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D.Lgs. 4 agosto 1999 n. 345

ID 6234 | | Visite: 13669 | Decreti Sicurezza lavoro

Protezione giovani sul lavoro

D.Lgs. 4 agosto 1999 n. 345

Attuazione della direttiva 94/33/CE relativa alla protezione dei giovani sul lavoro.

GU n.237 del 8-10-1999

Entrata in vigore del decreto: 23/10/1999
_______

Testo aggiornato a Maggio 2018, modifiche: 

25/09/2000
DECRETO LEGISLATIVO 18 agosto 2000, n. 262 (in G.U. 25/09/2000, n.224) ha disposto (con l'art. 4, comma 1) la modifica dell'art. 16

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Circolare MLPS n. 29 del 27 agosto 2010

ID 6229 | | Visite: 6837 | Circolari Sicurezza lavoro

Circolare MLPS n  29 del 27 agosto 2010

Circolare MLPS n. 29 del 27 agosto 2010

Circolare n. 29 del 27 agosto 2010, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, risposte in merito a quesiti concernenti le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota (Capo II, Titolo IV, d.lgs. n. 81/2008 e s.m.i.).

....

Quesito 1

In riferimento all’articolo 131, comma 5 del D.lgs. n. 81/2008 e s.m.i. cosa si intende per “L’autorizzazione è soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verificare l’adeguatezza del ponteggio all’evoluzione del progresso tecnico”?

Quesito 2

Ogni volta che vengono acquistati elementi di ponteggio deve essere allegato all’acquisto il libretto di autorizzazione ministeriale?

Quesito 3

È possibile l’impiego di ponteggi di cui all’articolo 131 del D.lgs. 81/2008 e s.m.i., previo specifico progetto eseguito ai sensi dell’articolo 133 del citato decreto, come protezione collettiva per i lavoratori che svolgono la loro attività sulle coperture e quindi in posizione diversa dall’ultimo impalcato del ponteggio?

Quesito 4

In presenza di un apparecchio di sollevamento materiali montato su un ponteggio è necessario il raddoppio dei montanti?

Quesito 5

È possibile su un ponteggio autorizzato ai sensi dell’articolo 131, del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., sostituire i fermapiedi prefabbricati con altri fermapiedi prefabbricati, regolarmente autorizzati, ma appartenenti ad altra autorizzazione ministeriale?

Quesito 6

Gli elementi di ripartizione dei carichi dei montanti al di sotto delle piastre di base metalliche delle basette di un ponteggio debbono obbligatoriamente essere costituiti da tavole in legno?

Quesito 7

L’elemento in plastica impiegato per rivestire i giunti dei ponteggi a tubi e giunti può costituire una delle soluzioni per adempiere a quanto previsto dal punto 1.5, dell’allegato XVIII, del D.L.gs. n. 81/2008 e s.m.i per ciò che attiene le sporgenze pericolose dei luoghi di passaggio? Inoltre, detto elemento in plastica, è soggetto ad autorizzazione/omologazione obbligatoria rilasciata da soggetto pubblico?

Quesito 8

È possibile eliminare l’elemento contro lo sganciamento dei montanti (spina a verme) se, in accordo alla normativa europea, il tubo interno (spinotto) di collegamento tra i montanti è di almeno 150 mm?

Quesito 9

Con riferimento ai ponteggi a montanti e traversi prefabbricati è consentito l’impiego di tubi in acciaio di diametro e spessore nominali, rispettivamente pari a 48.3 mm e 2.9 mm?

Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

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Responsabilità sociale di imprese e organizzazioni

ID 6225 | | Visite: 3099 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Responsabilit  sociale imprese organizzazioni

Responsabilità sociale di imprese e organizzazioni

Fact sheet Inail - 2018

In questo factsheet, la responsabilità sociale delle imprese (RSI) viene indagata a livello nazionale e internazionale riportando le principali normative e i documenti di programmazione comunitaria e nazionale che definiscono e promuovono la RSI come strategia di investimento per aziende e organizzazioni socialmente responsabili.

Esse sono viste come molla propulsiva per lo sviluppo del sistema di welfare nel paese, particolarmente nell’attuale momento di crisi economica generalizzata. A tal fine, si indicano anche alcuni standard e linee guida internazionali per la realizzazione di RSI e si descrive un esempio di buona pratica, realizzato con azioni concrete dal gruppo ATM di Milano.

Fonte: INAIL

Decreto Ministeriale n. 61 del 23/05/2018

ID 6220 | | Visite: 5688 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto Ministeriale n  61 2018

Decreto attuativo Valutazione dei rischi OIRA | Settore Uffici

Decreto Ministeriale n.61 del 23/05/2018

Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

Adozione del decreto che recepisce, in attuazione dell’articolo 29, comma 6–quater, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, lo strumento di supporto, rivolto alle micro, piccole e medie imprese, per la valutazione dei rischi sviluppato secondo il prototipo europeo OIRA, dedicato al settore “Uffici”.

Articolo 1

1. In attuazione dell’articolo 29, comma 6-quater, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, al fine di mettere a disposizione dei datori di lavoro delle microimprese, delle piccole e delle medie imprese uno strumento di supporto per la valutazione dei rischi è adottato lo strumento (tool) sviluppato secondo il prototipo europeo OIRA, dedicato al settore “Uffici”.

2. Lo strumento di supporto adottato con il presente decreto si applica alle attività di ufficio dei settori privati e pubblici in cui siano presenti lavoratori rispondenti alla definizione di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, con le limitazioni previste nell’articolo 3 del medesimo decreto legislativo.

3. L’applicativo sarà reso disponibile gratuitamente attraverso il sito internet istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell’INAIL.

Articolo 2

1. All’aggiornamento dello strumento adottato con il presente decreto provvede un apposito gruppo di lavoro tecnico, da costituirsi con decreto del Direttore generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, composto da rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’INAIL e delle altre amministrazioni pubbliche interessate, delle regioni e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.

2. Il gruppo di lavoro tecnico ha sede operativa presso l’INAIL, che garantisce i relativi servizi di segreteria.

3. Gli aggiornamenti di cui al comma 1 sono adottati previo parere della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
...

Articolo 29, comma 6–quater, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81

Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi previo parere della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, sono individuati strumenti di supporto per la valutazione dei rischi di cui agli articoli 17 e 28 e al presente articolo, tra i quali gli strumenti informatizzati secondo il prototipo europeo OIRA (Online Interactive Risk Assessment)

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Circolare 3706/C del 23 maggio 2018 | Autoriparazione

ID 6203 | | Visite: 5093 | News Sicurezza

Attivit  autoriparazione circolare mise 3706 2018

Attività di autoriparazione (L.224/2012)

Circolare MISE n. 3706/C del 23 maggio 2018

Roma, 23 maggio 2018, prot. 176995

Oggetto: Legge 27 dicembre 2017, n. 205 – modifiche normative in materia di attività di autoriparazione (L.224/2012)

Si fa seguito alla circolare n.3703/C del 9 gennaio 2018 (prot. Mi.S.E. n.13757) con la quale erano stati fornite prime indicazioni in ordine alla corretta applicazione delle normativa in oggetto.

Tenuto conto che nel frattempo si sono succedute richieste di chiarimenti e delucidazioni in ordine alla corretta applicazione della normativa in esame si è ritenuto di dover approfondire la materia in oggetto allo scopo di fornire elementi utili ai fini di una più chiara comprensione delle disposizioni ivi contenute.

Entrando nel dettaglio del dispositivo si ritiene innanzitutto utile ricordare che con l’art. 1, comma 1132, punto d) della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020) sono state apportate delle modifiche alla L. 11 dicembre 2012, n.224, che qui di seguito si riportano integralmente:

“…. alla legge 11 dicembre 2012, n. 224, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) all'articolo 2, sono aggiunti, infine, i seguenti commi:
« 1-bis. Entro il 1° luglio 2018, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano attivano i corsi regionali di cui all'articolo 7, comma 2, lettera b), della legge 5 febbraio 1992, n. 122, per le attività di cui all'articolo 1, comma 3, della medesima legge, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge, previa definizione di livelli minimi comuni, mediante accordo stipulato in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative, in conformità ai principi stabiliti dalla legge 21 dicembre 1978, n. 845.

1-ter. Per le imprese di autoriparazione, già iscritte nel registro delle imprese o nell'albo delle imprese artigiane e abilitate per una o più attività di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 122, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, la frequentazione, con esito positivo, dei corsi regionali teorico-pratici di qualificazione di cui al comma 1-bis del presente articolo consente l'immediata abilitazione del responsabile tecnico relativamente all'abilitazione non posseduta. A tali imprese non si applica l'articolo 7, comma 2, lettera b), della legge 5 febbraio 1992, n. 122, nella parte in cui si prevede l'esercizio per almeno un anno dell'attività di autoriparazione, come operaio qualificato, alle dipendenze di imprese operanti nel settore nell'arco degli ultimi cinque anni »;

2) all'articolo 3:
2.1) al comma 2, le parole: « per i cinque anni » sono sostituite dalle seguenti: « per i dieci anni »;
2.2) dopo il comma 2 e' inserito il seguente:
« 2-bis. I termini di cui al comma 2 si applicano altresì ai fini della regolarizzazione delle imprese già iscritte, alla data di entrata in vigore della presente legge, nel registro delle imprese o nell'albo delle imprese artigiane e abilitate per una o più attività di cui all'articolo 1, comma 3, lettere a), b) e c), della legge 5 febbraio 1992, n. 122, come sostituito ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, che intendano conseguire l'abilitazione anche per una o entrambe le altre attivita' di cui al medesimo articolo 1, comma 3».

La ratio dell’intervento normativo risiede nella richiesta da più parti pervenuta al Legislatore nazionale di intervenire sul settore, profondamente modificato dalla novella del 2012, consentendo d’un lato di garantire una sempre più ampia libertà di impresa, permettendo alle imprese operanti in uno dei settori dell’autoriparazione di estendere la propria attività anche agli altri settori, a condizioni semplificate, dall’altro di venire incontro alle esigenze delle imprese e dei soggetti abilitati, di integrare la propria formazione, come richiesto dalla legge 224, godendo di un ulteriore quinquennio.

Tornando alle richieste informative pervenute alla Scrivente si ritiene utile far presente quanto segue:

Responsabile tecnico ultracinquantacinquenne alla data del 4 gennaio 2013

La disposizione normativa di cui alla L. 11 dicembre 2012, n.224, art.3, comma 3 (“Qualora, nell'ipotesi di cui al comma 2, la persona preposta alla gestione tecnica, ai sensi dell'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 dicembre 1999, n. 558, anche se titolare dell'impresa, abbia già compiuto cinquantacinque anni alla data di entrata in vigore della presente legge, essa può proseguire l'attività fino al compimento dell'età prevista, ai sensi della disciplina vigente in materia, per il conseguimento della pensione di vecchiaia”) è applicabile unicamente, come da rimando al comma 2, per le sole “imprese che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono iscritte nel registro delle imprese o nell'albo delle imprese artigiane e sono abilitate alle attività di meccanica e motoristica o a quella di elettrauto, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 122, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge”. [...]

Estensione delle abilitazioni per i soggetti operanti alla data di entrata in vigore della legge 224 del 2012 

[...]

Impossibilità dell’applicazione ultrattiva della Circolare 3659/C (punto 7)

[...]

Ultrattività della Circolare 3659/C (punto 1)

[...]

Applicazione della norma anche in riferimento al settore motociclistico

[...]

Corsi formativi di cui all’art.2, comma 1-bis

Si rappresenta infine – relativamente ai corsi previsti dall’art.2, comma 1-bis - che gli stessi debbano necessariamente rispondere ai requisiti indicati nel dispositivo in parola, cioè che si trattino di “nuovi corsi”, che saranno prossimamente attivati - entro il 1° luglio 2018 - dalle Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano “previa definizione di livelli minimi comuni, mediante accordo stipulato in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative, in conformità ai principi stabiliti dalla legge 21 dicembre 1978, n. 845”.

Fonte: MISE

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 22022 | 18 Maggio 2018

ID 6198 | | Visite: 4160 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Amianto nel cantiere navale di Monfalcone

Penale Sent. Sez. 4 Num. 22022 Anno 2018

Penale Sent. Sez. 4 Num. 22022 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: CAPPELLO GABRIELLA
Data Udienza: 22/02/2018

Ritenuto in fatto

Con sentenza del 20/07/2016, la Corte d'appello di Trieste ha parzialmente riformato quella del Tribunale di Gorizia, appellata, tra gli altri, dagli imputati TUPINI Giorgio, BOCCHINI Enrico, ANTONINI Corrado, LIPPI Manlio, ABBONA Mario, SCHIVI Roberto, ZAPPI Antonio, CASINI Cesare e MASSENTI Italo, con la quale costoro erano stati condannati per più ipotesi di omicidio colposo e lesioni colpose aggravati, rispettivamente ai sensi dell'art. 589 co. 2 e 3 e dell'art. 590 co. 3 e 4 cod. pen., ai danni di 74 soggetti (rispetto alle originarie 87 persone offese), tutti lavoratori dipendenti della società ITALCANTIERI S.p.A., stabilimento di Monfalcone, o delle società appaltatrici, ad eccezione di GIURATO Silvana (soggetto esposto alla inalazione di fibre di amianto da contatto con le tute da lavoro del coniuge BERTOGNA Mario, lavoratore dipendente), dichiarando non doversi procedere nei confronti di alcuni imputati deceduti e degli imputati TUPINI Giorgio, BOCCHINI Enrico, ANTONINI Corrado, LIPPI Manlio, ABBONA Mario e SCHIVI Roberto, limitatamente ad alcuni capi d'imputazione, per essere i reati estinti per prescrizione. Ha rideterminato la pena nei confronti di costoro, concedendo la sospensione condizionale della stessa all'imputato CASINI, ha condannato gli imputati ZAPPI e MASSENTI al pagamento delle spese processuali del grado e, ognuno, alla rifusione delle spese sostenute dalle rispettive parti civili ancora presenti nel processo e, quindi, in favore di BENES Alessio e, unitamente al responsabile civile FINCANTIERI C.N.I. S.p.A., di TOMASIN Maria Pia, JARC Daniela, JARC Massimo, CGILFIOM, ASSOCIAZIONE ESPOSTI all'AMIANTO, PROVINCIA di Gorizia, REGIONE AUTONOMA Friuli-Venezia-Giulia e CODACONS Friuli-Venezia-Giulia, confermando nel resto.

2. Si è contestato agli imputati, in più procedimenti riuniti, di avere cagionato, nelle rispettive qualità, di cui oltre si dirà, la morte di numerosi dipendenti della società titolare o di quelle appaltatrici nel cantiere navale di Monfalcone (con l'unica eccezione di cui sopra si è detto), i quali, in ragione delle mansioni assegnate, avevano contratto - a causa della esposizione all'amianto, attiva (in quanto le mansioni ne comportavano l'uso) o passiva (in quanto il lavoro era svolto in ambienti saturi delle polveri d'amianto per concomitanti lavorazioni) l'asbestosi (indicata come causa della morte delle pp.00. PESCATORE Aldo, FURLAN Carlo e SOPPI Albino), varie neoplasie dei polmoni o della pleura, talora accompagnate anche da asbestosi (BULLIAN, GASSER, BALANZIN, SARRA, KOBAL, MARTINELLI, BELCI, FERLETIC, BALZAN, LEGHISSA, DOTTO, SAVIGNANO, PERIZ, TUTA, HERMAN, GREGORI, DE ROSSI, BOSMA e DOVOLI) e il mesotelioma (causa della morte di altre 52 persone).
Gli addebiti sono stati mossi per colpa generica, consistente in negligenza, imprudenza e imperizia e specifica, in violazione delle norme poste a tutela della salute dei lavoratori, attribuiti sia in forma commissiva che omissiva e segnatamente per avere:
omesso di adottare tutte le misure di sicurezza generiche e specifiche e i provvedimenti, organizzativi e procedurali, necessari per contenere l'esposizione all'amianto (come impianti di aspirazione, limitazione dei tempi di esposizione, procedure lavorative idonee ad evitare la manipolazione, lo sviluppo e la diffusione dell'amianto, la separazione di lavorazioni di maestranze diverse, evitando l'aerodispersione di fibre); omesso di curare la fornitura di mezzi personali di protezione, assicurandosi del loro effettivo impiego; omesso di formare ed informare i lavoratori circa i rischi specifici derivanti dall'esposizione all'amianto e le misure per ovviare a tali rischi; omesso di provvedere alla sostituzione dell'amianto con materiali alternativi; disatteso o realizzato con ingiustificato ritardo le norme precauzionali e di organizzazione del lavoro nelle lavorazioni esposte a rischio amianto; ordinato l'acquisto di ingenti quantità di amianto destinato ad essere impiegato nelle lavorazioni nei vari cantieri, senza ricercare materiali alternativi, destinati agli stabilimenti e alle officine, oltre che all'allestimento navale.

3. Quanto alla vicenda processuale (originata da ben 11 processi poi riuniti), deve premettersi che gli appellanti avevano censurato la sentenza di condanna del Tribunale di Gorizia, addivenuto alla decisione dopo una imponente istruttoria che aveva visto l'escussione di ben 273 testimoni, l'esame dei CC.TT . del P.M. e delle difese, l'acquisizione delle loro relazioni, di verbali di s.i.t., sia su accordo delle parti, che in virtù del meccanismo processuale di cui all'art. 512 cod. proc. pen., e di una significativa mole di documenti aziendali, sviluppando le argomentazioni difensive attorno ad alcuni punti fondamentali relativi al nesso causale, anche sotto il profilo della esistenza di una legge scientifica di copertura, alla colpa e alla posizione di garanzia degli imputati.

In conclusione, il Tribunale aveva fatto affidamento sulla teoria scientifica, veicolata nel processo attraverso l'acquisizione delle relazioni di consulenza tecnica disposte nei procedimenti riuniti, secondo cui è rilevante ogni dose assunta durante l'esposizione, almeno fino alla conclusione del periodo che precede la rilevanza clinica della malattia (che ha stimato in dieci anni) e significativa ogni condotta che, riducendo o eliminando l'esposizione, possa impedire o rallentare il processo di cancerogenesi, procedendo alla valutazione del contesto lavorativo e al vaglio della causalità individuale,.sulla scorta di una verifica, condotta caso per caso e in maniera analitica, della esistenza di una correlazione tra l'esposizione all'amianto e la malattia (mortale per 84 delle 87 persone offese), distinguendo tra il profilo oggettivo della inosservanza delle norme cautelari e quello soggettivo della rimproverabilità dell'agente (per prevedibilità e prevenibilità dell'evento).
Quanto alle posizioni di garanzia, il Tribunale aveva considerato la successione delle società nella gestione del cantiere navale nel periodo compreso tra il 1960 e il 1985 e i ruoli svolti dai singoli imputati nell'organizzazione aziendale complessa, spesso avvalsasi di ditte esterne per singole tipologie di lavorazioni. [...]

Considerato in diritto

1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti degli imputati BOCCHINI Enrico e LIPPI Manlio perché i reati agli stessi rispettivamente ascritti sono estinti per morte degli imputati, intervenuta rispettivamente in data 27/07/2017 e 29/01/2017, come da certificazione in atti, con conseguente revoca delle statuizioni civili nei loro confronti. La morte dell'imputato, intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione, impone infatti tale statuizione, risultando esaurito il sottostante rapporto processuale ed essendo preclusa ogni eventuale pronuncia di proscioglimento nel merito ai sensi dell'art. 129, comma secondo, cod. proc. pen. (cfr. sez. 3 n. 23906 del 12/05/2016, Rv. 267384; sez. 1 n. 24507 del 09/06/2010, Rv. 247790).

2. Prima di procedere alla verifica circa la perenzione dei termini di prescrizione con riferimento ad alcuni dei reati contestati, vanno esaminate le doglianze con le quali talune difese hanno contestato la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 589 co. 2 cod. pen., per le ovvie ricadute dell'argomento sulla individuazione di detti termini.

2.1. La Corte triestina ha disatteso la relativa eccezione difensiva alla luce della giurisprudenza di legittimità, che mai avrebbe dubitato della riferibilità della aggravante di cui all'art. 589 co. 2 cod. pen. anche alla ipotesi delle malattie professionali, contratte cioè a causa della inosservanza di norme poste a presidio della sicurezza e della salute sul lavoro.

2.2. Il primo motivo dell'atto a firma dell'Avv. Pagano e il quinto motivo dell'atto a firma degli Avv.ti Severino e Pagano, con cui per l'appunto si è contestata la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 589 co. 2 cod. pen., sono infondati.

La tesi sostenuta dalle difese, oltre che sull'argomento letterale, fa leva sulla considerazione che i casi di infortunio sul lavoro e di malattia professionale non sarebbero mai stati considerati un unicum dal legislatore. Poiché l'estensione della previsione anche alle malattie professionali sarebbe frutto di una elaborazione giurisprudenziale (intervenuta per colmare il gap normativo derivante dalla diversa attenzione originariamente serbata dal legislatore alle due situazioni), successiva alle condotte oggetto del presente procedimento, l'aggravante di cui al capoverso dell'art. 589 cod. pen. non poteva essere contestata nel caso di specie, pena la violazione del principio di cui all'art. 7 Convenzione E.D.U., come elaborato dalla Corte di Strasburgo, secondo cui il precetto penale deve essere sufficientemente chiaro e prevedibile all'epoca in cui il fatto è commesso.

2.3. L'assunto non può essere condiviso.

Deve, intanto, precisarsi che il principio nullum crimen nulla poena sine lege convenzionale ha trovato recente specificazione proprio in una pronuncia del 14/04/2015 Contrada c/o Italia della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. A prescindere dalle specificità di quella decisione [intervenuta in tema di concorso esterno ad associazione per delinquere di tipo mafioso, sul presupposto che tale delitto fosse istituto di creazione giurisprudenziale, consolidatosi mediante pronunce successive ai fatti contestati al condannato, e non invece frutto della generale funzione incriminatrice dell'art. 110 cod. pen., come peraltro testualmente confermato dalla previsione di cui all'art. 418 cod. pen. (cfr., sul punto, sez. 2 n. 18132 del 13/04/2016, Rv. 266908; sez. 5 n. 42996 del 14/09/2016, Rv. 268203)], pare comunque utile un richiamo ai principi di carattere generale con i quali il giudice sovranazionale ha ribadito la necessità che la legge definisca chiaramente i reati e le pene che li reprimono.

Tale requisito, infatti, è «soddisfatto se la persona sottoposta a giudizio può sapere, a partire dal testo della disposizione pertinente, se necessario con l'assistenza dell'interpretazione che ne viene data dai tribunali e, se del caso, dopo aver avuto ricorso a consulenti illuminati, per quali atti e omissioni le viene attribuita una responsabilità penale e di quale pena è passibile per tali atti... ... compito della Corte è, in particolare, quello di verificare che, nel momento in cui un imputato ha commesso l'atto che ha comportato l'esercizio dell'azione penale e la condanna, esistesse una disposizione di legge che rendeva l'atto punibile, e che la pena inflitta non eccedesse i limiti fissati da tale disposizione (Coéme e altri, sopra citata, § 145, e Achour c. Francia [GC], n. 67335/01, § 43, CEDU 2006 IV)».

Tuttavia, la Corte di Strasburgo ha precisato che la valutazione e la qualificazione giuridica dei fatti resta appannaggio esclusivo dei giudici nazionali, «purché queste si basino su un'analisi ragionevole degli elementi del fascicolo (si veda, mutatis mutandis, Florin Ionescu c. Romania, n. 24916/05, § 59, 24 maggio 2011)», poiché l'«articolo 7 § 1 esige che la Corte esamini se la condanna del ricorrente si fondasse all'epoca su una base legale. In particolare, essa deve assicurarsi che il risultato al quale sono giunti i giudici nazionali competenti fosse conforme con l'articolo 7 della Convenzione» e « se la condanna del ricorrente si fondasse su una base sufficientemente chiara>>.[...]

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Bocchini Enrico e Lippi Manlio per essere i reati estinti per morte degli imputati e revoca nei confronti degli stessi le statuizioni civili; agli effetti penali: annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti dell'imputato Tupini Giorgio, limitatamente ai capi e), p.o. Cossu [proc. n. 673/2006]; 1), p.o. Codiglia, 9), p.o. Bergamasco, 10), p.o. Cosciani, 13), p.o. Bertogna, 14), p.o. Fragiacomo, 15), p.o. Giuriato, 16), p.o. Muscella, 17), p.o. Belci, 23), p.o. Soranzio, 24), p.o. Clagnan, 25), p.o. Moraro, 27), p.o. Martinelli [proc. 174/2009]; 1), p.o. Savignano, e 10), p.o. Dovoli [proc. 120/2006]; 5), p.o. Tofful, 6), p.o. Parenzan, 14), p.o. Pahor, 15), p.o. Da Prà e 23), p.o. Clapiz [proc. 769/2009] per essere i reati estinti per prescrizione;
annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti dell'imputato Antonini Corrado, limitatamente ai capi 7), p.o. Margarit, 8), p.o. Michelino, 13), p.o. Bertogna, 15), p.o.
Giuriato, 25), p.o. Moraro e 27), p.o. Martinelli [proc. n. 174/2009]; 1), p.o. Savignano [proc. 324/2009] per essere i reati estinti per prescrizione; annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti dell'imputato Abbona Mario, limitatamente ai capi 1), p.o. Codiglia, 7), p.o. Margarit, 8), p.o. Michelino, 9), p.o.
Bergamasco, 10), p.o. Cociani, 13), p.o. Bertogna, 14), p.o. Fragiacomo, 15), p.o. Giuriato, 16), p.o. Muscella, 17), p.o. Belci, 23), p.o. Soranzio, 24), p.o. Clagnan, 25), p.o. Moraro e 27), p.o. Martinelli [proc. 174/2009], 1), p.o. Savignano e 10), p.o. Dovoli [proc. 324/2009] per essere i reati estinti per prescrizione;
annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti dell'imputato Schivi Roberto, limitatamente ai capi 1), p.o. Codiglia, 7), p.o. Margarit, 8), p.o. Michelino, 9), p.o. Bergamasco, 13), p.o. Bertogna, 14), p.o. Fragiacomo, 15), p.o. Giuriato, 16), p.o. Muscella, 25), p.o. Moraro e 27), p.o. Martinelli [proc. 174/2009]; 1), P.o. Savignano e 10), p.o. Dovoli [proc. 324/2009] per essere i reati estinti per prescrizione; annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti dell'imputato Zappi Antonio, limitatamente ai capi 5), p.o. Tofful, 6), p.o. Parenzan e 7), p.o. Rusig [proc. 769/2009] per essere i reati estinti per prescrizione;
annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti dell'imputato Casini Cesare, limitatamente ai capi 5), p.o. Tofful, 6), p.o. Parenzan e 7), p.o. Rusig [proc. 769/2009] per essere i reati estinti per prescrizione; rigetta nel resto i ricorsi;
conferma le statuizioni civili e rinvia per la determinazione della pena relativa ai residui reati ad altra sezione della Corte d'appello di Trieste, dichiarando irrevocabile per essi l'affermazione di penale responsabilità;
annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata nei confronti dell'imputato Massenti Italo, limitatamente ai capi 5), p.o. Tofful, 6), p.o. Parenzan e 7), p.o. Rusig [proc. 769/2009] per essere i reati estinti per prescrizione e con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Trieste per nuovo giudizio in riferimento ai restanti capi d'imputazione;
visto l'art. 619 cod. proc. pen.;
rettifica la sentenza impugnata, nei confronti di Antonini Corrado, limitatamente alla declaratoria di estinzione per prescrizione dei reati di cui ai capi c) - persona offesa Benes Paolo, f) persona offesa Gon Vinicio, e I) - persona offesa Soppi Albino [proc.125/2009] e di cui ai capi 12) - persona offesa Lavrencic Bruno - e 20) persona offesa Balzan Lucio [proc. 174/2009], eliminando la stessa, trattandosi di reati non contestati all'imputato. Condanna altresì gli imputati Tupini, Antonini, Abbona, Schivi, Zappi e Casini alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili che liquida in favore di Benes Alessio, FIOM CGIL, Codacons Friuli Venezia Giulia, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia in euro 2500,00 ciascuna , oltre accessori di legge.
Deciso in Roma il 22 febbraio 2018.

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Gestione dei lavori in ambienti confinati

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cover gestione dei  lavori ambienti confinati

Gestione dei lavori in ambienti confinati Linee di Indirizzo del Sistema SGI-AE | Allegato 6

Il presente documento è un estratto delle “Linee di Indirizzo del Sistema SGI-AE”. [INAIL ED. 2013]

Le “Linee di indirizzo SGI - AE” rappresentano uno strumento, ritenuto concordemente dal Gruppo misto, operativo in grado di affrontare, in una logica di sistema integrato di prevenzione, qualsiasi rischio, nella prospettiva concreta di realizzare una dinamica di miglioramento continuo.

Questo documento è rivolto a chi esegue effettivamente i lavori in ambienti confinati; con questo si intende che il datore di lavoro, il preposto/sovrintendente, il controllore e l’operatore qui citati, appartengono, nel caso i lavori siano affidati a terzi, alla società che effettua i lavori stessi (appaltatrice); dipendono invece dalla società che gestisce gli ambienti, nel caso i lavori siano affidati a personale dipendente (manutenzione). Si ricorda che nei lavori affidati a terzi, la società appaltante deve anzitutto attuare tutto quanto prescritto dagli articoli 26 o 97 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., promuovendo il dovuto controllo e coordinamento.

Sono stati integrati, tra l’altro, gli aggiornamenti legislativi derivanti dall’applicazione del D.P.R. 177/2011, dalla precedente Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n.42/2010, e tenendo conto delle indicazioni per Procedure di sicurezza riportate sul “Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del D.P.R. 177/2011”, pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

...

INDICE

PREFAZIONE

ALLEGATO 6  GESTIONE DEI LAVORI IN AMBIENTI CONFINATI

PREMESSA

1. DEFINIZIONI
Ambiente confinato
Ingresso in Ambiente Confinato

2. NORMATIVA
ALLEGATO IV - REQUISITI DEI LUOGHI DI LAVORO
PRESENZA NEI LUOGHI DI LAVORO DI AGENTI NOCIVI
VASCHE, CANALIZZAZIONI, TUBAZIONI, SERBATOI, RECIPIENTI, SILOS

3. CAUSE/CARENZE PIÙ COMUNI IN CASO DI INCIDENTE

4. I PERICOLI NEGLI AMBIENTI CONFINATI
Livello di ossigeno non sicuro

fig 2

Deficienza di ossigeno
Arricchimento in ossigeno
Atmosfere infiammabili ed esplosive
Gas e vapori infiammabili
Agenti chimici pericolosi per la salute
Vie di esposizione
Sprofondamento
Altri rischi

5. GESTIONE DEI RISCHI
Valutazione dei rischi in ambienti confinati
Sistemi e procedure di lavoro sicuri
Procedura di sicurezza
Permesso di Lavoro
Addetti
Sovrintendente dei lavori
Controllore esterno
Impiego di Operatori idonei al tipo di lavoro
Gestione dell’ambiente confinato
Verifica dell’idoneità delle vie di accesso/uscita
Ventilazione dell’ambiente
Verifica dell’aria contenuta nell’ambiente confinato
Risanamento/bonifica atmosfera dell’ambiente confinato
Controllo dell’atmosfera
Controllo dell’ossigeno

Figura 1

Sistema di comunicazione
Controllo e allarme

6. MODALITÀ DI ACCESSO ALL’AMBIENTE CONFINATO
Ambienti confinati con atmosfera inquinata
Ambienti confinati con atmosfera infiammabile/esplosiva
Prescrizioni aggiuntive per lavori a caldo
Minime attività indispensabili

7. EMERGENZA
Piani e procedure di emergenza
Idoneità degli Addetti al soccorso
Comunicazioni
Equipaggiamenti di soccorso e rianimazione
Servizio di Pubblico Soccorso
Misure di emergenza

8. CONSIDERAZIONI SUL RECUPERO DA FOSSE O SCAVI
Scenario di soccorso programmato
Scenario di soccorso non programmato

9. DPI, STRUMENTAZIONE, SEGNALETICA DI SICUREZZA DPI
Strumentazione
Segnaletica di sicurezza

10. FORMAZIONE

fig 3
Formazione e addestramento generale
Formazione specifica
Formazione/addestramento per Preposti/Supervisori
Formazione/addestramento per il Personale di pronto intervento
Verifica della formazione/addestramento

ALLEGATO 6-a  ESEMPIO DI PROCEDURA
1 - Scopo
2 - Campo di applicazione
3 - Riferimenti normativi
4 - Definizioni
Bonifica
Ciecatura
Permesso di lavoro (pdl)
Punto di isolamento
Responsabile in turno o Capo turno
Schema di isolamento
Sezionamento elettrico
Ambiente confinato
Supervisore/preposto
5 - Pericoli
6 - Precauzioni
7 - Attività e verifiche preliminari
Addetti alle attività
Vie di accesso/uscita
Illuminazione
Sistema di comunicazione
Controllo e allarme
Bonifica apparecchiature dall’esterno
Bonifica con Azoto e Flussaggio con Aria
Collegamenti elettrici o pneumatici
Verifiche ambientali
8 - Ingresso
9 - Esecuzione lavori
Ingresso nell’apparecchiatura
Prescrizioni aggiuntive per lavori a caldo
10 - Emergenza
11 - Informazione, formazione, addestramento e idoneità sanitaria

Allegato 6b: Modulo autorizzazione ingresso in ambiente confinato (in allegato formato word/compilabile)

figura alleg B

segue

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18° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche

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18° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche 

22 Maggio 2018

Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche

Pubblicato il Decreto Direttoriale n. 51 del 22 Maggio 2018

Con il Decreto direttoriale n. 51 del 22 maggio 2018, è stato adottato il diciottesimo elenco, di cui al punto 3.7 dell'Allegato III del d.i. 11 aprile 2011, dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro ai sensi dell'art. 71, comma 11, del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.

Il suddetto decreto consta di sei articoli:

- all'articolo 1 viene rinnovata l'iscrizione per i soggetti che hanno regolarmente trasmesso la documentazione richiesta e per i quali la Commissione di cui al d.i. 11 aprile 2011 ha espresso parere favorevole;

- all'articolo 2 sono apportate le variazioni alle iscrizioni già in possesso in termini di estensione ovvero di riduzione, sulla base delle richieste pervenute nei mesi precedenti, già concesse ai soggetti interessati;

- all'articolo 3 viene decretato l'inserimento "ex novo", delle società ivi indicate, nell'elenco dei soggetti abilitati;

- all'articolo 4 viene decretato il subentro della società indicata in luogo della società precedentemente iscritta nell'elenco dei soggetti abilitati con un altro nome;

- all'articolo 5 viene specificato che con il presente decreto si adotta l'elenco aggiornato, in sostituzione di quello adottato con il decreto del 16 gennaio 2018;

- all'articolo 6 sono riportati, come di consueto, gli obblighi cui sono tenuti i soggetti abilitati.

L'elenco adottato in allegato al decreto sostituisce integralmente il precedente elenco allegato al Decreto direttoriale del 14 Febbraio 2018

Fonte: MPLS

Tutti gli elenchi pubblicati

D.M. 11 aprile 2011 Verifica impianti e attrezzature

Consulta il database dei Soggetti abilitati 

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Piano di sicurezza ambiente di lavoro navi mercantili

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Piano di sicurezza ambiente di lavoro navi mercantili

Indicazioni operative - Piano di sicurezza ambiente di lavoro navi mercantili

Circolare 9312 del 06.04.2018

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

Circolare recante indicazioni operative per l'invio, l'istruttoria e l'approvazione dei Piani di sicurezza ambiente di lavoro in attuazione del decreto legislative 27 luglio 1999, n. 271, e delle altre disposizioni citate nelle premesse della circolare

Art. 1 Ambito di applicazione ed esclusioni

1. Le indicazioni operative della presente circolare si applicano alle navi mercantili, nuove ed esistenti, adibite a navigazione marittima ed alla pesca nonchè alle navi (compresi i galleggianti con personate marittimo imbarcato ed alle navi diporto destinate ad impiego commerciale) o unità mercantili in regime di sospensione temporanea di bandiera, alle unità veloci ("H.S.C., "D.S.C.", aliscafi ed unità veloci di altro tipo) e alle piattaforme mobili, così come previsto dall'art. 2, comma 1, del dl.vo 27 luglio 1999, n. 271.

2. L'approvazione dei Piani di sicurezza dell'ambiente di lavoro (di seguito PSAL) non è prevista nei casi di cui agli art. 4 e 6, comma 4, del dl.vo n. 271 del 1999 che si elencano di seguito:

a) navi o unita appartenenti alle Amministrazioni militari, doganali, di polizia ed al Corpo dei vigili del fuoco, o da essi direttamente esercitate, ai servizi di protezione civile ed alle navi adibite al trasporto di truppe;
b) navi da diporto che non sono impiegate in attività di traffico commerciale;
c) navi in cui la vela costituisce il principale mezzo di propulsione, anche se dotate di motore ausiliario.
d) per le unità adibite ai servizi tecnico-nautici e portuali, per le navi o unità mercantili nuove ed esistenti di stazza lorda inferiore a 200 e per quelle da pesca nuove ed esistenti di lunghezza inferiore a 24 m, o con equipaggio fino a sei unità di tabella di armamento per le quali è prevista la predisposizione del Piano di sicurezza (autocertificata da parte dell'armatore o dal proprietario) ma non la sua approvazione ministeriale.

3. In caso di presentazione per l'approvazione di Piano di sicurezza di nave di cui il dl.vo n. 271 del 1999 non prevede l'approvazione medesima, viene predisposta dalla Direzione Generale una comunicazione informativa all'Armatore nonchè alla Capitaneria di Porto competente.

[...]

Annesso tecnico

CHECK-LIST PER LA VALUTAZIONE DELL' ISTRUTTORIA AI FINI DELL' APPROVAZIONE DEI PIANI Dl SICUREZZA DELL'AMBIENTE Dl LAVORO A BORDO DELLE NAVI MERCANTILI AI SENSI DEL DLGS 271/1999

Modello A

Comunicazione di conferma di validità del piano di sicurezza dell'ambiente di lavoro a seguito dell'avvenuto cambio di proprietà dell'unità navale e/o cambio dell'armatore e/o cambio del nome dell'unità e/o cambio del compartimento marittimo di iscrizione

Modello B

Comunicazione di conferma di validità del piano di sicurezza dell'ambiente di lavoro a seguito dell'avvenuto cambio di proprietà dell'unità navale e/o cambio dell'armatore e/o cambio del nome dell'unità e/o cambio del compartimento marittimo di iscrizione

Fonte: MIT

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Decreto legislativo 27 luglio 1999 n. 271

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Dlgs 271 1999

Decreto legislativo 27 luglio 1999 n. 271 

Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485.

GU Serie Generale n.185 del 09-08-1999 - Suppl. Ordinario n. 151

Entrata in vigore del decreto: 24-8-1999

...

Art. 1 Oggetto

1. Il presente decreto ha lo scopo di adeguare la vigente normativa sulla sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, alle particolari esigenze dei servizi espletati su tutte le navi o unita' indicate all'articolo 2, in modo da:

a) assicurare, in materia di sicurezza del lavoro, la tutela della salute e la prevenzione dagli infortuni e dalle malattie professionali;
b) determinare gli obblighi e le responsabilita' specifiche da parte di armatori, marittimi ed altre persone interessate in relazione alla valutazione dei rischi a bordo delle navi;
c) fissare, in materia di igiene del lavoro, i criteri relativi alle condizioni di igiene ed abitabilita' degli alloggi degli equipaggi;
d) definire i criteri relativi al l'organizzazione del sistema di prevenzione, igiene e sicurezza del lavoro a bordo ed all'impiego dei dispositivi di protezione individuale;
e) definire la durata dell'orario di lavoro e del periodo di riposo del personale marittimo;
f) dettare le misure di sicurezza in presenza di particolari condizioni di rischio;
g) assicurare l'informazione e la formazione degli equipaggi;
h) prevedere i criteri per il rilascio delle certificazioni e attestazioni dell'avvenuta formazione.

Art. 2 Campo di applicazione

il 2 1. Le norme del presente decreto si applicano ai lavoratori marittimi imbarcati a bordo di tutte le navi o unita' mercantili, nuove ed esistenti, adibite a navigazione marittima ed alla pesca nonche' alle navi o unita' mercantili in regime di sospensione temporanea di bandiera, alle unita' veloci e alle piattaforme mobili.

_________

Modifiche e abrogazioni dal 2005 al 2015:

24/06/2005
DECRETO LEGISLATIVO 27 maggio 2005, n. 108 (in G.U. 24/06/2005, n.145) 
09/11/2010
La LEGGE 4 novembre 2010, n. 183 (in SO n.243, relativo alla G.U. 09/11/2010, n.262) 
20/08/2013
La LEGGE 6 agosto 2013, n. 97 (in G.U. 20/08/2013, n.194)
03/08/2015
La LEGGE 29 luglio 2015, n. 115 (in G.U. 03/08/2015, n.178) 

In allegato, testo consolidato al 2015, riservato Abbonati.

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Epidemiologia e monitoraggio alcol-correlato in Italia e nelle Regioni

ID 6145 | | Visite: 3527 | Documenti Sicurezza Enti

Rapporto ISTISAN 18 2

Epidemiologia e monitoraggio alcol-correlato in Italia e nelle Regioni

Valutazione dell’Osservatorio Nazionale Alcol sull’impatto del consumo di alcol ai fini dell’implementazione delle attività del Piano Nazionale Alcol e Salute.

Rapporto ISTISAN 2018 | 2

Il consumo di alcol è un importante problema di salute pubblica, classificato in Europa come terzo fattore di rischio di malattia e morte prematura dopo il fumo e l’ipertensione arteriosa. L’Osservatorio Nazionale Alcol (ONA) è dal 1998 il riferimento formale e ufficiale nazionale, europeo e internazionale dell’Istituto Superiore di Sanità per la ricerca, la prevenzione, la formazione in materia di alcol e problematiche alcol-correlate. L’ONA elabora e analizza ogni anno le basi di dati nazionali svolgendo attività di monitoraggio su mandato del Ministero della Salute e in base a quanto previsto dal Piano Statistico Nazionale e alle attività del “SIStema di Monitoraggio Alcol-correlato - SISMA” previste dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2017 e dalla recente attivazione in ISS dell’azione centrale SISTIMAL per la valutazione dell’implementazione delle politiche nazionale e regionali sull’alcol che il Ministero della Salute provvede a trasmettere alla World Health Organization (WHO). L’ONA, sede del WHO Collaborating Centre for Research on Alcohol, è l’organismo indipendente di raccordo tra Ministeri, Presidenza del Consiglio, Commissione Europea e WHO per le attività tecnico-scientifiche di rilievo nazionale, europeo e internazionale.

In Europa l’alcol è il terzo fattore di rischio di malattia e morte prematura, dopo il fumo e l’ipertensione arteriosa; il consumo di alcol è associato a numerose malattie croniche quali le malattie cardiovascolari, le malattie del fegato, i tumori, i danni acuti causati da avvelenamento da alcol e incidenti stradali e ad un aumentato rischio di varie malattie infettive. Sono infatti oltre 200 le patologie per le quali il consumo di bevande alcoliche è un fattore di rischio evitabile tra cui numerosi disturbi neuropsichiatrici, le malattie croniche, i tumori, gli incidenti, situazioni che provocano ogni anno numerosi morti e feriti.

L’alcol è infine uno dei principali fattori di rischio per gli infortuni sul lavoro, contribuisce alla criminalità, alle infrazioni stradali e alla violenza domestica con maltrattamenti familiari verso il partner e verso i minori (con un impatto sul lavoro degli operatori sociali e degli ufficiali giudiziari), e comporta costi sociali per i sistemi sanitari e di giustizia penale e perdita di produttività.

Nel 2012 si stima che nel mondo sono attribuibili al consumo di alcol circa 3,3 milioni di morti, pari al 5,9% di tutti i decessi a livello globale con delle differenze significative di genere (M=7,6%; F=4,0%), e che sono attribuibili al consumo di alcol 139 milioni di anni di vita persi a causa di malattia, disabilità o morte prematura (Disability-Adjusted Life Year, DALY), equivalenti al 5,1% del carico globale di malattie e lesioni. Il 74% degli europei di età ≥15 anni beve alcolici, il 15% di essi (58 milioni di persone) sono consumatori a rischio e 23 milioni sono i cittadini europei alcoldipendenti (M=5%, F=1%). Per affrontare queste problematiche l’Ufficio Regionale Europeo della WHO ha stilato il Piano di Azione Europeo per ridurre il consumo dannoso di alcol 2012-2020 (EAAP), piano che è stato approvato da 53 Stati Membri della Regione Europea nel settembre 2011. L’EAAP è perfettamente allineato con la Strategia Globale della WHO (8-9) e contiene una serie di politiche mirate a limitare la fornitura di alcol e a ridurre la domanda. Queste includono le restrizioni sulla pubblicità, la tassazione, l’età minima per l’acquisto, gli interventi brevi nell’assistenza primaria e sui luoghi di lavoro. Tutti gli interventi previsti dalla Strategia Globale della WHO sono stati raggruppati in 10 aree di azione di politiche per ciascuna delle quali sono indicati gli interventi da attuare.

Fonte: Istituto Superiore di Sanità 16.05.2018

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 20103 | 08 Maggio 2018

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Sentenze cassazione penale

Infortunio mortale - Mancanza di formazione sui rischi dell'attività

Penale Sent. Sez. 4 Num. 20103 Anno 2018

Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: BRUNO MARIAROSARIA
Data Udienza: 30/01/2018

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 6/7/2016, la Corte di appello di Catanzaro, confermava la pronuncia emessa in data 20/5/2014 dal G.i.p. del Tribunale di Castrovillari che riteneva responsabile S.G. del delitto di omicidio colposo con violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, condannandolo alla pena di mesi otto di reclusione, pena sospesa.
2. Era contestato al ricorrente di avere cagionato la morte dell'operaio I.R., cittadino rumeno, perché, alla guida di un trattore, all'interno della sua azienda, investiva con la fresa il dipendente, che era risucchiato dall'ingranaggio del macchinario. Si individuavano a carico di S.G., quale datore di lavoro del deceduto, profili di colpa generica consistiti in negligenza, imperizia ed imprudenza nonché, di colpa specifica, riconducibili alla violazione dell'art. 26, comma primo, d.lgs. n. 81/2008, in quanto, avendo reclutato I.R. per effettuare lavori agricoli nel suo terreno, ometteva di fornire allo stesso dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti sul luogo di lavoro e sulle misure di emergenza da adottare ed inoltre, nell'aver operato con la suddetta macchina agricola nei pressi del lavoratore, mancando di adottare le opportune cautele in fase di manovra.
Era altresì contestato al ricorrente il reato di cui all'art. 26, comma 1 lett. b), comma 2, d. Lgs 81/2008.
3. Avverso la pronuncia di condanna proponeva ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, che deduceva quanto segue.
Primo motivo: violazione di legge con riferimento agli artt. 40 e 42, cod. pen.; vizio motivazionale. Secondo la difesa i giudici di merito non avrebbero fornito adeguata risposta alle censure svolte in sede di appello, che mettevano in evidenza la irrazionalità della decisione di attribuire la causa dell'infortunio alla imprudente condotta di guida dello S.G.. Insoddisfacente sarebbe la ricostruzione del fatto operata nella sentenza ove non si chiarisce il motivo per cui il lavoratore era intento a ripulire una parte del terreno che era già stata arata nei giorni precedenti. Sarebbe apparente e contraddittoria la motivazione offerta in ordine al nesso di causalità tra la condotta del ricorrente ed il tragico evento, che viene ascritto alla imprudenza di guida ed alla mancata informazione del I.R. sui pericoli a cui era esposto nel lavoro che stava svolgendo. Così argomentando il giudice di appello non avrebbe considerato fattori diversi, quali la disattenzione e la imprudenza del I.R. il quale, secondo le emergenze processuali, non doveva trovarsi nel luogo in cui si era verificato l'impatto, ma in una zona di lavoro distante 60 metri.
I giudici avrebbero dovuto soffermarsi sulla efficienza causale della iniziativa autonoma del lavoratore il quale si allontanò notevolmente dal suo posto di lavoro, astraendosi in conversazioni telefoniche, in violazione degli obblighi imposti dall'art. 20 d. Lgs 81/2008.
Non sarebbe stata fornita alcuna apprezzabile giustificazione in ordine al contenuto delle informazioni che avrebbe dovuto ricevere il lavoratore, atteso che l'infortunio era dipeso da sue condotte imprudenti ed imprevedibili.
Secondo motivo: violazione dell'art. 62 n. 6, cod. pen. e vizio motivazionale con riferimento al mancato riconoscimento della suddetta attenuante. La difesa lamentava il mancato riconoscimento dell'attenuante in parola. L'accertamento di fatto della sussistenza dei presupposti normativi di cui all'art. 62, n. 6 c.p., comprovati dalla rinuncia alla costituzione di parte civile degli eredi del I.R., avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale a riconoscere l'attenuante del risarcimento del danno, che era stata erroneamente negata sulla base del mancato assolvimento di un onere allegativo da parte dell'appellante.
Terzo motivo: violazione dell'art. 26 d. Lgs 81/2008; violazione dell'art. 157, cod. pen. e vizio di motivazione. I giudici di merito sarebbero incorsi in una erronea interpretazione della normativa di prevenzione sui luoghi di lavoro contestata al capo B) della imputazione. Tuttavia, sarebbe maturato il termine di prescrizione del reato contravvenzionale in questione, in epoca anteriore alla sentenza di appello (06/07/2016). Pertanto si chiedeva la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, con ogni conseguente effetto sul trattamento sanzionatorio.

Considerato in diritto

1. I motivi dedotti dal ricorrente quanto al capo A) della rubrica, concernente la imputazione di omicidio colposo, sono infondati e, pertanto, il ricorso sul punto deve essere rigettato.
2. Quanto al reato contravvenzionale contestato al capo B) della rubrica, risulta maturato il termine massimo di prescrizione, pari ad anni cinque, da farsi decorrere dall'epoca della sua consumazione, coincidente, nel caso in esame, con la data dell'accertamento (30/3/2011). Ciò, anche tenuto conto del periodo di sospensione della prescrizione, intervenuto nel corso della celebrazione del giudizio di primo grado, pari a giorni ventotto. Pertanto, in accoglimento del terzo motivo di ricorso, limitatamente al reato sub capo B) della contestazione, la sentenza deve essere annullata senza rinvio, per essersi il reato estinto per intervenuta prescrizione, il cui termine è spirato in data 27/4/2016, non rilevandosi elementi che possano consentire, all'evidenza, un proscioglimento nel merito.
3. Quanto alle doglianze avanzate dalla difesa con riguardo alla pronuncia di responsabilità per il delitto di omicidio colposo, deve rilevarsi come la Corte d'appello abbia dato conto, in modo succinto ma non carente, delle ragioni poste a fondamento della sua decisione, fornendo esauriente risposta ai rassegnati motivi d'appello proposti dalla difesa, analiticamente richiamati nel corpo delta motivazione.
In ordine alla ricostruzione dell'evento, i giudici di merito, nelle due sentenze conformi, hanno ritenuto provato che il lavoratore fosse stato travolto dalla macchina fresatrice condotta dal ricorrente, sulla base degli accertamenti effettuati nel corso delle indagini e della consulenza medica, confluiti nel fascicolo dibattimentale per effetto della scelta del rito abbreviato. Sul punto, è circostanza incontestata, da parte della difesa, quella che attiene alle modalità dell'infortunio cui è conseguito il decesso del lavoratore, per le quali nessuna censura viene avanzata in sede di ricorso, sebbene la difesa metta in dubbio che la ricostruzione della dinamica dell'infortunio, come prospettata dai giudici di merito, possa coinvolgere la responsabilità del proprio assistito. E, d'altro canto, che il lavoratore sia stato risucchiato dalla macchina agricola e che il suo corpo sia stato maciullato dalle lame taglienti è un fatto innegabile.
Il vizio decisionale lamentato nel ricorso si appunta sulla valutazione della condotta di guida dello S.G. che, secondo la difesa non poteva ritenersi imprudente e sulla incidenza causale della ritenuta violazione dell'art. 26 d. Lgs 81/2008 sull'evento mortale. In base a tali argomentazioni, si sostiene un difetto di prova del nesso causale tra la condotta dello S.G. e l'evento mortale.
L'assunto difensivo, come messo in rilievo dai giudici di merito, è infondato. Sul punto la Corte territoriale in uno con il giudice di primo grado, ha offerto una risposta adeguata e condivisibile: la mancata informazione del lavoratore sui rischi connessi al lavoro da svolgere si pone come sicuro antecedente causale dell'evento morte del lavoratore. Tale affermazione scaturisce dall'osservazione precisa della situazione di fatto accertata attraverso l'istruttoria dibattimentale e non è frutto, come rileva il difensore, di una apodittica riconduzione dell'evento alla imprudente condotta di guida dello S.G. e di una disattenta ricostruzione del fatto.
L'attenta analisi delle emergenze processuali ha indotto la Corte territoriale a ritenere che il lavoratore non aveva ricevuto nessuna istruzione sui rischi connessi al lavoro da svolgere. Se il I.R. fosse stato reso edotto di tali rischi e, in particolare, della contestuale operazione di fresatura in corso di svolgimento con il trattore guidato S.G., l'infortunio si sarebbe evitato. Pertanto, ha dato corso, in maniera adeguata e corretta, al cd. giudizio esplicativo, che costituisce il necessario presupposto del giudizio controfattuale (così Sez. 4, n. 23339 del 31/01/2013, Rv.256941). Sulla base del concreto svolgimento dei fatti, acquisita una conoscenza completa della dinamica dell'infortunio, che risulta sostenuta da argomentazioni coerenti e logiche, la Corte territoriale ha evidenziato le regole cautelari violate, esprimendo il giudizio predittivo circa l'attitudine salvifica del comportamento doveroso che il datore di lavoro aveva mancato di attuare, consistente nella formazione del lavoratore e nell'obbligo di informarlo dei rischi connessi all'attività in cui era impiegato.
L'alternativa propugnata dalla difesa nell'atto di appello e nel ricorso, sovrappone al preciso andamento fattuale e logico dei giudici, una diversa ricostruzione delle circostanze dell'accaduto che non può trovare ingresso in sede di legittimità, dove non sono ammesse censure in fatto.
Sotto questo profilo, la difesa si limita a contrastare il ragionamento dei giudici, affermando che il lavoratore si doveva trovare in altro luogo e che l'infortunio era avvenuto perché il I.R., impegnato in una conversazione telefonica, non si era accorto della presenza della fresatrice. Le circostanze addotte dalla difesa, analizzate dai giudici, sono state ritenute prive di fondamento. La Corte territoriale ha osservato che, ove fosse vera la prospettazione difensiva, "proprio il fatto di stare al telefono, invece, avrebbe dovuto portare il lavoratore ad accorgersi dell'avvicinarsi della fresatrice visto che il rumore enorme da essa prodotto sicuramente gli impediva di sentire il suo interlocutore. Questo lo avrebbe indotto ad allontanarsi dalla fonte del rumore e non ad avvicinarsi".
La spiegazione fornita sul punto appare immune da vizi logici e, in quanto tale, non meritevole di censure.
4. Quanto alla possibilità di ravvisare un comportamento abnorme del lavoratore, occorre rilevare, in primo luogo, come tale evenienza tragga spunto dalla ricostruzione prospettata dalla difesa, secondo la quale il I.R., disattendendo le indicazioni del datore di lavoro, era uscito dalla zona di lavoro in cui doveva collocarsi, parlando al telefono in modo distratto.
La Corte territoriale ha affermato che, se anche fosse veritiera l'alternativa ricostruzione offerta dalla difesa, è da escludersi che la condotta del lavoratore potesse essere idonea ad interrompere il nesso causale con l'evento verificatosi, in presenza delle vistose violazioni in cui era incorso l'imputato.
Come è noto, nell'ambito della materia della infortunistica sul lavoro, è principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, quello in base al quale il rapporto di causalità tra la condotta omissiva del garante della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo, deve ritenersi interrotto, ai sensi dell'art. 41, comma secondo, cod. pen., solo nel caso in cui sia dimostrata l'abnormità del comportamento del lavoratore. Nel caso in esame, i giudici di merito, hanno correttamente osservato che la condotta del lavoratore non poteva ritenersi connotata dall'abnormità, per stranezza, imprevedibilità ed eccentricità delle sue caratteristiche.
L'assunto dei giudici di merito è conforme ai principi più volte affermati dalla Corte di legittimità in proposito. E' orientamento costante, in materia di infortuni sul lavoro, quello in base al quale la condotta colposa del lavoratore infortunato non possa assurgere a causa sopravvenuta, da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria delia lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore presenti i caratteri dell’eccezionaiità, dell'abnormità e dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (così ex multis, Sez. 4, n. 21587 del 23/03/2007, Rv. 236721).
Pertanto, può definirsi abnorme soltanto la condotta del lavoratore che si ponga ai di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e sia assolutamente estranea al processo produttivo o alle mansioni che gli siano state affidate (così, Sez. 4, n. 38850 del 23/06/2005, Rv. 232420).
A ciò deve aggiungersi che la condotta imprudente o negligente del lavoratore, in presenza di evidenti criticità del sistema di sicurezza o di violazioni delle norme poste a presidio della sicurezza dei lavoratori, non potrà mai spiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza. Ciò in quanto, tali disposizioni, secondo orientamento conforme della giurisprudenza di questa Corte, sono dirette a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo, il datore di lavoro, prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli, (così, ex multis Sez. 4, n. 10265 del 17/01/2017, Rv. 269255; Sez. 4 n. 22813 del 21/4/2015 Rv. 263497; Sez. 4, n. 38877 del 29/09/2005, Rv. 232421).
5. Nel secondo motivo di ricorso, la difesa si duole della denegata concessione dell'attenuante di cui all'art. 62, comma primo, n. 6 cod. pen.
Afferma, che il G.u.p. aveva espressamente dato atto in sentenza che era intervenuto il risarcimento in favore degli eredi della vittima. Tale affermazione, tuttavia, non si era tradotta nella concessione della invocata attenuante. La questione era stata proposta innanzi alla Corte territoriale che aveva rigettato la richiesta, sostenendo che non vi fosse prova dell'avvenuto integrale risarcimento.
Argomentando in tale modo, la Corte territoriale avrebbe introdotto, secondo la difesa, un elemento valutativo nuovo, dissonante rispetto a quello espresso dal primo giudice.
La questione è infondata. Bisogna evidenziare quali condizioni consentano di concedere l'attenuante in parola, ai fini di una corretta disamina della proposizione difensiva.
Ebbene, secondo una interpretazione costante della Corte di legittimità, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante di cui all'art. 62, comma primo, n. 6 cod. pen., il risarcimento del danno deve essere integrale e la valutazione sulla sua congruità è rimessa al giudice, che può anche disattendere un eventuale accordo transattivo intervenuto tra le parti (così ex multis Sez. 2, n. 53023 del 23/11/2016, Casti, Rv. 268714; conformi: Sez. 4, n. 34380 del 14/07/2011, Allegra, Rv. 251508; Sez. 1, n. 5767 del 08/01/2010, Scotuzzi, Rv. 246564).
Risulta, dalla consultazione degli atti a cui questa Corte ha avuto accesso in ragione della natura della doglianza sollevata dalla difesa, che nessuna prova è stata offerta in udienza, innanzi al G.u.p., della entità della somma corrisposta a titolo di risarcimento, risultando recepita dal giudice una dichiarazione da cui risultava la rinuncia alla costituzione di parte civile per l'avvenuto risarcimento dei danni. Come ha correttamente osservato la Corte territoriale, tale elemento non consentiva di svolgere alcuna forma di valutazione in ordine alla congruità della somma corrisposta. Pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto di condividere, con motivazione immune da censure, la decisione assunta dal primo giudice che non aveva concesso l'attenuante. La contraddizione rilevata dalla difesa tra la motivazione offerta dalla Corte territoriale e l'affermazione contenuta nella sentenza di primo grado, secondo la quale era avvenuto il risarcimento in favore degli eredi della vittima, è solo apparente. Il giudice di primo grado, non ha espresso alcuna valutazione sulla entità della somma ricevuta dagli eredi della vittima, essendosi limitato a prendere atto di un avvenuto risarcimento che, evidentemente, non potendo essere valutato in termini di congruità, ha ritenuto idoneo ai fini della concessione delle attenuanti generiche in rapporto di prevalenza rispetto alla contestata aggravante.
6. Per effetto della intervenuta estinzione del reato contravvenzionale di cui al capo B) della rubrica, la pena inflitta all'imputato può essere rideterminata da questa Corte in mesi sei, giorni venti di reclusione per il residuo reato di cui all'art. 589 cod. pen.
E' d'uopo rilevare che la Corte di cassazione, qualora non siano necessari nuovi accertamenti di fatto, può procedere direttamente alla rideterminazione della pena, ai sensi della nuova formulazione dell'art. 620, lett. I), cod. proc. pen., come sostituito dall'art. 1, comma 67, della legge n.103 del 2017, sulla base degli elementi di fatto che emergono dal giudizio di merito (così Sez. 2, n. 4594 del 17/01/2018, Rv. 272019).
Nel caso in esame si è operato un mero calcolo matematico di esclusione del segmento di pena inflitto dai giudici di merito, a titolo di continuazione, per il reato contravvenzionale.
7. Deve pertanto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo "B" perché è estinto per prescrizione. Si ridetermina la pena in ordine al residuo reato di cui all'art. 589 cod. pen. di cui al capo "A" in mesi sei giorni venti di reclusione. Si rigetta nel resto il ricorso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo "B" perché è estinto per prescrizione. Rigetta nel resto il ricorso. Ridetermina la pena in ordine al residuo reato di cui all'art. 589 c.p. di cui al capo "A" in sei mesi e venti giorni di reclusione.
Così deciso in Roma il 30 gennaio 2018

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INL: Precisazioni sul patentino di macchine complesse fondazioni e perforazioni

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Patentino macchine complesse

INL: Precisazioni sul patentino di macchine complesse fondazioni e perforazioni

Al Presidente dell’ANCE Dott. Gabriele Bui 

Oggetto: Patentino per operatori di macchine complesse nel settore delle fondazioni e dei consolidamenti e nel settore delle indagini e delle perforazioni nel sottosuolo di cui all’art. 77 del vigente CCNL. Riscontro. 

Con nota del 1 marzo 2018 codesta Associazione ha segnalato a questo Ispettorato Nazionale che vengono rilasciati Patentini per operatori di macchine complesse nel settore edile, previsti dall’art. 77 del vigente CCNL, sottoscritto da ANCE e dalle Organizzazioni Sindacali nazionali Feneal/Uil, Filca/Cisl, Fillea/Cgil, da enti bilaterali non costituiti da associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative nell’ambito del settore edile.

In proposito è opportuno specificare che la previsione di cui all’art. 77 del citato CCNL costituisce una fonte regolatoria di carattere pattizio che introduce una disposizione normativa di miglior favore in quanto - pur in assenza di una previsione di rango primario che preveda l’utilizzo di macchine operatrici complesse esclusivamente da parte di personale munito di una specifica abilitazione - introduce un attestato di qualificazione professionale denominato “patentino” conseguito al termine di uno specifico percorso formativo, la cui progettazione è stata demandata al Formedil Nazionale, Ente bilaterale derivante dal CCNL comparativamente più rappresentativo nel settore edile. 

Tale patentino, pertanto, rappresenta un attestato di qualificazione del personale edile addetto alle conduzione di tali macchinari, che certifica l’acquisizione di specifiche competenze in materia e quindi una formazione ed un addestramento adeguato allo svolgimento della mansione.

Trattandosi di una previsione di natura contrattuale dunque ne va verificato l’esatto ambito di applicazione e la vincolatività del contenuto quanto alla legittimazione dei soggetti abilitati al rilascio.

Quanto al primo aspetto, in virtù dei principi definiti dal codice degli appalti e di quanto già chiarito dalla DG per l’Attività Ispettiva con la lettera circolare prot. n. 14775 del 26/07/2016, l’obbligo dell’applicazione del CCNL scaturisce dall’applicazione dell’art. 30, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016, il quale prevede che “Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalentèe”.

ndr: Codice dei contratti pubblici

Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 Codice dei contratti pubblici
(G.U. n. 91 del 19 aprile 2016)
...
Art. 30. (Principi per l'aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni)
...
4. Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.

Ne consegue che, pertanto, la previsione di cui all’art. 77 del CCNL - sottoscritto da ANCE e dalle Organizzazioni Sindacali nazionali Feneal/Uil, Filca/Cisl, Fillea/Cgil – è vincolante per tutte le imprese che operano nel campo di applicazione del codice degli appalti in quanto la disposizione può ritenersi rientrante nella cosiddetta parte “normativa” del contratto e il contratto stesso può definirsi stipulato dalle OO.SS. dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel settore edile.

Sotto altro profilo, proprio in virtù di tale obbligo, il citato “patentino” può essere rilasciato solo dalle Scuole Edili al termine dei percorsi formativi specifici definiti dal Formedil anche perché, solo le Scuole Edili, possono definirsi enti bilaterali ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 276/2003 in quanto “organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative” nel settore edile.

IL CAPO DELL’ISPETTORATO
Paolo Pennesi 

Il Decreto di Legge 81/08 impone al datore di lavoro di avvalersi della collaborazione di personale qualificato per l’espletamento delle mansioni in funzione delle quali il rapporto professionale è stato stipulato: in maniera particolare, in riferimento all’Articolo 77 del Contratto Nazionale di Lavoro nell’Edilizia, si stabilisce che “i lavoratori che operano utilizzando macchine complesse nel settore delle fondazioni e dei consolidamenti e nel settore delle indagini e perforazioni nel sottosuolo devono essere in possesso di un patentino rilasciato dalle Scuole Edili conforme alle normative vigenti negli stati della UE.”
In riferimento a tutto ciò è necessario che gli interessati prendano parte a percorsi formativi, organizzati direttamente dal Formedil Nazionale, propedeutici al rilascio del patentino richiesto dalla Legge vigente.

Analisi normativa rischio MMC: ISO 11228 e il Metodo NIOSH

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Rischio MMC Niosh

Analisi normativa rischio MMC: ISO 11228 e il Metodo NIOSH

Criteri per la Valutazione dei Rischi Movimentazione Manuale dei Carichi

Negli ultimi anni, le metodologie adottate nella valutazione dei rischi per la Movimentazione Manuale dei Carichi, hanno creato confusione sia nel web che nella letteratura.
Il presente documento si propone di rendere più chiara l’evoluzione nel tempo riguardo l’utilizzo delle varie metodologie di valutazione e le normative vigenti.

La norma ISO 11228

Nel 2003 il comitato tecnico ISO ha elaborato la norma internazionale 11228. 
Nel 2009, la commissione tecnica UNI ha giudicato la Norma ISO 11228 idonea da un punto di vista tecnico alle esigenze nazionali e ne ha proposto alla Commissione Centrale Tecnica dell’UNI l’adozione della versione inglese.
La ISO 11228 viene presentata sotto il titolo generale  Ergonomics- manual handling, ed è divisa in tre parti:

ISO 11228-1 Lifting and carrying (sollevamento e trasporto)
ISO 11228-2 Pushing and pulling (traino e spinta)
ISO 11228-3 Handling of low loads at high frequency (movimentazione dei carichi leggeri ad alta frequenza)

La norma ISO 11228 e il  metodo NIOSH

L'Istituto nazionale per la sicurezza e la salute (NIOSH) è l'agenzia federale statunitense responsabile per la conduzione della ricerca e la formulazione di raccomandazioni per la prevenzione di infortuni e malattie sul lavoro.
NIOSH fa parte dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) presso il Dipartimento di Salute e Servizi Sociali.

La Valutazione dei Rischi nella norma ISO 11228

La metodologia di valutazione del rischio adottabile per D.Lgs. 81/2008, è presente nella ISO 11228, infatti, dopo aver definito i termini, lo scopo e le normative su cui essa si basa, descrive i metodi utilizzati per la valutazione del rischio.

In particolare, le metodologie adottate per la valutazione dei rischi nella norma 11228 sono metodi elaborati dai ricercatori del NIOSH e del LMIC statunitensi:

1. Il Lifting Index di Waters, Putz- Anderson e Garg per quanto riguarda le attività di movimentazione con sollevamento dei carichi.

2. Le tavole di Snook e Ciriello per quanto riguarda le attività di traino e spinta.

Elaborato Certifico S.r.l. | 2014

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Certifico S.r.l. Ed. 1.0 2014
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D.P.R n. 340 del 24 ottobre 2003

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DPR 340 2003

D.P.R n. 340 del 24 ottobre 2003

Regolamento recante disciplina per la sicurezza degli impianti di distribuzione stradale di G.P.L. per autotrazione

(GU n.282 del 4-12-2003)
_______

Art. 1 Campo di applicazione

1. Il presente regolamento si applica agli impianti di nuova realizzazione, disciplinati al Titolo II dell'allegato A che forma parte integrante del presente regolamento. Sono equiparati a questi ultimi gli impianti esistenti in caso di potenziamento della capacita' complessiva oltre 30 m³.

2. Gli impianti esistenti, la cui capacita' complessiva resti limitata fino a 30 m³, devono essere adeguati a quanto previsto al Titolo III dell'allegato entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento. Qualora detti impianti siano oggetto di potenziamenti e/o ristrutturazioni, gli adeguamenti di cui al Titolo III dovranno essere realizzati contestualmente ai suddetti lavori di modifica. Le disposizioni di esercizio, di cui al punto 15 dell'allegato A, devono essere rispettate dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.

Art. 2. Obiettivi

1. Ai fini della prevenzione degli incendi, allo scopo di garantire le esigenze di sicurezza per la salvaguardia delle persone e la tutela dei beni contro i rischi di incendio, gli impianti di distribuzione stradale di G.P.L. per autotrazione sono realizzati e gestiti secondo la regola tecnica di cui all'allegato A, in modo da garantire i seguenti obiettivi:

a) minimizzare le cause di rilascio accidentale di G.P.L., di incendio e di esplosione;
b) limitare, in caso di evento incidentale, danni alle persone;
c) limitare, in caso di evento incidentale, danni ad edifici e/o locali contigui all'impianto;
d) ridurre la frequenza delle operazioni di riempimento dei serbatoi fissi, contribuendo in tal modo a ridurre il traffico stradale di merci pericolose;
e) permettere ai soccorritori di operare in condizioni di sicurezza.

Art. 3. Ubicazione dell'impianto

1. Gli impianti di distribuzione stradale di gas di petrolio liquefatto per autotrazione non possono sorgere:

a) nella zona territoriale omogenea totalmente edificata, individuata come zona A nel piano regolatore generale o nel programma di fabbricazione ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, e nei comuni sprovvisti dei predetti strumenti urbanistici, all'interno del perimetro del centro abitato, delimitato a norma dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, quando, nell'uno e nell'altro caso, la densita' della edificazione esistente, nel raggio di duecento metri dal perimetro degli elementi pericolosi dell'impianto, come definiti al punto 3 dell'allegato al presente decreto, e dall'area di sosta dell'autocisterna, risulti superiore a tre metri cubi per metro quadrato;

b) nelle zone di completamento e di espansione dell'aggregato urbano indicate nel piano regolatore generale o nel programma di fabbricazione, nelle quali sia previsto un indice di edificabilita' superiore a tre metri cubi per metro quadrato;

c) nelle aree, ovunque ubicate, destinate a verde pubblico.

2. La rispondenza dell'area prescelta per l'installazione dell'impianto alle caratteristiche urbanistiche della zona deve essere attestata dal sindaco o comprovata da perizia giurata a firma di professionista, iscritto al relativo albo professionale, competente per la sottoscrizione del progetto dell'impianto medesimo.

...

Allegato A

REGOLA TECNICA IN MATERIA DI SICUREZZA ANTINCENDIO DEGLI IMPIANTI DI DISTRIBUZIONE STRADALE DI GAS DI PETROLIO LIQUEFATTO PER AUTOTRAZIONE (art. 1, comma 1).

[...]

Disponibile in allegato:

1. Testo consolidato 2018

2. Testo commentato e coordinato VVF v4 

Modifiche e abrogazioni:

27/04/2007
DECRETO 3 aprile 2007, (in G.U. 27/04/2007, n.97)
03/10/2008
DECRETO 23 settembre 2008, (in G.U. 03/10/2008, n.232) 
31/12/2008
DECRETO-LEGGE 30 dicembre 2008, n. 207 (in G.U. 31/12/2008, n.304) , convertito con modificazioni dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14 (in SO n.28, relativo alla G.U. 28/02/2009, n.49), ha disposto (con l'art. 21, comma 1) 
09/04/2014
DECRETO 31 marzo 2014, (in G.U. 09/04/2014, n.83)
03/06/2018
Decreto Ministero dell'Interno 20 Aprile 2018 (in  in G.U. 04/05/2018, n.102)
________

Con l'entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di prevenzione incendi di cui al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, gli “impianti di distribuzione carburanti”, sia liquidi che gassosi e di tipo misto, sono ricompresi al punto 13.

 

N.  

 

ATTIVITÀ (DPR 151/2011)

CATEGORIA

A

B

C

13

Impianti fissi di distribuzione carburanti per l’autotrazione, la nautica e l’aeronautica; contenitori-distributori rimovibili di carburanti

liquidi.

 

 

 

 

a) Impianti di distribuzione carburanti liquidi

Contenitori distributori

rimovibili e non di carburanti liquidi fino a 9 mc con punto di infiammabilità superiore a

65 °C

 

Solo liquidi combustibili,

 

Tutti gli altri

b) Impianti fissi di distribuzione carburanti gassosi e di tipo misto (liquidi e gassosi)

 

 

 

Tutti

Equiparazione con le attività di cui all’allegato ex DM 16/02/82

7

Impianti di distribuzione di gas combustibili per autotrazione

18

Impianti fissi di distribuzione di benzina, gasolio e miscele per autotrazione ad uso pubblico e privato con o senza stazione di servizio

Principali differenze fra le attività di equiparazione

La nuova attività unifica sostanzialmente le precedenti, vengono però distinti due gruppi:
- distributori di soli carburanti liquidi - gruppo a)
- distributori gassosi e di tipo misti - gruppo b)

La nuova attività fa esplicitamente riferimento anche ai distributori fissi per la nautica e l’aeronautica. La nuova attività richiama esplicitamente anche i contenitori-distributori rimovibili di carburanti liquidi.

 

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Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 10273 | 27 Aprile 2018

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Sentenze cassazione civile

Riconoscimento della derivazione professionale della malattia tumorale del lavoratore portuale all'esposizione ad amianto

Cassazione Civile Ord. Sez. L Num. 10273 Anno 2018

Civile Ord. Sez. L Num. 10273 Anno 2018
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: BERRINO UMBERTO
Data pubblicazione: 27/04/2018

Ritenuto
che M.S., lavoratore portuale, chiese il riconoscimento della derivazione professionale della malattia tumorale al retto per esposizione a polvere di amianto;
che riconosciuta, all'esito di consulenza d'ufficio, la derivazione professionale della suddetta malattia ad opera del Tribunale di Ravenna, la Corte d'appello di Bologna (sentenza del 9.7.2012), investita dall'impugnazione dell'Inail avverso la predetta decisione, rinnovò l'accertamento tecnico e, conformemente alle conclusioni del perito d'ufficio, ritenne non sufficientemente provata sul piano scientifico la correlazione tra la malattia denunziata e l'esposizione all'amianto; che per la cassazione della sentenza propone ricorso M.S. con un motivo;
che resiste con controricorso l'Inail;

Considerato

che con un solo motivo, formulato per vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Bologna non ha dato alcuna adeguata e specifica giustificazione della preferenza accordata alla seconda consulenza tecnica d'ufficio, il cui esito è stato acquisito senza l'indicazione delle ragioni per le quali la stessa Corte ha inteso disattendere le conclusioni rassegnate dal perito d'ufficio di primo grado e ad onta delle circostanziate critiche mosse dal consulente di parte alle risultanze della perizia espletata in seconde cure; che il ricorso è fondato;
che, in effetti, a fronte della discordanza tra gli esiti delle perizie svolte nei due gradi di giudizio la Corte bolognese ha deciso di condividere le risultanze cui è pervenuto il perito d'ufficio di seconde cure, sfavorevoli all'assicurato, limitandosi semplicemente ad affermare che le critiche mosse al suo operato dal consulente di parte dovevano essere disattese in quanto si trattava di una contrapposta valutazione nell'ambito delle varie posizioni offerte dalla letteratura epidemiologica in materia e non già di carenze o erroneità riscontrabili nell'operato del c.t.u. officiato;
che da tale motivazione non emergono, tuttavia, a fronte delle circostanziate critiche del consulente di parte, le reali ragioni del dissenso scientifico rispetto alle conclusioni cui era pervenuto il perito di prime cure e che erano state, invece, condivise dal primo giudice nel momento in cui perveniva all'accoglimento della domanda, per cui si rivelano fondate le doglianze prospettate dall'odierno ricorrente;
che, invero, si è statuito (Cass. Sez. L, n. 19572 del 26/8/2013) che "in tema di consulenza tecnica di ufficio, se lo svolgimento di una prima consulenza non preclude l'affidamento di un'ulteriore indagine a professionista qualificato nella materia al fine di fornire al giudice un ulteriore mezzo volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti, è tuttavia necessario che il giudice che intenda uniformasi alle risultanze della seconda consulenza tecnica di ufficio non si limiti ad un'adesione acritica ad esse ma giustifichi la propria preferenza, specificando la ragione per la quale ritiene di discostarsi dalle conclusioni del primo consulente, salvo che queste abbiano formato oggetto di esame critico nell'ambito della nuova relazione peritale con considerazioni non specificamente contestaste dalle parti." (conf. a Cass. Sez. 2, n. 23063 del 30.10.2009; in senso conf. v. anche Cass. sez. lav. n. 17105/2016);
che si è, altresì, affermato (Cass. Sez. L, n. 4657 del 25/2/2011) che "in sede di giudizio di appello, allorché venga disposta una nuova (rispetto a quella eseguita in prime cure) consulenza tecnica d'ufficio (nella specie, per accertare il diritto dell'assicurato all'assegno di invalidità ed all'indennità di accompagnamento), l'eventuale accoglimento, da parte del giudice del gravame, della tesi del secondo consulente d'ufficio non necessita di una confutazione particolareggiata delle diverse risultanze e valutazioni della prima consulenza, essendo necessario soltanto che detto giudice non si limiti ad una acritica adesione al parere del secondo ausiliario, ma valuti le eventuali censure di parte, indicando le ragioni per cui ritiene di dover disattendere le conclusioni del primo consulente." (in senso ccnf. v. anche Cass. Sez. 1, n. 5148 del 3/3/2011);
che, in definitiva, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione dell'impugnata sentenza e con rinvio della causa, anche per le spese, alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione, la quale nel riesaminare il merito della questione si atterrà ai suddetti principi.



P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Bologna in diversa composizione. Così deciso in Roma il 19 dicembre 2017

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Allegato riservato Cassazione Civile Ord. Sez. L Num. 10273 Anno 2018.pdf
 
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Circolare MLPS n. 10 del 28 maggio 2018

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Ponteggi rinnovo autorizzazioni 2018

Ponteggi: emanate le istruzioni per il rinnovo delle autorizzazioni

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

È stata pubblicata la Circolare n. 10 del 28 maggio 2018 recante le istruzioni per il rinnovo delle autorizzazioni alla costruzione e all’impiego di ponteggi, ai sensi dell’art. 131, comma 5, del Decreto legislativo 9 aprile 2018, n. 81 e successive modificazioni.

I titolari di autorizzazioni ministeriali dovranno trasmettere al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali apposite istanze di rinnovo delle autorizzazioni in corso, corredando tale richiesta da una copia delle autorizzazioni a suo tempo rilasciate dall'Amministrazione, da una dichiarazione resa dal legale rappresentante, ai sensi del d.p.r. 445/2000, circa il mantenimento dei requisiti di sicurezza del ponteggio e da una dichiarazione, anch’essa resa ai sensi del d.p.r. 445/2000, da cui risulti che la produzione del ponteggio è tuttora in corso.
...

Oggetto: Rinnovo delle autorizzazioni alla costruzione e all’impiego di ponteggi, ai sensi dell’articolo 131, comma 5, del Decreto legislativo 9 aprile 2018, n. 81 e successive modificazioni.

Questa Amministrazione rilascia, ai sensi dell’articolo 131 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, l’autorizzazione alla costruzione ed all’impiego “[…] dei ponteggi realizzati con elementi portanti prefabbricati, metallici o non […]”.

In questo ambito occorre dare prima applicazione alla previsione contenuta al comma 5 del citato articolo 131, la quale prevede che “L’autorizzazione è soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verificare l’adeguatezza del ponteggio all’evoluzione del progresso tecnico.”.

Al fine di poter dare concreta attuazione a tale disposizione, si rende necessario analizzare lo stato di evoluzione del progresso tecnico riguardante la costruzione dei ponteggi fissi, in relazione ai criteri e alle modalità con cui sono state rilasciate da questa Amministrazione le autorizzazioni in corso, tenuto anche conto di quanto previsto dall’articolo 132 del medesimo Decreto legislativo 9 aprile 2018, n. 81.

Ciò anche in considerazione della recente entrata in vigore del decreto interministeriale 17 gennaio 2018, recante l’aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”.

[...]

Le presenti istruzioni, che tengono conto di quanto già indicato nella risposta al quesito n. 1 con la circolare di questa Amministrazione n. 29 del 27 agosto 2010, sono state elaborate sentito l’Ispettorato Nazionale del Lavoro e d’intesa con il Gruppo di lavoro tecnico per l’esame della documentazione relativa al rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 131 del decreto legislativo n. 81 del 2008. Su tali istruzioni è stato, infine, acquisito il parere dell’Ufficio legislativo di questo Ministero, reso con nota del 22 maggio 2018.

In tal senso, il titolare dell’autorizzazione ministeriale dovrà trasmettere a questo Ministero apposita istanza di rinnovo delle autorizzazioni attualmente in corso, corredando tale richiesta da una copia delle singole autorizzazioni a suo tempo rilasciate da questa Amministrazione e da una dichiarazione resa dal legale rappresentante, ai sensi del d.P.R. n. 445/2000, circa il mantenimento dei requisiti di sicurezza del ponteggio nonché da una dichiarazione, anch’essa resa ai sensi del medesimo d.P.R. n. 445/2000, dalla quale risulti che la produzione del ponteggio è tuttora in corso.

Tale istanza dovrà pervenire a questa Direzione Generale entro il 15 giugno 2018, al seguente indirizzo PEC: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Nel caso di istanze di rinnovo già presentate a questa Amministrazione precedentemente all’adozione della presente circolare, le stesse dovranno essere integrate secondo le istruzioni ed entro il medesimo termine innanzi richiamati.

Si precisa fin d’ora che l’autorizzazione ministeriale si intenderà automaticamente revocata nei confronti del titolare dell’autorizzazione medesima qualora, per quest’ultima, non sia stata trasmessa regolare istanza di rinnovo entro il richiamato termine del 15 giugno 2018.

Pertanto, nelle more che siano elaborate le nuove indicazioni tecniche applicabili ai ponteggi metallici, le autorizzazioni per le quali sia stata regolarmente presentata istanza di rinnovo saranno decise sulla base delle indicazioni tecniche attualmente vigenti.

Fonte: MLPS

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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 3/2018

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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 3 del 16 Maggio 2018

Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011
Con Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011 è stata istituita la Commissione per gli interpelli prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro (Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81) ed è stato attivato l’indirizzo di posta elettronica Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

I quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro possono essere inoltrati alla Commissione per gli interpelli, esclusivamente tramite posta elettronica, dagli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.

Le istanze di interpello trasmesse da soggetti non appartenenti alle categorie indicate o privi dei requisiti di generalità non potranno essere istruite. Non saranno pertanto istruiti i quesiti trasmessi, ad esempio, da studi professionali, associazioni territoriali dei lavoratori o dei datori di lavoro, Regioni, Province e Comuni.

Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza. Prima di inoltrare l’istanza si prega di verificare:

- che il quesito, concernente l’interpretazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro sia di carattere generale e non attenga a problematiche aziendali specifiche;
- che il soggetto firmatario rientri nelle categorie indicate. 

Nuovo Interpello del 16 Maggio 2018 (n. 3/2018):

16/05/2018 - n. 03/2018 Destinatario: Dipartimento Autonomie Locali e Polizie Locali (DICCAP)
Art. 12, d.lgs. n. 81/2008 e smi - risposta al quesito inerente l'applicazione dell' art. 3 comma 2 d.lgs. n. 81/2008 nei confronti dei dipendenti della Polizia Locale

Oggetto: art. 12, d.gs. n. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni - risposta al quesito inerente l' applicazione dell' art. 3 comma 2 d.lgs. n. 81/2008 nei confronti dei dipendenti della Polizia Locale

Il Dipartimento Autonomie Locali e Polizie Locali (DICCAP) ha avanzato istanza di interpello a questa Commissione per rappresentare che, in alcuni campi nomadi, presso i quali la Polizia Locale svolge servizi di vigilanza “…si verificano, in maniera costante, roghi […] tali roghi, oltre all’allarme di inquinamento ambientale ed oltre al danno alla salute cagionato nei confronti dei cittadini, preoccupano non poco anche lo Scrivente e tutti i reparti di Polizia Locale coinvolti. Infatti, i roghi in questione rappresentano un pericolo per la salute e sicurezza dei lavoratori coinvolti nel servizio di pattuglia”.

Tutto ciò considerato viene richiesto “… se, e in che misura, l’art. 3 comma 2 d.lgs. n. 81/2008 si applichi nei confronti dei dipendenti della Polizia Locale e se essi possano essere incardinati nelle Forze «destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica»”.

Viene, altresì, chiesto se “… anche alla luce del DVR allegato [riferito a quello della Polizia Municipale di Vibo Valentia] le postazioni mobili o soggette a cambiamento, ed in particolare i luoghi succitati dei roghi, costituiscano ambiente di lavoro alla luce delle norme appena richiamate e se, pertanto, vi sia un obbligo, da parte dei Comandi di Corpi di Polizia Locale, di predisporre le misure di sicurezza generali predisposte dal TU (artt. 62 e segg., 42 e segg.) e, più specificamente, quelle di cui all’allegato IV del medesimo Decreto (artt. 1, 2, 4) nell’ambito della attività di presidio dei roghi medesimi”....

Art. 3.  comma 2 d.lgs. n. 81/2008 

[...]2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dei servizi di protezione civile, nonche' nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalita' istituzionali alle attivita' degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle universita', degli istituti di istruzione universitaria, delle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, delle organizzazioni di volontariato di cui alla legge 1° agosto 1991, n. 266, degli uffici all'estero di cui all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarita' organizzative ivi comprese quelle per la tutela della salute e sicurezza del personale nel corso di operazioni ed attivita' condotte dalla Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, nonche' dalle altre Forze di polizia e dal Corpo dei vigili del fuoco, nonche' dal Dipartimento della protezione civile fuori dal territorio nazionale, individuate entro e non oltre ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo con decreti emanati, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dai Ministri competenti di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale nonche', relativamente agli schemi di decreti di interesse delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri ed il Corpo della Guardia di finanza, gli organismi a livello nazionale rappresentativi del personale militare; analogamente si provvede per quanto riguarda gli archivi, le biblioteche e i musei solo nel caso siano sottoposti a particolari vincoli di tutela dei beni artistici storici e culturali. Con decreti, da emanare entro cinquantacinque mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede a dettare le disposizioni necessarie a consentire il coordinamento con la disciplina recata dal presente decreto della normativa relativa alle attivita' lavorative a bordo delle navi, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, in ambito portuale, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, e per il settore delle navi da pesca, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e l'armonizzazione delle disposizioni tecniche di cui ai titoli dal II al XII del medesimo decreto con la disciplina in tema di trasporto ferroviario contenuta nella legge 26 aprile 1974, n. 191, e relativi decreti di attuazione.

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La tutela della gravidanza nei luoghi di lavoro

ID 6224 | | Visite: 5792 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Tutela gravidanza

La tutela della gravidanza nei luoghi di lavoro

Fact sheet Inail - 2018

Nella scheda viene rappresentata la promozione delle iniziative di educazione alla salute della donna con particolare riferimento ai fattori di rischio professionali. Negli anni il numero delle donne presente negli ambienti di lavoro è aumentato.

Questo fenomeno ha permesso di riconoscere e studiare quei fattori di rischio presenti in diverse attività lavorative che potrebbero avere effetti negativi sulla salute delle lavoratrici e/o dei loro bambini. Il datore di lavoro deve identificare tutte le mansioni a rischio e adottare le misure di prevenzione e protezione necessarie.

Nel contesto della definizione che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dà della salute come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non come la semplice assenza di malattia o infermità, la ‘salute riproduttiva’ è volta al sistema, ai processi e alle funzioni riproduttive in tutti gli stadi della vita umana.

Non bisogna dimenticare che in gravidanza si passa da uno zigote ad un bambino: è una fase delicatissima perché nel totale divenire del nuovo essere questo è esposto, soprattutto nei primi tre-quattro mesi di vita intrauterina, a possibili danni da parte di un gran numero di agenti chimici, fisici e biologici. Promuovere le iniziative di educazione alla salute della donna con particolare riferimento ai fattori di rischio professionale, nasce dal cambiamento del mondo del lavoro in termini di forza lavoro e nuove tipologie contrattuali.

Fonte: INAIL

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Sorveglianza radiometrica sui rottami: Ordinanza RL n. 57671/1997

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Sorveglianza radiometrica Ordinanza RL 1997

Sorveglianza radiometrica sui rottami: Ordinanza RL n. 57671/1997

Relevant Legal instruments in Italy
APAT (Agency of the Environment Protection and Technical Services)

1. Background

In Italia a seguito di un grave caso di fusione accidentale di due sorgenti radioattive in una acciaieria di Brescia e dopo altri casi meno gravi la Regione Lombardia ha ritenuto necessario un provvedimento che concretizzasse l’obbligo della sorveglianza radiometrica sui rottami.

E’ stata quindi adottata dal Presidente della Giunta regionale una ordinanza, la n. 57671 del 20 giugno 1997 che ha imposto una serie di controlli da effettuarsi all’esterno dei contenitori utilizzati per il trasporto del carico di rottami o altri materiali, al momento dello scarico e nelle fasi che precedono la lavorazione, dopo la fusione, sulle scorie e le polveri derivanti dall’impianto di abbattimento e nelle aree di lavoro a maggior rischio di contaminazione. L’ordinanza è ormai decaduta, ma potrebbe essere utilizzata come spunto per disciplinare i controlli radioattivi sui rottami metallici sia per le aziende che li recuperano che le acciaierie/fonderie.

Nel marzo 2001 l’UNI ha emesso una normativa tecnica UNI 10897:2001 31/03/01 “Carichi di rottami metallici -Rilevazione di radionuclidi con misure X e gamma” “Metallic scraps- Determination of gamma emitting radionuclides”, la norma identifica i metodi per determinare le anomalie radiometriche associabili ai radionuclidi presenti nei carichi di rottami metallici destinati al recupero, anch’essa potrebbe essere utile ai fini della stesura del protocollo UNECE. (n.d.r. aggiornata Ed. UNI 10897:2016)

Inoltre sarebbe opportuno accertare il reale utilizzo delle sorgenti radioattive affinchè si possa evitare che le condizioni di disuso alle quali possono essere assoggettate non costituiscano l'anticamera per un loro smarrimento, più o meno intenzionale..

2. Content of the Ordinance of the Region Lombardia

Ordinanza finalizzata alla definizione delle modalità temporanee di attuazione della sorveglianza radiometrica, prevista dal d.lgs. 17 marzo 1995, n. 230, su rottami o su altri materiali metallici di risulta destinati alla fusione.

1. i soggetti che a scopo industriale o commerciale compiono operazioni d! fusione oppure di lavorazione (cernita manuale o meccanica, frantumazione, raffinazione) di rottami o di altri materiali metallici di risulta, hanno l'obbligo della sorveglianza radiometrica sui predetti materiali e rottami, qualsiasi provenienza abbiano; tale sorveglianza si attua, a seconda dell'attività esercitata. attraverso i seguenti controlli:

a) il primo deve essere effettuato all'esterno di ogni contenitore usato per il trasporto del carico di rottami o di altro materiale metallico di risulta (vagone ferroviario, container, autocarro) prima che venga scaricato, e consiste in misure di irraggiamento effettuate all'esterno del carico;
b) il secondo controllo dei rottami deve essere effettuato, al momento dello scarico del materiale oppure nelle fasi che precedono la lavorazione e consiste almeno in una ispezione visiva dello stesso al fine di individuare eventuali sorgenti schermate o contenitori delle medesime, in analogia a quanto già in uso per la prevenzione di altri tipi di rischio; il personale addetto deve essere istruito a riconoscere scritte, etichette, simboli e forme di possibili contenitori di sorgenti radioattive;
c) il terzo controllo deve avvenire dopo la fusione, tramite verifiche radiometriche di adeguata sensibilità su tutti i provini all'atto della produzione;
d) il quarto controllo deve riguardare le scorie e le polveri derivanti dall'impianto di abbattimento dei fumi di lavorazione, anche in questo caso tramite verifiche radiometriche di adeguata sensibilità;

2. per quanto riguarda, in particolare, le misure di irraggiamento effettuate all'esterno dei carichi, esse devono essere condotte in modo da permettere di rilevare la presenza di sostanze radioattive nei carichi medesimi, in considerazione dei fattori fisici correlati:

3. ai fini della accettabilità dei materiali, non devono essere superati i valori di attività totale ed i valori di concentrazione indicati ai punti 1.2 e 1.3 dell'Allegato I al citato D.lgs. 230/95, con le condizioni dei successivi punti 1.4, 1.5, e 1.6 del medesimo Allegato;

4. ai fini specifici della tutela degli addetti, nelle aree di lavoro a maggior rischio di radiocontaminazione oppure ove con maggior frequenza stazioni il personale devono essere collocati monitor di area dotati di allarme, con soglia di attivazione non superiore a 1 Gy/h (microGray/ora);

5. le modalità operative di effettuazione di tutti i controlli sopra descritti devono essere scelte dalla singola azienda in relazione alla sua dimensione ed alle caratteristiche della propria attività: in ogni caso deve essere mantenuta una registrazione dei controlli effettuati, a disposizione degli organi di vigilanza. La definizione della periodicità dei controlli di cui al punto 1.d) deve essere collocata nell'ambito della valutazione dei rischi effettuata ai sensi dell'art. 4 del D.Igs. 19 settembre 1994, n. 626 e successive modifiche e integrazioni;

6. la vigilanza sull'adempimento degli obblighi introdotti dalla presente ordinanza viene esercitata dalle aziende sanitarie locali competenti per territorio, in particolare dai servizi n. 1 con il supporto delle unità operative fisica e tutela dell'ambiente dei presidi multizonali di igiene e prevenzione (PMIP);

7. nel caso i controlli in atto segnalino una situazione anomala i soggetti di cui al punto 1) sono tenuti ad adottare tutte le cautele atte a tutelare la popolazione, i lavoratori e l'ambiente dal rischio di esposizione alle radiazioni ionizzanti e ad informare tempestivamente la competente azienda sanitaria locale che effettuerà le verifiche e le valutazioni del caso e adotterà, ove necessario, i provvedimenti di competenza

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Decreto 23 marzo 2000

ID 6199 | | Visite: 3152 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto 23 marzo 2000

Decreto 23 marzo 2000

Riconoscimento di conformità alle vigenti norme di mezzi e sistemi di sicurezza relativi alla costruzione ed all'impiego di scale portatili

Art. 1.

1. E riconosciuta la conformità alle vigenti norme, ai sensi dell'art. 28, lettera a), del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato dall'art. 14, del decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, delle scale portatili, alle seguenti condizioni:

a) le scale portatili siano costruite conformemente alla norma tecnica UNI EN 131 parte 1a e parte 2a;

b) il costruttore fornisca le certificazioni, previste dalla norma tecnica di cui al punto a), emesse da un laboratorio ufficiale. Per laboratori ufficiali si intendono:

- laboratorio dell'ISPESL;
- laboratorio delle università e dei politecnici dello Stato;
- laboratori degli istituti tecnici dello Stato riconosciuti ai sensi della legge 5 novembre 1971, n. 1086;
- laboratori autorizzati con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità;
- laboratori dei Paesi membri dell'Unione europea o dei paesi aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo riconosciuti dai rispettivi Stati;

c) le scale portatili siano accompagnate da un foglio o libretto recante:

- una breve descrizione con l'indicazione degli elementi costituenti;
- le indicazioni utili per un corretto impiego;
- le istruzioni per la manutenzione e conservazione;
- gli estremi (istituto che ha effettuato le prove, numeri di identificazione dei certificati, date del rilascio) dei certificati delle prove previste dalla norma tecnica UNI EN 131 parte 1a e parte 2a;
- una dichiarazione del costruttore di conformità alla norma tecnica UNI EN 131 parte 1a e parte 2a.

Art. 2.
1. L'attrezzatura di cui all'art. 1 legalmente fabbricata o commercializzata in un altro Paese dell'Unione europea o in un altro Paese aderente all'Accordo sullo spazio economico europeo, può essere commercializzata in Italia purchè il livello di sicurezza sia equivalente a quello garantito dalle disposizioni, specifiche tecniche e standard previsti dalla normativa italiana in materia.

...

GU Serie Generale n.101 del 03-05-2000

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Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 12807 | 23 Maggio 2018

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Sentenze cassazione civile

Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. 23 Maggio 2018 n. 12807

Infortunio operatore del camion di raccolta dei rifiuti

Responsabilità del Comune

Civile Ord. Sez. L Num. 12807 Anno 2018
Presidente: D'ANTONIO ENRICA
Relatore: BELLE' ROBERTO
Data pubblicazione: 23/05/2018

Ritenuto

che il Comune di Collesalvetti ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, poi illustrato da memoria, avverso la sentenza n. 873/2012 della Corte d'Appello di Firenze la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Livorno, lo ha ritenuto responsabile dell'infortunio sul lavoro occorso al dipendente M.F. e conseguentemente lo ha condannato a rimborsare all'I.N.A.I.L. il relativo esborso assicurativo, determinato in euro 38.808,97; che l'I.N.A.I.L. ha resistito con controricorso;

Considerato

che con l'unico motivo si sostiene che l'infortunio sarebbe da riportare a colpa esclusiva del lavoratore, il cui comportamento integrava gli estremi del rischio elettivo;
che tale comportamento è individuato nel fatto che il F.M., in piedi sul predellino posteriore del camion di raccolta dei rifiuti, al momento del passaggio in una strettoia tra due muri, si era sorretto sulla barra laterale, e non su quella orizzontale, così finendo con la mano schiacciata tra tale barra ed il muro del limitrofo edificio;
che tale comportamento non ha le caratteristiche proprie del rischio elettivo che si determinano allorquando venga tenuto dal lavoratore una condotta "abnorme, inopinabile ed esorbitante” (Cass. 13 gennaio 2017, n. 798) che si ponga "al di fuori dell'attività lavorativa e prescindendo da essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico" con la prestazione (Cass. 5 settembre 2014, n. 18786) e quindi non rientrante nella copertura dell'obbligo di sicurezza datoriale, notoriamente esteso, viceversa, alla prevenzione rispetto ad eventuali comportamenti meramente colposi del lavoratore (Cass. 798/2017, cit. ; Cass. 4 dicembre 2013, n. 27127);
che neppure ha pregio il richiamo, contenuto nel contesto del motivo di ricorso, al fatto che il F.M. stesse in quel momento fumando;
che infatti è puramente affermato che il lavoratore "per fumare e stare in equilibrio sul predellino pone la mano dove non dovrebbe" (pag. V del ricorso), senza a ben vedere spiegarsi, data la genericità dell'affermazione, quale fosse la concreta dinamica che possa in ipotesi esplicitare un concreto nesso causale tra l'atto del fumare e l'avere posto la mano sulla barra laterale, in quanto, ad esempio, addirittura il fatto che l'altra mano sorreggesse la sigaretta è escluso dal tenore della deposizione testimoniale (teste S.) riportata nel medesimo ricorso per cassazione;
che il ricorso, a fronte tra l'altro di una sentenza che ha ampiamente motivato sui coefficienti colposi concretamente sussistenti in capo al datore di lavoro (tra cui, l'uso di un mezzo inidoneo perché tale da determinare esposizioni "fuori sagoma" del corpo degli addetti, in violazione dell'art. 374 d.p.r. 547/55; la mancanza di previa verifica sul percorso del mezzo, onde fornire indicazioni agli addetti, stante la strettoia, lo stato dissestato della strada e la scarsa illuminazione, di uscire a piedi da quel varco), va pertanto rigettato; che le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza;



P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.500,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % ed accessori di legge.
Così deciso in Roma nell'adunanza camerale del 15.2.2018.

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Decreto 6 agosto 2013

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Decreto 6 agosto 2013

Modifica del decreto 9 luglio 2012, recante: Contenuti e modalità di trasmissione delle informazioni relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori, ai sensi dell’articolo 40 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

GU n.212 del 10-09-2013

Modificato da: Decreto 16 luglio 2016

D. Lgs. 81/2008
...
Art. 40. Rapporti del medico competente con il Servizio sanitario nazionale

1. Entro il primo trimestre dell'anno successivo all'anno di riferimento il medico competente trasmette, esclusivamente per via telematica, ai servizi competenti per territorio le informazioni, elaborate evidenziando le differenze di genere, relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori, sottoposti a sorveglianza sanitaria secondo il modello in allegato 3B.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono le informazioni di cui al comma 1, aggregate dalle aziende sanitarie locali, all'ISPESL.

2-bis. Entro il 31 dicembre 2009, con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti, secondo criteri di semplicità e certezza, i contenuti degli Allegati 3A3B e le modalità di trasmissione delle informazioni di cui al comma 1. Gli obblighi di redazione e trasmissione relativi alle informazioni di cui al comma 1 decorrono dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al primo periodo.

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Testo Unico Sicurezza D. lgs 81/2008 - 06.2018

Decreto legislativo 81/2008 in materia salute e sicurezza nei luoghi di lavoro - Ed. 06.2018 (17 maggio 2018)

Disponibile il testo coordinato MLPS nell'edizione Maggio 2018  Download TUS Ed. 05.2018

A 10 anni dall'entrata in vigore del D.lgs. 81/2008 è disponibile la nuova versione del decreto -edizione maggio 2018- in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro con tutte le disposizioni integrative e correttive.

10 YEARS ANNIVERSARY

Novità in questa versione:

- Inserita la circolare INL n. 1 dell’11/01/2018 contenente le indicazioni operative sulla corretta applicazione della disposizione di cui all’articolo 34, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2008 relativa allo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di primo soccorso prevenzione incendi e di evacuazione;

- Inserita la lettera circolare INL del 12/10/2017 prot. 3 avente ad oggetto le indicazioni operative sulle sanzioni da applicare in caso di omessa sorveglianza sanitaria dei lavoratori;

- Inserito il Decreto Direttoriale n. 2 del 16/01/2018 - Elenco dei soggetti abilitati e dei formatori per l’effettuazione dei lavori sotto tensione;

- Sostituito il decreto dirigenziale del 9 settembre 2016 con il Decreto Direttoriale n. 12 del 14 febbraio 2018 - Diciassettesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11;

- Inseriti gli interpelli n. 1 e n. 2 del 13/12/2017, n. 1 del 14/02/2018 e n. 2 del 05/04/2018;

- Corretto all’art. 3 comma 12-bis il riferimento alla legge 16 dicembre 1991, n. 398 (associazioni sportive dilettantistiche);

- Inserito il riferimento all’interpello 8/2014 del 13/03/2014 al termine dell’art. 3 comma 12-bis.

MLPS - 17 Maggio 2018

Tutte le Versioni del TUS MLPS pubblicate

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Decreto MLPS 27 aprile 2018

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Decreto 27 aprile 2018

Decreto 27 aprile 2018 

Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

Individuazione delle attività lavorative a bordo delle navi o delle unità, di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, alle quali è vietato adibire i minori di anni diciotto

1. Il presente decreto individua, nell’allegato A, le attività lavorative a bordo delle navi o delle unità di cui all’art. 2 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, e successive modificazioni, alle quali è vietato adibire i minori di anni diciotto. Resta fermo quanto previsto dall’art. 6, comma 1, della legge 17 ottobre 1967, n. 977, e successive modificazioni.

2. In deroga al divieto del comma 1, le attività lavorative a bordo delle navi o delle unità di cui all’art. 2 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, e successive modificazioni, indicate nell’allegato A possono essere svolte dai minori di anni diciotto per indispensabili motivi didattici o di formazione professionale, purché siano svolte sotto la sorveglianza di formatori competenti anche in materia di prevenzione e di protezione e nel rispetto di tutte le condizioni di sicurezza e di salute previste dalla legislazione vigente. Resta fermo quanto previsto dall’art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 2006, n. 231, e successive modificazioni.

3. L’elenco allegato al presente decreto è adeguato al progresso tecnico e all’evoluzione della normativa comunitaria con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

_________

ALLEGATO A

Attività lavorative a bordo delle navi alle quali è vietato adibire i minori di anni diciotto, che prevedono:

a) il sollevamento, la movimentazione o il trasporto di carichi od oggetti pesanti;
b) il lavoro all’interno delle caldaie, nei serbatoi e nelle intercapedini stagne;
c) l’esposizione a livelli dannosi al rumore e alle vibrazioni;
d) l’utilizzo di dispositivi di sollevamento e altre attrezzature o macchinari a motore o le attività di segnalazione agli operatori di tali apparecchiature;
e) l’utilizzo degli ormeggi o dei cavi di rimorchio o delle attrezzature per l’ancoraggio;
f) le attrezzature in genere (ovvero le operazioni di rizzaggio e sartiame);
g) il lavoro sull’alberatura o sul ponte di coperta con il cattivo tempo;
h) il servizio di guardia notturna;
i) la manutenzione delle attrezzature elettriche;
l) l’esposizione a materiali potenzialmente nocivi o ad agenti fisici dannosi, quali ad esempio sostanze pericolose o tossiche e radiazioni ionizzanti;
m) la pulizia del macchinario del servizio per la ristorazione;
n) la movimentazione o la responsabilità delle scialuppe delle navi.

GU Serie Generale n.114 del 18-05-2018

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Circolare Inail n. 22 del 15 maggio 2018

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Circolare Inail 22  15  maggio 2018

Circolare Inail n. 22 del 15 maggio 2018

“Registro di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni” e “Registro di esposizione ad agenti biologici”.

Implementazione servizio telematico “Registro di esposizione” - Accesso ai datori di lavoro del settore navigazione, agricolo e in gestione per conto dello Stato.

Con circolare 12 ottobre 2017, n. 43, l’Inail ha reso disponibile, a decorrere dal 12 ottobre 2017, al datore di lavoro titolare di Posizione assicurativa territoriale (Pat), nonché ai soggetti abilitati dal datore di lavoro stesso, il nuovo servizio telematico “Registro di esposizione”, quale esclusivo strumento volto ad adempiere a quanto previsto dalla normativa vigente nei confronti di Inail e dei funzionari dei Servizi di prevenzione e protezione delle Aziende sanitarie locali.

NUOVO RILASCIO REGISTRO DI ESPOSIZIONE E MODALITÀ DI INVIO TELEMATICO

A parziale integrazione della citata circolare 12 ottobre 2017, n. 43, a cui si rimanda per gli aspetti di dettaglio, con la presente circolare si comunica che a decorrere dal 14 maggio 2018 viene rilasciata un’implementazione al servizio telematico “Registro di esposizione” che consentirà anche ai datori di lavoro, non titolari di Posizione assicurativa territoriale (Pat), di trasmettere all’Inail e alla Asl territorialmente competente sulla base dell’unità produttiva, i Registri di esposizione in argomento.

Il Registro online sarà infatti immediatamente accessibile ai funzionari dei Servizi di prevenzione delle Aziende sanitarie locali tramite l’inserimento delle credenziali in loro possesso nell’area dei servizi online del portale Inail www.inail.it.

Ne consegue, pertanto, che dalla suindicata data del 14 maggio 2018 i datori di lavoro del settore navigazione, agricolo e in gestione per conto dello Stato, nonché i soggetti abilitati dai datori di lavoro stessi, al fine di adempiere al relativo obbligo, dovranno utilizzare in via esclusiva il servizio telematico “Registro di esposizione” e non potrà più essere impiegato lo strumento della posta certificata, come precedentemente previsto nella suindicata circolare Inail 12 ottobre 2017, n. 43, al paragrafo “Rilascio registro di esposizione e modalità di invio telematico”.

A scioglimento della riserva formulata con la citata circolare, si comunica infine che l’Istituto sta progressivamente rendendo disponibili, nel relativo applicativo informatico “Registro di esposizione”, i dati dei Registri che i datori di lavoro hanno trasmesso in formato cartaceo.

Fonte: INAIL

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Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 11170 | 09 Maggio 2018

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Sentenze cassazione civile

Obblighi di sicurezza nel contratto di somministrazione

Civile Ord. Sez. L Num. 11170 Anno 2018

Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: LEONE MARGHERITA MARIA
Data pubblicazione: 09/05/2018

Ritenuto

Che la Corte di appello di Brescia con la sentenza n. 459/2012, in riforma della sentenza del Tribunale di Cremona (n. 39/2011), aveva condannato in solido la CO.GE.ME. Spa e la Adecco Italia spa, al pagamento in favore di D.A. della somma complessiva di E. 100.609,12 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria a titolo di risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale e di spese mediche, per l'infortunio sul lavoro occorso il 27 settembre 2007;
che la Corte, per quel che in questa sede rileva, aveva ritenuto che, attesa la dinamica dell'incidente ed attesa la sussistenza di un rapporto di somministrazione tra le parti, fosse presente la responsabilità colposa dell'utilizzatore COGEME ai sensi dell'art. 23 comma 5 d.lgs n. 276/2003, per non essersi accertata, la società, e non aver informato il lavoratore, della compatibilità delle mansioni assegnate al lavoratore con le altre operazioni svolte nel luogo di lavoro;
che la responsabilità era comunque accertata anche se l'incidente era in concreto accaduto nella sede della committente Siderimpex spa, presso la quale l'D.A. era stato comandato dallo stesso amministratore della utilizzatrice COGEME, a capo anche dell'altra società;
che la Corte riteneva altresì solidalmente responsabile la Adecco, quale formale datore di lavoro dell'D.A., in ragione del disposto dell'art. 23 sopra richiamato, nonchè del disposto della clausola 4) contenuta nel contratto di somministrazione , relativa all'obbligo di formazione ed informazione del lavoratore sui rischi inerenti all'attività di lavoro e all'ambiente in cui questo era destinato ad operare;
che la responsabilità conseguente all'inadempimento era ritenuta ricadente sia sull'utilizzatore che sul somministratore, non rilevando in ciò la possibile pattuizione tra gli stessi sul concreto adempimento dell'obbligo in questione, trattandosi di accordi interni non incidenti sul lavoratore, estraneo alla pattuizione e rispetto al quale il somministratore è tenuto comunque a rispondere in ragione del disposto dell'art. 2087 c.c.;
che per la cassazione della sentenza proponeva ricorso la Adecco Italia Spa, affidandolo a 9 motivi. Depositava altresì memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c . che la CoGeMe spa e D.A. rimanevano intimati.

Considerato

1) - che con il primo motivo la società denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 23, 5° comma, del D.Lgs n. 276/2003 e dell'art. 2087 c.c. , in relazione all'art. 360, n.3, c.p.c., poichè la Corte, dopo aver accertato la responsabilità esclusiva della Cogeme nella determinazione del danno (attraverso il comando del lavoratore presso la Siderimpex spa per decisione dell'amministratore delle due società), ha erroneamente affermato la responsabilità solidale della Adecco, senza considerare l'eccezionalità dell'evento e la non prevedibilità da parte di Adecco della circostanza del comando del lavoratore e del suo utilizzo in ambiente esterno alla Cogeme.
2) -che con il terzo motivo si censura la decisione relativa alla violazione e falsa applicazione dell'art. 23, 5° comma del D.lgs n. 276/2003 e dell'art. 1362 c.c.,per aver , la Corte, erroneamente ritenuto che gli effetti della attribuizione degli obblighi di sicurezza in capo all'utilizzatore costituissero solo un regolamento interno tra somministratore ed utilizzatore e non un regolamento contrattuale cui aveva aderito il lavoratore, con l'effetto di legittimare quest'ultimo a richiedere i danni subiti dall'infortunio, anche alla Adecco;
3) - che i motivi, per ordine logico, devono essere trattati congiuntamente poichè entrambi richiedono il prioritario esame della responsabilità per il danno subito dal lavoratore a seguito di incidente nel corso dell'attività lavorativa regolata da un contratto di somministrazione. La trilateralità del rapporto complica infatti la "lettura" della regola ordinaria che pone il datore di lavoro, attraverso la norma codicistica dell'art. 2087 cc, responsabile della integrità psico fisica del lavoratore . Nella somministrazione l'art. 23 del D.lgs n. 276/2003, ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame (la intera disposizione è stata abrogata dalla entrata in vigore del D.Lvo n. 81/2015 che all'art. 35 dispone le tutele attuali per il lavoratore somministrato), si occupa di disciplinare, in ragione della bipolarità della figura datoriale, il riparto degli oneri e delle responsabilità. Sebbene la disposizione si occupi, al comma 5, di addossare al somministratore gli obblighi di informazione sui rischi per la sicurezza del lavoratore e gli obblighi formativi sui macchinari in uso- (obbligo anche contrattualmente attribuibile all'utilizzatore)- e all'utilizzatore il compito di provvedere per i lavoratori somministrati a tutti gli obblighi di sicurezza cui è tenuto per i propri dipendenti, nulla è detto sulla responsabilità "finale" emergente in caso di infortunio del lavoratore. Certamente la previsione di estensione di tutti gli obblighi di sicurezza posti in capo all'utilizzatore rende questo responsabile di ogni evento si verifichi durante la prestazione lavorativa da lui diretta e quindi afferma la sua piena responsabilità rispetto alle conseguenze dannose verificatesi.
Deve indagarsi se una pari o diversa responsabilità è rinvenibile nel somministratore.
L'art. 2087 c.c. è norma impositiva per il datore di lavoro di una articolata, complessa e piena responsabilità della integrità psico- fisica del dipendente. Si tratta infatti di una disposizione che individua, al pari delle disposizioni relative alla retribuzione , agli obblighi contributivi, assistenziali, assicurativi, il nucleo essenziale dei doveri contrattuali che pesano sul datore di lavoro. Questi ultimi, nella stessa previsione della disciplina in materia di somministrazione, continuano a permanere ( art. 25) in capo al somministratore.
La consolidata giurisprudenza di questa Corte ha considerato l'art. 2087 c.c. quale "norma di chiusura" del sistema antinfortunistico e quindi anche assoggettata, in ragione di questa natura, alla possibilità di interpretazione estensiva "alla stregua sia del rilievo costituzionale del diritto alla salute (art. 32 Cost.), sia dei principi di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 cod. civ.) ai quali deve ispirarsi anche lo svolgimento del rapporto di lavoro". Per questo " la giurisprudenza di questa Corte ha inteso l'obbligo datoriale di "tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro", sancito da questa norma, nel senso di includere anche l'obbligo della adozione di ogni misura "atipica" diretta alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori", (Cass. n. 3291/2016). 
Pur essendo il perimetro disegnato dall'art. 2087 cc destinato a mutare in relazione alla richiamata natura elastica della disposizione, non può peraltro comprendere alcuna ipotesi di responsabilità oggettiva del datore di lavoro, essendo sempre possibile che questo dimostri di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedirlo e, tra queste, di aver vigilato circa l'effettivo uso degli strumenti di cautela forniti al dipendente (Cass. 2209/2016). Rispetto a tali premesse, fondative del sistema complessivo di tutele del lavoratore, la particolarità del contratto di somministrazione, la presenza di una scissione tra utilizzatore e datore di lavoro, e, soprattutto, l'impossibilità giuridica e materiale che il somministratore disponga le cautele antinfortunistiche all'interno dell'azienda dell'utilizzatore, ha determinato la scelta legislativa di articolare differentemente gli obblighi datoriali e, deve ritenersi, le relative responsabilità.
Sia nel D.Lgs n. 276/2003 (all'art. 23, comma 5), ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame, che nel successivo art. 35 del D.Lgs n. 81/2015 (abrogativo dell'art. 23), il legislatore ha individuato, nella informazione dei rischi e nella formazione e addestramento all'uso dei macchinari, gli obblighi del somministratore, ed ha poi imposto all'utilizzatore, nei confronti dei lavoratori somministrati, i medesimi obblighi di protezione che la legge o il contratto pone a suo carico con riguardo ai suoi dipendenti.
A disciplinare la materia è da ultimo intervenuto l'art 3, comma 5 del D.Lgs n. 81/2008 dispositivo delle misure in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, che ha chiarito ulteriormente che "nell’ipotesi di prestatori di lavoro nell'ambito di un contratto di somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20, e seguenti,del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, fermo restando quanto specificamente previsto dal comma 5 dell'articolo 23 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al presente decreto sono a carico dell'utilizzatore". Quest'ultimo intervento legislativo, se pur non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, è utile a comprendere come l'individuazione del soggetto responsabile e degli oneri di protezione a questo collegati, abbia seguito la strada della effettività del rapporto di lavoro e della sua concreta vicinanza ai soggetti che in esso vengono coinvolti.
Dall'assetto normativo così delineato consegue quindi un riparto di responsabilità che fa convergere sull'utilizzatore ogni finale responsabilità sugli specifici obblighi di prevenzione e protezione relativi alla attività di lavoro prestata in suo favore e sul somministratore una responsabilità derivata dall'obbligo di informare e formare il lavoratore. L'attribuzione di tale ultimo obbligo, peraltro, può essere anche oggetto di specifica traslazione dal somministratore all'utilizzatore, secondo quanto previsto dal richiamato art. 23, comma 5, e poi anche dal successivo art. 35 d.lgs. n.81/2015. Di tale pattuizione deve essere data indicazione nel contratto con il lavoratore.
La possibilità di delegare all'utilizzatore gli obblighi in questione risponde ad una logica di effettività delle tutele in quanto sposta sul soggetto direttamente presente nel luogo di lavoro e diretto conoscitore dei macchinari, delle lavorazioni e, in sintesi, delle problematiche legate alla specifica sicurezza di quel luogo di lavoro, gli obblighi di puntuale e diretta formazione e informazione del lavoratore. La indisponibilità del luogo della prestazione da parte del somministratore determina, infatti, il rischio che gli obblighi formativi e informativi a lui rimessi in via primaria risultino poco efficaci.
L'accordo in questione, se indicato (come richiesto dall'art. 23, comma 5 richiamato) nel contratto individuale di lavoro , diviene opponibile anche al lavoratore, con ciò determinando l'ampliamento della obbligazione assunta dall'utilizzatore e la esclusione della responsabilità del somministratore .
Tutto ciò premesso, risulta quindi necessario accertare se, in concreto, nel contratto individuale stipulato tra D.A. e la Adecco Italia spa si faccia menzione della pattuizione contenuta nel contratto fra somministratore ed utilizzatore, al fine di verificare se, ed in che termini, le responsabilità relative all'infortunio in questione siano tutte attribuibili al solo utilizzatore . A riguardo la Corte territoriale, nella sentenza impugnata, non ha fornito indicazioni , avendo preso in esame il solo contratto di somministrazione tra le società (in cui figurerebbe la clausola di traslazione degli obblighi di formazione e informazione) e non quello individuale tra il lavoratore e la Adecco Italia Spa.
In accoglimento del primo e terzo motivo deve quindi cassarsi la sentenza impugnata e rinviarsi la causa alla Corte di appello di Milano perchè accerti se nel contratto individuale di lavoro sia stata fatta menzione della clausola di cui all'art. 23,comma 5, del D.lgs n.276/2003 contenuta nel contratto fra somministratore e utilizzatore, così da escludere la responsabilità della Adecco Italia Spa nel danno derivato ad D.A.. In caso negativo, e quindi in caso in cui non sia presente nel contratto individuale di lavoro la suddetta menzione, la Corte di appello dovrà accertare la concreta responsabilità del somministratore in ordine agli obblighi di formazione ed informazione del lavoratore attribuiti dalla legge;
4) - che con il secondo motivo si censura la decisione della Corte relativa alla responsabilità della Adecco, pur in presenza della valida deroga normativa di cui all'art 23, v° comma , del D.Lgs n. 276/2003, e dunque in violazione di essa ( Art. 360, n. 3 C.p.c.). La società lamenta che, nonostante fosse stato pattuito tra le società Adecco e la utilizzatrice, (clausola n. 4) l'assolvimento dell'obbligo di formazione ed informazione del lavoratore sui rischi dell'attività in capo all'utilizzatore, la Corte avesse ritenuto la responsabilità della datrice di lavoro in quanto sarebbe rimasto indimostrato che la stessa avesse effettivamente controllato e vigilato l'adempimento dell'obbligo assunto dall'utilizzatore.
Il motivo non risulta centrato sulla decisione della Corte territoriale in quanto la stessa ha statuito che l'accordo in questione, sia pur legittimo e possibile per il dettato dell'art. 23 richiamato, fosse comunque accordo interno alle società non sottoscritto dal lavoratore, nei cui confronti continuava a rimanere cogente l'art. 2087 cc. La doglianza risulta quindi inconferente rispetto al decisum del giudice del gravame, e comunque in gran parte superata da quanto sopra rilevato con riguardo al primo e terzo motivo di censura . Il motivo deve essere rigettato; 
5) -che il quarto motivo denuncia un vizio di omessa ed insufficiente motivazione ex art. 360 n. 5, non considerando che la sentenza impugnata è stata depositata il 9.11.2012 ed è dunque assoggettata alla nuova formulazione dell'art. 360, n. 5 epe. Alcun fatto decisivo è stato rappresentato e neppure ove esso abbia formato oggetto di discussione tra le parti. Il motivo risulta quindi inammissibile;
6) - che la quinta censura è relativa alla violazione dell'art. 23, ex art. 360 n. 3, in quanto la norma non prevede la obbligazione solidale tra somministratrice ed utilizzatrice. Con il 6) motivo denuncia la violazione dell'art. 1292 cc per insussistenza dell'obbligazione solidale.
I motivi possono essere trattati congiuntamente perchè attinenti allo stesso profilo. Essi sono infondati perché la solidarietà (peraltro dichiarata solo in dispositivo) deriva necessariamente dal principio di cui all'art. 1294 c.c., fermo restando che di essa potrà farsi applicazione solo se dal contratto di lavoro risulterà la menzione della clausola di traslazione degli obblighi formativi ed informativi (come sopra detto);
7) - che il settimo motivo censura la violazione dell'art. 2087 cc, con riguardo all'art. 360 n,. 3 cpc., perchè nella decisione impugnata risulterebbe validata una ipotesi di responsabilità oggettiva invece non considerata dalla norma. Anche questo motivo risulta infondato alla luce di quanto detto in merito al 1° e 3° motivo;
8) -che con l'ottavo motivo viene censurata la sentenza per omessa ed insufficiente motivazione ex art. 360 n. 3 e 5 , con riguardo alla asserita violazione dell'art. 2087 c.c. ed alla omessa ed insufficiente motivazione circa il comportamento colposo della Adecco ed all'adempimento degli obblighi normativi da parte della stessa società.
Il motivo richiama ancora una volta la valutazione (ritenuta omessa) di circostanze di fatto, quali il luogo dell'infortunio e la estraneità di questo alla disponibilità ed al controlli della Adecco, che possono assumere rilevanza eventuale solo a seguito dell'accertamento primario già demandato alla Corte di appello di Milano sull'inserimento nel contratto individuale dell'eventuale accordo sugli adempimenti in punto di sicurezza. Ogni conseguente valutazione inerente ai concreti profili di eventuale responsabilità della Adecco risulta al momento infondata rispetto all'accoglimento del 1° e 3° motivo;
9) - che risulta comunque inaccoglibile anche il motivo posto in via subordinata dalla società con riguardo alla mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della compagnia di assicurazione con la quale la Adecco aveva stipulato un contratto di garanzia a manleva di tutte le pretese risarcitone. Invero, non versandosi in un caso di litisconsorzio necessario, la mancata chiamata in causa ex art. 107 c.p.c. non è sindacabile nè dal giudice d'appello nè da quello di legittimità (cfr. Cass. n. 22419/2008);
10) - che in ragione di quanto sopra enunciato devono accogliersi il primo ed il terzo motivo per le ragioni sopra esplicitate, rigettando tutti gli ulteriori motivi ; deve quindi cassarsi la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti rinviandosi alla Corte di appello di Milano per gli accertamenti sopra indicati e perchè provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.



P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo nei sensi di cui in motivazione; rigetta tutti gli altri motivi ;cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Milano che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità
Così deciso in Roma in camera di consiglio in data 23 gennaio 2018.

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Decreto Direttoriale n. 48 del 09/05/2018

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Decreto Direttoriale n. 48 del 09/05/2018

Aggiornamento composizione Commissione verifiche periodiche

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

La composizione della Commissione per l’esame della documentazione per l’iscrizione nell’elenco dei soggetti abilitati di cui all’Allegato III del d.i. 11 aprile 2011, ricostituita con decreto direttoriale n. 11 del 21 febbraio 2017, tenuto conto di quanto rappresentato in premessa, è modificata come segue:

- l’ing. Ludovica Massaccesi è individuata, in sostituzione dell’ing. Aldo Chirianni, quale rappresentante supplente del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
- l’ing. Catia Santangelo è individuata, in sostituzione dell’ing. Giuseppe Inguì, quale rappresentante effettivo del Ministero dello sviluppo economico;
- il sig. Paolo Bonfigli è individuato, in sostituzione del sig. Pierangelo Ferro, quale rappresentante supplente del Ministero dello sviluppo economico.

...

Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

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Guida alla sicurezza intorno a una zona di carico del veicolo

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Guida alla sicurezza intorno a una zona di carico del veicolo

Una zona di carico/scarico è uno spazio all'interno di un edificio o di un impianto dove i veicoli vengono caricati e scaricati, in cui esiste un dislivello.

I veicoli sono normalmente caricati/scaricati con una rampa rampa, forbice, piastra ponte o carico.

Per una rappresentazione visiva più dettagliata consultare l'Appendice 1/2.

Per fornire agli utenti, progettisti e fornitori con la consapevolezza dei pericoli principali intorno alla zona di carico/scarico, insieme a una selezione di soluzioni riconosciute, sono fornite le relative norme e direttive applicabili alle attrezzature utilizzate nella zona.

Il presente documento non è esaustivo; nuovi prodotti possono essere progettati in qualsiasi momento, per fornire soluzioni alternative.

Da notare che questo documento non include i dettagli specifici relativi al funzionamento/manutenzione delle attrezzature.

1. Che cosa è una zona di carico/ scarico?
2. Scopo di questa linea guida
3. Pericoli principali e le possibili soluzioni
4. Sistemi interbloccati 
5. Direttive, norme e linee guida applicabili alle aree di carico/scarico
6. Requisiti e raccomandazioni supplementari

FEM 2011

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FEM 2011
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DM 20 Aprile 2018

ID 6089 | | Visite: 8831 | Prevenzione Incendi

Decreto 20 aprile 2018

Decreto 20 aprile 2018 Modifiche ed integrazioni Allegato A D.P.R. 340/2003

Modifiche ed integrazioni all’allegato A del decreto del Presidente della Repubblica 24 ottobre 2003, n. 340 e successive modificazioni, recante la disciplina per la sicurezza degli impianti di distribuzione stradale di G.P.L. per autotrazione.

GU Serie generale - n. 102 del 04.05.2018

Entrata in vigore: 03.06.2018

Decreta:

Art. 1. Integrazioni alla regola tecnica di prevenzione incendi per gli impianti di distribuzione stradale di G.P.L. per autotrazione.

1. All’allegato A del decreto del Presidente della Repubblica 24 ottobre 2003, n. 340, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al titolo II, punto 15.3. - Operazioni di erogazione, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: « 3 -bis.
È ammesso il rifornimento dei serbatoi inamovibili di GPL conformi insieme ai relativi accessori al regolamento UNECE 67, installati per l’alimentazione dei sistemi diversi dalla propulsione dei veicoli conformi al regolamento UNECE 122. È, altresì, ammesso il rifornimento dei serbatoi inamovibili di GPL conformi insieme ai relativi accessori al regolamento UNECE 67 installati per l’alimentazione dei sistemi diversi dalla propulsione dei veicoli immessi in circolazione prima dell’entrata in vigore obbligatoria del regolamento UNECE 122. Prima dell’effettuazione del rifornimento, il personale addetto agli impianti di distribuzione stradale di gas di petrolio liquefatto per autotrazione verifica l’ammissibilità del rifornimento dei serbatoi inamovibili di GPL di cui sopra sulla base delle indicazioni contenute nella carta di circolazione del veicolo.»;

b) al titolo IV, punto 18 - Generalità, al comma 2, dopo le parole «dell’utente.», sono aggiunte le seguenti:
«Per il rifornimento dei serbatoi inamovibili di GPL di cui al punto 15.3, comma 3 -bis , il personale addetto deve verificare che il veicolo sia in possesso dei requisiti richiesti per il rifornimento, indicati al citato punto 15.3, comma 3 -bis »;

c) al titolo IV, punto 18 - Generalità, al comma 3, dopo le parole «non presidiati» sono aggiunte le seguenti: «, ad esclusione dei serbatoi di cui al punto 15.3, comma 3 -bis ,».

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Nota VVF Adeguamento antincendio scuole e asili nido

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Nota VVF Adeguamento antincendio scuole e asili nido

Nota VVF Adeguamento antincendio scuole e asili nido

Misure integrative in merito attuazione Decreto Min. Interno 21/03/2018

18 Aprile 2018, Nota n. 5264 

Come noto il 31 dicembre 2017 è scaduto il termine di adeguamento alla normativa antincendio degli edifici e dei locali adibiti ad asili nido ed a scuole di qualsiasi tipo, ordine e grado, il Decreto 21 marzo 2018 ha definito le indicazioni programmatiche prioritarie per l’adeguamento alla normativa antincendio dei suddetti edifici e locali.

Con la Nota Min. Interno 18/04/2018, n. 5264, Il Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Ministero dell'interno indica misure integrative in merito all’attuazione del suddetto Decreto 21 marzo 2018 e indica che il personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nel caso in cui nell'attività di vigilanza ispettiva svolta sul territorio riscontri la presenza di attività scolastiche e di asili nido in esercizio senza SCIA o senza il completo adeguamento alle disposizioni normative, dovrebbe attivare le procedure previste dal D.lgs 09/12/1994, n. 758 per le contravvenzioni rilevate.

Qualora inoltre venissero accertate violazioni, dovranno essere valutate le condizioni di rischio, la rilevanza dell'inosservanza alla normativa di prevenzione incendi ovvero dell'inadempimento di prescrizioni e di obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attività, al fine di adottare i provvedimenti di urgenza per la messa in sicurezza dell'ambiente di lavoro e di individuare le specifiche prescrizioni da imporre.

Il provvedimento fornisce inoltre, a titolo esemplificativo, alcune indicazioni di misure integrative che possono essere prescritte alternativamente o congiuntamente, nelle situazioni sopra descritta:

a) Il numero di lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione del piano di emergenza deve essere potenziato coerentemente alla valutazione del rischio connessa al mancato adeguamento antincendio dell’attività;

b) Il datore di lavoro deve provvedere all’attuazione dell’informazione di lavoratori sui rischi specifici derivanti dal mancato adeguamento antincendio dell’attività;

c) Tutti i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione del piano di emergenza devono aver frequentato il corso di tipo C di cui all’allegato IX del D.M. 10 marzo 1998 e avere conseguito l’attestato di idoneità tecnica previsto dall’art. 3 della legge 28 dicembre 1996, n. 609;

d) Devono essere svolte almeno due esercitazioni antincendio all’anno in linea con gli scenari individuati nel documento di valutazione dei rischi, in aggiunta alle prove di evacuazione previste al punto 12.0 del D.M. 26 agosto 1992;

e) Deve essere pianificata ed attuata una costante attività di sorveglianza volta ad accertare, visivamente, la permanenza delle normali condizioni operative, della facile accessibilità e dell’assenza di danni materiali, con cadenza giornaliera sui dispositivi di apertura delle porte poste lungo le vie d’esodo e sul sistema di vie d’esodo, e con cadenza settimanale su estintori, apparecchi d’illuminazione e impianti diffusione sonora e/o impianti di allarme.

L’attuazione delle misure di cui alle lettere d) e e) deve essere riportata nel registro dei controlli, adottato nel rispetto della normativa vigente.

Si rammenta che, ai sensi dell’art. 14 del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività sono esclusivamente quelle individuate nell’allegato I del decreto medesimo.

Si evidenzia infine che i Comandi potranno procedere analogamente anche a seguito di attività di vigilanza ispettiva svolta in luoghi di lavoro esistenti di diversa tipologia, in particolare nelle attività non soggette ai controlli di prevenzione incendi prima dell’entrata in vigore del DPR 151/2011 per le quali risultino scaduti i termini per la presentazione della SCIA.

Il Capo Nazionale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco

GIOMI

TL DP AV

Fonte: VVF

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 18663 | 30 Aprile 2018

ID 6080 | | Visite: 3261 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Trattamento di rifiuti pericolosi bombole metalliche di ossigeno

Infortunio mortale durante le operazioni di trattamento rifiuti pericolosi 

Penale Sent. Sez. 4 Num. 18663 Anno 2018

Penale Sent. Sez. 4 Num. 18663 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 07/03/2018

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 17.2.2016 la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Foggia - emessa in sede di giudizio abbreviato -, ha riconosciuto le attenuanti generiche e rideterminato la pena inflitta ad A.P. in anni due di reclusione, con pena sospesa, confermando nel resto la declaratoria di penale responsabilità dell'imputato in relazione all'omicidio colposo avvenuto il 6.7.2010 in danno del lavoratore D.C., dipendente dell'imputato.
Si addebita ad A.P., quale titolare della omonima impresa individuale, di non aver impedito che i dipendenti F.F. e D.C. effettuassero operazioni di trattamento di rifiuti pericolosi consistiti in bombole metalliche contenenti ossigeno, sebbene l'impresa fosse autorizzata ad eseguire unicamente l'attività di messa in riserva finalizzata al recupero di rifiuti non pericolosi. Per effetto di ciò, l'infortunio sul lavoro in disamina avveniva secondo le seguenti modalità: il F.F., nell'eseguire l'operazione di svitamento della valvola di testa di una bombola di ossigeno, avvalendosi di un martello, provocava l'esplosione della bombola che veniva proiettata ad elevata velocità e colpiva il D.C., che si trovava poco distante intento al sezionamento di altra bombola metallica, provocandogli imponenti lesioni cranio-encefaliche che ne determinavano il decesso.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, articolando tre motivi, di seguito sinteticamente illustrati.
I) Violazione di legge e illogicità della motivazione in relazione all'accertamento della penale responsabilità dell'imputato.
Deduce che le argomentazioni della sentenza impugnata mal si conciliano con gli elementi probatori acquisiti in fase processuale, non considerando l'imprevedibilità dell'evento sulla scorta della corretta applicazione del principio di affidamento. In tale prospettiva sottolinea come dal "documento di trasporto" relativo alle bombole di ossigeno trattate dai due dipendenti si evinca che le stesse fossero state precedentemente bonificate, tanto da divenire materiale ferroso che ben avrebbe potuto essere lavorato per la messa in riserva dei rifiuti in questione.
Denuncia l'illogicità motivazionale della sentenza laddove attribuisce attendibilità alle dichiarazioni del teste N., secondo cui le bombole alienate all'imputato non erano state bonificate e al momento di consegna delle stesse la bolla di accompagnamento non era stata compilata.
Rileva che dal compendio probatorio manchi la prova certa che l'attività di sezionamento delle bombole, eseguita impropriamente con un cannello ossiacetilenico e con un rudimentale martello, fossero state effettivamente disposte dal datore di lavoro. Al riguardo segnala come il D.C. svolgesse la sola attività di messa in riserva del materiale ed il F.F. la funzione di autista, e che risulta accertato che quest'ultimo si sia adoperato nell'attività di smontaggio delle bombole a seguito di una espressa richiesta di ausilio proveniente (non dall'imputato ma) dal D.C.. Ritiene che si trattò di comportamenti del tutto avventati, esorbitanti dal procedimento di lavoro, compiuti con modalità del tutto anomale ed estranee ai normali schemi lavorativi, come tali interruttivi del nesso causale rispetto alla ritenuta condotta omissiva addebitata al A.P..
II) Mancanza di motivazione in ordine alla pena irrogata.
Lamenta che la Corte territoriale, nel calcolo della pena, sia immotivatamente partita da una pena base di quattro anni di reclusione, ben al di sopra del minimo edittale.
III) Violazione di legge nella determinazione della pena e nel computo del termine prescrizionale.
Osserva che il giudice di merito non ha tenuto conto dell'intervenuta prescrizione delle contravvenzioni di cui ai capi 2) e 3), le cui date di commissione riportate in rubrica sono erroneamente quelle, rispettivamente, del 9.7.2012 e 6.7.2012, mentre dall'incarto processuale è pacifico che tali violazioni ebbero ad essere contestate nell'immediatezza dell'accertamento del reato di omicidio colposo, ossia il 6.7.2010. Pertanto il giudice non avrebbe dovuto tenere conto, nella determinazione della pena, dei reati in questione, per i quali al momento della decisione era già decorso il termine quinquennale di prescrizione.

Considerato in diritto

1. Il primo motivo è inammissibile in quanto svolge censure non consentite in sede di legittimità e comunque manifestamente infondate.
Va rammentato che nel caso di specie la Corte di appello ha confermato il giudizio di primo grado in ordine alla responsabilità del prevenuto per il reato di omicidio colposo in contestazione. Ne deriva che ci si trova di fronte ad una cd. "doppia conforme", nel senso che le motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado si integrano a vicenda, formando un unico percorso logico-argomentativo che, nel caso in esame, appare certamente congruo, logico e adeguato, oltre che giuridicamente corretto. 
I rilievi della difesa svolgono prevalentemente censure in punto di mero fatto, che non sono consentite in questa sede, non potendo la cassazione rivalutare il compendio probatorio in senso alternativo o diverso rispetto a quanto effettuato dai giudici di merito; lo scrutinio del giudice di legittimità è limitato a compiere una valutazione di adeguatezza logico-giuridica del percorso argomentativo adottato nella sentenza impugnata, e sotto questo profilo si ritiene che il provvedimento di cui si discute vada esente dalle critiche sollevate dall'imputato.
Il corpo motivazionale della sentenza impugnata, infatti, analizza in maniera esauriente, corretta e plausibile i fatti, la posizione di garanzia dell'imputato e le sue manchevolezze sul piano cautelare, con particolare riguardo alla pacifica mancanza di autorizzazione della ditta del A.P. in ordine al trattamento di bombole: la ditta del ricorrente era abilitata solo alla messa in riserva di materiale ferroso, e non poteva perciò ricevere nel proprio deposito bombole o comunque contenitori di gas compressi di qualsivoglia natura, trattandosi in ogni caso di rifiuti pericolosi che devono essere necessariamente trattati da ditte specializzate, che utilizzano specifici macchinari di cui la ditta dell'imputato non era dotata, nonché di personale con specifica formazione, nel caso pacificamente assente (vedi pagg. 11-12 della sentenza di appello).
Anche sul nesso causale la sentenza osserva, plausibilmente, che se le bombole non fossero state acquisite dalla ditta del prevenuto l'evento non si sarebbe verificato: i due dipendenti non erano dotati delle attrezzature necessarie per trattare le bombole, in quanto il taglio con la cesoia non garantiva dalla esposizione a rischio; il contesto lavorativo era tale da comportare l'uso di attrezzi inadeguati quali il martello ed il cannello; il A.P. era sul posto al momento dell'infortunio e non poteva essergli sfuggito il carico di bombole, né risulta che abbia dato indicazioni adeguate al personale per il loro trattamento.
In definitiva, la tenuta logico-giuridica delle argomentazioni addotte dai giudici di merito per affermare la responsabilità colposa del ricorrente in ordine all'evento in disamina le rende insindacabili nella presente sede di legittimità.
2. Anche il secondo motivo è inammissibile, siccome manifestamente infondato.
In proposito è appena il caso di rilevare che la pena base irrogata (4 anni di reclusione) non supera la media edittale (pari a 4 anni e 6 mesi di reclusione, trattandosi di reato che prevede la pena edittale da 2 a 7 anni di reclusione), per cui nel caso trova applicazione il costante principio affermato da questa Corte di legittimità secondo cui la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro e altro, Rv. 27124301).
Nella specie è certamente adeguata la motivazione contenuta nella sentenza di primo grado, nella parte in cui, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio, si fa riferimento sia alle accertate gravi violazioni della normativa in tema di sicurezza sul lavoro, sia al riempimento «postumo e prò domo sua» da parte del prevenuto del documento di trasporto delle bombole in questione (contenente la falsa attestazione che le stesse erano state bonificate), funzionale a precostituire la prova della estraneità del medesimo ai fatti di causa.
3. E' invece fondato il terzo motivo di doglianza, dovendosi sicuramente ritenere, alla luce dei fatti accertati e delle violazioni riscontrate, che le contravvenzioni di cui ai capi 2 e 3 di rubrica siano state commesse in epoca coeva all'infortunio sul lavoro in disamina, avvenuto nel luglio del 2010. Pertanto, essendo certamente decorso il termine prescrizionale massimo di cinque anni, e non ricorrendo i presupposti per un proscioglimento nel merito ai sensi dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., non potendosi constatare con evidenza dagli atti l'insussistenza dei fatti-reato in questione, gli stessi vanno dichiarati estinti per prescrizione, con conseguente annullamento in parte qua della sentenza impugnata, anche con riferimento alla relativa pena, come determinata a titolo di continuazione, di mesi 2 e giorni 20 di reclusione, che va eliminata. Il ricorso va dichiarato inammissibile nel resto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle contravvenzioni di cui ai capi 2 e 3 perché estinte per prescrizione ed elimina la relativa pena come determinata a titolo di continuazione di mesi 2 e giorni 20 di reclusione. Dichiara inammissibile nel resto.
Cosi deciso il 7 marzo 2018

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