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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 34789 | 23 Luglio 2018

ID 6576 | | Visite: 2205 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Esplosione e incendio di un'azienda

Omessa valutazione del rischio

Penale Sent. Sez. 4 Num. 34789 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: DOVERE SALVATORE
Data Udienza: 12/04/2018

Ritenuto in fatto

1. Il 16 luglio 2007, all'Interno dell'azienda "Molino C. s.p.a.", In Fossano, si verificava una violenta esplosione, a seguito della quale si sviluppava un incendio di vaste proporzioni che coinvolgeva l'Intero Immobile aziendale; alla prima seguiva una seconda esplosione, che interessava un semirimorchio dal quale si stava ripompando verso un silos farina caricata in eccesso. A causa delle lesioni riportate nel sinistro decedevano i lavoratori M.R., V.A., M.M., M.B., dipendenti della ditta Molino C., nonché A.CA., socio della omonima ditta di manutenzione.
C. Dario e C. Aldo venivano tratti a giudizio per rispondere, nelle rispettive qualità di Presidente del C.d.a. e di amministratore delegato nonché, entrambi, di gestori della sicurezza sul lavoro del Molino C. s.p.a., dei delitti di cui rispettivamente all'art. 437 cod. pen. (capo A) e 434, 449 e 589 cod. pen. (capo B). Il Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Cuneo, all'esito di rito abbreviato, condannava C. Aldo per entrambi I reati contestatigli e C. Dario per il solo reato sub B) alla pena ritenuta per ciascuno equa ed al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili; inoltre mandava assolto C. Dario dal reato sub A) perché il fatto non costituisce reato.
Con la sentenza Indicata in epigrafe la Corte di Appello di Torino ha parzialmente riformato la pronuncia di primo grado, dichiarando non doversi procedere nei confronti di C. Dario per morte del reo; ha assolto C. Aldo dal reato sub A) perché il fatto non costituisce reato ed ha rideterminato in anni cinque di reclusione la pena inflitta per il reato sub B), confermando le statuizioni civili pronunciate nei confronti di quest'ultimo.
2. Ad avviso della Corte di Appello i contributi offerti dal diversi esperti delle parti, eccezion fatta per quello degli imputati, consentono di affermare che l'esplosione fu generata da polveri di farina e venne determinata dall'innesco provocato da una carica elettrostatica formatasi all'interno dell'autocisterna dalla quale si stava ripompando nel mulino la farina caricata in eccesso a mezzo di una manichetta in gomma collegata ad una tubazione di adduzione realizzata in ferro; più precisamente, la carica elettrostatica formatasi nell'autocisterna si era cumulata con quella prodotta - anche grazie alla bassa concentrazione del prodotto - dal passaggio della farina nella manichetta in gomma, ed aveva generato l'innesco all'interno della tubazione metallica di adduzione, in prossimità dell'attacco della manichetta flessibile, provocando l'esplosione delle polveri di farina contenute nel mulino.
Per il Collegio distrettuale, come già per il primo giudice, l'accadimento ed i suoi effetti devono essere ascritti al C. per non aver questi provveduto ad una adeguata valutazione del rischio e quindi alla predisposizione delle misure che avrebbero consentito di evitare l'evento.
La gravità del reato ed il grado della colpa hanno poi condotto la Corte di Appello a negare le richieste attenuanti generiche, pur operando una riduzione della pena originariamente inflitta.
Replicando, inoltre, a specifica censura dell'appellante, la Corte distrettuale ha respinto le censure avanzate sul presupposto della avvenuta dichiarazione di fallimento dell'imputato; censure che investivano l'affermata legittimazione passiva del C. rispetto all'azione risarcitoria introdotta dalle parti civili.
3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputato a mezzo del difensore di fiducia, avv. OMISSIS.
3.1. Con sette motivi deduce manifesta illogicità della sentenza impugnata e violazione di legge in relazione all'accertamento del nesso causale e segnatamente In relazione alla ritenuta efficienza causale della omessa valutazione del rischio.
I motivi sono articolati con dettagliata critica a quelli che vengono dall'esponente individuati come snodi portanti del giudizio della Corte territoriale a riguardo della valenza causale dell'omissione attribuita al ricorrente; giudizio poggiante su premesse fattuali in ordine alle quali per l'esponente non é stata raggiunta la certezza processuale. In particolare l'esponente fa menzione dell'incertezza persistita in ordine:
1) alla sufficienza delle cariche elettrostatiche prodottesi durante il trasporto pneumatico delle farine a generare un innesco;
2) all'essersi originata una carica elettrostatica all'interno della manichetta in gomma, tenuto conto della sua limitata lunghezza (6 metri);
3) alla presenza di una carica elettrostatica all'interno dell'autocisterna;
4) all'essersi prodotto l'innesco all'interno del condotto di ripompaggio, tenuto conto che la bassa velocità e la posizione verticale della cisterna aumentano la concentrazione della farina nel tubo e quindi diminuiscono il rischio di un innesco, ed altresì in ragione della avvenuta messa a terra del condotto;
5) alla prossimità del punto di innesco all'attacco della manichetta;
6) alla riconducibilità alla esplosione (piuttosto che a una combustione) della deformazione delle flange di collegamento delle sezioni del tubo di pompaggio.
Poiché, continua l'esponente, ognuna di queste affermazioni dà luogo ad un dubbio ragionevole sulla dinamica dell'evento, la Corte distrettuale non avrebbe potuto pronunciare la condanna dell'imputato; averlo fatto concreta violazione dell'art. 533 cod. proc. pen.
Infatti, per l'esponente é mancato l'accertamento della dinamica dell'accadimento, non essendo possibile affermare oltre ogni ragionevole dubbio che la carica elettrostatica responsabile dell'Innesco si era formata all'Interno dell'autocisterna e non si era dispersa a causa del mancato Isolamento verso terra dell'automezzo.
Di conseguenza la Corte di Appello sarebbe Incorsa in errore di diritto, per non aver fatto applicazione del principio secondo il quale il rapporto di causalità tra l'omesso Inserimento del rischio nel documento di valutazione e l'Infortunio deve essere accertato In concreto rapportando gli effetti accertati dell'emissione all'evento che si é concretizzato (Cass. 25231/2014). La Corte si é appagata del fatto che l'esplosione si era verificata 'In concomitanza' dell'operazione di scarico (1.3.).
Questa negazione della compiutezza della ricostruzione processuale viene sostenuta dall'esponente con l'affermazione secondo la quale nel caso di specie non si conosce cosa abbia determinato l'Innesco e come e dove si sia prodotto, posto che anche le affermazioni del perito d'ufficio esprimono un elevato margine di relatività (2.1.2.).
Egli ravvisa una incoerenza nella motivazione, laddove la Corte di Appello dapprima afferma che l'omessa valutazione assume rilevanza causale 'indipendentemente dalle specifiche mancanze che abbiano poi cagionato l'esplosione' e quindi si produce nella ricostruzione della dinamica fattuale e delle cause dell'evento, così dimostrando che questa é decisiva ai fini del giudizio.
Più nel dettaglio, l'esponente ravvisa un travisamento della prova laddove la Corte di Appello ha affermato che l'ipotesi ricostruttiva fatta propria dal giudicante risulta condivisa da tutti gli esperti. Infatti, e ben diversamente, il c.t. del p.m. non aveva offerto alcuna ricostruzione, rappresentando la esperibilità di varie possibili ipotesi; risulta inoltre incomprensibile la svalutazione della tesi del c.t. delle parti civili, ing. Fe. - per la quale la manichetta in gomma che collegava l'autocisterna al tubo di adduzione al molino isolava elettricamente i due apparati -, che conduce ad escludere la tesi dell'accumulo delle cariche elettrostatiche. Inoltre, la sentenza assume che il tubo di adduzione era regolarmente messo a terra, così come affermato dal perito prof. M.. Ma tanto determina che se una carica elettrica fosse transitata in esso, si sarebbe dispersa. Quindi la sentenza è illogica: da un canto afferma che se l'autocisterna fosse stata messa a terra la carica in essa prodottasi si sarebbe scaricata a terra; dall'altro assume una tesi che nega il medesimo effetto per il tubo di adduzione, pur messo a terra. La Corte di Appello prospetta l'esistenza di un doppio accumulo senza spiegare cosa sia e perché sarebbe stato insensibile all'isolamento del condotto metallico; sul punto neppure il perito avrebbe dato spiegazioni esaurienti (vd. pg, 23 del ricorso) e la Corte distrettuale afferma una certezza delle conclusioni rese dallo stesso che non corrisponde a quanto il prof. M. ha dichiarato in dibattimento o scritto nella relazione peritale, anche a riguardo delle conoscenze scientifiche utilizzabili nella fattispecie (sicché si reitera la denuncia di travisamento della prova).
L'esponente contesta, Inoltre, - anche sotto il profilo del travisamento della prova - che esistano evidenze scientifiche in grado di convalidare la tesi della presenza di una carica elettrostatica all'interno dell'autocisterna poiché la diversa affermazione del perito - formulata comunque In linea meramente teorica: di qui il travisamento - non é sussumiblle sotto una legge generale di copertura (29).
Anche a riguardo dell'affermazione della presenza di farina a bassa concentrazione nel tubo di adduzione viene ravvisato il vizio motivazionale ed il travisamento della prova. Infatti, come già il primo giudice, la Corte di Appello ha concluso per la bassa concentrazione della farina, sostenendo l'irrilevanza della posizione verticale assunta dall'autocisterna nel corso dell'operazione, nonostante il perito avesse indicato quella posizione come incidente sulla pressione che la farina fluidizzata esercita sul tubo di scarico. Sul fattori che falsificano la conclusione la Corte di Appello non ha reso motivazione.
Manifesta illogicità é stata poi denunciata a riguardo della ritenuta valenza dimostrativa della deformazione delle flange di collegamento del tubo di ripompaggio. Per l'esponente la Corte torinese non avrebbe verificato la tenuta della motivazione del Tribunale alla luce del rilievi mossi con l'appello.
3.2. Con un secondo motivo si lamenta che la Corte di Appello abbia reso una motivazione manifestamente Illogica ed in violazione di legge (artt. 43, 589, 434, 449, 132 e 133 cod. pen.) nel giustificare l'Infondatezza del rilievi difensivi avanzati a riguardo della commisurazione della pena, enfatizzando la qualità di imprenditore del settore per affermare un grado elevato della colpa, senza considerare che un fatto come quello avvenuto presso il Molino C. é statisticamente sporadico e quindi incide sulla rimproverabilità per non esser stato previsto l'evento. Inoltre la Corte distrettuale non ha preso in esame gli ulteriori fattori rilevanti ai fini del giudizio in parola.
3.3. Con un terzo motivo si lamenta violazione di legge e vizio motivazionale In merito al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, essendo stata valutata la gravità della colpa anche per escludere tali attenuanti, così violando il divieto di bis in idem sostanziale. Inoltre, la Corte territoriale non ha tenuto conto della condotta susseguente al reato, nonostante quanto statuito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 183/2011. 
3.4. Con un quarto motivo si denuncia violazione di legge e vizio motivazionale in merito alla ritenuta legittimazione passiva del C., nonostante sia stato dichiarato fallito, rispetto all'azione civile. La Corte distrettuale ha errato nel ritenere rilevante che il fallimento sia stato dichiarato in epoca successiva alla commissione del reato e che il Tribunale abbia pronunciato una condanna generica al risarcimento.
3.5. In data 7.9.2015 é stato depositato atto recante 'motivo nuovo', con il quale il difensore del ricorrente chiede l'annullamento della sentenza impugnata relativamente al reato di cui agli artt. 434 e 449 cod. pen., per essere il medesimo estinto per prescrizione, tenuto conto che con sentenza n. 143 del 28.5.2014 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 157, co. 6 cod. pen. nella parte in cui dispone il raddoppio dei termini di prescrizione per il reato di incendio colposo.
3.6. All'odierna udienza il difensore ha dichiarato di rinunciare al motivo concernente la legittimazione passiva del C. rispetto all'azione civile introdotta nel presente giudizio penale.

Considerato in diritto

4. Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati.
4.1. La principale critica mossa dal ricorrente alla sentenza impugnata é di aver affermato in forza di un inaccettabile automatismo - e con inversione metodologica - l'esistenza del nesso causale tra evento e condotta dell'imputato; condotta consistita nell'aver omesso di installare uno specifico punto di messa a terra dell'autocisterna utilizzata per il carico e lo scarico delle farine e nella omessa valutazione dei rischi relativi all'operazione di ripompaggio della farina dall'autocisterna al mulino.
Infatti, per l'esponente é mancato l'accertamento della dinamica dell'accadimento, non essendo possibile affermare oltre ogni ragionevole dubbio che la carica elettrostatica responsabile dell'innesco si era formata all'interno dell'autocisterna e non si era dispersa a causa del mancato isolamento verso terra dell'automezzo.
Di conseguenza la Corte di Appello sarebbe incorsa in errore di diritto, poiché non ha fatto applicazione del principio secondo il quale il rapporto di causalità tra omesso inserimento del rischio nel documento di valutazione ed infortunio deve essere accertato in concreto rapportando gli effetti accertati dell'omissione all'evento che si é concretizzato (Cass. 25231/2014). La Corte si é appagata del fatto che l'esplosione si era verificata 'in concomitanza' dell'operazione di scarico (1.3.).
Come si é esposto già nella superiore parte narrativa, la negazione della compiutezza della ricostruzione processuale viene sostenuta dall'esponente con l'affermazione secondo la quale nel caso di specie non si conosce cosa abbia determinato l'innesco e come e dove si sia prodotto, posto che anche le affermazioni del perito d'ufficio esprimono un elevato margine di relatività (2.1.2.) ed esse (come quelle dell'ing. Fe.) sono state travisate dalla Corte di Appello.
4.2. La critica che investe la motivazione nella parte in cui ricostruisce la dinamica del sinistro e accerta il nesso di causalità corrente tra la condotta del C. e il tragico evento è al limite della inammissibilità.
In linea generale va rilevato che, sia pure attraverso l'esplicazione di sicura capacità argomentativa, il ricorso non fa che riproporre i rilievi che già erano stati sottoposti alla Corte di Appello e che questa ha analizzato, valutato e respinto con una puntuale e ragionevole argomentazione, fermamente ancorata alle risultanze processuali; in primis, alle conoscenze veicolate nel giudizio dal perito, sempre confrontate con quelle offerte dagli esperti delle parti. Già tanto, svelando la natura ripetitiva dei motivi che attengono all'accertamento del nesso causale, rende i medesimi inammissibili, sia per l'insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (cfr. Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014 - dep. 28/10/2014, Cariolo e altri, Rv. 260608).
Né vale a mutare la natura dei rilievi il più volte denunciato travisamento della prova. Invero, ciò si fa a riguardo del senso attribuito dai giudici alle affermazioni del perito. Ma il vizio evocato non si dà solo perché in alcuni passaggi del proprio dire l'esperto ha utilizzato termini che esprimono un dubbio o una condizione, personale o della comunità scientifica, di limitata conoscenza. Il travisamento della prova, quale vizio della motivazione possibile oggetto di ricorso per cassazione, é l'errore sul significante; come tale la sua denuncia pretende l'indicazione dello specifico enunciato diversamente letto (e non interpretato) dal giudice. Quando la citazione concerne interi brani della deposizione o del documento, come nel caso che occupa, difficilmente può trattarsi di errore sul significante.
Non é necessario offrire esempi a dimostrazione di quanto appena esposto, poiché la censura si appalesa inammissibile anche per un ulteriore motivo: il vizio di travisamento della prova può essere dedotto, nel caso di cosiddetta "doppia conforme" nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009 - dep. 08/05/2009, P.C. in proc. Buraschi, Rv. 243636; Sez. 1, n. 24667 del 15/06/2007 - dep. 21/06/2007, Musumeci, Rv. 237207; Sez. 2, n. 5223 del 24/01/2007 - dep. 07/02/2007, Medina ed altri, Rv. 236130; Sez. 4, n. 5615 del 13/11/2013 - dep. 04/02/2014, Nicoli, Rv. 258432), o nel caso in cui entrambi i giudici di merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 44756 del 22.10.2013, Buonfine ed altri, n.m.).
Nulla di ciò si é verificato nel caso che occupa, nel quale il ricorso intende 'colpire' l'argomentazione che la Corte distrettuale articola a partire dagli stessi materiali utilizzati dal Tribunale.
Sotto diverso profilo, va rilevato come dietro l'usbergo del vizio motivazionale si proponga in più di un'occasione una rivisitazione unilaterale delle circostanze rilevanti, con ciò degradando le censure a rilievi che si pongono in confronto diretto con il materiale probatorio.
Accade a riguardo della valutazione della circostanza della deformazione delle flange, come meglio si vedrà appresso.
4.3. La Corte di Appello, non diversamente dal primo giudice, ha ritenuto, che "la farina aveva accumulato carica nella movimentazione tra farineria, coclea e autocisterna, dove la carica non ha potuto disperdersi perché non era stata attivata la messa a terra questa carica é andata a 'contribuire aita generazione di carica che la farina ha ulteriormente subito nella manichetta'... Al fattore 'carica', rafforzata, si é combinato, oltre alla mancata messa a terra dell'autocisterna, ..., quello della concentrazione della farina ...". Quindi, questa carica rafforzata, giunta all'ingresso della tubazione metallica, trovato un punto di scarico verso terra (essendo essa messa a terra), ha generato la 'progating brush discharge', ovvero scariche elettrostatiche che hanno innescato il combustibile, cioè la polvere di farina dispersa nel condotto, in presenza di comburente (l'aria).
Tanto é stato affermato tenendo conto sia delle affermazioni degli esperti di parte che potessero essere o apparire dissonanti o contrastanti rispetto a quelle del perito, sia dei rilievi difensivi mossi con l'atto di appello.
Infatti, quanto alla presenza di carica elettrostatica all'interno della cisterna, la Corte di Appello ha rammentato la risposta affermativa data dal perito a specifica domanda e la spiegazione contestualmente offerta (precedente movimentazione della farina, nel transito dalla farineria alla elodea alla cisterna).
In merito alla possibilità che il passaggio della farina nella manichetta di gomma avesse generato una carica elettrostatica la Corte di Appello si é espressa a pg. 31, quando ha affermato "é certo che il trasporto pneumatico di polveri causa accumulo di carica elettrostatica" ed indirettamente a pg. 32, quando ricorda le referenze scientifiche della teoria per la quale "un accumulo prodotto dal passaggio di polveri all'interno di un tubo isolante ... (é) sufficiente a innescare l'esplosione di una nube di polvere ...". La censura per la quale, sulla scorta delle affermazioni dell'Ing. F., la manichetta in gomma, siccome isolava gli elementi collegati, aveva reso impossibile l'arrivo della carica generatasi nell'autocisterna all'interno del tubo di adduzione non risponde al requisito della specificità, a soddisfare il quale non basta che si denunci un difetto di motivazione sulla base del mero richiamo alle non accolte conclusioni di una consulenza tecnica di parte (diverse da quelle del perito d'ufficio, cui il giudice abbia invece prestato adesione), ma occorre indicare in modo circostanziato quali fossero i passaggi di detta consulenza che si ponevano in contrasto con le risultanze della perizia, giacché il principio di autosufficienza del ricorso richiede che per le questioni dedotte In riferimento agli atti del processo siano riportati i punti di tali atti investiti dal gravame e sia indicata la rilevanza della questione. (Sez. 1, n. 47499 del 29/11/2007 - dep. 21/12/2007, Chlalll, Rv. 238333).
Quanto alla collocazione del punto di Innesco all'inizio del condotto di ripompaggio, ancorché messo a terra, la Corte di Appello ha ricordato, sulla scorta delle Indicazioni fornite dal perito, che nel caso specifico, quando la carica aveva trovato un punto di scarico a terra, il che era avvenuto quando era entrata in contatto con il metallo del condotto, si era generata la propagating brush disharge.
Ha aggiunto, la corte distrettuale, che la dedotta presunta incertezza del prof. M. non era realmente sussistente, poiché il no espresso dall'esperto al p.m. che domandava se potesse confermare con certezza che il primo momento causale si era avuto con la caduta della farina dalla coclea all'autocisterna non segnalava un'Incertezza ma l'Impossibilità di eseguire una verifica sperimentale per la distruzione della coclea e del condotto, riportando i passi della deposizione che davano fondamento a tale valutazione.
A riguardo della deformazione delle flange, a proposito della quale l'esponente afferma, come con l'appello, che "le flange sul tratto conclusivo del condotto sono prive di deformazioni, nonostante si tratti di sede in cui maggiori avrebbero dovuto essere gli effetti della sovrapressione interna", derivandone che quella deformazione non poteva essere portata a conferma della tesi dell'esplosione, va osservato come si tratti di questione già diversamente ricostruita dalla Corte di Appello. La censura che a tale ricostruzione porta l'esponente, per essere carente di una replica ai rilievi difensivi, é smentita dalla sentenza, che spiega di far proprie le conclusioni del prof. Marmo, condivise anche dagli altri esperti, eccezion fatta per il solo c.t. della difesa ing. Ca., Indicando il motivo che porta ad escludere la tesi di quest'ultimo: le deformazioni sono estremamente caratteristiche di una esplosione ('troppo tipiche') per poter essere riconducibili ad altra causale.
Che tanto implichi una acritica adesione alle conclusioni dell'esperto é da escludere, perché la Corte di Appello ne ha evidenziato l'autorevolezza (quindi l'attendibilità) e ripercorso il ragionamento senza che emergano manifeste illogicità. Né é privo di valore che una pluralità di esperti condivida il medesimo assunto. Nel processo penale le conoscenze scientifiche sono veicolate con l’ausilio di esperti qualificati ed indipendenti e quindi l'accreditamento di una soluzione da parte di più ausiliari, la cui competenza ed attendibilità non sia in discussione, ben può costituire elemento di conferma che la tesi in questione sia accreditata presso la comunità scientifica.
Tanto permette una considerazione di ordine più generale. L'intero ricorso tende a porre in discussione la portata delle affermazioni del perito di ufficio, formulando dubbi in merito a talune di esse, con la parvenza di svolgere una critica alla motivazione, che traviserebbe il senso di quelle affermazioni o non prenderebbe in esame i rilievi difensivi e aderirebbe supinamente alle conclusioni del perito o, ancora, proporrebbe assunti in contraddizione tra loro.
Orbene, vale rammentare che in tema di prova scientifica, la Corte di cassazione non deve stabilire la maggiore o minore attendibilità scientifica delle acquisizioni esaminate dal giudice di merito e, quindi, se la tesi accolta sia esatta. Se ciò fosse richiesto al giudice, lo si ergerebbe a titolare del più alto grado di competenze scientifiche o, quanto meno, a giudice del sapere scientifico (in tali termini, testualmente Sez. 5, n. 6754 del 07/10/2014 - dep. 16/02/2015, C, Rv. 262722; ma soprattutto Sez. 4, n. 43786 del 17/09/2010 - dep. 13/12/2010, Cozzini e altri, Rv. 248943 e le numerose che ai principi da questa espressi si sono conformate; tra le ultime, Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016 - dep. 14/03/2017, P.C. in proc. Bordogna e altri, in motivazione).
All'inverso, poiché al decidente si richiede di offrire del proprio convincimento una spiegazione razionale e logica, scaturita da un approccio al sapere tecnico-scientifico metodologicamente corretto, perché osservante l'obbligo di svolgere una verifica critica in ordine all’affidabilità delle informazioni utilizzate ai fini della spiegazione del fatto, il giudice di legittimità non può operare una differente valutazione degli esiti di una consulenza, trattandosi di un accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato.
D'altro canto, e coerentemente, va rammentato che il giudice che ritenga di aderire alle conclusioni del perito d’ufficio, in difformità da quelle del consulente di parte, non può essere gravato del l’obbligo di fornire, in motivazione, autonoma dimostrazione dell’esattezza scientifica delle prime e dell’erroneità, per converso, delle altre, dovendosi al contrario considerare sufficiente la dimostrazione del fatto che le conclusioni peritali siano state valutate in termini di affidabilità e completezza, e che non siano state ignorate le argomentazioni del consulente (Sez. 6, n. 5749 del 09/01/2014 - dep. 05/02/2014, Homm, Rv. 258630).
In conclusione: la Corte di Appello ha ricostruito la dinamica del sinistro senza incertezza alcuna, con motivazione non manifestamente illogica e coerente ai dati processuali, del tutto consapevole degli spunti critici introdotti dalla difesa.
4.4. Il giudice di secondo grado ha affermato: "l'adempimento dell'obbligo di una adeguata valutazione dei rischi ... costituisce, quindi, il presupposto, ineliminabile, per la individuazione e la conseguente adozione di tutte le misure di sicurezza idonee ad eliminare i rischi, in particolare da esplosione, e dunque rappresenta il passo, fondante, dell'"iter", di prevenzione, che avrebbe nello specifico portato ad evitare la tragedia. Tale comportamento omissivo, quindi, e, come tate, anche indipendentemente dalle specifiche mancanze che abbiano poi cagionato l'esplosione (...), é dunque in rapporto di causalità con il tragico evento" (29).
Nel periodare della corte territoriale si coglie un errore prospettico, denunciato con ancor maggior nettezza dal richiamo ad un presunto 'costante insegnamento' di questa Corte, il quale propugnerebbe la tesi che l'omessa o incompleta o inadeguata valutazione dei rischi avrebbe di per sé rilevanza di condotta causalmente collegata all'evento di danno o di pericolo verificatosi; ciò sul presupposto che la predisposizione di una concreta adeguata, specifica valutazione dei rischi, avrebbe evitato l'evento.
Il precedente citato, Cass. 17.5.2013, n. 21290, a dire il vero non contiene alcuna delle affermazioni che gli attribuisce la Corte di Appello. E la giurisprudenza di questa Corte é piuttosto in diverso senso, sostenendo che "in tema di prevenzione infortuni sul lavoro, il rapporto di causalità tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo non può essere desunto soltanto dall'omessa previsione del rischio nel documento, di cui all'art. 4, comma secondo, del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (documento di valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro), dovendolo tale rapporto essere accertato in concreto, rapportando gli effetti dell'omissione all'evento che si è concretizzato (Sez. 4, n. 8622 del 04/12/2009 - dep. 03/03/2010, Giovannini, Rv. 246498).
La tesi formulata dalla Corte di Appello trovava legittimazione allorquando, concependosi la colpa in senso psicologico, si derivava l'esistenza della relazione causale tra evento e condotta dal fatto stesso dell'esistenza di una condotta trasgressiva di regole cautelari. Ma la raggiunta consapevolezza che la colpa é in primo luogo violazione di regola di diligenza ha permesso di evidenziare maggiormente che può esserci condotta colposa senza nesso causale rispetto all'evento realizzatosi; e che dunque va ogni volta accertato che l'evento sia stato prodotto proprio da 'quella' violazione cautelare. Peraltro, com'é a tutti noto, l'iter ricostruttivo neppure si ferma qui, essendo ancora richiesto di perlustrare il territorio della cd. causalità della colpa, andando a verificare - oltre alla concretizzazione nell'evento prodottosi del rischio giuridicamente rilevante - se la condotta doverosa non attuata avrebbe avuto realmente efficacia impeditiva.
Sicché, deve essere censurata l'affermazione operata dalla Corte torinese, che legittima una limitazione dell'accertamento causale alla verifica della sussistenza della condotta colposa.
Tuttavia i giudici distrettuali hanno di fatto marginalizzato tale affermazione, svolgendo una motivazione che dà conto delle ragioni per le quali é possibile ritenere che tra l'esplosione e l'omessa valutazione dei rischi ricorra una relazione eziologica, in quanto puntualmente indicata la misura che sarebbe stata identificata da una puntuale valutazione dei rischi e che, posta in opera, avrebbe evitato il verificarsi dell'evento. Si tratta della messa a terra della cisterna.
Di ciò dovrebbe essere ben consapevole anche il ricorrente, il quale si profonde nella critica degli assunti che la Corte di Appello ha scandito lungo il percorso di ricostruzione causale.
5. Il motivo, infondato, che si indirizza al trattamento sanzionatorio coglie un aspetto della commisurazione della pena per il reato colposo che merita di essere rimarcato. A differenza di quanto accade nella generalità dei reati di evento assistiti da dolo, nei quali l'esito del processo causale attivato dalla condotta é quanto meno accettato dal reo come conseguenza della propria azione, nei reati colposi di evento quest'ultimo é per definizione non previsto; quando all'invero sia previsto opera la circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 3 cod. pen.
Poiché il giudice deve determinare la pena commisurandola principalmente - se non esclusivamente - a quello che la dottrina definisce 'bisogno di pena', ovvero quella pena che meglio garantisce il conseguimento dell'obiettivo della risocializzazione del reo, vanno posti sotto il fuoco dell'attenzione in primo luogo i fattori che evidenziano la 'lontananza' dell'autore del fatto dall'opzione normativa (e quindi comunitaria) per la tutela del bene giuridico pregiudicato dall'illecito. La gravità dell'evento, in tale prospettiva, appare fattore recessivo rispetto ad altri, come la prevedibilità dello stesso ed il grado di esigibilità della condotta doverosa. Nella fenomenologia dell'illecito colposo di evento, non di rado accade che l'evento venga ad esistenza non per una più marcata 'callidità' dell'agente/omittente, ma per una combinazione di fattori taluni dei quali non sono governati dal reo; la condotta colposa radicata in un contesto lecito di base é di regola avviluppata in un groviglio composto anche da altrui condotte, tanto da porre il complesso problema della valenza attribuibile a tali fattori interagenti (anche ad esso cercano soluzione istituti come la posizione di garanzia, la cooperazione colposa, Il caso fortuito e la forza maggiore, lo stesso principio di affidamento).
Ne deriva che se la Corte di Appello avesse effettivamente determinato la pena congrua sulla scorta della sola gravità dell'evento, essa non sfuggirebbe alla censura avanzata dal ricorrente. Ma, all'inverso, i giudici distrettuali hanno tratto il proprio giudizio anche dal grado della colpa, individuato alla luce della "grave trascuratezza" connotante il comportamento mantenuto dal C., ma anche dalla misura dell'esigibilità del comportamento dovuto. A tal ultimo riguardo l'esponente si duole che si sia operato una sorta di automatismo, affermando la gravità della colpa per il fatto stesso di essere il C. un Imprenditore. Il rilievo non coglie il segno. La Corte torinese ha valutato l'esigibilità della condotta doverosa tenendo conto, per l'imputato, "delle sue capacità e esperienze, come datore di lavoro, nell'ambito dell'attività molitoria, che esercitava attendibilmente da decenni Si é quindi tratteggiato il profilo del modello di riferimento con il quale confrontare la condotta tenuta dal C.: un imprenditore esperto per il pluridecennale esercizio dell'attività specifica. Rispetto a quanto questi avrebbe fatto la condotta del C. si é ritenuta grandemente divergente.
6. Infondato è anche il terzo motivo. La giurisprudenza di questa Corte é ferma nell'insegnare che nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014 - dep. 03/07/2014, Lule, Rv. 259899). Quando il fattore decisivo sia stato già considerato anche ai fini della commisurazione della pena non si incorre in alcun divieto normativo, potendo venir presi in considerazione gli stessi elementi che a norma dell'art. 133 cod. pen. concorrono alla determinazione della misura della pena, ma occorre pur sempre che la sua rilevanza sia talmente eccezionale da giustificare il fatto che esso viene preso in considerazione in due sedi e momenti diversi (Sez. 6, n. 10351 del 03/06/1992 - dep. 29/10/1992, Fuoco, Rv. 192094). Diversamente, una stessa circostanza specifica non può essere valutata due volte (Sez. 6, n. 20818 del 23/01/2002 - dep. 28/05/2002, P.G. In proc. Baia, Rv. 222020).
Nel caso che occupa la Corte di Appello ha fondato il diniego sulla polarità della particolare gravità del fatto, della elevata rilevanza dei danni e della gravità della colpa; ma ha anche considerato un elemento ulteriore, rappresentato dalla parzialità del ristoro dei danni. Nel complesso, si tratta di motivazione non censurabile in questa sede poiché coerente ai principi ancora una volta rammentati e non manifestamente illogica.
7. In relazione al motivo concernente la dedotta carenza di legittimazione passiva del C. in conseguenza della dichiarazione di fallimento, la rinuncia ad esso da parte del difensore vale a sottrarre il medesimo alla cognizione di questo giudice. Appare utile puntualizzare che non trova applicazione in casi siffatti il principio della necessità della procura speciale rilasciata dall'imputato a favore del dichiarante, valevole per la rinuncia all'impugnazione; come è stato già statuito con riferimento alla rinuncia ad un motivo dell'appello - ma non v'è ragione di confinare in tale ambito l'operatività della regola -, tale principio non opera nel caso in cui la rinuncia non investa l’atto di appello ma sia limitata ad alcuni dei motivi su cui l’impugnazione si articoli (Sez. 5, n. 3820 del 10/01/2013 - dep. 24/01/2013, Ignomeriello e altri, Rv. 254567). Si tratta, infatti, di esercizio della difesa tecnica, il cui concreto esplicarsi è determinato dal difensore, laddove compete all'assistito la decisione in ordine alla proposizione dell'impugnazione e alla rinuncia ad essa.
8. In merito alla dedotta prescrizione del reato di disastro colposo, va ritenuto che i relativi termini di prescrizione non siano decorsi, perché deve applicarsi la previsione di cui all'art. 157, co. 6 cod. pen., che dispone il raddoppio dei termini di cui ai commi precedenti del medesimo articolo.
Il diverso avviso del ricorrente si alimenta di quanto statuito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 143 del 2014, ovvero della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 157, co. 6 cod. pen., nella parte in cui estende il predetto raddoppio anche all'ipotesi di incendio colposo. E ciò in quanto quella previsione importava che il termine di prescrizione del reato colposo fosse notevolmente più elevato del corrispondente reato doloso. La previsione é stata ritenuta irragionevole dalla Corte, perché non si giustifica né con le necessità di accertamento, non più gravose rispetto ai reati dolosi, né con una maggiore persistenza nella collettività dell'effetto del reato.
Pertanto, la sentenza ha avuto ad oggetto il solo reato di incendio colposo; e una sua rilevanza nel caso che occupa potrebbe predicarsi solo se le ragioni poste dai giudici della Consulta alla base del pronunciamento possono valere anche per il disastro colposo. Ma così non é; la forma dolosa del reato, quando aggravata come nel caso che occupa, propone infatti termini di prescrizione coincidenti e non maggiori rispetto a quella colposa.
La questione prospettata dall'esponente coincide nelle sue argomentazioni e nelle conclusive censure a quelle poste alla Corte costituzionale dalla Corte di cassazione, dal Tribunale ordinario di Velletri, dal Tribunale ordinario di Torino e dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Larino. Questioni decise dalla Corte costituzionale con sentenza n. 265 del 2017 (G.U. 051 del 20/12/2017), con declaratoria di infondatezza.
Era stato dubitato della legittimità costituzionale dell'art. 157, sesto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251, nella parte in cui prevede che il termine di prescrizione del delitto di crollo di costruzioni o altro disastro colposo (art. 449, in riferimento all'art. 434 cod. pen.) è raddoppiato.
Anche sulla scorta di quanto statuito dai giudice della Consulta con la sentenza n. 143 del 2014, i giudici a quibus ipotizzavano che la norma censurata violasse l'art. 3 della Costituzione, per contrasto con i principi di uguaglianza e di ragionevolezza, giacché, in conseguenza della regola del raddoppio, il termine di prescrizione del delitto in questione risulta uguale a quello della corrispondente fattispecie dolosa (art. 434, secondo comma, cod. pen.), identica sul piano oggettivo, ma di disvalore sensibilmente maggiore in rapporto al diverso coefficiente di partecipazione psicologica del reo, come attestato dall'ampio scarto tra le rispettive cornici sanzionatone edittali.
La Corte costituzionale ha osservato in primo luogo che nella sentenza n. 143/2014 non si rinviene ragione per ritenere espresso un principio per il quale occorre stabilire, senza possibilità di eccezioni, per l'ipotesi colposa un termine diverso e più breve di quello valevole per la versione dolosa del medesimo reato.
Anzi, ha puntualizzato, l'assoggettamento delle due forme di realizzazione dello stesso delitto - dolosa e colposa - ad un eguale termine di prescrizione non rappresenta una anomalia introdotta per la prima volta dalla legge n. 251 del 2005, risultando fenomeno già noto al sistema anteriore; peraltro proprio ai reati di incendio, che in quanto puniti con pene massime comprese tra i cinque e i dieci anni di reclusione - cinque anni l'incendio colposo, sette il doloso - corrispondenti alla "fascia" di cui al numero 3) dell'originario art. 157, primo comma, cod. pen., si prescrivevano entrambi, prima della legge n. 251 del 2005, in dieci anni.
Anche nel nuovo regime della prescrizione si registra un ragguardevole numero di casi di equiparazione (essenzialmente tra i delitti puniti con pena sino a sei anni), una volta di più anche tra i delitti contro la pubblica incolumità.
In conclusione, il giudice delle leggi ha ritenuto che al legislatore non è precluso di ritenere, nella sua discrezionalità, che In rapporto a determinati delitti colposi la "resistenza all'oblio" nella coscienza sociale e la complessità dell'accertamento dei fatti siano omologabili a quelle della corrispondente ipotesi dolosa, giustificando, con ciò, la sottoposizione di entrambi ad un Identico termine prescrizionale. E tale apprezzamento può legittimamente esprimersi anche attraverso la introduzione di deroghe alla disciplina generale.
9. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12/4/2018.

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Circolare congiunta n. 13 del 25 luglio 2018 | OiRA Uffici

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Circolare congiunta n  13 del 25 luglio 2018

Circolare congiunta n. 13 del 25 luglio 2018 | OiRA Uffici

Salute e sicurezza sul lavoro: adozione della circolare OiRA

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 61 del 23 maggio 2018 di adozione dello strumento di supporto, rivolto alle micro, piccole e medie imprese, per la valutazione dei rischi sviluppato secondo il prototipo europeo OiRA, dedicato al settore “Uffici”

Emanata la circolare congiunta n. 13 del 25 luglio 2018 del Direttore Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Direttore Generale dell'Inail relativa allo strumento di supporto, rivolto alle micro, piccole e medie imprese, per la valutazione dei rischi sviluppato secondo il prototipo europeo OiRA, dedicato al settore "Uffici".

Lo strumento ha l'obiettivo primario di supportare, attraverso un percorso guidato, il datore di lavoro nella valutazione dei rischi per le attività di ufficio attraverso l'identificazione dei pericoli e l'individuazione delle misure di prevenzione e protezione, a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, per giungere alla redazione del Documento di valutazione dei rischi (DVR), valido ai sensi degli articoli 17 e 28 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Esso è reso disponibile gratuitamente, a decorrere dalla data di emanazione della circolare, accedendo tramite collegamento al sito internet dell'Agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro (EU-OSHA), al link "tool uffici", secondo le indicazioni fornite nel sito stesso.

Campo di applicazione

Lo strumento si applica per le attività di ufficio delle aziende dei settori privati e pubblici in cui siano presenti lavoratori rispondenti alla definizione di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, con le limitazioni previste all’articolo 3.

Le attività prese in esame che più frequentemente vengono svolte nel lavoro di ufficio sono:

- utilizzo del videoterminale e dei suoi accessori per immissione ed elaborazione dati,
- attività di segreteria,
- rapporti con i clienti e fornitori,
- archiviazione dei documenti (funzionale all'attività di ufficio).

Sono escluse dall'applicazione del presente strumento le mansioni di “archivista" e “magazziniere" e quanto non espressamente previsto nei moduli specifici. Qualora in azienda siano presenti mansioni e/o rischi non strettamente legati all'attività di ufficio e quindi non contemplati nel presente strumento, il Datore di Lavoro dovrà provvedere ad integrare il Documento di valutazione dei rischi (DVR).

Lo strumento si applica ugualmente ad attività nelle quali è presente un rischio di incendio basso o medio, ai sensi del d.P.R. 10 marzo 1998, articolo 2, comma 4, ma che non rientrano nel campo di applicazione del d.P.R. n. 151 del 2011 (si applica, ad esempio, ad uffici con meno di 300 persone contemporaneamente presenti, tra lavoratori e pubblico, nei quali i quantitativi di carta, conservati negli eventuali depositi o archivi non superano i 5.000 kg, e nei quali le centrali termiche, se presenti, hanno potenzialità termica non superiore a 116 kW).

Nel caso in cui l’attività rientri nel campo di applicazione del citato d.P.R. n. 151 del 2011, oltre alle misure espressamente previste dallo strumento, è necessario rispettare anche gli adempimenti previsti dal medesimo decreto del Presidente della Repubblica relativi alla presentazione dei Progetti ai Comandi dei Vigili del Fuoco, alla Segnalazione Certificata di Inizio Attività, al rinnovo periodico di conformità antincendio, agli obblighi connessi con l'esercizio dell'attività, non specificati nello strumento.

Inoltre, lo strumento non considera i rischi da vibrazioni, da atmosfere esplosive, da campi elettromagnetici, da radiazioni ottiche artificiali in quanto, da un punto di vista delle esposizioni, non sono significativi per le attività di ufficio.

Infine, lo strumento non tratta la valutazione e la gestione del rischio da scariche atmosferiche, espressamente prevista dalla normativa tecnica.

Per quanto concerne la formazione dei lavoratori, dei dirigenti, dei preposti e dei datori di lavoro che svolgono il ruolo di Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione, lo strumento prende in considerazione, ai sensi degli Accordi Stato-Regioni del 22 dicembre 2011 in materia, il rischio medio e il rischio basso nella definizione dei contenuti e del monte ore dei percorsi formativi.

Tale scelta si giustifica se si considera che gli uffici e le pubbliche amministrazioni rientrano nelle tipologie di rischio innanzi richiamate, secondo l’individuazione delle macrocategorie di rischio e corrispondenze Ateco 2002- 2007, di cui all’allegato II ai predetti Accordi. 

Struttura

Lo strumento è articolato in moduli e sottomoduli che ricalcano, per quanto possibile, la struttura del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e sono di seguito elencati:

1. Aspetti organizzativi che si compone dei seguenti sottomoduli:
1.1 Documentazione aziendale;
1.2 Figure della Prevenzione;
1.3 Formazione di RSPP, ASPP, RLS e addetti primo soccorso e prevenzione incendi;
1.4 Formazione e aggiornamento per lavoratori, preposti, dirigenti e DL che svolge i compiti di RSPP (solo per il rischio basso);
1.5 Formazione e aggiornamento per lavoratori, preposti, dirigenti e DL che svolge i compiti di RSPP (solo per il rischio medio);
1.6 Informazione dei lavoratori;
1.7 Sorveglianza sanitaria;
1.8 Gestione contratti di appalto, d’opera o di somministrazione
1.9 Gestione delle emergenze;
2. Luoghi di lavoro
3. Incendio
4. Attrezzatture di lavoro:
4.1. Dispositivi per connessioni elettriche temporanee
4.2. Apparecchiature informatiche e da ufficio
4.3. Scale portatili
5. Impianto elettrico
6. Sostanze pericolose: rischio chimico
7. Rischio biologico:
7.1 Condizioni igieniche ed ambientali dei locali
7.2 Impianti di condizionamento
8. Movimentazione manuale dei carichi
8.1 Attività di sollevamento e trasporto di carichi pari o superiori a 3kg
(compilare se l'attività è presente)
8.2 Attività di sollevamento e trasporto di carichi inferiori a 3kg (compilare se presente attività di movimentazione ad elevata frequenza)
8.3 Attività di traino o spinta (compilare se l'attività è presente)
9. Attrezzature munite di video terminali
10. Stress Lavoro correlato
11. Rumore
12. Rischi aggiuntivi

Fonte: MLPS

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Promozione della salute nei luoghi di lavoro

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facsheet promozione salute

Promozione della salute nei luoghi di lavoro

Factsheet  INAIL 25 Luglio 2018

Nel factsheet, si illustrano i principi fondanti della promozione della salute nei luoghi di lavoro (WHP): partecipazione e coinvolgimento dei lavoratori, impegno etico dei datori di lavoro e integrazione dell’organizzazione lavorativa nelle comunità di riferimento.

Si riportano esempi che dimostrano la validità della WHP come strategia di investimento che, grazie all’aumentata soddisfazione dei lavoratori e alla riduzione di assenze dal lavoro, genera maggior produttività individuale e aziendale. Inoltre, viene riportato un esempio di buona pratica, realizzato con azioni concrete dal gruppo Inrca di Ancona e viene presentato un caso-studio rappresentato dal modello aziendale della Olivetti, che dal 1938 al 1960 ha dato vita a un esempio di impresa virtuosa che ancor oggi sarebbe all’avanguardia.

Fonte: INAIL

Linea guida safety manifestazioni pubbliche - Luglio 2018

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Linea guida safety manifestazioni pubbliche Luglio 2018

Linea guida safety manifestazioni pubbliche - Luglio 2018

Linea guida per l'individuazione delle misure di contenimento del rischio in manifestazioni pubbliche con peculiari condizioni di criticità.
________

Con la Circolare del 18 luglio 2018, il Ministero dell'Interno, fornisce e aggiorna Direttiva per Modelli organizzativi e procedurali per garantire alti livelli di sicurezza in occasione di manifestazioni pubbliche.

A distanza di quasi un anno dall'emanazione delle direttive con le quali sono state impartite indicazioni in merito alle misure di Safety da adottare in occasione di pubbliche manifestazioni ed eventi di pubblico pettacolo, è emersa la necessità, sulla base del monitoraggio degli esiiti applicativi del confronto con gli enti esponenziali delle realtà territoriali, di una rivisitazione di una reductio ad unum delle precedenti linee di indirizzo.

Le Linee guida allegate: Linea guida per l'individuazione delle misure di contenimento del rischio in manifestazioni pubbliche con peculiari condizioni di criticitità" sostituiscono le linee guida già allegate alla circolare del 28 luglio 2017.

Vedi: Manifestazioni pubbliche normativa e piano safety e security

Fonte: Ministero dell'Interno

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Linee giuda safety manifestazioni pubbliche - Luglio 2018
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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 6/2018

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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 6 del 18 Luglio 2018

Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011
Con Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011 è stata istituita la Commissione per gli interpelli prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro (Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81) ed è stato attivato l’indirizzo di posta elettronica Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

I quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro possono essere inoltrati alla Commissione per gli interpelli, esclusivamente tramite posta elettronica, dagli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.

Le istanze di interpello trasmesse da soggetti non appartenenti alle categorie indicate o privi dei requisiti di generalità non potranno essere istruite. Non saranno pertanto istruiti i quesiti trasmessi, ad esempio, da studi professionali, associazioni territoriali dei lavoratori o dei datori di lavoro, Regioni, Province e Comuni.

Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza. Prima di inoltrare l’istanza si prega di verificare:

- che il quesito, concernente l’interpretazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro sia di carattere generale e non attenga a problematiche aziendali specifiche;
- che il soggetto firmatario rientri nelle categorie indicate. 

Nuovo Interpello del 18 Luglio 2018 (n. 6/2018):

18/07/2018- n. 06/2018 Destinatario: Cub Trasporti
Art. 12, d.lgs. n. 81/2008 e smi - risposta ai quesiti relativi al concetto di vigilanza dei lavoratori addetti a mansioni di sicurezza, idoneità ed efficacia degli strumenti utilizzati a tale scopo.

Oggetto: art. 12, d.gs. n. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni - risposta ai quesiti relativi al concetto di vigilanza dei lavoratori addetti a mansioni di sicurezza, idoneità ed efficacia degli strumenti utilizzati a tale scopo.

L’organizzazione Cub Trasporti ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in relazione ai seguenti quesiti:

1. «tenuto conto che in tutti i settori produttivi in cui vi sono mansioni di sicurezza attinenti all’incolumità dei lavoratori e dei terzi, vi può essere l’esigenza di monitorare la cosiddetta “vigilanza” dell’operatore e fermo restando l’obbligo giuridico delle aziende a garantire misure di tutela della salute e della sicurezza anche in caso di errore, disattenzione e imprudenza dell’operatore, tale obbligo può ritenersi assolto con l’adozione di misure e dispositivi per il controllo della “vigilanza”, individuati e adottati dalla stessa impresa senza che essa - pur nella sua complessità connessa al fattore umano - sia stata preventivamente definita in termini oggettivi, al fine di consentire alle Istituzioni ed in particolare all’Organo di vigilanza di verificarne la rispondenza alle concrete necessità in relazione all’efficacia dei dispositivi alle misure organizzative adottate e alle altre norme poste a tutela dei lavoratori e dei terzi»;

2. «l’obbligo giuridico posto dalla legge in capo alle aziende - comprese quelle che eserciscono il trasporto ferroviario - di adottare nell’esercizio dell’attività produttiva le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, può ritenersi assolto - in tema di “controllo della vigilanza” degli operatori impiegati in attività rischiose - con il solo assenso di conformità dei dispositivi ritenuti dalle stesse più convenienti, del Ministero dei trasporti e dell’ANSF o tale obbligo deve essere inteso nel senso che le stesse debbano, necessariamente, ricercare, adottare ed avvalersi di mezzi, metodi, tecnologie e sistemi, tecnicamente realizzabili, di concezione più moderna, quando questi siano tali da migliorare, ai sensi del  d.lgs. n. 81/2008 , le condizioni di salute, sicurezza e benessere lavorativo».

...

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Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 32892 | 17 Luglio 2018

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Sentenze cassazione penale

Prevenzione incendi

Soggetto obbligato al rispetto delle prescrizioni di sicurezza 

Penale Sent. Sez. 3 Num. 32892 Anno 2018

Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: GENTILI ANDREA
Data Udienza: 16/03/2018

Ritenuto in fatto

Il Tribunale di Viterbo, con sentenza del 14 settembre 2016, ha dichiarato la penale responsabilità di G.A. in ordine ai reati a lei ascritti, connessi alla violazione della disciplina antinfortunistica contenuta nel dlgs n. 81 del 2008 e la ha, pertanto, condannata, alla pena della ammenda di euro 1000,00 quanto al reato di cui al capo a), di euro 1200,00 quanto al reato di cui al capo b) e di euro 2500,00 quanto al reato di cui al capo c) e, quindi complessivamente alla pena di euro 4700,00 di ammenda.

Avverso detta sentenza ha interposto appello il difensore della imputata osservando, in primo luogo, come i doveri connessi al rispetto della normativa antinfortunistica non potevano gravare sulla prevenuta, posto che la stessa non aveva la libera disponibilità dei magazzini in relazione ai quali non erano state richieste le opportune certificazioni relative agli apparati per la prevenzione degli incendi, posto che detti magazzini erano nella disponibilità di altra società (cioè della Union Paper Spa), per la quale la impresa Futura Logistica Srl, della quale la G.A. era legale rappresentante, era mera affidataria di un incarico che, sebbene svolto all'interno di quelli, non comportava la libera disponibilità di essi in capo alla Futura Logistica, sicché non solo l'adempimento degli obblighi di cui al capo di imputazione non gravava sulla prevenuta, ma la stessa neppure sarebbe stata nella materiale possibilità, stante la mancata disponibilità dei magazzini in questione, di adempiere ad essi.

Considerato in diritto

Il ricorso deve, preliminarmente, essere convertito in ricorso per cassazione; invero, essendo lo stesso diretto ad impugnare una sentenza con la quale è stata esclusivamente irrogata la sanzione pecuniaria della ammenda, non suscettibile, pertanto, di essere gravata di appello, lo stesso, stante il principio del favor impugnationis, va interpretato come se fosse un ricorso per cassazione e come tale deve, pertanto, essere valutato.

Ciò premesso, rileva la Corte come, al di là dei diversi aspetti fattuali evocati da parte ricorrente con la presente impugnazione, le sue doglianze partono da un presupposto ermeneutico palesemente infondato e perciò tale da condurre verso la sua inevitabile dichiarazione di inammissibilità.

Infatti le argomentazioni su cui si fonda la doglianza della G.A. partono dal presupposto che destinatario delle disposizioni che si assumono violate sia il soggetto che abbia la titolarità o comunque la materiale disponibilità della struttura all'interno della quale sono svolte le attività in relazione alle quali è richiesto il rilascio della certificazione relativa alla prevenzione degli incendi nonché le altre cautele atte a prevenire dai rischi connessi ad un tale evento.

Tale presupposto è, tuttavia errato; rileva, infatti, il Collegio come il soggetto onerato del rispetto delle prescrizioni imposte dalla disciplina contenuta nelle disposizione del dlgs n. 81 del 2008 che si assumono essere state violate sia, salva la ipotesi di delega di competenze validamente disposta, il datore di lavoro il quale deve assicurare, nei vari modi e con i vari strumenti previsti dalla normativa in questione, condizione di lavoro tali da ridurre i rischi di infortuni a carico dei propri dipendenti (ex multis: Corte di cassazione, Sezione IV penale, 9 ottobre 2015, n. 40721; idem Sezione III penale 30 settembre 2015, n. 39360).

Poco incide, pertanto, in relazione alla fattispecie ora in esame che la struttura materiale all'Interno della quale operavano le maestranze dipendenti della Futura Logistica srl - società della quale pacificamente la G.A. era la legale rappresentante - non fosse stata affidata ad essa società sulla base di un titolo giuridico contrattuale, posto che l'elemento determinante ai fini della individuazione del soggetto obbligato al rispetto dei precetti sanciti dalla disposizioni in ipotesi violate è costituito dall'essere questi il datore di lavoro delle maestranze adibite negli ambienti in questione allo svolgimento delle loro mansioni operative.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, visto l'art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Cosi deciso in Roma, il 16 marzo 2018

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Allegato riservato Penale Sent. Sez. 3 Num. 32892 Anno 2018.pdf
 
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Lavori su impianti elettrici in bassa tensione

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Lavori impianti elettrici bassa tensione

Lavori su impianti elettrici in bassa tensione

INAIL 2018 - Salute e sicurezza 18 Luglio 2018

Con la pubblicazione del d.lgs. 81/2008 e delle norme CEI 11-27, IV edizione e CEI EN 50110-1:2013, i datori di lavoro hanno accesso a tutte le disposizioni legislative e normative da mettere in atto per ridurre il rischio nei lavori sugli impianti elettrici a bassa tensione.

Quanto è riportato nel testo è di interesse per i lavoratori che si occupano dell’esercizio, della manutenzione o delle verifiche dei sistemi elettrici e per i lavoratori che svolgono la propria attività nei pressi di tali impianti, pur non avendo direttamente a che fare con essi.

Il rischio elettrico è qualcosa a cui la maggior parte dei lavoratori sono esposti solo a seguito del venir meno delle barriere di sicurezza di cui sono stati dotati in fase realizzativa gli impianti o le apparecchiature, pertanto solo a seguito di un’errata realizzazione o di incuria nell’uso.

Vi sono invece lavoratori, come quelli che si occupano dell’esercizio, della manutenzione o delle verifiche dei sistemi elettrici, che hanno particolarmente a che fare con il rischio elettrico durante l’attività lavorativa.

Il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (d.lgs. 81/2008 e s.m.i.) dedica un intero “Capo” (il III del Titolo III) all’attenzione che il datore di lavoro deve dedicare alla riduzione del possibile rischio elettrico.

Il presente lavoro ha lo scopo di presentare:

- le disposizioni legislative e normative,
- esempi e procedure per la sicurezza dei lavoratori

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Contenuti:

1. Obblighi di legge per i lavori elettrici sotto tensione a tensioni superiori a 1000 V a frequenza industriale
1.1 Introduzione
1.2 Definizioni
1.3 I lavori con rischio elettrico
1.3.1 I lavori sotto tensione in bassa tensione
1.3.2 I lavori sotto tensione in media e alta tensione
1.3.3 I lavori in vicinanza di parti attive
1.4. Il d.m. 4 febbraio 2011
2. La sicurezza nell’esecuzione dei lavori elettrici
2.1. Introduzione
2.2. Definizioni ulteriori rispetto a quelle del capitolo 1
2.2.1. Esclusioni
2.3. Valutazione del rischio
2.4. Sicurezza
2.4.1. Personale (CEI 11-27, punti 4.2, 4.2.1, 4.2.2)
2.4.2. Organizzazione dell’attività lavorativa (CEI 11-27, punto 4.3)
2.4.3. Condizioni e posto (zona) di lavoro (CEI 11-27, punti 4.3.4 e 4.5, EN 50110-1, punto 4.5)
2.4.4. Condizioni ambientali (CEI 11-27, punto 6.1.3)
2.4.5. Manovre 34
2.4.6. Comunicazioni (CEI 11-27, punto 4.4)
2.5. Procedure di lavoro
2.5.1. Pianificazione del lavoro (CEI 11-27, punto 6.1.1)
2.5.2. Lavoro fuori tensione (CEI 11-27, punto 6.2.1)
2.5.3. Lavori in prossimità di parti attive (CEI 11-27, punto 6.4)
2.5.4. Lavori sotto tensione in bassissima e bassa tensione (categorie 0 e I) (CEI 11-27, punto 6.3)
2.6. Protezione dal fuoco - Provvedimenti antincendio (CEI EN 50110-1, punto B.4)
2.7. Luogo di lavoro che presenta rischi di esplosione (CEI EN 50110-1, punto B.7)
2.8. Misure di emergenza (CEI EN 50110-1, punto B.7) 
3. Persone coinvolte nei lavori elettrici 
3.1. Introduzione 
3.2. Persona o Unità Responsabile dell’impianto elettrico 
3.3. Persona designata alla conduzione dell’impianto elettrico 
3.4. Persona o Unità Responsabile della realizzazione del lavoro 
3.5. Persona preposta alla conduzione dell’attività lavorativa 
3.6. Alcune considerazioni sulle diverse figure coinvolte nell’organizzazione e nell'esecuzione dei lavori
3.7. Considerazioni sulla figura del preposto ai lavori
4. I dispositivi di protezione individuale 
4.1. Introduzione 
4.2. Definizione 
4.3. Obbligo di uso dei DPI 
4.4. Requisiti di sicurezza dei DPI e marcatura CE 
4.5. Classificazione in categorie 
4.6. Contenuti delle istruzioni e informazioni del fabbricante 
4.7. Requisiti di sicurezza supplementari contro lo shock elettrico 
4.8. Scelta dei DPI 
4.9. Dispositivi di protezione individuale per i lavori elettrici sotto tensione
4.10. Panoramica non esaustiva di DPI, abbigliamento e attrezzature per i lavori elettrici
5. La formazione per i lavori in bassa tensione 
5.1. Cosa si intende per lavori elettrici e chi può eseguirli? 
5.2. Cosa si intende per formazione in ambito di lavori elettrici? 
5.3. Quali devono essere le qualità di PES e PAV? 
5.4. Chi stabilisce se a un lavoratore può essere attribuita la condizione di PES o PAV?
5.5. Quanto dura la condizione di PES o PAV? 
5.6. Come si sviluppa l’attività formativa per PES e PAV? 
5.7. Chi può svolgere i lavori sotto tensione?
5.8. Cos’è l’idoneità? 
5.9. Come si acquisiscono le conoscenze teoriche e pratiche necessarie per ottenere l’idoneità?
5.10. Quali sono le conoscenze necessarie per ottenere l’idoneità? 
5.11. Come viene attribuita l’idoneità ai lavoratori dipendenti? 
5.12. Come ottengono l’idoneità i datori di lavoro o i lavoratori autonomi?
5.13. Quanto dura nel tempo l’idoneità?
6. Lavori in prossimità di linee elettriche aeree
6.1. Introduzione 
6.2. La legislazione vigente 
6.3. I riferimenti normativi
6.3.1. Lavori non elettrici (in vicinanza) ad esclusioni dei Cantieri
6.3.2. Lavori non elettrici (in vicinanza) nei Cantieri 
6.4. Evoluzione normativa 
6.5. Considerazioni sul calcolo delle distanze 
7. Considerazioni su manutenzione, verifiche, misure, prove e ricerca di guasti
7.1. Scopo di verifiche, misure, prove e ricerca di guasti 
7.2. Verifiche 
7.3. Manutenzione 
7.4. Predisposizione di procedure operative
8. Misure con valutazione del rischio semplificata 
8.1. Valutazioni del rischio semplificate 
8.2. Misura di tensione all’interno di un quadro elettrico (primo esempio, punto 5.3.1.2, CEI 11-27) 
8.3. Misura di tensione all’interno di un quadro elettrico (secondo esempio, punto 5.3.1.2, CEI 11-27)
8.4. Misura di tensione all’interno di un quadro elettrico (terzo esempio, punto 5.3.1.2, CEI 11-27)
8.5. Misura di tensione all’interno di un quadro elettrico (quarto esempio, punto 5.3.1.2, CEI 11-27)
9. Esempi di moduli da utilizzare per i lavori elettrici 
9.1. Introduzione 
10. Le novità della norma CEI 11-27 ed. 2014 
10.1. Introduzione 
10.2. Elenco delle principali novità 
11. Riferimenti 
11.1. Legislazione 
11.2. Norme tecniche 
11.3. Guide
11.4. Bibliografia

Fonte: INAIL

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 31640 | 11 Luglio 2018

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Sentenze cassazione penale

Caduta dal tetto e mancanza del P.O.S

Lavori in subappalto

Penale Sent. Sez. 4 Num. 31640 Anno 2018

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: DAWAN DANIELA
Data Udienza: 03/05/2018

Ritenuto in fatto

1. I.C., a mezzo del difensore, ricorre avverso la sentenza resa in data 12 settembre 2017 dalla Corte di appello di Bologna, sez. 1, che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, revocata la sospensione condizionale della pena, ha sostituito la pena detentiva di un mese di reclusione nella corrispondente pena pecuniaria di euro 7.500,00 e lo ha condannato al pagamento di una provvisionale in favore della parte civile, confermando nel resto.
2. Il ricorrente, quale legale rappresentante della I.C. Edilmarmo s.r.l., impresa esecutrice dei lavori, veniva riconosciuto colpevole, unitamente a L.C., del reato di cui agli arti. 113 e 590, comma 2, cod. pen. perché per colpa, imperizia ed imprudenza, in violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, cagionava a E.D.E. lesioni personali gravi conseguenti a una caduta al suolo mentre lavorava sul tetto di un fabbricato (in Bagnacavallo il 5 novembre 2010). Gli si rimprovera, in particolare, la colpa specifica di non aver redatto il Piano Operativo di Sicurezza di cui all'art. 89, comma 1, lett. h), d.lgs. n. 81/08, anche nel caso in cui nel cantiere operi un'unica impresa.
3. I fatti possono essere così riassunti: G.P. concludeva un contratto di appalto con la Solar System s.p.a. (il cui delegato alla sicurezza era L.C.) avente ad oggetto la realizzazione di un impianto fotovoltaico nella propria abitazione sita in Bagnacavallo; a sua volta, la Solar System affidava in subappalto l'esecuzione del lavoro alla Solarest, ditta individuale, di cui era titolare D.V. e responsabile tecnico, dipendente, l'infortunato E.D.E.. Durante l'esecuzione dei lavori, il E.D.E., accortosi che la scala motorizzata di cui disponeva non poteva essere utilizzata per spostare i pannelli sul tetto dell'edificio, si recava presso la vicina società I.C. Edilmarmo a chiedere se potessero svolgere loro il lavoro di sollevamento dei pannelli. Il mattino successivo, un dipendente della I.C., alla guida di un mezzo articolato dotato di gru, raggiunta l'abitazione, si posizionava sul lato nord, fuori dalla recinzione della stessa.
E.D.E., illustrati al gruista i lavori da svolgere, saliva sul tetto per indicare con precisione il punto in cui avrebbe dovuto appoggiare i pannelli fotovoltaici, senza indossare l'attrezzatura antinfortunistica. Iniziata la manovra di trasferimento dei moduli, la gru colpiva il tetto provocando lo scuotimento degli stessi e il loro scivolamento dall'imbracatura; il E.D.E., nel tentativo di impedire la caduta dei pannelli, perdeva l'equilibrio e rovinava a terra.
4. La responsabilità del I.C., così come ritenuta dalla sentenza del primo grado cui la Corte di appello si richiama per relationem, è stata affermata in ragione del fatto che un suo dipendente e un suo macchinario erano presenti e operativi nel cantiere, derivandone pertanto la considerazione dell'impresa I.C. come impresa esecutrice. In conseguenza, il titolare avrebbe dovuto predisporre un piano operativo di sicurezza contenente la valutazione di tutti rischi, compreso quello di caduta dal tetto, trattandosi per l'appunto di un lavoro sul tetto ed essendo egli stato altresì messo a conoscenza, da un altro suo dipendente, dell'assenza di misure di protezione. La Corte di appello di Bologna sostiene, inoltre, che irrilevante è la ricostruzione dell'esatta dinamica del sinistro atteso che, se fossero state adottate le cautele necessarie per svolgere la delicata e pericolosa operazione con la redazione di uno specifico piano operativo di sicurezza (diverso da quello esistente il quale non prevedeva l'intervento di altra impresa esecutrice), l'incidente non si sarebbe verificato. Osserva l'impugnata sentenza che nel momento in cui l'imputato, nella piena consapevolezza dell'alto rischio lavorativo, accettò di far eseguire da un suo operaio e con un suo mezzo il pericolosissimo lavoro, assunse, in forza del disposto dell'art. 89, comma 1, lett. h), d.lgs. n. 81/2008, l'obbligo giuridico di predisporre il piano operativo di sicurezza dovendo la sua impresa reputarsi «esecutrice» dei lavori da eseguire. Al I.C. fu infatti richiesto di fornire uomini ed attrezzature idonee alla specifica situazione che comportava una particolare modalità di esecuzione dell'opera rispetto alla quale non esisteva alcuno specifico piano di sicurezza perché quello esistente escludeva l'intervento di ulteriori imprese.
5. Il ricorso si articola in due censure che si traducono sostanzialmente in vizi di motivazione relative all'omessa valutazione delle doglianze difensive proposte in appello e al travisamento delle risultanze probatorie in ordine alla ricostruzione del fatto. Si deduce altresì l'errata applicazione, nel caso di specie, dell'art. 89, comma 1, lett. h), d. Lgs. n. 81/2008: sul ricorrente non gravava affatto il relativo obbligo essendo emerso, in dibattimento, il ruolo e l'ambito di operatività del E.D.E. che non poteva essere definito un semplice lavoratore essendo il titolare di fatto della ditta Solarest di cui era, per esperienza e competenza, il responsabile tecnico. Egli, dunque, per l'imprudenza ed imprevedibilità della condotta, è l'unico responsabile dell'infortunio occorsogli. Sbaglia il Giudice d'appello a definire la ditta I.C. esecutrice, poiché ad essa era stato unicamente chiesto, dal E.D.E., di fornire una gru ed un gruista per sollevare dei pannelli su un tetto. Non di sub-appalto si trattava quanto del c.d. nolo a caldo. In quest'ultima ipotesi, al I.C. non spettava di redigere alcun POS. La responsabilità dell'accaduto deve quindi addebitarsi non al datore di lavoro della ditta che ha fornito «a caldo» l'attrezzatura ma al titolare dell'impresa che l'ha presa a nolo.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
[...omissis]
3. E opportuno richiamare i principi generali in tema di colpa.
La colpa è l'inosservanza di cautele doverose nell'esercizio di attività consentite; l'elemento peculiare della responsabilità colposa è che l'offesa non deve essere oggetto di volizione: il concetto di antidoverosità, invero, richiama una nozione di imputazione normativa dell'offesa. In altri termini, il giudizio colposo si sostanzia nel raffronto fra il comportamento effettivamente tenuto dal soggetto agente e il comportamento (ottemperante alla regola cautelare) che avrebbe potuto e dovuto realizzare. La colpa presenta dunque un profilo oggettivo (l'antidoverosità) e uno soggettivo (la concreta capacità dell'agente di adeguarsi alla regola cautelare). In particolare, la colpa specifica, presa in considerazione dall'art. 43, comma 1, III alinea, cod. pen., è determinata dall'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline concernenti l'esercizio di attività considerate pericolose dall'ordinamento e perciò consentite subordinatamente al rispetto di regole cautelari compendiate in atti normativi (leggi, regolamenti) ovvero provvedimentali (ordini) ovvero codificate in discipline (circolari, regole dell'arte o dell'esperienza). La differenza fra colpa generica e colpa specifica riposa sulla diversa tecnica di redazione del modello legale. Nella prima specie di colpa, i concetti di negligenza, imprudenza e imperizia sono concretizzati attraverso la previsione di regole cautelari extragiuridiche di estrazione sociale, parametrate sulla figura immaginaria del c.d. agente modello della stessa condizione sociale e professionale del soggetto attivo. Per converso, nella seconda specie di colpa, come sopra rilevato, le regole cautelari a contenuto preventivo sono codificate in documenti normativi o provvedimentali. In linea di principio, l'osservanza di queste regole esclude il profilo dell'antidoverosità, salvo che residui un margine di colpa generica.
Per dar luogo all'addebito a titolo di colpa specifica non è sufficiente la mera inosservanza della regola cautelare codificata (profilo oggettivo), ma è altresì necessario che l'autore avesse in concreto la possibilità di evitare il prodursi dell'evento offensivo (profilo soggettivo). Opinando altrimenti verrebbero a profilarsi i contorni di una culpa in re ipsa derivante della mera trasgressione, in contrasto con il principio costituzionale della personalità della responsabilità penale (art. 27, comma 1, Cost.).
Ai medesimi fini, è infine opportuno precisare che per configurare l'ascrizione dell'evento a titolo di colpa specifica, è necessario che, a seguito della violazione della regola preventiva trasgredita, si sia prodotta proprio l'offesa che essa mirava a evitare (c.d. nesso di congruità fra regola cautelare violata ed evento verificatosi).
4. Quanto poi alla individuazione dei soggetti garanti, si rileva che il legislatore, tenuto conto della complessità dei processi produttivi moderni, che sempre più coinvolge un numero ampio di imprese, ha di recente rivisitato la materia relativa al contratto di appalto, che, passando dalla disciplina originariamente prevista dagli artt. 4 e 5 del d.P.R. n. 547/1995, ha trovato una sua prima regolamentazione nell'art. 7 del d. lgs. n. 626/1994, per poi giungere alla elaborazione del complesso normativo di cui al d. lgvo n. 494/96, oggi sostanzialmente trasfuso nel d. legislativo 81/08.
Con specifico riferimento all'esecuzione di lavori in subappalto all'Interno di un unico cantiere edile predisposto dall'appaltatore, la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato il principio in base al quale gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, grava non soltanto sull'appaltatore, ma anche su tutti coloro che esercitano i lavori, quindi anche sul subappaltatore interessato all'esecuzione di un'opera parziale e specialistica che ha l'onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, pur se la sua attività si svolga contestualmente ad altra, prestata da altri soggetti, e sebbene l'organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all'appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali (Sez. 4, sent. n. 42477 del 16/07/2009, Cornelli, Rv 245786).
In generale, dalla sopra richiamata disciplina normativa si desume il principio, secondo il quale, in caso di contemporanea presenza di più imprese all'interno di un medesimo cantiere edile, tutti i soggetti titolari di una posizione di garanzia hanno il dovere di cooperare all'attuazione di misure di prevenzione e protezione dei rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto di appalto, informandosi, reciprocamente, anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese, coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
Quanto infine alla rilevanza di eventuali condotte negligenti riferibili al lavoratore infortunato, occorre osservare che, in tema di cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l'offesa, la giurisprudenza di legittimità ritiene che possano considerarsi tali quelle che diano luogo a una serie causale, sebbene non del tutto autonoma rispetto a quella riferibile all'agente, che si atteggi in termini di assoluta anomalia, eccezionalità e imprevedibilità (Sez. 4, sent. n. 13939 del 30/01/2008, Bauwens, Rv. 239593).
In ogni caso, quand'anche sussista una condotta colposa del lavoratore infortunato, questa non potrà comunque spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti destinatari di obblighi di sicurezza che abbiano violato prescrizioni in materia antinfortunistica (Sez. 4, sent. n. 12115 del 03/06/1999, Grande, Rv. 214999), in quanto le disposizioni prevenzionistiche hanno la funzione primaria di eliminare o almeno ridurre i rischi per l'incolumità fisica dei lavoratori intrinsecamente connaturati ai processi produttivi dell'attività di impresa, anche nelle ipotesi in cui siffatti rischi derivino da condotte colpose dei prestatori di lavoro.
Riguardo l'invocata esclusiva responsabilità dell'infortunato in ordine all'evento occorsogli, la sentenza della Corte di appello è esente da vizi. Essa infatti afferma come, nel caso di specie, non sussistesse alcun comportamento anomalo del lavoratore, versandosi, al contrario, in una situazione in cui la condotta da questi tenuta, strettamente funzionale all'esecuzione dell'opera appaltata e posta in essere in presenza ed a causa della violazione di una specifica norma antinfortunistica, era di assoluta prevedibilità.
5. Del tutto fuorviante appare poi la doglianza secondo cui, essendo stato stipulato ed eseguito un contratto di «nolo a caldo» (per essere stati messi a disposizione non solo la gru, ma anche il gruista), la responsabilità per gli infortuni competerebbe al titolare dell'impresa locatrice (noleggiante), e non già a colui che noleggia macchinario e operatore, il quale non ha l'onere di predisporre il P.O.S.
Anche su questo specifico punto - invocato dal ricorrente al fine di escludere in capo a sé l'onere di predisporre il P.O.S. - la sentenza impugnata è esente da censure laddove afferma che tra il I.C. e il E.D.E. non era stato concluso alcun «nolo a caldo» posto che al primo non fu chiesto semplicemente di eseguire una modalità dell'opera così come già predisposta e organizzata da altri, ma di fornire uomini e attrezzature idonee alla specifica situazione di fatto in modo da realizzare una particolare modalità di esecuzione dell'opera rispetto alla quale non esisteva alcuno specifico piano di sicurezza e che le imprese appaltatrici e subappaltatrici non erano in grado di svolgere.
6. In conclusione, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di giudizio in favore della parte civile, E.D.E. , che si liquidano, considerata l'attività professionale svolta e le questioni trattate, in complessivi euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di giudizio in favore della parte civile, E.D.E., che liquida in complessivi euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso il 3 maggio 2018.

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Esplosivi | Quadro normativo prevenzione incendi

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ESPLOSIVI   NORMATIVA DI PREVENZIONE INCENDI

Esplosivi | Quadro normativo prevenzione incendi

Testo coordinato VVF

R.D. 18 giugno 1931, n. 773 "Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza" (TULPS)

R.D. 6 maggio 1940, n. 635 "Regolamento per l'esecuzione del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza"

- Allegato A - Elenco e classificazione dei prodotti esplosivi riconosciuti.
- Allegato B - Norme per l'impianto di edifici destinati alla fabbricazione di materie esplosive della 1ª, 2ª e della 3ª categoria (polveri, dinamiti, detonanti).
- Allegato C
- Allegato D - Norme per la protezione contro le scariche elettriche atmosferiche, degli edifici e costruzioni in cui si lavorano, si manipolano o si conservano sostanze facilmente infiammabili e capaci di dar luogo ad esplosioni, oppure sostanze esplosive.

D.Lgs 4 aprile 2010, n. 58 (relativo all'immissione sul mercato di prodotti pirotecnici);

D.Lgs. 26 ottobre 2010, n. 204;

D.M. 8 aprile 2010 (sulla semplificazione delle procedure per il rinnovo delle licenze permanenti di trasporto) 

D.M. 9 agosto 2011 (sui depositi di artifici e gli esercizi di minuta vendita).

Prevenzione incendi attività 17-18 -19 -20 - esplosivi:

ATTIVITÀ 17

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni.

ATTIVITÀ 18

Esercizi di minuta vendita e/o depositi di sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni.

Esercizi di vendita di artifici pirotecnici declassificati in “libera vendita” con quantitativi complessivi in vendita e/o deposito superiori a 500 kg, comprensivi degli imballaggi.

ATTIVITÀ 19

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze instabili che possono dar luogo da sole a reazioni pericolose in presenza o non di catalizzatori ivi compresi i perossidi organici

ATTIVITÀ 20

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono nitrati di ammonio, di metalli alcalini e alcolino-terrosi, nitrato di piombo e perossidi inorganici 

 

ATTIVITÀ (DPR 151/2011)

CATEGORIA

A

B

C

17

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni.

 

 

Tutti

Equiparzione con le attività di cui all’allegato ex DM 16/02/82

24

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché perossidi organici

Principali differenze fra le attività di equiparazione 
Nessuna sostanziale modifica tranne che la nuova attività non contempla i perossidi organici.

 

 

ATTIVITÀ (DPR 151/2011)

CATEGORIA

A

B

C

18

Esercizi di minuta vendita e/o depositi di sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni.

Esercizi di vendita di artifici pirotecnici declassificati in “libera vendita” con quantitativi complessivi in vendita e/o deposito superiori a 500 kg, comprensivi degli imballaggi.

 

Esercizi di vendita di artifici pirotecnici declassificati in “libera vendita”

Esercizi di minuta vendita di sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni.”

Equiparzione con le attività di cui all’allegato ex DM 16/02/82

25

Esercizi di minuta vendita di sostanze esplodenti di cui ai decreti ministeriali 18 ottobre 1973 e 18 settembre 1975, e successive modificazioni ed integrazioni

Principali differenze fra le attività di equiparazione
La nuova attività introduce, per l’assoggettabilità ai controlli di prevenzione incendi, gli esercizi di vendita di artifici pirotecnici declassificati in “libera vendita” nelle condizioni di cui al punto stesso.

 

 

ATTIVITÀ (DPR 151/2011)

CATEGORIA

A

B

C

19

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze instabili che possono dar luogo da sole a reazioni pericolose in presenza o non di catalizzatori ivi compresi i perossidi organici

 

 

Tutti

Equiparzione con le attività di cui all’allegato ex DM 16/02/82

26

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze instabili che possono dar luogo da sole a reazioni pericolose in presenza o non di catalizzatori.

Principali differenze fra le attività di equiparazione
Nessuna sostanziale modifica tranne che la nuova attività contempla i perossidi organici.

 

 

ATTIVITÀ (DPR 151/2011)

CATEGORIA

A

B

C

20

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono nitrati di ammonio, di metalli alcalini e alcolino-terrosi, nitrato di piombo e perossidi inorganici

 

 

Tutti

Equiparzione con le attività di cui all’allegato ex DM 16/02/82

27

Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono nitrati di ammonio, di metalli alcalini e alcalino-terrosi, nitrato di piombo e perossidi inorganici

Principali differenze fra le attività di equiparazione
Non vi è alcuna differenza fra le due attività.

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R.D. 18 giugno 1931, n. 773 "Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza" (TULPS)

CAPO IV - DELLE ARMI

Art. 30

Agli effetti di questo testo unico, per armi si intendono:

1) le armi proprie, cioè quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona;
2) le bombe, qualsiasi macchina o involucro contenente materie esplodenti, ovvero i gas asfissianti o accecanti.

Art. 31(1)

Salvo quanto è disposto per le armi da guerra dall'art. 28, non si possono fabbricare altre armi, introdurle nello Stato, assemblarle, esportarle, farne raccolta per ragioni di commercio o di industria, o porle comunque in vendita, senza licenza del Questore.
La licenza è necessaria anche per le collezioni delle armi artistiche, rare od antiche. Salvo quanto previsto per la collezione di armi, la validità della licenza è di 3 anni.

Art. 31-bis(2)

1. Per esercitare l’attività di intermediario di cui all’articolo 1-bis, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 527, nel settore delle armi è richiesta una apposita licenza rilasciata dal Prefetto, che ha una validità di 3 anni.
2. Ogni operatore autorizzato deve comunicare all’autorità che ha rilasciato la licenza, anche mediante un sistema informatizzato, ogni anno, un resoconto dettagliato delle singole operazioni effettuate
3. La mancata comunicazione può comportare, in caso di prima violazione, la sospensione e, in
caso di recidiva, la sospensione o la revoca della licenza.
4. Le modalità di attuazione del presente articolo sono definite nel regolamento.
1 Articolo modificato dal D.Lgs. 26 ottobre 2010, n. 204.
2 Articolo aggiunto dal D.Lgs. 26 ottobre 2010, n. 204.

1 Articolo modificato dal D.Lgs. 26 ottobre 2010, n. 204.

2 Articolo aggiunto dal D.Lgs. 26 ottobre 2010, n. 204.

R.D. 6 maggio 1940, n. 635

Approvazione del regolamento per l'esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773 delle leggi di pubblica sicurezza
È approvato l'annesso regolamento per l'esecuzione del testo unico, in data 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza, il quale regolamento sarà visto e sottoscritto, d'ordine nostro, dal Duce del fascismo, Capo del Governo, Ministro per l'interno.
REGOLAMENTO PER L'ESECUZIONE DEL TESTO UNICO DELLE LEGGI DI PUBBLICA SICUREZZA
[...]
PARAGRAFO 11 DELLA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI E DEI DISASTRI

81. Sono soggetti alle disposizioni degli articoli 46 e 57 della legge tutti i prodotti esplodenti, comunque composti, sia che possano agire da soli od uniti ad altre sostanze, sia che possano essere impiegati in macchine o congegni, o in qualsiasi altro modo disposti o adoperati. Sono altresì soggetti alle disposizioni degli articoli 46 e 47 della Legge i prodotti esplodenti indicati nell'allegato I al Decreto Legislativo 2 gennaio 1997, n. 7 e successivi aggiornamenti e modificazioni, secondo quanto previsto dal successivo articolo 83.
82. I prodotti esplosivi, di cui al precedente articolo, sono classificati nelle seguenti categorie:
1. Polveri (11) e prodotti affini negli effetti esplodenti;
2. Dinamiti (12) e prodotti affini negli effetti esplodenti;
3. Detonanti (13) e prodotti affini negli effetti esplodenti;
4. Artifici (14) e prodotti affini negli effetti esplodenti;
5. Munizioni di sicurezza e giocattoli pirici
La categoria 5) “munizioni di sicurezza e giocattoli pirici” di cui al comma precedente si articola nei seguenti gruppi:(16)
GRUPPO A
1- bossoli innescati per artiglieria;
2- spolette a percussione con innesco amovibile o interno;
3- spolette a doppio effetto per artiglieria;
4- cartucce da salve per armi comuni e da guerra;
5- cartucce per armi comuni e da guerra;
GRUPPO B
1- micce a lenta combustione o di sicurezza;
2- cartuccia per pistola spegnitrice Wolf;
3- accenditori elettrici;
4- accenditori di sicurezza;
GRUPPO C
1- giocattoli pirici;
GRUPPO D:
1- manufatti pirotecnici da segnalazione ad effetto illuminante, fumogeno o misto destinati alla sicurezza in mare o in montagna, ovvero alle segnalazioni per la sicurezza nei trasporti ferroviari e stradali, nonché quelli analoghi destinati ad essere utilizzati dalle Forze Armate e ai Corpi Armati dello Stato;
2- manufatti pirotecnici da segnalazione ad effetto sonoro , compresi quelli destinati ad essere utilizzati dalle Forze Armate e ai Corpi Armati dello Stato;
3- manufatti pirotecnici destinati all’attivazione di apparecchiature per l’estinzione di incendi;
4- manufatti pirotecnici da divertimento, ad effetto di scoppio e/o ad effetto luminoso;
GRUPPO E:
1 - munizioni giocattolo;
2 - air bag, pretensionatori per cinture di sicurezza e relativi generatori di gas od attuatori ricompresi nell’allegato I al decreto legislativo 2 gennaio 1997 n. 7 e successive modificazioni e aggiornamenti;
3 - bossoli innescati per munizioni per armi di piccolo calibro;
4 - inneschi per munizioni per armi di piccolo calibro e per cartucce industriali;
5 - manufatti pirotecnici e cartucce per strumenti tecnici e industriali (es.: sparachiodi, per mattazione e cementeria);
6 - cartucce a salve ad effetto sonoro per armi di libera vendita.

83. I prodotti esplodenti riconosciuti e classificati ai sensi dell’articolo 53 della legge, nonché i prodotti esplodenti muniti dell’attestato di esame “CE del tipo” e della valutazione di conformità di cui all’allegato V al decreto legislativo 2 gennaio 1997 n. 7, certificati dagli “Organismi notificati” sono indicati nell'allegato A al presente regolamento. I prodotti esplodenti marcati CE sono classificati a seconda della loro tipologia nelle categorie di cui al precedente articolo 82 ed iscritti
d’ufficio nell'allegato A al presente regolamento, ai soli fini dell’applicazione delle norme tecniche inerenti alla sicurezza nell’attività di fabbricazione e di deposito di esplosivi contenute nell’allegato B al presente regolamento.
L'allegato B contiene le norme per l'impianto delle fabbriche e dei depositi delle materie esplodenti di ogni categoria, nonché le norme per l'impianto dei cantieri civili di scaricamento, ripristino e caricamento proiettili e per la lavorazione di materiale da guerra.

L'allegato C determina le norme per il trasporto degli esplosivi e le modalità per il rilascio delle relative licenze.

L'allegato D contiene le norme per la protezione contro le scariche elettriche atmosferiche degli edifici in cui si lavorano, si manipolano o si conservano sostanze infiammabili o esplosive.

Il Ministro dell'interno, sentito il parere della commissione consultiva per le sostanze esplosive e infiammabili, ha facoltà di apportare variazioni od aggiunte agli allegati stessi.

84. La commissione di cui all'articolo precedente è nominata dal Ministero dell'interno, e si compone di un presidente e di undici membri.
Di questi, uno deve appartenere al gruppo A dell'amministrazione dell'interno, di grado non inferiore al 6°; due possono essere scelti fra gli estranei all'amministrazione dello Stato; uno deve rappresentare la direzione generale dei servizi antincendi del Ministero dell'interno; sei sono designati, uno per ciascuno dai Ministri per la marina, per l'aeronautica, per le corporazioni e per le comunicazioni, e due dal Ministro per la guerra; uno è designato dal comitato centrale interministeriale di protezione antiaerea.
Uno dei delegati del Ministro per la guerra è scelto fra gli ufficiali generali o superiori del servizio chimico militare; l'altro fra gli ufficiali generali o superiori di artiglieria o genio in effettivo servizio o in congedo.
I delegati dei Ministri per le corporazioni e per le comunicazioni sono designati fra il personale tecnico superiore, rispettivamente del reale corpo delle miniere e della direzione generale delle ferrovie dello Stato.

Un funzionario di pubblica sicurezza addetto alla direzione generale della pubblica sicurezza, adempie alle funzioni di segretario della commissione. [...]

_______

Fonte: VVF

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Registro Nazionale Medici competenti Sicurezza lavoro

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Registro Nazionale Medici Competenti

Registro Nazionale dei medici competenti Sicurezza lavoro

ID 6489 | 13.06.2022 / Scheda allegato

Il Registro Nazionale dei medici competenti Sicurezza lavoro è stato istituito con il Decreto 4 marzo 2009 ed è tenuto presso l’Ufficio II della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, che ne cura anche l’aggiornamento.

Nell’elenco devono essere iscritti tutti imedici che svolgono l’attività di medico competente in possesso dei titoli e dei requisiti previsti dall’art. 38, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Per l'iscrizione, il Medico Competente è tenuto a comunicare, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli e requisiti abilitanti per lo svolgimento di tale attività, previsti dall’art. 38 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Il Medico Competente è altresì tenuto a comunicare, con le stesse modalità, eventuali successive variazioni comportanti la perdita di requisiti precedentemente autocertificati e la cessazione dello svolgimento dell’attività.

Registro nazionale dei medici competenti

L'elenco nazionale dei medici competenti è tenuto presso l'Ufficio II della Direzione Generale della prevenzione sanitaria in base al Decreto dirigenziale 4 marzo 2009 (G.U. n.146 del 26 giugno 2009).

I sanitari che svolgono l'attività di medico competente in qualità di dipendenti o collaboratori di una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l’imprenditore, liberi professionisti e dipendenti del datore di lavoro, sono tenuti a comunicare il possesso dei titoli e requisiti abilitanti per lo svolgimento di tale attività (Decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008) al Ministero della salute, il quale provvede all’aggiornamento, effettuando verifiche anche a campione, dei requisiti e dei titoli autocertificati.

In base alle modifiche all'art. 38 del suddetto D. Lgs. n. 81 del 9 aprile 2008, introdotte dal Decreto legislativo n. 106 del 3 agosto 2009, per i sanitari appartenenti alle Forze Armate (Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza) è previsto il possesso del requisito dello svolgimento dell'attività di medico nel settore del lavoro per almeno quattro anni per svolgere nell’ambito istituzionale le funzioni di medico competente.

I medici in possesso dei titoli di specializzazione in Igiene e medicina preventiva o in Medicina legale, che non possiedono il requisito di aver svolto le attività di medico competente per almeno un anno dei tre anni anteriori all'entrata in vigore del D. Lgs n. 81/2008, ai fini dello svolgimento di tale attività devono seguire, secondo il decreto 15 novembre 2010 un corso-master della durata di almeno un anno, abilitante per lo svolgimento delle funzioni di Medico competente.

Compila il modulo di autocertificazione.

Consulta l'elenco dei medici competenti.

Per eventuali informazioni scrivi all'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) del Ministero della salute Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

Leggi anche la circolare 1 giugno 2017 Elenco medici competenti: chiarimenti e procedure  

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Circolare n. 17041 del 1° Giugno 2017

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Circolare n. 17041 del 1° Giugno 2017

Oggetto: Elenco medici competenti: chiarimenti e procedure

Min Salute

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Elenco medici competenti: chiarimenti e procedure
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Bozza RTV attività commerciali in materia di prevenzione incendi

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Bozza RTV Prevenzione Incendi attivit  commerciali

Bozza RTV attività commerciali in materia di prevenzione incendi

Update 04 Dicembre 2018

Pubblicato in GU del 3 dicembre 2018 il:

Decreto 23 novembre 2018
Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi per le attivita' commerciali, ove sia prevista la vendita e l'esposizione di beni, con superficie lorda superiore a 400 mq, comprensiva di servizi, depositi e spazi comuni coperti, ai sensi dell'articolo 15, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 - modifiche al decreto 3 agosto 2015.

(GU Serie Generale n.281 del 03-12-2018)

Update 11.07.2018

Il 27 giugno 2018 è stato comunicato alla Commissione Europea lo schema di decreto ministeriale recante: "Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi per le attività commerciali, ove sia prevista la vendita e l'esposizione di beni, con superficie lorda superiore a 400 mq comprensiva di servizi, depositi e spazi comuni coperti, ai sensi dell'art. 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139".

ll testo è stato notificato alla Commissione Europea come previsto dalla procedura di informazione comunitaria ai sensi della Direttiva (UE) n. 2015/1535, prima della firma da parte del Ministro e della definitiva promulgazione. Ai sensi della Direttiva (UE) 2015/1535, gli Stati membri devono informare la Commissione di qualsiasi progetto di regolamentazione tecnica prima della sua adozione. A partire dalla data di notifica del progetto, un periodo di status quo di tre mesi - durante il quale lo Stato membro notificante non può adottare la regolamentazione tecnica in questione - consente alla Commissione e agli altri Stati membri di esaminare il testo notificato e rispondere adeguatamente. Essendo la notifica avvenuta in data 27.06.2018, il periodo di status quo termina il 28.09.2018.

Il progetto di decreto notificato è costituito da quattro articoli ed un allegato, nel dettaglio: 

art. 1: approva le norme tecniche di prevenzione incendi per le attività commerciali contenute nell'allegato; 
art. 2: definisce il campo di applicazione; 
art. 3: modifica il decreto 3 agosto 2015
art. 4: stabilisce le disposizioni finali. 
Allegato - Capitolo V.8 Attività commerciali: contiene le regole tecniche verticali relative alle attività commerciali classificate in relazione alla superficie lorda utile, alla quota dei piani, alle attività direttamente funzionali. 

Il provvedimento notificato, integra il decreto 3 agosto 2015 introducendo nella Sezione V ''Regole tecniche verticali" il capitolo V.8 Attività commerciali. 

Tali norme si potranno applicare alle attività previste in alternativa alle specifiche norme tecniche di prevenzione incendi di cui al decreto dei Ministro dell'interno 27 luglio 2010 recante «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio delle attività commerciali con superficie superiore a 400 mq».

_____

Nella seduta del Comitato Centrale Tecnico Scientifico (presso il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco), del 27 novembre 2017, sono stati presentati tre schemi di regola tecnica in materia di prevenzione incendi, tra i quali riveste particolare importanza la bozza di RTV sulle attività commerciali, che integrerà il DM 03/08/2015 "Norme tecniche di prevenzione incendi" (Codice di prevenzione incendi).

L’attuale norma relativa alla prevenzione incendi per le attività commerciali > 400 m², che verrà poi sostituita, è il decreto del 27 luglio 2010.

La bozza della nuova regola tecnica verticale riguardante le attività commerciali, ove sia prevista la vendita e l’esposizione di beni, con superficie lorda superiore a 400 m² comprensiva di servizi, depositi e spazi comuni coperti, andrà quindi ad integrare la Sezione V – Regole tecniche verticali del Codice di prevenzione incendi (DM 3 agosto 2015).

Capitolo V.8 Attività commerciali 

Lo schema della nuova regola tecnica è il seguente:

- scopo e campo di  applicazione
- definizioni
- classificazioni
- profili di rischio
- strategia antincendio
- altre indicazioni
- riferimenti

_________

Con Circolare n. 160/2017, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, ha invitato i propri Ordini a formulare ed inviare eventuali osservazioni tecniche entro il 12 gennaio 2018.

Fonte: Consiglio Nazionale degli Ingegneri

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CE 2018/295/I
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Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 17685 | 05 Luglio 2018

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Sentenze cassazione civile

Licenziamento disciplinare: voluta negligenza e lentezza nell'esecuzione del lavoro

Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 17685 | 05 Luglio 2018

Licenziamento dovuto all'eccessivo tempo impiegato per una lavorazione tenendo conto della recidiva dell’operaio nella voluta negligenza e considerata altresì legittima, l’installazione di impianti ed apparecchiature di controllo poste per esigenze organizzative e produttive o a tutela del patrimonio aziendale e da cui non derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività lavorativa né risulti in alcun modo compromessa la dignità e la riservatezza dei lavoratori.

Civile Ord. Sez. L Num. 17685 Anno 2018
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: BOGHETICH ELENA
Data pubblicazione: 05/07/2018

Rilevato

che con sentenza depositata 15.03.2016 la Corte di appello di Genova, confermando la pronuncia di primo grado, ha respinto il reclamo proposto dal sig. Eddouiri Abderrahmane e per l'effetto ha rigettato la domanda di annullamento del licenziamento disciplinare intimatogli in data 03.12.2013 dalla società R.G.M. S.p.A., per aver impiegato più di 3,5 ore di tempo per eseguire una lavorazione che un operaio con esperienza analoga avrebbe eseguito in poco più di mezz'ora, considerate

- quali elementi costitutivi del potere espulsivo - tre precedenti sanzioni disciplinari conservative;

che la Corte territoriale, dopo aver rilevato la sussistenza della recidiva in capo all'Eddouiri, già destinatario di tre precedenti provvedimenti disciplinari di sospensione (del 12.1.2011, del 16.9.2013 e del 30.9.2013), ritenuti dalla Corte medesima validi ed efficaci, e dopo aver altresì rilevato che la domanda riguardante la violazione dell'art. 4 della legge 20 maggio 1970. n. 300 fosse stata tardivamente proposta e, comunque, non fondata nel merito (per impossibilità di comprendere tra i controlli "a distanza" l'uso di un lettore ottico e di un codice a barre), concludeva per la legittimità del licenziamento disciplinare comminato ai sensi dell'art. 10 CCNL settore Metalmeccanica Industria privata, poiché correttamente sorretto dalla recidiva in una qualunque delle mancanze previste dall'art. 9 CCNL, tra cui la voluta negligenza o lentezza nell'esecuzione del lavoro;

che per la cassazione della sentenza il sig. Eddouiri propone ricorso affidato a tre motivi illustrati da memoria;

che la società ha depositato controricorso;

che il P.G. in data 26.3.2018 ha chiesto il rigetto del ricorso;

Considerato

che con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 9 e 10 CCNL metalmeccanici, dell'art. 99 cod.pen. nonché dell'art. 7, Statuto dei Lavoratori (ex art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.), per non aver la Corte distrettuale correttamente interpretato ed applicato l'istituto della recidiva, la cui disciplina va mutuata esclusivamente dal processo penale, con conseguente necessità della ricorrenza di due precedenti provvedimenti "definitivi" (ossia confermati con sentenza passata in giudicato), tra i quali non può annoverarsi la contestazione disciplinare del 30.9.2013, impugnata in sede giudiziale;

che con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 9 e 10 CCNL in relazione all'art. 7, Statuto dei Lavoratori (ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale ritenuto efficace anche la contestazione del 16.9.2013 in considerazione della sua applicazione da parte del datore di lavoro, nonostante fosse stato contestato il vizio di omessa comunicazione;

che con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 4, L. 20 maggio 1970, n. 300 (ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.), avendo erroneamente la Corte territoriale ritenuto tardivamente sollevato (e, comunque, infondato) l'ulteriore motivo di illegittimità del licenziamento consistente nella sottoposizione del lavoratore a controlli a distanza;

che il primo motivo di ricorso è infondato, atteso che l'istituto della recidiva presenta caratteri autonomi rispetto all'istituto regolato dal diritto penale, costituendo espressione unilaterale di autonomia privata del datore di lavoro, in relazione alla quale l'impugnazione da parte del lavoratore sanzionato è solo eventuale e, in ogni caso, non costituisce causa di sospensione della sua efficacia (cfr. sulla efficacia delle sanzioni disciplinari temporaneamente sospese, ex art. 7, comma 6, della legge n. 300 del 1970, a seguito di costituzione del collegio di conciliazione ed arbitrato, Cass. n. 7719 del 2016, Cass. n. 172 del 2005, Cass. 3915 del 1996);

che il secondo motivo, attesa la reiezione del primo, oltre che risultare ultroneo (essendo sufficiente, ai sensi dell'art. 10 del CCNL di settore, la sussistenza di due precedenti disciplinari), risulta comunque inammissibile, per avere ricondotto sotto l'archetipo della violazione di legge censure che in realtà si risolvono nella diversa valutazione delle risultanze istruttorie, avendo - la Corte territoriale - ritenuto sfornita di prova la deduzione della mancata notifica del provvedimento disciplinare del 16.9.2013, né risultando che il CCNL richiedesse una veste formale specifica per la comunicazione di una sanzione disciplinare;

che il terzo motivo di ricorso appare inammissibilmente formulato perché, senza contestare la statuizione di tardività della dedotta violazione dell'art. 4 della legge n. 300 del 1970 (in quanto profilo sollevato solamente in sede di discussione della causa), sollecita una diversa lettura delle risultanze procedimentali in ordine alla percezione della condotta datoriale illegittima, sindacato non suscettibile di vaglio in sede di legittimità;

che, ferma l'inammissibilità per carenza di impugnazione di entrambe le rationes decidendi, la Corte territoriale ha correttamente affermato - in conformità a orientamento consolidato di questa Corte - che, in tema di controllo del lavoratore, non è soggetta alla disciplina dell'art. 4, comma 2, legge n. 300 del 1970, l'installazione di impianti ed apparecchiature di controllo poste per esigenze organizzative e produttive o a tutela del patrimonio aziendale dalle quali non derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività lavorativa né risulti in alcun modo compromessa la dignità e riservatezza dei lavoratori (cfr. da ultimo, Cass. n. 22662 del 2016; Cass. n. 2531 del 2016, in motivazione; Cass. n. 10636 del 2017);

che, in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall'art. 91 cod.proc.civ.;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013);

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nell'Adunanza camerale del 17 aprile 2018. 

_________

Art. 4. (Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo)  Legge 300/1970 

1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilita' di controllo a distanza dell'attivita' dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unita' produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in piu' regioni, tale accordo puo' essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unita' produttive dislocate negli ambiti di competenza di piu' sedi territoriali, della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalita' d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

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Circolare 11 maggio 2018

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Circolare 11 maggio 2018

Circolare 11 maggio 2018: Attività Ispettiva fabbriche e depositi di fuochi d'artificio

Oggetto:
Fabbriche e depositi di fuochi d'artificio ex art. 47 RD 18 giugno 1931, n. 773 TULPS. Attività di monitoraggio, controllo e ispezione.

RD 18 giugno 1931, n. 773
---
Art. 47. (Art. 46 T. U. 1926).
Senza licenza del prefetto e' vietato fabbricare, tenere in deposito, vendere o trasportare polveri piriche o qualsiasi altro esplosivo diverso da quelli indicati nell'articolo precedente, compresi i fuochi artificiali e i prodotti affini, ovvero materie e sostanze atte alla composizione o fabbricazione di prodotti esplodenti E' vietato altresi', senza licenza del prefetto, tenere in deposito, vendere o trasportare polveri senza fumo a base di nitrocellulosa o nitroglicerina.

L'approssimarsi della stagione estiva, durante la quale e piu frequente l'impiego di prodotti pirotecnici in occasione di eventi pubblici a carattere locale, ripropone l'esigenza di assicurare la piu accurata ed attenta vigilanza a tutela della pubblica e privata incolumità.

Si richiama, pertanto, l'attenzione delle SS.LL. sulla necessità di verificare che i titolari di licenza di fabbriche e depositi presennti sui territorio osservino scrupolosamente la nonrmativa tecnica ed amministrativa di settore.

In particolare appare opportuno predisporre, sia ad opera degli Uffici di Polizia che della Commissione Tecnica Territoriale in materia di sostanze esplodenti, opportuni ed adeguati controlli mirati ad accertare la puntuale osservanza degli oibblighi dei titolari delle licenze di fabbricazione, rilasciate dal Prefetto ex art. 47 T.U.L.P.S, con l'ausilio eventuale di personale appartenente al nucleo artificieri.

Si richiama, al riguardo, il contenuto della circolare n. 57/PAS/U/010964/XV.H.MASS(77)SM del 05.07.2016, a firma del Capo della Polizia — Direttore Generale della P.S., con la quale erano state diramate le "Linee guida per le Commissioni Tecniche Territoriali in sede di sopralluogo ispettivo presso fabbriche e depositi di fuochi d'artificio", pubblicate sul sito istituzionale della Polizia di Stato.

Tali linee guida costituiscono un utile manuale operativo, completo di una lista di controlli che agevola le verifiche in corso di sopralluogo, nel quale sono compendiate le nozioni fondamentali in tema di idoneità ed operatività delle strutture operanti nella fabbricazione e deposito dei fuochi d'artificio con particolare riferimento agli aspetti attinenti alla sicurezza di dette attività.

Nelle more dell'effettuazione dei predetti sopralluoghi, appare indispensabile che iSig.ri Prefetti attuino nei confronti degli operatori economici una mirata campagna di sensibilizzazione, attraverso mirate comunicazioni volte a richiamare l'attenzione sugli obblighi previsti dalle vigenti disposizioni e dalle eventuali ulteriori prescrizioni imposte all'atto del rilascio delle licenze a mente dell' art. 9 T.U.L.P.S.

Tra l'altro, le predette comunicazioni dovranno essere preordinate a rammentare le indicazioni contenute nella pubblicazione redatta dall'INAIL in collaborazione con l'Ufficio per la Polizia Amministrativa e Sociale recante "Indicazioni Operative per Aziende del Settore Pirotecnico ".
...
Inoltre, come gia precedentemente indicato nella circolare 557/PAS/U/011826/XV.H.MASS del 07.08.2015, alla cui attenta lettura si rimanda, si suggerisce di procedere ad un approfondito controllo delle licenze di trasporto rilasciate agli operatori di settore, al fine di monitorare se vi sia una sproporzione tra la quantita di prodotti che una struttura e autorizzata a fabbricare o detenere e il totale dei quantitativi di prodotti movimentati per l'allestimento di spettacoli pirotecnici autorizzati ai sensi dell'art. 57 T.U.L.P.S., o peril rifomimento di altri depositi.

RD 18 giugno 1931, n. 773
---
Art. 57. (Art. 56 T. U. 1926).
Senza licenza dell'autorita' locale di pubblica sicurezza non possono spararsi armi da fuoco ne' lanciarsi razzi, accendersi fuochi di artificio, innalzarsi aerostati con fiamme, o in genere farsi esplosioni o accensioni pericolose in un luogo abitato o nelle sue adiacenze o lungo una via pubblica o in direzione di essa. E' vietato sparare mortaletti e simili apparecchi. La licenza e' altresi' richiesta per l'apertura o la gestione di campi di tiro o poligoni privati. Il sindaco deve essere, comunque, sentito per gli aspetti di competenza dell'ente locale, quando non e' lo stesso a rilasciare la licenza. Nel regolamento sono definite le modalita' di attuazione del presente comma e la relativa disciplina transitoria

MI Prot. 557/PASIXV.H.MASS(6)

https://www.poliziadistato.it/articolo/38618

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Esperto responsabile RMN

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Esporto responsabile RMN

Esperto responsabile RMN

Documento allegato sui requisiti e obblighi dell'Esperto Responsabile e del Medico Responsabile, in riferimento alla normativa in vigore nei presidi e attività di risonanza magnetica per la Sicurezza dei lavoratori, pazienti e pubblico. Allegati Documenti e Guide ufficiali in merito.

Excursus

Il sito RM è definito come l’insieme dei locali e delle aree destinate, in via esclusiva, al supporto dell’attività diagnostica RM. L’intero ambiente deve essere perimetralmente confinato al fine di garantire l’interdizione all’accesso nelle zone di rischio a tutti i soggetti non abilitati, ovvero riservare l’accesso al solo personale autorizzato e ai pazienti (o volontari sani, nel caso di strutture di ricerca) da sottoporre ad esame diagnostico, preventivamente autorizzati dal Medico Responsabile  dell’esecuzione dell’esame RM, equivalentemente definibile Medico Responsabile della Prestazione diagnostica (MRP).

I lavoratori che prestano sistematicamente servizio presso il sito RM sono individuati dal Medico Responsabile dell’attività dell’impianto (MR), sentito l’Esperto Responsabile della sicurezza (ER), sulla base delle effettive necessità di risorse umane per la gestione dell’attività medica RM, e autorizzati all’accesso nelle zone di rischio dal Datore di Lavoro (DL), previa preventiva valutazione da parte del Medico Competente (MC) al quale spetta il giudizio di idoneità sanitaria specifica, da emettere sulla base di uno specifico protocollo di sorveglianza sanitaria.

I lavoratori che accedono occasionalmente al sito RM devono essere resi edotti da parte del MR (e/o dell’ER) sui rischi specifici ed essere sottoposti alle procedure di valutazione anamnestica per accertare la sussistenza di eventuali controindicazioni all’accesso al sito RM. Si precisa che quanto segue deve intendersi come indicazione riguardante i requisiti minimi di carattere nazionale, che devono poi essere integrati sulla base degli eventuali requisiti regionali emanati per l’autorizzazione e l’accreditamento delle strutture sanitarie.

Il D.M. 02.08.91 identifica quali responsabili per la gestione della sicurezza in un sito di Risonanza Magnetica due figure professionali specifiche, il Medico Responsabile (MR) e l’Esperto Responsabile (ER). Essi sono formalmente incaricati dal datore di lavoro per quanto di specifica competenza, ovvero rispettivamente la sicurezza “medica” e la sicurezza “tecnico-fisica”, e rappresentano gli interlocutori principali dell’Istituto all’atto dell’espletamento dell’attività ispettiva prevista ai sensi dell’articolo 7.2 del DPR 542/94 e di competenza del già richiamato Settore per le Verifiche Autorizzative ed Ispettive in Radiazioni Ionizzanti e Risonanza Magnetica.

DPR 542/94 
...
Art. 7. Vigilanza e controlli

1. La vigilanza sulle apparecchiature R.M. e' demandata all'unita' sanitaria locale.

2. Accertamenti ispettivi per verificare la conformita' della installazione e dell'uso delle apparecchiature alle prescrizioni possono essere effettuati in ogni tempo dal Ministero, nonche' dall'Istituto superiore di sanita' e dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza nel lavoro anche su richiesta del Ministero stesso, della regione o provincia autonoma.

3. L'accertata violazione delle prescrizioni puo' comportare la sospensione temporanea o la revoca dell'autorizzazione.

Le figure del MR dell’impianto e dell’ER per la sicurezza sono obbligatorie per tutte le tipologie di apparecchiatura RM, in quanto la necessità di rispettare gli standard di sicurezza vigenti, come rappresentata dall’articolo 2 del sopra richiamato DPR, non prevede alcuna deroga.

Il ruolo dell’ER è quello di esprimere un preventivo benestare all’installazione, e successivamente, gestire gli aspetti di sicurezza e qualità sia del tomografo e di tutti gli impianti accessori necessari al corretto funzionamento dell’apparecchiatura diagnostica. Per assumere una tale responsabilità di incarico, ad oggi è richiesto avere un diploma di laurea e un curriculum professionale specifico attestante le competenze acquisite in materia, così come esplicitamente previsto dall’articolo 2 del D.M. 29/11/1985.

D.M. 29/11/1985

Art. 2

Chiunque intende procedere alla installazione di apparecchiature a risonanza magnetica nucleare ad uso diagnostico deve fare domanda di autorizzazione al Ministero della sanità - Direzione generale degli ospedali, con le seguenti indicazioni:

a) tipo di apparecchiatura a risonanza magnetica nucleare con menzione esplicita della intensità del campo magnetico e del tipo di magnete (resistivo o superconduttore) che si intende utilizzare oltreché delle finalità d'uso di tale apparecchiatura (diagnostica mediante immagini o diagnostica mediante immagini e spettroscopia in vivo);

b) descrizione con relativa documentazione del sito di installazione dell'apparecchiatura, dei sistemi di schermatura del campo magnetico e della radiofrequenza, con allegata planimetria dei locali destinati alla macchina, alla strumentazione di controllo e di visualizzazione dei risultati, alla preparazione del paziente, all'archivio dati, ai servizi, agli uffici ecc. Nella planimetria dovrà risultare l'indicazione dei limiti delle diverse aree ed accesso controllato. Dovranno essere altresì descritte le misure adottate entro tali limiti per la sicurezza dei pazienti, dei volontari, dei lavoratori e dei visitatori;

c) documentazione sulla disponibilità dei mezzi tradizionali di diagnostica per immagini (tomografia assiale computerizzata, angiografia, medicina nucleare, ultrasonografia, ecc.);

d) l'elenco degli esperti in diagnostica per immagini, degli esperti in tecnologia della risonanza magnetica nucleare e degli esperti nei campi interdisciplinari previsti per la utilizzazione della risonanza magnetica nucleare con spettroscopia in vivo. Per ciascuno di essi deve essere prodotta la documentazione sulla loro specifica competenza (curriculum professionale, pubblicazioni, ecc.);

e) indicazione quantitativa e qualitativa della presumibile patologia afferente dal relativo bacino di utenza;

f) previsione del carico lavorativo e conseguente modalità di gestione anche al fine di garantire la più ampia utilizzazione dell'apparecchiatura onde valutare la validità dell'indagine basata sulla risonanza magnetica nucleare su una più ampia varietà di patologie.

Sale e zone in un presidio di risonanza magnetica

All’interno di un presidio di risonanza magnetica, è possibile identificare la zona di accesso controllato, la zona di rispetto, e la zona controllata.

Vengono date indicazioni particolari anche per quelle che sono le sale di attesa ed accettazione, le sale di anamnesi, gli spogliatoi, i servizi igienici, la sala di preparazione, la sala di emergenza, la sala magnete, il locale tecnico, la sala refertazione e l’archivio.

È importante dire che un presidio di risonanza magnetica deve essere confinato nel suo perimetro ed avere un unico accesso rigidamente controllato e riservato al solo personale autorizzato e a pazienti da esso accompagnati. Opportuna segnaletica identificatrice (fig. 1) apposta sull’esterno delle porte deve indicare sia i rischi all’esposizione ai campi magnetici presenti all’interno, sia le opportune restrizioni di accesso e gestione.

RMN 01

Fig.1 - Segnaletica di avvertimento

Di seguito, con riferimento alla normativa, si riporta la principale classificazione delle zone all’interno di un presidio di RMN:

- La zona di rispetto si definisce come quella in cui il campo magnetico disperso va da 0.1 mT (1Gauss) a 0.5 mT (5 Gauss). Deve essere completamente contenuta all’interno della proprietà di pertinenza del datore di lavoro possessore del tomografo RM e non può essere utilizzata per scopi o finalità che prevedano postazioni di lavoro fisse. Inoltre, la zona di rispetto deve avere al suo interno dotazioni che tengano conto delle problematiche esistenti connesse alla compatibilità elettromagnetica con apparecchi elettronici e della possibile magnetizzazione di apparati ferromagnetici.

- La zona controllata è quella in cui il campo magnetico disperso e uguale o superiore a 0.5 mT (5 Gauss). La linea di campo dei 5 gauss deve necessariamente essere contenuta all’interno della zona ad accesso controllato, e per lo più si trova ad essere confinata all’interno della sala magnete.

- Le zone esterne alla sala magnete eventualmente interessate vanno interdette con barriere fisse ed identificate con cartellonistica che indichi i rischi all’esposizione ai campi magnetici presenti all’interno e le restrizioni di accesso.

Oltre alle zone, è possibile definire le sale. La prima è la sala magnete dove vengono definite quelle che sono le condizioni ambientali, vedendo come la ventilazione e la climatizzazione della sala magnete devono garantire una temperatura costante di 22 ± 2 °C ed una umidità relativa del 40-60%, al fine di salvaguardare il benessere del paziente. Per ottenere quanto riportato, occorre garantire all’interno della sala 6-10 ricambi/ora di aria in condizioni di normale esercizio, e 18-20 ricambi/ora in condizioni di emergenza. In caso di presenza di tomografi raffreddati ad elio, il dispositivo di sicurezza fondamentale è il sensore ossigeno, capace di rilevare fughe d’elio dall’apparecchiatura mediante la rilevazione dell’abbassamento della concentrazione di O2 nella sala. Il suo posizionamento e critico: l’ideale potrebbe essere rappresentato da una quota di circa 2.5 metri da terra, sulla torretta di raffreddamento della macchina RM, ed in prossimità della prima flangia di raccordo del tubo del quench di dotazione all’apparecchiatura. La zona di preparazione è un locale o area attrezzata destinata a trattamenti medici sul paziente che precedono l’esame RM. Se le procedure di gestione prevedono la possibilità che due pazienti siano contemporaneamente presenti all’interno del sito RM, la zona preparazione deve essere ben distinta dalla zona emergenza, e delimitata da barriere fisse o mobili che garantiscono la privacy del paziente trattato. La dotazione minima e il cabinet per i farmaci, il lettino/barella amagnetica, la disponibilità di gas anestetici e dispositivi medici specifici.

La zona di emergenza è un locale o area attrezzata, destinata per un eventuale primo soccorso medico sul paziente che, nel corso dell’esame, necessiti di pronto intervento. Tale zona non deve essere delimitata da porte o altro tipo di barriera fissa che possa creare impedimento alle procedure di soccorso. Le postazioni di emergenza attrezzate devono essere tante quante sono le apparecchiature RM presenti nel sito. La dotazione minima propone cabinet per i farmaci, la barella amagnetica, la disponibilità di gas rianimanti e dispositivi specifici. Qualora la stessa postazione sia adibita sia a preparazione e sia ad emergenza, occorre definire e formalmente istituire delle procedure restrittive di esecuzione degli esami. 

Sicurezza in un presidio di RMN

Una volta conclusa l’installazione dell’impianto, è importante che la conduzione delle indagini RMN venga eseguita in modo tale da proteggere le tre categorie interessate:
- pazienti,
- lavoratori
- pubblico.

Vengono dunque ripresi alcuni riferimenti normativi nei quali sono contenute una serie di indicazioni, linee guida e limiti previsti tali da garantire l’obiettivo di sicurezza da raggiungere. La normativa di riferimento è la seguente:

D.M. 29 novembre 1985 Disciplina dell'autorizzazione e uso delle apparecchiature diagnostiche a risonanza magnetica nucleare (R.M.N.) sul territorio nazionale (GU n. 290 del 10 dicembre 1985)
D.M. 2 agosto 1991 Autorizzazione alla installazione ed uso di apparecchiature diagnostiche a risonanza magnetica. (GU n.194 del 20-08-1991 - SO n. 51)
- Circolare del Ministero della Sanità (Prot.900.2/4.1-AG/581 del 28/4/1992);
- Decreto Ministeriale 3 agosto 1993 Aggiornamento di alcune norme concernenti l'autorizzazione all'installazione ed all'uso di apparecchiature a risonanza magnetica (GU n. 187 del 11 agosto 1993)
D.P.R. 8 agosto 1994, n. 542 Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento di autorizzazione all'uso diagnostico di apparecchiature a risonanza magnetica nucleare sul territorio nazionale. (GU n. 219 del 19 settembre 1994)
Circolare 65420 del 01 Dicembre 2016 Legge 7 agosto 2016, n. 160 (G.U. n. 194 del 20 agosto 2016) - Art. 21bis - Autorizzazione all’installazione di apparecchiature a Risonanza Magnetica (RM) con campo magnetico statico tra 2 e 4 Tesla - Passaggio di competenza - Precisazioni.
- ISPESL RM: Procedure autorizzative e gestionali relative all’installazione ed uso di apparecchiature diagnostiche a risonanza magnetica (2004);
- REPORT AIFM n.2 -2004: Raccomandazioni per l’assicurazione di qualità in risonanza magnetica;
- ISS Valutazione sicurezza apparecchiature RM: Valutazione della sicurezza dell’installazione di apparecchiature diagnostiche a risonanza magnetica per campi superiori a 2 Tesla.
- CEI EN 60601-2-33: contenente prescrizioni particolari di sicurezza relative agli apparecchi a risonanza magnetica per diagnostica medica (02-2004). Si riferisce ad apparecchiature per esami in vivo e non comprende il loro utilizzo nel campo della ricerca medica. Ha lo scopo di proteggere il paziente, l’operatore, il personale e la popolazione, fornendo metodi per misurare le caratteristiche richieste; 
- DIRETTIVA 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004 , sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (diciottesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (abrogata da DIRETTIVA 2013/35/UE)
DIRETTIVA 2013/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) e che abroga la direttiva 2004/40/CE.
ICNIRP Health Physics: Vol 87, N 2, 197-216, Agosto 2004
INAIL Soluzioni strutturali per la progettazione e la realizzazione a regola d'arte di un sito di risonanza magnetica | 2013
INAIL Indicazioni operative dell’Inail per la gestione della sicurezza e della qualità in Risonanza Magnetica | 2015
INAIL Apparecchiature di risonanza magnetica | 2017

I riferimenti normativi e legislativi appena evidenziati, consentono di analizzare e governare i rischi connessi all’esercizio dell’attività in un presidio di risonanza magnetica. 

È possibile identificare le seguenti sorgenti di rischio, derivanti dall’esposizione a:

- campo magnetico statico; 
- campo magnetico variabile nel tempo; 
- radiofrequenza; 
- rumore; 
- liquidi criogeni.

Campo magnetico statico: effetti e normativa

Il campo magnetico statico è responsabile di diversi possibili effetti nel paziente, quali la creazione di forze elettrodinamiche, che su elettroliti in movimento nei vasi sanguigni generano potenziali elettrici e teoricamente portano alla diminuzione della velocità del flusso. È inoltre in grado di alterare l’onda dell’elettrocardiogramma. Vengono indotte forze di attrazione e torsione insieme a movimenti di traslazione e rotazione, osservabili solo con esperimenti in laboratorio. Ciò nonostante non esistono evidenze significative di effetti dannosi o irreversibili per esposizione di pazienti a campi magnetici statici ≤ 2T. Viene preso come limite per esami clinici whole body 4T. Movimenti di traslazione e rotazione divengono importanti nel caso di presenza di impianti metallici nelle vicinanze di vasi sanguigni o tessuti delicati.

La presenza di clips intracraniche, protesi ortopediche, valvole cardiache, apparecchi dentali, può essere incompatibile con il normale funzionamento del tomografo RM. I neurostimolatori o pace-maker possono alterare la loro funzionalità in presenza di campo > 0.5mT. Si parla anche di effetto missile come la capacità del campo magnetico statico periferico di attrarre oggetti ferromagnetici in direzione delle linee di campo verso il centro del magnete. La forza di attrazione e torsione dipende dalle proprietà magnetiche del materiale, dall’intensità del campo (>3mT), dal gradiente di campo, dalla massa e dalla forma dell’oggetto. Il rischio esistente si traduce dunque in pericolo per il paziente o per chiunque si trovi nella traiettoria. La Normativa vigente prevede dei limiti di esposizione per i lavoratori che prestano costante servizio in presenza di intenso campo magnetico disperso, al fine di garantire la riduzione del rischio ed evitare problematiche come quelle individuate precedentemente.

Tali limiti di esposizione sono previsti nel D.M. 2 agosto 1991 e sono riportati nella tabella IV. Laddove possibile, è buona norma che l’esposizione non sia continuativa, ma frazionata, alternandosi, per esempio, con i colleghi nelle mansioni che possono comportare l’esposizione. Chiunque debba operare a qualsiasi titolo presso il presidio e che possa essere soggetto all’esposizione deve essere preventivamente visitato e valutato idoneo dal Medico Responsabile. Il suddetto decreto introduce inoltre le due figure di riferimento per un presidio di risonanza magnetica, il Medico Responsabile e l’Esperto Responsabile.

I limiti di esposizione riportati nella tabella IV non si applicano ai pazienti, in quanto la loro esposizione e considerata una tantum e non continuativa. Restano validi anche per i pazienti i criteri di esclusione integrati dalle altre informazioni presenti nel questionario preliminare all’indagine RM. Per la popolazione, il limite di esposizione continua (tempo lungo) a campo magnetico statico e pari a 40mT (400G). E’ stato posto il divieto di accesso per i portatori di pace-maker o altre protesi a controllo elettronico, ad aree con induzione magnetica superiore a 0.5mT (5G), quindi è necessario intraprendere una serie di iniziative mirate ad avvertire la popolazione della presenza di un campo magnetico con valori uguali o superiori a quanto precedentemente indicato.

Norme generali inerenti le aree di rischio nel sito RMN

La normativa attualmente vigente in materia di sicurezza di impianti RM ad uso medico stabilisce che:

- Gli accessi a tutte le zone in cui il campo disperso di induzione magnetica supera il valore 0.5 mT debbono essere rigorosamente controllati mediante barriere fisiche fisse, quali porte apribili liberamente solo dall’interno, recinzioni o altre strutture fisiche idonee ad impedire di fatto l’ingresso accidentale di persone non autorizzate (Allegato I, D.M. 02-08-1991). 

- Agli ingressi delle zone controllate e alla sala magnete verrà affissa idonea segnaletica permanente, atta a segnalare con chiarezza la presenza del campo magnetico e il divieto di ingresso a portatori di pace-maker, nonché alle altre categorie di persone per cui esista controindicazione all’esposizione al campo magnetico. All’ingresso del locale del magnete dovrà essere apposta una segnaletica, idonea a garantire il rispetto dei protocolli di sicurezza adottati per impedire l’introduzione accidentale di oggetti ferromagnetici mobili (Allegato I D.M. 02- 08-1991).

-  L’accesso al sito da parte dei pazienti e delle persone occasionalmente esposte dovrà essere realizzato attraverso un unico ingresso controllato. I controlli saranno eseguiti da personale responsabile, addestrato. Altri eventuali ingressi al sito dovranno essere riservati al personale autorizzato (Allegato I D.M. 02-08-1991)

- L’ingresso alle zone ad accesso controllato e riservato al personale medico e non medico autorizzato, pazienti o volontari sani da sottoporre all’esame RM (per il tempo necessario allo stesso) e, a seguito di autorizzazione esplicita, eventuali accompagnatori e/o visitatori (Allegato I D.M. 02-08-1991).

- Non possono essere adibite ad operazioni nelle zone di accesso controllato ne al rabbocco dei liquidi criogeni donne in gravidanza, ne soggetti portatori di pace-maker o altre protesi dotate di circuiti elettronici, clips vascolari o preparati metallici intracranici (o comunque situati in prossimità di strutture anatomiche vitali) o schegge in materiale ferromagnetico (Allegato I D.M. 02-08-1991)

- la destinazione d’uso dei locali compresi nelle aree ad accesso controllato e nelle zone di rispetto dovranno garantire che il corretto funzionamento degli apparati e dei dispositivi installati sia compatibile con la presenza del campo magnetico (Allegato I D.M. 02-08-1991)

- E’compito dell’Esperto Responsabile per gli aspetti fisici e del Medico Responsabile per gli aspetti medici di controllare il primo il permanere delle condizioni di rischio, il secondo la 26 permanenza dell’idoneità allo svolgimento dell’attività lavorativa, mediante controlli medici almeno annuali (Allegato I D.M. 02-08-1991).

Al fine di ottemperare alle suddette norme la zona ad accesso controllato viene segnalata mediante nastro adesivo di colore generalmente rosso applicato sul pavimento. La presenza del campo statico di induzione magnetica e delle onde elettromagnetiche a radiofrequenza (RF), unitamente ai principali rischi connessi, sono indicati da apposita segnaletica apposta all’ingresso dell’accesso controllato del sito RM e della sala magnete.

Per quanto concerne le aree individuate come zona di rispetto non sono previste precise e rigide prescrizioni come per le aree delimitate zona ad accesso controllato. In relazione ai valori del campo disperso di induzione magnetica, le zone di rispetto devono essere considerate comunque aree sorvegliate per quanto riguarda la sorveglianza fisica. Particolare attenzione deve essere posta all’eventuale impiego di strumenti ed apparati elettronici all’interno della zona di rispetto, nonché alla destinazione d’uso dei locali interessati ed all’eventuale presenza di postazioni di lavoro fisse al loro interno riservate a personale non idoneo ad accedere alla zona ad accesso controllato del sito RM.

La presenza del campo statico di induzione magnetica potrebbe, infatti, interferire con il corretto funzionamento di strumenti, apparati elettromedicali o altro. Nelle aree non individuate come zona ad accesso controllato o zona di rispetto i valori del campo disperso di induzione magnetica sono confrontabili con il valore del campo magnetico terrestre.

I rischi da agenti fisici connessi alla presenza del campo statico di induzione magnetica risultano non rilevanti.

Il Regolamento di Sicurezza si completa nel momento in cui vengono definite una serie di norme da condividere con le categorie operanti nel presidio RM, fornendo particolari indicazioni ai lavoratori e ai tecnici addetti alle manutenzioni. Le disposizioni per i pazienti ed il pubblico vengono fornite distribuendo adeguate indicazioni in termini di cartellonistica, oppure mediante comunicazioni verbali e scritte da parte dei lavoratori operanti.

Norme generali di sicurezza per i lavoratori

Fra i lavoratori direttamente o indirettamente coinvolti nell’attività di diagnostica mediante RM, oltre alla figura del medico radiologo e del tecnico sanitario di radiologia medica, rientrano l’Esperto Responsabile per la sicurezza, il Medico Responsabile dell’impianto RM, gli infermieri, il personale addetto alle pulizie, il personale addetto alla manutenzione ed al rabbocco dei criogeni. I lavoratori direttamente connessi all’attività svolta nel sito RM, e quindi caratterizzati da una presenza, magari non prolungata, ma comunque pressoché continuativa all’interno del sito RM, devono essere formalizzati all’interno di un elenco nominativo. I lavoratori la cui presenza risulta, invece, essere non continuativa all’interno del sito RM, devono essere di volta in volta autorizzati, ciascuno per quanto di propria specifica competenza, dall’Esperto Responsabile e dal Medico Responsabile dell’impianto RM, ai quali e dato il compito di illustrare i protocolli comportamentali da rispettare all’atto dell’accesso al sito RM. Le norme generali di sicurezza per le categorie di lavoratori coinvolte riguardano la sorveglianza medica, la sorveglianza fisica, e la gestione operativa dell’impianto. Vengono riportate di seguito alcune disposizioni rilevanti specifiche per i lavoratori che operano continuamente nei presidi RM:

- I lavoratori individuati nell’elenco del personale autorizzato, anche sulla base degli atti effettuati, per quanto di competenza, dal Medico Responsabile dell’impianto RM e dall’Esperto Responsabile formalmente incaricati, devono sottoporsi alle visite ed agli esami periodici prescritti dal Medico Competente, al fine di valutare il mantenimento dell’idoneità a svolgere la propria attività presso il sito RM, comunicando tempestivamente eventuali variazioni del proprio stato di salute tali da rendere impossibile l’attività nel presidio RM.

- Le lavoratrici devono comunicare al Medico Responsabile dell’impianto RM e al medico competente l’eventuale stato di gravidanza. Alle lavoratrici in stato di gravidanza e vietato operare nella zona ad accesso controllato ed e sconsigliato prestare servizio all’interno della zona di rispetto del sito RM soprattutto nei primi tre mesi di gravidanza. 

- Tutti i lavoratori devono astenersi dal compiere, all’interno del sito RM, operazioni che non siano di propria competenza e devono essere informati sui rischi.

- I lavoratori adibiti all’attività diagnostica che prestano servizio presso il sito RM devono controllare sull’apposito display e registrare giornalmente i valori di temperatura ed umidità all’interno della sala magnete, i valori della percentuale di riempimento del serbatoio dell’elio, i valori della concentrazione dell’ossigeno e l’integrità dei contatti finger fra la porta della sala magnete e la struttura della gabbia di Faraday. Eventuali anomalie devono essere segnalate al Medico Responsabile dell’impianto RM e all’Esperto Responsabile. Per il livello di ossigeno, in caso di valori significativamente inferiori a 20.9% ed assenza di segnalazioni di allarme e necessario avvertire prontamente l’Esperto Responsabile e il Medico Responsabile dell’impianto RM.

- I lavoratori non devono permanere per più di 1 ora al giorno oltre la linea isomagnetica di 200 mT nell’area ad alto campo. Tale linea risulta indicata dal nastro adesivo di colore applicato sul pavimento della sala magnete.

 L. 7 agosto 2016, n. 160

Art. 21 bis 
Semplificazione delle procedure autorizzative per le apparecchiature a risonanza magnetica 

2. Le apparecchiature a risonanza magnetica (RM) con valore di campo statico di induzione magnetica non superiore a 4 tesla sono soggette ad autorizzazione all'installazione da parte della regione o della provincia autonoma. 

3. Le apparecchiature a RM con valore di campo statico di induzione magnetica superiore a 4 tesla sono soggette all'autorizzazione all'installazione e all'uso da parte del Ministero della salute, sentiti il Consiglio superiore di sanita', l'Istituto superiore di sanita' e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. La collocazione di apparecchiature a RM con valore di campo statico superiore a 4 tesla e' consentita presso grandi complessi di ricerca e studio di alto livello scientifico, quali universita' ed enti di ricerca, policlinici, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ai fini della validazione clinica di metodologie di RM innovative. La domanda di autorizzazione deve essere corredata della documentazione relativa al progetto di ricerca scientifica o clinica programmata, da cui risultino le motivazioni che rendono necessario l'uso di campi magnetici superiori a 4 tesla. L'autorizzazione ha validita' di cinque anni e puo' essere rinnovata. 

4. Il Ministro della salute, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto delle disposizioni previste dal decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46, di attuazione della direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, disciplina le modalita' per l'installazione, l'utilizzo e la gestione delle apparecchiature a RM di cui al comma 3 del presente articolo da parte delle strutture sanitarie, assicurando l'adeguamento allo sviluppo tecnologico e all'evoluzione delle conoscenze scientifiche, con particolare riferimento alla sicurezza d'uso e alle indicazioni cliniche dei dispositivi medici in relazione all'intensita' del campo magnetico statico espressa in tesla.

Fonti:
Certifico srl - IT | Rev. 00 2018
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Oleare la sicurezza - I rischi per i lavoratori nella coltivazione dell’olivo

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oleare sicurezza

Oleare la sicurezza - I rischi per i lavoratori nella coltivazione dell’olivo e la produzione delle olive

INAIL 04 Luglio 2018

Gli oliveti sono per la maggior parte ubicati su terreni con caratteristiche orografiche difficili che non sempre permettono la meccanizzazione delle pratiche colturali e, pertanto, richiedono un significativo impiego di manodopera. Anche nelle aziende a gestione familiare l’attività formativa viene data per scontata ed è facile che le cattive prassi si siano consolidate nel tempo, provocando decine di infortuni sul lavoro.

Il settore dell’agricoltura, insieme a quello dell’edilizia, è considerato tra i più rischiosi per frequenza e gravità di infortuni. L’Istituto da diversi anni destina cospicue risorse allo sviluppo di specifiche azioni di prevenzione in questi settori nei quali, tra l’altro, è significativa la presenza di lavoratori stranieri.

Nell’ambito dell’avviso pubblico regionale 2016 per l’acquisizione di manifestazioni d’interesse per la realizzazione di progetti finalizzati allo sviluppo dell’azione prevenzionale in Regione, la Direzione regionale Inail Campania ha condiviso e cofinanziato il progetto “Oleare la sicurezza, la sicurezza dei lavoratori del settore olivicolo” proposto da IRFoM.

La Regione Campania, infatti, è tra le cinque regioni italiane a maggior produzione di olio di oliva e negli ultimi anni si è affermata sul mercato con prodotti di alta qualità. Gli oliveti sono per la maggior parte ubicati su terreni con caratteristiche orografiche difficili, che non sempre permettono la meccanizzazione delle pratiche colturali e, pertanto, richiedono un significativo impiego di manodopera. La concorrenza sul mercato di prodotti ottenuti da coltivazioni intensive con minori costi di produzione, possono indurre gli imprenditori a risparmiare sui costi della manodopera utilizzando personale non sufficientemente formato. Anche nelle aziende a gestione familiare l’attività formativa viene data per scontata ed è facile
che le cattive prassi si siano consolidate nel tempo.

Il progetto ha previsto attività realizzate sul campo mediante visite aziendali e Focus Group durante le principali fasi di lavorazione del terreno, cura delle piante e raccolta.

Nel corso degli incontri, gli imprenditori ed i lavoratori hanno partecipato attivamente alla individuazione dei rischi contribuendo alla individuazione delle azioni di prevenzione e recependo le migliori prassi già sviluppate in altre realtà.

Il manuale si propone di suggerire, con semplici schemi, le principali criticità emerse dall’analisi sul campo delle fasi lavorative suggerendo le misure di prevenzione e di protezione opportune, per contribuire alla riduzione degli infortuni in un settore che da sempre rappresenta un’occasione di sviluppo economico per il territorio.

Fonte: INAIL

 

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 34311 | 20 Luglio 2018

ID 6575 | | Visite: 3361 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Infortunio mortale all'interno dell'impianto di betonaggio

Carenze del DVR sul rischio connesso all'operazione di lubrificazione e responsabilità DL e RSPP

Penale Sent. Sez. 4 Num. 34311 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: MENICHETTI CARLA
Data Udienza: 04/05/2018

Ritenuto in fatto

1. La Corte d'Appello di Torino, con sentenza in data 16 novembre 2016 confermava la condanna resa dal Tribunale cittadino nei confronti di G.G., CA.P.e V.C. quali responsabili del reato di omicidio colposo ai danni dell'operaio C.P., deceduto all'interno dell'impianto di betonaggio, reparto produzione B, dello stabilimento della Aset s.r.l. di Chivasso.
2. Per detto evento erano stati imputati, il G.G., quale amministratore delegato, legale rappresentante della Aset s.r.l. e datore di lavoro del C.P., il CA.P. quale direttore di stabilimento, il V.C. quale responsabile del servizio di protezione e prevenzione.
La contestazione attribuita ad ogni singolo imputato riguardava profili di colpa generica e precise violazioni della normativa antinfortunistica di cui al D.Lgs. n.81/2008 avendo gli stessi consentito, cooperando tra loro con condotte indipendenti, che il C.P. eseguisse operazioni di ingrassaggio delle parti interne della vasca di mescolamento di un impianto di betonaggio, installato presso la Aset s.r.l., senza che, da parte del G.G., fosse stato redatto un DVR che individuasse i fattori di rischio connessi alle dette operazioni, necessarie prima dell'inizio di ogni ciclo di produzione di calcestruzzo e che comportavano l'ingresso di un lavoratore in zona ad alto rischio; disponendo e consentendo, il G.G. ed il CA.P., che tali operazioni avvenissero in un impianto privo di una bobina di sgancio di minima tensione, con tutto il circuito elettrico di sicurezza (compresi i pulsanti di emergenza per l'interruzione dell'alimentazione e gli interruttori di sicurezza) isolato dal resto dell'impianto ed assolutamente inservibile, mettendo quindi a disposizione del lavoratore un'attrezzatura che presentava rischi di contatto meccanico e non idonea ai fini della salvaguardia della salute e della sicurezza sul lavoro; ancora, senza aver predisposto, i medesimi due imputati, una procedura di verifica, anche periodica, dell'efficienza delle sicurezze dell'impianto elettrico, sicurezze che impedissero la rotazione degli alberi durante la presenza dell'addetto all'interno della vasca per le operazioni di lubrificazione. Al V.C., nella indicata qualità, veniva invece ascritta la omessa individuazione dei fattori di rischio con riferimento all'esecuzione quotidiana delle attività di ingrassaggio delle parti interne della vasca di mescolamento del detto impianto, e di non aver contribuito all'elaborazione di un adeguato DVR da parte del datore di lavoro, attestando tra l'altro in data 23.3.2011 che il manuale di previsione dei rischi della Aset s.r.l. era regolarmente aggiornato.
Altri due imputati, e precisamente il preposto M. ed il C., Responsabile dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e addetto alla cabina di controllo dell'impianto, erano stati separatamente giudicati ed avevano definito la loro posizione con applicazione della pena ex art.444 c.p.p.
2. Il fatto è stato così ricostruito dai giudici di merito.
L'impianto di betonaggio, sopraelevato rispetto al piano terreno, ed accessibile tramite una scala, era formato da una vasca di miscelazione degli inerti, posta su di un soppalco, accessibile mediante l'apertura di un coperchio soprastante.
A distanza di circa un metro e mezzo dalla vasca era ubicata una cabina di controllo, nella quale si trovavano l'armadio contenente il quadro elettrico e, affianco, la consolle dei comandi munita di "funghi" per l'arresto in sicurezza dell'impianto.
Il processo produttivo prevedeva che quotidianamente i due alberi rotanti interni alla vasca venissero ingrassati tramite un pennello, in modo da impedire che sugli angoli si depositassero residui di calcestruzzo; terminato l'ingrassaggio, dalla cabina di comando, previa impostazione delle quantità di materiale necessario alla preparazione dello specifico composto richiesto dal cliente, veniva dato impulso all'impianto, di talché gli alberi cominciavano a ruotare ed a mescolare gli ingredienti.
Terminata la lavorazione, il calcestruzzo veniva scaricato tramite un'apertura inferiore di cui era dotata la vasca e seguiva poi un processo serale automatico di lavaggio, tramite un'idropulitrice, per eliminare i diversi detriti ed approntare la vasca per la produzione del giorno dopo.
2.1. Il C.P., operaio addetto alla manutenzione ordinaria della macchina, precedente l'inizio della lavorazione vera e propria, si era introdotto all'interno della vasca per lubrificare gli alberi, circostanza desunta dal fatto che all'interno di essa erano stati trovati un secchio di grasso ed un pennello, mentre alla consolle si trovava il collega C., che aveva evidentemente dato avvio all'impianto senza avvedersi della persona all'interno, nonostante la vicinanza della cabina alla betoniera: gli alberi avevano quindi iniziato la loro rotazione ed il C.P. era rimasto schiacciato tra gli stessi, senza che il C. riuscisse a fermare l'impianto.
3. All'esito del sopralluogo, lo Spresal aveva evidenziato numerose violazioni della normativa antinfortunistica: i dispositivi di sicurezza individuali non erano adeguati; il corpo era entrato in contatto con gli organi in movimento; la manutenzione dell'impianto doveva avvenire a macchina ferma; il documento di valutazione dei rischi non comprendeva i rischi connessi alla specifica mansione di ingrassaggio e, dunque, nulla dettava in termini di misure di sicurezza necessarie, né, tantomeno, prevedeva un periodico controllo sulla sicurezza dell'impianto, tali non potendosi ritenere i verbalini di ispezione per controllo qualità. Era quindi violato l'art.71 e relativi allegati al D.Lgs.n.81/08, essendo possibile l'avvicinamento del corpo ad un organo in movimento, quando, invece, gli organi mobili devono essere protetti contro il contatto accidentale oppure in condizioni di sicurezza tali da garantire l'incolumità dell'operatore.
Si era quindi appurato che responsabile del completo stand by di tutte le misure di sicurezza era la bobina di sgancio sita in un alloggiamento coperto, all'interno del quadro / comandi: tale bobina, che costituiva il "cervello" del sistema di sicurezza, era totalmente X-J mancante, probabilmente da tempo. Ciò aveva comportato che, nonostante la vasca fosse presumibilmente aperta perché il C.P. vi era entrato sollevando il coperchio, quando il C. aveva azionato l'impianto di accensione, le pale avevano iniziato a girare, in quanto nessun messaggio di circuito aperto, dovuto al coperchio alzato, poteva essere registrato da una bobina di sgancio, appunto mancante. Il C. ad un certo punto era riuscito ad arrestare la macchina.
4. Concludevano i giudici di merito che la non contestata assenza della bobina aveva svolto un'efficienza causale nell'infortunio: se la bobina ci fosse stata ed avesse funzionato l'incidente non si sarebbe verificato, in quanto l'impianto non si sarebbe azionato a coperchio della vasca aperto. Sarebbe stata quindi sufficiente la previsione di un periodico controllo per verificare il sistema delle sicurezze, come pure vietare l'ingresso in vasca dell'addetto, almeno senza un previo disarmo dell'impianto, ma nulla di tutto ciò era stato previsto e prescritto.
4.1. Passando ad esaminare le posizioni di garanzia del datore di lavoro e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione - odierni ricorrenti - la Corte territoriale, conformemente a quanto già argomentato dal Tribunale, rilevava che effettivamente il DVR non contemplava affatto l'operazione quotidiana di ingrassaggio delle pale, e nulla quindi specificava su come tale intervento dovesse essere realizzato, se dall'interno o dall'esterno della vasca, né con quali dotazioni di protezione individuale, né con quali norme di sicurezza rispetto all'accensione dell'impianto; nulla si diceva altresì riguardo alle operazioni di manutenzione straordinaria, che veniva per forza svolta dall'interno della vasca. Si trattava dunque di un documento palesemente e incontestatamente lacunoso. A tali lacune non suppliva il sistema di qualità, invocato a difesa quale parte integrante e complementare del DVR, in quanto volto ad una finalità diversa, quella cioè di garantire la realizzazione del prodotto nel rispetto degli standards di qualità e sicurezza, in favore dei clienti. In ogni caso le istruzioni operative, che componevano il manuale del Sistema Qualità, elencavano semplicemente le operazioni da compiere, ma non si soffermavano sulle modalità di esecuzione ed i connessi rischi - anzi era prevista una pericolosa accensione della betoniera prima dell'ingrassaggio delle pale - e comunque non erano integrative del DVR, non presentando i contenuti legislativamente previsti per tale documento.
4.2. Escludeva altresì la Corte di merito qualunque comportamento eccezionale o abnorme del C.P., interruttivo del nesso causale, atteso che dalla espletata istruttoria era risultato per nulla imprevedibile l'ingresso dell'operaio all'interno della vasca per le operazioni di ingrassaggio, che anzi avvenivano di frequente con quelle modalità.
In conclusione, stante la lacunosità del DVR e la sua incidenza causale nella produzione dell'infortunio - dato che se esso avesse previsto le modalità concrete di svolgimento delle operazioni di lubrificazione dall'esterno e con appositi dispositivi di protezione individuale, l'incidente non si sarebbe verificato - e considerata la non delegabilità del ruolo di valutazione dei rischi gravante sul datore di lavoro, era certa la responsabilità del G.G..
Sul punto, la impugnata sentenza evidenzia ancora la mancata previsione dello svolgimento della delicata mansione di lubrificazione dell'ingranaggio, e di un controllo periodico dei sistemi di sicurezza, gravante sul direttore di stabilimento e prima ancora sul datore di lavoro, data l'insufficienza delle schede di qualità, compilate dal M. per altre finalità: lo stesso preposto aveva del resto parlato di ispezioni su chiamata e principalmente visive, e dell'assenza di una manutenzione ordinaria e tantomeno di controllo periodico della sicurezza dell'impianto (n.4931 del 2013, dep. 31.1.2014).
Quanto alla posizione del V.C., si ribadiva che, "essendo quella di lubrificazione degli alberi un'operazione essenziale, quotidiana, delicata eppure non contemplata nel DVR e solo menzionata nelle istruzioni operative, sarebbe dovuto balzare agli occhi del RSPP una tale approssimazione. La pericolosità di tale operazione, legata al ciclo produttivo, era in re ipsa, consistendo nella manutenzione quotidiana di un organo potenzialmente in movimento. Il V.C. aveva rivisitato il DVR sei mesi prima dell'infortunio ed aveva rassicurato che le procedure erano le medesime e che nulla andasse aggiornato quanto alla valutazione dei rischi, né aveva segnalato che fosse mancante del tutto la parte relativa alla verifica dei sistemi antinfortunistici legati all'impianto di betonaggio, avendo proposto come suggerimenti solo dei corsi sulla sicurezza.
Riteneva, in definitiva, la Corte territoriale che il rischio inerente il compimento delle operazioni di lubrificazione/ingrassaggio degli alberi della vasca di mescolazione non fosse stato assolutamente previsto e dunque il DVR risultasse carente sul punto, così come conseguentemente non era stato in alcun modo valutato specificamente il rischio inerente l'eventuale contatto, anche accidentale, nell'esecuzione di tale operazione con le parti mobili.
Stante poi il carattere non delegabile dal datore di lavoro dell'obbligo di valutazione dei rischi inerenti l'attività aziendale, la collaborazione prestata dal RSPP nello svolgimento di tale attività e nell'individuazione delle misure atte a fronteggiare i rischi presenti in azienda, il G.G. avrebbe dovuto sottoporre il documento redatto dal professionista ad una approfondita analisi critica e ad una verifica circa la concreta individuazione e indicazione di tutte le situazioni di rischio e delle misure precauzionali atte a fronteggiarle.
Di qui la pronuncia di condanna di entrambi gli imputati (oltre che del direttore di stabilimento CA.P. non ricorrente).
5. Il ricorso di G.G. è affidato a tre motivi.
5.1. Con il primo motivo si insiste nell'incompetenza del Giudice monocratico del Tribunale di Torino, in luogo del Tribunale di Ivrea, eccezione tempestivamente sollevata davanti al giudice di primo grado e respinta con ordinanza in data 25 novembre 2013, impugnata anch'essa con l'atto di appello. Sostiene il ricorrente che in base alla corretta interpretazione del decreto "Severino" n.155/2012 di revisione delle circoscrizioni giudiziarie, e della tabella A ad esso allegata, era divenuto territorialmente competente il Tribunale di Ivrea per i fatti consumati a Chivasso, con decorrenza dal 13 settembre 2013. Ciò imponeva al G.I.P., quando aveva pronunciato il decreto ex art.429 c.p.p. il 20 maggio 2013, di fissare la citazione degli imputati, successiva al 13 settembre 2013, dinanzi al Tribunale di Ivrea e non di Torino, come invece avvenuto. Rileva che quando era stato emesso il decreto che disponeva il giudizio non era stato ancora emanato il decreto del Presidente del Tribunale di Torino n.62/2013, pubblicato il giorno 1 agosto
2013, che aveva disposto la prosecuzione davanti al Tribunale di Torino dei procedimenti pendenti davanti alle Sezioni di Ciriè e di Chivasso, pur entrando il territorio di tali Sezioni distaccate a far parte del circondario del Tribunale di Ivrea, e che per procedimenti pendenti doveva aversi riguardo al momento dell'irretrattabile esercizio dell'azione penale, momento che si identifica con l'emissione del decreto di citazione a giudizio. La difesa aveva obiettato che il decreto del Presidente del Tribunale di Torino contrastava con il chiaro disposto dell'art.9, comma 1, del decreto Severino, che imponeva che le udienze fissate dinanzi ad uno degli uffici destinati alla soppressione per una data compresa tra l'entrata in vigore del decreto medesimo (12 settembre 2012) e la data di efficacia stabilita dall'art. 11, comma 2 (13 settembre 2013), fossero tenute presso i medesimi uffici, mentre quelle fissate per una data successiva dinanzi all'ufficio competente a norma dell'art.2, e dunque la questione della pendenza o meno del procedimento dinanzi alla Sezione distaccata non doveva neppure porsi. La Corte d'Appello, nel rigettare l'eccezione di incompetenza, aveva risolto il dubbio interpretativo richiamando una pronuncia della Corte di legittimità in base alla quale dovevano considerarsi già pendenti davanti al Tribunale che costituisce sede principale, i procedimenti penali relativi a notizie di reato acquisite o pervenute presso gli uffici del P.M. presso di esso entro il 13 settembre 2013, data di efficacia del d.lgs.n.155 del 2012, come chiarito dalla disposizione interpretativa contenuta nell'art.8 del d.lgs.19 febbraio 2014, n.14. Il ricorrente censura tale interpretazione insistendo nel sostenere che per tutti i processi per i quali la notizia di reato era pervenuta agli uffici della Procura della Repubblica della sede principale del Tribunale prima del 13 settembre 2013, ma per cui vi fosse udienza fissata in data successiva, doveva essere applicato inderogabilmente l'art.9, comma 1, del decreto Severino e dunque la competenza fissata a norma dell'art.2, nel nostro caso presso il Tribunale di Ivrea. 
5.2. Con il secondo motivo deduce violazione della legge penale in tema di colpa del datore di lavoro per il caso di insufficienza di analisi e di carenza di indicazioni di procedure idonee a prevenire il rischio contenute nel documento di valutazione; manifesta illogicità della sentenza in punto attribuzione della responsabilità al datore di lavoro. Osserva che, con riferimento all'impianto di produzione di calcestruzzo, era emersa una insufficienza di formalizzazione in merito alle procedure di ordinaria manutenzione dell'impianto per quanto riguarda l'attività di lubrificazione ed ingrassaggio preventiva di alcuni organi mobili, la cui carenza è stata posta dalla Corte territoriale in relazione causale con il decesso del lavoratore. Tuttavia, rileva che al G.G. erano attribuite funzioni di natura commerciale e di stretta amministrazione, svolte in una sede diversa da quella in cui avveniva la produzione, e proprio per tale ragione egli era coadiuvato da una organizzazione aziendale che faceva capo al direttore di stabilimento CA.P. ed al preposto M., cui erano attribuite specifiche mansioni di manutenzione dei macchinari e produzione, entrambi ritenuti responsabili dell'illecito in contestazione. L'adeguatezza delle procedure di manutenzione dell'impianto, di quelle atte a prevenire il rischio di infortuni, nonché la rispondenza alla normativa tecnica di prevenzione antinfortunistica dell'impianto stesso costituivano materia altamente tecnica, alla cui conoscenza era stato deputato il responsabile della prevenzione, alle cui valutazioni si era positivamente attenuto il datore di lavoro. L'affermazione contenuta in senza circa il fatto che il datore di lavoro avrebbe dovuto sottoporre il documento di valutazione dei rischi redatto dal professionista, tecnicamente competente, ad una analisi critica e verifica circa la concreta individuazione di tutte le situazioni di rischio e delle misure precauzionali atte a fronteggiarle, costituiva una motivazione carente e non convincente della responsabilità personale dell'imputato, nel contesto di un'allargata affermazione di responsabilità estesa a diversi soggetti operanti a vario livello all'Interno dell'azienda.
5.3. Il terzo motivo attiene alla mancanza e manifesta illogicità della motivazione in punto di erronea affermazione di responsabilità penale del G.G., che doveva essere assolto per difetto di elemento soggettivo, posto che non era prevedibile per il datore di lavoro l'evento verificatosi nell'impianto di betonaggio Lorev perché non prevedibili ed eccezionali erano state sia la condotta di chi aveva azionato l'impianto (C.), sia del manutentore, ed inoltre perché non gravava sul medesimo la posizione di garante del rischio occorso durante la lavorazione di manutenzione dell'impianto di betonaggio, posto che l'operazione era soggetta al controllo in primis del preposto e ASPP M., cui in ogni caso era sovraordinato il direttore di stabilimento Ing. CA.P.. Richiama una recente sentenza di questa Corte (Sez.4, n. 37738 del 13/9/2013), che ha definito chiaramente la latitudine delle diverse posizioni di garanzia evocabili nelle organizzazioni complesse, quale era la Aset all'epoca del fatto, e porterebbe alla conclusione della non ascrivibilità al datore di lavoro dell'infortunio mortale, verificatosi nella fase esecutiva della lavorazione e non derivato da scelte gestionali di fondo.
6. Il ricorso di V.C. consta di un solo motivo, con il quale si denuncia inosservanza ed erronea applicazione degli artt.40 cpv., 589 c.p. e degli artt.17, 28 e 29 del D.Lgs.n.81/2008, nonché manifesta carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione con riferimento alle doglianze dedotte con l'atto di appello. Osserva che nei motivi di gravame era stato ampiamente argomentato circa la completezza del documento di valutazione del rischio redatto dall'imputato ed, in particolare, in ordine alle misure ivi previste per evitare la realizzazione di eventi del tipo di quello verificatosi in concreto. Il documento di valutazione del rischio indicava, nell'integrativo manuale della "Qualità", l'esistenza di schede - denominate "di ispezione settimanale" e "ispezione visiva giornaliera", affisse sopra la consolle dei comandi della mescolatrice, - aventi la precisa funzione di realizzare un controllo dei sistemi antinfortunistici e di segnalare malfunzionamenti in genere. Nel caso in esame nulla era stato segnalato dal preposto M. nella scheda di ispezione settimanale e nemmeno in quelle visive giornaliere. Secondo la tesi difensiva sviluppata dal ricorrente, la compilazione di tali schede, facenti parte del sistema integrato qualità/sicurezza della ASET, avrebbe certamente impedito, al di là di ogni ragionevole dubbio, l'evento mortale, atteso che, in presenza di un sistema con sicurezze totalmente disabilitate, solo una previa verifica circa il suo corretto funzionamento avrebbe evitato l'evento morte ed interrotto dunque il nesso causale. La Corte di Appello, condividendo quanto già espresso dal Tribunale, aveva disatteso la prospettazione difensiva, limitandosi ad affermare che le schede di controllo servivano unicamente a garantire standard di qualità nel calcestruzzo fornito alle ferrovie dello stato e dunque il richiamo ad esse, contenuto nell'aggiornamento del DVR, non costituiva adempimento al dovere imposto dagli artt.12, 28 e 28 D.lgs.n.81/2008. Con tale assunto i giudici di merito, si erano discostati sia da quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità circa i compiti attribuiti al responsabile del servizio di protezione e prevenzione, inoltre avevano ignorato la disciplina tecnica della norma OHSAS 18100 emanata dal British Standard Institution nel 1999 che identifica uno standard internazionale della sicurezza e della salute dei lavoratori, "sviluppato coerentemente con gli standard ISO 9001 e ISO 14001 allo scopo di facilitare l'integrazione dei sistemi di qualità, ambiente e sicurezza, come auspicabile", così come avevano ignorato la normativa in materia di qualità regolata dalla norma ISO 9001 che afferma che "Le varie parti dei sistemi di gestione di un'organizzazione possono essere integrate, assieme al sistema di gestione per la qualità, in un unico sistema di gestione, utilizzando elementi comuni", auspicando quindi l'integrazione tra il sistema di qualità e quello relativo alla sicurezza. 
Di qui l'esclusione di ogni sua responsabilità rispetto all'evento a giudizio, avendo egli adempiuto ai doveri insiti nella sua posizione di garanzia.

Considerato in diritto

1. I ricorsi non sono fondati.
2. L'eccezione di incompetenza territoriale, da esaminare preliminarmente, è stata correttamente valutata e disattesa dalla Corte di Appello di Torino, la quale, con ampia ed approfondita motivazione, ha spiegato le ragioni per le quali, in adesione alla ordinanza resa dal primo giudice in data 25/11/2013, la revisione delle circoscrizioni giudiziarie aveva radicato presso la sede centrale del Tribunale di Torino la competenza a conoscere del procedimento che ci occupa.
Si richiamano in sentenza le norme di riferimento e precisamente la norma transitoria dell'art.9 del D.lgs.n.155/2012, nel testo originario di cui ai commi 1 e 2, successivamente integrato per risolvere dubbi interpretativi dai commi 2-bis e 2-ter.
Il contenuto di tale disposizione è il seguente:
"1. Le udienze fissate dinanzi ad uno degli uffici destinati alla soppressione per una data compresa tra l'entrata in vigore del presente decreto e la data di efficacia di cui all'art.11, comma 2, sono tenute presso i medesimi uffici. Le udienze fissate per una data successiva sono tenute dinanzi all'ufficio competente a norma dell'art.2.
2. Fino alla data di cui all'art.11, comma 2, il processo di considera pendente davanti all'ufficio giudiziario destinato alla soppressione.
2-bis. La soppressione delle sezioni distaccate di tribunale non determina effetti sulla competenza per i procedimenti civili e penali pendenti alla data di efficacia di cui all'art.11, comma 2, i quali si considerano pendenti e di competenza del tribunale che costituisce sede principale. I procedimenti penali si considerano pendenti dal momento in cui la notizia di reato è acquisita o è pervenuta agli uffici del pubblico ministero.
2-ter. La disposizione di cui al comma 2-bis si applica anche ai casi di nuova definizione, mediante attribuzione di porzioni di territorio, dell'assetto territoriale dei circondari del tribunali diversi da quelli di cui all'art.l, oltre che per i procedimenti relativi a misure di prevenzione per i quali, alla data di cui all'art.11, comma 2, è stata formulata la proposta al tribunale".
Appare chiaro dunque che il momento determinativo della competenza in relazione agli uffici di cui è stata ridisegnata la circoscrizione territoriale, con soppressione dei tribunali minori ovvero di sezioni distaccate accorpate alla sede centrale, del medesimo o di altro tribunale, fa riferimento alla "pendenza" del processo, pendenza che, per quanto attiene ai procedimenti penali, corrisponde al momento in cui la notizia di reato è acquisita o è pervenuta agli uffici del pubblico ministero.
L'appellata sentenza cita poi correttamente la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, che è intervenuta sul tema affermando che "In tema di competenza, ai fini dell'applicazione delle disposizioni introdotte con i decreti legislativi nn.155 e 156 del 2012 in materia di revisione delle circoscrizioni giudiziarie, si considerano già pendenti davanti al tribunale che costituisce sede principale, con conseguente attribuzione della regiudicanda alla sua cognizione, i procedimenti penali relativi a notizie di reato acquisite o pervenute agli uffici del p.m. presso di esso entro il 13 settembre 2013, data di efficacia del d.lg.n.155 del 2012, come chiarito dalla disposizione interpretativa contenuta nell'art.8 del d.lg.19 febbraio 2014, n.14 (fattispecie in cui la Corte ha dichiarato la competenza del tribunale costituente sede principale del circondario al quale spettava la cognizione del procedimento al momento della ricezione della notizia di reato, anche se il Comune nel quale erano stati commessi i fatti, per effetto del d.ig.n.155 del 2012, e con decorrenza dalla data della sua entrata in vigore, era stato poi compreso nel circondario di altro tribunale)" (Sez.l, n.20344 del 8/4/2014, Rv.259799; più recente Sez.l, n.5502 del 7/3/2017, Rv.271898).
Nessun dubbio dunque sulla competenza del Tribunale di Torino, presso i cui uffici di procura era stata già acquisita la notizia di reato al momento della soppressione della sezione distaccata di Chivasso e del suo accorpamento al Tribunale di Ivrea.
3. Con il secondo motivo di ricorso il G.G. contesta la sua posizione di garanzia, sia per le mansioni amministrative svolte presso altra sede, sia per la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, Ing. V.C., che aveva redatto il DVR.
L'esame di tale motivo di ricorso impone alcune considerazioni sulle posizioni di garanzia degli odierni ricorrenti.
La Corte di Torino, dopo aver richiamato il principio generale dettato dall'art.2087 cod.civ., che vede il datore di lavoro primo garante della salute ed incolumità fisica e morale dei prestatori di lavoro, ha rimarcato che il principale obbligo impostogli dall'art.17 d.lgs.n.81/2008, espressione ed attuazione del citato dovere generale di sicurezza, sia innanzitutto la valutazione di ogni rischio che può presentarsi sul luogo di lavoro e la conseguente redazione del documento di valutazione rischi (DVR). Il contenuto di tale documento è chiaramente definito dall'art.2 lett.q) del citato d.lgs., laddove parla di "valutazione globale di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestando la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza". Per la redazione di tale documento, fondamentale per lo svolgimento in sicurezza della vita lavorativa all'interno di ogni azienda, il datore di lavoro può avvalersi della collaborazione di un professionista, prevedendo la legge la consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, cui spettano, tra l'altro, in base all'art.33 del noto d.lgs., le seguenti funzioni: "l'individuazione dei fattori di rischio, la valutazione dei rischi e l'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale; l'elaborazione, per quanto di competenza, delle misure preventive e protettive di cui all'art.28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure; l'elaborazione delle procedure di sicurezza per le varie attività aziendali; la proposizione di programmi di formazione e informazione dei lavoratori".
Questa Suprema Corte, in plurime pronunce, ha affermato che in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro è tenuto ad analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alle singole lavorazioni o all'ambiente di lavoro, e, all'esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art.28 del d.lgs.n.81/2008, all'interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali ed i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (Sez.4, n.20129 del 10/3/2016, Rv.267253); ha ribadito altresì questa Corte Suprema che il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata (Sez.4, n.27295 del 2/11/2016, Rv.270355), con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni (Sez.4, n.22147 del 11/2/2016, Rv.266859).
Quanto alla posizione di garanzia del V.C., giova rimarcare che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non operativo e gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente all'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino in conseguenza della violazione dei suoi doveri (S.U., n.38343 del 24/4/2014, Rv.261197; Sez.4, n.49821 del 23/11/2012, Rv.254094); si è ancora precisato che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur in assenza di una previsione normativa di sanzioni penali a suo specifico carico, può essere ritenuto responsabile, in concorso con il datore di lavoro o anche a titolo esclusivo, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa, che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle  iniziative idonee a neutralizzare tale situazione (Sez.4, n.32195 del 15/7/2010, Rv.248555).
3.1. Fatta tale doverosa premessa, si osserva che la Corte torinese ha applicato correttamente la normativa in materia ed i richiamati principi di diritto, evidenziando la situazione di estremo pericolo in cui si trovava a lavorare il C.P., il quale quotidianamente provvedeva alle operazioni di pulizia entrando all'interno della macchina, sprovvista di un qualunque dispositivo di sicurezza idoneo ad evitare la messa in funzione dell'impianto in caso di coperchio aperto della vasca ed il contatto anche accidentale tra le parti rotanti e la persona addetta alla pulizia manuale, cui non era vietato compiere tale operazione entrando all'interno della vasca medesima. Il DVR era sul punto macroscopicamente carente, in quanto non conteneva alcuna valutazione dei rischi inerenti la specifica attività di lubrificazione ed ingrassamento degli organi mobili, che potevano costituire un pericolo per il lavoratore, non indicava le procedure per effettuare in sicurezza tale attività, in particolare dall'esterno e previo distacco della rete elettrica per evitare l'avviamento delle pale rotanti, e neppure prevedeva un controllo periodico del macchinario, circostanza dimostrata dal fatto che in occasione dell'evento mortale che ci occupa venne constatata l'assenza, da tempo imprecisato, del dispositivo di blocco (la bobina di sicurezza, di cui si è detto in narrativa, che era stata tolta in vista della sua successiva sostituzione).
Considerate tali carenze evidenti del DVR ed il carattere non delegabile dell'obbligo di valutazione dei rischi inerenti l'attività aziendale gravante sul G.G., i giudici di appello hanno ritenuto, con motivazione corretta in diritto ed immune da censure, che la collaborazione prestata dal responsabile del servizio di protezione e prevenzione nello svolgimento di tale attività e nell'individuazione delle misure atte a fronteggiare i rischi presenti in azienda, non esimeva il datore di lavoro dal sottoporre il documento redatto dal professionista ad una approfondita analisi critica e verifica circa la concreta individuazione e indicazione della evidenziata situazione di palese rischio e delle misure precauzionali atte a fronteggiarlo.
Hanno altresì ben argomentato, sotto il profilo del giudizio controfattuale, che se il compimento dell'operazione di lubrificazione/ingrassaggio delle pale e dei due alberi interni alla vasca di mescolamento del calcestruzzo fosse stato oggetto di compiuta procedimentalizzazione nel DVR e di conseguente specifica istruzione ai lavoratori, attraverso la previsione dell'obbligo di compiere dall'esterno tale attività mediante l'utilizzo di appositi strumenti posti a disposizione dall'azienda, che consentissero di arrivare anche ai punti più distanti dal bordo della vasca - senza necessità di introdursi all'interno o di sporgersi pericolosamente con rischio di perdita di equilibrio - o se fosse stata impartita specifica prescrizione affinché l'addetto svolgesse tale operazione sempre estraendo e custodendo la chiave che comandava l'avvio dell'impianto dalla cabina comandi - in modo da evitare che altri potessero accidentalmente azionarlo - era ragionevole ritenere, con elevato grado di probabilità logica, che un simile evento non si sarebbe verificato. Allo stesso modo hanno ritenuto i giudici di appello che un'incidenza causale sulla verificazione dell'evento aveva assunto la violazione del dovere di assicurare una periodica verifica ispettiva e manutentiva dell'impianto e del quadro comandi, atteso che ove fosse stata compiutamente disciplinata l'attività di verifica da eseguire per stabilire la perfetta efficienza del sistema di sicurezza, sarebbe stato ragionevolmente possibile rilevare come il circuito di sicurezza fosse stato "bypassato" - tanto da consentire il funzionamento dell'impianto anche operando con il coperchio aperto - e da ciò trarre le necessarie iniziative per ovviare a tale funzionamento, prescrivendo, in primo luogo, di non utilizzare l'impianto fino al ripristino della sua completa efficienza sul piano della sicurezza e della incolumità dei lavoratori.
Di qui la colposa condotta omissiva del datore di lavoro, il quale, a fronte di un DVR così inidoneo a consentire in sicurezza il lavoro cui era addetto il C.P., non ha svolto alcun doveroso controllo sul contenuto del documento, imponendone al professionista incaricato le necessarie integrazioni.
4. Con il terzo motivo il G.G. assume la mancanza dell'elemento soggettivo della colpa, stante la eccezionalità della condotta di chi aveva azionato l'impianto e la suddivisione dei ruoli all'interno dell'organizzazione aziendale.
Il motivo non è fondato.
Come finora detto, l'infortunio si è verificato poiché il rischio connesso all'operazione di lubrificazione affidata al lavoratore non era stato previsto e valutato e dunque non erano state assunte tutte le necessarie cautele per evitare che l'operaio potesse trovarsi a contatto con organi della macchina in movimento, nonostante si trattasse di un'attività di lubrificazione che si svolgeva quotidianamente.
La presenza di altri soggetti titolari di differenti posizioni di garanzia non esonerava, si ripete, il datore di lavoro dal preciso obbligo di legge posto a suo carico di individuare le situazioni di rischio proprie di quella specifica operazione e dall'approntare le procedure di sicurezza necessarie per fronteggiarle.
Il richiamo, contenuto in ricorso, alla pronuncia di questa Corte (Sez.4, n.37738 del 28/5/2013, Rv.256635) dalla quale dovrebbe argomentarsi nel senso dell'esclusione della responsabilità del G.G. per assenza di colpa è del tutto inconferente. Tale pronuncia, nell'affermare che il sistema prevenzionistico, tradizionalmente fondato su diverse figure di garanti che incarnano distinte funzioni e diversi livelli di responsabilità organizzative e gestionali, indica come prima e fondamentale figura proprio quella del datore di lavoro, che ha la responsabilità dell'organizzazione dell'azienda o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali di spesa. Nell'esaminare poi la concreta situazione a giudizio, ha operato una distinzione tra gli infortuni conseguenti a scelte assunte a livello apicale e quelli derivati da modalità tecniche esecutive della lavorazione, ed individuato chi fosse tenuto nella specie al governo del rischio specifico.
Nell'infortunio che ci occupa si è già detto della macroscopica carenza contenutistica del DVR in relazione all'uso del macchinario da cui è originato l'evento mortale e dell'obbligo, non delegabile, del datore di lavoro nella redazione del documento, ferma la possibilità della collaborazione di un responsabile del servizio per la protezione e prevenzione, di cui si è detto.
[...]

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 4 maggio 2018

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Allegato riservato Cassazione Penale Sez. 4 del 20 luglio 2018 n. 34311.pdf
 
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Linee guida prevenzione incendi gallerie | Bozza 2018

ID 6566 | | Visite: 10160 | News Prevenzioni Incendi

Bozza linee guida prevenzione incendi gallerie

Bozza linee guida prevenzione incendi gallerie

Linee guida per la progettazione, realizzazione ed esercizio ai fini antincendio delle gallerie stradali il cui progetto deve essere esaminato dalla commissione permanente per le gallerie di cui all’art 4 del D.lgs 264/06

Versione 26.06.2018

Ai progetti per la realizzazione e l’esercizio delle gallerie appartenenti alla RETE TEN e sottoposte per l’approvazione della Commissione Permanente per le Gallerie si applicano l’allegato II e l’allegato III del D. Lgs. 264/06.

Per i fini antincendi, si raccomanda l’adozione delle seguenti misure sulle modalità realizzative di strutture, impianti e di esercizio, compatibili con gli aspetti generali delineati dagli allegati II e III del D.lgs. 264/06.

In merito alle raccomandazioni progettuali che seguono, si chiarisce che la relativa applicazione non è cogente, ma le misure antincendio previste, qualora realizzate, sono ritenute idonee, senza ulteriori valutazioni da parte della Commissione permanente per le gallerie, al raggiungimento degli obiettivi di sicurezza previsti dal D.lgs. 264/06.

Resta inteso che potranno essere adottate ulteriori soluzioni progettuali, diverse da quelle riportate, a condizione che risultino utili al perseguimento degli obiettivi di sicurezza dettati all'Allegato I, punto 2 (Sicurezza in caso di incendio per le opere di costruzione) del Regolamento (UE) n. 305/2011 del 9 marzo 2011 che di seguito si riportano:

- capacità portante per un periodo di tempo determinato,
- generazione e propagazione del fuoco e del fumo limitate,
- limitata propagazione del fuoco a opere di costruzione vicine,
- sicurezza degli occupanti e dentro l’opera,
- sicurezza delle squadre di soccorso.

Le soluzioni tecniche antincendio alternative previste ai sensi:

1. dell'art 3, comma 2 del D.lgs. 264/06, in relazione all’adozione di soluzioni per la sicurezza equivalente ai requisiti strutturali non realizzabili,
2. del punto 2.9.3 dell’All. II del D.lgs. 264/06, per la realizzazione di impianti di ventilazione longitudinali nelle gallerie bidirezionali, saranno valutate dalla Commissione permanente per le gallerie caso per caso.

Collegati:

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WHO Preventing disease through a healthier and safer workplace

ID 6558 | | Visite: 2698 | Documenti Sicurezza Enti

WHO July 2018

WHO Preventing disease through a healthier and safer workplace

WHO, 29 June 2018

Questa valutazione fornisce informazioni sugli impatti sulla salute che potrebbero essere evitati attraverso luoghi di lavoro più sani e sicuri. Si stima che il 2,1% di tutti i decessi e il 2,7% del carico di malattia a livello mondiale possa essere attribuito a rischi professionali quantificati.

Le malattie non trasmissibili contribuiscono per il 70% al carico totale di malattia dai rischi professionali, con malattie polmonari croniche e cancri che causano il più alto numero di morti legate al lavoro, unite da dolore alla schiena e al collo quando si considera il carico di malattia. I lavoratori nei paesi a basso e medio reddito detengono la quota maggiore di decessi e di invalidità dalle esposizioni sul posto di lavoro.

La relazione identifica chiaramente anche le strategie di prevenzione disponibili per evitare una percentuale significativa di decessi legati al lavoro e del carico di malattia. L'attuazione di tali strategie è importante negli sforzi per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. L'azione mirata verso luoghi di lavoro più sani e più sicuri contribuirà a migliorare e proteggere in modo sostenibile la vita di milioni di persone in tutto il mondo.

________

CONTENTS

ACKNOWLEDGEMENTS
ACRONYMS AND ABBREVIATIONS
EXECUTIVE SUMMARY
INTRODUCTION
METHODS
Synthesis of disease burden
Review of interventions
OCCUPATIONAL RISKS BY DISEASE
Infectious and parasitic diseases
Respiratory infections
Intestinal infections
Malaria
Schistosomiasis
Chagas disease
Lymphatic filariasis
Onchocerciasis
Leishmaniasis
Dengue
Japanese encephalitis
HIV/AIDS
Sexually transmitted diseases
Hepatitis B and C
Tuberculosis
Other infectious and parasitic diseases
Noncommunicable diseases
Cancers
Mental, behavioural and neurological disorders
Cataracts
Hearing loss
Ischaemic heart disease
Stroke
Chronic obstructive pulmonary disease
Asthma
Pneumoconiosis
Musculoskeletal diseases
Neonatal conditions
Congenital anomalies
Occupational skin diseases
Other noncommunicable diseases
Risks factors for noncommunicable diseases from other areas but related to the work environment
Overweight and obesity
Physical inactivity
Unintentional injuries
Road traffic accidents
Unintentional poisonings
Falls
Fires, heat and hot substances
Drownings
Other unintentional injuries
Intentional injuries
Self-harm
Interpersonal violence
DISCUSSION
The workplace, health and the Sustainable Development Goals
CONCLUSIONS: TOWARDS HEALTHIER AND SAFER WORKPLACES
Key findings
Reducing the burden of unhealthy workplaces
REFERENCES
ANNEX
Methods: Estimating the occupational burden of disease
What is meant by the population attributable fraction of a risk factor?
Calculation of population attributable fractions
Estimating the population attributable fraction
Estimating the burden of disease attributable to the environment
Estimating uncertainties
Table A1. Examples of interventions for worker protection
Table A2. Deaths attributable to occupation, by region, 2015
Table A3. DALYs attributable to occupation, by region, 2015
PHOTO CREDITS

...

Fonte: WHO

EQF: European Qualification Framework

ID 6554 | | Visite: 117840 | Legislazione Sicurezza UE

EQF 10 level framework

EQF: European Qualification Framework

ID 6554 | Update 23.04.2023

Abrogazione Raccomandazione 2008/C 111-1

La Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2017 sul quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente, abroga la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, sulla costituzione del quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (2017/C 189/03)

La Raccomandazione 2008/C 111-1 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'Unione Europea del 23 aprile 2008 ha istituito l'European Qualification Framework (EQF), con l'obiettivo “di istituire un quadro di riferimento comune che funga da dispositivo di traduzione tra i diversi sistemi delle qualifiche e i rispettivi livelli, sia per l'istruzione generale e superiore sia per l'istruzione e la formazione professionale”.

La Raccomandazione impegna gli Stati membri ad usare il Quadro europeo delle qualificazioni come strumento di riferimento per confrontare i livelli delle qualificazioni dei diversi sistemi nazionali e “per promuovere sia l'apprendimento permanente sia le pari opportunità nella società basata sulla conoscenza”.

Da un punto di vista tecnico l'EQF “è una griglia di referenziazione, funzionale a mettere in relazione e posizionare le diverse qualificazioni rilasciate nei Paesi membri” dell'Unione Europea. Il “confronto si basa su livelli comuni di riferimento, correlati a learning outcomes (risultati dell'apprendimento) e collocati in una struttura ad otto livelli”.

Il 20 dicembre in sede di Conferenza Stato-Regioni è stato sottoscritto l'Accordo CSR n. 252 del 20 Dicembre 2012 con il quale è  adottato il “Primo rapporto italiano di referenziazione delle qualificazioni al Quadro Europeo EQF” nel quale sono “posizionati” i titoli di studio italiani nell'ambito degli otto livelli previsti dall'EQF.

Il rapporto, che ha avuto diverse stesure, è stato curato da un Gruppo tecnico composto da rappresentanti del Ministero del lavoro e del Ministero dell'Istruzione e dall'Isfol. I componenti del gruppo tecnico non sono indicati nel Rapporto.

Il 3 agosto 2022 in sede di Conferenza Stato-Regioni è stato sottoscritto l'Accordo 175/CSR del 3 agosto 2022, ai sensi dell’articolo 4, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sullo schema di decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’istruzione e il Ministro dell’università e della ricerca, di adozione del “Rapporto italiano di referenziazione delle qualificazioni al quadro europeo EQF”.

Il Quadro di referenziazione delle qualificazioni italiane

Questo è il quadro sinottico di referenziazione delle qualificazioni pubbliche nazionali ai livelli del Quadro europeo delle qualificazioni per l'apprendimento permanente come risulta dall'allegato B all'Accordo CSR n. 252 del 20 Dicembre 2012.

Livello
EQF

Tipologia di qualificazione

1

Diploma di licenza conclusiva del I ciclo di istruzione

2

Certificazione delle competenze di base acquisite in esito all'assolvimento dell'obbligo di istruzione

3

Attestato di qualifica di operatore professionale

4

Diploma professionale di tecnico

Diploma liceale

Diploma di istruzione tecnica

Diploma di istruzione professionale

Certificato di specializzazione tecnica superiore

5

Diploma di tecnico superiore

6

Laurea

Diploma Accademico di I livello

7

Laurea Magistrale

Diploma Accademico di II livello

Master universitario di I livello

Diploma Accademico di specializzazione (I)

Diploma di perfezionamento o master (I)

8

Dottorato di ricerca

Diploma accademico di formazione alla ricerca

Diploma di specializzazione

Master universitario di II livello

Diploma Accademico di specializzazione (II)

Diploma di perfezionamento o master (II)

L'Accordo CSR n. 252 del 20 Dicembre 2012 per essere operativo dovrà essere recepito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

In base a tale Accordo la Conferenza Stato Regioni ha assunto i seguenti impegni:

-  nel 2013 dovranno essere adottate tutte le misure necessarie affinché dal 1° gennaio 2014 tutte le certificazioni delle qualificazioni rilasciate in Italia ricomprese nell'elenco di cui all'Allegato B) e successive integrazioni, riportino un chiaro riferimento al corrispondente livello del Quadro europeo delle Qualificazioni per l'apprendimento permanente.

- il Rapporto dovrà avere ampia diffusione attraverso la pubblicazione sui siti web istituzionali di riferimento;

- il Punto Nazionale di Coordinamento dell'EQF, operante presso l'ISFOL, dovrà fornire alla Commissione Europea tutti i dati e ogni supporto per la pubblicazione del Rapporto

- sarà curata la traduzione in lingua inglese, avente valore legale, delle qualificazioni italiane referenziate al Quadro europeo delle qualificazioni, ai fini della loro maggiore portabilità e spendibilità nel contesto europeo;

- con successive versioni del Rapporto Nazionale dovranno essere referenziate anche:
 - - le ulteriori qualificazioni rilasciate dalle Regioni e Province Autonome
 - - le abilitazioni professionali relative alle professioni regolamentate
 - - la revisione e l'aggiornamento del Rapporto avverrà con cadenza annuale

Note Rapporto

Il Rapporto è strutturato in sezioni.
La prima sezione è relativa alla “Descrizione generale dei diversi sistemi e sottosistemi  educativi, formativi e professionali”
La seconda sezione è relativa alla “Mappatura delle qualificazioni  rilasciati nei sistemi e sottosistemi analizzati nella sezione 1”
La terza sezione è relativa al “Quadro di referenziazione con l'analisi dei criteri europei  e le scelte metodologiche e procedurali adottate”
La quarta sezione presenta le schede descrittive delle qualificazioni

Infine nel Rapporto si utilizza il termine “qualificazione” in riferimento ai titoli e alle certificazioni rilasciati “da un'autorità competente a fronte di standard e regole pubbliche e riconosciute”.

L’evoluzione delle attività economiche, il trasferimento delle conoscenze e delle competenze all’interno del mercato unico europeo, in assenza di strumenti terminologici che consentano di caratterizzare in modo univoco le molteplici attività professionali, pongono il problema della qualificazione e, prima ancora, della “riconoscibilità” delle professioni, del trasferimento delle competenze, della tutela dei lavoratori.

Negli ultimi anni in ISO, CEN e UNI sono nate numerose iniziative di qualificazione di attività professionali (alcune direttamente collegate ad aspetti tecnologici, altre relative a professioni per nuovi bisogni) che hanno portato alla definizione da parte di numerose Commissioni tecniche di un consistente pacchetto di norme UNI ( vd. elencoformato xls).

Con l’approvazione della legge 4 del 14 gennaio 2013 “Disposizioni in materia di professioni non organizzate” l’attività di normazione UNI ha assunto ulteriore rilevanza. Infatti la legge dà piena applicazione al principio di sinergia tra legislazione e normazione tecnica. In particolare l’articolo 6 “Autoregolamentazione volontaria”, pur non rendendo obbligatorio il rispetto delle norme UNI, definisce quei principi e criteri generali che disciplinano l’esercizio autoregolamentato dell’attività professionale che la norma tecnica di fatto garantisce. Così la conformità alle norme UNI e la partecipazione ai lavori degli organi tecnici (di cui all’articolo 9 “Certificazione di conformità a norme tecniche UNI”) diventano un fattore determinante.

Per concorrere alla promozione dell’informazione nei confronti dei professionisti e degli utenti riguardo alla pubblicazione UNI relative alle attività professionali “non regolamentate”, riportiamo qui di seguito l'elenco delle norme UNI e delle UNI/PdR pubblicate in materia, aggiornato ad ottobre 2019.
Si ricorda che le Prassi di Riferimento (UNI/PdR) sono documenti tecnici messi a disposizione del mercato per preparare future attività di elaborazione normativa e, al pari delle norme, sono considerati prodotti della normazione ai sensi del Regolamento UE n.1025/2013.

Norme

  • UNI 11714-2:2019
    Rivestimenti lapidei di superfici orizzontali, verticali e soffitti - Parte 2: Requisiti di conoscenza, abilità e competenza per posatori di rivestimenti lapidei di superfici orizzontali, verticali e soffitti
  • UNI 11760:2019
    Attività professionali non regolamentate - Educatore del gesto grafico - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11756:2019
    Attività professionali non regolamentate - Figura Professionale del Tecnico in Ayurveda - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11754:2019
    Attività professionali non regolamentate - Formatore di Management - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11673-2:2019
    Posa in opera di serramenti - Parte 2: Requisiti di conoscenza, abilità e competenza del posatore di serramenti
  • UNI 11369:2019
    Attività professionali non regolamentate - Consulente di management - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11753:2019
    Attività professionali non regolamentate - Professionista della Conformità e Etica (Compliance and Ethics) operante nel settore bancario, finanziario e assicurativo-previdenziale - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11746:2019
    Attività professionali non regolamentate - Progettista sociale - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11742:2019
    Attività professionali non regolamentate - Carpentiere di elementi e strutture di legno - Requisiti di conoscenza, abilità, competenza
  • UNI 11741:2019
    Attività professionali non regolamentate - Installatori di sistemi radianti idronici a bassa differenza di temperatura - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11337-7:2018
    Edilizia e opere di ingegneria civile - Gestione digitale dei processi informativi delle costruzioni - Parte 7: Requisiti di conoscenza, abilità e competenza delle figure coinvolte nella gestione e nella modellazione informativa
  • UNI 11720:2018
    Attività professionali non regolamentate - Manager HSE (Health, Safety, Environment) - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
    UNI 11716:2018
    Attività professionali non regolamentate - Figure professionali che eseguono la posa dei sistemi compositi di isolamento termico per esterno (ETICS) - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11713:2018
    Attività professionali non regolamentate - Professionisti del benessere psicofisico tramite il massaggio bionaturale - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11711:2018
    Attività professionali non regolamentate - Igienista industriale - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11621-5:2018
    Attività professionali non regolamentate - Profili professionali per l’ICT - Parte 5: Profili professionali relativi all’informazione geografica
  • UNI 11704:2018
    Attività professionali non regolamentate - Pittore edile - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11697:2017
    Attività professionali non regolamentate - Profili professionali relativi al trattamento e alla protezione dei dati personali - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI CEI TS 11696:2017
    Attività professionali non regolamentate - Figure professionali operanti sugli impianti fotovoltaici - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11695:2017
    Attività professionali non regolamentate - Sociologo - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11475:2017
    Attività professionali non regolamentate - Figure professionali operanti nell'ambito della chinesiologia - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11683:2017
    Attività professionali non regolamentate - Fisico professionista - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11621-4:2017
    Attività professionali non regolamentate - Profili professionali per l’ICT - Parte 4: Profili professionali relativi alla sicurezza delle informazioni
  • UNI 11621-3:2017
    Attività professionali non regolamentate - Profili professionali per l’ICT - Parte 3: Profili professionali relativi alle professionalità operanti nel Web
  • UNI 11621-2:2017
    Attività professionali non regolamentate - Profili professionali per l’ICT - Parte 2: Profili professionali di "seconda generazione"
  • UNI 11621-1:2017
    Attività professionali non regolamentate - Profili professionali per l’ICT - Parte 1: Metodologia per la costruzione di profili professionali basati sul sistema e-CF
  • UNI 10459:2017
    Attività professionali non regolamentate - Professionista della security - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI CEI TS 11672:2017
    Attività professionali non regolamentate - Figure professionali che eseguono l’installazione e la manutenzione dei sistemi BACS (Building Automation Control System) - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11226-2:2017
  • Impianti a rischio di incidente rilevante - Sistemi di gestione della sicurezza - Parte 2: Figure professionali che effettuano l'audit di sicurezza - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11661:2016
    Attività professionali non regolamentate - Insegnante di yoga - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 10801:2016
    Attività professionali non regolamentate - Amministratore di condominio - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11660:2016
    Attività professionali non regolamentate - Operatore forestale - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI/TS 11657:2016
    Attività professionali non regolamentate - Figure professionali che eseguono l’installazione, la manutenzione e la pulizia degli impianti termici a legna o altri biocombustibili solidi comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11656:2016
    Attività professionali non regolamentate - Professionista della Protezione Civile (Disaster Manager) - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11648:2016
    Attività professionali non regolamentate - Project manager - Definizione dei requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11644:2016
    Attività professionali non regolamentate - Mediatore familiare - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11643:2016
    Attività professionali non regolamentate - Tecnici operanti su apparecchi a gas per la cottura domestica - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11640:2016
    Attività professionali non regolamentate  - Educatore finanziario nelle attività di consulenza oggettiva o generica (one to one)  - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11623-1:2016
    Attività professionali non regolamentate - Personale tecnico delle imprese che trasformano i veicoli per l’uso dei gas GNC e GPL - Parte 1: Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11493-2:2016
    Piastrellature ceramiche a pavimento e a parete - Parte 2: Requisiti di conoscenza, abilità e competenza per posatori di piastrellature ceramiche a pavimento e a parete
  • UNI 11637:2016
    Attività professionali non regolamentate - Responsabile Progetti Sensoriali  - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11632:2016
    Attività professionali non regolamentate - Figura professionale del personale addetto alle attività di sorveglianza degli impianti di distribuzione del gas naturale - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11628:2016
    Attività professionali non regolamentate - Periti Liquidatori Assicurativi (escluso il ramo RC Auto e relativi danni) - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11618:2016
    Attività professionali non regolamentate - Esperto in controllo di gestione (Controller) - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11602:2015
    Attività professionali non regolamentate - Figure professionali operanti nella pianificazione e nel controllo di gestione per le persone giuridiche, associazioni ed enti del settore bancario, finanziario ed assicurativo - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11592:2015
    Attività professionali non regolamentate - Figure professionali operanti nel campo delle Arti Terapie - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11515-2:2015
    Rivestimenti resilienti e laminati per pavimentazioni - Parte 2: Requisiti di conoscenza, abilità e competenza dei posatori
  • UNI 11294:2015
    Attività professionali non regolamentate - Qualificazione dei tecnici per la ricostruzione e l'analisi degli incidenti stradali - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11585:2015
    Attività professionali non regolamentate - Figure professionali operanti nel campo del monitoraggio delle sperimentazioni cliniche dei medicinali (Clinical Monitor) - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11591:2015
    Attivita' professionali non regolamentate - Figure professionali operanti nel campo della traduzione e dell'interpretazione - Requisiti di conoscenza, abilita' e competenza 
  • UNI 9994-2:2015
    Apparecchiature per estinzioni incendi - Estintori di incendio - Parte 2: Requisiti di conoscenza, abilità e competenza del tecnico manutentore di estintori di incendio
  • UNI 11473-3:2014
    Porte e finestre apribili resistenti al fuoco e/o per il controllo della dispersione di fumo - Parte 3: Requisiti di conoscenza, abilità e competenza dell’installatore e del manutentore
  • UNI 11557:2014
    Attività professionali non regolamentate - Serraturieri e tecnici di casseforti professionisti - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11556:2014
    Attività professionali non regolamentate - Posatori di pavimentazioni e rivestimenti di legno e/o a base di legno - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11555:2014
    Attività professionali non regolamentate - Posatori di sistemi a secco in lastre - Requisiti di conoscenza, abilità, competenza
  • UNI 11554:2014
    Attività professionali non regolamentate - Figure professionali operanti sugli impianti a gas di tipo civile alimentati da reti di distribuzione - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11535:2014
    Qualificazione delle professioni per il trattamento di dati e documenti - Figura professionale del bibliotecario - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11536:2014
    Qualificazione delle professioni per il trattamento di dati e documenti - Figura professionale dell'archivista - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI 11511:2013
    Attività professionali non regolamentate - Tributarista - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza.
  • UNI 11491:2013
    Attività professionali non regolamentate - Figura professionale del naturopata - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza.
  • UNI 11483:2013
    Attività professionali non regolamentate - Figura professionale del comunicatore - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza.
  • UNI 11476:2013
    Attività professionali non regolamentate - Figure professionali operanti nel campo della fotografia e comunicazione visiva correlata - Requisiti di conoscenza, abilità, competenza.
  • UNI 11477:2013
    Attività professionali non regolamentate - Patrocinatore stragiudiziale professionista del risarcimento del danno - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza.

Prassi di Riferimento

  • UNI/PdR 72:2019
    Piattaforma delle competenze per la valutazione tecnica di un progetto di gara d’ambito nel settore del gas naturale
  • UNI/PdR 71:2019
    Impresa 4.0 - Competenze dei profili manageriali degli esperti, che avvalendosi delle tecnologie abilitanti, supportano la valorizzazione, il trasferimento e l’applicazione dell’innovazione nei processi e sistemi organizzativi delle Infrastrutture Critiche del settore “Costruzioni”
  • UNI/PdR 70:2019
    Impresa 4.0 - Competenze dei profili manageriali degli esperti, che avvalendosi delle tecnologie abilitanti, supportano la valorizzazione, il trasferimento e l’applicazione dell’innovazione nei processi e sistemi organizzativi delle Infrastrutture Critiche del settore “Energia”
  • UNI/PdR 69:2019
    Impresa 4.0 - Competenze dei profili manageriali degli esperti, che avvalendosi delle tecnologie abilitanti, supportano la valorizzazione, il trasferimento e l’applicazione dell’innovazione nei processi e sistemi organizzativi delle Infrastrutture Critiche del settore “Ferroviario”
  • UNI/PdR 68:2019
    Lattoneria edile - Servizio di lattoneria edile e requisiti dei profili professionali di lattoniere edile
  • UNI/PdR 63:2019
    Attività di tesoreria - Servizio di tesoreria, requisiti del profilo professionale di tesoriere e indirizzi operativi per la valutazione di conformità
  • UNI/PdR 61:2019
    Wedding planning - Requisiti di servizio e delle figure professionali del wedding planner e del destination wedding planner
  • UNI/PdR 60:2019
    Esperto del ciclo di vita delle sostanze - Attività e requisiti dei profili professionali di Responsabile Schede Dati di Sicurezza (RSDS) e di Esperto del Sistema Rifiuti (ESR)
  • UNI/PdR 59:2019
    Attività di negoziazione - Processo delle attività di negoziazione,requisiti del negoziatore e indirizzi operativi per la valutazione di conformità
  • UNI/PdR 56:2019
    Certificazione del personale tecnico addetto alle prove non distruttive nel campo dell’ingegneria civile
  • UNI/PdR 52:2018
    Profili professionali del Food&Beverage management - Attività e requisiti dei profili professionali del Food&Beverage e indirizzi operativi per la valutazione della conformità
  • UNI/PdR 47.1:2018
    Protezione civile - Linee guida tecnico-organizzative per un sistema di Protezione Civile locale
  • UNI/PdR 45:2018
    Tecnico Veterinario - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza
  • UNI/PdR 44:2018
    Credit management - Servizio di credit management, requisiti dei profili professionali del credit management e indirizzi operativi per la valutazione di conformità
  • UNI/PdR 41:2018
    Operatori settore credito, finanza, previdenza e assicurazioni - Linee guida per la gestione dell’integrità
  • UNI/PdR 40:2018
    Agente immobiliare - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza degli agenti immobiliari per l’erogazione dei servizi definiti dalla UNI EN 15733, linee guida per la formazione e indirizzi operativi per la valutazione di conformità
  • UNI/PdR 35:2018
    Profili professionali della mobilità aziendale - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza e indirizzi operativi per la valutazione della conformità
  • UNI/PdR 29:2017
    Attività di assistenza giuridico-economica in ambito bancario e finanziario
  • UNI/PdR 20:2016
    Caravan e autocaravan - Requisiti di servizio per la manutenzione e/o installazione accessori e impianti
  • UNI/PdR 17:2016
    Profili professionali della funzione Risorse Umane delle organizzazioni - Definizione dei requisiti di conoscenza, abilità e competenza e indirizzi operativi per la valutazione della conformità
  • UNI/PdR 10.0:2014
    Profili professionali presenti nelle banche commerciali - Requisiti di conoscenza, capacità e competenza - Inquadramento generale e principi metodologici
  • UNI/PdR 10.1:2014
    Profili professionali presenti nelle banche commerciali - Requisiti di conoscenza, capacità e competenza - Area Filiale
  • UNI/PdR 10.2:2014
    Profili professionali presenti nelle banche commerciali - Requisiti di conoscenza, capacità e competenza - Area Commerciale
  • UNI/PdR 10.3:2014
    Profili professionali presenti nelle banche commerciali - Requisiti di conoscenza, capacità e competenza - Area Credito
  • UNI/PdR 10.4:2014
    Profili professionali presenti nelle banche commerciali - Requisiti di conoscenza, capacità e competenza - Area Finanza
  • UNI/PdR 10.5:2014
    Profili professionali presenti nelle banche commerciali - Requisiti di conoscenza, capacità e competenza - Aree Risk Management, Compliance, Operation e Amministrazione
  • UNI/PdR 10.6:2014
    Profili professionali presenti nelle banche commerciali - Requisiti di conoscenza, capacità e competenza - Indirizzi operativi per la valutazione della conformità

Dal sito del Ministero dello Sviluppo Economico è inoltre possibile consultare l'elenco delle associazioni professionali previsto dalla nuova disciplina:
Elenco delle associazioni professionali previsto dalla legge 4/2013 (Ministero dello Sviluppo Economico)

Documento Igienista industriale UNI 11711 (Ai sensi EQF)

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Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 30174 | 5 Luglio 2018

ID 6531 | | Visite: 2264 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Mancanza di misure di sicurezza contro il pericolo di caduta materiali dall'alto

Attrezzature prive di dispositivo auto frenante e mancanza di cassetta pronto soccorso

Penale Sent. Sez. 3 Num. 30174 Anno 2018

Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: CORBETTA STEFANO
Data Udienza: 27/04/2018

Ritenuto in fatto

1. Con l'impugnata sentenza, il Tribunale di Rimini condannava P.DM. alla pena di euro 4.800 di ammenda, perché, nella sua qualità di datore di lavoro e legale rappresentante dell'impresa edile "Edilripa srl", ritenuto responsabile dei seguenti reati, riconosciuto il vincolo della continuazione: artt. 129, comma 3, 159, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 81 del 2008, perché, in corrispondenza dei luoghi di transito e stazionamento, non risultava essere allestita una mantovana cd. "paramassi" a protezione dei lavoratori dal pericolo di caduta di materiali dall'alto (capo a); artt. 114, comma 1, lett. d), 159, comma 2, lett. b) d.lgs. n. 81 de 2008, perché, pur collocata nelle immediate vicinanze del ponteggio, la betoniera non risultava essere stata protetta con un solido impalcato sovrastante di altezza non superiore a tre metri dal suolo conto il pericolo di caduta di materiali dall'alto (capo B); artt. 71, comma 1, 87, comma 2, lett. c) d.lgs. n. 81 del 2008, perché, ai fini del sollevamento dei materiali, risultava essere stata messa a disposizione dei lavoratori un'attrezzatura non idonea ai fini della sicurezza e non adeguata al lavoro da svolgere, in particolare la carrucola utilizzata - azionata a mano e posizionata a un'altezza dal suolo superiore a cinque metri - risultava sprovvista di dispositivo auto frenante (capo C); artt. 45, comma 1, lett. d), 55, comma 5, lett. a) d.lgs. n. 81 del 2008, perché nel cantiere non risultava essere tenuta una cassetta di pronto soccorso ovvero un pacchetto di medicazione con contenuto conforme a quanto stabilito dal d.m. n. 388 del 2003 (capo D). Fatti commessi il 10 marzo 2011.

2. Avverso l'indicata sentenza, l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a unico, articolato motivo, con cui si deduce vizio motivazionale e travisamento della prova.
Assume il ricorrente che: quanto al reato di cui al capo A), l'impalcatura si trovava all'interno di una proprietà privata, nella quale non era possibile il passaggio di persone, sicché, non essendo posizionata in corrispondenza di luoghi di transito e/o stazionamento, non era necessaria la sistemazione di un impalcato di sicurezza; quanto al reato di cui al capo B), al momento del sopralluogo gli operai non stavano usando la betoniera, né l'avrebbero usata, in quanto i lavori erano in fase di completamento; quanto al reato di cui al capo C), non è emerso se la carrucola fosse utilizzata o meno dagli operai del cantiere; quanto reato di cui al capo D), l'ispettore del lavoro ha dichiarato di non aver reperito la cassetta di pronto soccorso ovvero il pacchetto di medicazione, ma la sentenza nulla direbbe in ordine all'eventuale richiesta che lo stesso avrebbe dovuto formulare agli operai, i quali avrebbero indicato il luogo dove si trovava.
Infine, il ricorrente si duole della mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che il Tribunale avrebbe dovuto riconoscere in virtù del reato contravvenzionale contestato e, quindi, per ciò solo, di particolare tenuità.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile, essendo le censure sviluppate con argomentazioni fattuali.

2. Va ricordato che il controllo del Giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l'oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247). Si richiama, sul punto, il costante indirizzo di questa Corte, in forza del quale l'illogicità della motivazione, censurabile a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., è soltanto quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi; ciò in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo (Sez. U., n. 47289 del 24/9/2003, Petrella, Rv. 226074).
In altri termini, il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene alla ricostruzione dei fatti, né all'apprezzamento del Giudice di merito, ma è limitato alla verifica della rispondenza dell'atto impugnato a due requisiti, che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542; Sez. 2, n. 56 del 7/12/2011, dep. 4/1/2012, Siciliano, Rv, 251760).
Questa conclusione, peraltro, non muta a fronte del vigente testo dell'art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., come modificato dalla l. 20 febbraio 2006 n. 46, che, invero, non ha trasformato il ruolo e i compiti di questa Corte, la quale che rimane giudice della motivazione, e non del fatto; la stessa, pertanto, non può procedere a una rinnovata valutazione dei fatti, ovvero a una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Del pari, il ricorrente non può limitarsi a fornire una versione alternativa del fatto, ma deve indicare specificamente quale sia il punto della motivazione che appare viziato dalla supposta manifesta illogicità e, in concreto, da cosa tale illogicità vada desunta. Al riguardo, l'aver introdotto la possibilità di valutare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo" costituisce il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto "travisamento della prova", che è quel vizio in forza del quale il giudice di legittimità, lungi dal procedere a una (inammissibile) rivalutazione del fatto (e del contenuto delle prove), prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti per verificare se il relativo contenuto è stato o meno trasfuso e valutato, senza travisamenti, all'interno della decisione.
In altri termini, vi è "travisamento della prova" quando il giudice di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste, o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale (alla disposta perizia è risultato che lo stupefacente non fosse tale ovvero che la firma apocrifa fosse dell'imputato); del pari, può essere valutato se vi erano altri elementi di prova inopinatamente o ingiustamente trascurati o fraintesi. In sintesi, il "travisamento della prova" è configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia (Sez. 2, n. 47035 del 3/10/2013, Giugliano, Rv. 257499; Sez. 5, n. 18542 del 21/1/2011, Carone, Rv. 250168). Fermo però restando - occorre ancora ribadirlo - che non spetta comunque a questa Corte "rivalutare" il modo con cui lo specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito (in questi termini, tra le molte, Sez. 3, n. 5478 del 05/12/2013, Ferraris, Rv. 258693; Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, dep. 27/2/2013, Maggio, Rv. 255087).

3. Nel caso in esame, il tribunale, sulla scorta della deposizione del teste F., ispettore presso la direzione territoriale del lavoro di Rimini, che effettuò il sopralluogo presso il cantiere in questione il 10 marzo 2011, nonché della documentazione fotografica in atti, ha accertato che: la mantovana era assente in tutti i lati del ponteggio, e, ad aggravare tale omessa predisposizione, i lavoratori non indossavano il casco protettivo; la betoniera, limitrofa al ponteggio, era sprovvista di protezione; la carrucola era priva del dispositivo auto frenante, peraltro nemmeno omologato secondo le disposizioni CE; non era presente in loco il pacchetto di pronto soccorso.
Le censure mosse dal ricorrente si incentrano su deduzioni fattuali, che nemmeno emergono dalla sentenza impugnata, e che, in ogni caso, non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità, a differenza del giudizio di merito, in cui, peraltro, l'imputato, rimasto contumace, non ha nemmeno preso posizione rispetto agli addebiti a lui contestati.
Essendo aderente alle emergenze processuali, giuridicamente corretta e immune da vizi logici, la motivazione supera il vaglio di legittimità.

4. Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (ex multis, cfr. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017 - dep. 22/09/2017, Pettinelli, Rv. 271269, la quale ha ritenuto sufficiente, ai fini dell'esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell'imputato; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016 - dep. 29/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014 - dep. 03/07/2014, Lule, Rv. 259899).
Si è, inoltre, precisato che, la concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull'accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell'imputato; ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell'istanza, l'onere di motivazione del diniego dell'attenuante è soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015 - dep. 09/03/2016, Piliero, Rv. 266460).
Nel caso in esame, il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi ora richiamati, evidenziando l'insussistenza di elementi favorevoli da valutare in tal senso, nemmeno prospettati dalla difesa, peraltro risultando il P.DM. non incensurato, e non costituendo una plausibile giustificazione, diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, la circostanza che si sia in presenza di reati contravvenzionali.

5. L'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di 
impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 - dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 217266).

6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. seni. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 27/04/2018.

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Allegato riservato Penale Sent. Sez. 3 Num. 30174 Anno 2018.pdf
 
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Direttiva (UE) 2018/957

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Direttiva 2018 957

Direttiva (UE) 2018/957

del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 giugno 2018 recante modifica della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi.

GUUE L 173/16  del 09.07.2018

Entrata in vigore: 29.07.2018

_______

La direttiva garantisce la protezione dei lavoratori distaccati durante il loro distacco in relazione alla libera prestazione dei servizi, stabilendo disposizioni obbligatorie riguardanti le condizioni di lavoro e la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che devono essere rispettate.

Gli Stati membri sono tenuti a conformarsi alla direttiva entro il 30 luglio 2020. Fino alla data di entrata in vigore della normativa di recepimento, la direttiva 96/71/CE rimane applicabile nella versione precedente alle modifiche introdotte dalla presente direttiva.

...

Articolo 1 Modifiche della direttiva 96/71/CE

La direttiva 96/71/CE è così modificata:

1) l’articolo 1 è così modificato:
a) il titolo è sostituito dal seguente: «Oggetto e ambito d’applicazione»;
b) sono inseriti i paragrafi seguenti:
«–1. La presente direttiva garantisce la protezione dei lavoratori distaccati durante il loro distacco in relazione alla libera prestazione dei servizi, stabilendo disposizioni obbligatorie riguardanti le condizioni di lavoro e la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che devono essere rispettate.
–1 bis. La presente direttiva non pregiudica in alcun modo l’esercizio dei diritti fondamentali riconosciuti dagli Stati membri e a livello di Unione, compresi il diritto o la libertà di sciopero o il diritto o la libertà di intraprendere
altre azioni contemplate dalla disciplina delle relazioni industriali negli Stati membri, in conformità della normativa
e/o delle prassi nazionali. Essa non pregiudica neppure il diritto di negoziare, concludere ed eseguire accordi
collettivi, o di intraprendere azioni collettive in conformità della normativa e/o delle prassi nazionali.»;
c) il paragrafo 3 è così modificato:
i) la lettera c) è sostituita dalla seguente:
«c) distacchino, in quanto imprese di lavoro temporaneo o in quanto imprese che effettuano la fornitura di lavoratori, un lavoratore presso un’impresa utilizzatrice avente la sede o un centro di attività nel territorio di uno Stato membro, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro fra il lavoratore e l’impresa di lavoro temporaneo o l’impresa che lo fornisce temporaneamente.»;
ii) sono aggiunti i commi seguenti:
«Nel caso in cui un lavoratore, che sia stato fornito da una impresa di lavoro temporaneo o da una impresa che effettua cessioni temporanee presso un’impresa utilizzatrice di cui alla lettera c), sia chiamato, dall’impresa utilizzatrice, a svolgere un lavoro nel quadro di una prestazione di servizi transnazionale ai sensi delle lettere a), b) o c), nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui il lavoratore abitualmente lavora per l’impresa di lavoro temporaneo o per l’impresa che effettua cessioni temporanee, oppure per l’impresa utilizzatrice, il lavoratore è considerato distaccato nel territorio di tale Stato membro dall’impresa di lavoro temporaneo o dall’impresa che effettua la fornitura con la quale sussiste un rapporto di lavoro. L’impresa di lavoro temporaneo o l’impresa che effettua la fornitura di lavoratori si considera essere un’impresa di cui al paragrafo 1 e tale impresa deve rispettare pienamente le pertinenti disposizioni della presente direttiva e della direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio.
L’impresa utilizzatrice informa a tempo debito l’impresa di lavoro temporaneo o l’impresa che ha effettuato la fornitura di un lavoratore prima dell’inizio del lavoro di cui al secondo comma.
- da contratti collettivi o da arbitrati dichiarati di applicazione generale o altrimenti applicabili a norma del paragrafo 8:
a) periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo;
b) durata minima dei congedi annuali retribuiti;
c) retribuzione, comprese le tariffe maggiorate per lavoro straordinario; la presente lettera non si applica ai regimi pensionistici integrativi di categoria;
d) condizioni di fornitura dei lavoratori, in particolare la fornitura di lavoratori da parte di imprese di lavoro temporaneo;
e) sicurezza, salute e igiene sul lavoro;
f) provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti o puerpere, bambini e giovani;
g) parità di trattamento fra uomo e donna, nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione;
h) condizioni di alloggio dei lavoratori qualora questo sia fornito dal datore di lavoro ai lavoratori lontani dal loro abituale luogo di lavoro;
i) indennità o rimborso [...]

[...segue in allegato]

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La Valutazione del Microclima

ID 6512 | | Visite: 14220 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

la valutazione del microclima

La Valutazione del Microclima

INAIL 2018

Il rischio microclima nei luoghi di lavoro viene trattato nel titolo VIII e nell'allegato IV del titolo II del D.lgs. 81/08. Le modalità con cui effettuare la valutazione del rischio non sono indicate in un specifico Capo del testo di legge.

I principali riferimenti sono quindi gli standard tecnici prodotti dagli organismi di normazione nazionali e internazionali.

Questo opuscolo si propone quale strumento di consultazione per gli operatori della sicurezza nei luoghi di lavoro fornendo le indicazioni necessarie per giungere a una corretta valutazione del rischio microclima.

Le condizioni microclimatiche di un luogo di lavoro e di vita, possono interferire significativamente con le attività degli occupanti. In ambienti d’ufficio o domestici si possono creare condizioni non confortevoli che possono ridurre la produttività ma anche favorire il verificarsi di infortuni e di piccoli malesseri. Negli ambienti di lavoro in cui il ciclo produttivo richiede condizioni ambientali estreme con temperature particolarmente elevate o estremamente basse è addirittura necessario proteggere la salute dei lavoratori modificando, quando è possibile, il ciclo produttivo o realizzando adeguati sistemi di protezione collettiva e individuale. Una particolare attenzione deve essere rivolta ai luoghi di lavoro all’aperto in cui, durante la stagione estiva o durante l’inverno, i lavoratori possono essere esposti a condizioni climatiche estreme. I settori dell’agricoltura e dell’edilizia, caratterizzati dalla maggiore frequenza di infortuni e malattie professionali, sono particolarmente esposti a queste problematiche anche perché in questi settori è maggiormente diffusa la manodopera irregolare.

Benché il d.lgs. 81/08 abbia inserito il microclima nel rischi fisici da valutare ai sensi del Titolo VIII, l’assenza di uno specifico capo non fornisce, alla pari degli altri rischi come rumore, vibrazioni ecc., delle univoche indicazioni su come valutare tale rischio. La valutazione del microclima viene effettuata facendo riferimento alla normativa tecnica internazionale e nazionale basata su principi indiscussi da oltre quarant’anni. La Direzione regionale Inail Campania, avvalendosi degli esperti del settore Certificazione, Verifica e Ricerca, ha voluto realizzare questo opuscolo per fornire ai datori di lavoro, ai responsabili dei servizi di prevenzione e protezione e a tutti coloro che si occupano di prevenzione nei luoghi di lavoro, un momento di sintesi sulle attuali conoscenze e permettere loro di valutare nel migliore dei modi i rischi legati alle condizioni microclimatiche del luogo di lavoro e di realizzare le migliori azioni correttive.

__________

Contenuti:

Capitolo 1 - Inquadramento normativo
1.1 Gli agenti fisici
1.2 La valutazione del rischio da agenti fisici
1.3 Il microclima nel titolo VIII del d.lgs. 81 del 9 aprile 2008 e s.m.i.
1.4 Il microclima nell’allegato IV del d.lgs. 81 del 9 aprile 2008 e s.m.i.
Capitolo 2 - Ambienti con rischio termico e ambienti con discomfort termico
2.1 Il microclima
2.2 Ambienti moderabili ed ambienti vincolati
Capitolo 3 - Ambienti ad obiettivo comfort (moderabili)
3.1. Metodo PMV (Predicted Mean Vote)
3.1.1 I principi del metodo
3.1.2 Parametri necessari per il metodo 
3.1.3 Applicabilità del metodo PMV
3.1.4 Indici di comfort locale
3.1.5 Limiti di accettabilità
3.1.6 Proposta di metodo per la classificazione termica degli ambienti
3.1.7 Comfort a lungo termine
3.1.8 Sintesi e sequenza operativa
3.2 Misure dei parametri fisici
3.2.1 Quantità oggetto della misura
3.2.2 Colloca
3.2.3 Collocazione temporale delle misure
3.2.4 Durata delle misure e intervallo fra due misure successive
3.3 Stima dei parametri soggettivi
3.3.1 Metabolismo
3.3.2 Isolamento termico dell’abbigliamento
3.4 Indici di comfort per ambienti moderabili ma non moderati
3.4.1 Heat Index
3.4.2 Humidex
3.5 Controllo del microclima ai fini del raggiungimento del comfort
3.5.1 Temperatura dell’aria
3.5.2 Umidità relativa
3.5.3 Velocità dell’aria
3.5.4 Temperatura radiante
Capitolo 4 - Ambienti vincolati caldi
4.1 Metodo PHS (Predicted Heat Strain)
4.1.1 I principi del metodo
4.1.2 Parametri necessari per il metodo
4.1.3 Applicabilità del metodo
4.1.4 Descrittori di rischio
4.1.5 Limiti di accettabilità
4.1.6 Tempi massimi di esposizione
4.1.7 Pause ed esposizioni multifase
4.1.8 Sintesi e sequenza operativa
4.2 Misure dei parametri fisici
4.2.1 Quantità oggetto della misura
4.2.2 Collocazione spaziale e numero delle postazioni di misura
4.2.3 Collocazione temporale delle misure
4.3 Stima dei parametri soggettivi
4.3.1 Metabolismo
4.3.2 Isolamento termico dell’abbigliamento
4.4 Controllo del microclima in ambienti termici caldi
Capitolo 5 - Ambienti vincolati freddi
5.1 Metodo IREQ (Insulation REQired)
5.1.1 I principi del metodo
5.1.2 Parametri necessari per il metodo IREQ
5.1.3 Applicabilità del metodo IREQ
5.1.4 Descrittori di rischio
5.1.5 Limiti di accettabilità
5.1.6 Tempi massimi di esposizione 
5.1.7 Pause 
5.2 Misure dei parametri fisici 
5.2.1 Numero di misure per postazione 
5.2.2 Collocazione spaziale e numero delle postazioni di misura 
5.2.3 Collocazione temporale delle misure
5.3 Stima dei parametri soggettivi
5.3.1 Metabolismo
5.3.2 Isolamento termico dell’abbigliamento 
5.4 Controllo del microclima in ambienti termici freddi 
Capitolo 6 - Strumenti di misura 
6.1 Temperatura dell’aria (ta) 
6.2 Pressione del vapore acqueo – Umidità relativa (pH2O - U.R.) 
6.3 Temperatura media radiante (tr) e di globo nero (tg) 
6.4 Velocità dell’aria (va) 
6.5 Temperatura del pavimento (tf) 
6.6 Temperatura piana radiante (tpr) 
6.7 Taratura degli strumenti di misura 
Capitolo 7 - Bibliografia 
7.1 Riferimenti normativi 
7.2 Riferimenti scientifici 
7.3 Immagini

Fonte: INAIL

Collegati:

Decreto 1° giugno 2018

ID 6498 | | Visite: 2873 | Legislazione Sicurezza

Decreto 1° giugno 2018 

Aggiornamento dell’elenco delle attrazioni dello spettacolo viaggiante

Art. 1.
L’elenco delle attività spettacolari, dei trattenimenti e delle attrazioni di cui all’art. 4 della legge 18 marzo 1968 n. 337 è integrato con l’inserimento della sottoelencata nuova attrazione:

SEZIONE I

Grandi attrazioni

Simulatore di surf acquatico

Bacino di acqua avente fondo mobile per simulare l’onda. Il simulatore opera con pompe idrauliche che generano flusso di acqua costante di c.a. cm. 7 di spessore sopra una superficie inclinata in tessuto PVC. L’utente scivola sull’onda tramite una tavola da surf. L’attrazione è smontabile, amovibile, trasportabile e priva di ancoraggi al suolo.

G.U. del 05/07/2018, n. 154

Circolare Inail n. 29 dell'11 luglio 2018

ID 6497 | | Visite: 3597 | News Sicurezza

Circolare Inail n. 29 dell'11 luglio 2018

Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza: comunicazione a cura delle Amministrazioni statali assicurate con la speciale forma della gestione per conto dello Stato.

[...] Si comunica che, a decorrere dal 12 luglio 2018, anche le Amministrazioni statali assicurate con la speciale forma della gestione per conto dello Stato, hanno l’obbligo di comunicare i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza tramite l’accesso al servizio telematico “Dichiarazione RLS” che diverrà, pertanto, l’unica modalità possibile per effettuare le comunicazioni in argomento.

Sono ricompresi in tale obbligo, sulla base del parere emesso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in data 27 giugno 2017, anche le Amministrazioni e gli Istituti contemplati ai commi 2 e 3 bis dell’art. 3 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Dall’invio telematico tramite la procedura on line “Dichiarazione RLS” sono escluse le Ambasciate e i Consolati italiani che operano all’estero per i quali la comunicazione va effettuata tramite Pec alla Direzione territoriale dell’Inail di Roma centro al seguente indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. , utilizzando lo specifico “modello” (Mod. RLS PA-estero) scaricabile dal portale dell’Istituto.

Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (Miur) procederà a inoltrare la comunicazione in argomento secondo le indicazioni fornite nel paragrafo “Istruzioni Operative”. 

______

Fonte: INAIL

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Decreto 4 Marzo 2009

ID 6490 | | Visite: 4870 | Decreti Sicurezza lavoro

Istituzione Registro Medici Competenti

Decreto 4 Marzo 2009

Istituzione dell'elenco nazionale dei medici competenti in materia di tutela e sicurezza sui luoghi di lavoro

(GU n. 146 del 26-.06.2009)
__________

Modificato da:
Decreto 26 novembre 2015
__________

Art. 1.
1. L’elenco dei medici competenti di cui all’art. 38, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 è tenuto presso l’Ufficio II della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, che ne cura anche l’aggiornamento.
2. Nell’elenco di cui al comma 1 sono iscritti tutti imedici che svolgono l’attività di medico competente in possesso dei titoli e dei requisiti previsti dall’art. 38, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Art. 2.
1. I sanitari che svolgono l’attività di medico competente, sono tenuti a comunicare, mediante autocertificazione, all’Ufficio indicato all’art. 1 comma 1, il possesso dei titoli e requisiti abilitanti per lo svolgimento di tale attività, previsti dall’art. 38 del sopra richiamato decreto legislativo; sono altresì tenuti a comunicare, con le stesse modalità, eventuali successive variazioni comportanti la perdita di requisiti precedentemente autocertifi cati e la cessazione dello svolgimento dell’attività.
2. Il conseguimento dei crediti formativi del programma triennale di educazione continua in medicina, ovvero il completo recupero dei crediti mancanti entro l’anno successivo alla scadenza del medesimo programma triennale di educazione continua in medicina, previsto dall’art. 38, comma 3, del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, quale requisito necessario per poter svolgere le funzioni di medico competente, comporta, per l’interessato, l’obbligo della comunicazione del possesso del necessario requisito formativo mediante l’invio all’Ufficio indicato all’art. 1, comma 1, della certifi cazione dell’Ordine di appartenenza o di apposita autocertificazione.

Art. 3.
1. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali effettua con cadenza annuale verifi che, anche a campione, dei requisiti e dei titoli autocertificati.
2. L’esito negativo della verifi ca di cui al comma 1, comporta la cancellazione d’uffi cio dall’elenco di cui all’art. 1.

Art. 4.
1. L’elenco dei medici competenti è consultabile attraverso il portale del Ministero del lavoro della salute e delle politiche sociali.
2. L’iscrizione all’elenco non costituisce di per sé titolo abilitante all’esercizio dell’attività di medico competente.

Art. 5.
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Il presente decreto è inviato ai competenti organi di controllo per la registrazione.

Roma, 4 marzo 2009

Collegati
[box-note]Decreto 26 novembre 2015
Registro Nazionale Medici competenti Sicurezza lavoro
Designazione Medico Competente: proposta modifica Art. 39 TUS[
Vademecum medico competente/box-note]

Zoonosi trasmesse da zecche

ID 6487 | | Visite: 4437 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Zoonosi trasmesse da zecche

Zoonosi trasmesse da zecche

Il manuale ha lo scopo di fare chiarezza sui rischi reali a cui l’uomo, e in particolare il lavoratore che opera in ambienti outdoor, può andare incontro qualora venga punto da una zecca.

Inoltre, l’analisi accurata che viene fatta dei microrganismi patogeni che possono essere veicolati dalle zecche contribuisce alla comprensione del perché è necessario adottare comportamenti e procedure specifici, atti ad evitare l’interazione con tali patogeni. Pertanto, il manuale intende tradurre l’attività di studio e di ricerca espletata nel settore dal dipartimento in strumenti operativi per la gestione del rischio biologico, fruibili da tutti coloro che prestano il proprio lavoro all’aperto.

I mutamenti climatici, l’alterazione e la trasformazione degli ecosistemi naturali, la maggiore suscettibilità alle infezioni da parte dell’uomo, dovuti ai cambiamenti nelle abitudini di vita, di lavoro e di relazione, hanno favorito negli ultimi anni una maggiore e diversificata diffusione delle zecche su tutto il territorio nazionale con una conseguente circolazione, non sempre controllabile, dei patogeni da esse trasmessi.

Tra le infezioni occupazionali le zoonosi vettore trasmesse, in particolare quelle veicolate da zecche, rappresentano un rischio emergente tra i lavoratori.

La diagnosi e la gestione clinica delle zoonosi richiedono, oltre a un livello elevato di competenza, anche una sinergica collaborazione tra servizi medici e veterinari, in modo da facilitare un adeguato e proficuo scambio di informazioni e garantire un approccio One Health al problema. Il recente sviluppo di metodi diagnostici ha determinato nuovi possibili scenari relativi alla diffusione delle infezioni nelle popolazioni animali e umane e al rapporto tra ospite e vettore.

Questo prodotto editoriale, che rappresenta un aggiornamento e ampliamento di un precedente manuale realizzato con il contributo del Ministero del lavoro e della Previdenza sociale (Fondo Infortuni; d.m. 03/12/2014), nasce dalla necessità di fare chiarezza sui rischi reali a cui l’uomo, e in particolare il lavoratore che opera in ambienti outdoor, può andare incontro qualora venga punto da una zecca. Inoltre l’analisi accurata che viene fatta dei microrganismi patogeni che possono essere veicolati dalle zecche contribuisce alla comprensione del perché è necessario adottare comportamenti e procedure specifici, atti ad evitare l’interazione con tali patogeni.

Pertanto il manuale intende tradurre l’attività di studio e di ricerca espletata nel settore dal dipartimento in strumenti operativi per la gestione del rischio biologico, fruibili da tutti coloro che prestano il proprio lavoro in ambito rurale.

__________

Introduzione
Zoonosi
Le malattie trasmesse da vettori
L’ambiente
Le zecche
Tassonomia, sistematica, evoluzione
Pericolosità delle zecche
Procedure per il controllo della diffusione delle zecche
Misure di prevenzione
Come rimuovere la zecca
Le malattie infettive trasmesse da zecche
Babesiosi
Bartonellosi
Borreliosi di Lyme
Ehrlichiosi - Anaplasmosi
Febbre bottonosa del mediterraneo
Febbre Q
Febbre ricorrente da zecche
Meningoencefalite da zecche (TBE)
Tularemia
L’uomo
Il rischio biologico
Cenni sulla normativa italiana in ambito occupazionale
Il rischio biologico: definizione e quadro normativo
ll rischio biologico nel settore agro-zootecnico e forestale
Bibliografia e sitografia
Riferimenti normativi
Glossario
Approfondimenti

Fonte: INAIL

 

Linee guida ispezioni fabbriche e depositi di fuochi di artificio

ID 6481 | | Visite: 11376 | Documenti Sicurezza Organi Istituzionali

 Linee guida ispezioni fabbriche e depositi di fuochi artificio

Linee guida ispezioni fabbriche e depositi di fuochi di artificio

Linee guida per le commissioni tecniche territoriali in sede di sopralluogo ispettivo presso fabbriche e depositi di fuochi di artificio

Vedi: Check list sicurezza fabbriche e depositi fuochi d'artificio

_______

ATTIVITA’ OPERATIVA

I principali adempimenti operativi per i sopralluoghi presso fabbriche e depositi in questione possono essere così riassunti:

1. verificare attentamente la corrispondenza tra quanto autorizzato nella licenza di P.S. in corso di validità (in merito, ad esempio, al quantitativo massimo di materiale esplodente detenibile o al numero di caselli o depositi autorizzati) e quanto riscontrato nel sito controllato. Al riguardo, sarà utile predisporre, antecedentemente al sopralluogo e tra gli operatori che parteciperanno al controllo, un briefing durante il quale procedere alla visione di tutta la documentazione di interesse (licenze, planimetrie, relazioni tecniche, etc.), acquisita dagli atti del fascicolo dell’attività di cui trattasi. Tale documentazione sarà confrontata con quella da richiedere al titolare della licenza all’inizio del sopralluogo. Dovrà essere verificata la corrispondenza fra la documentazione e l’effettiva situazione dei luoghi. Qualora tale corrispondenza non venga riscontrata è necessario segnalare all’Autorità le omissioni riscontrate per eventuali provvedimenti di sospensione o di revoca dell’attività. Nell’accertamento in parola si terrà conto che ogni modifica e/o variante alla configurazione autorizzata dovrà essere supportata dal preventivo benestare dell’Autorità preposta;

2. riscontrare il rispetto delle eventuali prescrizioni, ex art. 9 T.U.L.P.S., presenti in licenza oppure imposte con verbale a seguito di precedenti sopralluoghi;

RD 18 giugno 1931, n. 773
...
Art. 9. (Art. 8 T. U. 1926).
Oltre le condizioni stabilite dalla legge, chiunque ottenga un'autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l'autorita' di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse.


3. valutare l’opportunità di far precedere, sia pure nella contestualità del controllo, il sopralluogo da parte della locale C.T.T. da un intervento degli artificieri che adotteranno tutte le misure del caso per consentire che l’attività di verifica della suddetta Commissione avvenga in condizione di sicurezza. Ciò allo scopo di individuare subito eventuali gravi situazioni anomale o di pericolo sia per l’attività in atto che per la stessa attività di controllo; tali situazioni andranno subito inibite;

4. valutare l’opportunità di avvalersi, durante il sopralluogo e per le verifiche sul rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (Decreto Legislativo n. 81/2008), dell’organo di vigilanza competente per territorio di cui all’art. 13 del decreto in parola.

RD 18 giugno 1931, n. 773
...
Art. 13. Vigilanza

1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta dalla azienda sanitaria locale competente per territorio e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per il settore minerario, fino all'effettiva attuazione del trasferimento di competenze da adottarsi ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, dal Ministero dello sviluppo economico, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità del presente articolo, nell'ambito delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti.
1-bis. Nei luoghi di lavoro delle Forze armate, delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco la vigilanza sulla applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro è svolta esclusivamente dai servizi sanitari e tecnici istituiti presso le predette amministrazioni.
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente al personale ispettivo del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, ivi compresa quella in materia di salute e sicurezza dei lavoratori di cui all'articolo 35 della legge 26 aprile 1974, n. 191, lo stesso personale esercita l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nelle seguenti attività, nel quadro del coordinamento territoriale di cui all'articolo 7:
a) attività nel settore delle costruzioni edili o di genio civile e più in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura e in cemento armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati; lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti l'impiego di esplosivi;
b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei;
c) ulteriori attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, e della salute, adottato sentito il comitato di cui all'articolo 5 e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in relazione alle quali il personale ispettivo del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali svolge attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, informandone preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell'Azienda sanitaria locale competente per territorio.
3. In attesa del complessivo riordino delle competenze in tema di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, restano ferme le competenze in materia di salute e sicurezza dei lavoratori attribuite alle autorità marittime a bordo delle navi ed in ambito portuale, agli uffici di sanità aerea e marittima, alle autorità portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale nonché ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze di polizia e per i Vigili del fuoco; i predetti servizi sono competenti altresì per le aree riservate o operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che riguarda le modalità di attuazione, con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute. L'Amministrazione della giustizia può avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione con i rispettivi Ministeri, nonché dei servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie.¹
4. La vigilanza di cui al presente articolo è esercitata nel rispetto del coordinamento di cui agli articoli 5 e 7.
5. Il personale delle pubbliche amministrazioni, assegnato agli uffici che svolgono attività di vigilanza, non può prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di consulenza.
6. L'importo delle somme che l'ASL, in qualità di organo di vigilanza, ammette a pagare in sede amministrativa ai sensi dell'articolo 21, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, integra l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.
7. È fatto salvo quanto previsto dall'articolo 64 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, con riferimento agli organi di vigilanza competenti, come individuati dal presente decreto.

Nelle linee guida in argomento vengono considerate le fabbriche di fuochi d’artificio ed i relativi depositi di fabbrica e di vendita. Per deposito di fabbrica si intende quel locale o magazzino, o gruppo di locali, situato entro il recinto della fabbrica, destinato a contenere gli esplosivi fabbricati e destinati alla vendita (Capitolo IV, punto 2, RD 18 giugno 1931, n. 773 T.U.L.P.S.).

Per deposito di vendita si intende quel locale isolato (nel senso di cui al Cap. IV per quanto riguarda le distanze di sicurezza cui deve sottostare a differenza del deposito di esercizio di minuta vendita), o gruppo di locali, che è autorizzato, con licenza della competente Autorità, a contenervi gli esplosivi in quantità dai chilogrammi 200 ed oltre, per l'esercizio della vendita (Capitolo IV, punto 3, RD 18 giugno 1931, n. 773 T.U.L.P.S.); nel caso di artifici per “quantità” si intende la somma delle “masse nette” di ciascun artificio. 

CONTROLLO DOCUMENTALE

Presso lo stabilimento dovrà essere disponibile la seguente documentazione:

- Certificato di prevenzione incendi o Segnalazione Certificata di Inizio Attività o attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio ai sensi del DPR 151/2011;

- Certificazioni e dichiarazioni atte a comprovare che gli elementi costruttivi, i prodotti, i materiali, le attrezzature, i dispositivi, gli impianti ed i componenti d'impianto, rilevanti ai fini della sicurezza in caso d'incendio, sono stati realizzati, installati o posti in opera secondo la regola dell'arte, in conformità alla vigente normativa in materia di sicurezza antincendio.
In particolare, per quanto concerne gli impianti, dovranno essere rese disponibili le dichiarazioni di conformità o documentazione equipollente, rilasciate ai sensi del DM 37/2008 o ai sensi di normative previgenti, relative ai seguenti impianti, qualora presenti:

a) produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione e di utilizzazione dell'energia elettrica;
b) protezione contro le scariche atmosferiche;
c) deposito, trasporto, distribuzione e utilizzazione, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e di ventilazione ed aerazione dei locali, di gas, anche in forma liquida, combustibili o infiammabili o comburenti;
d) deposito, trasporto, distribuzione e utilizzazione, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e di ventilazione ed aerazione dei locali, di solidi e liquidi combustibili o infiammabili o comburenti;
e) riscaldamento, climatizzazione, condizionamento e refrigerazione, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione, e di ventilazione ed aerazione dei locali;
f) estinzione o controllo incendi di tipo automatico e manuale;
g) rivelazione di fumo, calore, gas e incendio e segnalazione allarme.

- Planimetria nella quale siano evidenziate:

a) l'ubicazione delle attività;
b) le condizioni di accessibilità all'area e di viabilità al contorno, gli accessi pedonali e carrabili;
c) l'indicazione dei percorsi di esodo;
d) le attrezzature mobili di estinzione e gli impianti di protezione antincendio, se previsti;
e) l'illuminazione di sicurezza.

- Registro dei controlli nel quale sono annotati i controlli, le verifiche e gli interventi di manutenzione relativi agli impianti, anche di protezione dalle scariche atmosferiche, e l’attività di informazione relativa ai rischi di incendio e di esplosione, alle misure di prevenzione e protezione adottate, alle precauzioni da osservare per evitare l’insorgere di un incendio e sulle procedure da attuare in caso di incendio. (D.Lgs. 9 Aprile 2008, n. 81 e s.m.i.).

- Documentazione inerente il rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e lavoratori nei luoghi di lavoro (documento di valutazione dei rischi, formazione ed informazione dei lavoratori, pianificazione di emergenza, denuncia all’INAIL dei lavori per la valutazione del rischio e del calcolo del premio di assicurazione ai sensi dell’art. 12 del DPR 1124/1965).

DPR 1124/1965
...

Art. 12. I datori di lavoro soggetti alle disposizioni del presente titolo debbono denunciare all'Istituto assicuratore, contestualmente all'inizio dei lavori, la natura dei lavori stessi ed in particolare le lavorazioni specificate nella tabella allegato n. 4 al presente decreto per l'assicurazione contro le malattie professionali, e debbono fornire all'Istituto medesimo tutti gli elementi e le indicazioni che siano da esso richiesti per la valutazione del rischio e la determinazione del premio di assicurazione. Quando per la natura del lavori o per la necessita' del loro inizio non fosse possibile fare detta denuncia contestuale, alla stessa deve provvedere il datore di lavoro entro i cinque giorni successivi all'inizio dei lavori;

I datori di lavoro debbono, altresi', denunciare all'Istituto assicuratore le successive modificazioni di estensione e di natura del rischio gia' coperto dall'assicurazione e la cessazione della lavorazione non oltre l'trentesimo giorno da quello in cui le modificazioni o variazioni suddette si sono verificate. Per le imprese di trasporto la denuncia non e' richiesta quando la modificazione del rischio si verifica durante il viaggio indipendentemente dalla volonta' del datore di lavoro. Il datore di lavoro deve pure provvedere alla denuncia delle variazioni riguardanti l'individuazione del titolare dell'azienda, il domicilio e la residenza di esso, nonche' la sede dell'azienda, entro trenta giorni da quello nel quale le variazioni si sono verificate. In caso di ritardata denuncia della cessazione del lavoro l'obbligo del pagamento del premio di assicurazione, nella misura in precedenza dovuta, si estende fino al decimo giorno successivo a quello della cessazione.

MI Giugno 2016

Collegati

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 29497 | 28 giugno 2018

ID 6470 | | Visite: 4083 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Omessa valutazione dei rischi aggiuntivi conseguenti all'utilizzo di una macchina perforatrice

Penale Sent. Sez. 4 Num. 29497 Anno 2018

Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: TORNESI DANIELA RITA
Data Udienza: 09/03/2018

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza emessa in data 30 giugno 2015 il Tribunale di Modena dichiarava D.S., nella qualità di legale rappresentante della società Storci Perforazioni s.r.l., responsabile del reato ascritto al capo a) della imputazione e, concesse le attenuanti generiche, lo condannava alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi tre di reclusione.
1.1. All'imputato era contestato:
capo a) il reato p. e p. dall'art. 590 1° e 2° comma cod. pen., in relazione all'art. 583 c.p. co 1° n. 1) c.p., per avere cagionato, in qualità di datore di lavoro, al dipendente B.H., lesioni personali (frattura scomposta condilo femorale interno e frattura tibia ginocchio destro con durata della malattia superiore a 40 giorni) per colpa consistita in imprudenza, imperizia, negligenza, e nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in particolare, degli artt. 17, comma 1, lett. A) e 96, comma 1, d.lgs. n. 81/08 che impongono al datore di lavoro la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento, previsto dall'art. 28 e la conseguente adozione delle misure precauzionali.
In particolare, D.S., legale rappresentante di Storci Perforazioni s.r.l., operando all'interno di un cantiere sito in via Peschiera n. 55, su incarico del committente T.G., per eseguire lavori di consolidamento di un muro mediante posa di nn. 90 micropali lungo un tratto di circa 30 metri, a distanza di circa 33 cm. l'uno dall'altro, ometteva di valutare, a tutela della salute ed integrità fisica degli operai, i rischi aggiuntivi conseguenti all'utilizzo di una macchina perforatrice con la testa posta in prossimità di un muro, nonché i rischi conseguenti all'utilizzo della macchina perforatrice durante le operazioni di montaggio e smontaggio delle camice in ferro utilizzate per la posa dei micropali, omettendo pertanto di adottare misure precauzionali utili ad evitare il pericolo di schiacciamento per i lavoratori. Pertanto, in conseguenza della mancata previsione di una corretta procedura di intervento da parte del datore di lavoro, il dipendente B.H., addetto alle operazioni di recupero delle camicie di ferro, dove veniva introdotto il cemento destinato a formare il micropalo, per effetto della rotazione della macchina perforatrice manovrata dal collega D.V., rimaneva schiacciato tra la morsa della macchina ed il muro oggetto dell'intervento di consolidamento, subendo, a causa dello schiacciamento degli arti inferiori, gli esiti lesivi descritti.
In Sassuolo, 24.03.2010.
1.2. La società Storci Perforazioni s.r.l. in persona del legale rappresentante veniva assolta dall'illecito amministrativo di cui agli artt. 5, 6 e 25 septies del d.lgs. n. 231/2011 (capo B) in relazione al reato imputato a D.S. al capo A) per mancanza del requisito dell'interesse o del vantaggio di cui all'art. 5 del medesimo d.lgs.
2. La Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza impugnata, concedeva a D.S. le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante e rideterminava la pena inflitta in mesi due di reclusione, che sostituiva nella corrispondente pena pecuniaria di euro 15.000 di multa, con conseguente revoca della sospensione condizionale. Confermava la pronuncia nel resto.
3. Dalla ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito risulta che il dipendente D.M. aveva proceduto ad attivare la macchina perforatrice posizionata in prossimità del muro ritenendo erroneamente che il B.H. non fosse presente nella area operativa. L'errore in cui era incorso il predetto dipendente era attribuibile alla mancanza di visibilità - impedita dal braccio del macchinario - tra il luogo ove si trovava il D.M., accanto al pulsante dei comandi, e la postazione lavorativa della persona offesa, addetta alle operazioni di recupero delle camicie di ferro dove veniva introdotto il cemento destinato a formare il micropalo. Veniva accertato che la macchina operava in una zona ristretta e che quindi il suo azionamento comportava un concreto pericolo di schiacciamento, non adeguatamente considerato e effettivamente verificatosi.
4. D.S. propone ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la predetta sentenza elevando i seguenti motivi.
4.1. Con il primo motivo deduce il vizio motivazionale in relazione agli addebiti inerenti alla asserita inadeguatezza del piano di valutazione dei rischi nonostante le emergenze probatorie comprovassero l'adozione di una collaudata procedura informativa-formativa impartita ai dipendenti della Storci Perforazioni nei singoli cantieri.
Sottolinea, in particolare, a comprova di ciò, il travisamento di una prova decisiva, costituita dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa alla USL il 29 marzo 2010.
4.2. Con il secondo motivo deduce il vizio motivazionale per un ulteriore travisamento della prova in quanto il giudice di secondo grado avrebbe omesso di considerare un'altra prova decisiva ed attendibile, sempre nell'ambito della delicatissima tematica della corretta formazione e informazione dei lavoratori della Storci Perforazioni da parte dell'imputato. Si tratta, in particolare, della documentazione firmata dalla stessa p.o. B.H. in data 30 marzo 2009 nella quale quest'ultimo dichiarava di aver ricevuto tutto il materiale informativo di cui agli artt. 36 e 26 del d.lgs. n. 81/2008, nonché i dispositivi di protezione individuale necessari per l’attività in cantiere.
4.3. Con il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 590 cod. pen. e 28, comma 2 lett. a), b) e d) del d.lgs. n. 81/08 - in relazione all'idoneità esimente della prassi aziendale non codificata, in aggiunta ad un piano di valutazione dei rischi formalmente redatto.
4.4. Conclude chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. Il ricorso va rigettato in quanto la sentenza impugnata risulta ampiamente e logicamente motivata e fa corretta applicazione dei principi di diritto applicabili in subiecta materia.
2. I motivi proposti che vengono esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono infondati.
3. Si premette che il datore di lavoro ha l'obbligo di analizzare ed individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e, all'esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del d.lgs. n. 81 del 2008, all'interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016, Rv. 267253). Lo strumento della adeguata valutazione dei rischi è un documento che il datore di lavoro deve elaborare con il massimo grado di specificità, restandone garante. L'essenzialità di tale documento deriva con evidenza dal fatto che, senza la piena consapevolezza di tutti i rischi per la sicurezza, non è possibile una adeguata politica antinfortunistica (Sez. 4, n. 43786 del 13/12/2010). E ciò perché in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il rapporto di causalità tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo deve essere accertato in concreto, rapportando gli effetti dell'omissione all'evento che si è concretamente verificato (Sez. 4, n. 8622 del 03/03/2010).
Di tale consolidato e chiaro principio la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione, valutando inidoneo ad assolvere a tali oneri il piano di valutazione dei rischi esistente che prevedeva soltanto generici ed imprecisati pericoli di «impatti, urti e compressioni» e, quanto alle operazioni di apposizione dei micropali, disponeva genericamente che ci si doveva «tenere a distanza dei mezzi operativi».
Tali indicazioni sono state ritenute incongrue allo scopo in quanto applicabili ad ogni tipo di lavorazione con macchine operatrici e rispondenti a meri criteri di generico buon senso, mentre è stata rilevata, al contempo, l'assenza di un efficace piano operativo di coordinamento tra l'operatore addetto ad azionare la macchina operatrice e il lavoratore addetto ai micropali nei casi, come quello in esame, in cui la macchina perforatrice era posizionata in uno spazio ristretto (nel caso di specie in prossimità del muro), e, dunque, foriera di rischi di schiacciamento.
Ed ancora, è stato giustamente osservato che l'obbligo giuridico della previsione di una adeguata valutazione dei rischi è un atto formale che richiede data certa e contenuti specifici e che non ammette equipollenti.
[...]
4. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 09 marzo 2018

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Allegato riservato Cassazione Penale, Sez. 4, 28 giugno 2018, n. 29497.pdf
 
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Decreto MPLS 18 aprile 2018 | Domanda di pensione lavori usuranti

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Decreto MPLS 18 aprile 2018 Domanda di pensione lavori usuranti

Decreto MPLS 18 aprile 2018 | Domanda di pensione lavori usuranti

Lavorazioni gravose o usuranti: presentazione della domanda di pensione per accedere al beneficio della non applicazione dell'incremento della speranza di vita

Il Decreto ministeriale del 18 aprile 2018, emanato ai sensi dell'art. 1, comma 153, della Legge di Bilancio 2018, si occupa sia di definire le procedure di presentazione della domanda di pensione, al fine di ottenere, per coloro che svolgono lavorazioni gravose o usuranti, l'esenzione dall'adeguamento alla speranza di vita, stabilito a decorrere dall'anno 2019, sia di definire le modalità di verifica della sussistenza dei requisiti da parte dell'ente previdenziale (INPS).

Tale provvedimento segue il precedente Decreto ministeriale 5 febbraio 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2018, che fornisce la specificazione delle professioni gravose, già inserite nell'allegato B della Legge di Bilancio 2018.

Come prescritto dal d.m., la domanda di pensione deve essere presentata all'INPS, in modalità esclusivamente telematica, attraverso apposito modello predisposto dall'Istituto, unitamente alla dichiarazione del datore di lavoro attestante i periodi di svolgimento delle professioni resi alle proprie dipendenze, il contratto collettivo applicato, il livello di inquadramento attribuito, le mansioni svolte, nonché il relativo codice professionale ISTAT ove previsto.

Il diritto al beneficio è comprovato attraverso la verifica, anche d'ufficio, delle comunicazioni obbligatorie del rapporto di lavoro ai sensi dell'art. 1, comma 1180, della Legge 296/2006. In mancanza della comunicazione obbligatoria, il diritto può essere provato anche per mezzo della dichiarazione del datore di lavoro.

...

Articolo 1 Oggetto e finalità

1. Il presente decreto, in attuazione dell’articolo 1, comma 153, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, definisce le procedure di presentazione della domanda di pensione, ai fini dell’applicazione del beneficio di cui all’articolo 1, commi 147 e 148, della predetta legge e della verifica della sussistenza dei requisiti da parte dell’ente previdenziale.

Articolo 2 Presentazione delle domande

1. Possono presentare domanda di pensione, in applicazione del beneficio di cui all’articolo 1, comma 147, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, tutti i lavoratori che si trovino nelle condizioni di cui all’articolo 1, comma 148, della predetta legge.
2. Le domande di cui al comma 1 sono presentate, in modalità esclusivamente telematica, all’Istituto Nazionale Previdenza Sociale – INPS, secondo il modello predisposto dall’Istituto e approvato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
3. La domanda è corredata dalla dichiarazione del datore di lavoro, resa su modulo predisposto dall’INPS e che costituisce parte integrante del modello di cui al comma 2, attestante i periodi di svolgimento delle professioni di cui all’allegato B del decreto ministeriale di cui all’articolo 1, comma 153, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 resi alle proprie dipendenze, il contratto collettivo applicato, il livello di inquadramento attribuito, le mansioni svolte, nonché il relativo codice professionale ISTAT ove previsto.
4. Le domande presentate con modalità diverse da quelle di cui al comma 2 sono irricevibili. [...segue in allegato]

Fonte: MPLS

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Testo Unico Sicurezza D. Lgs. 81/2008 - 07.2018

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dlgs 81 08 INL luglio 2018

Testo Unico Sicurezza D.Lgs. 81/2008 - 07.2018

Decreto legislativo 81/2008 in materia salute e sicurezza nei luoghi di lavoro - Ed. 07.2018 (02 Luglio 2018)

Disponibile il testo coordinato MLPS nell'edizione Luglio 2018  Download TUS Ed. 07.2018

...

Novità in questa versione:

- Rivalutate, a decorrere dal 1° luglio 2018, nella misura dell’1,9%, le ammende previste con riferimento alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 nonché da atti aventi forza di legge (Decreto direttoriale dell’INL n. 12 del 6 giugno 2018 (avviso nella G.U. n. 140 del 19/06/2018), attuativo dell’art. 306, comma 4-bis, del D.Lgs. n. 81/2008, e s.m.i.);
- Inserito il Decreto Direttoriale INL n. 12 del 6 giugno 2018 - Rivalutazione sanzioni concernenti violazioni in materia di salute e sicurezza;
- Inserita la Legge 26 aprile 1974 n. 191, in materia di “Prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestiti dall’Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato”, pubblicata sulla GU n.134 del 24/05/1974, coordinata con con il decreto Presidente Repubblica 1° giugno 1979, n. 469 “Regolamento di attuazione della legge 26 aprile 1974, n. 191, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestiti dall'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato” (G.U. 26 settembre 1979, n. 264);
- Inserita la circolare n. 10 del 28/05/2018 - Rinnovo delle autorizzazioni alla costruzione e all’impiego di ponteggi, ai sensi dell’art. 131, comma 5, del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni;
- Inseriti gli interpelli n. 3 del 16/05/2018, n. 4 e n. 5 del 25/06/2018;
- Sostituito il Decreto Direttoriale n. 12 del 14 febbraio 2018 con il Decreto Direttoriale n. 51 del 22 maggio 2018 - Diciottesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11 (LINK ESTERNO all’Allegato).

MLPS - 02 Luglio 2018

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