanza che la scelta di praticare il foro nel pavimento e di calarsi nel cavedio fosse stata compiuta dal datore di lavoro della vittima; tale circostanza infatti, quand'anche accertata, avrebbe avuto quale unico effetto l'insorgere della responsabilità solidale del datore di lavoro e del custode, ma non avrebbe escluso certo la responsabilità di quest'ultimo.

3. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione dalla Unicoop con ricorso fondato su un solo motivo ed illustrato da memoria.

Hanno resistito con controricorso V.M., S.L. e G.L..

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Cassazione Civile, Sez. 3, 31 ottobre 2017, n. 25838.pdf
Cassazione Penale, Sez. 3
193 kB 5

La metodologia per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato

ID 4782 | | Visite: 72769 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

La metodologia per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato Ed. 2017

Manuale ad uso delle aziende in attuazione del d.lgs. 81/2008 e s.m.i.

L’attuale monografia costituisce la nuova edizione del precedente manuale ‘Valutazione e gestione del rischio da stress lavoro-correlato (ed. 2011)’.

Nella pubblicazione sono illustrate le novità derivanti dall'attività di ricerca del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale su questo tema. A sei anni dalla sua creazione e diffusione, grazie all'adozione della metodologia da parte di un consistente numero di aziende, ben distribuite sul territorio italiano e rappresentative dei vari settori produttivi, è stato possibile integrare i risultati delle attività di ricerca con le esperienze derivanti da autorevoli collaborazioni nazionali ed internazionali, per aggiornare e ottimizzare gli strumenti metodologici offerti, al fine di supportare ulteriormente le aziende che effettuano la valutazione e gestione di questo rischio.

L’attuale quadro normativo di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, costituito dal d.lgs. 81/2008 e s.m.i., ha specificamente individuato lo stress lavoro-correlato (SLC) come uno dei rischi oggetto di valutazione e di conseguente adeguata gestione, secondo i contenuti dell’Accordo Quadro europeo dell’8 ottobre 2004 (di seguito denominato Accordo europeo), puntualmente richiamato dal decreto stesso. La norma ha, inoltre, demandato alla Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza  sul lavoro (di seguito denominata Commissione) il compito di ‘elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio stress lavoro-correlato’, successivamente emanate nel 2010, attraverso l’individuazione di un ‘percorso metodologico che rappresenta il livello minimo di attuazione dell’obbligo […]’ (Comunicato del Ministero del lavoro in G.U. n. 304 del 30/12/2010).

Pertanto, in considerazione dello specifico obbligo e, ancor più, in presenza di indicazioni procedurali definite ‘minime’, è evidente l’attualità del ruolo della ricerca scientifica nel fornire rigorosi contributi sulla specifica tematica finalizzati all’elaborazione e all'aggiornamento continuo di strumenti validi e soluzioni utili per la valutazione e gestione di tale rischio, anche attraverso l’individuazione e la diffusione di buone pratiche gestibili dalle figure della prevenzione che operano in azienda.

In tale ottica, il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell'Inail, attraverso una fitta rete di collaborazioni internazionali e nazionali, nel 2011 ha sviluppato una proposta metodologica per la valutazione e gestione del rischio SLC sostenibile, di facile utilizzo per le aziende, basata su approcci e procedure scientificamente fondati.

L’obiettivo perseguito nello sviluppo di tale metodologia, che riadatta e integra il modello Management standard approntato dall’Health and safety executive (Hse), è stato quello di offrire un percorso sistematico, frutto di esperienze di ricerca, che permetta al datore di lavoro (DL), attraverso il coinvolgimento attivo di tutte le figure della prevenzione presenti in azienda, di gestire il rischio SLC al pari di tutti gli altri rischi previsti dalla vigente normativa, in maniera integrata, nell’ottica della semplicità ma, al tempo stesso, del rigore metodologico anche attraverso l’utilizzo di strumenti validati.

Tale percorso è contestualizzato al d.lgs. 81/2008 e s.m.i. e raccordato con le esperienze nazionali sulla specifica tematica, tra cui le attività del Coordinamento tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro, nell’ottica di offrire all’utenza un ‘metodo unico integrato’ che, a partire dal modello operativo dei Management standard, adatti e valorizzi i punti di forza delle esperienze metodologiche nazionali.

A supporto della proposta metodologica, è stata inoltre sviluppata una piattaforma online disponibile sul sito web istituzionale, utilizzabile dalle aziende, previa registrazione gratuita.

Tale piattaforma è stata predisposta con il duplice obiettivo di:

1) offrire alle aziende un ambiente di lavoro virtuale, sia per l’utilizzo degli strumenti di valutazione del rischio SLC, che per l’elaborazione dei dati (con il supporto di software online) oltre che per la stesura dei relativi report;

2) permettere la raccolta sistematica di dati strutturati, utili sia per il monitoraggio che per lo sviluppo e l’integrazione degli strumenti sulla base delle evidenze di ricerca.

A sei anni dalla sua creazione e diffusione, grazie alla partecipazione di un consistente numero di aziende, ben distribuite sul territorio italiano e rappresentative dei vari settori produttivi, è stato possibile integrare i risultati delle attività di ricerca e di monitoraggio per la verifica dell’efficacia del percorso metodologico. Tali attività sono pertanto scaturite dall'analisi delle informazioni presenti nel suddetto database, che costituisce uno dei bacini di dati più ampi e strutturati in ambito europeo su questa tematica, ed è stato implementato anche nell'ottica di creare un sistema di automiglioramento continuo del percorso metodologico e per l’ottimizzazione dei relativi strumenti a supporto.

A tal proposito si è resa necessaria la presente riedizione del manuale della metodologia Inail per la valutazione e la gestione del rischio SLC, anche nell'ambito dei risultati del progetto Piano di monitoraggio e d’intervento per l’ottimizzazione della valutazione e gestione dello stress lavoro-correlato, approvato e finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) del Ministero della salute nell'anno 2013.

Tale progetto, coordinato dal Dimeila, con la partecipazione del Coordinamento tecnico interregionale e di unità operative afferenti a 16 realtà territoriali (Regioni e Province autonome), nonché due Università (Verona e Bologna), è stato sviluppato al fine di contribuire all'accrescimento e al miglioramento complessivo del sistema di gestione dello SLC in Italia - anche a supporto della verifica di efficacia e applicabilità delle indicazioni emanate dalla Commissione - attraverso un piano di monitoraggio nazionale sullo stato di attuazione della normativa in materia, lo sviluppo di soluzioni pratiche e di interventi formativi, la realizzazione di azioni mirate e modelli di intervento su misura per la realtà produttiva del Paese. Pertanto, il percorso metodologico presentato in questa riedizione del manuale integra le novità scaturite dalle attività di ricerca dell'Inail, i risultati di monitoraggio e approfondimento ottenuti in collaborazione con il Coordinamento tecnico interregionale e le Università coinvolte nel progetto CCM sopra descritto, nonché i risultati delle analisi secondarie - condotte in collaborazione con il Dipartimento di psicologia della Sapienza Università di Roma nell'ambito del progetto BRIC 2015 finanziato dall'Inail - finalizzate all'ottimizzazione e all'integrazione degli strumenti di valutazione. La metodologia Inail, oltre a fornire al DL le modalità per effettuare la valutazione del rischio SLC secondo il ‘livello minimo di attuazione dell’obbligo’, permette, altresì, di effettuare un percorso valutativo e gestionale scientificamente corretto, aggiornato e contestualizzato ai cambiamenti del mondo del lavoro e ai bisogni specifici delle aziende, con il coinvolgimento coordinato, partecipato ed integrato dei lavoratori e delle figure della prevenzione.

L’impatto della diffusione, in Italia, della metodologia di cui trattasi, nonché il generale accrescimento del livello di consapevolezza sull'importanza di una corretta gestione dello SLC in azienda, sono altresì evidenziati dai risultati dell’indagine europea tra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti ESEnER dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha) che mostrano un cambiamento radicale dell’Italia nella gestione del rischio SLC: dal 2010 in cui si posizionava agli ultimi posti in Europa, al 2015 dove si collocava al di sopra della media europea (Eu-30), rispetto alla gestione di tale rischio e allo sviluppo di specifiche azioni preventive.

...

Introduzione
Il quadro normativo di contesto
Evoluzione della normativa
Le indicazioni per la valutazione del rischio stress lavoro-correlato
Valutazione preliminare
Valutazione approfondita
Considerazioni
Il percorso metodologico per la valutazione del rischio stress lavoro-correlato
Premessa
Il percorso metodologico: fasi, attività e strumenti
Fase propedeutica
Fase della valutazione preliminare
La Lista di controllo
Fase della valutazione approfondita
Il Questionario strumento indicatore
Il focus group
Fase di pianificazione degli interventi correttivi e piano di monitoraggio
La piattaforma online Inail
Funzionalità della piattaforma online
Considerazioni finali
Bibliografia
Sitografia
Appendici
Appendice 1 - Cronoprogramma
Appendice 2 - La Lista di controllo
Appendice 3A - Il Questionario strumento indicatore
Appendice 3B - Il Questionario strumento indicatore - Versione per le minoranze linguistiche della Provincia autonoma di Bolzano
Allegati
Allegato 1 - Accordo interconfederale per il recepimento dell’Accordo quadro europeo sullo stress lavoro-correlato concluso l’8 ottobre 2004
Allegato 2 - Indicazioni necessarie alla valutazione del rischio stress lavoro-correlato elaborate dalla commissione consultivapermanente
Allegato 3 - La sicurezza dei dati nel processo valutativo
Abbreviazioni

Fonte: INAIL - 2017

Collegati:

Cassazione Penale, Sez. 4, 25 ottobre 2017, n. 48940

ID 4840 | | Visite: 3249 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Penale, Sez. 4, 25 ottobre 2017, n. 48940 - Infortunio con la pressa: posizione datoriale di fatto

"La posizione di garanzia grava anche su colui che, non essendone formalmente investito, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al datore di lavoro e ad altri garanti ivi indicati, sicché l'individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto, ossia alla sua funzione formale (Sez. 4, n. 18090 del 12/01/2017 - dep. 10/04/2017, Amadessi e altro, Rv. 269803)."

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Cassazione Penale, Sez. 4, 25 ottobre 2017, n. 48940.pdf
Cassazione Penale, Sez. 4
194 kB 7

Rapporto CNCPT 2017 Sicurezza in edlizia

ID 4828 | | Visite: 3692 | Documenti Sicurezza Enti

Rapporto CNCPT 2017 Sicurezza in edlizia

Anche quest’anno si è ripetuta la scelta, già effettuata con il rapporto di attività precedente, di fornire dati aggiornati al giugno del 2017 sulla struttura degli enti territoriali, preferendo attualizzare le informazioni a scapito della confrontabilità di alcune statistiche con gli anni scorsi.

Il trend di diminuzione del numero dei sopralluoghi nei cantieri si è attenuato, passando dalle 38.556 visite del 2015 alle 37.452 del 2016 (la diminuzione era stata di quasi 3.000 visite nel 2015 sul 2014) e ciò fa ritenere che sarà possibile fermare
la tendenza negativa con la chiusura del 2017, anche se il processo di unificazione con le scuole edili non è ancora concluso (sono 25 gli enti che ancora si devono unificare) e sappiamo che questo, unitamente alla crisi, ha inciso significativamente con le dinamiche in corso, pur non costituendo ciò una giustificazione.

Nel dibattito presente tra le forze sociali e tra gli addetti al settore circa il ruolo, l’importanza e l’utilità della bilateralità, si inseriscono le novità introdotte quest’anno nel rapporto di attività: con l’ausilio dei dati forniti dalla CNCE (Commissione
nazionale casse edili) si è analizzato l’andamento delle ore di malattia ed infortunio registrate dalle Casse edili, cioè nella parte “regolare del settore” nel corso degli anni compresi tra il 2009 ed il primo semestre del 2017.

Ebbene i dati evidenziano una diminuzione, al netto della minore occupazione, sia delle ore di infortunio sia di quelle di malattia, mentre tale risultato positivo non si registra sul complesso degli occupati in edilizia. E ciò marca una differenza veramente importante tra le imprese ed i lavoratori tutelati dalla bilateralità rispetto a quanti ne rimangono fuori.

In secondo luogo il rapporto di attività ha puntato il focus sull’analisi degli elementi di maggiore non conformità emersi dai sopralluoghi di cantiere, a disposizione dell’osservatorio nazionale e li ha correlati alle sanzioni che sarebbero state
applicabili in caso di analoga verifica da parte degli organi di vigilanza.

Ne emerge un quadro veramente importante, persino clamoroso se si quantificano economicamente le sanzioni, soprattutto rapportandolo ai dati recentemente diffusi da parte dell’INAIL sugli infortuni nei primi sette mesi del 2017, che testimonia
dell’apporto dato dalla rete dei tecnici dei CPT per garantire maggiore sicurezza sui cantieri e in pari tempo evidenzia quanto vi sia ancora bisogno di lavorare per raggiungere standard soddisfacenti.

Le analisi riportate nel rapporto di quest’anno potranno quindi fornire un valido supporto alle parti sociali impegnate nel rinnovo dei contratti nazionali, su una materia, la salute e sicurezza, che si presta per essere gestita nella maniera più unitaria possibile.

La prima parte propone una analisi del fenomeno infortunistico, fornendo alcuni elementi di riflessione sull’evoluzione storica del fenomeno ed approfondendo le dinamiche più recenti grazie gli ultimi aggiornamenti resi disponibili dall’INAIL nella sezione Open Data, con riferimento al periodo gennaio-agosto 2017.

Novità di questa edizione, una sezione dedicata all’analisi dei dati delle principali Casse Edili Industriali ed Artigiane, occasione per riflettere sulle dinamiche settoriali e sull’attività delle imprese edili più strutturate, con aggiornamento a giugno 2017.

La seconda parte è dedicata allo studio dell’attività di 103 CPT collaboranti all’indagine annuale, con dati sulla struttura operativa ed organizzativa riferiti a giugno 2017, mentre quelli sull’attività svolta fanno riferimento all’anno edile (settembre-ottobre di ogni anno).

La terza parte invece è dedicata ad una dettagliatissima analisi dell’attività di visita svolta da un campione di CPT, con l’ausilio dell’Osservatorio Permanente Visite in Cantiere, che dall’ottobre ottobre 2014, avvio della raccolta dati, al 23 settembre 2017, data della statisticazione delle informazioni provenienti da trentadue CPT dislocati sul territorio nazionale, offre un quadro informativo estremamente dettagliato su 1.096.974 verifiche effettuate nel corso di 48.294 visite a 23.117 cantieri.

A seguire i principali risultati organizzati per area tematica.

________________

INDICE
Presentazione
Introduzione e note di sintesi
PARTE PRIMA - Infortuni e incidenti mortali sul lavoro
1. Evoluzione storica del fenomeno infortunistico
Gli infortuni nelle costruzioni
L’indice di incidenza infortunistica
L’incidenza infortunistica per ripartizione territoriale
L’incidenza infortunistica nelle costruzioni
2. L’andamento delle morti sul lavoro
3. Confronti regionali
4. Infortuni e occupazione nei dati delle casse edili
PARTE SECONDA - Attività dei CPT nel 2016
1. Il quadro generale
2. La struttura organizzativa
3. La struttura operativa
4. L’attività svolta
 4.1. Modalità operative
 4.2. L’attività di informazione
 4.3. L’attività formativa
 4.4. Erogazione di altri servizi
5. Documentazione
6. L’asseverazione nelle costruzioni edili nell’ingegneria civile
PARTE TERZA - Osservatorio permanente visite in cantiere
1. Una solida base per l’analisi delle attività del cantiere
2. Stima del beneficio economico per le imprese
3. Valutazione di efficacia attività CPT
 3.1. L’evidenza di efficacia nell’analisi delle visite successive
 3.2. L’evidenza di efficacia nell’analisi delle verifiche successive sugli stessi elementi del cantiere
4. Analisi del rischio
 4.1. Il punto di vista sull’impresa e la tipologia di opera
 4.2. Analisi del rischio nel cantiere 113
 4.3. Analisi del rischio per tipologia di cantiere e di impresa
5. Radiografia del cantiere
ALLEGATO

Fonte: CNCPT

Raccolta pubblicazioni REACH, CLP e Valutazione del Rischio chimico nei luoghi di lavoro

ID 4651 | | Visite: 11625 | Documenti Riservati Sicurezza

Raccolta pubblicazioni REACH, CLP e Valutazione del Rischio chimico nei luoghi di lavoro

Regione Emilia Romagna 2008-2016

Settembre 2017

Indice

1. REACH

1.1 REACH 2016
L’applicazione dei regolamenti REACH e CLP nei luoghi di vita e di lavoro
1.2 REACH SANITA’ 2015
REACH, CLP, Biocidi, Dispositivi medici, Gas Anestetici, il caso della Formaldeide, la nuova valutazione del rischio da agenti chimici, cancerogeni, mutageni e le misure di gestione del rischio nell'uso delle sostanze chimiche
1.3 REACH 2015
L'applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di lavoro
1.4 REACH 2014
I Regolamenti Europei REACH e CLP - l'interazione fra le normative sociali e di prodotto, il confronto e l'assistenza alle imprese, l'armonizzazione europea dei controlli

2. RisCH

2.1 RisCH 2014
L'aggiornamento della valutazione del rischio da agenti chimici pericolosi, cancerogeni e mutageni: la valutazione della sicurezza chimica, la nuova scheda di dati di sicurezza e gli scenari di esposizione
2.2 RisCH 2012
Agenti chimici pericolosi, cancerogeni, mutageni, REACH, CLP, SDS
2.3 RisCH 2011
Le nuove valutazioni del rischio da agenti chimici pericolosi e dell'esposizione ad agenti cancerogeni, mutageni
2.4 RisCh 2010
Le sostanze pericolose nei luoghi di lavoro: Individuazione del pericolo, Regolamenti REACH, CLP e Scheda Dati di Sicurezza, Valutazione del rischio da agenti chimici pericolosi, cancerogeni e mutageni
2.5 RisCh 2008
Sostanze pericolose: agenti chimici pericolosi, cancerogeni, mutageni e l'amianto pericolosi, cancerogeni e mutageni: la valutazione della sicurezza chimica, la nuova scheda di dati di sicurezza e gli scenari di esposizione

3.dBA

3.1 dBA 2016
dBAincontri 2016 - Campi Elettromagnetici nei luoghi di lavoro. Legislazione, Valutazione, Tutela
3.2 dBA 2015 parte 1
3.2 dBA 2015 parte 2
Convegno 2015 - Trent'anni di Prevenzione e Protezione dagli Agenti Fisici
3.3 dBA 2014
Agenti Fisici nei luoghi di lavoro: aggiornamenti, approfondimenti, esperienze
3.4 dBA 2012
Aggiornamenti sul rischio rumore. Valutazione, prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro
3.5 dBA 2010
Rischi fisici: valutazione, prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro. A che punto siamo

Elaborato Certifico S.r.l.

Settembre 2017

Fonte: AUSL Modena

Collegati:

ebook Regolamento REACH

Regolamento CLP Testo Consolidato

D.Lgs. 81/2008 Testo Unico Salute e Sicurezza Lavoro

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Rischio chimico lavoro REACH CLP Regione Emilia Romagna 2008-2016
Regione Emilia Romagna 2008-2016
485442 kB 292

Cassazione Civile, Sez. Lav., 13 ottobre 2017, n. 24217

ID 4804 | | Visite: 3218 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Civile, Sez. Lav., 13 ottobre 2017, n. 24217 - Inalazione di microfibre di amianto per l'attività di carico e scarico merci in zona portuale. Responsabilità dell'Autorità Portuale di Venezia

Con sentenza in data 27/05/2011, la Corte d'Appello di Venezia, a conferma della decisone del Tribunale stessa sede n. 1005/2007, ha condannato l'Autorità Portuale di Venezia a risarcire il danno patrimoniale e non patrimoniale da lesione dell'integrità psicofisica di origine professionale nei confronti di L.R., socio lavoratore della Compagnia Lavoratori Portuali, affetto da placche pleuriche causate dall'inalazione di microfibre di amianto per l'attività di carico e scarico merci in zona portuale dall'aprile 1968 al maggio 1996. La Corte territoriale - riconosciuto provato il nesso causale tra l'affezione riportata dal ricorrente e l'esposizione alle polveri di asbesto - ha ritenuto tale responsabilità ascrivibile in via esclusiva all'Autorità Portuale, subentrata dal 1995 al Provveditorato del Porto di Venezia, per la mancata adozione ex art. 2087 cod. civ. dei necessari presidi generici prescritti (adozione delle mascherine), escludendo una corresponsabilità sia della Compagnia Lavoratori Portuali, in quanto soggetto autorizzato limitatamente alla fornitura di personale organizzato in squadre per le esigenze dei servizi portuali, sia degli armatori delle navi che hanno trasportato amianto, ritenendo l'esclusiva qualità d'impresa in capo alla stessa Autorità nei confronti dello svolgimento delle operazioni e dei servizi portuali.

Avverso tale decisione interpone ricorso in Cassazione l'Autorità Portuale di Venezia con sette censure, cui resiste con tempestivo controricorso L.R..

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 378 del codice di rito.

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Cassazione Civile, Sez. Lav., 13 ottobre 2017, n. 24217.pdf
Cassazione civile Sez. Lav.
200 kB 6

Lettera Circolare Prot. n. P515/4101 sott. 72 E.6 del 24/04/2008

ID 4776 | | Visite: 30229 | Prevenzione Incendi

Lettera Circolare Prot. n. P515/4101 sott. 72 E.6 del 24/04/2008

ID 4776 | Update news 26.12.2023

OGGETTO: Aggiornamento della modulistica di prevenzione incendi da allegare alla domanda di sopralluogo ai fini del rilascio del CPI
...

Ai sensi dell'art. 7, comma 6, del D.M. n. 37/2008, per gli impianti eseguiti prima dell'entrata in vigore del suddetto decreto (27/03/2008), net caso in cui la dichiarazione di conformità non sia stata prodotta o non sia più reperibile, tale documento è sostituito da una dichiarazione di rispondenza, resa, eventualmente sui modello CERT.IMP.2008, da un professionista che oltre ad essere iscritto nell'elenco del Ministero dell'Interno di cui alla legge n. 818/84, sia in possesso dei requisiti previsti dallo stesso art 7, comma 6, (iscrizione all'albo professionale per le specifiche competenze tecniche richieste.. aver esercitato la professione, per almeno cinque anni, nel settore impiantistico a cui si
riferisce la dichiarazione).

Nei casi residuali di impianti non disciplinati dal D.M 37/2008 (p.e. impianti per l'evacuazione del fume e del calore) dovrà essere predisposto e consegnato al competente Comando provinciale VVF, il mod. DICH.IMP.2008 net caso sia state redatto il progetto dell 'impianto, ovvero il mod. CERT.IMP.2008 in assenza di detto progetto.

Infine si chiarisce che sebbene il punto 3.3. dell'allegato n al D.M 4 maggio 1998 prevede per gli impianti di utilizzazione, trasporto e distribuzione di fluidi infiammabili, combustibili o comburenti non ricadenti nel campo di applicazione del D.M. n. 37/2008, la presentazione del mod. DICH.IMP.2008 corredato da uno specifico progetto e da eventuali allegati obbligatori, il mod. CERT.IMP.2008 contempla la possibilità, per i casi residuali. di redigere la certificazione anche per detta tipologia di impianti.
...

Collegati

Funi nodi e accessori di sollevamento VVF

ID 4772 | | Visite: 9796 | Documenti Sicurezza Enti

Funi nodi e accessori di sollevamento VVF

L’obbiettivo di questa dispensa è quello di fornire all’allievo le conoscenze di base sui comuni accessori di sollevamento come funi, catene e brache e presentare, nella seconda parte, quei nodi essenziali ed indispensabili, fra le migliaia che esistono, e che realmente possono trovare applicazioni pratiche e diffuse, permettendo di risolvere le più svariate situazioni durante l’attività di soccorso, garantendo al tempo stesso le condizioni standard di sicurezza.

La concezione di sicurezza sul lavoro negli ultimi anni ha subito una notevole evoluzione.

Attorno alla figura del lavoratore ruotano concetti come D.P.I. (dispositivi di protezione individuale), controlli, P.O.S. (procedure operative standard), analisi dei rischi, formazione e informazione etc., rendendo appunto questa figura parte attiva nell’attività di prevenzione degli infortuni, per cui tutte le informazioni contenute in questo documento, si propongono come ulteriore obbiettivo, la sensibilizzazione dell’allievo a questo nuovo tipo di mentalità, senza entrare nel merito della specificità della materia, compito demandato ai corsi specifici (SAF, utilizzo mezzi speciali, ecc…).

INTRODUZIONE
2 CORDE
2.1 Corde in fibra naturale
2.2Corde in fibra sintetica
2.3 Test di autovalutazione n. 1
3 FUNI METALLICHE
3.1 Test di autovalutazione n. 2
4 CATENE
4.1 Test di autovalutazione n. 3
5 TIRANTI DI IMBRACATURA
5.1 BRACHE IN FUNE DI ACCIAIO
5.1.1 Accessori di sollevamento per tiranti in fune di acciaio
5.2 BRACHE DI CATENA
5.2.1 Accessori di sollevamento per tiranti in catena
5.3 BRAGHE SINTETICHE
5.3.1 Brache in poliestere e/o poliammide ad uno e doppio strato con asola protetta
5.4 Test di autovalutazione n. 4
6 OPERAZIONI DI IMBRACATURA E MOVIMENTAZIONE
6.1 Test di autovalutazione n. 4
7 NODI CON CORDE IN CANAPA
7.1 NODI SEMPLICI
7.1.1 Nodo Ordinario
7.1.2 Nodo Savoia  
7.2 NODI DI GIUNZIONE  
7.2.1 Nodo Dritto o Piano
7.2.2 Nodo Dritto con Fibbia
7.2.3 Nodo da Tessitore
7.2.4 Nodo Inglese
7.3 NODI DI ACCORCIAMENTO
7.3.1 Nodo Margherita
7.3.2 Nodo semplice a doppino con Gassa
7.4 NODI DI ANCORAGGIO  
7.4.1 Fibbia Semplice Scorrevole
7.4.2 Fibbia Doppia Scorrevole
7.4.3 Nodo da Muratore
7.4.4 Fibbia Semplice Fissa o Gassa d’Amante
7.4.5 Fibbia Doppia Fissa
7.4.6 Nodo a Paletto
7.4.7 Nodo Galera
7.4.8 Nodo Barcaiolo
7.4.9 Nodo d’Ancora
7.4.10 Nodo da Traino Semplice
7.4.11 Nodo da Traino a Tiro Variabile
7.5 NODI DI SALVATAGGIO
7.5.1 Nodo Milano
7.5.2 Nodo Torino
7.5.3 Imbracatura di Sicurezza
7.5.4 Nodo a Sedia
7.5.5 Legatura addominale con nodo di sicurezza, per ingresso in ambienti pericolosi
 
Ministero dell’Interno
Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile
Direzione Centrale per la Formazione

Decreto 11 dicembre 2009

ID 5032 | | Visite: 10491 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto 11 dicembre 2009

Aggiornamento dell'elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia ai sensi e per gli effetti dell'articolo 139 del testo unico approvato, con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 e successive modifiche e integrazioni.

(GU n. 76 del 1 aprile 2010  S.O. n. 66)
________

Decreto aggiornato da:

1. Decreto 10 giugno 2014
2. Decreto 15 novembre 2023

Collegati

Cassazione Civile Sez. Lavoro n. 26577 del 09 novembre 2017

ID 4996 | | Visite: 3900 | Cassazione Sicurezza lavoro

Infortunio sul lavoro e risarcimento danni

Respinto il ricorso del datore di lavoro

Civile Sent. Sez. L Num. 26577 Anno 2017
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: LEO GIUSEPPINA
Data pubblicazione: 09/11/2017

Fatto
La Corte di Appello di Ancona, con sentenza depositata il 13 settembre 2011. in accoglimento del gravame interposto da N.C. avverso la sentenza resa dal Tribunale di Pesaro il 14 gennaio 2010. accertava il diritto della N.C. al risarcimento dei danni conseguenti all'infortunio sul lavoro del 24 ottobre 2003 e condannava il datore di lavoro B.P., titolare dell'omonima ditta individuale, al pagamento, in favore della lavoratrice, della somma complessiva di Euro 75.841.62 comprensiva della rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat e degli interessi legali sulle somme via via rivalutate sino alla data della pronunzia di secondo grado.
Per la cassazione della sentenza il B.P. propone ricorso articolando sei motivi e depositando memoria.
La N.C. resiste con controricorso.

Diritto

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in riferimento all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5. del codice di rito, un "errore di giudizio per violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c.". nonché “errore in procedendo per viziata motivazione sul giudizio di fatto decisivo della controversia: vecchia o nuova macchina segaossa in uso nell'occorso infortunio". In particolare, assume che la Corte territoriale avrebbe attribuito alle dichiarazioni della teste P.S. la valenza di deposizione "disinteressata e circostanziata”, qualificandola "testimone de visu sulla base dell’affermazione che l’attiguo laboratorio era visibile -pacificamente- anche dal vano negozio ove trovavasi la teste e che la sua visione dell'infortunio sarebbe coerente con la particolareggiata descrizione delle modalità dell’infortunio capitato alla N.C."; lamenta, inoltre, il ricorrente, al riguardo, che l'impianto decisionale della Corte d'Appello non risponderebbe al criterio del prudente apprezzamento del giudice nella valutazione delle prove, con conseguente violazione dell'art. 116 c.p.c. e dei principi della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale.

2. Con il secondo motivo il B.P.. deducendo, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 445 c.p.p. e dell'orientamento giurisprudenziale consolidato in punto di riflessi civilistici della sentenza di patteggiamento, lamenta che la Corte distrettuale abbia attribuito espressamente al patteggiamento effettuato dal ricorrente la valenza di "ammissione (in sede penale) di colpevolezza del B.P. il quale ha pacificamente richiesto l'applicazione della pena", senza tener conto del fatto che la sentenza di patteggiamento non ha efficacia nel giudizio civile o amministrativo e non deve essere considerata come elemento unico ed imprescindibile atto a determinare le sorti del processo civile.

3. Con il terzo motivo viene denunciato, in riferimento all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 445 c.p.p. e dell'orientamento giurisprudenziale consolidato in punto di riflessi civilistici della sentenza di patteggiamento nonché dell'art. 116 c.p.c.; ed altresì "errore in procedendo per viziata motivazione sul giudizio di fatto decisivo della controversia. Al riguardo, in particolare, ci si duole dell'"evidente errore di giudizio“ in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale censurando l'operato del Giudice di primo grado, il quale, invece, giustamente, aveva valutato il compendio probatorio penale prima di riconoscere che lo stesso non conteneva alcun elemento idoneo a supportare la responsabilità penale del datore di lavoro.

4. Con il quarto motivo il B.P. deduce, in riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.. la violazione e falsa applicazione delle norme di legge relativamente all'onere della prova; nonché "errore in procedendo per omessa motivazione sostanziale e motivazione contraddittoria", avendo i Giudici di seconda istanza affermato che il lavoratore infortunato non deve dare dimostrazione "anche della c.d. nocività dell'ambiente di lavoro poiché la normativa di riferimento pone, in tale ipotesi, una chiara inversione legale dell'onere della prova".

5. Con il quinto mezzo di impugnazione il ricorrente denuncia, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5. c.p.c., "errore in procedendo per contraddittorietà e vizio logico di motivazione", poiché la Corte di merito avrebbe errato nella valutazione delle prove, dal momento che la C.t.u. ha escluso l'incapacità lavorativa specifica e risultando, peraltro che la N.C., per tutto il periodo di inabilità temporanea, ha regolarmente percepito il proprio stipendio con conseguente esclusione di ogni danno patrimoniale.

6. Con il sesto mezzo di impugnazione viene dedotto, sempre in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5. c.p.c.. "errore in procedendo per vizio logico di motivazione, contraddittoria, insufficiente ed omessa", non avendo la Corte territoriale motivato le ragioni della propria adesione alle conclusioni del C.t.u..

7. I primi quattro motivi, da trattare congiuntamente, stante l'evidente connessione, non possono essere accolti, in quanto presentano evidenti profili di inammissibilità e mancano della localizzazione del momento di conflitto, rispetto alle censure in essi formulate, dell’accertamento concreto operato dalla Corte di merito all’esito delle emersioni probatorie (cfr., ex plurimis, Cass. n. 24374 del 2015; Cass. n. 80 del 2011).[...]

8. Il quinto motivo presenta, nella prima parte, profili di inammissibilità, in quanto, ancora una volta, la formulazione non risulta rispettosa del canone della specificità del motivo, poiché viene confuso l'error in procedendo con il vizio di motivazione, rendendo, in tal modo, impossibile scindere le ragioni poste a sostegno delfinio o dell'altro vizio, in una situazione di inestricabile promiscuità, tale da rendere impossibile l'operazione di interpretazione delle censure (cfr., ex multis, Cass. nn. 7394/2010, 20355/2008. 9470/2008). La seconda parte del motivo è infondata, poiché, con motivazione coerente e priva di vizi logici, nonché basata sulle risultanze istruttorie, ha riconosciuto la risarcibilità del danno patrimoniale quantificandola in ragione del reddito annuale percepito dalla lavoratrice e rapportandolo al periodo di inabilità temporanea.

9. Il sesto motivo è inammissibile, poiché, oltre al mancato rispetto del canone della specificità dei motivi, non riporta la c.t.u. oggetto della censura. E, per costante giurisprudenza di questa Corte, il ricorso per cassazione deve contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed a consentire la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza che sia necessario fare rinvio a fonti esterne al ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di merito (cfr.. tra le molte. Cass. n. 1435/2013; Cass. n. 23675/2013; Cass. n. 10551/2016). Il motivo è quindi inammissibile anche per difetto di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti su cui si fonda, in violazione dell'art. 366, n. 6, c.p.c... in quanto, alla stregua dei costanti arresti giurisprudenziali di questa Corte, perché possa utilmente dedursi in sede di legittimità la violazione dell'art. 112 c.p.c.. fattispecie riconducibile ad una ipotesi di errar in procedendo ex art. 360. n. 4, c.p.c.. per la quale la Corte di Cassazione è giudice anche del fatto processuale, il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali è condizionato, a pena di inammissibilità. all’adempimento. da parte del ricorrente, dell’onere di indicare compiutamente, e non già per riassunto del loro contenuto, gli atti processuali dai quali emerga il vizio denunciato (Cass. n. 6361/2007; Cass. n. 21226/2010).

Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Sicurezza Antincendio: SGSA e FSE

ID 3828 | | Visite: 20014 | Documenti Riservati Sicurezza

SGSA e FSE: Sistemi di Gestione della Sicurezza Antincendio e Fire Safety Engineering

Un documento che illustra lo sviluppo nel tempo dei Sistemi di Gestione della Sicurezza Antincendio (SGSA) in relazione alla legislazione e alle norme tecniche fino alla Fire Safety Engineering (FSE).

Dopo l’incidente di Seveso (luglio 1976), a livello Europeo si decise di impostare una politica comune al fine di evitare il ripetersi incidenti simili dalle conseguenze devastanti per le persone, le cose e l’ambiente. Si iniziò con la Direttiva Sociale 82/501/CEE (Seveso I).
La direttiva è stata conseguentemente modificata, prima dalla Direttiva 96/82/CE (Seveso II) e successivamente dalla Direttiva 2003/105/CE e Direttiva 2012/18/UE (Seveso III).

Queste ultime direttive hanno introdotto, tra le varie modifiche, il principio che per prevenire gli incidenti rilevanti non basta solamente gestire la sicurezza impiantistica e tecnologica (non solo) ma in aggiunta occorre affrontare in modo puntuale anche l’approccio gestionale

Il D.M. 10 marzo 1998, sia, per attività normate antincendio o non, è in sostanza il primo Decreto che introduce, in forma embrionale, nell'ordinamento nazionale, il concetto di "Organizzazione e gestione della sicurezza antincendio".

Nell'ambito del recepimento della direttiva Seveso II (96/82/CE) è stato pubblicato il DM 9 agosto 2000, "linea guida per la verifica del sistema di gestione sicurezza".

Il DM evidenziato, non dà indicazioni esplicite su come il gestore deve organizzare il sistema di gestione, rimandando semplicemente allo stato dell’arte e menzionando in particolare la norma UNI 10617.

Il sistema di gestione della sicurezza è uno strumento obbligatorio per alcune aziende e, precisamente, quelle a rischio di incidente rilevante.

I sistemi attuati secondo le indicazioni del DM 09 agosto 2000, hanno dimostrato sul campo la loro efficacia.

"Per inciso, il SGSL realizzato sulla base delle  Linee Guida UNI-INAIL-ISPESL, non può sostituirsi a quanto disposto dal DM 09 agosto 2000"

Anche la Direttiva 2012/18/UE (direttiva Seveso III) recepita con il D.Lgs 105/2015, prevede l’adozione, obbligatoria, da parte del gestore di un’attività soggetta di un  Sistema  di  Gestione  della  Sicurezza  per  la Prevenzione  degli  Incidenti  Rilevanti  (SGS  PIR),  che deve  essere  attuato secondo quanto previsto nell’Allegato B della direttiva  stessa. 
Il sistema  è soggetto a ispezione periodica (oltre che in occasione di un incidente rilevante) da parte delle autorità preposte.

"Le attività a rischio di incidente rilevante, soggette alla normativa Seveso (D.Lgs 105/2015), richiedono per il controllo della sicurezza di processo, l’adozione di un SGS-PIR."

Tali sistemi possono essere realizzati, gestiti e verificati periodicamente in conformità alle norme (data notizia):

- UNI 10617:2012 Impianti a rischio di incidente rilevante - Sistemi di gestione della sicurezza - Requisiti essenziali
- UNI 10616:2012 Impianti a rischio di incidente rilevante - Sistemi di gestione della sicurezza - Linee guida per l’attuazione della UNI 10617
- UNI 10672:1997 “Impianti di processo a rischio di incidente rilevante - Procedure di garanzia della sicurezza nella progettazione”
- UNI/TS 11226:2007 “Impianti di processo a rischio di incidente rilevante - Sistemi di gestione della sicurezza - Procedure e requisiti per gli audit”

Inoltre 2017:

- UNI 11226-1:2017 "Linee guida per l'effettuazione degli audit" stabilisce i criteri generali per le attività di audit di sicurezza, in accordo con le UNI 10616 e UNI 10617.
- UNI 11226-2:2017 "Requisiti di conoscenza, abilità e competenza" stabilisce i requisiti di conoscenza, competenza e abilità delle figure professionali che effettuano l'audit di sicurezza dei sistemi di gestione della sicurezza per impianti a rischio incidente rilevante (SGS-PIR).

Il DM 9 Maggio 2007 (Direttive per l’attuazione dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio) introduce l’approccio ingegneristico antincendio (ovvero la Fire Safety Engineering - FSE), essendo di tipo prestazionale, consente di superare i limiti dell’approccio antincendio di tipo qualitativo del DM 10 marzo 1998, in particolare per quanto riguarda la verifica di adeguatezza delle misure antincendio e la definizione delle misure compensative.

Un esempio di Norma che introduce la "Gestione della sicurezza antincendio" per attività non Seveso può essere il DM 27.7.2010 relativo alle Attività commerciali.

I criteri in base ai quali deve essere organizzata e gestita la sicurezza antincendio, sia in condizioni ordinarie che in caso di emergenza, sono quelli del D.M. 10 marzo 1998; per i centri commerciali deve prevedersi una gestione unitaria.
Ai fini del necessario coordinamento delle operazioni di emergenza, è stabilito che venga predisposto un apposito locale o punto di gestione delle emergenze, commisurato alla complessità dell’attività.

In particolare per le attività si superficie complessiva superiore a 20.000 m2 il centro di gestione delle emergenze deve essere ubicato in apposito locale presidiato da personale incaricato costituente compartimento antincendio, dotato di accesso diretto dall’esterno e di strumenti idonei per ricevere e trasmettere comunicazioni agli addetti al servizio antincendio, alle aree della struttura ed all’esterno. In esso devono essere installate le centrali di controllo e segnalazioni degli incendi.

DM 27.7.2010
....
Allegato
REGOLA TECNICA DI PREVENZIONE INCENDI PER LA PROGETTAZIONE, COSTRUZIONE ED ESERCIZIO DELLE ATTIVITÀ COMMERCIALI CON SUPERFICIE LORDA SUPERIORE A 400 MQ.
...
10. - ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO
L’organizzazione e la gestione della sicurezza deve rispondere ai criteri contenuti nel decreto del Ministero dell’interno 10 marzo 1998 (S.O.G.U. n. 81, del 7 aprile 1998) e per i centri commerciali deve essere di tipo unitaria. Ai fini del necessario coordinamento delle operazioni di emergenza, deve essere predisposto un apposito locale o punto di gestione delle emergenze commisurato alla complessità della attività commerciale.
Per gli impianti di protezione attiva contro l'incendio si applica il DM 20/12/2012 (vedi nota precedente).

Nell’attività commerciale devono essere collocate in vista le planimetrie semplificate dei locali, recanti la disposizione delle indicazioni delle vie di esodo e dei mezzi antincendio.
Presso il locale o il punto di gestione delle emergenze, presidiato durante l’orario di attività, devono far capo le segnalazioni di allarme e deve essere disponibile il piano di emergenza ed una planimetria generale, per le squadre di soccorso, riportante la ubicazione: 

- delle vie di uscita (corridoi, scale, uscite);
- dei mezzi e degli impianti di estinzione;
- dei dispositivi di arresto dell'impianto di ventilazione;
-dei dispositivi di arresto degli impianti elettrici e dell'impianto di distribuzione di gas combustibile;
- dei vari ambienti di pertinenza con indicazione delle relative destinazioni d'uso.
Per le attività di superficie complessiva superiore a 20.000 mq il centro di gestione delle emergenze deve avere i seguenti requisiti:
- ubicato in apposito locale costituente compartimento antincendio dotato di accesso diretto dall’esterno e di strumenti idonei per ricevere e trasmettere comunicazioni agli addetti al servizio antincendio, alle aree della struttura ed all’esterno.
In esso devono essere installate le centrali di controllo e segnalazione degli incendi nonché quanto altro ritenuto necessario alla gestione delle emergenze;
- essere accessibile al personale responsabile della gestione dell’emergenza ed ai Vigili del Fuoco, ed essere presidiato da personale incaricato.

7. Fire Safety Engineering - FSE

L’approccio ingegneristico antincendio (ovvero la Fire Safety Engineering - FSE), essendo di tipo prestazionale, consente di superare i limiti dell’approccio antincendio di tipo qualitativo del DM 10 marzo 1998, in particolare per quanto riguarda la verifica di adeguatezza delle misure antincendio e la definizione delle misure compensative.

La metodologia prestazionale, basandosi sull'individuazione delle misure di protezione effettuata mediante scenari di incendio valutati “ad hoc”, richiede, affinché non ci sia una riduzione del livello di sicurezza prescelto, un attento mantenimento nel tempo di tutti i parametri posti alla base della scelta sia degli scenari che dei progetti. Conseguentemente è necessario che venga posto in atto un sistema di gestione della sicurezza antincendio definito attraverso uno specifico documento presentato all'organo di controllo fin dalla fase di approvazione del progetto e da sottoporre a verifiche periodiche.

Con Decreto 3 agosto 2015 cioè il nuovo Codice di prevenzione, è definita una apposita sezione M per Favorire l’utilizzo dei metodi dell’ingegneria antincendio. La Sezione M tratta dell’Ingegneria della sicurezza antincendio, definita (ISO/TR 13387): Applicazione di principi ingegneristici, regole e giudizi esperti basati sulla valutazione scientifica del fenomeno della combustione, degli effetti dell'incendio e del comportamento umano, finalizzati alla tutela della vita umana, protezione beni e ambiente, alla quantificazione dei rischi d’incendio e relativi effetti e alla valutazione analitica delle misure antincendio ottimali, necessarie a limitare, entro livelli prestabiliti, le conseguenze dell'incendio. Nel 1999 l'ISO ha pubblicato il TR (Technical Report) 13387 "Fire Safety Engineering" diviso in otto parti successivamente aggiornate alla versione 2008 successivamente cancellate.

Norme di riferimento

Le principali "norme di riferimento generali" sull'argomento sono, ad oggi, le seguenti:

- ISO 23932:2009 FSE - General principles.
- BS 7974:2001 Application of FSE principles to the design of buildings - Code of practice.
- BS PD 7974-0:2002 Application of FSE principles to the design of buildings - Part 0: Guide to design framework and FSE procedures.
- SFPE Engineering Guide to Performance-Based Fire Protection, 2 nd ed., 2007.

Le principali "norme di riferimento specifiche" sull'argomento sono, ad oggi, le seguenti:

7.1. Identificazione degli scenari d'incendio:
- ISO 16732-1 “Fire safety engineering - Fire risk assessment” Descrive l'applicazione alla valutazione del rischio di incendio delle metodologie proprie dell’analisi di rischio, come l'albero dei guasti e l'albero degli eventi.
- NFPA 551 “Guide for the evaluation of fire risk assessment”.
...

Certifico Srl - IT Rev. 00 2017

Articoli correlati:

Decreto 3 agosto 2015: Pubblicato il Testo Unico di Prevenzione Incendi (RTO)

Decreto Presidente della Repubblica 1° agosto 2011 , n. 151

D.M. 10 marzo 1998

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato 00. SGSA e FSE Sviluppo Sistemi.pdf
Certifico Srl - Rev. 0.0 2017
681 kB 359

Évaluation des risques chimiques INRS

ID 4932 | | Visite: 4908 | Documenti Sicurezza Enti

Évaluation des risques chimiques INRS

L’évaluation des risques constitue le préalable de toute démarche de prévention des risques chimiques.

Bien menée, elle doit permettre de construire un plan d'actions de prévention. Pour être efficace, il faut la renouveler régulièrement et, notamment, à chaque modification importante des processus de travail. Les résultats sont à joindre au document unique. Elle se déroule en 4 étapes :

  • repérer les produits et répertorier leurs dangers dans un inventaire
  • analyser leur mise en œuvre pour évaluer les conditions d’exposition
  • hiérarchiser les risques par priorités d’action
  • élaborer un plan d’action 

De nombreux outils et sources d’information sont disponibles pour mener à bien l’évaluation des risques chimiques. Pour une aide méthodologique, il est possible de s’adresser à des spécialistes de la prévention (lien vers démarches prévention/recours/ spécialistes de la prévention) dans chaque région (réseau régional de l’Assurance maladie risques professionnel CARSAT, structures de conseil extérieures…).

L'INRS et ses partenaires ont développé le logiciel Seirich (Système d’évaluation et d’information sur les risques chimiques en milieu professionnel). Il permet aux entreprises de s’informer et d’évaluer leurs risques chimiques. C’est un outil modulaire, développé pour tous quelles que soient leurs connaissances sur les risques chimiques ou la taille de l’entreprise.

PRINCIPALES MÉTHODES OU OUTILS D’ÉVALUATION DU RISQUE CHIMIQUE

Nom de l’outil

Producteur

Commentaires

Méthodologie d’évaluation simplifiée du risque chimique

INRS

Méthode complète, assez technique (pour ceux qui connaissent bien la chimie) et destinée aux entreprises qui utilisent beaucoup de produits.

Évaluation du risque chimique (R 409)

CNAMTS

Recommandation adoptée par le Comité technique national de la chimie, du caoutchouc et de la plasturgie (CTNE). Proche de la ND 2233.

SEIRICH

INRS

Application informatique aidant à réaliser d’un inventaire des produits et des procédés émissifs et à les classer par niveau de risque, donnant des conseils techniques et réglementaires et permettant de suivre les actions de prévention.
Destinée à remplacer à terme l’outil Clarice.
Conçue pour être utilisée aussi bien par un utilisateur néophyte que par un expert du domaine de l’évaluation des risques chimiques.

E-prevention BTP

OPPBTP

Logiciel de prévention en ligne du risque chimique dédié aux entreprises du BTP


Des outils commerciaux d'aide à l'évaluation des risques chimiques existent également.

INRS 2017

Cassazione civile, Sez. Lavoro, 06 novembre 2017, n. 26261

ID 4928 | | Visite: 3238 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Civile Sent. Sez. Lavoro n. 26261 del 06/11/2017

Infortunio sul lavoro: Risarcimento del danno da parte del datore di lavoro in mancanza di copertura INAIL

 Estratto:

Fatti di causa:

Con sentenza del 27 aprile 2011, la Corte d'Appello di Lecce, in riforma della decisione del Tribunale di Lecce, accoglieva la domanda proposta da Anna Monti nei confronti di Poste Italiane S.p.A, volta a conseguire, previo accertamento della responsabilità di quest'ultima per la mancata copertura assicurativa del rischio professionale ed il mancato

approntamento di misure di prevenzione del medesimo ex art. 2087 c.c., la condanna della Società al risarcimento del danno patito in conseguenza dell'infortunio occorsole in data 21.12.1999, allorchè, nell'espletamento delle proprie mansioni di addetta al recapito della corrispondenza, trovandosi a bordo di un ciclomotore, scivolava sull'asfalto viscido per la pioggia riportando fratture ai corpi vertebrali.

La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto sussistente l'obbligo assicurativo della Società a fronte dell'evento, non posto in discussione nel suo essere causa delle lesioni riscontrate a carico della lavoratrice e nei suoi esiti invalidanti, in conseguenza della declaratoria giudiziale della sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato già a far data dall'1.1.1999 e dovuto il ristoro del pregiudizio conseguente alla mancata liquidazione da parte dell'INAIL del danno biologico qui quantificato con riferimento alle tabelle adottate dal Tribunale di Milano nel 2009.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l'impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, la Monti.

 

Ragioni della decisione:

Con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 52, 53, 67 d.P.R. 1124/1965 e 2697 c.c. in una con il vizio di motivazione, lamenta la non conformità a diritto e l'incongruità logica della pronunzia della Corte territoriale nella parte in cui nell'accogliere la domanda prescinde dalla prova dell'invio da parte della lavoratrice della certificazione medica, da ritenersi elemento costitutivo del diritto azionato e non tiene conto delle ragioni del diniego della prestazione da parte dell'INAIL, data dalla mancanza di valida Corte di Cassazione - copia non ufficiale documentazione, e non dall'inadempimento dell'obbligo assicurativo da parte della Società, comunque superabile in ragione del principio di automaticità delle prestazioni previdenziali.

Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 e 2059 c.c. nonché il vizio di motivazione, la Società ricorrente lamenta la non conformità a diritto e l'incongruità logica dell'accertamento relativo alla responsabilità della Società in ordine all'infortunio occorso per essere stata questa addebitata a prescindere dalla prova della colpevolezza e dal concreto riferimento alla violazione di una specifica norma di prevenzione.

Il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione dell'art. 25 del CCNL di settore del 1994 ed al vizio di motivazione, è inteso a denunciare l'erroneità del convincimento espresso in ordine alla sussistenza dell'obbligo assicurativo per difetto/alla data dei fatti/ dell'essenziale presupposto dell'essere in atto tra le parti un rapporto di lavoro subordinato.

La violazione e falsa applicazione degli artt. 414, 115 e 116 c.p.c. in relazione all'art. 2697 c.c. è prospettata nel quarto motivo in relazione alla statuizione della Corte territoriale intesa a riconoscere la sussistenza dell'invocato danno biologico in difetto di specifica allegazione e prova.

Va preliminarmente osservato come la pronunzia della Corte territoriale in ordine all'indennizzabilità del danno biologico derivato alla lavoratrice a seguito dell'infortunio occorsole è mirata a riconoscere alla lavoratrice medesima la somma che si sarebbe vista liquidare dall'INAIL in forza del disposto di cui alla I. n. 38/2000 ove la Società datrice non fosse risultata inadempiente all'obbligo assicurativo che le incombeva in ragione dell'intervenuto riconoscimento giudiziale della natura subordinata del rapporto all'epoca in essere tra le parti.

Tale essendo il senso della decisione resa dalla Corte territoriale rilievo essenziale assume nel quadro dell'impugnazione proposta dalla Società ricorrente il terzo motivo che, tuttavia, risulta infondato dal momento Corte di Cassazione - copia non ufficiale che, nell'insistere sulla natura autonoma del rapporto all'epoca intercorrente tra le parti, non confuta l'argomentazione dalla quale la Corte territoriale fa discendere l'accertamento della natura subordinata dell'originario rapporto ovvero quella per la quale l'iniziale pronunzia in tal senso resa dal Tribunale di Lecce con la sentenza, acquisita agli atti del giudizio, n. 7303/2003, confermata in sede di appello ma poi cassata da questa Corte, era risultata confermata in sede di rinvio dalla Corte d'Appello di Bari con la decisione n. 340 del 20.1.2009.

Ciò posto si rivelano infondati il primo ed il secondo motivo intesi a censurare la pronunzia resa dalla Corte territoriale sotto il profilo, da un lato, dell'irrilevanza della mancata costituzione del rapporto assicurativo, del resto non supportata dalla trascrizione o allegazione della documentazione invocata (comunicazione INAIL del 29.2.2000), dall'altro, del mancato accertamento della responsabilità dell'evento a carico della Società datrice, da ritenersi per quanto detto irrilevante.

Di contro inammissibile si rivela il quarto motivo atteso che la censura ivi recata in ordine al difetto di allegazione e prova del lamentato danno biologico non reca confutazione alcuna del rilievo espresso in motivazione dalla Corte territoriale per il quale, alla luce dell'impostazione delle difese in primo grado non sarebbe in discussione l'ascrivibilità del danno all'integrità fisica lamentato dalla lavoratrice alla caduta dal motoveicolo durante l'espletamento del servizio di recapito postale.
Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Sentenza n. 26261 del 06.11.2017.pdf
Risarcimento del danno
211 kB 8

Linee di indirizzo attività di formazione tecniche di primo soccorso

ID 4910 | | Visite: 7078 | Documenti Sicurezza Enti

Linee di indirizzo per la realizzazione delle attività di formazione sulle tecniche di primo soccorso

(art. 1, comma 10, L.107/2015)

A cura di MIUR- Ministero della salute - 2017

Il documento offre indicazioni generali per assicurare che le modalità di realizzazione delle attività di formazione sulle tecniche di primo soccorso, previste dall'art. 1, comma 10, della legge n. 107 del 13 luglio 2015, siano quanto più possibile uniformi su tutto il territorio nazionale.

Art. 1, comma 10, L.107/2015

"Nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado sono realizzate, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, iniziative di formazione rivolte agli studenti, per promuovere la conoscenza delle tecniche di primo soccorso, nel rispetto dell’autonomia scolastica, anche in collaborazione con il servizio di emergenza territoriale «118» del Servizio sanitario nazionale e con il contributo delle realtà del territorio."

La formazione sulle tecniche di primo soccorso assume, oltre alla connotazione di significativo arricchimento culturale dei giovani, un fattore determinante per una drastica riduzione della mortalità evitabile nel nostro Paese, grazie al fatto che i cittadini del futuro conosceranno e sapranno mettere in opera le procedure immediatamente necessarie per fare fronte alle situazioni di emergenza sanitaria.

Il presente documento intende fornire indicazioni generali per assicurare che le modalità di realizzazione delle attività di formazione sulle tecniche di primo soccorso, previste dall’art. 1, comma 10, della legge n. 107 del 13 luglio 2015, siano quanto più possibile uniformi su tutto il territorio nazionale.

Il testo è stato predisposto da un gruppo di lavoro congiunto tra il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e il Ministero della salute, istituito presso la Direzione generale per lo studente, l’integrazione e la partecipazione, composto da professionalità amministrative, educative e sanitarie dei ruoli dei due Ministeri e da rappresentanti regionali dei Servizi di Emergenza Territoriale 118 (SET 118) ed esperti del settore sanitario e scolastico.

Sono state consultate le società scientifiche medico/infermieristiche e le associazioni di volontariato maggiormente rappresentative a livello nazionale, che operano nell’ambito dell’emergenza-urgenza sanitaria.

Il percorso proposto è stato delineato nella convinzione che ogni azione educativa orientata alla promozione della salute si debba fondare su dati sanitari e sulle conoscenze scientifiche più attuali e documentate per poter innestare, su questa base conoscitiva, le opportune metodologie didattiche.

In questo senso il rapporto tra la scuola e le istituzioni socio sanitarie, centrali e territoriali, si configura come un’indispensabile interazione mirata a integrare le specifiche competenze.

Spetta alle istituzioni sanitarie ogni valutazione e successiva indicazione delle priorità relative alla salute, mentre alla scuola è riservato il compito di individuare e applicare le metodologie e gli strumenti didattici più adeguati per garantire la massima efficacia dell’azione educativa.

Attraverso l’educazione alle tecniche di primo soccorso è possibile contribuire in modo rilevante a far crescere nelle giovani generazioni la consapevolezza del quotidiano esser parte di una comunità, dei diritti e doveri del cittadino, permettendo così agli studenti di partecipare in maniera più consapevole e positiva alla costruzione e al miglioramento di una società più solidale.

La formazione sulle tecniche di primo soccorso assume, oltre alla connotazione di significativo arricchimento culturale dei giovani, un fattore determinante per una drastica riduzione della mortalità evitabile nel nostro Paese, grazie al fatto che i cittadini del futuro conosceranno e sapranno mettere in opera le procedure immediatamente necessarie per fare fronte alle situazioni di emergenza sanitaria, in raccordo con le attività di soccorso svolte dal SET 118, determinando un significativo ed esponenziale incremento dell’efficacia delle stesse.

Dal 1992, quando fu istituito il Sistema di emergenza sanitaria e il numero unico nazionale 118,sono state realizzate iniziative di formazione alle tecniche di primo soccorso nella scuola in maniera spontanea e volontaristica.

Il dettato normativo della legge n. 107 del 2015 consente ora di strutturare tale insegnamento, in modo uniforme, in tutte le scuole del territorio nazionale. È quindi essenziale assicurare la massima qualità della formazione dei discenti, risultante dalla traduzione in ambito didattico delle metodologie di soccorso messe in atto quotidianamente dai soggetti che ne hanno la responsabilità professionale.

La formazione dei docenti e del personale ATA

L’art.1, comma 10, della legge n.107 non prevede esplicitamente la realizzazione di attività formative rivolte ai docenti ed al personale ATA.

Tuttavia, sembra particolarmente importante che gli operatori scolastici abbiano l’opportunità di poter acquisire/perfezionare le conoscenze delle tematiche inerenti il primo soccorso e le loro applicazioni pratiche. Ciò al fine primario di incrementare il livello di sicurezza globale presso le scuole, garantendo innanzi tutto la possibilità di erogare, laddove necessario, interventi di soccorso potenzialmente salvavita nel contesto di eventi improvvisi insorti durante l’attività scolastica, quindi favorendo l’apprendimento di conoscenze teoriche e di abilità pratiche in tema di primo soccorso (in linea, peraltro, con quanto previsto dalle disposizioni vigenti sulle sicurezza nei luoghi di lavoro D. Lgs 626/1994, DM 388/2003 e D.Lgs 81/2008) e per consentire agli insegnanti di poter collaborare maggiormente con i soggetti erogatori della formazione nella progettazione delle attività da destinare agli alunni.

È quindi auspicabile un interessamento attivo dei docenti, i quali, coinvolti con le proprie classi nel training con il personale sanitario, avranno la possibilità di formarsi essi stessi sull’argomento, anche in previsione di un loro eventuale coinvolgimento diretto nell’azione formativa.

Tale contesto formativo, come già rammentato, è in special modo significativo per i docenti di scienze motorie e sportive negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, in quanto i fondamenti del primo soccorso sono compresi nei contenuti disciplinari.

_____________

Premessa

CAPITOLO I: Nozioni introduttive
1.1 Il significato di primo soccorso e delle manovre salvavita
1.2 Il primo soccorso nella legge “la buona scuola”
1.3 Esperienze europee e internazionali

CAPITOLO II: Contenuti della formazione e organizzazione dell’attività didattica
2.1 Le quattro competenze fondamentali di primo soccorso
2.1.1 Razionale scientifico del massaggio cardiaco
2.1.2 Razionale scientifico della defibrillazione precoce
2.1.3 Razionale scientifico delle manovre di disostruzione delle vie aeree da corpo estraneo
2.1.4 Razionale scientifico delle manovre di emergenza nel trauma
2.2 I soggetti destinatari della formazione
2.2.1. Scuola dell’infanzia
2.2.2 Scuola primaria
2.2.3 Scuola secondaria di primo grado
2.2.4 Scuola secondaria di secondo grado
2.2.5 Studenti con bisogni educativi speciali
2.3 L’organizzazione dell’attività didattica
2.4 I supporti per la formazione
2.5 I soggetti erogatori della formazione
2.6 La formazione dei docenti e del personale ATA

CAPITOLO III: I ruoli degli operatori: indicazioni operative
3.1 Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e il Ministero della Salute (MIUR – MS).
3.2 Gli Uffici Scolastici Regionali (USR) e le Regioni con i Servizi di Emergenza Territoriale 118 (SET-118),
3.3 La rete dei referenti provinciali del MIUR e dei SET-118 territorialmente competenti.
3.4 Le società scientifiche
3.5 Le Associazioni di volontariato
3.6 La formazione a cura dei docenti
3.7 Il sistema di monitoraggio e valutazione

ALLEGATI
A. Esperienze europee e internazionali in tema di formazione di primo soccorso in ambito scolastico.
B. Obiettivi formativi per la scuola primaria e secondaria.
C. Obiettivi formativi articolati per livello di competenza e grado scolastico

Fonte: Ministero della Salute

Valutazione agenti chimici - articoli TUS

ID 4899 | | Visite: 10617 | Documenti Riservati Sicurezza

Valutazione agenti chimici - articoli TUS

Di seguito gli articoli di riferimento del D.Lgs 81/08 s.m.i., Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro, riguardo la valutazione del rischio chimico:

TITOLO IX - Sostanze pericolose

CAPO I - Protezione da agenti chimici

Articolo 223 - Valutazione dei rischi

1. Nella valutazione di cui all’articolo 28, il datore di lavoro determina preliminarmente l’eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo in considerazione in particolare:

a) le loro proprietà pericolose;

b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal fornitore tramite la relativa scheda di sicurezza predisposta ai sensi del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio;

c) il livello, il modo e la durata della esposizione;

d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti tenuto conto della quantità delle sostanze e delle miscele che li contengono o li possono generare;

e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici; di cui un primo elenco è riportato negli allegati ALLEGATO XXXVIII e ALLEGATO XXXIX;

f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare;

g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria già intraprese.

2. Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro indica quali misure sono state adottate ai sensi dell’articolo 224 e, ove applicabile, dell’articolo 225. Nella valutazione medesima devono essere incluse le attività, ivi compresa la manutenzione e la pulizia, per le quali è prevedibile la possibilità di notevole esposizione o che, per altri motivi, possono provocare effetti nocivi per la salute e la sicurezza, anche dopo l’adozione di tutte le misure tecniche.

3. Nel caso di attività lavorative che comportano l’esposizione a più agenti chimici pericolosi, i rischi sono valutati in base al rischio che comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.

4. Fermo restando quanto previsto dai regolamenti (CE) n. 1907/2006 e n. 1272/2008, il fornitore di agenti chimici pericolosi è tenuto a fornire al datore di lavoro acquirente tutte le ulteriori informazioni necessarie per la completa valutazione del rischio.

5. La valutazione del rischio può includere la giustificazione che la natura e l’entità dei rischi connessi con gli agenti chimici pericolosi rendono non necessaria un’ulteriore valutazione maggiormente dettagliata dei rischi.

6. Nel caso di un’attività nuova che comporti la presenza di agenti chimici pericolosi, la valutazione dei rischi che essa presenta e l’attuazione delle misure di prevenzione sono predisposte preventivamente. Tale attività comincia solo dopo che si sia proceduto alla valutazione dei rischi che essa presenta e all'attuazione delle misure di prevenzione.

7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione e, comunque, in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessità.

Articolo 224 - Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 15, i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti al minimo mediante le seguenti misure:

a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro;
b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;
c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti;
d) riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione;
e) misure igieniche adeguate;
f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;
g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.

2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230.

Articolo 225 - Misure specifiche di protezione e di prevenzione

1. Il datore di lavoro, sulla base dell’attività e della valutazione dei rischi di cui all’articolo 223, provvede affinché il rischio sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura dell’attività lo consenta, con altri agenti o processi che, nelle condizioni di uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori. Quando la natura dell’attività non consente di eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore di lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante l’applicazione delle seguenti misure da adottarsi nel seguente ordine di priorità:

a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, nonché uso di attrezzature e materiali adeguati;
b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio;
c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi l’esposizione;
d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli articoli 229 e 230.

2. Salvo che possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono influire sull’esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute, con metodiche standardizzate di cui è riportato un elenco meramente indicativo nell’ALLEGATO XLI o in loro assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell’esposizione in termini spazio temporali.

3. Quando sia stato superato un valore limite di esposizione professionale stabilito dalla normativa vigente il datore di lavoro identifica e rimuove le cause che hanno cagionato tale superamento dell’evento, adottando immediatamente le misure appropriate di prevenzione e protezione. 

4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2 sono allegati ai documenti di valutazione dei rischi e resi noti ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle misurazioni effettuate ai sensi del comma 2 per l’adempimento degli obblighi conseguenti alla valutazione dei rischi di cui all’articolo 223. Sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di prevenzione e protezione, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura delle operazioni, compresi l’immagazzinamento, la manipolazione e l’isolamento di agenti chimici incompatibili fra di loro; in particolare, il datore di lavoro previene sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili.

5. Laddove la natura dell’attività lavorativa non consenta di prevenire sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili, il datore di lavoro deve in particolare:

a) evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero dar luogo a incendi ed esplosioni, o l’esistenza di condizioni avverse che potrebbero provocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili;

b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzative previste dalla normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla salute e la sicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di esplosione dovuti all’accensione di sostanze infiammabili, o gli effetti dannosi derivanti da sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili.

6. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di lavoro ed adotta sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi alle disposizioni legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per quanto riguarda l’uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente esplosive.

7. Il datore di lavoro adotta misure per assicurare un sufficiente controllo degli impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo a disposizione sistemi e dispositivi finalizzati alla limitazione del rischio di esplosione o dispositivi per limitare la pressione delle esplosioni.

8. Il datore di lavoro informa i lavoratori del superamento dei valori limite di esposizione professionale, delle cause dell’evento e delle misure di prevenzione e protezione adottate e ne dà comunicazione, senza indugio, all’organo di vigilanza. Tale comunicazione può essere effettuata in via telematica, anche per mezzo degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.

Articolo 226 - Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze

1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 43 e 44, nonché quelle previste dal decreto del Ministro dell’interno in data 10 marzo 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, il datore di lavoro, al fine di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o di emergenze derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro, predispone procedure di intervento adeguate da attuarsi al verificarsi di tali eventi. Tale misure comprendono esercitazioni di sicurezza da effettuarsi a intervalli connessi alla tipologia di lavorazione e la messa a disposizione di appropriati mezzi di pronto soccorso.

2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoro adotta immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare, di assistenza, di evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il datore di lavoro adotta inoltre misure adeguate per porre rimedio alla situazione quanto prima.

3. Ai lavoratori cui è consentito operare nell’area colpita o ai lavoratori indispensabili all’effettuazione delle riparazioni e delle attività necessarie, sono forniti indumenti protettivi, dispositivi di protezione individuale ed idonee attrezzature di intervento che devono essere utilizzate sino a quando persiste la situazione anomala.

4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per approntare sistemi d’allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per segnalare tempestivamente l’incidente o l’emergenza.

5. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano previsto dal decreto di cui al comma 1. In particolare nel piano vanno inserite:

a) informazioni preliminari sulle attività pericolose, sugli agenti chimici pericolosi, sulle misure per l’identificazione dei rischi, sulle precauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi competenti per le situazioni di emergenza possano mettere a punto le proprie procedure e misure precauzionali;
b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi specifici derivanti o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o situazioni di emergenza, comprese le informazioni sulle procedure elaborate in base al presente articolo.

6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non protetti devono immediatamente abbandonare la zona interessata.

Articolo 229 - Sorveglianza sanitaria

1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 224, comma 2, sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 i lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai criteri per la classificazione di cui al Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, e successive modificazioni ed integrazioni, come tossici acuti, corrosivi, irritanti, sensibilizzanti, tossici per il ciclo riproduttivo o con effetti sull'allattamento, tossici specifici per organo bersaglio, tossici in caso di aspirazione, cancerogeni e mutageni di categoria 2.

2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:

a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta l’esposizione;
b) periodicamente, di norma una volta l’anno o con periodicità diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza sanitaria;
c) all’atto della cessazione del rapporto di lavoro. In tale occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare.

3. Il monitoraggio biologico è obbligatorio per i lavoratori esposti agli agenti per i quali è stato fissato un valore limite biologico. Dei risultati di tale monitoraggio viene informato il lavoratore interessato. I risultati di tale monitoraggio, in forma anonima, vengono allegati al documento di valutazione dei rischi e comunicati ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori.

4. Gli accertamenti sanitari devono essere a basso rischio per il lavoratore.

5. Il datore di lavoro, su parere conforme del medico competente, adotta misure preventive e protettive particolari per i singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati. Le misure possono comprendere l’allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 42.

6. Nel caso in cui all’atto della sorveglianza sanitaria si evidenzi, in un lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in maniera analoga ad uno stesso agente, l’esistenza di effetti pregiudizievoli per la salute imputabili a tale esposizione o il superamento di un valore limite biologico, il medico competente informa individualmente i lavoratori interessati ed il datore di lavoro.

7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro deve:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi effettuata a norma dell’articolo 223;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell’attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio;
d) prendere le misure affinché sia effettuata una visita medica straordinaria per tutti gli altri lavoratori che hanno subito un’esposizione simile.

8. L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria diversi rispetto a quelli definiti dal medico competente.

Articolo 230 - Cartelle sanitarie e di rischio

1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all’articolo 229 istituisce ed aggiorna la cartella sanitaria secondo quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lettera c), e fornisce al lavoratore interessato tutte le informazioni previste dalle lettere g) ed h) del comma 1 del medesimo articolo. Nella cartella di rischio sono, tra l’altro, indicati i livelli di esposizione professionale individuali forniti dal Servizio di prevenzione e protezione.

2. Su richiesta, è fornita agli organi di vigilanza copia dei documenti di cui al comma 1.

Correlati:

Cassazione Penale, Sez. 4, 31 ottobre 2017, n. 50019

ID 4874 | | Visite: 3373 | Cassazione Sicurezza lavoro

Infortunio con un tornio

Cassazione Penale, Sez. 4, 31 ottobre 2017, n. 50019 - Infortunio con un tornio. Subentro nella conduzione dell'azienda di famiglia e posizione di garanzia

"Il subentro di un soggetto nel ruolo di garante della sicurezza, a fronte di una situazione di rischio per i lavoratori riconducibile alla condotta attiva del predecessore, non può valere di per sé ad esonerare da responsabilità il nuovo garante per non aver assolto all'obbligo di fornire misure di prevenzione utili ed efficaci, e a vanificare il collegamento causale tra tale omissione e il fatto lesivo eventualmente derivatone."

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Cassazione Penale, Sez. 4, 31 ottobre 2017, n. 50019.pdf
Cassazione Penale, Sez. 4
199 kB 4

Attestazione Conformità macchine All. V D.Lgs 81/2008

ID 549 | | Visite: 52867 | Documenti Riservati Sicurezza



Attestazione Conformità macchine All. V D. Lgs. 81/2008

Adeguamento macchine non marcate CE

Attestazione di Conformità macchine ai sensi degli Art. 70, 71 del D.Lgs. 81/2008 di macchine non marcate CE, da redigere a seguito dell’individuazione delle misure di sicurezza e relativo adeguamento previste dal Documento di Valutazione dei Rischi di cui all’Art. 28 - Oggetto della valutazione dei rischi.

Art. 70 Requisiti di sicurezza
…omiss….
2. Le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 1, e quelle messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente all’emanazione di norme legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali di sicurezza di cui all’ALLEGATO V.

Art. 71 Obblighi del Datore di Lavoro
…omiss….
5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite all’articolo 1, comma 2, del Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, per migliorarne le condizioni di sicurezza in rapporto alle previsioni del comma 1, ovvero del comma 4, lettera a), numero 3) non configurano immissione sul mercato ai sensi dell’articolo 1,comma 3, secondo periodo, sempre che non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore.
_________

Il file zip contiene:
1. Attestazione di Conformità macchine All. V D.Lgs. 81/2008 [doc]
2. Requisiti All. V D.Lgs. 81/2008 [pdf]
3. Requisiti All. V D.Lgs 81/2008 importabili in CM4 PRO [cem]
4. Esempio importazione file cem [pdf]

Certifico Srl - IT 2016

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Attestazione Conformità macchine All. V D.LGs 81-2008 - 2016.zip
Certifico Srl. - Rev. 00 2016
3415 kB 848

Cassazione Civile, Sez. 3, 24 ottobre 2017, n. 25091

ID 4841 | | Visite: 2858 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Civile, Sez. 3, 24 ottobre 2017, n. 25091 - Folgorazione di un lavoratore in conseguenza della condotta di un collega. Il datore di lavoro risponde anche economicamente del danno causato dal dipendente

Con sentenza del 9/62014 la Corte d’Appello di Roma, rigettato il gravame principale proposto dalla società Ina Assitalia s.p.a., in accoglimento di quello in via incidentale interposto dalla società Enel Distribuzione s.p.a. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Roma n. 4665/08, ha condannato la prima al pagamento anche di interessi e rivalutazione monetaria sulle somme da quest’ultima corrisposte per le lesioni subite dal dipendente sig. F.O. all’esito del sinistro avvenuto il (omissis), allorquando rimase "folgorato, riportando gravi danni fisici, in conseguenza della condotta di un dipendente dell’Enel stesso, tale C. , che aveva riattivato anzitempo il circuito elettrico sul quale il F. stava ancora lavorando".

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Generali Italia s.p.a. (già Ina Assitalia s.p.a.) propone ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la società Enel Distribuzione s.p.a.

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Cassazione Civile, Sez. 3, 24 ottobre 2017, n. 25091.pdf
Cassazione civile, Sez. 3
210 kB 3

Linea guida manutenzione sistemi antincendio

ID 4815 | | Visite: 19232 | Documenti Sicurezza Enti

Linea guida manutenzione impianti antincendio

La manutenzione dei sistemi antincendio è regolamentata dalla legge italiana, che prevede che tutti i sistemi di sicurezza siano mantenuti efficienti nel tempo.

La manutenzione dei sistemi antincendio è regolamentata da normative tecniche nazionali, comunitarie o extra comunitarie. In generale le normative sono specifiche tecniche che definiscono le caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni comprese le prescrizioni applicabili al prodotto per quanto riguarda la denominazione di vendita, la terminologia, i simboli, le prove e i metodi di prova, l’imballaggio, la marcatura e l’etichettatura nonché le procedure di valutazione della conformità. Nello specifico una normativa tecnica è una specifica tecnica approvata da un organismo riconosciuto ad attività normativa, per un’applicazione ripetuta o continua, la cui osservanza oggi è richiesta in modo chiaro dalla legislazione italiana col DM 37 del 22.01.2008 e col Decreto 20 dicembre 2012.

Di seguito sono elencate le norme di legge, che specificatamente entrano nel merito di tale obbligatorietà.

Norme di legge di carattere generale

D.M. 10.03.1998 Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro – Art. 4 “Controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio”.

DM 37 del 22.01.2008 Regolamento concernente l’attuazione dell’articolo 11- quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attivita’ di installazione degli impianti all’interno degli edifici. Art. 5 “Obblighi connessi con l’esercizio dell’attività”.

DLgs 81 del 09.04.2008 – Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. – Allegato IV, Cap. 4 “Misure contro l’incendio e l’esplosione”, comma 4.1.3.

DPR 151 del 1 agosto 2011 – Regolamento recante semplificazione della disciplina dei pro-cedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell’articolo 49 comma 4-quater, decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122

DM 7 agosto 2012 – Disposizioni relative alle modalità di presentazione delle istanze concernenti i procedimenti di prevenzione incendi e alla documentazione da allegare, ai sensi dell’articolo 2, comma 7, del DPR 151/2011

Decreto 20 dicembre 2012 – Regola tecnica di prevenzione incendi per gli impianti di protezione attiva contro l’incendio installati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi

Decreto 3 Agosto 2015 ‘Approvazione di norma tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006 n. 139

Norme CEI

Principali norme di riferimento:

- CEI 31-35:2012 Costruzioni elettriche per atmosfere esplosive per la presenza di gas.  Guida all’applicazione della norma CEI EN 60079-10 (CEI 31-30). Classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di gas, vapori o nebbie infiammabili
- CEI 31-35/A:2012 Atmosfere esplosive Guida alla classifi cazione dei luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di gas in applicazione della Norma CEI EN 60079-10-1 (CEI 31-87): esempi di applicazione
- serie CEI 64-8 Impianti elettrici utilizzatori con potenza non superiore a 1000V in corrente alternata e a 1500V in corrente continua.
- CEI EN 60079-10-1:2010 Atmosfere esplosive - Classifi cazione dei luoghi. Atmosfere esplosive per la presenza di gas.
- CEI EN 60079-10-2:2010 Atmosfere esplosive - Classifi cazione dei luoghi - Atmosfere esplosive per la presenza di polveri combustibili.
- CEI EN 60079-14:2010 Atmosfere esplosive - Progettazione, scelta e installazione degli impianti elettrici.
- CEI EN 60079-17:2008 Atmosfere esplosive - Verifi ca e manutenzione degli impianti elettrici

NORME UNI - UNI EN - UNI CEN/TS - UNI CEN/TR

Principali norme di riferimento:

- serie UNI EN 54 Sistemi di rivelazione e di segnalazione d’incendio
- UNI EN 671-3:2009 Sistemi fissi di estinzione incendi - Sistemi equipaggiati con tubazioni - Parte 3: Manutenzione dei naspi antincendio con tubazioni semirigide e idranti a muro con tubazioni flessibili
- UNI 9795:2013 Sistemi fi ssi automatici di rivelazione e di segnalazione allarme d’incendio - Progettazione, installazione ed esercizio
- UNI 10779:2014 Impianti di estinzione incendi - Reti di idranti - Progettazione, installazione ed esercizio
- UNI 11292:2008 Locali destinati ad ospitare gruppi di pompaggio per impianti antincendio - Caratteristiche costruttive e funzionali
- UNI 11224:2011 Controllo iniziale e manutenzione dei sistemi di rivelazione incendi.
- UNI 11280:2012 Controllo iniziale e manutenzione dei sistemi di estinzione incendi ad estinguenti gassosi
- UNI/TS 11512:2013 Impianti fi ssi di estinzione antincendio – Componenti per impianti di estinzione a gas - Requisiti e metodi di prova per la compatibilità tra i componenti
- serie UNI EN 12094 Sistemi fissi di lotta contro l’incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas
- serie UNI EN 12259 Installazioni fisse antincendio - Componenti per sistemi a sprinkler e a spruzzo d’acqua
- UNI EN 12416-2:2007 Sistemi fissi di lotta contro l’incendio - Sistemi a polvere - Parte 2: Progettazione, costruzione e manutenzione
- UNI EN12845:2015 Installazioni fisse antincendio - Sistemi automatici a sprinkler Progettazione, installazione e manutenzione
- EC 1-2016 UNI EN 12845:2015 Errata corrige 1
- UNI EN 13565-2:2009 Sistemi fissi di lotta contro l’incendio - Sistemi a schiuma - Parte 2: Progettazione, costruzione e manutenzione
- UNI CEN/TS 14816:2009 Installazioni fisse antincendio - Sistemi spray ad acqua - Progettazione, installazione e manutenzione
- UNI CEN/TS14972:2011 Installazioni fisse antincendio - Sistemi ad acqua nebulizzata – Progettazione e installazione
- serie UNI EN 15004 Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi
- UNI ISO 15779:2012 Installazioni fisse antincendio - Sistemi estinguenti ad aerosol condensato - Requisiti e metodi di prova per componenti e progettazione, installazione e manutenzione dei sistemi - Requisiti generali

Norme NFPA

Principali norme di riferimento:

- NFPA 11:2010 Standard for Low, Medium, and High-Expansion Foam
- NFPA 12:2011 Standard on Carbon Dioxide Extinguishing Systems
- NFPA 13:2013 Standard for the Installation of Sprinkler Systems
- NFPA 14:2013 Standard for the Installation of Standpipes and Hose Systems
- NFPA 15:2012 Standard for Water Spray Fixed Systems for Fire Protection
- NFPA 16:2011 Standard for the Installation of Foam-Water Sprinkler and Foam-Water Spray Systems
- NFPA 17:2013 Standard for Dry Chemical Extinguishing Systems
- NFPA 20:2013 Standard for the Installation of Stationary Pumps for Fire Protection
- NFPA 22:2013 Standard for Water Tanks for Private Fire Protection
- NFPA 25:2014 Standard for the Inspection, Testing, and Maintenance of Water-Based Fire Protection Systems
- NFPA 72:2013 National Fire Alarm and Signaling Code
- NFPA 750:2010 Standard on Water Mist Fire Protection Systems
- NFPA 2001:2012 Standard on Clean Agent Fire Extinguishing Systems
- NFPA 2010:2010 Standard for Fixed Aerosol Fire-Extinguishing Systems

ANIMA 2016

Cassazione Penale, Sez. 4, 18 ottobre 2017, n. 48077

ID 4805 | | Visite: 2936 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Penale, Sez. 4, 18 ottobre 2017, n. 48077 - Crollo della parete di blocchi di cemento e infortunio mortale di un lavoratore. Mancanza di elementari presidi di sicurezza e responsabilità del datore di lavoro

Nella giurisprudenza di legittimità è costante il principio secondo cui, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, ha l'obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod. civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro (Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014 - dep. 2015, Ottino, Rv. 26320001).

Da questo punto di vista la struttura motivazionale della sentenza della Corte territoriale appare logica e corretta in diritto, addebitando al datore di lavoro le plurime omissioni prevenzionistiche accertate (realizzazione dell'opera in calcestruzzo senza progetto esecutivo, senza p.o.s., senza presidi di sicurezza per operare in quota, senza adeguata formazione del personale sui rischi specifici), certamente riconducibili al prevenuto quale datore di lavoro titolare della posizione di garanzia. Al riguardo la Corte territoriale ha acutamente osservato che il rimprovero nei confronti del prevenuto, nel caso di specie, è stato quello di aver consentito «che un suo dipendente operasse in condizioni di assoluta mancanza dei più elementari presidi in materia di sicurezza». E ciò non sulla base di una "teorica" responsabilità oggettiva di posizione ma sulla base di dati di fatto concretamente riscontrati nel processo, che hanno condotto ad un puntuale accertamento di responsabilità colposa del prevenuto.

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Cassazione Penale, Sez. 4, 18 ottobre 2017, n. 48077.pdf
Cassazione Penale, Sez. 4
192 kB 5

Procedura manutenzione LOTO (Lockout/Tagout): modello editabile con immagini

ID 1912 | | Visite: 62968 | Documenti Riservati Sicurezza

Procedura manutenzione LOTO (Lockout/Tagout): modello editabile con immagini

ID 1912 | 18.04.2017 / Modello doc editabile con immagini

Vedi articolo aggiornato "PROCEDURA LOTO LOCKOUT/TAGOUT DISCIPLINA | FORMAT PROCEDURA" Rev. 3.0 del 18.04.2021

QUANDO SI UTILIZZA IL LOCKOUT/ TAGOUT? 

Un sistema Lockout/Tagout è necessario ogni volta che si effettua un intervento di manutenzione in prossimità di una macchina che potrebbe causare lesioni dovute a:

- Avvio imprevisto dell'attrezzatura
- Rilascio di energia immagazzinata.

Due situazioni in cui può essere molto utile un lockout/tagout:

- Quando si rimuove o si evita l'uso di una protezione o altro dispositivo di sicurezza.
- Quando è necessario inserire una parte del corpo in un punto dove è possibile rimanere agganciati dalla macchina in movimento.

Alcune attività in cui è opportuno utilizzare il lockout/tagout:

- Riparazione di circuiti elettrici
- Pulizia o lubrificazione di macchine con parti in movimento
- Sblocco di meccanismi inceppati.

Ogni lavoratore utilizza un lockout, un tagout o entrambi ed ognuno è responsabile dell'uso del sistema scelto per la propria postazione di lavoro.

I sistemi lockout/tagout da soli non isolano l'energia dell'attrezzatura, devono essere usati solo quando la macchina è stata isolata dalle sorgenti di energia.

LOCKOUT

Con il termine LOCKOUT si indica un metodo con cui si impedisce a un'attrezzatura di mettersi in moto e costituire un pericolo per i lavoratori.

- Un interruttore di sicurezza, una valvola o un altro meccanismo di isolamento dell'energia viene messo nella posizione di sicurezza o su "off".
- Spesso si colloca un dispositivo sul meccanismo di isolamento dell'energia per mantenerlo nella posizione di sicurezza.

È a questo punto che i prodotti di Lockout/ Tagout  diventano essenziali:

- Viene applicato un blocco in modo tale che l'attrezzatura non possa essere avviata.

LOCKOUT

In un TAGOUT, il dispositivo di isolamento dell'energia viene messo nella posizione di sicurezza e si applica un avviso scritto.

Tutti i materiali per Lockout e Tagout vengono forniti dal datore di lavoro.

Ogni dispositivo deve essere:

- Durevole, per sopportare l'usura.
- Solido, in modo da non poter essere rimosso facilmente.
- In grado di identificare la persona che lo ha applicato.

Molte aziende danno la possibilità a ogni lavoratore autorizzato di applicare il lockout/ tagout un proprio blocco personale con il nome stampato sopra.

Allegato Modello esempio formato doc
Elaborato Certifico S.r.l. - 2015

Collegati

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Procedura LOTO Lockou-Tagout Rev. 1.0 2015.doc
Modello esempio editabile Rev. 1.0 2015
214 kB 814

Lettera Circolare Prot. n. 0007768 del 25.05.2011

ID 4775 | | Visite: 11048 | Prevenzione Incendi

Lettera Circolare Prot. n. 0007768 del 25.05.2011

OGGETTO: Attestazione di idoneità di impianti di gas per utenze civili in esercizio sprovvisti di dichiarazione di conformità prevista dal DM 22 gennaio 2008 n. 37.

Oggetto della presente circolare sono gli impianti per la distribuzione e l'utilizzazione: di gas realizzati prima del 27.3.2008, così come definiti all'articolo 2, comma I, lettera g) del DM 37/2008, sprovvisti di dichiarazione di conformità di cui all'art. 7 comma 6 del DM 37/08.

Per tali impianti il decreto prevede che la dichiarazione di conformità e non reperibile, possa essere sostituita da una dichiarazione di rispondenza resa con le modalità indicate al comma 6 dell'Art. 7.

Tenuto conto che il DM 37/08 non fornisce un preciso modello a cui attenersi per la redazione della «dichiarazione di rispondenza». a differenza di quanto fatto per la «dichiarazione di conformità tramite gli Allegati I e II, al fine di rendere uniforme su territorio nazionale la documentazione da acquisire ai fini del rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi è stato predisposto un modello "Dichiarazione di rispondenza" allegato alla presente, elaborato anche dopo uno studio con il Comitato Italiano Gas.

Tale modello verrà utilizzato in luogo del modello CERT.IMP 2008, di cui alla circolare P515/4101 sott. 72/E.6 del 24 aprile 2008, solo nel coso di impianti a gas a servizio di utenze ad uso civile.

Resta inteso che, nel caso in cui l'impianto dovesse essere compreso nell'elenco delle attività soggette ai controlli dei Vigili del fuoco, la dichiarazione dovrà essere sottoscritta da un professionista iscritto negli elenchi del Ministero dell'Interno di cui alla legge 818/84.

Si informa, infine, che i modelli saranno resi disponibili in formato editabile nell'apposita sezione dedicata alla modulistica presente nel portale www.vigilfuoco.it.

Collegati

Lettera Circolare Prot. n. 1212 del 23/03/2009

ID 4760 | | Visite: 7757 | Prevenzione Incendi

Lettera Circolare Prot. n. 1212 del 23/03/2009

Impianti elettrici temporanei. Obbligo di dichiarazione di conformità.

Il Decreto 22 gennaio 2008, n. 37 " Regolamento concernente l'attuazione dell'articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici. (pubblicato su Gazzetta Ufficiale n. 61 del 12 marzo 2008) all'articolo 10 comma 2 riporta testualmente:

" ... Sono esclusi dagli obblighi della relazione del progetto e dell'attestazione e il collaudo le installazioni per apparecchi per usi domestici e la fornitura provvisoria di energia elettrica per gli impianti di cantiere e similari. fermo restando l'obbligo del rilascio della dichiarazione di conformità ... "

Premesso quanto sopra, si ritiene che gli impianti temporanei realizzati ad esempio nelle attività soggette a vigilanza antincendio elencati nel Decreto Ministeriale n. 261 del 22 febbraio 1996 rientrino nella precedente fattispecie debbano pertanto essere muniti di dichiarazione di conformità resa ai sensi del D.M. 22 gennaio 2008 n. 37 (come modificato dal Decreto 19 maggio 2010).

VVF
Direzione Centrale per la Prevenzione e la Sicurezza Tecnica

Collegati

Ultimi archiviati Sicurezza

Le molestie e le vittime e contesto
Lug 02, 2024 80

Report ISTAT Le molestie e le vittime (2022-2023)

Report ISTAT Le molestie e le vittime e contesto - Anno 2022-2023 ID 22159 | 02.07.2024 / In allegato Nel 2022-2023 si stima che il 13,5% delle donne di 15-70 anni, che lavorano o hanno lavorato, abbia subito molestie sul lavoro a sfondo sessuale nel corso dell’intera vita (soprattutto le più… Leggi tutto
Giu 30, 2024 108

Decreto 18 giugno 2024

Decreto 18 giugno 2024 ID 22148 | 30.06.2024 Decreto 18 giugno 2024 Procedure per il rilascio dell'autorizzazione allo svolgimento dei corsi di addestramento per il personale marittimo. (GU n.151 del 29.06.2024) ... Art. 1. Finalità e ambito di applicazione 1. Il presente decreto disciplina i… Leggi tutto
Piano Triennale della Formazione INL
Giu 27, 2024 108

Piano Triennale della Formazione INL | 2024-2025-2026

Piano Triennale della Formazione INL | 2024-2025-2026 ID 22132 | 27.06.2024 / In allegato Il presente Piano Triennale della Formazione (PTF) 2024-2026 costituisce il principale strumento di pianificazione, programmazione e governo della formazione del personale nel quale vengono rappresentate le… Leggi tutto
Giu 26, 2024 140

Decreto n. 43 del 21 giugno 2024

Decreto n. 43 del 21 giugno 2024 / Componenti task force “Lavoro sommerso” ID 22125 | 26.06.2024 / In allegato Con Decreto n. 43 del 21 giugno 2024, il Direttore generale INL Paolo Pennesi ha provveduto alla nomina dei componenti della Task force "Lavoro sommerso", istituita con il D.M. 50/2024.… Leggi tutto

Più letti Sicurezza