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Circolare INL n. 4 del 10 agosto 2022

ID 17325 | | Visite: 2866 | Documenti Sicurezza Enti

Circolare INL n  4 del 10 agosto 2022

Circolare INL n. 4 del 10 agosto 2022 / Prime indicazioni di lavoro trasparenti e prevedibili UE - D.Lgs. n. 104/2022

ID 17325 | 11.08.2022 / In allegato Circolare

Con la circolare n. 4 del 10 agosto 2022 l'Ispettorato Nazionale del Lavoro, d'intesa con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha fornito le prime indicazioni di carattere interpretativo sul D.Lgs. n. 104/2022 – c.d. decreto "trasparenza" – recante "Attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione europea".

La circolare si sofferma principalmente sulle disposizioni del decreto, in vigore dal 13 agosto p.v., che introducono alcune importanti modifiche al D.Lgs. n. 152/1997, integrando gli obblighi informativi connessi alla instaurazione del rapporto di lavoro, anche con riferimento ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di collaborazione c.d. etero-organizzata.

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Schema D.Lgs disposizioni integrative e correttive D.Lgs 31 luglio 2020 n. 101

ID 17311 | | Visite: 2709 | Legislazione Sicurezza

Schema D Lgs modifica D lgs 101 2020

Schema D.Lgs disposizioni integrative e correttive D.Lgs 31 luglio 2020 n. 101

ID 17311 | 09.08.2022 / In allegato Schema di D.lgs Atto n. 412

Update 03.01.2022 / Decreto pubblicato

Decreto Legislativo 25 novembre 2022 n. 203 - Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, di attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.

(GU n. 2 del 03.01.2023)

Entrata in vigore del provvedimento: 18/01/2023

Update 09.08.2022 / Schema

Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, di attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom97/43/Euratom e 2003/122/Euratom, e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.
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Atto del Governo n. 412

Stato iter: In corso di esame
Trasmissione: Trasmesso ai sensi dell' Articolo 20 della legge 4 ottobre 2019, n. 117
Annuncio all'Assemblea: 9 agosto 2022
Assegnazione ed esito:
XII Affari Sociali (Assegnato il 9 agosto 2022 - Termine il 18 settembre 2022)
XIV Politiche dell'Unione Europea (Assegnato il 9 agosto 2022 ai sensi ex art.126,co.2 - Termine il 18 settembre 2022)
V Bilancio (Assegnato il 9 agosto 2022 ai sensi ex art. 96-ter,co.2 - Termine l'8 settembre 2022)
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Il decreto legislativo reca disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, con cui è stata data attuazione alla direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti e che ha comportato, a decorrere dal 27 agosto 2020, l’abrogazione del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230.

Le modifiche sono volte a recepire specifiche osservazioni formulate dalla Commissione europea nella nota Ares (2021)2442716 del 9 aprile 2021, nonché a risolvere situazioni di criticità che si sono verificate nella prima fase di attuazione del d.lgs.101/2020 e a correggere refusi e incongruenze editoriali della prima stesura.

L’adozione del decreto legislativo, inoltre, introduce chiarimenti, precisazioni ed integrazioni utili a garantire la piena conformità dell’ordinamento nazionale alla direttiva 2013/59/Euratom e chiudere la procedura di infrazione n. 2018/2044, avviata a suo tempo dalla Commissione europea per il mancato recepimento della direttiva 2013/59/Euratom ed attualmente allo stadio di messa in mora ex art. 260 TFUE.

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Fonte: Camera dei Deputati

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Attrezzature di lavoro e prevenzione degli infortuni

ID 17254 | | Visite: 2792 | Documenti Riservati Sicurezza

ID 17254 Attrezzature di lavoro prevenzione infortuni

Attrezzature di lavoro e prevenzione degli infortuni / Luglio 2022

ID 17254 | 02.08.2022 / In allegato

Documento di approfondimento con lo scopo di fornire agli auditor un contributo operativo in materia di attrezzature di lavoro, un ambito trasversale caratterizzato da riferimenti normativi tra i quali può non essere sempre semplice orientarsi, dovendo tener presente quanto declinato sia dalle direttive di prodotto sia da quelle "sociali".

A partire dal 1955, l’emanazione del DPR 547, secondo l’impostazione classica, vedeva nell’utilizzatore finale di una macchina, in caso di infortunio, l’unico "colpevole" da ricercare. Quest’approccio, decisamente ancora valido per gli aspetti legati alle responsabilità dei Datori di Lavoro, si è poi evoluto nel tempo, a partire dalla maggior consapevolezza dei diritti dei consumatori, con l’introduzione del concetto di "prodotto difettoso" con responsabilità a carico dei fabbricanti e con l’introduzione di Leggi orientate alla tutela dei lavoratori nella catena progettazione - costruzione - commercializzazione - installazione - uso e manutenzione di un macchinario.

Le fonti legislative da citare sono essenzialmente il DPR 224 del maggio 1988 ("Attuazione della Direttiva CEE n. 85/374 in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi"), la Direttiva Europea 2001/95/CE ("Direttiva Generale Sicurezza Prodotti") e, infine, non in forma esclusiva, la Direttiva Macchine, che, a partire dal 1989 (Direttiva UE/89/392), fino a quella attualmente in vigore (2006/42/CE), ha introdotto il principio di responsabilità specifica del costruttore. Non per ultimo va citato il D.Lgs. 81/08 del 9 aprile 2008, attuazione dell’art. 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, senza dimenticare la specifica normativa prevista in materia di sorveglianza del mercato per garantire l’applicazione corretta ed uniforme della Direttiva Macchine a tutela della salute degli operatori nei vari settori produttivi (D.Lgs. 17/10 del 27 gennaio 2010).

È in tale contesto normativo che si "interlacciano" tra loro le responsabilità dei costruttori di macchine e degli utilizzatori. A "cascata" occorre quindi districarsi tra i concetti "normativo-giuridici" relativi al processo di valutazione della conformità di una macchina, agli obblighi dei soggetti coinvolti (dal datore di lavoro fino ai dipendenti dell’azienda utilizzatrice della macchina stessa), all’immissione in commercio, alle violazioni, alle contestazioni e alle relative sanzioni da parte dell’Autorità preposta. Tali sanzioni che possono essere non solo di natura amministrativa, ma anche penale, fino ad arrivare alla possibilità di ritiro dal mercato della macchina o attrezzatura valutata come "non conforme" o addirittura alla responsabilità amministrativa degli enti di cui al 25 septies del D.Lgs. 231/01.

Gli spunti descritti nel presente documento sono riferibili al processo di valutazione della conformità di macchine/attrezzature di lavoro negli audit condotti dagli Organismi di Certificazione, Ispezione e Prodotto, nei seguenti ambiti/schemi:

ID 17254 schema ambito

Per tutti gli schemi riportati, direttamente e/o indirettamente, esistono requisiti specifici per manutenere le apparecchiature necessarie per il funzionamento dei processi.

Nella tabella a seguire, si riportano i riferimenti alle citate norme tecniche / leggi applicabili alle attrezzature di lavoro. Inoltre, si puntualizza che i documenti citati non hanno carattere necessariamente esaustivo, infatti, per il singolo contesto / settore / schema / documento normativo possono essere applicabili anche ulteriori riferimenti tecnico/giuridici.

ID 17254 riferimenti normativi

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segue in allegato

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UNI 2022
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Dati INAIL 07/2022 - Andamento infortuni sul lavoro e malattie professionali

ID 17269 | | Visite: 3728 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Dati INAIL 07 2022

Dati INAIL 07/2022 - Andamento infortuni sul lavoro e malattie professionali

Nel 2021 meno contagi sul lavoro da Covid-19, ma sono aumentati infortuni e casi mortali “tradizionali”

Dopo la presentazione della Relazione annuale a Montecitorio, il nuovo numero del periodico Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, analizza nel dettaglio l’andamento infortunistico e tecnopatico, che continua a essere fortemente condizionato dalla pandemia.

Il nuovo numero del periodico statistico Dati Inail è dedicato ai dati sull’andamento di infortuni e malattie professionali contenuti nella Relazione annuale 2021 dell’Istituto, presentata lo scorso 25 luglio alla Camera dei deputati. L’analisi della Consulenza statistico attuariale (Csa), in particolare, conferma il forte impatto della pandemia sul trend infortunistico. Come illustrato dal presidente Bettoni a Montecitorio, infatti, il decremento dell’1,4% delle denunce rilevato nel 2021 rispetto all’anno precedente, da 572.191 a 564.089 infortuni, e il calo del 19,2% dei casi mortali, da 1.684 a 1.361, sono dovuti esclusivamente alla significativa contrazione dei contagi sul lavoro da Covid-19, anche se i dati provvisori del 2022 indicano una recrudescenza del fenomeno. Al netto dei casi da contagio, nel 2021 gli infortuni denunciati all’Inail sono aumentati rispetto all’anno precedente di circa il 20% e i casi mortali di quasi il 10%.

Le infezioni di origine professionale sono passate da 150mila a 50mila. Se nel 2020 le numerosissime denunce da contagio hanno ridimensionato nel saldo complessivo il calo delle denunce “tradizionali” e, viceversa, la forte letalità del virus nelle sue prime varianti ha aggravato il confronto 2020-2019 nei casi mortali, nel 2021 si è assistito a una notevole diminuzione dei contagi di origine professionale (passati dai quasi 150mila del 2020 a circa 50mila), compresi quelli con esito mortale (da circa 600 a circa 200), a fronte di una ripresa delle denunce tradizionali. Aumento, quest’ultimo, con una componente di “rimbalzo” rispetto ai dati del 2020, caratterizzato dal rallentamento, se non blocco totale, di molte attività produttive e dal massiccio ricorso allo smart working, con una conseguente e consistente riduzione degli infortuni tradizionali avvenuti sia in occasione di lavoro sia in itinere, nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro.

Con la ripresa delle attività torna a crescere il “rischio strada”. La riduzione dell’1,4% delle denunce in complesso è sintesi, però, di due andamenti differenti per le due modalità di accadimento degli infortuni. Quelli in occasione di lavoro (oltre 480mila) sono infatti diminuiti del 5,2%, nonostante la presenza delle nuove denunce da Covid-19, mentre quelli in itinere (circa 84mila) sono aumentati del 27,5%. L’incremento del “rischio strada” nel 2021 si conferma anche tra gli infortuni in occasione di lavoro, dove i quasi 16mila incidenti che hanno coinvolto mezzi di trasporto, come quelli guidati da camionisti e tassisti, sono stati oltre duemila in più rispetto al 2020 (+17,4%).

Quasi la metà dei decessi sono avvenuti “fuori dell’azienda”. Gli infortuni riconosciuti sul lavoro nel 2021 sono stati 349.643 (il 62% del totale delle denunce), di cui circa il 17,4% avvenuto “fuori dell’azienda”, cioè “in occasione di lavoro con mezzo di trasporto” o “in itinere”. Prendendo in considerazione solo i casi mortali, la stessa percentuale sale al 43,5%. Dei 1.361 decessi denunciati nel 2021, infatti, alla data dello scorso 30 aprile ne sono stati accertati positivamente 685 (57 sono ancora in istruttoria), di cui 298 avvenuti “fuori dell’azienda”. Le percentuali di riconoscimento degli infortuni da Covid-19 hanno raggiunto circa l’88% nel 2020 e il 70% nel 2021 (66% e 53% per i casi mortali). Come ricordato dalla Csa, per la definizione finale delle conseguenze di un infortunio in termini di menomazione, e a maggior ragione per quelli da contagio professionale, è necessario tuttavia un adeguato periodo di tempo per la stabilizzazione dei postumi.

In occasione di lavoro l’86,2% degli infortuni riconosciuti. Quasi nove infortuni su 10 (86,2%) dei casi riconosciuti nel 2021 hanno riguardato infortuni avvenuti in occasione di lavoro, una quota superiore a quella registrata negli anni precedenti la pandemia per effetto della concentrazione in questa modalità di accadimento dei contagi da Covid-19 di origine professionale, caratterizzati da percentuali di riconoscimento più elevate. Di conseguenza nel 2021 resta più bassa rispetto agli anni pre-pandemia la quota di infortuni in itinere accertati positivamente, pari al 13,8% del totale, percentuale comunque in ripresa rispetto a quella del 2020 (10,2%), su cui hanno inciso i blocchi alla circolazione stradale e il ricorso al lavoro agile.

L’incremento delle malattie professionali denunciate è del 22,8%, il 69% riguarda l’apparato muscolo-scheletrico. I dati del 2021 indicano un notevole aumento delle denunce di malattia professionale rispetto al 2020, “depresso” dall’emergenza sanitaria anche nel ricorso alla tutela assicurativa delle tecnopatie. Le denunce di patologie lavoro-correlate nel 2021 sono state poco più di 55mila, in crescita del 22,8% rispetto alle circa 45mila del 2020 e in calo del 9,8% rispetto alle oltre 61mila del 2019. L’aumento ha riguardato, tra le altre, le malattie muscolo-scheletriche, che con poco più di 38mila casi, pari al 69% di tutte le denunce protocollate nel 2021, hanno registrato un +24,8% sul 2020, quelle del sistema nervoso, soprattutto sindromi del tunnel carpale, che sono state quasi settemila (+22,6%), le ipoacusie (circa quattromila, +22,1%) e i tumori (circa 1.800, +5,9%), mentre le patologie respiratorie denunciate sono state poco meno di 1.800, in calo dell’8,1% rispetto all’anno precedente.

I lavoratori ammalati sono più di 38mila. Dall’analisi territoriale emergono aumenti delle malattie denunciate in tutte le aree del Paese. L’incremento maggiore è quello rilevato nel Nord-Est (+29,3%) seguito da Sud (+26,4%), Nord-Ovest (+22,9%), Centro (+22,2%) e Isole (+6,2%). A livello regionale gli aumenti più significativi hanno interessato la Provincia autonoma di Bolzano (+75,4%), il Molise (+60,9%), la Puglia (+48,3%), la Basilicata (+43,2%) e il Piemonte (41,2%). La percentuale di riconoscimento della causa professionale dei casi protocollati nel 2021 al momento è pari al 37,2%, mentre il 5,7% è ancora “in istruttoria”. Il numero di denunce si riferisce a quello delle patologie segnalate e non a quello dei soggetti che le hanno denunciate, che sono oltre 38mila, di cui il 40,3% con causa professionale riconosciuta. I lavoratori con malattia asbesto-correlata riconosciuta sono stati 948, quelli deceduti nel 2021 con riconoscimento di malattia professionale 820 (il 23,6% in meno rispetto all’anno precedente), di cui 154 per silicosi/asbestosi.

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Fonte: INAIL

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Sistema informativo nazionale prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP)

ID 17270 | | Visite: 2089 | News Sicurezza

SINP

Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP)

ID 17270 | 04.08.2022

Sicurezza sul lavoro, firmata una convenzione Inail-Inl e definito il percorso per lo scambio dati con le Regioni

Le due iniziative, promosse nell’ambito del processo di implementazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, con l’obiettivo di rendere più efficace l’azione di contrasto di infortuni e malattie professionali, sono state presentate nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando, e il vicepresidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Michele Emiliano.

In allegato:

Roma 02 agosto 2022- Il direttore generale dell’Inail, Andrea Tardiola, e il direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl), Bruno Giordano, hanno sottoscritto questa mattina a Roma, presso il Conference Center dell’Istituto di via Quattro Novembre, una convenzione di durata quinquennale che punta a rendere più efficace, attraverso l’utilizzo di alcune banche dati Inail, l’attività di vigilanza nell’azione di contrasto agli infortuni e alle malattie professionali. “Per sviluppare buone politiche pubbliche della sicurezza – ha spiegato Tardiola nell’intervento di apertura – è necessario utilizzare meglio i tanti dati che abbiamo già a disposizione. L’accordo tra l’Istituto e l’Inl rappresenta un passaggio formale importante proprio per consentire un utilizzo più proficuo delle informazioni sull’andamento infortunistico”.

Dal Sinp informazioni utili per la pianificazione e valutazione degli interventi. Criteri e obiettivi alla base dell’intesa, firmata alla presenza del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando, del presidente e vicepresidente dell’Inail, Franco Bettoni e Paolo Lazzara, e dei rappresentanti degli organi dell’Istituto, sono stati presentati da Ester Rotoli, direttore centrale Prevenzione dell’Inail. L’accordo rientra tra le attività di rafforzamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (Sinp), istituito dall’articolo 8 del decreto legislativo 81/2008, nell’ottica della sua messa a regime definitiva e per una maggiore condivisione delle informazioni in esso contenute, attraverso il potenziamento del coordinamento delle istituzioni. Nello spirito del dettato normativo, il Sinp deve fornire dati utili per la pianificazione e valutazione dell’efficacia delle attività di prevenzione di infortuni e malattie professionali relativamente ai lavoratori, iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici.

Giordano: “Scritta una pagina storica della prevenzione”. Un altro obiettivo del Sinp è quello di contribuire, con l’utilizzo delle informazioni disponibili, alla programmazione e valutazione delle attività ispettive, anche attraverso l’integrazione con archivi specifici e banche date unificate. A questo proposito il direttore dell’Inl, Bruno Giordano, ha sottolineato che quella scritta oggi è “una pagina storica della prevenzione. Dopo aver atteso per anni l’avvio del Sinp, infatti, con l’avvio di questa collaborazione informatica portiamo a realizzazione l’ultimo dei più importanti tasselli previsti dal Testo unico sulla salute e sicurezza del 2008, che ci consentirà di migliorare l’attività ispettiva. La vigilanza, infatti, è innanzitutto programmazione, analisi dei dati, studio dei contratti e del mercato del lavoro”.

Emiliano: “È un salto evolutivo straordinario”. Nell’ambito del Sinp, l’Inail avvierà un percorso di collaborazione per lo scambio dati anche con le Regioni e le Province autonome. L’obiettivo dell’iniziativa, illustrata insieme a Michele Emiliano, vicepresidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, è quello di implementare ulteriormente i flussi informativi già scambiati con l’Istituto sull’andamento degli infortuni e delle malattie professionali, allo scopo di rendere più efficaci le azioni di prevenzione e vigilanza sul territorio. “Questo sistema – ha detto Emiliano – permetterà una serie di ricerche che consentiranno di spiegare il perché di alcune ispezioni, al fine di garantire anche il principio di trasparenza. È un salto evolutivo straordinario, un elemento di modernizzazione di tutto il sistema dei controlli, che non abbassa la guardia e garantisce anche il principio della concorrenza delle imprese”.

Orlando: “Superata la gelosia del dato tipica della pubblica amministrazione”. Anche per il ministro del Lavoro “con la convenzione tra Inail e Inl si compie un passo avanti molto importante, che senza il contributo delle Regioni non sarebbe stato possibile. Il rammarico è non averlo fatto prima, visto che la previsione normativa risale a 14 anni fa, ma dobbiamo anche essere consapevoli del fatto che oggi lo sviluppo dell’intelligenza artificiale consente una serie di applicazioni e utilizzi di questi dati di grandissima portata”. Per Orlando, “si tratta di un patrimonio enorme, che rompe anche la gelosia del dato tipica della pubblica amministrazione, una ritrosia che una volta messa da parte permette di avere ispezioni intelligenti e qualificate. Le ricadute non saranno immediate, ma stiamo costruendo un sistema con cui possiamo guardare con più fiducia al futuro”.

I servizi Flussi informativi e Cruscotto infortuni. Come illustrato da Silvia D’Amario, coordinatrice generale della Consulenza statistico attuariale Inail, l’accordo con l’Inl disciplina le modalità di accesso alle informazioni contenute negli archivi e nelle banche dati dell’Istituto relative alle imprese assicurate e alle denunce di infortunio e malattia professionale. Il servizio Flussi informativi, in particolare, permette la consultazione delle informazioni relative alle aziende assicurate con l’Inail e agli infortuni e alle malattie di origine professionale, mentre il servizio Cruscotto infortuni raccoglie i dati che riguardano le denunce di infortunio pervenute telematicamente all’Istituto a partire dal 23 dicembre 2015 e quelli relativi alle comunicazioni di infortunio effettuate dal 12 ottobre 2017, ai soli fini statistici e informativi, da tutti i datori di lavoro e i loro intermediari, compresi i datori di lavoro privati di lavoratori assicurati presso altri enti o con polizze private.

Il Registro delle esposizioni. Attraverso il Registro delle esposizioni, inoltre, l’Inl potrà accedere ai dati dei Registri di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni e ad agenti biologici, che riguardano gli agenti utilizzati, i lavoratori esposti, l’attività svolta dal dipendente e il valore dell’esposizione in termini di intensità, frequenza e durata, con l’obiettivo di pianificare l’attività di vigilanza e le politiche di prevenzione a livello epidemiologico, anche nell’ottica di un completo programma di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali nei luoghi di lavoro.

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Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP)

Istituito dall’articolo 8 del decreto legislativo 81/2008, il Sistema informativo nazionale per la prevenzione (Sinp) si configura come una banca dati di supporto alle politiche e alle strategie prevenzionali, aperta alla condivisione di informazioni - in forma aggregata e in modalità anonima - riguardanti aziende, infortuni e malattie professionali, rischi e ispezioni. La recente riforma del 2021, intervenuta con la legge 215 e con altri decreti ministeriali, ha previsto il rafforzamento tecnico e interistituzionale del Sinp, in una visione di semplificazione gestionale e di maggiore operatività funzionale.

Gli obiettivi del Sistema informativo

Secondo il dettato normativo, il Sinp deve fornire dati utili a pianificare e valutare l’efficacia dell’attività di prevenzione di infortuni e malattie professionali relativamente ai lavoratori iscritti o meno a enti assicurativi pubblici. Un’altra finalità è quella di contribuire a programmare e valutare, ai fini del coordinamento statistico e informativo dei dati della pubblica amministrazione, le attività di vigilanza con l’utilizzo delle informazioni disponibili, anche attraverso l’integrazione di archivi specifici e la creazione di banche date unificate. A tal fine l’Inail rende disponibili ai Dipartimenti di prevenzione delle Asl e all’Ispettorato nazionale del lavoro i dati relativi alle aziende assicurate e quelli su infortuni e tecnopatie denunciate.

Composizione e gestione tecnica

La riforma del 2021 ha provveduto a ridefinire la struttura dei componenti del Sinp, che oggi è costituito dai ministeri del Lavoro e delle politiche sociali, della Salute, dell’Interno e dal Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio. Vi fanno parte inoltre le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, l’Inps, l’Ispettorato nazionale del lavoro e l’Inail. Si avvale anche del contributo del Cnel e al suo sviluppo sono chiamati a concorrere gli organismi paritetici e gli istituti di settore a carattere scientifico, compresi quelli che si occupano della salute delle donne. La gestione tecnica e informatica del Sistema è affidata all’Inail.

I criteri per l’operatività del Sistema

Con un nuovo decreto interministeriale saranno fissati i criteri e le regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del Sinp e definite le norme per il trattamento dei dati. Questo processo di revisione, previsto dalla riforma, si ispira a tre principi di fondo: l’adempimento dell’obbligo normativo con l’implementazione di sistemi informativi disponibili; l’utilizzo del modello logico dei dati presenti nei “Flussi informativi Inail-Regioni”, già preposto all’analisi di eventi infortunistici e tecnopatici per fini statistici e prevenzionali; lo sviluppo basato sui dati Inail e aperto a rimodulazioni e integrazioni con altre fonti esterne.

I contenuti del Sinp

A regime, i contenuti dei flussi informativi del Sistema debbono riguardare, complessivamente, il quadro produttivo e occupazionale e quello dei rischi, anche in un’ottica di genere; il quadro della salute e della sicurezza dei lavoratori, con i dati su eventi lesivi, morbosi e mortali, e quello degli interventi di prevenzione messi in atto dalle istituzioni preposte sulla base di piani centrali e territoriali; il quadro degli interventi di vigilanza, con i dati sulle violazioni accertate in sede di ispezione, e infine la comunicazione degli infortuni sotto la soglia indennizzabile, vale a dire quelli con assenza dal lavoro di almeno un giorno.

I dati Inail per l’implementazione del Sistema informativo

In vista della piena operatività del Sinp, i dati che l’Inail mette a disposizione già da tempo costituiscono una fonte informativa che potrà essere ulteriormente valorizzata all’interno del Sistema. Gli Open Data dell’Istituto, ad esempio, permettono - attraverso un modello di lettura e un’interpretazione corretta delle informazioni a disposizione - di conoscere e approfondire l’andamento di infortuni e malattie professionali. Favoriscono la condivisione dei dati come bene pubblico e risorsa comune, promuovono le relazioni tra stakeholders e forniscono evidenza scientifica al fenomeno infortunistico e tecnopatico. Anche i “Flussi informativi Inail-Regioni”, un archivio di dati statistici condiviso a fini prevenzionali, rappresentano una base informativa riconosciuta di sanità pubblica, utilizzata come supporto dei Piani sanitari nazionali e come riferimento per quelli territoriali di prevenzione. La loro realizzazione ha assicurato uno snodo informativo e di interlocuzione con le Regioni, lo sviluppo del patrimonio informativo pubblico e la condivisione di piani d’azione congiunti.

Fonte: INAIL

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Circolare Inail n. 31 del 3 agosto 2022

ID 17260 | | Visite: 1359 | News Sicurezza

Circolare Inail n. 31 del 3 agosto 2022

ID 17260 | 03.08.2022 / In allegato Circolare

Comunicazioni dei rapporti di lavoro in regime di codatorialità. Modello Unirete. Decreto del Ministro del lavoro 29 ottobre 2021, n. 205. Inquadramento previdenziale e assicurativo. Indicazioni operative.

Con circolare n. 31 del 3 agosto 2022 sono fornite istruzioni operative in relazione ai profili assicurativi di competenza dell’Istituto.

La circolare n. 31 del 3 agosto 2022 fornisce indicazioni operative relativamente ai rapporti di lavoro in regime di codatorialità, con particolare riferimento all’inquadramento previdenziale e assicurativo, ai relativi adempimenti e agli adempimenti nei confronti dell’Inail per l’assicurazione dei lavoratori in codatorialità e in distacco presso un’impresa retista.

È, infatti, chiarito che l’impresa indicata come datore di lavoro di riferimento è quella alla quale è imputato ai fini previdenziali e assicurativi il lavoratore in codatorialità ed è, quindi, considerata datore di lavoro a tutti gli effetti e tenuta ad assolvere tutti gli obblighi previsti per l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali.

Infine, con la circolare sono indicate le regole per la determinazione dei premi dovuti e i profili operativi connessi alla responsabilità solidale, nonché sono fornite tutte le istruzioni da seguire in caso di infortunio e di malattia professionale.

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Fonte: INAIL

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L'incendio del cinema Statuto

ID 17256 | | Visite: 4957 | News Prevenzioni Incendi

L incendio del cinema Statuto   Torino  13 febbraio 1983

L'incendio del cinema Statuto / Torino, 13 febbraio 1983

ID 17256 / 02.08.2022 / Documenti in allegato

Allegato Quaderni di Storia pompieristica Stati Generali Eredità Storiche(S.G.E.S.)

L'incendio del Cinema Statuto, situato in prossimità dell'omonima piazza, fu un tragico evento, avvenuto a Torino la sera del 13 febbraio 1983, che provocò la morte di 64 persone, principalmente per intossicazione da fumi.

Durante la proiezione del film La capra, delle fiamme si sarebbero propagate in sala partendo da una tenda: le vittime, sebbene avessero tentato la fuga, trovarono le uscite di sicurezza chiuse, non riuscendo così a scampare alle esalazioni di ossido di carbonio e acido cianidrico prodotte dalla combustione del poliuretano espanso delle poltrone, dal rivestimento plastico delle lampade e dai tendaggi alle pareti.

È considerata la più grande strage verificatasi a Torino dal secondo dopoguerra oltreché, a livello nazionale, punto di svolta circa la revisione delle normative in materia di sicurezza nei locali pubblici.
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Intorno alle 18:15, qualcosa innescò una fiammata – i sopravvissuti riferiranno di aver udito un tonfo sordo, simile all’accensione di una stufa – che poi gli inquirenti accerteranno essere stata causata da un cortocircuito. La fiammata incendiò una tenda adibita a separare il corridoio di accesso di destra dalla platea; la caduta di questa innescò l’incendio delle poltrone delle ultime file, tagliando in questo modo un’importante via di fuga che, comunque, alcuni riusciranno ugualmente a guadagnare.
Gli spettatori presenti, in preda al panico, si diressero in massa verso le sei uscite di sicurezza laterali, le quali, però, erano state tutte chiuse tranne una, su iniziativa del proprietario, che aveva voluto così contrastare i frequenti ingressi di spettatori non paganti. Dall’esterno, i passanti cominciarono a udire le urla e le richieste di aiuto, mentre alcuni spettatori della platea riuscirono a raggiungere l’atrio della biglietteria.

A questo punto si verificarono una serie di errori legati alla gestione dell’emergenza nei primi minuti e che risulteranno determinanti: venuta a mancare l’illuminazione principale, non furono accese le luci di sicurezza tramite l’interruttore ausiliario ubicato dietro la cassa e, secondo la ricostruzione la proiezione non fu interrotta, nel tentativo di contenere il panico. Le conseguenze, purtroppo, furono catastrofiche, poiché in galleria il pericolo fu percepito, solo quando questa fu invasa dal fumo. In preda al panico e in ritardo, gli spettatori della galleria si diedero alla fuga: alcuni si diressero verso l’accesso di sinistra che dava sull’atrio, ma era troppo lontano e nessuno riuscì a raggiungerlo – solo in questo punto si conteranno quasi 40 morti; un’altra parte del pubblico, invece, si diresse nel corridoio di destra, che però portava agli angusti ambienti dei servizi igienici, dai quali non riuscirono più a uscire. Altri spettatori vennero trovati morti ancora seduti in poltrona. Comune a tutte le vittime, il viso annerito dal fumo tossico scatenato dall’incendio, che aveva trasformato la galleria in una sorta di camera a gas soffocando i presenti in meno di un minuto.
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L’incendio del cinema statuto provocò una forte emozione nell’opinione pubblica, tant’è che legislatori e tecnici si unirono in maniera più convinta per una completa rivisitazione e una reale attuazione della Norma Tecnica della Prevenzione Incendi.

Le perizie successive alla tragedia dimostrarono, anche con simulazioni a cui parteciparono gli stessi sopravvissuti, che le cause dell’incendio andavano oltre le responsabilità dei singoli: venne messo in dubbio l’intero sistema di leggi vigenti in materia di sicurezza, su scala nazionale, nell’Italia dei primi anni 1980, redatte in maniera superficiale e altrettanto superficialmente mal applicate. In quegli anni:

le porte con maniglione antipanico erano poco diffuse e non ancora obbligatorie, al pari di altri sistemi di prevenzione quali i rilevatori antincendio;
i locali erano generalmente dotati di impianti elettrici in gran parte datati – non autoestinguenti- e, come nel caso del Cinema Statuto, la certificazione sui rivestimenti dei sedili si limitava all’accertamento delle proprietà ignifughe, soprassedendo quindi, in materia di fuoco, su altre possibili fonti di pericolo quali i fumi e le esalazioni tossiche: «Tessuto ignifugo autorizzato dallo Stato. Sull’etichetta c’era scritto: “Produce fumo”. […] Sprigionava acido cianidrico. In galleria sono morti nel giro di quaranta secondi».

Le vittime dell’incendio torinese perirono in un luogo che, paradossalmente, sulla carta rispettava tutte le norme di sicurezza richieste all’epoca dalla legge – persino la circostanza della chiusura della maggior parte delle uscite d’emergenza non violava la normativa del 1983, la quale prescriveva, in modo generico, che queste fossero «apribili» senza tuttavia specificare come e da chi: «”Apribile”, in questa accezione, significa semplicemente che non devono essere “murate”. Anche una porta chiusa a chiave è “apribile”, basta avere la chiave…» riferirà un funzionario dei vigili del fuoco al quotidiano La Stampa.

Dal successivo processo emerse la causa accidentale del rogo – pur se inizialmente s’ipotizzò la mano di un piromane, dato che pochi mesi prima, nel giugno del 1982, in appena una settimana, tre cinema della città erano rimasti vittima di atti similari. Undici persone furono imputate e, di queste, sei condannate per aver concorso alla concatenazione di eventi e per le manchevolezze culminate nell’omicidio colposo plurimo. Il proprietario Raimondo Capella fu condannato a otto anni in primo grado, poi ridotti a due in appello con sentenza definitiva, oltreché a risarcire i 250 parenti delle vittime, costituitisi parte civile, con una somma di 3 miliardi di lire del 1985, che gli costò il sequestro e la successiva vendita di tutti i beni posseduti.

Tra gli altri imputati, il geometra Amos Donisotti, il quale aveva supervisionato i lavori di ristrutturazione dell’esercizio (così come aveva fatto in altri incarichi del genere in oltre un centinaio di cinema della provincia torinese), fu condannato a sette anni, il tappezziere Antonio Ricci e l’operatore Antonio Iozza a quattro, mentre risultò assolto l’elettricista con la motivazione dell’insufficienza di prove; pene poi ridotte in appello, mentre in seguito la cassazione concesse la prescrizione agli imputati rimasti.

Procura generale della Corte dei Conti

Per l'incendio al cinema ''Statuto'' di Torino, la Procura generale della Corte dei Conti chiede i danni alla commissione provinciale di vigilanza: i componenti saranno chiamati a pagare in favore dell'erario 7 miliardi e 226 milioni e 35 mila lire e dell'amministrazione comunale 500 milioni di lire, oltre agli interessi legali e alle spese giudiziarie.

Sulla base delle risultanze emerse nel corso dei processi penali gia' definiti per l'incendio sviluppatosi nel cinema torinese il 13 febbraio 1983, dove persero la vita 64 persone, i giudici dell'organo contabile, che oggi hanno depositato la sentenza, sostengono che da parte della commissione di vigilanza ''sarebbe bastato un minimo di diligenza per evitare l'immane tragedia ed il notevole danno subito dall'Erario per il risarcimento pagato alle vittime''.

Nell'atto di citazione della Procura generale della Corte dei Conti, si afferma che ''il danno sofferto dall'Erario e' derivato da un provvedimento di un organo collegiale nell'ambito del quale tutti i componenti sono legati da una responsabilita' di tipo solidale ed inscindibile... per il solo fatto di aver deliberato il nulla-osta all'esercizio dell'attivita' cinematografica, che fu concausa della luttuosa evenienza''. 

Allegato / Stati Generali Eredità Storiche” (S.G.E.S.),

La stampa 3d e le implicazioni per la salute dei lavoratori

ID 17246 | | Visite: 1570 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

La stampa 3d e le implicazioni per la salute dei lavoratori

La stampa 3d e le implicazioni per la salute dei lavoratori

ID 17246 | 02.08.2022 / Fact sheet INAIL 2022

La stampa 3d e le implicazioni per la salute dei lavoratori: lavorare in sicurezza con le nuove tecnologie

Il crescente utilizzo della stampa 3D tra i processi di produzione innovativi sottolinea la necessità di valutare e gestire l’impatto sui lavoratori dell’esposizione alle polveri di dimensione nanometrica, composti organici volatili (VOCs) emessi durante la stampa e altri inquinanti derivati dalla fabbricazione di un prodotto tramite questi processi di produzione (manifattura additiva).

L’obiettivo principale di questo prodotto editoriale è quello di fornire una panoramica delle conoscenze attualmente disponibili sulla problematica relativa ai potenziali rischi connessi alla stampa 3D, ancora poco conosciuti, e sulla necessità di adottare adeguate misure di prevenzione e protezione.

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Fonte: INAIL

Pre.Vi.S.: Sistema di monitoraggio dei fattori di rischio lavorativo attraverso l'attività di vigilanza

ID 16909 | | Visite: 2674 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Previs INAIL 2022

Pre.Vi.S.: Sistema di monitoraggio dei fattori di rischio lavorativo attraverso l'attività di vigilanza

ID 16909 | 23.06.2022 / Modello Pre.Vi.S. INAIL 2022 in allegato

Il modello di analisi Pre.Vi.S (Prevenzione, Vigilanza e Soluzioni) è stato definito con lo scopo di registrare i fattori di rischio presenti nei luoghi di lavoro e gli interventi prescritti che emergono dall’attività di vigilanza degli Ufficiali di Polizia Giudiziaria (UPG) delle ASL.

L’analisi viene effettuata, dunque, su ogni singolo verbale di prescrizione redatto in fase di sopralluogo in azienda e fornito al sistema Pre.Vi.S privo di dati sensibili. Ogni verbale può contenere una o più violazioni e ogni violazione, a sua volta, può avere ad oggetto più problematiche specifiche.

Nell’ambito del progetto ‘L’approfondimento dei fattori di rischio lavorativi e l’individuazione delle soluzioni per le aziende attraverso le attività di vigilanza e assistenza da parte delle Istituzioni’, sostenuto dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) del Ministero della salute e coordinato dalla sezione Sistemi di sorveglianza e gestione integrata del rischio del Dimeila Inail in collaborazione con le Asl di Regioni e Province Autonome, è stato effettuato lo studio pilota per l’applicazione del modello Pre.Vi.S attraverso la rilevazione e l’analisi dei verbali di prescrizione redatti negli anni 2017 e 2018 dalle unità operative territoriali.

Tale sperimentazione è stata condotta a seguito dello studio di fattibilità di un precedente progetto CCM dal titolo ‘Il Sistema Infor.Mo per la sorveglianza dei fattori di rischio infortunistico e per la programmazione degli interventi di prevenzione’, sempre in collaborazione con le Asl di alcune Regioni e Province Autonome, che aveva consentito di mettere a punto il primo modello di rilevazione Pre.Vi.S.

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Indice

Introduzione

IL SISTEMA DI MONITORAGGIO DEI FATTORI DI RISCHIO LAVORATIVO ATTRAVERSO L’ATTIVITÀ DI VIGILANZA
L’attività di indagine e vigilanza per il monitoraggio dei fattori di rischio
Il sistema Pre.Vi.S: prevenzione, vigilanza e soluzioni
Strumenti e metodi
L’organizzazione della rete per l’analisi dei fattori di rischio
I dati dei verbali e delle violazioni
La tipologia del sopralluogo
I settori economici delle aziende ispezionate
Il soggetto contravventore
Le violazioni riscontrate
I fattori di rischio, i pericoli e gli interventi prescritti
I fattori di rischio
Gli interventi tecnici, procedurali e gestionali
La famiglia dei pericoli

LEGENDE
Legende

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Fonte: INAIL

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Procedura spazi confinati | Ispezione/Verifica Impianti/Attrezzature

ID 8515 | | Visite: 29225 | Documenti Riservati Sicurezza

Procedura Spazi Confinati

Procedura Spazi Confinati | Ispezione e Verifica Impianti ed Attrezzature

ID 8515 | 07.06.2019

Elaborata Procedura e Check list (in allegato) per verifiche ed ispezioni di imprese appaltatrici prima delle attività in spazi confinati in similitudine alla procedura del servizio PSAL di Pavia che ha redatto una specifica procedura per i propri operatori (lavoratori ai sensi D.L.gs 81/08) per le sole attività di ispezione e vigilanza.

Tra Committente e Impresa appaltatrice/Operatori deve avvenire un interscambio di informazioni completo e corretto e adottata una procedura di lavoro ai sensi dell'Art. 3 c. 3 del DPR n. 177/2011.

In questo contesto, il seguente Figura illustra uno schema di interscambio di informazioni tra Committente e Impresa appaltatrice/Operatori, dal lato Impresa appaltatrice con la richiesta di informazioni al Committente secondo la Check list 1, e verifica degli Operatori incaricati con la Check list 2. Oltre alla Check list 2 al momento dell'attività dovranno già essere elaborat i Documenti:

- Valutazione dei rischi Art. 2 c. 1a DPR 177/2011 
- Procedura Art. 3 c.3 DPR 177/2011 
- Permesso di lavoro UNI 10449 (buona tecnica)

Per questi ultimi 3 aspetti vedasi:

DVR & Procedure Spazi confinati
UNI 10449 e Modello di Permesso di lavoro 

A seguire chi può effettuare lavori in ambienti confinati:

Imprese lavori ambienti confinati

(*) Contratti dei lavoratori devono essere certificati / Contratto di appalto NO certificazione
(**) Contratti di subappalto devono essere certificati
Vedi:
Nota MLPS n. 11649 27 giugno 2013
Nota INL n.694 del 24.01.2024

Fig. 1 - Soggetti qualificati lavori in ambienti confinati

Vedi Circolare INL

Certificazione contratto di appalto e-o subappalto in ambienti confinati

Istanza di richiesta per la certificazione di contratti di appalto/subappalto in ambienti confinati ai sensi artt. 75 e ss. D.Lgs. n. 276/2003.

Sono soggetti all’obbligo di certificazione tutti i contratti di appalto che esternalizzano le attività in luoghi sospetti di inquinamento e/o in luoghi confinati (art. 2, comma 1, lettera c), d.P.R. n. 177/2011)

Vedi Circolare INL.

DPR n. 177/2011
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Art. 2. Qualificazione nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati

1. Qualsiasi attività lavorativa nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati può essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso dei seguenti requisiti:

a) integrale applicazione delle vigenti disposizioni in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e misure di gestione delle emergenze;

b) integrale e vincolante applicazione anche del comma 2 dell’articolo 21 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nel caso di imprese familiari e lavoratori autonomi;

c) presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto;

d) avvenuta effettuazione di attività di informazione e formazione di tutto il personale, ivi compreso il datore di lavoro ove impiegato per attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, specificamente mirato alla conoscenza dei fattori di rischio propri di tali attività, oggetto di verifica di apprendimento e aggiornamento.

I contenuti e le modalità della formazione di cui al periodo che precede sono individuati, compatibilmente con le previsioni di cui agli articoli 34 e 37 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, entro e non oltre 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, con accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le parti sociali;

e) possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e avvenuta effettuazione di attività di addestramento all’uso corretto di tali dispositivi, strumentazione e attrezzature, coerentemente con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e all’allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;

f) avvenuta effettuazione di attività di addestramento di tutto il personale impiegato per le attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, ivi compreso il datore di lavoro, relativamente alla applicazione di procedure di sicurezza coerenti con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e dell’allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;

g) rispetto delle vigenti previsioni, ove applicabili, in materia di Documento unico di regolarità contributiva;

h) integrale applicazione della parte economica e normativa della contrattazione collettiva di settore, compreso il versamento della contribuzione all’eventuale ente bilaterale di riferimento, ove la prestazione sia di tipo retributivo, con riferimento ai contratti e accordi collettivi di settore sottoscritti da organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

2. In relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni. Le disposizioni del presente regolamento si applicano anche nei riguardi delle imprese o dei lavoratori autonomi ai quali le lavorazioni vengano subappaltate.

Art. 3. Procedure di sicurezza nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati

1. Prima dell’accesso nei luoghi nei quali devono svolgersi le attività lavorative di cui all’articolo 1, comma 2, tutti i lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice, compreso il datore di lavoro ove impiegato nelle medesime attività, o i lavoratori autonomi devono essere puntualmente e dettagliatamente informati dal datore di lavoro committente sulle caratteristiche dei luoghi in cui sono chiamati ad operare, su tutti i rischi esistenti negli ambienti, ivi compresi quelli derivanti dai precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro, e sulle misure di prevenzione e emergenza adottate in relazione alla propria attività. L’attività di cui al precedente periodo va realizzata in un tempo sufficiente e adeguato all’effettivo completamento del trasferimento delle informazioni e, comunque, non inferiore ad un giorno.

Schema flusso spazi confinati

Fig. 1 -  Flusso interscambio informazioni generali Committente - Impresa appaltatrice

DPR n. 177/2011

Art. 3. Procedure di sicurezza nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati

1. Prima dell’accesso nei luoghi nei quali devono svolgersi le attività lavorative di cui all’articolo 1, comma 2, tutti i lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice, compreso il datore di lavoro ove impiegato nelle medesime attività, o i lavoratori autonomi devono essere puntualmente e dettagliatamente informati dal datore di lavoro committente sulle caratteristiche dei luoghi in cui sono chiamati ad operare, su tutti i rischi esistenti negli ambienti, ivi compresi quelli derivanti dai precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro, e sulle misure di prevenzione e emergenza adottate in relazione alla propria attività. L’attività di cui al precedente periodo va realizzata in un tempo sufficiente e adeguato all’effettivo completamento del trasferimento delle informazioni e, comunque, non inferiore ad un giorno.

2. Il datore di lavoro committente individua un proprio rappresentante, in possesso di adeguate competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro e che abbia comunque svolto le attività di informazione, formazione e addestramento di cui all’articolo 2, comma 1, lettere c) ed f), a conoscenza dei rischi presenti nei luoghi in cui si svolgono le attività lavorative, che vigili in funzione di indirizzo e coordinamento delle attività svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi e per limitare il rischio da interferenza di tali lavorazioni con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente.

3. Durante tutte le fasi delle lavorazioni in ambienti sospetti di inquinamento o confinati deve essere adottata ed efficacemente attuata una procedura di lavoro specificamente diretta a eliminare o, ove impossibile, ridurre al minimo i rischi propri delle attività in ambienti con- finati, comprensiva della eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco. Tale procedura potrà corrispondere a una buona prassi, qualora validata dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera v), dedecreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

4. Il mancato rispetto delle previsioni di cui al presente regolamento determina il venir meno della qualificazione necessaria per operare, direttamente o indirettamente, nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati.

Procedura

1. Introduzione
Come sopra anticipato, Il servizio PSAL di Pavia ha provveduto a redigere una specifica procedura per i propri operatori per diversi motivi: gli operatori dei servizi PSAL sono in primis dei lavoratori e pertanto devono essere tutelati come prevede il D.L.gs 81/08; gli operatori PSAL nell'esercizio delle proprie funzioni di personale di vigilanza, operando in maniera corretta assolvono l'obbligo etico di dare il buon esempio ed infine, anche se non per minore importanza, le attività a rischio elevato, quali quelle che prevedono l'ingresso all'interno di spazi confinati, necessitano di procedure operative per il controllo e la gestione del rischio.

2. Normativa di riferimento
Norme, linee guida, internazionali e nazionali hanno fornito diverse definizioni di spazio confinato e/o sospetto di inquinamento; nella definita procedura del servizio PSAL di Pavia si tiene conto, fondamentalmente, di quanto definito nell’ambito del D.L.gs 81/08 e con riferimento alle aziende oggetto di verifica da parte degli operatori, del d.p.r. 177/2011.

Anche se non è possibile fornire un elenco esaustivo di attività o luoghi con ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento né delle situazioni di pericolo correlate, si riportano alcuni esempi delle situazioni a rischio più probabili. Con riferimento al D.L.gs 81/08 sono definiti:
- ambiente sospetto di inquinamento di cui agli articoli 66 e 121 del D.L.gs 81/08: pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili - ove sia possibile il rilascio di gas deleteri - pozzi, fogne, cunicoli, camini e fosse in genere; 
- ambiente confinato di cui all'allegato IV, punto 3 del D.L.gs 81/08: le tubazioni, le canalizzazioni e i recipienti, quali vasche, serbatoi e simili, in cui debbano entrare lavoratori per operazioni di controllo, riparazione, manutenzione o per altri motivi dipendenti dall’esercizio dell’impianto o dell’apparecchio. Per ambiente confinato e/o sospetto di inquinamento s’intende uno spazio circoscritto, caratterizzato da limitate aperture di accesso e da una ventilazione naturale sfavorevole, in cui può verificarsi un evento incidentale importante, che può portare ad un infortunio grave o mortale, in presenza di agenti chimici pericolosi (ad esempio, gas, vapori, polveri).
Fra essi si possono citare (ad esempio):
- serbatoi di stoccaggio
- silos
- recipienti di reazione
- vasche
- fogne
- fosse biologiche

Altri ambienti che presentano pericoli e rischi ad essi assimilabili sono ad esempio:
- camere con aperture in alto
- depuratori
- camere di combustione nelle fornaci e simili
- canalizzazioni varie
- camere non ventilate o scarsamente ventilate.

Per questi ultimi, non rientranti “nell’elenco di cui agli articoli del D.L.gs 81/08” è ancora più importante lavorare in un’ottica di analisi e valutazione dei rischi a cui possono essere esposti gli operatori.

3. Scopo della procedura
La definizione della procedura di intervento negli spazi confinati da parte di operatori del servizio di vigilanza, ha un duplice scopo:
1. definisce le modalità operative per effettuare le ispezioni e le verifiche di impianti ed attrezzature;
2. si propone di prevenire cause di incidenti e/o infortuni derivanti dall’accesso imprudente, migliorare la qualità dell’intervento e rendere il più possibile omogeneo il comportamento degli operatori dell’U.O.C PSAL definendo anche standard metodologici e qualitativi di riferimento.

4. Materiali e metodi
Per la definizione della procedura è stato prioritariamente formato un gruppo di lavoro costituito dal Direttore PSAL, RLS aziendale (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, appartenente peraltro allo PSAL), ingegnere chimico PSAL, servizio di prevenzione aziendale finalizzato all’approfondimento tematico ed alla raccolta di documentazione utile. Infine con l’obiettivo di condividere tale documento a livello Nazionale si sono sentiti esperti dell’Inail, coautori del presente articolo, in attesa di formalizzare un gruppo di lavoro più ampio per perseguire tale condivisione. I punti di seguito descritti fanno parte integrante del testo della procedura.

4.1 Pianificazione e programmazione delle attività di ispezioni in ambiente sospetto di inquinamento o confinato
La pianificazione e programmazione costituiscono gli strumenti utilizzati dal direttore della U.O.C. PSAL, con il coinvolgimento di tutti gli operatori, per l’espletamento delle attività di ispezioni e/o verifica di impianti ed attrezzature in ambienti sospetti di inquinamento o confinati previa valutazione dell’opportunità di tali interventi. La pianificazione degli interventi del personale tecnico è definita dai coordinatori di sede e tutte le uscite dalla sede di servizio devono essere preventivamente segnalate al rispettivo coordinatore o suo sostituto. Gli operatori addetti alle attività ispettive svolgono i compiti assegnati adottando comportamenti coerenti con l’attività da eseguire e secondo quanto contenuto nella procedura. Gli interventi di ispezione sono effettuati solo da operatori in possesso di idoneità specifica alla mansione ed adeguatamente informati, formati, addestrati.

4.2 Pianificazione e programmazione delle attività di verifica in ambiente sospetto di inquinamento o confinato
Gli interventi di effettuazione di verifiche periodiche sono soggette a richiesta da parte delle aziende. Su indicazioni regionali l’attività di verifica deve essere programmata tenendo conto dei settori considerati prioritari da parte della Regione stessa. Le richieste di verifica che giungono al servizio vengono in primis gestite dal direttore UOC PSAL che, valutata l’opportunità di effettuazione, destina la richiesta al dirigente ingegnere gestore della linea di attività il quale valuterà la procedibilità di ogni singola pratica come da indicazioni contenute in procedura. Tali interventi vengono di norma effettuati da un solo operatore PSAL (Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro) e pertanto diventa indispensabile l'applicazione rigorosa della procedura.

4.3 Azioni preliminari all’intervento di verifica di impianti ed attrezzature identificabili come ambienti sospetti di inquinamento o confinati
La ditta richiedente, contestualmente all’atto di richiesta di verifica di impianti o attrezzature, proprio in ragione di una maggior sicurezza per gli operatori è tenuta a compilare la check list N.1 “informazioni relative all’ambiente sospetto di inquinamento o confinato” (figura 1) che integra la procedura, e produrre la documentazione richiesta. Tali adempimenti devono ritenersi parte integrante della richiesta di verifica. La parziale e/o incompleta compilazione della suddetta check list N.1 e/o parziale o incompleta documentazione prodotta comporta automaticamente il rigetto dell’istanza e l’interruzione dei termini del procedimento da parte del servizio PSAL. Il dirigente incaricato, al quale afferisce la linea di attività, valutata la completezza e la correttezza della documentazione prodotta della ditta, trasmette la pratica al coordinatore territoriale il quale la assegna all’operatore tecnico incaricato.

4.4 Azioni preliminari all’intervento di ispezione in ambiente sospetto di inquinamento o confinato
In attività di vigilanza programmata, il dirigente e il tecnico assegnatario della pratica valuteranno il rischio di presenza di ambienti sospetti di inquinamento o confinati e provvederanno, una volta entrati in azienda, a compilare in collaborazione con il datore di lavoro o suo delegato la check list n. 2 “informazioni relative all’ambiente sospetto di inquinamento o confinato” (figura 2). Qualora dalla compilazione della check list N.2 dovessero emergere rischi per la salute e la sicurezza gli operatori procederanno all’attività di ispezione senza accedere all’ambiente sospetto di inquinamento o confinato e successivamente procederanno alla valutazione di eventuali violazioni e difformità alla normativa. In caso contrario l’ispezione in ambiente confinato deve essere eseguita secondo le procedure di sicurezza (derivante dall’analisi di tutti i rischi presenti in tale ambiente ed inclusa nella valutazione dei Rischi aziendale) previste ed elaborate dall’azienda verificando nel contempo che le persone in assistenza agli operatori abbiano la dovuta idoneità, formazione, informazione ed eventualmente addestramento.

4.5 Accesso in ambiente sospetto di inquinamento o confinato
Prima di effettuare l’accesso ad un ambiente confinato o sospetto di inquinamento l’operatore deve:

1. in caso di verifica di impianti e attrezzature acquisire il permesso di lavoro (o modulo autorizzativo) e compilare la Check list N.2 (Allegato 2), controfirmata dal datore di lavoro o da un suo delegato;

2. attivare l’apparecchio portatile di misurazione in continuo della concentrazione di ossigeno e dell’esplosività (in dotazione all’operatore ATS) e verificare che il valore del contenuto di ossigeno risulti all’incirca pari al 21% vol e che il livello di esplosività LEL (limite inferiore di esplosività) sia pari a 0% vol; verificare inoltre la validità della taratura degli strumenti;

3. attivare l’apparecchio portatile di misurazione in continuo della concentrazione di gas tossici, nocivi e/o pericolosi (forniti dall’azienda) e verificare che il livello dei contaminanti sia inferiore ai valori minimi di esposizione professionale (VLEP);

4. accertarsi dell’esistenza di una progettazione dell’emergenza per il salvataggio di operatori non collaboranti all’interno di ambienti confinati o sospetti di inquinamento;

5. verificare che sia stata attivata la ventilazione prevista da mantenere per tutto il tempo di permanenza all’interno dell’ambiente confinato; comunque, prima di rientrare, si dovrà compiere nuovamente un controllo dell’atmosfera ambientale;

6. utilizzare DPI (dispositivi di protezione individuale) ed attrezzature di lavoro adeguati ed idonei secondo la tipologia dell’ambiente oggetto dell’ispezione/verifica, in modo appropriato secondo l’addestramento ricevuto; in particolare indossare una semimaschera quando è accertata, o non può essere esclusa, la presenza di gas, vapori tossici/nocivi o polveri/aerosol e quando non è possibile assicurare un’efficiente areazione ed una completa bonifica dell’ambiente confinato, oppure, in caso di presenza di gas irritanti, una maschera a pieno facciale che consenta la protezione anche degli occhi al fine di garantire una specifica protezione delle vie respiratorie per gli inquinanti presenti. Tali maschere devono avere dispositivi filtranti adeguati e idonei, con filtri antigas/vapori/particolati. Il filtro deve essere appropriato (tipo e classe) per i contaminanti e le concentrazioni presenti. Le normali maschere con filtri antigas, pur dotate di filtri specifici per le sostanze tossiche, non sono adeguate alle operazioni in luoghi confinati, laddove oltre alla presenza di sostanze irritanti, tossiche o nocive, vi possa essere carenza di ossigeno; in tal caso è necessario adottare un Dispositivo di Protezione delle vie respiratorie di tipo isolante. Valutare l’ipotesi del fit-test;

7. verificare che, l’eventuale sorgente autonoma di energia (gruppo elettrogeno) sia collocata in posizione idonea, tenendo conto dell’emissione di fumi che possono entrare nell’ambiente confinato e della gestione dei luoghi conduttori ristretti in conformità alle norme tecniche di riferimento;

8. dotarsi di segnalatore acustico tipo “cicala o tromba” (in dotazione all’operatore ATS), e similmente l’operatore esterno di segnalatore acustico (tromba, cicala, suoneria), al fine di garantire e mantenere attivo un adeguato sistema di comunicazione, sonoro, vocale o visivo in modo da permettere all’operatore impegnato all'interno dell'ambiente confinato di tenersi in contatto con quelli all'esterno, e di lanciare l'allarme in caso di emergenza;

9. verificare l’attuazione delle misure di emergenza, la disponibilità del personale e dei mezzi di soccorso ed, in particolare, la presenza sul posto della persona addetta al primo soccorso.

4.6 Strumentazione in dotazione agli operatori PSAL
La strumentazione a disposizione dell’operatore incaricato di accedere agli spazi confinati consiste normalmente nella dotazione delle seguenti attrezzature da parte di ATS:

- Analizzatore in continuo multifunzione (CO, O2, H2S, LEL) 
- Avvisatore acustico

L’analizzatore multifunzione viene sottoposto a taratura annuale mentre l’efficienza dell’avvisatore acustico viene periodicamente verificata.

Analizzatore multifunzione Avvisatore acustico Ricetrasmittenti ATEX Escape maske
Analizzatore multifunzione Avvisatore acustico ricetrasmittenti atex escape mask

In casi particolari, l’azienda richiedente le ispezioni, può mettere a disposizione dell’operatore ulteriore strumentazione e DPI in funzione della particolarità dell’ambiente confinato (maschere a facciale con filtri antipolvere o combinato, escape mask, ricetrasmittenti atex, …).

5. Analisi degli interventi dopo l'introduzione della procedura
A far data dal 2014, tutti gli interventi degli operatori PSAL che prevedono il rischio di presenza di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, sono soggetti all'applicazione della procedura che è stata formalmente inserita tra le procedure previste nel DVR aziendale.

5.1 Tipologie di ambienti confinati oggetto di ispezione dopo l’introduzione della procedura
L’attività comportante l’accesso agli ambienti confinati è finora consistita nelle verifiche di impianti ed attrezzature richieste dalle aziende, in particolare impianti di messa a terra, anti-deflagranti ed attrezzature a pressione. Per i primi la verifica degli impianti di messa a terra ed AD (anti-deflagranti), ha comportato l’accesso ad una fossa contenente pompe azionate da motori elettrici, mentre per le attrezzature a pressione la verifica di integrità è consistita, tra l’altro, nell’esame visivo delle lamiere dal lato interno. Da rilevare che, all’interno della sfera per GPL (gas di petrolio liquefatto) è stato allestito un ponteggio per poter accedere alla sommità della stessa, mentre il passo d’uomo per l’accesso al recipiente è posizionato nella parte inferiore.

In sintesi, gli ambienti confinati ispezionati sono risultati essere appartenenti alle seguenti tipologie:
a) serbatoio cilindrico interrato per GPL (1 ispezione)
b) serbatoio cilindrico installato all’aperto per GPL (8 ispezioni)
c) sfera per GPL (2 ispezioni)
d) fossa contenente pompe di sollevamento (1 ispezione)

Spzi confinati 1

Spzi confinati 2

Serbatoi cilindrici per GPL Sfere per GPL
   
Spzi confinati 3 Spzi confinati 4
Serbatoio per GPL interrato in stazione di servizio carburanti Fossa contenente pompe di sollevamento

6. Risultati e conclusioni
La procedura, nel suo schema generale, si applica a tutti gli interventi ispettivi a far data dal 2014 effettuati su richiesta o programmati di iniziativa della U.O.C. PSAL, che comportano un’ispezione e/o verifica di impianti o attrezzature in ambienti sospetti di inquinamento o ambienti confinati. Si precisa che le istruzioni in procedura sono da intendersi come vincolanti sugli elementi rilevanti e imprescindibili per ottenere effettivi risultati di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro per gli operatori che devono valutare e decidere le azioni conseguenti l’attività ispettiva, anche al fine di perseguire obiettivi di omogeneità e trasparenza nei comportamenti.

La sorveglianza sanitaria mirata al rischio di ingresso in ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento, ha portato alla non idoneità a questa specifica mansione di due operatori del servizio che pertanto sono stati esonerati da tale attività (entrambi operatori addetti alle verifiche periodiche).

La procedura, pubblicata sul sito aziendale e presentata a suo tempo ai componenti del comitato ex art. 7 del D.L.gs 81/08, ha di fatto obbligato le aziende ad una maggior presa di coscienza della problematica che ha di fatto portato a due grossi risultati:

1. una sensibile riduzione delle ispezioni interne rispetto al passato grazie alla ricerca e all'utilizzo di mezzi alternativi per l’effettuazione, in particolare delle verifiche periodiche (telecamere, macchine fotografiche, endoscopi, specchi, ecc.), messi a disposizione dalle aziende;

2. efficace attività di prevenzione in quanto, applicando la procedura, con l’invio alle aziende della check list N.1 (tabella 1), queste si sono viste costrette a rivedere, non solo gli aspetti legati agli obblighi normativi, ma soprattutto gli aspetti sostanziali di applicazione, in particolare del DPR n. 177/2011 (presenza in tutti i casi di personale aziendale formato e presente durante tutte le operazioni, messa in opera di tutte le procedure per gestire le eventuali emergenze, invio puntuale di tutta la documentazione richiesta dal servizio PSAL).

Per quanto riguarda invece le criticità emerse, questi si possono così sintetizzare:

1. le imprese hanno manifestato difficoltà nel dichiarare quanto indicato nelle check list N. 1 e 2 – p.to 4 e 5 (”le aperture ed i percorsi per l’accesso hanno dimensioni tali da consentire una rapida uscita e l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi, tenuto contro dell’equipaggiamento indossato”) per le oggettive e tecniche difficoltà di recupero attraverso i passi d'uomo standard; meglio sarebbe modificare in: ”le aperture denominate passi d’uomo ed i percorsi per l’accesso hanno dimensioni regolamentari stabilite dalle norme tecniche vigenti al momento della costruzione";

2. occorre pertanto modificare le check list N. 1 e 2 in modo tale che venga verificata più puntualmente l’esistenza di una progettazione dell’emergenza per il salvataggio di operatori non collaboranti all’interno di ambienti confinati o sospetti di inquinamento;

3. in caso di accesso agli autoclavi per la fermentazione del vino, una volta determinato il tenore di O2, l’accesso può essere limitato fino all’altezza della cintura dell’operatore in quanto la superficie interna è rivestita da vernice epossidica riflettente il fascio luminoso. In casi più favorevoli (volumi minori, superficie in acciaio inox), è sufficiente introdurre uno specchio di discrete dimensioni ed una lampada di buona intensità luminosa (min. 500 lux). Per quanto riguarda l’accesso agli spazi confinati per la verifica dell’impianto ATEX non sono emerse particolari criticità.

Fonti
UOC PSAL ATS Pavia

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Decreto Legislativo 27 giugno 2022 n. 104

ID 17210 | | Visite: 7281 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto Legislativo 27 giugno 2022 n  104

Decreto Legislativo 27 giugno 2022 n. 104 / Condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'UE

Attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione europea.

(GU n.176 del 29.07.2022)

Entrata in vigore del provvedimento: 13/08/2022

...

Art. 1. Ambito di applicazione

1. Il presente decreto disciplina il diritto all’informazione sugli elementi essenziali del rapporto di lavoro e sulle condizioni di lavoro e la relativa tutela e trova applicazione, con le sole esclusioni di cui al comma 4, in relazione ai seguenti rapporti e contratti di lavoro:
a) contratto di lavoro subordinato, ivi compreso quello di lavoro agricolo, a tempo indeterminato e determinato, anche a tempo parziale;
b) contratto di lavoro somministrato;
c) contratto di lavoro intermittente;
d) rapporto di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata dal committente di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
e) contratto di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile;
f) contratto di prestazione occasionale di cui all’articolo 54 -bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.
2. Il presente decreto si applica altresì ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e a quelli degli enti pubblici economici.
3. Le previsioni di cui al presente decreto si applicano inoltre:
a) ai lavoratori marittimi e ai lavoratori della pesca, fatta salva la disciplina speciale vigente in materia;
b) ai lavoratori domestici, fatta eccezione per le previsioni di cui agli articoli 10 e 11.
4. Sono esclusi dall’applicazione del presente decreto:
a) i rapporti di lavoro autonomo di cui al titolo III del libro V del codice civile e quelli di lavoro autonomo di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, purché non integranti rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui all’articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile;
b) i rapporti di lavoro caratterizzati da un tempo di lavoro predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore a una media di tre ore a settimana in un periodo di riferimento di quattro settimane consecutive. È considerato nella media delle tre ore il tempo di lavoro prestato in favore di tutti i datori di lavoro che costituiscono una stessa impresa, uno stesso gruppo di imprese. La presente esclusione non opera in relazione ai rapporti di lavoro nell’ambito dei quali non sia stata stabilita una quantità garantita di lavoro retribuito prima dell’inizio del lavoro;
c) i rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale;
d) i rapporti di collaborazione prestati nell’impresa del datore di lavoro dal coniuge, dai parenti e dagli affini non oltre il terzo grado, che siano con lui conviventi;
e) i rapporti di lavoro del personale dipendente di amministrazioni pubbliche in servizio all’estero, limitatamente all’articolo 2 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, come modificato dal presente decreto;
f) i rapporti di lavoro del personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, relativamente alle disposizioni di cui al Capo III del presente decreto.

...

Art. 2. Definizioni
Art. 3. Modalità di comunicazione delle informazioni
Art. 4. Modifiche al decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152
Art. 5. Ulteriori modifiche a disposizioni legislative
Art. 6. Disposizioni per il personale in regime di diritto pubblico
Art. 7. Durata massima del periodo di prova
Art. 8. Cumulo di impieghi
Art. 9. Prevedibilità minima del lavoro
Art. 10. Transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili
Art. 11. Formazione obbligatoria
Art. 12. Meccanismi di risoluzione rapida e diritto di ricorso
Art. 13. Protezione da trattamento o conseguenze sfavorevoli
Art. 14. Protezione contro il licenziamento o contro il recesso del committente e onere della prova
Art. 15. Regime di tutela per il personale di cui all’art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
Art. 16. Disposizioni transitorie
Art. 17. Clausola di invarianza finanziaria

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 29025 | 22 Luglio 2022

ID 17205 | | Visite: 1009 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 22 luglio 2022 n. 29025

Schiacciamento delle mani dell'addetto alla lavorazione sulla pressa piegatrice. Responsabilità del datore di lavoro per la mancanza di un sistema di sicurezza efficiente e per omessa formazione

Penale Sent. Sez. 4 Num. 29025 Anno 2022
Presidente: FERRANTI DONATELLA
Relatore: BELLINI UGO
Data Udienza: 12/04/2022

Ritenuto in fatto

1. La Corte di Appello di Torino, con sentenza pronunciata in data 29 Aprile 2021, ha confermato la decisione del Tribunale di Ivrea che aveva riconosciuto F.G., presidente del consiglio di amministrazione della C.T.S. s.r.l. e datore di lavoro della persona offesa, colpevole di avere provocato lesioni personali colpose al lavoratore T.D. che, addetto alla lavorazione sulla pressa piegatrice F.lli Vimercati PHS 160X4175 dotato di punzone Eurom, aveva subito lo schiacciamento con frattura delle prime falangi di quattro dita della mano destra e del secondo e terzo dito della mano sinistra, mentre era intento alla sostituzione delle matrici per un cambio di lavorazione, lesioni che avevano comportato una malattia della durata superiore a 40 giorni.

2. Al datore di lavoro veniva contestata la violazione dell'art.71 comma 1 D. Lgs.9 Aprile 2008 n.81 per avere omesso di mettere a disposizione del lavoratore un'attrezzatura dotata di un sistema di sicurezza efficiente, posto che il dispositivo fotoelettrico non era in funzione al momento dell'infortunio e che in ogni caso i dispositivi emettitori e riceventi il fascio luminoso risultavano disallineati. Inoltre era contestata l'inosservanza all'art.73 in relazione all'art.37 comma 1 D.Lgs. 9 Aprile 2008 n.81 per avere l'imputato omesso di impartire al T.D. una formazione, informazione ed addestramento adeguati in ordine all'uso in sicurezza della pressa piegatrice in oggetto.

3. Il giudice distrettuale, richiamate le fonti di prova e il contenuto dei motivi di impugnazione, escludeva che la responsabilità del datore di lavoro, che pure aveva fornito, in sede di esame, evidenza di come in macchinario avrebbe dovuto essere impiegato secondo una corretta metodologia, potesse essere esclusa in ragione della condotta imprudente ed abnorme del lavoratore. Pur riconoscendo che il macchinario era dotato di pedaliera per la lavorazione e di sistema di sicurezza meccanico volto a impedire un uso improprio del pedale, nonché di un sistema di sicurezza elettronico che avrebbe dovuto essere ricalibrato dallo stesso lavoratore, evidenziava che il lavoratore non era in possesso di una adeguata formazione tale da consentirgli di rispettare la corretta sequenza lavorativa, sulla base delle dichiarazioni della persona offesa e riconosciuta la insufficienza della formazione di cui era stata fornita allegazione. Rilevava inoltre che, sulla base della testimonianza del tecnico ispettore S.Pre.S.A.L. e delle stesse informazioni ricavabili dal manuale di uso della macchina (che si indicavano), il sistema di fotocellula non doveva comunque essere disattivato, come invece risultava in sede di ispezione ma, in caso di cambio di lavorazione, il lavoratore avrebbe dovuto limitarsi a posizionare le fotocellule e a verificarne l'allineamento.
3.1 Assumeva all'uopo che anche qualora fosse risultata corretta la prospettazione difensiva secondo la quale il lavoratore era incorso in errore nella fase di ripresa della lavorazione dopo la sostituzione della matrice, nondimeno le eventuali omissioni sarebbero dipese da una carenza formativa sulla corretta procedura di lavoro, avendo il lavoratore operato sulla base di personali convincimenti, appresi sul campo, ma non filtrati da adeguate formazione e informazione.

3. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell'imputato il quale ha articolato tre motivi di ricorso.
3.1 Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento al mancato riconoscimento di una condotta abnorme da parte del lavoratore, evidenziando come, in ragione della presenza di sistemi di sicurezza meccanici sulla pedaliera, la messa in funzione della macchina doveva ritenersi preclusa in assenza di una volontaria ed eccentrica manovra dell'operatore il quale aveva deliberatamente creato una situazione di rischio estranea alle modalità di lavoro ponendo pertanto le basi per il verificarsi dell'infortunio.
3.2 Con una seconda articolazione deduce violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento all'asserito mancato funzionamento del dispositivo di sicurezza fotoelettrico durante l'operazione di sostituzione delle matrici, laddove sarebbe stato onere del lavoratore, che pure era stato formato sulla corretta procedura di lavoro, procedere all'allineamento delle cellule fotoelettriche onde consentire l'attivazione del presidio, laddove il lavoratore aveva volontariamente omesso di operare in tal senso. La motivazione era altresì carente per non avere considerato il principio dell'affermazione di responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio.
3.3 Con un terzo motivo di ricorso lamenta violazione di legge in relazione all'art.73 con riferimento all'art.37 comma 1 D.Lgs. n.81/2008 laddove il giudice distrettuale, a dispetto delle acquisizioni dichiarative e documentali, aveva escluso l'adeguatezza della formazione del dipendente in relazione alla specifica fase della lavorazione cui era impegnato, mentre gli esiti dell'istruttoria dibattimentale avevano consentito di accertare che il lavoratore non solo aveva avuto una formazione specifica ma che era stato altresì istruito ad avvalersi delle prescrizioni contenute nel manuale di istruzione della macchina.

4. Il Sostituto Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha concluso chiedendo pronunciarsi l'inammissibilità del ricorso.

5. Ha trasmesso memoria difensiva la difesa della parte civile INAIL con la quale ha contestato i motivi di doglianza della parte ricorrente chiedendo una pronuncia di inammissibilità o il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

1. I motivi di ricorso sono privi di confronto con la motivazione della sentenza impugnata e manifestamente infondati e vanno dichiarati inammissibili.

2. Il primo motivo invero, che assume il comportamento abnorme ed eccentrico del lavoratore per avere proceduto ad una fase della lavorazione in totale dispregio delle regole di comune prudenza e in distonia con gli obblighi di sicurezza nella riattivazione della macchina dopo avere sostituito le matrici, non tiene conto di quanto evidenziato a pag.11 della motivazione della sentenza impugnata sugli obblighi gravanti sul datore di lavoro non tanto nello "spiegare" le fasi della procedura lavorativa, quanto nell'evidenziare come eseguire la prestazione in sicurezza, con particolare riferimento alle informazioni indispensabili sulle garanzie "che la procedura corretta assicura e che la procedura incorretta esclude".
2.1 Depone per la esclusione della interruzione del rapporto di causalità, pure in presenza della imprudente condotta del lavoratore, la giurisprudenza che non riconosce in nessun caso tale evenienza quando, come nella specie, il sistema di sicurezza apprestato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità (sez.4, 17.1.2017, Meda, Rv.269255; 10.10.2013, Rovaldi, 259313; 2.5.2012 Goracci n.22044 non massimata; 7.2.2012, Pugliese, Rv.252373; 15.4.2010 n.21511, Di Vita, n.m.). Le disposizioni di sicurezza perseguono infatti il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l'area di rischio da gestire comprende il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro impedire l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e, come tali, latrici di possibili rischi per la sicurezza e la incolumità dei lavoratori (sez.4, 13.11.2011 Galante, n.m.; sez.F. 12.8.2010, Mazzei Rv.247996).
2.3 A questo proposito il giudice distrettuale ha adeguatamente evidenziato che il comportamento del T.D. non era in grado di escludere la responsabilità del datore di lavoro in quanto da un lato lo stesso non presentava profili di esorbitanza e di eccentricità rispetto alle mansioni allo stesso assegnate e quindi si inseriva nel contesto finalistico della lavorazione cui il lavoratore era assegnato, e dall'altra che la mancata verifica della funzionalità del sistema di sicurezza tramite fotocellule non era neppure riconducibile a un profilo colposo del lavoratore, ma ad una incompleta formazione, informazione ed addestramento del lavoratore dal quale non poteva essere preteso di seguire le istruzioni del manuale di uso del macchinario in assenza di una specifica formazione sulla corretta procedura di lavoro, che egli non conosceva.

3. Manifestamente infondato ed in fatto è poi il secondo motivo di ricorso, che attiene alle caratteristiche del macchinario e alle corrette modalità di attivazione del sistema fotoelettrico di interruzione del movimento della macchina in caso di involontaria battuta della pedaliera, atteso che il giudice di appello, sulla scorta delle dichiarazioni dell'ispettore del lavoro e della disciplina del manuale di istruzioni (9.14 del manuale), ha evidenziato che neppure la corretta calibratura e l'allineamento delle fotocellule (sulla base peraltro di procedura che il lavoratore aveva dichiarato, e dimostrato nei fatti, di non conoscere), avrebbe consentito l'attivazione del sistema di sicurezza, in quanto lo stesso era risultato non in funzione al momento del sopralluogo degli organi ispettivi. Sul punto poi le tesi difensive oltre a risultare argomentate in fatto e meramente oppositive rispetto agli argomenti introdotti dalla corte distrettuale con lineare e coerente trama logica giuridica, non deducono neppure un profilo di travisamento della prova e si limitano a valorizzare le precedenti esperienze lavorative del dipendente e la partecipazione di questi a corsi di formazione che, pure in assenza di una verifica sul campo, avrebbero dovuto consentirgli di attivare, anche in relazione alle misure di sicurezza, le corrette procedure di lavoro, elementi che peraltro risultano adeguatamente valutati e disattesi dal giudice di appello sulla scorta degli argomenti sopra evidenziati.

4. Il terzo motivo di ricorso assume violazione di legge in relazione al riconosciuto difetto di formazione del dipendente. Anche in relazione a tale profilo di doglianza è manifesta la mancanza di confronto con la motivazione della sentenza impugnata che in vari passaggi ha spiegato, sulla scorta degli stessi elementi probatori indicati dal ricorrente, che le ore dedicate alla formazione e il carattere generico e pluridisciplinare della stessa (a fronte di un rilevante numero di macchinari dalle diverse caratteristiche e dalla complessità dei manuali di istruzione - teste M.) non avevano consentito al T.D. di possedere un bagaglio adeguato, non tanto a manovrare la macchina piegatrice, quanto ad utilizzarla in conformità alle dotazioni, pure presenti, di messa in sicurezza in caso di involontaria attivazione della pressa, laddove la macchina possedeva un sistema di interruzione del movimento mediante fotocellule di fatto inutilizzato, in quanto inattivo e comunque non in grado di operare per omesso allineamento delle fotocellule.
4.1 Invero il datore di lavoro deve non solo predisporre le idonee misure di sicurezza ed impartire le direttive da seguire a tale scopo ma anche e soprattutto controllarne costantemente il rispetto da parte dei lavoratori, di guisa che sia evitata la superficiale tentazione di trascurarle, dopo avere somministrato al lavoratore una adeguata formazione sull'utilizzo dei presidi e sui rischi connessi alle lavorazioni cui il lavoratore é chiamato a partecipare (sez.4, 17.5.2012 n.34747, Parisi, Rv.253513; 8.5.2019, Rossi Giorgio, Rv.276241).

5. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, e della somma di euro tremila in favore della Cassa Ammende, non ricorrendo ipotesi di esonero per assenza di colpa, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile INAIL nel presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo ai sensi del D.M. 10 Marzo 2014 n.55.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, oltre alla rifusione delle spese di giudizio in favore della parte civile INAIL, che liquida in euro 3.000 oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 12 Aprile 2022.

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III indagine europea fra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti (ESENER 2019)

ID 17198 | | Visite: 1390 | Documenti Sicurezza UE

III indagine europea fra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti

III indagine europea fra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti (ESENER 2019)

Relazione di sintesi sulle modalità con cui si gestiscono la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro europei

La terza indagine europea fra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti (ESENER 2019) ha esaminato più di 45 000 stabilimenti in 33 paesi. Le sue conclusioni sono comparabili sia tra le classi di dimensione economica, i settori di attività e i paesi sia in relazione alla precedente indagine del 2014.

La presente relazione di sintesi offre un prezioso strumento per la relativa elaborazione delle politiche europee. Analizza i risultati di ESENER 2019 ed esamina l’evoluzione sin dal 2014 per cercare di comprendere le esigenze dei luoghi di lavoro e il modo migliore per affrontarle. Esamina le modalità con cui i rischi per la salute e la sicurezza sono identificati e gestiti e, al fine di migliorarle, analizza possibili criticità e fattori con un’attenzione del tutto particolare rivolta alla legislazione.

Tra i settori di particolare attenzione figurano i rischi psicosociali e la partecipazione dei lavoratori. Si tiene anche conto dell’impatto della pandemia di COVID-19 sulla gestione della salute e sicurezza sul lavoro.

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Fonte: EU OSHA

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Risoluzione Parlamento europeo del 5 luglio 2022: salute mentale nel mondo del lavoro digitale

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Salute mentale nel mondo del lavoro digitale

Risoluzione del Parlamento europeo del 5 luglio 2022 sulla salute mentale nel mondo del lavoro digitale

ID 17192 | 28.07.2022 / In allegato Risoluzione

P9_TA(2022)0279

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Estratto

Salute mentale e lavoro digitale: insegnamenti tratti dalla pandemia di COVID-19

1. si rammarica del fatto che, durante la pandemia di COVID-19, la salute mentale dei lavoratori dipendenti e autonomi sia stata compromessa dalla perturbazione di molti servizi, come l'istruzione, la sanità e il sostegno sociale, e dall'aumento di fattori di stress come l'insicurezza finanziaria, la paura della disoccupazione, l'accesso limitato all'assistenza sanitaria, l'isolamento, lo stress legato alla tecnologia, le modifiche all'orario di lavoro, la scarsa organizzazione del lavoro e il telelavoro; invita ad affrontare urgentemente il problema della salute mentale mediante politiche intersettoriali e integrate, nel quadro di una strategia globale dell'UE per la salute mentale e di una strategia europea per l'assistenza affiancate da piani d'azione nazionali; rammenta in particolare alla Commissione che la protezione della salute dei lavoratori dovrebbe essere parte integrante dei piani di preparazione dell'EU-OSHA per prevenire future crisi sanitarie;

2. sottolinea che la pandemia di COVID-19 e la successiva crisi economica hanno messo a dura prova la salute mentale e il benessere di tutti i cittadini, ma soprattutto dei lavoratori dipendenti, dei lavoratori autonomi, dei giovani, degli studenti che si affacciano al mondo del lavoro e degli anziani, determinando una crescente prevalenza di rischi psicosociali legati al lavoro e tassi più elevati di stress, ansia e depressione;

3. sottolinea che la pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto negativo sulla transizione dall'istruzione al lavoro e può pertanto causare elevati livelli di stress, ansia e incertezza ai giovani che si trovano all'inizio della loro carriera, con il rischio di deteriorare anche le loro prospettive occupazionali e alimentare un circolo vizioso caratterizzato da problemi di salute mentale e di benessere; invoca un maggior sostegno alla salute mentale, destinato anche ai servizi pubblici per l'impiego, al fine di affrontare il benessere dei disoccupati;

4. si rammarica che la salute mentale non sia stata affrontata con la stessa priorità della salute fisica, sia stata privata dei fondi e non disponga di un numero sufficiente di personale qualificato in tutti gli Stati membri, nonostante i benefici intrinseci associati al miglioramento della salute e del benessere e i sostanziali guadagni in termini di produttività economica e livelli più elevati di partecipazione al lavoro derivanti dagli investimenti pubblici nella salute mentale; ritiene che sia necessaria un'azione rapida per migliorare la situazione attuale;

5. invita le istituzioni dell'UE e gli Stati membri a riconoscere la portata dei problemi di salute mentale legati al lavoro in tutta l'UE e a impegnarsi fortemente per regolamentare e attuare un mondo del lavoro digitale che contribuisca alla prevenzione dei problemi di salute mentale, alla tutela della salute mentale e dell'equilibrio tra attività professionale e vita privata, nonché al rafforzamento dei diritti di protezione sociale sul luogo di lavoro; chiede di avviare un dialogo e lavorare in questa direzione di concerto con i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, compresi i sindacati; insiste, a tale proposito, sull'essenziale necessità di adottare piani di prevenzione dei rischi per la salute mentale in tutti i luoghi di lavoro; chiede di dare seguito all'attuazione del quadro d'azione europeo per la salute mentale 2021-2025 dell'OMS;

6. si rammarica della disparità tra il numero di azioni effettivamente intraprese dall'UE a favore della salute e il campo di applicazione previsto dal trattato sull'Unione europea e chiede che l'UE intervenga maggiormente nell'ambito di tali competenze; ritiene che la prossima crisi sanitaria riguarderà la salute mentale e che la Commissione dovrebbe agire e affrontare tutti i possibili rischi attraverso misure vincolanti e non vincolanti, ove pertinenti, ed elaborare una strategia globale dell'UE per la salute mentale, in linea con le conclusioni del Consiglio del 24 ottobre 2019 sull'economia del benessere;

7. osserva che una strategia dell'UE per la salute mentale dovrebbe mirare a richiedere agli Stati membri, tra l'altro, di integrare l'assistenza sanitaria per la salute mentale con l'assistenza destinata alla salute fisica, data la stretta correlazione tra le due, di fornire un'assistenza efficace sulla base di dati concreti e dei diritti umani, di ampliare il numero di servizi offerti per consentire a un maggior numero di persone di accedere alle cure e di aiutare i cittadini a trovare o a mantenere il lavoro; insiste sul fatto che una cattiva salute mentale incide sul benessere dei lavoratori e genera dei costi per i sistemi di protezione sociale, comportando spese aggiuntive per l'assistenza sanitaria e la sicurezza sociale; pone l'accento sulla responsabilità del datore di lavoro e il ruolo essenziale sia di quest'ultimo che delle parti sociali nell'elaborazione e nell'attuazione di tali iniziative;

8. ricorda che la pandemia ha fatto luce sulla diffusa crisi della salute mentale in tutta Europa e sulle diverse risposte degli Stati membri e ha evidenziato l'importanza di condividere le migliori prassi per rispondere alle emergenze sanitarie, rivelando le lacune in termini di previsione, preparazione, strumenti di risposta e finanziamenti adeguati; invita la Commissione e gli Stati membri a tenere conto degli impatti sulla salute mentale nei loro piani di risposta di emergenza e preparazione alle crisi sanitarie e alle pandemie; ritiene che l'attuale crisi della salute mentale debba essere considerata un'emergenza sanitaria;

9. valuta positivamente i negoziati in corso per un regolamento che abroga la decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero1, così come i negoziati in corso sulla riforma del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie e sul rafforzamento del mandato dell'Agenzia europea per i medicinali;

10. plaude ai lavoratori essenziali e in prima linea che hanno sacrificato il proprio benessere per svolgere attività di primo soccorso durante la pandemia; esprime preoccupazione per il maggiore rischio per la salute mentale correlato al lavoro tra gli operatori sanitari e i prestatori di assistenza a lungo termine; invita la Commissione a prestare particolare attenzione ai lavoratori essenziali e in prima linea nelle prossime proposte legislative relative alla salute mentale sul luogo di lavoro; invita gli Stati membri a migliorare le loro condizioni di lavoro, ad affrontare le carenze di personale e a stanziare le risorse necessarie per garantire che tali sacrifici non siano più necessari in futuro, assicurandosi che i lavoratori abbiano accesso immediato a risorse adeguate per il benessere mentale e la protezione della loro salute mentale nonché agli interventi psicosociali, che dovrebbero essere prorogati oltre il periodo di crisi acuta; sottolinea che la stragrande maggioranza dei lavoratori essenziali e in prima linea sono donne e spesso percepiscono un basso reddito, il che comporta maggiori rischi per la salute mentale legati al lavoro;

La transizione digitale e la salute mentale

11. riconosce che un lavoro di qualità può contribuire a dare alle persone uno scopo, oltre a offrire sicurezza finanziaria e indipendenza; sottolinea la correlazione positiva tra buona salute mentale, buone condizioni di lavoro, salari adeguati, salute mentale, produttività sul lavoro, benessere e qualità della vita; osserva che un senso di finalità e identità per i lavoratori può essere messo in discussione in un contesto di crescente digitalizzazione, con conseguenti problemi di salute fisica e mentale; afferma che la prevenzione è pertanto fondamentale; è del parere che condizioni di lavoro adeguate e programmi attivi per il mercato del lavoro potrebbero contribuire a combattere i rischi psicosociali offrendo opportunità di posti di lavoro di qualità e di protezione sociale; osserva che la depressione e i disturbi della salute mentale possono costituire un ostacolo al mantenimento e all'ottenimento di un posto di lavoro e che è necessario un sostegno supplementare per le persone in cerca di lavoro;

12. riconosce le opportunità offerte dalla trasformazione digitale per l'impiego di persone con disabilità sul mercato del lavoro aperto; sottolinea, in questo contesto, che la trasformazione digitale non dovrebbe portare all'isolamento e all'esclusione sociale; richiama inoltre l'attenzione sulle difficoltà riscontrate dalle persone anziane, che sono particolarmente esposte al rischio di esclusione digitale a causa dei cambiamenti delle condizioni lavorative e dei nuovi strumenti digitali; sottolinea l'importanza che tutti i lavoratori, ma specialmente a quelli più anziani, abbiano accesso a un apprendimento permanente e a uno sviluppo professionale adatti alle loro esigenze individuali; invita gli Stati membri ad ampliare l'offerta di formazione digitale mirata alle persone anziane; evidenzia l'importanza degli scambi intergenerazionali nell'ambiente lavorativo;

13. rammenta che approcci proattivi alla digitalizzazione, come il rafforzamento delle competenze digitali sul posto di lavoro o la concessione di orari di lavoro flessibili, possono contribuire ad alleviare lo stress legato al lavoro; sottolinea che l'IA ha il potenziale di migliorare le condizioni di lavoro e la qualità della vita, compreso un migliore equilibrio tra vita professionale e vita privata e una migliore accessibilità per le persone con disabilità, di prevedere lo sviluppo del mercato del lavoro e di sostenere la gestione delle risorse umane prevenendo i pregiudizi umani; avverte, tuttavia, che l'IA desta anche preoccupazioni in merito alla vita privata e alla salute e sicurezza sul lavoro, come il diritto alla disconnessione, e può portare a una sorveglianza e a un monitoraggio sproporzionati e illegali dei lavoratori, violando la loro dignità e la loro vita privata, nonché a un trattamento discriminatorio nei processi di assunzione e in altri settori a causa di algoritmi distorti, anche per motivi di genere, razza ed etnia; esprime inoltre preoccupazione per il fatto che l'IA possa compromettere la libertà e l'autonomia delle persone, ad esempio attraverso strumenti di previsione e segnalazione, il monitoraggio e tracciamento in tempo reale e gli stimoli comportamentali automatici, contribuendo a problemi di salute mentale dei lavoratori, quali burnout, stress legato alla tecnologia, sovraccarico psicologico e affaticamento; sottolinea che le soluzioni di IA sul luogo di lavoro devono essere trasparenti, eque ed evitare implicazioni negative per i lavoratori e devono essere negoziate tra datori di lavoro e rappresentanti dei lavoratori, compresi i sindacati; invita la Commissione e gli Stati membri, a tale proposito, a elaborare una proposta legislativa sull'IA sul luogo di lavoro al fine di garantire un'adeguata protezione dei diritti e del benessere dei lavoratori, compresa la tutela della salute mentale e dei diritti fondamentali, come il diritto alla non discriminazione, alla vita privata e alla dignità umana in un luogo di lavoro sempre più digitalizzato; osserva che le molestie online tendono ad avere un impatto sproporzionato sui gruppi più vulnerabili compresi i giovani lavoratori, le lavoratrici e i lavoratori LGBTQI+; sottolinea che solo il 60 % degli Stati membri dispone di una legislazione specifica per affrontare il bullismo e la violenza sul posto di lavoro, invita pertanto la Commissione e gli Stati membri a proporre misure obbligatorie mirate per invertire e affrontare questo problema crescente sul lavoro e proteggere le vittime con tutte le risorse necessarie;

14. invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che le misure di prevenzione e protezione intese a eliminare la violenza, la discriminazione e le molestie nel mondo del lavoro, ivi incluse violenza e molestie da parte di terzi (nello specifico, clienti, visitatori o pazienti), se del caso, si applichino indipendentemente dal motivo o dalle cause scatenanti e che non siano limitate ai casi fondati su motivi discriminatori; invita gli Stati membri a ratificare la convenzione (n. 190) dell'Organizzazione internazionale del lavoro sull'eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro e la raccomandazione (n. 206) sulla violenza e sulle molestie e ad adottare le leggi e le misure politiche necessarie al fine di vietare, prevenire e affrontare la violenza e le molestie nel mondo del lavoro; invita la Commissione a garantire che l'ambito di applicazione della direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica1 proposta configuri appieno la violenza e le molestie sul lavoro come reato penale e che i lavoratori ricevano un'adeguata protezione, con il coinvolgimento dei sindacati;

15. sottolinea la necessità di proteggere i lavoratori dallo sfruttamento, da parte dei datori di lavoro, dell'uso dell'IA e della gestione algoritmica, compresi strumenti di previsione e segnalazione per prevedere il comportamento dei lavoratori e individuare o scoraggiare le violazioni di regole o le frodi da parte di questi ultimi, il monitoraggio in tempo reale dei progressi e delle prestazioni, software di monitoraggio del tempo e di produzione di impulsi comportamentali automatizzati; invoca il divieto di sorvegliare i lavoratori;

16. ritiene che sia necessario un nuovo paradigma per comprendere la complessità del lavoro moderno in relazione alla salute mentale, posto che gli strumenti normativi attualmente in vigore non sono sufficienti a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori e vanno aggiornati e rafforzati;

17. sottolinea che la tecnologia e l'IA sul posto di lavoro non dovrebbero mai essere utilizzate a scapito della salute mentale e del benessere dei lavoratori; osserva che la diffusione dell'IA sul posto di lavoro non deve comportare un monitoraggio eccessivo in nome della produttività né una sorveglianza dei lavoratori;

18. osserva che esiste un ampio divario digitale di genere nelle competenze specialistiche e nell'occupazione nel settore delle TIC, dove solo il 18 % dei lavoratori sono donne e l'82 % sono uomini2; ritiene fondamentale che i sistemi tecnologici siano progettati in modo inclusivo, al fine di prevenire le discriminazioni, i problemi di salute mentale o altri effetti dannosi derivati da una progettazione non inclusiva; esorta la Commissione e gli Stati membri a collaborare per colmare il divario digitale di genere delle donne in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico (discipline STEM) e cercare di fornire incentivi alle organizzazioni TIC per assumere una forza lavoro diversificata;

19. accoglie con favore la direttiva (UE) 2019/1158 relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza poiché offre flessibilità e allevia i problemi legati al lavoro; sottolinea tuttavia che le donne continuano a essere colpite in modo sproporzionato, come dimostrato dalla pandemia; ritiene che il telelavoro, pur offrendo molte opportunità, comporti anche sfide in termini di divario sociale, professionale e digitale; sottolinea che le donne sono ancora le più propense a prendere congedi per motivi familiari, con conseguenze negative sull'avanzamento di carriera, sulla realizzazione personale, sulla retribuzione e sui diritti pensionistici; invita gli Stati membri ad andare oltre i requisiti della direttiva e ad aumentare il numero di giorni concessi per il congedo dei prestatori di assistenza e a prevedere una retribuzione per i prestatori di assistenza informale che vanno in congedo; invita gli Stati membri a impegnarsi fermamente a proteggere il tempo dedicato alla famiglia e l'equilibrio tra attività professionale e vita privata dei lavoratori; invita gli Stati membri a incoraggiare un'equa ripartizione delle responsabilità di assistenza tra donne e uomini mediante periodi di congedo retribuito non trasferibili tra i genitori, cosa che consentirebbe alle donne di lavorare maggiormente a tempo pieno; sottolinea che le donne sono esposte a un maggior rischio di stress, esaurimento, burnout e violenza psicologica a causa del nuovo sistema di telelavoro e della mancanza di regolamentazione per poter controllare le pratiche di lavoro abusive;

20. prende atto del passaggio al telelavoro durante la pandemia e della flessibilità da esso offerta ai lavoratori dipendenti e autonomi; riconosce, tuttavia, che il telelavoro si è altresì rivelato particolarmente impegnativo per le persone più svantaggiate e le famiglie monoparentali; sottolinea che la combinazione di telelavoro e cura dei figli, in particolare per i bambini con bisogni speciali, può minare la vita familiare e il benessere dei genitori e dei bambini; incoraggia i datori di lavoro a fornire norme chiare e trasparenti sulle modalità di telelavoro per garantire il rispetto degli orari di lavoro ed evitare l'isolamento sociale e professionale e l'offuscamento dei confini tra l'orario di lavoro e gli altri periodi trascorsi a casa; osserva che è stato dimostrato che il telelavoro ha un forte impatto sull'organizzazione dell'orario di lavoro, consentendo una maggiore flessibilità e rendendo i dipendenti costantemente disponibili, il che spesso porta a conflitti tra lavoro e vita privata; ricorda tuttavia che il telelavoro, se adeguatamente regolamentato e attuato, potrebbe offrire ai lavoratori la flessibilità di adattare gli orari e l'organizzazione del proprio lavoro in modo che possano soddisfare le proprie esigenze personali e familiari; sottolinea a questo proposito che un passaggio totale o parziale al telelavoro dovrebbe essere il risultato di un accordo tra rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori;

21. osserva con preoccupazione che il telelavoro non è ancora disponibile per tutti i lavoratori; evidenzia l'impatto del passaggio al telelavoro sulla salute mentale delle persone a rischio di esclusione digitale; sottolinea l'importanza di combattere il divario digitale in Europa e la necessità di riqualificare i giovani e gli anziani per garantire a tutti i lavoratori un livello sufficiente di competenze digitali; chiede investimenti più mirati nella fornitura di competenze digitali, in particolare per i gruppi che sono maggiormente esclusi dal punto di vista digitale, come le persone con uno status socioeconomico modesto e con un livello di istruzione limitato, gli anziani e le persone che vivono in aree rurali e remote; invita la Commissione a proporre un quadro legislativo per stabilire requisiti minimi per il telelavoro in tutta l'UE, senza compromettere le condizioni di lavoro dei telelavoratori; sottolinea che tale quadro legislativo dovrebbe chiarire le condizioni di lavoro, garantire che il lavoro sia effettuato su base volontaria e che i diritti, l'equilibrio tra attività professionale e vita familiare, il carico di lavoro e le norme sulle prestazioni dei telelavoratori siano equivalenti a quelli dei lavoratori in loco comparabili; invita la Commissione e gli Stati membri a prevedere misure di accessibilità e di tecnologia inclusiva per le persone con disabilità; osserva che tale quadro dovrebbe essere sviluppato in consultazione con gli Stati membri e le parti sociali europee, dovrebbe rispettare pienamente i modelli nazionali del mercato del lavoro e dovrebbe tenere in considerazione gli accordi quadro delle parti sociali europee sul telelavoro e sulla digitalizzazione; invita la Commissione e gli Stati membri a prestare particolare attenzione alle persone con disabilità mentali o fisiche; sottolinea che le condizioni di lavoro dei telelavoratori sono equivalenti a quelle delle persone che lavorano in loco e che è necessario adottare misure specifiche per seguire e sostenere il benessere dei lavoratori a distanza;

22. ritiene che il diritto alla disconnessione sia essenziale per garantire il benessere mentale dei lavoratori dipendenti e autonomi, non da ultimo per le lavoratrici e per chi è occupato in forme di lavoro atipiche, e dovrebbe essere integrato da un approccio preventivo e collettivo ai rischi psicosociali legati al lavoro; invita la Commissione a proporre, in consultazione con le parti sociali, una direttiva su norme e condizioni minime volte a garantire che i lavoratori possano esercitare efficacemente il loro diritto alla disconnessione e a regolamentare l'uso degli strumenti digitali esistenti e nuovi a fini lavorativi, in linea con la risoluzione del Parlamento del 21 gennaio 2021 recante raccomandazioni alla Commissione sul diritto alla disconnessione, tenendo conto dell'accordo quadro delle parti sociali sulla digitalizzazione; invita inoltre gli Stati membri a coordinare meglio lo scambio delle migliori pratiche, dal momento che alcuni di essi stanno mettendo in atto politiche e progetti molto innovativi;

23. osserva che, se rivedute e aggiornate, le direttive 89/654/CEE90/270/CEE del Consiglio, relative alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro e le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali, possono contribuire alla protezione di tutti i lavoratori, compresi i lavoratori delle piattaforme digitali e i lavoratori autonomi, insieme ai diversi progetti sviluppati dalle agenzie dell'UE e dagli Stati membri;

24. sottolinea che agli ambienti digitali correlati al lavoro sono applicabili misure di accessibilità e accomodamenti ragionevoli e che, pertanto, i datori di lavoro dovrebbero prevedere l'adozione di misure per adattare e garantire condizioni di lavoro paritarie ed eque alle persone con disabilità, comprese quelle con problemi di salute mentale, ivi incluso il rispetto delle pertinenti norme in materia di accessibilità digitale derivanti dalla direttiva (UE) 2019/882;

25. accoglie con favore l'impegno della Commissione a modernizzare il quadro legislativo per la salute e la sicurezza sul lavoro, rivedendo le direttive 89/654/CEE e 90/270/CEE del Consiglio che stabiliscono i requisiti minimi di sicurezza e salute per i luoghi di lavoro e le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali;

La sicurezza e la salute sul luogo di lavoro

26. esprime preoccupazione per lo scollamento tra le attuali politiche sulla salute mentale e gli atteggiamenti sul luogo di lavoro, che non riflettono adeguatamente il fatto che la protezione dei lavoratori è un bene fondamentale per i leader dell'Unione per il resto del decennio; sottolinea che, a causa dello stigma e della discriminazione, i lavoratori spesso sentono di non poter discutere di problemi; invita gli Stati membri a garantire che i datori di lavoro adempiano ai loro obblighi di fornire sostegno e informazioni chiare a tutti i lavoratori e a garantire che i lavoratori interessati siano reintegrati in modo equo sul luogo di lavoro; chiede che i luoghi di lavoro facilitino l'accesso ai servizi di sostegno alla salute mentale e a servizi esterni nonché alla prevenzione, al riconoscimento precoce e al trattamento dei dipendenti che potrebbero soffrire di disturbi mentali, e che sostengano il loro reinserimento e contribuiscano a prevenire le ricadute, oltre a predisporre piani aziendali di prevenzione in materia di salute mentale, anche per quanto riguarda la prevenzione del suicidio; chiede inoltre l'adozione di strategie di prevenzione chiare ed efficaci e di strategie di sostegno per i lavoratori che ritornano al lavoro dopo una lunga assenza;

27. ricorda che esistono molestie e discriminazioni fondate su molteplici motivi, che sono una frequente fonte di stress e di distacco dal luogo di lavoro; ricorda, in particolare, che la discriminazione per motivi di età, disabilità, sesso, genere, orientamento sessuale, razza, istruzione o status socio-economico e appartenenza a gruppi vulnerabili è diffusa e dovrebbe essere affrontata dai datori di lavoro; sottolinea l'importanza di includere una politica anti-molestie nelle misure di salute e sicurezza nel mondo del lavoro digitale e di fornire sostegno alle imprese, in particolare alle piccole e medie imprese (PMI), per aiutarle a mettere in atto politiche per contrastare le molestie e il bullismo; chiede una campagna informativa a livello di tutta l'UE per sensibilizzare sul tema della salute mentale, al fine di affrontare lo stigma, le percezioni errate e l'esclusione sociale che si accompagnano spesso a una cattiva salute mentale;

28. ritiene che le attuali misure per incoraggiare il miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori siano insufficienti, soprattutto per quanto riguarda la valutazione e la gestione dei rischi psicosociali; invita la Commissione a istituire meccanismi per la prevenzione dell'ansia, della depressione e del burnout e per il reinserimento nel mondo del lavoro di coloro che sono affetti da problemi psicosociali; ricorda che un approccio individuale e organizzativo al lavoro1 è fondamentale a tal fine; osserva, tuttavia, che tali condizioni sanitarie possono dipendere da una serie di fattori; invita la Commissione, in consultazione con le parti sociali, a rivedere la sua raccomandazione del 19 settembre 2003 sull'elenco europeo delle malattie professionali2 integrandovi i disturbi muscolo-scheletrici legati al lavoro, i disturbi della salute mentale legati al lavoro, in particolare la depressione, il burnout, l'ansia e lo stress, tutte le malattie legate all'amianto e i tumori della pelle e le infiammazioni reumatiche e croniche; invita la Commissione, previa consultazione delle parti sociali, a trasformare tale raccomandazione in una direttiva che stabilisca un elenco minimo di malattie professionali e definisca i requisiti minimi per il loro riconoscimento e un adeguato risarcimento per le persone interessate;

29. riconosce che, nel quadro degli sforzi volti ad affrontare i rischi psicosociali, gli ispettorati nazionali del lavoro possono svolgere un ruolo importante imponendo interventi preventivi e/o correttivi nei contesti lavorativi; invita l'Autorità europea del lavoro a impegnarsi per una strategia comune affinché gli ispettorati del lavoro nazionali possano affrontare i rischi psicosociali, anche elaborando un quadro comune che contempli la valutazione e la gestione dei rischi psicosociali e risponda alle diverse esigenze di formazione degli ispettori del lavoro;

30. sottolinea che il nuovo quadro strategico dell'UE per la salute e la sicurezza sul lavoro per il periodo 2021-2027, pur rilevando giustamente la necessità di modificare l'ambiente di lavoro per affrontare i rischi per il benessere psicosociale, si concentra soltanto su interventi individuali, che rappresentano una parte limitata della mitigazione dei rischi psicosociali; sottolinea l'urgente necessità di una base comune per salvaguardare la salute mentale di tutti i lavoratori in tutta l'UE, in quanto essi non sono tutelati in modo uniforme in tutti gli Stati membri, nemmeno nell'ambito dell'attuale legislazione dell'UE; invita la Commissione, a questo proposito, a proporre un'iniziativa legislativa, in consultazione con le parti sociali, sulla gestione dei rischi psicosociali e sul benessere al lavoro, al fine di prevenire efficacemente i rischi psicosociali sul luogo di lavoro, anche online, fornire formazione ai dirigenti e ai lavoratori, valutare periodicamente i progressi e migliorare l'ambiente di lavoro; ritiene che le politiche preventive in materia di salute e sicurezza sul lavoro debbano coinvolgere anche le parti sociali nell'individuazione e nella prevenzione dei rischi psicosociali; osserva che indagini anonime presso i dipendenti, come questionari e altri esercizi di raccolta di dati, possono fornire informazioni utili sulla misura e sulle ragioni dello stress vissuto dai dipendenti, rendendo più facile per la dirigenza individuare i problemi e apportare eventuali adeguamenti;

31. invita la Commissione e gli Stati membri a tenere conto delle più recenti ricerche e prove scientifiche sulla salute mentale, in particolare per quanto riguarda il potenziale degli approcci innovativi nel trattamento della salute mentale; incoraggia la Commissione a seguire da vicino e monitorare le buone pratiche che sono già state attuate con successo in questo settore e ad agevolare lo scambio di tali buone pratiche tra gli Stati membri; invita gli Stati membri, in particolare, a garantire l'esistenza di comitati per la salute e la sicurezza sul luogo lavoro al fine di fornire valutazioni dei rischi più accurate e frequenti e rafforzare le prerogative dei comitati per la salute e la sicurezza esistenti, conferendo loro il diritto di avvalersi di esperti esterni e di valutazioni indipendenti di terze parti dell'esposizione ai rischi psicosociali legati al lavoro;

32. considera essenziale che ai dirigenti sia messa a disposizione la formazione psicosociale necessaria per adattarsi alle pratiche di organizzazione del lavoro e promuovere una comprensione profonda dei problemi di salute mentale nel luogo di lavoro; ritiene altrettanto essenziale che i lavoratori ricevano anche una formazione in materia di prevenzione dei rischi psicosociali legati al lavoro; incoraggia i datori di lavoro a promuovere approcci, politiche e pratiche positivi per una buona salute mentale e il benessere sul lavoro; sottolinea a tal fine che le imprese potrebbero prendere in considerazione la possibilità di designare e formare un dipendente di riferimento per la salute mentale o di predisporre una sezione dedicata nella piattaforma di comunicazione interna per il loro luogo di lavoro con informazioni per indirizzare i dipendenti verso i servizi di salute mentale; ritiene che le parti sociali potrebbero svolgere un ruolo centrale nell'elaborazione e nell'attuazione di tale formazione e sottolinea la particolare necessità di fornire agli ispettorati del lavoro una formazione per garantire che possano proteggere adeguatamente i lavoratori;

33. invita la Commissione e gli Stati membri a riconoscere e fare conoscere l'impatto sulla salute mentale dei lavoratori di disturbi neurologici altamente diffusi e debilitanti come l'emicrania; rileva il valore della sensibilizzazione sul luogo di lavoro circa l'importanza di identificare e prevenire l'emicrania evitando i fattori che la scatenano;

34. invita gli ispettorati del lavoro nell'UE a concentrarsi, nelle loro ispezioni, sull'ambiente di lavoro psicosociale; invita il comitato della Commissione degli alti responsabili dell'ispettorato del lavoro a proporre una nuova campagna sui rischi psicosociali, basata sui risultati della campagna del 2012 e sugli sviluppi più recenti;

Un mondo del lavoro moderno per il benessere dei lavoratori

35. sottolinea che, data la mancanza di sostegno adeguato per la salute mentale e di politiche preventive sul luogo di lavoro, i dipendenti devono spesso affidarsi a servizi privati a costi difficili da sostenere e ai servizi di organizzazioni non governative (ONG) e di strutture ospedaliere nazionali, che possono avere lunghe liste d'attesa ed essere esse stesse carenti in termini di sostegno e risorse; invita i luoghi di lavoro a garantire che i dipendenti dispongano di un sostegno e di soluzioni accessibili, professionali e imparziali in materia di salute mentale, nel debito rispetto della vita privata dei lavoratori e della riservatezza, e invita gli Stati membri a garantire che l'assistenza sanitaria pubblica comprenda un facile accesso alla consulenza a distanza;

36. incoraggia la Commissione a lanciare iniziative di educazione e sensibilizzazione sulla salute mentale sul luogo di lavoro e nei programmi scolastici e invita la Commissione e gli Stati membri a sfruttare i fondi dell'UE per creare piattaforme e applicazioni digitali per la salute mentale; invita la Commissione a esaminare la fattibilità dell'istituzione di un numero di assistenza telefonica comune a livello dell'UE per il sostegno alla salute mentale; invita la Commissione, a tale proposito, a fornire una dotazione di bilancio adeguata per i pertinenti programmi dell'UE; esorta la Commissione a proclamare il 2023 Anno europeo della buona salute mentale al fine di realizzare le summenzionate iniziative di educazione e sensibilizzazione in materia di salute mentale;

37. invita gli Stati membri a garantire che gli enti locali e altre autorità pubbliche competenti dispongano di personale e risorse pubbliche sufficienti per fornire supporto e servizi di salute mentale a chiunque ne abbia bisogno;

38. riconosce che la mancanza di dati statistici sulla diffusione dei problemi di salute mentale sul luogo di lavoro, in particolare per le PMI e i relativi titolari e per i lavoratori autonomi, incide sulla necessità di adottare provvedimenti urgenti; invita gli Stati membri, Eurostat, le istituzioni pubbliche, gli esperti, le parti sociali e la comunità dei ricercatori a collaborare e raccogliere dati aggiornati sui rischi di malattia mentale connessi al lavoro e sui relativi impatti negativi, disaggregati per genere e altri aspetti pertinenti, nonché dati sull'efficacia dei diversi tipi di interventi al fine di promuovere una migliore salute mentale sul luogo di lavoro in modo armonizzato;

39. invita gli Stati membri a valutare la possibilità di creare servizi locali o regionali di intermediazione per i rischi psicosociali, che offrano consulenza e supporto tecnico ai lavoratori autonomi e ai datori di lavoro, ai dirigenti e ai lavoratori delle microimprese e delle PMI in merito alla prevenzione dei rischi psicosociali e ai conflitti psicosociali sul luogo di lavoro, nonché diffondano informazioni sui rischi psicosociali e sulla loro prevenzione; esprime preoccupazione per il fatto che gli imprenditori e le PMI necessitano di un sostegno particolare per gestire l'impatto dei fattori di pressione e stress quotidiani e per promuovere la consapevolezza della salute mentale sul luogo di lavoro, e chiede iniziative dell'UE per assisterli nella valutazione dei rischi, nelle campagne di prevenzione e di sensibilizzazione e nella messa in atto di buone pratiche; sottolinea il ruolo dell'EU-OSHA nel fornire alle microimprese e alle PMI gli strumenti e le norme necessari per valutare i rischi per la loro forza lavoro e attuare misure di prevenzione adeguate; sostiene il rafforzamento dell'EU-OSHA a tal riguardo, al fine di promuovere maggiormente luoghi di lavoro sani e sicuri nell'Unione e di sviluppare ulteriormente iniziative volte a migliorare la prevenzione sul luogo di lavoro in tutti i settori di attività;

40. sottolinea che la salute mentale dei giovani è notevolmente peggiorata durante la pandemia e che le giovani donne e i giovani in situazioni emarginate sono stati colpiti più duramente; si rammarica che i giovani non siano i destinatari di investimenti nella ricerca sulla salute mentale, nonostante gli evidenti benefici a lungo termine che avrebbe un intervento precoce; sottolinea che il 64 % dei giovani tra i 18 e i 34 anni era a rischio di depressione nel 2021 a causa della mancanza di occupazione, di prospettive finanziarie e di istruzione, nonché della solitudine e dell'isolamento sociale; sottolinea che uno dei migliori strumenti per affrontare i problemi di salute mentale1 tra i giovani è fornire loro prospettive significative di istruzione e occupazione di qualità; invita la Commissione ad affrontare le distorsioni nell'accesso al mercato del lavoro che hanno esposto i giovani a un maggiore rischio di disturbi mentali e a prendere misure per aiutare i giovani ad accedere a un'occupazione adeguata e a conservarla;

41. invita la Commissione e gli Stati membri, in collaborazione con il Parlamento e nel rispetto del principio di sussidiarietà, a proporre un quadro giuridico comune per garantire un'equa remunerazione per i tirocini e gli apprendistati, al fine di evitare pratiche di sfruttamento; invita la Commissione a elaborare una raccomandazione per assicurare che i tirocini, gli apprendistati e i programmi di inserimento professionale vengano considerati esperienze lavorative e che garantiscano, di conseguenza, l'accesso alle prestazioni sociali;

42. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

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Fonte: Parlamento europeo

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Covid-19 | Contagi sul lavoro denunciati all’INAIL: Schede 30 Giugno 2022

ID 17183 | | Visite: 1119 | News Sicurezza

Covid 19   Contagi sul lavoro denunciati all INAIL Schede 30 Giugno 2022

Covid-19 | Contagi sul lavoro denunciati all’INAIL: Schede 30 Giugno 2022

ID 17183 | 27.07.2022

Nel primo semestre di quest’anno denunciati all’Inail quasi 81mila contagi sul lavoro da Covid-19.

A rilevarlo è il 28esimo report elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell'Istituto, da cui emerge che le infezioni di origine professionale segnalate all'Istituto dall'inizio della pandemia alla data dello scorso 30 giugno sono più di 278mila, pari a circa un quinto del totale degli infortuni registrati dal gennaio 2020, e i casi mortali 877.

I contagi sul lavoro da Covid-19 denunciati all'Inail dall’inizio della pandemia alla data dello scorso 30 giugno sono 278.431, pari a circa un quinto del totale delle denunce di infortunio pervenute all’Istituto dal gennaio 2020 e con un’incidenza dell’1,5% rispetto al complesso dei contagiati nazionali comunicati dall’Istituto superiore di sanità alla stessa data. A fare il punto della situazione sulle infezioni di origine professionale da nuovo Coronavirus è il 28esimo report nazionale elaborato dalla Consulenza statistico attuariale (Csa) dell’Inail, pubblicato oggi insieme alla versione aggiornata delle schede di approfondimento regionali.

L'incremento rispetto al dato di fine aprile è del 6,8%. Rispetto alle 260.750 denunce registrate dal monitoraggio dello scorso 30 aprile, a partire dal quale il report della Csa viene pubblicato con cadenza bimestrale, i casi in più sono 17.681 (+6,8%), di cui 4.124 riferiti a giugno, 5.847 a maggio, 4.620 ad aprile, 1.107 a marzo, 514 a febbraio e 1.021 a gennaio 2022, mentre gli altri 448 casi sono per il 76,6% riferiti al 2021 e il restante 23,4% al 2020. Il consolidamento dei dati, infatti, permette di acquisire informazioni non disponibili nelle rilevazioni e nei mesi precedenti.

Tra gennaio e marzo superato il numero di tutto il 2021. Con 80.994 contagi il primo semestre 2022 pesa al momento per il 29,1% sul totale delle infezioni denunciate. Nei primi tre mesi di quest’anno, in particolare, si sono superati i casi registrati nell’intero 2021. Gennaio si colloca per numero di contagi denunciati (29.615) solo dopo novembre 2020 e i mesi successivi, anche se tendenzialmente in decrescita, risultano tra quelli con più casi dal gennaio 2021 in poi. Il 2020, con 148.900 infezioni, raccoglie il 53,5% di tutti i casi denunciati fino al 30 giugno 2022, con il mese di novembre al primo posto con 40.823 contagi, seguito da marzo con 28.698. Il 2021, con 48.537 denunce, rappresenta invece il 17,4% del totale dei contagi, con gennaio al primo posto (14.820 casi) e dicembre al secondo (9.278).

Confermato il calo dei decessi. Il nuovo report dell'Inail conferma il trend in diminuzione dei casi mortali. Salvo consolidamenti rilevabili nei prossimi monitoraggi, tra gennaio e giugno di quest’anno sono stati denunciati 11 decessi, pari all’1,3% degli 877 casi mortali segnalati dall’inizio della pandemia. Rispetto agli 858 rilevati alla fine di aprile, i decessi sono 19 in più, di cui cinque avvenuti nel 2022, 10 nel 2021 e quattro nel 2020. Con 580 casi mortali da Covid-19, il 2020 raccoglie il 66,1% di tutti i decessi da contagio denunciati fino allo scorso 30 giugno, con aprile (195 casi mortali) e marzo (145) ai primi due posti. Il 2021, con 286 decessi, pesa invece per il 32,6% sul totale.

L'età media dei contagiati è di 46 anni, il 68,3% sono donne. A morire sono soprattutto gli uomini (82,9%), ma la maggioranza delle infezioni di origine professionale riguarda le donne. La quota delle lavoratrici contagiate sul totale dei casi, infatti, è pari al 68,3%. La componente femminile supera quella maschile in tutte le regioni, con le sole eccezioni della Sicilia e della Campania, dove l’incidenza delle donne sul totale dei contagi denunciati all’Inail è, rispettivamente, del 49,1% e del 48,1%. L’età media dei contagiati dall’inizio della pandemia è di 46 anni per entrambi i sessi, ma nell’ultimo mese di rilevazione è salita a 47 anni. Il 41,4% del totale delle denunce riguarda la classe 50-64 anni, seguita dalle fasce 35-49 anni (36,5%), under 35 anni (20,1%) e over 64 anni (2,0%). Gli italiani sono l’88,2%, mentre il restante 11,8% delle denunce riguarda lavoratori stranieri. Le nazionalità più colpite sono quelle rumena (20,8% dei contagiati stranieri), peruviana (12,3%), albanese (8,0%), moldava e svizzera (4,4% ciascuna) ed ecuadoriana (4,0%).

In giugno più casi in provincia di Roma. L’analisi territoriale evidenzia una distribuzione delle denunce del 40,7% nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 23,8%), del 22,2% nel Nord-Est (Veneto 10,7%), del 16,7% al Centro (Lazio 8,0%), del 14,3% al Sud (Campania 7,0%) e del 6,1% nelle Isole (Sicilia 4,3%). Le province con il maggior numero di contagi da inizio pandemia sono quelle di Milano (9,7%), Torino (6,5%), Roma (6,4%), Napoli (4,4%), Genova (3,0%), Brescia (2,9%), Verona e Venezia (2,2% ciascuna), Varese, Treviso e Firenze (2,0% ciascuna), Vicenza, Bologna e Monza e Brianza (1,9% ciascuna). Concentrando l’attenzione sui contagi avvenuti nel giugno di quest'anno, la provincia che ne registra il maggior numero è quella di Roma, con il 13,4% del totale, seguita da Milano, Genova, Torino, Brescia, Napoli, Monza e Brianza, Palermo, Latina, Reggio Calabria, Salerno, Cuneo e Treviso. Le province che hanno registrato gli incrementi percentuali maggiori rispetto al monitoraggio di fine aprile, non per contagi avvenuti nell’ultimo bimestre ma per il consolidamento dei dati in mesi precedenti, sono invece quelle di Salerno, Latina, Messina, Isernia, Imperia, Chieti, Caserta e Cagliari.

Nella sanità e assistenza sociale il 21,5% dei morti. Il 63,3% delle denunce da Covid-19 e il 21,5% dei casi mortali rientrano nel settore della sanità e assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili…), che ha mostrato un andamento altalenante delle denunce, con aumenti più evidenti nelle fasi più acute della pandemia – i livelli massimi si sono registrati a novembre e dicembre 2020, a marzo dello stesso anno e a gennaio 2022 – e livelli più bassi in corrispondenza dei periodi estivi del 2020 e del 2021 (con il minimo storico di 63 denunce a giugno 2021). Nel primo semestre 2022 i contagi mostrano un andamento tendenzialmente decrescente e si attestano a circa 1.200 casi nel mese di giugno.

L’incidenza per settore produttivo. In termini di incidenza sul totale delle infezioni denunciate, la sanità e assistenza sociale ha avuto riduzioni tra febbraio e giugno 2021, per poi mostrare segnali di ripresa nel secondo semestre dell’anno, proseguiti e addirittura amplificati nel primo semestre 2022, in cui sono stati registrati livelli di incidenza molto vicini a quelli osservati nei periodi più acuti della pandemia. Per altri comparti produttivi come quello del trasporto e magazzinaggio, al terzo posto per numero di contagi (7,8% del totale) e al secondo per decessi (15,3%), nel corso del 2021, ma anche tra gennaio e giugno di quest’anno, sono state rilevate incidenze di infezioni di origine professionale maggiori rispetto al 2020. Nel caso del trasporto e magazzinaggio, inoltre, a gennaio 2022 è stato raggiunto anche il numero più alto di denunce da inizio pandemia (quasi 3.700), in flessione poi a partire da febbraio fino ai 343 casi di giugno.

L’analisi per professione dell’infortunato. La categoria professionale più colpita è quella dei tecnici della salute, con il 37,6% delle denunce, l’82,3% delle quali relative a infermieri, e il 9,1% dei casi mortali (due terzi infermieri). Le altre professioni più coinvolte sono quelle degli operatori socio-sanitari (16,3%), dei medici (9,4%, oltre un terzo internisti e generici), degli operatori socio-assistenziali e degli impiegati amministrativi (5,6% per entrambe), e del personale non qualificato nei servizi sanitari, che comprende ausiliari, portantini e barellieri (4,4%).

Con la ripresa delle attività trend in aumento per alcune categorie. Dopo i due picchi in corrispondenza di marzo e novembre 2020, si osserva un calo significativo delle infezioni denunciate a partire da febbraio-marzo 2021, con incidenze in riduzione per alcune categorie, tra le quali le professioni sanitarie, che nel secondo semestre dell’anno scorso, e ancor di più nel primo semestre del 2022, mostrano però segnali di ripresa. Altre professioni, con la ripresa delle attività, hanno visto aumentare l’incidenza dei casi di contagio rispetto al 2020. È il caso, per esempio, degli impiegati addetti alla segreteria e agli affari generali, degli impiegati addetti al controllo di documenti e allo smistamento e recapito della posta, degli insegnanti di scuola primaria e degli impiegati addetti agli sportelli e ai movimenti di denaro.

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Fonte: INAIL

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Decreto 9 marzo 2007 / Decreto 16 febbraio 2007 - Resistenza fuoco strutture - VVF Luglio 2022

ID 17124 | | Visite: 3352 | News Prevenzioni Incendi

Resistenza fuoco strutture

Decreto 9 marzo 2007 / Decreto 16 febbraio 2007 - Resistenza fuoco strutture - Testi Consolidati VVF Luglio 2022

ID 17124 | 20 Luglio 2022 / Download Scheda

Aggiornati da VVF a Luglio 2022 il Decreto 16 febbraio 2007 ed il Decreto 9 marzo 2007, rispettivamente su:

- Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti da costruzione
- Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni soggette VVF

Decreto 16 febbraio 2007 / Consolidato Luglio 2022

Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione. (GU n. 74 del 29.3.2007- SO n. 87)

Info e download



Decreto 9 marzo 2007 / Consolidato Luglio 2022

Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. (G.U. n. 74 del 29 marzo 2007)

Info e download


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Intelligenza artificiale per la gestione del personale: implicazioni per la SSL

ID 17326 | | Visite: 1457 | Documenti Sicurezza UE

Intelligenza artificiale per la gestione del personale

Intelligenza artificiale per la gestione del personale: implicazioni per la SSL

ID 17326 | 11.08.2022

La presente relazione evidenzia i rischi e le opportunità legati alla salute e sicurezza sul lavoro dei sistemi di gestione del personale basati sull’IA. La ricerca e i risultati sono supportati dall’analisi dei dati della terza indagine europea tra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti e da interviste approfondite ad esperti.

Lo studio esamina, inoltre, possibili misure di prevenzione, sottolineando la necessità di approcci incentrati sull’uomo e sulla «prevenzione attraverso la progettazione» per garantire la salute, la sicurezza e il benessere dei lavoratori. Viene presentata una serie di raccomandazioni per affrontare i rischi connessi all’uso dei sistemi di gestione del personale basati su IA nel luogo di lavoro.

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Fonte: EU OSHA

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DPCM 26 luglio 2022

ID 17262 | | Visite: 4779 | News Sicurezza

Linee guida dispositivi purificazione aerazione ambienti scolastici

DPCM 26 luglio 2022 | Linee guida aerazione ambienti scolastici

ID 17262 | 03.08.2022

Linee guida sulle specifiche tecniche in merito all'adozione di dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di aerazione e agli standard minimi di qualita' dell'aria negli ambienti scolastici e in quelli confinati degli stessi edifici.

(GU n.180 del 03.08.2022)

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Art. 1.

1. Ai sensi dell’art. 13 -bis , comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2022, n. 11, sono definiti le linee guida sulle specifiche tecniche in merito all’adozione di dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di aerazione e gli standard minimi di qualità dell’aria negli ambienti scolastici e in quelli confinati degli stessi edifici, contenuti nel documento recante «Linee guida sulle specifiche tecniche in merito all’adozione di dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di aerazione e agli standard minimi di qualità dell’aria negli ambienti scolastici e in quelli confinati degli stessi edifici», allegato al presente decreto, che ne costituisce parte integrante.

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ALLEGATO

LINEE GUIDA SULLE SPECIFICHE TECNICHE IN MERITO ALL’ADOZIONE DI DISPOSITIVI MOBILI DI PURIFICAZIONE E IMPIANTI FISSI DI AERAZIONE E AGLI STANDARD MINIMI DI QUALITÀ DELL’ARIA NEGLI AMBIENTI SCOLASTICI E IN QUELLI CONFINATI DEGLI STESSI EDIFICI.

Le presenti linee guida, redatte sulla base del parere dell’Istituto superiore di sanità (AOO-ISS PRE16 n. 25450 del 30 giugno 2022) contengono raccomandazioni operative, ai sensi dell’art. 13 -bis , comma 2 del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, così come introdotto dalla legge di conversione 18 febbraio 2022, n. 11, relative a: specifiche tecniche in merito all’adozione di dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di aerazione; standard minimi di qualità dell’aria negli ambienti scolastici e in quelli confinati degli stessi edifici.

1. PREMESSA

La qualità dell’aria indoor, sia dal punto di vista degli inquinanti che della carica microbica, è un requisito essenziale per il mantenimento della buona salute della popolazione scolastica e per il suo sviluppo conoscitivo.

Solide evidenze, disponibili sugli effetti e gli impatti sulla salute di numerosi inquinanti dell’aria, hanno permesso l’identificazione di standard e valori soglia, raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e adottati in molte legislazioni nazionali.

La pandemia COVID-19 ha anche generato una grande attenzione verso gli agenti microbiologici aerodispersi, per i quali tuttavia non esistono standard.

Per migliorare la gestione degli ambienti scolatici e contenere i possibili rischi per la salute è importante garantire una buona qualità dell’aria negli ambienti scolastici, prestando attenzione alle fonti degli inquinanti chimici e dei patogeni, sia interne che esterne, alla gestione delle attività, al numero di occupanti, alla natura e configurazione degli spazi, alle misure preventive in atto, ecc.

Tutte queste variabili possono influire sensibilmente sulla qualità dell’aria di una classe, così come l’utilizzo di dispositivi di sanificazione, purificazione/ventilazione. L’utilizzo dei suddetti dispositivi è di giovamento solo se comporta un miglioramento dell’aria indoor.

È possibile, ad esempio, che la semplice ventilazione delle aule attraverso l’apertura delle finestre possa migliorare sensibilmente la qualità dell’aria, favorendo la diluizione e la riduzione sia di agenti chimici liberati all’interno (es. da materiali, arredi e finiture, attrezzatture didattiche, prodotti per la pulizia, ecc.), sia di virus e batteri rilasciati dagli occupanti. Le fonti esterne di inquinanti in prossimità delle aule (es. parcheggi di mezzi a motore in prossimità delle finestre) sono ulteriori elementi da considerare.

Allo stesso modo, l’osservanza di semplici norme quali il divieto di fumo in tutto il perimetro scolastico, l’assenza di arredi e materiali inquinanti, l’igiene e trattamento di pavimenti e superfici, ecc., è un prerequisito importante in questo contesto.

In altre parole, si raccomanda che l’utilizzo di dispositivi aggiuntivi di sanificazione, purificazione e ventilazione sia preso in considerazione solo una volta che le misure sopra indicate in modo esemplificativo siano state identificate e intraprese, e ciononostante, sia dimostrato che la qualità dell’aria non sia adeguata.

La qualità dell’aria indoor , viene valutata attraverso attività di monitoraggio di alcuni parametri di base (ad es. CO 2, formaldeide, benzene, PM 10 , PM 2,5 , temperatura, umidità relativa-UR%), per promuovere le azioni di miglioramento degli impatti sulla salute, quale attività propedeutica di competenza di enti o personale preposto o comunque qualificato.

Qualora le valutazioni tecniche individuassero la necessità di ricorrere a dispositivi/apparecchi specifici per la purificazione/sanificazione degli ambienti, ad integrazione delle altre azioni di prevenzione e riduzione del rischio, tra le quali anche l’ottimizzazione dei ricambi dell’aria mediante l’apertura delle finestre, i dispositivi dovranno essere selezionati sulla base delle specifiche tecniche (di seguito riportate come raccomandazioni generali e requisiti del sistema) descritte genericamente nel presente documento.

La scelta della soluzione tecnica più idonea, a cura di personale qualificato, deve tenere conto anche degli obiettivi che si intendono raggiungere con l’utilizzo di tali dispositivi. Occorre, inoltre, considerare possibili controindicazioni dei dispositivi, quali emissioni, rumori, rischi per la sicurezza, costi di acquisto e di esercizio, eventuali emissioni e consumi energetici.

È importante sottolineare che l’utilizzo di apparecchi di sanificazione, igienizzazione e purificazione dell’aria provvisti di sistemi di filtraggio delle particelle e di distruzione di microrganismi presenti nell’aria e sulle superfici negli ambienti indoor per il contrasto alla pandemia deve essere finalizzato a integrare, e non sostituire, le principali misure anti-contagio e non può prescindere da o escludere la valutazione delle condizioni microclimatiche e della qualità dell’aria indoor e outdoor , i materiali, i prodotti e le tecnologie di costruzione, le conoscenze e i modelli di comportamento degli occupanti che tengano conto delle misure di prevenzione vigenti e verifica della loro attuazione, la gestione dei rifiuti, le politiche di sostenibilità, e altre soluzioni già presenti o pianificate per il miglioramento della qualità dell’aria indoor e delle superfici.

L’utilizzo dei predetti apparecchi, quindi, non comporta, di per sé e in via automatica, l’adozione di ulteriori misure sanitarie anti-contagio (quali dispositivi di protezione delle vie aeree, distanziamento, ecc...), la cui previsione rimane demandata ad espresse disposizioni da parte delle autorità competenti, in relazione all’andamento del quadro epidemiologico.

2. FINALITÀ

Il presente documento, alla luce della complessità dei problemi e sulla base di quanto previsto alla legge 18 febbraio 2022, n. 11 (Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 41 del 18 febbraio 2022), è finalizzato a fornire indicazioni sugli «apparecchi di sanificazione, igienizzazione e purificazione dell’aria negli ambienti provvisti di sistemi di filtraggio delle particelle e di distruzione di microrganismi presenti nell’aria» come richiamati nella stessa legge.

Inoltre, come specificatamente richiesto dalla stessa disposizione, il documento riporta alcune indicazioni sugli « standard minimi di qualità dell’aria negli ambienti scolastici e in quelli confinati degli stessi edifici» «in relazione al presente quadro epidemiologico e alle conoscenze sulla dinamica dei contagi da virus aerei».

[...]

3. QUALITÀ DELL’ARIA INDOOR
4. VENTILAZIONE NATURALE E MECCANICA
5. CONSIDERAZIONI GENERALI PER LA SCELTA DEI DISPOSITIVI
5.1 RACCOMANDAZIONI PER GLI UTILIZZATORI DEI DISPOSITIVI
6. REQUISITI DI SISTEMA (sezione destinata ai fabbricanti/ responsabili dell’immissione sul mercato)
6.1 DATI IDENTIFICATIVI E INFORMAZIONI SUL SISTEMA
6.2 RICAMBIO D’ARIA
6.3 CONSIDERAZIONI SULLA SICUREZZA DEI SISTEMI CHE SI BASANO SULL’AZIONE DI AGENTI CHIMICI
6.4 SICUREZZA DEI SISTEMI CHE SI BASANO SULL’AZIONE DI AGENTI FISICI
6.5 MISURE DI GESTIONE DEL RISCHIO
6.6 EFFICACIA MICROBIOLOGICA
6.7 SISTEMI DI PURIFICAZIONE DELL’ARIA CHE VANTANO LA CAPACITÀ DI RIMUOVERE IL PARTICOLATO PER MEZZO DI FILTRI
6.8 SCHEDA TECNICA DELL’APPARECCHIO
6.9 MANUALE D’USO E MANUTENZIONE
6.10 CERTIFICAZIONI
DEFINIZIONI

ALLEGATO A
Esempio di documentazione (da prodursi a cura dei fabbricanti/responsabili della immissione sul mercato) utile ai fini della valutazione/selezione

ALLEGATO B - SCHEDA TECNICA (Schema esemplificativo)

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Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 30690 | 04 Agosto 2022

ID 17279 | | Visite: 1085 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale, Sez. 3 del 04 agosto 2022 n. 30690

Modifica del dispositivo di segnalazione luminosa del carrello elevatore: mancanza di formazione e prassi non conformi

Penale Sent. Sez. 3 Num. 30690 Anno 2022
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: GAI EMANUELA
Data Udienza: 23/06/2022

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di Ancona, con sentenza del 23 novembre 2016, ha condannato B.G., alla pena di € 3.200,00 di ammenda, perché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 71, comma 4 lett. a) punto 1, e 87, comma 2 lett. c) d.lgs n. 81 del 2008, perché quale datore di lavoro, titolare della ditta individuale DEMA di B.G., non controllava che l'attrezzatura, denominata carrello elevatore Detas Robustus tipo SE15, venisse utilizzata in conformità delle istruzioni d'uso, in particolare non impediva che sulla suddetta attrezzatura venisse coperto il dispositivo di segnalazione luminosa. In Fabriano il 23 novembre 2017.

2. Avverso la sentenza il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi.

- Violazione di cui all'art. 606 comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all'affermazione della responsabilità. Il Tribunale avrebbe ritenuto la responsabilità del ricorrente su base oggettiva. La finalità del d.lgs n. 81 del 2008 è quella di prevenire o quantomeno contenere gli infortuni sul lavoro, detta normativa pone il datore di lavoro, principale destinatario delle norme antinfortunistiche, in una posizione di garanzia nei confronti dei suoi dipendenti e sottoposti, ma da ciò non può in alcun modo derivare una responsabilità oggettiva in capo allo stesso. Il Tribunale avrebbe ritenuto responsabile il ricorrente nonostante fosse emerso l'atto del tutto abnorme del lavoratore che aveva manomesso il macchinario in questione, e da ciò avrebbe tratto in via oggettiva la responsabilità penale per la violazione della norma antinfortunistica.
- Violazione di cui all'art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione al travisamento della prova, segnatamente della testimonianza del lavoratore che aveva ammesso di avere manomesso il macchinario in quell'unica occasione nella quale era avvenuto l'infortunio.
- Violazione di cui all'art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione alla violazione del principio di colpevolezza, assenza di giudizio controfattuale tra la violazione della norma antinfortunistica e l'evento. Il Tribunale non avrebbe considerato la formazione dei dipendenti e la impossibilità del controllo da parte dello stesso sulle modalità di utilizzo dell'attrezzatura nello specifico caso.

3. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

4. Il ricorso è inammissibile.

I motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, sono, in parte, diretti a richiedere una diversa valutazione delle prove e segnatamente una diversa valutazione delle testimonianze secondo cui la manomissione del segnale luminoso del carrello elevatore sarebbe stata eseguita dal lavoratore S. la cui condotta non sarebbe stata prevedibile, e, dall'altra, sono manifestamente infondati nella parte in cui censurano, secondo la prospettazione difensiva, l'affermazione di responsabilità in via oggettiva ed in assenza di rimprovero a titolo di colpa in capo al ricorrente che aveva adempiuto gli obblighi di formazione dei lavoratori.

5. In tema di reati colposi, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che l'obbligo di prevenzione gravante sul datore di lavoro non è limitato al solo rispetto delle norme tecniche, ma richiede anche l'adozione di ogni ulteriore accortezza necessaria ad evitare i rischi di nocumento per i lavoratori, purché ciò sia concretamente specificato in regole che descrivono con precisione il comportamento da tenere per evitare il verificarsi dell'evento (Sez. 4, n. 5273 del 21/09/2016, Ferrentino e altri, Rv. 270380).
La responsabilità per colpa, infatti, non fonda unicamente sulla titolarità di una posizione gestoria del rischio, come affermato da Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, ma presuppone l'esistenza - e la necessità di dare applicazione nel caso concreto a - delle regole aventi specifica funzione cautelare, perché esse indicano quali misure devono essere adottate per impedire che l'evento temuto si verifichi (Sez. 4, n. 12478 del 19/11/2015, Barberi e altri, Rv. 267813). Dovere di diligenza e regola cautelare si integrano definendo nel dettaglio il concreto e specifico comportamento doveroso e ciò assicura che non si venga chiamati a rispondere penalmente per la sola titolarità della posizione e pertanto a titolo di responsabilità oggettiva.

6. La sentenza, invero, dopo aver enunciato gli obblighi ricadenti sul datore di lavoro, ex art. 71 comma 4 del d.lgs n. 81 del 2008, rileva, quanto all'obbligo di formazione e informazione dei dipendenti in ordine al corretto uso dei macchinari e delle norme di prevenzione, che il ricorrente non aveva allegato alcunchè, né fornito alcuna documentazione attestante l'informazione e la formazione dei dipendenti, né ha allegato di avere delegato terzi all'uopo, e, considerato che il B.G. era il titolare di una ditta individuale e che, stando alle testimonianze, il medesimo era sempre presente in azienda (cfr. pag. 6), e che tenuto conto delle contestazioni non vi era nesso di causalità tra la violazione della norma cautelare e l'infortunio occorso al dipendente, ha tratto la prova della contestazione mossa ritenendo dimostrata la carenza informativa sul corretto utilizzo dell'attrezzatura e della tolleranza del medesimo di prassi non conformi al corretto utilizzo dell'attrezzatura in questione, che era stata modificata nella parte del dispositivo di segnalazione luminosa il quale era stato ricoperto.
La responsabilità penale è stata congruamente argomentata ed è fondata su rimprovero a titolo di colpa.
Il comportamento anomalo del dipendente non esclude la violazione dell'obbligo di vigilanza in capo al B.G. considerata la sua presenza nella ditta.
A fronte di tale apparato argomentativo, esclusa in quanto manifestamente infondata, la doglianza che si appunta sulla ritenuta affermazione a titolo di responsabilità oggettiva, il ricorrente, pur denunciando il vizio di motivazione e di violazione di legge, chiede espressamente l'assoluzione dell'imputato, il che non è consentito in questa sede.

7. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa delle ricorrenti (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di € 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 23/06/2022

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Lettera circolare VVF n. 11051 del 2 agosto 2022

ID 17261 | | Visite: 4493 | Prevenzione Incendi

Lettera circolare VVF n  11051 del 2 agosto 2022

Lettera circolare VVF n. 11051 del 2 agosto 2022

ID 17261 | 03.08.2022 / In allegato Lettera circolare

Decreto del Ministro dell'interno 30 marzo 2022 - Valutazione sperimentale dei requisiti di sicurezza antincendio dei sistemi per le facciate degli edifici civili sottoposti alle norme tecniche di cui al decreto del Ministro dell'interno 3 agosto 2015.

_________

Come noto, ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n.139, con Decreto del Ministro dell'interno 30 marzo 2022 sono state approvate le norme tecniche di prevenzione incendi per le chiusure d’ambito degli edifici civili sottoposti alle norme tecniche di cui al decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015, esistenti o di nuova realizzazione. In particolare, il comma 3 dell’articolo 4 del citato decreto dispone che “nelle more della piena determinazione di metodi armonizzati con la normativa comunitaria per la valutazione sperimentale dei requisiti di sicurezza antincendio dei sistemi per le facciate degli edifici civili, ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti al punto V.13.1 delle norme tecniche in parola, potranno costituire un utile riferimento anche le valutazioni sperimentali effettuate con metodi di prova riconosciuti in uno degli Stati della Unione europea”, rimandando a successiva disposizione la individuazione di tali metodi nonché i relativi criteri di accettabilità ai fini dell’impiego, anche in funzione delle caratteristiche dell’edificio di installazione. Allo scopo si forniscono le seguenti disposizioni.

Ambito di applicazione

La presente lettera circolare individua, ai sensi del comma 3 dell’articolo 4 del Decreto del Ministro dell'interno 30 marzo 2022, i metodi di prova riconosciuti in uno degli stati membri della Unione europea per la valutazione sperimentale dei requisiti di sicurezza antincendio dei sistemi per le facciate degli edifici civili sottoposti alle norme tecniche di cui al decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015, di seguito anche metodi di prova.

Metodi di prova

I metodi di prova riconosciuti ed utilizzati in uno degli Stati della Unione europea sono richiamati nella tabella riportata in allegato 1. Con tali metodi di prova sono valutate le prestazioni relative ai seguenti principali obiettivi di sicurezza antincendio:
- limitazione della propagazione del fuoco sulla superficie, all’interno ed attraverso il sistema di facciata (intercapedini, giunzioni pavimento-facciata);
- verifica della prestazione al fuoco per sistemi che non seguono o non possono soddisfare le caratteristiche di prestazione al fuoco per i singoli componenti (es.: materiale di isolamento che non soddisfa la classe di reazione al fuoco richiesta);
- limitazione o prevenzione di caduta di parti e/o detriti/goccioline in fiamme;
- limitazione degli incendi covanti.

Criteri di accettabilità ai fini dell’impiego

Con riferimento al paragrafo V.13.4 punto 2 delle norme tecniche di prevenzione incendi per le chiusure d’ambito degli edifici civili, approvate con decreto del Ministro dell’interno 30 marzo 2022, l’installazione di sistemi per le facciate degli edifici civili che soddisfino i requisiti di sicurezza antincendio valutati sperimentalmente secondo i metodi di prova riportati in allegato 1 costituisce soluzione alternativa, nei limiti dei rispettivi campi di applicazione e secondo i rispettivi criteri di accettabilità.
Per garantire il compiuto raggiungimento degli obiettivi di sicurezza antincendio di cui al paragrafo V.13.1 tramite soluzione alternativa, gli esiti delle prove sperimentali condotte secondo i metodi di prova riportati in allegato 1 sono integrate da una valutazione da parte del professionista antincendio, che tenga conto dello specifico metodo di prova adottato, delle specifiche destinazioni d’uso dell’edificio e delle tipologie di chiusura d’ambito, di cui al punto V.13.3.

Al riguardo, ai fini della valutazione del progetto da parte del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nell’ambito delle procedure previste dalla vigente normativa, si richiamano i contenuti del paragrafo G.2.9 dell’allegato I al decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015 e s.m.i..

Infine, tenuto conto che le valutazioni in oggetto potrebbero presentare aspetti di particolare innovazione e specializzazione, si ravvisa l’opportunità che, in caso di attività o progettazioni particolarmente complesse, i Comandi acquisiscano le valutazioni del Comitato tecnico regionale per la prevenzione incendi, secondo le procedure di cui all’articolo 16 comma 3 del d.lgs. 8 marzo 2006, n.139 e s.m.i..

ALLEGATO 1

Tabella tratta dal documento della Commissione europea “Development of a European approach to assess the fire performance of facades”

Metodo di prova

Stato che utilizza il metodo di prova

PN-B-02867:2013

Polonia

BS 8414-1:2015 and BS 8414-

2:2015

Regno Unito, Irlanda

DIN 4102-20

Svizzera, Germania

ÖNORM B 3800-5

Svizzera, Austria

Technical regulation A 2.2.1.5

Germania

LEPIR 2

Francia

MSZ 14800-6:2009

Ungheria

SP Fire 105

Svezia, Norvegia, Danimarca

Engineering guidance 16

Finlandia

ISO 13785-2:2002

Slovacchia

ISO 13785-1:2002

Repubblica Ceca

Fonte: VVF

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Nota INL prot. n. 4753 del 26.07.2022

ID 17250 | | Visite: 3536 | Decreti Sicurezza lavoro

Nota INL prot  n  4753 del 26 07 2022

Nota INL prot. n. 4753 del 26.07.2022

Oggetto: Tutela dei lavoratori sul rischio legato ai danni da calore. Strumenti preventivi e indicazioni operative.

Richiamando i contenuti delle note prot. nn. 4639 del 02/07/20213783 del 22/06/2022 relativi all’oggetto, si forniscono ulteriori indicazioni operative ai fini di più incisiva attività di prevenzione dei rischi da stress termico causato dalle ondate di calore.

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FAQ Radon ISS

ID 17239 | | Visite: 2441 | Documenti Riservati Sicurezza

FAQ Radon ISS

FAQ Radon ISS

ID 17239 | 02 Agosto 2022 / Raccolta FAQ in allegato

Raccolta FAQ ISS relative al radon riguardanti:

- Le proprietà del radon e da dove proviene
- Gli effetti sulla salute del radon
- Quanto radon c’è in Italia
- Come si misura

N.B. Le FAQ sono aggiornate a settembre 2019.

Le proprietà del radon e da dove proviene

Cosa è il radon?

Il radon (Rn) è un gas inerte (inodore e incolore) e radioattivo, prodotto dal decadimento del radio, a sua volta prodotto da decadimenti successivi dell’uranio, presente in quantità diverse in tutta la crosta terrestre.

Anche se non è percepibile con i nostri sensi, il radon può essere rivelato con semplici strumenti di misura.

Per ulteriori informazioni su questo argomento e su argomenti correlati consultare la pagina Quanto radon c’è …

Qual è l’unità di misura della concentrazione di radon?

L’unità di misura della concentrazione di radon in aria è il Bq/m3. Il Becquerel (Bq) indica il numero di decadimenti di radon che avvengono in un secondo. Quindi, ad esempio, una concentrazione di 100 Bq/m3 indica che in un metro cubo di aria ogni secondo 100 atomi di radon decadono emettendo radiazioni (di tipo alfa).

In realtà solo una piccola parte degli atomi di radon decade in un secondo, in quanto la vita media di un atomo di radon è di circa 5 giorni e mezzo. Quindi se a una concentrazione di radon di 100 Bq corrispondono 100 atomi che decadono in un secondo in un metro cubo, in quello stesso metro cubo sono presenti altri circa 48 milioni di atomi di radon (che decaderanno successivamente).

Perché si trova il radon nelle case?

Il radon è un gas nobile, ossia non interagisce chimicamente con gli altri elementi. Per questo motivo, una volta formatosi in seguito al decadimento del radio, può diffondersi dal luogo di origine (suolo, materiale da costruzione) e percorrere grandi distanze prima di decadere a sua volta. In generale, il meccanismo che permette al radon di penetrare nei luoghi chiusi è la piccola depressione che esiste tra l’interno degli edifici ed il suolo, dovuta alla differenza di temperatura tra l’interno (più caldo) dell’edificio e l’esterno (più freddo). Tale depressione provoca l‘aspirazione dell’aria dal suolo, ricca di radon, verso l’interno dell’edificio.

Il radon è presente solo nelle cantine e nei luoghi sotterranei?

No, questa è una errata convinzione (purtroppo alquanto diffusa) e probabilmente legata al fatto che il peso atomico del radon è sensibilmente superiore al peso molecolare medio dell’aria. In realtà il radon è presente in tutti gli ambienti chiusi ed è presente anche all’aperto (ma in concentrazioni molto inferiori che nei luoghi chiusi).

Una parziale stratificazione del radon causata dal suo peso relativo a quello dell’aria si potrebbe riscontrare solo su una scala di molte centinaia di metri.

Chi fosse interessato ad approfondire questo argomento può leggere l’interessante articolo di Arrigo Cigna e Giovanni Baudino pubblicato nel 2008 sulla rivista americana Health Physics, Vol.95, pag.255-256.

In generale, la concentrazione di radon è maggiore negli ambienti chiusi che sono a diretto contatto con il suolo (in quanto il suolo è la principale sorgente di provenienza del radon) e quindi, tranne in alcuni casi, è maggiore nei piani più bassi di un edificio. Tuttavia, nei locali sotterranei dove è presente un impianto per il ricambio forzato dell’aria, è frequente trovare concentrazioni di radon inferiori a quelle riscontrate nei locali ai piani superiori dello stesso edificio.

Per ulteriori informazioni su questo argomento e su argomenti correlati vai alla pagina Effetti sulla salute.

Gli effetti sulla salute del radon

Il radon è un rischio per la salute?

L’esposizione al radon negli ambienti di vita e lavoro aumenta il rischio di contrarre un tumore polmonare, in modo proporzionale alla concentrazione di radon e al tempo di esposizione. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il radon è la seconda causa di tumore al polmone, dopo il fumo di sigaretta e, per i non fumatori, è la prima causa.

Perché il radon è un rischio per la nostra salute?

L’esposizione al radon costituisce un rischio per la salute per via delle radiazioni ionizzanti emesse dai suoi prodotti di decadimento.

Il radon che viene inalato è espirato quasi totalmente prima che decada (una piccola quantità si trasferisce nei polmoni, nel sangue e, quindi, negli altri organi), mentre i prodotti di decadimento del radon inalati si depositano sulle pareti dell’apparato respiratorio e da qui irraggiano (soprattutto tramite le radiazioni alfa) le cellule dei bronchi.

Le radiazioni ionizzanti possono produrre (con una probabilità tanto maggiore quanto più alta è la quantità di radon inalata) dei danni al DNA di tali cellule, danni che, se non correttamente riparati dagli appositi meccanismi cellulari, possono evolversi in un tumore al polmone.

Se la concentrazione di radon misurata nella mia abitazione è superiore ad un livello di riferimento previsto dalle normative, c’è un rischio immediato di contrarre un tumore al polmone?

L’entità del rischio dipende non solo dalla concentrazione di radon a cui è esposti, ma anche da quanto dura l’esposizione. L’aumento del rischio di contrarre un tumore polmonare connesso con l’esposizione al radon è stato stimato per esposizioni di radon protratte per lunghi periodi di tempo (25-30 anni).

Quanti tumori al polmone sono dovuti al radon in Italia?

Il rischio attribuibile al radon in Italia è stato valutato dall’ISS sulla base dei più recenti studi epidemiologici, dei dati di concentrazione di radon rappresentativi dell’esposizione della popolazione italiana nelle abitazioni, e della mortalità per tumore polmonare: 3200 casi ogni anno (la stima oscilla da un minimo di 1100 a un massimo di 5700 in relazione alle incertezze delle stime di rischio).

Esiste una concentrazione di radon al di sotto della quale non si corrono rischi?

Il rischio di sviluppare un tumore al polmone aumenta in modo lineare con la concentrazione di radon. Ad oggi non è stata trovata una concentrazione di soglia al di sotto della quale il rischio sia zero. Per cui, anche concentrazioni basse di radon possono far aumentare, anche se di poco, il rischio di tumore al polmone.

Il radon è causa anche di altri tipi di tumore oltre a quello polmonare?

Dagli studi effettuati fino ad oggi, non esistono evidenze significative che mettono in relazione il radon con altri tipi di tumore.

A parità di concentrazione di radon, il rischio è maggiore per gli uomini o per le donne?

Dagli studi effettuati in questi ultimi anni, non sono emerse differenze di rischio tra uomini e donne.

I bambini sono più a rischio rispetto agli adulti?

Gli studi effettuati fino ad oggi non permettono di stabilire se il rischio di tumore polmonare connesso all’esposizione al radon sia più alto per i bambini rispetto agli adulti.

A parità di concentrazione di radon, il rischio è maggiore per i fumatori o per i non fumatori?

Il rischio di contrarre un tumore polmonare è maggiore per i fumatori. Tale rischio è 25 volte più alto per chi fuma un pacchetto di sigarette al giorno, rispetto a chi non fuma per niente.

Al numero totale di tumori polmonari attribuibili al radon in una certa zona contribuiscono maggiormente le persone esposte ad alte concentrazioni di radon?

No, la maggior parte dei tumori attribuibili al radon colpisce persone esposte a concentrazioni medio-basse.

In generale, pur essendo maggiore il rischio per le persone esposte a concentrazioni più alte, il loro numero è notevolmente inferiore rispetto a quello delle persone esposte a concentrazioni medio-basse.

Cosa occorre fare per ridurre il rischio di tumore polmonare?

In primo luogo, se si è fumatori, bisogna fare di tutto per smettere di fumare. Infatti il rischio di tumore polmonare connesso all’esposizione al radon è molto più alto per i fumatori, a causa degli effetti combinati di radon e fumo di sigaretta. Vedi la pagina Effetti sulla salute.

In secondo luogo, bisogna misurare la concentrazione di radon nella propria abitazione e, soprattutto nel caso questa risultasse elevata, procedere a ridurla attraverso specifiche azioni di risanamento.

Nel caso si abbia intenzione di abitare in un edificio di nuova costruzione, è possibile ridurre più facilmente l’ingresso del radon al suo interno (ed il rischio ad esso associato) accertandosi che semplici azioni di prevenzione siano intraprese in fase di costruzione dell’edificio.

Per ulteriori informazioni su questo argomento e su argomenti correlati vai alla pagina Effetti sulla salute.

Quanto radon c’è in Italia

Il valore della concentrazione media nazionale, stimato nell’ambito della prima indagine nazionale degli anni 89-98, è pari a circa 70 Bq/m3. Tale valore è più alto rispetto alla media mondiale, valutata intorno a 40 Bq/m3.

Nell’ambito delle Regioni vi è una situazione molto eterogenea, con concentrazioni medie inferiori a 30 Bq/m3 (Basilicata, Calabria, Marche) fino a concentrazioni superiori a circa 100 Bq/m3 (Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Lazio).

La situazione è ancor più eterogenea all’interno delle singole Regioni, dove i valori misurati nei singoli edifici (abitazioni, scuole, luoghi di lavoro) variano tra pochi Bq/m3 ad alcune migliaia di Bq/m3.

Successivamente alla prima indagine nazionale, diverse Regioni hanno effettuato ulteriori campagne di misura, su scala regionale e/o sub-regionale, che hanno coinvolto un numero di abitazioni maggiore (rispetto a quelle campionate nell’ambito dell’Indagine Nazionale), al fine di aumentare la conoscenza della distribuzione territoriale della concentrazione di radon.

Occorre sempre sottolineare che l’unico modo per valutare adeguatamente la concentrazione di radon in un particolare luogo (ad es. la propria abitazione) è quello di eseguire una misura diretta con dispositivi e protocolli adeguati.

Quanto sono rappresentativi i valori medi di concentrazione di radon che si trovano su siti internet di enti non istituzionali?

Si possono trovare facilmente in internet mappe o tabelle dove sono riportati i valori medi di concentrazione di radon misurati in determinate zone, ad es. una Regione o un Comune.

In generale, per essere considerato “rappresentativo”, il valore medio della concentrazione di radon negli edifici di un Comune o di una Regione deve essere stato ottenuto tramite indagini effettuate su un campione “rappresentativo” della popolazione di quella regione, ad es. su un campione sufficientemente numeroso di abitazioni estratte casualmente dall’elenco completo di tutte le abitazioni di quel Comune o di quella Regione.

Talvolta, invece, i valori medi che vengono riportati su siti di enti non istituzionali si riferiscono a misure effettuate su richiesta di singoli cittadini o, comunque, effettuate nell’ambito di indagini non rappresentative dell’esposizione al radon della popolazione (ad esempio, indagini effettuate solo in abitazioni al piano terra), o includono misure effettuate in locali non abitati come le cantine, o sono ottenute misurando solo in inverno, ecc.).

In questi casi, i valori riportati forniscono quasi sempre valori sovrastimati, cioè superiori (anche di molto) ai valori medi che si ottengono con indagini rappresentative negli edifici del territorio in esame. Infatti: le misure di concentrazione di radon effettuate su richiesta di singoli cittadini sono in prevalenza richieste da chi ritiene di avere un’elevata concentrazione di radon nella propria abitazione.

Le misure di concentrazione di radon effettuate nelle abitazioni (o altri locali) al solo piano terra forniscono generalmente risultati più elevati in quanto la concentrazione di radon è generalmente più alta al piano terra rispetto ai piani superiori, in quanto la principale sorgente di radon è il suolo.

Le misure di concentrazione di radon effettuate in locali non abitati, come le cantine, forniscono generalmente risultati più elevati sia perché tali locali sono generalmente posti in seminterrati o sotterranei, sia perché non essendo abitati questi locali hanno spesso un ricambio d’aria inferiore.

Le misure di concentrazione di radon effettuate solo durante l’inverno forniscono generalmente risultati più elevati in quanto la concentrazione di radon tende ad essere superiore in inverno che in estate.

In ogni caso si rammenta che il modo più affidabile, nonché semplice ed economico, per conoscere la concentrazione di radon nella propria abitazione è fare una misura con dispositivi e protocolli adeguati.

Come fare per sapere quanto radon c’è nella propria abitazione (o nel proprio luogo di lavoro)

Perché è utile misurare la concentrazione di radon nella propria abitazione (o nel proprio luogo di lavoro)?

La misura della concentrazione di radon nella propria abitazione (o nel proprio luogo di lavoro) è l’unico modo con cui è possibile valutare il rischio associato all’esposizione al radon.

Non è possibile effettuare tale valutazione, conoscendo solo il livello medio di radon presente nella regione in cui è presente l’abitazione/luogo di lavoro (ad esempio attraverso la consultazione di “mappe” del radon).

È possibile prevedere quanto radon c’è nella propria abitazione/luogo di lavoro consultando una “mappa” di radon?

No. L’unico modo per sapere quanto radon c’è nella propria abitazione è misurare la concentrazione di radon al suo interno per mezzo di piccoli ed economici strumenti di misura.

Le “mappe” di radon sono uno strumento utile per identificare le zone nelle quali è più alta la probabilità di trovare edifici con elevate concentrazioni di radon, ma non forniscono alcuno strumento per prevedere quanto radon c’è nella propria abitazione. Anche in una zona identificata sulle mappe come “a basso contenuto di radon” possono trovarsi abitazioni con alte concentrazioni di radon.

Come si può misurare la concentrazione di radon in casa?

È possibile misurare la concentrazione di radon nella propria casa mediante l’uso di piccoli ed economici dispositivi (rivelatori) da posizionare all’interno di uno o più locali della propria abitazione (generalmente camera da letto e/o stanza da pranzo).

Le ARPA di alcune Regioni, oltre che il Servizio Radon dell’Istituto di Radioprotezione dell’ENEA, forniscono su richiesta (generalmente a pagamento) un servizio di misura di radon. La singola misura di radon ha generalmente un costo non superiore a qualche decina di euro.

(Per ulteriori informazioni su questo argomento e su argomenti correlati vai alla sottosezione Come si misura il radon).

Per quanto tempo è necessario “esporre” i rivelatori di radon nella propria abitazione (o luogo di lavoro), al fine di misurare correttamente la concentrazione media annuale?

E’ necessario esporre i rivelatori per un periodo di un anno (eventualmente diviso in due semestri consecutivi), al fine di misurare correttamente la concentrazione media annuale.

La concentrazione di radon nei luoghi chiusi è generalmente più alta in inverno che in estate, anche se questo vale in media e non in tutte le situazioni (alcune eccezioni sono possibili). Questa variabilità stagionale rende le misure effettuate su periodi più brevi di un anno non rappresentative della concentrazione media annuale, la quale è proporzionale al rischio di tumore polmonare.

[...] Segue in allegato

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Fonte: ISS

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Testo Unico Sicurezza D.Lgs. 81/2008 - 08.2022

ID 17248 | | Visite: 7406 | Testo Unico Sicurezza

Dlgs81 08 2020

Testo Unico Sicurezza D.Lgs. 81/2008 - 08.2022

Decreto legislativo 81/2008 in materia salute e sicurezza nei luoghi di lavoro - Ed. 08.2022 (1° Agosto 2022)
  
Disponibile il testo coordinato Ingg. Amato e Di Fiore nell'edizione Agosto 2022. 

Download TUS Ed. 08.2022

Novità in questa versione:

Completato l’inserimento dei collegamenti ipertestuali delle circolari del Ministero dell’Interno prot. 14804 del 06/10/2021, prot. 15472 del 19/10/2021 e prot. 16700 del 08/11/2021;

Modificata la Nota alla circolare INAIL n. 44/2020 del 11/12/2020 riguardante la comunicazione INAIL del 28/07/2021, sulla proroga dei termini della sorveglianza sanitaria eccezionale al 31/07/2022;

Inserita la Nota all’art. 37, comma 2, riguardante la disciplina della formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro, come integrata dal D.L. 24 marzo 2022, n. 24 convertito con modificazioni dalla L. 19 maggio 2022, n. 52;

Inserita la Nota DECPREV Prot. 7826 del 31/05/2022 del Ministero dell’Interno, Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, Direzione Centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica, ad Oggetto: DM 2 settembre 2021 “Criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza e caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a), punto 4 e lettera b) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”. - Indicazioni procedurali per le attività di formazione e di abilitazione;

Inserita la Nota INL del 07/06/2022 prot. n. 1159, avente ad oggetto “art. 14 D.Lgs. n. 81/2008 – provvedimenti di sospensione - attività non differibili”;

Inserita la Nota INL del 22/06/2022 prot. n. 3783 avente da oggetto “tutela dei lavoratori sul rischio legato ai danni da calore”;

Sostituito il Decreto Direttoriale n. 1 del 13 gennaio 2022 con il Decreto Direttoriale n. 62 del 26 luglio 2022 - Trentaduesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11;

Inserita nota all’art. 3, comma 8, sulle prestazioni di lavoro occasionali;

Modificata la nota al Testo Unico sulla introduzione del comma 4-ter all’art. 30 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276;

Inserita nota, ove ricorre il riferimento agli artt. 61 e seguenti del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, riguardante l’abrogazione della disciplina del lavoro a progetto operata dall’art. 52 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81;

Inserita nota, ove ricorre il riferimento agli artt. 70 e seguenti del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, riguardante l’abrogazione della disciplina del lavoro accessorio operata definitivamente dall’art. 1 del D.L. 17 marzo 2017, n. 25 convertito dalla L. 20 aprile 2017, n. 49 (G.U. 17/03/2017, n. 64, in vigore dal 20/03/2017);

Inserita nota, ove ricorre il riferimento all’art. 2, comma 1, lett. i) del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, riguardante la sostituzione del libretto formativo del cittadino con il fascicolo elettronico del lavoratore di cui all’art. 14 del medesimo D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150;

Inserita nota, ove ricorre il riferimento all’art. 48 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, riguardante la disciplina dell’apprendistato, adesso regolamentata dagli artt. da 41 a 47 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81;

Inserita nota, ove ricorre il riferimento agli artt. da 20 a 28 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, riguardante la disciplina della somministrazione di lavoro, adesso regolamentata dagli artt. da 30 a 40 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81;

Inserita nota INL del 26/07/2022, prot. n. 4753 ad oggetto: “Tutela dei lavoratori sul rischio legato ai danni da calore. Strumenti preventivi e indicazioni operative”.

Inserito Link esterno al punto 4.5.13 della parte II dell’Allegato V alle Linee Guida Ispesl “Trasporto di persone e materiali fra piani definiti in cantieri temporanei”

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10° Elenco soggetti autorizzati per lavori sotto tensione

ID 17244 | | Visite: 2651 | Decreti Sicurezza lavoro

10  Elenco soggetti autorizzati lavori sotto tensione

10° Elenco soggetti autorizzati per lavori sotto tensione

ID 17244 | 01.08.2022 / In allegato

Decreto Direttoriale n.63 del 01/08/2022

Adozione degli elenchi, di cui al punto 3.4 dell'Allegato I del d.m. 4 febbraio 2011, dei soggetti abilitati per l'effettuazione dei lavori sotto tensione e dei soggetti formatori ai sensi dell'art. 82, comma 2, del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni

Soggetti autorizzati lavori sotto tensione: gli elenchi pubblicati

_____

Articolo 1

1. Sulla base dei pareri espressi dalla Commissione di cui al d.m. 4 febbraio 2011, relativamente alle istanze di rinnovo dell'iscrizione triennale negli elenchi delle aziende autorizzate all'effettuazione dei lavori sotto tensione e dell'iscrizione triennale negli elenchi dei soggetti formatori per i lavoratori impiegati nei lavori sotto tensione, e-distribuzione S.p.A., con sede legale in Roma, via Ombrone n. 2 è iscritta nell'elenco delle aziende autorizzate all'effettuazione dei lavori sotto tensione e nell'elenco delle aziende autorizzate quali soggetti formatori dei lavoratori impiegati per i lavori sotto tensione. Analogamente, Terna Rete per l'Italia S.p.A., con sede legale in Roma, viale Egidio Galbani n. 70 è iscritta nell'elenco delle aziende autorizzate quali soggetti formatori dei lavoratori impiegati per i lavori sotto tensione.
2. L'iscrizione di cui al comma 1 ha validità triennale dalla data di iscrizione inizialmente concessa, ai sensi del punto 1.3 dell'allegato II e del punto 4.3 dell'allegato III al d.m. 4 febbraio 2011.
3. Sulla base dei pareri espressi dalla Commissione di cui al d.m. 4 febbraio 2011, relativamente alle comunicazioni di variazione, l'iscrizione della società Terna rete Italia S.p.A., con sede legale in Roma, viale Egidio Galbani n. 70 nell'elenco delle aziende autorizzate è aggiornata come da allegato.
4. Sulla base dei pareri espressi dalla Commissione di cui al d.m. 4 febbraio 2011, relativamente sia alle comunicazioni di variazione e sia all'istanza di estensione della propria abilitazione all'esecuzione dei lavori sotto tensione al metodo a contatto, la società e-distribuzione S.p.A., con sede legale in Roma, via Ombrane n. 2 è autorizzata all'esecuzione dei lavori sotto tensione con il metodo a contatto e la relativa iscrizione è aggiornata come da allegato.

Articolo 2

1. Le aziende autorizzate devono comunicare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi del punto 2.1. e), dell'allegato I del d.m. 4 febbraio 2011, gli incidenti rilevanti o i gravi infortuni rientranti nel campo di applicazione del citato D.M. 4.2.2011.
2. Qualsiasi variazione nello stato di fatto o di diritto che le aziende autorizzate o i soggetti formatori intendono operare, deve essere tempestivamente comunicata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, previo parere della Commissione di cui al D.M. 4.2.2011, si esprime in merito alla variazione comunicata. 
3. A seguito di gravi inadempienze delle aziende autorizzate o dei soggetti formatori, acquisito il parere della Commissione di cui al d.m. 4 febbraio 2011, con decreto del Direttore Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Direttore Generale della prevenzione del Ministero della salute, è disposta l'immediata sospensione dell'iscrizione nell'elenco delle aziende autorizzate o dei soggetti formatori. Nei casi di particolare gravità si procede alla cancellazione dai medesimi elenchi.
4. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per il tramite della Commissione di cui al d.m. 4 febbraio 2011, entro il periodo di validità triennale dell'iscrizione nell'elenco delle aziende autorizzate e dei soggetti formatori ha facoltà di procedere al controllo della permanenza dei requisiti, di cui agli allegati II e III del citato D.M. 4.2.2011, in capo alle medesime aziende.

Articolo 3

1. In attuazione di quanto disposto all'articolo 1, è adottato l'elenco aggiornato delle aziende autorizzate all'effettuazione dei lavori sotto tensione su impianti alimentati a frequenza industriale a tensione superiore a 1000V e dei soggetti formatori dei lavoratori impiegati per i lavori sotto tensione, allegato al presente decreto. Tale elenco sostituisce integralmente il precedente elenco, adottato con decreto direttoriale 20 gennaio 2021 n. 2.
Il presente decreto, ai sensi dell'articolo 32, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69 è pubblicato sul sito internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, all'indirizzo: www.lavoro.gov.it.

...

Fonte: MLPS

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D.Lgs. n. 104/2022 e D.Lgs. n. 105/2022: Qualità della vita lavorativa e tutele lavoratori

ID 17215 | | Visite: 2367 | News Sicurezza

Qualit  della vita lavorativa e tutele lavoratori

Qualità della vita lavorativa e tutele lavoratori / Decreti Legislativi Luglio 2022

ID 17215 | 29.07.2022 / Download Scheda

Pubblicati in GU n. 176 del 29.07.2022 i Decreti Legislativi sulla qualità della vita lavorativa e tutele lavoratori (entrano in vigore il 13 agosto 2022):

Decreto Legislativo 27 giugno 2022 n. 104

Decreto Legislativo 30 giugno 2022 n. 105


In dettaglio:

Decreto Legislativo 27 giugno 2022 n  104

Decreto Legislativo 27 giugno 2022 n. 104

Attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione europea.

(GU n.176 del 29.07.2022)

Entrata in vigore del provvedimento: 13/08/2022
...

Art. 1. Ambito di applicazione

1. Il presente decreto disciplina il diritto all’informazione sugli elementi essenziali del rapporto di lavoro e sulle condizioni di lavoro e la relativa tutela e trova applicazione, con le sole esclusioni di cui al comma 4, in relazione ai seguenti rapporti e contratti di lavoro:
a) contratto di lavoro subordinato, ivi compreso quello di lavoro agricolo, a tempo indeterminato e determinato, anche a tempo parziale;
b) contratto di lavoro somministrato;
c) contratto di lavoro intermittente;
d) rapporto di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata dal committente di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
e) contratto di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile;
f) contratto di prestazione occasionale di cui all’articolo 54 -bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.
2. Il presente decreto si applica altresì ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e a quelli degli enti pubblici economici.
3. Le previsioni di cui al presente decreto si applicano inoltre:
a) ai lavoratori marittimi e ai lavoratori della pesca, fatta salva la disciplina speciale vigente in materia;
b) ai lavoratori domestici, fatta eccezione per le previsioni di cui agli articoli 10 e 11.
4. Sono esclusi dall’applicazione del presente decreto:
a) i rapporti di lavoro autonomo di cui al titolo III del libro V del codice civile e quelli di lavoro autonomo di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, purché non integranti rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui all’articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile;
b) i rapporti di lavoro caratterizzati da un tempo di lavoro predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore a una media di tre ore a settimana in un periodo di riferimento di quattro settimane consecutive. È considerato nella media delle tre ore il tempo di lavoro prestato in favore di tutti i datori di lavoro che costituiscono una stessa impresa, uno stesso gruppo di imprese. La presente esclusione non opera in relazione ai rapporti di lavoro nell’ambito dei quali non sia stata stabilita una quantità garantita di lavoro retribuito prima dell’inizio del lavoro;
c) i rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale;
d) i rapporti di collaborazione prestati nell’impresa del datore di lavoro dal coniuge, dai parenti e dagli affini non oltre il terzo grado, che siano con lui conviventi;
e) i rapporti di lavoro del personale dipendente di amministrazioni pubbliche in servizio all’estero, limitatamente all’articolo 2 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, come modificato dal presente decreto;
f) i rapporti di lavoro del personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, relativamente alle disposizioni di cui al Capo III del presente decreto.

...

Art. 2. Definizioni
Art. 3. Modalità di comunicazione delle informazioni
Art. 4. Modifiche al decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152
Art. 5. Ulteriori modifiche a disposizioni legislative
Art. 6. Disposizioni per il personale in regime di diritto pubblico
Art. 7. Durata massima del periodo di prova
Art. 8. Cumulo di impieghi
Art. 9. Prevedibilità minima del lavoro
Art. 10. Transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili
Art. 11. Formazione obbligatoria
Art. 12. Meccanismi di risoluzione rapida e diritto di ricorso
Art. 13. Protezione da trattamento o conseguenze sfavorevoli
Art. 14. Protezione contro il licenziamento o contro il recesso del committente e onere della prova
Art. 15. Regime di tutela per il personale di cui all’art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
Art. 16. Disposizioni transitorie
Art. 17. Clausola di invarianza finanziaria
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D lgs  30 giugno 2022 n  105

Decreto Legislativo 30 giugno 2022 n. 105

Attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attivita' professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio.

(GU n.176 del 29.07.2022)

Entrata in vigore del provvedimento: 13/08/2022
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Art. 1. Oggetto e finalità

1. Il presente decreto reca disposizioni finalizzate a migliorare la conciliazione tra attività lavorativa e vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza, al fine di conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare.
2. Nell’ottica della piena equiparazione dei diritti alla genitorialità e all’assistenza, i congedi, i permessi e gli altri istituti oggetto del presente decreto, salvo che non sia diversamente specificato, sono direttamente applicabili anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
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Art. 2. Modifiche al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
Art. 3. Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104
Art. 4. Modifiche alla legge 22 maggio 2017, n. 81
Art. 5. Modifiche al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81
Art. 6. Modifiche alla legge 8 marzo 2000, n. 53
Art. 7. Interventi per la promozione delle misure a sostegno dei genitori e dei prestatori di assistenza
Art. 8. Monitoraggio
Art. 9. Copertura finanziaria
Art. 10. Abrogazioni
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Decreto Legislativo 30 giugno 2022 n. 105

ID 17211 | | Visite: 11394 | Decreti Sicurezza lavoro

D lgs  30 giugno 2022 n  105

Decreto Legislativo 30 giugno 2022 n. 105 / Equilibrio tra attivita' professionale e vita familiare genitori e prestatori di assistenza

Attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attivita' professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio.

(GU n.176 del 29.07.2022)

Entrata in vigore del provvedimento: 13/08/2022

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Art. 1. Oggetto e finalità

1. Il presente decreto reca disposizioni finalizzate a migliorare la conciliazione tra attività lavorativa e vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza, al fine di conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare.
2. Nell’ottica della piena equiparazione dei diritti alla genitorialità e all’assistenza, i congedi, i permessi e gli altri istituti oggetto del presente decreto, salvo che non sia diversamente specificato, sono direttamente applicabili anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

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Art. 2. Modifiche al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
Art. 3. Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104
Art. 4. Modifiche alla legge 22 maggio 2017, n. 81
Art. 5. Modifiche al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81
Art. 6. Modifiche alla legge 8 marzo 2000, n. 53
Art. 7. Interventi per la promozione delle misure a sostegno dei genitori e dei prestatori di assistenza
Art. 8. Monitoraggio
Art. 9. Copertura finanziaria
Art. 10. Abrogazioni

Il decreto prevede disposizioni per migliorare la conciliazione tra attività lavorativa e vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza, al fine di conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare. Salvo che sia diversamente specificato, le sue previsioni si applicano anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

Il provvedimento disciplina il congedo obbligatorio di paternità, che può essere fruito dai due mesi precedenti la data presunta del parto sino ai cinque mesi successivi, per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa.

Sono estesi da 10 a 11 mesi, i termini per la durata complessiva del diritto al congedo parentale spettante al genitore solo, nell'ottica di una maggior tutela per i nuclei familiari monoparentali; da 6 a 9 mesi, il periodo di congedo parentale coperto da indennità nella misura del 30%, fermi restando i limiti massimi di congedo fruibili dai genitori; da 6 a 12 anni, l'età del bambino entro la quale i genitori, anche adottivi e affidatari, possono fruire del congedo parentale, indennizzato nei termini appena descritti; da 8 a 12 anni, l'età del bambino entro la quale i genitori possono fruire del congedo parentale indennizzato con un importo pari al 30% della retribuzione.

Nell'ambito delle modifiche alla legge n. 104/1992, il decreto inserisce un'apposita previsione che vieta atti discriminatori nei confronti di lavoratori che chiedono o usufruiscono dei benefici di cui alla legge n. 104/1992 ed al D.Lgs. n. 151/2001, come modificato dal presente provvedimento.

Con riferimento alle lavoratrici autonome, il decreto estende il trattamento economico per congedo parentale da un periodo massimo di sei mesi entro i primi tre anni di vita del bambino a tre mesi ciascuno entro i primi dodici anni di vita del bambino ed aumenta il periodo massimo entro il quale i trattamenti economici per congedo parentale possono esse goduti complessivamente da entrambi i genitori da sei a nove mesi. In modifica del D.Lgs. n. 81/2015 e della legge n. 53/2000, il provvedimento interviene con previsioni che sanzionano qualsiasi atto discriminatorio nei confronti di lavoratori che abbiano chiesto i benefici assicurati da quelle disposizioni.

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32° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche

ID 17209 | | Visite: 2226 | Decreti Sicurezza lavoro

32° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche / DD MLPS n. 62 del 29 Luglio 2022

ID 17209 | 29.07.2022

Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche

Pubblicato il Decreto Direttoriale n. 62 del 29 Luglio 2022

Con il Decreto direttoriale  n. 62 del 29 Luglio 2022, è stato adottato il trentaduesimo elenco, di cui al punto 3.7 dell'Allegato III del d.i. 11 aprile 2011, dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro ai sensi dell'art. 71, comma 11, del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.

Elenco dei soggetti abilitati all’effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro, di cui all’Allegato VII del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81

Il suddetto decreto è composto da cinque articoli:

Articolo 1 (Rinnovo delle iscrizioni nell'elenco dei soggetti abilitati)
Articolo 2 (Variazione delle abilitazioni)
Articolo 3 (Cancellazione dall’elenco dei soggetti abilitati)
Articolo 4 (Elenco dei soggetti abilitati)
Articolo 5 (Obblighi dei soggetti abilitati)

Fonte: MPLS

Tutti gli elenchi pubblicati
D.M. 11 aprile 2011 Verifica impianti e attrezzature
Consulta il database dei Soggetti abilitati 

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Valutazione rischi incendio luoghi di lavoro 2022 / Schemi

ID 17063 | | Visite: 32290 | Documenti Riservati Sicurezza

Valutazione rischi incendio luoghi di lavoro 2022

Valutazione rischi incendio luoghi di lavoro 2022 / Schemi di applicazione

ID 17063 | 10.07.2022 / Documento completo allegato

La valutazione dei rischi di incendio prevista dal Decreto 3 settembre 2021 (Minicodice) che entra in vigore il 29.10.2022 ed abroga il decreto del Ministro dell’interno del 10 marzo 1998 si applica alle attività che si svolgono nei luoghi di lavoro come definiti dall’art. 62 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, ad esclusione delle attività che si svolgono nei cantieri temporanei o mobili di cui al titolo IV del medesimo decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

La valutazione dei rischi di incendio con le nuove modalità (2022), è prevista solo per le nuove attività alla data del 29.10.2022 o nei casi di modifiche alle esistenti di cui all’art. 29 c. 3 del D.Lgs. 81/2008.

Valutazione dei rischi / Nuove modalità 2022: quando

La valutazione dei rischi di incendio con le nuove modalità (2022), è prevista solo per le nuove attività alla data del 29.10.2022 o nei casi di modifiche alle esistenti di cui all’art. 29 c. 3 del D.Lgs. 81/2008.

Decreto 3 settembre 2021

Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

(GU n.259 del 29.10.2021)

Entrata in vigore: 29.10.2022
________

Art. 1. Oggetto e campo di applicazione

1. Il presente decreto stabilisce, in attuazione dell’art. 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, i criteri generali atti ad individuare le misure intese ad evitare l’insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi, nonché le misure precauzionali di esercizio.
2. Il presente decreto si applica alle attività che si svolgono nei luoghi di lavoro come definiti dall’art. 62 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, ad esclusione delle attività che si svolgono nei cantieri temporanei o mobili di cui al titolo IV del medesimo decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Art. 2. Valutazione dei rischi di incendio

1. La valutazione dei rischi di incendio e la conseguente definizione delle misure di prevenzione, di protezione e gestionali per la riduzione del rischio di incendio costituiscono parte specifica del documento di cui all’art. 17, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

2. La valutazione dei rischi di incendio è effettuata in conformità ai criteri indicati nell’art. 3 e deve essere coerente e complementare con la valutazione del rischio esplosione, ove richiesta, in ottemperanza al titolo XI, «Protezione da atmosfere esplosive», del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Art. 3. Criteri di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio

1. Le regole tecniche di prevenzione incendi stabiliscono i criteri di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per i luoghi di lavoro per i quali risultano applicabili.

2. Per i luoghi di lavoro a basso rischio di incendio, così come definiti al punto 1, comma 2, dell’allegato I, che costituisce parte integrante del presente decreto, i criteri di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio sono riportati nel medesimo allegato.

3. Per i luoghi di lavoro non ricadenti nei commi 1 e 2, i criteri di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio sono quelli riportati nel decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015.

4. Per i luoghi di lavoro di cui al comma 2, i criteri di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio possono essere quelli riportati nel decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015.

Art. 4. Disposizioni transitorie e finali

1. Per i luoghi di lavoro esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, l’adeguamento alle disposizioni di cui al presente decreto viene attuato nei casi indicati nell’art. 29, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

2. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato il decreto del Ministro dell’interno del 10 marzo 1998.

Allegato I

Vedi tutto

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Valutazione rischio incendio luoghi di lavoro 2022 Fig 1

Fig. 1. Valutazione dei rischi di incendio luoghi di lavoro esistenti al 29.10.2022

Es.

Presenza di RT applicata nessuna nuova Valutazione rischi incendio
Attività BRI nuova Valutazione rischi incendio (grado evoluzione prevenzione o protezione)

(*) Il Decreto 3 Settembre 2021 non si applica alle attività che si svolgono nei cantieri temporanei o mobili
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Valutazione rischio incendio luoghi di lavoro 2022 Fig  2

Fig. 2. Schema di lettura Valutazione rischi di incendio 2022
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Valutazione rischio incendio luoghi di lavoro 2022 Fig 3

Fig. 3. Classificazione luoghi a basso rischio in caso di incendio (BRI)
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Vedi Documento

Valutazione rischi incendio luoghi di lavoro 2022   Documento transizione
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Circolare VVF n. 9533 del 4 luglio 2022

ID 17196 | | Visite: 3350 | Prevenzione Incendi

Circolare VVF n  9533 del 4 luglio 2022

Circolare VVF n. 9533 del 4 luglio 2022 / Strutture sanitarie: porte tagliafuoco

ID 17196 | 28.07.2022 / In allegato Circolare VVF

Oggetto: Strutture sanitarie - chiarimenti interpretativi sul verso di apertura delle porte da usare in caso di esodo progressivo e sui requisiti delle porte tagliafuoco.

Per opportuna conoscenza, si informa che, a seguito di due quesiti sulla sicurezza in caso di incendio delle strutture sanitarie, pervenuti alla Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica, dato il loro interesse generale, si ritiene opportuno fornire i seguenti chiarimenti:

1. Verso di apertura delle porte tra compartimenti adiacenti

Il quesito posto, nel premettere che:
a) Il DM 18.9.2002 al punto 4.10 ed il DM 19.3.2015 al punto 16.10 prescrivono che ogni piano debba essere servito da almeno due uscite;
b) Il DM 18.9.2002 e il DM 19.3.2015 prevedono l’esodo orizzontale progressivo (modalità di esodo in cui i degenti che si trovano nel compartimento interessato dal principio di incendio sono spostati in un compartimento adiacente capace di contenerli e proteggerli fino a quando l’incendio non sia stato estinto o fino a che non diventi necessario procedere ad una successiva evacuazione verso luogo sicuro), richiama l’attenzione sul fatto che in entrambi i decreti non è specificato il verso di apertura delle porte di comunicazione tra i compartimenti realizzati ai fini dell’esodo orizzontale progressivo.

Ciò premesso, si ritiene opportuno chiarire che ai fini citati valgono come riferimento le specifiche misure previste nel Codice di prevenzione incendi (S.4.9.2 Esodo orizzontale progressivo) anche per le strutture progettate secondo i citati decreti.

2. Porte tagliafuoco e loro soglie

Il quesito riguarda i casi di posa in opera di porte tagliafuoco in presenza di pavimenti che non possiedono il requisito di incombustibilità. In particolare, è stato chiesto se è possibile individuare condizioni tali da mantenere in opera tali prodotti dimostrando che non sono inficiate le prestazioni del prodotto stesso e, di conseguenza, i requisiti di sicurezza dell’attività.

Al riguardo si premette che anche per le porte tagliafuoco è vigente l’obbligo di verificare che le modalità di posa in opera siano coerenti con le condizioni di prova del prototipo certificato e omologato e che anche le variazioni delle soglie rispetto ai prototipi provati comportano la perdita di conformità.

Nel contesto descritto, si ritiene opportuno precisare che, qualora la variazione della soglia sia tale da presentare una configurazione ancora conforme alla norma tecnica e con prestazione almeno pari a quella del prototipo certificato e omologato, l'adozione della variazione può considerarsi legittima in virtù del principio di proporzionalità. Si ritiene, inoltre che, qualora l'avvenuto accertamento della variazione sia riscontrato secondo le modalità previste dall’art. 4 del DM 21/06/2004, la variazione suddetta si configuri come modifica non sostanziale.

Pertanto, nel caso di porte tagliafuoco con soglia combustibile aventi prestazioni al fuoco non inferiori al prototipo che è stato certificato e omologato con soglia incombustibile, il mantenimento è autorizzato se oggetto di una apposita asseverazione, da parte di un tecnico abilitato, sottoscritta sulla base dei risultati di prova desunti dal certificato e rapporto di prova.

A scopo informativo, infine, si fa presente che:

a) l’accertamento è attestato con l’emissione di un corrispondente certificato, secondo le modalità previste dall’art. 4 del DM 21/06/2004, posto a supporto dell’asseverazione concernente la prestazione (relativa a requisiti almeno pari a quella del prototipo certificato e omologato);
b) le prove vanno condotte e differenziate tenendo conto della tipologia di materiale della porta, della presenza e delle dimensioni delle finestrature, degli accessori presenti, del tipo di fissaggio alla costruzione di supporto, della costruzione di supporto, del tipo di pavimentazione presente in corrispondenza della soglia, distinta sulla base della classificazione europea per pavimenti che la contraddistingue e del campo di applicazione diretto previsto dal citato decreto 21/06/2004.

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Fonte: VVF

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Rischi dell'estate negli stabilimenti Pir

ID 17184 | | Visite: 2094 | News Prevenzioni Incendi

Rischi dell estate negli stabilimenti Pir

Rischi dell'estate negli stabilimenti Pir

ID 17184 | 27.07.2022 / In allegato Fact sheet INAIL 2022

Il presente fact sheet prosegue la serie dal titolo STABILIMENTI PIR - Note di sicurezza n. 2; la serie tratta tematiche di sicurezza individuabili negli stabilimenti con pericolo di incidente rilevante (PIR).

I fact sheet sono in forma sintetica e analizzano eventi occorsi per fornire indicazioni di prevenzione in forma di lezioni apprese. Il presente documento tratta dei rischi relativi a incendi di vegetazione dovuti a prolungati periodi di siccità estivi che possono accadere negli stabilimenti con pericolo di incidente rilevante.

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Fonte: INAIL

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INAIL 2022
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Nota INL n. 3783 del 22 giugno 2022

ID 16957 | | Visite: 2374 | News Sicurezza

Nota INL n  3783 del 22 giugno 2022

Nota INL n. 3783 del 22 giugno 2022 / Tutela lavoratori rischio legato ai danni da calore

ID 16957 | 27.07.2022 / in allegato Nota INL

Oggetto: tutela dei lavoratori sul rischio legato ai danni da calore

In ragione delle attuali condizioni climatiche e delle previsioni di ulteriore innalzamento delle temperature a partire dai prossimi giorni, si ritiene necessario richiamare i contenuti della nota prot. n. 4639 del 02-07-2021, in attuazione della quale codesti Uffici vorranno dedicare particolare attenzione, sotto il profilo ispettivo, alla prevenzione dei rischi sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori determinati dall’ aumento di intensità e durata delle ondate di calore

L’art. 28 del d.lgs. n. 81/2008 stabilisce l’obbligo, in capo al datore di lavoro, di valutare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori”, compresi quelli riguardanti “gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari”.

Come noto, le elevate temperature in assenza di misure idonee, specie nel caso di lavorazioni faticose e in assenza di adeguate pause di recupero, oltre a essere causa di malori possono ridurre la capacità di attenzione del lavoratore e quindi aumentare il rischio di infortuni.

Particolarmente esposti al rischio in questione risultano coloro che svolgono l’attività lavorativa all’aperto, in particolare edilizia e agricoltura, unitamente a coloro che sono impegnati in ambienti chiusi senza ventilazione adeguata.

In tali settori e ambienti di lavoro si ritiene, quindi, opportuno intensificare le attività di sensibilizzazione e verificare, nel corso dell’attività di vigilanza, quali misure di prevenzione siano state previste ed attuate dal datore di lavoro al fine di ridurre al minimo il rischio espositivo.

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Fonte: INL

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Allegato riservato Nota INL n. 3783 del 22 giugno 2022.pdf
 
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Comunicato Stampa INPS 26.07.2022: CIGO rischio stress termico

ID 17176 | | Visite: 2836 | News Sicurezza

Comunicato Stampa INPS 26 07 2022   CIGO rischio stress termico

Comunicato Stampa INPS 26.07.2022: CIGO rischio stress termico

ID 17176 | 26.07.2022 / In allegato Comunicato Stampa

Lavoro: istruzioni per la cassa integrazione ordinaria in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa a causa di temperature elevate

Le imprese potranno chiedere all’Inps il riconoscimento della CIGO quando il termometro supera i 35° centigradi. Ai fini dell’integrazione salariale, però, possono essere considerate idonee anche le temperature “percepite”. In una pubblicazione Inail dedicata a lavoratori, datori di lavoro e figure aziendali della salute e sicurezza, le linee guida per prevenire le patologie da stress termico.

I fenomeni climatici estremi sono stati recentemente posti in relazione con un aumento del rischio di infortunio sul lavoro. Inps e Inail rendono note le istruzioni per la gestione del rischio caldo e per l’accesso alle prestazioni cassa integrazione ordinaria per sospensioni o riduzioni dell’attività lavorativa dovuta a temperature elevate. 

Per quanto riguarda le prestazioni CIGO erogate dall’Inps in merito, si forniscono le seguenti informazioni. La causale “eventi meteo” è invocabile dall’azienda anche in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa a causa delle temperature elevate.

Al riguardo, le istruzioni fornite nella circolare Inps n. 139/2016 e nel messaggio Hermes Inps n. 1856/2017 precisano che sono considerate “elevate”, le temperature superiori ai 35° centigradi. Tuttavia, anche temperature inferiori al predetto valore possono essere considerate idonee ai fini del riconoscimento dell’integrazione salariale, atteso che la valutazione sull’integrabilità della causale in questione deve essere fatta con riferimento non solo alle temperature registrate dai bollettini meteo ma anche a quelle “percepite”, che notoriamente sono più elevate rispetto a quelle reali, tenuto conto della particolare tipologia di lavorazione in atto.

Ne sono esempio i lavori di stesura del manto stradale, i lavori di rifacimento di facciate e tetti di costruzioni, le lavorazioni all’aperto che richiedono indumenti di protezione, ma anche tutte le fasi lavorative che, in generale, avvengono in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore.

Si precisa inoltre che l’azienda, nella domanda di CIGO e nella relazione tecnica che deve essere allegata alla domanda stessa, deve solo indicare le giornate di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa e specificare il tipo di lavorazione in atto nelle giornate medesime, mentre non è tenuta a produrre dichiarazioni – di Arpal o di qualsiasi altro organismo certificato - che attestino l’entità della temperatura, né a produrre i bollettini meteo.

L’Inps, nel rispetto dell’art. 15, comma 1, della legge n. 183/2011, che fa espresso divieto alle amministrazioni pubbliche di chiedere al cittadino dati ed elementi già in possesso di organismi pubblici, provvede infatti autonomamente ad acquisire d’ufficio i bollettini meteo e a valutarne le risultanze anche in relazione alla tipologia di attività lavorativa in atto.

Si fa presente, infine, che, indipendentemente dalle temperature rilevate nei bollettini, l’Inps riconosce la cassa integrazione ordinaria in tutti i casi in cui il responsabile della sicurezza dell’azienda dispone la sospensione delle lavorazioni in quanto ritiene sussistano rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i casi in cui le sospensioni siano dovute a temperature eccessive.

Le sedi territoriali Inps, competenti a definire l’istruttoria delle domande di cassa integrazione ordinaria, nonché la Direzione centrale ammortizzatori sociali Inps, deputata a fornire le linee di indirizzo e le istruzioni operative in materia, sono a disposizione delle aziende per fornire consulenza su tale tipologia di richieste nonché completa assistenza nella presentazione delle domande e in tutte le fasi che seguono.

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Fonte: INPS

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