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4° Elenco soggetti autorizzati per lavori sotto tensione

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Elenco soggetti autorizzati ad effettuare lavori sotto tensione

Decreto dirigenziale 21 Luglio 2014

4° Elenco, di cui al punto 3.4 dell'allegato I del d.m. 4 febbraio 2011, delle aziende autorizzate ad effettuare i lavori sotto tensione di cui all'articolo 82, comma 1, lettera c), del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive

Soggetti autorizzati lavori sotto tensione: gli elenchi pubblicati

Articolo 1

1. A seguito del parere positivo di cui al punto 2.1, dell’allegato I, del d.m. 4 febbraio 2011, viene pubblicato l’elenco, di cui al punto 3.4 dell’allegato I del succitato decreto, delle aziende autorizzate e dei soggetti formatori per i lavori sotto tensione su impianti elettrici alimentati a frequenza industriale a tensione superiore a 1000 V, riportato m allegato, che è parte integrante del presente decreto.

Articolo 2

1. L’iscrizione nell’elenco delle aziende autorizzate e dei soggetti formatori di cui all’articolo 1, comma 1, ha validità triennale a decorrere dalla data di autorizzazione.
2. Le aziende autorizzate devono comunicare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi del punto 2.1.e,), dell’allegato I, del d.m. 4 febbraio 2011, gli incidenti rilevanti o i gravi infortuni rientranti nel campo di applicazione del citato d.m. 4 febbraio 2011.

Articolo 3

1. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per il tramite della Commissione di cui al d.m. 4 febbraio 2011, entro il periodo di validità triennale dell’iscrizione nell’elenco delle aziende autorizzate e dei soggetti formatori può procedere al controllo della permanenza dei requisiti, di cui agli allegati II e III del citato d.m. 4 febbraio 2011, delle suddette aziende autorizzate e soggetti formatori.
2. Qualsiasi variazione nello stato di diritto o di fatto, che le aziende autorizzate o i soggetti formatori intendono operare, deve essere comunicata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, su conforme parere della Commissione di cui al D.M. 04.02.11, si esprimerà circa l’ammissibilità o meno della variazione comunicata.
3. A seguito di gravi inadempienze delle aziende autorizzate o dei soggetti formatori, acquisito il parere dalla Commissione di cui al d.m. 4 febbraio 2011, l’iscrizione nell’elenco delle aziende autorizzate o dei soggetti formatori è sospesa con effetto immediato. Nei casi di particolare gravità si procede alla cancellazione dall’elenco sopra citato.

Articolo 4

1. L’allegato al Decreto Dirigenziale del 31 marzo 2014 di cui all’articolo 3, comma 1 del d.m. 4 febbraio 2011 contenente l’elenco delle aziende autorizzate e dei soggetti formatori, è integralmente sostituito con quello allegato al presente decreto.
2. Della pubblicazione del presente decreto sul sito internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali viene fornita notizia a mezzo avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Fonte: MLPS

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Circolare 11 marzo 2013, n. 12

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Circolare 11 marzo 2013, n. 12

Accordo 22 febbraio 2012 “Accordo ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche e integrazioni” - Chiarimenti

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Allegato riservato Circolare 11 marzo 2013 n. 12.pdf
 
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Linee guida gestione in sicurezza attività educative emergenza COVID-19

ID 13613 | | Visite: 2442 | News Sicurezza

Linee guida gestione in sicurezza attivit  educative emergenza COVID 19

Ordinanza Ministero della Salute e Ministero delle Pari opportunità del 21 Maggio 2021

Linee guida per la gestione in sicurezza di attività educative non formali e informali, e ricreative, volte al benessere dei minori durante l'emergenza COVID-19

...

Art. 1

1. Ai fini del contenimento della diffusione del virus Sars-Cov-2, le attività educative e ricreative per i minori devono svolgersi nel rispetto delle “Linee guida per la gestione in sicurezza di attività educative non formali e informali, e ricreative, volte al benessere dei minori durante l'emergenza COVID-19”, come validate dal Comitato tecnico scientifico, di cui all’ordinanza del Capo della protezione civile 17 marzo 2021, n. 571, nella seduta del 18 maggio 2021, che costituiscono parte integrante della presente ordinanza.

2. Le linee guida di cui al comma 1 aggiornano e sostituiscono il documento recante “Linee guida per la gestione in sicurezza di opportunità organizzate di socialità e gioco per bambini e adolescenti nella fase 2 dell'emergenza COVID-19”, di cui all’articolo 20, comma 2 e relativo allegato 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 2 marzo 2021, come richiamato dall’articolo 16 del decreto-legge 18 maggio 2021, n. 65.

______

Linee guida per la gestione in sicurezza di attività educative non formali e informali, e ricreative, volte al benessere dei minori durante l'emergenza COVID-19

Le presenti linee guida si rivolgono ai soggetti pubblici e privati che offrono attività educative non formali e informali, nonché attività ricreative volte al benessere dei minori, fermi restando i protocolli e le linee guida vigenti che disciplinano attività specifiche (es. attività sportive, attività culturali, ecc.).

Tra le attività di cui alle presenti linee guida sono ricomprese, a titolo esemplificativo:

a) attività svolte in centri estivi;
b) attività svolte in servizi socioeducativi territoriali;
c) attività svolte in centri con funzione educativa e ricreativa destinati ai minori;
d) attività di comunità (es. associazioni, scout, cooperative, parrocchie e oratori, gruppi giovanili delle comunità religiose);
e) attività educative che prevedono il pernottamento, anche residenziali;
f) spazi per il gioco libero, laboratori e servizi doposcuola, ludoteche;
g) scuole di danza, lingua, musica, teatro e altre attività educative extracurriculari, con esclusione di attività di formazione professionale;
h) attività svolte presso istituzioni culturali e poli museali;
i) attività che prevedono la costante presenza dei genitori o tutori insieme ai bambini in età da 0 a 6 anni (es. corsi per neogenitori, corsi di massaggio infantile);
l) attività svolte da nidi e micronidi, sezioni primavera e servizi integrativi che concorrono all’educazione e alla cura delle bambine e dei bambini (articolo 2, comma 3, del decreto legislativo n. 65/2017);
m) attività di nido familiare, ai sensi dell’articolo 2, comma 3, del decreto legislativo n. 65/2017 e dell’articolo 48 del decreto legislativo n. 18/2020 (cd. tagesmutter);
n) attività all'aria aperta (es. parchi pubblici, parchi nazionali, foreste).

Costituiscono elementi di riferimento trasversali alle esperienze e attività prospettate:

a) la centratura sulla qualità della relazione interpersonale, mediante il rapporto individuale fra l’adulto e il bambino, nel caso di bambini di età inferiore ai 3 anni, e mediante l’organizzazione delle attività in gruppi nel caso di bambini più grandi e degli adolescenti, evitando contatti tra gruppi diversi;
b) l’attenta organizzazione degli spazi più idonei e sicuri, privilegiando quelli esterni e il loro allestimento per favorire attività di gruppi;
c) l’attenzione particolare agli aspetti igienici e di pulizia, al fine di ridurre i rischi tramite protocolli di sicurezza adeguati.

.... Segue in allegato

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Nota MLPS 24 maggio 2010, n. A00-09/00 02941/10

ID 13612 | | Visite: 1875 | Circolari Sicurezza lavoro

Impiego argano ausiliario macchine perforatrici ed apparecchiature di palificazione

Nota MLPS 24 maggio 2010, n. A00-09/00 02941/10

Impiego dell'argano ausiliario nelle macchine perforatrici ed apparecchiature di palificazione.

Si fa riferimento al quesito di cui alla nota in riscontro concernente il regime cui deve sottostare l'uso degli argani ausiliari installati nelle macchine ed apparecchiature di palificazione. A tale proposito sentita la Direzione Generale dell' Attività ispettiva.

Si riscontra quanto segue.

In via preliminare, occorre richiamare l'attenzione sul fatto che non è la denominazione che individua la classificazione della macchina ma la funzione da essa concretamente svolta. Per cui l'effettiva classificazione di una macchina è determinata dalla sua destinazione d'uso e non dal modo con cui essa è denominata dal fabbricante o dalla tipologia costruttiva alla quale il fabbricante dichiara che essa appartiene. Di conseguenza è il fabbricante che ne individua l'uso e le corrette modalità di utilizzo, ponendo in evidenza i possibili usi impropri e quelli scorretti ragionevolmente prevedibili, definendo, in tal modo, intrinsecamente le funzionalità della macchina. Nel merito, si sottolinea che i mezzi di sollevamento facenti parte integrante di macchine che hanno una specifica destinazione operativa, quali ad esempio gli argani per battipalo, gli apparecchi per l'esecuzione di perforazioni, trivellazioni, ecc., non rientrano nella categoria degli apparecchi di sollevamento di cui all'allegato VII, del decreto legislativo n. 81/2008, per i quali sono previste, nell' articolo 71, comma Il, le verifiche da effettuare con gli intervalli determinati nell'allegato stesso.

Al riguardo tuttavia si ritiene utile precisare che quando l'argano ausiliario ha configurazione tale da poter essere utilizzato al di fuori della sua specifica destinazione esso diventa a tutti gli effetti un'attrezzatura per il sollevamento indifferenziato di materiali per la quale vige l'obbligo delle verifiche periodiche ai sensi dell' art. 71, comma 11, D.Lgs. n. 81/2008, e relativo allegato VII al decreto stesso.

Si richiama, altresì, l'attenzione sulla circostanza che siffatto utilizzo può essere considerato come comportamento improprio ma ragionevolmente prevedibile e tale che ne possono derivare rischi non già presi in considerazione in sede di progettazione e costruzione della macchina. Pertanto, se non correttamente evidenziato nel manuale di istruzioni, si potrà configurare da parte del fabbricante la violazione dei corrispondenti requisiti dell'allegato I al D.Lgs. n. 17/2010.

In sintesi, in relazione alle esigenze di sicurezza relative alla sua funzionalità, ancorché associata a quella di perforazione quale apparecchio di sollevamento, gli argani in argomento:

- dal punto di vista costruttivo, devono essere conformi ai requisiti di sicurezza previsti per i rischi pertinenti a questo tipo di funzionalità, sia che questa sia prevista espressamente dal fabbricante, sia che questa sia conseguenza, come detto, di un uso improprio ma ragionevolmente prevedibile in relazione alla specifica destinazione della stessa.
- per quanto riguarda la sicurezza durante l'esercizio, devono essere sottoposti al regime di controllo di cui all'art. 71, comma 8, del D.Lgs. n. 81/08, e se rientranti, per le ragioni esposte sopra, tra le attrezzature individuate nell'allegato VII del citato decreto, vanno assoggettati anche alle procedure di verifica periodica di cui all'art. 71, comma 11.

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Allegato riservato Nota DG Tutela prot. 17495 del 17.08.2010.pdf
 
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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 20092 | 20 Maggio 2021

ID 13608 | | Visite: 1322 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 20 maggio 2021 n. 20092

Amputazione delle dita con la lama raschiatrice del silos nel mangimificio. Valutazione dei rischi

Penale Sent. Sez. 4 Num. 20092 Anno 2021

Presidente: DOVERE SALVATORE
Relatore: DAWAN DANIELA
Data Udienza: 19/01/2021

Ritenuto in fatto

1. La Corte di appello di Brescia, sostituita la pena inflitta a Z.G. con la multa pari ad euro 15.000,00 e revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena, ha nel resto confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Mantova nei confronti di Z.G., in ordine al reato di cui agli artt. 113, 590 e 583, comma 2, n. 3) cod. pen., perché, in qualità di datore di lavoro e di amministratore unico della "Azienda Agricola Boccalina - Società Agricola s.r.l.", aveva cagionato per colpa generica e per colpa specifica, consistita in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, al lavoratore G.S. un'amputazione della falange ungueale III dito e sub amputazione II apice II dito mano sinistra. Costui, infatti, dopo aver ricevuto ordine dal coimputato P.G., responsabile dei lavoratori e referente per il mangimificio, saliva sul piano sopraelevato dell'impianto del silos, essendo l'uscita della tramoggia ingolfata dalla farina di orzo, apriva il foro di ispezione, provvisto di coperchio amovibile manualmente, ed introduceva la mano e l'avanbraccio entrando in contatto con la barra interna in movimento (lama raschiatrice), azionata dallo stesso P.G., il quale non si assicurava che il G.S. fosse in condizioni di sicurezza.
2. In particolare, a Z.G. è contestato: di non avere messo a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee ai fini della sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere, in conformità alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie e ai requisiti di cui all'allegato V d. lgs. 81/2008, in violazione dell'art. 71, comma 1, d. lgs. 81/2008 (l'apertura della tramoggia era sprovvista di griglia o di altro idoneo riparo che impedisse l'ingresso con la mano; il coperchio amovibile era privo di sistema di bloccaggio collegato con gli organi in movimento della lama interna); di non avere individuato e valutato i rischi insiti nelle operazioni di disintasamento della tubazione e la conseguente mancata predisposizione di idonee misure di sicurezza per i lavoratori addetti (in violazione del disposto di cui all'art. 28, comma 2, sub a), b) e), d. lgs.81/2008); di non avere richiesto e preteso l'osservanza da parte dei singoli lavoratori, in particolare di P.G., delle norme vigenti nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza.
3. La Corte territoriale, nel confermare la dichiarazione di responsabilità espressa dal primo giudice, ha evidenziato l'assoluta normalità e frequenza per i lavoratori di salire sulla scala al piano sopraelevato del silos quando la farina dell'orzo non scendeva, anche solo per l'operazione di battitura con il martello di gomma, operazione che, in caso di insuccesso, veniva sostituita dalla diretta apertura del tappo della tubazione della fariniera, con conseguente ispezione visiva e, talvolta, di disintasamento manuale. Si trattava, quindi, a detta del giudice di secondo grado, di condotta prevedibile il cui rischio non era stato, tuttavia, contemplato nel DVR. Aveva, in conseguenza, escluso che la condotta del lavoratore infortunato potesse essere considerata abnorme.
4. Avverso la sentenza di appello ricorre l'imputato, a mezzo del difensore il quale articola cinque motivi con cui deduce:
4.1 Contraddittorietà della motivazione circa la ritenuta "assoluta normalità" dell'operazione di battitura del silos e l'utilizzo della scala cimiteriale. Di siffatta "assoluta normalità" non vi é, tuttavia, traccia in atti. Lo stesso Tribunale si era limitato ad evidenziare come la manovra di "disintasamento manuale" fosse stata effettuata per la prima volta da G.S. in occasione dell'infortunio, dal collega K. ben tre anni prima e dal collega Sc. l'anno prima, sottolineando come gli ultimi due, al pari dell'infortunato, avessero effettuato l'operazione sempre e unicamente su indicazione del P.G.. La Corte territoriale non ha tenuto in conto la doglianza, prospettata nell'atto di appello, relativa alla mancata valutazione (da parte del primo giudice) delle testimonianze del preposto R., del responsabile sanitario dott. B. e del responsabile del servizio prevenzione e protezione R.. Né da queste testimonianze, non valorizzate dalla Corte di appello, né comunque dalle altre, si sarebbe potuto dedurre che l'impaccamento del silos fosse una circostanza "assolutamente normale", risultando questa, al contrario, una evenienza eccezionale e rara. Quanto al DVR, esso non prevedeva e non poteva prevedere il rischio in parola, in quanto lo stesso non era prevedibile giacché il foro di ispezione, oltre a svilupparsi in altezza ad una distanza di oltre tre metri dal piano, e quindi ad una distanza definita sicura dalle norme UNI EN 294, non doveva e non poteva essere utilizzato dagli operai generici. E non era prevedibile anche perché non aveva altra utilità diversa da quella di consentire la visione delle pale interne al silos. Ciò spiega perché il rischio di contatto con le parti rotanti interne fosse dal DVR contemplato solo in caso di attività di manutenzione.
4.2. Omessa motivazione circa la conoscenza, in capo al datore di lavoro, di una prassi che comportasse l'apertura del tappo di ispezione e il contatto con gli organi in movimento. La Corte territoriale deduce dall' asserita "assoluta normalità" dell'operazione di accesso al foro di ispezione, la conoscenza di questa prassi da parte dell'imputato, senza fornire elementi probatori certi e oggettivi o elementi di carattere logico che ne dimostrino la conoscenza o la conoscibilità. Occorre, infatti, tra l'altro, ricordare che il preposto R. ha riferito di non esserne affatto informato (di talché non può averla segnalata al datore di lavoro).

4.3. Contraddittorietà della motivazione, rispetto agli elementi di prova raccolti, con riferimento al carattere eccentrico della condotta attuata dall'infortunato e dal preposto e conseguente interruzione del nesso causale. P.G., in particolare, ha introdotto nell'ordinaria gestione del silos un rischio del tutto estraneo a tale attività. Z.G., peraltro, aveva fatto affidamento sulla corretta collaborazione di un lavoratore esperto come P.G..
4.4. Mancanza e contraddittorietà della motivazione con riferimento al diniego del riconoscimento delle attenuanti generiche. Deve, infatti, escludersi, per le ragioni dianzi esposte, che la colpa ascritta all'imputato possa essere qualificata grave o rilevante.
4.5. Carenza di motivazione circa l'indicazione dei parametri utilizzati per la determinazione della pena. La Corte territoriale non ha specificato in che cosa consisterebbe la "gravità della condotta" dell'imputato né ha accennato alla sua capacità a delinquere.
5. In data 11/01/21 è pervenuta in cancelleria memoria di replica del difensore.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è destituito di fondamento e deve, pertanto, essere rigettato.
2. Quanto ai primi due motivi, occorre precisare che la prassi reputata dalla Corte territoriale come «assolutamente normale» non era, come si legge nella sentenza impugnata, quella comportante l'accesso al foro di ispezione, con l'introduzione di un bastone ovvero di un braccio, bensì quella per la quale i lavoratori salivano sulla scala anche solo per l'operazione di battitura con il martello di gomma. Questa «talvolta non aveva successo, tanto che allora si procedeva direttamente all'apertura del tappo della tubazione della fariniera e alle conseguenti operazioni di ispezione visiva ma anche di disintasamento manuale». Si evince, dunque, dal testo letterale della sentenza che, mentre la mera manovra di battitura del silos con il martello di gomma rientrava nella normalità, la manovra di accesso all'interno del silos aveva luogo solo "talvolta", in caso di inefficacia della prima manovra. Detti assunti non contraddicono affatto le dichiarazioni dei testimoni, di cui il ricorrente assume la mancata considerazione da parte dei giudici di merito, atteso che gli stessi hanno manifestato soltanto la eccezionalità dell'intervento "manuale", ma non di quello con il martello di gomma. Il fatto che la manovra di "disintasamento manuale" fosse stata effettuata per la prima volta da G.S. in occasione dell'infortunio e dai colleghi K. e SC. (rispettivamente tre anni prima e l'anno prima) non può certo dirsi configurare una prassi ordinaria nello svolgimento della manovra di disintasamento del silos.
Sgomberato il campo dall’equivoco sulla prassi “assolutamente normale”, la questione si pone, come correttamente afferma la Corte territoriale, sotto il profilo della prevedibilità che i dipendenti non riuscissero a disintasare il tubo del silos con la semplice battitura dall'esterno e che cercassero, quindi, di risolvere il problema in altro modo, come appunto avvenuto con il lavoratore infortunato. Il giudice di secondo grado ha, pertanto, desunto la prevedibilità dell'evento lesivo e, quindi, la colpa dell'imputato per non averlo impedito, non in base alla frequenza degli interventi connotati da modalità analoghe a quelle poste in essere dal G., ma dall'elevata ricorrenza dell’intasamento che avrebbe dovuto indurre il prevenuto a rappresentarsi che i suoi dipendenti, qualora la pratica di battitura esterna non fosse andata a buon fine, sarebbero potuti ricorrere ad altre, più pericolose, manovre. Circostanza, quest'ultima, desumibile anche dalle caratteristiche del silos in questione il quale presentava un tappo di tubazione <<facilmente raggiungibile e immediatamente apribile senza utilizzo di alcun particolare utensile, con possibilità di accesso diretto alle lame in movimento, in quanto priva dei suddetti meccanismi di sicurezza».
Evidenzia la sentenza impugnata che tale rischio non era contemplato nel DVR, che appariva generico, né era stata prevista una procedura per provvedere al disintasamento delle tubazioni del silos e alla risoluzione dei relativi problemi di impaccamento delle farine, se pur occasionali, cosi lasciando che i dipendenti li risolvessero a loro modo. Al riguardo, la sentenza impugnata evidenzia che il DVR conteneva mere enunciazioni di principio, ripetitive di norme di legge, senza alcuna analisi approfondita dei rischi insiti nelle attrezzature effettivamente presenti in azienda (come il silos su cui si infortunò G. che era dotato di lama raschiatrice e di foro di ispezione privo di protezione) e delle modalità per eliminarli in via preventiva o quantomeno ridurli al minimo. Sul punto, la Corte territoriale ha, correttamente, ricordato come l'obbligo di valutazione del rischio gravi, ai sensi dell’art. 17, lett. a) d.lgs. 81/2008, unicamente sul datore di lavoro, soggetto esclusivo cui spetta il dovere di verificare quali pericoli comporti l'attività che egli organizza e per il cui svolgimento si avvale dei lavoratori, tanto che il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione del documento di valutazione dei rischi, non lo esonera dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi ai lavori in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni (Sez. 4, n. 22147 del 11/O2/2016, Morini, Rv. 266859).
La colpa del ricorrente é stata, pertanto, individuata nel non aver colmato un vuoto di previsione delle modalità di risoluzione dei problemi di accorpamento e/o inceppamento della farina, in presenza di macchinari pericolosi, in quanto non dotati di mezzi di protezione efficaci.
Sono estensibili al caso in esame i principi più volte espressi in sede di legittimità, discendenti dalle generali previsioni in materia prevenzionistica (artt. 15 e 28 d.lgs. 81/08), in base ai quali il soggetto investito di qualifica datoriale è tenuto a valutare tutti i rischi presenti nei luoghi di lavoro nei quali sono chiamati ad operare i dipendenti e ad adottare tutte le cautele per la loro eliminazione mediante appropriate misure. Deve, altresì, aggiungersi che, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, il datore di lavoro deve vigilare al fine di impedire che si instaurino prassi contra legem, foriere di pericolo per i lavoratori. Le prassi diffuse in un'impresa o anche in un determinato ambito imprenditoriale, infatti, non possono superare le prescrizioni legali, in quanto non hanno natura normativa e, seppure assurgessero a vere e proprie consuetudini, resterebbero norme di rango inferiore (Sez. 4, n. 26294 del 14/03/2018, Fassero Gamba, Rv. 272960, secondo cui, in tema di prevenzione infortuni sul lavoro il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell'esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli). Ne consegue che, qualora nell'esercizio dell'attività lavorativa sul posto di lavoro si instauri, con il consenso del preposto, una prassi contra legem, foriera di pericoli per gli addetti, il datore di lavoro o il dirigente, ove l'infortunio si verifichi, non può utilmente scagionarsi assumendo di non essere stato a conoscenza della illegittima prassi, tale ignoranza costituendolo, di per sé, in colpa per l'inosservanza al dovere di vigilare sul comportamento del preposto, da lui delegato a far rispettare le norme antinfortunistiche.
3. Il terzo motivo di ricorso, che adduce l'interruzione del nesso causale in ragione dell'eccentricità della condotta del lavoratore, è infondato. Nel caso di specie, la Corte territoriale rileva che la condotta, pur certamente imprudente del lavoratore, di infilare la mano all'interno dell'apertura, ove aveva appena sentito un rumore di vibrazione, non si configura come abnorme e/o eccentrica delle mansioni a lui affidate, in quanto volta a risolvere quel problema di intasamento in relazione al quale gli era stato ordinato dal capo P.G. di battere la tubazione del silos, di toglierne il tappo e «di risolvere direttamente il problema, magari con modalità meno rischiose - come ad esempio con l'utilizzo di un bastone...». Si tratta dunque, continua la Corte di merito, di condotta non anomala e prevedibile in quanto volta a far proseguire la discesa della farina per il nutrimento dei suini dell'azienda agricola, in assenza si ripete, di specifica previsione e disciplina delle modalità di risoluzione di tali ricorrenti problemi da parte del datore di lavoro Z.G.. È questa una conclusione conforme al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità a mente del quale il comportamento del lavoratore può essere ritenuto abnorme - e dunque tale da interrompere il nesso di condizionamento - allorquando sia consistito in una condotta radicalmente, ontologicamente, lontana dalle ipotizzabili, e quindi prevedibili, scelte, anche imprudenti, del lavoratore, nell'esecuzione del lavoro (In questo senso, ex multis, Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222; Sez. 4, n. 7955 del 10/10/2013, dep. 2014, Rovaldi, Rv. 259313). È, dunque, abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro. Tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro o che abbia espletato un incombente che, anche se inutile ed imprudente, non risulti eccentrico rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate, nell'ambito del ciclo produttivo.
È d'uopo, ancora una volta, rammentare che compito del titolare della posizione di garanzia è di evitare che si verifichino eventi lesivi dell'incolumità fisica intrinsecamente connaturati all'esercizio di talune attività lavorative, anche nell'ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti ad eventuali negligenze, imprudenze e disattenzioni dei lavoratori subordinati, la cui incolumità deve essere protetta con appropriate cautele. Ne deriva che il titolare della posizione di garanzia è tenuto a valutare i rischi e a prevenirli e la sua condotta non è scriminata da eventuali responsabilità dei lavoratori (Sez. 4, n. 22622 del 29/04/2008, Barzagli e altro, Rv. 240161). Da ciò consegue che non può essere ravvisata, nel caso di specie, alcuna interruzione del nesso causale, giacché l'operatività dell'art. 41, comma 2, cod. pen. è circoscritta ai casi in cui la causa sopravvenuta inneschi un rischio nuovo e del tutto incongruo rispetto al rischio originario, attivato dalla prima condotta.
4. Infondata è la censura relativa al diniego delle circostanze attenuanti generiche. Al riguardo, occorre ricordare che la ravvisabilità di elementi rilevanti ai fini dell'art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di merito e può essere esclusa dal giudice con motivazione non sindacabile in sede di legittimità, purché non contraddittoria e congrua (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi e altri, Rv. 242419). Si è anche affermato che «ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso» (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163).
Nel caso di specie, la sentenza impugnata valorizza, al fine di escludere il riconoscimento delle invocate circostanze di cui all'art. 62-bis cod. pen., più elementi in ordine ai quali la motivazione si presenta del tutto congrua e, pertanto, incensurabile. Tra questi, il «rilevante grado della colpa», tenuto altresì conto che l'imputato era poco presente in azienda e ben a conoscenza della lunga assenza, in quel periodo, del preposto e RSPP, Giuliano R., tanto che, a fine giugno 2012, era stato nominato un altro RSPP, R.; la rilevanza della lesione cagionata al lavoratore, attesa l'importanza della prensione della mano per un operaio. Ha poi evidenziato l'assenza di elementi positivi valutabili ai fini del riconoscimento delle invocate attenuanti generiche, tale non potendo considerarsi, in forza dello stesso disposto normativo dell'art. 62-bis, ultimo comma, cod. pen., l'incensuratezza del prevenuto, l'osservanza delle prescrizioni impartite dall'ASL (obbligatoria per la prosecuzione dell'attività) e l'avvenuto risarcimento del danno già «ampiamente valutati dal primo giudice per la concessione della relativa circostanza attenuante equivalente alle aggravanti».
5. Per quel che riguarda, infine, le censure afferenti al trattamento sanzionatorio, si deve rilevare che, in osservanza dei criteri direttivi fissati dall'art. 133 cod. pen., la Corte territoriale ha attribuito rilievo preponderante alla anzidetta gravità della colpa dell'imputato. Peraltro, ai fini della giustificazione del potere discrezionale riconosciuto al giudice nella determinazione della pena, è sufficiente l'indicazione degli elementi reputati decisivi nella scelta compiuta, senza che sia necessario valutare analiticamente tutte le circostanze rilevanti, in positivo o in negativo (cfr. Sez. 2, n. 19907 del 19/02/2009, Abruzzese e altri, Rv. 244880, la quale ha stabilito che il giudice d'appello può trascurare le deduzioni contenute nei motivi dell'impugnazione in ordine alla determinazione della pena e alla mancata concessione delle attenuanti generiche quando abbia individuato, tra i criteri di cui all'art. 133 cod. pen., quelli che nel caso concreto possano assumere una rilevanza decisiva per connotare negativamente la personalità dell'imputato). Deve, inoltre, osservarsi che la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria è stata operata sulla base della richiesta del difensore e che, in relazione alla predetta conversione, non vi sono margini di discrezionalità, essendo il ragguaglio determinato dall'art. 135 cod. pen.
6. In conclusione, si impone il rigetto del ricorso, cui segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19 gennaio 2021

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Circolare 12653 del 23 Febbraio 2011

ID 13602 | | Visite: 3198 | Prevenzione Incendi

Circolare 12653 del 23 Febbraio 2011

Nota Dipartimento VVF–DCFORM, prot n. 5987 del 23 febbraio 2011 Formazione addetti alla prevenzione incendi, lotta antncendio e gestione delle emergenze (D.Lgs. 81 /2008). Corsi di aggiornamento.

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Covid-19 | Contagi sul lavoro denunciati all’INAIL: Schede regionali 30 Aprile 2021

ID 13597 | | Visite: 2166 | News Sicurezza

Denunce 30 04 2021

Covid-19 | Contagi sul lavoro denunciati all’INAIL: Schede regionali 30 Aprile 2021

INAIL, 21.05.2021

Covid-19, i contagi sul lavoro sono 165mila. Più di sei su 10 denunciati nell’ultimo semestre

Pubblicato il nuovo report mensile della Consulenza statistico attuariale Inail. Dall’inizio della pandemia le infezioni di origine professionale segnalate all’Istituto sono state 171.804, di cui 600 con esito mortale. Nell’ultimo trimestre analizzato incidenza in crescita per altri settori produttivi, come trasporti, servizi di alloggio e ristorazione, commercio e servizi di informazione e comunicazione, che raccolgono circa un quarto dei casi

A partire dallo scorso mese di febbraio per i contagi sul lavoro da Covid-19 sembra delinearsi un’inversione di tendenza rispetto al trend osservato nelle fasi precedenti della pandemia. Se la sanità e assistenza sociale negli ultimi tre mesi scende sotto la soglia del 55% dei casi codificati riposizionandosi sugli stessi livelli dell’estate 2020, grazie probabilmente all’efficacia delle vaccinazioni che hanno coinvolto in via prioritaria il personale sanitario, altri settori produttivi registrano incidenze di contagi professionali in crescita pur rilevando, rispetto alla seconda ondata, un calo in termini di valori assoluti. È il caso, in particolare, dei trasporti, dei servizi di alloggio e ristorazione, del commercio e dei servizi di informazione e comunicazione, che tra febbraio e aprile raccolgono complessivamente circa il 25% dei casi, contro il 6% della prima ondata, il 18% del periodo estivo e l’8% della seconda ondata.

Il trend confermato dall’analisi per professione dell’infortunato. Come rileva il 16esimo report nazionale elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail, pubblicato oggi insieme alla versione aggiornata delle schede di approfondimento regionali, questo trend è confermato dall’analisi per professione dell’infortunato. L’incidenza sul totale dei contagi della categoria dei tecnici della salute, prevalentemente infermieri, è passata infatti dal 39,1% del primo periodo di lockdown, fino a maggio 2020 compreso, al 23,3% del successivo quadrimestre giugno-settembre, per poi ritornare al 39,3% nel periodo ottobre 2020-gennaio 2021 e scendere tra febbraio e aprile di quest’anno al 26,0%. Analogo l’andamento delle infezioni dei medici, scese dal 10,1% della prima fase della pandemia al 5,5% di quella “post lockdown”, per poi registrare l’8,6% nella seconda ondata dei contagi e passare al 4,7% nell’ultimo trimestre analizzato.

Con la ripresa delle attività in aumento il peso di altre categorie di lavoratori. Con la progressiva ripresa delle attività, altre professioni hanno visto invece aumentare l’incidenza dei casi di contagio tra le prime due fasi, registrato una riduzione nella terza e di nuovo una risalita nella quarta. Gli esercenti e addetti nelle attività di ristorazione, per esempio, sono passati dallo 0,6% del primo periodo al 3,7% di giugno-settembre, per poi scendere allo 0,7% tra ottobre e gennaio e risalire all’1,3% nel trimestre febbraio-aprile 2021. L’incremento in termini di incidenza sul totale dei contagi osservato per alcune categorie nell’ultimo trimestre, come gli impiegati addetti alla segreteria e agli affari generali (passati dal 3,5% al 4,5%, al 4,3% e all’8,7%) o i professori della scuola primaria (dallo 0,03% allo 0,5%, allo 0,8% e al 2,7%), è dovuto alla consistente diminuzione che ha caratterizzato le professioni della sanità, sia in valore assoluto che relativo.

L’incremento rispetto al monitoraggio di fine marzo è del 3,8%. Le infezioni da Covid-19 di origine professionale segnalate dall’inizio della pandemia alla data dello scorso 30 aprile sono 171.804, pari a circa un quarto del totale delle denunce di infortunio sul lavoro pervenute all’Inail dal gennaio 2020 e al 4,3% del complesso dei contagiati nazionali comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data. Rispetto alle 165.528 denunce registrate dal monitoraggio mensile precedente, i casi in più sono 6.276 (+3,8%), di cui 2.199 riferiti ad aprile, 1.642 a marzo, 501 a febbraio e 581 a gennaio di quest’anno, 499 a dicembre, 451 a novembre e 297 a ottobre, mentre i restanti 106 sono riconducibili agli altri mesi del 2020. Il consolidamento dei dati permette, infatti, di acquisire informazioni non disponibili nelle rilevazioni precedenti.

Quasi sei decessi su 10 concentrati nella prima fase della pandemia. I casi mortali sono 600, concentrati soprattutto nel trimestre marzo-maggio 2020 (58,2%) e pari a circa un terzo del totale decessi denunciati all’Inail da gennaio 2020, con un’incidenza dello 0,5% rispetto al complesso dei deceduti nazionali da Covid-19 comunicati dall’Iss alla stessa data. Rispetto ai 551 casi rilevati dal monitoraggio al 31 marzo, i decessi sono 49 in più, di cui 11 ad aprile, 10 a marzo, quattro a febbraio e otto a gennaio di quest’anno, sei a dicembre e sette a novembre dello scorso anno, mentre i restanti tre decessi sono riconducibili ai mesi precedenti.

La quota femminile è pari al 69% ma a morire sono soprattutto gli uomini. A morire sono soprattutto gli uomini (83,5%) e i lavoratori nelle fasce di età 50-64 anni (72,0%), over 64 anni (19,2%) e 35-49 anni (8,0%). Il rapporto tra i generi si inverte prendendo in considerazione tutti i contagi sul lavoro da Covid-19. La quota femminile sul totale, infatti, è pari al 69,0%. Il numero delle lavoratrici contagiate supera quello dei lavoratori in tutte le regioni, a eccezione di Calabria, Sicilia e Campania, dove l’incidenza delle donne sul complesso delle infezioni di origine professionale è, rispettivamente, del 49,2%, 46,3% e 44,4%.

La fascia di età più colpita è quella tra i 50 e i 64 anni. L’età media dei contagiati dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni (59 per i deceduti). Il 42,4% del totale delle denunce riguarda la classe 50-64 anni. Seguono le fasce 35-49 anni (36,7%), under 35 anni (18,9%) e over 64 anni (2,0%). L’86,2% delle denunce riguarda lavoratori italiani. Il restante 13,8% sono stranieri, soprattutto rumeni (pari al 21,1% dei lavoratori stranieri contagiati), peruviani (12,9%), albanesi (8,2%), moldavi (4,5%) ed ecuadoriani (4,2%). Nove morti su 10 sono italiani (90,5%), mentre le comunità straniere con più decessi sono quelle peruviana (con il 15,8% dei casi mortali dei lavoratori stranieri), albanese (14,0%) e rumena (10,5%).

Milano, Torino, Roma e Napoli le province con più contagiati. Dall’analisi territoriale, approfondita anche attraverso le schede regionali, emerge una distribuzione delle denunce del 43,5% nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 25,8%), del 24,5% nel Nord-Est (Veneto 10,6%), del 15,0% al Centro (Lazio 6,4%), del 12,4% al Sud (Campania 5,6%) e del 4,6% nelle Isole (Sicilia 3,0%). Le province con il maggior numero di contagi dall’inizio dell’emergenza sanitaria sono Milano (9,7%), Torino (7,1%), Roma (5,1%), Napoli (3,8%), Brescia (2,6%), Varese e Verona (2,5% per entrambe) e Genova (2,4%).

Al Sud gli aumenti percentuali maggiori su base mensile. Prendendo in considerazione solo l’ultimo mese di rilevazione, la provincia che registra il maggior numero di infezioni di origine professionale è quella di Roma, seguita da Milano, Torino, Napoli, Firenze, Palermo, Genova e Venezia. Le province che in aprile hanno avuto gli aumenti percentuali più consistenti rispetto alla rilevazione di marzo sono però quelle di Matera (+21,3%), Vibo Valentia (+15,4%), Reggio Calabria (+14,3%), Lecce (+13,6%), Ragusa (+12,2%), Caltanissetta (+11,5%), Agrigento (+11,3%), Brindisi (+9,5%) e Firenze (+9,3%).

Confermato il primato negativo del Nord-Ovest. Con più di quattro casi mortali su 10 (41,9%), il Nord-Ovest conferma il proprio primato negativo anche per i decessi (prima la Lombardia con il 29,5%). Seguono il Sud con il 23,8% (Campania 11,0%), il Centro con il 16,8% (Lazio 9,7%), il Nord-Est con il 12,0% (Emilia Romagna 6,8%) e le Isole con il 5,5% (Sicilia 4,8%). Nel confronto con il dato complessivo delle denunce di contagio sul lavoro da Covid-19, per i mortali si osserva una quota più elevata al Sud (23,8% contro il 12,4% riscontrato nelle denunce totali) e un’incidenza inferiore nel Nord-Est (12,0% rispetto al 24,5%). Le province con più morti da inizio pandemia sono Bergamo (8,0%), Milano (7,8%), Roma (7,3%), Napoli (6,7%), Brescia (4,7%), Torino (4,0%), Cremona (3,2%), Genova e Parma (2,7% ciascuna).

Fonte: INAIL

Il nastro adesivo (scotch) | Invenzione

ID 13540 | | Visite: 3052 | News Sicurezza

Scotch Tape

Il nastro adesivo (scotch) | Invenzione

Il nastro adesivo (scotch) viene messo in commercio per la prima volta sul mercato americano dalla Minnesota Mining and Manufacturing Company (3M), dopo 5 anni dalla sua invenzione ad opera di Richard Drew.

La sua storia comincia però già nel 1905 quando la 3M, delusa dalle risorse minerarie di Crystal Bay, decide di avventurarsi nel mercato della carta vetrata. I suoi investimenti si concentrano sull’apertura di un laboratorio sperimentale, mirato specificamente alla risoluzione di un problema sempre più insistente: il bisogno di una carta abrasiva che non rilasci troppe particelle nell’aria.

Negli anni Venti l’incremento nella produzione di automobili causa un corrispondente aumento dei casi di avvelenamento da piombo negli operai, che inalavano le polveri rilasciate dalle smerigliatrici. La soluzione al problema arriva nel 1921 sotto il nome di 3M Wetordry Waterproof Sandpaper (carta vetrata impermeabile), ed è proprio durante una vendita di questo prodotto che un giovane assistente di laboratorio, Richard Drew (1899-1980), si accorge di un’altra difficoltà che pesa sulle officine automobilistiche, legata alla verniciatura delle macchine bicromate. Per ottenere una tinteggiatura dai contorni puliti i carrozzieri si arrangiavano mascherando le parti da proteggere con carta di giornale, fissandola al veicolo con colla artigianale. Questa si portava però via della vernice quando veniva rimossa e, dunque, non garantiva un risultato ottimale.

metal 3m sandpaper store

Fig. 1 - Espositore in metallo 3M Wetordry Waterproof Sandpaper

Fu così che Richard Drew nel 1925 trova la giusta combinazione di elementi per produrre un nastro non troppo adesivo, facile da rimuovere: uno strato di carta crespa trattata e un misto di colla da falegname e glicerina. Nasce così lo Scotch Brand Masking Tape.

3M center in Madrid

Fig. 2 - Uso del nastro adesivo per operazioni di carrozzeria

Sul perché del nome Scotch non c’è una spiegazione ufficiale, soltanto racconti di dubbia certezza. Numerose fonti raccontano una storia che sembra essere apparsa per la prima volta sulla rivista “Changing Times” (XV, n. 1, novembre 1961, p. 40). Poiché, nelle prime fasi di produzione, l’adesivo veniva applicato solo ai bordi del nastro, pare che un giorno un meccanico, esasperato dalla sua scarsa efficacia, abbia strillato al venditore di turno: «Take this tape back to those Scotch bosses of yours and tell them to put adhesive all over the tape, not just on the edges» (“Riporta questo nastro a quei tuoi capi scozzesi e digli di mettere l’adesivo su tutto il nastro, e non solo sui bordi”). Scotch – inteso in questo contesto come sinonimo di Scottish – assume qui il significato colloquiale di ‘avaro’, una caratteristica stereotipica degli scozzesi

La grande invenzione di Drew arriva quindi nel 1930. Fin dall’anno prima il giovane aveva lavorato per creare un nastro resistente all’umidità e all’acqua, ideale anche per usi non strettamente meccanici. Per ottenere questo risultato aveva dovuto abbandonare la carta crespa e affidarsi a un nuovo materiale di recente invenzione, il cellophane. Questo si rivela essere un’ottima base, ma richiede un nuovo tipo di collante composto da oli, resine e gomma. Nasce così lo Scotch Brand Cellulose Tape (rinominato in seguito Scotch Brand Transparent Tape), il nastro trasparente come lo conosciamo oggi.

FirstVersions Scotch

Fig. 3 - Scotch Brand Cellulose Tape

Lo Scotch non ha mai smesso di evolversi. Durante la Seconda Guerra Mondiale la 3M avrebbe ideato oltre 100 tipi di nastri diversi per le applicazioni belliche più svariate. La scarsità di gomma durante il conflitto costringe a cercare materiali alternativi, e così il nastro vestito di tartan cambia d’abito. Una base acetata opaca sostituisce il cellophane, e il collante viene creato a partire da acrilati sintetici: il connubio prende il nome di Scotch Magic Tape (1961), il primo nastro adesivo facilissimo da rimuovere e su cui è possibile scrivere. Negli anni a seguire sarebbero state introdotte numerose migliorie e specializzazioni: oggi la 3M (è sua anche la geniale immissione sul mercato, a partire da quello americano nel 1980, dei Post-it®) produce più di 400 varietà diverse sotto il marchio Scotch.

Adhesive tape

 

Fig. 4 - Brevetto adhesive tape

Estratto brevetto adhesive tape (segue in allegato)

Brevettato il 27 maggio 1930

My invention relates in general to adhesives, adhesive compositions or adhesive sheets or coatings; more particularly to pressure energizable adhesives, adhesive sheets or coatings, preferably Water insoluble and normally non-drying. My invention is a continuation in part of my prior application,.S..N.182,893,led April ll, 1927 for Adhesives in the form of sheets or the like and method of making the same.[...]

Adhesive sheeting

Fig. 5 - Brevetto adhesive sheeting

Estratto brevetto adhesive sheeting (segue in allegato)

Brevettato 31 ottobre 1939

This invention relates to adhesive sheets having a backing with a non-fibrous surface (such as normal or waterproofe'd films of regenerated cellulose) and a coating of normally tacky and pressure-sensitive adhesive united thereto. While not limited thereto, the invention relates especially to transparent adhesive sheets, to adhesive sheets in the form of adhesive tapes which may be sold in stacked or coiled form, and to adhesive 0 sheets or tapes which are well adapted to the sealing or securing of wrappers composed of non-fibrous lustrous cellulosic films and the like.[...]

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27 Maggio 1930
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Ruolo del medico competente in materia di sicurezza sul luogo di lavoro

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GPDP Ruolo MC

Ruolo del medico competente in materia di sicurezza sul luogo di lavoro, anche con riferimento al contesto emergenziale

GPDP 14 Maggio 2021

Considerate le numerose richieste di chiarimenti inviate al Garante, anche da parte di responsabili della protezione dei dati di enti e aziende pubbliche e private, si ritiene opportuno fornire indicazioni generali sul ruolo del medico competente in materia di igiene e sicurezza sul luogo di lavoro nel trattamento dei dati personali dei lavoratori e richiamare le condizioni per assicurare che i trattamenti effettuati, rispettivamente, dal datore di lavoro e dal medico competente, avvengano nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati, della disciplina nazionale di settore e delle norme più specifiche e di maggior tutela che garantiscono la dignità e la libertà degli interessati sui luoghi di lavoro (art. 88 del Regolamento e 113 del Codice) nonché di quelle emanate nel contesto dell’emergenza epidemiologica in corso.

La disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81) individua la funzione del medico competente come autonoma rispetto a quella che deve essere svolta dal datore di lavoro, prevedendo specifici e distinti obblighi nonché le diverse responsabilità di ciascuno e delineando, sotto il profilo della protezione dei dati, l’ambito del rispettivo trattamento.

Nell’evoluzione del quadro nazionale legato all’emergenza epidemiologica la figura del medico competente assume una posizione di maggiore centralità nel contrasto e nel contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 nel contesto lavorativo.

Anche i “nuovi” trattamenti di dati personali, originati dall’emergenza in atto, devono essere effettuati nel rispetto di quel tradizionale riparto di competenze e separazione di ruoli tra il medico competente e il datore di lavoro, in cui risiede il principale elemento di garanzia delle norme che ne disciplinano i compiti e le funzioni.

Il datore di lavoro

Il datore di lavoro adotta le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori (art. 2087 c.c.)

Il d.lgs. 81/2008 individua gli specifici obblighi del datore di lavoro (art. 18) che, quando comportano il trattamento di dati personali, legittimano il trattamento di dati personali dei dipendenti da parte dello stesso (art. 6, par. 1, lett. c), 9, par. 2, lett. b) e 88 Regolamento, che si riferisce espressamente a “norme più specifiche [...] nell'ambito dei rapporti di lavoro, in particolare per finalità di [...] salute e sicurezza sul lavoro”) e possono essere posti in essere mediante il personale che opera sotto la sua diretta autorità, e che deve essere “autorizzato” e debitamente “istruito” in merito all’accesso ai dati (artt. 4, par. 10, 29, 32 par. 4 Regolamento; v. art. 2-quaterdecies del Codice).

Il datore di lavoro ha, di regola, l’obbligo di conferire a un medico - che abbia i requisiti professionali stabiliti dalla legge - specifico mandato o incarico (anche mediante apposito ordine di servizio, nei casi in cui adibisca propri dipendenti, artt. 38 e 39 d.lgs. n. 81/2008), affinché questi eserciti, all’interno della propria realtà organizzativa, quella funzione di protezione della salute e sicurezza dei luoghi di lavoro che la legge ha previsto che debba essere obbligatoriamente presente nelle realtà produttive e nei luoghi di lavoro in generale, attribuendone il compito specificamente a figure professionali.

In tale ambito, a titolo esemplificativo, il datore di lavoro “vigila affinché i lavoratori [...] non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità”; effettua le comunicazioni obbligatorie ai soggetti istituzionali competenti e fornisce al servizio di prevenzione e protezione e al medico competente tutte le informazioni necessarie allo svolgimento dei rispettivi compiti (es. art. 18 d.lgs. n. 81/2008).

Il medico competente

La richiamata disciplina individua, analogamente, gli obblighi del medico competente (art. 25 d.lgs. n. 81/2008).

Le finalità e le operazioni del trattamento che devono essere poste in essere dal medico sono determinate dalla legge che stabilisce anche le modalità del trattamento: il professionista deve trattare i dati in modo autonomo, nel rispetto della disciplina di protezione dei dati e dei principi che regolano l’attività diagnostica, delle regole di deontologia professionale, con particolare riguardo al segreto. Peraltro, le sue valutazioni non possono, per definizione, risentire o essere condizionate dalle scelte organizzative e gestionali dell’ente/datore di lavoro (ancorché in quella struttura organizzativa tale figura sia funzionalmente inserita).

L’art. 39 prevede che il medico operi secondo i principi della medicina del lavoro e del Codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale. Non deve seguire invece le istruzioni del datore di lavoro, rispetto al quale deve, al contrario, mantenere autonomia e terzietà (l’art. 39, comma 4 prevede, infatti, che “il datore di lavoro assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone l’autonomia”).

Spetta, dunque, al medico competente stabilire, anche su richiesta del lavoratore, la periodicità delle visite mediche o la necessità di sottoporre i lavoratori a ulteriori indagini diagnostiche “in funzione della valutazione del rischio” e delle “condizioni di salute” dei lavoratori sottoposti a sorveglianza (art. 41, commi 2 e 4). Il medico “programma e effettuata la sorveglianza sanitaria” e “istituisce e aggiorna e custodisce sotto la propria responsabilità una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore” con la “salvaguardia del segreto professionale” e presso un luogo di custodia concordato con il datore di lavoro.

La funzione di medico competente è espressione di un interesse pubblico (tutela del lavoratore e della collettività), individuato e disciplinato dalla legge e, in quanto tale, sottratta alla sfera di competenza del datore di lavoro e ai relativi poteri.

Nello svolgimento di tali compiti che la legge gli attribuisce in via esclusiva, in particolare l’attività di sorveglianza sanitaria e la tenuta delle cartelle sanitarie e di rischio dei singoli lavoratori, il medico competente è, per legge, l’unico legittimato a trattare in piena autonomia e competenza tecnica i dati personali di natura sanitaria indispensabili per lo svolgimento della funzione di protezione della salute e sicurezza dei luoghi di lavoro, non potendo informazioni relative, ad esempio, alla diagnosi o all’anamnesi familiare del lavoratore essere in alcun modo trattate dal datore di lavoro, se non nella misura del mero giudizio di idoneità alla mansione specifica e delle eventuali prescrizioni che il professionista fissa come condizioni di lavoro (arg. art. 25, comma 1, lett. i ) che prevede che il medico “ comuni [chi] al datore di lavoro [...] i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria”).

In tale prospettiva la disciplina della conservazione della documentazione sanitaria, volta ad assicurare la continuità della funzione del medico competente e la segregazione del contenuto della documentazione sanitaria rispetto al datore di lavoro, prevede che alla cessazione dell’incarico del medico competente, la documentazione sanitaria in suo possesso deve essere consegnata al datore di lavoro, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali e con salvaguardia del segreto professionale (art. 25, comma 1, lett. d)), non potendo il datore di lavoro avere conoscenza del contenuto di tale documentazione; in caso di cessazione di un rapporto di lavoro, l'originale della cartella sanitaria e di rischio deve essere conservata da parte del datore di lavoro, per almeno dieci anni (art. 25, comma 1, lett. e)); in caso di cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro deve consegnare le cartelle sanitarie e di rischio a uno specifico soggetto pubblico, che svolge istituzionalmente compiti di vigilanza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ovvero l’Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), che sotto questo profilo ha acquisito anche le competenze dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) (art. 243, comma 5); la legge inoltre attribuisce specifici obblighi di comunicazione del medico competente in favore di altri soggetti istituzionali che perseguono finalità di sanità pubblica e di prevenzione come, ad esempio, la trasmissione di dati aggregati relativi all’attività di sorveglianza sanitaria svolta per ciascun datore di lavoro alle ASL territorialmente competenti per il tramite della piattaforma informatica istituita presso l’INAIL (art. 40, comma 1).

Sebbene gli accertamenti volti a verificare l’idoneità alla “mansione specifica” del dipendente siano obbligatori per legge e siano svolti “a spese” e “a cura” del datore di lavoro (artt. 39, comma 5 e 41, comma 4 d.lgs. n. 81/2008, cit.), essi devono essere posti in essere esclusivamente per il tramite del medico competente. Il quadro normativo stabilisce, quindi, anche le modalità di impiego dei mezzi e delle risorse strumentali all’attività posta in essere dal medico competente e dei conseguenti trattamenti, facendo ricadere sul datore di lavoro i costi della relativa funzione (sul piano economico ma, in alcuni casi e per alcuni profili, sul piano organizzativo), senza che ciò si traduca, tuttavia, nella titolarità dello specifico trattamento di dati personali posto in essere dal medico.

L’autonoma sfera di competenza e di responsabilità del medico competente rispetto al datore emerge, altresì, dalla circostanza che avverso i giudizi del medico competente, ivi compresi quelli formulati in fase preassuntiva, è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso (art. 41, comma 9 del d.lgs. n. 81/2008, cit.).

Anche sotto il profilo sanzionatorio il quadro normativo distingue chiaramente le responsabilità che ricadono sul datore di lavoro da quelle che invece sono direttamente imputabili al medico competente, sia quando opera in qualità di libero professionista o per conto di strutture convenzionate, sia quando opera in qualità di dipendente del datore di lavoro.

In tale quadro, quindi, il medico non tratta i dati per conto del datore di lavoro ma, in qualità di titolare del trattamento (artt. 4, n. 7 e 24 del Regolamento), in base a specifiche diposizioni di legge finalizzate anzitutto al perseguimento dell’interesse pubblico di tutela della salute nei luoghi di lavoro e della collettività.

Lo stesso Regolamento considera in via autonoma i trattamenti necessari per le finalità di “medicina del lavoro” (art. 9 lett. h) del Regolamento), nel quale ambito è riconducibile la funzione del medico competente prevista dall’ordinamento nazionale, che devono essere effettuati “sotto la responsabilità di un professionista soggetto al segreto professionale conformemente al diritto dell'unione o degli stati membri [...]”” (art. 9, par. 3 del Regolamento; cfr. anche art. 2-sexies, comma 2, lett. u) del Codice “compiti di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro”). Tali trattamenti sono infatti disciplinati in maniera distinta rispetto a quelli posti in essere dal datore di lavoro e necessari per assolvere i propri obblighi normativi in materia di “salute e sicurezza sul lavoro” (art. 9, lett. b) e 88 del Regolamento).

Stante la titolarità del trattamento dei dati del medico competente (artt. 4, n. 7 e 24 del Regolamento), essendo questo l’unico legittimato a trattare i dati sanitari dei lavoratori per le finalità indicate dalla legge di settore, gli eventuali flussi di dati personali tra il datore di lavoro e il medico competente devono intendersi quali “comunicazioni” di dati personali (cfr. la definizione contenuta all’art. 2-ter, par. 4, lett. a) del Codice), i cui presupposti sono rinvenibili nel richiamato quadro normativo di settore.

Il ruolo del medico competente nel contesto dell’emergenza epidemiologica da virus SARS-CoV-2

Fin dalle prime settimane dell’emergenza, alla luce del quadro normativo di settore e di quello progressivamente delineatosi, tenuto conto dei principi di protezione dei dati e di quelle disposizioni più specifiche che, nell’ordinamento nazionale, tutelano la dignità e la sfera privata degli interessati sul luogo di lavoro (es. art.113 del Codice), il Garante ha sottolineato la funzione di garanzia del medico competente nel trattamento dei dati dei lavoratori (cfr., FAQ relative al trattamento dei dati nel contesto lavorativo pubblico e privato nell’ambito dell’emergenza sanitaria, spec. FAQ nn. 4, 7 e 8 e, da ultimo, FAQ sul “Trattamento di dati relativi alla vaccinazione anti Covid-19 nel contesto lavorativo”).

Nel contesto dell’emergenza epidemiologica le amministrazioni e le imprese nello svolgimento dei propri compiti datoriali in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro (artt. 6, 9, par. 2 lett. b) e 88 del Regolamento), sono tenute a rispettare i contenuti del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid- 19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 (aggiornato il 6 aprile 2021) fra il Governo e le Parti sociali, di cui all’allegato 6 del D.p.c.m. 26 aprile 2020 e degli analoghi protocolli per le attività pubbliche non differibili e i servizi pubblici essenziali, il cui contenuto è vincolante per i datori di lavoro pubblici e privati⁷. Tale impianto regolatorio è stato confermato nel tempo e, da ultimo, con il dpcm del 2 marzo 2021 il cui allegato n. 12 recepisce il citato protocollo.

I compiti che la disciplina di settore assegna tradizionalmente al medico competente nella tutela della salute e sicurezza delle attività lavorative, assumono, nell’evoluzione del quadro normativo nazionale legato all’emergenza, la funzione di “misure di prevenzione di carattere generale” (cfr. FAQ n. 4, cit.) da attuare, in ogni caso, nel rispetto della disciplina di settore in materia di sicurezza sul lavoro, dei principi di protezione dei dati personali, dei citati protocolli di sicurezza e delle indicazioni del Ministero della Salute (cfr. sul punto, circolare del Ministero della Salute del 29 aprile 2020, n. 0014915).

In tale quadro il medico competente - o altro professionista sanitario che in base alle disposizioni relative all’emergenza epidemiologica svolge le funzioni di medico del lavoro (con riguardo, ad esempio, alla “sorveglianza sanitaria eccezionale per i lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio” che può essere richiesta dai datori di lavoro pubblici o privati “ai servizi territoriali dell'INAIL che vi provvedono con propri medici del lavoro”) - collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione, anzitutto, nella valutazione dei rischi, nell’individuazione, attuazione e perfezionamento delle misure e nell’osservanza dei protocolli anti-contagio, nell’informazione e formazione dei lavoratori sul rischio di contagio da SARS-CoV-2 (arg. art. 25 del citato D.lgs. 81/2008 e s.m.i.), nell’esame dei rischi riguardanti gruppi di lavoratori maggiormente esposti al contagio (es. operatori sanitari, forze dell’ordine) o in particolari situazioni di “fragilità” legata a fattori quali l’età anagrafica o a situazioni di pregressa morbilità (FAQ 4 e paragrafo 12 del Protocollo condiviso).

Il medico competente prosegue e intensifica inoltre l’attività di sorveglianza sanitaria e le connesse visite mediche nei casi previsti dalla disciplina di settore (art. 41), ad esempio in occasione del rientro al lavoro dei dipendenti dopo la sospensione delle attività produttive, o in caso di progressivo ritorno allo svolgimento “in presenza” della prestazione lavorativa (svolta “a distanza” per un periodo prolungato), o nei confronti del singolo dipendente per la riammissione in servizio dopo l’infezione da Covid-19 (cfr. circolare Ministero della Salute del 12 aprile 2021, prot. n. 0015127). In tale contesto, inoltre, è particolarmente utile il coinvolgimento del medico competente nella precoce identificazione dei contatti in ambito lavorativo (c.d. contact tracing) e nel loro isolamento in ragione della collaborazione qualificata che può fornire ai medici di medicina generale e ai dipartimenti di prevenzione per la corretta gestione e presa in carico del lavoratore con sintomatologia sospetta (cfr., par. 11 del Protocollo cit; FAQ n. 8).

Nell’ambito della valutazione dei rischi e della sorveglia sanitaria (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, d.lgs. n. 81/2008), il medico competente in qualità di professionista sanitario potrà suggerire l’adozione di eventuali mezzi diagnostici, qualora ritenuti utili al fine del contenimento della diffusione del virus e della salute dei lavoratori, ponderando la necessità, “in funzione della valutazione del rischio” e delle “condizioni di salute” dei lavoratori, di sottoporre i lavoratori a ulteriori indagini diagnostiche, che possono consistere anche in “esami clinici e biologici”(art. 41, commi 2 e 4 d.lgs. 81/2008) o test sierologici, nel rispetto delle disposizioni generali che vietano al datore di lavoro di trattare informazioni relative alla diagnosi del lavoratore o di effettuare direttamente esami diagnostici sui dipendenti.

[...] Segue in allegato

Fonte: GPDP

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GPDP 14.05.2021
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Determinazione INAIL 5 marzo 2020 n. 49

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Determinazione INAIL 5 marzo 2020 n. 49

Attuazione dell'art. 28, comma 3 ter del d.lgs. n. 81/2008. Criteri di ammissibilità degli strumenti tecnico specialistici per la riduzione dei livelli di rischio

______

IL PRESIDENTE

munito dei poteri del Consiglio di amministrazione

visto il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479 e successive modificazioni;
visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 settembre 1997, n. 367;
visto il decreto legge 28 gennaio 2019 n. 4 convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26 e, in particolare l'art. 25, comma 2;
visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 luglio 2019 di nomina a Presidente dell'Istituto;
visto il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze del 28 ottobre 2019, di attribuzione - nelle more del perfezionamento della procedura di nomina del vice presidente e del Consiglio di amministrazione - dei poteri degli Organi dell'istituto, come individuati nel novellato art. 3, commi 3, 3 bis e 5, del d.lgs. 479/1994, per consentire il corretto dispiegarsi dell'attività amministrativa dell'Inail;
visto il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni;
visto il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151 “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”;
vista la deliberazione del Consiglio di indirizzo e vigilanza 9 ottobre 2017, n. 18 “Linee di indirizzo per l'informazione, la consulenza e l'assistenza per la prevenzione”;
vista la deliberazione del Consiglio di indirizzo e vigilanza 23 maggio 2019, n. 8 “Relazione Programmatica 2020-2022”;
vista la relazione del Direttore generale in data 4 marzo 2020;
considerato che la strategia europea 2014-2020 definisce tra gli obiettivi prioritari, il miglioramento dell'attuazione delle disposizioni di legge da parte degli Stati membri, in particolare rafforzando la capacità delle micro imprese e piccole imprese di mettere in atto misure di prevenzione dei rischi efficaci ed efficienti;
considerato che l'articolo 28 del d.lgs. 81/2008, “Oggetto della valutazione dei rischi”, al comma 3 ter prevede che l'Inail, ai fini della valutazione stessa, anche in collaborazione con le aziende sanitarie locali per il tramite del coordinamento tecnico delle Regioni e con gli organismi paritetici, renda disponibili al datore di lavoro strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio;
rilevato che, al fine di agevolare la fruizione di tali strumenti da parte delle micro e piccole imprese, è stato predisposto sul portale istituzionale un ambiente interattivo di consultazione - repository, con selezione attraverso una lista di agenti e fattori di rischio e voci Ateco;
considerato che, per garantire l'alimentazione continua e l'aggiornamento dei contenuti del repository, è stata elaborata, sulla base di una ricognizione e analisi delle esperienze di ricerche nazionali e internazionali in materia di validazione delle linee guida, una griglia che definisce i criteri metodologici da impiegare nel processo di validazione;
ritenuto opportuno adottare, per garantire la qualità delle soluzioni per la riduzione dei livelli di rischio, un grading sulla sussistenza dei predetti criteri metodologici - attraverso l'utilizzo di una scala gradiente di tipologia Likert a quattro passi - per la conseguente validazione delle predette soluzioni a cura di un gruppo tecnico composto da specifiche professionalità in materia,

DETERMINA

di approvare i criteri di ammissibilità degli strumenti tecnico specialistici per la riduzione dei livelli di rischio ai sensi dell'art. 28 comma 3 ter del d.lgs. n. 81/2008, di cui al documento che, allegato, costituisce parte integrante della presente determinazione.

f.to Franco Bettoni

Strumenti tecnico specialistici per la riduzione dei livelli di rischio

PREREQUISITO DI INCLUSIONE (¹)
L'applicabilità dello strumento e la presenza di misure pratiche e attuabili per la riduzione del rischio
 

 

CRITERI DI VALUTAZIONE (²)

a)

Condivisione con organismi: approvazione in GdL, Comitati, Commissioni paritetiche, coinvolgimento partì sociali/Regioni

1 = per niente applicabile
2= poco applicabile
3= abbastanza applicabile
4= del tutto applicabile

b)

Approccio tecnico-scientifico e sperimentazione: letteratura scientifica di riferimento; metodologia teorico-sperimentale seguita; coerenza tra chiarezza degli obiettivi e rilevanza scientifica

1 = per niente applicabile
2= poco applicabile
3= abbastanza applicabile
4= del tutto applicabile

c)

Chiarezza degli obiettivi: gli obiettivi generali sono esplicitati e descritti in modo specifico e il target di riferimento è ben definito

1 = per niente applicabile
2= poco applicabile
3= abbastanza applicabile
4= del tutto applicabile

d)

Coerenza normativa: rispetto delle disposizioni di legge, regolamentazione tecnica o normativa di riferimento

1 = per niente applicabile
2=
 poco applicabile
3-abbastanza applicabile
4=del tutto applicabile

e)

Suscettibilità all'aggiornamento (³): è prevista la revisione periodica

1 = per niente applicabile
2= poco applicabile
3= abbastanza applicabile
4= del tutto applicabile

______

(¹) La mancanza del prerequisito non consente di procedere alla valutazione.
(²) La validazione dello strumento è vincolata alla attribuzione di un punteggio non inferiore a 3 per ciascun criterio di valutazione, eccetto che per il criterio e) per il quale si rimanda alla nota 3.
(³) Il criterio si applica esclusivamente se il valutatore ritiene che lo strumento in esame necessiti di un aggiornamento.

Fonte: INAIL

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Epidemiologia e monitoraggio alcol-correlato in Italia e nelle Regioni 2021

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Rapporto ISTISAN 21 7

Epidemiologia e monitoraggio alcol-correlato in Italia e nelle Regioni | 2021

Rapporto ISTISAN 21/7 - Epidemiologia e monitoraggio alcol-correlato in Italia e nelle Regioni. Valutazione dell’Osservatorio Nazionale Alcol sull’impatto del consumo di alcol ai fini dell’implementazione delle attività del Piano Nazionale Alcol e Salute.

Rapporto 2021

Il consumo di alcol è un importante problema di salute pubblica, classificato in Europa come terzo fattore di rischio di malattia e morte prematura dopo il fumo e l’ipertensione arteriosa.

L’Osservatorio Nazionale Alcol (ONA) elabora e analizza ogni anno le basi di dati nazionali svolgendo attività di monitoraggio su mandato del Ministero della Salute e in base a quanto previsto dal Piano Statistico Nazionale e alle attività del “SIStema di Monitoraggio Alcol-correlato – SISMA” previste dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2017 e dalla recente attivazione in ISS dell’azione centrale SIAS-SISTIMAL “International SIstema e Azione di Supporto a SISTIMAL” per la valutazione dell’implementazione delle politiche nazionale e regionali sull’alcol che il Ministero della Salute provvede a trasmettere alla World Health Organization (WHO).

L’ONA, sede del WHO Collaborating Centre for Research on Alcohol, è l’organismo indipendente di raccordo tra Ministeri, Presidenza del Consiglio, Commissione Europea e WHO per le attività tecnico-scientifiche di rilievo nazionale, europeo e internazionale. La stesura del presente rapporto è avvenuta durante la pandemia da nuovo coronavirus ma si riferisce prevalentemente a dati del 2019. La sfida futura sarà quella di affrontare la problematica alcol in funzione dei nuovi scenari epidemiologici ridisegnati dall’emergenza COVID-19.

_____

INDICE
Prefazione
Politiche sull’alcol in Europa
Consumo pro-capite di alcol
Consumi nella popolazione italiana generale
Consumatori di alcol, astemi e astinenti degli ultimi 12 mesi
Consumatori di vino, birra, aperitivi alcolici, amari e superalcolici
Comportamenti a rischio
Consumatori abituali eccedentari
Consumatori fuori pasto
Consumatori binge drinking
Consumatori a rischio (criterio ISS)
Consumatori dannosi
Consumi alcolici e modelli di consumo nelle Regioni
Italia nord-occidentale
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Liguria
Italia nord-orientale
Provincia Autonoma di Bolzano
Provincia Autonoma di Trento
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia Romagna
Italia centrale
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Italia meridionale
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Italia insulare
Sicilia
Sardegna
Mortalità per decessi totalmente alcol-attribuibili
Mortalità totalmente alcol-attribuibile per età e genere
Mortalità alcol-attribuibile per regione di residenza
Club alcologici territoriali: risultati preliminari dell’attività dell’AICAT
Caratteristiche demografiche
Caratteristiche sanitarie
Consumo di alcol tra i giovani
Consumatori di 11-17 anni
Consumatori di 18-20 anni
Consumatori di 21-25 anni
Consumo di alcol nei giovani italiani: evidenze dall’indagine multiscopo 2018
Consumo di alcol tra gli anziani
Consumatori giovani anziani (65-74 anni)
Consumatori anziani (75-84 anni)
Consumatori grandi anziani (≥ 85anni)
Conclusioni
Bibliografia

...

Fonte: ISS

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Diritto alla disconnessione | Legge 61/2021 conversione DL 30/2021

ID 13534 | | Visite: 4188 | News Sicurezza

Diritto  alla disconnessione

Diritto alla disconnessione | Legge 61/2021 conversione DL 30/2021 

ID 13534 | 13.05.2021 / Scheda allegata

Con la Legge 6 maggio 2021 n. 61, conversione in legge, con modificazioni, del Decreto-Legge n. 30 del 2021 è aggiunto il comma 1-ter al all'Art. 2. Lavoro agile, congedi per genitori e bonus baby-sitting al Decreto-Legge n. 30 del 2021, nel quale è previsto il diritto alla disconnessione dagli strumenti digitali per chi lavora in smart working.

A tutela del lavoratore che svolge l'attività in modalità agile, la Legge 6 maggio 2021 n. 61, conversione in legge, del Decreto-Legge n. 30 del 2021 riconosce il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche in favore dei lavoratori che svolgono l’attività lavorativa in modalità agile.
 
Tale diritto è riconosciuto nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati.
 
L'esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi.
 
Per il pubblico impiego, la disciplina degli istituti del lavoro agile è stabilita dai contratti collettivi nazionali.
 
Testo Decreto-Legge n. 30 del 2021 coordinato con la Legge 6 maggio 2021 n. 61 
 
Art. 2. Lavoro agile, congedi per genitori e bonus baby-sitting
 
1 -ter. Ferma restando, per il pubblico impiego, la disciplina degli istituti del lavoro agile stabilita dai contratti collettivi nazionali, è riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi

Risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2021 - 2019/2181(INL) Raccomandazioni alla Commissione sul diritto alla disconnessione

Il Parlamento europeo ha approvato la Risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2021 per raccomandare agli Stati membri il riconoscimento di questo diritto come fondamentale, con una proposta di direttiva.
 
Gli strumenti digitali utilizzati a scopi lavorativi, si legge nella risoluzione possono creare una pressione e uno stress costanti, un impatto negativo sulla salute fisica e mentale e sul benessere dei lavoratori e condurre a malattie psicosociali o altre malattie professionali, come l'ansia, la depressione, il burnout, lo stress da tecnologia, disturbi del sonno e muscoloscheletrici.
 
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Allegato riservato Diritto alla disconessione Rev. 0.0 2021.pdf
Certifico Srl - Rev. 0.0 2021
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Reinserimento persone con disabilità da lavoro | INAIL 2021

ID 13515 | | Visite: 1544 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Reiserimento persona disabilita daq lavoro per il DL

Reinserimento e integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro

I due opuscoli, realizzati in occasione della nuova campagna di comunicazione “Con Inail, ricomincio dal mio lavoro, sul reinserimento lavorativo delle persone con disabilità da lavoro, contengono una sintesi delle misure di sostegno proposte dall’Istituto.

L’Inail garantisce supporto ai propri assistiti vittime di infortunio o malattia professionale per la continuità lavorativa o per l’inserimento in una nuova occupazione attraverso la realizzazione di progetti personalizzati di reinserimento lavorativo. Disponibili per i datori di lavoro finanziamenti a fondo perduto fino a un massimo di euro 150.000,00 per interventi di adeguamento degli ambienti e delle postazioni di lavoro e azioni formative mirate alla riqualificazione professionale dei lavoratori infortunati.

Per favorire l’accesso ai finanziamenti, l’Istituto ha da tempo semplificato l’iter e le procedure di attivazione degli interventi, snellendo l’iter a carico dei datori di lavoro e promuovendo campagne di sensibilizzazione per rendere maggiormente note le misure per il reinserimento lavorativo delle persone con disabilità da lavoro.

Anche per l’edizione 2021 della campagna di comunicazione sono stati realizzati due opuscoli informativi, dedicati rispettivamente ai lavoratori e ai datori di lavoro, che illustrano gli interventi previsti dall’Inail e forniscono una serie di indicazioni utili:

- chi sono i destinatari delle misure adottate dall’Inail, sia in caso di conservazione del posto di lavoro sia in caso di nuova occupazione;
- quali interventi è possibile realizzare con i finanziamenti;
- quali sono i contributi messi a disposizione e come è possibile accedervi;
- notizie di interesse per lavoratori e per datori di lavoro.

...

Fonte: INAIL

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Rischio esposizione lavoratori IPA

ID 13020 | | Visite: 15887 | Documenti Riservati Sicurezza

Rischio esposizione lavoratori IPA 2021

Rischio esposizione lavoratori IPA

ID 13020 | 17.03.2021 / Documento di lavoro completo allegato

Documento riepilogativo sull'esposizione lavorativa agli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), con allegati:

- Polycyclic Aromatic Hydrocarbons (PAHs) EPA 2008
- Study Assessment of Occupational Exposure to Polycyclic Aromatic Hydrocarbons UK
- Priority Pollutant List EPA 2014
- Vademecum sicurezza e salute dei lavoratori asfaltatura [RL 2011]
- Cancerogeni occupazionali - IPA U. Modena R-E
- Esposizione a cancerogeni nella posa di guaine ASL BG
- Monitoraggio Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) e Benzo(a)Pirene (BaP) ILVA TA
Pece, catrame di carbone, alta temperatura DORS

Concentrations (IDLH) Coal tar pitch volatiles - NIOSH (IDHL* pece, catrame di carbone volatili)
Coal Tar Pitch Volatiles TLV ACGIH 2021 (TLV-TWA pece, catrame di carbone volatili)
Naphthalene TLV ACGIH 2021 (TLV-TWA naftalene)
Benzo[a]pyrene ACGIH 2021 (TLV-TWA assente)
Coal Tar Pitch Volatiles OSHA 2021 (Report OSHA - pece, catrame di carbone volatili)

Immediately Dangerous to Life or Health Concentrations 

Gli IPA

Gli IPA sono agenti ubiquitari, cioè onnipresente nell’ambiente di vita e di lavoro, sono spesso utilizzati sotto forma di miscele complesse, e derivano principalmente da combustioni incomplete, possono quindi essere presenti in tutte le attività dove avvengono combustioni (fonderie, raffinerie, produzione di coke, di asfalto, industria della gomma, della carta, produzione di energia, lavorazioni di asfaltatura, posa di guaine bituminose, uso di oli minerali, officine pneumatici ecc.). 

L’esposizione a idrocarburi policiclici aromatici (IPA) ha evidenziato un aumento di rischio per cancro ai polmoni e della pelle.

Gli IPA sono generati dalla combustione incompleta di materiale organico (p. es. carbone, olio da riscaldamento, carburante, legno, tabacco) e si diffondono nell’aria legati alle particelle di fuliggine. Gran parte degli IPA presenti nell’aria provengono da questi processi di combustione, ma le fuliggini vengono aggiunte anche alle mescole di gomma per migliorarne le proprietà elastiche o ammortizzanti. Quindi, gli IPA finiscono anche nelle impugnature degli utensili o nelle guaine dei cavi. Anche gli alimenti possono accumulare quantità non trascurabili di IPA generati da combustione, per esempio nella preparazione di prodotti cereali o di oli vegetali, nell’affumicatura e nella cottura alla griglia di carne e pesce. Gli IPA sono anche componenti naturali del carbone e del petrolio, che nel processo di raffinazione si accumulano nel bitume. I prodotti trattati con bitume e catrame, come l'asfalto, le lastre bitumate o i coloranti organici ne contengono quindi un tenore elevato

Gli IPA sono anche componenti naturali del carbone e del petrolio, che nel processo di raffinazione si accumulano nel bitume. I prodotti trattati con bitume e catrame, come l'asfalto, le lastre bitumate o i coloranti organici ne contengono quindi un tenore elevato. Negli anni 1960 erano ancora in uso colle contenenti catrame per incollare il parquet, e fino agli anni 1990 si impregnava il legno (per esempio le traversine ferroviarie o i pali) con olio di catrame per proteggerlo dagli agenti atmosferici. Gli IPA di origine fossile sono contenuti anche nei cosiddetti oli diluenti, aggiunti alle mescole di gomma utilizzate per esempio nella fabbricazione degli pneumatici per migliorarne le prestazioni.

IPA e TUS

Gli agenti cancerogeni e mutageni sono definiti all'Art. 234. del D.Lgs. 81/2008 come:

1. Agli effetti del presente decreto si intende per:

a) agente cancerogeno:
1) una sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1 A o 1 B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio;

2) una sostanza, miscela o procedimento menzionati all'allegato XLII del presente decreto, nonché sostanza o miscela liberate nel corso di un processo e menzionate nello stesso allegato;

b) agente mutageno:
1) una sostanza o miscela corrispondente ai criteri di classificazione come agente mutageno di cellule germinali di categoria 1 A o 1 B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008.

c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato XLIII.

Gli IPA sono quindi agenti cancerogeni / mutageni secondo i criteri di classificazione del regolamento (CE) n. 1272/2008 (Art. 234 c. 1a1 / 1b1 del D.Lgs. 81/2008) (vedi dettaglio a seguire) e non sono definiti valori limite (Art. 234 c. 1c del D.Lgs. 81/2008), infatti allo stato attuale, non sono presenti, come agenti cancerogeni/mutageni nella tabella dei valori limiti di esposizione professionale di cui all'ALLEGATO XLIII del D.Lgs. 81/2008 o nei processi di cui ALLEGATO XLII (Art. 234 c. 1a2 del D.Lgs. 81/2008), pertanto la valutazione dell'esposizione dell'esposizione a agenti cancerogeni / mutageni dovrà essere effettuata in maniera specifica, prendendo a riferimento anche valori limite di concentrazione nell'ambiente di lavoro da Norme/Enti/Studi (IARC, EPA, ACGIH, ecc).

Vedi:
Concentrations (IDLH) Coal tar pitch volatiles - NIOSH (IDHL pece, catrame di carbone volatili)
Coal Tar Pitch Volatiles TLV ACGIH 2021 (TLV-TWA pece, catrame di carbone volatili)
Naphthalene TLV ACGIH 2021 (TLV-TWA naftalene)
Benzo[a]pyrene ACGIH 2021 (TLV-TWA assente)
Coal Tar Pitch Volatiles OSHA 2021 (Report OSHA - pece, catrame di carbone volatili)
Limiti esposizione professionale agenti cancerogeni e mutageni TLV - ACGIH
Pece, catrame di carbone, alta temperatura DORS

Definizione IPA TUS

Fig. 1 - TUS e IPA (individuazione definizione)

Tabella 1: Principali IPA e loro classificazione secondo diversi criteri (Fonte CH)

IPA

Numero CAS

Cancerogeno per l’essere umano
(IARC, 2016)

Principali inquinanti
secondo l’EPA (USA)

PAH8,
indicatori di presenza di IPA cancerogeni
negli alimenti (EFSA, 2008)

Classificazione armonizzata secondo
l’allegato VI del 
regolamento (CE) n. 1272/2008

Cancerogenicità secondo
la banca dati dell’inventario C&L
(autoclassificazione) dell’ECHA

Indicazioni di pericolo CLP (*) 

Benzo(a)pirene

50-32-8

1

X

X

X (carc.1B)

 

H350
H400
H410

Dibenzo(a,h)antracene

53-70-3

2A

X

X

X (carc.1B)

 

H350
H400
H410

Benzo(a)antracene

56-55-3

2B

X

X

X (carc.1B)

 

H350
H400   
H410

Benzo(b)fluorantene

205-99-2

2B

X

X

X (carc.1B)

 

H350   
H400   
H410

Benzo(j)fluorantene

205-82-3

2B

 

 

X (carc.1B)

 

H350
H400
H410

Benzo(k)fluorantene

207-08-9

2B

X

X

X (carc.1B)

 

H350
H400
H410

Benzo(e)pirene

192-97-2

3

 

 

X (carc.1B)

 

H350
H400
H410

Crisene

218-01-9

2B

X

X

X (carc.1B)

 

H341

H350
H400
H410

Indeno(1,2,3,c,d)pirene

193-39-5

2B

X

X

 

carc. 2

H351

Benzo(g,h,i)perilene

191-24-2

3

X

X

 

non cancerogeno

H400
H410
H413

Ciclopenta(c,d)pirene

27208-37-3

2A

 

 

 

non elencato

 --

Dibenzo(a,l)pirene

191-30-0

2A

 

 

 

carc. 1B

H341
H350

Dibenzo(a,i)pirene

189-55-9

2B

 

 

 

carc. 2 (23 notifiche) o carc.1B (4) o non classificato (3)

H341
H350

5-metilcrisene

3697-24-3

2B

 

 

 

carc. 2 (23 notifiche) o carc.1B (7) o non  classificato (3)

H302   
H318
H351
H400   
H410
H350

Dibenzo(a,h)pirene

189-64-0

2B

 

 

 

carc.1B (11 notifiche) o carc. 2 (1) o non classificato (3)

H341
H350

Naftalina

91-20-3

2B

X

 

X (carc. 2)

 

H302   
H351
H400   
H410

Benzo(j)aceantrilene

202-33-5

2B

 

 

 

non elencato

 --

Benzo(c)fenantrene

195-19-7

2B

 

 

 

non cancerogeno (26 notifiche) o carc. 2 (7)

H302   
H312
H315
H319
H332
H335
H341   
H351

Antracene

120-12-7

3

X

 

 

non cancerogeno (373 notifiche), carc. 2 (1)

 

H315
H319   
H317
H400
H410   
H335

Acenaftene

83-32-9

3

X

 

 

non cancerogeno

H319   
H400
H410
H411   
H315   
H335

Fluorantene

206-44-0

3

X

 

 

non cancerogeno

H302   
H410   
H400   
H410   
H319   
H332    

Fluorene

86-73-7

3

X

 

 

non cancerogeno

H400   
H410   
H411   
H315   
H319
H302
H317
H319
H335

Fenantrene

85-01-8

3

X

 

 

non cancerogeno (442 notifiche), carc. 2 (2)

H302   
H400
H410
H315   
H317
H351
H319
H335

Pirene

129-00-0

3

X

 

 

non cancerogeno

H315   
H319
H335
H400
H410
H302   
H332
H413
H330

Acenaftilene

208-96-8

-

X

 

 

non cancerogeno

H310   
H330
H302   
H315
H319
H335

Classificazione dell’IARC:

Gruppo 1: cancerogenicità dimostrata
Gruppo 2A: cancerogenicità probabile
Gruppo 2B: cancerogenicità possibile
Gruppo 3: non classificabile come cancerogeno per l'essere umano (possibile ma dati insufficienti)

Classificazione dell’ECHA (secondo il regolamento CLP):

carc. 1A: sostanze di cui sono noti effetti cancerogeni per l’essere umano
carc. 1B: sostanze di cui si presumono effetti cancerogeni per l’essere umano
carc. 2: sostanze di cui si sospettano effetti cancerogeni per l’essere umano

(*) Indicazioni di pericolo CLP

Tabella 2: Codici H e frasi

Codici delle indicazioni di pericolo

Frase

H302

Nocivo se ingerito

H310

Letale per contatto con la pelle.

H312

Nocivo a contatto con la pelle

H315

Provoca irritazione cutanea

H317

Può provocare una reazione allergica della pelle

H318

Provoca gravi lesioni oculari.

H319

Provoca grave irritazione oculare

H332

Nocivo se inalato.

H335

Può irritare le vie respiratorie.

H341

Sospettato di provocare alterazioni genetiche <indicare la via di esposizione se è accertato che nessun'altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo>

H350

Può provocare il cancro <indicare la via di esposizione se è accertato che nessun'altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo>.

H351

Sospettato di provocare il cancro <indicare la via di esposizione se è accertato che nessun'altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo>.

H400

Altamente tossico per gli organismi acquatici

H410

Molto tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata

H411

Tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata.

H413

Può essere nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata

[...]

Valori limite

La normativa italiana non fissa limiti di concentrazione negli ambienti di lavoro per gli inquinanti chimici considerati, mentre è stata fissata dal D.Lgs. 155/2010 la concentrazione di 1 ng/m³, quale valore obiettivo ambientale per la media annuale della concentrazione di benzo(a)pirene nell’aria degli ambienti di vita. Per quanto riguarda gli ambienti di lavoro, il D.Lgs. 81/2008 stabilisce che il datore di lavoro debba evitare l’esposizione dei lavoratori ad agenti cancerogeni attraverso la loro sostituzione (se tecnicamente possibile), ovvero adottando sistemi chiusi, ovvero assicurando che il livello di esposizione sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.

Anche i limiti di riferimento solitamente adottati, i “Threshold Limit Values” (TLV) della ACGIH non riportano valori limiti di soglia per IPA e benzo(a)pirene, mentre indicavano fino a qualche anno fa, soltanto per gli IPA, il valore di 200 µg/m³ quale valore limite (L.V.) di soglia per le 8 ore lavorative; attualmente, tale valore è indicato quale “Permissible Exposure Limit” dall’Occupational Safety and Health Administration (OSHA), degli Stati Uniti.

In merito all’esposizione ad agenti cancerogeni, l’ACGIH ritiene che debba essere mantenuta al livello minimo possibile e che i lavoratori esposti a cancerogeni riconosciuti per l’uomo (categoria A1), per i quali non viene definito un TLV, debbano essere adeguatamente equipaggiati per eliminare nel modo più completo possibile ogni esposizione. Volendo avere una indicazione del livello di esposizione dei lavoratori al benzo(a)pirene, è possibile confrontarli, con le dovute cautele, con i valori limite proposti dall’Occupational Safety and Health Administration (OSHA), degli Stati Uniti (2.490 ng/m³), oppure con quelli adottati in altri Paesi (fonte: Monitoraggio Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) e Benzo(a)Pirene (BaP) ILVA - allegata).

Vedi:
Concentrations (IDLH) Coal tar pitch volatiles - NIOSH (IDHL pece, catrame di carbone volatili)
Coal Tar Pitch Volatiles TLV ACGIH 2021 (TLV-TWA pece, catrame di carbone volatili)
Naphthalene TLV ACGIH 2021 (TLV-TWA naftalene)
Benzo[a]pyrene ACGIH 2021 (TLV-TWA assente)
Coal Tar Pitch Volatiles OSHA 2021 (Report OSHA - pece, catrame di carbone volatili)
Limiti esposizione professionale agenti cancerogeni e mutageni TLV - ACGIH
Pece, catrame di carbone, alta temperatura DORS

Valori limite TUS

Non sono presenti sostanze IPA con valori limite di esposizione di cui all'Allegato XLIII del D.Lgs. 81/2008.

Limiti ACGIH

I valori limite per IPA ACGIH:

- Miscele di IPA come pece, catrame di carbone volatili: TLV-TWA di 0,2 mg/m3 (l’esposizione deve essere tenuta quanto più bassa possibile)
Naftalene: TLV-TWA di 52 mg/m3 (10 ppm) (k=5,2)

Limiti DFG

DFG: benzo[a]pirene TRK di 2 µg /m3, Limite di Esposizione Tecnico previsto per i cancerogeni
Non adottati Limiti ambientali per singoli IPA o per miscele

Limiti benzo(a)pirene nell'aria (IT)

D.Lgs. 155/2010: La soglia di concentrazione in aria del benzo(a)pirene è stabilita dal D.Lgs. 155/2010 e calcolata su base temporale annuale. La valutazione dello stato dell’indicatore è basata sul superamento, registrati presso stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria, del Valore Obiettivo (VO), calcolato come media annuale, e fissato a 1.0 ng/m3. Tale inquinante viene determinato analiticamente sulle polveri PM10.

Monitoraggio ambientale

Raccolta dei campioni, es (da Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle opere di asfaltatura RL - allegato)

- Campionatori personali indossati da ogni lavoratore per la durata di almeno quattro ore durante le fasi di stesa.
- Campionamento della frazione inalabile delle polveri aerodisperse su membrana in politetrafluoroetilene (PTFE), avente diametro di 37 mm e porosità di 2 micron (secondo metodo ufficiale National Institute for Occupational Safety and Health NIOSH n°5506).
- Campionamento della fase vapore con fiala riempita di resina adsorbente XAD2 da 100mg/50mg del tipo front/back (secondo metodo ufficiale NIOSH n°5506), posta in coda alla membrana in un sistema combinato (campionatore a doppio corpo).
- Flusso dell'aria campionata all'ingresso del portamembrana regolato a 2 l/min.
- Conservazione dei campioni in condizioni ottimali tali da non compromettere la loro integrità ed in particolare fenomeni di ossidazione spontanea o di evaporazione (congelati).

Determinazione della concentrazione dei 16 IPA ritenuti di maggior rilevanza tossicologica (prioritari) dall’EPA (Environmental Protection Agency):

- acenaftene, acenaftilene,
- antracene, benzo(a)antracene,
- benzo(a)pirene,
- benzo(b)fluorantene,
- benzo(g,h,i)pirene,
- benzo(k)fluorantene,
- crisene,
- dibenzo(a,h)antracene,
- fenantrene,
- fluorantene,
- fluorene,
- indeno(1,2,3-c,d)pirene,
- naftalene,
- pirene):

Tabella 4: IPA Formula e struttura

IPA prioritari dell EPA


- Trattamento delle membrane mediante bagno a ultrasuoni per 30 minuti con 5 ml di acetonitrile. La soluzione è stata portata quasi a secchezza in corrente di azoto a 40°C ed il residuo è stato quindi ripreso con 1 ml di acetonitrile.
- Trasferimento delle resine XAD2 contenute nelle fiale in 5 ml di acetonitrile e quindi trattate per 30 minuti in bagno a ultrasuoni.
- Determinazione analitica degli IPA mediante cromatografia liquida ad elevate prestazioni (HPLC) con rilevatore spettrofluorimetrico, utilizzando una colonna RP-PAH (15 cm x 4,6 mm ID, 5µm).

Il limite di rilevazione del metodo varia in funzione dell’analita considerato, come riportato in quantità assoluta (ng) nella tabella seguente:

Sostanza

N° CAS

LOD (Limit Of Detection)
(ng)

Acenaftene

83-32-9

1

Acenaftilene

208-96-8

100

Antracene

120-12-7

0,2

Benzo(a)antracene

56-55-3

0,05

Benzo(a)pirene

50-32-8

0,02

Benzo(b)fluorantene

205-99-2

0,1

Benzo(k)fluorantene

207-08-9

0,02

Benzo(g,h,i)perilene

191-24-2

0,2

Crisene

218-01-9

0,05

Dibenzo(a,h)antracene

53-70-3

0,04

Fenantrene

85-01-8

0,2

Fluorantene

206-44-0

0,2

Fluorene

86-73-7

0,1

Indeno(1,2,3-c,d)pirene

193-39-5

0,2

Naftalene

91-20-3

1

Pirene

129-00-0

0,2

Tabella 5: Limite di rilevazione IPA

[...]

D.Lgs. 81/2008
Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE

Capo II Protezione da agenti cancerogeni e mutageni
...

Art. 233. Campo di applicazione

1. Fatto salvo quanto previsto per le attività disciplinate dal capo III e per i lavoratori esposti esclusivamente alle radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro attività lavorativa.

Art. 234. Definizioni

1. Agli effetti del presente decreto si intende per:

a) agente cancerogeno:
1) una sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1 A o 1 B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio;
2) una sostanza, miscela o procedimento menzionati all'allegato XLII del presente decreto, nonché sostanza o miscela liberate nel corso di un processo e menzionate nello stesso allegato;1

b) agente mutageno:
1) una sostanza o miscela corrispondente ai criteri di classificazione come agente mutageno di cellule germinali di categoria 1 A o 1 B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008.

c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato XLIII.

Art. 235. Sostituzione e riduzione

1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o una miscela o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso purché tecnicamente possibile.

3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.

L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato XLIII.

Art. 236. Valutazione del rischio

1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'articolo 17.

2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo.

3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente capo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.

4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, o l'autocertificazione dell'effettuazione della valutazione dei rischi di cui all'articolo 29, comma 5, sono integrati con i seguenti dati:

a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o miscele cancerogene o mutagene o di processi industriali di cui all'allegato XLII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero miscele cancerogene o mutagene prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e le miscele1 eventualmente utilizzati come sostituti.

5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.

6. Il rappresentante per la sicurezza può richiedere i dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50, comma 6.

Art. 237. Misure tecniche, organizzative, procedurali

1. Il datore di lavoro:

a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali «vietato fumare», ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'articolo 18, comma 1, lettera q). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato XLI del presente decreto legislativo;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati.

Art. 238. Misure tecniche

1. Il datore di lavoro:

a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi o deteriorati, prima di ogni nuova utilizzazione.

2. Nelle zone di lavoro di cui all'articolo 237, comma 1, lettera b), è vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.

Art. 239. Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:

a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.

4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni

Valutazione dei rischi con stima esposizione ad IPA asfaltatori (da Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle opere di asfaltatura RL)
...

Di seguito vengono riportate le caratteristiche aziendali e di lavorazione che, se rispettate, rendono giustificato il procedere alla valutazione dei rischi senza l’effettuazione di misure ambientali, avvalendosi di una stima dell’esposizione fondata anche sui risultati dello studio.

Caratteristiche aziendali:

- Lavorazione di asfaltatura per un massimo di 20 giorni all’anno
- Operai addetti alle opere di asfaltatura in numero inferiore a 10
- Non iscrizione alla SOA 

- Caratteristiche di lavorazione

- Lavorazione in campo aperto (esclusi quindi gallerie, ecc.)
- Condizioni meteo: pressione medio-alta, bava di vento a direzione variabile secondo la scala di Beaufort, umidità relativa intorno al 50%, temperatura intorno a 25°C.
- Tipologia strade: comunali, provinciali, statali, private, marciapiedi
- Traffico veicolare concomitante: assente, scarso, medio
- Temperatura asfalto: 120 – 260 °C

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Linee di indirizzo per la gestione dei rischi in modalità smart working

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Linee di indirizzo Smart working

Linee di indirizzo per la gestione dei rischi in modalità smart working

CNI, 03.05.2021

GDL Sicurezza. Attività dei GTT, Gruppi tematici temporanei. GTT 10

L’innovazione del mondo del lavoro, soprattutto in ambito commerciale e industriale, in questo momento è evidente ed è prevedibile che si sviluppi con sempre maggiore intensità nei prossimi anni. Non è tuttavia ancora chiaro in tema di prevenzione quali siano le conseguenze in materia di rischi per salute e la sicurezza per chi opera in modalità smart working.

Relativamente a tali tipologie lavorative il legislatore ha emanato una nuova normativa, la Legge 22 maggio 2017 n.81 "Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato" che in merito allo smart working ha previsto un approccio di vecchio stampo mantenendo totalmente a carico del Datore di Lavoro l’obbligo di garantire verso i lavoratori “agili” tutti gli stessi requisiti di sicurezza previsti presso le sedi di lavoro aziendali, mentre al contrario tale modalità di lavoro spesso si svolge in luoghi di lavoro e in condizioni non controllabili e non monitorabili secondo i vecchi approcci, cioè con una visione diretta o quanto meno una conoscenza approfondita degli ambienti di lavoro - in questa modalità la conoscenza è meno approfondita ed è più alta la probabilità. E’ doveroso inoltre ricordare che nella norma citata il legislatore ha definito “lavoroagile” la modalità smart working evitando l’ormai consolidata abitudine di utilizzare neologismi inglesi.

Si rende pertanto necessario un approfondimento in merito alle caratteristiche specifiche dello smart working e, nei casi correlati, alla contemporanea modalità di lavoro in solitudine, in particolare in relazione ai rischi prevedibili durante lo svolgimento del lavoro in queste modalità e alle necessarie misure di prevenzione e protezione che diventeranno necessarie per poter creare una corretta gestione dei rischi per i lavoratori che operano in ambiti così particolari e che nel futuro ravvicinato diventeranno a grandissima diffusione. E’ importante inoltre sottolineare che il presente documento “Linee di indirizzo” non si estende al tema del lavoro in solitudine quale approfondimento di tale modalità di svolgimento della mansione, ma ne cita la correlazione in considerazione dei casi in cui le due tipologie abbiano aspetti in comune.

La parte iniziale del presente documento ha cercato di fornire maggiore precisione in merito a modalità di lavoro che non sono classificabili propriamente come “lavoro agile”, come ad esempio il “lavoro a distanza” ed il “telelavoro”, dei quali viene presentata una definizione. Il lavoro agile infatti, chiamato all’estero smart working, non viene necessariamente svolto esclusivamente a distanza ma spesso in alternanza tra azienda / spazi comuni non aziendali / altre sedi di aziende clienti / trasferte / sedi private o domestiche, e pertanto non corrispondente alla semplice definizione di lavoro a distanza (all’estero definita remote working).

Questo documento è stato sviluppato come linea di indirizzo in un momento epocale derivante purtroppo da una pandemia che si è rilevata drammatica e certamente di lunga durata che ha comportato, per necessità precauzionali ufficializzate da norme in continua evoluzione, un aumento notevole e imprevisto di lavoratori che operano in modalità a distanza e spesso in condizioni di solitudine.

Purtroppo la scarsa conoscenza della modalità di smart working, o di lavoro agile come è stato definito nella norma italiana vigente, ha altresì generato nelle aziende private e in quelle pubbliche notevoli fraintendimenti causati da una generalizzazione mediatica assolutamente errata, portando spesso a classificare il telelavoro in tale ambito. Obiettivo di questo documento pertanto è anche quello di fornire un’efficace chiave di lettura sulle rispettive definizioni, in modo da rendere più facilmente classificabili le diverse metodologie.

Si è inoltre proceduto ad approfondire le situazioni di lavoro maggiormente diffuse in cui lo smart working e il lavoro in solitudine viene oggi previsto per i lavoratori. Ad esempio nell’ambito di nuove attività operative previste dall’industria 4.0, queste situazioni erano già ben presenti prima della comparizione della pandemia SARS-CoV-2, spesso secondo modalità autonome previste dal lavoro a distanza, o in solitudine, o con approcci temporali e ambientali diversi rispetto agli ambienti lavorativi tradizionali. Oggi non solo è sempre più diffuso l’impiego di attrezzature e strumentazioni che consentono di svolgere le proprie mansioni a distanza, quali ad esempio smartphone, phablet, laptop, i-pad, GPS, droni, ma si stanno moltiplicando anche strumenti di nuova generazione come l’intelligenza artificiale, corobot, chatbot, esoscheletro, ecc.. Tali strumenti sono oggi impiegati dai lavoratori in mansioni diffuse come ad esempio i controlli e il funzionamento di impianti a ciclo continuo, ma le novità trattate si allargano anche a lavorazioni in solitudine, come ad esempio in numerose attività di manutenzione, in lavori di guardiania, di trasporto di materiale, di pulizia degli ambienti, o come il sempre più grande diffondersi dei cosiddetti rider spesso che operano per conto delle società che effettuano consegne a domicilio.

La redazione di questa linea di indirizzo è stata orientata verso l’approfondimento di contenuti come la corretta gestione delle estremamente innovative metodologie di lavoro che dovranno essere tenute in considerazione, dato che ormai è evidente che le nuove tipologie di rischio possono generare criticità derivanti da fattori di rischio non trascurabili. I luoghi di lavoro stanno sempre più frequentemente diventando ambienti privati del singolo lavoratore, spesso non identificabili e altrettanto spesso variabili nel tempo, con conseguente difficile applicazione ad esempio delle procedure di emergenza che richiederanno nuovi approcci. Ma non è stato sufficiente fermarsi a criticità facilmente identificabili come questa, nel documento si è ritenuto di affrontare altri aspetti di difficile gestione delle sorgenti di rischio associabili a queste nuove condizioni di lavoro. Ad esempio si sono considerati aspetti importanti come l’eventuale stress derivante dalla mancanza di spazi di lavoro condivisibili con altre persone o dalla mancanza di rapporti diretti con esse, con al contrario la condivisione di spazi e tempi con i propri famigliari, le interferenze con questi ultimi, la tendenza al procrastinare le scadenze di solito verificabili tramite rapporti diretti in ambito aziendale, oppure al contrario la tendenza a non limitare mai il tempo a disposizione del lavoro per rispettare le scadenze degli obiettivi aziendali. Sotto il profilo più strettamente tecnico gli approfondimenti sono stati diretti anche all’identificazione delle nuove tipologie di dispositivi di protezione disponibili e delle misure di prevenzione e protezione innovative da applicare. Infine ultimo ma non meno importante è il tema relativo alla formazione necessaria per i lavoratori che svolgono il lavoro nelle modalità oggetto di questo studio.

Nel pieno del periodo di pandemia il lavoro a distanza in Italia è improvvisamente balzato da circa 500.000 casi a più di 8 milioni e tale quantità è tuttora in crescita. In pratica il lavoro a distanza (anche se non tutto classificabile come smart working), si è finalmente diffuso in larga scala, anche se in forte ritardo rispetto a molti Paesi sviluppati, come ad esempio il Regno Unito dove nel 2018, pertanto in un periodo pre-pandemico, la percentuale di società che avevano fornito l’opzione del lavoro a distanza per i propri dipendenti era del 94%.1

E’ opportuno che si forniscano corrette indicazioni agli ingegneri e in generale ai tecnici che si occupano di sicurezza in merito alla valutazione dei rischi derivanti dalle nuove modalità di lavoro e proprio questa è la finalità del presente documento. Innanzitutto precisando chiaramente che non ci troviamo davanti ad una situazione caratterizzata da 8 milioni di lavoratori in smart working ma dalla presenza ormai evidente di almeno 8 milioni di lavoratori che operano a distanza spessissimo in modalità di telelavoro, che è ben diversa dal lavoro agile definito e normato dalla Legge 22 maggio 2017 n.81 che costituisce al momento l’unico riferimento applicativo, anche se non sufficiente, per una corretta gestione del rischio.

In tale situazione normativa non è ancora presente un chiaro riferimento ad una corretta gestione del rischio dipendente da numerose variabili come l’orario di lavoro, l’identificazione degli spazi utilizzati, le possibili condivisioni di questi, gli obiettivi da raggiungere, le responsabilità dei soggetti interessati, dal datore di lavoro al lavoratore stesso, dal RSPP al Medico Competente, gli aspetti ergonomici, l’impiego sempre maggiore del videoterminale rispetto al passato, gli aspetti aggregabili al tema delle problematiche psicosociali che possono aumentare, la copertura informatica e gli aspetti correlati alla privacy.

Dato che spesso il coworking è associabile allo smart working, anche se in Italia ancora poco diffuso, si è provveduto infine ad approfondirne le caratteristiche, formulando esempi chiari di modalità così classificabili.

[...] Segue in allegato

______

Sommario
Premessa
1. Termini e definizioni
1.1 Smart working
1.2 Lavoro a distanza
1.3 Coworking
1.4 Telelavoro
1.5 Orario di lavoro
1.6 Lavoro in solitudine
1.7 Differenze e rapporti tra smart working, telelavoro
2. Campo di applicazione
2.1 Quando è applicabile la modalità smart working: alcuni esempi
2.2 Caratteristiche della modalità di lavoro in solitudine ed esempi
2.3 Coworking in relazione a smart working e telelavoro
3. Rischi per la salute e la sicurezza per i lavoratori agili
3.1 Differenze tra lavoratori privati e lavoratori PP.AA
3.2 Valutazione del rischio ai sensi del d.lgs.81/08
3.3 Rischi specifici e relative criticità
3.3.1 Ergonomia
3.3.2 Rischio rumore
3.3.3 Rischio da sostanze
3.3.4 Rischio incendio
3.3.5 Sindrome da visione al computer
3.3.6 Esposizione a campi elettromagnetici
3.3.7 Microclima
3.3.8 Boundary tra postazione e abitazione
3.4 Rischi psicosociali e stress lavoro-correlato, web policy e web-etiquet
3.5 Gestione ambientale e smaltimento RAEE e/o dei componenti più critici (es. batterie)
3.6 Sicurezza delle informazioni
4. Strumentazione e caratteristiche luogo di lavoro per smart working
4.1 Strumentazioni ed applicativi
4.2 Caratteristiche minime delle postazioni
4.3 Illuminazione naturale ed artificiale
4.4 Ubicazione e relativa copertura informatica
5. Criticità della gestione delle emergenze
6. Legge 81/2017 “lavoro agile” e proposte di integrazioni e/o modifiche
6.1 Potere di direzione e controllo – vincoli e limiti
6.2 Comportamenti attesi del lavoratore
6.3 Aspetti di difficile applicazione: la verifica posti di lavoro a domicilio
6.4 Tutela del lavoratore
6.5 Contenuti minimi degli accordi in materia di tutela, sicurezza e salute
6.6 Aspetti di formazione ed informazione del lavoratore
7. Conclusioni e obiettivi del documento
ALLEGATI
1- Riferimenti normativi e bibliografia

...

Fonte: CNI

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Allegato riservato Linee di indirizzo per la gestione dei rischi in modalità smart working.pdf
CNI Aprile 2021
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Use of rapid antigen detection tests for SARS-CoV-2 in occupational settings

ID 13502 | | Visite: 1153 | News Sicurezza

ECDC 05 May 2021

Considerations on the use of rapid antigen detection (including self-) tests for SARS-CoV-2 in occupational settings

ECDC / EU-OSHA, Rapporto tecnico, 5 maggio 2021

This document outlines the public health considerations for the use of rapid antigen detection tests (RADTs, including self-test RADTs to detect SARS-CoV-2 in individuals in occupational settings in the European Union/European Economic Area (EU/EEA), and provides information on the use of such tests in an occupational safety and health at work context.

This document is not intended to provide recommendations, but to outline the available options for rapid testing to assist public health and occupational safety and health authorities in EU/EEA countries when developing their national guidelines for the prevention of SARS-CoV-2 infection in the workplace, building and consolidating information from previously published ECDC material, including:

- COVID-19 clusters and outbreaks in occupational settings in the EU/EEA and the UK;
- COVID-19 testing strategies and objectives;
- Infection prevention and control and preparedness for COVID-19 in healthcare settings - sixth update;
- Options for the use of rapid antigen tests for COVID-19 in the EU/EEA and the UK; and
- Considerations on the use of self-tests for COVID-19 in the EU/EEA.

In addition, this document provides a status report of policies implemented in an occupational safety and health context in EU/EEA countries, through an online survey distributed to the national Focal Points of the European Agency for Safety and Health at Work (EU-OSHA) in April 2021.

...

Fonte: ECDC

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Circolare 21 Giugno 2013 n. 21

ID 13618 | | Visite: 1294 | Circolari Sicurezza lavoro

Circolare 21 Giugno 2013 n. 21

Accordo 22 febbraio 2012 "Accordo ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche e integrazioni "- Chiarimenti.

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Tutti i Decreti Elenchi soggetti abilitati verifiche periodiche attrezzature

ID 13614 | | Visite: 1588 | News Sicurezza

Tutti i Decreti Elenchi soggetti abilitati verifiche periodiche attrezzature / Estratto TUSSL / Link

ID 13614 | 23.05.2021 / Download

Il Decreto 11 aprile 2011 - Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo

D.Lgs. 81/2008 Art. 71 - Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie.

2. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro prende in considerazione:

a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;

b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;

c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse;

d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature già in uso.

3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell'allegato VI.

4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:

a) le attrezzature di lavoro siano:

1) installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso;

2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso e libretto di manutenzione;

3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza stabilite con specifico provvedimento regolamentare adottato in relazione alle prescrizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettera z);

b) siano curati la tenuta e l'aggiornamento del registro di controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso è previsto.

5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, per migliorarne le condizioni di sicurezza in rapporto alle previsioni del comma 1, ovvero del comma 4, lettera a), numero 3), non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo periodo, sempre che non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore.

6. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell'ergonomia.

7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:

a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una informazioneformazione ed addestramento adeguati;

b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i lavoratori interessati siano qualificati in maniera specifica per svolgere detti compiti.

8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro, secondo le indicazioni fornite dai fabbricanti ovvero, in assenza di queste, dalle pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida, provvede affinché:

a) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle condizioni di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo l'installazione e prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni montaggio in un nuovo cantiere o in una nuova località di impianto, al fine di assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento;

b) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose siano sottoposte:

1. ad interventi di controllo periodici, secondo frequenze stabilite in base alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di buona prassi;

2. ad interventi di controllo straordinari al fine di garantire il mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi eccezionali che possano avere conseguenze pregiudizievoli per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali riparazioni, trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattività;

c) Gli interventi di controllo di cui alle lettere a) e b) sono volti ad assicurare il buono stato di conservazione e l'efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da persona competente.

9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.

10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8 siano usate al di fuori della sede dell'unità produttiva devono essere accompagnate da un documento attestante l'esecuzione dell'ultimo controllo con esito positivo.

11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate nell’allegato VII a verifiche periodiche volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. Per la prima verifica il datore di lavoro si avvale dell’INAIL, che vi provvede nel termine di quarantacinque giorni dalla richiesta. (11) Una volta decorso inutilmente il termine di quarantacinque giorni sopra indicato, il datore di lavoro può avvalersi, a propria scelta, di altri soggetti pubblici o privati abilitati secondo le modalità di cui al comma 13. Le successive verifiche sono effettuate su libera scelta del datore di lavoro dalle ASL o, ove ciò sia previsto con legge regionale, dall’ARPA, o da soggetti pubblici o privati abilitati che vi provvedono secondo le modalità di cui al comma 13. Per l’effettuazione delle verifiche l’INAIL può avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I verbali redatti all’esito delle verifiche di cui al presente comma devono essere conservati e tenuti a disposizione dell’organo di vigilanza. Le verifiche di cui al presente comma sono effettuate a titolo oneroso e le spese per la loro effettuazione sono poste a carico del datore di lavoro. (2)(14)

12. Per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 11, le ASL e l'ISPESL possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I soggetti privati abilitati acquistano la qualifica di incaricati di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione. (8)(9)

13. Le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. (0)(1)(2)(3)(4)(5)(6)(7)(12)(13)(15)

13-bis. Al fine di garantire la continuità e l'efficienza dei servizi di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco può effettuare direttamente le verifiche periodiche di cui al comma 11, relativamente alle attrezzature riportate nell'allegato VII di cui dispone a titolo di proprietà o comodato d'uso. Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco provvede a tali adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. (10)

14. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Commissione consultiva di cui all'articolo 6, vengono apportate le modifiche all'allegato VII relativamente all'elenco delle attrezzature di lavoro da sottoporre alle verifiche di cui al comma 11.

Note
(1) Nota MLPS 24 maggio 2010, n. A00-09/00 02941/10 - Impiego dell'argano ausiliario nelle macchine perforatrici ed apparecchiature di palificazione
(2) Decreto 11 aprile 2011 - Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo
(3) Decreto 22 luglio 2011 - Proroga dell'entrata in vigore del D.M. 11 aprile 2011 recante disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo
(4) Decreto 20 gennaio 2012 - Differimento dell'entrata in vigore del decreto 11 aprile 2011, recante: Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'art. 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo
(5) Circolare MLPS 25 maggio 2012, n. 11 - D.M. 11 aprile 2011 concernente la Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l’abilitazione dei soggetti di cui all’articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo - Chiarimenti.
(6) Circolare MLPS 13 agosto 2012, n. 23 - D.M. 11 aprile 2011 concernente la Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. nonché i criteri per l’abilitazione dei soggetti di cui all’articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo - Chiarimenti.
(7) Circolare MLPS 5 marzo 2013, n. 9 - D.M. 11 aprile 2011 concernente la “Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l’abilitazione dei soggetti di cui all’articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo” - Chiarimenti.
(8) Decreto Legge 21 giugno 2013, n. 69 - Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, all'art. 32, c. 1, lett. f dispone la sostituzione dei commi 11 e 12.
(9) Comma modificato dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia
(10) Comma inserito dal decreto legge 14 agosto 2013, n. 93 - Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province, convertito con modificazioni con legge 15 ottobre 2013, n. 119
(11) Comma modificato dall'art. 7, comma 9 quinquies del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modifiche dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125
(12) Circolare MLPS 29 luglio 2015, n. 22 - Chiarimenti concernenti il D.M. 11 aprile 2011, “Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i., nonché i criteri per l’abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo”
(13) Decreto Direttoriale MLPS 17 maggio 2017, n. 35 - Verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro, rinnovo provvisorio
(14) Decreto Legislativo 29 maggio 2017, n. 97  - Art. 7, comma 4.
(15) Decreto Direttoriale MLPS 09 Settembre 2020, n. 53 - Ricostituzione della Commissione per l’esame della documentazione per l’iscrizione nell’elenco dei soggetti abilitati di cui all’Allegato III del Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro della Salute e il Ministro dello Sviluppo Economico dell’11 aprile 2011 - Verifiche periodiche
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(0) Elenchi Soggetti abilitati verifiche periodiche

Decreto Dirigenziale MLPS 21 maggio 2012 - Primo Elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Dirigenziale MLPS 30 luglio 2012 - Secondo Elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Dirigenziale MLPS 19 settembre 2012 - Terzo Elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Dirigenziale MLPS 19 dicembre 2012 - Quarto elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Dirigenziale MLPS 24 aprile 2013 - Quinto elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Dirigenziale MLPS 31 luglio 2013 - Sesto elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Dirigenziale MLPS del 22 gennaio 2014 - Settimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Dirigenziale MLPS 27 maggio 2014 - Ottavo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Dirigenziale MLPS 29 settembre 2014 - Nono elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Dirigenziale MLPS 20 gennaio 2015 - Decimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Dirigenziale MLPS 22 settembre 2015 - Decimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Dirigenziale MLPS 18 marzo 2016 - Dodicesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Dirigenziale MLPS 9 Settembre 2016 - Tredicesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Direttoriale MLPS 20 Settembre 2017, n. 78  - Quattordicesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Direttoriale MLPS 1° Dicembre 2017, n. 101 - Quindicesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Direttoriale MLPS 16 gennaio 2018, n. 3 - Sedicesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Direttoriale MLPS 14 febbraio 2018, n. 12 - Diciassettesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Direttoriale MLPS 22 maggio 2018, n. 51 - Diciottesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Direttoriale MLPS 10 agosto 2018, n. 72 - Diciannovesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Direttoriale MLPS 23 novembre 2018. n. 89 - Ventesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Direttoriale MLPS 25 febbraio 2019. n. 8 - Ventunesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Direttoriale MLPS 18 settembre 2019, n. 57 - Ventiduesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Direttoriale MLPS 14 febbraio 2020, n. 6 - Ventitreesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Direttoriale MLPS 08 Marzo, n. 16 - Ventiquattresimo dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.
Decreto Direttoriale MLPS 17 maggio 2021, n. 36 - Venticinquesimo dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11, del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.

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Attestazione sorveglianza radiometrica | Dlgs 101/2020

ID 11415 | | Visite: 13403 | Documenti Riservati Sicurezza

Sorveglianza radiometrica attestazione 101 2020

Attestazione sorveglianza radiometrica | Dlgs 101/2020

ID 11415 | 25.08.2020

A seguito della pubblicazione sulla GU Serie Generale n.201 del 12-08-2020 - Suppl. Ordinario n. 29 del Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117, si illustrano nel presente documento le novità in tema di sorveglianza radiometrica su materiali, o prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo e nello specifico si fornisce esempio di attestazione di avvenuta sorveglianza radiometrica (formato pdf/doc).

I soggetti obbligati ad effettuare la sorveglianza radiometrica sono tutti quei soggetti che:

- a scopo industriale o commerciale esercitano attività di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta;
- in grandi centri di importazione di metallo o presso i principali nodi di transito, esercitano attività a scopo industriale o commerciale di importazione di prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo e viene disposto su specifica richiesta delle Autorità competenti.

La sorveglianza radiometrica sui carichi di rottami o di altri materiali metallici di risulta e di prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo è effettuata mediante il controllo del rateo di irraggiamento gamma rilevabile all'esterno del carico al fine di rilevare l’eventuale presenza di sorgenti orfane o comunque livelli anomali di radioattività, individuati secondo le norme di buona tecnica applicabili ovvero guide tecniche emanate ai sensi dell’articolo 72, qualora disponibili, anche ai fini dell’assolvimento degli obblighi di cui al comma 4 dell’articolo 72 Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101. Per carico deve intendersi il container, il veicolo o il vagone ferroviario o qualsiasi altro contenitore utilizzato per i predetti rottami, materiali o prodotti semilavorati metallici.

L’attestazione dell’avvenuta sorveglianza radiometrica è rilasciata da esperti di radioprotezione di secondo o terzo grado, compresi negli elenchi istituiti ai sensi dell’articolo 129, i quali nell’attestazione riportano anche l’ultima verifica di buon funzionamento dello strumento di misurazione utilizzato e deve essere allegata alla dichiarazione doganale di importazione.

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Immagine 1 – Sorveglianza radiometrica

[...]

Con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della salute, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e l’ISIN, da emanarsi entro il 25 dicembre 2020, previa notifica alla Commissione europea ai sensi della direttiva 2015/1535/CE verranno stabiliti:

- le modalità esecutive della sorveglianza radiometrica, individuate secondo norme di buona tecnica e i contenuti della relativa attestazione;
-  l’elenco dei prodotti semilavorati metallici e dei prodotti in metallo oggetto della sorveglianza, individuati con riferimento ai prodotti e semilavorati completamente in metallo ed in ragione della loro rischiosità e diffusione, nonché prevedendo forme semplificate delle procedure di controllo per i semilavorati e prodotti costruiti in serie o comunque standardizzati. L’aggiornamento dell’elenco potrà essere effettuato, sulla base delle variazioni della nomenclatura combinata, come stabilite dai regolamenti dell’Unione europea per i medesimi prodotti, con decreto del Ministero dello sviluppo economico adottato su proposta dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
-  i contenuti della formazione da impartire al personale dipendente per il riconoscimento delle più comuni tipologie di sorgenti radioattive ed al personale addetto alla sorveglianza radiometrica, per l’ottimale svolgimento delle specifiche mansioni;
-  le condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciati dai paesi terzi per i quali esistono equivalenti livelli di protezione, ai fini dell’espletamento delle formalità doganali.

Decreto attuativo Art. 72 co. 3 D.lgs 101/2020

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Immagine 2 – Decreto attuativo Art. 72 co. 3 D.lgs 101/2020

Nell’attesa dell’approvazione del Decreto, ovvero non oltre il 25 dicembre 2020 continua ad applicarsi l’articolo 2 del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 100.

Art. 2 decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 10 (Regime transitorio per l’obbligo di sorveglianza radiometrica sui prodotti semilavorati metallici)

1. Fino alla adozione del decreto di cui al comma 3 dell’articolo 157 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, come sostituito dal presente decreto, ferme restando le disposizioni di cui commi 1, 2, 4 e 5 del medesimo articolo, la sorveglianza sui prodotti semilavorati metallici è effettuata sui prodotti indicati nell’ allegato I.

2. Per il rilascio dell’attestazione dell’avvenuta sorveglianza radiometrica sui prodotti semilavorati metallici gli esperti qualificati di secondo o di terzo grado compresi negli elenchi istituiti ai sensi dell’articolo 78 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, utilizzano il modulo in allegato II.

Per il modello di attestazione radiometrica decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 vedere:

Attestazione sorveglianza radiometrica Attestazione sorveglianza radiometrica

Dal 25 dicembre 2020 e fino all’adozione, si applicano le disposizioni dell’Allegato XIX del Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101.

L’Allegato XIX stabilisce le modalità di applicazione, nonché i contenuti delle attestazioni della sorveglianza radiometrica ed elenca i prodotti semilavorati metallici e prodotti in metallo oggetto della sorveglianza.

Allegato XIX Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101

Articolo 4 Attestazione della sorveglianza radiometrica

1. L’attestazione dell’avvenuta sorveglianza radiometrica rilasciata dagli esperti di radioprotezione di cui al comma 2 dell’articolo 72, deve contenere almeno le seguenti informazioni:

a) estremi del carico;
b) tipologia materiale metallico;
c) provenienza;
d) data effettuazione della sorveglianza radiometrica;
e) valore del fondo ambientale locale rilevato prima dell’effettuazione della sorveglianza radiometrica;
f) tipologia delle misure radiometriche effettuate e strumentazione utilizzata;
g) ultima verifica del buon funzionamento del sistema di misura utilizzato;
h) nominativo dell’operatore addetto all’espletamento delle misure radiometriche;
i) risultati delle misure effettuate;
j) conclusioni su accettazione/respingimento del carico/materiale.

Nel caso in cui nell’impianto si esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta, l’attestazione deve altresì contenere le informazioni rilevanti inerenti la sorveglianza radiometrica e le risultanze delle misure di concentrazione di attività per unità di massa effettuate sul prodotto e sulle scorie di fusione, nonché sulle polveri derivanti dal sistema di abbattimento fumi dell’impianto stesso.

2. L’attestazione di cui al comma 1 deve essere riportata in un apposito registro istituito dall’esperto di radioprotezione incaricato, per conto del soggetto di cui al comma 1 dell’articolo 72; il suddetto registro deve essere tenuto a disposizione delle autorità di vigilanza e conservato per almeno cinque anni presso la sede di lavoro, o, se necessario per una maggiore garanzia di conservazione, presso la sede legale del medesimo soggetto di cui al comma 1 dell’articolo 72.

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 19560 | 18 Maggio 2021

ID 13609 | | Visite: 1445 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 18 maggio 2021 n. 19560 

Prassi scorretta nell'attività di movimentazione dei tondi in lavorazione

Penale Sent. Sez. 4 Num. 19560 Anno 2021
Presidente: ESPOSITO ALDO
Relatore: ESPOSITO ALDO
Data Udienza: 15/01/2021

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Brescia del 10 maggio 2016, con cui B.A. era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi tre di reclusione in relazione al reato di cui all'art. 590, commi primo e terzo, cod. pen., in relazione all'art. 583 cod. pen., perché, in qualità di presidente del Consiglio di Amministrazione della ditta BTT S.R.L., con sede legale e sede operativa in Brescia via Omissis n. 12 e datore di lavoro dell'infortunato, per colpa cagionava a T.M. lesioni personali gravi consistite in trauma schiacciamento gamba sinistra giudicate guaribili in 52 giorni, in quanto l'infortunato, impegnato ad agganciare le catene della gru a ponte, su alcuni fasci tondi della misura di 70 mm. e del peso di 2500 Kg., posizionati a circa 50 cm da terra sopra altro materiale, al fine di posizionarli all'interno di appositi bancali saliva sulla catasta di materiale ferroso, metteva in leggero tiro le catene provocando lo spostamento dei tondo, che lo investivano alla gamba sinistra posizionata tra due fasci, riportando così le sopra descritte conseguenze lesive - colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia nonché nell'inosservanza di norme preposte alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, non adottando le misure che secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, erano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori ed in particolare nella violazione: dell'art. 71, comma 3 e 4 D. lgs. n. 81 del 2008 in quanto emergevano carenze relative alla prevenzione da attuarsi nel reparto Elind dedicato alle attività di movimentazione dei tondi in lavorazione, per non avere evitato il sollevamento del materiale in presenza di operatori nei pressi o sopra i fasci predetti, come previsto nella procedura di lavoro BTT/IS.21, procedura non sufficientemente attuata ed anzi subordinata alle esigenze di produzione - in Brescia il 25 luglio 2013.
La dinamica dell'incidente era descritta nei seguenti termini: il 25 luglio 2013, la persona offesa T.M., lavoratore dipendente della ditta BTT s.r.l., stava operando nel magazzino (reparto Elind) della sede operativa della società sita in Brescia. Il T.M. doveva sollevare dei fasci di tondi metallici, del peso di 2500 Kg, uniti tra loro da dei legacci. Per eseguire tale operazione, la persona offesa doveva agganciare i legacci alle catene della gru ed era salito sulla catasta di materiale ferroso per mettere in tiro le catene. Nel corso di tale operazione, i fasci su cui era salito si spostavano e lo investivano cagionando lo schiacciamento della gamba sinistra, che egli aveva posizionato tra due fasci.

2. Il B.A., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo due motivi di impugnazione.

2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all'art. 192, comma 1, cod. proc. pen..
Si deduce che il punto nodale della vicenda concerne l'accertamento circa l'esistenza o meno in azienda di un'adeguata normativa antinfortunistica nonché delle relative misure organizzative e procedurali.
La Corte territoriale, nell'illustrare il ragionamento logico-giuridico che aveva portato ad una conferma del giudizio di responsabilità in capo al B.A., ha dapprima affermato che l'organizzazione aziendale non aveva osservato la normativa antinfortunistica in vigore presso la "BTT S.r.l" (pagg. 5 ed 8) - dando così conto della esistenza in ditta di disposizioni specificatamente volte a scongiurare incidenti o infortuni durante le fasi di lavorazione - salvo sostenere, poi, che l'operazione svolta dalla persona offesa al momento dell'infortunio sarebbe risultata priva di qualsivoglia regolamentazione (pag. 7), così negando il presupposto (ossia l'esistenza di apposita normativa antinfortunistica) che poco prima aveva, invece, rappresentato il presupposto dell'intero ragionamento e, di conseguenza, inficiando la motivazione offerta nella sua stessa struttura logica.
Sempre in relazione alla presenza in azienda di adeguate disposizioni e procedure in materia antifortunistica, dalla relazione tecnica dell'ing. G., consulente della difesa, si evinceva come, più di cinque anni prima dell'infortunio in oggetto, erano stati attuati interventi finalizzati a garantire la sicurezza dei lavoratori e ritenuti idonei dall'ASL di Brescia nel marzo 2008 (prot. n. 0034930 del 6 marzo 2008 - all. n. 3 della consulenza tecnica agli atti) che, in particolare, aveva affermato: "E' stata regolamentata con specifiche procedure di lavoro l'attività di movimentazione dei carichi presso il reparto Elind al fine di ridurre il rischio di investimento per gli addetti". Come facilmente evincibile dalla lettura del capo di imputazione, l'infortunio in esame era occorso in quel reparto e proprio durante operazioni di carico del materiale.
Ciò premesso, la Corte di appello ha distorto il dato probatorio, per avere sostenuto la tesi della mancanza di regolamentazione o di divieti o di prassi aziendali relativamente alle modalità esecutive delle operazioni di carico del materiale.
Inoltre, al momento dell'infortunio, la persona offesa non solo era un lavoratore esperto - assunto in "BTT S.r.I." dal lontano 2002 - ma altresì altamente formato in materia di prevenzione, tanto che era apparso subito evidente che un comportamento diligente dello stesso rispetto sia alla normativa, che alla prassi aziendale avrebbe senz'altro scongiurato l'evento infortunistico occorso. Se il lavoratore si fosse attenuto alla normativa vigente in azienda, limitandosi a salire sui fasci per agganciarli alla catena della gru, per proseguire poi le operazioni da terra, servendosi dei radio­comandi di cui tutti i carroponte erano stati dotati proprio al fine di non vincolare l'operatore, l'infortunio non si sarebbe verificato. In tal senso concludevano non solo i testi della difesa ed il consulente tecnico ing. G., ma anche la stessa Corte di appello (pag. 7 della sentenza).
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 133 cod. pen..
Si rileva che le ragioni addotte dalla Corte territoriale relativamente alla quantificazione della pena finale irrogata all'imputato erano generiche, in aperto contrasto con l'obbligo di motivazione.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato.


2. Il primo motivo di ricorso, con cui si censura l'affermazione di responsabilità sotto vari profili, è infondato.
2.1. Va disattesa, innanzitutto, la doglianza secondo cui la Corte di appello sarebbe incorsa nel vizio di contraddittorietà della motivazione, dapprima per aver riconosciuto l'esistenza di misure cautelari aziendali per prevenire infortuni ai lavoratori e successivamente per aver sostenuto l'assenza totale di regolamentazione della materia della sicurezza.
La Corte di appello, infatti, ha inizialmente evidenziato l'effettiva esistenza di una specifica procedura di sicurezza (BTT\IS 21), secondo la quale tra i fasci dovevano essere lasciati spazi liberi, se possibile, al fine di evitare agli operai di salire sul materiale per le operazioni di imbragatura nonché di altre procedure aziendali che prevedevano di alzare i legacci, se aderenti ai tondi, con apposita leva, e prevedevano il posizionamento all'addetto in un luogo sicuro al momento dell'imbragatura e del trasporto.
La stessa Corte territoriale, tuttavia, ha precisato che, come attestato dal tecnico ASL dr. Benassa, tali misure apparivano del tutto insufficienti ad evitare che gli operai salissero sui fasci dei tubi, i quali, avendo una superficie non piana, tendevano naturalmente a muoversi.
Inoltre, ha chiarito come, già in epoca precedente e successiva all'infortunio in esame, era emersa l'esistenza di una serie di incidenti analoghi a quello in contestazione, l'ultimo dei quali risalente al 2014, e che, nel corso dell'ispezione seguita a tale ultimo infortunio, lo stesso tecnico aveva riscontrato il permanere della situazione di insicurezza nel reparto in questione; solo nel corso dell'estate 2015 erano state realizzate delle passarelle tra uno stallo e l'altro, che consentivano l'aggancio dei fasci senza salire sul materiale; l'adozione delle passarelle evitava agli addetti di salire sui fasci, riducendo in toto il rischio di caduta o di investimento.
Nella sentenza impugnata, quindi, si è specificato in modo completo ed adeguato che, le procedure di sicurezza non erano state rispettate e che, in ogni caso, erano del tutto insufficienti a scongiurare gli infortuni, occorrendo ulteriori meccanismi di sicurezza e, cioè, le passerelle, installate solo in epoca recente, successiva a tutti i pregressi incidenti sul lavoro.
2.2. Ugualmente non può essere accolta la tesi prospettata in ricorso, secondo cui il B.A. aveva eseguito tutte le prescrizioni imposte dall'ASL in materia di sicurezza e la stessa ASL, in occasione di un precedente controllo sui luoghi di lavoro avvenuto nel marzo 2008, ne aveva riconosciuto la validità, richiamando in proposito l'elaborato dell'ing. G., consulente di difesa.
La Corte di merito, con motivazione lineare e coerente, ha rilevato l'inesattezza dei rilievi dell'ing. G., ai fini della ricostruzione della dinamica del sinistro, in quanto il modus operandi dell'infortunato, pur dissonante rispetto alle prescrizioni dell'azienda, costituiva il frutto di un errore fisiologico a fronte dell'insufficienza strutturale della direttiva aziendale e della prassi interna che ne tollerava l'inosservanza. Al riguardo, nella sentenza impugnata si è ricordato che l'ASL era intervenuta a seguito di un infortunio analogo nel 2006, raccomandando procedure di verifica periodica ed una stretta vigilanza sull'operato dei lavoratori, prescrizioni sicuramente violate in occasione dell'infortunio occorso al T.M. nonché di quelli subiti dal lavoratore N. in data 28 settembre 2012 e dal dipendente B. nel 2014.
Il ricorrente non si confronta con tali dettagliate ed esaurienti spiegazioni della Corte territoriale, limitandosi a reiterare le censure già prospettate con l'atto di appello.
2.3. Non è neanche condivisibile la tesi difensiva secondo cui la Corte di merito ha erroneamente escluso la sussistenza di una regolamentazione o di una prassi per l'esecuzione dell'attività lavorativa in questione.
La Corte bresciana, infatti, con approfondito apparato argomentativo, ha sottolineato che il T.M., per imbragare i fasci di tubi da movimentare, dovesse necessariamente salire al di sopra dei tubi stessi, per cui nel magazzino, al momento dell'infortunio, in violazione della norma di sicurezza sul punto, non vi era adeguato spazio tra un cumulo e l'altro di tubi ed era impossibile eseguire l'operazione assegnata alla persona offesa stando a terra.
Come emerso dalle testimonianze assunte, la mancanza di spazi tra un gruppo di tubi e l'altro costituiva la situazione ambientale ordinaria di operatività dei lavoratori. Tale situazione imponeva agli operai di salire sopra i fasci di tubi, ad un'altezza di circa mezzo metro da terra, per poter poi agganciarli alle catene della gru e successivamente movimentarli, per cui il T.M., quindi, stava operando secondo modalità consuete per la prassi aziendale (cfr. verbali delle testimonianze della persona offesa, di B.E. e B.A.). L'aggancio dei tubi alle catene della gru avveniva collegando i ganci del carroponte alle fascette che legavano insieme tra loro i tubi; i lavoratori B. e N. avevano riferito come usualmente essi salissero sui tondi metallici per provvedere all'aggancio degli stessi al carroponte.
Pertanto, nonostante i pregressi incidenti e le prescrizioni delle ASL di prevedere un controllo costante degli operai, sussisteva una prassi scorretta, che imponeva ai lavoratori di procedere a proprio rischio e pericolo in base alle modalità di intervento prescelte dal T.M..
Ebbene, dal contesto sopra descritto emerge che, alla luce della normativa prevenzionistica vigente, il B.A. aveva violato l'obbligo di valutare tutti i rischi connessi alle attività lavorative e attraverso tale adempimento pervenire alla individuazione delle misure cautelari necessarie e quindi alla loro adozione, non mancando di assicurarsi l'osservanza di tali misure da parte dei lavoratori.
Il datore di lavoro avrebbe dovuto predisporre le opportune misure di prevenzione ed assolvere all'obbligo di vigilare sull'osservanza delle misure di prevenzione adottate, direttamente o attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati, e la previsione di procedure che assicurassero la conoscenza da parte sua delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione scelte a seguito della valutazione dei rischi (Sez. 4, n. 14915 del 19/02/2019, Arrigoni, Rv. 275577).
In base a quanto sopra esposto, nell'esercizio dell'attività lavorativa risultava essersi instaurata, una prassi contra legem, foriera di pericoli per gli addetti, con la tolleranza o col consenso del datore di lavoro, venuto meno ai doveri di predisposizione delle opportune misure di sicurezza e di sorveglianza in relazione alla pericolosa prassi operativa instauratasi; per cui è a lui ascrivibile il reato di lesioni colpose aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche (Sez. 4, n. 26294 del 14/03/2018, Fassero Gamba, Rv. 272960, in un caso di omicidio colposo; in conformità, in un'ipotesi di lesioni colpose, Sez. 4, n. 18638 del 16/01/2004, Policarpo, Rv. 228344; principio risalente a Sez. 4, n. 17941 del 16/11/1989, Raho, Rv. 182857).
2.4. Il ricorrente, peraltro, evidenzia il comportamento non diligente del lavoratore, posto in essere in violazione alle disposizioni aziendali, che gli imponevano di limitarsi a salire sui fasci per agganciarli alla catena della gru e proseguire le operazioni da terra, servendosi dei radiocomandi di cui tutti i carroponte erano stati dotati. Sul punto, la Corte territoriale ha analiticamente riportato le operazioni materiali eseguite dal T.M. e le ragioni che lo avevano indotto ad eseguirle: a) per sollevare il materiale, doveva raddrizzare i legacci che univano il gruppo di tubi, che erano schiacciati dal peso stesso del fascio di tubi, per poi predisporre fasciature adeguate intorno al materiale che ne avrebbero consentito il successivo aggancio e sposta­ mento; b) ai fini dell'esecuzione di tale, egli aveva messo in tiro le catene collegate al carroponte, minimo movimento che aveva fatto spostare i tubi sui quali si trovava in equilibrio, determinando le lesioni oggetto del presente procedimento.

Nella sentenza impugnata si è chiaramente spiegato che la persona offesa stava svolgendo un'operazione preliminare al vero e proprio spostamento dei fasci di tubi, oggetto quest'ultimo della regolamentazione aziendale - comunque insufficiente - per cui era previsto che scendesse dagli stessi e manovrasse il carroponte stando a distanza. La Corte bresciana, rispondendo esaurientemente alle doglianze difensive e richiamando sul punto la testimonianza del tecnico ASL e del dipendente N.N., ha evidenziato che la direttiva adottata dall'azienda era laconica, non specificava le modalità attuative di quel segmento di operazione e lasciava ampi margini di errore per la sua sinteticità, in quanto indicava unicamente di "lasciare per quanto possibile degli spazi liberi tra gli stalli di contenimento in modo da agganciare il materiale senza dover salire sui pacchi per le operazioni di imbragatura".

3. Il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente si duole del trattamento sanzionatorio, è generico.
Va premesso che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell'ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente gli elementi indicati nell'art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 41702 del 20/09/2004, Nuciforo, Rv. 230278).
Il giudice del merito esercita la discrezionalità che la legge gli conferisce, attraverso l'enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell'art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, Gasparri, Rv. 239754).
La pena applicata non eccede la media edittale e, in relazione ad essa, non era dunque necessaria un'argomentazione più dettagliata da parte del giudice (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese, Rv. 267949).
Il sindacato di legittimità sussiste solo quando la quantificazione costituisca il frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico.
Al contrario, nella fattispecie, l'entità della pena irrogata è stata correttamente giustificata in riferimento alla gravità della vicenda criminosa, alla ripetizione dell'infortunio con modalità analoghe a quelle relative ad altri precedenti infortuni per mancata adozione di norme di sicurezza, al precedente penale per analogo reato e al compimento di violazioni alle norme in tema di prevenzione depenalizzate, ma risultanti dal certificato penale. La Corte di appello ha altresì dato atto che il parziale risarcimento del danno subito dalla vittima (per l'importo di euro tremila) era già stato valutato dal Tribunale ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche.

A fronte di tale articolata ed esauriente motivazione, il ricorrente ha contestato, in termini del tutto vaghi e aspecifici, l'entità eccessiva della pena irrogata.

4. Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 cod. proc. pen.).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 15 gennaio 2021.

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Linee guida Regioni e PA per la riapertura delle attività | 20.05.2021

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Linee guida riaperture 20 05 2021

Linee guida Regioni e PA per la riapertura delle attività | 20.05.2021

ID 13590 | 20.05.2021

Linee guida delle Regioni e delle Province autonome per la riapertura delle attività

Le presenti “Linee Guida per la ripresa delle attività economiche e sociali” tengono conto delle disposizioni del decreto-legge n. 52 del 22 aprile 2021, del decreto-legge n. 65 del 18 maggio 2021 e sono adottate ai sensi dell’articolo 1, comma 14, del decreto-legge n. 33 del 16 maggio 2020.

Gli indirizzi operativi contenuti nel precedente documento “Linee guida per la ripresa delle attività economiche e sociali” (prima versione maggio 2020) si sono dimostrati efficaci per favorire l’applicazione delle misure di prevenzione e contenimento nei diversi settori economici trattati, consentendo una ripresa delle attività economiche e ricreative compatibile con la tutela della salute di utenti e lavoratori.

Pertanto, in continuità con le precedenti Linee Guida, delle quali è stata mantenuta l’impostazione quale strumento sintetico e di immediata applicazione, gli indirizzi in esse contenuti sono stati integrati con alcuni nuovi elementi conoscitivi, legati all’evoluzione dello scenario epidemiologico e delle misure di prevenzione adottate, anche in un’ottica di semplificazione. In particolare, si è ritenuto più utile rimarcare le misure di prevenzione sicuramente efficaci, in luogo di misure che, pur diffusamente adottate, non aggiungono elementi di maggiore sicurezza.

La stessa finalità di semplificazione è stata tradotta nell’accorpamento dei molteplici settori economici e ricreativi in macro-aree, affini per profilo di rischio o per attività.

Si evidenzia che il presente documento individua i principi di carattere generale per contrastare la diffusione del contagio, quali norme igieniche e comportamentali, utilizzo dei dispositivi di protezione, distanziamento e contact tracing. Rientra nelle prerogative di associazioni di categoria e altri soggetti rappresentativi redigere ulteriori protocolli attuativi di dettaglio ed eventualmente più restrittivi, purché nel rispetto di tali principi generali, la cui attuazione deve essere garantita e soggetta a verifiche puntuali effettuate dalle competenti autorità locali.

I settori di cui al presente documento sono stati individuati sia perché rappresentano le attività maggiormente penalizzate dal meccanismo delle chiusure in base allo scenario, sia perché costituiscono settori in cui il rispetto delle misure previste è più concretamente realizzabile e controllabile rispetto alla pubblica via e ai comportamenti negativi (assembramenti) che vi si registrano.

Resta inteso, infine, che in base all’evoluzione dello scenario epidemiologico le misure indicate potranno essere rimodulate, anche in senso più restrittivo. Sono fatte salve, inoltre, disposizioni normative nazionali successive all’adozione delle presenti linee guida che intervengono a modifica degli attuali obblighi igienico-sanitari e comportamentali. Si evidenzia, altresì, che nella fase attuale nelle quale la campagna vaccinale è in corso e non risulta ancora raggiunta una copertura adeguata della popolazione, in considerazione delle indicazioni scientifiche internazionali che non escludono la possibilità che il soggetto vaccinato possa contagiarsi, pur senza sviluppare la malattia, e diffondere il contagio, si ritiene che allo stato attuale il possesso e la presentazione di certificazioni vaccinali non sostituisca il rispetto delle misure di prevenzione e contrasto della diffusione del contagio quali ad esempio il distanziamento interpersonale, l’utilizzo della mascherina, l’igienizzazione della mani e delle superfici.

...

SOMMARIO

RISTORAZIONE E CERIMONIE
ATTIVITÀ TURISTICHE E RICETTIVE
CINEMA E SPETTACOLI DAL VIVO
PISCINE TERMALI E CENTRI BENESSERE
SERVIZI ALLA PERSONA
COMMERCIO
MUSEI, ARCHIVI, BIBLIOTECHE E LUOGHI DELLA CULTURA
PARCHI TEMATICI E DI DIVERTIMENTO
CIRCOLI CULTURALI E RICREATIVI
CONGRESSI E GRANDI EVENTI FIERISTICI
SALE GIOCHI, SALE SCOMMESSE, SALE BINGO E CASINO’
SAGRE E FIERE LOCALI
CORSI DI FORMAZIONE

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Linee guida Regioni e PA per la riapertura delle attività 20.05.2021
181 kB 38
Allegato riservato Cinema e spettacoli dal vivo.pdf
Linee guida Regioni e PA per la riapertura delle attività 20.05.2021
160 kB 24
Allegato riservato Piscine termali e centri benessere.pdf
Linee guida Regioni e PA per la riapertura delle attività 20.05.2021
160 kB 29
Allegato riservato Servizi alla persona.pdf
Linee guida Regioni e PA per la riapertura delle attività 20.05.2021
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Allegato riservato Commercio.pdf
Linee guida Regioni e PA per la riapertura delle attività 20.05.2021
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Allegato riservato Musei archivi bibliotexhe e luoghi di cultura.pdf
Linee guida Regioni e PA per la riapertura delle attività 20.05.2021
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Allegato riservato Parchi temeatici e di divertimento.pdf
Linee guida Regioni e PA per la riapertura delle attività 20.05.2021
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Allegato riservato Circoli culturali e ricreativi.pdf
Linee guida Regioni e PA per la riapertura delle attività 20.05.2021
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Allegato riservato Congressi e grandi eventi fieristici.pdf
Linee guida Regioni e PA per la riapertura delle attività 20.05.2021
125 kB 17
Allegato riservato Sale giochi sale scommesse sale bingo e casino.pdf
Linee guida Regioni e PA per la riapertura delle attività 20.05.2021
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Allegato riservato Sagre e fiere locali.pdf
Linee guida Regioni e PA per la riapertura delle attività 20.05.2021
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Allegato riservato Corsi di formazione.pdf
Linee guida Regioni e PA per la riapertura delle attività 20.05.2021
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Spallanzani | Coronavirus: quello che c’è da sapere - 17 maggio 2021

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Spallanzani Coronavirus quello che c   da sapere

Spallanzani | Coronavirus: quello che c’è da sapere - 17 maggio 2021

Documento di riepilogo di tutte le informazioni disponibili sull'epidemia da Sars-CoV-2 a cura dell'Istituto Nazionale Malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” IRCCS.

Il documento riporta tutti i dati conosciuti circa l'origine della malattia, la sua diffusione in Italia e nel mondo, le cure disponibili e le misure di prevenzione e protezione.

Documento aggiornato al 17 maggio 2021.

[...] Quando è iniziata l’epidemia?

Il 31 dicembre 2019 le autorità sanitarie cinesi hanno reso nota la presenza di un focolaio di sindrome febbrile, associata a polmonite di origine sconosciuta, tra gli abitanti di Wuhan, città di circa 11 milioni di abitanti situata nella provincia di Hubei, nella Cina Centro-meridionale, alla confluenza tra il Fiume Azzurro e il fiume Han, a circa 1.100 chilometri da Pechino, 800 da Shangai, 1.000 da Hong Kong. In un primo momento il punto di partenza dell’infezione è stato identificato nel mercato del pesce e di altri animali vivi (c.d. “wet market”) di Huanan, al centro della città di Wuhan, che è stato chiuso il 1 gennaio 2020, ma è ormai confermato che il mercato è stato soltanto il primo amplificatore dell’infezione, iniziata settimane prima. L’analisi del sangue di oltre 38.000 donatori sani a Wuhan e in altre due città cinesi, Shenzen (estremo sud) e Shijiazhuang (estremo nord) tra gennaio ed aprile 2020) ha evidenziato una prevalenza, ovvero una percentuale di persone che avevano sviluppato anticorpi contro il virus Sars-CoV-2, del 2,66% a Wuhan, dello 0,033% a Shenzen e dello 0,0028% a Shijiazhuang.

Nel corso di una conferenza stampa svoltasi a Wuhan il 9 febbraio 2021 con gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) chiamati ad indagare sull’origine dell’epidemia, si è appreso che il primo caso di Covid-19 a Wuhan è datato 8 dicembre 2019 e non aveva alcuna relazione con il mercato di Huanan.

Nei due mesi precedenti circa 90 persone erano state ricoverate con sintomi simili al Covid-19 nella Cina centrale. Le autorità cinesi hanno eseguito di recente test anticorpali su due terzi di questi pazienti, senza trovare traccia di infezione. Ma a distanza di più di un anno gli anticorpi potrebbero essere scesi a livelli non più rilevabili, ed occorrerebbero quindi studi sistematici su campioni di sangue prelevati all’epoca per capire se il virus si stesse diffondendo in Cina prima del dicembre 2019. Studi, questi, che al momento le autorità sanitarie cinesi non hanno autorizzato.

Quando è arrivata in Italia?

Le analisi della acque di scarico condotte dall’Istituto Superiore di Sanità hanno evidenziato presenza di RNA di SARS-CoV-2 nei campioni prelevati a Milano e Torino il 18 dicembre 2019 e a Bologna il il 29 gennaio 2020. In un altro studio pubblicato a maggio dallo stesso gruppo di lavoro5 erano state individuate tracce di RNA virale in sei campioni di acque reflue raccolti a Roma e Milano tra febbraio ed aprile 2020, di cui uno relativo ad un prelievo effettuato a Milano il 24 febbraio, tre giorni dopo il primo caso accertato di positività a Codogno. Sempre a Milano, un gruppo di ricercatori dell’Università statale ha condotto una analisi retrospettiva6 sui tamponi oro-faringei dei casi sospetti di morbillo raccolti tra settembre 2019 e febbraio 2020 nell’ambito della rete di sorveglianza integrata morbillo e rosolia MoRoNet.

Dall’analisi è emersa la positività ad un gene del SARS-CoV-2 del campione di un bambino di 4 anni abitante nell’hinterland milanese e senza alcun link con la Cina, che il 21 novembre 2019 aveva manifestato sintomi (tosse e rinite), il 30 novembre era stato portato al pronto soccorso con sintomi respiratori e vomito, il 1° dicembre aveva avuto un’eruzione cutanea simile a quella che si manifesta con il morbillo, e il 5 dicembre aveva effettuato il tampone oro-faringeo per la diagnosi clinica del sospetto morbillo. Un altro studio condotto dall’Istituto Tumori di Milano e dall’Università di Siena7 ha cercato gli anticorpi del SARS-CoV-2 nei campioni di sangue prelevati a 959 pazienti che tra settembre 2019 e marzo 2020 si erano sottoposti a screening per la prevenzione del cancro al polmone. Gli anticorpi del coronavirus sono stati individuati nell’11,6% dei pazienti, in alcuni casi in campioni prelevati a settembre del 2019.

La ricerca sembrerebbe indicare una circolazione molto precoce del SARS-CoV-2 tra individui asintomatici in Italia diversi mesi prima dell’identificazione del primo paziente. Si tratta di una ipotesi che necessita di ulteriori e solide conferme, da effettuarsi con metodi adeguatamente validati. Al momento, sulla base dell’evidenza delle migliaia di sequenziamenti genomici effettuati in tutto il mondo, lo spillover del virus, ovvero il suo passaggio dall’animale all’uomo, va collocato con elevata probabilità tra la seconda metà di novembre e i primi giorni del mese di dicembre 2019.

A cosa è dovuta l’infezione?

Il 7 gennaio 2020 è stato isolato l’agente patogeno responsabile dell’epidemia: si tratta di un nuovo betacoronavirus, che l’OMS ha denominato SARS-CoV-2, ad indicare la similarità con il virus della SARS, che nel 2002-2003 causò una epidemia globale con 8.096 casi confermati e 774 decessi. L’OMS ha denominato Covid-19 la malattia causata dal virus.

Quanto è diffusa l’epidemia?

In base ai dati forniti giornalmente dall’OMS , ad oggi (17 maggio 2021) i casi accertati complessivi sono 162.704.139, con 3.374.052 decessi. Ad oggi sono complessivamente 220 le nazioni e i territori con almeno un caso di positività. Sono 17 le nazioni e i territori che non hanno comunicato casi di positività: 13 si trovano in Oceania (Isole Cook, Kiribati, Nauru, Micronesia, Niue, Isola Norfolk, Palau, Isole Pitcairn, Samoa Americane, Tokelau, Tonga, Tuvalu, Isola di Wake), tre in Asia (Isola di Natale, Corea del Nord, Turkmenistan) e una in Africa (Sant’Elena).

Incidenza COVID 19

Incremento positivi

Come si trasmette l’infezione?

I virus respiratori differiscono tra loro sia per la facilità di diffusione che per le modalità di trasmissione. La trasmissibilità, misurata dal numero di riproduzione di base (R0) o dal tasso di attacco secondario, che misura l’incidenza della trasmissione dal caso indice ai suoi contatti, può essere estremamente variabile. Anche il Sars-CoV-2, come gli altri virus respiratori, utilizza come porte di ingresso nel corpo umano il naso, la bocca e gli occhi, e può essere trasmesso attraverso quattro modalità principali di trasmissione:

- contatto diretto (fisico) tra una persona infetta e una non infetta: abbracci, baci, strette di mano e successivo contatto delle mani con occhi, naso o bocca;
- contatto indiretto (fomite), ovvero per il tramite di oggetti o superfici inanimate contaminate da secrezioni di persone infette;
- goccioline grandi o droplets, che vengono espulse con la tosse, gli starnuti o parlando ad alta vice, e che di solito si depositano entro breve distanza (circa 1-2 metri) da chi le emette;
- goccioline fini o aerosol, che vengono emesse con la normale respirazione, che rimangono sospese nell’aria per lunghi periodi e possono quindi diffondersi a maggiore distanza, specialmente negli spazi chiusi e non adeguatamente ventilati.

Strumenti contro diffusione

Fonte: Istituto Nazionale Malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” IRCCS 

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Accordo 25 luglio 2012

ID 13587 | | Visite: 1265 | Conferenza Stato-Regioni

Accordo 25 luglio 2012

Accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislative 28 agosto 1997, n. 281 tra ii Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul documento proposto dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali recante: "Linee guida per ii settore della musica e delle attività ricreative, ai sensi dell'articolo 198 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81".

Rep. atti 144/CSR del 25 luglio 2012

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25° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche

ID 13570 | | Visite: 2836 | Decreti Sicurezza lavoro

25° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche 

ID 13570 | 18 Maggio 2021

Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche

Pubblicato il Decreto Direttoriale n. 36 del 17 Maggio 2021

Con il Decreto direttoriale n. 36 del 17 Maggio 2021, è stato adottato il ventitcinquesimo elenco, di cui al punto 3.7 dell'Allegato III del d.i. 11 aprile 2011, dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro ai sensi dell'art. 71, comma 11, del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.

Il suddetto decreto è composto da sette articoli:

- Articolo 1 Rinnovo delle iscrizioni nell'elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 2 Variazione delle abilitazioni
- Articolo 3 Iscrizione nell'elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 4 Proroga delle iscrizioni nell'elenco dei soggetti abilitati
[...]
- Articolo 7 Obblighi dei soggetti abilitati.

Fonte: MPLS

Tutti gli elenchi pubblicati
D.M. 11 aprile 2011 Verifica impianti e attrezzature
Consulta il database dei Soggetti abilitati 

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Vaccinazione nei luoghi di lavoro: indicazioni generali per il trattamento dei dati personali

ID 13566 | | Visite: 2367 | News Sicurezza

GPDP Vaccinazioni nei luoghi di lavoro

Vaccinazione nei luoghi di lavoro: indicazioni generali per il trattamento dei dati personali

GPDP Documento di indirizzo 13 Maggio 2021

La realizzazione dei piani vaccinali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro è stata prevista dal “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro”, firmato in data 6 aprile 2021 dal Governo e dalle parti sociali, e dalle allegate “Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID19 nei luoghi di lavoro”, al fine di perseguire la duplice esigenza di concorrere alla rapida attuazione della campagna vaccinale e, in pari tempo, accrescere i livelli di sicurezza nelle realtà lavorative pubbliche e private.

La piena attuazione e l’implementazione delle vaccinazioni nei luoghi di lavoro, pubblici e privati, dipenderanno dunque da una serie di fattori contingenti (primo tra tutti, la disponibilità dei vaccini) e di scelte (modelli organizzativi) ancora non del tutto definiti e rimessi a valutazioni che dovranno necessariamente tenere conto dell’andamento generale di una complessa operazione di rilievo nazionale. La vaccinazione nei luoghi di lavoro, peraltro, “rappresenta un’opportunità aggiuntiva rispetto alle modalità ordinarie dell’offerta vaccinale che sono e saranno sempre garantite, nel rispetto delle tempistiche dettate dal piano nazionale di vaccinazione, qualora il lavoratore non intenda aderire” a tale modalità di vaccinazione presso i luoghi di lavoro (cfr. p. 3, “Indicazioni ad interim”).

In tale quadro, l’iniziativa di consentire l’attivazione di punti vaccinali sui luoghi di lavoro, comportando trattamenti di dati personali, anche relativi alla salute dei lavoratori (art. 4, n. 15 del Regolamento), se da un lato può rappresentare un’opportunità per supportare la campagna vaccinale e per rendere più semplice, per i lavoratori, l’accesso alla vaccinazione, dall’altra dovrà essere attuata nel rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati (Regolamento (UE) 679/2016 e Codice in materia di protezione dei dati personali), delle norme emanate nel contesto dell’emergenza epidemiologica in corso, nonché delle disposizioni nazionali più specifiche e di maggior garanzia previste dall’ordinamento nazionale a tutela della dignità e della libertà dell’interessato sui luoghi di lavoro (art. 88 Regolamento e 113 Codice).

Anche in questo contesto eccezionale occorre infatti che ciascuno dei soggetti coinvolti nella realizzazione e gestione del piano vaccinale (datore di lavoro, anche in forma associata, medico competente o altro personale sanitario individuato) operi nell’ambito e nei limiti previsti dalla rispettiva disciplina applicabile, che ne costituisce la base giuridica, evitando la confusione di ruoli che può dare adito a una circolazione illecita di informazioni, che potrebbe determinare effetti lesivi dei diritti e delle libertà degli interessati.

In particolare, nel quadro dall’ordinamento vigente, anche alla luce delle specifiche disposizioni adottate nella attuale fase emergenziale, deve essere sempre assicurato il rispetto del tradizionale riparto di competenze tra il medico competente e il datore di lavoro sempre richiamato dal Garante e da ultimo ribadito nell’ambito del documento denominato: Protezione dei dati: il ruolo del “medico competente” in materia di sicurezza sul luogo di lavoro, anche con riferimento al contesto emergenziale. Tale documento, in linea di continuità con la posizione assunta dal Garante nel corso del tempo, individua proprio nella titolarità del trattamento dei dati, attribuita al medico dal quadro normativo di settore (es. d.lgs. 81/2008), il principale elemento di garanzia per gli interessati sui luoghi di lavoro.

L’evoluzione del quadro nazionale legato all’emergenza epidemiologica ha confermato la centralità della figura del medico competente nel contrasto e nel contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 nel contesto lavorativo (cfr., da ultimo, Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARSCoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro del 6 aprile 2021, che ha aggiornato il protocollo del 24 aprile 2020).

Allo stesso modo la centralità di tale ruolo di raccordo, tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo, viene ribadito, allo stato, anche con riguardo alla vaccinazione sui luoghi di lavoro (cfr. protocollo e “Indicazioni ad interim” cit.), salva l’eventuale individuazione, nell’evoluzione del quadro regolatorio legato al piano nazionale vaccini, di altre figure di professionisti sanitari, in aggiunta o in luogo del medico competente.

In tale quadro, non è comunque consentito al datore di lavoro raccogliere, direttamente dagli interessati, tramite il medico compente, altri professionisti sanitari o strutture sanitarie, informazioni in merito a tutti gli aspetti relativi alla vaccinazione, ivi compresa l’intenzione o meno della lavoratrice e del lavoratore di aderire alla campagna, alla avvenuta somministrazione (o meno) del vaccino e ad altri dati relativi alle condizioni di salute del lavoratore (v. art. 9, par. 2, lett. b) e 88 Regolamento; art. 113 del Codice; d. lgs. n. 81/2008; Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARSCoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro del 6 aprile 2021; art. 5, l. 20.5.1970, n. 300; cfr. FAQ
sul “Trattamento di dati relativi alla vaccinazione anti Covid-19 nel contesto lavorativo”).

[...]

Fonte: GPDP

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Documento tecnico operativo avvio vaccinazioni nei luoghi di lavoro

ID 13546 | | Visite: 2744 | News Sicurezza

Documento tecnico vaccinazioni

Documento tecnico operativo avvio vaccinazioni  anti-SARS-COV-2/COVID-19 nei luoghi di lavoro

Documento tecnico operativo per l’avvio delle vaccinazioni in attuazione delle indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-COV-2/COVID-19 nei luoghi di lavoro

INAIL - 15.05.2021

La nuova pubblicazione, elaborata dall’Inail insieme ai Ministeri del Lavoro e della Salute, alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e alla struttura di supporto alle attività del commissario straordinario per l’emergenza, fornisce criteri di tipo quantitativo e qualitativo per definire le priorità della somministrazione nei luoghi di lavoro.

In riferimento al documento “Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-COV- 2/COVID-19 nei luoghi di lavoro”, approvato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nella riunione dell’8 aprile 2021 e trasmesso con nota circolare interministeriale 0015126 del 12 aprile 2021, con il presente documento tecnico si intende fornire elementi utili al riscontro dei quesiti posti dalla Conferenza stessa in merito a:

- definire “puntualmente a partire da quale fase della campagna di vaccinazione (fascia di età) si possa avviare la vaccinazione per le attività economiche e produttive”;

- definire “altresì quali siano le priorità cui le Regioni devono attenersi: poiché il documento di cui trattasi non indica elementi quantitativi e qualitativi di riferimento ed è pertanto molto probabile che numerosissimi soggetti richiedano alle Regioni di poter avviare attività vaccinali in contesti lavorativi, è imprescindibile che vengano definiti elementi quantitativi (es. numerosità lavoratori/lavoratrici) e qualitativi (es. i settori produttivi a maggior rischio) per evitare che le scelte che ogni regione dovrà fare in relazione alla disponibilità di vaccini possano apparire arbitrarie”.

[...] Segue in allegato

Fonte: INAIL

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Medico Competente: Guida, Scheda autovalutazione, Modello verbale sopralluogo

ID 12894 | | Visite: 6868 | Documenti Riservati Sicurezza

Scheda autovalutazione attivita  MC

Medico Competente: Guida, Scheda autovalutazione, Modello verbale sopralluogo

ID 12894 | 19.02.2021

In relazione ai Compiti del Medico Competente, si riportano in allegato i seguenti documenti:

- Guida attività del Medico Competente (ATS Brianza)
- Scheda di autovalutazione (ATS Brianza)
- Modello verbale sopralluogo (Certifico).

Il D.Lgs. 81/2008 prevede due momenti ben definiti in cui il Medico Competente si confronta nel sistema prevenzionistico aziendale:

1. Durante il sopralluogo del medico competente (Art. 25 c. 1 lett. l, D.Lgs. 81/2008)
2. Nella riunione periodica (Art. 35, D.Lgs. 81/2008: Riunione periodica).

D.Lgs. 81/2008

Art. 25. Obblighi del medico competente
1.

l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi; la indicazione di una periodicità diversa dall'annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi;

D.Lgs. 81/2008
...

Art. 35. Riunione periodica

1. Nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più di 15 lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente, ove nominato;
d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:
a) il documento di valutazione dei rischi;
b) l'andamento degli infortuni e delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria;
c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale;
d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute.
3. Nel corso della riunione possono essere individuati:
a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali;
b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base delle linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.
4. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori. Nelle ipotesi di cui al presente articolo, nelle unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori è facoltà del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza chiedere la convocazione di un'apposita riunione.
5. Della riunione deve essere redatto un verbale che è a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.

[...] segue in allegato

ATS Brianza 2016 / Modello Certifico

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Certifico Srl - Rev. 0.0 2021
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Allegato riservato Scheda autovalutazione attivita' MC.docx
ATS Brianza 2016
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Allegato riservato Guida MC.pdf
ATS Brianza 2016
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La polizia giudiziaria negli incendi boschivi VVF

ID 13528 | | Visite: 4431 | News Prevenzioni Incendi

La polizia giudiziaria VVF negli incendi boschivi

La polizia giudiziaria VVF negli incendi boschivi

Per i Vigili del fuoco che intervengono in occasione di un incendio boschivo, oltre alle attività di spegnimento e di messa in sicurezza di beni e persone nelle zone di interfaccia, rilevano le funzioni di polizia giudiziaria. Ferma restando la piena collaborazione con l’Arma dei Carabinieri, la squadra dei Vigili del fuoco raggiunge, spesso, i luoghi dell’incendio prima di altre forze e pertanto rileva “a caldo” le informazioni utili al prosieguo delle indagini, che rischierebbero di essere dispersi per l’ulteriore sviluppo dell’incendio. Ai fini penali è bene avere chiara la rilevanza del fuoco oltre che dell’incendio. Un principio d’incendio in un’abitazione, in assenza d’incendio, ossia di fuoco distruggitore e di difficile contenimento, di rado porta, all’esito delle indagini, alla contestazione del reato d’incendio di cui all’art. 423 c.p.

Ma l’art. 2, c.1, della L.353/2000 precisa che “per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività a espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, (...), oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree”; pertanto, nel campo degli incendi boschivi occorre segnalare all’Autorità Giudiziaria gli episodi in cui il Corpo nazionale interviene per un semplice fuoco. In particolare gli interventi su fuochi privi di suscettività a espandersi costituiscono in genere “falso allarme”, mentre i fuochi con suscettività ad espandersi vanno classificati come reato di incendio boschivo di cui all’art. 423- bis c.p., se l’espansione delle fiamme può interessare “aree boscate, cespugliate o arborate, (...)” o come principio d’incendio di cui all’art. 423 c.p. negli altri casi. È evidente come, nel momento valutativo della suscettività a espandersi delle fiamme, la specifica competenza della squadra dei Vigli del fuoco nello spegnere si integri utilmente con la competenza di polizia giudiziaria. Di fondamentale importanza è il punto di origine dell’incendio.

Non è raro il ritrovamento di tracce, o di parti non combuste dei materiali utilizzati per dare fuoco volontariamente alla vegetazione. L’area va preservata e sequestrata opportunamente per l’espletamento di altri accertamenti. I falsi allarmi d’incendio boschivo vanno sempre monitorati, d’intesa con l’Arma dei Carabinieri, perché potrebbero costituire dei tentativi d’incendio dolosi non riusciti. La loro sottovalutazione farebbe perdere la visione d’insieme di eventuali gravi fenomeni delittuosi in atto. I fatti, le osservazioni e altri elementi utili ai fini delle indagini vanno raccolti, anche mediante redazione di annotazioni e verbali (accertamenti urgenti ed irripetibili, sommarie informazioni, ecc.), compatibilmente con l’accurato espletamento delle attività di spegnimento e di soccorso pubblico.

È opportuno, pertanto, che nelle relazioni di servizio siano evidenziate le attività di spegnimento attuate ed eventuali passaggi di consegne effettuati che hanno reso impossibile l’effettuazione di ulteriori accertamenti di polizia giudiziaria. Le fiamme degli incendi boschivi devastanti evolvono nello stesso modo, sia quando sono di origine dolosa (volontaria) che quando sono di natura colposa (negligenza, imprudenza, imperizia, mancato rispetto di ordinanze e regolamenti).

Se l’incendiario attende le condizioni di rischio peggiori per appiccare il fuoco, anche se non ha la volontà di provocare un incendio vero e proprio ha comunque buone probabilità di perdere il controllo delle fiamme. Pertanto, non è affatto la gravità dell’incendio a stabilirne l’origine dolosa o colposa. Anzi, non sono da escludere quei casi in cui colui che ha provocato colposamente l’incendio tenti di sviare le indagini a suo carico, ad es. appiccando altri roghi in zona. Il personale che interviene sugli incendi boschivi ha gli obblighi di riferire all’Autorità Giudiziaria e del segreto istruttorio. È pertanto opportuno evitare la divulgazione di foto e riprese, che potrebbero essere d’interesse ai fini delle indagini

Fonte VVF

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Protocollo Sicurezza macchine di orditura

ID 13507 | | Visite: 2822 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Protocollo Sicurezza macchine di Orditura

Protocollo Sicurezza macchine di Orditura

ID 13507 | INAIL / ASL BI / CGIL / Confcommercio / Altri / 2013

Norme tecniche di riferimento ed indicazioni sulle misure di protezione e prevenzione.

Il presente documento è uno strumento dinamico, le indicazioni in esso contenute sono aggiornabili e sensibili a modifiche ed integrazioni soprattutto se, quest’ultime, hanno lo scopo di fronteggiare situazioni operative particolari ove sia necessario eliminare o ridurre i rischi ad esse connessi/correlati.

Il documento è indirizzato a tutti gli operatori del comparto tessile interessati all’utilizzo delle attrezzature/macchine/impianti di lavoro indicate di seguito.

Le indicazioni si prefiggono l’obiettivo di facilitare il compito di coloro che si occupano di sicurezza delle macchine nonché di coloro che le usano, indicando un percorso guidato per l’adozione di idonee misure tecniche di sicurezza e di buone prassi d’utilizzo ma, non sostituiscono e non sono alternative alle norme vigenti in materia di igiene e sicurezza del lavoro di cui resta fermo l’obbligo del rispetto e dell’applicazione, siano queste a carattere giuridico (norme sociali o di prodotto) o tecnico (norme tecniche, buone prassi, linee guida).

PREMESSA

RIFERIMENTI NORMATIVI
D.lgs n° 81 del 2008 e s.m.i. (testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro)
Articolo 15 - Misure generali di tutela
Articolo 70 - Requisiti di sicurezza
Articolo 71 - Obblighi del datore di lavoro
Articolo 73 - Informazione, formazione e addestramento
D.lgs 17 del 2010 (recepimento e attuazione della direttiva “macchine” 2006/42/CE)
Art. 3 (Immissione sul mercato e messa in servizio)
Estratto ALLEGATO I “Requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute relativi alla progettazione e alla costruzione delle macchine” e richiamo/confronto con allegato 1 ex D.P.R. 459/1996 (parti in grassetto) (recepimento e attuazione delle precedenti direttive “macchine”)
Norme tecniche di riferimento
UNI EN 12100/2010 - Sicurezza del macchinario - Concetti fondamentali, principi generali di progettazione
UNI EN 13857/2008 - distanze di sicurezza
UNI EN ISO 11111/2010 – Macchinario tessile - Requisiti di sicurezza
UNI EN 1088 - Dispositivi di interblocco associati ai ripari
UNI EN ISO 13849-1/2008 - Parti dei sistemi di comando legate alla sicurezza
SISTEMI DI COMANDO - D.lgs 17/2010
Selezione del modo di comando o di funzionamento
Sicurezza ed affidabilità dei sistemi di comando
Apparecchi elettrosensibili di protezione

ORDITOI SEZIONALI e a BOTTE
TIPOLOGIE DI MACCHINA PRESE IN CONSIDERAZIONE
Orditoi SEZIONALI
Orditoi a BOTTE
GIRASUBBI
TIPOLOGIE DI FUNZIONAMENTO
Funzionamento modo automatico
Funzionamento modalità “ manuale”
Pericoli specifici
Rischi specifici
Requisiti specifici di sicurezza
Aspetti procedurali, organizzativi e gestionali
Informazione, formazione e addestramento

Fonti
INAIL / ASL BI / CGIL / Confcommercio / Altri / 2013

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Ministero dell’Istruzione nota 5 maggio 2021 n. 688

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Nota 5 maggio 2021 n  688

Ministero dell’Istruzione nota 5 maggio 2021 n. 688

Denuncia di infortunio per il personale scolastico positivo al Covid-19 Copertura assicurativa per studenti e insegnanti per infortuni accaduti durante la DAD o la DDI per la parte non in presenza

OGGETTO: Denuncia di infortunio per il personale scolastico positivo al Covid-19 - Copertura assicurativa per studenti e insegnanti per infortuni accaduti durante la didattica a distanza (DAD) o la didattica digitale integrata (DDI) per la parte non in presenza - Chiarimenti Inail.

A riscontro della richiesta di questo Dipartimento, l’Inail ha fornito chiarimenti di interesse per le istituzioni scolastiche che, con la presente, si condividono riassuntivamente con codesti Uffici.

A seguire, le due questioni oggetto di precisazione:

a) la prima riguarda gli obblighi di denuncia cui - stante la sostanziale equiparazione dell’infezione da SARS-Cov-2 in occasione di lavoro all’infortunio sul luogo di lavoro - sono tenuti i dirigenti scolastici in ipotesi di contagio da COVID-19 del personale scolastico, pertanto assoggettato agli adempimenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n.1124, recante “Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”,
b) la seconda riguarda la copertura assicurativa di studenti ed insegnanti in ipotesi di infortunio accaduto durante la didattica a distanza (DAD) o la didattica digitale integrata (DDI) per la parte non in presenza.

a.1) Responsabilità del datore di lavoro

Con provvedimento legislativo (art.42, comma 2, decreto legge 17 marzo 2020, n.18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n.27), l’infezione da SARS-Cov-2 in occasione di lavoro è stata equiparata all’infortunio sul luogo di lavoro. Ad esplicitazione di quanto riportato nella propria circolare n. 13/2020, confermata la riconducibilità alle situazioni di elevato rischio di contagio di tutte le attività lavorative che comportano il costante contatto con il pubblico/l’utenza, l’Inail ha chiarito che insegnanti, dirigenti scolastici, personale ATA, collaboratori scolastici, assistenti amministrativi, tecnici, educatori ed altri, qualora la prestazione lavorativa sia resa in presenza - quindi a presupposto contatto con studenti ed altri soggetti - sono da intendersi esposti ad elevato rischio di contagio.

La responsabilità del datore di lavoro per contagio del personale in occasione di lavoro, tuttavia, è “limitata” alle sole ipotesi di violazione della legge o degli obblighi derivanti dai protocolli e dalle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n.33. L’eventuale responsabilità del datore di lavoro, pertanto, non è conseguenza automatica del contagio del lavoratore in occasione di lavoro, potendo questa derivare - articolo 29-bis del decreto-legge 23/2020 convertito dalla legge 40/2020 - soltanto dall’accertata inosservanza delle prescrizioni contenute nei protocolli nazionali di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19 negli ambienti di lavoro, primo fra tutti, quello sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali o dall’inosservanza dei protocolli e delle prescrizioni regionali.

a.2) Attività lavorative ad elevato rischio di contagio. Criterio della “presunzione semplice”

Altra questione oggetto di chiarimento riguarda l’eventuale obbligo di denuncia/comunicazione, a carico dei dirigenti scolastici, ogni qual volta i dipendenti o gli studenti (quando rientranti nella copertura Inail - laboratori/stage/palestra) risultino positivi al Covid-19.
Sul punto, l’Inail ha precisato che il criterio della c.d. “presunzione semplice” - propria circolare 13/2020 - adottato al fine di superare l’indeterminatezza del momento di contagio, non comporta che tutti i casi di infezione occorsi alle categorie di lavoratori ad elevato rischio di contagio siano automaticamente tutelati e indennizzati dall’Inail, unico Istituto peraltro preposto alla gestione dell’assicurazione pubblica e obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Oltre ogni automatismo dunque, tutti i casi di malattia-infortunio da Covid-19 debbono essere oggetto di rigorosa istruttoria medico-legale, diretta a verificare l’esistenza di elementi gravi, precisi e concordanti in ordine al fatto che il contagio sia avvenuto in occasione di lavoro. Cionondimeno, l’Inail è sempre tenuto a verificare, caso per caso, le circostanze dell’infortunio denunciato, anche in ragione dell’ammissibilità della prova contraria (il contagio, ad esempio, potrebbe essere avvenuto in ambito familiare).
Il datore di lavoro, in conseguenza, non deve effettuare alcuna valutazione in merito alla ricorrenza nel caso concreto della cosiddetta presunzione semplice, né tanto meno in relazione alla sussistenza dell’occasione di lavoro, perché tale attività è riservata dalla legge all’Inail. In tal senso, l’articolo 53, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, stabilisce chiaramente che il datore di lavoro deve presentare la denuncia di infortunio indipendentemente da ogni valutazione circa la ricorrenza degli estremi di legge per l'indennizzabilità.

a.3) Obblighi di denuncia

Per quanto riguarda la denuncia di infortunio, l’assicurazione Inail si basa su regole che tutti i datori di lavoro, dunque anche i dirigenti scolastici, sono tenuti a rispettare. Nello specifico, l’obbligo di presentare per via telematica la denuncia/comunicazione di infortunio, nei casi in cui il personale scolastico risulti positivo al Covid 19, sorge esclusivamente in presenza della prescritta certificazione medica di infortunio, rilasciata dal medico che ha prestato la prima assistenza al lavoratore e soltanto se il dirigente scolastico ne conosce i dati di riferimento.
La denuncia di infortunio deve essere presentata entro due giorni da quello in cui si ha avuto notizia dell’infezione. Il giorno iniziale da considerare è quello successivo alla data in cui il datore di lavoro ha ricevuto dal lavoratore - ai sensi dell’articolo 52, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 - il numero identificativo del certificato di infortunio, la data di rilascio e i giorni di prognosi indicati nel certificato stesso. Se trattasi di giorno festivo, esso slitta al primo giorno successivo non festivo e nei casi di lavoro settimanale articolato su cinque giorni lavorativi, il sabato è considerato normale giornata feriale (v. circolare Inail 21 marzo 2016, n.10).

La violazione dell’obbligo di presentare denuncia di infortunio di cui all’articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 in presenza di un certificato medico di infortunio è oggetto di sanzione amministrativa. Nel caso di infortuni superiori ai tre giorni si applica la sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera r) e dell’articolo 55, comma 5, lettera g), del decreto legislativo n. 81/2008 e, per espressa previsione del comma 6 del medesimo articolo 55, “L'applicazione della sanzione di cui al comma 5, lettera g), con riferimento agli infortuni superiori ai tre giorni, esclude l'applicazione delle sanzioni conseguenti alla violazione dell'articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124”.

L’Inail è tenuto ad istruire il caso di infortunio, non solo in base al certificato medico di infortunio trasmesso dal medico e alla denuncia di infortunio presentata dal datore di lavoro, ma anche su segnalazione del lavoratore, del patronato che lo assiste, nonché dell’Inps, nei casi in cui emerga che l’evento lesivo è da configurare come infortunio-malattia avvenuto in occasione di lavoro e non come semplice malattia. Nei casi suddetti, le sedi dell’Inail sono tenute a chiedere al datore di lavoro, compresi i dirigenti scolastici, di presentare la denuncia di infortunio per il proseguimento dell’istruttoria. Il termine di due giorni di cui all’articolo 53, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, in tale ipotesi decorre dalla data di ricezione della richiesta, sempre trasmessa via PEC.
Fuori da questi due casi (presenza di un certificato medico d’infortunio rilasciato al lavoratore e richiesta di denuncia della Sede Inail), non è ravvisabile alcun obbligo di denuncia/comunicazione in capo ai dirigenti scolastici.

a.4) Denunce per studenti risultati positivi al Covid-19

L’Istituto ha chiarito che l’assicurazione obbligatoria pubblica è prevista - articolo 1, comma 3, n. 28 e dall’articolo 4, comma 1, n. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 - per gli studenti direttamente adibiti alle seguenti attività:

a) esperienze tecnico-scientifiche, esercitazioni pratiche e di lavoro;
b) attività di educazione fisica nella scuola secondaria;
c) attività di scienze motorie e sportive, nonché attività di alfabetizzazione informatica e di apprendimento di lingue straniere con l’ausilio di laboratori nella scuola primaria e secondaria;
d) viaggi di integrazione della preparazione di indirizzo.

Sono quindi esclusi gli infortuni non connessi alla specifica attività per la quale sussiste l’obbligo di legge, così come l’infortunio in itinere - articolo 1, comma 9, e articolo 2, comma 3, del richiamato decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 - occorso nel normale tragitto di andata e ritorno dal luogo di abitazione alla sede della scuola presso cui lo studente è iscritto.

L’Inail ha quindi specificato che esiste una limitazione della tutela assicurativa che non consente, ad oggi, di includervi gli studenti per il contagio da Covid-19 (per le infezioni contratte in occasione di lavoro), quand’anche il medico redigesse, per ipotesi, un certificato medico di infortunio. Resta fermo che, anche nel caso teorico suddetto, il dirigente scolastico dovrebbe presentare, come negli altri casi, la denuncia di infortunio all’Inail poiché l’obbligo in questione sorge per il solo fatto dell’emissione di un certificato medico di infortunio e l’istruttoria in merito all’ammissione a tutela del caso denunciato spetta esclusivamente all’Inail.

b) Infortuni docenti e studenti durante la didattica a distanza

Come noto, la normativa emergenziale emanata per il contenimento dell’epidemia da SARS- CoV-2 ha introdotto lo svolgimento delle prestazioni didattiche a distanza come modalità necessaria per contenere i contagi. A fine di garantire la continuità del diritto all’istruzione, è stata successivamente introdotta la didattica digitale integrata, che prevede l’erogazione a distanza di parte della didattica, tranne nei casi di sospensione dell’attività in presenza.

La didattica a distanza è erogata attraverso il collegamento internet e tramite apposite piattaforme e comporta l’utilizzazione diretta da parte dello studente e dell’insegnante di dispositivi elettronici e elettrici che costituiscono di per sé fonti di esposizione a rischio, esattamente come avviene per le attività di alfabetizzazione informatica e di apprendimento di lingue straniere attuate con l’ausilio di macchine elettriche, già coperte dall’assicurazione Inail (Circolare Inail 17 novembre 2004, n. 79 Alunni di scuole pubbliche e private. Criteri per la trattazione dei casi di infortunio nell’ambito delle lezioni di alfabetizzazione informatica e lingua straniera. Aspetti contributivi). L’Istituto ha precisato che la copertura assicurativa non può che comprendere anche eventuali lezioni di scienze motorie e sportive erogate in DAD.

Per quanto riguarda gli studenti, la copertura assicurativa in caso di didattica a distanza, è la medesima per loro prevista nello svolgimento di esperienze tecnico-scientifiche o esercitazioni pratiche e di lavoro effettuate “in presenza” nelle aule scolastiche o in altro luogo specificatamente individuato, sia nell’ambito dell’attività scolastica tradizionale che nell’ambito dei percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento (Circolare Inail 21 novembre 2016, n. 44 Studenti impegnati in attività di alternanza scuola lavoro. Legge 13 luglio 2015, n.107, commi 33-43. Criteri per la trattazione dei casi di infortunio. Aspetti contributivi).

Per quanto riguarda gli insegnanti, già prima dell’introduzione della DAD, la copertura assicurativa è stata prevista (Circolare Inail 23 aprile 2003, n. 28 Insegnanti e alunni di scuole pubbliche e private. Criteri per la trattazione dei casi di infortunio.

Aspetti contributivi:

a) nelle ipotesi in cui, ai fini dello svolgimento della attività, facciano uso di apparecchi/macchine elettriche (videoterminali, computer, tablet, fotocopiatrici, videoregistratori, proiettori, ecc.), ovvero frequentino un ambiente organizzato ove sono presenti le suddette macchine.
b) come dettato dalle ipotesi particolari previste dall’articolo 1, comma 3, n. 28 e dall’articolo 4, comma 1, n. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, siano direttamente adibiti ad esperienze tecnico-scientifiche, ad esercitazioni pratiche e ad esercitazioni di lavoro.

Si consideri pure che, a seguito della normativa diretta alla dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione - articolo 7, commi 27-32, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n.135 - nelle scuole sono stati introdotti pagelle elettroniche e registro elettronico di classe, che richiedono evidentemente l’utilizzazione abituale da parte degli insegnanti di dispositivi elettronici/informatici.

In ragione di quanto innanzi, allo stato, l’Inail ritiene dunque che per tutti gli insegnanti, in via generalizzata, operi l’obbligo assicurativo - ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 - e che gli stessi siano quindi sempre tutelati in caso di infortunio sul lavoro, sia per l’attività lavorativa in presenza che per la didattica a distanza.

Le materie qui richiamate rivestono indubbia complessità e, tuttavia, contengono elementi conoscitivi utili, per quanto possibile, a “rassicurare” il personale della scuola chiamato ad operare nelle condizioni imposte dall’emergenza pandemica. Si invitano pertanto codesti Uffici a tenere informate le istituzioni scolastiche in merito ai suindicati puntuali ed utili chiarimenti Inail.

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Fonte: Ministero dell’Istruzione 

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Linea guida per le prestazioni di ingegneria antincendio | CNI 2021

ID 13505 | | Visite: 4319 | News Prevenzioni Incendi

Linee guida Ingegneria antincendio

Linea guida per le prestazioni di ingegneria antincendio | CNI 2021

CNI, 05.05.2021 - Documento aggiornato e software applicativo.

Aggiornamento della "Linea guida per le prestazioni di ingegneria antincendio", elaborata dal Gdl Sicurezza CNI (Gruppo Tematico Temporaneo GTT 4), unitamente al software per il calcolo automatico del “valore di riferimento”.

Per la determinazione dell’impegno professionale relativo alle prestazioni in materia di sicurezza antincendio, il gruppo di lavoro GTT.4 del CNI ha formulato la presente linea guida, liberamente derivata da uno studio prodotto dalla Consulta Regionale degli Ordini Ingegneri della Lombardia (CROIL).

Il valore di riferimento calcolato con la presente linea guida può corrispondere al numero di ore equivalenti necessario per l’espletamento delle attività professionali; tale valore di riferimento è comprensivo sia degli oneri connessi all’assunzione della responsabilità del professionista, sia degli oneri accessori e delle spese.

La modulazione (maggiorazione o riduzione) dei parametri ricavati dalla presente linea guida potrà essere demandata alla stima del costo orario della prestazione.

La presente linea guida comprende le prestazioni che possono essere conferite ad un ingegnere nella disciplina della sicurezza antincendio, suddividendole in tre fasi:

FASE 1 Progetto di Prevenzione Incendi
FASE 2 Assistenza alla direzione lavori e adempimenti per la Segnalazione Certificata di Inizio Attività ai fini Antincendio (SCIA)
FASE 3 Adempimenti per l’Attestazione di Rinnovo Periodico di Conformità Antincendio

La presente linea guida, utilizzabile sia dai committenti che dai professionisti, quantifica i parametri corrispondenti all’impegno professionale e specifica le prestazioni di ingegneria antincendio che il committente può richiedere al professionista.

La presente linea guida è quindi da intendersi come utile riferimento per il professionista antincendio, che potrà comunque adottare altre forme di stima discrezionale.

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Fonte: CNI

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Nota VVF n. 6413 del 30.04.2021

ID 13504 | | Visite: 3205 | News Prevenzioni Incendi

SCIA parziale attivit  sanitarie

Nota VVF n. 6413 del 30.04.2021 | SCIA parziale e attestazione di rinnovo periodico attività sanitarie

SCIA parziale e attestazione di rinnovo periodico nelle attività sanitarie

Strutture sanitarie (con ricovero ospedaliero e/o residenziale a ciclo continuativo e/o diurno), case di riposo con oltre 25 posti letto; Strutture sanitarie (con assistenza specialistica in regime ambulatoriale), di superficie > 500 m2.

...

OGGETTO: Strutture sanitarie di cui al decreto del Ministero dell’interno 19 marzo 2015. Segnalazione certificata di inizio attività parziale e attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio. Quesito.

In riscontro al quesito formulato con la nota a margine indicata, si rappresenta, preliminarmente, che l’art. 2 del D.M. 19 marzo 2015 e s.m.i. ha definito un percorso di adeguamento progressivo alle misure di prevenzione incendi per le strutture sanitarie attraverso fasi successive intermedie, per ognuna delle quali deve essere raggiunto un determinato livello di completamento degli interventi previsti.

Alla luce di quanto sopra indicato e del quadro normativo vigente, si ritiene che per la cosiddetta ”SCIA parziale” non debba essere presentata l’attestazione di rinnovo periodico di cui all’art. 5 del D.P.R. 151/2011, in quanto la presentazione della SCIA parziale riferita alla fase successiva di adeguamento alla normativa tecnica di prevenzione incendi, di fatto, assorbe all’obbligo del rinnovo della SCIA precedente. Si rammenta che, allo stato attuale, il D.M. 19 marzo 2015 prevede che la presentazione della SCIA relativa a ciascuna fase successiva di adeguamento alla normativa tecnica debba avvenire entro un termine inferiore ai cinque anni.

Nel caso delle strutture sanitarie che, per l’adeguamento alla specifica normativa tecnica abbiano optato per le procedure ricomprese all’art. 5, comma 2 del D.M. 19 marzo 2015 e s.m.i., in considerazione dell’assenza di fasi intermedie, si ritiene che resti fermo l’obbligo di presentazione dell’attestazione di rinnovo periodico della conformità antincendio entro cinque anni dalla presentazione della relativa SCIA.

[...] Segue in allegato

Fonte: VVF

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Allegato riservato Nota VVF n. 6413 del 30.04.2021.pdf
 
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