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Apparecchi di sollevamento persone - Ponti mobili sviluppabili

ID 12131 | | Visite: 3297 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Ponti mobili sviluppabili

Apparecchi di sollevamento persone - Ponti mobili sviluppabili

ID 2599 | 23.11.2020 / In allegato

I ponti mobili sviluppabili rientrano tra le attrezzature di lavoro soggette al regime di verifica periodica previsto dall’art. 71 del decreto legislativo 81/08.

La pubblicazione illustra nel dettaglio le fasi tecniche della prima verifica periodica dei ponti mobili sviluppabili, così come indicate al d.m. 11 aprile 2011, e le modalità di compilazione della relativa scheda e del verbale di prima verifica al fine di fornire strumenti utili e riferimenti per uniformità di comportamento sia ai tecnici delle strutture territoriali dell’Istituto, soggetto titolare di questo adempimento, che a quelli dei soggetti abilitati.

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1. Introduzione
2. Comunicazione di messa in servizio/immatricolazione di un ponte mobile sviluppabile
3. Richiesta di prima verifica periodica
4. Campo d’applicazione
4.1 Riferimenti normativi e loro evoluzione nel tempo
4.2 Scheda tecnica per ponti mobili sviluppabili
4.3 Verbale di prima verifica
Appendice - Liste di controllo
Appendice – Documentazione

Fonte: INAIL 2020

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Allegato riservato Apparecchi di sollevamento persone - Ponti mobili sviluppabili.pdf
INAIL 2020
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Proposta CE nuovi limiti di esposizione professionale per piombo e diisocianati

ID 18964 | | Visite: 2956 | News Sicurezza

Proposta CE nuovi limiti di esposizione professionale per piombo e diisocianati

Proposta CE nuovi limiti di esposizione professionale per piombo e diisocianati / Pubblicata Direttiva (UE) 2024/869

ID 18694 | Update news 19.03.2024

Pubblicata nel GU del 19.03.2024 la Direttiva (UE) 2024/869 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 marzo 2024, recante modifica della direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e della direttiva 98/24/CE del Consiglio per quanto riguarda i valori limite per il piombo e i suoi composti inorganici e per i diisocianati

Entrata in vigore: 08.04.2024

Recepimento Stati membri: 09.04.2026

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26.02.2024

Per la prima volta in 40 anni, l’UE ha rivisto i valori limite per l’esposizione professionale al piombo e ai suoi composti inorganici, riducendoli di cinque volte. Queste sostanze tossiche per la riproduzione possono influenzare la funzione sessuale e la fertilità e, tra le altre cose, possono anche danneggiare il sistema nervoso.

Inoltre, la direttiva è la prima legislazione europea a fissare valori limite per i diiosocianati, un gruppo di sostanze nocive a cui sono attualmente esposti 4,2 milioni di lavoratori e che possono causare asma e malattie cutanee.

La direttiva adottata rivede i valori limite per il piombo come segue:

- limite di esposizione professionale da 0,15 mg per metro cubo (0,15 mg/m 3 ) a 0,03 mg/m 3 , e
- valore limite biologico da 70 microgrammi per 100 ml di sangue (70μg/100ml) a 15μg/100ml (30 µg/100ml fino al 2028)

Il piombo si accumula nelle ossa e viene rilasciato lentamente nel sistema circolatorio. Pertanto, secondo la direttiva adottata, i lavoratori che presentano livelli elevati di piombo nel sangue a causa di un'esposizione avvenuta prima del recepimento di tale direttiva saranno sottoposti a regolare controllo medico. Saranno in grado di continuare a lavorare con il piombo se i loro livelli di piombo nel sangue mostrano una tendenza al ribasso.

Per proteggersi dagli effetti tossici del piombo sulla riproduzione, per le lavoratrici in età fertile si applicheranno valori limite inferiori (4,5 µg/100 ml) per le misure di sorveglianza medica .

La direttiva introduce anche valori limite per i diisocianati :

- limite complessivo di esposizione professionale di 6 µg NCO/m 3 (10 µg/m 3 fino al 2028)
- limite di esposizione a breve termine di 12 µg NCO/m 3 (20 µg/m 3 fino al 2028)


La direttiva sarà ora firmata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'UE. Entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione.

Gli Stati membri avranno due anni per stabilire i nuovi valori limite e le ulteriori misure di protezione previste dalla direttiva, adattando la propria legislazione nazionale.

La direttiva adottata il 26 febbraio 2024 modifica due atti legislativi: la Direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall'esposizione a sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione durante il lavoro e la Direttiva 98/24/CE sulla protezione dei lavoratori da i rischi legati agli agenti chimici durante il lavoro.
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15.11.2023

Il 14 novembre 2023 il Parlamento europeo ed il Consiglio UE hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla proposta di direttiva che aumenta la protezione dei lavoratori dal piombo e dai diisocianati. L'accordo provvisorio dovrà essere formalmente approvato dal Consiglio e dal Parlamento europeo. 

L'accordo prevede di ridurre il limite di esposizione professionale per il piombo da 0,15 mg/m³ a 0,03 mg/m³ e il valore limite biologico per il piombo da 70 µg/100ml a 15 µg/100ml e di fissare il primo limite complessivo in assoluto di esposizione professionale per i diisocianati a 6 µg NCO/m³ (ossia la concentrazione massima nell'aria che un lavoratore respira nel corso di una giornata lavorativa di 8 ore) e un limite per esposizione di breve durata di 12 µg NCO/m³ (ossia esposizione media su un periodo di 15 minuti).

I colegislatori hanno anche concordato un periodo transitorio per il nuovo valore limite biologico per il piombo (fino al 31 dicembre 2028) al fine di garantire che gli Stati membri dispongano di tempo sufficiente per aggiornare efficacemente i processi di produzione e attuare le necessarie misure di prevenzione e protezione.

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13.02.2023

Il 13 febbraio 2023, la Commissione è intervenuta per migliorare ulteriormente la protezione dei lavoratori dai rischi per la salute legati all'esposizione a sostanze chimiche pericolose,  indicando nuovi limiti di esposizione professionale per il piombo e i diisocianati.

Nel caso del piombo, un limite di esposizione significativamente ridotto contribuirà a prevenire problemi di salute dei lavoratori, ad esempio compromettendo le funzioni riproduttive e lo sviluppo fetale. Per i diisocianati, un nuovo limite di esposizione preverrà i casi di asma e altre malattie respiratorie.

Concretamente, la Commissione propone di modificare due direttive:

- per il piombo, la Direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo del Consiglio del 29 aprile 2004 sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (sesta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio) (GU L 229/23 del 29.6.2004)

- per i diisocianati, la Direttiva 98/24/CE del Consiglio del 7 aprile 1998 sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro (quattordicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU L 131 del 5.5.1998).

In allegato

- Proposta della Commissione per migliorare la protezione dei lavoratori con nuovi limiti di esposizione per piombo e diisocianati (COM(2023) 71 final)
- Allegato: proposta della Commissione per migliorare la protezione dei lavoratori con nuovi limiti di esposizione per piombo e diisocianati (2023)
- Valutazione d'impatto: proposta della Commissione per migliorare la protezione dei lavoratori con nuovi limiti di esposizione per piombo e diisocianati (2023)

Le modifiche proposte saranno fondamentali anche per proteggere i lavoratori nel contesto dell'avanzamento della transizione verso la neutralità climatica: è probabile che sia il piombo che i diisocianati vengano utilizzati, ad esempio, nella produzione di batterie e nei processi per rendere i veicoli elettrici più leggeri, nel vento turbine o come materiale isolante durante le ristrutturazioni edilizie.

La proposta odierna è il risultato di un ampio processo di consultazione, compresa una consultazione in due fasi con le parti sociali, e di una stretta collaborazione con scienziati e rappresentanti dei lavoratori, dei datori di lavoro e degli Stati membri.

Ulteriore abbassamento del limite di esposizione al piombo

Il piombo può influenzare la funzione sessuale e la fertilità e può danneggiare lo sviluppo di un feto o della prole di donne esposte. Può anche danneggiare il sistema nervoso, i reni, il cuore e il sangue delle persone esposte. Si stima che attualmente 100.000 lavoratori nell'UE siano esposti al piombo sul posto di lavoro, secondo la valutazione d'impatto della Commissione europea.

L'UE dispone dal 1982 di limiti di esposizione professionale per proteggere i lavoratori dagli effetti negativi sulla salute del piombo. Sulla base delle più recenti prove scientifiche, la Commissione propone oggi di:

- abbassare ulteriormente il limite di esposizione professionale da 0,15 milligrammi per metro cubo (0,15 mg/m3) a 0,03 mg/m3, e
- abbassare il valore limite biologico da 70 microgrammi per 100 millilitri di sangue (70µg/100ml) a 15µg/100ml.

Sebbene la forza lavoro esposta al piombo sia prevalentemente maschile, le lavoratrici possono essere esposte a rischi aggiuntivi poiché il piombo può colpire le donne incinte e il feto in via di sviluppo. Pertanto, la Commissione ribadisce anche che per proteggere meglio le donne, è fondamentale sensibilizzare i lavoratori in età fertile e mettere in atto misure specifiche per ridurre al minimo ogni possibile rischio e garantire inoltre che il livello di piombo nel sangue nelle donne in età fertile non sia superare i valori di riferimento della popolazione generale non esposta professionalmente al piombo nel rispettivo Stato membro. Quando i livelli di riferimento nazionali non sono disponibili, i livelli di piombo nel sangue nelle donne in età fertile non devono superare il valore limite biologico di 4,5 µg/100 ml.

Introduzione dei primi limiti di esposizione per i diisocianati

I diisocianati descrivono varie sostanze chimiche che sono spesso raggruppate in base alle loro proprietà comuni e che possono causare malattie respiratorie come l'asma. La valutazione d'impatto della Commissione stima che attualmente 4,2 milioni di lavoratori nell'UE siano esposti ai diisocianati. Attualmente non esistono valori limite per i diisocianati a livello dell'UE.

La Commissione propone pertanto di introdurre, per la prima volta, valori limite per proteggere i lavoratori dall'esposizione ai diisocianati durante il lavoro. Questi valori limite si riferiscono al gruppo di azoto, carbonio e ossigeno dei diisocianati, responsabili dei loro effetti sulla salute:

- un limite di esposizione professionale complessiva di 6µg NCO/m3 (questo sta per la concentrazione massima di una sostanza nell'aria che un lavoratore respira in un certo periodo di riferimento, 8 ore) e
- un limite di esposizione a breve termine di 12 µg NCO/m3 (questo sta per un periodo di riferimento più breve, 15 minuti. Si applica quando gli effetti negativi sulla salute di una sostanza non possono essere adeguatamente controllati con un limite di esposizione globale, ad esempio durante periodi brevi ma elevati intensità di esposizione).

Oltre ai valori limite, la Commissione propone le cosiddette “annotazioni”. Le annotazioni sono indicazioni aggiunte ai valori limite, che allertano datori di lavoro e lavoratori della possibile esposizione per vie diverse dall'inalazione, ad esempio attraverso la pelle, e della necessità di attuare misure protettive.

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La proposta della Commissione sarà ora discussa dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Una volta adottata, gli Stati membri avranno due anni per recepire la direttiva nel diritto nazionale.

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Fonte: CE

Collegati

Revisione generale macchine agricole e macchine operatrici: Tabella scadenze

ID 13159 | | Visite: 14799 | News Sicurezza

Revisione generale macchine agricole   Tabella Scadenze

Revisione generale macchine agricole e macchine operatrici in circolazione / Tabella scadenze per anno omologazione / Update 29.02.2024

ID 13159 | Update news 29.02.2024 / Scheda allegata

Chiunque sia in possesso di mezzi agricoli immatricolati e circolanti su strada dovrà sottoporre i propri mezzi alla revisione, conformemente a quanto stabilito dall'art. 111 del Codice della Strada Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e dai decreti attuativi.

In particolare ai sensi dell’Art. 111 del Codice della Strada è stato emanato il Decreto 20 Maggio 2015 Revisione generale periodica delle macchine agricole ed operatrici.

Fermi restando gli obblighi previsti dall'art. 111 del Codice della Strada (in particolare il Decreto 20 Maggio 2015), in ottemperanza agli obblighi previsti dall'art. 71 comma 4 lettera a) punto 2 e lettera b) del D.Lgs. 81/08., per il possesso di mezzi agricoli si è tenuti inoltre a sottoporre il mezzo agricolo ad idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70 del D.Lgs. 81/08 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso e libretto di manutenzione.

Update Rev. 2.0 del 29.02.2024

- Legge 23 febbraio 2024 n. 18 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, recante disposizioni urgenti in materia di termini normativi, in GU n. 49 del 28.02.2024 ed in vigore dal 29.02.2024.

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Modifiche Decreto 20 Maggio 2015:

1. Decreto 28 Febbraio 2019 - Modifiche e 1a Proroga scadenze revisioni (Allegato 1)
2. Decreto-Legge 30 dicembre 2021, n. 228 - 2a Proroga scadenze revisioni (Allegato 1)
3. Legge 23 febbraio 2024 n. 18 Conversione in legge Decreto Legge 30 dicembre 2023 n. 215 (DL Milleproroghe 2024) - 3a Proroga scadenze revisioni (Allegato 1)
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Il Decreto 20 Maggio 2015, modificato dal Decreto 28 Febbraio 2019 stabilisce, tra gli obblighi, i termini per effettuare la revisione generale delle macchine agricole e macchine operatrici in circolazione.

Il Milleproroghe 2024 Decreto-Legge 30 dicembre 2021, n. 228 proroga le scadenze in Allegato 1 del Decreto 20 Maggio 2015.

Update 29.02.2024

Legge 23 febbraio 2024 n. 18 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, recante disposizioni urgenti in materia di termini normativi, in GU n. 49 del 28.02.2024 ed in vigore dal 29.02.2024.

Milleproroghe 2024 / Modifica Allegato 1 del Decreto 20 Maggio 2015

Proroga scadenza revisioni dal Milleproroghe 2024

All’articolo 13 comma 3 Legge 23 febbraio 2024 n. 18 (Legge di conversione decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215)

3. All’articolo 11, comma 5 -ter , del Decreto-Legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15, relativo alla revisione delle macchine agricole, sono apportate le seguenti modificazioni:

0a) alla lettera a), le parole: «31 dicembre 2022» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2024»;
a) alla lettera b), le parole: «31 dicembre 2023» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2024»;
b) alla lettera c), le parole: «31 dicembre 2024» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2025».

Allegato 1 Decreto 20 Maggio 2015 Milleproroghe 2024 - Modifica Allegato 1

Macchine agricole e macchine operatrici

Tempi

Veicoli immatricolati entro il 31 dicembre 1983

Revisione entro il 31 dicembre 2024

Veicoli immatricolati dal 1° gennaio 1984 al 31 dicembre 1996

Revisione entro il 31 dicembre 2024

Veicoli immatricolati dal 1° gennaio 1997 al 31 dicembre 2019

Revisione entro il 31 dicembre 2025

Veicoli immatricolati dopo il 1° gennaio 2020

Revisione al quinto anno entro la fine del mese di prima immatricolazione

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Update 29.08.2023

Milleproroghe 2022 / Modifica Allegato 1 del Decreto 20 Maggio 2015

Decreto-Legge 30 dicembre 2021, n. 228 (Milleproroghe 2022) Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi. (GU n.309 del 30.12.2021)

La legge di conversione L. 25 febbraio 2022, n. 15 (G.U. n. 49 del 28.02.2022 in S.O. n. 8) del Decreto-Legge 30 dicembre 2021, n. 228 (Milleproroghe 2022) Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi. (GU n.309 del 30.12.2021) aggiunge ulteriore proroga con l’Art. 11 c. 5-ter alle scadenze di tabella 1 del Decreto 20 Maggio 2015 come modificato dal Decreto 28 Febbraio 2019.

Allegato 1 Decreto 20 Maggio 2015 Milleproroghe 2022 - Modifica Allegato 1

Macchine agricole e macchine operatrici

Tempi

Veicoli immatricolati entro il 31 dicembre 1983

Revisione entro il 31 dicembre 2022

Veicoli immatricolati dal 1° gennaio 1984 al 31 dicembre 1996

Revisione entro il 31 dicembre 2023

Veicoli immatricolati dal 1° gennaio 1997 al 31 dicembre 2019

Revisione entro il 31 dicembre 2024

Veicoli immatricolati dopo il 1° gennaio 2020

Revisione al quinto anno entro la fine del mese di prima immatricolazione

Prossima scadenza revisioni 31 dicembre 2023Veicoli immatricolati dal 1° gennaio 1984 al 31 dicembre 1996
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Update 26.06.2023

Decreto 28 Febbraio 2019
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Art. 3.

L’Allegato 1, del Decreto 20 Maggio 2015, richiamato dal comma 1, dell’art. 6, è così sostituito:

Allegato 1 Decreto 20 Maggio 2015  / Modificato dal Decreto 28 Febbraio 2019 (a sua volta modificato dal Milleproroghe 2022 (vedi sopra)

Macchine agricole e macchine operatrici

Tempi

Veicoli immatricolati entro il 31 dicembre 1983

Revisione entro il 31 dicembre 2022

Veicoli immatricolati dal 1° gennaio 1984 al 31 dicembre 1995

Revisione entro il 31 dicembre 2023

Veicoli immatricolati dal 1° gennaio 1996 al 31 dicembre 2018

Revisione entro il 31 dicembre 2024

Veicoli immatricolati dopo il 1° gennaio 2019

Revisione al quinto anno entro la fine del mese di prima immatricolazione

NB

Le macchine agricole e le macchine operatrici in circolazione, sono "attrezzature di lavoro" ai sensi dell'Art. 69 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 ed i lavoratori addetti all'uso devono essere adeguatamente formati ai sensi dell’art. 73 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e Accordo del 22 febbraio 2012, Repertorio atti n. 53/CSR.

Revisione generale macchine agricole   Scadenze

Allegato 1 (Tabella modificata da Decreto 28 Febbraio 2019 e a sua volta modificata dal milleproroghe 2024 / ndr)

Macchine agricole e macchine operatrici

Tempi

Veicoli immatricolati entro il 31 dicembre 1983

Revisione entro il 30 giugno 2024

Veicoli immatricolati dal 1° gennaio 1984 al 31 dicembre 1996

Revisione entro il 30 giugno 2024

Veicoli immatricolati dal 1° gennaio 1997 al 31 dicembre 2019

Revisione entro il 30 giugno 2025

Veicoli immatricolati dopo il 1° gennaio 2020

Revisione al quinto anno entro la fine del mese di prima immatricolazione

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Decreto 20 Maggio 2015
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Art. 7. Formazione professionale per il conseguimento dell’abilitazione all’uso delle macchine agricole

1. I criteri, le modalità ed i contenuti della formazione professionale per il conseguimento dell’abilitazione all’uso delle macchine agricole, in attuazione di quanto disposto dall’art. 73 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni e integrazioni, sono stabiliti con l’Accordo del 22 febbraio 2012, Repertorio atti n. 53/CSR, sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e parte integrante del presente decreto.
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Decreto 20 Maggio 2015 modificato dal Decreto 28 Febbraio 2019 (in rosso le modifiche)
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segue in allegato

Matrice revisioni

Rev. Data Oggetto Autore
2.0 29.02.2024 Legge 23 febbraio 2024 n. 18 Certifico Srl
1.0 29.08.2023 Decreto-Legge 30 dicembre 2021, n. 228
R
if. Art 111 Codice della Strada
Certifico Srl
0.0 26.06.2023 Decreto 28 Febbraio 2019 Certifico Srl

Collegati

Flammability Safe working with industrial solvents

ID 21433 | | Visite: 395 | Documenti Sicurezza Enti

Flammability Safe working with industrial solvents ESIG 2022

Flammability Safe working with industrial solvents / ESIG 2022

ID 21433 | 27.02.2024 / In allegato

Solvents are crucial in many industrial processes and provide key properties for products such as paints, adhesives, inks, plastics and surface coatings. Many hydrocarbon and oxygenated solvents are flammable.

Those with a low boiling point produce flammable vapour/air mixtures at ambient temperatures, and others can produce flammable vapour/air mixtures when heated. In many applications it is necessary to use either low boiling point solvents or elevated temperatures because, for example, the solvent must evaporate in order to leave behind the required paint or adhesive.

Each year there are workplace incidents involving fires or explosions.

The root causes of many such incidents include insufficient understanding of the solvent properties that govern the hazards and insufficient knowledge of the measures available for controlling the risk. This Safety Guide aims to provide this understanding and knowledge.

A summary of the recommended measures is provided in the Top Ten Tips box.

For more detailed guidance, we have identified the root causes of incidents (Section 1.2) and provided general recommendations for prevention (Section 1.3). Implementation of these recommendations requires an understanding of the properties that make solvents hazardous and a knowledge of the measures for risk management. We provide this information in Part 2 and cover static electricity hazards and controls in more detail in Part 3. This Safety Guide provides general advice common to most solvent handling operations, but the provision of detailed advice for specific solvents or end uses is beyond its scope. That information can be found in application-specific guidelines (e.g. the safety measures for spray coating and painting in References 1 to 9), in the Safety Data Sheet (SDS) or in the information provided by your supplier for your identified use.
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add attached

RISC 501:2023 - Fire Safety Assessment Test for External Cladding Systems

ID 21426 | | Visite: 597 | Prevenzione Incendi

RISC 501 2023   Fire Safety Assessment Test for External Cladding Systems

RISC 501:2023 - Fire Safety Assessment Test for External Cladding Systems / FPA

ID 21426 | 26.02.2024

Dal 1990 è in aumento il verificarsi di incendi nei sistemi di rivestimento di grandi dimensioni particolare preoccupazione in quanto il sistema di rivestimento di un edificio ha il potenziale di diffondere il fuoco intorno a edificio, aggirando i compartimenti antincendio interni.

I sistemi di rivestimento del carburante sono approvati su grattacieli nel Regno Unito da percorso verso la conformità basato sulle prestazioni, utilizzando il metodo di prova BS 8414 e BR 135 criteri di valutazione.

Tuttavia, sono state identificate una serie di limitazioni con questo percorso relazione all'adeguatezza della fonte di combustibile, della costruzione di prova, dei dettagli costruttivi, criteri di valutazione e disponibilità dei risultati dei test.

A seguito di un ampio progetto di ricerca che ha coinvolto l’Università del Lancashire Centrale, consulenti esterni e assicuratori, la FPA ha sviluppato un nuovo test di valutazione della sicurezza antincendio tramite RISCAuthority per risolvere queste limitazioni. Un programma di ricerca finanziato annualmente amministrato dalla FPA, l'Autorità RISC che comprende un gruppo di assicuratori britannici che operano attivamente sostenere una serie di gruppi di lavoro per sviluppare linee guida sulle migliori pratiche per la protezione di persone, beni, imprese e ambiente.

RISC 501 è progettato per valutare le prestazioni di sicurezza antincendio di esterni non portanti sistemi di rivestimento e va oltre gli standard fondamentali di sicurezza della vita, mirando a garantire resilienza sistemi in grado di prevenire efficacemente la diffusione verticale. Il metodo di prova è destinato ad essere condotto insieme alla BS 8414 in modo che i risultati possano conferire la conformità con BR 135 e RISC 501, o come valutazione autonoma.
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RISC 501 è stato sviluppato per specificare un metodo di prova e criteri di valutazione per le prestazioni al fuoco dei sistemi di rivestimento esterno ed è stato progettato per essere condotto contemporaneamente alla BS 8414.

Alcune differenze notevoli di funzionalità di RISC 501 includono:

- ulteriori requisiti di progettazione che influiscono sull'altezza del pavimento e sulla posizione delle barriere per cavità
- requisiti di progettazione aggiuntivi che influiscono sui dettagli attorno all'apertura della camera di combustione e ai bordi del banco di prova
- diverse posizioni dei sensori
- diversi criteri del sensore
- ulteriori requisiti di campionamento del gas
- ulteriori requisiti di prestazione meccanica
- requisiti aggiuntivi di caratterizzazione dei materiali.
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segue in allegato

Collegati


Il Rischio ATEX INAIL

ID 20597 | | Visite: 4482 | Documenti Riservati Sicurezza

Il rischio ATEX INAIL Rev  0 0 2023

Il Rischio ATEX: Nota e Documenti / INAIL 2019

ID 20597 | 17.10.2023 / In allegato Documenti sezione Rischio ATEX INAIL

Raccolta documenti area tematica INAIL riguardante il rischio da atmosfere esplosive.

Documenti allegati:

- Il rischio ATEX INAIL - Rev. 0.0 2023
- Mappa dell’area
- Esplosioni e combustioni
- Esplosioni fisiche
- Incompabilità tra sostanze
- Sostanze termodinamicamente instabili
- Stabilità dei sistemi chimici
- Miscele esplodibili
- Dinamica dei fenomeni esplosivi
- Nubi non confinate
- Nubi parzialmente confinate
- Effetti delle esplosioni sugli edifici
- Apparecchi e sistemi di protezione
- Misure di prevenzione
- Misure di protezione
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Si intende per "Atmosfera esplosiva" una miscela con l'aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri in cui, dopo accensione, la combustione si propaga nell’insieme della miscela incombusta (d.lgs. 81/2008, art. 288).

La sicurezza nei luoghi di lavoro con pericolo di esplosione è regolamentata, a livello europeo, da due direttive comunemente denominate ATEX. Tale acronimo sta per “ATmosphères EXplosibles”.

Il rischio da atmosfere esplosive è ritenuto peculiare dell’industria chimica o energetica, per la presenza di numerosi materiali (gas, vapori, nebbie o polveri) notoriamente riconosciuti come infiammabili o instabili. Nella realtà, materiali di uso comune, addirittura domestico, in condizioni sfavorevoli possono dar luogo a esplosioni sotto forma di polveri: farina, segatura, zucchero, polveri di rifiuti domestici, per non parlare dei combustibili di largo uso, come gas di petrolio liquefatto, gas naturale e carburanti per autotrazione.

Questa area tematica espone i fenomeni che possano generare una “miscela esplodibile”, le condizioni che possano provocarne l’innesco e le relative conseguenze. Nelle pagine di dettaglio sono esaminati gli aspetti causali e chimico-fisici che caratterizzano la problematica, considerando aspetti legislativi, direttive europee ATEX, norme di buona tecnica e gli interventi necessari per prevenire esplosioni e per la protezione dalle conseguenze a persone, edifici e ambiente circostante.

Attualmente le leggi che disciplinano il mondo del lavoro nel campo della salute e sicurezza contro il rischio da atmosfere esplosive sono:

- d.lgs. 81/2008, noto anche come Testo Unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, modificato dal d.lgs. 3 agosto 2009, n. 106;

- direttiva di prodotto 2014/34/UE (che ha sostituito la direttiva 94/9/CE) contenente disposizioni in materia di apparecchi e sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva (conosciuta anche come direttiva ATEX 95);

- direttiva sociale 99/92/CE che definisce i requisiti minimi in materia di salute e sicurezza dei luoghi di lavoro con presenza di atmosfere potenzialmente esplosive (conosciuta anche come direttiva ATEX 137).

Le norme di buona tecnica, la cui applicazione costituisce presunzione di conformità al dettato legislativo, sono:

CEI EN 60079-10-1:2021 Atmosfere esplosive: Classificazione dei luoghi - Atmosfere esplosive per la presenza di gas (norma CEI 31-87 con la relativa guida 31-35);

CEI EN 60079-10-2:2016 Classificazione dei luoghi - Atmosfere esplosive per la presenza di polveri combustibili (norma CEI 31-88 con la relativa guida 31-56).

Esula dallo scopo di questa trattazione la disamina delle valutazioni del rischio, delle possibili conseguenze di esplosioni di ATEX e delle modalità gestionali di un incidente negli stabilimenti classificati a “Rischio di Incidente Rilevante” (R.I.R.).

Come è facile intuire, tale eventualità costituisce un notevole pericolo anche per la popolazione, le infrastrutture e gli altri stabilimenti situati in loro prossimità, considerate le notevoli quantità di sostanze pericolose presenti.

Infatti, oltre agli effetti diretti dell’esplosione, sono temibili il rilascio e la dispersione, specie per effetto domino, di quantità di sostanze non solo in grado di generare danni sul sito, ma anche di diffondersi ed estendere la zona colpita anche a distanze notevoli dal sito dell’incidente iniziale.
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Rischio atmosfere esplosive INAIL

Rischio atmosfere esplosive INAIL - Mappa area tematica

Il rischio ATEX Mappa

Esplosioni e combustioni

I fenomeni incidentali legati alle atmosfere esplosive possono manifestarsi secondo modalità molto diverse tra loro, incendi o esplosioni che, a loro volta, possono mostrare dinamiche e livelli di rischio notevolmente diversi tra loro, in funzione di:

- tipologia di materiali
- concentrazione
- volume della nube
- presenza di ostacoli o costrizioni all’espansione dei gas.

Fattori importanti, questi due ultimi, che possono determinare il trasformarsi di un iniziale incendio in una micidiale detonazione.

In allegato
- Mappa dell’area
- Esplosioni e combustioni
- Esplosioni fisiche
- Incompabilità tra sostanze
- Sostanze termodinamicamente instabili
- Stabilità dei sistemi chimici

Miscele esplodibili

Si definiscono esplodibili le miscele costituite da almeno un agente ossidante allo stato gassoso, detto comburente (aria, ossigeno, ozono, cloro, fluoro, vapori di acqua ossigenata) e da almeno un combustibile (idrogeno, ossido di carbonio, idrocarburi od altra sostanza organica, ammoniaca, polverino di carbone o di materiale organico, polveri metalliche quali Na, K, Al, Mg, Ti, Zr e loro leghe, nebbie di sostanze organiche, ecc.).

In presenza di un adeguato innesco (o per attivazione termica) tali miscele possono dar luogo ad una esplosione. Taluni polveri metalliche, ad esempio di Mg, possono formare miscele esplodibili anche con la CO2.

In letteratura sono reperibili diversi dati riguardanti le miscele contenenti aria o ossigeno, ma pochi relativi ad altri comburenti.

Il comportamento delle miscele esplodibili è caratterizzato di specifiche proprietà delle reazioni e del loro modo di evolvere, quali:

- limiti di infiammabilità
- limiti di esplosività
- punto di infiammabilità
- temperatura di autoaccensione.

In allegato
- Miscele esplodibili

Dinamica dei fenomeni esplosivi

L’esplosione costituisce un tipo di incidente che si manifesta nei modi più diversi e che ha da sempre suggestionato la fantasia e la paura popolare.

Descrivere cosa avvenga in una esplosione è compito difficile, e ai nostri sensi, soprattutto, appaiono poche caratteristiche comuni: la fiammata, gli oggetti lanciati come proiettili, il crollo delle strutture, le persone ferite.

Il modo in cui evolve il fenomeno dipende certamente dalla composizione delle atmosfere esplosive, dal modo in cui si formano, dalle modalità di propagazione.

Per definire meglio e per prevenire le conseguenze è necessario analizzare come si possa "misurare” un’esplosione, come possa verificarsi, ossia, quali altre caratteristiche possano determinare azioni su cose e persone e come siano tutte tra di loro correlate:

- pressione massima e velocità di aumento della pressione
- energia di innesco
- cause di innesco.

In allegato
- Dinamica dei fenomeni esplosivi

Valutazione delle conseguenze

Nel caso delle esplosioni, la prevenzione e la protezione richiedono un attento lavoro di valutazione che parte dall’identificazione dell’evento cardine (top event), ossia dei pericoli insiti nelle lavorazioni, e, attraverso la considerazione di probabilità e modalità incidentali possibili, di identificazione degli interventi atti a ridurre l’entità di danni a persone o cose.

Valutare le conseguenze di una esplosione richiede di fare ipotesi sulle grandezze coinvolte. In generale,a partire dal volume e dalla composizione della nube, si possono ricavare l’energia liberata e, attraverso metodologie diverse, la velocità di propagazione dell’onda d’urto e la sua “potenza”, ossia sovrappressione massima e quantità di moto che possono essere trasferite a persone o superfici. Esistono molti dati sperimentali sugli effetti delle onde d’urto, specie espressi come sovrappressione massima.

È bene notare che, sebbene l’essere umano appaia “robusto” rispetto ad altri oggetti investiti, i detriti di questi ultimi, scagliati dall’esplosione, potrebbero risultare letali anche in condizioni apparentemente sopportabili.

Valutazione della sovrappressione di esplosione

Il valore massimo della sovrappressione di una esplosione costituisce la grandezza fondamentale per stimarne le conseguenze.

Non è possibile, né utile, affrontare le metodologie complesse che consentono di valutare questo e altri parametri significativi per tutta la possibile casistica. Negli approfondimenti ci si sofferma solo sul metodo del TNT - equivalente, universalmente noto perché alla base della classificazione della potenza degli ordigni nucleari.

Il TNT - equivalente è applicabile a esplosioni di nubi non confinate (per le quali si usa spesso la sigla UCVE dall’inglese Unconfined Vapour Cloud Explosion), condizione quasi mai verificata negli incidenti industriali, ma si deve introdurre uno studio più approfondito sulle “nubi parzialmente confinate”.

In allegato
- Nubi non confinate
- Nubi parzialmente confinate

Effetti delle esplosioni sugli edifici

Le conseguenze di un fenomeno esplosivo non sono limitate soltanto alle immediate vicinanze della zona in cui esso si è manifestato, ma sono anche legate alla possibilità di lesioni o addirittura collassi delle strutture circostanti, costituendo un serio pericolo per le persone che in essi siano presenti.

Le azioni che le esplosioni producono sugli edifici sono molteplici e, spesso, di non intuitiva analisi: all’effetto sulla superficie esposta direttamente si susseguono quelli dovuti alla riflessione da parte del suolo e di altre strutture circostanti e quelli dovuti all’andamento dinamico della pressione.

I solai esterni e i tetti, per esempio, possono essere sottoposti a condizioni transitorie di forte depressione tali da provocare lo scoperchiamento degli edifici coinvolti, specie se dotati coperture estese e leggere (capannoni), o l’asportazione di loro parti (tegole, beole, ecc.).

In allegato
- Effetti delle esplosioni sugli edifici

Prevenzione e protezione

La prevenzione dei pericoli derivanti dalle atmosfere esplosive deriva da una attenta analisi dei singoli eventi che possano rendere possibile la deflagrazione.

Il formarsi di una atmosfera esplodibile è inevitabile in molti contesti produttivi e, talora, negli edifici civili, uffici o abitazioni che siano. Serbatoi di combustibili liquidi, depositi di materiali pulverulenti, anche familiari e apparentemente innocui, tubazioni e condutture, possono improvvisamente manifestare il loro potenziale distruttivo.

La prevenzione ha inizio, prima che con misure tecniche o procedurali, con la consapevolezza di chi sia responsabile o di chi sia semplicemente utente. La consapevolezza e il comportamento adeguato di tutti, anche con piccoli gesti quotidiani (chiudere il gas!!!), e l’impegno costante per conservare le apparecchiature nelle condizioni ottimali di manutenzione rendono remota la probabilità di una esplosione.

Proteggere persone e cose dalle conseguenze di una esplosione appare meno agevole. Per sua natura, questo fenomeno è, o così è percepito, imprevedibile, dirompente. Se una struttura può resistergli, i più minuti frammenti proiettati dalla esplosione sono in grado di produrre comunque effetti fatali e propagare le conseguenze fino a grandi distanze.

Nel tempo, invece, sono stati elaborati sistemi in grado di bloccare una esplosione prima che le sue conseguenze siano irreparabili, almeno per le persone, sacrificando, almeno temporaneamente, la funzionalità delle apparecchiature investite. Interventi saranno necessari per ripristinare o sostituire e l’emergenza può limitarsi a sorvegliare la messa in sicurezza dei sistemi coinvolti.

In allegato
- Apparecchi e sistemi di protezione
- Misure di prevenzione
- Misure di protezione

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Riepilogo allegati

- Il rischio ATEX INAIL - Rev. 0.0 2023
- Mappa dell’area
- Esplosioni e combustioni
- Esplosioni fisiche
- Incompabilità tra sostanze
- Sostanze termodinamicamente instabili
- Stabilità dei sistemi chimici
- Miscele esplodibili
- Dinamica dei fenomeni esplosivi
- Nubi non confinate
- Nubi parzialmente confinate
- Effetti delle esplosioni sugli edifici
- Apparecchi e sistemi di protezione
- Misure di prevenzione
- Misure di protezione

Fonte: INAIL

Collegati

Modello Riduzione tasso medio prevenzione INAIL anno 2024 | OT23

ID 20119 | | Visite: 5985 | News Sicurezza

Modello OT 23 2024

Modello Riduzione tasso medio prevenzione INAIL anno 2024OT23Entro il 29 Febbraio 2024

ID 20119 | 07.08.2023 / Documenti allegati

Pubblicata la versione aggiornata del modulo OT23 - anno 2024 e la guida alla compilazione.

È disponibile la versione aggiornata del modulo OT23 e la relativa guida alla compilazione per inoltrare la domanda di riduzione del tasso medio per prevenzione per l’anno 2024.

L’art. 23 delle Modalità per l’applicazione delle Tariffe, approvate con decreto interministeriale 27 febbraio 2019, prevede una riduzione del tasso medio di tariffa per le aziende che abbiano effettuato interventi per il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli previsti dalla normativa in materia.

Per accedere alla riduzione, l’azienda deve presentare un’apposita istanza (Modulo per la riduzione del tasso medio per prevenzione), esclusivamente in modalità telematica, attraverso la sezione Servizi Online presente sul sito www.inail.it, entro il termine del 29 febbraio 2024, unitamente alla documentazione probante richiesta dall’Istituto.

La domanda può essere presentata a prescindere dall’anzianità dell’attività (minore, uguale o maggiore di un biennio) assicurata nella posizione assicurativa territoriale (PAT), sempreché gli interventi migliorativi siano stati realizzati nell’anno precedente quello di presentazione della domanda.

Allegati:
- Testo integrale dell'istruzione operativa del 3 agosto 2023
- Modello Riduzione tasso medio prevenzione INAIL anno 2024 - Agg. 04.08.2023 [.pdf/.doc]
- Modello OT23 2024 Guida alla compilazione

INTERVENTI MIGLIORATIVI

L’Inail predefinisce gli interventi che sono considerati validi ai fini della concessione del beneficio in ragione della loro valenza prevenzionale.

L’azienda indica sul modulo di domanda per la riduzione del tasso medio per prevenzione gli interventi che ha attuato nell’anno solare precedente quello di presentazione della domanda (2024).

Il modulo di domanda articola gli interventi nelle seguenti sezioni: 

A: PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI MORTALI (NON STRADALI)
A-1: AMBIENTI CONFINATI E/O SOSPETTI DI INQUINAMENTO
A-2: PREVENZIONE DEL RISCHIO DI CADUTA DALL’ALTO
A-3: SICUREZZA MACCHINE E TRATTORI
A-4: PREVENZIONE DEL RISCHIO ELETTRICO
A-5: PREVENZIONE DEI RISCHI DA PUNTURE DI INSETTO
B: PREVENZIONE DEL RISCHIO STRADALE
C: PREVENZIONE DELLE MALATIE PROFESSIONALI
C-1: PREVENZIONE DEL RISCHIO RUMORE
C-2: PREVENZIONE DEL RISCHIO CHIMICO
C-3: PREVENZIONE DEL RISCHIO RADON
C-4: PREVENZIONE DEI DISTURBI MUSCOLO-SCHELETRICI
C-5: PROMOZIONE DELLA SALUTE
C-6: PREVENZIONE DEL RISCHIO MICROCLIMATICO
D: FORMAZIONE, ADDESTRAMENTO, INFORMAZIONE
E: GESTIONE DELLA SALUTE E SICUREZZA: MISURE ORGANIZZATIVE
F: GESTIONE DELLE EMERGENZE E DPI

Gli interventi migliorativi possono essere realizzati su una o più PAT dell’azienda.

Per la sezione E, che riguarda le misure organizzative per la gestione della salute e sicurezza sul lavoro, e per l’intervento F-6, riguardante il piano per la gestione dell’emergenza in caso di incendio, è richiesta l’attuazione degli interventi su tutte le PAT in quanto, per garantire la massima efficacia prevenzionale, tali interventi devono essere applicati nell’azienda nel suo complesso.

Gli interventi contrassegnati dalla lettera (P) hanno valenza pluriennale, ossia l’arco di validità dell’intervento è esteso a più annualità.

In caso di attuazione di tali interventi, il Modulo deve essere ripresentato ogni anno con idonea documentazione probante da cui risulti non solo la realizzazione degli stessi, ma anche il mantenimento e la continuità di attuazione di tali interventi nell’anno precedente quello di presentazione della domanda.

In particolare, per gli interventi A-1.1, A-1.2, A-1.5, F-4 ed F-7 la pluriennalità consiste nella possibilità di inviare le fatture di acquisto dei beni oggetto dell’intervento, datate anche nei 3 anni precedenti l’anno di riferimento, ossia nei 4 anni precedenti quello di presentazione della domanda.

Per gli interventi C-1.1 e C-1.2 la pluriennalità consiste nella possibilità di inviare le fatture di acquisto dei beni oggetto dell’intervento, datate anche nei 2 anni precedenti l’anno di riferimento, ossia nei 3 anni precedenti quello di presentazione della domanda.

Per l’intervento A-5.1 invece la pluriennalità si esplica nella possibilità di inviare la relazione complessiva sulle valutazioni dei lavoratori svolte anche nei 3 anni precedenti quello della domanda, ossia, anche in questo caso, nei 4 anni precedenti quello di presentazione della domanda.

In linea generale, gli interventi possono essere realizzati in tutti i settori produttivi, tranne alcuni interventi che sono specifici di determinati comparti e possono essere selezionati solo se nella PAT, su cui è stato realizzato l’intervento, è presente il riferimento tariffario dello specifico settore produttivo.

Ad esempio, l’intervento B-7 relativo all’adozione di un codice di pratica dei sistemi di gestione della sicurezza e dell’autotrasporto, è selezionabile solo per PAT che abbiano un riferimento tariffario del Grande Gruppo 9 delle Tariffe dei premi.

Si precisa che per gli interventi della sezione E, che devono essere realizzati su tutte le PAT del cliente, il settore produttivo deve essere presente su almeno una PAT del cliente.

PUNTEGGIO

Ad ogni intervento è attribuito un punteggio. Per poter accedere alla riduzione del tasso medio di tariffa è necessario aver effettuato interventi tali che la somma dei loro punteggi sia pari almeno a 100.

Per alcuni interventi, il punteggio prevede la possibilità di un punteggio bonus di 10 punti, aggiuntivo rispetto a quello indicato sul modulo, applicabile alle PAT classificate secondo i riferimenti tariffari indicati nel modulo stesso.

Se all’interno di una PAT sono presenti più voci, appartenenti a diversi settori produttivi, prevale il settore produttivo a cui è assegnato un punteggio maggiore.

Una volta individuati interventi sufficienti a far raggiungere un punteggio almeno pari a 100, è inibita la selezione di ulteriori interventi.

Qualora l’azienda abbia effettuato gli interventi solo su singole posizioni assicurative,

il punteggio è calcolato per ciascuna PAT e, quindi, per ogni PAT è necessario aver effettuato interventi tali che la somma dei loro punteggi sia pari almeno a 100.

Per gli interventi della “sezione E” e per l’intervento F-6, che devono essere realizzati su tutte le PAT dell’azienda, il punteggio dell’intervento selezionato si intende conseguito per tutte le PAT, fermo restando che per ogni PAT è necessario aver effettuato interventi tali per cui la somma dei loro punteggi sia pari almeno a 100.

DOCUMENTAZIONE PROBANTE

L’Istituto individua nel campo “Documentazione ritenuta probante”, per ogni intervento, la documentazione che ritiene probante l’attuazione dello stesso nell’anno precedente quello di presentazione della domanda.

A pena di inammissibilità, entro il 29 febbraio 2024 tale documentazione deve essere presentata unitamente alla domanda, utilizzando l’apposita funzionalità disponibile nei Servizi online.

Nel campo “Note” sono riportati chiarimenti e definizioni sugli interventi proposti. La documentazione prodotta dall’azienda deve riportare:
- data;
- firma (in genere del datore di lavoro, ma, a seconda degli interventi, anche di altri soggetti idonei, ad esempio, ad attestare un’emissione formale da parte dell’azienda, a comprovare l’effettiva condivisione da parte delle figure previste dalla legge, ecc.).

In particolare, con riferimento agli interventi riguardanti l’implementazione e/o l’adozione di “procedure”, si precisa che per “procedura” si intende un insieme sistematico di istruzioni operative su come eseguire una determinata operazione o attività, formalmente emessa dall’azienda, resa nota ai lavoratori e attuata.

La procedura deve essere caratterizzata, oltre che da data e firma, da:
- contenuti, che devono essere congruenti con l’oggetto dell’intervento;
- prove documentali dell’attuazione nell’anno solare precedente quello di presentazione della domanda.

È facoltà sia dell’azienda che dell’Istituto fornire o richiedere altra documentazione atta a dimostrare quanto dichiarato nel modulo.

PRESUPPOSTI APPLICATIVI

Nel modulo di domanda l’azienda dichiara di essere consapevole che il riconoscimento della riduzione è subordinato all’accertamento degli obblighi contributivi e assicurativi, all’osservanza delle norme di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro e all’attuazione di interventi di miglioramento delle condizioni di sicurezza e di salute nei luoghi di lavoro.

a. Regolarità contributiva

La riduzione è concessa solo dopo l’accertamento dei requisiti di regolarità contributiva del datore di lavoro richiedente, secondo i criteri e le modalità previste dal decreto interministeriale 30 gennaio 2015 e s.m.i., in attuazione del comma 2 dell’articolo 4 del decreto legge 34/2014, come precisato nella circolare Inail n. 61 del 26 giugno 2015.

In ogni caso, la regolarità deve sussistere alla data di adozione del provvedimento di accoglimento della domanda di riduzione del tasso per prevenzione.

b. Osservanza delle norme in materia di prevenzione infortuni e di salute sul lavoro

Il requisito s’intende realizzato qualora siano osservate tutte le disposizioni obbligatorie in materia di prevenzione infortuni e di salute sul lavoro con riferimento alla situazione presente alla data del 31 dicembre dell’anno precedente quello di presentazione della domanda.

Per la sussistenza del requisito si fa riferimento all’azienda nel suo complesso e non alle sole PAT oggetto della domanda.

Non rilevano le irregolarità risultanti da accertamenti non definitivi a norma di legge o comunque sospesi in sede di contenzioso amministrativo o giudiziario.

...

Novità:

Gli interventi riproducono sostanzialmente quelli presenti nel modelli del precedente biennio con alcune variazioni resesi necessarie per:

- intervenute modifiche delle disposizioni legislative;
- migliorare la comprensione del testo;
- aggiornare la documentazione probante ai fini dell’attestazione del corretto adempimento degli interventi da parte delle aziende, utile anche nel contesto della verifica tecnica da parte dell’Istituto.

Sulla base di quanto precede, si riportano di seguito gli interventi per i quali sono state apportate le modifiche più significative.

Interventi eliminati

Intervento C-2.1: “L’azienda ha effettuato il “Fit test” sui DPI per la protezione delle vie respiratorie prima della loro adozione”. La verifica dei DPI per la protezione delle vie respiratorie prima della loro adozione tramite esecuzione del “Fit test” è stata resa obbligatoria ai sensi del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146 come modificato dalla legge di conversione 17 dicembre 2021, n. 215;
intervento E-14: “L’azienda ha presentato alla Commissione consultiva permanente ex art. 6 del d.lgs. 81/08 e s.m.i. una nuova buona prassi per migliorare le condizioni di salute e sicurezza nel luogo di lavoro (ex art. 2 comma 1 lettera v del d.lgs. 81/08 e s.m.i.) che è stata validata nell’anno solare precedente a quello di presentazione della domanda”. La Commissione consultiva permanente ex art. 6 del d.lgs. 81/08 e s.m.i. è da molto tempo non attiva, conseguentemente non ha valutato e pubblicato alcuna prassi di riferimento.

Interventi modificati

SEZIONE A Prevenzione degli infortuni mortali (non stradali)

Sottosezione A-3 Sicurezza macchine e trattori

Intervento A-3.2: è stato meglio riformulato il testo dell’intervento;
intervento A-3.4: è stata parzialmente riformulata la descrizione della documentazione probante;
intervento A-3.5: sono stati parzialmente riformulati il testo dell’intervento e la descrizione della documentazione probante;
intervento A-3.6: è stato riformulato il testo dell’intervento. L’intervento è rivolto sia ad aziende che nel corso del 2023 sostituiscono il trattore con uno analogo munito di strutture antiribaltamento (ROPS), sia ad aziende che sostituiscono il trattore con uno munito di protezione contro lo schiacciamento causato dalla caduta degli oggetti sulla cabina di pilotaggio (FOPS).

Sottosezione A-5 Prevenzione dei rischi da punture di insetto

Intervento A-5.1 (P): parziale riformulazione della descrizione della documentazione probante, con particolare riferimento ai contenuti della descrizione sintetica che deve riportare indicazioni sull’attività svolta dall’impresa, sul tipo di formazione impartita, nonché sulle valutazioni del medico competente.

Le modifiche apportate agli altri interventi della sezione A del modello OT23 2024 hanno il solo scopo di semplificare la lettura di quanto esposto e richiesto ai fini della realizzazione degli interventi medesimi.

SEZIONE B Prevenzione del rischio stradale

Intervento B-1: è stato meglio riformulato il testo dell’intervento;
intervento B-10: è stato riformulato il testo dell’intervento limitando al solo acquisto e installazione, su tutti i veicoli aziendali, di dispositivi di blocco dell’accensione in caso di ebbrezza del conducente (“ignition interlock devices”), ciò in considerazione delle difficoltà riscontrate dalle aziende a far eseguire controlli alcolimetrici nei luoghi di lavoro, di competenza esclusiva del personale medico (medico competente, medico del lavoro dei servizi per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro, con funzioni di vigilanza, delle AUSL competenti per territorio). In conseguenza, è stata adeguata la relativa documentazione probante richiesta.

SEZIONE C Prevenzione delle malattie professionali

Sottosezione C-1 Prevenzione del rischio rumore

Intervento C-1.1 (P): all’intervento è stata conferita una connotazione di efficacia pluriennale (biennale).
Intervento C-1.2: è stato parzialmente riformulato il testo dell’intervento; nelle Note, ai fini dell’univoca identificazione delle strutture idonee all’insonorizzazione, è stato fatto esplicito riferimento alla norma UNI 11347, adeguando, in tal senso, la relativa documentazione probante richiesta, inoltre, al fine di favorire l’adozione di azioni volte alla prevenzione del rischio rumore da parte delle aziende, all’intervento è stata conferita una connotazione di efficacia pluriennale (biennale).

Sottosezione C-2 Prevenzione del rischio chimico

intervento C-2.1: sono stati riformulati il testo dell’intervento, le Note e la descrizione della documentazione probante, in quanto, tra i sistemi di aspirazione dell’aria non sono più previsti, nello specifico, quelli destinati alla manipolazione di agenti cancerogeni e/o mutageni per i quali è obbligatoria l’eliminazione il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata (articolo 237, d.lgs. 81/08).
Le modifiche apportate agli altri interventi della sezione C del modello OT23 2024 hanno il solo scopo di semplificare la lettura di quanto esposto e richiesto ai fini della realizzazione degli interventi medesimi.

SEZIONE D Formazione, addestramento, informazione

Intervento D-3: sono stati parzialmente riformulati i contenuti delle Note e della documentazione probante; infatti, in considerazione delle caratteristiche dell’intervento, che contempla interventi formativi strutturati in micro-lezioni della durata di pochi minuti, è stato fatto espresso riferimento alla necessità che lo stesso venga erogato in modo sistematico e ripetuto nel tempo, e non una tantum, al fine di considerare la sua attuazione effettiva ed efficace in fase di valutazione della richiesta.

SEZIONE E Gestione della salute e sicurezza: misure organizzative

Intervento E-3: è stata integrata la descrizione della documentazione probante con l’indicazione di fornire, contestualmente agli altri documenti, il “programma di audit”, ciò nell’ottica di agevolare le aziende che possono effettuare gli audit di verifica del sistema di gestione nel corso di più anni;
intervento E-4: l’elenco dei sistemi di gestione già previsti è stato integrato con un’ulteriore tipologia specificamente dedicata ai lavoratori delle aziende di produzione del calcestruzzo preconfezionato.
Inoltre, è stata integrata la descrizione della documentazione probante con il documento contenente il “Programma di audit”;
intervento E-5: è stata riformulata la descrizione della documentazione probante, al fine di chiarire quale documentazione sia necessaria ad evidenziare l’effettivo svolgimento dell’attività di controllo da parte dell’Organismo di Vigilanza (OdV) sull’attuazione del modello, al suo mantenimento e, infine, al suo aggiornamento.
intervento E-16: è stato precisato che l’intervento (adozione di un sistema di rilevazione dei mancati infortuni) non si ritiene attuato qualora venga documentato un unico caso di “mancato infortunio” perché in tal caso non si ha dimostrazione dell’attuazione continua, sistematica ed efficace del sistema di rilevazione.
Le modifiche apportate agli altri interventi della sezione E del modello OT23 2024 hanno il solo scopo di semplificare la lettura di quanto esposto e richiesto ai fini della realizzazione degli interventi medesimi.

SEZIONE F Gestione delle emergenze e DPI

Intervento F-2: è stata integrata la descrizione della documentazione probante, contestualmente agli altri documenti viene richiesta anche la ricevuta dell’avvenuto invio alla Centrale Operativa 118 del modulo attestante il possesso e le caratteristiche del defibrillatore prevista dalla legge.
Intervento F-6: sono stati parzialmente riformulati il testo dell’intervento e le Note, al fine di una maggiore comprensione per le aziende interessate.
Intervento F-7: sono stati parzialmente riformulati il testo dell’intervento, i contenuti delle Note e della documentazione probante, ampliando la platea dei dispositivi idonei a comprovare l’attuazione dell’intervento, prevedendo la possibilità di installare sistemi di controllo a distanza dell’utilizzo di DPI da parte dei lavoratori di tipo semi-attivo oltre a quelli di tipo attivo, già considerati nel precedente modello OT23 2023.

Le modifiche apportate agli altri interventi della sezione F del modello OT23 2024 hanno il solo scopo di semplificare la lettura di quanto esposto e richiesto ai fini della realizzazione degli interventi medesimi.

Fonte: INAIL

SGSL: tutti i Modelli applicativi INAIL

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SGSL INAIL comparto

Sistemi Gestione Sicurezza Lavoro: tutti i Modelli applicativi INAIL / Update Dicembre 2023

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Scheda completa Abbonati sicurezza scaricabile in calce alla pagina

SGSL INAIL Sistemi Gestione Sicurezza Lavoro   Tutti i Modelli applicativi INAIL

Per favorire la diffusione dei Sgsl nelle imprese, in particolare nelle piccole e medie, Inail rende disponibili alcuni modelli applicativi, frutto della collaborazione con le Parti sociali e con i relativi Organismi paritetici o bilaterali. Infatti, per adottare un Sgsl occorre adattare al proprio comparto produttivo e alla propria realtà aziendale i requisiti e le indicazioni contenute nelle linee guida UNI-Inail, nella BS OHSAS 18001:07 sostituita da ISO 45001:2018.
________

Alla data news, sono disponibili da INAIL le seguenti linee guida (comprese UNI/PdR):

1. Linee di indirizzo per l'applicazione di un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro - l'industria chimica (Vedi 8)

Le presenti “Linee di indirizzo per l’applicazione di un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro per l’industria chimica” rappresentano uno strumento utile per la diffusione della cultura della salute e della sicurezza e la conoscenza delle buone pratiche organizzative, tecniche e gestionali già esistenti.

Le Linee di indirizzo vogliono fornire alle imprese, in particolar modo a quelle di piccole e medie dimensioni, un supporto operativo funzionale all’adozione dei sistemi di gestione, finalizzato ad aumentare il livello di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Le imprese avranno in tal modo la possibilità di sviluppare un approccio compatibile con il percorso necessario per conseguire la certificazione secondo lo schema previsto dallo standard UNI ISO 45001:2018 e, grazie al contributo presente nell’appendice A, di adottare un modello organizzativo e gestionale relativo alla responsabilità amministrativa degli Enti, di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001 s.m.i., che rispetti i requisiti previsti all’art. 30 del d.lgs. 81/08 e s.m.i..

Linee di indirizzo applicazione SGSSL per l'industria chimica - Ed. 2023

2. Linee di indirizzo SGI-AE Ed. 2021

Modelli applicativi per un Sistema di Gestione integrato salute e sicurezza ambiente nelle aziende del settore energia.

La nuova edizione delle linee di indirizzo SGI-AE riflette le importanti innovazioni introdotte dalla nuova norma internazionale Uni Iso 45001:2018 “Sistemi di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro - Requisiti e guida per l’uso”.

La UNI ISO 45001:2018 costituisce, inoltre, lo standard internazionale per la certificazione del sistema di gestione ed è stata elaborata con l’obiettivo dell’integrabilità con le altre norme per sistemi di gestione certificabili, per le quali ISO ha adottato una struttura comune, HLS “high level structure”. (Vedi 11)

Linee di indirizzo Sgsl-AE - Ed. 2021

3. Linee di indirizzo per la gestione della salute e sicurezza sul lavoro - Manifestazioni fieristiche

Analisi e sistematizzazione dei processi lavorativi per la realizzazione di una manifestazione fieristica ai fini del miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro

Le linee di indirizzo intendono illustrare le relazioni tra i soggetti giuridici indicati nel “Decreto Palchi e fiere” e dettagliarne i relativi ruoli recependo le migliori prassi operative messe in atto nel nostro paese nelle fasi di allestimento e disallestimento di manifestazioni fieristiche allo scopo di gestire al meglio i suddetti rischi.

Linee di indirizzo Sgsl-MF - Ed. 2021

4. Linee di indirizzo per l’implementazione di un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro per le aziende dei servizi idrici, ambientali, energetici e funerari (SGSL-U)

Le Linee di indirizzo SGSL-U sono state redatte in conformità alla norma internazionale UNI ISO 45001:2018, avendo anche cura di assicurare una congruenza di contenuti anche con le Linee guida per un sistema di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) pubblicate dall’UNI nel 2001. (Vedi 10)

Linee di indirizzo Sgsl-U - Ed. 2020

5. Linee di indirizzo Sgsl per l'esercizio dei parchi eolici

Le presenti Linee di indirizzo sono state sviluppate con riferimento a parchi eolici realizzati con aerogeneratori di grossa taglia, per la produzione di energia elettrica da immettere nella rete elettrica nazionale.

Linee di indirizzo Sgsl per l'esercizio dei parchi eolici Ed. 2019

6. Linee di indirizzo per l’implementazione dei sistemi di gestione per la salute e sicurezza nelle imprese a rete

Con determina del Presidente dell’Inail n. 357 del 29 settembre 2015, sono state approvate le Linee d’Indirizzo per l'implementazione dei sistemi di gestione per la salute e sicurezza nelle imprese a rete Sgsl - Ar - Ed. 2015

Linee di indirizzo Sgsl-Ar - Ed. 2015

7. Linee d’indirizzo Sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro nelle sziende sanitarie pubbliche della regione Lazio (Sgsl-As)

Con Determina del Presidente dell’Inail n. 273 del 20 luglio 2015, sono state approvate le linee d’indirizzo Sgsl-As (Sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro nelle sziende sanitarie pubbliche della regione Lazio) e si aggiunge quindi un ulteriore importante tassello in un settore, quale quello sanitario, ad elevata criticità in termini di infortuni e malattie professionali.

Il documento è stato realizzato attraverso il pieno coinvolgimento delle aziende sanitarie che hanno aderito attraverso uno specifico network fra i professionisti che vi operano, unitamente al gruppo di lavoro multidisciplinare partecipato da professionisti dell’Inail.

Linee di indirizzo Sgsl-As - Ed. 2015

8. Linee d’indirizzo per l’applicazione di un Sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro per l’industria chimica.

Con determinazione del Presidente dell’Inail n. 84 del 24 marzo 2015, sono state approvate le Linee d’Indirizzo per l’applicazione di un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro per l’industria chimica, alla cui realizzazione ha lavorato un apposito gruppo di lavoro formato da professionisti dell’Istituto e da rappresentanti di Federchimica e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore Filctem/Cgil, Femca/Cisl e Uiltec/Uil. Si tratta di una tappa importante nel percorso di collaborazione avviato tra i due enti con l’accordo quadro siglato il 24 aprile 2013 allo scopo di consolidare il cammino di fattiva cooperazione consolidatosi negli anni.

Essendo redatte sulla base del nuovo schema di riferimento comune a tutti i sistemi di gestione pubblicati in seno all’Iso, le linee d’indirizzo per l’applicazione di un Sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro per l’industria chimica consentono di valorizzare al meglio metodologie operative e processi logici e gestionali noti, laddove essi siano già applicati, e di facilitarne l’adozione laddove non ancora in uso. Qualora ne condividano le finalità, le imprese potranno inoltre sviluppare un approccio compatibile con il percorso necessario a conseguire la certificazione secondo lo schema previsto dallo standard Ohsas 18001, adottando un modello organizzativo e gestionale relativo alle responsabilità amministrative degli Enti in accordo ai requisiti previsti dall’art.30 del Testo Unico sulla sicurezza. Un altro dei vantaggi, infine, è rappresentato dalla possibilità di poter estendere agevolmente l’approccio del sistema di gestione della salute e sicurezza a tutte le altre aree della sostenibilità (quali ad esempio ambiente, energia, responsabilità sociale), in coerenza con quanto previsto per il settore della chimica dal Responsible Care, il programma mondiale volontario del settore per lo sviluppo sostenibile.

Linee di indirizzo Sgsl-Ch - Ed. 2015 

9. Modelli applicativi per un Sistema di gestione della sicurezza sul lavoro per le aziende del settore Gomma plastica.

Con determinazione n. 69 del 21 marzo 2011 il Presidente ha approvato l’accordo quadro di collaborazione tra Inail e Federazione Gomma plastica sottoscritto dalle Parti in data 6 giugno 2011, cui ha aderito per adesione anche l’Associazione nazionale costruttori di macchine e stampi per materie plastiche e gomma (Assocomaplast) e che ha visto l’elaborazione delle linee di indirizzo Sgsl-Gp (Sistema di gestione della sicurezza sul lavoro per le aziende del settore Gomma plastica), approvate con determinazione del Presidente n. 138 del 5 luglio 2013.

Le Linee di Indirizzo Sgsl-Gp sono frutto della collaborazione di un gruppo di lavoro articolato, composto da rappresentanti dell’Inail, della Federazione Gomma-plastica, della Assocomaplast e delle Organizzazioni Sindacali di categoria.

Linee di indirizzo Sgsl-Gp - Ed. 2014 

10. Modelli applicativi per Sistemi di gestione per la salute e sicurezza nelle aziende di servizi pubblici locali che operano nei settori di distribuzione dei principali servizi (gas, acqua, teleriscaldamento, elettricità, servizi funerari).

Con determinazione del Presidente dell’Inail n. 25 del 26 gennaio 2015, sono state approvate le linee d’indirizzo per l’implementazione dei Sistemi di gestione per la salute e sicurezza Sgsl-Gatef (gas, acqua, teleriscaldamento, elettricità, servizi funerari) nelle aziende di servizi pubblici locali che operano nei settori di distribuzione dei principali servizi (energia elettrica, gas, acqua) e che afferiscono a Federutility, la Federazione delle Imprese Energetiche e Idriche. Alla realizzazione delle linee d’Indirizzo ha lavorato uno specifico gruppo di lavoro, formato da professionisti dell’Istituto e da rappresentanti della Federazione, secondo quanto previsto dall’accordo quadro siglato nel 2012 fra l’Inail e Federutility.

Secondo modelli già positivamente sperimentati in altri contesti produttivi, le Linee d’indirizzo Sgsl-Gatef rappresentano uno strumento concreto messo a disposizione delle aziende per facilitarle nel corretto adempimento di tutti gli obblighi giuridici in materia di salute e sicurezza. Inoltre, esse contribuiscono alla costruzione, su base assolutamente volontaria, di un modello organico di organizzazione e gestione complessiva per far sì che la sicurezza tecnologica, comportamentale ed organizzativa possa concorrere ad una più efficace ed efficiente gestione dei rischi ed al miglioramento continuo delle misure relative alla sicurezza, all’igiene e alla salute negli ambienti di lavoro.

Diversi i vantaggi che le aziende che decideranno di implementare un Sistema di Gestione conforme alle linee d’indirizzo Sgsl-Gatef potranno ricevere. In particolare, esse avranno l’opportunità di:

- puntare ad ottenere una riduzione progressiva di incidenti, infortuni e malattie professionali
- minimizzare i rischi cui possono essere esposti lavoratori o terzi presenti in azienda
- contribuire a migliorare la salute e la sicurezza sul lavoro
- ridurre il rapporto costi/benefici degli interventi di prevenzione
- migliorare l’immagine aziendale
- aumentare l’efficienza e le prestazioni delle aziende.

Linee di indirizzo Sgsl-Gatef - Ed. 2014

11. Modelli applicativi per un Sistema di Gestione integrato salute e sicurezza ambiente nelle aziende del settore energia.

Con determina n.167 dell’8 luglio 2013, il Presidente dell’Inail, Prof. Massimo De Felice, ha approvato l’edizione 2013 delle Linee di Indirizzo Sgi-Ae Sistema di gestione integrato salute e sicurezza ambiente aziende energia le quali aggiornano l’edizione pubblicata nell’anno 2009 (frutto delle attività definite con l’accordo sottoscritto tra Inail ed Asiep – ora Confindustria Energia – del 27 giugno 2007).

Le linee di indirizzo del sistema Sgi-Ae sono rivolte alle aziende del settore Energia petrolio. L’adesione, che ha carattere volontario per le aziende, consistente nell’implementazione di un Sistema di gestione integrato conforme alle presenti linee d’indirizzo, ed è da considerarsi, in virtù delle disposizioni legislative e regolamentari e anche ai sensi delle modalità di applicazione della tariffa dei premi Inail (art 24 delle Mat - d.m. 12/12/ 2000 e s.m.i.) un intervento rilevante nel campo della salute e sicurezza sul lavoro, da cui consegue la possibilità per l’azienda di richiedere all’Inail la riduzione del tasso medio di tariffa nei modi e nella misura previste.

Le linee d’indirizzo Sgi-Ae si articolano in una serie di schede nelle quali vengono descritti i requisiti e le modalità di corretta gestione di specifici processi correlati ed interagenti che compongono un sistema di gestione aziendale. La finalità è quella di strutturare un sistema organico, integrato con l’operatività aziendale complessiva, che intende pianificare i miglioramenti progressivi delle sue performance nella tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente come effettivo risultato delle proprie attività e dei processi produttivi.

Il punto di partenza imprescindibile da cui si traccia la linea di miglioramento è rappresentata dall’assoluto rispetto delle leggi in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed ambiente. I diversi processi descritti in ogni scheda sono trattati con approccio di sistema che li collega ai processi correlati ai quali rimanda per le specifiche indicazioni operative. L’insieme dei processi e le loro corrispondenze con le linee guida Sgsl – Uni 2001, le Bs Ohsas 18001, le Uni En Iso 14001, sono evidenziate nella tabella di correlazione riportata tra gli allegati.

Al fine di facilitare la lettura delle linee d’indirizzo, che comunque trattano materie di significativa complessità, è stato adottato sempre lo stesso schema espositivo che per ogni processo del sistema Sgi-Ae prevede:

- scopi e obiettivi
- descrizione delle attività
- documentazione di riferimento
- ruoli e responsabilità e meccanismo di verifica.

Linee di indirizzo Sgsl-Ae - Ed. 2013

12. Linee di indirizzo per la realizzazione di un Sistema di gestione della salute e della sicurezza dei lavoratori per le aziende dei servizi ambientali e territoriali (Sgsl-R).

Il 21 dicembre 2009 Inail e Federambiente hanno stipulato un accordo quadro finalizzato a sperimentare soluzioni pratiche che potessero favorire e premiare le azioni per la prevenzione, contribuendo a diffondere la cultura della salute e sicurezza.

La fondazione “Rubes Triva” costituita da Federambiente e alcuni sindacati, in attuazione dell’accordo, ha avviato successivamente un progetto per la definizione delle linee di Indirizzo per la realizzazione di un Sistema di gestione della salute e della sicurezza dei lavoratori per le aziende dei servizi ambientali e territoriali (Sgsl-R).

Linee di indirizzo Sgsl-R - Ed. 2012 

13. Modelli apllicativi per facilitare le micro e piccole imprese nell’implementazione di un Sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.

Inail ha sviluppato, insieme a Casartigiani, Claai, Cna, Confartigianato, Cgil, Cisl, Uil, le linee di indirizzo per facilitare le micro e piccole imprese nell’implementazione di un Sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.

Il documento propone modalità applicative semplificate, appropriate alla struttura organizzativa semplice (datore di lavoro e lavoratori, integrata dalla figura del preposto) propria delle micro e piccole imprese, e tali da minimizzare il fabbisogno di risorse umane e strumentali da impegnare nella implementazione del Sgsl aziendale.

Linee di indirizzo Sgsl-MPI - Ed. 2011 

14. Linee di indirizzo per la corretta gestione dei lavori in appalto ai fini della tutela della salute e sicurezza del personale impiegato nella realizzazione della nave, indipendentemente dalla sua appartenenza ad imprese diverse.

L’importanza dell’efficace gestione in sicurezza degli appalti nella cantieristica navale è stata sancita dall’accordo siglato dal Ministero della Salute, Fincantieri, Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil, Inail e Ispesl finalizzato ad individuare e sperimentare soluzioni pratiche per migliorare la gestione in sicurezza dei lavori in appalto nella cantieristica navale.

Le linee di indirizzo, scaturite da una analisi accurata degli specifici processi produttivi, forniscono requisiti e indicazioni operative per la corretta gestione dei lavori in appalto ai fini della tutela della salute e sicurezza del personale impiegato nella realizzazione della nave, indipendentemente dalla sua appartenenza ad imprese diverse.

Linee di indirizzo Sgsl-Appalti Cn - Ed. 2011 

15. Modelli applicativi per le aziende del comparto aeronautico (Ala fissa) ispirati alla cultura dello sviluppo sostenibile e della responsabilità sociale.

Nel 2008 Inail, Alenia Aeronautica e Fim, Fiom, Uilm nazionali hanno sottoscritto un protocollo d’intesa in materia di salute, sicurezza e ambiente nei luoghi di lavoro, finalizzato a un costante impegno per la crescita culturale in materia sia all’interno che all’esterno dei luoghi di lavoro, con particolare attenzione anche all’impatto ambientale delle attività industriali, adottando modelli organizzativi e operativi ispirati alla cultura dello sviluppo sostenibile e della responsabilità sociale.

A seguito di tale protocollo, è stato sottoscritto un accordo finalizzato alla realizzazione di strumenti operativi per le aziende del comparto aeronautico (Ala fissa); sono state così elaborate le linee di indirizzo per l’applicazione di un Sgsl alle imprese del settore.

Linee di indirizzo Sgsl-Aa - Ed. 2011

16. Sistema di gestione della salute e della sicurezza dei lavoratori per le aziende di produzione del calcestruzzo preconfezionato

La pubblicazione (2016) si articola in un documento principale (le Linee d’indirizzo Sgsl – Cp) che contiene le indicazioni e passi da seguire per l’adozione del Sgsl, e in alcune schede allegate che trattano aspetti specifici delle attività del settore del calcestruzzo preconfezionato come le manutenzioni in impianto e negli ambienti confinati e la gestione dei rapporti con i soggetti terzi all’azienda.

Linee di indirizzo Sgsl-Cp - Ed. 2016

17. Linee guida UNI-Inail

Le Linee Guida UNI INAIL sono un documento di indirizzo alla progettazione, implementazione e attuazione di sistemi di gestione della salute e della sicurezza sul lavoro, rivolto soprattutto alle PMI che caratterizzano il sistema produttivo italiano. Nello spirito della volontarietà della adozione di SGSL, vogliono essere un valido aiuto nei confronti delle aziende e dei consulenti aziendali.

Linee guida UNI-Inail

18. UNI/PdR 22:2016

Linee Guida per la procedura operativa per l'asseverazione dei modelli di organizzazione e gestione della salute e sicurezza nelle aziende dei servizi ambientali territoriali

UNI/PdR 22:2016

19. UNI/PdR 83:2020

Modello semplificato di Organizzazione e Gestione della salute e sicurezza sul lavoro, di cui al D.lgs. 81/2008, per micro e piccole imprese

UNI/PdR 83:2020

Fonte: INAIL

Matrice revisioni

Rev. Data Oggetto Autore
4.0 12.12.2023 UNI/PdR 83:2020
UNI/PdR 22:2016
Certifico Srl
3.0 20.01.2023 Linee di indirizzo SGSSL industria chimica - Ed. 2023 Certifico Srl
2.0 24.06.2022 Linee di indirizzo Sgsl-Cp - Ed. 2016
Certifico Srl
1.0 18.05.2022 Linee di indirizzo SGI-AE - 2021
Linee di indirizzo SGI-MF - 2021
Linee di indirizzo Sgsl-U - Ed. 2020
Linee di indirizzo Sgsl parchi eolici Ed. 2019
Certifico Srl
0.0 03.02.2018 --- Certifico Srl

Collegati

Coordinatore sicurezza: Requisiti professionali

ID 9502 | | Visite: 84067 | Documenti Riservati Sicurezza

Coordinatore sicurezza   Requisiti professionali

Coordinatore sicurezza: Requisiti professionali / Quadro sinottico Requisiti - Rev. Genn. 2024

ID 9502 | Rev. 1.0 del 23.01.2024

Quadro sinottico (PDF completo allegato) sui Requisiti del Coordinatore per la Sicurezza in relazione ai (1)titoli di studio richiesti (2)anni di attività lavorativa documentata nel settore delle costruzioni e (3)attestato di frequenza a specifico corso in materia di sicurezza, in riferimento a quanto prescritto dal all’Art. 98 del D.Lgs. 81/2008.

Rev. 1.0 2024 - Classe L/SNT/4 laurea in Tecniche della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro

La Legge 3 luglio 2023 n. 85 di conversione del Decreto-Legge 4 maggio 2023 n. 48, ha modificato il comma 1 lett. b dell'Art. 98 e ricompreso nei requisiti previsti per il coordinatore anche il possesso di laurea conseguita in Tecniche della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, della classe L/SNT/4, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 17 gennaio 1997, n. 58, e del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 19 febbraio 2009.

La Figura

La figura professionale del Coordinatore per la sicurezza riveste un’importanza cruciale nell’ambito dei cantieri edili (temporanei o mobili): è la figura incaricata dal Committente o dal Responsabile dei lavori (cioè dal soggetto per conto del quale l’opera viene realizzata o dalla persona da esso incaricata per lo svolgimento dei propri compiti) per garantire il coordinamento tra le imprese impegnate nei lavori, ai fini dell’abbattimento dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

La figura del Coordinatore per la Sicurezza assume oggi due funzioni, che possono eventualmente essere ricoperte anche da due professionisti diversi.

La prima funzione è il Coordinatore per la Sicurezza in fase di progettazione (CSP), che svolge i suoi compiti in fase di progettazione dell’opera dei lavori; la seconda è il Coordinatore per la Sicurezza in fase di esecuzione (CSE), che svolge i suoi compiti in fase di realizzazione dell’opera.

L’art. 90 del D.Lgs. 81/2008 impone al Committente (o al Responsabile dei lavori da lui delegato) di nominare i Coordinatori, dotati di adeguati requisiti professionali, qualora sia prevista la presenza in cantiere di più imprese esecutrici anche non contemporanea, o quando dopo aver affidato i lavori a una sola impresa esecutrice, per qualsivoglia ragione, ne entri nel medesimo cantiere un’altra.

Come previsto nel dettaglio dagli artt. 91 e 92 del D.Lgs. 81/2008, per quanto riguarda le differenze tra Coordinatore Sicurezza in fase di Progettazione (CSP) e Coordinatore Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE):

- il CSP si occupa di redigere il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC), documento mediante il quale si progetta la sicurezza in cantiere; il Fascicolo dell'Opera adattato alle sue caratteristiche, contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori.

- il CSE si occupa invece di verificare l’attuazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) per tutta la durata dei lavori con opportune azioni di coordinamento e controllo; la corretta applicazione delle procedure di lavoro.

Iscrizione ad un Ordine o collegio Professionale 

Il requisito dell’iscrizione ad un Ordine o collegio Professionale in merito alla possibilità di esercizio del ruolo di Coordinatore Sicurezza in cantiere è stato nel corso degli anni oggetto di numerosi equivoci.

L’obbligo non è mai stato presente all’interno delle normative di riferimento a partire dal D.Lgs. 494/96 che all’art. 10 “Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori” recitava:

“1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per l’esecuzione dei lavori devono essere in possesso dei seguenti requisiti:

a) diploma di laurea in ingegneria o architettura nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno;

b) diploma universitario in ingegneria o architettura nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;

c) diploma di geometra o perito industriale, nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni.”

Il passaggio veniva successivamente ampliato dall’art. 9 del D.Lgs. 528/99:

“1. All’articolo 10 del decreto legislativo n. 494 del 1996 sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

“a) diploma di laurea in ingegneria, architettura, geologia, scienze agrarie o scienze forestali, nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno;”

b) al comma 1, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

“c) diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni.”

Il limite dell’iscrizione ad Ordini o Collegi Professionali era riferito all’epoca, come spartiacque per l’effettiva dimostrazione dell’attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni; tale criterio è stato poi chiarito nel corso degli anni soprattutto per i Professionisti Diplomati che potevano considerare anche le esperienze svolte nel tirocinio come anni effettivi di espletamento dell’attività lavorativa.

La pubblicazione del Testo Unico D.Lgs. 81/2008 All’Art. 98 ha dettagliato altresì nello specifico quali tipologie di Lauree possono essere valide al fine del conseguimento dell’abilitazione quale Coordinatore per la Sicurezza in cantiere, ed altri requisiti, in sintesi sono previsti (dettaglio in seguito):

1.  Titolo di studio (tipologie di laurea e di diploma richiesti)
2. Numero di anni di attività lavorativa documentata nel settore delle costruzioni
3. Attestato di frequenza a specifico corso in materia di sicurezza

______

D.Lgs. 81/2008
...
Art. 98 Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione del coordinatore per l'esecuzione dei lavori

1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per l'esecuzione dei lavori devono essere in possesso di uno dei seguenti requisiti:

 a)  Laurea magistrale conseguita in una delle seguenti classi: LM-4, da LM-20 a LM-35, LM- 69, LM-73, LM-74, di cui al decreto del Ministro dell’Università e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato nel S.O. alla G.U. n. 157 del 9 luglio 2007.

Laurea magistrale (LM)
(Decreto 16 marzo 2007)

Attestazione 
(Vedi Interpello n.2/2013 in calce)
(almeno 1 anno)

Attestato di frequenza
(Vedi c.4)

LM-4

Classe delle lauree magistrali in ARCHITETTURA E INGEGNERIA EDILEARCHITETTURA

Attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SI

LM-20

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA AEROSPAZIALE E ASTRONAUTICA

SI

LM-21

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA BIOMEDICA

SI

LM-22

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA CHIMICA

SI

LM-23

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA CIVILE

SI

LM-24

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA DEI SISTEMI EDILIZI

SI

LM-25

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA DELL'AUTOMAZIONE

SI

LM-26

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA DELLA SICUREZZA

NO

LM-27

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA DELLE TELECOMUNICAZIONI

SI

LM-28

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA ELETTRICA

SI

LM-29

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA ELETTRONICA

SI

LM-30

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA ENERGETICA E NUCLEARE

SI

LM-31

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA GESTIONALE

SI

LM-32

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA INFORMATICA

SI

LM-33

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA MECCANICA

SI

LM-34

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA NAVALE

SI

LM-35

Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA PER L'AMBIENTE E IL TERRITORIO

SI

LM- 69

Classe delle lauree magistrali in SCIENZE E TECNOLOGIE AGRARIE

SI

LM-73

Classe delle lauree magistrali in SCIENZE E TECNOLOGIE FORESTALI ED AMBIENTALI

NO

LM-74

Classe delle lauree magistrali in SCIENZE E TECNOLOGIE GEOLOGICHE

NO

ovvero laurea specialistica conseguita nelle seguenti classi: 4/S, da 25/S a 38/S, 77/S, 74/S, 86/S, di cui al decreto del Ministro dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 28 novembre 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 2001,

Laurea specialistica
(Decreto 28 Novembre 2000)

Attestazione
(Vedi Interpello n.2/2013 in calce)
(almeno 1 anno)

Attestato di frequenza 
(Vedi c.4)

4/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN ARCHITETTURA E INGEGNERIA EDILE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SI

25/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA AEROSPAZIALE E ASTRONAUTICA

SI

26/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA BIOMEDICA

SI

27/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA CHIMICA

SI

28/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA CIVILE

SI

29/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA DELL’AUTOMAZIONE

SI

30/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA DELLE TELECOMUNICAZIONI

SI

31/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA ELETTRICA

SI

32/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA ELETTRONICA

SI

33/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA ENERGETICA E NUCLEARE

SI

34/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA GESTIONALE

SI

35/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA INFORMATICA

SI

36/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA MECCANICA

SI

37/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA NAVALE

SI

38/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA PER L’AMBIENTE E IL TERRITORIO

SI

77/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN SCIENZE E TECNOLOGIE AGRARIE

SI

74/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN SCIENZE E GESTIONE DELLE RISORSE RURALI E FORESTALI

SI

86/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN SCIENZE GEOLOGICHE

SI

ovvero corrispondente diploma di laurea ai sensi del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca in data 5 maggio 2004, pubblicato nella G.U. n. 196 del 21 agosto 2004, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno;

Laurea specialistica (LS)
(Decreto 28 Novembre 2000)

Diploma di laurea (DL)
(Decreto 5 maggio 2004)

Attestazione
(Vedi Interpello n.2/2013 in calce)
(almeno 1 anno)

Attestato di frequenza
(Vedi c.4)

4/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN ARCHITETTURA E INGEGNERIA EDILE

Architettura
Ingegneria Edile - Architettura

Attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno

SI

25/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA AEROSPAZIALE E ASTRONAUTICA

Ingegneria aerospaziale

SI

26/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA BIOMEDICA

Ingegneria biomedica

SI

27/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA CHIMICA

Ingegneria chimica

SI

28/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA CIVILE

Ingegneria civile

SI

29/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA DELL’AUTOMAZIONE

---

---

30/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA DELLE TELECOMUNICAZIONI

Ingegneria dei materiali

SI

31/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA ELETTRICA

Ingegneria elettrica

SI

32/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA ELETTRONICA

Ingegneria elettronica

SI

33/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA ENERGETICA E NUCLEARE

Ingegneria nucleare

SI

34/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA GESTIONALE

Ingegneria gestionale

SI

35/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA INFORMATICA

Ingegneria informatica

SI

36/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA MECCANICA

Ingegneria meccanica

SI

37/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA NAVALE

Ingegneria navale

SI

38/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA PER L’AMBIENTE E IL TERRITORIO

Ingegneria per l'ambiente e il territorio

SI

77/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN SCIENZE E TECNOLOGIE AGRARIE

Scienze agrarie tropicali e subtropicali

SI

74/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN SCIENZE E GESTIONE DELLE RISORSE RURALI E FORESTALI

Scienze forestali e Scienze forestali e ambientali

SI

86/S

CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN SCIENZE GEOLOGICHE

Scienze geologiche

SI

b)   Laurea conseguita nelle seguenti classi L7, L8, L9, L17, L23, di cui al predetto decreto ministeriale in data 16 marzo 2007, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;

N° classe

Laurea

Attestazione
(Vedi Interpello n.2/2013 in calce)
(almeno 2 anni)

Attestato di frequenza
(Vedi c.4)

L7

CLASSE DELLE LAUREE
INGEGNERIA CIVILE E AMBIENTALE

Attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;

 

SI

L8

CLASSE DELLE LAUREE
INGEGNERIA DELL'INFORMAZIONE

SI

L9

CLASSE DELLE LAUREE
INGEGNERIA INDUSTRIALE

SI

L17

CLASSE DELLE LAUREE
SCIENZE DELL'ARCHITETTURA

SI

L23

CLASSE DELLE LAUREE
SCIENZE E TECNNICHE DELL'EDILIZIA

SI

ovvero laurea conseguita nelle classi 4,8,9,10, di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;

N° classe

Laurea

Attestazione
(Vedi Interpello n.2/2013 in calce)
(almeno 2 anni)

Attestato di frequenza
(Vedi c.4)

4

CLASSE DELLE LAUREE IN SCIENZE DELL'ARCHITETTURA E DELL'INGEGNERIA EDILE

Attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;

SI

8

CLASSE DELLE LAUREE IN INGEGNERIA CIVILE E AMBIENTALE

SI

9

CLASSE DELLE LAUREE IN INGEGNERIA DELL'INFORMAZIONE

SI

10

CLASSE DELLE LAUREE IN INGEGNERIA INDUSTRIALE 

SI

ovvero laurea conseguita in Tecniche della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, della classe L/SNT/4, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 17 gennaio 1997, n. 58, e del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 19 febbraio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 119 del 25 maggio 2009, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni; (2)

N° classe

Laurea

Attestazione
(Vedi Interpello n.2/2013 in calce)
(almeno 2 anni)

Attestato di frequenza
(Vedi c.4)

L/SNT/4

CLASSE DELLE LAUREE IN
PROFESSIONI SANITARIE DELLA PREVENZIONE

Attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;

SI

c)   Diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni.

Diploma Attestazione
(Vedi Interpello n.2/2013 in calce)
(almeno 3 anni)
Attestato di frequenza
(Vedi c.4)
Diploma di geometra Attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti,
comprovante l’espletamento di attività lavorativa
nel settore delle costruzioni per almeno tre anni.
SI
Diploma di perito industriale SI
Diploma di perito agrario o agrotecnico SI

2. I soggetti di cui al comma 1, devono essere, altresì, in possesso di attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento finale, a specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle regioni, mediante le strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione e della formazione professionale, o, in via alternativa, dall'ISPESL, dall'INAIL, dall'Istituto italiano di medicina sociale, dagli ordini o collegi professionali, dalle università, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o dagli organismi paritetici istituiti nel settore dell'edilizia. Fermo restando l'obbligo di aggiornamento di cui all'allegato XIV, sono fatti salvi gli attestati rilasciati nel rispetto della previgente normativa a conclusione di corsi avviati prima della data di entrata in vigore del presente decreto.

3. I contenuti, le modalità e la durata dei corsi di cui al comma 2 devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all'allegato XIV. L'allegato XIV è aggiornato con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I corsi di cui all'allegato XIV, solo per il modulo giuridico (28 ore), e i corsi di aggiornamento possono svolgersi in modalità e-learning nel rispetto di quanto previsto dall'allegato I dell'Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 21 dicembre 2011 emanato per la formazione dei lavoratori ai sensi dell'articolo 37, comma 2. (1)

4. L'attestato di cui al comma 2 non è richiesto per coloro che, non più in servizio, abbiano svolto attività tecnica in materia di sicurezza nelle costruzioni, per almeno cinque anni, in qualità di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio e per coloro che producano un certificato universitario attestante il superamento di un esame relativo ad uno specifico insegnamento del corso di laurea nel cui programma siano presenti i contenuti minimi di cui all'allegato XIV, o l'attestato di partecipazione ad un corso di perfezionamento universitario i cui programmi e le relative modalità di svolgimento siano conformi all'allegato XIV.

L'attestato di cui al comma 2 non è richiesto per coloro che sono in possesso della laurea magistrale LM-26.

5. Le spese connesse all'espletamento dei corsi di cui al comma 2 sono a totale carico dei partecipanti.

6. Le regioni determinano la misura degli oneri per il funzionamento dei corsi di cui al comma 2, da esse organizzati, da porsi a carico dei partecipanti.

(1) Periodo aggiunto dall'art. 20, comma 1 lett. o del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183
(2) La Legge 3 luglio 2023 n. 85 di conversione del Decreto-Legge 4 maggio 2023 n. 48, ha modificato il comma 1 lett. b).

D.Lgs. 81/2008
...
Art. 98 Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione del coordinatore per l'esecuzione dei lavori

1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per l'esecuzione dei lavori devono essere in possesso di uno dei seguenti requisiti:

a) laurea magistrale conseguita in una delle seguenti classi: LM-4, da LM-20 a LM-35, LM-69, LM-73, LM-74, di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 157 del 9 luglio 2007, ovvero laurea specialistica conseguita nelle seguenti classi: 4/S, da 25/S a 38/S, 77/S, 74/S, 86/S, di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 28 novembre 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 2001, ovvero corrispondente diploma di laurea ai sensi del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 5 maggio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 2004, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno;

b) laurea conseguita nelle seguenti classi L7, L8, L9, L17, L23, di cui al predetto decreto ministeriale in data 16 marzo 2007, ovvero laurea conseguita nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero laurea conseguita in Tecniche della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, della classe L/SNT/4, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 17 gennaio 1997, n. 58, e del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 19 febbraio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 119 del 25 maggio 2009, (2) nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;

c) diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni.

2. I soggetti di cui al comma 1, devono essere, altresì, in possesso di attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento finale, a specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle regioni, mediante le strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione e della formazione professionale, o, in via alternativa, dall'ISPESL, dall'INAIL, dall'Istituto italiano di medicina sociale, dagli ordini o collegi professionali, dalle università, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o dagli organismi paritetici istituiti nel settore dell'edilizia. Fermo restando l'obbligo di aggiornamento di cui all'allegato XIV, sono fatti salvi gli attestati rilasciati nel rispetto della previgente normativa a conclusione di corsi avviati prima della data di entrata in vigore del presente decreto.

3. I contenuti, le modalità e la durata dei corsi di cui al comma 2 devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all'allegato XIV. L'allegato XIV è aggiornato con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I corsi di cui all'allegato XIV, solo per il modulo giuridico (28 ore), e i corsi di aggiornamento possono svolgersi in modalità e-learning nel rispetto di quanto previsto dall'allegato I dell'Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 21 dicembre 2011 emanato per la formazione dei lavoratori ai sensi dell'articolo 37, comma 2. (1)

4. L'attestato di cui al comma 2 non è richiesto per coloro che, non più in servizio, abbiano svolto attività tecnica in materia di sicurezza nelle costruzioni, per almeno cinque anni, in qualità di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio e per coloro che producano un certificato universitario attestante il superamento di un esame relativo ad uno specifico insegnamento del corso di laurea nel cui programma siano presenti i contenuti minimi di cui all'allegato XIV, o l'attestato di partecipazione ad un corso di perfezionamento universitario i cui programmi e le relative modalità di svolgimento siano conformi all'allegato XIV.

L'attestato di cui al comma 2 non è richiesto per coloro che sono in possesso della laurea magistrale LM-26.

5. Le spese connesse all'espletamento dei corsi di cui al comma 2 sono a totale carico dei partecipanti.

6. Le regioni determinano la misura degli oneri per il funzionamento dei corsi di cui al comma 2, da esse organizzati, da porsi a carico dei partecipanti.

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(1) Periodo aggiunto dall'art. 20, comma 1 lett. o del d.lgs. 14 settembre 2015 n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
(2) La Legge 3 luglio 2023 n. 85 di conversione del Decreto-Legge 4 maggio 2023 n. 48, ha modificato il comma 1 lett. b).

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ALLEGATO XIV
CONTENUTI MINIMI DEL CORSO DI FORMAZIONE PER I COORDINATORI PER LA PROGETTAZIONE E PER L'ESECUZIONE DEI LAVORI

PARTE TEORICA
Modulo giuridico per complessive 28 ore
- La legislazione di base in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro; la normativa contrattuale inerente gli aspetti di sicurezza e salute  sul lavoro; la normativa sull'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;
- Le normative europee e la loro valenza; le norme di buona tecnica; le direttive di prodotto;
- Il Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro con particolare riferimento al Titolo I. I soggetti del Sistema di Prevenzione Aziendale: i compiti, gli obblighi, le responsabilità civili e penali.
Metodologie per l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi;
- La legislazione specifica in materia di salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili e nei lavori in quota. Il titolo IV del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
- Le figure interessate alla realizzazione dell'opera: i compiti, gli obblighi, le responsabilità civili e penali;
- La legge quadro in materia di lavori pubblici ed i principali decreti attuativi;
- La disciplina sanzionatoria e le procedure ispettive.
Modulo tecnico per complessive 52 ore
- Rischi di caduta dall'alto.
Ponteggi e opere provvisionali
- L'organizzazione in sicurezza del Cantiere.
Il cronoprogramma dei lavori
- Gli obblighi documentali da parte dei committenti, imprese, coordinatori per la sicurezza
- Le malattie professionali ed il primo soccorso
-  Il  rischio  elettrico e la protezione contro le scariche atmosferiche
-  Il rischio negli scavi, nelle demolizioni, nelle opere in sotterraneo ed in galleria
- I rischi connessi all'uso di macchine e attrezzature di lavoro con particolare riferimento agli apparecchi di sollevamento e trasporto
- I rischi chimici in cantiere
- I rischi fisici: rumore, vibrazioni, microclima, illuminazione
- I rischi connessi alle bonifiche da amianto
- I rischi biologici
- I rischi da movimentazione manuale dei carichi
- I rischi di incendio e di esplosione
- I rischi nei lavori di montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati
- I dispositivi di protezione individuali e la segnaletica di sicurezza
Modulo metodologico/organizzativo per complessive 16 ore
- I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento, del piano sostitutivo di sicurezza e del piano operativo di sicurezza.
- I criteri metodologici per:
a) l'elaborazione del piano di sicurezza e di coordinamento e l'integrazione con i piani operativi di sicurezza ed il fascicolo;
b) l'elaborazione del piano operativo di sicurezza;
c) l'elaborazione del fascicolo;
d) l'elaborazione del P.I.M.U.S. (Piano di Montaggio, Uso, Smontaggio dei ponteggi;)
e) la stima dei costi della sicurezza
- Teorie e tecniche di comunicazione, orientate alla risoluzione di problemi e alla cooperazione; teorie di gestione dei gruppi e leadership
- I rapporti con la committenza, i progettisti, la direzione dei lavori, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza

PARTE PRATICA per complessive 24 ore
- Esempi di Piano di Sicurezza e Coordinamento: presentazione dei progetti,  discussione sull'analisi dei rischi legati all'area, all'organizzazione del cantiere, alle lavorazioni ed alle loro interferenze
- Stesura di Piani di Sicurezza e Coordinamento, con particolare riferimento  a  rischi  legati all'area, all'organizzazione del cantiere, alle lavorazioni ed alle loro interferenze. Lavori di gruppo
- Esempi di Piani Operativi di Sicurezza e di Piani Sostitutivi di Sicurezza
- Esempi e stesura di fascicolo basati sugli stessi casi dei Piano di Sicurezza e Coordinamento
- Simulazione sul ruolo del Coordinatore per la Sicurezza in fase di esecuzione

VERIFICA FINALE DI APPRENDIMENTO
La verifica finale di apprendimento dovrà essere effettuata da una commissione costituita da almeno 3 docenti del corso, tramite:
- Simulazione al fine di valutare le competenze tecnico-professionali
- Test finalizzati a verificare le competenze cognitive

MODALITÀ DI SVOLGIMENTO DEI CORSI
La presenza ai corsi di formazione deve essere garantita almeno nella misura del 90%. Il numero massimo di partecipanti per ogni corso è fissato a 60 per la PARTE TEORICA e a 30 per la PARTE PRATICA .
È inoltre previsto l'obbligo di aggiornamento a cadenza quinquennale della durata complessiva di 40 ore, da effettuare anche per mezzo di diversi moduli nell'arco del quinquennio. L'aggiornamento può essere svolto anche attraverso la partecipazione a convegni o seminari con un numero massimo di 100 partecipanti.
Per coloro che hanno conseguito l'attestato prima dell'entrata in vigore del presente decreto, l'obbligo di aggiornamento decorre dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto.

Interpello n. 2/2013 - Definizione di attività lavorativa nel settore delle costruzioni

2 maggio 2013

Consiglio Nazionale degli Ingegneri

Oggetto: art. 12, D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni – risposta al quesito relativo ai requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori - definizione di “attività lavorativa nel settore delle costruzioni”.

Premessa
Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito alla “documentazione che il coordinatore per la progettazione o l’esecuzione dei lavori deve possedere per comprovare il periodo di attività lavorativa nel settore delle costruzioni, ai sensi dell’art. 98, comma 1, lett. a), b) e c) del D.Lgs. 81/2008”.

In particolare l’interpellante ha prodotto un elenco esemplificativo e non esaustivo della attività - svolte con riferimento a cantieri temporanei o mobili come definiti all'articolo 89, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 81/2008 - atte ad integrare il requisito in questione.

L'elenco è il seguente:
1. attività di direttore di cantiere;
2. attività di capo cantiere;
3. attività di capo squadra;
4. attività di direttore dei lavori;
5. attività di direttore operativo di cantiere;
6. attività di assistente ai soggetti di cui ai punti precedenti con mansioni che comportino precipuamente la frequentazione del cantiere;
7. attività di responsabile d’azienda per la sicurezza in lavorazioni di cantiere anche specifiche;
8. attività di responsabile dei lavori;
9. attività di datore di lavoro di impresa operante nel settore delle costruzioni;
10. attività di progettazione nel settore delle costruzioni, in aggiunta ad altre attività di cui ai punti precedenti;

Risposta

L’art. 98, comma 1, lett. a), b) e c), del D.Lgs. 81/2008 definisce i requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori. In particolare questi soggetti devono essere in possesso di una laurea magistrale o specialistica o di una laurea, conseguite in una delle classi indicate nel citato articolo 98, oppure di un diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico nonché documentare l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni.

Ai fini della individuazione delle attività lavorative, nel settore delle costruzioni, atte a soddisfare il requisito previsto dall'articolo 98, comma 1, si ritiene che tutte le attività indicate nell'elenco presentato dall'interpellante, pur non esaustivo, siano coerenti con le finalità normative.

Le attività svolte devono fare riferimento ai cantieri temporanei e mobili, così come definiti dell’art. 89, comma. 1, lett. a), del D.Lgs. 81/2008.

Segue in allegato

Certifico Srl - IT | Rev. 1.0 2024
Copia autorizzata Abbonati

Matrice revisioni

Rev. Data Oggetto Autore
1.0 23.01.2024 Decreto-Legge 4 maggio 2023 n. 48
Decreto 19 febbraio 2009
Correzione 1a tabella Art. 92 c.1 b
Aggiunti Rif. Interpelli d’interesse
Certifico Srl
0.0 13.11.2019 --- Certifico Srl

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Il rischio elettrico INAIL

ID 20571 | | Visite: 7498 | Documenti Riservati Sicurezza

Il rischio elettrico INAIL 2019

Il rischio elettrico: Nota e Documenti / INAIL 2019

ID 20571 | 15.10.2023 / In allegato Documenti sezione Rischio elettrico INAIL

Raccolta documenti area tematica INAIL riguardante il rischio elettrico.

Le sezioni di quest’area tematica sono rivolte principalmente ai datori di lavoro, ai responsabili del servizio di prevenzione e protezione, che devono valutare e gestire il rischio in ambito lavorativo senza necessariamente avere specifiche competenze elettriche.

Lo scopo è quello di fornire le nozioni di base per la conoscenza del rischio, dei suoi effetti dannosi e delle relative misure di sicurezza tecniche e organizzative previste dalla legislazione e dalla normativa, individuando, nei casi necessari, i soggetti specificamente competenti o preposti a compiti ben precisi.

I documenti possono essere utilizzati anche come supporto per la formazione dei lavoratori o come ausilio informativo per chiunque voglia documentarsi velocemente sul rischio elettrico.
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Rischio elettrico

Un moderno ambiente di lavoro o di vita completamente privo di energia elettrica è difficilmente immaginabile, allo stato attuale dello sviluppo tecnologico.

L’estrema versatilità di tale forma di energia e la relativa facilità con la quale può essere distribuita agli apparecchi utilizzatori l’hanno resa praticamente insostituibile, tanto nei settori produttivi quanto in ambito civile.

All’impiego o alla semplice presenza di energia elettrica è associato un rischio per la sicurezza delle persone, comunemente chiamato rischio elettrico, avente alcune caratteristiche che lo rendono particolarmente temibile.

La prima di queste consiste proprio nella diffusione dell’energia elettrica, tanto capillare che è difficile pensare ad ambienti completamente esenti da tale rischio.

Vi è poi il fatto che l’elettricità è generalmente invisibile (tranne casi particolari, come nello sviluppo di archi elettrici) e può essere causa di incidenti e infortuni anche a distanza dall’impianto o dall’apparecchio predisposti per utilizzarla.

Le conseguenze di un infortunio di origine elettrica, purtroppo, possono essere mortali.

Il rischio elettrico INAIL

Rischio elettrico mappa tematica 

Rischio elettrico mappa tematica

In allegato
- Rischio elettrico mappa tematica
- Richiami di elettrotecnica
- Le sorgenti di rischio elettrico
- Gli incendi elettrici di origine elettrica
- Le scariche atmosferiche
- Lo shock elettrico - parte 1 - modalità di accadimento ed effetti
- Lo shock elettrico - parte 2 - misure di protezione

Descrizione del rischio

All’impiego dell’energia elettrica sono sempre associate due grandezze, la “corrente elettrica” e la “tensione”.

Al passaggio di corrente nei circuiti segue uno sviluppo di calore dipendente dal valore della “resistenza” del circuito e, in misura maggiore, dal valore dell’intensità di corrente. In generale, il calore sviluppato in parte viene trasmesso all’ambiente esterno, in parte determina un aumento di temperatura del “conduttore” e degli “isolanti” del circuito.

Se il fenomeno termico non è correttamente gestito, l’aumento di temperatura può provocare il danneggiamento degli isolanti; in taluni casi, questi diventano oggetto di una combustione localizzata che può evolvere in un incendio.

La presenza di una tensione tra i vari punti del circuito comporta altre criticità:

- la possibilità che si verifichi un “corto circuito”, se i due punti a tensione differente entrano in contatto;
- l’innesco di “archi elettrici”, se l’isolante non è opportunamente scelto e dimensionato in funzione del valore di tensione e delle condizioni ambientali;
- il passaggio di correnti attraverso il corpo umano, qualora questo entri simultaneamente in contatto con due parti tra cui è presente la tensione. Tali correnti possono generare effetti fisiopatologici (“shock elettrico”) variabili in funzione del valore della corrente e della durata del contatto che, nei casi più gravi, possono essere letali.

Nelle pagine che seguono, saranno descritti: le varie sorgenti di rischio elettrico, i più comuni eventi dannosi e le principali misure di sicurezza necessarie a fronteggiarli.

Sorgenti di rischio

Le sorgenti di rischio elettrico sono tutti quei sistemi, impianti, apparecchi, componenti, materiali nei quali è presente energia elettrica (intenzionalmente o accidentalmente).

La presenza dell’energia elettrica è intenzionale nei sistemi per produrla, trasmetterla, distribuirla o in quelli per utilizzarla.

Nel sistemi di produzione, trasmissione e distribuzione pubblica dell’energia elettrica, le misure tecniche di sicurezza sono prese dall’ente che gestisce il servizio, il quale adotta anche opportune procedure per garantire la sicurezza del proprio personale durante le attività di manutenzione, controllo e, in generale, per tutti i lavori su tali impianti. Nei confronti delle reti di trasmissione e distribuzione pubblica non oggetto della propria attività, i datori di lavoro devono adottare misure organizzative e procedurali che impediscano di lavorare in prossimità di “parti attive” a distanze inferiori a quelle indicate dalla normativa, o che consentano comunque di proteggere i lavoratori (D.lgs. 81/08, art. 83, art. 117, allegato IX).

Nei casi di produzione di energia elettrica da parte di soggetti privati, sempre più frequenti per la progressiva diffusione delle fonti rinnovabili (principalmente impianti fotovoltaici connessi alla rete di distribuzione), in capo al Datore di Lavoro sono da considerare sia le misure di sicurezza tecniche, sia quelle organizzative e procedurali.

I sistemi per utilizzare l’energia elettrica sono essenzialmente gli “impianti elettrici utilizzatori”, gli “apparecchi utilizzatori” e gli “organi di collegamento mobile”. Anche per tali sistemi, sia le misure tecniche che quelle organizzative e procedurali sono responsabilità diretta del Datore di Lavoro.

Oltre ai casi in cui la presenza di energia elettrica è intenzionale, esistono anche fenomeni elettrici completamente accidentali, nei confronti dei quali è necessario adottare idonee misure di sicurezza.

È il caso ad esempio delle “scariche atmosferiche”, che evidentemente possono manifestarsi e determinare effetti dannosi anche in assenza di impianti o componenti elettrici; dell’accumulo di “cariche elettrostatiche”, che nel momento della scarica possono innescare incendi o esplosioni; della presenza delle cosiddette “masse estranee”, che possono introdurre nell’ambiente tensioni pericolose o ridurre l’efficacia delle protezioni nei confronti di guasti agli impianti presenti.

Eventi dannosi

I possibili eventi dannosi prodotti dall’energia elettrica sono di seguito sintetizzati:

- innesco elettrico degli incendi: può esser causato da “sovracorrenti”, “contatti incerti”, “archi elettrici”, “dispersioni” e “correnti di guasto a terra”, effetti della “corrente di fulmine”;
- folgorazione (anche detta elettrocuzione o shock elettrico): può esser causata da “contatti diretti”, “contatti indiretti”, “archi elettrici” per avvicinamento a parti in alta tensione, effetti della corrente di fulmine;
- innesco elettrico di atmosfere esplosive;
- altri effetti: tra i principali si possono richiamare gli effetti elettrodinamici causati dal passaggio di elevate correnti in conduttori contigui (ad esempio nei casi di cortocircuito in impianti di grossa potenza), o l’effetto di archi elettrici di elevata potenza non confinati. Ne possono derivare distacchi di ancoraggi e danneggiamenti meccanici di componenti e impianti, proiezioni di oggetti, sviluppo di sovrappressioni ed energia termica in grado di ferire o uccidere eventuali persone presenti.

Negli approfondimenti, si prenderanno in considerazione essenzialmente l’innesco elettrico degli incendi e la folgorazione. Gli effetti della corrente di fulmine saranno trattati in un approfondimento specifico.

La possibile formazione di atmosfere esplosive e il rischio relativo al loro innesco (oggetto del titolo XI del D.lgs 81/08) sono ben descritti e disciplinati dalla specifica normativa tecnica, come pure gli effetti elettrodinamici relativi ad elevate correnti di corto circuito e ad archi elettrici di elevata potenza. Tali fenomeni non saranno ulteriormente trattati in queste pagine.

Normativa

L’estrema insidiosità del rischio elettrico e le conseguenze anche mortali degli infortuni che ne possono derivare hanno determinato, nel corso degli anni, l’ampio sviluppo di legislazione e normativa tecnica.

Per oltre cinquanta anni, la legislazione sulla sicurezza del lavoro basata sul Dpr 547/55 ha fornito indicazioni tecniche e prescrizioni puntuali, entrando nel merito delle caratteristiche degli impianti e delle apparecchiature elettriche.

Tale approccio era rigido e, pur garantendo la sicurezza elettrica nella maggior parte dei casi pratici, in alcune situazioni imponeva misure tecniche inutilmente vincolanti, mentre in alcune altre risultava comunque carente, non consentendo di adeguare le misure tecniche all’evoluzione delle conoscenze e della tecnologia. Peraltro, mentre il Dpr 547/55 era in vigore, leggi specifiche sulla produzione del materiale elettrico ed elettronico, sulla sicurezza degli impianti e sulla libera circolazione dei prodotti nella Comunità Europea introducevano espressamente l’obbligo di realizzare componenti, apparecchi e impianti a regola d’arte, e attribuivano alle norme tecniche la presunzione di conformità alla regola d’arte.

Si rammenta che mentre le norme di legge sono cogenti, l’adozione delle norme tecniche resta volontaria. Tuttavia, ove espressamente menzionate dalla legislazione, la corretta applicazione delle norme tecniche può costituire un supporto pressoché indispensabile alla dimostrazione del rispetto delle leggi stesse.

Con il D.lgs. 626/94 è stato prevista per la prima volta la necessità di effettuare la valutazione di tutti i rischi (e quindi anche di quello elettrico).

Tale obbligo è stato ripreso dal D.lgs. 81/08, che ha abrogato sia il Dpr 547/55, sia il D.lgs. 626/94, ed ha introdotto in maniera definitiva, anche nel campo della sicurezza sul lavoro, il richiamo all’esecuzione a regola d’arte, conseguibile mediante l’applicazione delle norme tecniche.

In allegato:
- Il quadro generale della legislazione per la protezione da rischio elettrico

Legislazione

Il principale riferimento legislativo per la sicurezza nei luoghi di lavoro, anche per il rischio elettrico, è il D.lgs. 81/08, in particolare il Capo III del Titolo III.

Il testo prescrive che il datore di lavoro tuteli i lavoratori da tutti rischi di natura elettrica. Richiede quindi una valutazione dei rischi a seguito della quale il datore di lavoro deve adottare le misure tecniche e organizzative necessarie a:

- eliminare o ridurre al minimo il rischio;
- individuare i dispositivi di protezione collettivi ed individuali per la conduzione in sicurezza del lavoro;
- predisporre le necessarie procedure di uso e manutenzione che garantiscano nel tempo il livello di sicurezza.

L’iter si chiude con l’esecuzione delle verifiche periodiche già previste dal Dpr 462/01 e con i controlli da effettuare secondo le indicazioni della normativa tecnica.

Oltre al D.lgs. 81/08, si deve considerare anche la legislazione specifica, applicabile non esclusivamente ai luoghi lavoro, in particolare:

- la legge 186/68, con il richiamo alla regola d’arte e alle norme tecniche del Comitato Elettrotecnico Italiano;
- il D.m. 37/08, che prevede per tutti gli impianti (non solo elettrici) l’obbligo di progettazione, definisce i requisiti tecnico professionali delle imprese installatrici, richiede l’esecuzione a regola d’arte ed il rilascio della Dichiarazione di Conformità al termine dei lavori; introduce, inoltre, la possibilità di produrre la Dichiarazione di Rispondenza, qualora non fosse più disponibile la Dichiarazione di Conformità resa secondo quanto previsto dalla precedente legislazione sugli impianti (legge 46/90);
- le leggi di recepimento delle direttive comunitarie applicabili agli apparecchi e ai componenti elettrici, in primo luogo la “direttiva Bassa Tensione”; queste, nate con lo scopo di garantire la libera circolazione dei prodotti in Europa, definiscono i requisiti essenziali di sicurezza dei materiali, attribuendone la presunzione di conformità a quelli realizzati secondo le norme tecniche ”armonizzate” a livello europeo.

Nel settore della sicurezza sul lavoro, queste leggi sono applicate simultaneamente al D.lgs. 81/08 e, talvolta, sono espressamente richiamate dallo stesso.

Norme tecniche

L’art. 2 del D.lgs. 81/08, riporta la seguente definizione di norma tecnica: “specifica tecnica, approvata e pubblicata da un’organizzazione internazionale, da un organismo europeo o da un organismo nazionale di normalizzazione, la cui osservanza non sia obbligatoria”.

Di fatto, anche per i continui richiami espressamente contenuti nella legislazione, l’adozione delle norme tecniche, sia pur volontaria, costituisce l’unico metodo riconosciuto per conseguire la regola dell’arte nella realizzazione di componenti e impianti.

Le norme tecniche del settore elettrico contengono, secondo la norma Cei 0-4/1, “disposizioni mirate principalmente alla sicurezza sia nella costruzione, uso e manutenzione di macchine ed apparecchiature elettriche ed elettroniche, sia nell’installazione, esercizio ed uso di impianti elettrici ed elettronici”, trattando, “nel campo dell’industria elettrotecnica ed elettronica, anche disposizioni relative alla realizzazione di materiali e componenti, loro prestazioni e procedure di prova”.

L’ente normatore italiano nel settore elettrico è il Comitato Elettrotecnico Italiano (Cei), associazione senza fini di lucro avente tra i propri scopi quello di definire i requisiti di materiali, macchine, apparecchiature e impianti elettrici, affinché possano rispondere alle regole della buona elettrotecnica, nonché i criteri con i quali gli stessi requisiti debbano essere controllati.

Nell’ambito della Comunità Economica Europea, ai fini di eliminare le barriere commerciali tra i paesi membri, si è cercato di uniformare l’attività normativa dei vari enti; a tale scopo è stato fondato il Cenelec (Comitato Europeo per la Normalizzazione Elettrotecnica), al quale partecipano, attraverso gli enti normatori nazionali, esperti in rappresentanza dei vari stati. I contenuti tecnici dei documenti di armonizzazione (Hd) emessi dal Cenelec devono essere introdotti nelle norme nazionali, mentre le norme europee (En), redatte in maniera compiuta dal Cenelec, devono solo essere tradotte e adottate dai vari paesi.

In sede internazionale, l’uniformità dell’attività normativa nel settore elettrico è perseguita dall’International Electrotechnical Commission (Iec), alla quale partecipano degli esperti in rappresentanza di tutti i paesi industrializzati del mondo.

Le indicazioni derivanti dai documenti Iec non sono necessariamente recepite dalla normativa tecnica nazionale.

Valutazione e gestione del rischio

Per la gestione del rischio elettrico il D.lgs. 81/08 prevede che il datore di lavoro effettui una valutazione del rischio tenendo conto delle caratteristiche specifiche del lavoro, dei rischi presenti nell’ambiente di lavoro e delle condizioni di esercizio prevedibili.

È necessario distinguere il caso in cui l’esposizione al rischio elettrico derivi dalla presenza o dall’uso di apparecchi o impianti, dal caso in cui si debba operare direttamente su parti attive di impianti elettrici non protette mediante isolamento, o “vicino” ad esse.

Nel primo caso, i lavoratori sono considerati utenti generici degli impianti e delle apparecchiature messi loro a disposizione, che dovrebbero risultare sicuri in quanto realizzati a regola d’arte.

In una fase iniziale, pertanto, il compito del datore di lavoro sarà quello di garantirsi che le sorgenti di rischio elettrico rese disponibili ai propri lavoratori siano progettate, costruite ed installate a regola d’arte, in conformità alle norme applicabili, tenendo conto proprio delle caratteristiche del lavoro, della classificazione degli ambienti e delle condizioni di rischio specifiche, nonché delle possibili condizioni di esercizio.

Per far ciò dovrà avvalersi della documentazione, delle dichiarazioni di conformità e delle altre attestazioni espressamente previste dalla legge. Dovrà altresì verificare che, pur in presenza di tali documenti e attestazioni, gli impianti, gli apparecchi e gli organi di collegamento mobile non presentino vizi palesi all’atto della messa in servizio e siano idonei alle effettive condizioni di installazione e di impiego.

Il livello di sicurezza così conseguito dovrà poi essere mantenuto mediante la formazione generale dei lavoratori e l’adozione di opportune procedure di uso e manutenzione, nonché mediante l’effettuazione di verifiche e controlli periodici.

Nel caso in cui si debba operare direttamente su parti attive non protette di impianti elettrici, o “vicino” ad esse, per gestire adeguatamente il rischio elettrico sono indispensabili la formazione specialistica dei lavoratori, l’adozione di specifiche procedure di lavoro e di idonei dispositivi di protezione collettivi ed individuali, secondo quanto prescritto dalle leggi e dalle norme tecniche applicabili.

In allegato:
- Guida alla valutazione e gestione del rischio elettrico

Strumenti per la valutazione del rischio elettrico secondo le procedure standardizzate di cui al DI 30.11.2012

In allegato:

- Lista di controllo per la valutazione del rischio da impianti elettrici e organi di collegamento mobili - R01 LC
- Guida all’utilizzo della lista di controllo per la valutazione del rischio da impianti elettrici e organi di collegamento mobili - R01 LC guida

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Riepilogo allegati

- Il rischio elettrico 2019 - Rev. 0.0 2023
- Rischio elettrico mappa tematica
- Richiami di elettrotecnica
- Le sorgenti di rischio elettrico
- Gli incendi elettrici di origine elettrica
- Le scariche atmosferiche
- Lo shock elettrico - parte 1 - modalità di accadimento ed effetti
- Lo shock elettrico - parte 2 - misure di protezione
- Il quadro generale della legislazione per la protezione da rischio elettrico
- Guida alla valutazione e gestione del rischio elettrico
- Lista di controllo per la valutazione del rischio da impianti elettrici e organi di collegamento mobili - R01 LC
- Guida all’utilizzo della lista di controllo per la valutazione del rischio da impianti elettrici e organi di collegamento mobili - R01 LC guida

Fonte: INAIL

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Circolare D.C.PREV. prot. n. 5555 del 18 aprile 2012

ID 21386 | | Visite: 897 | Prevenzione Incendi

Circolare D C PREV  prot  n  5555 del 18 aprile 2012

Circolare D.C.PREV. prot. n. 5555 del 18 aprile 2012 / DPR 151/2011 artt. 4 e 5 - Chiarimenti applicativi

ID 21386 | 19.02.2024 / In allegato

Circolare D.C.PREV. prot. n. 5555 del 18 aprile 2012 - DPR 151/2011 artt. 4 e 5 - Chiarimenti applicativi.

Pervengono a questa Direzione Centrale quesiti in ordine all’attestazione di rinnovo periodico della conformità antincendio di cui all’art. 5 del DPR 151/2011, quando questa è presentata al Comando oltre i tempi stabiliti dalla normativa.

Pervengono altresì quesiti sulle procedure da attuare a seguito di visita tecnica con esito negativo, nonché sul ricorso allo strumento della SCIA quando l’utente intende realizzare ed utilizzare, rispetto al progetto approvato, solo parte di una struttura, generalmente caratterizzata da rilevanti dimensioni e complessità.

Si vuole pertanto, con la presente, fornire indicazioni operative alle strutture periferiche del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, al fine di un’applicazione uniforme della nuova normativa su tutto il territorio nazionale.

Attestazione tardiva di rinnovo periodico della conformità antincendio di cui all’art. 5 del DPR 151/2011

L’attestazione di rinnovo periodico della conformità antincendio è istituto ispirato al principio di semplificazione, già presente nel regime precedente al DPR 151/2011. È previsto che la stessa sia effettuata “ogni cinque o dieci anni”, in relazione al tipo di attività, come peraltro sancito anche dall’articolo 16 del d.lgs. 139/2006. Con la nuova normativa si è inteso specificare che con il rinnovo periodico della conformità antincendio è necessario attestare di aver posto in essere una strategia antincendio effettuata anche attraverso la verifica di tutte le misure antincendio presenti nel complesso, sulla base del primo atto autorizzativo presentato e di tutte le SCIA che sono intervenute successivamente.

La presentazione di attestazione di rinnovo oltre i termini di legge potrebbe sottintendere o ad una temporanea interruzione dell’attività o all’esercizio dell’attività stessa in violazione dell’obbligo di cui all’art. 5 del DPR 151/2011.

Da un punto di vista penale, data la potenziale violazione dell’obbligo di cui all’art. 5 del DPR 151/2011, il Comando potrà accertare, anche con l’esecuzione di un controllo mediante visita tecnica ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 139/2006 e senza oneri finanziari aggiuntivi per l'utente, se sussistono i presupposti per procedere, ai sensi dell’articolo 20 del D.Lgs. n. 139/2006, per procedere alla segnalazione di ipotesi reato all’autorità.

Sotto il profilo amministrativo, la validità della attestazione avrà in ogni caso durata fino alla naturale scadenza, quinquennale o a seconda dei casi decennale, della originaria presentazione della SCIA o autorizzazione previgente.

Nel caso invece venga presentata una nuova segnalazione certificata di inizio di attività in luogo dell’attestazione periodica tardiva, tale segnalazione presuppone il mancato

esercizio dell’attività allo scadere del termine originario di validità e, pertanto, la non assoggettabilità della stessa agli obblighi di cui all’art. 5 del DPR 151/2011.

Controlli di prevenzione incendi con esito negativo

L’art. 4 del DPR 151/2011 individua, ai commi 2 e 3, le modalità di effettuazione dei controlli per le attività soggette di cui all’Allegato I, determinando che gli stessi vengano svolti attraverso visite tecniche, per accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione degli incendi, nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio. Nello stesso articolo, viene disposto che in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per l’esercizio delle attività previsti dalla normativa di prevenzione incendi, il Comando adotti motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi dalla stessa prodotti, ad eccezione che, ove sia possibile, l’interessato provveda a conformare l'attività alla normativa antincendio e ai criteri tecnici di prevenzione.

Si richiama al riguardo che il riferimento normativo sulla sospensione dell’attività è individuato dall’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e che l’azione di controllo deve in primo luogo mirare a verificare se quanto dichiarato in occasione della segnalazione di inizio attività corrisponda al vero.

Pertanto, se a seguito di verifica di controllo di prevenzione incendi, ai sensi dell’art. 4 del DPR 151/2011, il Comando riscontra la mancanza di specifica documentazione necessaria ovvero la difformità al progetto approvato (cat. B o C) o alle norme di prevenzione incendi (cat. A), lo stesso deve formalmente richiedere all’interessato la documentazione mancante o l’adeguamento alla normativa antincendi. L’interessato, in un arco temporale, non superiore a quarantacinque giorni, deve fornire la documentazione mancante e/o provvedere a conformare l’attività alla normativa antincendio e ai criteri tecnici di prevenzione incendi, fornendo al termine dei lavori la relativa documentazione corredata delle dichiarazioni/certificazioni necessarie.

Nelle more dell’adeguamento il Comando, oltre ad imporre l’immediata rimozione di eventuali pericoli, determinerà le restrizioni operative e gli eventuali ulteriori obblighi gestionali per consentire la prosecuzione dell'attività; solamente in estrema ratio imporrà la chiusura della parte di attività per la quale non sussistono i presupposti per la prosecuzione dell’esercizio.

Rimane fermo l’obbligo della segnalazione di reato alla Autorità Giudiziaria, da parte del Comando, nel caso di falsità in atti - dichiarazioni, attestazioni, asseverazioni - (art. 19 comma 6, art. 21, comma 1 legge 241/1990, artt. 75 e 76 DPR 445/2000, artt. 359 e 481 C.P, art. 20, comma 2 D.Lgs. n. 139/2006).

Acquisita la documentazione richiesta e/o quella attestante l’esecuzione delle prescrizioni richieste, entro il tempo massimo di quarantacinque giorni, il Comando redige, a seconda del tipo di attività, gli atti conclusivi (verbale sopralluogo per cat. A e B e verbale CPI per cat. C).

Giova qui evidenziare che in caso di effettuazione di una “seconda visita tecnica” da parte del Comando, non dovrà essere avanzata alcuna richiesta di nuovo versamento, rientrando detti controlli tra quelli eventualmente determinati dalla amministrazione e pertanto non a titolo oneroso per l’utenza.

Nel caso in cui i lavori per l’adeguamento dell’attività richiedessero tempi superiori a quelli sopra stabiliti, ovvero nel caso in cui entro tale termine l’attività non sia stata conformata alla normativa antincendio, ovvero sia proseguita nonostante il provvedimento cautelare interdittivo emanato, il Comando, ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. n. 139/2006, darà comunicazione all'interessato, al sindaco, al prefetto e alle altre autorità competenti ai fini della adozione dei rispettivi provvedimenti.

Restano ovviamente invariate le procedure previste dal d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, recante “Disciplina sanzionatoria in materia di lavoro", con particolare riferimento al capo II, “Estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza e di igiene del lavoro

Presentazione di SCIA per parti di attività.

Si verifica frequentemente che, nella realizzazione delle strutture e complessi soggetti ai controlli previsti dal DPR 151/2011, generalmente caratterizzate da rilevanti dimensioni e complessità, a fronte della predisposizione di un progetto unitario riguardante l’intera struttura, l’utenza provveda alla realizzazione ed utilizzazione per fasi successive o per lotti.

Bisogna distinguere alcune fattispecie:

i. realizzazioni rientranti in categoria A.

Nel predetto caso è possibile la presentazione della SCIA per la parte completata non essendo prevista la valutazione preliminare della progettazione da parte del Comando VF.

ii. realizzazioni rientranti in categoria B e C.

Per tali situazioni è auspicabile che il progetto complessivo dell’opera, sottoposto alla valutazione del Comando, riporti fin dall’inizio la descrizione delle fasi successive di realizzazione, esplicitandone la relativa indipendenza, autonomia e funzionalità dal punto di vista antincendio e descrivendo, per ogni lotto di completamento dell’attività, l’ubicazione e la disponibilità di vie di esodo, sistemi, presidi ed impianti antincendio, idonee compartimentazioni, nonché della gestione della sicurezza e delle emergenze e quanto altro afferente alla sicurezza antincendio, in conformità ai criteri ed alle norme di prevenzione incendi.

In tale evenienza, la valutazione preliminare del progetto comprende già un’approvazione dei singoli lotti realizzativi e pertanto si può procedere con la presentazione della SCIA per ogni singolo lotto realizzato.

Qualora invece la progettazione sottoposta a valutazione preliminare del Comando non preveda fasi realizzative differenziate e, in corso di realizzazione, per esigenze della proprietà si volesse realizzare e mettere in esercizio solo una parte della struttura, si ritiene che per la parte di opera completata, potrà essere prodotta SCIA antincendio (con le procedure di cui all'art. 4 del DPR 151/2011) purché le aree interessate siano sicuramente separate e rese indipendenti dal punto di vista antincendio rispetto alle zone non completate, e sia allegata alla SCIA una documentazione tecnica nella quale venga esplicitata l'area o zona che deve essere utilizzata prima del completamento dell'intera opera, l'autonomia delle relative misure di prevenzione e protezione antincendio (ad esempio impianti idrici, di rivelazione, le compartimentazioni) e come, dette misure, sono rese indipendenti dalla restante parte dell'opera in corso di realizzazione, senza pregiudizio della funzionalità ed efficacia delle stesse.

Rimangono ferme in ogni caso, in capo al titolare dell'attività, le responsabilità e gli oneri per la valutazione della conformità delle parti dell'opera ultimate rispetto al progetto complessivo approvato dal Comando, e della corretta funzionalità di tali parti, con riferimento a tutti gli aspetti significativi della prevenzione incendi quali: le vie di esodo; le compartimentazioni; i sistemi, i presidi e gli impianti antincendio; la gestione dell’emergenza.

...

Fonte: VVF

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Circolare DCPREV prot. n.1640 del 1° febbraio 2024

ID 21385 | | Visite: 2701 | Prevenzione Incendi

Circolare DCPREV prot  n 1640 del 1  febbraio 2024

Circolare DCPREV prot. n.1640 del 1° febbraio 2024 - Attestazione rinnovo periodico conformità antincendio (art. 5 D.P.R. 151/2011)

ID 21385 | 19.02.2024 / In allegato

Circolare DCPREV prot. n.1640 del 01 febbraio 2024 - Attestazione di rinnovo periodico della conformità antincendio di cui all’art. 5 del D.P.R. 151/2011.

Pervengono alla scrivente Direzione richieste di chiarimento circa le procedure da adottare in caso di presentazione tardiva dell’attestazione di rinnovo periodico della conformità antincendio oltre i termini fissati dall’art. 5 del D.P.R. 151/2011.

Al riguardo, si evidenzia che alcune Procure della Repubblica sostengono la tesi, già emersa prima della modifica dell’articolo 20 del D.Lgs. n. 139/2006 ad opera del D.Lgs. n. 97/2017, secondo cui la fattispecie penalmente rilevante debba considerarsi solo quella relativa all’omessa presentazione dell’attestazione di rinnovo periodico, previo accertamento di polizia giudiziaria; secondo tale orientamento, quindi, non sembra presentare profili di rilevanza penale la presentazione tardiva della predetta attestazione.

Si ritiene comunque opportuno rammentare come l’azione di polizia giudiziaria debba avvenire secondo le direttive ed il coordinamento delle predette Procure, alle quali pertanto codesti Comandi vorranno riferirsi, ove necessario.

Posto quanto sopra, si ritiene infine di poter confermare le indicazioni generali in materia fornite con la circolare D.C.PREV. prot. n. 5555 del 18 aprile 2012, restando ovviamente invariate le procedure previste dal d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, recante «Disciplina sanzionatoria in materia di lavoro», con particolare riferimento al capo II, «Estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza e di igiene del lavoro», in caso di accertato esercizio dell’attività in carenza dell’attestazione di rinnovo periodico, per le attività ricomprese nella disciplina di cui al D.Lgs. 81/2008 e s.m.i..

Relativamente alla presentazione tardiva dell’attestazione di rinnovo periodico, si rammenta, come già indicato nella succitata circolare prot. n. 5555 del 18 aprile 2012, che, sotto il profilo amministrativo, la validità della attestazione avrà in ogni caso durata fino alla naturale scadenza, quinquennale o a seconda dei casi decennale, della originaria presentazione della SCIA o autorizzazione previgente.

...

Fonte: VVF

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Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 16664 | 03 Maggio 2021

ID 21382 | | Visite: 386 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 3 del 03 maggio 2021 n. 16664

Visita medica preventiva

Penale Sent. Sez. 3 Num. 16664 Anno 2021
Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: SOCCI ANGELO MATTEO
Data Udienza: 15/01/2021

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di Patti con sentenza del 19 dicembre 2018 ha condannato V.A. alla pena di € 3.000,00 di ammenda relativamente ai reati di cui agli art. 18, comma 1, lettera C, e 55, comma 5, lettera C, d. lgs. N. 81/2008 - capo A, accertato il 26 ottobre 2016 -, art. 81, comma 1, lettera Ce 55, comma 5, lettera C, d. lgs. N. 81/2008 - capo B, accertato il 26 ottobre 2016.

2. L'imputato ha proposto ricorso in cassazione, deducendo motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.

2. 1. Violazione di legge (art. 533 cod. proc. pen.) e manifesta illogicità della motivazione.
L'imputato è stato condannato in quanto titolare della ditta Fian costruzioni s.r.l. e datore di lavoro di R.B. (che aveva subito un infortunio, impiegato tecnico geometra) per avere omesso di sottoporre il dipendente alla visita medica preventiva e di omesso aggiornamento del documento di valutazione dei rischi del 30 maggio 2014.
La visita medica preventiva è necessaria solo se il lavoratore fosse sottoposto a rischio e non anche ( come nel caso in giudizio) se il lavoratore non è sottoposto ad alcun rischio (impiegato tecnico geometra, che in quanto tale è tenuto a programmare e gestire i lavori del cantiere edile).
Il Tribunale, nella sentenza impugnata, omette di indicare le effettive mansioni del lavoratore al fine di verificare l'obbligo della visita medica preventiva.
Il documento di valutazione dei rischi è un documento flessibile che deve adattarsi alle caratteristiche dell'azienda; nell'ipotesi di nuova impresa il documento deve essere redatto nel termine di 90 giorni e periodicamente rivisto nelle ipotesi di significative modifiche al processo produttivo. Un cambio di sede dell'azienda deve ritenersi una modifica al processo produttivo, ma non anche l'inserimento di una nuova sede, peraltro adibita ad ufficio tecnico.
Nel caso il documento doveva essere aggiornato nei tre anni, quindi nel maggio 2017.

2. 2. Omessa motivazione sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della particolare tenuità del fatto.
La sentenza non motiva sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (chieste nelle conclusioni), e neanche sulla particolare tenuità del fatto. La condotta ascritta al ricorrente non aveva certamente contribuito a cagionare l'infortunio al dipendente; l'offesa al bene giuridico tutelato era, quindi, certamente esigua.
Ha chiesto quindi l'annullamento della decisione impugnata.

Considerato in diritto

3. Il ricorso risulta inammissibile, in quanto generico ed in fatto, non si confronta con le motivazioni della sentenza e non prospetta vizi di legittimità avverso le motivazioni della decisione del Tribunale.
La sentenza impugnata ha evidenziato come dalla deposizione testimoniale dell'ispettore G. e dalla documentazione acquisita il lavoratore R.B. (peraltro infortunato) non era stato sottoposto a visita medica e il documento sulla valutazione dei rischi non era stato aggiornato.
Il ricorso in cassazione con argomentazioni in fatto ritiene non prevista la visita medica (in relazione all'assenza di rischio per le mansioni del lavoratore) e non dovuto l'aggiornamento del documento di valutazione dei rischi.
Deve però osservarsi che il lavoratore R.B., per lo stesso ricorso in cassazione, quale geometra, aveva la mansione di controllo dei lavori in cantiere (''è tenuto a programmare e gestire i lavori del cantiere edile verificando la congruenza tra progetto, specifiche proposte e budget [...] e controllando periodicamente il rispetto del programma tecnico - economico"). Conseguentemente la sua idoneità alla mansione specifica andava, comunque, accertata (art. 18, comma 1, lettera C, del d. lgs. N. 81/2008).
Il documento della valutazione dei rischi in relazione all'inserimento della sede di lavoro adibita ad uso ufficio tecnico (circostanza questa non contestata con il ricorso in cassazione) andava aggiornato con la previsione dei rischi relativi a tale nuovo luogo di lavoro.

4. Anche i motivi relativi al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e alla particolare tenuità del fatto risultano manifestamente infondati.
L'art. 131 bis cod. pen. non risulta richiesto al giudice di merito:
«In tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all'art. 606, comma terzo, cod. proc. pen., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza d'appello» (Sez. 7, n. 43838 del 27/05/2016 - dep. 17/10/2016, Savini, Rv. 26828101).
Inoltre, deve rilevarsi che non è stata irrogata la pena nel minimo edittale, e questo sta a significare che il fatto non è stato ritenuto, concretamente, di particolare tenuità (Sez. 5, n. 39806 del 24/06/2015 - dep. 01/10/2015, Lembo, Rv. 26531701).
Le circostanze attenuanti generiche sono state implicitamente escluse (Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019 - dep. 21/03/2019, DULAN CRISTIAN, Rv. 27505701) in quanto il giudice ha ritenuto congrua e proporzionata ai fatti la pena irrogata. La sentenza impugnata, infatti, adeguatamente rileva come è stata valutata la personalità così come emergente dal casellario e le modalità dell'azione, per la determinazione del trattamento sanzionatorio ex art. 133 cod. pen. e, quindi, non era possibile il minimo della pena e, tantomeno, al di sotto del minimo con le circostanze ex art. 62 bis cod. pen.
Inoltre, le circostanze attenuanti generiche non risultano neanche richieste esplicitamente essendosi limitato l'imputato a richiedere i benefici di legge ("La richiesta difensiva dei benefici di legge vale univocamente ad indicare la domanda della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, comportando l'obbligo di motivazione da parte del giudice che abbia ritenuto di esercitare, positivamente o negativamente, il potere discrezionale conferitogli dalla legge" Sez. 3, Sentenza n. 48376 del 13/07/2018 Ud. - dep. 24/10/2018- Rv. 274702 - 01).
Del resto «In tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena» (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016 - dep. 15/09/2016, Rignanese e altro, Rv. 26794901; vedi anche Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015 - dep. 23/11/2015, Scaramozzino, Rv. 26528301 e Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013 - dep. 08/07/2013, Taurasi e altro, Rv. 25646401).

5. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/01/2021

Documentazione sicurezza cantieri

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Documentazione sicurezza cantiere 2023

Documentazione sicurezza cantieri imprese / lavoratori autonomi / Rev. 1.0 Agosto 2023

ID 7244 | Rev. 1.0 del 14.08.2023 / Documento completo allegato doc/pdf

Il presento documento, in forma check list (pdf/doc) individua la documentanzione da tenere in cantiere da parte delle imprese e dei lavoratori autonomi, e tiene conto di quanto richiesto dalle seguenti norme principali:

D.Lgs. 81/2008
D.lgs.36/2023 (appalti pubblici)
- Codice civile (appalti privati)
- Norme CEI e UNI
Decreti PI Settembre 2021
- Norme collegate al D.Lgs. 81/2008

La documentazione relativa alle imprese, è stata raggruppata in argomenti sotto forma di check-list, come di seguito elencati:

- Documentazione di carattere generale;
- Documentazione relativa al cantiere edile;
- Documentazione relativa alle attrezzature di lavoro presenti in cantiere;
- Documentazione aggiuntiva per le attrezzature di sollevamento presenti in cantiere;
- Documentazione relativa all’impianto elettrico, di messa a terra e di protezione contro le scariche atmosferiche;
- Documentazione relativa a lavori elettrici sotto tensione;
- Documentazione relativa ai ponteggi installati in cantiere;
- Documentazione relativa alle attività con impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi;
- Documentazione relativa a lavori in presenza di amianto;
- Documentazione relativa a lavori stradali;
- Documentazione relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati.

La documentazione di cantiere deve essere conservata in originale/copia conforme, a firma del DL/soggetto incaricato, salvo Contratti di appalto.

Matrice revisioni

Rev. Data Oggetto Autore
1.0 14.08.2023 Decreto-Legge 21 ottobre 2021 n. 146
Decreto-Legge 4 maggio 2023 n. 48
Decreti PI Settembre 2021
D.lgs.36/202
3 (appalti pubblici)
Certifico Srl
0.0 17.11.2018 --- Certifico Srl

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Decreto 5 agosto 1998

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Decreto 5 agosto 1998

Modifica al decreto 18 novembre 1996 sull’individuazione del datore di lavoro e la vigilanza in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro

(Bollettino Ufficiale del Ministero di Grazia e Giustizia n. 19 del 15 ottobre 1998)
________

IL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA

Visto l'articolo 23 del decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626, come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996 n. 242;

Visto il decreto del Ministro di Grazia e Giustizia 18 novembre 1996, pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero di Grazia e Giustizia n. 2 del 31 gennaio 1997;

Ritenuto che, successivamente all'emanazione del citato decreto del Ministro di Grazia e Giustizia, sono emerse difficoltà di attuazione che rendono necessaria l'integrazione dei servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie;

DECRETA

Art. 1

L'articolo 2 del decreto del Ministro di Grazia e Giustizia 18 novembre 1996, pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero di Grazia e Giustizia n. 2 del 31 gennaio 1997 è sostituito dal seguente:

"Art. 2

L'Amministrazione della giustizia, per l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, prevista dall'articolo 23 del decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626, come sostituito dall'articolo 10 del decreto legislativo 19 marzo 1996 n. 242, si avvale dei servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie, integrati con i servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e di polizia.

Per le finalità di cui al comma 1, il Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria ha il compito di organizzare i servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie e provvede ad integrare gli stessi con il personale sanitario e tecnico dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia mediante convenzioni con i rispettivi Ministeri."

Roma, 5 agosto 1998

IL MINISTRO

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Modello Valutazione rischio ferite da taglio Ospedaliero/Sanitario

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VR Rischio ferite taglio sanitario ospedaliero

Modello Valutazione del rischio ferite da taglio settore Ospedaliero e SanItario

ID 9098 | 18.09.2019

Il presente elaborato fornisce un Modello (.doc/pdf) per valutare il rischio di ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario. La Valutazione del rischio è previsto dal D.Lgs. 81/2008 Art. 286 -bis, Art. 286 -ter, Art. 286 -quater, Art. 286 -sexies introdotti dal Decreto Legislativo 19 febbraio 2014 n. 19 attuazione della Direttiva 2010/32/UE del Consiglio del 10 maggio 2010.

Attività potenzialmente interessate (ATECO), in cui sia identificato un DL:

86.10.10 Ospedali e case di cura generici
86.10.20 Ospedali e case di cura specialistici
86.10.30 Istituti, cliniche e policlinici universitari
86.10.40 Ospedali e case di cura per lunga degenza
86.22.01 Prestazioni sanitarie svolte da chirurghi
86.22.02 Ambulatori e poliambulatori del Servizio Sanitario Nazionale
86.22.03 Attività dei centri di radioterapia
86.22.04 Attività dei centri di dialisi
86.22.05 Studi di omeopatia e di agopuntura
86.22.06 Centri di medicina estetica
86.90.12 Laboratori di analisi cliniche
86.90.13 Laboratori di igiene e profilassi
...            Studi medico/dentistici

Il documento risulta essere così eleborato:


Parte A Normativa/informativa
Premessa
1. Campo di applicazione
2. Valutazione del rischio
3. Procedure ad alto rischio
4. Selezione di dispositivi tecnici di sicurezza
5. Elenco non esaustivo di dispositivi medici a cui si applica la Direttiva 2010/32/UE 
6. Informazione e formazione
7. Procedure di monitoraggio (ferite da punta e taglio)
8. Strumento adottato per l’analisi del rischio
Parte B Esempio Applicativo
Allegati
Allegato 1 Sostituzione strumento utilizzato
Allegato 2 Scheda di segnalazione infortunio ferite da punta e taglio
Allegato 3 Esempio procedura prelievo ematico
Allegato 4 Cartello informativo prelievo ematico

...

Excursus 

Nel corso del suo lavoro quotidiano, il personale sanitario viene esposto al rischio di gravi infezioni causate da oltre 30 agenti patogeni potenzialmente pericolosi, tra cui epatite B (HBV), epatite C (HCV) e HIV, attraverso ferite con aghi contaminati e altri oggetti taglienti.

La maggior parte di queste ferite sono prevenibili con un training efficace, procedure di lavoro più sicure e dispositivi medici dotati di meccanismi di sicurezza che proteggono o ritraggono l'ago / l’oggetto tagliente dopo l'uso.

Oltre al personale medico, sono esposti a ferite causate da dispositivi medici taglienti usati e contaminati i lavoratori a valle, quali il personale di pulizia e di lavanderia, i netturbini ed il personale non sanitario.

La Direttiva 2010/32/UE del Consiglio del 10 maggio 2010 che attua l’accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario ha sottolineato l'importanza di una coerente attuazione di misure obbligatorie per evitare queste ferite potenzialmente letali.

Ogni Stato membro è tenuto a introdurre norme legislative nazionali o accordi comuni giuridicamente vincolanti per le parti sociali tali da attuare le disposizioni della Direttiva entro l’11 maggio 2013.

In Italia La Direttiva è stata recepita con il Decreto Legislativo 19 febbraio 2014 n. 19.

Art. 1. Integrazioni al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81

1. Dopo il titolo X del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«TITOLO X-BIS PROTEZIONE DALLE FERITE DA TAGLIO E DA PUNTA NEL SETTORE OSPEDALIERO E SANITARIO

Art. 286 -bis. Ambito di applicazione

1. Le disposizioni del presente titolo si applicano a tutti i lavoratori che operano, nei luoghi di lavoro interessati da attività sanitarie, alle dipendenze di un datore di lavoro, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, ivi compresi i tirocinanti, gli apprendisti, i lavoratori a tempo determinato, i lavoratori somministrati, gli studenti che seguono corsi di formazione sanitaria e i sub-fornitori.

Art. 286 -ter. Definizioni

1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni del presente titolo si intende per:
a) luoghi di lavoro interessati: strutture o servizi sanitari del settore pubblico e privato in cui si svolgono attività e servizi sanitari sottoposti alla responsabilità organizzativa e decisionale del datore di lavoro;
b) dispositivi medici taglienti: oggetti o strumenti necessari all’esercizio di attività specifiche nel quadro dell’assistenza sanitaria, che possono tagliare, pungere o infettare. Gli oggetti taglienti o acuminati sono considerati, ai sensi del presente decreto, attrezzature di lavoro;
c) misure di prevenzione specifiche: misure adottate per prevenire le ferite e la trasmissione di infezioni nel quadro della prestazione di servizi e dello svolgimento delle attività direttamente connesse all’assistenza ospedaliera e sanitaria, incluso l’impiego di attrezzature ritenute tecnicamente più sicure in relazione ai rischi e ai metodi di smaltimento dei dispositivi medici taglienti, quali i dispositivi medici taglienti dotati di meccanismo di protezione e di sicurezza, in grado di proteggere le mani dell’operatore durante e al termine della procedura per la quale il dispositivo stesso è utilizzato e di assicurare una azione protettiva permanente nelle fasi di raccolta e smaltimento definitivo;
d) subfornitore: ogni persona che operi in attività e servizi direttamente legati all’assistenza ospedaliera e sanitaria nel quadro di rapporti contrattuali di lavoro con il datore di lavoro.

Art. 286 -quater. Misure generali di tutela

1. Il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la salute e sicurezza dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi alla loro vita professionale, inclusi i fattori psicosociali e di organizzazione del lavoro, provvedendo in particolare:

a) ad assicurare che il personale sanitario sia adeguatamente formato e dotato di risorse idonee per operare in condizioni di sicurezza tali da evitare il rischio di ferite ed infezioni provocate da dispositivi medici taglienti;
b) ad adottare misure idonee ad eliminare o contenere al massimo il rischio di ferite ed infezioni sul lavoro attraverso l’elaborazione di una politica globale di prevenzione che tenga conto delle tecnologie più avanzate, dell’organizzazione e delle condizioni di lavoro, dei fattori psicosociali legati all’esercizio della professione e dell’influenza esercitata sui lavoratori dall’ambiente di lavoro;
c) a creare le condizioni tali da favorire la partecipazione attiva dei lavoratori e dei loro rappresentanti all’elaborazione delle politiche globali di prevenzione;
d) a non supporre mai inesistente un rischio, applicando nell’adozione delle misure di prevenzione un ordine di priorità rispondente ai principi generali dell’articolo 6 della direttiva 89/391/CEE e degli articoli 3, 5 e 6 della direttiva 2000/54/CE, al fine di eliminare e prevenire i rischi e creare un ambiente di lavoro sicuro, instaurando un’appropriata collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
e) ad assicurare adeguate misure di sensibilizzazione attraverso un’azione comune di coinvolgimento dei lavoratori e loro rappresentanti;
f) a pianificare ed attuare iniziative di prevenzione, sensibilizzazione, informazione e formazione e monitoraggio per valutare il grado di incidenza delle ferite da taglio o da punta nei luoghi di lavoro interessati; g) a promuovere la segnalazione degli infortuni, al fine di evidenziare le cause sistemiche.

Art. 286 -quinquies. Valutazione dei rischi

1. Il datore di lavoro, nella valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1, deve garantire che la stessa includa la determinazione del livello di rischio espositivo a malattie che possono essere contratte in relazione alle modalità lavorative, in maniera da coprire tutte le situazioni di rischio che comportano ferite e contatto con sangue o altro potenziale veicolo di infezione, nella consapevolezza dell’importanza di un ambiente di lavoro ben organizzato e dotato delle necessarie risorse.
2. Il datore di lavoro, nella valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), deve altresì individuare le necessarie misure tecniche, organizzative e procedurali riguardanti le condizioni lavorative, il livello delle qualificazioni professionali, i fattori psicosociali legati al lavoro e l’influenza dei fattori connessi con l’ambiente di lavoro, per eliminare o diminuire i rischi professionali valutati.

Art. 286 -sexies. Misure di prevenzione specifiche

1. Qualora la valutazione dei rischi di cui all’articolo 286 -quinquies evidenzi il rischio di ferite da taglio o da punta e di infezione, il datore di lavoro deve adottare le misure di seguito indicate:
a) definizione e attuazione di procedure di utilizzo e di eliminazione in sicurezza di dispositivi medici taglienti e di rifiuti contaminati con sangue e materiali biologici a rischio, garantendo l’installazione di contenitori debitamente segnalati e tecnicamente sicuri per la manipolazione e lo smaltimento di dispositivi medici taglienti e di materiale da iniezione usa e getta, posti quanto più vicino possibile alle zone in cui sono utilizzati o depositati oggetti taglienti o acuminati; le procedure devono essere periodicamente sottoposte a processo di valutazione per testarne l’efficacia e costituiscono parte integrante dei programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
b) eliminazione dell’uso di oggetti taglienti o acuminati quando tale utilizzo non sia strettamente necessario;
c) adozione di dispositivi medici dotati di meccanismi di protezione e di sicurezza;
d) divieto immediato della pratica del reincappucciamento manuale degli aghi in assenza di dispositivi di protezione e sicurezza per le punture;
e) sorveglianza sanitaria;
f) effettuazione di formazione in ordine a:
1) uso corretto di dispositivi medici taglienti dotati di meccanismi di protezione e sicurezza;
2) procedure da attuare per la notifica, la risposta ed il monitoraggio post-esposizione;
3) profilassi da attuare in caso di ferite o punture, sulla base della valutazione della capacità di infettare della fonte di rischio.
g) informazione per mezzo di specifiche attività di sensibilizzazione, anche in collaborazione con le associazioni sindacali di categoria o con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, attraverso la diffusione di materiale promozionale riguardante: programmi di sostegno da porre in essere a seguito di infortuni, differenti rischi associati all’esposizione al sangue ed ai liquidi organici e derivanti dall’utilizzazione di dispositivi medici taglienti o acuminati, norme di precauzione da adottare per lavorare in condizioni di sicurezza, corrette procedure di uso e smaltimento dei dispositivi medici utilizzati, importanza, in caso di infortunio, della segnalazione da parte del lavoratore di informazioni pertinenti a completare nel dettaglio le modalità di accadimento, importanza dell’immunizzazione, vantaggi e inconvenienti della vaccinazione o della mancata vaccinazione, sia essa preventiva o in caso di esposizione ad agenti biologici per i quali esistono vaccini efficaci; tali vaccini devono essere dispensati gratuitamente a tutti i lavoratori ed agli studenti che prestano assistenza sanitaria ed attività ad essa correlate nel luogo di lavoro;
h) previsione delle procedure che devono essere adottate in caso di ferimento del lavoratore per:
1) prestare cure immediate al ferito, inclusa la profilassi post-esposizione e gli esami medici necessari e, se del caso, l’assistenza psicologica;
2) assicurare la corretta notifica e il successivo monitoraggio per l’individuazione di adeguate misure di prevenzione, da attuare attraverso la registrazione e l’analisi delle cause, delle modalità e circostanze che hanno comportato il verificarsi di infortuni derivanti da punture o ferite e i successivi esiti, garantendo la riservatezza per il lavoratore.

...

La Direttiva 2010/32/UE dispone che in tutte le attività in cui sono utilizzati dispositivi medici taglienti o acuminati vengano effettuate valutazioni formali dei rischi, e che ovunque ci sia un rischio di ferita o d’infezione questo deve essere eliminato per mezzo di corsi di formazione, il miglioramento delle pratiche di lavoro e l'introduzione di dispositivi medici dotati di meccanismi di sicurezza.

Il criteri più adeguati per valutare i rischi per la sicurezza associati ai diversi tipi di dispositivi è una combinazione fra la probabilità della presenza di sangue sufficiente a causare una grave infezione e la frequenza tipica di lesioni per quel tipo di dispositivo.

Strumento adottato per l’analisi del rischio

La Direttiva 2010/32/UE dispone che in tutte le attività in cui sono utilizzati dispositivi medici taglienti o acuminati vengano effettuate valutazioni formali dei rischi, e che ovunque ci sia un rischio di ferita o d’infezione questo deve essere eliminato per mezzo di corsi di formazione, il miglioramento delle pratiche di lavoro e l'introduzione di dispositivi medici dotati di meccanismi di sicurezza.

Il criteri più adeguati per valutare i rischi per la sicurezza associati ai diversi tipi di dispositivi è una combinazione fra la probabilità della presenza di sangue sufficiente a causare una grave infezione e la frequenza tipica di lesioni per quel tipo di dispositivo.

La seguente matrice di analisi dei rischi permette di determinare le opportune misure preventive.

Figura matrice

...

ParteB

 [...segue in allegato]

...

Allegato 4 Cartello informativo prelievo ematico

Allegato 4

...

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Decreto Legge PNRR 2024: le misure in materia di lavoro

ID 21458 | | Visite: 1035 | News Sicurezza

Decreto Legge PNRR misure in materia di lavoro

Decreto Legge PNRR 2024: le misure in materia di lavoro

ID 21458 | 05.03.2024 / Download scheda

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto legge 2 marzo 2024, n. 19 recante “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”.

Di seguito, le principali misure in materia di lavoro:

- rafforzamento e aggravamento del regime sanzionatorio in materia di tutela della salute e sicurezza del lavoro, nonché di prevenzione e contrasto al lavoro irregolare. In tale ambito, è previsto l’inasprimento delle sanzioni amministrative in materia di contrasto al lavoro sommerso in edilizia e in agricoltura, anche in coerenza con gli obiettivi del PNRR, nonché alla reintroduzione e all’aggravamento delle sanzioni penali per contrastare il fenomeno della somministrazione abusiva di lavoro, spesso dissimulata da contratti di appalto e distacchi fittizi. Al fine di responsabilizzare tutti i soggetti coinvolti nell’appalto, in caso di violazione delle norme in materia di lavoro, viene estesa la responsabilità solidale tra il committente imprenditore o datore di lavoro e l’appaltatore o il subappaltatore nei confronti dei lavoratori, anche alla figura dell’appaltatore fittizio, che è colui che ricorre alla somministrazione di prestatori di lavoro da parte di soggetti non autorizzati, integrando così la fattispecie della somministrazione illecita di lavoro. L’appaltatore fittizio, fino ad oggi, non era ritenuto responsabile delle violazioni in materia di lavoro non essendo il reale fruitore delle prestazioni lavorative. Pertanto, anche tale soggetto sarà tenuto a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione dell’appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili, di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.

È previsto, per il periodo dal 1° aprile 2024 al 31 dicembre 2025, l’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali ed assicurativi a carico del datore di lavoro domestico (che possieda un ISEE in corso di validità, non superiore a euro 6.000) nel limite massimo di 3.000 euro annui, in caso di assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato di contratti di lavoro domestico con mansioni di assistente a soggetti anziani, con una età anagrafica di almeno ottanta anni, già titolari dell’indennità di accompagnamento.

È introdotto, a partire dal 1° ottobre 2024, un nuovo sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi (c.d. patente a crediti), obbligatoria per imprese e lavoratori autonomi che intendano operare nell’ambito dei cantieri edili. Le imprese, ad eccezione di quelle in possesso dell’attestato di qualificazione SOA, e i lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o mobili sono tenuti al possesso della patente a crediti, rilasciata in forma digitale dall’INL, che costituisce un vero e proprio titolo abilitante. La patente a crediti parte da un punteggio iniziale di 30 crediti che vengono a mano a mano decurtati in seguito all’adozione di provvedimenti di carattere sanzionatorio. I crediti possono essere riacquistati attraverso la partecipazione a corsi di formazione concernenti la salute e sicurezza. È stato, altresì, previsto che, nei casi di violazioni più gravi dai quali sia derivata la morte o un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, l’INL potrà sospendere, in via cautelativa, la patente fino a un massimo di dodici mesi.

Rafforzamento del sistema di salvaguardia delle imprese che operano correttamente nel mercato.

In particolare, sono introdotte le seguenti misure:

- “Lista di conformità INL”. Si tratta di un apposito elenco informatico, consultabile pubblicamente, in cui viene inserito il datore di lavoro, nell’ipotesi in cui, all’esito dell’accertamento ispettivo, non emergano violazioni o irregolarità in materia di lavoro, legislazione sociale e di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. All’iscrizione nella lista di conformità si accompagna il rilascio, da parte dell’INL, di un apposito attestato. I datori di lavoro cui è stato rilasciato l’attestato non sono sottoposti, per un periodo di dodici mesi dalla data di iscrizione, ad ulteriori verifiche da parte dell’INL nelle materie oggetto degli accertamenti, fatte salve le verifiche in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ed eventuali richieste di intervento, nonché le indagini demandate dalle competenti Procure della Repubblica.

- Verifica di congruità del costo della manodopera. Viene introdotto nell’ambito degli appalti pubblici e privati un obbligo di richiesta del certificato di congruità dell’incidenza della manodopera sull’opera complessiva prima di procedere al saldo finale dei lavori. In particolare, il responsabile del progetto di realizzazione dei lavori edili, negli appalti pubblici (di valore complessivo pari o superiore a 150.000 euro), e il committente, negli appalti privati (di valore complessivo pari o superiore a 500.000 euro), prima di procedere al saldo finale dei lavori, sono tenuti a verificare la congruità dell'incidenza della manodopera sull'opera complessiva.

- Compliance aziendale. Al fine di incentivare la regolarizzazione in materia contributiva da parte dell’azienda e di favorire nel contempo l’emersione del lavoro irregolare, è prevista la riduzione delle sanzioni civili nel caso di pagamento spontaneo eseguito entro un certo termine e la possibilità di accedere al c.d. “ravvedimento operoso” nel caso in cui la denuncia della situazione debitoria sia eseguita spontaneamente da parte del datore di lavoro, prima della contestazione o della richiesta da parte dell’ente impositore.

Potenziamento delle assunzioni del personale ispettivo, amministrativo e tecnico, dell’INL e del contingente dell’Arma dei Carabinieri al fine di rafforzare le attività di vigilanza in materia di lavoro, legislazione sociale, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, con la possibilità di:

- prorogare fino al 31 dicembre 2025 le facoltà assunzionali già previste per l’INL;

- autorizzare, per gli anni 2024-2026, l’assunzione a tempo indeterminato di un nuovo contingente di personale (250 unità), altamente professionalizzato, nell’area vigilanza tecnica (ingegneri, architetti, biologi, etc.), mediante procedure concorsuali su base regionale;

- rafforzare il contingente di personale appartenente all’Arma dei Carabinieri per la tutela del lavoro (50 unità);

- versare una quota parte degli introiti derivanti dai provvedimenti sanzionatori irrogati in sede di vigilanza in un apposto capitolo del bilancio del Ministero e destinarli ad una più efficiente utilizzazione del personale ispettivo sul territorio nazionale, entro il limite del 15% della retribuzione lorda annua.

...

Fonte: MLPS

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CEI EN 50527-1 Procedura Valutazione esposizione CEM lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi (DMIA)

ID 17497 | | Visite: 4182 | Documenti Riservati Sicurezza

CEI EN 50527 1 Procedura Valutazione esposizione CEM lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi  DMIA

CEI EN 50527-1 / Procedura Valutazione esposizione CEM lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi (DMIA)

ID 17497 | 02.09.2022 / Documento completo in allegato

Documento sulla procedura per la valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici dei lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi (DMIA) in accordo con le norme della serie CEI EN 50527-X, in riferimento a quanto previsto dalla Direttiva 2013/35/UE (GU L 179/1 del 29.6.2013) disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), recepita in IT con il Decreto Legislativo 1 agosto 2016 n. 159 (GU 192 del 18.08.2016)

La Direttiva 2013/35/UE ha sostituito la Direttiva 2004/40/CE.

La Direttiva 2013/35/UE detta misure più adeguate e proporzionate per la protezione dei lavoratori dai rischi collegati ai campi elettromagnetici.

La Direttiva 2004/40/CE non affrontava il problema degli effetti a lungo termine, compresi i possibili effetti cancerogeni dell’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici che variano nel tempo, per i quali non si dispone attualmente di prove scientifiche concludenti in grado di stabilire una relazione causale.

La Direttiva 2013/35/UE mira a trattare tutti gli effetti biofisici diretti e gli effetti indiretti noti provocati dai campi elettromagnetici, non solo al fine di assicurare la salute e la sicurezza di ciascun lavoratore considerato individualmente, ma anche a creare per tutti i lavoratori nell’Unione una piattaforma minima di protezione, evitando nel contempo possibili distorsioni della concorrenza.

Direttiva 2013/35/UE

del Parlamento Europeo e del 26 giugno 2013 sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) e che abroga la direttiva 2004/40/CE. (GU L 179/1 del 29.6.2013)

La Direttiva 2013/35/UE è stata recepita con il Decreto Legislativo 1 agosto 2016, n. 159 in data 09.09.2016 ed ha apportato modifiche al Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Decreto Legislativo 1 agosto 2016 n. 159

Attuazione della direttiva 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) e che abroga la direttiva 2004/40/CE
(GU 192 del 18.08.2016) 

Fig  1   XX Direttiva particolare sicurezza lavoro   Rischio CEM

Fig. 1 - XX Direttiva particolare sicurezza lavoro (Rischio CEM)

CEI EN 50527-1:2017

Procedura per la valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici dei lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi - Parte 1: Generalità

Classificazione CEI: 106-33

La presente Norma, predisposta per contribuire a soddisfare i requisiti essenziali della Direttiva 2013/35/EU, descrive la procedura di valutazione del rischio dell'esposizione sul luogo di lavoro a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici di frequenza da 0 Hz a 300 GHz, per i lavoratori che abbiano impiantati dei dispositivi medici attivi. Essa specifica come effettuare una valutazione generale del rischio e come determinare se sia necessario procedere con una ulteriore valutazione dettagliata. In particolare, viene fornita una tabella contenente i luoghi di lavoro conformi a priori per i lavoratori portatori di dispositivi impiantati attivi.

Questa Norma non copre gli effetti indiretti provocati da dispositivi impiantati non attivi e si limita a considerare il rischio causato dal malfunzionamento dei dispositivi impiantati attivi. Le possibilità di contributo al rischio dei dispositivi impiantati, ad esempio la modifica locale del campo elettromagnetico prodotto da una sorgente esterna o il campo elettromagnetico prodotto dal dispositivo impiantato stesso, sono stabilite nelle rispettive norme di prodotto.

In base agli specifici standard del posto di lavoro si può determinare se devono essere adottate misure/azioni preventive per rispettare le disposizioni della direttiva 2013/35/EU.

I requisiti prestazionali dei dispositivi medici impiantabili, non considerati da questa norma, sono definiti nelle rispettive norme di prodotto.

Se la valutazione del rischio, effettuata in accordo con questa norma, non conduce a un risultato, disposizioni integrative specifiche per differenti tipi di dispositivi medici impiantati sono fornite dalle relative norme particolari della serie 50527.

La presente Norma sostituisce completamente la Norma CEI EN 50527-1:2013-07, che rimane applicabile fino al 04-07-2019.

Questa Norma viene pubblicata dal CEI nella sola lingua inglese in quanto particolarmente mirata a settori specialistici.
________

Struttura delle norme della Serie CEI EN 50527-X

CEI EN 50527-1:2017
Procedura per la valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici dei lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi
Parte 1: Generalità

CEI EN 50527-2.1:2017
Procedura per la valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici dei lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi
Parte 2-1: Valutazione specifica per lavoratori con stimolatore cardiaco (pacemaker)

CEI EN 50527-2-2:2018
Procedura per la valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici dei lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi
Parte 2-2: Valutazione specifica per lavoratori con defibrillatori cardiaci impiantati (ICDs)

CEI EN 50527-2-3:2022
Procedura per la valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici dei lavoratori portatori di dispositivi medici impiantabili attivi
Parte 2-3: Valutazione specifica per lavoratori con neurostimolatori impiantabili

Fig  2    Struttura norme serie CEI EN 50527 X

Fig. 2 -­ Struttura norme serie CEI EN 50527-X
...
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CEI EN 50527-1:2017 Risk assessment

4 Risk assessment

4.1 Risk assessment procedure

4.1.1 Introduction

The Occupational Health and Safety Framework Directive 89/391/EEC requires in Article 15 about Risk groups: “Particularly sensitive risk groups must be protected against the dangers which specifically affect them.”

The interference of EMF with an implanted AIMD is identified as being an indirect effect causing particular risk within the scope of Article 4.5 of Directive 2013/35/EU.

Figure 2 gives a schematic overview of the risk assessment process.

For some types of workplaces the EMF risk assessment is covered by a specific workplace standard. If such a  standard is used for risk assessment then the presentation of  the result should normally  be done in accordance with that standard.

Special considerations are often needed when it comes to the assessment of work that takes place outside the employer’s premises. It is generally advised that the employer trains

AIMD-Employees to be aware of particular risks that they might encounter during their work. This could be, for example, in situations where craftsmen like bricklayers, plumbers and carpenters do maintenance work on chimneys, rooftops, etc. where radio transmission or other transmitting antennas could be installed. AIMD-Employees should be instructed on how to deal with such equipment in a safe manner. Generally this means that AIMD-Employees are informed about the interference distances or zones of such equipment. If the  safety  information  is  not  provided  in  a  sign  at  the site, it can be requested from the owner of the Recepita come CEI EN 50527-1:2017-09 equipment. However, it is the employer’s responsibility that AIMD-employees have the right information on every workplace that they visit.
...

Figure 2   Risk assessment process

Figure 2 - Risk assessment process
...

5.2  Equipment with recommendations restricting use

5.2.1 General recommendations

In all cases where recommendations restricting use of workplace equipment are given with the AIMD, they should be identified and taken into account as part of the risk assessment. Where these recommendations  cannot be taken into account at the workplace, a specific risk  assessment following Annex A is required.

Such recommendations are normally in the form of a minimum separation distance between the equipment  and the AIMD.

Those recommendations are given in the patients manual the AIMD-Employee receives from the implanting institution or by the suppliers of the specific equipment in the workplace.

5.2.2 Compliant workplaces and exceptions
...
Table 1   Compliant workplaces and equipment with exceptions
...

Annex A (normative)

Specific risk assessment
...

Annex B (informative)

Documenting the risk assessment
...
B 2 2  Assessment
...
D.Lgs. 81/2008

Titolo VIII AGENTI FISICI

Capo IV Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici

Art. 206 - Campo di applicazione
Art. 207 - Definizion
Art. 208 - Valori limite di esposizione e valori di azione
Art. 209 - Valutazione dei rischi e identificazione dell'esposizione
Art. 210 - Disposizioni miranti ad eliminare o ridurre i rischi
Art. 210 bis - Informazione e formazione dei lavoratori e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
Art. 211 - Sorveglianza sanitaria
Art. 212 - Deroghe
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UNI EN ISO 13943:2023 Vocabolario Sicurezza in caso di incendio

ID 20782 | | Visite: 2781 | News Prevenzioni Incendi

UNI EN ISO 13943 2023 Vocabolario Sicurezza in caso di incendio

UNI EN ISO 13943:2023 Vocabolario Sicurezza in caso di incendio

ID 20782 | 16.11.2023 / Preview in allegato

UNI EN ISO 13943:2023 Sicurezza in caso di incendio - Vocabolario

La norma definisce la terminologia relativa alla sicurezza in caso di incendio.

Negli ultimi due decenni si è assistito ad una crescita significativa nel campo della sicurezza antincendio. C'è stato un notevole sviluppo della progettazione ingegneristica della sicurezza antincendio, soprattutto per quanto riguarda i porgetti in l’edilizia, nonché lo sviluppo di concetti relativi alla progettazione basata sulle prestazioni. Con questo continua evoluzione, vi è una crescente necessità di un accordo su un linguaggio comune in generale ampliare l’area della sicurezza antincendio, oltre ciò che è stato tradizionalmente limitato al campo delle prove antincendio.

La prima edizione di questo documento, ISO 13943:2000, conteneva le definizioni di circa 180 termini. Tuttavia, le aree tecnologiche legate alla sicurezza antincendio hanno continuato a evolversi rapidamente e in questa edizione contiene molti nuovi termini e le relative definizioni, nonché definizioni riviste di alcuni dei termini che erano nelle edizioni precedenti.

Questo documento definisce i termini generali al fine di stabilire un vocabolario applicabile alla sicurezza antincendio, compresa la sicurezza antincendio negli edifici e nelle opere di ingegneria civile e in altri elementi all'interno del costruito
ambiente. Verrà aggiornato come termini e definizioni per ulteriori concetti nel campo della sicurezza antincendio vengono concordati e sviluppati.

È importante notare che alcuni termini relativi alla sicurezza antincendio possono avere un'interpretazione leggermente diversa da quello utilizzato in questo documento quando utilizzato per i regolamenti. In tal caso, la definizione data in questo documento potrebbe non essere applicabile.

I termini presenti nel presente documento riguardano:

- concetti fondamentali;
- concetti più specifici, come quelli utilizzati specificamente nelle prove antincendio o nell'ingegneria della sicurezza antincendio e potenzialmente negli standard internazionali ISO o IEC relativi al fuoco; 
- concetti correlati, come i termini utilizzati nell'edilizia e nell'ingegneria civile.

Il layout è progettato secondo la norma ISO 10241-1:2011. I termini sono presentati in ordine alfabetico inglese l'ordine e i termini preferiti sono scritti in grassetto con i termini ammessi e deprecati elencati di seguito nel tipo normale.

Data entrata in vigore: 16 novembre 2023

Sostituisce: UNI EN ISO 13943:2017

Recepisce: EN ISO 13943:2023

Adotta: ISO 13943:2023

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Fonte: ISO / UNI

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Piano nazionale d’azione radon

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Piano nazionale d azione radon e VR radon luoghi lavoro

Piano nazionale d’azione radon e VR radon luoghi di lavoro / Update Febbraio 2024

ID 16927 | Rev. 1.0 del 22.02.2024 / Documento completo allegato

Il Decreto Legislativo 31 Luglio 2020 n. 101 recepimento della Direttiva 2013/59/Euratom, prevede l'adozione del Piano nazionale d'azione per il radon (emanato data news con il DPCM 11 gennaio 2024 (*)), concernente i rischi di lungo termine dovuti all'esposizione al radon. Il Piano sarà di supporto per l'individuazione di luoghi di lavoro dove effettuare la Valutazione del rischio radon.

(*) Il Piano nazionale d'azione per il radon 2023-2032 è stato adottato con il DPCM 11 gennaio 2024, pubblicato nella GU n.43 del 21.02.2024 - SO n. 10.

Update Rev. 2.0 2024
- DPCM 11 gennaio 2024 Adozione del piano nazionale d'azione per il radon 2023-2032. (GU n.43 del 21.02.2024 - SO n. 10)

Le norme relative alla protezione dal radon nei luoghi di lavoro si applicano:

- alle attività lavorative svolte in ambienti sotterranei; (N)
- negli stabilimenti termali,
- nei luoghi di lavoro seminterrati o al piano terra se ubicati in aree prioritarie (opportunamente definite nell’art.11 del D.lgs 101/2020), oppure
- se svolti in “specifici luoghi di lavoro” da individuare nell’ambito di quanto previsto dal Piano Nazionale di Azione Radon (Art. 10).

Piano nazionale d azione radon e VR radon luoghi di lavoro Figura 1

Fig. 1 - Luoghi di lavoro obbligo Valutazione del rischio radon nei luoghi di lavoro

Le Regioni e le Province autonome entro due anni (ovvero entro il 21.02.2026) dall’adozione del Piano e sulla base delle indicazioni e dei criteri tecnici in esso contenuti individuano le aree prioritarie.

Nei luoghi di lavoro di cui all'articolo 16 D.lgs 101/2020 l'esercente è tenuto a completare le misurazioni della concentrazione media annua di attività di radon in aria entro ventiquattro mesi decorrenti:

a) dall'inizio dell'attività nell'ipotesi di cui all'articolo 16 comma 1, lettere a) e d);
b) dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana dell'elenco di cui all'articolo 11, comma 2, nell'ipotesi di cui all'articolo 16, comma 1, lettera b);
c) dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del Piano di cui all'articolo 10 o delle sue successive modifiche, nell'ipotesi di cui all'articolo 16, comma 1, lettera c);
d) dall'inizio delle attività se questo è successivo al momento indicato nelle lettere b) e c).

Fermo restando quanto previsto dalle lettere a) e b) del comma 1 nei luoghi di lavoro in locali semisotterranei e situati al piano terra l'esercente è tenuto a completare le misurazioni entro 18 mesi dall'individuazione di cui all'articolo 11 comma 3 da parte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano.

Piano nazionale d azione radon e VR radon luoghi di lavoro Figura 2

Fig. 2 - Tempistica completamento misurazioni della concentrazione media annua di attività di radon in aria 

D.lgs 101/2020

Art. 16 Campo di applicazione (direttiva 59/2013/EURATOM, articoli 23 e 54; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 10-bis).

1. Le disposizioni di cui alla presente sezione si applicano a:

a) luoghi di lavoro sotterranei; (N)
b) luoghi di lavoro in locali semisotterranei o situati al piano terra, localizzati nelle aree di cui all'articolo 11;
c) specifiche tipologie di luoghi di lavoro identificate nel Piano nazionale d'azione per il radon di cui all'articolo 10 (N1);
d) stabilimenti termali.

(N) 
Art. 7 Definizioni
/ (Nuova definizione di luogo di lavoro sotterraneo / ndr)

86 bis) «luogo di lavoro sotterraneo»: ai fini dell’applicazione del Capo I del Titolo IV, locale o ambiente con almeno tre pareti sotto il piano di campagna, indipendentemente dal fatto che queste siano a diretto contatto con il terreno circostante o meno;
(punto introdotto dal Decreto Legislativo 25 novembre 2022 n. 203).

(N1)

Piano nazionale d'azione radon 2023-2032

Il D.lgs 101/2020, all’articolo 16, comma 1, lettera a) indica i luoghi di lavoro sotterranei oggetto dell’obbligo di misurazione e considerato che per luogo di lavoro sotterraneo si intende “locale o ambiente con almeno tre pareti interamente sotto il piano di campagna, indipendentemente dal fatto che queste siano a diretto contatto con il terreno circostante o meno”, lo stesso decreto all’articolo 16, comma 1, lettera c) nel campo di applicazione considera “specifiche tipologie di luoghi di lavoro identificate nel Piano nazionale d’azione per il radon”. Inoltre l’allegato III del medesimo decreto ai punti 3 e 4 indica la necessità di identificare sia le “tipologie di luoghi di lavoro”, che le “attività lavorative” a maggior rischio dal punto di vista del radon.

Di seguito si riporta un primo elenco delle “specifiche tipologie di luoghi di lavoro” alle quali si applica quanto previsto dal D.lgs 101/2020, articoli 17 e 18.

Tabella - Specifiche tipologie di luoghi di lavoro, ai sensi dell’articolo 16, c.1, lettera c)

Specifiche tipologie di luoghi di lavoro, ai sensi dell’articolo 16, c.1, lettera c)

 

1.

Locali chiusi con impianti di trattamento per la potabilizzazione dell’acqua in vasca aperta

2.

Impianti di imbottigliamento delle acque minerali (naturali e di sorgente)

3.

Centrali idroelettriche

 Inoltre, ai fini dei una corretta individuazione dei punti di misura, per l’applicazione degli obblighi per l’esercente di cui all’articolo 17 e a integrazione delle modalità di esecuzione della misurazione di concentrazione media annua di attività di radon, di cui all’Allegato II del D.lgs 101/2020, si riportano alcuni criteri per l’individuazione dei punti di misura.

Tabella - Criteri per l’individuazione dei punti di misura

Criteri per l’individuazione dei punti di misura

 

Luoghi di lavoro esentati dalla misurazione

locali di servizio, spogliatoi, bagni, vani tecnici, sottoscala, corridoi

locali a basso fattore di occupazione: minore di 100 ore/anno

D.lgs 101/2020

Art. 10 Piano nazionale d'azione per il radon (direttiva 59/2013/EURATOM, articolo 103 e allegato XVIII)

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali e delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentito l'ISIN e l'Istituto superiore di sanita' (ISS), e' adottato il Piano nazionale d'azione per il radon, concernente i rischi di lungo termine dovuti all'esposizione al radon.

2. Il Piano si basa sul principio di ottimizzazione di cui all'articolo 1, comma 3, del presente decreto e individua conformemente a quanto previsto all'allegato III:

a) le strategie, i criteri e le modalita' di intervento per prevenire e ridurre i rischi di lungo termine dovuti all'esposizione al radon nelle abitazioni, negli edifici pubblici e nei luoghi di lavoro, anche di nuova costruzione, per qualsiasi fonte di radon, sia essa il suolo, i materiali da costruzione o l'acqua;
b) i criteri per la classificazione delle zone in cui si prevede che la concentrazione di radon come media annua superi il livello di riferimento nazionale in un numero significativo di edifici;
c) le regole tecniche e i criteri di realizzazione di misure per prevenire l'ingresso del radon negli edifici di nuova costruzione nonche' degli interventi di ristrutturazione su edifici esistenti che coinvolgono l'attacco a terra, inclusi quelli di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), c) e d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;
d) gli indicatori di efficacia delle azioni pianificate.

3. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del Piano nazionale d'azione per il radon, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, adeguano i rispettivi ordinamenti alle indicazioni del Piano.

4. Il Piano di cui al comma 1 e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed e' aggiornato con cadenza almeno decennale

Art. 11 Individuazione delle aree prioritarie (direttiva  59/2013/EURATOM, articolo 103, commi 1 e 2 e Allegato XVIII; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 10-sexies).

1. Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, entro ventiquattro mesi dall'entrata in vigore del Piano di cui all'articolo 10 (21.02.2026 / ndr), sulla base delle indicazioni e dei criteri tecnici ivi contenuti:

a) individuano le aree in cui si stima che la concentrazione media annua di attivita' di radon in aria superi il livello di riferimento in un numero significativo di edifici;
b) definiscono le priorita'  d'intervento per i programmi specifici di misurazione al fine della riduzione dei livelli di concentrazione al di sotto dei livelli di riferimento e ne prevedono le modalita' attuative e i tempi di realizzazione.

2. L'elenco delle aree di cui al comma 1, lettera a), e' pubblicato da ciascuna regione e provincia  autonoma sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed e' aggiornato ogni volta che il risultato di nuove indagini o una modifica dei criteri lo renda necessario.

3. Fino al termine di cui al comma 1, Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sulla base di metodologie documentate, effettuano le misurazioni di radon, acquisiscono i relativi dati e individuano le  aree prioritarie nelle quali la stima della percentuale di edifici che supera il livello di 300 Bq m-3 e' pari o superiore al 15 per cento, procedendo alla pubblicazione  dell'elenco con le modalita' di cui al comma 2. La percentuale degli edifici e' determinata con indagini o misure di radon effettuate o riferite o normalizzate al piano terra.

Approccio graduale e individuazione delle aree prioritarie

A partire dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo 31 Luglio 2020 n. 101, come indicato nell’articolo 11, comma 3, le Regioni e Province autonome, mediante metodologie documentate e sulla base di dati già disponibili, fanno una prima individuazione delle aree prioritarie, usando il criterio del 15%, cioè individuano quelle zone nelle quali la stima della percentuale di edifici che supera il livello di riferimento di 300 Bq/m3 è pari o superiore al 15%, procedendo quindi alla pubblicazione dell’elenco di tali aree sulla GU.

Le Regioni e le Province autonome, che non sono state in grado di procedere all’individuazione delle aree prioritarie secondo quanto indicato al comma 3 dell’articolo 11, entro due anni dall’adozione del Piano e sulla base delle indicazioni e dei criteri tecnici in esso contenuti,  come stabilito dall’articolo 11, comma 1, individuano le aree prioritarie e cioè quelle zone in cui si stima che la concentrazione media annua di attività di radon in aria sia superiore al livello di riferimento in un numero significativo di edifici, secondo il criterio stabilito dal Piano. L’individuazione delle aree prioritarie è lo strumento fondamentale di partenza per identificare le abitazioni e i luoghi di lavoro al pianoterra o al seminterrato, da sottoporre a risanamento. L’implementazione degli interventi di risanamento sarà graduale ed è ragionevole assumere che nei primi anni di attuazione del PNAR, ne verranno eseguiti un numero significativamente inferiore rispetto agli anni successivi, in quanto allo stato attuale sono poche le aree prioritarie già individuate. La disponibilità di informazioni consentirà nel tempo di modificare l’estensione delle aree prioritarie, e di prendere in considerazione un numero crescente di abitazioni e di luoghi di lavoro anche sulla base della modifica dei criteri di individuazione delle aree o di definizione delle priorità di intervento.  I dati acquisisti durante il periodo di attuazione del PNAR che riguardano le concentrazioni medie di radon negli edifici in Italia e la loro riduzione tracciata nel tempo, saranno utili per aggiornare anche la stima dei casi di rischio sanitario evitati nei 10 anni. Queste stime, in aggiunta a delle valutazioni comparative di tipo costo-efficacia, permetteranno di ottimizzare sempre di più la protezione dagli effetti del radon. 

Esposizione al radon nei luoghi di lavoro 

Il valore del livello di riferimento, nei luoghi di lavoro, è fissato in 300 Bq/m3 in termini di valore medio annuo di concentrazione di attività di radon in aria e in 6mSv in termini di dose efficace annua o del corrispondente valore di esposizione integrata annua, in accordo a quanto indicato nella direttiva 2013/59/Euratom. L’esercente è tenuto a effettuare la valutazione delle dosi efficaci annue o delle corrispondenti esposizioni integrate annue, qualora, nonostante gli interventi di risanamento, il livello di concentrazione media annua di attività di radon in aria superi il livello di riferimento di 300 Bq/m3. Nel caso in cui i risultati della valutazione siano superiori al valore di 6 mSv/anno, l’esercente deve soddisfare a specifici obblighi del titolo XI come indicato nell’articolo 17 del Decreto Legislativo 31 Luglio 2020 n. 101. Al valore di dose efficace di 6 mSv, considerando il fattore convenzionale di conversione di 6,710-9 Sv m3/Bq h dell’International Commission on Radiological Protection (ICRP) 137 [41] e una durata lavorativa di circa 2000 ore anno, corrisponde una concentrazione media annua di attività di radon di circa 450 Bq/m3. Analogamente al valore di esposizione integrata annua di 895 kBq h/m3, così come indicato nell’Allegato II, Sezione I del Decreto Legislativo 31 Luglio 2020 n. 101, corrisponde il medesimo valore di concentrazione media annua di attività di radon. Si evince dunque l’importanza delle misure di concentrazione di radon nei luoghi di lavoro così come indicato all’articolo 17 del Decreto Legislativo 31 Luglio 2020 n. 101. Il valore di riferimento di 6 mSv, in termini di dose efficace annua, è un valore che si applica solo nell’ambito dell’esposizione professionale al radon e non per l’esposizione nelle abitazioni.

Piano nazionale d'azione per il radon 2023-2032

Piano nazionale d azione per il radon 2023 2032

DPCM 11 gennaio 2024 (GU n.43 del 21.02.2024 - SO n. 10)

Per valutare l’efficacia generale del PNAR è necessario considerare che i programmi di riduzione del radon non generano vantaggi per la salute pubblica valutabili immediatamente, poiché il principale rischio per la salute è il cancro ai polmoni, che ha un tempo di espressione che può essere fino a 35 anni.

La riduzione dell’esposizione nelle abitazioni rappresenta un obiettivo importante in quanto l’esposizione al radon è generalmente molto maggiore nelle abitazioni che nei luoghi di lavoro, in media 3-5 volte di più, poiché si trascorre nelle abitazioni più tempo di quanto se ne trascorra nei luoghi di lavoro e la concentrazione di radon è generalmente superiore di notte. Di conseguenza anche la maggior parte dei casi di tumore polmonare attribuibile al radon è dovuta alle esposizioni nelle abitazioni. La riduzione delle concentrazioni di radon nei luoghi di lavoro è altrettanto importante ed è regolata da obblighi specifici a carico dei datori di lavoro riportati nel Titolo IV, Capo I, Sezione III del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101.

Gli obiettivi specifici di riduzione dell’esposizione al radon da realizzarsi nei prossimi 10 anni di durata del Piano sono:

a. la riduzione della concentrazione di radon nei luoghi di lavoro con concentrazione di radon superiore ai 300 Bq/m3, nel rispetto delle previsioni normative;
b. la riduzione della concentrazione di radon almeno nel 50% delle abitazioni,ricadenti nelle aree prioritarie nelle quali sia stata riscontrata una concentrazione di radon superiore ai 200 Bq/m3, dando priorità a quelle con concentrazione superiore a 300 Bq/m3;
c. la riduzione della concentrazione di radon almeno nel 50% delle abitazioni del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, ricadenti nelle aree prioritarie, con concentrazione di radon superiore ai 200 Bq/m3, dando priorità a quelle con concentrazione superiore a 300 Bq/m3;
d. la verifica che il livello di concentrazione di radon sia inferiore ai 200 Bq/m3 nelle abitazioni costruite dopo il 31 dicembre 2024.

Sulla base dei dati disponibili, ottenuti nella prima indagine condotta nelle abitazioni alla fine degli anni ’80 e riportati nel PNR del 2002, si stima che le abitazioni con una concentrazione di radon superiore ai 200 Bq/m3 siano il 4% delle abitazioni italiane, circa 800.000 abitazioni, quelle con concentrazione di radon superiori a 400 Bq/m3 siano l’1% e cioè circa 200.000, mentre la stima per i luoghi di lavoro che superano i 300 Bq/m3 è pari a circa 200.000.

Le valutazioni della situazione ai fini del raggiungimento degli obiettivi specifici sono effettuate periodicamente dall’Osservatorio nazionale radon tramite appositi indicatori, tenuto conto del documento del WHO “Development of environment and health indicators for european union countries” che sono:

- la stima, tramite adeguate indagini campionarie, del numero di abitazioni e luoghi di lavoro in cui vengono superati i livelli di riferimento;
- il numero di abitazioni e luoghi di lavoro in cui è stata misurata la concentrazione di radon;
- il numero di abitazioni e luoghi di lavoro in cui la concentrazione di radon misurata risulta superiore ai livelli di riferimento;
- la stima del numero di abitazioni e luoghi di lavoro, con concentrazioni di attività di radon misurate superiori ai livelli di riferimento, che siano state risanate con conseguente riduzione della concentrazione di radon.

Il livello di informazione e consapevolezza dei rischi per la salute dovuti al radon nella popolazione e tra i professionisti del settore edile e medico ha un ruolo importante. La consapevolezza può essere valutata sulla base del numero di richieste di informazioni o di richieste di misurazioni di radon da effettuare, oppure mediante indagini di mercato. Uno dei fattori chiave per il successo del PNAR è lo sviluppo di strategie di informazione sui rischi dovuti al radon e sulle misure preventive e le azioni correttive e la previsione di un programma di riduzione del radon che richieda la collaborazione della popolazione.

Data la complessità, connessa anche alla fattibilità, della possibilità di modificare gli attuali livelli di riferimento e/o di prevedere comunque iniziative a livelli di radon inferiori, la materia sarà oggetto di studio da parte dell’Osservatorio nazionale radon che valuterà l’andamento dell’attuazione di tutte le Attività previste dal Piano e valuterà l’opportunità di proporre una modifica dei livelli di riferimento con la conseguenza di identificare e risanare un numero ancor più elevato di situazioni.

La fattibilità complessiva di questo ulteriore obiettivo di riduzione dei casi di tumore polmonare attribuibili al radon sarà, quindi, valutata a metà circa dall’implementazione di questo Piano, cioè dopo i primi 5 anni.

Infine, ma non per ultimo è necessario promuovere da subito la ricerca su metodi di risanamento semplici, applicabili a tali situazioni.

Il Piano si sviluppa intorno a tre assi strategici: misurare, intervenire, coinvolgere
- Asse 1 - Misurare;
- Asse 2 - Intervenire;
- Asse 3 - Coinvolgere.

Asse 1. Le misurazioni delle concentrazioni di radon indoor sono un fattore determinante per la valutazione della situazione territoriale nazionale e per considerare lo stato di fatto sul quale intervenire. L’Italia ha, in alcuni casi, accumulato un ritardo in questo campo: sia nella conoscenza del territorio sia nell’adozione delle misure necessarie a prevenire e ridurre il fenomeno. Recuperare questo deficit e promuovere indagini è essenziale per migliorare il contrasto alle situazioni di maggior esposizione e iniziare a intervenire in tali situazioni. Con questo spirito, l’Asse 1 definisce e raccoglie le azioni dedicate a fornire indicazioni sulle indagini, sui protocolli di misurazione e sulla gestione dei dati di concentrazione di radon indoor, sui livelli prestazionali e le modalità operative e gestionali dei servizi di dosimetria, sulla individuazione delle aree prioritarie, sui luoghi di lavoro e sulle attività lavorative a maggior rischio di esposizione.

Asse 2. Per contrastare i rischi legati al fenomeno del radon indoor è necessario agire per ridurre le emissioni inquinanti, prevenire e contrastare le concentrazioni più elevate di radon indoor, conoscere i rischi sinergici legati all’uso di tabacco e all’esposizione al radon, creare connessioni tra le attività del Piano e gli interventi di efficientamento energetico, migliorare la qualità dell’aria indoor e garantire la sicurezza nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro. L’Asse 2 raggruppa le azioni per ridurre il rischio di esposizione al radon e promuove i sistemi di prevenzione e riduzione negli edifici esistenti e nei nuovi edifici con indicazioni sulla loro progettazione, individua i materiali da costruzione che potrebbero esalare radon, fornisce indicazioni per la qualificazione degli esperti di risanamento.

Asse 3. Il terzo Asse strategico è dedicato alla comunicazione. Le azioni previste promuovono la diffusione della conoscenza del fenomeno radon attraverso strategie comunicative efficaci e mirate che prevedono lo sviluppo di piani di formazione rivolti ai lavoratori e ai professionisti della pubblica amministrazione (PA), la realizzazione di progetti didattici rivolti agli studenti, la possibilità di utilizzare forme partecipative da parte del cittadino e la promozione, infine, di azioni diffuse di riduzione dell’esposizione al radon nelle abitazioni. Una Azione prevede l’istituzione dell’Osservatorio nazionale radon che, attraverso un monitoraggio dell’attuazione delle Azioni del Piano, supporta e integra le attività previste.

Ognuno dei tre Assi ha un obiettivo che si raggiunge attraverso l’attuazione delle Azioni previste.

Ogni Azione ha indicatori in grado di definirne lo stato e a essi sono associati i tempi di realizzazione.

...


Azione 1.3 Individuazione delle tipologie di luoghi di lavoro, di attività lavorative e di edifici con accesso del pubblico a maggior rischio

I luoghi di lavoro possono differire in termini di caratteristiche strutturali, di parametri microclimatici, di occupazione del personale, modalità organizzative, ecc.: sulla base di questi e altri fattori, è necessario identificare quali situazioni possono comportare elevate esposizioni al radon.

Per un’efficace controllo sull’esposizione dei lavoratori al radon, la direttiva 2013/59/Euratom e il Decreto Legislativo 31 Luglio 2020 n. 101, individuano alcune situazioni di particolare interesse dal punto di vista della radioprotezione (luoghi di lavoro interrati, luoghi di lavoro seminterrati e al piano terra in aree prioritarie, stabilimenti termali) ma rimandano al PNAR il compito di identificare “altre” tipologie di luoghi di lavoro ed edifici pubblici nonché“specifiche” tipologie di attività lavorative, che necessitano di un diverso approccio. Il documento Radiation Protection n.193 “Radon in workplaces” fornisce utili indicazioni per procedere a tale identificazione.

Azione 1.3 - Obiettivo

Il Piano fornisce una prima individuazione di speciali tipologie di luoghi di lavoro che rientrano nel campo di applicazione del decreto, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 16, comma1, lettera c). Per alcune attività lavorative di interesse è necessario predisporre indicazioni tecniche per una valutazione accurata dell’esposizione cumulativa al radon o della relativa dose efficace, al fine di ottenere un’efficace protezione dei lavoratori dall’esposizione al radon. Infine per identificare gli edifici a maggior rischio e con accesso del pubblico, si pianifica la realizzazione di un’indagine su base nazionale.

[...]

Azione 3.3. Sviluppo di un piano formativo rivolto ai lavoratori e alle figure professionali di sicurezza che operano in ambito pubblico e privato

Azione 3.3 - Premessa

La riduzione dei rischi a lungo termine dovuta all’esposizione al radon indoor, soprattutto per quanto concerne l’ambito occupazionale, richiede che le azioni previste dal PNAR siano supportate da un efficace piano di formazione rivolto ai lavoratori, ai datori di lavoro, agli esercenti, al personale degli uffici tecnici e degli enti responsabili della vigilanza e del controllo, e più in generale a diverse categorie di stakeholders.

Un’adeguata base di informazione/formazione sulla tematica radon, che tenga anche in considerazione i responsabili delle decisioni a livello locale, favorisce il dialogo tra i diversi soggetti istituzionali e le figure professionali coinvolte con un approccio multidisciplinare necessario per una efficace riduzione del rischio radon.

La necessità di predisporre adeguate azioni di formazione è stata sottolineata al livello sia internazionale dalla International Atomic Energy Agency (IAEA), e dalla pubblicazione “WHO Handbook on indoor radon”, sia in ambito europeo dalla UE nel documento Radiation Protection n.193 “Radon in workplaces”, oltre che nell’Allegato XVIII della direttiva 2013/59/Euratom.

La formazione pianificata nella presente Azione non sostituisce l’informazione e formazione obbligatoria a cura dell’esperto di radioprotezione e del medico autorizzato prevista agli articoli 110 e 111 a seguito delle valutazioni dell’articolo 17, comma 4, ovvero nel caso che l’esposizione al radon rientri nel Titolo XI del Decreto Legislativo 31 Luglio 2020 n. 101.

Azione 3.3 - Situazione in Italia

Il Decreto Legislativo 31 Luglio 2020 n. 101 ha meglio definito le modalità di applicazione della normativa di radioprotezione in analogia a quella relativa alla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81): la modifica dell’articolo 180 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81 (di cui all’articolo 244 del Decreto Legislativo 31 Luglio 2020 n. 101), definendo in modo più chiaro il legame tra le due norme e la loro applicazione coordinata. In quest’ottica, è chiara la richiesta di inserire le valutazioni inerenti l’esposizione al radon nei luoghi di lavoro e le successive decisioni nel documento di valutazione dei rischi di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81.

La necessità di predisporre di un piano formativo per i diversi soggetti (datore di lavoro, Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione - RSPP, Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza - RLS, lavoratore) è evidenziata dal Decreto Legislativo 31 Luglio 2020 n. 101nell’Allegato III, punto 10, ed è importante che tale piano formativo sia coerente con quanto previsto dagli articoli 32, 34 e 37 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81. Riguardo quest’ultimo aspetto, gli accordi approvati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano del 2011 e del 2012, definiscono i requisiti dei corsi e dei soggetti erogatori, le modalità di erogazione della formazione e la tempistica di aggiornamento. I moduli formativi sul radon da adottare nell’ambito della trattazione degli agenti fisici devono considerare quanto previsto dai suddetti accordi, allo scopo di garantire un approccio uniforme alla formazione delle diverse figure.

Inoltre, è previsto che i docenti dei corsi di formazione e di aggiornamento soddisfino i requisiti di cui decreto interministeriale del 6 marzo 2013, relativo ai “criteri di qualificazione della figura del formatore per la salute e sicurezza del lavoro”.

Azione 3.3 - Obiettivo

Predisporre opportuni moduli formativi per i diversi soggetti coinvolti, al fine di accrescere le conoscenze e la consapevolezza dei rischi per la salute derivanti dall’esposizione al radon indoor e definire una maggiore partecipazione attiva. Particolare attenzione va posta alla formazione di coloro che sono impiegati nelle attività lavorative che rientrano nel campo di applicazione della norma.

[...] Segue in allegato

Piano nazionale d'azione radon 2023-2032

DPCM 11 gennaio 2024

Il Piano nazionale Radon 2002

Vedi Documento


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segue in allegato

Matrice revisioni

Rev. Data Oggetto Autore
2.0 22.02.2024 DPCM 11 gennaio 2024 / Piano nazionale d'azione
per il radon 2023-2032
Certifico Srl
1.0 05.01.2023 D.Lgs. 25 novembre 2022 n. 203 Certifico Srl
0.0 26.06.2022 --- Certifico Srl

Collegati

SCIA antincendio

ID 17370 | | Visite: 5464 | Prevenzione Incendi

SCIA Antincendio Rev 2024

SCIA antincendio (rif. art. 4 D.P.R. 151/2011 - art. 4 D.M. 7/8/2012) / Update Febb. 2024

ID 17370 | Update Rev. 1.0 del 25.02.2024 / Documento completo in allegato

Il Documento illustra la "Procedura generale della SCIA antincendio" per l'esercizio delle attività soggette, con riferimenti normativi e modulistica (rif. art. 4 D.P.R. 151/2011 - art. 4 D.M. 7/8/2012).

A lavori ultimati deve essere presentata al Comando, prima dell'esercizio dell'attività, la SCIA (segnalazione certificata di inizio attività), corredata dalla documentazione prevista, allegando la documentazione tecnica composta da certificazioni e dichiarazioni atte a comprovare la conformità delle opere realizzate, dei materiali impiegati e degli impianti installati, alla normativa vigente.

La SCIA deve essere redatta secondo il mod. PIN 2 2023 e va presentata al Comando prima dell'esercizio dell'attività, allegando la seguente documentazione:

- asseverazione attestante la conformità dell'attività alle prescrizioni vigenti in materia di sicurezza antincendio nonché, per le attività di categoria B e C, al progetto approvato dal Comando, mod. PIN 2.1 2018;
- documentazione conforme all'allegato II al D.M. 7/8/2012 per le attività di cat. B/C;
- documentazione conforme all'allegato I b) al D.M. 7/8/2012 per le attività di cat. A;
- attestato del versamento a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.

Update Rev. 1.0 del 25.02.2024

Nuovi moduli in vigore dal 1° marzo 2023:
- PIN 2-2023 S.C.I.A.: Segnalazione Certificata di Inizio Attività
- PIN 2.2-2023 - Cert. REI: Certificazione di resistenza al fuoco

Nuovo modulo in vigore dal 3 luglio 2023 - solo per attività PNRR, PNC, ZES - modulistica a carattere temporaneo:
- PIN 2-2023 S.C.I.A PNRR (Segnalazione Certificata di Inizio Attività)

Allegati

Alla SCIA deve essere allegata l’asseverazione ai fini della sicurezza antincendio di cui all’art. 4 del D.M. 7 agosto 2012, comprensiva degli altri allegati, ove previsti.

Asseverazione a firma digitale di tecnico abilitato, in formato CADES, redatta secondo il mod. PIN 2.1 2018
Certificazione di resistenza al fuoco con esclusione delle porte e degli elementi di chiusura redatta secondo il mod. PIN 2.2 2023 Cert. REI a firma digitale di professionista antincendio in formato CADES.
Dichiarazione sui prodotti impiegati ai fini della reazione e della resistenza al fuoco e i dispositivi di apertura delle porte redatta secondo il mod. PIN 2.3 2018 Dich. Prod a firma di professionista antincendio in formato CADES.
Dichiarazione corretta installazione e funzionamento non ricadente nel campo di applicazione del D.M. 22 gennaio 2008, n. 37 a firma dell’installatore redatta secondo il mod. PIN 2.4 2018 Dich. Imp.
Certificazione di rispondenza e di corretto funzionamento dell’impianto a firma digitale in formato CADES di professionista antincendio redatta secondo il mod. PIN 2.5 2018 Cert. Imp.
Dichiarazione di non aggravio di rischio a firma di tecnico abilitato è redatta secondo il mod. PIN 2.6 2018 Non aggravio (art. 4 comma 7 del D.M. 07.08.2012).

SCIA con approccio ingegneristico

Nel caso di utilizzo dell'approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio, la SCIA deve comprendere anche una dichiarazione del responsabile dell’attività sull’attuazione del programma relativo al sistema di gestione della sicurezza antincendio (SGSA).

Modifiche dell’attività con “non aggravio di rischio” - presentazione di nuova SCIA

In caso di modifiche che non comportano aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio (modifiche tali da richiedere la presentazione di nuovo esame progetto ai sensi dell’art. 3 co. 1 del D.P.R. n. 151/2011), si può presentare direttamente una nuova SCIA, senza necessità di un nuovo “esame progetto” ai sensi dell’art. 4 co. 6 del D.P.R. n. 151/2011, e ricomprese nell’Allegato IV del D.M. 7/8/2012:

- Modifiche di lavorazione o di strutture;
- Nuova destinazione dei locali;
- Variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose;
- Modifiche in genere delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.

Adempimenti del comando

Il Comando verifica la completezza formale dell'istanza, documentazione e allegati e rilascia ricevuta in caso di esito positivo. La ricevuta di avvenuta presentazione della SCIA al Comando provinciale, direttamente o attraverso il SUAP, costituisce titolo abilitativo all’esercizio dell’attività ai soli fini antincendio.

Il Comandi provinciali dovrebbero rilasciare la ricevuta, verificata la completezza formale, contestualmente alla presentazione della SCIA.

SCIA - categoria C

Il Comando, entro 60 giorni (qualora non si tratti di sopralluoghi da effettuare nell’ambito di organi collegiali come ad es. Commissioni di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo), effettua il sopralluogo (visita tecnica) al fine di accertare il rispetto delle prescrizioni previste e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio.

Entro 15 giorni dall’effettuazione del sopralluogo, in caso di esito positivo, il Comando invia, di norma solamente all’interessato l’“Attestazione di rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio - Certificato di prevenzione incendi”.

Si fa presente che, con il nuovo regolamento, il c.d. “certificato di prevenzione incendi” non è più un provvedimento finale di un procedimento amministrativo, ma costituisce solo il risultato del controllo effettuato e non ha validità temporale. In particolare assume la valenza di “attestato del rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e della sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio”.

SCIA - categorie A/B

Il Comando, entro 60 giorni, effettua controlli a campione su attività in cat. A/B, ai sensi dell’art. 4, co. 2 del D.P.R. 151/2011, secondo direttive ministeriali che stabiliscono anche il numero minimo di controlli da effettuare (8% negli ultimi anni).

Come indicato con nota DCPREV prot. n. 2037 del 18/2/2016, i controlli disposti ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 139/2006 e riguardanti le attività in cat. A e B possono essere ritenuti validi anche ai fini delle verifiche a campione nel caso in cui gli stessi siano effettuati entro 60 giorni dalla presentazione della S.C.I.A.

Verbale di visita tecnica

A seguito del controllo è redatto il verbale di visita tecnica.

Il Comando, per uniformità, potrà prevedere di redigere tale verbale, oltre che per attività in cat. A/B, anche per quelle in cat. C.

Di norma, solo a richiesta dell'interessato, in caso di esito positivo, è rilasciata copia del verbale di visita tecnica per att. di cat. A/B, che comunque viene sempre redatto. Tale richiesta può essere formulata contestualmente anche in sede di sopralluogo e a tal fine sul modello è possibile barrare l’apposita opzione con cui l’interessato formula richiesta di copia del verbale di visita tecnica.

La presentazione della SCIA non presuppone l’avvio di un procedimento, trattandosi di comunicazione non contenente istanze e pertanto il Comando non effettua alcuna comunicazione di avvio del procedimento. Il richiedente è in possesso di ricevuta di avvenuta presentazione quale titolo abilitativo all’esercizio dell’attività ai fini antincendio.

Per cat. A/B, fermo restando il rispetto del minimo stabilito da disposizioni ministeriali, le attività dovrebbero essere sottoposte a visita tecnica da parte del Comando, secondo le indicazioni ministeriali, compatibilmente con la possibilità di espletamento entro 60 giorni.

L’incaricato, effettuato il sopralluogo, redige il verbale di visita tecnica che potrà essere rilasciato all’interessato solo su richiesta.

SCIA - esito negativo

Per tutte le "attività soggette" (cat. A/B/C), in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per l'esercizio delle attività, il Comando può agire secondo 2 possibilità:

- Adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi;
- Ove possibile fissa un termine fino a 45 giorni per conformare l’attività alla normativa antincendio, che rappresenta di norma la procedura più utilizzata presso i Comandi Provinciali.

Il Comando a seguito di visita tecnica, comunica che è stata riscontrata la mancanza di requisiti di sicurezza antincendio per i quali sono impartite prescrizioni.

Il responsabile dell’attività è invitato all’adempimento entro il termine di 45 giorni decorsi i quali è effettuata una nuova visita tecnica per accertare il rispetto delle prescrizioni impartite.

Per consentire la prosecuzione dell’attività nelle more dell’adeguamento, di norma potrà essere prescritto di adottare eventuali specifiche misure (es. immediata rimozione di eventuali pericoli, restrizioni operative, eventuali ulteriori obblighi gestionali, ecc.).

Decorsi i 45 giorni senza alcun riscontro, l’esercizio dell’attività è da considerarsi non regolare dal punto di vista antincendio.

In tal caso, ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. n. 151/2011, il responsabile dell’attività è diffidato a regolarizzare quanto prima l’attività e, in caso di luogo di lavoro, potrà essere richiamato quanto comunicato nell’ambito della procedura sanzionatoria prevista dal D.Lgs. n. 758/1994 che avrà il suo specifico iter come previsto.

La nota, ai sensi degli artt. 16 co. 5 e 19 co. 3 del D.Lgs. n. 139/2006 è inviata alla Prefettura e al Comune ai fini dell’adozione dei rispettivi provvedimenti di competenza.

Ipotesi di reato per omessa presentazione di SCIA o di attestazione di rinnovo

Con la revisione del D.Lgs. n. 139/2011 operata dal D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 97, in particolare dell’art. 20 (Sanzioni penali e sospensione dell'attività) è stato chiarito che l’omessa presentazione della SCIA o della “richiesta di rinnovo periodico della conformità antin­cendio” per tutte le attività soggette a controllo VVF (attività di cat. A, B e C del D.P.R. n. 151/2011) è punita con l’arresto sino ad un anno o con l’am­menda da 258 a 2.582 euro.

Sono state in tal modo superate quelle controversie che avevano generato interpretazioni anche molto diverse a livello locale tra i vari Comandi dei Vigili del Fuoco e Procure della Repubblica, con l’emanazione di pareri o addirittura sentenze molto contrastanti fra loro.

Si fa presente inoltre che, relativamente alla mancata attestazione di rinnovo (per i “luoghi di lavoro”) di cui all’Art. 20 co. 1 del D.Lgs. 139/2006, punita con l'arresto sino ad un anno o con l'ammenda da € 258 a € 2.582, si può ritenere non applicabile la procedura del D.Lgs. n. 758/1994 per i reati in materia di salute e sicurezza nei luoghi sul lavoro.

Pertanto anche per i luoghi di lavoro, si ritiene che possa applicarsi, per questi casi, la comunicazione di reato al Pubblico Ministero in base al disposto dell'art. 347 c.p.p. senza avviare la procedura di cui al D.Lgs n. 758/94.

Diversamente, la mancata presentazione della valutazione del progetto o della SCIA, per attività che sono anche luoghi di lavoro, costituisce espressa violazione dell’art.64 del D.Lgs. 81/2008 (che rimanda, in primis, all’art.63, il quale rimanda all’Allegato IV, che al punto 4 richiama l’obbligo della valutazione dei progetti e della presentazione della SCIA prima dell’inizio delle attività).

Precedenti controversie in merito all’omessa presentazione di SCIA o di attestazione di rinnovo.

L’Art. 20 co. 1 del D.Lgs. 139/06 prevedeva che chiunque, in qualità di titolare di una delle attività soggette al rilascio del CPI, ometteva di richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato medesimo era punito con l'arresto sino ad un anno o con l'ammenda da € 258 a € 2.582, nel caso di attività che comportano la detenzione e l'impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui derivano in caso di incendio gravi pericoli per l'incolumità della vita e dei beni, come individuate dal D.P.R. n. 151/2011.

Secondo l’interpretazione fornita con lett. circ. n. 13061 del 6 ottobre 2011 “Le sanzioni penali previste per l’omessa richiesta del rilascio o rinnovo del CPI di cui all’art. 20 del D.Lgs. 139/06, trovano ora applicazione a tutte le attività individuate nell’allegato I in caso di mancata presentazione di SCIA.” In tal modo la mancata presentazione della SCIA era stata equiparata all’omessa richiesta di rilascio o rinnovo del C.P.I., con la precisazione che tali sanzioni penali si dovessero applicare a tutte le “attività soggette” del D.P.R. n. 151/2011 (cat. A/B/C).

Secondo alcune interpretazioni e sentenze emesse localmente, l’omessa presentazione della SCIA (e l’omessa attestazione di rinnovo) non assumeva rilevanza penale poiché la stessa non rappresentava un atto amministrativo rilasciato, a richiesta dell’interessato, a seguito di controlli e verifiche della P.A. La SCIA non deve essere richiesta, quindi, né rilasciata né rinnovata. Per questo l’art. 20 del D.Lgs. n. 139/2011 che punisce chiunque ometta di richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato, non può essere riferito per analogia anche all’omessa presentazione della SCIA.

Quindi la materia, a seguito dell’introduzione della SCIA operata dal D.P.R. n. 151/2011, risultava evidentemente molto controversa ed era stata oggetto di interpretazioni anche molto diverse con l’emanazione di pareri o sentenze contrastanti fra loro.

Tali differenze interpretative sono state superate con la revisione del D.Lgs. n. 139/2011 operata dal D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 97.

Attestazione di fatti non rispondenti al vero nelle certificazioni e dichiarazioni ai fini della SCIA o rinnovo

Le pene previste in tal caso dall’art. 20 co. 2 del D.Lgs. n. 139/06 in caso di attestazione di fatti non rispondenti al vero, sono rappresentate dalla reclusione e multa. Si tratta pertanto di “delitto”, reato più grave di quelli contravvenzionali (puniti con arresto o ammenda) che contraddistinguono in genere le inadempienze in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Sospensione dell'attività e inadempimento di prescrizioni

L’art. 20 co. 3 del D.Lgs. 139/2006, prevede che il Prefetto possa disporre la sospensione dell'attività nelle ipotesi di omessa richiesta di rilascio o rinnovo del CPI.

L’art. 19 co. 3 del D.Lgs. 139/2006, prevede, in caso di inadempienze, che i Comandi adottino provvedimenti di urgenza per la messa in sicurezza delle opere e comunichino al Sindaco e al Prefetto l’esito dei controlli di prevenzione incendi.

In talune specifiche circostanze il Prefetto potrà essere chiamato anche all’adozione di provvedimenti di sospensione dell’attività.

È da precisare comunque che il potere di sospensione del Prefetto non è vincolato ma ampiamente discrezionale, al fine di consentire, di volta in volta, l’adeguata valutazione di tutti gli interessi pubblici coinvolti.

Come è stato semplificato l’aspetto “autorizzatorio”

 

Vecchio Regolamento

Nuovo Regolamento

Presentazione

Il cittadino chiede il rilascio del CPI e presenta la DIA che costituisce autorizzazione provvisoria all'esercizio dell’attività, in attesa del sopralluogo VVF.

Il cittadino presenta la SCIA che costituisce autorizzazione definitiva all'esercizio dell’attività.

Sopralluogo VVF

I VVF eseguono sempre il sopralluogo e rilasciano il CPI che costituisce autorizzazione definitiva all'esercizio dell’attività.

I VVF eseguono eventuale sopralluogo (obbligatorio solo per cat. C) e redigono verbale di visita tecnica. Per cat. C tale verbale è detto “CPI”, e viene inviato al cittadino.

Come sono cambiati i due procedimenti principali

 

Vecchio Regolamento

Nuovo Regolamento

 

Termini

Attività

Termini

Attività

Esami progetto

45 giorni(*)

tutte

60 giorni

Cat. B/C

Sopralluoghi

90 giorni(**)

tutte

60 giorni

Cat. C

Cat. A/B a campione

(*) In caso di situazioni complesse il termine poteva essere prorogato al 90° giorno previa comunicazione.
(**) Il termine poteva essere prorogato, per una sola volta, di 45 giorni, con motivata comunicazione.
...

SCIA VVF / SCIA amministrativa

La segnalazione certificata di inizio attività (SCIA VVF) non è la SCIA segnalazione certificata di inizio attività "amministrativa" che ha sostituito, in molti casi, la denuncia di inizio attività in edilizia.

L'articolo 49, comma 4-bis del Decreto Legge 31 maggio 2010 n.78, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 luglio 2010, n.122 ha introdotto la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) che sostituisce integralmente la disciplina della Dichiarazione di Inizio Attività (DIA). Con la SCIA è possibile iniziare l'attività immediatamente e senza necessità di attendere la scadenza di alcun termine.

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segue in allegato

Collegati

Salute e sicurezza sul lavoro - Informativa del Ministro al CdM

ID 21411 | | Visite: 569 | News Sicurezza

Salute e sicurezza sul lavoro   Informativa del Ministro al CdM n  70 del 21 febbraio 2024

Salute e sicurezza sul lavoro - Informativa del Ministro al CdM n. 70 del 21 febbraio 2024

ID 21411 | 23.02.2024

Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Marina Calderone ha svolto oggi una informativa al Consiglio dei Ministri in merito alla salute e alla sicurezza nei luoghi di lavoro, soffermandosi sull’attività ispettiva effettuata nel corso del 2023, il recente incremento della consistenza delle forze ispettive e il provvedimento organico per il potenziamento delle tutele in materia previsto all’ordine del giorno del prossimo Consiglio dei Ministri. 

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderone, ha svolto una informativa al Consiglio dei ministri in merito alla salute e alla sicurezza nei luoghi di lavoro, alla quale ha fatto seguito un ampio e proficuo confronto.

Il Ministro ha illustrato le informazioni attualmente disponibili in merito al grave incidente accaduto a Firenze il 16 febbraio scorso, sottolineando che per l’accertamento dei fatti è ancora al lavoro la polizia giudiziaria.

Inoltre, il Ministro ha informato il Consiglio sull’attività ispettiva effettuata nel corso del 2023 mettendo in evidenza le criticità emerse, soprattutto nell’ambito delle aziende edili:

- su un totale di 92.658 accessi, 20.755 sono inerenti alla vigilanza in materia di salute e sicurezza, con un incremento di 3.720 ispezioni rispetto all’anno precedente;
- per quanto riguarda gli accessi ispettivi in edilizia, il livello di irregolarità registrato è stato pari al 76,48%, con un tasso di irregolarità media che supera l’85,2% nel caso di aziende impegnate in lavori collegati al superbonus 110%;
- secondo l’ultimo rapporto Inail, le denunce di infortunio sul lavoro presentate tra gennaio e dicembre sono state 585.356 (-16,1% rispetto al 2022), 1.041 delle quali con esito mortale (-4,5%).

Il Ministro ha evidenziato il recente incremento della consistenza delle forze ispettive: il personale a disposizione dell’Ispettorato nazionale del lavoro è oggi pari a 3.198 ispettori civili, dei quali 846 tecnici, a cui si aggiunge il personale ispettivo del Nucleo carabinieri, dell’Inps e dell’Inail. Con l’attuale organico, nel 2024 sarà possibile sviluppare un’attività investigativa specifica maggiore del 40% rispetto al 2023. Inoltre, viste le risultanze in ordine all’altissima incidenza di irregolarità nel campo della salute e della sicurezza sul lavoro, saranno sbloccate le assunzioni per incrementare il contingente degli ispettori del lavoro, del nucleo ispettivo Carabinieri e del personale ispettivo di Inps e Inail.

Infine, all’ordine del giorno del prossimo Consiglio dei ministri sarà inserito un provvedimento organico per il potenziamento della tutela in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, il coordinamento e il rafforzamento delle attività ispettive e del sistema sanzionatorio, anche in relazione al subappalto e alla somministrazione illecita e fraudolenta, oltre alla qualificazione delle imprese, alla formazione del datore di lavoro e dei lavoratori e alla salvaguardia delle imprese regolari.

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Fonte: MLPS

Testo coordinato DPR 151/2011 e DM 07/08/2012

ID 13063 | | Visite: 7590 | Prevenzione Incendi

Testo coordinato DPR 1 agosto 2011 n  151 e DM 7 agosto 2012

Testo coordinato DPR 1 agosto 2011 n. 151 e DM 7 agosto 2012 / Gennaio 2024

ID 13063 | VVF, Gennaio 2024

Testo coordinato del:

DPR 1 agosto 2011 n. 151 Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell’articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
DM 7 agosto 2012 Disposizioni relative alle modalità di presentazione delle istanze concernenti i procedimenti di prevenzione incendi e alla documentazione da allegare, ai sensi dell’articolo 2, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.
_________

INDICE
Procedure generali di Prevenzione incendi - Stato normativo 
DPR 1 agosto 2011 n. 151
Note al DPR 01/08/2011, n. 151
DM 02 marzo 2012 (Tariffe dei servizi a pagamento - Stralcio)
DM 7 agosto 2012
Note al DM 07/08/2012

Collegati

DPCM 11 gennaio 2024

ID 21399 | | Visite: 2129 | Legislazione Sicurezza

DPCM 11 gennaio 2024

DPCM 11 gennaio 2024 / Piano nazionale d'azione radon 2023-2032

ID 21399 | 21.02.2024 / In allegato

DPCM 11 gennaio 2024 Adozione del piano nazionale d'azione per il radon 2023-2032.

(GU n.43 del 21.02.2024 - SO n. 10)

_________

Art. 1. Oggetto

1. Ai sensi dell’art. 10, comma 1, del decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, è adottato il Piano nazionale d’azione per il radon di cui all’allegato A, che costituisce parte integrante del presente decreto.

2. Il piano individua quanto previsto dall’art. 10, comma 2, del decreto legislativo n. 101 del 2020 e dall’allegato III allo stesso decreto legislativo.

Art. 2. Disposizioni finali e clausola di invarianza finanziaria

1. Il Piano nazionale d’azione per il radon di cui al presente decreto è aggiornato con cadenza almeno decennale.

2. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

3. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali, finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Il presente decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e notificato alla Commissione europea ai sensi dell’art. 33 del trattato Euratom.

...

D.lgs 101/2020

Art. 10 Piano nazionale d'azione per il radon (direttiva 59/2013/EURATOM, articolo 103 e allegato XVIII)

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali e delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentito l'ISIN e l'Istituto superiore di sanita' (ISS), e' adottato il Piano nazionale d'azione per il radon, concernente i rischi di lungo termine dovuti all'esposizione al radon.

2. Il Piano si basa sul principio di ottimizzazione di cui all'articolo 1, comma 3, del presente decreto e individua conformemente a quanto previsto all'allegato III:

a) le strategie, i criteri e le modalita' di intervento per prevenire e ridurre i rischi di lungo termine dovuti all'esposizione al radon nelle abitazioni, negli edifici pubblici e nei luoghi di lavoro, anche di nuova costruzione, per qualsiasi fonte di radon, sia essa il suolo, i materiali da costruzione o l'acqua;
b) i criteri per la classificazione delle zone in cui si prevede che la concentrazione di radon come media annua superi il livello di riferimento nazionale in un numero significativo di edifici;
c) le regole tecniche e i criteri di realizzazione di misure per prevenire l'ingresso del radon negli edifici di nuova costruzione nonche' degli interventi di ristrutturazione su edifici esistenti che coinvolgono l'attacco a terra, inclusi quelli di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), c) e d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;
d) gli indicatori di efficacia delle azioni pianificate.

3. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del Piano nazionale d'azione per il radon, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, adeguano i rispettivi ordinamenti alle indicazioni del Piano.

4. Il Piano di cui al comma 1 e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed e' aggiornato con cadenza almeno decennale

________

Ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, il Piano nazionale d’azione per il radon deve essere adottato con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il Piano, in conformità con le disposizioni normative nazionali e comunitarie contiene gli obiettivi per affrontare i rischi a lungo termine dell’esposizione al radon nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni. Esso descrive la linea d’azione nazionale e fornisce agli esperti e ai cittadini interessati informazioni sulla strategia italiana per ridurre l’esposizione della popolazione al radon.

Il radon è un gas nobile radioattivo naturale. È invisibile, inodore, incolore e insapore ed è un prodotto intermedio del decadimento di elementi radioattivi che si trovano nel suolo, nell’acqua e nei materiali da costruzione. Poiché è un gas, il radon può facilmente uscire e accumularsi nell’aria, all’aperto si diluisce e si disperde, ma all’interno, in ambienti chiusi, si concentra soprattutto quando la ventilazione degli edifici non è sufficiente. Il maggior contributo alla concentrazione di radon indoor proviene dal suolo, dal quale penetra all’interno degli edifici. Se inalato, i suoi prodotti di decadimento possono accumularsi sulle cellule dell’epitelio bronchiale e possono dare origine a processi di cancerogenesi. Il radon è stato classificato, infatti, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel Gruppo 1 delle sostanze cancerogene per le quali vi è la massima evidenza di cancerogenicità.

La concentrazione di attività del radon nell'aria è misurata in Becquerel per metro cubo (Bq/m3), che corrisponde a un decadimento radioattivo al secondo in un metro cubo d'aria. Studi scientifici hanno dimostrato che esiste una correlazione statistica tra la concentrazione di radon in aria e il rischio di tumore ai polmoni e che questo rischio aumenta di circa il 16% per ogni 100 Bq/m3 di incremento di concentrazione media di radon, rispetto al rischio medio statistico di tumore al polmone. Se poi si è sottoposti ad altri fattori cancerogeni, quali ad esempio il fumo di sigaretta, il rischio aggiuntivo aumenta ulteriormente. In Italia la concentrazione media di radon negli edifici è tra i 70 e i 75 Bq/m3 (Indagine nazionale del 1989-1994).

In recepimento della direttiva 2013/59/Euratom è stato emanato il decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, successivamente modificato, da ultimo con il decreto legislativo correttivo e integrativo 25 novembre 2022 n. 203. Oltre a una revisione ed estensione delle disposizioni sulla protezione dal radon nei luoghi di lavoro il decreto contiene, per la prima volta, indicazioni sulla protezione dal radon nelle abitazioni.

Il decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 definisce il livello di riferimento come quel valore di dose efficace o di dose equivalente o di concentrazione di attività al di sopra del quale non è appropriato consentire le esposizioni, e stabilisce i valori di riferimento di concentrazione media di attività di radon in aria sia per i luoghi di lavoro sia per le abitazioni, distinguendo le abitazioni in esistenti e di nuova costruzione, cioè costruite dopo il 31 dicembre 2024. Inoltre, secondo il principio di ottimizzazione, si deve cercare di mantenere l’esposizione al livello più basso ragionevolmente realizzabile, anche al di sotto del livello di riferimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso, delle conoscenze tecniche e dei fattori economici e sociali.

Il Piano nazionale d’azione per il radon agisce su tre macro aree strategiche, declinate in azioni, a loro volta articolate in attività.

Le azioni indicate dal Piano mirano a ridurre il numero dei casi di tumore polmonare causati dall’esposizione al radon e ai suoi prodotti di decadimento. Per raggiungere questo obiettivo, devono essere individuati luoghi di lavoro e abitazioni con elevata concentrazione di radon e devono essere adottate misure per prevenire e ridurre la concentrazione di radon indoor.

L’articolo 11 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 stabilisce che le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano individuino le zone, dette “aree prioritarie” in cui il livello di riferimento di 300 Bq/m3 è superato nel 15% di edifici e all’interno delle quali si definiscono le priorità d’intervento. Il Piano fornisce elementi per l’individuazione delle aree uniformando strategie e metodologie per le campagne di misurazione sul territorio nazionale e fornendo una mappatura della radioattività naturale potenziale del territorio nazionale su base geologica.

Ricerca, sviluppo, educazione, formazione e informazione sono promossi affinché possa essere garantita la migliore protezione possibile dal radon. Per ridurre la concentrazione media di radon indoor in Italia la popolazione deve essere informata dei rischi dovuti all’esposizione al radon, questo favorirà le misurazioni volontarie e l’implementazione di interventi di risanamento, quando necessari.

La protezione dal radon deve essere considerata come una necessaria garanzia di qualità nel caso di nuovi progetti di costruzione, per questo sono stabilite regole sull’edilizia e sui materiali da costruzione per i nuovi edifici e per le abitazioni e i luoghi di lavoro esistenti.

Il Piano prende in considerazione una riduzione diffusa della concentrazione di radon negli edifici con concentrazione superiore ai 200 Bq/m3, dando la priorità a quelli che superano i 300 Bq/m3, ma agendo anche su concentrazioni minori.

L’allegato III del Decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 contiene gli elementi che il Piano deve prendere in considerazione. Tra questi vi sono le problematiche di associazione della protezione dal radon ai corrispondenti programmi di intervento, inclusi quelli sulla prevenzione del fumo, sul risparmio energetico e sulla qualità dell’aria negli ambienti chiusi. Per quanto riguarda il risparmio o efficientamento energetico, sono disponibili vari incentivi economici che hanno recentemente dato un notevole impulso agli interventi sugli edifici. Come è dimostrato da numerosi studi, tali interventi possono produrre un aumento della concentrazione di radon indoor specialmente se realizzati con modalità che non tengono conto del loro impatto sulla concentrazione di radon e se non vengono contemporaneamente abbinati interventi di risanamento da radon. Questo può rappresentare un problema rilevante per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell’esposizione al radon e dei casi di tumore polmonare associati. Gli interventi riguardanti l’efficientamento energetico degli edifici devono quindi tenere conto del radon affinché nell’ambito del medesimo intervento edilizio si abbia un risanamento dal punto di vista sia energetico sia del radon. Va assolutamente evitato che un intervento di risparmio energetico causi un peggioramento della esposizione al radon.

La realizzazione del Piano è monitorata dall’Osservatorio nazionale radon, organismo al quale partecipano le amministrazioni competenti in materia, e che verifica e restituisce i risultati delle iniziative assunte in attuazione del Piano stesso. Ha funzione di garante per i cittadini e per gli amministratori e assicura la diffusione delle informazioni concernenti lo stato di attuazione delle azioni del Piano. Attraverso la promozione di esempi virtuosi e di situazioni territoriali di eccellenza cura l’avanzamento progressivo e uniforme delle misure programmate. L’Osservatorio inoltre valuta la possibilità di una revisione dei criteri di individuazione delle aree prioritarie e dei livelli di riferimento, facendo delle proposte alle amministrazioni competenti. Il Piano è aggiornato con una cadenza almeno decennale, fatta salva la possibilità di ridurre la durata sulla base delle valutazioni dell’Osservatorio.

Nelle previsioni normative di adozione del Piano nazionale d’azione per il radon, il legislatore ha individuato uno strumento concertato e concordato dalle amministrazioni centrali e dalle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, con il supporto tecnico-scientifico dell’ISIN e dell’ISS. Il rispetto di questa volontà determinerà il successo del Piano che sarà possibile grazie al contributo di tutte le amministrazioni ed enti tecnici coinvolti, centrali e territoriali, e al corretto e sinergico coinvolgimento della popolazione.

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Sommario

PREMESSA

1 ASPETTI GENERALI

1.1 Il radon
Elemento radon
Meccanismo d’azione
Provenienza del radon
Ingresso del radon negli edifici
Fattori di rischio

1.2 Situazione sanitaria e radon in Italia
Indagine nazionale
Piano nazionale del 2002
Stima dell’impatto sanitario in Italia
Attività svolte dalle Regioni e Province autonome

1.3 Quadro normativo
Disposizioni della comunità europea
Evoluzione normativa nazionale
Decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101
Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025
Leggi regionali

2 OBIETTIVI E STRUTTURA DEL PIANO

2.1 Lavori di preparazione
Lavori propedeutici
Gruppo di lavoro tecnico

2.2 Obiettivi
Finalità generali
Obiettivi specifici
Costi e fonti di finanziamento

2.3 Struttura del Piano
Schema funzionale della struttura
Partecipazione delle Regioni e Province autonome e delle ARPA/APPA
Schema sinottico

3 ASSI E AZIONI DEL PIANO

3.1 Asse 1. Misurare: individuazione delle situazioni di maggiore esposizione
Azione 1.1 Metodologie e strategie per lo svolgimento di campagne di misurazione del radon indoor
Azione 1.2 Indicazioni e criteri per la caratterizzazione del territorio su base geologica
Azione 1.3 Individuazione delle tipologie di luoghi di lavoro, di attività lavorative e di edifici con accesso del pubblico a maggior rischio
Azione 1.4 Registrazione dei dati sulla concentrazione di radon
Azione 1.5 Protocolli per la misurazione della concentrazione di radon indoor e la stima dell’esposizione integrata
Azione 1.6 Indicazioni riguardanti i livelli prestazionali e le modalità operative e gestionali dei servizi di dosimetria radon
Azione 1.7 Criteri per l’individuazione delle aree prioritarie

3.2 Asse 2. Intervenire: strumenti per la prevenzione e riduzione della concentrazione di radon indoor
Azione 2.1. Indicazioni riguardanti gli interventi di risanamento
Azione 2.2 Indicazioni per prevenire e ridurre l'ingresso del radon nel caso di nuove costruzioni e di ristrutturazioni
Azione 2.3. Identificazione di materiali da costruzione con maggiore esalazione di radon
Azione 2.4 Indicazioni riguardanti la formazione e la qualificazione degli esperti in interventi di risanamento radon
Azione 2.5 Indicazione dei dati sugli interventi di risanamento
Azione 2.6. Connessione con programmi di prevenzione del fumo
Azione 2.7 Connessioni con programmi di qualità dell’aria indoor ed efficientamento energetico

3.3 Asse 3. Coinvolgere: informazione, educazione, formazione e divulgazione
Azione 3.1. Osservatorio nazionale radon
Azione 3.2. Strategie di comunicazione e promozione di campagne informative
Azione 3.3. Sviluppo di un piano formativo rivolto ai lavoratori e alle figure professionali di sicurezza che operano in ambito pubblico e privato
Azione 3.4 Educazione
Azione 3.5. Partecipazione
Azione 3.6 Citizen science: una strategia per la riduzione dell’esposizione al radon nelle abitazioni

4 APPENDICI

4.1 Appendice all’Azione 1.1
Parte 1 - Linee guida per la realizzazione di indagini volte all’individuazione delle aree prioritarie
Parte 2 - Linee guida per l'individuazione, all’interno delle aree prioritarie, delle abitazioni con concentrazioni di radon superiori al livello di riferimento
Questionario
4.2 Appendice all’Azione 1.2
4.3 Appendice all’Azione 1.3
4.4 Appendice alle Azioni 2.1 e 2.2
4.5 Appendice all’Azione 2.4

5 ACRONIMI E RIFERIMENTI

5.1 Acronimi
5.2 Riferimenti bibliografici e sitografici

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Guida Sicurezza Industria del Cavallo

ID 21394 | | Visite: 467 | Documenti Sicurezza

Guida Sicurezza Industria Cavallo

Guida Sicurezza Industria del cavallo

ID 21394 | 20.02.2024 / In allegato

Guida non vincolante alle migliori prassi per l’applicazione delle norme in materia di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori nell’industria del cavallo di Luigi Aversa.

All'interno introduzione sull'industria equestre, informazioni sulle pratiche di primo soccorso, sulla segnalazione di sicurezza e la valutazione dei rischi nonché sulla manutenzione delle strutture e sulle procedure con il cavallo.

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Fonte: CIIP

Guida valutazione e gestione del rischio elettrico - INAIL 2019

ID 21388 | | Visite: 1346 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Guida valutazione e gestione del rischio elettrico INAIL 2019

Guida valutazione e gestione del rischio elettrico / Quadro generale legislazione - INAIL 2019

ID 21388 | 19.02.2024 / In allegato

A. Guida alla valutazione e gestione del rischio elettrico
B. Il quadro generale della legislazione per la protezione dal rischio elettrico
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A. Guida alla valutazione e gestione del rischio elettrico

Il processo di valutazione e gestione del rischio elettrico derivante dall’applicazione congiunta del d.lgs. 81/08 e degli altri testi di legge in vigore (v. documento “Il quadro generale della legislazione per la protezione dal rischio elettrico” allegato B) consente di ridurre tale rischio ad un livello accettabile, in conformità a quanto previsto dalle stesse leggi. 

Nelle attività ordinarie, nelle quali i lavoratori sono considerati utenti generici degli impianti, delle apparecchiature e dei componenti elettrici messi loro a disposizione, il datore di lavoro dovrà compiere tutte le azioni necessarie a garantire: 

- la realizzazione a regola d’arte di tutto il materiale elettrico reso disponibile, tenuto conto delle caratteristiche del lavoro e delle condizioni ambientali e di esercizio; 
- il corretto utilizzo di tale materiale, volto a prevenire i rischi; 
- l’adeguata manutenzione e i necessari accertamenti periodici finalizzati al mantenimento nel tempo delle condizioni di sicurezza.

La valutazione potrà seguire modalità diverse e fare riferimento a documenti o attestazioni specifici per ciascuna sorgente di rischio: l’impianto elettrico, gli apparecchi utilizzatori, gli organi di collegamento mobile. Essa dovrà considerare, comunque, le condizioni di sicurezza conseguite nella costruzione del componente o nell’installazione dell’impianto, nel loro utilizzo e nel loro mantenimento nel tempo.

Nelle attività specifiche che possono portare i lavoratori ad operare direttamente su parti attive accessibili (in tensione o fuori tensione) di linee o impianti elettrici, o a distanze ravvicinate da esse, la gestione del rischio elettrico richiede anche la formazione specialistica dei lavoratori, l’attribuzione dell’idoneità ad eseguire i lavori sotto tensione (ove necessario), l’adozione di specifiche procedure di lavoro, di idonee attrezzature e dispositivi di protezione collettivi e individuali, secondo quanto previsto dalle leggi e dalle norme tecniche. In ogni caso, dovrà essere effettuata la specifica valutazione del rischio per le scariche atmosferiche e, in caso di necessità, dovranno essere adottate le necessarie misure previste dalle norme tecniche per ridurre tale rischio al di sotto di quello convenzionalmente ritenuto accettabile. 
...

Premessa
1. Le attività ordinarie
1.1. La sicurezza iniziale
1.2. Il corretto utilizzo
1.3. Il mantenimento nel tempo
1.4. Riepilogo adempimenti (per attività ordinarie)

2. Attività svolte su parti attive accessibili di impianti o linee elettriche o a distanza ravvicinata da esse.
...

Bibliografia
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B. Il quadro generale della legislazione per la protezione dal rischio elettrico
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segue in allegato

Fonte INAIL

Vedi Documento

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UNI 11808-X:2021 | Registro di controllo reti di sicurezza (Tipo XS / YS)

ID 13759 | | Visite: 5290 | Documenti Riservati Sicurezza

UNI 11088 X 2011 Registro controllo XS YS

UNI 11808-X:2021 | Registro di controllo reti di sicurezza (Tipo XS e YS)

ID 13759 | 10.06.2021 / Documento di analisi e modello esempio registro di controllo in allegato

Documento di analisi sulle modalità di verifica e ispezione delle reti di sicurezza rientranti nel campo di applicazione delle norme UNI 11808-1:2021 ed UNI 11808-2:2021.

La norma UNI EN 1263-1:2015 identifica quattro tipi di reti di sicurezza:

1) Tipo S: rete di sicurezza con fune sul bordo, la taglia minore deve essere almeno 35m2. Per le reti di sicurezza rettangolari la lunghezza del lato più corto deve essere almeno 5,0 m. (le reti sicurezza di piccole dimensioni (meno di 35 m2 e 5,0 m sul lato più corto) non fanno parte della presente norma e dovrebbero essere determinate da legislazioni nazionali, dove applicabile (UNI 11808-1/2:2021- Prima Edizione tratta Reti XS e YX)

2) Tipo T: rete di sicurezza fissata su staffe per utilizzo orizzontale.

3) Tipo U
: rete di sicurezza fissata ad una intelaiatura di sostegno per utilizzo verticale.

4) Tipo V:
rete di sicurezza con fune sul bordo fissata ad un sostegno di tipo a forca.

Tipo reti

Fig. 1 - Tipi di reti anticaduta

Reti di sicurezza  Norme

Fig. 2 - Tipi di Reti e norme UNI

(*) UNI 1263-1

“Le reti sicurezza di piccole dimensioni (meno di 35 m2 e 5,0 m sul lato più corto) non fanno parte della presente norma e dovrebbero essere determinate da legislazioni nazionali, dove applicabile” (UNI 11808-1/2:2021- Prima Edizione)

UNI EN 1263-1
Attrezzature provvisionali di lavoro - Reti di sicurezza - Parte 1: Requisiti di sicurezza, metodi di prova

La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 1263-1 (edizione dicembre 2014). La norma si applica alle reti di sicurezza ed ai loro accessori utilizzati in lavori di costruzione ed assemblaggio per proteggere dalle cadute dall'alto. Essa specifica i requisiti di sicurezza ed i metodi di prova ed è basata sulle caratteristiche prestazionali delle fibre di polipropene e di poliammide.

Le reti sicurezza di piccole dimensioni (meno di 35 m2 e 5,0 m sul lato piu corto) non fanno parte della presente norma e dovrebbero essere determinate da legislazioni nazionali, dove applicabile.

UNI EN 1263-2:2015
Attrezzature provvisionali di lavoro - Reti di sicurezza - Parte 2: Requisiti di sicurezza per i limiti di posizionamento

La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 1263-2 (edizione dicembre 2014). La norma specifica i requisiti di sicurezza per il posizionamento delle reti di sicurezza in conformità al manuale di istruzioni del fabbricante e alle specifiche di prodotto e per le prove delle reti di sicurezza di sistema S, sistema T, sistema U e sistema V in conformità alla UNI EN 1263-1.

Le piccole reti di sicurezza di sistema S conformi alla UNI EN 1263-1 (minori di 35 m2 e 5,0 m sul lato più corto) non sono trattate dalla norma (UNI 11808-1/2:2021 - ndr).

Il presente documento tratta delle reti di Tipo XS e YS le cui norme di riferimento sono:

- UNI 11808-1:2021 “Attrezzature provvisionali - Reti di sicurezza di piccole dimensioni con fune sul bordo - Parte 1: Reti con lato corto da 3 m a 5 m - Requisiti di sicurezza, metodi di prova e condizioni di utilizzo”. (Tipo XS)
- UNI 11808-2:2021 “Attrezzature provvisionali - Reti di sicurezza di piccole dimensioni con fune sul bordo - Parte 2: Reti rettangolari con lato corto da 2 m a 3 m - Requisiti di sicurezza, metodi di prova e condizioni di utilizzo”. (Tipo YS)

Nello specifico la UNI 11808-1:2021si applica alle reti di sicurezza di piccole dimensioni con lato corto da 3 m a 5 m, con fune sul bordo, e ai loro accessori utilizzati in situazioni in cui ci sia il pericolo di caduta dall’alto. Tali reti di sicurezza di piccole dimensioni sono progettate per essere posizionate ad una distanza verticale dal livello di lavoro da proteggere non maggiore di 2 m. La norma specifica i requisiti di sicurezza, i metodi di prova e le condizioni di utilizzo ed è basata sulle caratteristiche prestazionali delle fibre di polipropilene, di poliammide, di polietilene e di poliestere.

Mentre la UNI 11808-2:2021si applica alle reti di sicurezza di piccole dimensioni con lato corto da 2 m a 3 m e lato lungo non minore di 4 m con fune sul bordo, e ai loro accessori utilizzati in situazioni in cui ci sia il pericolo di caduta dall’alto. Tali reti di sicurezza di piccole dimensioni sono progettate per essere posizionate ad una distanza verticale dal livello di lavoro da proteggere non maggiore di 0,5 m. Essa specifica i requisiti di sicurezza, i metodi di prova e le condizioni di utilizzo ed è basata sulle caratteristiche prestazionali delle fibre di polipropilene, di poliammide, di polietilene e di poliestere.

Indice

0 Premessa
1 D.Lgs. 81/08
2. Priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale
3 Definizioni
4 Classificazione
4.1 Rete XS
4.2 Rete YS
4.3 Funi per reti XS/YS
5. Designazione XS
6 Designazione YS
7 Ispezione
7.1 Ispezione prima del montaggio o dopo lo smontaggio
7.2 Ispezione d'uso
7.3 Ispezione periodica
7.4 Ispezione straordinaria
7.5 Verifiche da effettuare
8 Manutenzione
8.1 Riparazioni
8.2 Ritiro dal servizio
8.3 Registrazioni

[...]

1 D.Lgs. 81/08

D.Lgs. 81/08 - TITOLO IV - CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI

CAPO I - MISURE PER LA SALUTE E SICUREZZA NEI CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI

[…] Articolo 95 - Misure generali di tutela

1. I datori di lavoro delle imprese esecutrici, durante l’esecuzione dell’opera osservano le misure generali di tutela di cui all’articolo 15 e curano, ciascuno per la parte di competenza, in particolare:

a) il mantenimento del cantiere in condizioni ordinate e di soddisfacente salubrità;
b) la scelta dell’ubicazione di posti di lavoro tenendo conto delle condizioni di accesso a tali posti, definendo vie o zone di spostamento o di circolazione;
c) le condizioni di movimentazione dei vari materiali;
d) la manutenzione, il controllo prima dell’entrata in servizio e il controllo periodico degli apprestamenti, delle attrezzature di lavoro degli impianti e dei dispositivi al fine di eliminare i difetti che possono pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
e) la delimitazione e l’allestimento delle zone di stoccaggio e di deposito dei vari materiali, in particolare quando si tratta di materie e di sostanze pericolose;
f) l’adeguamento, in funzione dell’evoluzione del cantiere, della durata effettiva da attribuire ai vari tipi di lavoro o fasi di lavoro;
g) la cooperazione e il coordinamento tra datori di lavoro e lavoratori autonomi;
h) le interazioni con le attività che avvengono sul luogo, all’interno o in prossimità del cantiere.
...

Art. 107 - Definizioni (lavoro in quota)

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si intende per lavoro in quota: attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.

Art. 111 - Obblighi del datore di lavoro nell'uso di attrezzature per lavori in quota

1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, sceglie le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformità ai seguenti criteri:

a) priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;

Art. 122 - Ponteggi ed opere provvisionali

1. Nei lavori in quota, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose conformemente ai punti 2, 3.1, 3.2 e 3.3 dell'allegato XVIII.
...

Art. 148 - Lavori speciali

1. Prima di procedere alla esecuzione di lavori su lucernari, tetti, coperture e simili, fermo restando l'obbligo di predisporre misure di protezione collettiva, deve essere accertato che questi abbiano resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di impiego.

2. Nel caso in cui sia dubbia tale resistenza, devono essere adottati i necessari apprestamenti atti a garantire la incolumità delle persone addette, disponendo, a seconda dei casi, tavole sopra le orditure, sottopalchi e facendo uso di idonei dispositivi di protezione individuale anticaduta.
...

2 Priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale

Fig  3

Fig. 3 - Analisi del rischio: schema metodologico generale indicante le fasi fondamentali di eliminazione e di riduzione dei rischi

Reti di sicurezza:

da utilizzare come dispositivi di protezione collettiva (DPC) di arresto caduta aventi funzione di impedire e/o di ridurre gli effetti della caduta dall’alto del lavoratore in maniera tale che non si verifichino danni sul corpo umano.

Linea Guida ISPESL 2006

3 Definizioni

Rete di sicurezza XS (rete XS): Rete di sicurezza con fune sul bordo, avente la lunghezza del lato più corto compresa tra 3,0 m e 5,0 m. (UNI 11808-1:2021)

Rete di sicurezza YS (rete YS): Rete di sicurezza con fune sul bordo, avente la lunghezza del lato più corto compresa tra 2,0 m e 3,0 m e lato lungo non minore di 4 m. (UNI 11808-2:2021)

Figura 1a

Fig. 4a) - Maglie quadrate (Q)

Figura 1b

Fig. 4b) - Maglie a losanga (Q)

[...]

Tipo di rete XS   YS

Fig. 5 - Esempio rete anticaduta Tipo XS / YS

3.2 Funi per reti XS/YS

Le proprietà e i requisiti delle funi che possono essere utilizzate in combinazione alle reti XS/YS sono indicate nella tabella 1.

Tabella rif  figura 6

Tabella 1 - Proprietà e requisiti funi

[...]

4 Designazione XS

Designazione XS

[...]

6 Ispezione

L'ispezione e la manutenzione permettono di garantire il mantenimento nel tempo delle caratteristiche prestazionali della rete XS/YS.

Tabella 2

Tabella 2 – Tipologia ispezioni

[...]

7.3 Registrazioni

Deve essere predisposto un registro di controllo che deve contenere almeno quanto segue:

- identificazione della rete XS/YS e/o degli elementi e/o dei componenti;
- riferimenti del fabbricante, dell’installatore e dell’utilizzatore;
- luogo e data delle ispezioni prima del montaggio o dopo lo smontaggio, d’uso e periodica;
- luogo e data dell’ispezione straordinaria, della manutenzione e della riparazione;
- identificazione della persona che ha effettuato l'intervento;
- per l’ispezione straordinaria: controlli effettuati, metodi utilizzati e risultati dei controlli;
- per la manutenzione e la riparazione: descrizione degli interventi effettuati.

Inoltre, deve essere registrato il controllo della maglia di prova in accordo ai punti 7.7.3 e 7.7.4 della UNI EN 1263-1:2015.

Modello registro di controllo reti di sicurezza UNI 11808-X 

Foglio 1

[...] Segue in allegato (Documento di analisi e modello esempio registro di controllo)

Fonti
UNI 11808-1:2021
UNI 11808-2:2021
D.lgs. 81/08

Certifico Srl - IT | Rev. 0.0 2021
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Matrice Revisioni

Rev. Data Oggetto Autore
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Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 10436 | 23 Marzo 2020

ID 21383 | | Visite: 489 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 3 del 23 marzo 2020 n. 10436

Omessa nomina del medico competente

Penale Sent. Sez. 3 Num. 10436 Anno 2020
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: GENTILI ANDREA
Data Udienza: 29/11/2019

Ritenuto in fatto

Con sentenza del 11 marzo 2019 il Tribunale di Reggio Calabria ha condannato F.V. alla pena ritenuta di giustizia, avendolo dichiarato responsabile del reato di cui all'art. 55, comma 5, lettera d), del dlgs n. 81 del 2008, in relazione all'art. 18, comma 1, lettera a), del medesimo decreto legislativo, in quanto, in qualità di direttore generale dell'ATAM Spa, aveva omesso di nominare il medico competente per la sorveglianza sanitaria sui dipendenti della predetta impresa.
Ha impugnato la predetta sentenza di fronte alla Corte di cassazione il F.V., lamentando, in primo luogo, la mancanza o comunque la insufficienza o la illogicità della motivazione della decisione impugnata quanto alla ritenuta integrazione della fattispecie contestata; ad avviso del ricorrente l'obbligo non ottemperato dal F.V., il quale sorge solo con riferimento a determinate tipologie di imprese, non sussisterebbe nel caso in esame o, comunque, della sua sussistenza non sarebbe stata data conveniente dimostrazione da parte del giudice del merito.
Il secondo motivo di impugnazione attiene alla mancanza di motivazione riguardo alla sussistenza in capo all'imputato del potere e del dovere di nominare il medico incaricato della sorveglianza sanitaria.
Il terzo motivo attiene alla violazione di legge per non avere il Tribunale prosciolto il F.V. stante la intervenuta estinzione del reato a lui contestato per prescrizione.

Considerato in diritto

Il ricorso deve essere rigettato, posto che taluni dei motivi dedotti sono risultati infondati mentre altri sono inammissibili.
Con riferimento al primo motivo di impugnazione, con il quale il ricorrente ha lamentato il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per la integrazione del reato contestato, osserva, preliminarmente, questa Corte che l'ATAM spa, cioè la società della quale il F.V. è, o quanto meno era all'epoca dei fatti, il Direttore generale, è l'azienda che svolge il servizio di trasporto pubblico delle persone nell'ambito dell'area metropolitana del Comune di Reggio Calabria; ciò posto si rileva, ancora, che l'art. 55, comma 5, lettera d), del dlgs n. 81 del 2008, prevede che sia punito con la pena alternativa dell'arresto, da 2 a 4 mesi, o dell'ammenda, da 1.500,00 a 6.000,00 euro, la violazione del precetto di cui, per ciò che ora interessa, all'art. 18, comma 1, lettera d), dello stesso dlgs n. 81 del 2008; tale disposizione, a sua volta, prevede che costituisce obbligo del datore di lavoro nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria sui dipendenti nei casi previsti dal presente decreto legislativo.
Rileva, a questo punto, il Collegio che le ipotesi in cui è prevista siffatta sorveglianza sono ampie e numerose, in quanto esse ricorrono sia in funzione, a titolo meramente esemplificativo, della eventuale sottoposizione del lavoratore ad attività comportanti dei rischi professionali (movimentazione manuale di carichi pesanti, sottoposizione a forti rumori o a sensibili vibrazioni), ovvero a determinate modalità di svolgimento della prestazione lavorativa (lavoro in ore notturne ovvero con uso di apparecchi videoterminali per oltre 20 ore settimanali), sicché, essendo indubbio che tali condizioni si verifichino per almeno una significativa aliquota di quanti operano presso un'azienda che per tipologia operativa e per grandezza sia equiparabile alla citata ATAM, il semplice riferimento a detta azienda contenuto nella sentenza impugnata vale a dimostrare la ricorrenza rispetto a quella specifica azienda dell'obbligo riscontrato siccome inadempiuto da parte dei agenti verificatori che hanno eseguito gli accertamenti da cui è scaturito il presente procedimento penale.
Sotto il descritto profilo, pertanto, la motivazione della sentenza impugnata non può definirsi carente né tantomeno illogica.
Passando al secondo motivo di impugnazione, con il quale il ricorrente si duole, sempre sotto il profilo del vizio di motivazione, in ordine alla sussistenza in capo a lui stesso del potere e del dovere di provvedere alla nomina in questione, si osserva che - essendo incontestato il fatto che il F.V. svolgesse le mansioni di Direttore generale presso la più volta citata azienda pubblica dei trasposti di Reggio Calabria - secondo la, ancora di recente confermata, giurisprudenza di questa Corte, in relazione alla disciplina sulla sicurezza e la prevenzione degli infortuni sul luogo di lavoro, il Direttore generale di una struttura aziendale è destinatario iure proprio, al pari del datore di lavoro, dei precetti antinfortunistici, indipendentemente dal conferimento di una delega di funzioni, in quanto, in virtù del ruolo apicale ricoperto, egli assume una posizione di garanzia a tutela della incolumità e della salute dei lavoratori (così: Corte di cassazione, Sezione IV penale, 25 febbraio 2019, n. 8094; idem Sezione III penale, 17 luglio 2009, n. 29543).
Inammissibile, in quanto manifestamente infondato, è il terzo motivo di impugnazione dedotto dal ricorrente, avente ad oggetto la violazione di legge in cui sarebbe incorso il Tribunale reggino nel non rilevare l'avvenuta estinzione del reato contestato al momento in cui è stata pronunziata la sentenza impugnata.
Al proposito deve rammentarsi che il reato contestato è un reato omissivo proprio, che cioè si realizza attraverso la semplice omissione del comportamento legalmente dovuto; esso è, altresì, un reato permanente nel quale la flagranza si perpetua fintanto che la condotta doverosa non viene realizzata dal soggetto tenuto ad essa ovvero fintanto che essa, sebbene non eseguita, sia, comunque, tuttora possibile.
Tale caratteristica dell'illecito in questione incide, evidentemente, sul regime della prescrizione del reato, posto che questa non decorre fintanto che il reato è ancora in istato di flagranza.
Quanto al caso di specie deve ritenersi che siffatta condizione, secondo quanto riportato in atti, è cessata solamente al momento in cui, secondo quanto riferito dalla stessa teste di accusa V., il F.V. aveva provveduto alla nomina, fino ad allora omessa, del medico incaricato di provvedere alla sorveglianza sanitaria sui dipendenti dall'ATAM; la decorrenza di tale adempimento, in assenza di elementi a tale proposito forniti dal ricorrente, posto che è compito di chi ha interesse a dimostrare la cessazione della permanenza di un reato fornire dati conoscitivi in ordine alla datazione di tale cessazione ai fini della decorrenza della prescrizione (Corte di cassazione, Sezione III penale, 23 giugno 2014, n. 27061; idem Sezione III penale, 7 maggio 2009, n. 19802; idem Sezione III penale, 11 ottobre 2000, n. 10562), deve essere collocata alla data del 3 ottobre 2014, momento in cui, essendo stato per sua stessa ammissione il F.V. sospeso dalle funzioni di Direttore generale dell'ATAM, egli non sarebbe più stato in grado di adottare la nomina in questione.
Facendo conseguentemente decorrere il termine della prescrizione del reato contestato, si tratta di una contravvenzione punita con pena detentiva inferiore alla durata di 4 anni, dalla data del 3 ottobre 2014 si rileva che lo stesso è stato soggetto alla interruzione derivante dall'avvenuta adozione della citazione a giudizio di fronte al Tribunale reggino, intervenuta, prima della scadenza dell'ordinario termine prescrizionale di 4 anni, nel marzo del 2018 per quanto rilevato dallo stesso ricorrente, sicché la sua durata massima va computata nel termine lungo di 5 anni (cioè 4 anni più un quarto).
Poiché al momento in cui è stata emessa la sentenza del Tribunale, pronunziata l'11 marzo del 2019, il termine prescrizionale non era, pertanto, decorso, l'ultimo motivo di impugnazione proposto dal prevenuto va dichiarato manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile.
Alla complessiva infondatezza del ricorso fa seguito, visto l'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del F.V. al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 29 novembre 2019

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Disegno di Legge in materia di lavoro

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Disegno di Legge in materia di lavoro

Disegno di Legge in materia di lavoro (2023)

ID 21381 | 18.02.2024 / In allegato

Disegno di Legge in materia di lavoro, approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 1° maggio 2023 e presentato alla Camera dei deputati lo scorso 8 novembre 2023.

Atto Camera: 1532 "Disposizioni in materia di lavoro" (1532)

Fase Iter: Conclusione anomala per stralcio deliberato il 28 novembre 2023
Progetto iniziale: 1532
Altri progetti derivanti dallo stralcio: 1532-bis, 1532-ter
Natura: Disegno di legge ordinario
Presentazione: Presentato l'8 novembre 2023

Articoli di maggior interesse in materia di lavoro:

articolo 1 - Istituzione del Sistema informativo per la lotta al caporalato in agricoltura
articolo 2 - Modifiche al decreto legislativo n. 81/2008
articolo 3 - Sospensione della prestazione di cassa integrazione
articolo 4 - Modifiche relative ai Fondi di solidarietà bilaterali
articolo 5 - Modifiche in materia di somministrazione di lavoro
articolo 6 - Durata del periodo di prova nei contratti a termine
articolo 7 - Termine comunicazioni obbligatorie lavoro agile
articolo 8 - Misure in materia di politiche formative nell’apprendistato
articolo 9 - Modifiche in materia di risoluzione del rapporto di lavoro (dimissioni)
articolo 13 - Modifiche al Codice del terzo settore
articolo 14 - Attività dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale per la promozione dell’adempimento spontaneo degli obblighi contributivi
articolo 15 - Pagamento dilazionato dei debiti contributivi
articolo 16 - Potenziamento dell’attività di accertamento di elusioni e violazioni in ambito contributivo e della riscossione degli importi omessi
articolo 17 - Disposizioni sulla notifica delle controversie in materia contributiva
articolo 20 - Uniformazione dei tempi di presentazione delle domande di accesso ad Ape sociale e di pensionamento anticipato con requisito contributivo ridotto
articolo 23 - Disposizioni in materia di percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento

Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

L’articolo 2 reca modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

L’intervento di cui al comma 1, lettera a), che modifica l’articolo 6, nasce dalla necessità di ripristinare la tripartizione nell’ambito della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, che era stata alterata dal cosiddetto Jobs Act, ai sensi del quale la composizione della Commissione consultiva è stata rivista e integrata con tre esperti di medicina del lavoro, igiene industriale e impiantistica industriale e con un rappresentante dell’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro (ANMIL). Tuttavia, tale modifica ha alterato la tradizionale tripartizione che caratterizza, anche in ambito internazionale, l’approccio alle materie della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. La modifica normativa consente di mantenere la composizione della Commissione come recentemente aggiornata, prevedendo però che i predetti componenti possano partecipare ai lavori senza diritto di voto, conservandone pienamente il ruolo consultivo.

Il numero 1) della lettera b) del comma 1 riguarda le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori che possono presentare interpello in materia di salute e sicurezza. La finalità sottesa alla disposizione è quella di rendere conforme l’interpello disciplinato dall’articolo 12 del decreto legislativo n. 81 del 2008 a quello previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, nonché di ovviare alla difficoltà di definire il requisito della qualificazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori come organizzazioni «comparativamente più rappresentative »: si propone pertanto di sostituire tale locuzione con la seguente:
« maggiormente rappresentative », per qualificare le organizzazioni che possono inoltrare alla Commissione per gli interpelli quesiti sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro.

Il numero 2) della medesima lettera b), intervenendo sul comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo n. 81 del 2008, dispone che almeno la metà dei rappresentanti della Commissione per gli interpelli abbia un profilo professionale giuridico, in considerazione dell’attività svolta dalla Commissione medesima.

La lettera c) attribuisce al Ministero della salute il compito di verificare periodicamente il mantenimento, da parte dei medici competenti, dei requisiti previsti dal comma 3 dell’articolo 38 del decreto legislativo n. 81 del 2008, che prevede la partecipazione al programma di educazione continua in medicina ai sensi del decreto legislativo n. 229 del 1999, ai fini della permanenza nell’elenco dei medici competenti.

Con la lettera d) si modifica l’articolo 41 del medesimo decreto legislativo n. 81 del 2008, anzitutto al fine di imporre la sorveglianza sanitaria del medico competente ogniqualvolta la valutazione dei rischi ne richieda la collaborazione. Il medico competente opera, infatti, solo nei casi in cui sia nominato. L’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 81 del 2008 limita la nomina del medico competente ai casi previsti dallo stesso decreto legislativo, ossia ai casi di cui all’articolo 41, comma 1, secondo quanto emerge dall’articolo 29, comma 1 (« nei casi di cui all’articolo 41 »; si veda anche articolo 28, comma 2, alinea,: « ove nominato »). Inoltre, fuori di tali casi, la sorveglianza sanitaria del medico competente non solo non è obbligatoria ma è addirittura vietata dall’articolo 5 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (cosiddetto « Statuto dei lavoratori »). Si tratta, dunque, di casi tassativamente previsti dall’articolo 41, comma 1, lettere a) e b), del citato decreto legislativo n. 81 del 2008, secondo quanto più volte ribadito dalla Corte di cassazione, da ultimo nelle sentenze n. 16664 del 3 maggio 2021 e n. 10436 del 23 marzo 2020.

Le modifiche proposte intervengono, inoltre, a chiarire alcuni aspetti della disciplina in materia di sorveglianza sanitaria, stabilendo anzitutto che le visite cosiddette «preassuntive» rientrano nel più ampio concetto delle visite preventive. La modifica è poi finalizzata ad individuare senza incertezze l’azienda sanitaria locale (ASL) come organo destinatario del ricorso avverso i giudizi del medico competente. L’ASL è infatti dotata di personale medico in grado di valutare l’idoneità o l’inidoneità del lavoratore alla mansione, al quale è con ciò garantita una maggiore tutela. La modifica si ritiene necessaria in quanto l’estensione delle funzioni di vigilanza all’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) potrebbe determinare equivoci nell’individuazione dell’organo al quale proporre ricorso.

La modifica all’articolo 65 recata dalla lettera e) è finalizzata ad introdurre forme di semplificazione per l’utilizzo dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei quando le lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, evitando incertezze interpretative e garantendo uniformità di valutazioni nell’affidare alla sede territoriale dell’INL il compito di valutare il rispetto dei requisiti di sicurezza. Infine, la modifica all’articolo 304 disposta dalla lettera f) intende semplificare il quadro normativo abrogando norme pressoché identiche in materia di tessere di riconoscimento. In particolare, la disposizione abroga i commi 3, 4 e 5 dell’articolo 36-bis del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, secondo cui « nell’ambito dei cantieri edili i datori di lavoro debbono munire, a decorrere dal 1° ottobre 2006, il personale occupato di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia ».

Identico obbligo è infatti già previsto dall’articolo 26, comma 8, del decreto legislativo n. 81 del 2008, secondo il quale «Nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall’impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro.

Testo - Disegno di Legge in materia di lavoro (C. 1532)

ART. 1 (Istituzione del Sistema informativo per la lotta al caporalato in agricoltura)

1. All’articolo 25-quater del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, dopo il comma 5 è inserito il seguente:
«5-bis. Al fine di consentire lo sviluppo della Strategia nazionale di lotta al caporalato, di cui al comma 1, favorire lo sviluppo di un lavoro agricolo di qualità nonché per le finalità di analisi, monitoraggio e vigilanza del fenomeno dello sfruttamento in agricoltura, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il Sistema informativo per la lotta al caporalato in agricoltura. Il Sistema informativo costituisce uno strumento di condivisione delle informazioni tra le amministrazioni centrali e le regioni anche ai fini del contrasto al lavoro sommerso in generale. Alla sua costituzione concorrono, oltre al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il Ministero dell’interno, INPS, l’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (INAIL), l’Ispettorato nazionale del lavoro (INL), l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL), l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA) e l’ISTAT. Ai fini dell’alimentazione del Sistema informativo per la lotta al caporalato, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali mette a disposizione i dati concernenti i rapporti di lavoro delle aziende agricole; il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste mette a disposizione l’anagrafe e la situazione economica delle aziende agricole e il calendario delle colture; il Ministero dell’interno mette a disposizione i dati dei permessi di soggiorno rilasciati per motivi di lavoro; l’INPS mette a disposizione i dati retributivi, contributivi, assicurativi e dei risultati delle ispezioni inerenti le aziende agricole; l’INAIL mette a disposizione i dati relativi a infortuni e malattie professionali delle aziende agricole; l’INL mette a disposizione i dati relativi ai risultati delle ispezioni alle aziende agricole; l’ANPAL mette a disposizione i dati del sistema informativo unitario delle politiche attive del lavoro concernenti il mercato del lavoro agricolo; l’ISTAT mette a disposizione i dati relativi alle imprese agricole attive; le regioni, le provincie autonome mettono a disposizione i dati dei trasporti e degli alloggi dedicati ai lavoratori del settore agricolo.».

2. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione del presente articolo nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

ART. 2 (Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81)

1. Al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 6, comma 2, è inserito, in fine, il seguente periodo: «I componenti di cui al comma 1, lettere l) ed m) partecipano alla Commissione senza diritto di voto.»;
b) all’articolo 12, comma 1, le parole «comparativamente più rappresentative» sono sostituite dalle parole «maggiormente rappresentative»;
c) all’articolo 12, il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la Commissione per gli interpelli, composta da due rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui almeno uno con profilo professionale giuridico, da due rappresentanti del Ministero della salute, di cui almeno uno con profilo professionale giuridico, e da quattro rappresentanti delle regioni e delle province autonome, di cui almeno due con profilo professionale giuridico. Qualora la materia oggetto di interpello investa competenze di altre amministrazioni pubbliche, la Commissione è integrata con rappresentanti delle stesse. Ai componenti della Commissione non è riconosciuto alcun compenso, gettone di presenza, rimborso di spese o altro emolumento comunque denominato.»;
d) all’articolo 38, dopo il comma 4, è aggiunto il seguente: «4-bis. Il Ministero della salute, utilizzando i dati registrati presso la banca nazionale dei crediti formativi del programma di educazione continua in medicina, provvede a riscontrare il mantenimento del requisito di cui al precedente comma 3, ai fini della permanenza nell’elenco dei medici competenti.»;
e) all’articolo 41:
1) al comma 1, dopo la lettera b), è aggiunta la seguente lettera: «b-bis) qualora la valutazione dei rischi di cui all’articolo 28, svolta in collaborazione con il medico competente, ne evidenzi la necessità.»”;
2) al comma 2:
2.1 alla lettera a), dopo le parole «visita medica preventiva» sono inserite le seguenti: «, anche in fase preassuntiva,»;
2.2 la lettera e-bis) è soppressa;
2.3 alla lettera e-ter), dopo le parole «verificare l’idoneità alla mansione» sono inserite le seguenti: «, qualora sia ritenuta necessaria dal medico competente»;
3) il comma 2-bis. è sostituito dal seguente: «2-bis. Il medico competente, nella prescrizione di esami clinici e biologici e indagini diagnostiche ritenuti necessari in sede di visita preventiva, tiene conto delle risultanze dei medesimi esami e indagini già effettuati dal lavoratore e risultanti dalla copia della cartella sanitaria e di rischio in possesso del lavoratore secondo quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lettera e), al fine di evitarne la ripetizione qualora ciò sia ritenuto compatibile con le finalità della visita preventiva.»;
4) al comma 4-bis, la parola: «2009» è sostituito dalla parola: «2023»;
5) al comma 6-bis, le parole: «alle lettere a), b), c), e d) del» sono sostituite dalla parola: «al»;
6) al comma 9, le parole: «all’organo di vigilanza» sono sostituite con le seguenti: «alla Azienda sanitaria locale (ASL)».
f) all’articolo 65, i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:
«2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, è consentito l’uso dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei quando le lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettati i requisiti di cui all’allegato IV, per quanto applicabili, e le idonee condizioni di areazione, di illuminazione e di microclima.
3. Il datore di lavoro comunica alla competente sede territoriale dell’INL l’uso dei locali di cui al presente articolo allegando adeguata documentazione che dimostri il rispetto dei requisiti di cui al comma 2. I locali possono essere utilizzati trascorsi trenta giorni dalla data di comunicazione salvo la richiesta, da parte della sede territoriale dell’INL, di ulteriori informazioni. Al ricevimento delle ulteriori informazioni l’utilizzo dei locali è consentito trascorsi trenta giorni dalla loro comunicazione, salvo espresso divieto da parte della sede territorialmente competente dell’INL.»;
g) all’articolo 304, comma 1, lettera b), le parole «commi 1 e 2» sono sostituite dalle seguenti «commi 1, 2, 3, 4 e 5».

2. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione del presente articolo nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

ART. 3 (Sospensione della prestazione di cassa integrazione)

1. L’articolo 8 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 è sostituito dal seguente:
«Art. 8. - Compatibilità con lo svolgimento di attività lavorativa
1. Il lavoratore che svolge attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al relativo trattamento per le giornate di lavoro effettuate.
2. Il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede territoriale dell’INPS dello svolgimento dell’attività di cui al comma 1. Le comunicazioni a carico dei datori di lavoro di cui ai commi da 1 a 3 dell’articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, sono valide al fine dell’assolvimento degli obblighi di comunicazione di cui al presente comma.».

ART. 4 (Modifiche relative ai Fondi di solidarietà bilaterali)

1. All’articolo 26 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, dopo il comma 11, è aggiunto il seguente:
“11-bis. Per i Fondi di solidarietà bilaterali, che si costituiscono successivamente al 1° maggio 2023 secondo le modalità descritte dai commi da 1 a 7-bis del presente articolo, i singoli decreti istitutivi, di cui al comma 2, al fine di attuare la previsione di cui all’articolo 30, comma 1-bis, quantificano la quota parte di risorse accumulate dalle aziende del settore che dovrà essere trasferita dal fondo di integrazione salariale di cui all’articolo 29 al bilancio del nuovo Fondo di solidarietà, preventivamente certificata dall’INPS, secondo le modalità individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. L’ammontare delle risorse accumulate di cui al periodo precedente è determinato dal suddetto decreto, tenendo conto del patrimonio del fondo di integrazione salariale di cui all’articolo 29 del presente decreto dell’anno precedente la costituzione del Fondo bilaterale e del rapporto fra i contributi versati al fondo di integrazione salariale nell’anno precedente la costituzione del Fondo bilaterale dai datori di lavoro appartenenti all’intero settore cui si riferisce il fondo bilaterale neocostituito rispetto all’ammontare totale dei contributi versati nell’anno precedente al fondo di integrazione salariale”.

2. Il decreto di cui all’articolo 26, comma 11-bis, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n, 148, è adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

ART. 5 (Modifiche in materia di somministrazione di lavoro)

1. All’articolo 31, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, dopo le parole «di cui all’articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223» sono inserite le seguenti: «di soggetti assunti dal somministratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato,».

ART. 6 (Durata del periodo di prova)

1. All’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 27 giugno 2022 n. 104, dopo le parole «alla natura dell’impiego», sono inseriti i seguenti periodi: «Fatte salve le previsioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è fissata in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni e superiore a quindici giorni per i contratti con durata non superiore a sei mesi, e trenta giorni per quelli con durata superiore a sei mesi e inferiori a dodici mesi».

ART. 7 (Termine comunicazioni obbligatorie lavoro agile)

1. All’articolo 23, comma 1, primo periodo, della legge 22 maggio 2017 n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole «con decorrenza dal 1° settembre 2022» sono soppresse;
b) dopo le parole «prestazioni di lavoro in modalità agile» sono inserite le seguenti «entro cinque giorni dalla data di avvio del periodo oppure entro cinque giorni successivi alla data in cui si verifica l’evento modificativo della durata o della cessazione del periodo di lavoro svolto in modalitàagile».

ART. 8 (Misure in materia di politiche formative nell’apprendistato)

1. A decorrere dal 2024, le risorse di cui all’articolo 1, comma 110, lettera c), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 sono finalizzate alle attività di formazione promosse dalle regioni e province autonome nell’esercizio dell’apprendistato, ai sensi del capo V del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.

ART. 9 (Modifiche in materia di risoluzione del rapporto di lavoro)

1. All’articolo 26 del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 151, dopo il comma 7, è inserito il seguente comma:
«7-bis. In caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a cinque giorni, il rapporto si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina di cui al presente articolo.».

ART.10 (Estensione della deroga ai vincoli per le assunzioni di assistenti sociali alle forme associative comunali)

1. All’articolo 1, comma 801, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, dopo le parole «Per le finalità di cui al comma 797 e al comma 792, a valere sulle risorse di cui al comma 799 e al comma 792, e nel limite delle stesse nonché dei vincoli assunzionali di cui all’articolo 33 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, i comuni» sono inserite le seguenti: «e le loro forme associative, definite ai sensi dei capi IV e V del titolo II del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,».

ART. 11 (Tavolo di lavoro sul fenomeno dei minori fuori famiglia e sui minori affidati e in carico ai servizi sociali territoriali)

1. All’articolo 21 del decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147, dopo il comma 10-bis è aggiunto il seguente:
“10-ter. Nell’ambito della Rete, quale organismo di supporto al coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali, è altresì istituito un apposito Tavolo di lavoro con funzioni di supporto, di monitoraggio, di valutazione e di analisi sul fenomeno dei minori fuori famiglia e sui minori affidati e in carico ai servizi sociali territoriali. Il Tavolo di lavoro è, inoltre, competente per il rafforzamento del sistema informativo nazionale di rilevazione e raccolta dei dati sui minori affidati ai servizi sociali territoriali, anche attraverso la realizzazione di azioni coordinate, finalizzate alla messa a regime del sistema informativo SINBA. Il Tavolo di lavoro, costituito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, è composto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, o suo delegato, con funzioni di Presidente, da un rappresentante del Ministero della giustizia, da un rappresentante del Ministero della salute, da un rappresentante del Ministero dell’interno, da un rappresentante dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (AGIA), da un rappresentante del Dipartimento per le politiche della famiglia, da un rappresentante designato dalla Conferenza permanente Stato, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, da un rappresentante designato dall’Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI), da un rappresentante designato dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), da un rappresentante del Commissario straordinario di Governo per le persone scomparse, da tre esperti di comprovata esperienza professionale nella tutela e promozione dell’infanzia, adolescenza e famiglia e da otto rappresentanti di organismi del Terzo settore impegnati nella tutela e promozione dell’infanzia e dell’adolescenza, nonché della famiglia. Per ogni membro può essere nominato un supplente. Per la partecipazione al Tavolo non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spesa o altri emolumenti comunque denominati.»

2. All’articolo 39 della legge 28 marzo 2001, n. 149, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, sono abrogate le parole “Ministro per la solidarietà sociale” e, dopo le  parole “il Ministro della giustizia e il”, è aggiunto “Ministro del lavoro e delle politiche sociali”;
b) dopo il comma 1, è aggiunto il seguente: “1-bis. La relazione di cui al comma 1 deve, altresì, essere integrata da una relazione annuale specifica, da trasmettere al Parlamento, sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori, che tenga conto dello stato di implementazione del sistema di rilevazione e della raccolta dei dati, con un approfondimento sul dimensionamento complessivo della presa in carico dei servizi sociali territoriali, delle principali caratteristiche organizzative, del profilo dei minori in carico, delle principali prestazioni erogate, dell’efficacia degli interventi, nonché delle azioni di monitoraggio, di valutazione ed analisi svolte dal Tavolo di lavoro di cui all’articolo 21, comma 10-ter, del decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147. ».

ART. 12 (Modifica all’articolo 1, comma 446, della legge 30 dicembre 2018, n. 145)

1. All’articolo 1, comma 446, alinea, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, dopo le parole «Negli anni 2019-2022» sono inserite le seguenti: «e fino al 30 giugno 2023».

ART. 13 (Modifiche al Codice del terzo settore)

1. Al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 24, il comma 4 è sostituito dal seguente: «Salvo che l’atto costitutivo o lo statuto non lo vietino espressamente, gli associati possono intervenire all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione ed esprimere il voto in via elettronica, purché sia possibile verificare l’identità dell’associato che partecipa e vota e nel rispetto dei principi di buona fede e di parità di trattamento. L’atto costitutivo o lo statuto possono prevedere, alle medesime condizioni, l’espressione del voto per corrispondenza.»;
b) all’articolo 41, dopo il comma 2, è inserito il seguente: «2-bis. Se successivamente all’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore, il numero degli associati diviene inferiore a quello stabilito nei commi 1 e 2, o, con riferimento alle reti di cui al comma 6, a quello stabilito nell’articolo 33, comma 3, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, esso deve essere integrato entro un anno, trascorso il quale la rete associativa è cancellata dalla sezione di cui all’articolo 46, comma 1, lettera e) del registro.»;

ART.14 (Attività dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale per la promozione dell’adempimento spontaneo degli obblighi contributivi)

1. Al fine di introdurre nuove e più avanzate forme di comunicazione tra i contribuenti e l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) finalizzate a semplificare gli adempimenti, stimolare l’assolvimento degli obblighi contributivi e favorire la regolarizzazione spontanea delle anomalie, degli errori e delle omissioni, l’Istituto può mettere a disposizione del contribuente, ovvero del suo intermediario, gli elementi e le informazioni in suo possesso riferibili allo stesso contribuente, acquisiti direttamente o pervenuti da terzi.

2. A tal fine l’INPS può trasmettere al contribuente una comunicazione per l’eliminazione delle eventuali anomalie, per la correzione degli eventuali errori e per la rimozione delle eventuali omissioni. Il contribuente, entro novanta giorni dalla notifica della comunicazione, può segnalare all’INPS eventuali elementi, fatti e circostanze dallo stesso non conosciuti riferiti alla comunicazione.

3. Il contribuente che provveda alla regolarizzazione delle anomalie, delle omissioni e degli errori entro novanta giorni dalla notifica della comunicazione ed effettui il versamento dei contributi dovuti nei successivi trenta giorni è ammesso al pagamento della sanzione civile in misura annua pari al 2,75 per cento dell’importo della contribuzione dovuta. In caso di pagamento in forma dilazionata, l’applicazione della riduzione di cui al periodo precedente è subordinata al versamento della prima rata. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 11, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389. In caso di mancato ovvero di insufficiente o tardivo versamento di una delle successive rate accordate, si applica una sanzione civile nella misura di cui all’articolo 116, comma 8, lettera b), primo periodo, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

4. In assenza di segnalazioni o di regolarizzazione da parte del contribuente entro novanta giorni dalla notifica della comunicazione di cui al comma 2, l’INPS può avvalersi delle facoltà e dei poteri previsti all’articolo 16 del presente provvedimento al fine di determinare gli imponibili non dichiarati e i contributi non pagati. In tale ipotesi, le sanzioni civili sono calcolate in base alle previsioni di cui all’articolo 116, comma 8, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

ART. 15 (Pagamento dilazionato dei debiti contributivi)

1. All’articolo 2 del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, dopo il comma 11, è inserito il seguente: «11-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2025, per l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) e l’Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro (INAIL) il pagamento rateale dei debiti per contributi, premi ed accessori di legge, ad essi dovuti, non affidati per il recupero agli Agenti della Riscossione, può essere consentito fino ad un massimo di sessanta rate mensili, nei casi che saranno definiti con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, da emanarsi, sentiti l’INPS e l’INAIL, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione e secondo i requisiti, i criteri e le modalità, anche di pagamento, che saranno disciplinati, con proprio atto, dai Consigli di amministrazione di ciascuno dei predetti Enti al fine di favorire il buon esito dei processi di regolarizzazione assicurando la contestualità della riscossione dei relativi pagamenti.»

2. A decorrere dal 1° gennaio 2025, l’articolo 116, comma 17, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, non si applica agli Enti di cui al comma 1.

ART. 16 (Potenziamento dell’attività di accertamento di elusioni e violazioni in ambito contributivo e della riscossione degli importi omessi)

1. Senza pregiudizio dell’eventuale ulteriore accertamento ispettivo, le attività di controllo e addebito dei contributi previdenziali, ivi compresi i contributi dovuti in caso di utilizzo di prestatori di lavoro formalmente imputati a terzi o a titolo di responsabilità solidale, possono fondarsi su accertamenti d’ufficio dell’INPS sulla base di elementi tratti anche dalla consultazione di banche dati dell’Istituto o di altre pubbliche amministrazioni e dalla comparazione dei relativi dati, da cui si deduce l’esistenza e la misura di base imponibile non dichiarata o la fruizione di benefici contributivi, esenzioni, agevolazioni, comunque denominate, in tutto o in parte non dovuti.

2. Per l’adempimento dei loro compiti gli uffici dell’INPS possono:
a) invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti;
b) invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a esibire o trasmettere atti e documenti rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti;
c) inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti, con invito a restituirli compilati e firmati;
d) invitare ogni altro soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, atti o documenti rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente e a fornire i chiarimenti relativi, nonché rendere dichiarazioni su questionari trasmessi dall’Istituto.

3. Gli inviti e le richieste di cui al comma 2 devono essere effettuati in via prioritaria a mezzo posta elettronica certificata. Dalla data di notifica decorre il termine fissato dall’ufficio per l’adempimento, che non può essere inferiore a quindici giorni.

4. Sulla base delle risultanze dell’attività accertativa effettuata d’ufficio, l’INPS può formare avviso di accertamento da notificarsi al contribuente prioritariamente a mezzo posta elettronica certificata. Qualora il contribuente effettui il pagamento integrale dei contributi dovuti entro quaranta giorni dal ricevimento dell’accertamento, le sanzioni civili di cui all’articolo 116, comma 8 e seguenti, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 sono ridotte nella misura del 50 per cento. Entro il termine di cui al secondo periodo il contribuente può inoltrare domanda di pagamento rateale.

5. In mancanza di pagamento, integrale o rateale, ove autorizzato, entro il 31 dicembre dell’anno successivo alla formazione dell’avviso di accertamento di cui al presente articolo, l’INPS notifica avviso di addebito ai sensi dell’articolo 30, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Nel giudizio di accertamento negativo dell’obbligo contributivo ovvero avverso l’avviso di addebito per contributi e sanzioni fondato sull’avviso di accertamento di cui al comma 1, la mancata comparizione all’invito di cui al comma 2, lettera a), o l’omessa comunicazione, in tutto o in parte, dei dati, notizie e documenti richiesti ai sensi del comma 2, costituiscono elementi di prova ai quali il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della decisione.

6. L’INPS provvede alle attività di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

ART. 17 (Disposizioni sulla notifica delle controversie in materia contributiva)

1. Al decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 24, comma 5, dopo le parole «va notificato all'ente impositore» sono aggiunte le seguenti: «presso la struttura territoriale nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati».
b) all’articolo 29, comma 2, è aggiunto il seguente periodo: «Il ricorso va notificato all’ente impositore presso la struttura territoriale nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati.».

ART. 18 (Attività di Inps Servizi S.p.A. a favore del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, le sue società o enti vigilati e inhouse)

1. All’articolo 5-bis del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 novembre 2019, n. 128, dopo il comma 7 è aggiunto, il seguente:
«7-bis. Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, le sue società o enti vigilati e le società che operano quale società in house del Ministero medesimo possono avvalersi, con oneri a proprio carico, delle attività rientranti nell’oggetto sociale della Società INPS Servizi S.p.a.».

ART. 19 (Apertura strutturale dei termini di adesione alla Gestione unitaria Credito e Attività Sociali)

1. I pensionati già dipendenti pubblici che fruiscono di trattamento a carico della Gestione speciale di previdenza dei dipendenti dell’amministrazione pubblica, già iscritti all’INPDAP, nonché i dipendenti o pensionati di enti e amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, iscritti ai fini pensionistici presso enti o gestioni previdenziali diverse dalla predetta Gestione speciale di previdenza, che non risultano iscritti alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali di cui all’articolo 1, comma 245, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, possono aderire alla stessa, tramite comunicazione all’INPS della volontà di adesione.

2. L’adesione esercitata alla gestione di cui all’articolo 1, comma 245, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 è irrevocabile e le prestazioni di welfare potranno essere richieste decorso un anno dall’iscrizione.

ART. 20 (Uniformazione dei tempi di presentazione delle domande di accesso ad Ape sociale e di pensionamento anticipato con requisito contributivo ridotto)

1. Le domande di riconoscimento delle condizioni per l’accesso all’Ape sociale, di cui all’articolo 1, commi da 179 a 186, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e le domande di riconoscimento delle condizioni per l’accesso al pensionamento anticipato con requisito contributivo ridotto, di cui all’articolo 1, commi da 199 a 205, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, sono presentate entro il 31 marzo, il 15 luglio e, comunque, non oltre il 30 novembre di ciascun anno.

2. Le domande acquisite, di cui al comma 1, trovano accoglimento esclusivamente se, all’esito del monitoraggio di cui all’articolo 11, rispettivamente, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 maggio 2017, n. 88, e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 maggio 2017, n. 87, residuano le necessarie risorse finanziarie.

ART.21 (Modifiche alla disciplina della rendita vitalizia di cui all’art. 13 della legge 12 agosto 1962 n. 1338 e all’articolo 31 della legge 24 maggio 1952, n. 610)

1. All’articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, dopo il sesto comma è aggiunto il seguente: «Il lavoratore, decorso il termine di prescrizione per l’esercizio delle facoltà di cui ai commi 1 e 5, fermo restando l’onere della prova previsto dal medesimo quinto comma, può chiedere all’Istituto nazionale della previdenza sociale la costituzione della rendita vitalizia con onere interamente a proprio carico, calcolato ai sensi del comma 6.».

2. Gli oneri di cui al comma 1 sono valutati in 6,8 milioni di euro per l’anno 2024, 7,5 milioni di euro per l’anno 2025, 10,3 milioni di euro per l’anno 2026, 11,6 milioni di euro per l’anno 2027, 13 milioni di euro per l’anno 2028, 13,4 milioni di euro per l’anno 2029, 13,9 milioni di euro per l’anno 2030, 15,4 milioni di euro per l’anno 2031, 14,9 milioni di euro per l’anno 2032 e 12,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2033.

3. Il Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è incrementato di 14,2 milioni di euro per l’anno 2024 e di 2,1 milioni di euro per l’anno 2025.

4. Agli oneri derivanti dal comma 2, valutati in 6,8 milioni di euro per l’anno 2024, 7,5 milioni di euro per l’anno 2025, 10,3 milioni di euro per l’anno 2026, 11,6 milioni di euro per l’anno 2027, 13 milioni di euro per l’anno 2028, 13,4 milioni di euro per l’anno 2029, 13,9 milioni di euro per l’anno 2030, 15,4 milioni di euro per l’anno 2031, 14,9 milioni di euro per l’anno 2032 e 12,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2033 e dal comma 3, pari a 14,2 milioni di euro per l’anno 2024 e 2,1 milioni di euro per l’anno 2025, si provvede:
a) quanto a 6,8 milioni di euro per l’anno 2024, 7,5 milioni di euro per l’anno 2025, 10,2 milioni di euro per l’anno 2026, 10,9 milioni di euro per l’anno 2027, 11,5 milioni di euro per l’anno 2028, 8,2 milioni di euro per l’anno 2029, 4,6 milioni di euro per l’anno 2030, 4,7 milioni di euro per l’anno 2031, 4,8 milioni di euro per l’anno 2031 e 4,9 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2033 mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dal comma 1;
b) quanto a 14,2 milioni di euro per l’anno 2024 e 2,1 milioni di euro per l’anno 2025 mediante utilizzo delle minori spese derivanti dal comma 1;
c) quanto a 0,1 milioni di euro per l’anno 2026, 0,7 milioni di euro per l’anno 2027, 1,5 milioni di euro per l’anno 2028, 5,2 milioni di euro per l’anno 2029, 9,3 milioni di euro per l’anno 2030, 10,7 milioni di euro per l’anno 2031, 10,1 milioni di euro per l’anno 2032, e a 7,3 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2033 mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 203, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.

ART. 22 (Svolgimento in modalità videoconferenza o mista delle riunioni degli Enti previdenziali di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996)

1. Al fine di contenere i costi e consentire la più ampia partecipazione dei componenti, le riunioni degli organi statutari degli enti previdenziali di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, possono svolgersi, anche ordinariamente, in modalità videoconferenza o mista, con i criteri di trasparenza e tracciabilità, identificabilità, sicurezza e protezione dei dati personali di cui all’articolo 73 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.

2. Gli enti interessati, che non prevedono nei propri ordinamenti le modalità di svolgimento delle riunioni di cui al comma 1, sono tenuti a disciplinarle nei rispettivi statuti con apposita delibera da sottoporre ai Ministeri vigilanti, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

ART. 23 (Disposizioni in materia di percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento)

1. All’articolo 1, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, dopo il comma 784 sono inseriti i seguenti: “784-bis. Al fine di condividere e diffondere soluzioni organizzative ed esperienze di eccellenza, presso il Ministero dell’istruzione e del merito è costituito l’Albo delle buone pratiche dei percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO) nel quale sono raccolte le buone pratiche adottate dalle istituzioni scolastiche. Con decreto del Ministero dell’istruzione e del merito sono definite le modalità di costituzione e funzionamento dell’Albo.
784-ter. Ai fini del consolidamento dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento che rispondano a criteri di qualità sotto il profilo formativo e orientativo è istituito presso il Ministero dell'istruzione e del merito l’Osservatorio nazionale per i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento per il sostegno alle attività di monitoraggio e di valutazione dei PCTO, la cui composizione e il relativo funzionamento sono definiti con il decreto di cui al comma 784-quater. All’attuazione del presente comma si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La partecipazione ai lavori dell’Osservatorio non dà diritto ad alcun compenso, indennità, gettone di presenza e qualsivoglia altro emolumento comunque denominato.
784-quater. Con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito sono definite la composizione, le modalità di funzionamento, nonché la durata dell’Osservatorio di cui al comma 784-ter.”

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Sicurezza sul lavoro nelle Forze Armate

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Sicurezza sul lavoro nelle Forze Armate

Sicurezza sul lavoro nelle Forze Armate / Estratto DPR n. 90/2010 Testo Unico dell’Ordinamento Militare (TUOM)

ID 20739 | 08.11.2023 / Documento completo allegato

Il presente Documento, nella prima di 2 parti previste, illustra gli articoli sulla salute e sicurezza sul lavoro per le forze armate estratti dalla norma di riferimento D.P.R 15 marzo 2010 n. 90 Testo Unico dell’Ordinamento Militare (TUOM) combinata con il D.Lgs. 81/2008.

La seconda parte, in elaborazione, affronterà, anche con dettagli grafici e schemi e note, gli elementi specifici sulla salute e sicurezza sul lavoro nel contesto della normativa / altro di riferimento per le Forze Armate.

Massima attenzione è posta dalle Forze Armate alla normativa sulla salute e sicurezza sul lavoro in quanto la stessa "è intrinseca" nell'ambito della tutela dell’integrità psicofisica delle proprie risorse umane, elemento imprescindibile a garanzia della propria efficienza ed efficacia operativa.

Il D.P.R 15 marzo 2010 n. 90 (Testo Unico dell’Ordinamento Militare - TUOM), tratta nel Capo I Artt. 244 al 264, il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro nell’ambito del Ministero della difesa, tali articoli disciplinano l’organizzazione e le attività dirette ad assicurare la tutela della salute e sicurezza del personale militare e civile negli ambienti di lavoro e durante le attività dell’Amministrazione della difesa, in territorio nazionale o all’estero (art. 244, comma 1). Tali norme si applicano alle attività lavorative svolte dal personale di tutte le Forze armate e del Corpo delle capitanerie di porto nelle aree di pertinenza (art. 244, comma 2). All’Arma dei carabinieri, quale Forza armata e Forza militare di polizia in servizio permanente di pubblica sicurezza, ai sensi dell’art. 155 del codice militare, si applicano, in quanto compatibili con il regolamento militare, anche le eventuali ulteriori disposizioni adottate in materia dal Ministero dell’interno, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008 (art. 264).

D.P.R 15 marzo 2010 n. 90 / Testo Unico dell’Ordinamento Militare (TUOM)

Art. 244 Applicazione della normativa in materia di sicurezza
Art. 245 Individuazione delle particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative delle Forze armate
Art. 246 Individuazione del datore di lavoro
Art. 247 Individuazione dei dirigenti e preposti
Art. 248 Comunicazioni, denunce e segnalazioni
Art. 249 Servizio di prevenzione e protezione
Art. 250 Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
Art. 251 Formazione, informazione e addestramento
Art. 252 Strutture per il coordinamento delle attività finalizzate a prevenire gli infortuni e per la tutela della salute dei lavoratori nell'ambito dell'Amministrazione della difesa
Art. 253 Attivita' e luoghi disciplinati dalle particolari norme di tutela tecnico-militari
Art. 254 Controlli tecnici, verifiche, certificazioni, interventi strutturali e manutenzioni
Art. 255 Valutazione dei rischi
Art. 256 Documento unico di valutazione dei rischi da interferenze
Art. 257 Funzioni di medico competente
Art. 258 Comunicazioni, segnalazioni e documenti
Art. 259 Individuazione delle aree riservate, operative o che presentano analoghe esigenze
Art. 260 Istituzione dei servizi di vigilanza
Art. 261 Organizzazione dei servizi di vigilanza
Art. 262 Funzioni dei servizi di vigilanza
Art. 263 Personale addetto ai servizi di vigilanza
Art. 264 Ulteriori disposizioni applicabili all'Arma dei carabinieri

D.Lgs. 81/2008

Art. 3 - Campo di applicazione
...

2. Nei riguardi delle Forze armate...le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità' organizzative ivi comprese quelle per la tutela della salute e sicurezza del personale nel corso di operazioni ed attivita' condotte dalla Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieriindividuate entro e non oltre ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo con decreti emanati, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400” ...

(il Decreto previsto nel presente periodo è ricompreso, per la parte di salute e sicurezza sul lavoro, nel D.P.R. 15 marzo 2010 n. 90 / ndr).

_______

D.P.R. 15 marzo 2010 n. 90
...

Art. 244 Applicazione della normativa in materia di sicurezza

1. Il presente capo, tenuto conto dei principi, delle peculiarità organizzative e delle particolari esigenze connesse al servizio espletato dalle Forze armate, disciplina l'organizzazione e le attività dirette ad assicurare la tutela della salute e sicurezza del personale militare e civile negli ambienti di lavoro e durante le attività dell'Amministrazione della difesa, in territorio nazionale o all'estero.
 
2. Le norme del presente capo si applicano anche alle attività lavorative connesse alle funzioni di cui all'articolo 132 del codice svolte dal personale del Corpo delle capitanerie di porto nelle aree di pertinenza.
 
Art. 245 Individuazione delle particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative delle Forze armate
 
1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, costituiscono particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative delle Forze armate i principi e le peculiarità istituzionali finalizzati a salvaguardare la funzionalità dell'intera struttura militare, da cui dipende la potenzialità operativa delle forze, quali, fra l'altro:
a) l'unicità di comando e controllo;
b) la capacità e la prontezza d'impiego della forza militare e il relativo addestramento, in territorio nazionale e all'estero;
c) la tutela delle informazioni riguardanti le materie di carattere militare o, comunque, concernenti l'efficienza dello strumento militare, le materie concernenti la tutela dell'ordine, della sicurezza e della incolumità pubblica ovvero il contrasto alla criminalità per le quali, nell'interesse della sicurezza nazionale, è ritenuta vietata la divulgazione di notizie, ai sensi delle vigenti norme unificate per la protezione e la tutela delle informazioni classificate e la tutela del segreto di Stato, di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 febbraio 2006 e 8 aprile 2008 e successive modifiche o integrazioni, nonché la tutela degli atti e documenti comunque sottratti all'accesso, a norma dell'articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241;
d) le particolarità costruttive e d'impiego di equipaggiamenti speciali, armi, munizioni, sistemi d'arma, materiali di armamento, mezzi militari operativi, quali unità navali, aeromobili, mezzi armati o di trasporto e relativo supporto logistico, nonché delle aree, infrastrutture e apprestamenti sia fissi che mobili e delle installazioni addestrative speciali, quali i poligoni di tiro e le palestre addestrative, anche con riferimento al disposto di cui all'articolo 74, comma 2, lettera c), del decreto legislativo n. 81 del 2008.
 
2. Ai fini di cui al comma 1, negli immobili e nelle aree di pertinenza dell'Amministrazione della difesa, comprese le strutture e aree in uso, ancorché temporaneamente, all'Arma dei carabinieri per l'esercizio dei compiti concernenti l'ordine e la sicurezza pubblica ovvero di contrasto alla criminalità e quelle in uso al Corpo delle capitanerie di porto per l'esercizio dei compiti d'istituto, devono essere salvaguardate, fra l'altro, le caratteristiche strutturali, organizzative e funzionali e le procedure destinate a:
a) realizzare la protezione e tutela del personale, delle sedi di servizio, installazioni e mezzi, nonché degli impianti e delle apparecchiature, in relazione alle rispettive specifiche condizioni di impiego, contro il pericolo di attentati, aggressioni, introduzioni di armi ed esplosivi, sabotaggi di sistemi, che possano compromettere l'assolvimento dei compiti d'istituto;
b) tutelare la riservatezza e la sicurezza delle telecomunicazioni e dei trattamenti dei dati;
c) garantire misure di sicurezza idonee a prevenire l'evasione di persone sottoposte a misure restrittive delle libertà personale presso le strutture penitenziarie militari ovvero presso i locali dell'Arma dei carabinieri destinati a tale esigenza.

Art. 246 Individuazione del datore di lavoro

1. Nell'ambito dell'Amministrazione della difesa, le funzioni di datore di lavoro, salvo quanto previsto ai commi da 2 a 7, fanno capo ai titolari di enti e distaccamenti che, ancorché non aventi qualifica dirigenziale, siano preposti a un comando o ufficio avente autonomia gestionale e dotati di autonomi poteri decisionali e di spesa.
 
2. In deroga a quanto previsto al comma 1, nel rispetto delle peculiarità organizzative istituzionali che prevedono l'unicità di comando e controllo, assolvono le funzioni di datore di lavoro, limitatamente al personale dipendente, anche i dirigenti e funzionari degli organismi centrali e periferici delle aree tecnico-amministrativa, tecnico-industriale e tecnico-operativa dell'Amministrazione della difesa e le strutture di diretta collaborazione del Ministro della difesa che, ancorché non siano dotati di autonomi poteri di spesa, sono però competenti a disciplinare l'organizzazione del lavoro e possiedono piena autonomia per effettuare la valutazione dei rischi, ferme restando le responsabilità dei dirigenti o funzionari che, per effetto delle disposizioni previste dagli ordinamenti di appartenenza, hanno l'obbligo di provvedere all'adozione di misure di prevenzione per le quali sono necessari autonomi poteri decisionali e di spesa. I predetti datori di lavoro sono responsabili limitatamente agli effettivi poteri di gestione posseduti.
 
3. La responsabilità della salute e sicurezza del personale compete anche ai dirigenti centrali o territoriali delle aree tecnico-operativa, tecnico-amministrativa e tecnico-industriale che, ancorché non siano dotati di autonomi poteri decisionali e di spesa, sono però responsabili della pianificazione e gestione finanziaria delle risorse di bilancio ovvero dell'assegnazione ai comandi o uffici di cui al comma 1 delle risorse per il soddisfacimento della sicurezza, limitatamente a tali attività. Per le unità navali della Marina militare e del Corpo delle capitanerie di porto, la suddetta responsabilità grava, in diversa misura, sia sul comandante, deputato all'impiego del personale dipendente e delle risorse assegnate, sia sulle autorità sovraordinate, competenti a disciplinare l'organizzazione del lavoro, che su quelle competenti per la fase di realizzazione e allestimento, manutenzione, condotta e addestramento, nonché ad assegnare le risorse per il soddisfacimento delle norme di sicurezza vigenti.
 
4. Per il personale dell'Amministrazione della difesa che presta servizio con rapporto di dipendenza funzionale presso gli organismi di vertice centrali delle aree tecnico-operativa, tecnico-amministrativa e tecnico-industriale della difesa o presso Forza armata diversa da quella di appartenenza ovvero presso altre amministrazioni pubbliche, organi o autorità nazionali, gli obblighi di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, sono a carico del datore di lavoro designato, nel proprio ambito, dall'organismo di vertice centrale della difesa, ovvero dalla Forza armata, amministrazione, organo o autorità ospitante, ai sensi dell'articolo 3, comma 6 del medesimo decreto legislativo.
 
5. Per le basi e i comandi NATO e UE multinazionali presenti sul territorio nazionale, il comandante del comando nazionale alla sede o quartier generale è responsabile, nelle funzioni di supporto della nazione ospite, del rispetto dell'applicazione della normativa nazionale e dei regolamenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, assumendo, a tal fine, le funzioni di datore di lavoro  per il personale, le strutture e i materiali assegnati
.
6. Il Capo di stato maggiore della difesa, i Capi di stato maggiore di Forza armata e il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri per l'area tecnico-operativa, nonché il Segretario generale della difesa per le aree tecnico-amministrativa e tecnico-industriale e il Capo di Gabinetto del Ministro della difesa per gli uffici di diretta collaborazione, con proprie determinazioni individuano nell'ambito delle rispettive organizzazioni, secondo quanto disposto dall'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 81 del 2008, gli incarichi a cui sono associate le funzioni e responsabilità di datore di lavoro, tenuto conto dei criteri recati dai commi 1 - 5, nonché delle peculiarità organizzative e delle specifiche effettive esigenze connesse al servizio espletato.
Analogamente provvede, per il Corpo delle capitanerie di porto, il Comandante generale del Corpo.
 
7. Con il provvedimento di cui al comma 6 possono essere altresì attribuiti alcuni specifici obblighi propri del datore di lavoro a unità organizzative, a livello centrale o periferico, istituzionalmente competenti in materia.

Art. 247 Individuazione dei dirigenti e preposti

1. Ai sensi di quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettere d) ed e), del decreto legislativo n. 81 del 2008, nell'Amministrazione della difesa, a fini di prevenzione, si intende per:
a) «dirigente»: il lavoratore militare o civile che, ancorché non dotato di qualifica dirigenziale, in ragione delle competenze professionali e dei poteri gerarchici e funzionali attribuiti e in relazione all'effettivo elevato livello di autonomia, sia responsabile di unità organizzative con rilevanza interna o esterna dell'Amministrazione della difesa e, in tale veste, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa;
b) «preposto»: il lavoratore militare o civile cui, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, fanno capo doveri di sovrintendere e sorvegliare direttamente le attività lavorative del personale dipendente, con cui intercorre un rapporto d'impiego immediato, anche temporaneo, e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.

Art. 248 Comunicazioni, denunce e segnalazioni

1. Le comunicazioni o segnalazioni all'Istituto nazionale per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)  di dati o informazioni concernenti la tutela della sicurezza e della salute del personale militare dell'Amministrazione della difesa, ivi compresi gli infortuni sul lavoro, previste a carico del datore di lavoro dal decreto legislativo n. 81 del 2008, fatto salvo quanto previsto ai commi da 2 a 4, sono sostituite da analoghe comunicazioni o segnalazioni inoltrate alle competenti articolazioni del Ministero della difesa, secondo le procedure stabilite dallo Stato maggiore della difesa. Tali articolazioni comunicano all'INAIL i dati in loro possesso relativi agli infortuni e alle malattie professionali del personale militare; i predetti dati sono:
a) adeguatamente aggregati e resi coerenti con le esigenze di elaborazione dei predetti Enti assicuratori:
b) comunicati per via telematica e con cadenza annuale;
c) comunicati in forma anonima e per fini statistici.
 
2. L'obbligo del datore di lavoro di comunicare annualmente all'INAIL i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, previsto dall'articolo 18, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 81 del 2008, è sostituito da analoga comunicazione inoltrata dal datore di lavoro alla struttura ordinativa di cui all'articolo 252. L'organismo di cui all'articolo 252 che riceve le comunicazioni, provvede a richiedere alla struttura sindacale competente per territorio, la nomina di un Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale per quegli Enti nei quali non risulta eletto o designato alcun Rappresentante per la sicurezza locale.
 
3. Restano ferme, con riferimento al solo personale civile dell'Amministrazione della difesa, gli obblighi di comunicazioni o segnalazioni all'Istituto nazionale per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro o all'Istituto di previdenza per il settore marittimo di cui al comma 1. Le medesime comunicazioni o segnalazioni di cui al precedente periodo sono comunque inoltrate alle articolazioni di cui al comma 1.
 
4. L'obbligo del datore di lavoro di denunciare all'autorità locale di pubblica sicurezza ogni infortunio sul lavoro che ha per conseguenza la morte o l'inabilità al lavoro per più di tre giorni, previsto dall'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, è assolto, nell'ambito dell'Amministrazione della difesa e con riferimento agli infortuni occorsi sia al personale civile che al personale militare, con analoga comunicazione inoltrata, ove presente, al competente Comando dei carabinieri dell'organizzazione di polizia militare di Forza armata e al servizio di vigilanza di cui agli articoli 260 e seguenti.
 
Art. 249 Servizio di prevenzione e protezione
 
1. Nell'ambito dell'Amministrazione della difesa, al fine di tutela delle informazioni di cui, nell'interesse della difesa militare e della sicurezza nazionale, è vietata la divulgazione, ai sensi delle vigenti norme unificate per la protezione e la tutela delle informazioni classificate e per la tutela del segreto di Stato, il servizio di prevenzione e protezione di cui agli articoli 31 e seguenti del decreto legislativo n. 81 del 2008, è costituito esclusivamente dal personale militare o civile dell'Amministrazione della difesa, in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32 del medesimo decreto legislativo, nonché di adeguata abilitazione di sicurezza.
 
2. Il personale di cui al comma 1 è individuato nel numero ritenuto sufficiente in ragione dell'ubicazione, dell'ambito funzionale, dell'ordinamento e delle caratteristiche degli organismi interessati.
 
3. Nelle attività operative e addestrative svolte da singoli reparti delle Forze armate fuori dell'ordinaria sede stanziale, i compiti del servizio di prevenzione e protezione e la
funzione di responsabile del servizio sono assicurati, ove necessario, da personale individuato secondo le procedure tecnico-operative che disciplinano tali specifiche attività.
 
4. Ai sensi dell'articolo 31, comma 8, del decreto legislativo n. 81 del 2008, nelle realtà comprensoriali ove insistono più organismi dell'Amministrazione della difesa, ferme restando le responsabilità di ciascun titolare per la propria area e di uno di essi anche per le aree, impianti e servizi comuni, puo' essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione, costituito con il concorso di personale di tutti gli organismi e con l'incarico di operare a favore dei singoli datori di lavoro. Analogamente, puo' essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione se al medesimo datore di lavoro fanno capo più organismi dislocati anche oltre l'ambito comunale.

Art. 250 Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

1. Nell'Amministrazione della difesa operano sia i rappresentanti dei lavoratori militari per la sicurezza che i rappresentanti dei lavoratori civili per la sicurezza della stessa Amministrazione.

2. I rappresentanti dei lavoratori civili per la sicurezza sono eletti o designati secondo le modalità previste dagli articoli 47 e seguenti del decreto legislativo n. 81 del 2008, e nel rispetto degli accordi collettivi nazionali tra le organizzazioni sindacali e l'Agenzia per la rappresentanza delle amministrazioni nel pubblico impiego.

3. I rappresentanti dei lavoratori militari per la sicurezza sono designati dal datore di lavoro su proposta non vincolante degli organi della rappresentanza militare (COBAR, di cui all'articolo 871, libro IV, titolo IX, capo I, sezione I). Nell'ambito di ciascuna organizzazione antinfortunistica è previsto un rappresentante militare dei lavoratori per la sicurezza per una forza organica fino a 200 militari, due per una forza organica da 201 a 1000, tre oltre 1000 dipendenti militari.

4. In funzione del numero dei rappresentanti da designare, il COBAR di riferimento dell'organismo interessato, entro trenta giorni dalla richiesta, propone al datore di lavoro, rispettivamente, tre, sei o dodici militari in possesso dei requisiti di cui al comma 5 e individuati in modo da rappresentare le diverse articolazioni funzionali e territoriali dell'organismo di riferimento. Il datore di lavoro, verificati i requisiti, designa, tra quelli proposti, i rappresentanti dei lavoratori militari per la sicurezza nel numero previsto per la propria organizzazione antinfortunistica. Se il COBAR non propone alcun nominativo entro il suddetto termine ovvero ne segnali un numero inferiore a quello previsto, il datore di lavoro procede alla designazione dei rappresentanti dei lavoratori militari per la sicurezza fra il personale dipendente in possesso dei prescritti requisiti. Analogamente procede il datore di lavoro se il personale militare proposto non è in possesso dei previsti requisiti.

5. I rappresentanti dei lavoratori militari per la sicurezza devono essere in possesso dei requisiti previsti per i delegati delle rappresentanze militari e per essi valgono gli stessi vincoli, limitazioni e tutele di cui al libro IV del codice, titolo IX, capo III e al libro IV del presente regolamento, titolo IX , capo I.

6. Ai rappresentanti dei lavoratori militari per la sicurezza competono le attribuzioni previste nel decreto legislativo n. 81 del 2008. Le attività connesse al mandato sono svolte per servizio.
L'incarico è trascritto nella documentazione matricolare dell'interessato, secondo le vigenti disposizioni.

7. L'incarico di rappresentante dei lavoratori militari per la sicurezza ha la durata di tre anni. Il militare non puo' rifiutare la designazione o interrompere il mandato, salvo che per gravi e comprovati motivi, e cessa anticipatamente dall'incarico, con determinazione del datore di lavoro, per una delle seguenti cause:
a) cessazione dal servizio o passaggio ad altra categoria;
b) trasferimento a un reparto facente capo a una organizzazione antinfortunistica diversa da quella di appartenenza;
c) perdita di uno o più requisiti per la designazione;
d) aver riportato sanzioni disciplinari per violazione delle norme sulla rappresentanza militare.

8. I rappresentanti, militari o civili, dei lavoratori per la sicurezza devono essere in possesso di adeguata abilitazione di sicurezza.

9. Ai sensi degli articoli 47, comma 8, e 48, 495152 del decreto legislativo n. 81 del 2008, negli organismi dell'Amministrazione della difesa, tenuto conto delle peculiarità organizzative e dell'esigenza di tutela delle informazioni classificate o comunque riguardanti la prontezza e funzionalità dell'intera struttura militare o connesse con il segreto di Stato, gli eventuali rappresentanti civili dei lavoratori per la sicurezza territoriali ovvero di sito produttivo possono essere individuati esclusivamente tra il personale dell'Amministrazione della difesa.

10. Nell'Amministrazione della difesa, tenuto conto delle peculiarità organizzative istituzionali che prevedono l'unicità di comando e controllo, l'autorità cui i rappresentanti, militari o civili, dei lavoratori per la sicurezza possono far ricorso, ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera o), del decreto legislativo n. 81 del 2008, se ritengono inadeguate le misure prevenzionistiche adottate, si identifica nell'autorità gerarchicamente sovraordinata al datore di lavoro.

Art. 251 Formazione, informazione e addestramento

1. Il datore di lavoro e gli altri comandanti o responsabili di unità organizzative, quali dirigenti e preposti e nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, assicurano che ciascun lavoratore riceva una informazione, formazione e addestramento sufficienti e adeguati in materia di sicurezza e salute durante il lavoro, con particolare riferimento al proprio posto e luogo di lavoro e alle specifiche mansioni, comprese quelle temporaneamente assegnate per l'esecuzione di un compito specifico, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 36 e 37 del decreto legislativo n. 81 del 2008.

2. Il Segretario generale della difesa, d'intesa con gli Stati maggiori di Forza armata, i Comandi generali dell'Arma dei carabinieri e del Corpo delle capitanerie di porto, nonché le Direzioni generali competenti per la materia, svolge azione di indirizzo sulla formazione di tutto il personale dell'Amministrazione della difesa.

3. L'attività formativa, predisposta e condotta, in via principale, dalla Scuola di formazione e perfezionamento del personale civile della difesa e da altri istituti dell'amministrazione della difesa, anche ai sensi dell'articolo 32, comma 4, del decreto legislativo n. 81 del 2008, ovvero da istituti, enti e organizzazioni esterni all'Amministrazione della difesa e da questa individuati, comprendera' seminari, conferenze e cicli di formazione e di aggiornamento.

4. L'attività formativa di base in materia di sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro e di gestione delle emergenze, anche ai sensi degli articoli 11, comma 4, e 43, comma 3, del decreto legislativo n. 81 del 2008, è attuata, ove possibile, avuto riguardo e nei limiti delle risorse disponibili, nell'ambito dei cicli formativi e addestrativi di base per l'immissione nei ruoli del personale militare e civile dell'Amministrazione della difesa, secondo programmi didattici, distinti per ruoli di appartenenza, che rispettano i contenuti dei percorsi formativi previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008, e sono altresì rivolti ai rischi tipici e alle peculiarità tecniche, operative e organizzative delle Forze armate.

5. Le attività formative definite a livello centrale, anche se svolte a livello decentrato, si concludono con il rilascio di apposito attestato di frequenza ed essere trascritte nei documenti matricolari degli interessati. Le trascrizioni e la documentazione di cui al periodo precedente sono sostitutive della registrazione nel libretto formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
[...]

Art. 255 Valutazione dei rischi

1. Fermo restando gli obblighi del datore di lavoro ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 81 del 2008, ai fini della valutazione dei rischi nelle attività e nei luoghi di lavoro dell'Amministrazione della difesa, la responsabilità della salute e sicurezza del personale compete anche ai dirigenti militari e civili degli organismi delle aree tecnico-operativa, tecnico-amministrativa e tecnico-industriale che provvedono all'individuazione delle disposizioni tecniche e capitolati tecnici d'opera dei materiali, delle armi, delle installazioni e dei mezzi di cui all'articolo 253, comma 3, lettera d), ovvero al loro approvvigionamento e alla fornitura ai destinatari finali.
 
2. I dirigenti militari e civili degli organismi delle aree tecnico-operativa, tecnico-amministrativa e tecnico-industriale che provvedono all'individuazione delle disposizioni tecniche e capitolati tecnici d'opera dei materiali, delle armi, delle installazioni e dei mezzi di cui all'articolo 253, comma 3, lettera d), ovvero al loro approvvigionamento, devono comunicare ai datori di lavoro destinatari dei beni, mezzi e materiali di cui al medesimo comma 1, affinchè ne tengano conto nella valutazione dei rischi e nella elaborazione del documento previsto dall'articolo 28 del decreto legislativo n. 81 del 2008, le informazioni concernenti:
a) la natura, la tipologia e le caratteristiche costruttive dei materiali e loro componenti;
b) i possibili rischi per la salute e sicurezza del personale, in conseguenza dell'utilizzo dei predetti beni, mezzi e materiali;
c) le principali misure tecnico-organizzative e sanitarie da adottare nell'utilizzo dei citati beni, mezzi e materiali, al fine di eliminare, ridurre o contenere possibili rischi per la salute, avuto riguardo alla natura e alla priorità degli obiettivi istituzionali da raggiungere.
 
3. Nell'ambito dell'Amministrazione della difesa, tenuto conto che le vigenti disposizioni in materia di organizzazione del lavoro, rapporti gerarchici, relazioni con i superiori e doveri propri di quest'ultimi, di cui, fra gli altri, al libro IV del codice, titolo VIII e al libro IV del regolamento, titolo VIII, sono già preordinate anche alla prevenzione dei rischi psicosociali e dei loro possibili effetti sulla salute negli ambienti di lavoro militari, la valutazione dei rischi collegati allo stress lavoro-correlato, di cui all'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, al fine di adottare le conseguenti misure di prevenzione e sorveglianza sanitaria, è effettuata dal datore di lavoro se ne è segnalata la necessità dai competenti servizi sanitari delle Forze armate a seguito delle attività espletate in applicazione delle vigenti disposizioni in materia di idoneità fisica, psichica e attitudinale al servizio per il personale militare e civile della difesa.
 
4. Fatto salvo quanto previsto ai commi 1 e 3, nella valutazione dei rischi e nella elaborazione del documento previsto dall'articolo 28 del decreto legislativo n. 81 del 2008, l'Amministrazione della difesa deve tener conto, altresì, delle particolari esigenze individuate ai sensi dell'articolo 245 e delle norme di tutela tecnico-militare per la sicurezza e la salute del personale impiegato, individuate ai sensi dell' articolo 253.
...
segue in allegato
 
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Decreto 18 novembre 1996

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Decreto 18 novembre 1996

Applicazione del Decreto Legislativo 19 settembre 1994 n. 626 (Individuazione del datore di lavoro e Vigilanza)

( B.U. n. 2 del 31 gennaio 1997)

Visto l'articolo 2, comma 1 lettera b), secondo periodo, del decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626, come sostituito dall'articolo 2 del decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242;

Visto l'articolo 30, comma 1, del decreto legislativo 19 marzo 1996 n. 242;

Visto il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni;

Ritenuto che occorre procedere all'individuazione dei dirigenti e dei funzionari che, secondo le citate disposizioni normative ed ai fini dalle stesse previsti, devono essere considerati datori di lavoro nell'ambito del Ministero di Grazia e Giustizia;

DECRETA

Art. 1 Individuazione del datore di lavoro

Ai sensi e per gli effetti dei decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626, come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996 n. 242, sono datori di lavoro:
per gli uffici dell'amministrazione centrale dei ministero di grazia e giustizia, ciascun direttore generale, nonché, il capo dell'ufficio legislativo, il capo dell'ispettorato generale, il direttore dell'ufficio centrale per la giustizia minorile e il direttore dell'ufficio per i servizi informativi automatizzati;
per l'istituto superiore di studi penitenziari, per le scuole di formazione ed aggiornamento dei personale penitenziario, per il centro amministrativo "G. Altavista", per i magazzini vestiario dell'amministrazione penitenziaria, per gli istituti di prevenzione e pena e per i centri di servizio sociale per adulti, i rispettivi direttori;
per i provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria, i rispettivi provveditori regionali;
per i centri per la giustizia minorile, i rispettivi direttori, che sono datori di lavoro anche per tutti i servizi minorili insistenti nel territorio di competenza previsti dall'articolo 8 dei decreto legislativo 28 luglio 1989, n 272, esclusi gli istituti penali per i minorenne;
per le scuole di formazione dei personale minorile e per gli istituti penali per i minorenni, i rispettivi direttori;
per l'ufficio centrale degli archivi notarili il direttore, e per i singoli archivi notarili, i rispettivi capi;
per gli uffici giudiziari, i rispettivi capi, e. in particolare, per gli uffici dei giudice di pace, il giudice di pace coordinatore, per i commissariati agli usi civici, i commissari, e per la direzione nazionale antimafia, il procuratore nazionale antimafia;
per l'ufficio speciale per la gestione e manutenzione degli uffici giudiziari di Napoli il direttore dell'ufficio.

Art. 2 Vigilanza (*) 

L'amministrazione della giustizia per l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, prevista dall'art. 23 del decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 62, come sostituito dall'articolo 10 dei decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, si avvale dei servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie.

Roma, 18 novembre 1996

IL MINISTRO
Giovanni Maria Flick
_________

(*) Modificato da Decreto 5 agosto 1998 in:

Art. 2 Vigilanza

L'Amministrazione della giustizia, per l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, prevista dall'articolo 23 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come sostituito dall'articolo 10 del decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, si avvale dei servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie, integrati con i servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e di polizia.
Per le finalità di cui al comma 1, il Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria ha il compito di organizzare i servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie e provvede ad integrare gli stessi con il personale sanitario e tecnico dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia mediante convenzioni con i rispettivi Ministeri.

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Database Soggetti abilitati verifiche periodiche

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Database Soggetti abilitati verifiche periodiche / Update 03 Luglio 2024

Update 03 Luglio 2024

Disponibile il database online del 53° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche e Tabella formato PDF accessibile.

Pubblicato il Decreto Direttoriale n. 62 del 03 Luglio 2024

Scarica questo file (Elenco soggetti abilitati verifiche periodiche - 23.11.2018.pdf)  Download Tabella Soggetti abilitati verifiche periodiche - 03 Luglio 2024

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Consulta online e scarica l'elenco completo PDF Update 03.07.2024 elaborato Certifico

________

Decreto 11 aprile 2011 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali "Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo".

D.Lgs. 81/2008
...
Art. 71 c.13.
Le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.


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