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Nota VVF n. 4494 del 05.04.2019

ID 8884 | | Visite: 5632 | Prevenzione Incendi

D P R  n  151 2011 Serbatoi GPL uso agricolo

Nota VVF n. 4494 del 05.04.2019

VVF 24.07.2019

Assoggettabilità al D.P.R. n. 151/2011 per i serbatoi di GPL a servizio di imprenditori agricoli - Riscontro

La Legge 11 agosto 2014 n. 116 che ha convertito in legge il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 prevede alcuni interventi per il settore agricolo anche di natura antincendio: all'art. 1 bis di specifica: "Ai fini dell'applicazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, gli imprenditori agricoli che utilizzano depositi di prodotti petroliferi di capienza non superiore a 6 metri cubi, anche muniti di erogatore, ai sensi dell'articolo 14, commi 13-bis e 13- ter, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, non sono tenuti agli adempimenti previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151."

Tali disposizioni semplificative sono state recepite e correttamente applicate nei casi previste dalla norma in parola, ai contenitori-distributori mobili di gasolio (normalmente afferenti all'attività n. 13.1A) nonché dei depositi di olio di oliva (altrimenti ricompresi nel punto n. 12.1A) per effetto delle ulteriori modifiche apportate dalla Legge 28 luglio 2016, n. 154.

Da una attenta rilettura dell'art.14 comma 13 bis risultano parimenti esclusi dal campo di applicazione del D.P.R. n. 151/2011 tutti i depositi di prodotti petroliferi qualora a servizio di imprenditore agricolo come definito dall'art. 2135 del Codice Civile, e comunque nel limite volumetrico di mc 6 per ciascun deposito.

Ne consegue quindi necessariamente che anche i depositi di GPL a servizio di aziende agricole, ivi compresi gli allevamenti e le attività ricettive classificate come agriturismi, sono esclusi dagli obblighi amministrativi del D.P.R. n. 151/2011 in relazione all'attività 4.3A, qualora rientranti nei limiti volumetrici sopra richiamati.

Dal momento che tale semplificazione amministrativa non è di fatto utilizzata nella pratica, né la letteratura tecnica di prevenzione incendi sembra aver dato alcun risalto alla questione, prima di dare diffusione agli operatori del settore delle possibilità insite nella norma di cui in oggetto, si prega di voler far conoscere il parere di codesta Direzione Centrale anche per uniformità di indirizzo con gli altri Comandi territoriali.

Comandante Provinciale 

D.P.R. 151/2011 - Att. 4A/4B
Depositi di gas infiammabili in serbatoi fissi. Compressi, con capacità > 0,75 m3, disciolti o liquefatti con capacità > 0,3 m3.

Collegati

Schema DM 4° elenco agenti chimici lavoro All. XXXVIII DLgs 81/08

ID 8881 | | Visite: 8050 | Documenti Riservati Sicurezza

Schema DM 4 elenco agenti chimici lavoro

Schema DM 4° elenco agenti chimici lavoro All. XXXVIII  DLgs 81/08

Schema di Decreto dei Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Salute che aggiorna la tabella allegato XXXVIII al DLgs 81/2008 con i valori limite di esposizione ad agenti chimici.

Il documento che contiene i valori limite di esposizione ad agenti chimici per il recepimento della Direttiva 2017/164/UE comprende anche lettere di trasmissione, verbali della consultazione delle parti sociali del 17/7/2019, gli approfondimenti del Comitato Consultivo Valori Limite per il recepimento della Direttiva 2017/164/UE, le osservazioni di Confindustria, CNA, Confartigianato e Confcommercio.

______

Direttiva (UE) 2017/164 (XIV Direttiva particolare)

Direttiva (UE) 2017/164 della Commissione del 31 gennaio 2017 che definisce un quarto elenco di valori indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e che modifica le direttive 91/322/CEE, 2000/39/CE e 2009/161/UE della Commissione (XIV Direttiva particolare).

[...]

Articolo 7 

1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro 21 agosto 2018. 

Allegato

 

CE(1)

 

CAS(2)

 

NOME DELL'AGENTE CHIMICO

VALORI  LIMITE

 

 

Annotazione(3)

8ore(4)

Breve termine(5)

mg/m3(6)

ppm(7)

mg/m3(6)

ppm(7)

Manganese e composti inorganici del manganese
(espresso come manganese)

0,2(8)
0,05(9)

200-240-8

55-63-0

Trinitrato di glicerolo

0,095

0,01

0,19

0,02

cute

200-262-8

56-23-5

Tetracloruro di carbonio,tetracloro metano

6,4

1

32

5

cute

200-521-5

61-82-5

Amitrolo

0,2

200-580-7

64-19-7

Acido acetico

25

 10

50

 20

 200-821-6

 74-90-8

Cianuro di idrogeno
(espresso come cianuro)

1

0,9

 5

4,5

 cute

 200-838-9

 75-09-2

Cloruro di metilene diclorometano

 353,

 100

 706

 200

 cute

200-864-0

75-35-4

Cloruro di vinilidene,1,1-di­cloroetilene

 8

 2

 20

 5

 —

201-083-8

78-10-4

Ortosilicato ditetraetile

 44

5

 201-177-9

 79-10-7

Acido acrilico, acidoprop-2- enoico

29

10

59(10)

20(10)

201-188-9

79-24-3

Nitroetano

 62

 20

 312

 100

 cute

201-245-8

80-05-7

BisfenoloA,  4,4′-isopropili­dendifenolo

 2(8)

 —

 —

 —

 —

202-981-2

101-84-8

Difeniletere

7

1

14

2

203-234-3

104-76-7

2-etilesan-1-olo

5,4

1

203-400-5

106-46-7

1,4-diclorobenzene; p-diclorobenzene

12

2

60

10

cute

203-453-4

107-02-8

Acroleina, acrilaldeide; prop-2-enale

0,05

 0,02

0,12

0,05

 —

203-481-7

107-31-3

Formiato di metile

125

 50

250

100

cute


segue

(1) N. CE: Numero CE (Comunità europea) — identificatore numerico delle sostanze all'interno dell'Unione europea. 
(2) N. CAS: Chemical Abstract Service Registry Number (numero del registro del Chemical Abstract Service). 
(3) Un'annotazione che riporta il termine «cute» per un valore limite di esposizione professionale indica la possibilità di un assorbimento significativo attraverso la pelle.
(4) Misurato o calcolato in relazione a un periodo di riferimento di otto ore come media ponderata (TWA). 
(5) Livello di esposizione a breve termine (STEL). Valore limite oltre il quale non dovrebbe esservi esposizione e che si riferisce ad un periodo di 15 minuti, salvo diversa indicazione. 
(6) mg/m3: milligrammi per metro cubo d'aria. Per le sostanze chimiche in fase gassosa o di vapore il valore limite è espresso a 20 °C e 101,3 kPa. 
(7) ppm: parti per milione per volume di aria (ml/m3). 
(8) Frazione inalabile. 
(9) Frazione respirabile. 
(10) Valore limite di esposizione a breve termine in relazione a un periodo di riferimento di 1 minuto.

....

D.Lgs. 81/2008

Titolo IX SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I Protezione da agenti chimici

Art. 232. Adeguamenti normativi

1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici. Il Comitato è composto da nove membri esperti nazionali di chiara fama in materia tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, su proposta dell'Istituto superiore di sanità, dell'ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Il Comitato si avvale del supporto organizzativo e logistico della Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

2. Con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali, sono recepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatori predisposti dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori limite nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati XXXVIII, XXXIX, XL e XLI in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici pericolosi.

 ...

Fonte: CIIP

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Sezione Prevenzioni Incendi: ultimi Documenti

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Prevenzione Incendi ultimi

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Tabella Prevenzione Incendi e Regole Tecniche

TABELLA ELENCO ATTIVITÀ PREVENZIONE INCENDI & REGOLE TECNICHE | 6.0 2019

Nel Documento allegato scaricabile Abbonati e al link seguente, sono riportate tutte le attività soggette ai controlli di Prevenzione Incendi di cui al D.P.R. 151/2011 e la relativa Regola Tecnica/Quadro normativo** con link all'articolo. Con l'ed. 6.0 aggiunta colonna relativa obbligo Codice DM 3 agosto 2015 e indicazione della stesso Decreto nella colonna 7 (vedi note in calce)...Leggi tutto

 
05d86a47393db38e297abbb6c5bbcb43
L'Attività è la n. 43 del DPR 151/2011 (ex 54, 55, 56 del DM 16/02/82)...Leggi tutto

 
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2019 04 27 12 30 16 Tabella di lettura DM 3 agosto 2015   DPR 151 2011

DM 3 AGOSTO 2015 (CODICE DI PREVENZIONE INCENDI) D.P.R. 151/2011 (ATTIVITÀ SOGGETTE PI): TABELLA DI LETTURA

Tabella di lettura disponibile in allegato, di applicabilità del "DM 3 agosto 2015 (Codice di Prevenzione Incendi) e del D.P.R. 151/2011 (Attività soggette PI), ai sensi del Decreto 12 Aprile 2019 di "eliminazione del doppio binario"...Leggi tutto

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DECRETO 16 MAGGIO 1987 N. 246 | CONSOLIDATO 2019

Ed. 1.0 Febbraio 2019 - D.M. 16 maggio 1987 n. 246 Norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione (G.U. n. 148 del 27 giugno 1987)...Leggi tutto

Porte resistenti fuoco 2018

PORTE RESISTENTI AL FUOCO: QUADRO NORMATIVO 2018

La Rev. 1.0 del 27 Giugno aggiorna il Documento con:

- normativa sui requisiti di installazione D.Lgs. 81/2008 e  DM 10 Marzo 1998
- normativa per la dotazione di sistemi di apertura antipanico di cui alle: UNI EN 179 (maniglioni antipanico) e UNI EN 1125 (maniglie o piastre a spinta)...Leggi tutto

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SICUREZZA E PREVENZIONE INCENDI VIE E USCITE DI EMERGENZA

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...

Sezione Prevenzione Incendi

Direttiva 2013/59/Euratom: deferimento IT per mancato recepimento

ID 8845 | | Visite: 6373 | News Sicurezza

Direttiva 2013 59 Euratom   deferimento IT per mancato recepimento

Direttiva 2013/59/Euratom: deferimento IT per mancato recepimento

Notizia in aggiornamento

La Commissione deferisce l'Italia (unico stato dell'UE a non aver adottato alcuna norma di recepimento) alla Corte di giustizia UE per il mancato recepimento delle norme UE sulla radioprotezione.

Bruxelles, 25 luglio 2019

Oggi la Commissione ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell'UE a causa del mancato recepimento delle norme fondamentali di sicurezza rivedute in materia di protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti (direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio). La direttiva aggiorna e consolida la normativa europea in materia di radioprotezione, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza volte alla protezione dei lavoratori, degli individui e dei pazienti contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti; comprende, inoltre, le misure di preparazione e risposta alle emergenze, che sono state rafforzate a seguito dell'incidente nucleare di Fukushima. Nel dicembre 2013 gli Stati membri hanno convenuto di recepire la direttiva entro il 6 febbraio 2018 e di comunicare alla Commissione le misure e le disposizioni adottate nel diritto nazionale.

Nel maggio 2018 la Commissione ha deciso di avviare un procedimento UE di infrazione nei confronti dell'Italia inviando una lettera di costituzione in mora seguita da un parere motivato nel gennaio 2019. Alla data odierna, le autorità italiane non hanno adottato alcuna legge di recepimento della direttiva, o comunque non la hanno notificata alla Commissione. La Commissione ha pertanto deciso di deferire l'Italia alla Corte.

Costituzione in mora gennaio 2019

Norme fondamentali di sicurezza: la Commissione invita l'ITALIA a recepire la normativa dell'UE

Oggi la Commissione ha deciso di inviare un parere motivato all'Italia chiedendo il recepimento della nuova direttiva sulle norme fondamentali di sicurezza (direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio). Gli Stati membri erano tenuti a recepire la direttiva entro il 6 febbraio 2018. La nuova direttiva aggiorna e consolida la normativa europea in materia di radioprotezione. Essa stabilisce anche norme fondamentali di sicurezza volte alla protezione dei lavoratori, degli individui e dei pazienti contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti e contempla la preparazione all'emergenza e la risposta in caso di emergenza, che sono state rafforzate a seguito dell'incidente nucleare di Fukushima. Lo Stato membro dispone ora di due mesi per rispondere al parere motivato e comunicare le sue misure di recepimento, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di deferire il caso alla Corte di giustizia dell'UE.

Pareri motivati e lettere di costituzione in mora 

Contesto

Il trattato Euratom autorizza la Comunità a stabilire le norme fondamentali di sicurezza al fine di tutelare la salute dei lavoratori e dei cittadini dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti.

La prima direttiva Euratom sulle norme fondamentali di sicurezza è stata adottata nel 1959 e da allora viene aggiornata regolarmente. L'ultima revisione, effettuata nel dicembre 2013, ha tenuto conto del progresso scientifico e tecnologico registrato dagli anni '90 del secolo scorso e ha consolidato cinque atti giuridici precedenti in un unico atto legislativo.

Inoltre, la direttiva sulle norme fondamentali di sicurezza ha rafforzato i requisiti di preparazione e risposta alle emergenze radioattive e ha fornito ai cittadini istruzione, formazione e informazione nel campo della radioprotezione.

Una volta pienamente attuata, la direttiva sulle norme fondamentali di sicurezza fornirà il maggior grado di radioprotezione a lavoratori, pazienti e cittadini in tutta l'UE.

Fonte UE

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 33263 | 24 Luglio 2019

ID 8832 | | Visite: 2544 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Infortunio in una lavanderia con la macchina stiratrice. Responsabilità del costruttore e del progettista

Penale Sent. Sez. 4 Num. 33263 Anno 2019

Presidente: MONTAGNI ANDREA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO
Data Udienza: 18/07/2019

Ritenuto in fatto

1. La Corte di Appello di L'Aquila, pronunciando nei confronti degli odierni ricorrenti G.F. e DC.A., con sentenza del 12/7/2018 confermava la sentenza, appellata dagli imputati, emessa in data 20/10/2016 dal Tribunale di Chieti, con condanna alla rifusione in favore della parte civile delle spese del grado.
Il GM del Tribunale di Chieti, aveva condannato gli odierni ricorrenti alla pena di mesi uno di reclusione ciascuno, con pena sospesa e non menzione, oltre al risarcimento da liquidarsi in separata sede ed alle spese nei confronti della parte civile INAIL, per il reato previsto e punito dagli artt. 113, 590, e 1, 2 e 3, c.p. perché, in cooperazione tra loro e con M.E.C., giudicata separatamente, legale rappresentante della azienda "Lavanderia MEC", datore di lavoro, nelle rispettive qualità, il primo di legale rappresentante della ditta "Setri S.r.l., costruttrice della macchina stiratrice/piegatrice mod Phoenix 626 a vapore, ed il secondo di dipendente della "Setri S.r.l.", con mansioni di progettista del suddetto macchinario, per colpa, consistita in imperizia, imprudenza, negligenza e violazione della normativa antinfortunistica di cui agli artt. 70 Dlgs 81/08 e 23 Dlgs 81/08 ed in particolare (Il datore di lavoro, fornendo in dotazione alla lavoratrice un macchinario privo dei requisiti di sicurezza di cui ai punti 13.7 e 1.3 8 dell'Allegato i del D.P.R. n 459/1996 e gli altri) costruendo e progettando il detto macchinario privo dei suddetti requisiti in relazione alle distanze di sicurezza imposte per impedire il raggiungimento di zone pericolose con gli arti superiori, cagionavano lesioni dalle quali derivava un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a gg.f 40 con perdita della funzionalità dell'atto, alla dipendente M.M., alla quale, nell'effettuare un'operazione di estrazione di un capo di tessuto -tovaglia- dalla stiratrice, rimanevano impigliati la mano e l'avambraccio tra i rulli mobili del macchinario. In Chieti il 15/9/2011
2. Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per Cassazione, ciascuno a mezzo del proprio difensore di fiducia, G.F. e DC.A., deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.

• G.F. (Avv. Francesco C.)
Il ricorrente, dopo una lunga premessa in fatto con la quale descrive la vicenda e le risultanze delle dichiarazioni testimoniali, evidenziandone le ritenute incongruenze e contraddizioni, lamenta, con un primo motivo, violazione degli artt. 522 e 429, lett. c) cod. proc. pen. e violazione del diritto di difesa per genericità e imprecisione dell'imputazione.
Ci si duole che, nonostante l'infortunio che ha dato origine al processo sia stato determinato dallo schiacciamento dell'arto di M.M. nei rulli sottostanti il piano di lavorazione, come accertato dalle risultanze istruttorie, il capo di imputazione non faccia alcun riferimento specifico ai rulli né alla parte della macchina che determinava l'incidente. Il capo d'imputazione, infatti, farebbe un generico riferimento alle distanze di sicurezza per il raggiungimento di zone pericolose, senza parlare di necessità di pannelli per impedire l'accesso ai rulli come emerso in dibattimento.
Il difensore ricorrente evidenzia l'importanza di quanto lamentato, dal momento che l'imputato è il legale rappresentante della ditta che ha prodotto la macchina stiratrice. La genericità e inesattezza dell'imputazione avrebbe determinato l'impossibilità di comprendere l'esatta contestazione mossa all'imputato, trattandosi di una questione tecnica, con un evidente ripercussione negativa sul diritto di difesa.
Con un secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge in relazione agli artt. 220 disp. att. cod. proc. pen., 306 cod. proc. pen., 24 e 111 Cost.
Si pone in rilievo che l'incidente si è verificato il 15/9/2011, a distanza di ben dodici anni dalla vendita della macchina, avvenuta nel 1999 e che, dopo la vendita, non risulta essere stata effettuata alcuna manutenzione sulla macchina in questione.
Il lungo decorso del tempo avrebbe richiesto la necessità di un sopralluogo, immediatamente successivo all'incidente, per valutare se fossero state operate modifiche o manomissioni sulla macchina tali da privarla dei presidi di sicurezza, al quale avrebbe dovuto essere convocato anche il ricorrente, che avrebbe potuto produrre ogni elemento per valutare la condizione della macchina al momento della vendita e dell'installazione rispetto a quella del momento del fatto.
Invece il ricorrente si duole di non essere stato avvisato del sequestro e del sopralluogo compiuto dalla ASL, ed anzi di essere venuto a conoscenza dell'esistenza del procedimento penale solo dopo la conclusione delle indagini preliminari, con l'avviso ex art. 415bis cod. proc. pen.
Pertanto, il G.F. sarebbe stato privato delle garanzie difensive previste dal nostro ordinamento.
Con un terzo motivo di ricorso deduce violazione di legge in relazione agli artt. 360, 246 cod. proc. pen., 24 e 111 Cost.
Ancora una volta si lamenta che, a differenza di quanto ritenuto nella sentenza impugnata, l'imputato non sia stato posto nella condizione di difendersi, avendo avuto conoscenza del procedimento penale solo l'8/2/2013, con l'avviso di conclusione delle indagini, dopo il dissequestro della macchina, a seguito di richiesta di dissequestro, contenente la dichiarazione dell'avvenuta modifica della stessa mac-china. Pertanto, il ricorrente sarebbe stato nell'impossibilità di verificare le condizioni della macchina stiratrice al momento dell'incidente.
Con un quarto motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 192, 533 cod. proc. pen., in riferimento alle testimonianze rese da M.S., Gi.F. e dall'infortunata, nonché degli artt. 24 e 111 Cost. e vizio di motivazione per illogicità e travisamento della prova.
Ci si duole della valutazione sulla maggiore attendibilità della testimonianza resa dal M., in quanto resa per conto di un ente pubblico, rispetto a quella dei testi della difesa, solo perché legati all'imputato da un rapporto di lavoro risalente a dieci prima.
Si rileva che la valutazione dell'attendibilità va fatta nel merito e sui contenuti della testimonianza e non sulla qualità soggettiva dei dichiaranti. Inoltre, la sentenza impugnata avrebbe ritenuto illogicamente ininfluente anche la deposizione della parte lesa, che dichiarava che l'incidente era stato causato dai rulli, i quali, originariamente coperti da uno sportello posto a protezione, erano poi stati scoperti a seguito della rimozione di tale sportello, operata dal titolare della ditta.
Del tutto illogica e contraddittoria sarebbe stata la ritenuta credibilità e completezza della testimonianza del M., giunto sul posto alcune ore dopo l'incidente, e che non ha mai ascoltato il racconto dell'infortunata, ipotizzando così la dinamica dell'incidente senza mai aver nemmeno visto la macchina in funzione.
Con un quinto motivo di ricorso deduce vizio motivazionale e violazione di legge in relazione all'art. 597 cod. proc. pen. e all'obbligo del giudice del gravame di esaminare e decidere sulle richieste dell'appellante.
Si lamenta l'omessa motivazione sui motivi riguardanti: 1. i progetti della macchina, che prevedevano efficaci sistemi di protezione con pannelli che rendevano i rulli inaccessibili; 2. il controllo ispettivo effettuato in data 11/10/2010 che prescriveva interventi per rendere inaccessibili le parti in movimento della macchina; 3. la comprovata assenza di richieste di manutenzione da parte della lavanderia alla ditta costruttrice e all'uso improprio della macchina; 4. il grave stato di malfunzionamento della macchina una settimana prima dell'incidente e la mano-missione del carter di sicurezza per evitare l'inceppamento dei capi, come dichiarato dall'infortunata.
Si rileva che il comportamento della ditta MEC escluderebbe ogni responsabilità del ricorrente. Del resto, si evidenzia la stessa sentenza impugnata riferisce dell'avvenuto controllo ispettivo, avvenuto circa un anno prima dell'incidente.
Si riportano in ricorso le dichiarazioni dell'infortunata che darebbero conto di quanto sopra rilevato. 
Con un sesto motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione di legge in relazione alla direttiva del consiglio europeo n. 374/85 CE, recepita dagli artt. 118, 125 e 126 del codice del consumo.
Si richiamano le norme del codice del consumo relative al difetto imputabile al produttore ed alla prescrizione e decadenza del diritto al risarcimento del danno, evidenziando l'avvenuta prescrizione e decadenza del diritto al risarcimento essendo decorsi oltre dieci anni dalla vendita al momento dell'incidente.
Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con o senza rinvio.

• DC.A. (Avv. Nazario A.)
Il ricorrente deduce violazione degli artt. 41, co. 2, 590, co. 1,2 e 3 e 62 bis bis cod. pen. e vizio di motivazione.
Con un primo motivo, si duole che la corte di appello non avrebbe tenuto in alcuna considerazione le doglianze difensive rappresentate nell'atto di appello.
Sarebbe stata ritenuta la sussistenza di vizi di fabbricazione del macchinario tali da cagionare l'infortunio senza considerare l'improprio utilizzo del macchinario da parte della lavoratrice, su indicazione del datore di lavoro.
Vengono descritti i programmi di lavorazione della macchina e viene evidenziata la necessaria utilizzazione della stessa macchina da parte di quattro operai contemporaneamente, due addetti all'introduzione della biancheria sul lato anteriore e due alla raccolta della biancheria in uscita sul lato posteriore.
Nel caso di specie, invece, mediante una manomissione del macchinario da parte di R.V., che rimuoveva la barra di protezione per permettere la fuoriuscita dei capi dal davanti della macchina, le operazioni venivano svolte da sole due operatrici che inserivano le tovaglie e le raccoglievano manualmente dal davanti afferrandole mediante un pericoloso avvicinamento ai rulli di stiratura privi di protezione perché era stato disattivato anche il microswicth.
Sarebbe evidente, pertanto, l'ascrivibilità dell'incidente all'errato utilizzo della macchina che veniva sostanzialmente trasformata per operare con l'impiego di minor personale.
Sul punto nulla avrebbe detto la Corte distrettuale.
Con un secondo motivo si lamenta vizio di motivazione dell'impugnata sentenza nella parte in cui ritiene irrilevante l'eventuale mancanza di un'attività di adeguamento dei presidi di sicurezza, da parte del proprietario, tenuto conto dell'idoneità dei vizi di fabbricazione al verificarsi dell'infortunio.
Sul punto si rileva che la realizzazione del macchinario risale al 1999 e che la perizia espletata sullo stesso, dal M., non ha preso visione del progetto originale, così come lo stesso progetto non è stato esaminato dall'ASUR Lecce richiamata in sentenza. 
Le conclusioni dei tecnici sarebbero meramente ipotetiche e, mentre non vi sarebbe prova della mancanza di presidi di sicurezza al momento della realizzazione della macchina stiratrice, vi sarebbe prova dell'avvenuta prescrizione, nei confronti del datore di lavoro, dell'adeguamento delle misure di sicurezza da parte del RSPP.
Pertanto, il mancato adeguamento costituirebbe una concausa unitamente all'utilizzo improprio della macchina.
Ci si duole, ancora, della violazione del proprio diritto di difesa, in quanto il DC.A. non ha mai avuto la possibilità di visionare il macchinario dissequestrato e restituito alla proprietaria nel dicembre 2011, quando il ricorrente non era nemmeno indagato, tanto che nessun accertamento irripetibile gli è mai stato notificato.
Con un terzo motivo si deduce vizio di motivazione relativamente al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Si lamenta l'avvenuto diniego mediante l'utilizzo di una mera formula di stile, facendo riferimento ad un presunto ruolo nevralgico svolto dall'imputato che non viene esplicato, mentre non corrisponderebbe al vero l'affermazione della mancata evidenziazione, da parte della difesa, di elementi favorevoli alla concessione.
Si precisa di aver rappresentato sia la non giovane età dell'Imputato che l'assenza di carichi pendenti.
Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con ogni con-seguente statuizione ed effetto di legge.

Considerato in diritto

1. I ricorsi sono inammissibili, in quanto i ricorrenti, non senza evocare in larga misura censure in fatto non proponibili in questa sede, si sono nella sostanza limitati a riprodurre le stesse questioni già devolute in appello e da quei giudici puntualmente esaminate e disattese con motivazione del tutto coerente e adeguata che in questa sede non viene in alcun modo sottoposta ad autonoma ed argomentata confutazione. Ed è ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma deH'art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso Sez. 2, n. 29108 del 15/7/2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. Sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, Pezzo, Rv. 253849; Sez. 2, n. 19951 del 15/5/2008, Lo Piccolo, Rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 3/7/2007, Scicchitano, Rv. 236945; sez. 1, n. 39598 del 30/9/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, n. 15497 del 22/2/2002, Palma, Rv. 221693). E ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l'appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l'insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18/7/2014, Cariolo e altri, Rv. 260608).
2.1 ricorsi, in concreto, non si confrontano adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimità.
La Corte territoriale aveva già chiaramente confutato, nel provvedimento impugnato tutte le tesi oggi riproposte, a cominciare da quella afferente la genericità del capo d'imputazione, sul rilievo che il capo d'imputazione contiene tutti gli elementi del fatto, segnatamente le circostanze di tempo e di luogo dell'infortunio e le modalità della condotta.
Tale interpretazione appare corretta, infatti, a differenza di quanto affermato dal difensore, nell'imputazione è chiaramente indicato che il braccio rimaneva incastrato tra i rulli.
Va ricordato in proposito il consolidato indirizzo di questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di citazione a giudizio, non vi è incertezza sui fatti descritti nella imputazione quando, come nel caso che ci occupa, questa contenga, con adeguata specificità, i tratti essenziali del fatto di reato contestato, in modo da consentire all'imputato di difendersi (così Sez. 5, n. 6335 del 18/10/2013 dep. il 2014, Morante, Rv. 258948 che ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva escluso la genericità o l'indeterminatezza di una imputazione per il delitto di violenza privata che faceva riferimento al concorso dell'imputato con persone non identificate, in luoghi non tutti determinati e in tempi individuati con l'espressione "fino al "). In altri termini, non sussiste alcuna incertezza sull'imputazione, quando il fatto sia contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa, non essendo necessaria una indicazione assolutamente dettagliata dell'imputazione stessa (in tal senso Sez. 3, n. 35964 del 04/11/2014 dep. il 2015, B. ed altri, Rv. 264877 in una fattispecie, relativa a delitto di tolleranza dell'esercizio della prostituzione, in cui la Corte ha escluso la nullità di imputazione che non conteneva l’indicazione dei nominativi delle singole donne dedite al meretricio nel locale notturno gestito dall'Imputato, ma che offriva una chiara specificazione del tempo e del luogo della condotta).
Costituisce ius receptum, peraltro, anche il principio che non sussiste alcuna incertezza sull'Imputazione, quando il fatto sia contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa; la contestazione, inoltre, non va riferita soltanto al capo di imputazione in senso stretto, ma anche a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, pongono l'imputato in condizione di conoscere in modo ampio l'addebito (così Sez. 5, n. 51248 del 5/11/2014, Cutrera Rv. 261741; conf. Sez. 2, n. 36438 del 21/7/2015, Bilotta ed altri, Rv. 264772; Sez. 2, n. 2741 del 11/12/2015 dep. il 2016, Ferrante, Rv. 265825; Sez. 5, n. 10033 del 19/1/2017, Ioghà ed altro, Rv. 269455).
Quanto all'altro motivo di natura processuale, anch'esso ripropositivo e manifestamente infondato, relativo all'asserita mancata possibilità di esercitare il diritto di difesa per non aver potuto visionare il macchinario dissequestrato, la Corte distrettuale ha chiarito che nessun accertamento irripetibile risulta effettuato e durante il sequestro, previa autorizzazione, ben avrebbe potuto l'eventuale interessato visionare la stiratrice.
3. I motivi in punto di penale responsabilità, oltre che essere meramente ripropositivi di quelli già proposti in appello, sollecitano a questa Corte di legittimità una rivalutazione del fatto che non è consentita in questa sede.
Entrambi i ricorrenti fondano le proprie difese sul tempo trascorso dalla vendita del macchinario e su un'asserita manomissione dello stesso da parte di chi l'ha utilizzato.
Ebbene, sul punto, diversamente da quanto sostengono i ricorrenti, la Corte aquilana ha ritenuto infondata la denunciata manomissione del macchinario ad opera del datore di lavoro o di qualcuno per suo conto, in primo luogo perché esclusa dalla teste F. ma soprattutto perché irrilevante, dal momento che dall'attività istruttoria è emersa l'originaria inidoneità della macchina stiratrice alla prevenzione di infortuni.
Va rilevato che, trattandosi di doppia conforme affermazione di responsabilità, la motivazione della sentenza di appello va letta in maniera integrata con il provvedimento di primo grado che descrive analiticamente il processo lavorativo di utilizzazione della macchina evidenziandone le criticità. 
Soprattutto, il giudice di primo grado aveva già chiarito essere "pacificamente emerso emerso che la macchina era priva dei requisiti di sicurezza all'epoca prescritti, dato che la vendita della macchina era avvenuta nel 1999 (DPR 547/1955, DPR 459 del 24.7.1996 (Direttiva macchine) e, in particolare, dalla EN 294 in materia di sicurezza del macchinario, distanze di sicurezza per arti superiori)".
E la Corte territoriale ribadisce nel provvedimento oggi impugnato che, nella relazione del 14.11.2011, l'ispettore M. ha affermato che la macchina stiratrice in questione "è stata progettata e costruita senza tenere in considerazione quanto contemplato dal punto 1.3.7 e 1.3.8 dell'Allegato I del D.P.R. 459/1996 (vecchia Direttiva macchine)" , conclusione confermata dalla relazione di accertamento di non conformità allegata dalla Azienda Sanitaria di Lecce - Regione Puglia alla nota del 12.9.2007.
Risulta ampiamente dimostrato, in altri termini, che la macchina in questione presentasse in origine dei vizi, che compromettevano la sicurezza dei lavoratori addetti alle attività di stiratura e piegatura, anche e soprattutto in ragione della valutazione espressa dalla Azienda Sanitaria di Lecce - Regione Puglia, conforme all'esito delle verifiche effettuate dal teste M..
Priva di aporie logiche, in particolare, appare la considerazione che la provenienza da un ente pubblico deputato a valutare il rispetto da parte dei costruttori di macchinari e dei datori di lavoro della normativa sulla sicurezza sul lavoro renda tale valutazione sicuramente più attendibile e fondata rispetto al narrato di testimoni, tra l'altro, legati da rapporti di lavoro alla società produttrice della macchina (G.F., in precedenza addetto ai collaudi e alle manutenzioni della ditta Setri, e M.S., dipendente della medesima ditta dal 1999 al 2001).
4. Snodo fondamentale dell'odierno decidere, con il quale i ricorrenti non si confrontano, è la considerazione che la concorrente responsabilità del datore di lavoro (per la quale si è proceduto separatamente) non vale ad escludere la responsabilità del costruttore e del progettista, dal momento che è emersa la mancanza di misure di protezione a norma della macchina sin dal momento della commercializzazione.
Questa Corte di legittimità ha da tempo chiarito che, qualora un infortunio sia dipeso dalla utilizzazione di macchine od impianti non conformi alle norme antinfortunistiche, la responsabilità dell’imprenditore che li ha messi in funzione senza ovviare alla non rispondenza alla normativa suddetta non fa venir meno la responsabilità di chi ha costruito, installato, venduto o ceduto gli impianti o i macchinari stessi (così Sez. Un. n. 1003 del 23/11/1990 dep. il 1991, Tescaro, Rv. 186372; conf. Sez. 4, n. 2494 del 3/12/2009 dep. il 2010, Castelletti, Rv. 246162). 
E costituisce ius receptum anche il principio che, in tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l'evento dannoso sia provocato dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro, sul quale grava l'obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare tale macchina e di adottare nell'impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori; a detta regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l'accertamento di un elemento di pericolo sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio di progettazione, che non consentano di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza (così Sez. 4 , n. 1184 del 3/10/2018 dep. il 2019, Motta Pelli srl, Rv. 275114 in una fattispecie relativa a macchinario privo di "carter" di protezione, in cui la Corte ha ritenuto che il pericolo era evidentemente riconoscibile con l'ordinaria diligenza, dovendo gli organi in movimento dei macchinari essere sempre segregati per evitare contatti pericolosi con la persona del lavoratore; conf. Sez. 4, n. 26247 del 30/05/2013, Magrini, Rv. 256948 che, n applicazione del principio, ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro, in ordine al reato di cui all'art. 590, comma terzo, cod. pen., per avere messo a disposizione del lavoratore un macchinario, specificamente una pressa, privo dei necessari presidi di sicurezza, in conseguenza della non attenta verifica dei requisiti di legge e della mancata valutazione in progress delle carenze del predetto macchinario, anche attraverso una adeguata azione di manutenzione, nella specie effettuata senza carattere di sistematicità; Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014, Enne ed altro, Rv. 259229).
La responsabilità del costruttore, nell'ipotesi in cui l'evento dannoso sia stato provocato dall'inosservanza delle cautele antinfortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, in altri termini, non vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro utilizzatore della macchina, giacché questi è obbligato ad eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti chiamati ad avvalersi della macchina. A tale regola, fondante la concorrente responsabilità del datore di lavoro, si fa eccezione nella sola ipotesi in cui l'accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza, per esempio, allorquando il vizio riguardi una parte non visibile e non raggiungibile della macchina (Sez. 4, n. 1216 del 26/10/2005 dep. il 2006, Mollo, Rv. 233174).
Per contro, il costruttore non risponde per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili alla costruzione di una macchina che risulti priva dei necessari dispositivi o requisiti di sicurezza (obbligo su di lui incombente per il disposto dell'articolo 7 d.P.R. 27 aprile 1955 n. 547), se l'utilizzatore abbia compiuto sulla macchina trasformazioni di natura ed entità tale da poter essere considerate causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento (per esempio, nel caso di una totale trasformazione strutturale della macchina). Ma, come detto, non è emerso che sia il caso che ci occupa. Anche il dedotto uso improprio della macchina, "utilizzata alla velocità Minima", è stato ritenuto non tale dai giudici del gravame del merito, sul rilievo che si trattava di una modalità di utilizzo prevista per tessuti leggeri e, dunque, che non può ritenersi che la parte offesa avesse posto in essere una condotta incongrua.
5. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso proposto nell'interesse del DC.A., in quanto già il giudice di prime cure ha dato atto in sentenza che sia il dr. M. che l'ispettore della Asl redigevano la relazione sulla base del macchinario e del manuale d'uso riscontrando già da quelli la mancanza di sicurezza.
La circostanza che non siano stati esaminati i progetti appare ininfluente, come rilevano i giudici di merito, dal momento che il manuale d'uso certamente ha dato, ai tecnici, la possibilità di valutare l'effettiva struttura del macchinario, che è stato riconosciuto privo dei requisiti di sicurezza richiesti sin dall'epoca della vendita. Requisiti la cui mancanza era accertata anche in sede di prescrizione di adeguamento ai requisiti di sicurezza, mai effettuato dal proprietario della lavanderia.
Certamente il mancato adeguamento ha determinato una concausa dell'evento, ma non vale ad escludere la responsabilità per la commercializzazione di un prodotto privo dei requisiti di sicurezza.
6. Nevralgico, come riconoscono entrambe le pronunce di merito, diversamente da quanto si sostiene in ricorso, è il ruolo del DC.A., il quale, come si legge nella sentenza impugnata, non si è limitato a certificare la conformità della macchina al progetto, avendo attestato anche la conformità alla normativa comunitaria. Da ciò la Corte territoriale ne ha tratto un giudizio di gravità dei fatti che, in uno con l'assenza di elementi positivi emersi atti a giustificarne la concessione, l'ha indotta a negargli le circostanze attenuanti generiche.
Anche il motivo di ricorso proposto sul punto si palesa, perciò, manifestamente infondato, in quanto la sentenza impugnata appare collocarsi nell'alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell'assolvimento dell'obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 255172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell'imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
7. Del tutto infondato appare, infine, il sesto motivo proposto dal G.F., in quanto le norme del codice del consumo trovano applicazione in sede civile e non valgono certamente ad escludere la responsabilità derivante da reato.
La Corte territoriale, con motivazione corretta in punto di diritto, ha già risposto alla doglianza propostale sul punto ed in questa sede acriticamente riproposta, sottolineando come la normativa richiamata da G.F. attiene, infatti, ad altra fattispecie (il danno cagionato al consumatore che abbia acquistato un determinato prodotto), mentre nel caso in esame, gli odierni ricorrenti sotto il profilo civilistico del danno cagionato a M.M. e, per essa all'INAIL nel frattempo subentrato, mediante una condotta di rilevanza penale.
La fonte della responsabilità, quindi, non è la violazione delle disposizioni del cd. codice del consumo, ma la commissione di un illecito di rilevanza penale.
Non può, dunque, ritenersi maturato il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.
8. Né può porsi in questa sede la questione di un'eventuale declaratoria della prescrizione del reato maturata dopo la sentenza d'appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen (così Sez. Un. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. Un., n. 23428 del 2/3/2005, Bracale, Rv. 231164, e Sez. Un. n. 19601 del 28/2/2008, Niccoli, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, Ciaffoni, rv. 256463).
9. Essendo i ricorsi inammissibile e, a norma dell'alt. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende
Così deciso in Roma il 18 luglio 2019

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Il rischio da sovraccarico biomeccanico restauratori

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Il rischio da sovraccarico biomeccanico restauratori

Il rischio da sovraccarico biomeccanico restauratori

Il rischio da sovraccarico biomeccanico del rachide nel settore del restauro conservativo di superfici decorate e beni di interesse storico ed artistico: analisi delle movimentazioni manuali dei carichi (MMC) e delle posture incongrue tipiche delle lavorazioni ricorrenti.

Premessa

Quello del restauratore è, in alcune situazioni, un lavoro fisicamente faticoso, a potenziale rischio di sovraccarico biomeccanico del rachide. I restauratori e gli aiuto-restauratori sono figure professionali particolari rispetto agli altri addetti del comparto edile. La forte motivazione al lavoro può essere un elemento critico nella valutazione dei rischi perché può portarlo a sottovalutare la tutela della propria salute di fronte all'opera d'arte di cui conosce e apprezza il grande valore.

Il presente lavoro, partendo da una disamina dei cicli tecnologici tipici della mansione analizza sia il rischio da Movimentazione Manuale dei Carichi, sia da posture incongrue nelle attività di:

- restauro di tele, pale e tavole lignee;
- restauro di elementi marmorei;
- restauro di superfici decorate e/o consolidamento di profondità dell'intonaco e delle murature.

Le movimentazioni manuali dei carichi sono state valutate applicando la metodologia di analisi della UNI ISO 11228-1 unitamente a modelli biomeccanici utilizzando il software 3D Static Strength Prediction Program 6.0.6, sviluppato dall’Università del Michigan.

Nell’analisi delle attività lavorative e delle eventuali conseguenze del sovraccarico biomeccanico sul rachide lombare sono state inoltre considerate possibili sinergie di forze esterne che possono indurre danni a carico dell'unità funzionale lombosacrale prendendo in considerazione:

- le forze compressive;
- le forze di taglio;
- l’eventuale concomitante presenza di fattori complementari di rischio, come movimenti incongrui (flessione - estensione o torsione) che rappresentano una modifica dei limiti di tolleranza di
alcune componenti dell'unità funzionale lombosacrale.

Lo stress posturale è stato valutato con la metodologia dettata dalla norma ISO 11226 che porta a definire la postura come ACCETTABILE o come NON RACCOMANDATA ma ai soli fini di una riprogettazione del posto di lavoro. La norma non dà infatti alcuna indicazione sul rapporto di causa ed effetto tra postura e danno prevedibile. Per avere una indicazione realistica se le posture statiche non raccomandate possano essere causa o concausa di patologie della colonna, parallelamente si è utilizzata la modellazione biomeccanica per definire gli sforzi sulle varie strutture anatomiche dell'unità funzionale del rachide: tali sforzi sono stati quindi confrontati coi limiti di tolleranza indicati da Marras (2008) come soglia di danno biologico per le stesse strutture anatomiche.

Valutazione della esposizione a MMC e Posture incongrue nel settore del restauro Nel corso della variegata vita lavorativa un restauratore sarà senz’altro esposto a Movimentazione Manuale dei Carichi e a Posture Incongrue.

Tale rischio va comunque quantificato attraverso i riferimenti tecnici noti in letteratura scientifica, prendendo in considerazione la continuità-ripetitività delle attività a rischio, la loro frequenza nei turni lavorativi e l’intera storia lavorativa.

Valutazione della esposizione a MMC e Posture incongrue nel settore del restauro

Nel corso della variegata vita lavorativa un restauratore sarà senz’altro esposto a Movimentazione Manuale dei Carichi e a Posture Incongrue.

Tale rischio va comunque quantificato attraverso i riferimenti tecnici noti in letteratura scientifica, prendendo in considerazione la continuità-ripetitività delle attività a rischio, la loro frequenza nei turni lavorativi e l’intera storia lavorativa.
...
segue in allegato

P. De Santis,
B.. M. Antonelli,
M. Cristiani
INAIL DR LAZIO, CONTARP

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 30991 | 16 Luglio 2019

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Sentenze cassazione penale

Infortunio durante lo spostamento di una gru

Penale Sent. Sez. 4 Num. 30991 Anno 2019

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 17/05/2019

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 26.10.2018 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato la responsabilità colposa di B.G., quale legale rappresentate della S.r.l. G., in relazione alle lesioni cagionate al lavoratore , mentre questi era intento alle operazioni di smontaggio dell'attrezzatura pertinente ad una gru per spostarla all'interno dell'area di cantiere: nel corso dell'operazione di sollevamento della gru il G.C. veniva schiacciato tra la gru ed il mezzo di sollevamento, riportando gravi lesioni personali.
Al G. è stato addebitato, quale datore di lavoro, di aver violato gli obblighi di sicurezza, tutela e vigilanza previsti dalla normativa antinfortunistica, per non aver fornito al lavoratore attrezzature idonee, non aver verificato la presenza di tutti i dispositivi di sicurezza e non aver verificato il rispetto delle corrette procedure di utilizzazione delle stesse da parte del lavoratore.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del B.G., lamentando quanto segue.
I) Violazione di legge e vizio di motivazione, per aver ritenuto il G.C. un dipendente di fatto del ricorrente.
Deduce che dalla documentazione risulta che l'infortunato fosse un libero professionista montatore di gru da diversi anni e che fosse titolare di una ditta individuale, tanto da prestare la propria attività lavorativa anche per altre aziende oltre alla ditta di B.G..
Contesta che al G.C. non fossero stati forniti gli strumenti di lavoro necessari per l'incombente, bastando allo scopo i martinetti ed il timone, regolarmente forniti e facenti parte della dotazione della gru.
II) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 40 cod. pen. e 71 d.lgs. 81/2008.
Deduce che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che l'infortunio si sarebbe verificato nel corso delle manovre di sollevamento della gru in quanto realizzate «senza l'uso dei martinetti e dei cunei». In particolare è stata ritenuta causalmente rilevante l'assenza dei cunei di bloccaggio, nonostante il teste Ma. avesse spiegato che per tale operazione fossero necessari esclusivamente i martinetti ed il timone. La sentenza impugnata ha trascurato di valorizzare la condotta tenuta nella circostanza dal G.C. allorquando, accortosi della mancanza sul posto del timone, invece di procurarselo tornando presso la ditta B.G., decideva di effettuare lo spostamento della gru con catene e merlo per sollevarla e trasportarla, senza il timone. Le dichiarazioni rese nell'immediatezza dal lavoratore confermano che si trattò di una sua autonoma e scriteriata iniziativa quella di procedere allo spostamento della gru senza il timone ed in violazione del manuale di istruzione della gru. Se costui avesse utilizzato i martinetti in dotazione non vi sarebbe stato bisogno dei cunei, peraltro previsti solo nella fase di montaggio della gru e non in quella di smontaggio.

Considerato in diritto

1. Si deve preliminarmente osservare che nel caso non è ancora maturato il termine massimo di prescrizione del reato, pari a sette anni e sei mesi dal fatto (commesso il 5.10.2011), cui devono essere aggiunti 3 mesi e 21 giorni di sospensione ex art. 161 cod. pen., per cui il detto termine scadrà in data successiva all'udienza di trattazione del presente procedimento (segnatamente il 25.7.2019).
2. I motivi dedotti in ricorso sono privi di pregio.
3. Il primo motivo non considera che trattandosi, nella specie, di una c.d. doppia conforme di condanna, la lettura combinata delle motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado consente di apprezzare la sussistenza di un apparato argomentativo logico-giuridico che sfugge ai rilievi prospettati dal ricorrente.
Infatti, diversamente da quanto osservato dalla difesa del B.G., la sentenza di appello evidenzia chiaramente come la definizione di datore di lavoro accolta dal d.lgs. n. 81/2008 non si identifichi con la relativa qualifica civilistica, essendo invece attribuito decisivo rilievo all'assetto organizzativo concreto del lavoro, alla soggezione del lavoratore alle scelte organizzative e di spesa del soggetto a cui vengono imputati i doveri e la indicata posizione di garanzia.
Sulla base di quanto sopra, la sentenza di merito ha congruamente e logicamente evidenziato che nella fattispecie il G.C. svolgeva un'attività formalmente autonoma ma di fatto subordinata alle direttive ed alle scelte del B.G., che gli commissionava di volta in volta il lavoro, gli forniva tutti gli strumenti di lavoro ed anche il mezzo di locomozione della ditta (B.G.) da utilizzare durante il lavoro e per recarsi in cantiere. Inoltre il B.G. gli doveva fornire le relative istruzioni in relazione ad ogni evenienza anche di carattere tecnico che si fosse presentata nel corso del lavoro.
La sentenza impugnata sottolinea correttamente che la circostanza che il G.C. lavorasse anche per altre ditte non appare dirimente ai presenti fini, poiché le qualifiche, rispettivamente di lavoratore e di datore di lavoro, secondo l'assetto della normativa antinfortunistica di cui al citato Testo Unico n. 81, fanno perno sugli indicati criteri della organizzazione e direzione del lavoro e sulla mancanza di autonomia del lavoratore nell'organizzazione e nell'espletamento delle relative incombenze lavorative.
Ne deriva che correttamente la Corte territoriale ha concluso, sul punto, nel senso che il B.G. era titolare di una posizione di supremazia e di garanzia nei confronti del G.C., dalla quale discendevano gli obblighi posti dalla normativa antinfortunistica a carico del datore di lavoro, e comunque anche a carico del committente ai sensi dell'art. 71 T.U.
4. Il secondo motivo, con il quale si tenta essenzialmente di ricondurre ad un comportamento colposo del lavoratore l'esclusiva responsabilità dell'infortunio, si pone in netto ed insanabile contrasto con le precise, logiche ed esaurienti motivazioni delle sentenze di merito di primo e di secondo grado, prive di errori in diritto, che hanno essenzialmente addebitato al B.G. di non avere vigilato sul corretto adempimento delle operazioni da parte dell'Infortunato, il quale era solito procedere senza l'utilizzo dei martinetti, per come gli era stato indicato da un dipendente della ditta B.G. che lo aveva affiancato nelle prime settimane di lavoro. In sostanza, benché la procedura corretta di spostamento della gru prevedesse l'uso di martinetti e del timone, è stato riscontrato in maniera plausibile che il G.C. era solito usare muletto e catene per sollevare la gru, e poi il timone, che però nella specie non era presente in loco perché non recuperato presso la sede della ditta B.G..
Se ne è desunto, in maniera congrua e non manifestamente illogica, che tale scorretta procedura abitualmente adottata dal lavoratore, su cui il B.G. avrebbe dovuto vigilare e che non avrebbe dovuto consentire, aveva determinato l'evento. Infatti, se il G.C. avesse avuto a disposizione tutta l'idonea strumentazione e fosse stato richiamato ad una costante ottemperanza delle procedure di lavoro in sicurezza, non avrebbe avuto ragione di sollevare e spostare la gru con l'utilizzo del muletto e delle catene in luogo dei martinetti idraulici e del timone. Di qui il deficit di formazione addebitato al B.G., che non aveva mai verificato che al G.C. fosse stata impartita una corretta formazione ed istruzione secondo le modalità di utilizzo dei macchinari stabilite dal manuale d'uso, e soprattutto non aveva verificato che tali corrette modalità fossero assimilate e costantemente osservate dagli addetti ai lavori (tra i quali il G.C.). I giudici di merito hanno adeguatamente riscontrato che la causa dell'infortunio non era ravvisabile nella mancanza del timone ma nelle modalità di sollevamento della gru e nell'uso, allo scopo, di strumenti non adeguati e non regolamentari. Nessun comportamento abnorme o "scriteriato" del lavoratore è stato ritenuto concretamente configurabile ed idoneo ad esimere da responsabilità il prevenuto, per l'assorbente ragione che è stata comunque riscontrata una condotta colposa omissiva del datore di lavoro, senza la quale l'evento dannoso non si sarebbe verificato.
Sotto questo profilo, le argomentazioni della sentenza impugnata sono in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di sicurezza sul lavoro, ai sensi dell'art. 73, commi 1 e 2, lett. b), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, il datore di lavoro è tenuto ad informare il lavoratore dei rischi propri dell'attività cui è preposto e di quelli che possono derivare dall'esecuzione di operazioni da parte di altri, ove interferenti, ed è obbligato a mettere a disposizione dei lavoratori, per ciascuna attrezzatura, ogni informazione e istruzione d'uso necessaria alla salvaguardia dell'incolumità, anche se relative a strumenti non usati normalmente. (In motivazione la Corte ha precisato che può essere ritenuta eccezionale o abnorme - e come tale in grado di escludere la responsabilità del datore di lavoro per l'infortunio occorso - solo la condotta del lavoratore che decida di agire impropriamente, pur disponendo delle informazioni necessarie e di adeguate competenze per la valutazione dei rischi cui si espone) (Sez. 3, n. 16498 del 08/11/2018 - dep. 2019, D., Rv. 27556001).
Va, inoltre, rammentato che il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 27222201).
Nel caso in disamina, è stato inconfutabilmente accertato che il comportamento del lavoratore non è stato abnorme, in quanto frutto di un deficit formativo e di un difetto di vigilanza e controllo da parte del datore di lavoro, sicché, pur ammessa la condotta colposa del G.C., è stato correttamente affermato che la stessa non esime in alcun modo il B.G. da responsabilità per l'evento lesivo, nel senso dianzi accennato.
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 maggio 2019

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Innovazioni impiantistiche: La cogenerazione e la trigenerazione nel settore rurale

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La cogenerazione

Innovazioni impiantistiche: La cogenerazione e la trigenerazione nel settore rurale

Allo stato dell’arte l’efficienza energetica rappresenta un elemento sempre più determinante nelle politiche industriali e sociali allo scopo di garantire, conformemente al tratto di Kyoto, la riduzione delle emissioni climalteranti.

Il lavoro è dedicato agli impianti basati sulle nuove tecniche di risparmio energetico nel settore del riscaldamento e compatibile con la normativa vigente ai fini della progettazione, realizzazione, installazione e verifiche di esercizio, con particolare riguardo al settore agroalimentare. Nello specifico, la scheda descrive i campi applicativi dei metodi cogenerativi al comparto agroalimentare sottolineando come l’innovazione di processo sia per tale settore più importante dell’innovazione di prodotto.

Fonte: INAIL

Medico competente e pratiche vaccinali nei luoghi di lavoro

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Medico competente e pratiche vaccinali nei luoghi di lavoro

Medico competente e promozione delle pratiche vaccinali nei luoghi di lavoro. Un'indagine conoscitiva

INAIL, 2019

Il factsheet fornisce una sintesi dei risultati preliminari relativi alla survey indirizzata ai Medici Competenti su vaccinazioni e lavoro.

L’indagine mira ad analizzare barriere e/o drivers per migliorare la copertura vaccinale, focalizzandosi anche sulle modalità con cui le vaccinazioni vengono proposte ai lavoratori, con l’obiettivo finale di aumentare l’adesione in particolari contesti lavorativi, attraverso la sensibilizzazione dei Medici Competenti.

La survey è stata realizzata tramite un questionario somministrato in modalità telematica e strutturato in 4 sezioni:

1. Dati personali e professionali;

2. Sorveglianza sanitaria e vaccinazioni;

3. Sostegno alla cultura delle vaccinazioni;

4. Livello di conoscenza su Health Tecnology Assessment.

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Fonte: INAIL

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La protezione attiva antincendio

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Protezione attiva

La protezione attiva antincendio

INAIL, 15 Luglio 2019

Il ‘Codice di prevenzione incendi’, nella sezione S ‘Strategia antincendio’, prevede dieci capitoli dedicati alle misure di riduzione del rischio di incendio.

Il capitolo S.6 del Codice è dedicato ai presidi e impianti che possono controllare lo sviluppo di un incendio (estintori, reti di idranti e impianti di controllo e spegnimento). Il capitolo S.7 agli impianti di rivelazione e allarme antincendio (IRAI). Il capitolo S.8 infine è rivolto ai sistemi per il controllo, l’evacuazione o lo smaltimento di fumo e calore.

Il quaderno qui pubblicato contiene esempi di selezione e progettazione di alcune tipologie di impianti e presidi di protezione attiva.

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La progettazione della sicurezza antincendio nelle attività soggette alle visite ed i controlli dei Vigili del Fuoco e nei luoghi di lavoro, al fine di ridurre l’insorgenza di un incendio e di limitarne le conseguenze, è sancita dal d.p.r. 1 agosto 2011 n. 151 per le attività soggette, mentre nei luoghi di lavoro è prescritta dall’art. 17 del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i. (Testo unico per la sicurezza).

Le suddette misure, che si basano sulla preliminare valutazione del rischio incendio, possono essere individuate a partire da un approccio progettuale di tipo prescrittivo o di tipo prestazionale.

Si segnala che tali obblighi valgono anche in attività che non sono luoghi di lavoro in virtù del d.lgs. 139 dell’8 marzo 2006 e s.m.i..

La progettazione antincendio, nel rispetto della normativa vigente in materia, può essere effettuata elaborando soluzioni tecniche flessibili ed aderenti alle specifiche caratteristiche ed esigenze delle attività soggette al controllo di prevenzione incendi (metodo prestazionale).

In questo contesto si inserisce il Codice di prevenzione incendi (Co.P.I.), d.m. 3 agosto 2015 recante “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139”, il quale, senza effettuare uno strappo rispetto al passato, si propone come promotore del cambiamento, privilegiando l’approccio prestazionale, in grado di garantire standard di sicurezza antincendio elevati mediante un insieme di soluzioni progettuali, sia conformi che alternative. In sostanza, il Codice rappresenta uno strumento finalizzato all'ottenimento degli obiettivi di sicurezza antincendio, caratterizzato da un linguaggio allineato con gli standard internazionali.

La strategia antincendio in esso rappresentata, in dipendenza dei livelli di prestazione scelti, garantisce i prefissati obiettivi di sicurezza, mediante diverse soluzioni progettuali, grazie alla compresenza ed all’apporto delle varie misure antincendio.

Si segnala che il recente d.m. 12 aprile 2019, modificando il d.m. 3 agosto 2015, prevede l'eliminazione del cosiddetto “doppio binario” per la progettazione antincendio delle attività soggette al controllo da parte dei VV.F.; in particolare vengono introdotti due elementi:

- l'ampliamento del campo di applicazione del Codice (sono state inserite alcune nuove attività dell'allegato I al d.p.r. 1 agosto 2011 n. 151);
- l'obbligatorietà dell'utilizzo del Codice per la progettazione delle attività non normate, in luogo dei "criteri tecnici di prevenzione incendi".

In definitiva, saranno 42 le attività soggette, comprese nel citato allegato 1, per le quali la Regola Tecnica Orizzontale (RTO) del Codice diverrà l'unico riferimento progettuale possibile.

Peraltro, è stato recentemente presentato al Comitato Centrale Tecnico Scientifico (CCTS) dei VV.F. un documento relativo alla proposta di aggiornamento del Codice.

Il documento, allo stato, è soggetto ad inchiesta pubblica al fine di far pervenire al medesimo CCTS I contributi da parte dei vari stakeholder (Ministeri, Enti, Ordini e Collegi professionali, ecc.).

Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, a proposito del reale utilizzo del Codice, ha condotto un sondaggio che ha coinvolto più di 2000 ingegneri - il 6,3% “professionisti antincendio” attualmente iscritti negli elenchi del Ministero dell’Interno - in merito ai progetti e alle richieste di deroghe che hanno fatto ricorso al Codice come metodo di progettazione.

L'indagine, i cui risultati sono stati pubblicati dal CNI sul proprio sito (www.tuttoingegnere.it) il 17 ottobre 2016, ha rivelato un notevole interesse verso le nuove potenzialità introdotte dal Codice ma, allo stesso tempo, un utilizzo non diffuso dello stesso: oltre il 62% dei progettisti, infatti, pur avendo frequentato corsi di formazione incentrati sull’utilizzo del Codice, non ha provato ad utilizzarlo oppure ha rinunciato dopo un tentativo; di quelli che lo hanno adottato, pochi hanno fatto ricorso alle cosiddette soluzioni alternative.

Probabilmente a causa della percepita complessità dello strumento normativo, e conseguente aumento della responsabilità, il Codice è di fatto spesso ignorato a vantaggio del più “consolidato” metodo prescrittivo.

Al fine di illustrare le potenzialità del Codice e di fornire degli strumenti esplicativi, incentrati su esempi pratici di progettazione, che sembrano rappresentare un’esigenza particolarmente sentita dai professionisti intervistati nel sondaggio, è stata attivata una collaborazione tra il Dipartimento di Ingegneria Chimica Materiali
Ambiente - Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale - Università di Roma “Sapienza”, il Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici - Istituto Nazionale per  l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (C.N.VV.F.) ed il Consiglio Nazionale degli Ingegneri.

Saranno quindi sviluppati, secondo l’approccio e con gli obiettivi sopra evidenziati, una serie di compendi riguardanti, fondamentalmente, le dieci misure della strategia antincendio presenti nel Codice.

La presente pubblicazione si occupa delle tematiche relative alle misure S.6 Controllo dell’incendio, S.7 Rivelazione ed allarme e S.8 Controllo di fumi e calore.

I risultati di tale attività potranno costituire, negli intenti dei promotori dell’attività di ricerca, uno strumento di supporto nella progettazione e gestione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro e uno spunto di riflessione per i professionisti antincendio e, anche a scopo didattico, un ausilio pratico per gli studenti interessati alla formazione specialistica in materia di progettazione antincendio.

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Fonte: INAIL

Pubblicazione realizzata da Inail
Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici
Responsabili scientifici
Raffaele Sabatino, Mara Lombardi, Marco Cavriani, Gaetano Fede
Autori
Raffaele Sabatino, Mara Lombardi, Nicolò Sciarretta, Michele Mazzaro, Piergiacomo Cancelliere,Luca Ponticelli, Marco Di Felice, Vincenzo Cascioli, Filippo Cosi, Luciano Nigro
Collaboratori
Daniela Freda, Antonella Pireddu, Andrea Marino

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Schema DM aggiornamento RT prevenzione incendi

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Schema DM aggiornamento RT prevenzione incendi

Schema DM aggiornamento RT prevenzione incendi

Schema D.M. di aggiornamento del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015 recante "Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139"

Il 10 luglio 2019 L'Italia ha notificato alla Commissione Europea il presente schema di DM e la Commissione potrà produrre osservazioni fino al 10 ottobre 2019 (termine dello status quo).

Il provvedimento notificato aggiorna le precedenti norme tecniche di prevenzione incendi di cui al decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015 e del decreto 7 agosto 2017 (Norme orizzontali e RTV attività scolastiche) integrati con il decreto del 8 giugno 2016 (RTV Uffici), con il decreto del 9 agosto 2016 (RTV Attività turistico-alberghiere), con il decreto del 21 febbraio 2017 (RTV Attività commerciali) e con le modifiche dell'articolato approvate con il decreto 12 aprile 2019.

L'aggiornamento scaturisce dal monitoraggio, svolto ai sensi dell'art. 4 dello stesso decreto, nel corso del quale sono emersi possibili ambiti di miglioramento delle medesime norme tecniche e che hanno riguardato in particolare le Sezioni G - Generalità, sezione S - Strategia antincendio, sezione V - Regole tecniche verticali, i capitoli V.1 (Aree a rischio specifico), V.2 (Aree a rischio per atmosfere esplosive) e V.3 (Vani degli ascensori) e la sezione M - Metodi.

Nel dettaglio lo schema di decreto si compone di due articoli e un allegato, e precisamente:

- art. 1: Approva le modifiche all'allegato I del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015 e s.m.i.;
- art. 2: Stabilisce le disposizioni finali;
- Allegato l : Norme tecniche di prevenzione incendi.

...

Articolo Procedure di prevenzione incendi 16 decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139

1. Le procedure di prevenzione incendi sono avviate dai comandi competenti per territorio su iniziativa dei titolari delle attivita' individuate ai sensi del comma 2. I comandi provvedono all'esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonche' dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti; all'acquisizione delle segnalazioni certificate di inizio attivita'; all'effettuazione di controlli attraverso visite tecniche; all'istruttoria dei progetti in deroga all'integrale osservanza delle regole tecniche di
prevenzione incendi; all'acquisizione della richiesta di rinnovo periodico della conformita' antincendio; ad ulteriori verifiche ed esami previsti da uno dei decreti del Presidente della Repubblica di cui al comma 2.
2. Con uno o piu' decreti del Presidente della Repubblica, da emanare a norma dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, sentito il Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi, sono individuati i locali, le attivita', i depositi, gli impianti e le industrie pericolose, in relazione alla detenzione ed all'impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano in caso di incendio gravi pericoli per l'incolumita' della vita e dei beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza, nonche' le disposizioni attuative relative alle procedure di prevenzione incendi e agli obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attivita'.
3. In relazione ad insediamenti industriali ed attivita' di tipo complesso, il comando puo' acquisire le valutazioni del Comitato tecnico regionale per la prevenzione incendi, ed avvalersi, per le visite tecniche, di esperti in materia designati dal Comitato stesso.
4. Il comando acquisisce dai soggetti responsabili delle attivita' di cui al comma 1 le certificazioni e le dichiarazioni attestanti la conformita' delle attivita' alla normativa di prevenzione incendi, rilasciate da enti, laboratori o professionisti, iscritti in albi professionali, autorizzati ed iscritti, a domanda, in appositi elenchi del Ministero dell'interno. Il rilascio delle autorizzazioni e l'iscrizione nei predetti elenchi sono subordinati al possesso dei requisiti stabiliti con decreto del Ministro dell'interno.
5. Qualora l'esito del procedimento rilevi la mancanza dei requisiti previsti dalle norme tecniche di prevenzione incendi, il comando adotta le misure urgenti anche ripristinatorie di messa in sicurezza dando comunicazione dell'esito degli accertamenti effettuati ai soggetti interessati, al sindaco, al prefetto e alle altre autorita' competenti, ai fini degli atti e delle determinazioni da adottare nei rispettivi ambiti di competenza. Le determinazioni assunte dal comando sono atti definitivi.
6. I titolari delle attivita' di cui al comma 2 hanno l'obbligo di attivare nuovamente le procedure di cui al presente articolo quando vi sono modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.

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Fonte: EU

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Linee guida valutazione rischio esposizione IPA asfaltatura

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Linee di indirizzo valutazione rischio esposizione IPA asfaltatura

Linee guida valutazione rischio esposizione IPA asfaltatura

Regione Lombardia, 25 Giugno 2019

Decreto n. 9203 

Le presenti linee di indirizzo, elaborate con il contributo del sottogruppo "Esposizione a IPA nelle opere di asfaltatura" del LAp "Rischio chimico" di Regione Lombardia, si focalizzano, con particolare attenzione, sull’esposizione professionale degli addetti nelle attività di asfaltatura agli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) - agenti chimici, alcuni dei quali anche ad azione cancerogena – che possono essere considerati traccianti degli idrocarburi aromatici e la cui presenza negli ambienti di lavoro obbliga al rispetto della normativa per il rischio chimico ed in particolare per gli aspetti relativi alla prevenzione dell’esposizione ad agenti cancerogeni prevista dal D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.

La finalità del presente lavoro è stata quella di integrare ed aggiornare le indicazioni regionali fornite nel sopracitato “Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle opere di asfaltatura” del 2011 alla luce dell’evoluzione delle conoscenze tecnico-scientifiche e dei recenti risultati ottenuti da diversi studi (anche regionali) sull’argomento per fornire un utile supporto al processo di valutazione dell’esposizione e di prevenzione dei rischi nelle piccole e medie imprese (PMI) di questo comparto.

In questo contesto appare evidente il contributo che linee di indirizzo forniscono alla valutazione e gestione del rischio chimico per le maestranze coinvolte nelle opere di stesa dell’asfalto e più in generale per l’ambiente e la popolazione generale.

Nell’ambito di questa integrazione ed aggiornamento sono stati definiti specifici criteri interpretativi di monitoraggio ambientale e biologico finalizzati alla valutazione dell’esposizione, a partire dalla valutazione di valori limite occupazionali e biologici a seguito di esposizione a miscele di IPA, nonché di valori di riferimento per l’1-idrossipirene (1-OHP) urinario in soggetti fumatori e non proposti da diverse agenzie internazionali, e sono state prese in esame anche alcune condizioni operative che possono esporre a rischio, nonché le conseguenti misure di prevenzione e protezione, anche se non strettamente correlate all’esposizione ad IPA, ma presenti nelle opere di asfaltatura.

Il lavoro svolto ha consentito di acquisire nuove conoscenze e approfondimenti specifici e ha permesso di pervenire agli indirizzi che vogliono rappresentare un utile strumento per il sistema pubblico (Agenzie per la Tutela della Salute-ATS) e il sistema aziendale (Datore di Lavoro, Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP), Rappresentate dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), Medico Competente) da adottare uniformemente sull’intero territorio regionale. Vengono preliminarmente elencate in modo sintetico alcune informazioni nell’ambito produttivo nazionale dell’area che coinvolge il comparto asfaltatori, che hanno tenuto conto della crisi economica che ha investito il Paese a partire dal 2008 (SITEB):

- Rete stradale nazionale: circa 7.000 km di rete autostradale e 700.000 km di altre strade (statali, regionali, provinciali, comunali, vicinali, ecc.);
- Imprese stradali: circa 3.000 -3.500 (per lo più di dimensione medio-piccola);
- Impianti di produzione del conglomerato attualmente in attività: circa 380 in Italia di cui circa 50- 60 in Lombardia;
- Addetti al lavoro del bitume: 35.000 addetti (impiantisti, trasportatori, addetti alla finitrice e al rullo, movieri operai di raffineria, responsabili delle squadre di stesa, operatori del settore in genere). Circa 8-10 addetti per impresa.
- Quantità di conglomerato bituminoso messo in opera nell’anno in Italia: 22.300.000 t.
- Quantità di emulsioni di bitume utilizzate in Italia: 73.000 t. (vs 1.200.000 ton in Francia e 600.000 ton in Spagna);
- Quantità di asfalto colato messo in opera nell’anno in Italia: 15.000 t.;
- Raggio medio di utilizzo del conglomerato bituminoso: circa 100-150 km, meglio se espresso in termini temporali (1h -1,5h).

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INDICE
1. INTRODUZIONE
2. MATERIALI BITUMINOSI
2.1 Cicli produttivi dei conglomerati Bituminosi
2.2 Descrizione dell’attività di asfaltatura 3 mansioni asfaltatori
2.3 Classificazioni di pericolosità del bitume
3. IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI (IPA)
3.1 IPA nell’attività di asfaltatura
3.2 Tossicologia degli IPA
3.3 Classificazione IPA nella miscela bituminosa
4. VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AD IPA
4.1 Monitoraggio ambientale dell’esposizione a IPA
4.2 Monitoraggio biologico dell’esposizione a IPA
4.3 Esperienze pregresse di monitoraggio nelle opere di asfaltatura
4.4 Valori limite e Valori di riferimento
5. INDICAZIONI PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO
6. MISURE DI PREVENZIONE DEL RISCHIO
6.1 Misure di prevenzione collettiva
6.2 Misure di prevenzione e protezione individuale
6.3 Sorveglianza sanitaria
6.4 Registro degli Esposti
6.5 Formazione
7. BIBLIOGRAFIA
Allegato - Questionario monitoraggio biologico 1-idrossipirene (1-OHP)

...

Fonte: Regione Lombardia 

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Direttiva (UE) 2019/1159

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Direttiva (UE) 2019/1159 

del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 recante modifica della Direttiva 2008/106/CE concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare e che abroga la direttiva 2005/45/CE riguardante il reciproco riconoscimento dei certificati rilasciati dagli Stati membri alla gente di mare

GU L 188/94  del 12.07.2019

Entrata in vigore: 01.08.2019

Attuazione:

Decreto Legislativo 8 novembre 2021 n. 194

Attuazione della direttiva (UE) 2019/1159 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, recante modifica della direttiva 2008/106/CE concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare e che abroga la direttiva 2005/45/CE riguardante il reciproco riconoscimento dei certificati rilasciati dagli Stati membri alla gente di mare.(GU n.285 del 30.11.2021)

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Carico d'incendio | Quadro normativo

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Carico incendio

Carico d'incendio | Quadro normativo

ID 8735 | 10.07.2019

Il carico d’incendio viene così definito al p. 1. lettera c) del DM 09/03/2007: "potenziale termico netto della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno spazio corretto in base ai parametri indicativi della partecipazione alla combustione dei singoli materiali. il carico di incendio è espresso in MJ; convenzionalmente 1 MJ è assunto pari a 0,054 chilogrammi di legna equivalente".

Esso è il parametro fondamentale per il dimensionamento della resistenza all'incendio delle strutture.

Il DM 09/03/2007 ha sostituito la storica circolare 14/09/61, n° 91. 

La definizione di resistenza al fuoco, data al p. 1.11 del DM 30/11/1983, era in origine: “Attitudine di un elemento da costruzione (componente o struttura) a conservare - secondo un programma termico prestabilito e per un tempo determinato - in tutto o in parte: la stabilità «R», la tenuta «E», l’isolamento termico «I», così definiti: …”.

Tale definizione è stata modificata dal c. 2 dell’art. 4 del DM 09/03/2007 e così espressa: “una delle fondamentali strategie di protezione da perseguire per garantire un adeguato livello di sicurezza della costruzione in condizioni di incendio. Essa riguarda la capacità portante in caso di incendio, per una struttura, per una parte della struttura o per un elemento strutturale nonché la capacità di compartimentazione rispetto all’incendio per gli elementi di separazione sia strutturali, come muri e solai, sia non strutturali, come porte e tramezzi.”

Essa amplia il concetto legato alla resistenza di un elemento da costruzione limitato alla sola REI. La classificazione della resistenza al fuoco è riportata nel DM 16/02/2007 ed è legata al DM 09/03/2007 per il calcolo del carico d’incendio.

Il DM 16/02/2007 elenca le varie possibilità di determinazione delle caratteristiche di resistenza al fuoco delle strutture e, all’allegato D, riporta le tabelle per il calcolo semplificato di confronto con tabelle. In attesa che la tabella D riporti i valori da adottare per le pareti in muratura portanti è stata emanata al lettera circolare 15/02/2006, n. 1968.

È opportuno precisare che, laddove la normativa prevede una misura antincendio, per esempio un rivelatore di fumo nei locali, quando il carico d’incendio supera un dato valore, il carico da considerare è quello non corretto coi vari parametri relativi le differenti misure di protezione adottate. Ossia, secondo le definizioni del DM 09/03/2007, deve essere considerato il carico d’incendio specifico e non quello specifico di progetto.

...

Tabella riepilogativa: Carico d'incendio - Quadro normativo   

14/09/1961

Circolare 14/09/61, n° 91

Norme di sicurezza per la protezione contro il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile. (Circolare abrogata dal comma 1 dell’art. 4 del DM 09/03/2007 N.d.R.)

06/03/1986

DM 06/03/86

Calcolo del carico di Incendio per locali aventi strutture portanti in legno. (Decreto abrogato dal comma 1 dell’art. 4 del DM 09/03/2007. N.d.R.)

23/01/1987

Lettera Circolare 23/01/87, n° 1169/4101

Art. 3 del D.M. 8 marzo 1985. Carico d’incendio. Legge n. 818/1984. (Sul considerare gli infissi in legno nel computo del carico d’incendio. N.d.R.).

23/03/2000

Chiarimento 23/03/00, n° P223/4147 sott. 4

Decreto Ministero dell’Interno 6 marzo 1986 - Campo di applicazione – Quesito – (Sull’applicabilità del criterio del calcolo del carico d’incendio in presenza di strutture in legno per tutte le attività soggette a controllo di prevenzione incendi. N.d.R.)

 09/03/2007

DM 09/03/2007

Prestazioni  di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

22/01/2008

Chiarimento 22/01/08, n° P5/4118 sott. 20/A

DM 09/03/2007 - Fattore riduttivo per la presenza di squadra aziendale dedicata alla lotta antincendio.

 22/01/2008

Chiarimento 22/01/08, n° P1568/4122 sott. 55

DM 09/03/2007 - Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

Quesiti. – (inerenti a: 

1) correlazione col T.U. delle costruzioni – DM 14/09/2005; 

2) impiego delle certificazioni ex circolare 91/61 per strutture esistenti; 

3) applicazione del TU delle costruzioni, DM 14/09/2005, per le attività non soggette a controllo di prevenzione incendi; 

4) cosa debba intendersi per “organi di controllo” ed “accertare” laddove il decreto determina che per le strutture esistenti “gli organi di controllo …. omissis … abbiano accertato” le caratteristiche di resistenza al fuoco; 

5) cosa si debba intendere per superficie lorda di un compartimento; 

6) quali elementi oggettivi possano essere presi in considerazione per la scelta della classe di rischio; 

7) quali debbano essere le caratteristiche degli evacuatori di fumo per applicare il fattore δn3; 

8) quali debbano essere le caratteristiche dell’impianto di rivelazione di incendio per applicare il fattore δn4; 

9) quali debbano essere le caratteristiche di presenza della squadra aziendale antincendio per applicare il fattore δn5; 

10) quali debbano essere le caratteristiche di “accessibilità ai mezzi di soccorso” per applicare il fattore δn9; 

11) quali siano le fonti da ritenere autorevoli per la determinazione di qf, valore nominale del carico d’incendio specifico, attraverso una valutazione statistica del carico d’incendio con probabilità di superamento inferiore al 20%; 

12) quale area sia da considerare, ai fini dell’attribuzione della resistenza al fuoco delle strutture, nel caso in cui i carichi di incendio specifici non siano distribuiti uniformemente; 

13) quando attribuire il livello II di prestazione; 

14) quale sia “l’autorità competente” per fissare i livelli IV o V di prestazione; 

15) quali siano i criteri per differenziare le strutture “primarie” dalle “secondarie” nel caso di utilizzo di copponi portanti come tipologia edilizia;  

16)quale procedure adottare per la valutazione della resistenza al fuoco nel caso di norme vigenti che rimandano alla circolare 91/61 abrogata; 

17) quale procedura adottare nel caso  di variazione di destinazione d’uso o di carico d’incendio per costruzioni esistenti. N.d.R.)

13/03/2014

Chiarimento 13/03/14, n° 3021

Quesito liquori. (In merito al poter non considerare il contributo del carico d'incendio di alcuni liquori non sostenenti l'incendio. N.d.R.)

23/04/2019

Chiarimento 23/04/2019 n° 0005913 

Quesiti inerenti il D.M. 3 agosto 2015 in relazione al carico d’incendio ed agli impianti di protezione attiva.

 

Fonte: VVF

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 28774 | 02 Luglio 2019

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Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 02 luglio 2019, n. 28774

Mancanza di adeguate misure tecniche e organizzative per la movimentazione dei carichi

Penale Sent. Sez. 4 Num. 28774 Anno 2019
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: TORNESI DANIELA RITA
Data Udienza: 26/03/2019

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 19 giugno 2015 il Tribunale di Messina dichiarava S.V., nella qualità di legale responsabile della omonima s.r.l. esercente il commercio di materiali edili, responsabile dei reati ascritti e lo condannava alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento dei danni in favore dell'INAIL rinviando per la quantificazione al giudice civile.
1.1. Al predetto imputato era ascritto:
capo a) il reato di cui all'art. 590, commi 1 e 2, cod. pen. per avere, per colpa generica e per violazione degli artt. 2087 cod. civ. e 32 d.lgs. n. 626/94, cagionato all'operaio C.S. lesioni personali gravi.
In Gaggi il 31 maggio 2011;
capo b) il reato di cui all'alt. 71 comma 3 del d.lgs. n. 81/2008 perché non adottava le misure tecniche e organizzative idonee ad assicurare la scelta degli accessori di sollevamento (c.d. brache) in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio nonché del modo e della configurazione della imbracatura.
In Gaggi il 31 maggio 2011.
1.2. Secondo la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado, P.N. aveva commissionato al legale rappresentante della s.r.l. S.V. la fornitura di diverso materiale edile il quale provvedeva, in data 31 maggio 2011, ad inviare presso il cantiere un autocarro condotto dal dipendente C.S. con il carico da consegnare. Durante le operazioni di scarico di un blocco di legname per carpenteria avvenuto a mezzo di autogrù telecomandata dal predetto lavoratore, quest'ultimo veniva colpito da un blocco di tavole di legno, della lunghezza di circa quattro metri, che scivolavano dall'imbracatura che era posta solo al centro mentre avrebbero dovuto essere trattenute anche da fasce a doppia mandata, poste ad entrambe le estremità in senso antiorario in modo da far sì che il carico, durante la movimentazione, fosse ben bilanciato. Veniva escluso che la oscillazione delle tavole potesse essere ricondotta ad eventuali urti subiti dal gancio della gru nel corso dell'attività di sollevamento.
2. Con sentenza del 14 febbraio 2018 la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti del S.V. per il reato di cui al capo b) perché estinto per prescrizione e rideterminava la pena in euro 1.00 di multa, confermando nel resto.
3. Avverso la predetta sentenza propone ricorso S.V. deducendo il vizio motivazionale.
Evidenzia che gli accessori di sollevamento erano idonei in funzione del carico, dei punti di presa e del dispositivo di aggancio e che 'le imbracature erano state poste alle estremità, come da regole cautelari, mentre lo sbilanciamento era avvenuto solo dopo che C.S. aveva avuto indicazione dagli operai del cantiere di spostare il carico da un'altra parte rispetto al sito ove lo stava scaricando. Lamenta che è stata omessa la valutazione del comportamento dello C.S. e degli operai della società che stavano eseguendo i lavori nel cantiere i quali avevano deciso inopinatamente di effettuare lo scarico del materiale scavalcando un pilastro e non come originariamente previsto.
Inoltre il controllo da parte del ricorrente, mero venditore del materiale, poteva essere esercitato solo sino al momento della partenza del mezzo e in relazione alla fornitura degli accessori di carico esorbitando, invece, dalla sua sfera di controllo le condotte imprudenti poste in essere dall'operatore o dai terzi sui luoghi della consegna.
4. In data 14 marzo 2019 S.V. ha depositato motivi nuovi contestando la ricostruzione dei fatti operata dal teste G., ispettore del lavoro, atteso che il Comandante della Stazione Carabinieri e i testimoni oculari avevano dato opposte versioni dell'accaduto.
Lamenta altresì l'inosservanza e/o erronea applicazione di legge in relazione all'art. 521 cod. proc. pen. per la mancata correlazione tra accusa e difesa posto che la Corte distrettuale ha incentrato il giudizio di responsabilità sulla omessa vigilanza. Inoltre ribadisce che non è stato adeguatamente considerato che esorbitavano dalla sua sfera di controllo del S.V. le condotte imprudenti poste in essere dall'operatore o dai terzi sul luogo di consegna del materiale.
5. L'INAIL ha depositato memoria difensiva in data 7 marzo 2019 chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

Considerato in diritto

1. Il ricorso, è inammissibile sia per genericità che per manifesta infondatezza alla stregua di quanto qui di seguito esposto.
2. Giova rammentare che, secondo i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, i motivi di ricorso per cassazione possono riprodurre totalmente o parzialmente quelli di appello ma solo entro i limiti in cui ciò serva a documentare il vizio enunciato e dedotto, con autonoma, specifica ed esaustiva argomentazione (Sez. 6, n. 34521 del 27/06/2013, Rv.256133). 
In linea generale si osserva che la funzione tipica dell'impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce che si realizza attraverso la presentazione di motivi i quali, a pena di inammissibilità debbono indicare specificatamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Contenuto essenziale dell'atto di impugnazione è, pertanto, indefettibilmente il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta.
Il motivo di ricorso in cassazione, poi, è caratterizzato da una duplice specificità. Esso, oltre ad essere conforme all'art. 581 lett. c) cod. proc. pen., quando «attacca» le ragioni che sorreggono la decisione deve, altresì, contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, in modo che sia chiaramente sussumibile fra i tre, soli, previsti dall'art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., deducendo poi, altrettanto specificamente, le ragioni della sua decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata, sì da condurre a una decisione differente (Sez. 6, n. 8700 del 21 gennaio 2013, Rv. 254585).
3. Orbene, nel caso in esame i motivi di ricorso sono già proposti con l'atto di appello e riprodotti pedissequamente in questa sede, in assenza di una censura argomentata alle ragioni contenute nella decisione impugnata.
4. Inoltre i predetti motivi poggiano su considerazioni di mero merito, non scrutinabili in sede di legittimità, a fronte della completezza e della tenuta logica - giuridica dell'apparato argomentativo posto a supporto della sentenza impugnata.
Va rammentato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovo e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le incongruenze logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché - come nel caso in esame - siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento (per tutte, Sez. Un. n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
Più in particolare è stato sottolineato come, ai sensi di quanto disposto dall’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., il controllo di legittimità sulla motivazione è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 21644 del 13/02/2013, Rv. 255542).
Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto, risultando preclusa la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito, perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa.
Queste operazioni impedirebbero alla Corte di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei giudici di merito a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza rispettino uno standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l'iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione.
5. I motivi di ricorso vengono valutati unitariamente in quanto strettamente connessi.
5.1. Osserva il Collegio che, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte distrettuale ha ritenuto dirimente, ai fini dell'attribuibilità dell'evento lesivo al S.V., in conformità al giudice di primo grado, la circostanza della mancanza della doppia imbracatura alle estremità delle tavole ed in senso antiorario in violazione delle norme cautelari prescritte in caso di movimentazione dei carichi ed in particolare delle disposizioni di cui al punto 3.1.6. dell'allegato VI del d.lgs. n. 81/2008.
Nel predetto contesto fattuale i giudici di secondo grado hanno valutato, con argomentazioni congrue, del tutto irrilevante la circostanza riferita da alcuni testimoni della presenza di due fasce di imbracature al centro delle tavole risultando comprovata la mancata predisposizione di adeguate misure organizzative e tecniche di sicurezza.
5.2. Manifestamente infondata risulta pertanto il dedotto difetto di correlazione tra accusa e difesa.
Si rammenta che, secondo la giurisprudenza di legittimità (Sez. 4. N. 35666 del 19/06/2007 Rv. 237469), in tema di reati colposi può ritenersi violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza solo quando la causazione dell'evento venga contestata in riferimento ad una singola specifica ipotesi colposa e la responsabilità venga invece affermata in riferimento ad un'ipotesi differente. È consentito, infatti, al giudice aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e quindi non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa, a tutela del quale la normativa è dettata.
5.3. I giudici di merito hanno correttamente addebitato l'infortunio a S.V., datore di lavoro di C.S., in quanto titolare della posizione di garanzia per avere consentito che l'operazione in questione si svolgesse senza l'adozione delle cautele necessarie ad assicurare la tutela della salute e sicurezza dei dipendenti.
5.4. Né può assumere alcuna rilevanza l'asserito comportamento colposo dell'infortunato che, a dire del ricorrente, avrebbe deciso inopinatamente ed improvvidamente di effettuare lo scarico, non così originariamente previsto ma scavalcando un pilastro, atteso che l'eventuale condotta imprudente dell'operaio non può in ogni caso valere ad escludere la responsabilità del datore di lavoro.
Al riguardo è sufficiente rammentare che, secondo il costante dictum della Suprema Corte (Sez. 4 n. 3787 del 17/10/2014 - dep. 2015 -Rv. 261946), il titolare di una posizione di garanzia in ordine all'incolumità fisica dei lavoratori ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori il rispetto delle regole di cautele, sicché la sua responsabilità può essere esclusa per causa sopravvenuta soló in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e, comunque, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute connotandosi come del tutto inopinabile.
6. L'inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile INAIL che liquida in euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile INAIL che liquida in euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso il 26/03/2019

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 27944 | 26 Giugno 2019

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Sentenze cassazione penale

Operaio sepolto vivo durante lo svuotamento del silos. Rischio interferenziale

Penale Sent. Sez. 4 Num. 27944 Anno 2019

Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 17/04/2019

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 16.11.2015 la Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la pena e per il resto ha confermato la declaratoria di responsabilità di E.T. e G.R. per il reato di omicidio colposo in danno di P.G.N., aggravato per la violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Sulla base della ricostruzione operata in sede di merito, il fatto può essere sintetizzato come segue. La mattina del 22.10.2007 il P.G.N., autista dipendente della Truciolo S.r.l., raggiungeva insieme al collega C.M. lo stabilimento della ditta Stilsedia, presso il quale doveva svuotare il silos contenente trucioli di legno. Gli operai posizionavano il cassone del camion sotto l'imbocco del silos, che conteneva il materiale di scarto della lavorazione del legno che, attraverso due botole quadrate situate all'estremità inferiore, veniva raccolto direttamente per essere poi trasportato fino allo stabilimento della ditta Truciolo, dove veniva riciclato nella produzione di pallet. P.G.N. era all'interno del cassone quando veniva travolto dalla repentina caduta del materiale, da cui rimaneva schiacciato e completamente sepolto, con conseguente decesso per asfissia meccanica violenta da soffocazione indiretta.
La Corte territoriale, sulla base di quanto processualmente emerso, ha addebitato al G.R., quale committente, ed al E.T., quale datore di lavoro, condotte di cooperazione colposa causative dell'evento, per non avere costoro adempiuto all'onere di informazione sui rischi specifici dell'ambiente di lavoro e per non aver promosso e realizzato la cooperazione e il coordinamento fra le rispettive ditte per l'attuazione delle misure di prevenzione dai rischi dell'attività data in appalto e dai rischi interferenziali. Al G.R. in particolare è stato addebitato di non aver messo a disposizione attrezzature sicure e di non aver redatto il d.u.v.r.i. per la valutazione dei rischi interferenziali; al E.T. di non aver fornito ai lavoratori una adeguata e specifica formazione e di non avere messo a disposizione degli stessi adeguati strumenti di lavoro.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto distinti ricorsi per cassazione i due imputati.
3. G.R. lamenta quanto segue.
I) Vizio di motivazione con riferimento all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato.
Deduce il travisamento delle risultanze probatorie, con particolare riguardo alla testimonianza resa da C.M., unica persona presente sul luogo al momento dei fatti. Erroneamente la Corte territoriale deriva la piena attendibilità del C.M. dalla svalutazione della deposizione dallo stesso resa in dibattimento, contrastante con quelle rese a s.i.t. nell'immediatezza. L'intera deposizione del teste appare costellata da contraddizioni in ordine alla ricostruzione del sinistro, ed in contrasto con gli altri elementi probatori acquisiti, quali: il mancato rinvenimento del forcone asseritamente utilizzato dal P.G.N. per lo scarico del materiale; l'abbigliamento del C.M. il giorno dell'infortunio, non vestito da lavoro e totalmente pulito, come riferito dal altri testi; la deposizione del teste Gasparetto in ordine alla condotta tenuta dal C.M. subito dopo lo "scarico fatale", secondo cui questi aveva chiesto aiuto, dimostrando di non sapere dove si trovasse il suo collega; elementi indicativi del fatto che la botola del silos potesse essere aperta solo dall'esterno del cassone e che l'unico che potesse averlo fatto fosse il C.M..
Lamenta l'illogicità dell'analisi operata nella sentenza impugnata in punto di nesso di causa, effettuata sulla base della errata ricostruzione della dinamica del sinistro. Ciò a fronte della assoluta idoneità alla normativa di sicurezza del silos in questione, che negli anni era stato adeguato inserendo, per l'apertura delle botole, un sistema di rinvio esterno per il tramite di volani; erano stati, inoltre, posizionati una serie di pianerottoli sul corpo esterno per eventuali ispezioni e/o interventi dall'esterno, proprio al fine di consentire eventuali operazioni di scuotimento della segatura e del truciolo in caso di "impaccatura" del materiale.
Assume la contraddittorietà dei riscontrati profili colposi riguardanti la mancata valutazione dei rischi e di una precisa direttiva sulle modalità esecutive del lavoro, nonostante la sentenza abbia poi riconosciuto che una addetta della ditta (la signora G.R.) si fosse fatta carico di indicare agli operai le modalità di apertura delle botole e che fosse stato considerato il rischio da seppellimento dei lavoratori addetti allo scarico del silos.
Denuncia l'insussistenza di una effettiva interferenza tra i lavoratori della Truciolo S.r.l. e quelli della Stilsedia, stante l'intervenuto accordo secondo cui il prelievo del materiale dal silos avvenisse tra le ore 6.00 e le ore 7.30, prima dell'arrivo dei dipendenti della Stilsedia.
Rileva nella specie la macroscopica imprudenza commessa dai due lavoratori, il P.G.N. per essere salito sopra il cassone ed essersi posizionato sotto la botola durante le fasi di scarico del materiale; il C.M. per aver azionato il volano di apertura della botola con il collega posizionato sopra il camion. Tali condotte configurano un comportamento abnorme idoneo ad esonerare da responsabilità il datore di lavoro ed il committente.
II) Vizio di motivazione in punto di trattamento sanzionatorio. 
Deduce la carenza di motivazione in relazione alla mancata concessione delle già riconosciute attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante, avuto riguardo alla evidente imprudenza compiuta dal P.G.N., riconosciuta dalla stessa Corte di merito.
4. E.T. lamenta la violazione di legge, in quanto al momento dell'infortunio non era datore di lavoro del P.G.N., ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta esclusione dell'abnormità della condotta della vittima.

Considerato in diritto

1. Con atto pervenuto il 18.3.2019 il difensore di E.T. ha fatto pervenire il certificato di morte del suo assistito.
Il decesso del E.T., avvenuto in data 11.1.2017, come da certificato in atti, determina l'estinzione del reato ex art. 150 cod. pen. ed impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei suoi confronti.
2. Per quanto attiene alle doglianze avanzate dal G.R., si deve osservare che la sentenza impugnata affronta motivatamente tutti i punti attinti dal ricorso con motivazione esauriente, congrua e logica, mentre le censure in molti punti attingono al fatto, dilungandosi il ricorrente sulla tematica relativa alle dichiarazioni rese da C.M. Cesare, unica persona presente sul luogo al momento dei fatti, criticando la vicenda per come ricostruita dai giudici, a suo parere frutto di una erronea interpretazione delle prove, cercando di offrire una rilettura dei fatti secondo considerazioni che appaiono riconducibili non tanto ad una consentita censura di travisamento della prova, quanto ad un presunto travisamento dei fatti, vizio pacificamente non sindacabile in sede di legittimità, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 27321701; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 26548201; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012 Minervini, Rv. 25309901).
Va, inoltre, rammentato che nel caso che occupa ci si trova di fronte ad una c.d. "doppia conforme" di condanna, per cui le motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Ciò tanto più ove, come in casi qual è quello che ci occupa, i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, di guisa che le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 25759501; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011 - dep. 2012, Valerio, Rv. 25261501; Sez. 2, n. 5606 del 10/01/2007, Conversa e altro, Rv. 23618101).
3. Con particolare riferimento alla ricostruzione della vicenda va, peraltro, puntualizzato che, nell'economia del giudizio di responsabilità, il ricorrente attribuisce eccessiva importanza alla testimonianza del C.M..
Infatti, anche ammesso che i fatti non siano andati come ricostruito (peraltro in maniera logica e plausibile) dalla Corte territoriale, ma ipotizzando invece che, al contrario, il C.M. non si trovasse sul cassone del camion accanto al P.G.N. ma avesse aperto la botola tramite il volano esterno, il giudizio di responsabilità nei confronti del G.R. sostanzialmente non muterebbe, visto che il punto dolente della vicenda, per come correttamente giudicato dai giudici di merito, è costituito dal fatto che i lavoratori dovessero svuotare a mano il silos, utilizzando un forcone dal basso per far scendere il materiale "impaccato" nel silos.
In questa prospettiva, al G.R. è stato correttamente addebitato non soltanto il mancato adeguamento del silos, sprovvisto di sistemi di svuotamento automatici, ma anche e soprattutto di aver omesso di coordinarsi con l'azienda appaltatrice e di non aver redatto il d.u.v.r.i., tenuto conto del rischio interferenziale comunque sussistente in relazione alla struttura in questione.
Infatti, la nozione di interferenza tra impresa appaltante e impresa appaltatrice non può ridursi, ai fini dell'individuazione di responsabilità colpose, al riferimento alle sole circostanze che riguardino "contatti rischiosi" tra il personale delle diverse imprese, ma deve necessariamente ricomprendere anche tutte quelle attività preventive poste in essere nella fase antecedente ai contatti rischiosi. Gli obblighi di sicurezza devono, infatti, essere adempiuti anche nella fase prodromica all'esecuzione dei lavori, allorché il dovere di coordinamento obbliga il responsabile ad esigere l'allestimento delle protezioni (Sez. 3, n. 12228 del 25/02/2015, Cicuto). In sostanza, il personale della ditta appaltatrice, ancorché operi autonomamente nell'ambito del luogo di lavoro dell'appaltante, deve essere, a cura di quest'ultimo, posto in condizioni di conoscere preventivamente i rischi cui può andare incontro in quel luogo di lavoro. Gli obblighi di informazione di cui all'art. 26 d.lgs. n. 81 del 2008 si estendono, infatti, alla dettagliata e compiuta analisi dei rischi specifici inerenti alle lavorazioni conferite in appalto ossia a tutte quelle situazioni e insidie che, dipendendo proprio dal luogo di lavoro e dalla natura dei materiali esistenti e delle mansioni da svolgere, devono essere poste a conoscenza dell'appaltatore, affinché questi possa regolarsi di conseguenza (Sez. 4, n. 36024 del 03/06/2015, Del Papa). Dunque, a norma dell'art. 26, comma 2, l'appaltatore e il subappaltatore sono tenuti a richiedere al committente il documento di valutazione dei rischi interferenziali e, qualora ricevano risposta negativa, a sopperire personalmente all'individuazione del rischio, collaborando con il committente (Sez. 4, n. 44792 del 17/06/2015, Mancini; Sez. 4, n. 5420 del 15/12/2011 - dep. 2012, Intrevado).
Da questo punto di vista la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che il G.R. non avesse ottemperato all'obbligo di redigere il documento (d.u.v.r.i.) di cui all'art. 7 del d.lgs. n. 626/94 (nel testo in vigore dal 22 agosto 2007) in relazione al rischio connesso all'esecuzione dell'attività appaltata su attrezzatura (il silos) presente nel luogo di lavoro, avendo plausibilmente ritenuto sussistente un rischio da interferenza tra l'attività di scarico del silos e l'attività produttiva della ditta committente.
I giudici di merito hanno evidenziato che fra la ditta committente e l'appaltatore non vi era stato nessun reale coordinamento in relazione alle modalità più sicure da seguire per lo scarico del silos, essendo stato rimesso inadeguatamente all'iniziativa dell'impiegata amministrativa di Stilsedia di indicare le novità apportate al silos e alla diligenza degli operai de "Il Truciolo" di adeguare le modalità di scarico, senza alcuna valutazione dei rischi ed una precisa direttiva sulle modalità esecutive da osservare e sulle cautele da tenere in caso di difficoltà nell'esecuzione dello scarico.
Da quanto sopra la sentenza di merito ha tratto plausibili considerazioni sia in ordine alla sussistenza di profili colposi a carico del G.R., sia in ordine alla configurabilità del nesso causale fra le omissioni addebitate e l'evento, avuto riguardo alla concreta verificazione del rischio che la normativa cautelare violata intendeva neutralizzare, secondo una ponderata valutazione di merito, priva di errori di diritto, come tale insindacabile in cassazione.
4. Per quanto attiene al trattamento sanzionatorio, si deve osservare che la Corte territoriale ha adeguatamente motivato il giudizio di bilanciamento in equivalenza fra le circostanze attenuanti generiche e la circostanza aggravante speciale oggetto di contestazione, avendo congruamente ritenuto che le stesse avessero pari consistenza.
Si tratta di motivazione in linea con il costante insegnamento di questa Corte di legittimità che, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, afferma che non solo è ammessa la c.d. motivazione implicita (Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, Dell'Anna, Rv. 22714201) o con formule sintetiche (tipo "si ritiene congrua" vedi Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, Urrata, Rv. 21158301), ma stabilisce che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all'art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Sez. 3, n. 26908 del 22/04/2004, Ronzoni, Rv. 22929801), evenienza che non sussiste nel caso di specie.
5. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti del E.T. per essere il reato estinto per morte del medesimo.
Deve essere, invece, rigettato il ricorso del G.R., cui consegue la condanna del medesimo al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili in questo giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente all'Imputato E.T. perché estinto il reato per morte del medesimo. Rigetta il ricorso di G.R. che condanna al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili che si liquidano in complessivi euro 4.000,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 17 aprile 2019.

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Nota VV 11358 del 24.07.2019

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Nota VV 11358 del 24.07.2019

Quesiti inerente i gruppi elettrogeni presso i ripetitori radio

Si riscontra la richiesta qui pervenuta rappresentando che le informazioni e i chiarimenti inerenti la normativa antincendio, sulla base di un esame diretto del singolo progetto riferito ad un caso concreto di applicazione della norma, sono fomite istituzionalmente dai Comandi VV.F. competenti per territorio.

In generale comunque, con riferimento ai quesiti proposti, questo Ufficio ritiene che:

1. per la determinazione della potenza complessiva dei gruppi si può, in ogni caso, fare riferimento alla definizione di cui alla lettera q), del punto 1.1 della regola tecnica allegata al decreto 13 luglio 2011 le cui disposizioni, come indicato al comma 3 dell'art. I dello stesso decreto, costituiscono un utile riferimento anche per le installazioni in argomento;

2. per i depositi di gasolio a servizio di gruppi elettrogeni di potenza complessiva non superiore a 25 kW si confermano i chiarimenti già fomiti in precedenza della non assoggettabilità, in analogia a quanto stabilito per gli impianti di produzione di calore.

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Prossima proroga normativa antincendio edifici scolastici e asili nido

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Prossima proroga normativa antincendio

Prossima proroga normativa antincendio edifici scolastici al 31.12.2021 e asili nido al 31.12.2019

Update 12 agosto 2019

Differimento termini adeguamento PI scuole al 31 .12.2021 ed asili nido al 31.12.2019

La Legge 8 agosto 2019 n. 81, conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2019, n. 59, con l'articolo 4-bis differisce (dal 31 dicembre 2018) al 31 dicembre 2019 il termine di adeguamento per gli asili nido alla normativa antincendio mentre per le strutture adibite a servizi scolastici al 31 dicembre 2021, nei casi in cui a ciò non si sia già proceduto.

Art. 4 - bis Modifiche all’articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, e piano straordinario per l’adeguamento alla normativa antincendio degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico

1. Al fine di garantire la sicurezza nelle scuole, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è definito un piano straordinario per l’adeguamento alla normativa antincendio degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico. All’attuazione del piano straordinario di cui al primo periodo si provvede, nei limiti di 25 milioni di euro per l’anno 2019, di 25 milioni di euro per l’anno 2020 e di 48 milioni di euro per l’anno 2021, mediante utilizzo delle risorse assegnate al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo dell’articolo 1, commi 95 e 98, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
2. Nelle more dell’attuazione del piano straordinario di interventi di cui al comma 1, all’articolo 4 del decreto legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, le parole: «al 31 dicembre 2018» sono sostituite dalle seguenti: «al 31 dicembre 2021»;
b) al comma 2 -bis , le parole: «al 31 dicembre 2018» sono sostituite dalle seguenti: «al 31 dicembre 2019».
3. Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sono definite idonee misure gestionali di mitigazione del rischio, da osservare sino al completamento dei lavori di adeguamento. Con lo stesso decreto, fermo restando il termine del 31 dicembre 2021, sono altresì definite scadenze differenziate per il completamento dei lavori di adeguamento a fasi successive.

Update 31 luglio 2019

Conversione in legge con modificazioni del DL 59/2019

Il 31 luglio 2019 la VII Commissione della Camera ha concluso l'esame del D.L. 59/2019 (A.C. 2019), già approvato, con modifiche, dal Senato (A.S. 1374), apportandovi una ulteriore modifica (A.C. 2019-A). Nella stessa data è stato avviato l'esame da parte dell'Assemblea della Camera.

Il testo  reca misure urgenti in materia di personale delle fondazioni lirico-sinfoniche e di altri soggetti, di sostegno del settore del cinema e dell'audiovisivo, di finanziamento delle attività del Ministero per i beni e le attività culturali, di svolgimento della manifestazione UEFA Euro 2020.

Inoltre, a seguito dell'esame del Senato, reca misure attinenti al processo di statizzazione degli Istituti superiori musicali non statali e delle Accademie di belle arti non statali finanziati da enti locali, alla c.d. Card cultura, alla videosorveglianza nei locali di pubblico spettacolo, all'adeguamento alla normativa antincendio degli edifici scolastici e degli asili nido, agli incentivi fiscali per gli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani, periodici ed emittenti televisive e radiofoniche locali.

_____

Disegno di legge: S. 1374. - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2019, n. 59, recante misure urgenti in materia di personale delle fondazioni lirico sinfoniche, di sostegno del settore del cinema e audiovisivo e finanziamento delle attività del Ministero per i beni e le attività culturali e per lo svolgimento della manifestazione UEFA Euro 2020" (approvato dal Senato) (2019)

Iter

31 luglio 2019: all'esame dell'assemblea

Successione delle letture parlamentari
S.1374 approvato 24 luglio 2019
C.2019 all'esame dell'assemblea 31 luglio 2019

Misure riguardanti il personale delle fondazioni lirico sinfoniche e di altri soggetti

L'articolo 1 reca disposizioni inerenti le piante organiche e i rapporti di lavoro nell'ambito delle fondazioni lirico-sinfoniche e, limitatamente ai rapporti di lavoro a tempo determinato, di altri soggetti.

In particolare, riconosce alle fondazioni lirico-sinfoniche, ai teatri di tradizione e ai soggetti finanziati dal Fondo unico per lo spettacolo che utilizzano il CCNL delle medesime fondazioni, la possibilità di stipulare uno o più contratti di lavoro a tempo determinato a condizione che esistano esigenze contingenti o temporanee, la durata complessiva non sia superiore, a decorrere dal 1° luglio 2019, a 36 mesi e si ricorra all'atto scritto.

In caso di superamento del termine di 36 mesi, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno.

Per il reclutamento di personale a tempo indeterminato, dispone che le fondazioni lirico-sinfoniche ricorrono ad apposite procedure selettive pubbliche, secondo criteri e modalità stabiliti da ciascuna, nel rispetto, fra l'altro, dei princìpi di trasparenza, pubblicità e imparzialità.

I contratti di lavoro stipulati non rispettando tale disciplina sono nulli, fermo restando il diritto dei lavoratori alla retribuzione.

Sulla validità dei provvedimenti e delle procedure di reclutamento del personale è competente il giudice ordinario.

Introduce, altresì, una disciplina transitoria, finalizzata, anzitutto, all'assunzione con precedenza – comunque, dopo le assunzioni derivanti dalle procedure selettive in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge - dei vincitori nell'ambito di graduatorie in corso di validità, nonché, fino al 31 dicembre 2021, all'assunzione, in misura non superiore al 50% dei posti disponibili, mediante procedure selettive riservate, di personale che abbia maturato esperienza professionale presso le fondazioni – nei termini indicati - con rapporti di lavoro a tempo determinato.

Sempre fino al 31 dicembre 2021, le fondazioni possono altresì avviare, per i residui posti disponibili, procedure selettive per titoli ed esami, finalizzate a valorizzare, con apposito punteggio, l'esperienza professionale maturata in virtù di precedenti rapporti di lavoro presso le stesse.

Infine, ridisciplina la procedura per la definizione della dotazione organica delle fondazioni lirico-sinfoniche, in particolare prevedendo l'adozione, con decreto interministeriale, di uno schema tipo, sulla base del quale ogni fondazione elabora una proposta. La proposta è approvata con decreto interministeriale previo parere – per le fondazioni che hanno presentato il piano di risanamento di cui al D.L. 91/2013 (L. 112/2013: art. 11) – del commissario straordinario.

Finanziamento delle attività del Ministero per i beni e le attività culturali

L'articolo 2 autorizza la spesa di € 15.410.145 per il 2019 per assicurare lo svolgimento dei servizi generali di supporto alle attività del MIBAC e delle sue strutture periferiche e di € 19.400.000 per ciascuno degli anni 2019 e 2020, al fine di incrementare la quota degli utili derivanti dai giochi del lotto riservata al MIBAC per il recupero e la conservazione dei beni culturali, archeologici, storici, artistici, archivistici e librari, nonché per interventi di restauro paesaggistico e per attività culturali.
Promozione delle opere europee ed italiane da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi

L'articolo 3, co. 1 e 2, interviene sulla disciplina per la promozione delle opere europee ed italiane, prorogando l'applicazione della nuova disciplina (dal 1° luglio 2019) al 1° gennaio 2020. In particolare, modifica gli obblighi di programmazione e di investimento da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi lineari e non lineari, abbassando le quote di progressivo incremento precedentemente previste.

Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche

L'articolo 3, co. 3, ridisciplina la composizione della Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche, in particolare riducendo (da 50) a 49 i membri complessivi, di cui 1 con funzioni di Presidente, e introducendo elementi di maggiore flessibilità nella composizione dei gruppi di soggetti che devono essere rappresentati nella stessa Commissione.

Contributi per opere cinematografiche e audiovisive e per attività di promozione cinematografica e audiovisiva

L'articolo 3, co. 4, aumenta (da 5) a 15 il numero degli esperti chiamati a valutare le richieste di accesso ai contributi selettivi previsti per opere cinematografiche e audiovisive e prevede che siano gli stessi esperti ad attribuire anche i contributi per attività e iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva, specificando anche che la valutazione attiene alla qualità artistica, al valore culturale e all'impatto economico del progetto. Inoltre, modifica alcuni criteri di ripartizione del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo, con riferimento alle medesime tipologie di contributi.

Card cultura per i diciottenni

L'articolo 3, co. 4-bis, inserisce i prodotti dell'editoria audiovisiva fra quelli che possono essere acquistati dai soggetti che compiono 18 anni nel 2019 tramite la c.d. Card cultura.

Sistemi di videosorveglianza nei locali di pubblico spettacolo

L'articolo 3, co. 4-ter, prevede che l'installazione di sistemi di videosorveglianza all'interno della sala destinata al pubblico spettacolo, esclusivamente al fine di individuare chi registra abusivamente un'opera cinematografica o audiovisiva, deve essere autorizzata dal Garante per la protezione dei dati personali. I dati acquisiti con il sistema di videosorveglianza sono criptati e possono essere conservati per un periodo massimo di 30 giorni decorrenti dalla data di registrazione.

Incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani, periodici ed emittenti televisive e radiofoniche locali

L'articolo 3-bis dispone che il credito di imposta previsto per gli investimenti pubblicitari incrementali effettuati da imprese, lavoratori autonomi ed enti non commerciali su quotidiani, periodici ed emittenti televisive e radiofoniche locali, a decorrere dal 2019 è concesso ai medesimi soggetti nella misura del 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati.

Dal 2019, alla copertura degli oneri si provvede mediante utilizzo delle risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, nel limite complessivo determinato annualmente con il DPCM che stabilisce i criteri per la ripartizione delle risorse del Fondo fra la Presidenza del Consiglio e il Ministero per lo sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza. Il DPCM deve essere adottato entro il 31 marzo di ciascun anno.

Per l'anno 2019, le comunicazioni per l'accesso al credito d'imposta sono presentate dal 1° al 31 ottobre.

Modifiche in materia di secondary ticketing

L'articolo 4 esclude lo spettacolo viaggiante dall'applicazione della normativa in base alla quale, dal 1° luglio 2019, i biglietti di accesso ad attività di spettacolo che si svolgono in impianti con capienza superiore a 5.000 spettatori sono nominali.

Adeguamento alla normativa antincendio degli edifici scolastici e degli asili nido

L'articolo 4-bis differisce (dal 31 dicembre 2018) al 31 dicembre 2019 il termine di adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici e ad asili nido alla normativa antincendio, nei casi in cui a ciò non si sia già proceduto.

Interventi per la manifestazione UEFA Euro 2020

L'articolo 5 prevede la possibilità per Roma Capitale di nominare un commissario straordinario preposto alla realizzazione degli interventi necessari per assicurare lo svolgimento del campionato europeo di calcio del 2020 a Roma.

Il commissario provvede in via esclusiva all'espletamento delle procedure dirette alla realizzazione di lavori e all'acquisizione di servizi e forniture, anche per gli eventi strettamente connessi allo svolgimento della manifestazione sportiva, nonchè alla predisposizione e approvazione del piano degli interventi. Quest'ultimo deve essere trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e all'Autorità di governo competente in materia di sport.

Istituti superiori musicali non statali e Accademie di belle arti non statali finanziati da enti locali

L'articolo 5-bis incrementa di € 4 mln le risorse da destinare nel 2019 alla statizzazione degli Istituti superiori musicali non statali e delle Accademie di belle arti non statali finanziati dagli enti locali, per un totale, dunque, di € 32,5 mln.
Le risorse aggiuntive sono utilizzate per consentire allo Stato di assumere l'onere delle situazioni debitorie pregresse delle stesse Istituzioni, nel caso di enti locali per i quali sia stato dichiarato il dissesto finanziario fra il 2 gennaio 2018 e il 31 marzo 2018.

Le stesse risorse sono attribuite su richiesta dell'Istituzione interessata e previa verifica da parte del MIUR.

Dispone, inoltre, in ordine alla assegnazione delle risorse per il 2019 prima del perfezionamento della domanda di statizzazione.

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The 7 layersof fire safety in buildings

ID 8855 | | Visite: 3985 | Prevenzione Incendi

EU fire safety

EU Fire Safety Guide | The 7 layersof fire safety in buildings

La Guida "The 7 layersof fire safety in buildings" della Confederation of Fire Protection Association Europe (CFPA-Europe) identifica e descrive i sette livelli di sicurezza antincendio che devono essere assicurati ai fini della protezione delle strutture e delle persone che in esse vi ospitano.

I  sette livelli vengono così individuati:

1) PREVENTION
2) DETECTION
3) EARLY SUPPRESSION
4) EVACUATION
5) COMPARTMENTATION
6) STRUCTURAL SAFETY
7) FIREFIGHTING

1) PREVENTION

Innanzitutto, l'inizio di un incendio dovrebbe essere prevenuto . Comprendere le cause e i fattori di rischio di questo è il punto di partenza per informare gli efficaci sforzi di prevenzione attraverso misure tecniche e umane.

Le principali cause di incendi accidentali in Europa sono il fumo, i guasti elettrici, la cottura e la negligenza con fonti di accensione, come fiammiferi o candele.

La maggior parte degli incendi residenziali fatali accendono mobili imbottiti , letti , materassi e tessuti , compresi i vestiti, e iniziano nel soggiorno , seguiti dalla camera da letto e dalla cucina * .

I prodotti da costruzione che potrebbero essere esposti a un incendio iniziale sono soggetti ai requisiti di prestazione di "reazione al fuoco" basati sul sistema Euroclass.

* Nel 2018 la European Fire Safety Alliance ha presentato un primo rapporto sugli incendi residenziali mortali in Europa.

Migliori pratiche

L'Estonia ha aggiornato il suo approccio alla sicurezza antincendio nel 2006 per includere la prevenzione sistematica. Da allora, il numero di incidenti d'incendio ha visto una riduzione di tre volte. La Finlandia organizza ogni anno una settimana per la sicurezza antincendio, tra cui un evento per la famiglia "Day at the Fire Station", in cui è possibile apprendere importanti capacità di sicurezza antincendio.

Cosa si può fare?

Migliorare la raccolta di statistiche esaminando le principali cause e i fattori di rischio per gli incendi negli edifici. Nel 2018, il Parlamento europeo ha adottato un progetto pilota a tale scopo .

Affrontare le aree chiave di interesse con prodotti specifici. Ad esempio, la sicurezza elettrica richiede elevati standard di prodotto, un'efficace sorveglianza del mercato e ispezioni regolari.

Il sistema di allarme rapido dell'UE (RAPEX) identifica, tra le altre cose, apparecchi a rischio per i prodotti che devono essere rimossi dal mercato.

Supportare iniziative di sensibilizzazione e istruzione molto importanti ed efficaci. Ad esempio, il progetto finanziato da Erasmus + " BFireSafe @ School " ha lo scopo di aumentare la consapevolezza della sicurezza antincendio per gli alunni e gli insegnanti delle scuole secondarie di tutta Europa.


2) DETECTION

Quando si verifica un incendio nonostante le misure di prevenzione, è importante rilevarlo il prima possibile per dare agli occupanti dell'edificio il tempo sufficiente per reagire , compresa l'evacuazione sicura e l'estinzione anticipata.

Il fumo non ti sveglierà in tempo in caso di incendio di notte, lo faranno solo gli allarmi e i rilevatori di fumo. Questi sono fondamentali per consentire l'evacuazione tempestiva.

Si consiglia l'installazione di allarmi antincendio all'interno di ogni camera da letto, all'esterno di ogni zona notte e su tutti i livelli dell'intero edificio residenziale .

Negli edifici più grandi, gli allarmi devono idealmente essere interconnessi per avvisare tutti gli occupanti dell'edificio.

Migliori pratiche

Gli allarmi antifumo sono obbligatori negli alloggi residenziali in Norvegia, Danimarca, Svezia, Finlandia, Estonia, Regno Unito, Paesi Bassi, Francia, Irlanda, Austria, Belgio e Germania *.

Giorno Smoke Alarm nei paesi nordici promuove il controllo regolare dei rilevatori di fumo.

* Il tipo e la portata dei requisiti varia da paese a paese.

Cosa si può fare?

Gli occupanti degli edifici devono assicurarsi che gli allarmi antincendio siano posizionati correttamente, siano in numero sufficiente e funzionino correttamente. In diversi paesi e regioni, i servizi antincendio organizzano campagne di sensibilizzazione specifiche e vengono distribuiti o installati rilevatori di fumo per le persone più vulnerabili.

Il Parlamento europeo può sostenere il lavoro a livello nazionale sostenendo l'uso esteso degli allarmi antincendio in tutta Europa e riconoscendo il ruolo dei servizi antincendio nelle iniziative di sensibilizzazione e prevenzione.

3) EARLY SUPPRESSION

Quando si verifica un incendio, può essere fermato entro i primi minuti da un estintore manuale o da irrigatori automatici . Gli irrigatori vengono attivati ​​automaticamente dal calore e solo nel luogo in cui si verifica l'incendio.

Il 96% degli incendi in edifici protetti da irrigatori sono controllati o estinti dal sistema in loco.

Le prove dimostrano che mentre gli irrigatori sono principalmente destinati a contenere o controllare gli incendi, possono anche essere strumentali per salvare la vita delle persone nella stanza di origine dell'incendio.

Migliori pratiche

I sistemi automatici di soppressione del fuoco sono richiesti in tutte le case residenziali in Galles e negli edifici residenziali sopra due piani in Norvegia . Sono disponibili diversi tipi di irrigatori , tra cui unità portatili e temporanee che possono essere installate senza la necessità di costruire tubature e che, ad esempio, possono essere utili per le persone che soggiornano a casa e che sono meno in grado di evacuare, come gli anziani o persone disabili .

Cosa si può fare?

Promuovere un uso più ampio dei sistemi di soppressione automatica (in particolare per edifici a più alto rischio e persone più vulnerabili) è la chiave per ridurre ulteriormente gli incendi mortali.
L'UE può sostenere gli sforzi attraverso finanziamenti UE dedicati .

4) EVACUATION

Se un incendio inizia e non può essere fermato immediatamente, l'evacuazione sicura degli occupanti di un edificio è la prima priorità . È essenziale avere accesso a buone vie di fuga ben illuminate, brevi e senza fumo e conoscerle. Pertanto, le vie di fuga dovrebbero essere incluse nella progettazione degli edifici come parte di un approccio olistico alla sicurezza antincendio .

Il tempo target per l'evacuazione di un edificio in caso di incendio varia a seconda delle dimensioni dell'edificio.

Le vie di fuga bloccate o ingombra possono essere un grosso problema.

Migliori pratiche

La Slovenia ha sviluppato una campagna per fornire ai cittadini informazioni e raccomandazioni sulla pianificazione tempestiva dell'evacuazione in caso di incendio.

I pompieri di Francoforte organizzano controlli di sicurezza di grattacieli e esercitazioni di evacuazione.

In molti regolamenti edilizi sono definiti i metodi per mantenere le vie di fuga senza fumo. Ciò può essere ottenuto attraverso il rilascio di fumo o l'estrazione del fumo, nonché la compartimentazione.

Cosa si può fare?

I regolamenti europei prevedono già requisiti minimi per la fornitura di segnali di sicurezza sul lavoro, anche per le vie di fuga d'emergenza.
Negli edifici residenziali, le persone devono conoscere il proprio piano di evacuazione ed esercitarsi in esercizi di evacuazione . Ciò può essere sostenuto a livello dell'UE attraverso campagne di sensibilizzazione e istruzione in tutte le lingue.
Strategie specifiche dovrebbero essere sviluppate per gruppi più vulnerabili come gli anziani o i disabili.

5) COMPARTMENTATION

La compartimentazione del fuoco garantirà che un incendio e il suo fumo siano contenuti nel compartimento di origine e non si diffondano in altre stanze. Mira anche a proteggere le vie di fuga sicure come corridoi e scale.

Le barriere fisiche raggiungeranno la compartimentazione, tra cui pareti e pavimenti antincendio, porte tagliafuoco e sigillatura ignifuga di giunti e penetrazioni .

In caso di propagazione rapida di un incendio su una facciata, la strategia di compartimentazione potrebbe essere compromessa.

Il Regolamento UE sui prodotti da costruzione (CPR) consente una metodologia di prova e classificazione comune per i prodotti da costruzione per quanto riguarda la loro reazione o resistenza al fuoco e per comunicare le loro prestazioni .

Consente agli Stati membri di definire i requisiti di prestazione nazionali per applicazioni specifiche, anche a fini di compartimentazione .

Migliori pratiche

Diversi paesi ( Regno Unito, Irlanda, Germania, Francia, Svezia, Norvegia, Danimarca, Austria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia ) utilizzano test su larga scala per i sistemi di facciata, che è il modo migliore per garantire che un sistema di facciata non compromettere la strategia di compartimentazione.

I vigili del fuoco di Francoforte organizzano l' ispezione regolare di grattacieli Sicurezza antincendio in edifici alti e medi dove verifica che la compartimentazione non sia compromessa da guasti nelle porte tagliafuoco o penetrazioni non sigillate attraverso i muri.

Cosa si può fare?

I codici di costruzione e l'applicazione sono di competenza nazionale. Evidenziare le migliori pratiche in materia di applicazione e riconoscere il ruolo dei servizi antincendio nell'ispezione degli edifici può essere un ruolo per l'UE.
L' UE fornisce alle autorità nazionali con norme armonizzate per i prodotti sviluppati dal CEN. È inoltre in fase di sviluppo un metodo armonizzato di prova e classificazione UE per i sistemi di facciata.

6)  STRUCTURAL SAFETY

In caso di un grande incendio, la sicurezza strutturale dell'edificio deve essere garantita in modo che non collassi su occupanti o vigili del fuoco.

Le prove antincendio strutturali si basano sull'uso della prova di resistenza al fuoco standard su elementi strutturali e assiemi.

Le strutture antincendio non sono solo una questione di combustibilità dei materiali.

Le attuali conoscenze consentono la progettazione di strutture antincendio in calcestruzzo e acciaio, nonché in legno, materiali compositi ed elementi con prodotti combustibili.

Migliori pratiche

Gli Eurocodici - un insieme di standard europei per la progettazione di edifici e altre opere di ingegneria civile - sono un riferimento in Europa e fuori per la progettazione di strutture che tengono conto dell'incendio e della sicurezza sismica .

Cosa si può fare?

Ulteriori metodi di ingegneria basati su studi sperimentali possono essere utilizzati per migliorare la comprensione delle prestazioni antincendio dei sistemi strutturali durante gli incendi reali.
L'UE può sostenere il lavoro svolto dalla piattaforma di scambio di informazioni antincendio (FIEP) che sta esplorando la fattibilità dello sviluppo di standard e qualifiche di ingegneria antincendio dell'UE.


7) FIREFIGHTING

Quando si verifica un incendio, i vigili del fuoco dovrebbero arrivare il più presto possibile per evacuare gli occupanti, combattere l'incendio e prevenire qualsiasi ulteriore propagazione.

 Migliori pratiche

112 è il numero di emergenza europeo disponibile in tutta Europa. Viene celebrato ogni anno l'11 febbraio in occasione della Giornata europea del 112 per sensibilizzare l'opinione pubblica sui suoi vantaggi e sul ruolo dei servizi di emergenza.

In Germania, una linea guida specifica per i grattacieli di appartamenti richiede la progettazione di edifici per integrare specifiche strutture antincendio che consentano una reazione più rapida, come una fornitura idrica specifica o ascensori antincendio.

Cosa si può fare?

La lotta antincendio richiede attrezzature, addestramento e conoscenze all'avanguardia. La ricerca, la condivisione delle conoscenze e la formazione possono essere ulteriormente organizzate e supportate a livello dell'UE tramite la piattaforma di scambio di informazioni antincendio (FIEP) o programmi di finanziamento specifici.

Imparare dagli incidenti d'incendio è la chiave. L'UE potrebbe promuovere la creazione di un forum permanente di esperti che analizza le cause dell'incendio e la condivisione di strategie di sicurezza antincendio basate sul lavoro in corso della piattaforma di scambio di informazioni sugli incendi (FIEP) della Commissione europea.

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Fonte: CFPA-Europe

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D.P.R. 26 dicembre 1960, n. 1843

ID 8840 | | Visite: 1725 | Decreti Sicurezza lavoro

D.P.R. 26 dicembre 1960, n. 1843

Norme sulla previdenza e l'assistenza aziendale ai lavoratori della ceramica e degli abrasivi soggetti alla silicosi. 

(GU n.51 del 27-2-1961 - S.O n. 1)

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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 5/2019

ID 8815 | | Visite: 3114 | Interpelli Sicurezza lavoro



Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 5 del 15 Luglio 2019

Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011
Con Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011 è stata istituita la Commissione per gli interpelli prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro (Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81) ed è stato attivato l’indirizzo di posta elettronica Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

I quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro possono essere inoltrati alla Commissione per gli interpelli, esclusivamente tramite posta elettronica, dagli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.

Le istanze di interpello trasmesse da soggetti non appartenenti alle categorie indicate o privi dei requisiti di generalità non potranno essere istruite. Non saranno pertanto istruiti i quesiti trasmessi, ad esempio, da studi professionali, associazioni territoriali dei lavoratori o dei datori di lavoro, Regioni, Province e Comuni.
Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza. Prima di inoltrare l’istanza si prega di verificare:

- che il quesito, concernente l’interpretazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro sia di carattere generale e non attenga a problematiche aziendali specifiche;
- che il soggetto firmatario rientri nelle categorie indicate. 

Nuovo Interpello del 15 Luglio 2019 (n. 5/2019):

15/07/2019 - n. 5/2019 Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE)
Art. 12, d.lgs. n. 81/2008 e smi - risposta ai quesiti in merito al Decreto 22 gennaio 2019 - aggiornamento dei corsi di formazione già effettuati secondo le regole del 2013

Oggetto: art. 12, d.gs. n. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni - decreto 22 gennaio 2019 recante criteri generali di sicurezza relativi alle procedure di revisione, integrazione e apposizione di segnaletica stradale destinata ad attività lavorative in presenza di traffico veicolare – chiarimenti sull’aggiornamento dei corsi di formazione già effettuati secondo le regole del 2013"

L’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito alla “validità dei corsi di aggiornamento erogati secondo le regole del decreto interministeriale 4 marzo 2013, recante criteri generali di sicurezza relativi alle procedure di revisione, integrazione e apposizione di segnaletica stradale destinata ad attività lavorative in presenza di traffico veicolare, recentemente abrogato a seguito dell’entrata in vigore (15 marzo 2019) del decreto interministeriale del 22 gennaio 2019”.
In particolare l’ANCE chiede, in considerazione del fatto che le disposizioni del decreto interministeriale del 22 gennaio 2019 hanno modificato, rispetto al decreto interministeriale del 4 marzo 2013, il periodo di validità dei corsi e la loro durata, se sia corretta l’interpretazione secondo la quale alle imprese che svolgono attività di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale, debba essere richiesto “un adeguamento dei corsi di formazione effettuati prima del 15 marzo 2019, sulla base del decreto del 2013, che stabiliva un periodo di aggiornamento della durata di quattro anni”.

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Linee guida in caso di intervento su veicoli elettrici

ID 8810 | | Visite: 8416 | Prevenzione Incendi

Linee guida in caso di intervento su veicoli elettrici VVF

Linee guida in caso di intervento su veicoli elettrici

VVF 2019

Gli interventi di soccorso su veicoli ibridi o elettrici è sempre più frequente. Questo impone la necessità di conoscere le nuove insidie per consentire agli operatori del soccorso di intervenire in sicurezza.

Un gruppo di Vigili del fuoco ha affrontato la questione sui rischi connessi a un intervento in presenza di questi moderni sistemi di accumulo elettrochimico e ha predisposto delle specifiche linee guida che possano aiutare i soccorritori nella valutazione e nell’individuazione di specifiche procedure d’intervento in caso di scenari incidentali di questo tipo. La trattazione, in versione ancora non definitiva, vuole illustrare e informare sulle problematiche inerenti alla sicurezza elettrica nei sistemi di accumulo in generale, utilizzati in impianti FTV ed AUTOMOTIVE. In particolare, si vuole porre in risalto e definire alcune linee guida per poter eseguire le operazioni di soccorso in presenza dei suddetti sistemi, seguendo le normative di riferimento per il lavoro elettrico sotto tensione e fuori tensione.

Quella che viene proposta in questa sede, dunque, è una panoramica sui fattori di rischio che interessano direttamente il soccorritore, una rassegna generale sugli azionamenti elettrici e i supporti energetici che l’operatore deve conoscere e saper riconoscere durante il proprio lavoro.

La documentazione è composta da un documento generale - le Linee Guida - e da una serie di schede tecniche di approfondimento che, nel tempo, verranno integrate e ampliate.

Allegati
Linee Guida per incidenti che coinvolgono auto elettriche-ibride
Scheda tecnica. Come leggere una Rescue Sheet
Scheda tecnica. Connettori di Ricarica
Scheda tecnica. Dispositivi di Protezine Individuale
Scheda tecnica. I rischi di elettrocuzione
Scheda tecnica. Gli scenari incidentali
Scheda tecnica. I sistemi di ricarica
Scheda tecnica. I veicoli ibridi

VVF 2019

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Il primo soccorso nei lavori in quota

ID 8797 | | Visite: 4327 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Il primo soccorso nei lavori in quota

Il primo soccorso nei lavori in quota

Il lavoro in quota o in altezza riguarda tutte le attività lavorative che portano il lavoratore a operare a più di due metri di altezza rispetto al piano stabile (art. 107, d.lgs. 81/2008).

Questo lo espone a importati rischi per la salute e sicurezza. Molti soggetti infortunati potrebbero essere soccorsi efficacemente evitando il sopraggiungere di anni o morte.

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Fonte: INAIL

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La gestione della sicurezza nelle cave a cielo aperto

ID 8795 | | Visite: 4026 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Sicurezza nella cave

La gestione della sicurezza nelle cave a cielo aperto

La scheda fornisce una panoramica sulla produzione nel settore estrattivo delle cave a cielo aperto e un breve excursus sulle attività estrattive di pietre ornamentali, da costruzione, calcare, pietra da gesso, creta e ardesia (Ateco B0811) e di ghiaia, sabbia, argilla e caolino (Ateco B0812).

In sintesi, riporta i dati riguardanti la produzione, gli addetti e gli infortuni nell’ultimo quinquennio; descrive il processo estrattivo tipo e i riferimenti normativi in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, con particolare enfasi sugli obblighi, anche formativi, delle figure principali professionali che intervengono nel processo estrattivo in cava.

Fonte: INAIL 

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FAQ valutazione stress lavoro correlato

ID 8784 | | Visite: 5212 | Documenti Sicurezza Enti

FAQ valutazione stress lavoro correlato

FAQ valutazione stress lavoro correlato

FAQ per la valutazione, gestione e miglioramento dello stress lavoro correlato nelle micro e piccole imprese e documenti di interesse

Decreto Regione Lombardia, n. 9204 del 25.06.2019

I dati Eurostat (2013) mostrano che l’Italia è il paese con il maggior numero di imprese. Ad oggi, si contano 3,77 milioni, contro i 3 milioni della Francia, i 2,2 della Germania e i 2,3 della Spagna. Di queste, le microimprese (meno di dieci addetti) rappresentano il 95% delle unità produttive totali e assorbono il 45% degli addetti complessivi (ISTAT 2016).

Esiste un’esigenza del tessuto produttivo italiano delle micro e piccole imprese di crescere dimensionalmente per reggere i sistemi competitivi. Questa crescita, come dimostrano le esperienze internazionali di successo, non po’ che passare anche attraverso una evoluzione organizzativa e gestionale. In questa ottica, il documento si pone l’obiettivo di aiutare le imprese a rileggere la valutazione del rischio Stress Lavoro Correlato (da ora SLC), non più solo come un adempimento normativo, ma come opportunità in chiave di crescita organizzativa, maggiore compattezza, sviluppo occupazionale e miglioramento delle condizioni di lavoro.

Questo documento si propone di essere facilmente leggibile ed utilizzabile dagli imprenditori, dai lavoratori, dalle loro rappresentanze e dalle figure coinvolte nel processo della prevenzione salute e sicurezza (RSPP, MC e figure consulenziali), al fine di acquisire maggiore consapevolezza nella gestione e valutazione del SLC. Si pone certamente come strumento atto a contribuire e a diffondere un sapere condiviso dalle parti e di proporre una formulazione non scontata o troppo complicata.

La valutazione dei rischi organizzativi e quindi anche quella del rischio SLC, è percepita ancora come un obbligo di legge e non come un’opportunità in termini di sviluppo per l’organizzazione e le attività economiche (EU-OSHA, 2009).

Il documento ha l’obiettivo di essere uno strumento semplice e facilmente fruibile da tutti gli attori coinvolti. Non sono richieste conoscenze e/o competenze particolari per comprenderlo; chiunque può utilizzarlo, conoscerne i concetti principali e se ritenuto utile approfondirli in modo rapido ed efficace. Lo SLC, le sue cause e i possibili miglioramenti sono comprensibili e chiari e tutti possono diventare consapevoli di come contrastarlo e coglierne gli aspetti critici che emergono di volta in volta.

Gli attori coinvolti nel processo ne possono ricavare utilità.

a) I datori di lavoro: le condizioni di successo per un’impresa sono la qualità del prodotto/servizio, l’attenzione per il mercato, la competitività e la determinazione orientata al business. Diventa sempre più necessario l’esigenza di avere un’organizzazione e una gestione che permetta di essere più solidi ed efficaci e meno in balia delle criticità del mercato. Come noto, i datori di lavoro hanno la responsabilità di tutelare la sicurezza e la salute occupazionale dei propri lavoratori. Questo aspetto può essere trasformato in un’opportunità per permettere all’azienda di crescere, ai datori di lavoro di conoscere meglio i propri dipendenti e i loro bisogni e di anticipare le criticità individuali e di gruppo legate all’adattamento ai cambiamenti organizzativi. È uno strumento utile ad una maggiore efficienza aziendale e di business.
b) I lavoratori: lo strumento vuole essere una opportunità per comprendere le proprie criticità lavorative, le cause di eventuali fattori di stress e di potersi tutelare meglio. Il lavoratore può contribuire al fatto che le condizioni lavorative siano più rispondenti ai propri bisogni di crescita ed aiutarlo a tenere sotto controllo i fattori di rischio per la salute e sicurezza sul lavoro e le cause dello stress percepito. Il documento permette ai lavoratori di sentirsi parte attiva nella tutela della propria salute e sicurezza e di acquisire maggiore consapevolezza sullo stato di benessere organizzativo all’interno della propria azienda.
c) Le figure professionali: lo strumento vuole aiutare tutte le figure coinvolte negli adempimenti normativi relativi alla salute e sicurezza aziendale. Spesso sono delle figure esperte nella valutazione dei rischi classici (fisici, chimici, biologici e tecnico impiantistici) ma meno specializzati nei rischi emergenti legati all’organizzazione (stress lavoro correlato e da sovraccarico biomeccanico).

Il documento è strutturato in domande e risposte che le persone che si avvicinano a questo tema si pongono con maggior frequenza in relazione alle proprie esperienze lavorative. Sono quelle che la letteratura internazionale definisce FAQ (Frequently Asked Questions). È quindi la parte più pratica e concreta del documento dove si possono trovare risposte sintetiche e di buon senso, ma anche rimandi alle parti più articolate e specifiche che si trovano nei Link di approfondimento tecnico normativo, individuati come di rilievo dal Laboratorio.

In conclusione, l’obiettivo di questo documento è quello di rendere un argomento complesso più accessibile, a gradazione crescente con diversi livelli di approfondimento e specificità sia per i datori di lavoro ed i lavoratori sia per i professionisti del settore.

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Fonte: Regione Lombardia

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Gli obblighi progettisti, fabbricanti e installatori

ID 6403 | | Visite: 10631 | Documenti Riservati Sicurezza

Obblighi progettisti Forniotri e installatori TUS

Sicurezza: obblighi di progettisti, fabbricanti e installatori 

I soggetti esterni all’azienda, quali progettisti, fabbricanti, fornitori ed installatori, sono stati annoverati fra i debitori dell’obbligo di sicurezza già dal 1955. L’art. 7, d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, infatti, espressamente vietava la costruzione, la vendita, il noleggio, la concessione in uso di macchine, di parti di macchine, di attrezzature, di utensili e di apparecchi in genere destinati al mercato interno, nonché l’installazione di impianti, che non [fossero] rispondenti alle norme del decreto (...)”.

La ratio del coinvolgimento di tutti questi soggetti estranei all’azienda nel sistema della sicurezza sul lavoro, si è rinvenuta nell’esigenza di rendere più completa ed efficace la tutela dei lavoratori, impedendo in tal modo la costruzione e l’immissione nel mercato di apparecchi potenzialmente pericolosi per la loro integrità fisica.

Con l’avvento del Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro (d.lgs. n. 81/2008),  tutta la disciplina relativa ai soggetti esterni all’azienda contenuta prima nel d.P.R. n. 547/1955 e poi nel d.lgs. n. 626/1994, è stata sostanzialmente confermata negli artt. 22, 23 e 24, salvo qualche modifica letterale che, tuttavia, non ne scardina l’impostazione. La dottrina, sul punto, è unanime nel ritenere che le anzidette norme abbiano natura programmatica; esse, infatti, non prescrivono precisamente le condotte vietate, bensì rinviano ad altre norme, di natura prevalentemente tecnica, che ne completano il contenuto.

Parimenti confermata resta, poi, la ratio della disciplina, rappresentata dall’opportunità di disciplinare il processo produttivo delle attrezzature da utilizzare nell’ambiente di lavoro e il coinvolgimento dei soggetti esterni all’azienda nel debito di sicurezza. Nonostante una sostanziale continuità fra i tre corpi normativi che dagli anni ’50 del secolo scorso hanno regolato la materia in esame, non possono essere sottovalutate le novità introdotte dal Testo Unico del 2008. Esse sono essenzialmente due e di portata esclusivamente letterale.

In primo luogo, il legislatore del 2008 ha sostituito il termine “macchine”, presente nella disciplina previgente, con il termine “attrezzature di lavoro”. Ciò al fine di allineare la normativa in questione con quella del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 17, che, da un lato, ha recepito la direttiva macchine 2006/42/CE, contenente i requisiti di costruzione delle attrezzature di lavoro, e, dall’altro, ha abrogato il previgente d.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 che regolava la medesima materia. In secondo luogo, così come innanzi accennato, nelle disposizioni introdotte dal Testo Unico, è costante il riferimento alla normativa “in materia di salute e sicurezza” cui i debitori esterni di sicurezza devono attenersi nell’adempimento dei propri obblighi.

Una significativa critica alla formulazione degli artt. 22, 23 e 24 del d.lgs. n. 81/2008 è stata, tuttavia, mossa da chi ha rilevato che, a differenza di quanto accade a proposito di altre figure soggettive protagoniste del sistema di sicurezza, nel d.lgs. n. 81/2008 manca del tutto una esplicita definizione dei soggetti “esterni” all’azienda. 
...

Sono 3 gli Articoli cardine del D.Lgs. 81/2008  per gli Obblighi di progettisti, fabbricanti e installatori

Art. 22. Obblighi dei progettisti

1. I progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono attrezzature, componenti e dispositivi di protezione rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia.

Art. 23. Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori (1)

1. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
2. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di attestazione alla conformità, gli stessi debbono essere accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione.

Art. 24. Obblighi degli installatori

1. Gli installatori e montatori di impianti, attrezzature di lavoro o altri mezzi tecnici, per la parte di loro competenza, devono attenersi alle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti.

(1) Interpello 13 dicembre 2017, n. 1 - Risposta al quesito relativo all'ambito di applicazione dell’articolo 23 del d.lgs. n. 81/2008
.
...

Art. 61. Esercizio dei diritti della persona offesa

1. In caso di esercizio dell'azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, se il fatto e' commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbia determinato una malattia professionale, il pubblico ministero ne da' immediata notizia all'INAIL ed all'IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze, ai fini dell'eventuale costituzione di parte civile e dell'azione di regresso.

2. Le organizzazioni sindacali e le associazioni dei familiari delle vittime di infortuni sul lavoro hanno facolta' di esercitare i diritti e le facolta' della persona offesa di cui agli articoli 91 e 92 del codice di procedura penale, con riferimento ai reati commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.
...
segue in allegato

Danilo Volpe

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D. Volpe
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Decreto 2 luglio 2019

ID 8757 | | Visite: 7475 | Prevenzione Incendi

Decreto 2 luglio 2019

Decreto del Ministro dell’interno 2 luglio 2019 

Modifiche al decreto 28 febbraio 2014 in materia di regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio delle strutture turistico-ricettive in aria aperta (campeggi, villaggi turistici, ecc.) con capacita' ricettiva superiore a 400 persone. 

(GU Serie Generale n.162 del 12-07-2019)

Entrata in vigore: 13.07.2019

Art. 1. Modifiche alla regola tecnica di prevenzione incendi allegata al decreto del Ministro dell’interno del 28 febbraio 2014.

1. È approvato l’allegato 1, che costituisce parte integrante del presente decreto, che modifica la regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’ esercizio delle strutture turistico - ricettive in aria aperta (campeggi, villaggi turistici, ecc.) con capacità ricettiva superiore a 400 persone di cui al decreto del Ministro dell’interno del 28 febbraio 2014.
2. L’allegato 1 di cui al comma 1 sostituisce integralmente l’allegato al decreto del Ministro dell’interno del 28 febbraio 2014.

Art. 2. Modifiche al decreto del Ministro dell’interno del 28 febbraio 2014

1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni previste all’articolo 6, comma 2, lettera a) del decreto del Ministro dell’interno del 28 febbraio 2014, il termine «B.4.4» è sostituito da «B.4.2».

Art. 3. Disposizioni transitorie e finali

1. Per le attività in regola con gli adempimenti previsti dal decreto del Ministro dell’interno del 28 febbraio 2014 ovvero che abbiano pianificato interventi di adeguamento alle disposizioni contenute nel citato decreto, il presente decreto non comporta adempimenti.

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 29545 | 08 luglio 2019

ID 8753 | | Visite: 3263 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 dell' 08 luglio 2019 n. 29545

Infortunio con una macchina asolatrice. Omessa valutazione del rischio specifico e indelegabilità

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: FERRANTI DONATELLA
Data Udienza: 25/06/2019

Fatto

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Brescia, confermava la sentenza del Tribunale di Brescia, pronunciata il 6.04.2017, che aveva condannato P.A. alle pena di mesi uno di reclusione
1.1 P.A. quale amministratore unico della s.r.l. Pialegno con sede in Darfo è imputato del reato di cui all'art. 590 comma 1 e 3 cod. pen. in relazione all'art. 70 D.Lvo n.81/08 perché cagionava, per colpa, generica e specifica, al lavoratore F.G. lesioni personali, consistite in flc D2 e flc falange ungueale della mano dx, giudicate guaribili in 43 giorni; ciò in quanto, mentre il lavoratore stava posizionando un listone sul piano di appoggio della asolatrice IRMI IR 110 03198, la mano destra entrava in contatto con l'utensile da taglio in rotazione. Si contesta la condotta colposa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia e violazione delle norme di prevenzione e in particolare di aver messo a disposizione dei lavoratori la macchina asolatrice non conforme alle specifiche disposizioni legislative, in quanto presentava il rischio di contatto accidentale delle mani del lavoratore con utensili da taglio in movimento. Fatti accaduti in Darfo Boario Terme l'8.03.2012.
L'infortunio, secondo la ricostruzione della Corte territoriale che riporta puntualmente le risultanze dibattimentali del giudizio di primo grado, avveniva con le seguenti modalità: K., richiesto dal responsabile di produzione, si era portato a lavorare con l'asolatrice per listoni per realizzare due asole su superfici di listoni in legno; la sequenza lavorativa accertata dai tecnici della Asl in sede di sopralluogo implicava che il moto di avanzamento dell'utensile e il ciclo di lavoro fosse semiautomatico con carico manuale, sicché le mani del lavoratore durante la lavorazione avevano accesso ad una zona pericolosa, venendo in contatto con utensili da taglio, in quanto il carico manuale dei listoni in legno veniva effettuato mentre l'utensile era in moto ( fol 3 e 4). Durante il posizionamento del listone nel piano di appoggio la mano del lavoratore veniva in contatto accidentalmente con l'utensile da taglio che gli procurava le lesioni sopra descritte.
E' risultato dall'istruttoria che la macchina asolatrice non era conforme ai requisiti di sicurezza, presentando uno spazio di alimentazione tra il bordo inferiore del riparo e il piano lavoro di 60 mm e che la distanza tra il bordo esterno del riparo e gli organi lavoranti era di 160 mm, consentendo così l'accesso accidentale, tanto più che per esigenze di maggiore produttività, durante le operazioni di carico manuale, la rotazione non veniva arrestata.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, deducendo violazione di legge, mancanza e contraddittorietà della motivazione sotto il seguenti profili:
I) la Corte territoriale ha omesso di valutare il ruolo e la posizione dell'imputato e in particolare la delega effettuata al preposto P.R. come risulta dall'organigramma del 2016;
II) l'infortunio è del 8.03.2012 mentre la notizia di reato è pervenuta in Procura solo il 5.10.2015, in violazione dell'art. 335 cod.proc.pen.; le deposizioni degli Ufficiali di PG sono pertanto inutilizzabili in quanto dovrebbero essere ritenuti indagati del reato di cui all'art. 361 cod. pen..
III) manca la prova che le lesioni abbiano superato la durata della malattia dei 40 giorni con le dovute conseguenze in materia di procedibilità.

Diritto

1. Il ricorso è infondato.
2. Il primo motivo contesta il valore probatorio degli elementi utilizzati dalla Corte di appello per pervenire al convincimento di responsabilità e non tiene conto degli argomenti e delle indicazioni puntuali acquisite e risultanti dai due gradi di merito (testimonianze dei lavoratori e verbali e annotazione di sopralluogo dei funzionari ASL in merito alla ricostruzione dell'infortunio e rilievi fotografici, fol 3 sentenza primo grado). Riguardo alla posizione di garanzia quale datore di lavoro, ricoperta dagli imputati, la decisione impugnata non presenta nessuno dei vizi dedotti.
Invero si è accertato che non era stata valutata nè messa a punto nel documento di valutazione dei rischi una adeguata e rigorosa misura di sicurezza richiesta dalle particolare caratteristiche e dalla complessità del macchinario, finalizzata a garantire e a prevenire anche un eventuale errore umano accidentale in particolare l'inserimento delle mani del lavoratore in corrispondenza dell'organo lavorante da taglio caratterizzato tra l'altro da un pericoloso automatismo a ripetizione automatica; solo successivamente alle prescrizioni della Asl e all'infortunio è stata infatti apposta una copertura integrale di sicurezza al macchinario acquistato nel 1998 di cui non sono stati mai prodotti né manuale d'uso né di manutenzione e conformità CE.
E' evidente, pertanto, come valorizzato da entrambi i Giudici di merito, che si tratta di compiti non delegabili di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di sicurezza da parte del datore di lavoro.
Gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 d. lgs. n.81/2008 riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco, ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 26110801; Sez. 4, n. 4350 del 16/12/2015, dep. 2016, Raccuglia, Rv. 26594701). Nel caso in esame, correttamente la Corte di appello ha puntualizzato che non vi è stato alcun atto di delega, valido sotto il profilo dell'art. 16 del d.lgs. n.81/2008 (che richiama la forma scritta e la data certa della delega) e che comunque trattandosi di valutazione del rischio non poteva essere oggetto di delega; nelle argomentazioni dei giudici di primo grado si legge tra l'altro che l'imputato, cui faceva capo la posizione di garanzia, in quanto datore di lavoro, non controllò nè fece controllare il macchinario in questione dal punto di vista della sicurezza; infatti gli accorgimenti idonei a prevenire il rischio del contatto accidentale delle mani del lavoratore con organi pericolosi in movimento furono parzialmente installati solo nel febbraio 2016, con l'inserimento di un riparo aggiuntivo nella zona di alimentazione e mediante l'uso di un doppio pulsante ad azione mantenuta, mentre non fu mai prodotto il manuale d'uso o di manutenzione del macchinario nè l'attestazione di conformità alla CE.
3. Il secondo motivo è infondato in quanto la tardiva trasmissione degli atti da parte della PG competente non inficia la utilizzabilità processuale delle acquisizioni probatorie ai sensi dell'art. 191 cod.proc.pen. in quanto nessuna norma di legge specifica risulta violata con riferimento alle acquisizioni testimoniali degli operanti di PG interventi sul luogo dell'Infortunio e la cui inutilizzabilità è solo genericamente indicata nei motivi di ricorso.
Va ricordato sul punto l'indirizzo giurisprudenziale di questa Corte che, ai fini della previsione di cui all'art. 405 cod. proc. pen., ha ribadito che la decorrenza del termine delle indagini preliminari va calcolata dal momento della formale ed effettiva iscrizione nell'apposito registro (art. 335 cod. proc. pen.) delle generalità della persona alla quale il reato stesso sia stato attribuito e non da quello in cui il P.M. ha disposto l'iscrizione medesima (Sez. 6, Sentenza n. 25385 del 19/03/2012 Cc. (dep. 27/06/2012 ) Rv. 253100-01)
Le Sezioni Unite hanno statuito che l'omessa annotazione della "notitia criminis" nel registro previsto dall'art. 335 cod. proc. pen., con l'indicazione del nome della persona raggiunta da indizi di colpevolezza e sottoposta ad indagini "contestualmente ovvero dal momento in cui esso risulta", non determina l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti sino al momento dell'effettiva iscrizione nel registro, poiché, in tal caso, il termine di durata massima delle indagini preliminari, previsto dall'art. 407 cod. proc. pen., al cui scadere consegue l'inutilizzabilità degli atti di indagine successivi, decorre per l'indagato dalla data in cui il nome è effettivamente iscritto nel registro delle notizie di reato, e non dalla presunta data nella quale il pubblico ministero avrebbe dovuto iscriverla. L'apprezzamento della tempestività dell'iscrizione, il cui obbligo nasce solo ove a carico di una persona emerga l'esistenza di specifici elementi indizianti e non di meri sospetti, rientra nell'esclusiva valutazione discrezionale del pubblico ministero ed è sottratto, in ordine all' "an" e al "quando", al sindacato del giudice, ferma restando la configurabilità di ipotesi di responsabilità disciplinari o addirittura penali nei confronti del p.m. negligente Sez. U, Sentenza n. 16 del 21/06/2000 Ud. (dep. 30/06/2000 ) Rv. 216248)
Ne consegue,, in applicazione dei principi sopra richiamati,, che correttamente la Corte territoriale ha valutato la tempestività della iscrizione della notizia di reato da parte della Procura della Repubblica in data 6 ottobre 2015; a nulla rilevando, sotto il profilo della inutilizzabilità, l'eventuale ritardo della trasmissione della notizia di reato all'Ufficio requirente da parte della PG ed esulando peraltro tale censura dal giudizio di legittimità.
4. Il terzo motivo è manifestamente infondata oltre che generico e aspecifico, in quanto la Corte territoriale ha puntualmente motivato che la durata della malattia derivante dall'infortunio è pacificamente superiore ai 40 giorni, come risulta dai certificati medici in atti e dalle attestazioni dell'Inail che indica la durata della malattia in 44 giorni (fol 7).
5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 25.06.2019.

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Direttiva 2008/106/CE

ID 8750 | | Visite: 3843 | Legislazione Sicurezza UE

 Direttiva 2008 106 CE Formazione gente di mare

Direttiva 2008/106/CE 

ID 8750 | Update 01.12.2021

Direttiva 2008/106/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare.

(GU L 323/33 del 03.12.2008)

Attuazione: Decreto Legislativo 7 luglio 2011 n. 136

Abrogazione

Abrogata dalla Direttiva (UE) 2022/993 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2022, concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare (GU L 169/45 del 27.6.2022)


______

In allegato testi:
- Nativo
- Consolidato 2013
- Consolidato 2019

Articolo 2 Ambito di applicazione

La presente direttiva si applica alla gente di mare di cui alla presente direttiva che presta servizio a bordo di navi adibite alla navigazione marittima battenti bandiera di uno Stato membro ad eccezione:
a) delle navi da guerra, navi da guerra ausiliarie o altre navi appartenenti ad uno Stato membro o gestite da uno Stato membro esclusivamente a fini governativi e non commerciali;
b) delle navi da pesca;
c) delle unità da diporto che non effettuano alcun traffico commerciale;
d) delle imbarcazioni di legno di costruzione rudimentale.

Articolo 3 Formazione e abilitazione

1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la gente di mare che svolge le proprie mansioni a bordo di una nave di cui all’articolo 2 riceva una formazione conforme come minimo ai requisiti della convenzione STCW, riportati nell’allegato I della presente direttiva, e sia titolare del certificato definito nell’articolo 4 o del certificato adeguato definito nell’articolo 1, punto 27.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i membri dell’equipaggio che devono essere abilitati conformemente alla regola III/10.4 della SOLAS 74 siano formati e abilitati a norma della presente direttiva.
...

Modificata da:

M1 - Direttiva 2012/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012 (GU L 343 78 14.12.2012) - Testo Consolidato 2013
M2 - Direttiva (UE) 2019/1159 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 (GU L 188 94 12.7.2019) - Testo Consolidato 08.2019

Collegati:

Cassazione Penale Sez. 4 06 giugno 2011 n. 22334

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Cassazione Penale Sez. 4 06 giugno 2011 n. 22334

Incendio in un hotel e responsabilità per omissioni nell'attuazione di un piano di emergenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUARTA SEZIONE PENALE

Composta dagli lll.mi Sigg.ri Magistrati: 
Dott. FRANCESCO MARZANO Presidente
Dott. GIACOMO FOTI Consigliere
Dott. FAUSTO IZZO Consigliere
Dott. UMBERTO MASSAFRA Consigliere
Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) BARTOLETTI ANTONIETTA N. IL 28/05/1928
2) NALDI ROBERTO N. IL 28/12/1952
3) MILOS GIUSEPPINA CARLA N. IL 02/03/1949
avverso la sentenza n. 1422/2008 CORTE APPELLO di 21/07/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/04/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Monetti che ha concluso per il rigetto dei ricorsi 
Udito per la parte civile l'Avv. ...
Uditi i difensori Avv. ..., ..., ..., ... che hanno chiesto l'accoglimento dei ricorsi;

FattoDiritto

1. A seguito di giudizio abbreviato il Tribunale di Roma ha affermato la responsabilità degii imputati in epigrafe in ordine ai reati di incendio colposo e di omicidio colposo plurimo e, concesse le attenuanti generiche e quella di cui all'art. 62 n. 6 cod pen., applicata la diminuente per la scelta dei rito, li ha condannati alla pena di due anni di reclusione con i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna. La pronunzia è stata confermata dalia Corte d'appello dì Roma.

Il fatto è stato ricostruito nei seguenti termini.

Nel corso della notte due giovani donne ospiti dell'hotel Parco dei Principi inavvertitamente svuotavano nei cestino dei rifiuti un portacenere con alcuni mozziconi accesi, generando fiamme che innescarono l'incendio dell'edificio. Mentre la maggior parte degli ospiti riuscirono a salvarsi attraverso le uscite di sicurezza, un uomo perse la vita nei tentativo di calarsi a terra dal balcone della sua stanza facendo uso di lenzuola annodate; ed altri due persone vennero meno all'interno del bagno nel quale si erano rifugiate. Il fuoco sviluppatosi dalla stanza delle ragazze era stato alimentato dall'apertura delle porte delle stanze e dalle correnti d'aria; e si era propagato in modo diffusivo. L'incendio aveva altresì dato luogo alla propagazione di fumo attraverso i cavedi destinati ai passaggio dell'impiantistica.
In relazione a tali accadimenti è stata elevata imputazione nei confronti di Antonietta B. quale amministratrice e legale rappresentante della società per azioni proprietaria dell'albergo; di Roberto N. quale amministratore di fatto di tale società; e di Giuseppina M. quale direttore dell'albergo e capo della squadra di emergenza aziendale.

2. Ricorrono per cassazione gli imputati.

2.1. B. e N. con unico atto deducono diversi motivi, alcuni dei quali comuni.

2.1.1 Con il primo motivo si lamenta che l'ordinanza con la quale, nei corso dei giudizio di appello, è stata disposta perizia è priva di specifica motivazione in violazione degli articoli 603 e 125 cod. proc. pen., essendosi limitata la Corte ad enunciare genericamente che l'indagine "ai fini della decisione è assolutamente necessaria". Ne consegue la nullità della stessa perizia e della sentenza che da tale atto ha desunto decisivi elementi di giudizio.

2.1.2 Con il secondo motivo si censura la valutazione in ordine agli accertamenti tecnici compiuti dal pubblico ministero. Essi sono stati eseguiti ai sensi dell'art. 359 cod. proc. pen. erroneamente ritenendo che le indagini disposte non determinassero un mutamento dello stato dei luoghi. Tale valutazione è stata condivisa dalla Corte di appello con motivazione solo apparente. Al riguardo i ricorrenti considerano che una struttura alberghiera interessata da un fenomeno incendiario, una volta restituita al proprietario, subisce un inevitabile mutamento finalizzato alla riapertura al pubblico. Nella situazione data si sarebbe pertanto imposto un accertamento tecnico ai sensi dell'art. 360 cod. proc. pen.

2.1.3 Con il terzo motivo, afferente alla posizione dell'imputata B., si censura la ritenuta esistenza di una posizione di garanzia afferente al rischio di incendi ed alla tutela dell'incolumità degli ospiti. Alla donna viene mosso l'addebito di non aver svolto opera di vigilanza sul rispetto e l'attuazione concreta delle misure previste nel piano di emergenza, compresa l'organizzazione del personale inserito nella stessa squadra. Tale profilo di responsabilità, tuttavia, non è stato oggetto di contestazione. L'imputazione fa infatti riferimento ad una condotta attiva consistita nell'aver consentito che in orario notturno la vigilanza fosse espletata da due dipendenti non facenti parte della squadra di emergenza. Non si fa invece menzione di alcuna condotta omissiva.

2-1.4 Con il quarto motivo, sempre afferente alla posizione della B., si lamenta che la colpa consistente nel non aver vigilato sull'adempimento afferente all'organizzazione del personale della squadra di emergenza non può essere imputabile alla ricorrente, giacché l'imputata non aveva assunto su di sé l'obbligo di sovraintendere e coordinare l'impiego di tale personale. L'obbligo gravava interamente sulla M. in virtù del suo ruolo di direttore dell'albergo, nonché di coordinatrice della squadra stessa. La responsabilità dell'imputata va esclusa avendo costei nominato correttamente un preposto altamente qualificato ed avendo fornito tutti gii strumenti idonei alla prevenzione degli incendi. D'altra parte, non è concepibile che l'imputata potesse essere gravata di un controllo giornaliero delle turnazioni del personale, adempimento non afferente alla veste di legale rappresentante della società tanto più in una struttura complessa come quella in esame.


2.1.5 Il quinto motivo afferisce alla posizione dell'imputato S. La responsabilità di costui è stata ravvisata essendosi ritenuto che egli rivestisse la posizione di amministratore di fatto. Tale ruolo, tuttavia, può essere individuato solo sulla base di elementi sintomatici di organico inserimento del soggetto nell'organizzazione. Nella sentenza impugnata si dà atto che l'imputato ha terminato il suo incarico di amministratore unico in data 21 novembre 2001. Subito dopo si afferma in modo indimostrato che l'attribuzione all'imputato della partecipazione azionaria nella misura del 60% si sarebbe verificata allo scopo di evitare il ruolo e gli obblighi dell'azionista unico. Tale motivazione è solo apparente; ed inconferente rispetto alla dimostrazione del lavoro concretamente svolto dopo la cessazione dell'incarico ufficiale. A! riguardo il giudice di merito ha erroneamente tratto argomento da condotte successive al fatto. L'imputato viene erroneamente considerato come proprietario della società di capitali; ed erroneamente ed indimostratamente si assume la prosecuzione di una attività gestatoria che invece era cessata da oltre tre anni. Conclusivamente, il maggior azionista della società di capitali proprietaria dell'albergo non ha posto in essere alcun comportamento omissivo lecito o illecito.

2.1.6 Il sesto motivo attiene alla ricostruzione della dinamica dei fatti e della propagazione dell'incendio. La sentenza si basa, in proposito, sui risultati della perizia disposta in appello. SI è ritenuto che la tempestiva chiusura della porta della stanza in cui l'incendio era stato innescato dalle sue occupanti avrebbe evitato l'evento. Tale valutazione è stata compiuta senza tuttavia consentire la richiesta visione della videoregistrazione relativa al corridoio in cui l'incendio si sviluppò. Tale registrazione avrebbe chiarito che dopo l'innesco del fuoco nella stanza numero 305 la cui porta era stata lasciata aperta dalle due giovani ospiti, il corridoio del terzo piano era già invaso da fumi acri e densi, tali da impedire di percorrerlo senza subire conseguenze gravissime. La visione dello stato del corridoio avrebbe quindi consentito di accertare un dato determinante ai fini della obiettiva ricostruzione della dinamica dei fatti. Incongruamente la Corte d'appello non ha consentito la visione di tale filmato sul presupposto che nella relazione peritale risultavano già richiamate e valutate tali registrazioni. Questa motivazione viene ritenuta dal ricorrente censurabile in quanto rinvia ad un accertamento solo apparentemente compiuto dai periti, avendo costoro fatto esclusivo riferimento ad isolati fotogrammi tratti dal filmato, diversi da quelli di cui si è chiesta la visione. Conclusivamente, la pronunzia di merito ha formulato il suo giudizio senza una diretta valutazione della prova dei fatti, essendosi limitata a richiamare il contenuto della perizia che ha dato una versione solo parziale e soggettiva delle risultanze probatorie.
D'altra parte, la pronunzia è pure censurabile quando attribuisce rilievo all'incompetenza dei facchini intervenuti per primi, privi di nozioni antincendio necessarie. Tale assunto viene ritenuto criticabile giacché, essendo già l'incendio in atto, nessun intervento umano sarebbe risultato idoneo a contenerne gli effetti. La stessa Corte, d'altra parte, omette dì considerare che tutti i dipendenti erano stati resi edotti del piano di emergenza e delle modalità dì intervento.

2.2 L'imputata M. propone diversi motivi.

2.2.3 Con il primo motivo si prospetta violazione di legge e vizio della motivazione per ciò che attiene alla dimostrazione del nesso causale.
Erroneamente si è ritenuto che imputata fosse titolare dì una posizione di garanzia derivante dalla qualifica di capo squadra antincendio e dalla veste di direttrice dell'albergo. Orbene il decreto legislativo n. 626 del 1994 non reca alcuna norma al riguardo e focalizza la responsabilità sulle figure del datore di lavoro e del responsabile della sicurezza, mentre la ricorrente non rivestiva alcuna di tali posizioni. Una posizione di garanzia non può essere ravvisata neppure ove sì voglia equipararla ad una dirigente, poiché l'articolo 2 del testo
normativo in questione consente tale equiparazione solo nell'ambito della pubblica amministrazione. Spettava invece al datore di lavoro ogni onere in merito alla valutazione dei rischi ed alla individuazione delle misure di prevenzione e protezione.

L'imputata, nella sua veste di capo squadra antincendio, era solo deputata a coordinare gli addetti alla lotta antincendio in caso di emergenza ma esclusivamente durante i suoi turni di lavoro. Poiché al momento degli accadimenti la ricorrente non era in servizio non le può essere conseguentemente mosso alcun addebito. Eventuali carenze organizzative vanno
imputate al responsabile del servizio di prevenzione e protezione, destinatario delle deleghe in materia di sicurezza e non ad un addetto alla gestione delle emergenze, anche se con compiti di caposquadra. La Corte invece non ha mai fatto riferimento alla figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione come se questi non fosse portatore di alcuna responsabilità in materia. 
Si argomenta, ancora, che la predisposizione di un adeguato piano di emergenza, così come tutte le altre misure organizzative, riguardano solo il datore di lavoro, il quale si avvale della collaborazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Viceversa nel contratto di lavoro stipulato dalla imputata non compaiono prescrizioni in merito alla predisposizione e attuazione del piano di emergenza, tanto che essa non ha contribuito alla stesura né ha firmato il piano di emergenza; oltre a non aver mai partecipato alla riunione periodica in ordine alla prevenzione e protezione dai rischi. Pertanto se il piano di emergenza è risultato carente, tale carenza non è ascrivibile alla ricorrente ma piuttosto a chi ha redatto e firmato l'atto. Viceversa la sentenza sembra erroneamente attribuire la responsabilità in questione all'imputato.

Si ribadisce altresì che l'imputata non era responsabile del coordinamento della squadra di emergenza anche in sua assenza, non risultando tale obbligo da alcuna norma. L'imputata, in conclusione, in virtù del suo contratto quale direttrice dell'hotel era una semplice dipendente con compiti esecutivi da svolgere nel caso di emergenza ed ovviamente solo durante i turni di lavoro nei quali era presente.


2.2.2 Con il secondo motivo si censura la pronunzia impugnata con riguardo al profilo afferente all'elemento psicologico. In realtà sia la condotta del portiere che quella del facchino sono state conformi a quanto previsto dai piano di emergenza, come evidenziato dai consulenti della difesa. Costoro sono intervenuti sul luogo ed hanno compiuto la prima operazione doverosa consistita nell'allontanare le due ospiti dal luogo del pericolo. D'altra parte non sarebbe stato possibile chiudere la porta della stanza poiché essa era stata già investita dalle fiamme. Il personale in questione ha d'altra parte immediatamente provveduto a sollecitare l'intervento dei vigili del fuoco.

2.2.3 Il terzo motivo attiene al nesso causale. Si prospetta al riguardo che la motivazione è apparente ed illogica. La responsabilità dei sinistro trova la sua radice nel comportamento delle due ospiti che non solo hanno dato origine all'incendio, ma hanno anche determinato la sua propagazione attraverso l'apertura della porta della stanza. D'altra parte, come emerge dalla visione dei filmati visionati dai consulenti tossicologi, le donne non presentavano patologie da incendio né segni di malessere e mantennero la stazione eretta senza problemi per diversi minuti. Esse erano quindi in condizione di comprendere gli accadimenti ed hanno omesso le condotte che sarebbero state pure necessarie, così determinando la formazione dell'incendio. Tale valutazione esclude che possa essere riconosciuta una responsabilità concorrente dell'imputata. Altrettanta rilevanza nel determinismo dell'evento ha avuto il ritardo dell'intervento dei vigili del fuoco. Infine si ravvisa una condotta colposa delle vittime, che non trova alcuna spiegazione logica, poiché esse sono state colte nel sonno ma hanno adottata la scelta imprudente di rientrare nelle stanze sebbene fossero disponibili e segnalate scale antincendio che consentirono la salvezza a tutti gli altri occupanti dell'albergo. Due ospiti si sono illogicamente chiuse in piccolo bagno, mentre una terza persona ha tentato di salvarsi calandosi dal balcone con un rudimentale sistema basato su lenzuola annodate. Tali condotte completamente incongrue vengono ritenute idonee ad interrompere ii nesso causale: si era in presenza di una situazione di pericolo tale da poter essere agevolmente superata con l'uso della normale diligenza. Rispetto a tali condotte i precedenti accadimenti costituiscono solo mere occasioni.

2.2.4 La difesa di M. ha presentato una memoria con la quale vengono tardivamente dedotti motivi aggiunti.

3. Il ricorso di N. è fondato. Sono invece privi di pregio quelli di M. e B.

3.1 Il primo motivo proposto da B. e N. è infondato, avendo doverosamente la Corte di merito disposto un'indagine peritale per sopperire proprio alle problematiche fattuali prospettate ed avendo congruamente dato conto delle necessità dell'indagine, con implicito ma trasparente riferimento proprio alle incertezze riscontrate. Trattandosi di iniziativa officiosa, avviata per corrispondere ad un bisogno probatorio del giudice, la motivazione adottata è del tutto congrua.

3.2 Quanto agli accertamenti tecnici, la Corte d'appello rileva che, avuto riguardo alla natura dell'incarico conferito al consulente ed alla sostanziale ripetibilità degli accertamenti tecnici sulla base anche dei rilievi eseguiti subito dopo l'incendio ed adeguatamente documentati, l'atto era da qualificare come accertamento tecnico ripetibile. In ogni caso, prosegue ancora la Corte territoriale, si è ritenuto di disporre una indagine peritale ai fini di una esaustiva ricostruzione degli accadimenti; ed al contenuto di tale ampia indagine si è fatto riferimento ai fini dei giudizio. Taie valutazione è immune da censure. Il giudice di merito si è consapevolmente affidato, ai fini della decisione, alle valutazioni dei periti, mentre non hanno assunto decisivo rilievo, nel loro momento valutativo, le preliminari indagini tecniche del pubblico ministero; e questo basta a svuotare di concreto interesse la problematica sollevata a proposito delle ripetibilità dell'atto. D'altra parte I ricorrenti sembrano incongruamente ricondurre l'irripetibilità non alla natura delle operazioni quanto, piuttosto, alla restituzione del bene ai proprietario.

3.3 Per il resto le censure prospettate si riconducono a due temi di fondo che riguardano da un lato la ricostruzione del fatto e le problematiche causali; e dall'altro le posizioni di garanzia e le sfere di responsabilità individuali.


Le questioni fattuali possono essere considerate unitariamente.

La Corte d'appello considera che il fuoco è stato indiscutibilmente determinato dal comportamento gravemente imprudente delle due giovani cittadine statunitensi ospiti della stanza n. 305, che incongruamente svuotarono il portacenere nei cestino portarifiuti. Dopo l'attivazione dell'impianto di allarme un facchino dell'hotel si recò all'ingresso della stanza in questione, ridiscese nella reception e subito dopo risalì al piano. Tale condotta venne tenuta circa nove minuti dopo l'inserimento dell'allarme.
La Corte dà pure atto che in data 3 giugno 2003 era stato redatto un documento denominato piano di emergenza del grande hotel Parco dei principi sottoscritto dall'amministratore unico e legale rappresentante B. nonché dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione P. in attuazione di quanto previsto dalla normativa ministeriale in ordine alla sicurezza antincendio delle strutture ricettive. Detto piano prevedeva la costituzione di una squadra di emergenza antincendio composta da 24 persone munite di apposito patentino, rilasciato dopo la frequentazione di corso di addestramento antincendio. Caposquadra era il direttore dell'albergo M. C. e, in sua assenza, un vice caposquadra.

Si è appurato che la notte in cui accaddero i fatti non era in servizio alcuno dei componenti della squadra di emergenza, bensì solo il portiere ed un facchino. Dunque, il piano era stato sostanzialmente disatteso. Ciò ha impedito di fronteggiare adeguatamente e tempestivamente il focolaio di incendio; cosa che avrebbe potuto essere fatta ad esempio attraverso la chiusura della porta della stanza lasciata aperta dalle due ospiti dopo la loro fuga, nonché di quelle delle altre stanze. D'altra parte, sia il portiere che il facchino erano privi delle cognizioni e dell'addestramento posseduti dai componenti della squadra di emergenza: ciò spiega perché da parte di costoro non fu adottata alcuna idonea iniziativa. D'altra parte, ia presenza di personale qualificato avrebbe anche consentito dì utilizzare tempestivamente gli strumenti in dotazione dell'albergo cioè gli idranti e gli estintori, tanto più che l'albergo era conforme ai requisiti di sicurezza previsti dalla legge. In altri termini, prosegue la Corte, vi erano tutte le condizioni per neutralizzare l'avvio delle fiamme impedendo così che il fuoco si sviluppasse e coinvolgesse l'intero edificio.


Alla luce di tale ricostruzione degli accadimenti e sulla base delle valutazioni compiute dal collegio peritale, che vengono ritenute particolarmente obiettive e scrupolose, la Corte territoriale è pervenuta ad escludere che la maggior parte delle condotte colpose addebitate agli imputati siano state causalmente rilevanti. I termini per l'adeguamento degli arredi alla normativa antincendio non erano spirati e quindi non si configurava un obbligo a carico della proprietà e dei responsabili della gestione della struttura. La struttura stessa era inoltre, nel complesso, conforme ai requisiti di sicurezza antincendio; e munita di valide strutture come una rete di idranti antincendio e di estintori ritenuti idonei, efficienti e conformi alla normativa. L'unico profilo di colpa rilevante viene ritenuto invece la mancanza di componenti della squadra di emergenza antincendio il cui coordinamento era stato affidato all'imputata M. L'assenza di personale qualificato ha impedito che venissero tempestivamente adottate le già indicate misure per lo spegnimento delle fiamme.

Circa i profili causali della vicenda la pronunzia considera che la notte in cui accaddero i fatti un grande albergo con circa 350 posti letto e con centinaia di clienti ospitati non era presidiato da alcun componente della squadra di emergenza, ma solo da due dipendenti completamente inesperti.
Le omissioni hanno avuto rilievo causale in relazione al decesso dei tre ospiti. Due di essi, che si trovavano al quinto piano, furono rinvenuti all'interno del bagno dopo che erano una prima volta usciti dalla stanza e che vi erano poi rientrati precipitosamente a causa del fumo ormai denso che aveva invaso il corridoio, L'altro ospite, come riferito dalla moglie sopravvissuta, tentò di calarsi dalla finestra mediante lenzuola annodate, seguendo l'esempio di altri ospiti ma precipitò su uno dei balconi al primo piano riportando lesioni letali.

Il giudice d'appello esamina la questione dedotta, afferente ai comportamento di tali vittime, che gli imputati ritengono incredibile ed imprudente, non avendo costoro seguito le istruzioni per l'evacuazione dall'albergo, così interrompendo il nesso causale. A tale riguardo si considera, condividendo le valutazioni già espresse dal Tribunale, che è normalmente prevedibile che persone colte dì sorpresa nel sonno da un incendio e da imponente e denso fumo possano essere sopraffatte dal panico tentando di sottrarsi al rischio ponendo in essere manovre disperate. A tali considerazioni la stessa Corte aggiunge che proprio l'assenza di componenti della squadra di emergenza impedì che venissero adottate iniziative efficaci per la evacuazione degli ospiti come del resto previsto dal piano di sicurezza. E' infatti emerso che uno dei due già indicati dipendenti si limitò a salire due volte al terzo piano ma neppure ai piani superiori. Gli ospiti di tali piani furono perciò abbandonati a loro stessi e le vittime, senza adeguate istruzioni per scampare al pericolo, tentarono di sottrarvisi con comportamenti loro suggeriti dalla situazione di pencolo generalizzato. In conseguenza non si tratta per nulla di comportamenti straordinari od imprevedibili considerata anche la situazione di indotta dall'emergenza.

Tale accurata valutazione fattuale, fondata su diverse ed altamente significative acquisizioni probatorie, appare immune da vizi logico-giuridici e non può essere quindi posta in discussione nella presente sede di legittimità. L'argomentazione dimostra senza possibilità di dubbio che un intervento tempestivo ed appropriato di personale qualificato avrebbe condotto alla tempestiva chiusura delle porte e delle imposte, così evitando il propagarsi delle fiamme; ed avrebbe altresì consentito da un lato l'attivazione dei presidi antincendio e dall'altro l'avvio di un'ordinata evacuazione dell'edificio. Non vi è dubbio, dunque, in ordine all'esistenza di nesso causale tra le condotte mancate ed i drammatici eventi. Le censure degli imputati, d'altra parte, quando opinano che l'incendio si sia subito sviluppato in modo incontenibile o che il personale intervenuto fosse sufficientemente qualificato pur non avendo acquisito alcuna formazione antincendio, tentano di ridiscutere impropriamente il merito nella presente sede di legittimità.


La difesa ha sviluppato diffuse ed insistite argomentazioni critiche contro la decisione della Corte d'appello di non visionare i filmati dell'incendio. Ma si tratta di censure prive di pregio. 
I filmati, infatti, sono stati attentamente esaminati dai periti che, dopo averli visti, ne hanno tratto deduzioni tecnico-scientifiche che sono state ritenute altamente congrue dalla Corte, in tale situazione la visione diretta è stata ritenuta, con apprezzamento logicamente corretto, inutile. Pure priva di pregio è la doglianza circa il fatto che la perizia allegava un solo fotogramma. Essa potrebbe aver peso se i periti avessero esaminato solo tale fotogramma, ma è implicitamente evidente che il fotogramma selezionato è stato ritenuto particolarmente significativo ed allegato all'elaborato a preferenza di altri; senza che da ciò possa trarsi la deduzione che gli altri fotogrammi non siano stati esaminati o valutati.
Quanto al comportamento delle vittime, è del tutto persuasiva la considerazione che si era in una situazione di emergenza conclamata, sicché non poteva attendersi negli ospiti una condotta improntata al rispetto di regole di comportamento che non erano loro note e che, attesa la drammaticità dei contesto, non erano neppure esigibili. Avrebbe dovuto essere proprio il personale in servizio a predisporre le misure di contenimento del fuoco e di organizzazione della fuga degli ospiti. Dunque, nessuna interruzione del nesso causale può essere prospettata.
Infine, quanto alle ospiti straniere che imprudentemente innescarono l'incendio, con tutta evidenza la loro responsabilità non esclude per nulla quella concorrente degli imputati, alla stregua dei più ovvi principi sia in tema di causalità e che di colpa.

 

3.4 Quanto alle responsabilità individuali, la sentenza è immune da censure solo per ciò che riguarda le posizioni degli imputati B. e M..
Quanto alla M., la Corte di merito considera che la donna, nella duplice veste di direttrice dell'hotel e di responsabile del coordinamento della squadra di emergenza, avrebbe dovuto assicurare la vigilanza antincendi nell'arco dell'intera giornata mediante la predisposizione dei relativi turni diurni e notturni. Gravava in sostanza su costei un obbligo di garanzia volto ad affrontare il prevedibile verificarsi di situazioni di pericolo. Si rimarca che il direttore di una struttura ricettiva è tenuto a garantire l'incolumità fisica degli utenti mediante idonea organizzazione dell'attività di vigilanza rispettando cosi oltre alle regole legali anche quelle imposte dalla comune prudenza. L'omissione delle doverose misure si è rivelata di decisiva importanza per le ragioni già in precedenza evidenziate, in connessione con la necessità di isolare il focolaio dell'incendio e di attivare tempestivamente i meccanismi di spegnimento.

Tale valutazione appare immune da censure.

La Corte attribuisce correttamente all'imputata una posizione di garanzia fondata sulla sua veste di dirigente della struttura alberghiera. Tale valutazione è con tutta evidenza immune da censure.

Le critiche della difesa sembrano trascurare che il sistema prevenzionistico nell'ambito della sicurezza del lavoro, si fonda da sempre su tre figure cardine: il datore di lavoro, il dirigente, il preposto. Tali figure incarnano distinte funzioni e diversi livelli di responsabilità e sono tenute ad adottare, nell'ambito dei rispettivi ruoli, le iniziative necessarie ai fini dell'attuazione delle misure di sicurezza appropriate; nonché ad assicurarsi che esse siano costantemente applicate.
In particolare, già ai sensi dell'art 4 del d.P.R. n. 547 del 1955 e dell'art. 1, comma 4 bis del D. Lgs n. 626 del 1994, ed infine nell'ambito del Testo unico sulla sicurezza, il datore di lavoro è colui che esercita l'attività, ha la responsabilità della gestione aziendale e pieni poteri decisionali e di spesa. In connessione con tale ruolo di vertice, l'ordinamento prevede numerosi obblighi specifici penalmente sanzionati. Tali norme individuano altresì un livello di responsabilità intermedio, incarnato dalla figura del dirigente, che dirige appunto, ad un qualche livello, l'attività lavorativa, un suo settore o una sua articolazione. Tale soggetto non porta le responsabilità inerenti alle scelte gestionali generali; ma ha poteri posti ad un livello inferiore. Il terzo livello di responsabilità riguarda la figura del preposto, che sovrintende alle attività (per ripetere il lessico del predetto art. 4 del d.P.R. n. 547) e che quindi svolge funzioni di supervisione e controllo sulle attività lavorative concretamente svolte.
Il dirigente, dunque, ai sensi della normativa richiamata, nell'ambito de! suo elevato ruolo nell'organizzazione delle attività, è tenuto a cooperare con il datore di lavoro nell'assicurare l'osservanza della disciplina legale nel suo complesso; e, quindi, nell'attuazione degli adempimenti che da ultimo l'art. 4, comma 5, dello stesso decreto n. 626 demanda al datore di lavoro. Tale ruolo, naturalmente, è conformato al poteri gestionali di cui dispone concretamente.
In conseguenza del detto ruolo dirigenziale, dunque, l'imputata avrebbe dovuto senza dubbio attuare il piano antincendio, assicurando la costante presenza nella struttura di personale qualificato, in grado di far fronte all'emergenza. Tale omissione, dunque, radica la responsabilità colposa ritenuta dal giudice di merito.
Pure prive di pregio sono le considerazioni a proposito dei ruolo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Anche qui la difesa sembra equivocare tra tale figura e quella, eventuale, del responsabile per la sicurezza, che è il soggetto cui i!l datore di lavoro può delegare incombenze demandategli dal sistema normativo. Nel caso di specie non esisteva alcuna delega al riguardo. D'altra parte, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione non ha un ruolo operativo che possa fondare una autonoma posizione di garanzia. Il servizio di prevenzione e protezione, deve essere composto da persone munite di specifiche capacità e requisiti professionali, adeguati ai bisogni dell'organizzazione; ed ha importanti compiti, previsti dall'articolo 33 del T.U. sulla sicurezza (ma già delineati nella precedente normativa), che consistono nella individuazione e valutazione dei rischi, nonché nel proporre le misure preventive e protettive di cui all'articolo 28. Tale figura ha quindi importanti funzioni di supporto informativo, valutativo e programmatico ma non ha poteri gestori che possano fondare un'autonoma sfera di responsabilità. Da ciò discende che i'imputata impropriamente tenta di riversare su altri soggetti le proprie responsabilità istituzionali.
Infine, quanto alla posizione della detta ricorrente, pure prive di pregio sono le considerazioni in ordine alla opinata correttezza dei comportamento operativo del personale presente al momento dell'evento. Tale tesi confuta il ben argomentato apprezzamento in fatto compiuto dalla Corte d'appello anche alla luce delle valutazioni dei periti: sarebbero state necessarie le iniziative cui si è già sopra fatto cenno e che, invece, non vennero per nulla attuate. Tale valutazione in fatto non può essere ulteriormente discussa davanti a questa Corte suprema.

3.5 Quanto alla posizione di B. la Corte d'appello ritiene che, attesa la veste di amministratore e legale rappresentante della società proprietaria dell'albergo, si configura una posizione di garanzia quale datore di lavoro. Le deve essere fatto carico della omissione di vigilanza sui rispetto e l'attuazione delle cautele e delle misure previste nel piano di emergenza, compresa l'organizzazione della presenza, suddivisa in turni, di personale inquadrato nella squadra di emergenza. L'imputata era pienamente consapevole di tali obblighi avendo sottoscritto lo stesso piano di emergenza. D'altra parte, costei, proprio sottoscrivendo tale documento, ha mostrato di esercitare anche sostanzialmente le funzioni connesse al suo ruolo di vertice nella società.
Si tratta di valutazione conforme ai più consolidati principi sopra indicati in ordine alla sfera di responsabilità della figura di vertice (ii datore di lavoro) della disciplina prevenzionistica dì cui si discute. D'altra parte, la circostanza che presso l'albergo esistesse una figura di dirigente, cui -come si è visto- era demandata la concreta organizzazione del servizio antincendio previsto nell'apposito piano, non esonera per nulla da responsabilità la ricorrente, incombendole pur sempre l'essenziale e non delegabile obbligo di vigilanza. Tale obbligo è da intendersi non nel senso di dover costantemente ingerirsi nell'organizzazione del servizio, quanto piuttosto nell'assicurarsi che esso fosse adeguatamente strutturato ed operativo, anche attraverso l'organica predisposizione di turni di presenza di personale qualificato ed esperto, in grado di far fronte alle emergenze. Tale omissione radica la responsabilità, come ritenuto dalla Corte d'appello. In ordine a tale centrale aspetto del processo l'imputata si è sempre difesa, sicché non può configurarsi difetto della contestazione.

3.6 Infine quanto alla posizione dell'imputato N., la Corte d'appello evidenzia che egli è risultato proprietario della maggioranza delle azioni e nudo proprietario delle rimanenti allo scopo, si è ritenuto, di evitare il ruolo e gli obblighi dell'azionista unico previsti dall'articolo 2362 cod. civ. Costui è risultato quindi proprietario sostanziale della ridetta società ed ha esercitato una attiva ingerenza nella gestione. Egli, infatti, si e occupato degli interventi e della riparazione e ristrutturazione delle parti danneggiate dall'incendio sulla base delle note indirizzate dalle varie ditte esecutrici. E, pur essendosi in presenza di elementi di fatto successivi alla data del sinistro, essi sono logicamente idonei a legittimare il convincimento che l'imputato, nonostante la sua sostituzione nella carica di amministratore unico, non smise in effetti di ingerirsi concretamente nell'amministrazione. Tale valutazione già espressa dal Tribunale viene condivisa dalla Corte d'appello. Dunque costui avrebbe dovuto vigilare in ordine all'adozione delle misure concernenti l'incolumità degli ospiti. La squadra di emergenza era stata costituita, erano state individuate le norme di comportamento e le procedure da attuare utilizzando i componenti della squadra stessa; e si trattava perciò di svolgere una non episodica bensì continuativa attività di vigilanza e controllo sull'effettiva attuazione degli obblighi in questione.

Tale apprezzamento appare criticabile.

La responsabilità viene sostanzialmente basata sul ruolo di proprietario esclusivo del bene e di amministratore di fatto; tuttavia a sostegno di tale assunto non vengono addotte prove concludenti. Si esprime un convincimento che è basato su condotte tenute post factum, significative ma non sufficienti a ritenere che nel tempo anteriore, il N. si sia ingerito nella gestione. Manca l'analisi di qualsiasi dato probatorio afferente a tale anteriore epoca e, dunque, la motivazione è carente quanto alla dimostrazione della responsabilità. La pronunzia deve essere sotto tale riguardo annullata con rinvio, affinché la Corte d'appello riconsideri l'intera vicenda con particolare riguardo anche alle condotte anteriori al fatto, al fine di verificare se la prospettata ingerenza si sia effettivamente concretizzata in modo obiettivo ed indiscutibile.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di N. Roberto con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Roma.
Rigetta i ricorsi di B. Antonietta e M. Giuseppina, le quali condanna al pagamento delle spese processuali.

Roma, 7 aprile 2011

REACH e CLP nei luoghi di vita e di lavoro 2017

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Applicazione REACH lavoro

REACH e CLP: L'applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di vita e di lavoro

Il volume costituisce l’insieme degli atti del Convegno Nazionale “REACH 2017 - REACH e CLP.

L'applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di vita e di lavoro” (Modena, 13 settembre 2017) e del Convegno Nazionale “REACH_METALMECCANICA - L'applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nel comparto metalmeccanico” (Modena, 14 settembre 2017), promossi ed organizzati dall’Assessorato Politiche per la Salute della Regione Emilia Romagna, dall’Autorità Competente per i controlli REACH e CLP del Dipartimento di Sanità Pubblica Azienda USL di Modena e dall’Istituto Nazionale per le Assicurazioni contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL).

REACH 2017 e REACH METALMECCANICA si propongono al mondo della prevenzione come un momento d’aggiornamento, di riflessione e di confronto sulle tematiche propriamente indirizzate all’applicazione dei Regolamenti Europei delle Sostanze chimiche con particolare riferimento al Regolamento (CE) N.1907/2006 (REACH), al Regolamento (CE) N.1272/2008 (CLP) e al Regolamento (UE) N.830/2015 (SDS) nell’ambito della normativa di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di vita e di lavoro. In particolare, il Convegno REACH 2017 approfondirà le novità e le problematiche sullo stato di avanzamento dell’applicazione dei Regolamenti europei delle sostanze chimiche (REACH e CLP), in considerazione dell’informazione e dell’assistenza da fornire alle imprese nell’ultima fase della Registrazione delle sostanze phase-in con scadenza 31 maggio 2018, in stretto legame con l’Autorizzazione, la Restrizione e il controllo sulla possibile presenza di sostanze che destano molta preoccupazione negli articoli e nei prodotti di consumo che vengono impiegati nei luoghi di vita e di lavoro

Inoltre, il Convegno REACH METALMECCANICA offrirà anche la possibilità di sviluppare una riflessione sulla tutela della salute e della sicurezza chimica sia dei lavoratori nelle attività tipiche del comparto metalmeccanico, che del consumatore e della popolazione in generale relativamente all’uso delle macchine, delle attrezzature da lavoro, delle autovetture, con particolare attenzione alla consapevolezza che costruire sotto controllo ed in sicurezza, con sostanze di cui si conosce l’identità, significa, corrispondentemente, vivere in un ambiente di vita e di lavoro più sicuro e più sano per tutti. Pertanto, entrambe le iniziative caratterizzate dalla desinenza REACH si propongono di far comprendere l’importanza che rivestono l’applicazione e l’integrazione corretta dei Regolamenti REACH e CLP nell’ambito delle normative sociali impattanti la salute e la sicurezza nei luoghi di vita e di lavoro. I Convegni Nazionali in oggetto si rivolgono prevalentemente ai Responsabili e agli Addetti del Servizio di Prevenzione e Protezione, normalmente chiamati a gestire le problematiche di salute e di sicurezza durante il lavoro, ma anche ai Tecnici esperti di Igiene e Sicurezza nei luoghi di lavoro e Ambientali (di area pubblica e privata), ai Consulenti, ai Rappresentanti dei lavoratori, ai Medici Competenti, ai Liberi Professionisti e agli Organi di Vigilanza. Inoltre, è opportuno sottolineare che tali iniziative congressuali sono state inserite nella proposta italiana per l’anno 2015, 2016 e 2017 relativa al CSA Programme Work package 2.1: DU support package (2014-2020) dell'Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche (ECHA). A questo punto sono doverosi i ringraziamenti, ricordando che i Convegni si sono potuti svolgere grazie alla promozione e all’organizzazione dell’Assessorato Politiche per la Salute della Regione Emilia Romagna, dell’Autorità Competente per i controlli REACH e CLP del Dipartimento di Sanità Pubblica Azienda USL di Modena e dell’Istituto Nazionale per le Assicurazioni contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), in collaborazione con il Gruppo Tecnico Interregionale Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (GTISSLL), il Coordinamento delle Autorità Competenti REACH e CLP della Regione Emilia-Romagna (CRREACH), l’UnionCamere dell’Emilia-Romagna, il Gruppo Tecnico Interregionale

REACH e CLP, il Comitato Tecnico di Coordinamento Nazionale – REACH (CTC), l’Ordine dei Chimici della Provincia di Modena, l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Modena ed il fattivo sostegno scientifico dell’Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche (ECHA). Un ultimo ringraziamento è rivolto ai Moderatori, ai Comitati Scientifici ed Organizzativi, a tutti i Relatori, agli Autori dei contributi scientifici presenti negli Atti, ai Partecipanti ai Convegni e alle persone che col proprio impegno, interesse e disponibilità hanno contribuito alla buona riuscita delle iniziative. Un auspicio finale deve essere espresso affinché questa pubblicazione possa costituire un valido supporto di consultazione per tutti coloro che vorranno approfondire la tematica.

Convegno Nazionale REACH 2017

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Decreto 8 settembre 1999

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Decreto 8 settembre 1999

Modificazioni al decreto ministeriale 10 marzo 1998 recante: "criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro".

GU n. 223 del 22 settembre 1999

Decreto 8 settembre 1999

IL MINISTRO DELL'INTERNO

di concerto con

IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE

Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modifiche ed integrazioni;

Visto il proprio decreto 10 marzo 1998, recante "Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro";

Ritenuta la necessità , sulla base dei criteri di massima stabiliti nel citato decreto, di limitare la tipologia delle infrastrutture ferroviarie soggette al livello di rischio di incendio elevato, di cui al punto 9.2 degli allegati IX e X del decreto stesso alle sole stazioni ferroviarie con superficie al chiuso aperta al pubblico superiore ai 5000 m2;

Sulla proposta delle "Ferrovie dello Stato S.p.A.";

Decreta:

Articolo unico
Le parole "infrastrutture ferroviarie" riportate alla lettera h) degli allegati IX (punto 9.2) e X al decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 10 marzo 1998, sono sostituite dalle parole "stazioni ferroviarie con superficie, al chiuso, aperta al pubblico, superiore a 5000 m2 ".

Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

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