Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 22022 | 18 Maggio 2018
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Amianto nel cantiere navale di Monfalcone
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22022 Anno 2018
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22022 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: CAPPELLO GABRIELLA
Data Udienza: 22/02/2018
Con sentenza del 20/07/2016, la Corte d'appello di Trieste ha parzialmente riformato quella del Tribunale di Gorizia, appellata, tra gli altri, dagli imputati TUPINI Giorgio, BOCCHINI Enrico, ANTONINI Corrado, LIPPI Manlio, ABBONA Mario, SCHIVI Roberto, ZAPPI Antonio, CASINI Cesare e MASSENTI Italo, con la quale costoro erano stati condannati per più ipotesi di omicidio colposo e lesioni colpose aggravati, rispettivamente ai sensi dell'art. 589 co. 2 e 3 e dell'art. 590 co. 3 e 4 cod. pen., ai danni di 74 soggetti (rispetto alle originarie 87 persone offese), tutti lavoratori dipendenti della società ITALCANTIERI S.p.A., stabilimento di Monfalcone, o delle società appaltatrici, ad eccezione di GIURATO Silvana (soggetto esposto alla inalazione di fibre di amianto da contatto con le tute da lavoro del coniuge BERTOGNA Mario, lavoratore dipendente), dichiarando non doversi procedere nei confronti di alcuni imputati deceduti e degli imputati TUPINI Giorgio, BOCCHINI Enrico, ANTONINI Corrado, LIPPI Manlio, ABBONA Mario e SCHIVI Roberto, limitatamente ad alcuni capi d'imputazione, per essere i reati estinti per prescrizione. Ha rideterminato la pena nei confronti di costoro, concedendo la sospensione condizionale della stessa all'imputato CASINI, ha condannato gli imputati ZAPPI e MASSENTI al pagamento delle spese processuali del grado e, ognuno, alla rifusione delle spese sostenute dalle rispettive parti civili ancora presenti nel processo e, quindi, in favore di BENES Alessio e, unitamente al responsabile civile FINCANTIERI C.N.I. S.p.A., di TOMASIN Maria Pia, JARC Daniela, JARC Massimo, CGILFIOM, ASSOCIAZIONE ESPOSTI all'AMIANTO, PROVINCIA di Gorizia, REGIONE AUTONOMA Friuli-Venezia-Giulia e CODACONS Friuli-Venezia-Giulia, confermando nel resto.
2. Si è contestato agli imputati, in più procedimenti riuniti, di avere cagionato, nelle rispettive qualità, di cui oltre si dirà, la morte di numerosi dipendenti della società titolare o di quelle appaltatrici nel cantiere navale di Monfalcone (con l'unica eccezione di cui sopra si è detto), i quali, in ragione delle mansioni assegnate, avevano contratto - a causa della esposizione all'amianto, attiva (in quanto le mansioni ne comportavano l'uso) o passiva (in quanto il lavoro era svolto in ambienti saturi delle polveri d'amianto per concomitanti lavorazioni) l'asbestosi (indicata come causa della morte delle pp.00. PESCATORE Aldo, FURLAN Carlo e SOPPI Albino), varie neoplasie dei polmoni o della pleura, talora accompagnate anche da asbestosi (BULLIAN, GASSER, BALANZIN, SARRA, KOBAL, MARTINELLI, BELCI, FERLETIC, BALZAN, LEGHISSA, DOTTO, SAVIGNANO, PERIZ, TUTA, HERMAN, GREGORI, DE ROSSI, BOSMA e DOVOLI) e il mesotelioma (causa della morte di altre 52 persone).
Gli addebiti sono stati mossi per colpa generica, consistente in negligenza, imprudenza e imperizia e specifica, in violazione delle norme poste a tutela della salute dei lavoratori, attribuiti sia in forma commissiva che omissiva e segnatamente per avere:
omesso di adottare tutte le misure di sicurezza generiche e specifiche e i provvedimenti, organizzativi e procedurali, necessari per contenere l'esposizione all'amianto (come impianti di aspirazione, limitazione dei tempi di esposizione, procedure lavorative idonee ad evitare la manipolazione, lo sviluppo e la diffusione dell'amianto, la separazione di lavorazioni di maestranze diverse, evitando l'aerodispersione di fibre); omesso di curare la fornitura di mezzi personali di protezione, assicurandosi del loro effettivo impiego; omesso di formare ed informare i lavoratori circa i rischi specifici derivanti dall'esposizione all'amianto e le misure per ovviare a tali rischi; omesso di provvedere alla sostituzione dell'amianto con materiali alternativi; disatteso o realizzato con ingiustificato ritardo le norme precauzionali e di organizzazione del lavoro nelle lavorazioni esposte a rischio amianto; ordinato l'acquisto di ingenti quantità di amianto destinato ad essere impiegato nelle lavorazioni nei vari cantieri, senza ricercare materiali alternativi, destinati agli stabilimenti e alle officine, oltre che all'allestimento navale.
3. Quanto alla vicenda processuale (originata da ben 11 processi poi riuniti), deve premettersi che gli appellanti avevano censurato la sentenza di condanna del Tribunale di Gorizia, addivenuto alla decisione dopo una imponente istruttoria che aveva visto l'escussione di ben 273 testimoni, l'esame dei CC.TT . del P.M. e delle difese, l'acquisizione delle loro relazioni, di verbali di s.i.t., sia su accordo delle parti, che in virtù del meccanismo processuale di cui all'art. 512 cod. proc. pen., e di una significativa mole di documenti aziendali, sviluppando le argomentazioni difensive attorno ad alcuni punti fondamentali relativi al nesso causale, anche sotto il profilo della esistenza di una legge scientifica di copertura, alla colpa e alla posizione di garanzia degli imputati.
In conclusione, il Tribunale aveva fatto affidamento sulla teoria scientifica, veicolata nel processo attraverso l'acquisizione delle relazioni di consulenza tecnica disposte nei procedimenti riuniti, secondo cui è rilevante ogni dose assunta durante l'esposizione, almeno fino alla conclusione del periodo che precede la rilevanza clinica della malattia (che ha stimato in dieci anni) e significativa ogni condotta che, riducendo o eliminando l'esposizione, possa impedire o rallentare il processo di cancerogenesi, procedendo alla valutazione del contesto lavorativo e al vaglio della causalità individuale,.sulla scorta di una verifica, condotta caso per caso e in maniera analitica, della esistenza di una correlazione tra l'esposizione all'amianto e la malattia (mortale per 84 delle 87 persone offese), distinguendo tra il profilo oggettivo della inosservanza delle norme cautelari e quello soggettivo della rimproverabilità dell'agente (per prevedibilità e prevenibilità dell'evento).
Quanto alle posizioni di garanzia, il Tribunale aveva considerato la successione delle società nella gestione del cantiere navale nel periodo compreso tra il 1960 e il 1985 e i ruoli svolti dai singoli imputati nell'organizzazione aziendale complessa, spesso avvalsasi di ditte esterne per singole tipologie di lavorazioni. [...]
1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti degli imputati BOCCHINI Enrico e LIPPI Manlio perché i reati agli stessi rispettivamente ascritti sono estinti per morte degli imputati, intervenuta rispettivamente in data 27/07/2017 e 29/01/2017, come da certificazione in atti, con conseguente revoca delle statuizioni civili nei loro confronti. La morte dell'imputato, intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione, impone infatti tale statuizione, risultando esaurito il sottostante rapporto processuale ed essendo preclusa ogni eventuale pronuncia di proscioglimento nel merito ai sensi dell'art. 129, comma secondo, cod. proc. pen. (cfr. sez. 3 n. 23906 del 12/05/2016, Rv. 267384; sez. 1 n. 24507 del 09/06/2010, Rv. 247790).
2. Prima di procedere alla verifica circa la perenzione dei termini di prescrizione con riferimento ad alcuni dei reati contestati, vanno esaminate le doglianze con le quali talune difese hanno contestato la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 589 co. 2 cod. pen., per le ovvie ricadute dell'argomento sulla individuazione di detti termini.
2.1. La Corte triestina ha disatteso la relativa eccezione difensiva alla luce della giurisprudenza di legittimità, che mai avrebbe dubitato della riferibilità della aggravante di cui all'art. 589 co. 2 cod. pen. anche alla ipotesi delle malattie professionali, contratte cioè a causa della inosservanza di norme poste a presidio della sicurezza e della salute sul lavoro.
2.2. Il primo motivo dell'atto a firma dell'Avv. Pagano e il quinto motivo dell'atto a firma degli Avv.ti Severino e Pagano, con cui per l'appunto si è contestata la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 589 co. 2 cod. pen., sono infondati.
La tesi sostenuta dalle difese, oltre che sull'argomento letterale, fa leva sulla considerazione che i casi di infortunio sul lavoro e di malattia professionale non sarebbero mai stati considerati un unicum dal legislatore. Poiché l'estensione della previsione anche alle malattie professionali sarebbe frutto di una elaborazione giurisprudenziale (intervenuta per colmare il gap normativo derivante dalla diversa attenzione originariamente serbata dal legislatore alle due situazioni), successiva alle condotte oggetto del presente procedimento, l'aggravante di cui al capoverso dell'art. 589 cod. pen. non poteva essere contestata nel caso di specie, pena la violazione del principio di cui all'art. 7 Convenzione E.D.U., come elaborato dalla Corte di Strasburgo, secondo cui il precetto penale deve essere sufficientemente chiaro e prevedibile all'epoca in cui il fatto è commesso.
2.3. L'assunto non può essere condiviso.
Deve, intanto, precisarsi che il principio nullum crimen nulla poena sine lege convenzionale ha trovato recente specificazione proprio in una pronuncia del 14/04/2015 Contrada c/o Italia della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. A prescindere dalle specificità di quella decisione [intervenuta in tema di concorso esterno ad associazione per delinquere di tipo mafioso, sul presupposto che tale delitto fosse istituto di creazione giurisprudenziale, consolidatosi mediante pronunce successive ai fatti contestati al condannato, e non invece frutto della generale funzione incriminatrice dell'art. 110 cod. pen., come peraltro testualmente confermato dalla previsione di cui all'art. 418 cod. pen. (cfr., sul punto, sez. 2 n. 18132 del 13/04/2016, Rv. 266908; sez. 5 n. 42996 del 14/09/2016, Rv. 268203)], pare comunque utile un richiamo ai principi di carattere generale con i quali il giudice sovranazionale ha ribadito la necessità che la legge definisca chiaramente i reati e le pene che li reprimono.
Tale requisito, infatti, è «soddisfatto se la persona sottoposta a giudizio può sapere, a partire dal testo della disposizione pertinente, se necessario con l'assistenza dell'interpretazione che ne viene data dai tribunali e, se del caso, dopo aver avuto ricorso a consulenti illuminati, per quali atti e omissioni le viene attribuita una responsabilità penale e di quale pena è passibile per tali atti... ... compito della Corte è, in particolare, quello di verificare che, nel momento in cui un imputato ha commesso l'atto che ha comportato l'esercizio dell'azione penale e la condanna, esistesse una disposizione di legge che rendeva l'atto punibile, e che la pena inflitta non eccedesse i limiti fissati da tale disposizione (Coéme e altri, sopra citata, § 145, e Achour c. Francia [GC], n. 67335/01, § 43, CEDU 2006 IV)».
Tuttavia, la Corte di Strasburgo ha precisato che la valutazione e la qualificazione giuridica dei fatti resta appannaggio esclusivo dei giudici nazionali, «purché queste si basino su un'analisi ragionevole degli elementi del fascicolo (si veda, mutatis mutandis, Florin Ionescu c. Romania, n. 24916/05, § 59, 24 maggio 2011)», poiché l'«articolo 7 § 1 esige che la Corte esamini se la condanna del ricorrente si fondasse all'epoca su una base legale. In particolare, essa deve assicurarsi che il risultato al quale sono giunti i giudici nazionali competenti fosse conforme con l'articolo 7 della Convenzione» e « se la condanna del ricorrente si fondasse su una base sufficientemente chiara>>.[...]
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Bocchini Enrico e Lippi Manlio per essere i reati estinti per morte degli imputati e revoca nei confronti degli stessi le statuizioni civili; agli effetti penali: annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti dell'imputato Tupini Giorgio, limitatamente ai capi e), p.o. Cossu [proc. n. 673/2006]; 1), p.o. Codiglia, 9), p.o. Bergamasco, 10), p.o. Cosciani, 13), p.o. Bertogna, 14), p.o. Fragiacomo, 15), p.o. Giuriato, 16), p.o. Muscella, 17), p.o. Belci, 23), p.o. Soranzio, 24), p.o. Clagnan, 25), p.o. Moraro, 27), p.o. Martinelli [proc. 174/2009]; 1), p.o. Savignano, e 10), p.o. Dovoli [proc. 120/2006]; 5), p.o. Tofful, 6), p.o. Parenzan, 14), p.o. Pahor, 15), p.o. Da Prà e 23), p.o. Clapiz [proc. 769/2009] per essere i reati estinti per prescrizione;
annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti dell'imputato Antonini Corrado, limitatamente ai capi 7), p.o. Margarit, 8), p.o. Michelino, 13), p.o. Bertogna, 15), p.o.
Giuriato, 25), p.o. Moraro e 27), p.o. Martinelli [proc. n. 174/2009]; 1), p.o. Savignano [proc. 324/2009] per essere i reati estinti per prescrizione; annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti dell'imputato Abbona Mario, limitatamente ai capi 1), p.o. Codiglia, 7), p.o. Margarit, 8), p.o. Michelino, 9), p.o.
Bergamasco, 10), p.o. Cociani, 13), p.o. Bertogna, 14), p.o. Fragiacomo, 15), p.o. Giuriato, 16), p.o. Muscella, 17), p.o. Belci, 23), p.o. Soranzio, 24), p.o. Clagnan, 25), p.o. Moraro e 27), p.o. Martinelli [proc. 174/2009], 1), p.o. Savignano e 10), p.o. Dovoli [proc. 324/2009] per essere i reati estinti per prescrizione;
annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti dell'imputato Schivi Roberto, limitatamente ai capi 1), p.o. Codiglia, 7), p.o. Margarit, 8), p.o. Michelino, 9), p.o. Bergamasco, 13), p.o. Bertogna, 14), p.o. Fragiacomo, 15), p.o. Giuriato, 16), p.o. Muscella, 25), p.o. Moraro e 27), p.o. Martinelli [proc. 174/2009]; 1), P.o. Savignano e 10), p.o. Dovoli [proc. 324/2009] per essere i reati estinti per prescrizione; annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti dell'imputato Zappi Antonio, limitatamente ai capi 5), p.o. Tofful, 6), p.o. Parenzan e 7), p.o. Rusig [proc. 769/2009] per essere i reati estinti per prescrizione;
annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti dell'imputato Casini Cesare, limitatamente ai capi 5), p.o. Tofful, 6), p.o. Parenzan e 7), p.o. Rusig [proc. 769/2009] per essere i reati estinti per prescrizione; rigetta nel resto i ricorsi;
conferma le statuizioni civili e rinvia per la determinazione della pena relativa ai residui reati ad altra sezione della Corte d'appello di Trieste, dichiarando irrevocabile per essi l'affermazione di penale responsabilità;
annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata nei confronti dell'imputato Massenti Italo, limitatamente ai capi 5), p.o. Tofful, 6), p.o. Parenzan e 7), p.o. Rusig [proc. 769/2009] per essere i reati estinti per prescrizione e con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Trieste per nuovo giudizio in riferimento ai restanti capi d'imputazione;
visto l'art. 619 cod. proc. pen.;
rettifica la sentenza impugnata, nei confronti di Antonini Corrado, limitatamente alla declaratoria di estinzione per prescrizione dei reati di cui ai capi c) - persona offesa Benes Paolo, f) persona offesa Gon Vinicio, e I) - persona offesa Soppi Albino [proc.125/2009] e di cui ai capi 12) - persona offesa Lavrencic Bruno - e 20) persona offesa Balzan Lucio [proc. 174/2009], eliminando la stessa, trattandosi di reati non contestati all'imputato. Condanna altresì gli imputati Tupini, Antonini, Abbona, Schivi, Zappi e Casini alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili che liquida in favore di Benes Alessio, FIOM CGIL, Codacons Friuli Venezia Giulia, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia in euro 2500,00 ciascuna , oltre accessori di legge.
Deciso in Roma il 22 febbraio 2018.
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