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Linee guida campionameto allergeni indoor nella polvere uffici

ID 20858 | | Visite: 2772 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Linee guida campionameto allergeni indoor nella polvere uffici

Linee guida: allergeni indoor nella polvere degli uffici campionamento e analisi

ID 20858 | 28.11.2023 / In allegato INAIL 2003

L’importanza degli agenti biologici come fattori di pericolo negli ambienti di lavoro è andata sempre meglio delineandosi nel corso degli anni. In particolare, nell’ambito del rischio biologico, gli allergeni cosiddetti “indoor” hanno assunto un ruolo significativo e le patologie ad essi correlate, in forte crescita, costituiscono ormai un fenomeno di rilevanza sociale.

Il D. Lgs. 626/94 (ora D.Lgs. 81/2008 Titolo X Esposizione ad agenti biologici / ndr) ha dedicato un intero Titolo (con Allegati) agli agenti biologici; ciò nonostante, non esistono allo stato attuale procedure standardizzate di accertamento e valutazione del rischio, né indicazioni ufficiali relative ai livelli di esposizione accettabili ai fini sanitari. La presente Linea Guida è dedicata alle problematiche relative al campionamento e all’analisi degli allergeni indoor ed ha lo scopo dichiarato di aiutare e indirizzare verso una metodologia il più possibile omogenea coloro che saranno chiamati ad eseguire accertamenti negli uffici. 
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In ambito occupazionale, l’identificazione di una relazione "dose-risposta" costituisce spesso una premessa fondamentale per la valutazione del rischio e la prevenzione delle tecnopatie. Tuttavia, a differenza di quanto avviene con il rischio di natura chimica, per gli agenti biologici non esistono limiti di esposizione utilizzabili con funzioni di valori soglia.  Per gli allergeni indoor, oltre alla difficoltà di stabilire dei valori soglia per la sensibilizzazione o lo scatenamento di una sintomatologia acuta, si aggiunge la difficoltà di procedere ad un’idonea valutazione del rischio, dal momento che attualmente non esiste un consenso unanime sulle modalità di campionamento e sulle tecniche di analisi da adottare. 

Ciò premesso e ai fini della valutazione del rischio, risulta necessario approfondire le problematiche relative al campionamento e alle tecniche relative al dosaggio degli allergeni al fine di stabilire criteri analitici rigorosi. In tale contesto e da tale esigenza, la Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione dell'INAIL (CONTARP) ha avviato nel 2001 un progetto mirato allo studio delle diverse problematiche relative al monitoraggio degli allergeni di origine biologica negli ambienti di lavoro confinati (c.d. indoor), in particolare negli uffici.  Il D.Lgs. 626/1994 (art. 1) (ora D.Lgs. 81/2008 Titolo X Esposizione ad agenti biologici / ndr ) ha, infatti, esteso il campo di applicazione delle norme di sicurezza e igiene a tale tipologia di ambiente di lavoro, peraltro molto simile agli ambienti domestici, dove la problematica degli allergeni indoor è stata già da tempo investigata ed è, quindi, maggiormente nota, come testimonia l'abbondante letteratura scientifica in materia.  

INDICE
Premessa
1. Introduzione
2. Allergeni indoor e terziario
3. Principali allergeni indoor
3.1 Acari
3.2 Animali domestici
3.3 Muffe
3.4 Blatte
4.Valori soglia
5.Il monitoraggio ambientale degli allergeni indoor
5.1 Campionamento d'aria
5.2 Campionamento di polvere
6. Valutazione qualitativa e quantitativa degli allergeni
6.1 Conta degli acari al microscopio ottico
6.2 Dosaggio della guanina
6.3 Dustscreen
6.4 Aclotest
6.5 Analisi immunoenzimatica mediante anticorpi monoclonali
7. Il protocollo adottato
7.1 Scelta degli ambienti
7.2 Raccolta della polvere
7.3 Estrazione degli allergeni dalla polvere e loro quantificazione
8. Letteratura essenziale
9. Elenco di alcuni siti Web e riviste scientifiche

Allegati
Allegato 1 - Attrezzature, materiali e reagenti
Allegato 2 - Scheda campagna di monitoraggio
Allegato 3 - Modulo e scheda invio campioni al Laboratorio CONTARP di Igiene Industriale
Allegato 4 A - Protocollo di analisi per Der p 1
Allegato 4 B - Protocollo di analisi per Der f 1
Allegato 4 C - Protocollo di analisi per Mite Group 2
Allegato 4 D - Protocollo di analisi per Bla g 2
Allegato 4 E - Protocollo di analisi per Fel d 1
Allegato 4 F - Protocollo di analisi per Asp f 1
Allegato 4 G - Protocollo di analisi per Alt a 1

INAIL 2003

Titolo X Esposizione ad agenti biologici

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Provvedimento GPDP dell'11 gennaio 2024 - Videosorveglianza, no all'IA che viola la privacy

ID 21257 | | Visite: 463 | News Sicurezza

Provvedimento GPDP dell 11 gennaio 2024

Provvedimento GPDP dell'11 gennaio 2024 - Videosorveglianza, no all'IA che viola la privacy

21257 | 29.01.2024 / In allegato

Provvedimento GPDP dell'11 gennaio 2024 - Videosorveglianza, no all'intelligenza artificiale che viola la privacy

Il Garante sanziona il Comune di Trento per aver condotto due progetti di ricerca scientifica, utilizzando telecamere, microfoni e reti sociali, in violazione della normativa sulla protezione dati

No del Garante al trattamento dei dati personali nel Comune di Trento nell’ambito dei progetti di ricerca scientifica Marvel e Protector: diritti a rischio in assenza dei necessari presupposti di liceità. Il Comune dovrà pagare una sanzione di 50.000 euro e cancellare i dati trattati in violazione di legge.

I progetti, finanziati con fondi europei, hanno come obiettivo lo sviluppo di soluzioni tecnologiche volte a migliorare la sicurezza in ambito urbano, secondo il paradigma delle “città intelligenti” (smart cities).

In particolare, il progetto Marvel (“Multimodal Extreme Scale Data Analytics for Smart Cities Environments”) prevedeva l’acquisizione di filmati dalle telecamere di videosorveglianza già installate nel territorio comunale per finalità di sicurezza urbana, nonché dell’audio ottenuto da microfoni appositamente collocati sulla pubblica via. I dati, che ad avviso del Comune sarebbero stati immediatamente anonimizzati dopo la raccolta, venivano analizzati per rilevare in maniera automatizzata, mediante tecniche di intelligenza artificiale, eventi di rischio per la pubblica sicurezza. Il progetto Protector (“PROTECTing places of wORship”) prevedeva invece, oltre all’acquisizione dei filmati di videosorveglianza (senza segnale audio), la raccolta e l’analisi di messaggi e commenti d’odio pubblicati sui social, rilevando eventuali emozioni negative ed elaborando informazioni d’interesse per le Forze dell’ordine, allo scopo di identificare rischi e minacce per la sicurezza dei luoghi di culto.

Dopo un’approfondita istruttoria, il Garante ha rilevato molteplici violazioni della normativa privacy.

Il Comune di Trento, che non annovera la ricerca scientifica tra le proprie finalità istituzionali, non ha comprovato la sussistenza di alcun quadro giuridico idoneo a giustificare i trattamenti dei dati personali - relativi anche a reati e a categorie particolari - e la conseguente ingerenza nei diritti e nelle libertà fondamentali delle persone. Tenuto conto che i dati venivano condivisi anche con soggetti terzi, tra cui i partner di progetto, i trattamenti effettuati sono stati quindi ritenuti illeciti.

Si sono rivelate inoltre insufficienti le tecniche di anonimizzazione impiegate per ridurre i possibili rischi di reidentificazione per gli interessati.

Criticità sono emerse anche sotto il profilo della trasparenza. Il Comune non aveva infatti compiutamente descritto i trattamenti nelle informative di primo e di secondo livello, come la possibilità che anche le conversazioni potessero essere registrate dai microfoni installati sulla pubblica via.

Inoltre, nonostante i due progetti comportassero l’impiego di nuove tecnologie e la sorveglianza sistematica di zone accessibili al pubblico, il Comune non ha comprovato di aver effettuato una valutazione d’impatto prima di iniziare il trattamento.

Pur riconoscendo alcuni fattori attenuanti, il Garante ha stigmatizzato le massive e invasive modalità di trattamento poste in essere, che hanno comportato significativi rischi per i diritti e le libertà degli interessati, anche di rango costituzionale.

Poiché simili forme di sorveglianza negli spazi pubblici possono modificare il comportamento delle persone e condizionare anche l’esercizio delle libertà democratiche, l’Autorità si è comunque dichiarata come sempre aperta al dialogo, sia con il Comune di Trento sia con ogni altra amministrazione, per dare supporto ad ogni eventuale futura iniziativa di uso dell’AI da realizzare in conformità con le norme sulla privacy.

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Fonte: GPDP

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Nota INL n.694 del 24.01.2024

ID 21251 | | Visite: 3005 | News Sicurezza

Nota INL n 694 del 24 01 2024   Chiarimenti certificazione dei contratti D P R  n  177 2011

Nota INL n.694 del 24.01.2024 / Chiarimenti certificazione dei contratti D.P.R. n. 177/2011

ID 21251 | 27.01.2024 / In allegato

Oggetto: D.P.R. n. 177/2011 problematiche sui luoghi confinati e ambienti sospetti di inquinamento.

Sono pervenute a questa Direzione generale, da parte degli Uffici territoriali, alcune richieste di chiarimento in ordine alle problematiche concernenti l’obbligatorietà della certificazione dei contratti ai sensi del Titolo VIII, capo I, del D.Lgs. n. 276/2003 per il personale impiegato in servizi resi in ambienti sospetti di inquinamento o confinati in regime di appalto o subappalto, problematica sulla quale occorre svolgere le seguenti osservazioni condivise con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

In via preliminare occorre evidenziare che il D.P.R. 14 settembre 2011, n. 177 ha dato attuazione all’art. 6, comma 8, del D.Lgs. n. 81/2008 e ha introdotto alcune disposizioni finalizzate a qualificare le imprese ed i lavoratori operanti in “in ambienti sospetti di inquinamento di cui agli articoli 66121 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e negli ambienti confinati di cui all'allegato IV, punto 3, del medesimo decreto legislativo” (art. 1, comma 2).

L’art. 2 del D.P.R. n. 177/2011 prevede che qualsiasi attività lavorativa, nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati, possa essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi che siano in possesso dei requisiti previsti dallo stesso articolo.

Le lettere a) e b), dell’art. 2 citato evidenziano un’applicazione rigorosa ed integrale delle norme di sicurezza in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria ed adozione delle misure di gestione delle emergenze. Il suddetto obbligo vale per tutte le tipologie di azienda e quindi anche per i lavoratori autonomi, soprattutto in termini di sorveglianza sanitaria. 

Inoltre il comma 1, lett. c), dell’art. 2 del medesimo D.P.R. n. 177/2011 prevede, quale requisito obbligatorio, la “presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto”. La misura del 30% deve intendersi riferita al personale impiegato sulla specifica attività, indipendentemente dal numero complessivo della forza lavoro della stessa azienda (vedi nota MLPS prot. n. 11649 del 27 giugno 2013).

La citata disposizione impone dunque alle imprese l‘obbligo di utilizzo di personale qualificato, stabilendone i requisiti minimi – esperienza almeno triennale – e la tipologia contrattuale, la quale deve essere generalmente di tipo subordinato a tempo indeterminato. Qualora l’impresa decida di utilizzare personale con altre tipologie contrattuali, allora l’impresa dovrà procedere alla certificazione del contratto di lavoro ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003.

Inoltre, nel caso in cui l’impiego del personale in questione avvenga in forza di un contratto di appalto, occorrerà certificare i relativi contratti di lavoro del personale utilizzato dall’appaltatore – ancorché siano contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato – ma non certificare anche il contratto “commerciale” di appalto.

Tali certificazioni, ovviamente, potranno essere utilizzate dall’appaltatore per tutta la durata dei rapporti di lavoro cui si riferiscono, a prescindere dalla circostanza che la certificazione sia stata effettuata in occasione di uno specifico appalto. 

Tale posizione interpretativa deriva anzitutto dalla disamina delle ulteriori disposizioni di cui al D.P.R. n. 177/2011 e, in particolare, dell’art. 2, comma 2 – secondo il quale “in relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati (…)” – che subordina il ricorso al subappalto ai casi in cui sia autorizzato dal committente e sia certificato ai sensi del titolo VII, capo I del D.Lgs. n. 276/2003.

Se dunque l’intento del legislatore era quello di rendere obbligatoria la certificazione dei contratti di lavoro in tutte le ipotesi di esternalizzazione dell’attività produttiva – ivi compresi i contratti di appalto e non solo di subappalto – lo avrebbe previsto in maniera esplicita.

Peraltro, il comma 1, lett. c), dell’art. 2 sopra menzionato definisce i requisiti che devono avere i lavoratori addetti alle lavorazioni in ambienti confinati e sospetti di inquinamento e non si rivolge ai rapporti intercorrenti tra il committente e l’appaltatore. In secondo luogo, prevedere la certificazione dei contratti di lavoro del personale utilizzato dall’appaltatore (ma non anche del contratto “commerciale” di appalto) è già di per sé una garanzia in ordine sia ai requisiti di esperienza richiesti dalla norma, sia per quanto concerne i trattamenti retributivi e normativi riservati a tale personale che, evidentemente, costituiscono anch’essi un indice di regolarità dell’appalto.

Ciò premesso va poi chiarito che l’individuazione dell’organo di certificazione cui far riferimento è il luogo in cui è svolta l'attività, qualora ci si rivolga ad un soggetto che ha una competenza territoriale (Ispettorato del lavoro, Province, Consigli provinciali dell’Ordine dei consulenti del lavoro, Enti bilaterali regionali o provinciali); nel caso in cui ci si rivolga alle Università o alle Fondazioni Universitarie non c’è un problema di competenza territoriale, potendo tali organi certificare in ambito nazionale.

È da ultimo opportuno evidenziare che l'attività istruttoria propria della Commissione di certificazione non può limitarsi a verificare la mera sussistenza dei requisiti organizzativi, ma dovrà approfondire, occupandosi delle tipologie contrattuali dei lavoratori impiegati e della loro esperienza professionale, del possesso del DURC in capo alle imprese, dell’applicazione integrale del CCNL, degli adempimenti compiuti dal committente in relazione alla verifica dell’idoneità tecnico-professionale. 

segue in allegato

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 1959 | 17 gennaio 2024

ID 21245 | | Visite: 608 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 17 gennaio 2024 n. 1959

ID 21245 | 26.01.2024

Cassazione Penale Sez. 4 del 17 gennaio 2024 n. 1959 - Responsabilità del venditore di una terna priva di un dispositivo di sicurezza per la morte dell'operatore

Penale Sent. Sez. 4 Num. 1959 Anno 2024
Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente 
Dott. CAPPELLO Gabriella - Relatore 

Ritenuto in fatto

1. La Corte d'appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale Bergamo, con la quale A.A., nella qualità di venditore di una terna, priva del dispositivo di sicurezza previsto dal costruttore ****(barra anti bloccaggio e anti discesa), era stato condannato per omicidio colposo ai danni dell'acquirente C.C., il quale era stato colpito violentemente dal braccio e dalla benna del macchinario, mentre era intento in operazioni di manutenzione, riportando un politrauma dal quale era derivata la morte immediata (in V il Omissis), riconosciute le generiche, ha ridotto la pena, con il beneficio della sospensione condizionale, subordinata al pagamento della provvisionale, confermando nel resto.

2. In sintesi, questa la ricostruzione dei fatti per cui e processo operata dai giudici di merito. Dall'istruttoria era emerso che la vittima, di professione marmista, aveva acquistato il trattore stradale dopo aver vinto una gara d'appalto comunale per la rimozione della neve dalle strade; secondo il riferito testimoniale, il giorno dell'infortunio mortale, egli doveva effettuare alcuni interventi di manutenzione sul macchinario (riparazione di un tubo dell'olio); quest'ultimo era risultato certamente privo della barra di sicurezza che avrebbe impedito la discesa improvvisa del braccio e della benna; il macchinario era lo stesso che l'imputato aveva messo in vendita on line e che era stato consegnato alla ditta D.D. che, però, si era limitata a custodire la macchina per il tempo necessario a verificare la copertura dell'assegno emesso dal C.C.; anche nella foto pubblicata per l'offerta in vendita, il macchinario era privo del dispositivo di sicurezza che, del resto, non era stato rinvenuto presso la vittima; D.D. aveva fatto solo da tramite tra venditore e acquirente, senza assumere alcun onere di verifica della regolarità del macchinario; i consulenti avevano concordato sulla causa del sinistro anche se, a parere di quello del PM, la vittima aveva causato una discesa più repentina della benna tagliando un tubo dell'olio sbagliato, secondo il consulente della difesa, invece, la vittima sarebbe stata intenta ad apportare una modifica strutturale al macchinario e non a effettuare una semplice riparazione, avendo il C.C. conosciuto il difetto del macchinario stesso, come dimostrato dalla predisposizione di un trespolo per frenare la caduta della benna e dal cerchio disegnato sul manuale d'uso, proprio in corrispondenza della dicitura relativa al dispositivo di sicurezza mancante.

Il Tribunale aveva già ritenuto non condivisibili le argomentazioni a difesa, secondo le quali non vi sarebbe stato un negozio di compravendita tra imputato e vittima, al quale agganciare la posizione di garanzia del primo, ritenendo, viceversa, ampiamente dimostrato il ruolo di mero intermediario dello D.D. (anche sulla scorta della documentazione acquisita comprovante che il pagamento era stato effettuato dal C.C. al A.A.) e la posizione di consumatore del C.C., a prescindere dall'impiego del mezzo acquistato. In conclusione, secondo il primo giudice, era irrilevante la circostanza che il C.C. sapesse o si fosse reso conto dell'assenza del dispositivo di sicurezza, ciò non esimendo da responsabilità il venditore che aveva messo in circolazione un macchinario pericoloso.

La Corte territoriale, in risposta a quei motivi del gravame che toccano i punti devoluti con il ricorso (mancato accertamento che il macchinario fosse stato venduto senza il dispositivo di sicurezza; qualità di professionista e non di consumatore del C.C.), li ha ritenuti infondati alla stregua della piattaforma probatoria acquisita: era stato lo stesso A.A. a consegnare le fatture di acquisto e di vendita e i documenti di trasporto del mezzo; la foto pubblicata su internet era relativa a un macchinario senza dispositivo di sicurezza, ritratto su uno sfondo che corrispondeva ai dintorni della ditta dell'imputato; il macchinario era privo del dispositivo di sicurezza, non rinvenuto presso la vittima che, peraltro, non aveva avuto motivo di smontarlo, siccome non d'intralciò per le lavorazioni che doveva eseguire; lo stesso imputato non aveva affermato di aver venduto il macchinario con la dotazione di sicurezza mancante, avendo ammesso di aver posto l'annuncio di vendita.

Quanto, poi, al ruolo dello D.D., i giudici di secondo grado hanno ritenuto che la documentazione confermasse che la terna marca ****. era stata acquistata direttamente dall'imputato e che il passaggio dal capannone dello S. era stato di comodo, richiamando la ricostruzione dei vari passaggi, anche attraverso l'emissione delle fatture, considerata anche l'assenza di un ritorno economico per l'intermediario che non aveva assunto alcun obbligo rispetto al bene ceduto. La manovra della vittima sul macchinario e la sua imprudenza per aver fatto affidamento su un sistema di blocco artigianale non avevano interrotto il nesso di causa tra la condotta contestata al venditore e l'evento morte, derivato direttamente dalla difformità dello stesso rispetto alla normativa di sicurezza, il cui scopo e anche quello di prevenire infortuni dovuti a errori o imprudenze degli utilizzatori. La stessa accettazione dello stato della macchina non giovava all'imputato, il quale era tenuto a non commercializzare un bene oggettivamente pericoloso, siccome privo di un requisito di sicurezza. Infine, la Corte ha ritenuto che il fatto che il bene non fosse destinato a uso privato non poteva valere per esonerare il venditore dall'osservanza della regola cautelare di cui all'art. 1490, cod. civ. e all'art. 6, coma 2, D.Lgs. n. 626/94, regola valevole per qualsiasi venditore e, a maggior ragione, per quelli professionisti come l'imputato, affermando che la prova era dimostrativa di un diverso profilo di colpa rispetto alla violazione delle riforme a tutela dei consumatori, il capo d'imputazione contenendo un rinvio alla colpa generica e una descrizione della condotta consistita nel vendere un bene privo dei prescritti requisiti di sicurezza, il diverso inquadramento giuridico della fonte della posizione di garanzia non determinando violazione del principio di correlazione di cui all'art. 521, cod. proc. pen.

3. La difesa ha proposto ricorso, formulando tre motivi.

Con il primo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione quanto all'affermazione della penale responsabilità, avuto riguardo alla mancata considerazione degli interventi della vittima sul macchinario, tali da aver interrotto il nesso causale tra la condotta contestata e l'evento, essendo rimasto il relativo punto del tutto incerto, situazione che avrebbe dunque imposto un verdetto assolutorio.

Con il secondo motivo, ha dedotto violazione di legge, quanto alla posizione di garanzia, avuto riguardo alla circostanza che l'acquirente non poteva considerarsi un consumatore e che, comunque, la garanzia può essere limitata secondo la volontà delle parti contraenti, nell'ipotesi di conoscenza dei vizi da parte dell'acquirente. Nella specie, il C.C. aveva segnato sul manuale d'uso un cerchio sulla dicitura relativa al dispositivo di sicurezza, aveva acquistato il bene a un prezzo "vile" e aveva cercato di realizzare un meccanismo di sicurezza artigianale (un piccolo telaio per frenare la discesa della benna).

Con il terzo motivo, infine, la difesa ha dedotto analogo vizio quanto alla individuazione della regola cautelare violata, rilevando l'erroneo riferimento all'art. 6, comma 2, d. Lgs. n. 626/94, abrogato dall'art. 304 del d. Lgs. n. 81/2008 e oggi sostituito dall'art. 23 dello stesso d. Lgs. n. 81.

4. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Francesca COSTANTINI, ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

5. La difesa ha depositato memoria di replica, insistendo per l'accoglimento integrale dei motivi di ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso va rigettato.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.

3. Le censure che attaccano il ragionamento giustificativo non sono precedute da un effettivo confronto con la decisione impugnata: la difesa ha ritenuto che la decisione si fondasse sulla mancata verifica del comportamento imprudente della vittima, ma ha omesso di considerare che i giudici del merito hanno ritenuto lo stesso del tutto irrilevante, dal momento che la condotta contestata era quella di aver venduto e messo in circolazione un bene intrinsecamente pericoloso, siccome non dotato di un presidio di sicurezza basilare. La difesa ha, poi, allegato, contrariamente a quanto emerso dalla istruttoria e ritenuto, con decisione conforme dei giudici del doppio grado di merito, una asserita modifica strutturale del macchinario alla quale ricondurre l'evento, senza considerare che lo stesso era stato diretta conseguenza della mancanza di quel presidio che avrebbe scongiurato lo schiacciamento dell'operatore, non avendo trovato alcuna conferma l'assunto difensivo secondo il quale la discesa del braccio era stata conseguenza dell'attività di modifica, qualunque intervento su quel mezzo essendo stato esposto a quel rischio proprio per la mancanza del dispositivo atto a scongiurarlo anche in presenza di una attività imprudente dell'utilizzatore.

In ogni caso, il ragionamento esplicativo contenuto nella sentenza impugnata (da leggersi necessariamente in uno con quello svolto dal giudice nella sentenza appellata, stante la conformità dei due giudizi), sia quanto alla regola violata che alla condotta dell'utilizzatore, è stato saldamente agganciato alle risultanze emerse dal compendio probatorio debitamente richiamato. La difesa, in termini di semplice dissenso, ha affermato la maggior plausibilità della tesi difensiva o l'introduzione di un ragionevole dubbio che avrebbe imposto un verdetto assolutorio.

3.1. A fronte di ciò, non può che ribadirsi l'estraneità, al vaglio di legittimità, degli aspetti del giudizio che si sostanziano nella valutazione e nell'apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito e non possono essere apprezzati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacita dimostrativa, con la conseguente inammissibilità di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio. Sono, cioè, precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (sez. 6 n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; 47204 del 7/10/2015, Rv. 265482; n. 25255 del 14/2/2012, Rv. 253099); e sono, dunque, inammissibili le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, cosi come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (sez. 2, n. 9106 del 12/2/2021, Caradonna, Rv. 280747).

Tale principio costituisce il diretto precipitato di quello, altrettanto consolidato, per il quale sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099).

4. Il secondo e il terzo motivo sono infondati.

Quanto alla individuazione della regola cautelare, la Corte ha ritenuto fondata la censura difensiva con la quale si era rilevata la qualità della vittima, non tutelata ai sensi degli artt. 128 e ss. del d.l. n. 206/2005 (codice del consumo). Ciò, tuttavia, non avrebbe escluso l'applicabilità degli artt. 1490 e 1491, cod. civ., il venditore dovendo comunque consegnare all'acquirente, professionale o privato che sia, un bene che possieda i requisiti di sicurezza prescritti dalla normativa, ciò valendo a maggior ragione per il gestore di una ditta specializzata nel commercio di macchinari da lavoro, anche in conformità alla regola di cui all'art. 6, comma 2, d. Lgs. n. 626/94.

Ora, premesso che era stata contestata all'imputato anche una colpa generica, nella specie la Corte ha ritenuto che la condotta contestata costituisse violazione anche di regole cautelari specifiche, per avere il A.A., titolare di ditta specializzata nel commercio di macchinari da lavoro, fornito al C.C. un macchinario non conforme alle norme di sicurezza, contravvenendo anche agli obblighi che il codice civile impone al venditore. Ciò non si è tradotto in una violazione del principio di correlazione, poiché la condotta addebitata e rimasta la stessa rispetto a quella descritta in fatto nella stessa imputazione (violazione, invero, che non ha neppure formato oggetto di un articolato motivo di ricorso, essendosi la difesa genericamente limitata ad affermate il rinvio a elementi normativi diversi rispetto a quelli indicati nella imputazione e a stigmatizzare l'intervenuta abrogazione della norma di riferimento a opera del d. Lgs. n. 81/2008).

In effetti, come precisato dalla difesa, la norma della cui violazione si discute va ravvisata più correttamente in quella che fa carico al fabbricante e al fornitore di macchinari di mettere in circolazione attrezzature di lavoro, dispositivi individuali ed impianti rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro (art. 23 d. Lgs. n. 81/2008), ma si tratta di norma che riproduce esattamente l'abrogato art. 6, comma 2, d. Lgs. n. 626/1994, erroneamente richiamato dalla Corte d'appello. Errore che non inficia il ragionamento esplicativo svolto.

In ogni caso e risolutivamente, a prescindere dal rinvio alle norme del codice civile sulla vendita, nella specie la morte è stata conseguenza dell'impiego di un macchinario ad uso lavorativo cosicché, qualora un infortunio sia dipeso dalla utilizzazione di macchine od impianti non conformi alle norme antinfortunistiche, la responsabilità dell'imprenditore che li ha messi in funzione senza ovviare alla non rispondenza alla normativa suddetta non fa venir meno la responsabilità di chi ha costruito, installato, venduto o ceduto gli impianti o i macchinari stessi (sez. 4, n. 2494 del 3712/2009, dep. 2010, Castelletti, Rv. 246162-01). Costituisce infatti principio consolidato quello secondo il quale, ove un infortunio sia dipeso dalla utilizzazione di macchine od impianti non conformi alle norme antinfortunistiche, la responsabilità dell'imprenditore che li ha messi in funzione senza ovviare alla non rispondenza alla normativa suddetta non fa venir meno la responsabilità di chi ha costruito, installato, venduto o ceduto gli impianti o i macchinari stessi (Sez. U, n. 1003 del 23/11/1990, dep. 1991, Tescaro, Rv. 186372-01). Il principio è stato successivamente ripreso, riconoscendosi la responsabilità del venditore allorquando, pur essendo conoscibile la non conformità del macchinario alle prescrizioni in tema di sicurezza, egli non si sia attivato per eliminare la difformità prima della vendita (sez. 4, n. 35295 del 23/4/2013, Bendotti, Rv. 256399-01, in fattispecie in cui e stata riconosciuta la responsabilità per omicidio colposo del venditore di una minipala in abbinamento con una benna miscelatrice, capovoltasi addosso ad uri operaio per l'eccessivo carico, in assenza di adeguate indicazioni, con tacche o segni nella benna, dei livelli massimi di possibile riempimento; n. 36445 del 8/4/2014, Mangherini, Rv. 262089-01, in ipotesi di responsabilità del venditore di un immobile, il quale aveva consegnato il bene senza verificare la conformità alla normativa in tema di impianti a gas, in relazione alla morte di un familiare degli acquirenti conseguente ad una esplosione innescata dalla fuoriuscita di sostanza gassosa; n. 18139 del 14/5/2012, Perrone, Rv. 253771-01, ove si è affermato che risponde del reato di lesioni derivanti da infortunio sul lavoro per effetto dell'uso di un macchinario anche il venditore del macchinario medesimo ove l'infortunio sia riconducibile alla inadeguatezza dei congegni antinfortunistici, senza che possa rilevare, a discolpa del venditore stesso, la presenza di una formale certificazione attestante la rispondenza del macchinario alle prescritte misure di sicurezza).

5. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13 dicembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2024.

Nota DCPREV prot. n. 12301 del 7 settembre 2022

ID 18537 | | Visite: 10922 | Prevenzione Incendi

Nota DCPREV prot  n  12301 del 07 09 2022   Dispense corsi formazione antincendio

Nota DCPREV prot. n. 12301 del 7 settembre 2022 / Materiale didattico corsi di formazione antincendio VVF

ID 18537 | 02.01.2023 / In allegato Dispense / Materiale didattico

Dispense / Materiale didattico corsi di formazione antincendio 1-FOR / 2-FOR / 3-FOR in accordo DM 2 settembre 2021 - VVF

- Corso di tipo 1-FOR: Corso di formazione antincendio per addetti antincendio in attività' di livello 1 (durata 4 ore, compresa verifica di apprendimento)
- Corso di tipo 2-FOR: Corso di formazione antincendio per addetti antincendio in attività di livello 2 (durata 8 ore, compresa verifica di apprendimento)
- Corso di tipo 3-FOR: Corso di formazione antincendio per addetti antincendio in attività di livello 3 (durata 16 ore, compresa verifica di apprendimento).
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Nota DCPREV prot. n. 12301 del 7 settembre 2022
DM 2 settembre 2021 recante “Criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza e caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a), punto 4 e lettera b) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”. Ulteriori indicazioni procedurali per le attività di formazione e materiali didattici per i corsi di formazione per addetti antincendio.

Il 4 ottobre p.v. entra in vigore il decreto del Ministro dell’interno del 2 settembre 2021, attuativo dell’art. 46 comma 3 del d.lgs. 81/2008 per la parte della gestione della sicurezza antincendio. A partire dalla medesima data saranno abrogati l’art. 3, comma 1, lettera f) e gli articoli 5, 6 e 7 del decreto del Ministro dell’interno 10 marzo 1998.

Il nuovo decreto introduce significative modifiche alla formazione degli addetti antincendio, sia nei programmi e sia nell’articolazione dei moduli formativi. Ulteriori informazioni, soprattutto in relazione alle prove pratiche, sono già state inserite nelle indicazioni applicative del D.M. 2/9/2021, emanate con nota DCPREV n. 7826 del 31 maggio 2022.

Per completare gli strumenti necessari per consentire l’avvio delle attività da parte delle strutture del CNVVF, sono stati elaborati i supporti necessari alla formazione. Pertanto, si allegano, alla presente le dispense per i corsi per addetti antincendio redatte da un apposito gruppo di lavoro composto da Dirigenti e Funzionari del Corpo.

I documenti allegati sono tre (dispense per corsi 1-FOR, dispense per corsi 2-FOR, dispense per corsi 3-FOR) e riuniscono, in forma organica ed opportunamente revisionata ed aggiornata, tutte le informazioni e i dati che servono per illustrare i contenuti principali dei corsi di formazione ed addestramento per gli addetti antincendio.

I contenuti sono stati sviluppati con riferimento alla figura dell’addetto antincendio che assolve, oltre alle sue mansioni specifiche proprie dell’ambito lavorativo, anche i compiti per la gestione della sicurezza in esercizio ed in emergenza. I diversi temi dei moduli didattici, da quelli prettamente teorici, quali quelli relativi ai principi della combustione, a quelli più tecnici della strategia antincendio e a quelli pratici, relativi all’utilizzo delle attrezzature di estinzione e di protezione, sono stati trattati cercando di evidenziare, per ciascun argomento, la rilevanza ai fini della strategia antincendio complessiva, anche con riferimento alle procedure di emergenza.

I principali riferimenti per la trattazione delle misure antincendio sono stati il Codice di prevenzione incendi e i decreti attuativi dell’art. 46 comma 3 del D.Lgs. 81/08 (D.M. 1/9/2021D.M. 2/9/2021, D.M. 3/9/2021) che, oltre a costituire la base per l’illustrazione degli argomenti, sono utilizzati direttamente in alcune parti ed integrati nella dispensa, come elementi sostanziali degli argomenti trattati.

Le dispense sono strutturate per essere utilizzate anche come materiale didattico da distribuire ai partecipanti ai corsi di formazione.

Con l’occasione si ritiene utile fornire alcune indicazioni sullo svolgimento dei corsi e degli accertamenti dell’idoneità tecnica, che scaturiscono anche da richieste di chiarimenti pervenute nei mesi scorsi dagli uffici territoriali.
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Allegati

- Dispensa per corsi 1-FOR,
- Dispensa per corsi 2-FOR,
- Dispensa per corsi 3-FOR.

Collegati

Interpello MLPS n. 1 del 19 gennaio 2024

ID 21199 | | Visite: 475 | Documenti Sicurezza

Interpello MLPS n. 1 del 19 gennaio 2024

ID 21199 | 20.01.2024 / In allegato

Interpello MLPS n. 1 del 19 gennaio 2024 - Obblighi previdenziali per gli Assistenti sanitari confluiti dagli albi della professione infermieristica negli albi TSRM e PSTRP - Interpello ai sensi dell’articolo 9 del d.lgs. 23 aprile 2004 n. 124.

La Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione ha presentato istanza di interpello per conoscere l’avviso di questa Amministrazione in merito alla corretta individuazione della Cassa previdenziale degli esercenti la professione di “assistente sanitario”, i quali sono confluiti all’interno dell’Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica (TSRM) e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (PSTRP), per effetto dell’articolo 4, comma 10, della legge 11 gennaio 2018, n. 3 (recante Riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie), nonché dell’articolo 1, comma 2, seconda parte, del decreto del Ministro della salute del 13 marzo 2018.

In particolare, la Federazione ritiene che, in conseguenza della riforma sopra richiamata, per la categoria degli assistenti sanitari sia venuto meno l’obbligo di iscrizione e di contribuzione obbligatoria all’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione Infermieristica (ENPAPI), non rinvenendosi una norma primaria che preveda espressamente detto obbligo.

Al riguardo, acquisito il parere dell’Ufficio legislativo e della Direzione Generale per le politiche previdenziali e assicurative di questo Ministero e sentito altresì il Ministero della salute, si rappresenta quanto segue.

In primo luogo, si rileva che la egge 11 gennaio 2018, n. 3 ha riordinato la complessiva disciplina degli ordini delle professioni sanitarie, istituendo i relativi ordini e albi per tutte le professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.

In particolare, il comma 10 dell’articolo 4 ha fatto rientrare la professione di assistente sanitario nell’Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, ai sensi dell’articolo 4 della legge 1° febbraio 2006, n. 43.

Il successivo comma 13 del medesimo articolo 4 ha previsto che, oltre all’albo dei tecnici sanitari di radiologia medica e all’albo degli assistenti sanitari, siano istituiti presso gli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, gli albi delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.

In seguito, il Ministero della salute, con il decreto del 13 marzo 2018, n. 18 attuativo della citata disposizione, ha fatto confluire l’Albo professionale degli Assistenti sanitari, all’interno della Federazione Nazionale degli Ordini dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione (FNO TSRM e PSTRP), Federazione quest’ultima che rappresenta attualmente diciannove professioni sanitarie.

Con riferimento alla natura dell’ENPAPI si rileva che tale ente è stato istituito – con decreto del già Ministro del lavoro e della previdenza sociale, emanato di concerto con il già Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in data 24 marzo 1998 – come fondazione di diritto privato, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. b), e dell’articolo 6 del d.lgs. 10 febbraio 1996, n. 103, ed è disciplinato dalle norme ivi contenute nonché dal d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509 e dalle norme del Codice civile in materia di fondazioni.

Lo scopo dell’Ente è di assicurare la tutela previdenziale obbligatoria in favore degli infermieri professionali, assistenti sanitari e infermieri pediatrici che esercitano l’attività in forma libero professionale, subordinatamente all’iscrizione in appositi albi o elenchi. In favore di tali soggetti, l’ENPAPI eroga prestazioni pensionistiche di vecchiaia, invalidità, inabilità, superstiti (di reversibilità ed indirette) ed indennità di maternità. Per tali professionisti, in linea con quanto previsto dall’articolo 8, comma 2, del d.lgs. n. 103/1996, lo Statuto dell’ENPAPI prevede le modalità di iscrizione e contribuzione obbligatoria.

Si rileva, inoltre, che l’Assistente sanitario (Dottore in Assistenza sanitaria) è una figura professionale in possesso del diploma di laurea triennale addetto alla prevenzione, alla promozione e all’educazione della salute. Con decreto dell’allora Ministero della sanità n. 69 del 17 gennaio 1997 (pubblicato in G.U. n. 72 del 27 marzo 1997), nell’ambito del generale riordino della disciplina in materia sanitaria, è stato adottato il Regolamento per l’individuazione della figura e relativo profilo professionale dell’assistente sanitario, dove vengono puntualmente enunciate le funzioni attribuite a tale categoria.

Per una puntuale ricostruzione della tematica in esame, è opportuno ricordare anche che il decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 23 (“Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse”), tuttora in vigore e che costituisce una delle fonti primarie dell’ordinamento delle professioni sanitarie, all’articolo 20 dispone che “gli iscritti agli albi sono tenuti anche all'iscrizione ed al pagamento dei relativi Contributi all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza istituito o da istituirsi per ciascuna categoria.”.

L’ENPAPI, dunque, costituisce, a norma del proprio Statuto, l’Ente a cui devono essere obbligatoriamente iscritti “tutti gli Infermieri, gli Infermieri Pediatrici e gli Assistenti Sanitari che, iscritti ai relativi Albi provinciali, esercitino, in via esclusiva, attività libero professionale in forma autonoma, associata o societaria” e dove, pertanto sono confluite fin dalla sua costituzione tali categorie che esercitavano l’attività in forma libero professionale, per le quali l’Ente assicura tuttora la tutela previdenziale obbligatoria di primo pilastro.

In rapporto al complessivo quadro regolatorio sopra sintetizzato, si ritiene che la citata legge n. 3/2018 abbia provveduto solamente a riordinare ed unificare gli albi inerenti alle professioni sanitarie, incidendo esclusivamente sull’ambito ordinamentale relativo alla collocazione degli iscritti all’interno di un determinato albo professionale, ma non abbia in alcun modo modificato l’aspetto relativo all’obbligatorietà dell’iscrizione e contribuzione degli Assistenti sanitari nei confronti dell’ENPAPI.

Pertanto, tale legge nulla ha innovato in materia di tutela previdenziale dei soggetti iscritti ai medesimi albi, che mantengono, pertanto, l’iscrizione presso gli enti di previdenza che già ne assicuravano la tutela obbligatoria.

Dalla suddetta conclusione deriva che rimane consentito all’ENPAPI di effettuare puntuali controlli e verifiche relativamente alla regolarità contributiva di tutti i professionisti iscritti agli albi professionali ed obbligati all’iscrizione all’Ente in base alla legislazione vigente, anche tramite la consultazione e l’interscambio di banche dati con altre istituzioni che detengono informazioni in proposito.

Ciò anche in aderenza a quanto previsto esplicitamente dall’articolo 21, comma 1, lett. b) del vigente Regolamento di Previdenza di ENPAPI con riferimento agli Ordini provinciali, che devono trasmettere annualmente l’elenco dei propri iscritti all’Ente di previdenza, declinando tale attività in un’ottica di applicazione del principio di leale collaborazione fra amministrazioni, riconosciuto a livello costituzionale dall’articolo 97, comma 2, e sancito altresì dall’articolo 1, comma 2-bis, della legge n. 241/1990.

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Fonte: MLPS

Linee guida prevenzione atti di violenza e aggressioni verbali e/o fisiche operatori sanitari R. Sicilia 2024

ID 21182 | | Visite: 2943 | Documenti Sicurezza Enti

Linee guida prevenzione atti di violenza e aggressioni verbali e o fisiche R  Sicilia 2024

Linee guida per la prevenzione degli atti di violenza e delle aggressioni verbali e/o fisiche a danno operatori sanitari Regione Sicilia 2024

ID 21182 | 18.01.2024

Linee guida per la prevenzione degli atti di violenza e delle aggressioni verbali e/o fisiche a danno degli operatori sanitari delle strutture sanitarie pubbliche della Regione Siciliana”

(GU Regione Siciliana n. 1 del 05 gennaio 2024 (Parte I - SO).

1.0 Premessa
2.0 Obiettivo
3.0 Ambito di applicazione
4.0 Azioni
4.1 Valutazione del rischio violenza/aggressione
4.2 Istituzione del “Gruppo di Lavoro Rischio Aggressioni”
Analizzare l’ambiente lavorativo
a. Revisione degli episodi di violenza/aggressione segnalati
b. Conduzione di indagini ad hoc rivolte al personale sanitario maggiormente a rischio
c. Analisi delle condizioni operative e dell’organizzazione nei servizi considerati maggiormente a rischio
Analizzare e monitorare gli episodi di violenza/aggressione
4.3 Definizione e implementazione delle misure di prevenzione e di controllo
a. Misure strutturali e tecnologiche
b. Misure organizzative
1. Misure di accoglienza
2. Misure di informazione e comunicazione
3. Misure operative
4.4 Gestione degli episodi di violenza/aggressione
4.5 Formazione del personale
5.0 Riferimenti Bibliografici e Normativi
6.0 Allegati
Allegato 1 - Check list per la valutazione del rischio specifico “Atti di violenza/aggressione a danno degli operatori sanitari”
Allegato 2 - Scheda segnalazioni “Atti di violenza/aggressione a danno degli operatori sanitari”
Allegato 3 - Questionario conoscitivo “Atti di violenza/aggressione a danno degli operatori sanitari”
Allegato 4 - Foglio informativo “Elementi di strategia comportamentale”
Allegato 5 - Modelli di materiale informativo da distribuire e/o affiggere nelle strutture
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Premessa

La violenza nel posto di lavoro nel settore sanitario è un problema globale e sempre più diffuso e gli interventi per prevenire incidenti violenti e per preparare il personale non sono ancora attuati in modo coerente e la loro efficacia è spesso inadeguata.

La necessità di sviluppare linee guida è determinata dal fatto che gli operatori sanitari sono ad alto rischio di violenza in tutto il mondo. Tra l'8% e il 38% degli operatori sanitari (Organizzazione Mondiale della Sanità) subisce violenza fisica a un certo punto della propria carriera. Molti di più sono i minacciati o gli esposti ad aggressioni verbali.

Sempre l'OMS sottolinea che la violenza e le molestie colpiscono tutti i gruppi di operatori nei vari ambienti di lavoro nel settore sanitario. Fino al 62% degli operatori sanitari ha subito forme di violenza sul posto di lavoro. L'abuso verbale (58%) è la forma più comune di violenza non fisica, seguita da minacce (33%) e molestie sessuali (12%).

Il numero di episodi di violenza e aggressione in ambito sanitario è in costante crescita e aumenta sempre di più la consapevolezza sulla gravità del problema. Gli episodi di violenza costituiscono un rilevante problema di salute pubblica.

Il rischio aggressioni presenta una notevole difficoltà di approccio e gestione, non essendo ancora regolamentato, come altri rischi “tradizionali”, pur essendo la sua valutazione imposta dalla norma.

In considerazione di quanto esposto gli atti di violenza vanno affrontati secondo disposizioni contenute nel Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, o Testo Unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, e trovano il loro fondamento nella Costituzione della Repubblica Italiana secondo cui il diritto alla salute e all'integrità fisica è un diritto fondamentale dell'uomo. La legge ha avuto come obiettivo di stabilire regole, procedure e misure preventive da adottare per rendere più sicuri i luoghi di lavoro, quali essi siano. L’obiettivo è quello di eliminare e/o ridurre al minimo l’esposizione dei lavoratori a rischi legati all’attività lavorativa per evitare
infortuni o malattie professionali.

Recenti indagini di settore hanno evidenziato quanto, una corretta politica orientata alla sicurezza dei lavoratori porti un ritorno positivo in azienda, non solo per ciò che concerne i rapporti umani, ma anche in termini di produttività.

Benessere psico-fisico e ambientale, positività diffusa e produttività aumentata sono solo alcuni dei benefit che possono svilupparsi nell’ambiente lavorativo grazie a un mirato investimento su prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Nell’attuale contesto sociale, tra i maggiori e ricorrenti rischi nel settore della Sanità, si annoverano gli atti di violenza e aggressione a danno degli operatori sanitari.

Subire una aggressione verbale e/o fisica ma anche assistere ad un evento aggressivo nello svolgimento del proprio lavoro può determinare un danno emotivo/psicologico in quanto “rappresenta un evento traumatico più o meno acuto in relazione all’entità dell’evento e alla fragilità delle persone” (Mitchell J. T. e Everly G. S.) (1996).

Mitchell J. T. e Everly G. S. (1996) definiscono il Critical Incident in ambito sanitario come “…qualunque situazione affrontata dal personale sanitario, capace di produrre uno stress emotivo insolitamente elevato in grado di interferire sulle abilità dell’operatore durante e anche dopo l’evento critico”.

Varie sono le definizioni di violenza:

- La World Health Organization (WHO - 2002) la definisce come “l’utilizzo intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o reale, contro un’altra persona, o contro un gruppo o una comunità, che determini o che abbia un elevato grado di probabilità di determinare lesioni, morte, danno psicologico, cattivo sviluppo o privazione”.

- L’International Labour Organization (ILO – 2003) definisce la violenza sul luogo di lavoro come “qualsiasi azione, incidente o comportamento che si discosti da una condotta ragionevole in cui una persona viene aggredita, minacciata, danneggiata, ferita nel corso o come diretta conseguenza del suo lavoro”.

- Il National Institute of Occupational Safety and Health - (NIOSH - 2002) definisce la violenza sul luogo di lavoro: “ogni aggressione, comportamento minaccioso, abuso verbale o fisico che si verifica sul posto di lavoro”.

- L’Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro (EU-OSHA – 2011) la violenza sul posto di lavoro comprende: “insulti e comportamenti incivili, minacce, forme di aggressione fisica, aggressione psicologica btale da mettere a repentaglio la salute, la sicurezza e il benessere dell’individuo, la presenza di una componente razziale o sessuale”.

La violenza si può manifestare attraverso le seguenti forme:

- aggressione fisica contro la persona con l’intento di causare danni fisici alla persona;
- aggressione fisica contro oggetti con la distruzione deliberata di ogni tipo di oggetto disponibile;
- aggressione verbale/psicologica che provoca nella persona che subisce l'aggressione un danno psicologico o emotivo;
- aggressione indiretta intesa come qualsiasi atto di aggressione che viene effettuata indirettamente, causando danni anche in modo anonimo (diffondere voci e calunnie o pubblicare su siti web messaggi umilianti e offensivi);
- aggressione relazionale basata sull'esclusione sociale della persona lesa;
- aggressione simbolica caratterizzata dal fatto che l'attacco non viene effettuato direttamente sulla vittima, ma su elementi che simboleggiano aspetti collegati come religione, politica, orientamento sessuale o nazionalità;
- molestie psicologiche e fisiche intese come comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni anche connesse al sesso e aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante, offensivo.

Il Ministero della Salute nel novembre del 2007 ha emanato la Raccomandazione n. 8 per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari ed in particolare il titolo indica come “gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari costituiscono eventi sentinella che richiedono la messa in atto di opportune iniziative di protezione e prevenzione”.

Il Ministero della Salute definisce evento sentinella “l’evento avverso di particolare gravità, potenzialmente evitabile, che può comportare morte o grave danno al paziente e che determina una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del servizio sanitario. Il verificarsi di un solo caso è sufficiente per dare luogo ad un’indagine conoscitiva diretta ad accertare se vi abbiano contribuito fattori eliminabili o riducibili e per attuare le adeguate misure correttive da parte dell’organizzazione”.

Il protocollo di monitoraggio degli eventi sentinella in Sanità è stato formalizzato nel 2009 con l’istituzione del Sistema Informativo per il Monitoraggio degli Errori in Sanità (SIMES) ed in particolare l’evento sentinella n. 12 riguarda gli “atti di violenza a danno dell’operatore sanitario”. Pertanto, le strutture sanitarie territoriali registrano gli eventi di violenza/aggressione nell’ambito dell’Incident Reporting, il quale contiene tutte le segnalazioni effettuate dagli operatori che hanno subito l’aggressione stessa.

A seguito dell’approvazione della Legge 113/2020 “Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni”, le strutture sanitarie devono impegnarsi nel mettere in atto interventi di prevenzione della violenza in particolare attraverso il monitoraggio delle vessazioni a danno delle professioni sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni.

Presso il Ministero della Salute, il 13 gennaio 2022, si è insediato l'Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie e Socio-sanitarie (ONSEPS) con il compito del monitoraggio e analisi dei dati sulla violenza e la promozione di studi e analisi per la formulazione di proposte e misure idonee a ridurre i fattori di rischio negli ambienti più esposti a livello di organizzazione dei servizi sanitari.

Le figure professionali più a rischio sono i lavoratori coinvolti nei processi assistenziali rivolti alla persona e sono le figure a più alto rischio in quanto devono gestire rapporti caratterizzati da una condizione di forte emotività sia da parte del paziente che dei familiari che si trovano in uno stato di vulnerabilità o frustrazione.

Nella programmazione regionale risulta necessario, per dare uniformità al territorio, indicare un piano di prevenzione con un percorso metodologico che consenta di identificare in modo omogeneo i fattori di rischio per la sicurezza del personale sanitario e proporre opportune strategie per fronteggiare gli episodi di violenza.

Il percorso metodologico deve attenzionare svariati fattori che possono essere causa o concausa e, pertanto, incrementare gli atti di violenza:
- lunghi tempi di attesa, in particolare, nelle zone di emergenza o nelle aree cliniche;
- accesso senza restrizione di visitatori presso le strutture sanitarie (sovraffollamento);
- ridotto numero di personale durante i momenti di maggiore attività;
- paziente/utente con disturbi psichiatrici;
- paziente/utente sotto effetto di alcol e/o droga;
- mancanza di formazione del personale nel riconoscimento e controllo dei comportamenti aggressivi;
- comunicazione non idonea verso i pazienti e/o utenti, nonché tra gli stessi operatori;
- scarsa illuminazione delle aree maggiormente a rischio come a es. pronto soccorso e/o aree di parcheggio;
- scarsa vigilanza.

La Raccomandazione n. 8 del 2007 invita gli operatori sanitari ad avere consapevolezza delle fasi che conducono al comportamento violento:

Fasi che conducono al comportamento violento
...
segue in allegato

Linee Guida elaborate dal “Gruppo di Coordinamento Regionale per la prevenzione degli atti di violenza e delle aggressioni verbali e/o fisiche a danno degli operatori sanitari delle strutture sanitarie pubbliche della Regione Siciliana” (D.A. n. 315 del 28 marzo 2023)

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Workplace Violence and Harassment: a European Picture (EU-OSHA 2011)

ID 21188 | | Visite: 762 | Documenti Sicurezza Enti

Workplace Violence and Harassment a European Picture  EU OSHA 2011

Workplace Violence and Harassment: a European Picture (EU-OSHA 2011)

ID 21188 | 18.01.2024

The report presents the prevalence of violence and harassment at work based on international and national statistics, as well as the results of scientific studies on antecedents and consequences of work-related violence. A survey of the Agency's Focal Point network suggest that there is still an insufficient level of awareness and recognition of problems with third-party violence and harassment in many EU Member States, and there is a clear need to promote and disseminate good practice and prevention measures which are sensitive to the national context. Some measures proposed by EU, ILO, WHO and national experts are included in the report
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EU-OSHA 2011

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Lavoratori pubblici: fasce orarie di reperibilità per le visite mediche

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Lavoratori pubblici   fasce orarie di reperibilit  per le visite mediche

Lavoratori pubblici: fasce orarie di reperibilità per le visite mediche 2024

ID 21168 | 17.01.2024 / Download Messaggio INPS 22.12.2024

INPS ha fornito nuove fasce orarie di reperibilità per visite mediche di controllo domiciliare ai lavoratori pubblici.

Il TAR del Lazio, con la sentenza del 3 novembre 2023, n. 16305 ha annullato il decreto 17 ottobre 2017, n. 206 del Ministro della Semplificazione e della pubblica amministrazione, nella parte dell’art. 3 in cui si stabiliscono le fasce di reperibilità dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, in caso di assenza per malattia, secondo i seguenti orari: tutti i giorni dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18.

In virtù del principio di armonizzazione, richiamato nella sentenza, e sentito il Dipartimento della Funzione pubblica, l’INPS comunica, con il messaggio 22 dicembre 2023, n. 4640 che le visite mediche di controllo domiciliare nei confronti dei lavoratori pubblici dovranno essere effettuate nei seguenti orari: dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19 di tutti i giorni (compresi domeniche e festivi).

Decreto 17 ottobre 2017, n. 206 - Annullato Art. 3 / ndr

Art. 3 Fasce orarie di reperibilita'

1. In caso di assenza per malattia, le fasce di reperibilita' dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono fissate secondo i seguenti orari: dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18.

2. L'obbligo di reperibilita' sussiste anche nei giorni non lavorativi e festivi.

Decreto 15 luglio 1986 Lavoratori Privati

Articolo 4

L'orario di reperibilità del lavoratore (privato / ndr) entro il quale devono essere effettuate le visite mediche di controllo è dalle ore 10 alle 12 e dalle 17 alle 19 di tutti i giorni, compresi i domenicali o festivi.

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Decreto 17 ottobre 2017 n. 206

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Decreto 17 ottobre 2017 n  206 Visite fiscali PA

Decreto 17 ottobre 2017 n. 206 / Regolamento visite fiscali dipendenti PA (Visite di Controllo Mediche - VCM) / Annullato Art. 3

Regolamento recante modalita' per lo svolgimento delle visite fiscali e per l'accertamento delle assenze dal servizio per malattia, nonche' l'individuazione delle fasce orarie di reperibilita', ai sensi dell'articolo 55-septies, comma 5-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

(GU  n.302 del 29.12.2017)

Entrata in vigore del provvedimento: 13/01/2018

Abrogazione

E' abrogato il decreto 18 dicembre 2009, n. 206

Sentenza TAR Lazio n. 16305 del 3 novembre 2023

Il 3 novembre 2023 il Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) del Lazio ha emesso una sentenza che solleva la questione di legittimità costituzionale delle norme che prevedono la differenziazione delle fasce di reperibilità per i dipendenti pubblici e privati in caso di malattia.

La Sentenza di fatto annulla l’articolo 3 del decreto n. 206 del 17 ottobre 2017 del Ministro della Semplificazione e della pubblica amministrazione che stabilisce che i dipendenti pubblici devono essere reperibili dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00, inclusi i giorni non lavorativi, le domeniche e i festivi.

Come noto invece per i dipendenti privati, la fascia di reperibilità va dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00  7 giorni su 7 compresi festivi.

A seguito della sentenza del TAR l’INPS con messaggio numero 4640 del 22/12/2023 ha fornito, le necessarie indicazioni operative per l’espletamento degli accertamenti medico-legali domiciliari e le nuove fasce orarie per le visite fiscali dei dipendenti pubblici.

Dal 22 dicembre 2023 le fasce orarie per i dipendenti pubblici (o statali) sono 10.00 – 12.00 e 17.00 – 19.00  7 giorni su 7 compresi festivi come per i dipendenti privati.

Decreto 17 ottobre 2017, n. 206 - Annullato Art. 3

Art. 3 Fasce orarie di reperibilita'

1. In caso di assenza per malattia, le fasce di reperibilita' dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono fissate secondo i seguenti orari: dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18.

2. L'obbligo di reperibilita' sussiste anche nei giorni non lavorativi e festivi.

_______

Art. 1. Richiesta della visita di controllo
Art. 2. Svolgimento delle visite fiscali
Art. 3. Fasce orarie di reperibilità
Art. 4. Esclusioni dall’obbligo di reperibilità
Art. 5. Verbale di visita fiscale
Art. 6. Variazione dell’indirizzo di reperibilità
Art. 7. Mancata effettuazione della visita fiscale
Art. 8. Mancata accettazione dell’esito della visita
Art. 9. Rientro anticipato al lavoro
Art. 10. Abrogazioni

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Calcolo ventilazione / ricambi d'aria edifici EN 16798-1

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Calcolo ventilazione   ricambi d aria edifci EN 16798 1

Calcolo ventilazione / ricambi d'aria edifici in accordo UNI EN 16798-1 / Esempi

ID 19607 | 11.05.2023 / Documento completo allegato

Calcolo ventilazione - ricambi d'aria edifici in accordo con EN 16798-1 (estratto / traduzione IT non ufficiale), in riferimento Direttiva EPB Direttiva 2010/31/UE.

Excursus

UNI EN 16798-1:2019
Prestazione energetica degli edifici - Ventilazione per gli edifici - Parte 1: Parametri di ingresso dell’ambiente interno per la progettazione e la valutazione della prestazione energetica degli edifici in relazione alla qualità dell’aria interna, all’ambiente termico, all’illuminazione e all’acustica - Modulo M1-6

La norma specifica i requisiti per i parametri ambientali interni per l’ambiente termico, la qualità dell’aria interna, l’illuminazione e l’acustica e specifica come stabilire questi parametri per la progettazione del sistema dell’edificio e i calcoli delle prestazioni energetiche.

La presente norma europea include criteri di progettazione per i fattori di disagio termico locale, il tiraggio, l’asimmetria della temperatura radiante, le differenze di temperatura dell’aria verticale  la temperatura della superficie del pavimento.

La presente norma europea è applicabile quando i criteri per l’ambiente interno sono stabiliti  all’occupazione umana e in cui la produzione o il processo non hanno un impatto rilevante sull’ambiente interno.

La presente norma europea specifica anche i profili di occupazione da utilizzare nei calcoli di energia standard e come possono essere utilizzate diverse categorie di criteri per l’ambiente interno. I criteri di questa norma europea possono anche essere utilizzati nei metodi di calcolo nazionali. Questo standard definisce i criteri per l’ambiente interno sulla base di standard esistenti e rapporti elencati sotto riferimenti normativi o nella bibliografia.

La presente norma europea non specifica i metodi di progettazione, ma fornisce parametri di input per la progettazione dell’involucro dell’edificio, riscaldamento, raffreddamento, ventilazione e illuminazione.

La Tabella 1 mostra la posizione relativa di questo standard all’interno del set di standard EPB nel contesto della struttura modulare come definito nella EN ISO 52000-1.

La norma è di supporto alla Direttiva EPB direttiva 2010/31/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010 sulla prestazione energetica nell’edilizia (GU L153/13 del 18.06.2010), in aggiornamento.

Calcolo ventilazione   ricambi d aria edifci EN 16798 1 01

V
edi: WHO guidelines for indoor air quality

La norma è presa in esame per i parametri di progetto della ventilazione degli edifici di cui, in particolare a:

- p. 6.3 Progettazione per la qualità dell'aria interna (tassi di ventilazione)
- Appendice B.3  Base per i criteri di progettazione per la qualità dell'aria interna e i tassi di ventilazione

L’Appendice A include tutti i criteri nazionali raccomandati per la qualità dell'aria e i tassi di ventilazione. (all national recommended criteria)

L’Appendice B include tutti i metodi di progettazione predefiniti raccomandati per l'ambiente interno. (di default)

Calcolo ventilazione   ricambi d aria edifci EN 16798 1 02

Per dimensionare un impianto di ventilazione meccanica residenziale è possibile, ad oggi, utilizzare

UNI 10339:1995 (norma nazionale)
UNI EN 16798-1:2019 (revisione della EN 15251:2008)

Vedi Documento su UNI 10339


________

UNI EN 16798-1:2019 / Estratto

6 Parametri di input per la progettazione degli edifici e il dimensionamento degli impianti di riscaldamento, raffrescamento, sistemi di ventilazione e illuminazione

6.1 Introduzione

Per la progettazione degli edifici e il dimensionamento degli impianti tecnici dell'edificio per il riscaldamento, il raffrescamento, la ventilazione e parametri e criteri di illuminazione devono essere specificati e documentati. Devono essere utilizzati i criteri di cui alla clausola 6 come valori di input per il dimensionamento degli impianti oltre che per la progettazione degli edifici.

La presente norma specifica, in appendici informative, valori di input di default da utilizzare nei casi in cui non siano disponibili quelli della normativa nazionale.

I criteri predefiniti sono forniti per diverse categorie.

Il criterio di progettazione per l'ambiente interno deve essere documentato unitamente alla tipologia d’uso degli spazi.

I valori di input predefiniti sono forniti per ciascuna delle diverse categorie di qualità ambientale interna. Una breve descrizione delle categorie è riportata nella Tabella 4.

Calcolo ventilazione   ricambi d aria edifci EN 16798 1 08

Tabella 4 Categorie di qualità ambientale interna

IEQ Qualità ambientale interna
IEQCAT Qualità ambientale interna per la progettazione
ACQ Ricambi d’aria per ora

NOTA
Nelle tabelle vengono utilizzati solo i numeri di categoria senza il simbolo IEQx.

Le categorie sono correlate al livello di aspettativa che gli occupanti possono avere.
Un livello normale è "Medio".
Un livello “Alto” può essere stabilito per gli occupanti con necessità speciali (bambini, anziani, persone con disabilità, ecc.).
Un livello inferiore a “Medio” non comporta alcun rischio per la salute, ma può diminuire il comfort.

6.3.2 Metodi

6.3.2.1 Generalità

I parametri di progettazione per la qualità dell'aria interna devono essere ricavati utilizzando uno o più dei seguenti metodi:

- Metodo 1: metodo basato sulla qualità dell'aria percepita;

- Metodo 2: metodo che utilizza valori limite per la concentrazione della sostanza;

- Metodo 3: metodo basato su portate d'aria di ventilazione predefinite.

NOTA
All'interno di ogni metodo, il progettista può scegliere tra diverse categorie di qualità degli ambienti interni e definire quale categoria di edificio a basso contenuto di inquinanti, LPB1-3 viene utilizzata.

6.3.2.2 Metodo 1 basato sulla qualità dell'aria percepita

Occorre valutare la diluizione necessaria per ridurre il rischio per la salute derivante da uno specifico inquinante atmosferico separatamente dai tassi di ventilazione richiesti per ottenere il livello di qualità dell'aria percepita desiderato (Tabella 4).

Il più alto di questi valori di tassi di ventilazione deve essere utilizzato per la progettazione.
Se sono identificate fonti critiche per salute, si deve verificare che rimangano al di sotto dei valori soglia salutare (cfr. 6.3.2.3).

Il tasso di ventilazione totale per la zona di respirazione si trova combinando la ventilazione per persona e dell’edificio calcolato dalla formula:

UNI EN 16798 1 Metodo 1

Dove

Qtot = tasso di ventilazione totale per la zona di respirazione, l/s
n = valore di progetto per il numero di persone nella stanza,
Qp = tasso di ventilazione per occupazione per persona, l/(s persona)
AR = superficie calpestabile, m2
QB = tasso di ventilazione per le emissioni dell'edificio, l/(s·m2)

I livelli di qualità dell'aria percepita sono definiti di default per le persone non adattate in ambito di edifici non residenziali e persone adattate in edifici residenziali.

In edifici non residenziali, deve essere giustificata l’assunzione di persone adattate

NOTA
Vedere B.3 per i valori predefiniti. I metodi descritti in CEN/TR 16798–2 possono essere utilizzati in modo speciale casi in cui si considerano persone adattate.
Si presume che i tassi di ventilazione risultanti siano indipendenti dalle stagioni.

6.3.2.3 Metodo 2 che utilizza criteri per singole sostanze
...

6.3.2.4 Metodo 3 basato su portate d'aria di ventilazione predefinite
...

6.3.3 Edifici non residenziali

6.3.3.1 Metodi applicabili

Per la progettazione degli impianti di ventilazione e il calcolo dei carichi termici e frigoriferi, la velocità di ventilazione deve essere specificata in base ai requisiti nazionali o quando non è disponibile alcuna regolamentazione nazionale, utilizzando uno dei tre metodi descritti in 6.3.2.1.

6.3.3.2 Portate d'aria di ventilazione durante i periodi di non occupazione

Nel caso in cui la ventilazione sia spenta, deve essere determinato il tempo di funzionamento e la portata d'aria di ventilazione necessari per limitare la concentrazione di inquinanti emessi dai materiali prima dell'occupazione.

La NOTA 1
B.3 fornisce i valori predefiniti per l'aria di ventilazione minima da erogare prima dell'occupazione.

Nel caso in cui la portata d'aria venga abbassata, deve essere determinata la portata d'aria necessaria per limitare la concentrazione degli inquinanti emessi dai materiali prima dell'occupazione.

La NOTA 2
B.3 fornisce i valori predefiniti per la portata minima dell'aria di ventilazione da erogare per rimuovere emissioni dell'edificio durante le ore non occupate.
...

B.3 Criteri di default negli ambienti indor

Esempi di calcolo delle portate di rinnovo dell’aria UNI EN 16798-1

L’approccio della norma europea UNI EN 16798-1, come detto, è riferito a quattro Categorie di qualità dell’aria interna agli edifici, ottenibili e proponendo tre metodi di calcolo diversi (armonizzando i vari metodi usati nei paesi dell’Unione Europea).

B.3.1.4 Metodo 3 Metodo basato su portate di ventilazione predefinite

Le portate d'aria di ventilazione di progetto possono anche essere espresse come portata richiesta per persona (l/(s per persona)) o come tasso richiesto per m2 di superficie (l/(s x m2).

Calcolo ventilazione   ricambi d aria edifci EN 16798 1 05

Tabella B.10 - Portate d'aria di ventilazione di progetto predefinite predefinite per un ufficio (persone non adattate)

Il presente esempio fornisce la stessa ventilazione totale del metodo 1. Ulteriori esempi sono forniti in CEN/TR 16798–2.
...

B.3.2 Portate d'aria di ventilazione di progetto di default per edifici residenziali

B.3.2.1 Generalità

È possibile fornire portate d'aria di ventilazione predefinite in base a uno o più dei seguenti componenti:

- tasso di ricambio d'aria totale per l'abitazione;
- estrazione d'aria per stanze specifiche;
- ricambi d’aria per locali specifici;
- progettazione aree di apertura per la ventilazione naturale.

Qualsiasi criterio può essere utilizzato nella progettazione.

Sia la portata d'aria totale per l'intera abitazione sia la portata d'aria di ripresa dai locali umidi devono essere calcolato. Uno dei criteri può essere utilizzato nella progettazione.

B.3.2.2 Progettazione ricambi d'aria

La tabella B.11 fornisce i valori predefiniti per i tre criteri. Si presume che l'aria sia fornita nelle aree living  e camere da letto ed estratti da camere umide.

Per analizzare gli esempi che seguono è importante osservare la Tabella B.11 della UNI EN 16798-1 che riassume i vari metodi di calcolo, alternativi l’uno all’altro. 

Calcolo ventilazione   ricambi d aria edifci EN 16798 1 06
________

Esempio Metodo 1

Dati:
Appartamento residenziale
Categoria I
Dimensioni 100 mq
Altezza: 3 mt
Posti letto: 4
Volume: 300 m3

Portata totale = portata unitaria (l/s)  x Superficie (m2) x  C (m3/h)

Portata totale: 0.49 l/s x 100 x 3,6 = 176,4 m3/h = 44.1  m3/h persona

ACH = 176,4/300 = 0,588 (2 ricambi h ca)

Esempio Metodo 1 (da formula)

UNI EN 16798 1 Metodo 1

Dove

Qtot = tasso di ventilazione totale per la zona di respirazione, l/s
n = valore di progetto per il numero di persone nella stanza,
QP = tasso di ventilazione per occupazione per persona, l/(s persona)
AR = superficie calpestabile, m2
QB = tasso di ventilazione per le emissioni dell'edificio, l/(s·m2)

Qtot = 4 x l/s persona + 100 m2 x 0,49 l/s, m2

Qtot = 4 x l/s 4 + 49 l/s

Qtot = 49 l/s = 12,25 l/s persona = 44,1 m3/h persona
________

Esempio Metodo 2

Dati:
Appartamento residenziale
Categoria I
Dimensioni 100 mq
Altezza: 3 mt
Posti letto: 4
Volume: 300 m3

Portata totale = 10 x 4 = 40 l/sec = 40 x 3,6 = 144 m3/h
_______

Esempio Metodo 3

Dati:
Appartamento residenziale
Categoria I
Dimensioni 100 mq
Dimensione living + camere (esclude corridoi bagni, ecc) = 80 mq
Altezza: 3 mt
Posti letto: 4
Volume: 300 m3

Portata totale = Qp + QB = (3,5 x 4 x 3,6) + 0,25 x 80 x 3,6 = 50,4 + 72 = 122,4 m3/h

A seguire la Tabella B.11 costruita per le 4 categorie (in blu):

Calcolo ventilazione   ricambi d aria edifci EN 16798 1 07

(*) Se nel calcolo del metodo 3 il valore è inferiore a quanto previsto OMS 4 l/s/pr, tale valore è da arrotondare almeno a 4.

Tabella 1 - Tabella B.11 costruita per le 4 categorie sull’esempio riportato
...
segue in allegato

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Schema di Relazione annuale medico competente

ID 18935 | | Visite: 6223 | Documenti Riservati Sicurezza

Schema Relazione annuale medico competente

Schema di Relazione annuale medico competente / Art. 25 co. 1 lett. i) TUS

ID 18935 | 09.02.2023 / In allegato Documento completo e schema in formato .doc

La relazione sanitaria è uno strumento informativo con cui il medico competente, comunica al datore di lavoro, al RSPP e al RLS, i risultati anonimi e collettivi degli accertamenti sanitari ed il significato di detti risultati, ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori.

La relazione sanitaria deve essere prodotta annualmente in forma scritta e presentata nell’ambito della riunione periodica come previsto dall’articolo 25, comma 1, lettera i) del D.Lgs. 81/2008.

Di seguito si fornisce uno schema di relazione sanitaria ai sensi dell’art. 25 comma 1 lettera i) del D.Lgs. 81/2008 in formato .doc compilabile ed adattabile alle differenti realtà aziendali.

D.Lgs. 81/2008

Art. 25 Obblighi del medico competente

i) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all'articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori; ...

D.Lgs. 81/2008

Art. 35 Riunione periodica

1. Nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più di 15 lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente, ove nominato;
d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:
a) il documento di valutazione dei rischi;
b) l'andamento degli infortuni e delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria;
c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale;
d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute.

3. Nel corso della riunione possono essere individuati:
a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali;
b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base delle linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.

4. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori. Nelle ipotesi di cui al presente articolo, nelle unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori è facoltà del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza chiedere la convocazione di un'apposita riunione.

5. Della riunione deve essere redatto un verbale che è a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione....

In allegato Schema di Relazione annuale medico competente  - Art. 25 co. 1 lett. i) TUS in formato .doc compilabile

Schema Relazione annuale medico competente   Immagine 1

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Circolare Inail n. 58 del 29 dicembre 2023

ID 21098 | | Visite: 558 | Decreti Sicurezza lavoro

Circolare Inail n. 58 del 29 dicembre 2023

ID 21098 | 08.01.2024

Fondo vittime amianto in favore dei lavoratori di società partecipate pubbliche che hanno contratto patologie asbesto-correlate durante l'attività lavorativa nei cantieri navali, dei loro eredi e delle società partecipate pubbliche, istituito dall’articolo 24, comma 2, del decreto legge 30 marzo 2023, n. 34. Requisiti per l’accesso al fondo, modalità di presentazione delle istanze e di erogazione delle prestazioni.

L’articolo 24, comma 2, del decreto legge 30 marzo 2023, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 26 maggio 2023, n. 56, ha istituito per l’anno 2023 nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per le vittime dell'amianto che interviene in favore dei lavoratori di società partecipate pubbliche che hanno contratto patologie asbesto-correlate durante l’attività lavorativa prestata presso i cantieri navali per i quali hanno trovato applicazione le disposizioni dell’articolo 13 della legge 27 marzo 1992, n. 257, nonché, in caso di decesso, nei confronti dei loro eredi. Al Fondo possono accedere anche le stesse società partecipate pubbliche. [...]

Testo integrale della circolare Inail n. 58 del 29 dicembre 2023
Allegato 1 - circolare Inail n. 58 del 29 dicembre 2023
Allegato 2 - Modulo domanda lavoratore
Allegato 3 - Modulo domanda erede del lavoratore deceduto
Allegato 4 - Modulo domanda società partecipata pubblica
Allegato 5 - Prospetto riepilogativo dei risarcimenti corrisposti dalla società partecipata pubblica

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L’esperto in radioprotezione e il servizio di prevenzione e protezione

ID 21078 | | Visite: 1329 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

L esperto in radioprotezione e il servizio di prevenzione e protezione

L’esperto in radioprotezione e il servizio di prevenzione e protezione

ID 21078 | 04.01.2024 / In allegato

L’esperto in radioprotezione e il servizio di prevenzione e protezione: punti di contatto tra il d.lgs. 81/2008 e il d.lgs. 101/2020 per la realizzazione di una sinergia operativa.

Scopo del documento è fare capire ai radioprotezionisti perché - fra le proprie competenze - la conoscenza del d.lgs. 81/08 non possa essere trascurata, ed ai responsabili ed addetti del servizio di prevenzione e protezione perché la radioprotezione non debba essere semplicemente considerata quale materia delegata ad altro “specialista”.

Il risultato atteso è quello di contribuire allo sviluppo di una cultura della sicurezza che risulti più circolare, inclusiva, sinergica, e nella quale siano evidenti i diversi ambiti interferenziali nei quali l’adozione di un “gioco di squadra” si ponga, non tanto come opportunità, quanto, piuttosto, come irrinunciabile necessità.

...

Fonte: INAIL Fact sheet 2023

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Fact sheet INAIL 2023
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Orario di lavoro / Note

ID 17613 | | Visite: 7230 | News Sicurezza

Orario di lavoro   Note

Orario di lavoro / Note 2022

ID 17613 | 21.09.2022 / Nota completa in allegato

Le presenti note illustrano la normativa che disciplina l’orario di lavoro di cui Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66 - Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (in GU n. 87 del 14 aprile 2003 - SO n. 61).

L’art. 1, comma 2, del Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66, definisce orario di lavoro “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.

Nei contratti collettivi nazionali vengono stabilite in modo preciso le durate in riferimento a specifiche mansioni, anche inferiori al tetto massimo stabilito per legge.

In vigore il Regio Decreto-Legge 15 marzo 1923 n. 692

Regio Decreto-Legge 15 marzo 1923 n. 692

Relativo alla limitazione dell'orario di lavoro per gli operai ed impiegati delle aziende industriali o commerciali di qualunque natura. (GU n.84 10.04.1923)

Orario massimo normale di lavoro.

Art. 1. Orario massimo normale di lavoro.

La durata massima normale della giornata di lavoro degli operai ed impiegati nelle aziende industriali o commerciali di qualunque natura, anche se abbiano carattere di Istituti di insegnamento professionale o di beneficenza, come pure negli uffici, nei lavori pubblici, negli ospedali ovunque e' prestato un lavoro salariato o stipendiato alle dipendenze o sotto il controllo diretto altrui, non potra' eccedere le otto ore al giorno o le 48 ore settimanali di lavoro effettivo.

Il presente decreto non si applica al personale addetto ai lavori domestici, al personale direttivo delle aziende ed ai commessi viaggiatori.

Per i lavori eseguiti a bordo delle navi, per gli uffici ed i servizi pubblici, anche se gestiti da assuntori privati, si provvederà con separate disposizioni. (1)

(1) La Legge 23 ottobre 1962, n. 1544, ha disposto (con l'art. 1, comma 1) che "A decorrere dal 1 gennaio 1964, a modifica di quanto disposto dall'articolo 1 del regio decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692, la durata massima normale dell'orario di lavoro non potra' eccedere, per tutti i lavoratori nel sottosuolo delle miniere o che partecipano al processo di estrazione del minerale, esclusi i lavoratori delle miniere di metano, petrolio e materiali lapidei, nonche' delle cave e torbiere, fermo restando l'ammontare globale della retribuzione settimanale, le 40 ore settimanali di lavoro effettivo". 

E’ da considerarsi orario di lavoro anche l’arco temporale trascorso dal lavoratore all’interno dell’impresa per l’espletamento di quelle attività “prodromiche e accessorie” allo svolgimento della prestazione lavorativa stessa (vestizione - svestizione, tempo impiegato dal punto di raccolta, eventuali soste di lavoro in caso di lavori molto faticosi, ecc.).

Il Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66 non si applica alle seguenti categorie:

- gente di mare;
- personale di volo dell’aviazione civile;
- lavoratori mobili delle imprese di trasporto;
- personale della scuola di cui al D.Lgs. n. 297/94;
- personale delle Forze di Polizia, delle Forze armate;
- strutture giudiziarie penitenziarie;
- biblioteche, musei, aree archeologiche;
- addetti al servizio di polizia municipale e provinciale;
- addetti ai servizi di vigilanza privata.

Sono, invece, previste delle specifiche deroghe per:

- i lavoratori elencati nell’art. 16 del Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66, i quali sono sottratti alla durata settimanale dell’orario di lavoro;
- i lavoratori elencati nell’art. 17 del Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66, i quali sono sottratti alla disciplina del riposo giornaliero, delle pause, del lavoro notturno, della durata massima settimanale. Tra questi ricordiamo i dirigenti, il personale direttivo, i lavoratori a domicilio e i telelavoratori.

Orario normale di lavoro

L’art. 3 del Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66: “l’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali”.

E’ possibile che i contratti collettivi stabiliscano, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l'orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all'anno (c.d. orario multiperiodale).

Nello specifico, le imprese per far fronte a variazioni cicliche delle esigenze produttive, possono avere orari settimanali superiori o inferiori a quello normale, purchè la media delle ore di lavoro prestate corrisponda a 40 ore settimanali, riferibile ad un periodo non superiore all’anno.

Nelle settimane in cui l’orario eccederà le 40 ore, non sarà considerato lavoro straordinario e  le ore lavorate in più verranno recuperate nel corso dell’anno con periodi di riduzione di orario.

Lavoro straordinario

L’art. 5 del Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66 definisce l’orario straordinario come l’orario prestato oltre l’orario normale di lavoro.

Il lavoro straordinario sommato al lavoro normale, non deve superare il limite massimo settimanale ed i contratti collettivi regolamentano le eventuali modalità di esecuzione delle prestazioni dello stesso.

Nell’ipotesi di assenza di previsione da parte dei contratti collettivi, il ricorso all’orario straordinario è ammesso, previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore, per un periodo massimo che non superi le 250 ore annuali.

Il lavoro straordinario, salvo diversa previsione da parte della contrattazione collettiva, è altresì ammesso in relazione a:
- casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l'assunzione di altri lavoratori;
- casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;
- eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti.

Il riposo compensativo usufruito secondo le modalità di cui sopra, fa sì che le ore di lavoro straordinario prestate non si computino ai fini della media delle 48 ore per ogni periodo di sette giorni.

Riposo giornaliero

L’art. 7 del Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66 prevede che, ferma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore.

Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata.

Il periodo di riposo minimo (11 ore) non è derogabile ed eventuali accordi in diminuzione sono da ritenersi nulli.

L’art. 17 del medesimo decreto, prevede inoltre specifiche deroghe relativamente alla misura e alla consecutività dei riposi giornalieri, le stesse sono riportate nella tabella sottostante.

Pause

Nelle ipotesi in cui l’orario di lavoro giornaliero superi le 6 ore, il lavoratore ha diritto ad un intervallo di pausa le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo (art. 8, co. 1, Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66).

Il legislatore stabilisce che, in assenza di previsione da parte della contrattazione collettiva, al lavoratore debba essere concessa una pausa, tra l'inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la cui collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo (in caso di giornata c.d. spezzata la pausa può coincidere con la pausa pranzo).

Riposo settimanale

Il lavoratore ha diritto ad un riposo di settimanale ogni 7 giorni di durata pari ad almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero (art. 9, co. 1, Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66).

L’art. 9 prevede specifiche deroghe relativamente alla periodicità e alla consecutività del riposo.

Le eccezioni riguardano:

- le attività di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi turno o squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di un turno o di una squadra e l'inizio del successivo, di periodi di riposo giornaliero o settimanale;
- le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata;
- il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari; le attività discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le attività connesse con gli orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuità e la regolarità del traffico ferroviario.

In ogni caso, i contratti collettivi possono stabilire previsioni diverse, nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 17, comma 4 Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66.

Per quanto riguarda invece, la coincidenza del riposo con la domenica, lo stesso può essere fissato in un giorno diverso e può essere attuato mediante turni per il personale interessato a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare ovvero addetto alle attività aventi le seguenti caratteristiche:

- operazioni industriali per le quali si abbia l'uso di forni a combustione o a energia elettrica per l'esercizio di processi caratterizzati dalla continuità della combustione ed operazioni collegate, nonché attività industriali ad alto assorbimento di energia elettrica ed operazioni collegate;
- attività industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte, lo svolgimento continuativo per ragioni tecniche;
- industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza riguardo alla materia prima o al prodotto dal punto di vista del loro deterioramento e della loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano materie prime di facile deperimento ed il cui periodo di lavorazione si svolge in non più di 3 mesi all'anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso personale si compiano alcune delle suddette attività con un decorso complessivo di lavorazione superiore a 3 mesi;
- i servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ad esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di pubblica utilità;
- attività che richiedano l'impiego di impianti e macchinari ad alta intensità di capitali o ad alta tecnologia;
- attività di cui all'articolo 7 della Legge 22 febbraio 1934, n. 370;
- attività indicate agli articoli 11, 12 e 13 del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di cui all'articolo 3 della Legge 24 ottobre 2000, n. 323.

Ferie annuali

Il lavoratore dipendente ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite, per reintegrare le energie psicofisiche, non inferiore a quattro settimane.

Per quanto riguarda la fruizione di queste quattro settimane, fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, bisogna distinguere due periodi.

Primo periodo: 2 settimane da fruirsi in modo ininterrotto nel corso dell’anno di maturazione.

Secondo periodo: 2 settimane da fruirsi, anche in modo frazionato, nell’arco dei 18 mesi successivi l’anno di maturazione.

Il legislatore prevede uno specifico divieto di monetizzare i periodi di ferie non goduti, salvo in caso di risoluzione del rapporto di lavoro in corso d’anno.
...

Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66

Art. 1 Finalita' e definizioni

1. Le disposizioni contenute nel presente decreto, nel dare attuazione organica alla direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, cosi' come modificata dalla direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 2000, sono dirette a regolamentare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, e nel pieno rispetto del ruolo della autonomia negoziale collettiva, i profili di disciplina del rapporto di lavoro connessi alla organizzazione dell'orario di lavoro.

2. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intende per:

a) "orario di lavoro": qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attivita' o delle sue funzioni:
b) "periodo di riposo": qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro;
c) "lavoro straordinario": e' il lavoro prestato oltre l'orario normale di lavoro cosi' come definito all'articolo 3; d) "periodo notturno": periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino;
e) "lavoratore notturno":
1) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
2) qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva e' considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga per almeno tre ore lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo e' riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale;
f) "lavoro a turni": qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro anche a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che puo' essere di tipo continuo o discontinuo, e il quale comporti la necessita' per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane;
g) "lavoratore a turni": qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni;
h) "lavoratore mobile": qualsiasi lavoratore impiegato quale membro del personale viaggiante o di volo presso una impresa che effettua servizi di trasporto passeggeri o merci sia per conto proprio che per conto di terzi su strada, per via aerea o per via navigabile, o a impianto fisso non ferroviario;
i) "lavoro offshore": l'attivita' svolta prevalentemente su una installazione offshore (compresi gli impianti di perforazione) o a partire da essa, direttamente o indirettamente legata alla esplorazione, alla estrazione o allo sfruttamento di risorse minerali, compresi gli idrocarburi, nonche' le attivita' di immersione collegate a tali attivita', effettuate sia a partire da una installazione offshore che da una nave;
l) "riposo adeguato": il fatto che i lavoratori dispongano di periodi di riposo regolari, la cui durata e' espressa in unita' di tempo, e sufficientemente lunghi e continui per evitare che essi, a causa della stanchezza della fatica o di altri fattori che perturbano la organizzazione del lavoro, causino lesioni a se stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o a lungo termine;
m) "contratti collettivi di lavoro": contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative.

Art. 2 Campo di applicazione

1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano a tutti i settori di attivita' pubblici e privati con le uniche eccezioni del lavoro della gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE, del personale di volo nella aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE e dei lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE.

2. Nei riguardi dei servizi di protezione civile, ivi compresi quelli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonche' nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie e di quelle destinate per finalita' istituzionali alle attivita' degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello Stato le disposizioni contenute nel presente decreto non trovano applicazione in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato o di ragioni connesse ai servizi di protezione civile, nonche' degli altri servizi espletati dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, cosi' come individuate con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell'economia e delle finanze e per la funzione pubblica, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. Le disposizioni del presente decreto non si applicano al personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. Non si applicano, altresi', al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, nonche' agli addetti al servizio di polizia municipale e provinciale, in relazione alle attivita' operative specificamente istituzionali e agli addetti ai servizi di vigilanza privata.

4. La disciplina contenuta nel presente decreto si applica anche agli apprendisti maggiorenni.

CAPO II Principi in materia di organizzazione dell'orario di lavoro

Art. 3 Orario normale di lavoro

1. L'orario normale di lavoro e' fissato in 40 ore settimanali.
2. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l'orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all'anno.

Art. 4 Durata massima dell'orario di lavoro

1. I contratti collettivi di lavoro stabiliscono la durata massima settimanale dell'orario di lavoro.
2. La durata media dell'orario di lavoro non puo' in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
3. Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la durata media dell'orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi.
4. I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite di cui al comma 3 fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi.
5. COMMA ABROGATO DAL D.L. 25 GIUGNO 2008, N. 112, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA L. 6 AGOSTO 2008, N. 133.

Art. 5 Lavoro straordinario

1. Il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto.
2. Fermi restando i limiti di cui all'articolo 4, i contratti collettivi di lavoro regolamentano le eventuali modalita' di esecuzione delle prestazioni di lavoro straordinario.
3. In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario e' ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali.
4. Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario e' inoltre ammesso in relazione a:
a) casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilita' di fronteggiarle attraverso l'assunzione di altri lavoratori;
b) casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;
c) eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attivita' produttiva, nonche' allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall'articolo 2, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e in tempo utile alle rappresentanze sindacali aziendali.
5. Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.

Art. 6 Criteri di computo

1. I periodi di ferie annue e i periodi di assenza per malattia non sono presi in considerazione ai fini del computo della media di cui all'articolo 4.
2. Nel caso di lavoro straordinario, se il riposo compensativo di cui ha beneficiato il lavoratore e' previsto in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione retributiva di cui al comma 5 dell'articolo 5, le ore di lavoro straordinario prestate non si computano ai fini della media di cui all'articolo 4.

CAPO III Pause, riposi e ferie

Art. 7 Riposo giornaliero

1. Ferma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attivita' caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità.

Art. 8 Pause

1. Qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalita' e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del  recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo.
2. Nelle ipotesi di cui al comma 1, in difetto di disciplina collettiva che preveda un intervallo a qualsivoglia titolo attribuito, al lavoratore deve essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l'inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la cui collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo.
3. Salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, rimangono non retribuiti o computati come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata i periodi di cui all'articolo 5 regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955, e successivi atti applicativi, e dell'articolo 4 del regio decreto 10 settembre 1923, n. 1956, e successive integrazioni.

Art. 9 Riposi settimanali

1. Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all'articolo 7. Il suddetto periodo di riposo consecutivo e' calcolato come media in un periodo non superiore a quattordici giorni.
2. Fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1:
a) attivita' di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi turno o squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di un turno o di una squadra e l'inizio del successivo, di periodi di riposo giornaliero o settimanale;
b) le attivita' caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata;
c) per il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari: le attivita' discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le attivita' connesse con gli orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuita' e la regolarita' del traffico ferroviario;
d) i contratti collettivi possono stabilire previsioni diverse, nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 17, comma 4.
3. Il riposo di ventiquattro ore consecutive puo' essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e puo' essere attuato mediante turni per il personale interessato a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare ovvero addetto alle attivita' aventi le seguenti caratteristiche:
a) operazioni industriali per le quali si abbia l'uso di forni a combustione o a energia elettrica per l'esercizio di processi caratterizzati dalla continuita' della combustione ed operazioni collegate, nonche' attivita' industriali ad alto assorbimento di energia elettrica ed operazioni collegate;
b) attivita' industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte, lo svolgimento continuativo per ragioni tecniche;
c) industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza riguardo alla materia prima o al prodotto dal punto di vista del loro deterioramento e della loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano materie prime di facile deperimento ed il cui periodo di lavorazione si svolge in non piu' di 3 mesi all'anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso personale si compiano alcune delle suddette attivita' con un decorso complessivo di lavorazione superiore a 3 mesi;
d) i servizi ed attivita' il cui funzionamento domenicale corrisponda ed esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettivita' ovvero sia di pubblica utilita';
e) attivita' che richiedano l'impiego di impianti e macchinari ad alta intensita' di capitali o ad alta tecnologia;
f) attivita' di cui all'articolo 7 della legge 22 febbraio 1934, n. 370;
g) attivita' indicate agli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di cui all'articolo 3 della legge 24 ottobre 2000, n. 323.
4. Sono fatte salve le disposizioni speciali che consentono la fruizione del riposo settimanale in giorno diverso dalla domenica, nonche' le deroghe previste dalla legge 22 febbraio 1934, n. 370.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato sentite le organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente piu' rappresentative, nonche' le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, saranno individuate le attivita' aventi le caratteristiche di cui al comma 3, che non siano gia' ricomprese nel decreto ministeriale 22 giugno 1935, e successive modifiche e integrazioni, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 161 del 12 luglio 1935, nonche' quelle di cui al comma 2, lettera d), salve le eccezioni di cui alle lettere a), b) e c). Con le stesse modalita' il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero per i pubblici dipendenti il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, provvede all'aggiornamento e alla integrazione delle predette attivita'. Nel caso di cui al comma 2, lett. d), e salve le eccezioni di cui alle lettere a), b), e c) l'integrazione avra' senz'altro luogo decorsi trenta giorni dal deposito dell'accordo presso il Ministero stesso.

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Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni domestici - 2024

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Fonte: INAIL

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Modifiche ad attività PI esistenti: aggravio o non rischio incendio / Note

ID 17597 | | Visite: 21263 | Prevenzione Incendi

Moddifiche attivit  esistenti   Senza aggravio e Non

Modifiche ad attività PI esistenti: aggravio o non rischio incendio / Note

ID 17597 | 15.09.2022 / Documento completo allegato

Il Documento illustra la normativa e le procedure PI, con schemi, nel caso di modifiche alle attività di PI esistenti con aggravio / non aggravio del rischio di incendio che comportano o meno la riattivazione della Procedura di Esame progetto / SCIA antincendio.

L’Art. 4. c. 6 del Decreto Presidente della Repubblica 1° agosto 2011 n. 151prevede nel caso di modifiche che comportano un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio, l'obbligo per l'interessato di avviare l’esame progetto ai sensi dall’Art. 3.

Il DM 7 agosto 2012 all’Art. 4 c. 7. prevede che nel caso di modifiche di cui all'articolo 4, comma 6, del Decreto Presidente della Repubblica 1° agosto 2011 n. 151, che non comportino aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza, alla segnalazione di cui al comma 1 del presente articolo sono allegati:

1) relazione tecnica e elaborati grafici conformi a quanto specificato nell'Allegato I, lettera C nonche' dichiarazione di non aggravio del rischio incendio, a firma di tecnico abilitato;
2) certificazioni o dichiarazioni, ove necessario, di cui al comma 3, lettera a), punto 1, a firma di professionista antincendio.

SCIA Art. 4 DM 07.08.2012 (se non aggravio)

In caso di modifiche di cui all’articolo 4, comma 6, del Decreto Presidente della Repubblica 1° agosto 2011 n. 151, che non comportino aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza, alla segnalazione di cui al comma 1 del presente articolo sono allegati:

- dichiarazione di non aggravio del rischio incendio, a firma di tecnico abilitato;

Esame Progetto Art. 3 DPR. 151/2011 (se aggravio)

Gli enti ed i privati responsabili delle attività di cui all'Allegato I, categorie B e C, sono tenuti a richiedere, con apposita istanza, al Comando l'esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio.

Documentare attività di PI esistenti non ricomprese Art. 4. c. 6 DPR 151/2011 / non sostanziali

Le modifiche non ricomprese all'articolo 4, comma 6, del Decreto Presidente della Repubblica 1° agosto 2011 n. 151, nonché quelle considerate non sostanziali, ai fini antincendio, da specifiche norme di prevenzione incendi sono documentate al Comando all'atto della presentazione della attestazione di rinnovo periodico di conformita'  antincendio di cui all'articolo 5. Per l'individuazione di tali modifiche si puo' fare riferimento ai criteri di cui all'Allegato IV del presente decreto o, in alternativa, alla valutazione dei rischi di incendio dell'attivita'.

Il Modello VVF per la Dichiarazione di non aggravio del rischio incendio è il MOD. PIN 2.6 da firmare da tecnico abilitato.

Le modifiche alle attività di PI esistenti:

- non ricomprese di cui all’Art. 4 c. 6 del DPR 151/2011
e
- non sostanziali di cui al all’Art. 4 c. 8 del DM 7 agosto 2012

dovranno essere documentate al Comando all'atto della presentazione della attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio.

Fig 1   Documentazione modifiche di non aggravio o non sostanziali al Rinnovo

Fig 1 - Documentazione modifiche di non aggravio o non sostanziali al Rinnovo

Fig  2   Schema flusso valutazione modifiche attivit  esistenti aggravio o non

(*) L’allegato IV detta criteri qualitativi per individuare le modifiche delle attività esistenti rilevanti ai fini della sicurezza antincendio che comportano variazione delle preesistenti condizioni di sicurezza ant. / In alternativa si può procedere alla valutazione dei rischi di incendio dell'attività che potrà discriminare adeguatamente se attività in Art. 4 c. 6 DPR 151/2011 o meno - Non trattasi di aggravio o non rischio incendio.

Fig. 2 - Schema flusso valutazione modifiche attività esistenti aggravio / non delle preesistenti condizioni di sicurezza e procedure

 DM 7 agosto 2012  Allegato IV
...
Modifiche non sostamziali
...
Modifiche senza aggravio
...
Modifiche con aggravio rischio

Esame progetto DPR 151 2011
...
Altre modifiche Art  4 c 6 DPR 151 2011

...
segue in allegato

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Nota n. 11649 del 27 giugno 2013

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Nota n. 11649 del 27 giugno 2013

Vigilanza nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Applicazione dell’art. 2, comma 1, lett. C), del D.P.R. n. 177 del 14/09/2011

(Risposta a nota 9828 del 06.05.2013) 

In riscontro alla nota su richiamata, inerente l’applicazione dell’art. 2, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 177/2011 ed in particolare l’obbligatorietà della certificazione dei contratti ai sensi del Titolo VIII, capo I, del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 per il personale impiegato in servizi resi in ambiente sospetti di inquinamento o confinati in regime di appalto o subappalto, si rappresenta quanto segue.

L’art. 2 del D.P.R. n. 177/2011 prevede che qualsiasi attività lavorativa, nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati, possa essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi che siano in possesso dei requisiti previsti dallo stesso articolo. In particolare il comma 1, lett. c), del citato articolo prevede, quale requisito obbligatorio, la "presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del titolo VIII, Capo I, del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto impiegato su quello specifico lavoro che esegue le attività di cui all’art. 1, comma 2, indipendentemente dal numero complessivo della forza lavoro della stessa azienda. Qualora l’appaltatore si avvalga di professionalità attraverso forme contrattuali diverse da quelle del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, è necessario che i relativi contratti siano certificati ai sensi del Titolo VIII Capo I, Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

In merito al ricorso al subappalto, si fa presente che l’art. 2, comma 2, del D.P.R. n. 177/2011 prevede che "in relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del titolo VIII, Capo I, del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni. Le disposizioni del presente regolamento si applicano anche nei riguardi delle imprese o dei lavoratori autonomi ai quali le lavorazioni vengano subappaltate".

La certificazione dei contratti di lavoro, prevista dal D.P.R. n. 177/2011, assume una valenza obbligatoria e non più facoltativa (art. 75, D.lgs. n. 276/2003) in quanto si vuole evitare, sulla scorta dei gravi incidenti avvenuti in passato, l’utilizzo di personale non specializzato in attività ad alto rischio di infortuni.

Per quanto concerne l’ambito di applicazione, il regolamento "si applica ai lavori in ambienti sospetti di inquinamento di cui agli articoli 66 e 121 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e negli ambienti confinati di cui all’allegato IV, punto 3, del medesimo decreto legislativo" (art. 1, comma 2, del D.P.R. n. 177/2011).

Inoltre, come previsto dall’art. 1, comma 3 del D.P.R. n. 177/2011, le disposizioni di cui agli art. 2, comma 2 (subappalto), e 3, comma 1 e 2 (coordinamento), sono vigenti unicamente "in caso di affidamento da parte del datore di lavoro di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o lavoratori autonomi all’interno della propria azienda o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica, a norma dell’art. 26, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo". Pertanto la restante parte del D.P.R. n. 177/2011 è applicabile anche a chi svolge i lavori in ambienti confinati o sospetti di inquinamento senza ricorso ad appaltatori o a lavoratori autonomi esterni.

In caso di appalto o subappalto di lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, così come definiti rispettivamente, dagli artt. 66 e 121 e dall’allegato IV, punto 3, del D.lgs. n. 81/2008, il committente è obbligato ad applicare l’art. 26 del citato decreto ed anche il D.P.R. n. 177/2011.

La verifica dell’idoneità tecnico professionale consta nell’acquisizione non solo del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato (art. 26, comma 1, lett. A) D.lgs. n. 81/2008), ma anche di questo previsto dall’art. 2 del D.P.R. n. 177/2011.

Pertanto, per quanto interessa il caso di specie, in merito ai provvedimenti sanzionatori da adottare qualora un datore di lavoro non ottemperi alle prescrizioni in materia di certificazione dei contratti contenute nel D.P.R. n. 177/2011, è applicabile, nei confronti del committente, la sanzione concernente la non corretta verifica della idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi prevista dall’art. 26, comma 1, lett. A) e sanzionata dall’art. 55, comma 5, lett. B), D.lgs. n. 81/2008).

Fonte: INL

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Tecnologie abilitanti per il monitoraggio degli elementi di contesto (Operatore-Macchina-Ambiente)

ID 21252 | | Visite: 896 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Tecnologie abilitanti per il monitoraggio degli elementi di contesto

Tecnologie abilitanti per il monitoraggio degli elementi di contesto (Operatore-Macchina-Ambiente) per la prevenzione di incidenti sul lavoro

ID 21252 | 27.01.2024 / In allegato

Inail - Volume - Collana Quaderni di ricerca gennaio 2024

Il progetto RECKON, diretto alle PMI, ha scelto come caso studio il settore metalmeccanico-metallurgico per l’applicazione ed ha prodotto il modello e una prima versione prototipale di hub, inteso come “centro di connessione di una rete”, potenzialmente aperto a tutte le aziende, per l’analisi sistematica dei rischi e delle loro cause, nonché la comprensione degli stati e delle effettive interazioni operatore-macchina-ambiente (sintetizzati nel termine “contesto”) per le attività di monitoraggio, diagnostica e prevenzione gestite in modo integrato.

Il quaderno contiene la rappresentazione generale del framework e definisce i contesti applicativi in cui è stato sviluppato il progetto, individuando tre case lab dove installare la piattaforma tecnologica e sensoristica.

È presente la descrizione generale dell’architettura hardware e software sviluppata, e viene dettagliato il modello di riferimento (Context Dimension Tree) per la rappresentazione del contesto di infortunio, che tiene conto dei risultati delle analisi anche di banche dati Inail sugli infortuni, degli ambiti di lavoro considerati e delle soluzioni tecnologiche da implementare in azienda.

Viene esposta la formalizzazione della sensoristica adottata e la definizione su planimetria della rete di sensori e della loro effettiva localizzazione, oltre che la fase di installazione vera e propria del sistema presso le aziende individuate. Si conclude con la presentazione dei risultati raggiunti dal progetto con le sperimentazioni nelle aziende selezionate come casi studio, attraverso una sintesi delle analisi condotte sui dati acquisiti dai sensori.

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Indice degli argomenti

Premessa

Acronimi e definizioni

1 Individuazione dell’ambito applicativo
1.1 Individuazione contesti critici
1.2 Definizione framework operativo
1.3 Architettura generale

2 Un approccio basato sul contesto (context-aware) 
2.1 Il modello Context Dimension Tree 
2.1.1 Il modello CDT_Operatore
2.1.2 Il modello CDT_Operatore, Ambiente
2.1.3 Il modello CDT_Operatore, Macchine e Utensili
2.1.4 Il modello CDT_Operatore, Infortunio
2.1.5 Il modello CDT_Operatore, NearMiss
2.2 Introduzione al linguaggio PerLa
2.2.1 L’istruzione Query PerLa continue
2.2.2 PerLa Context Language
2.2.3 Context Dimension Tree Declaration
2.2.4 Context Creation
2.3 Ontologie per la modellazione del contesto
2.4 Workflow per l’integrazione e l’elaborazione context-aware dei dati

3 RECKONition: l’intelligenza artificiale per l’analisi della dinamica degli infortuni
3.1 Definizione del processo decision-making
3.1.1 Kmedoids
3.2 Association-Rule Mining
3.3 Clustering del linguaggio naturale
3.3.1 Clustering basato su TAG e occorrenze
3.3.2 Clustering basato su Transformers
3.4 Language model

4 Dall’architettura al sistema
4.1 Sensorizzazione del contesto
4.2 Sensoristica per il monitoraggio di macchinari pericolosi
4.3 Progettazione della sensoristica
4.4 Sistemi di localizzazione INDOOR
4.4.1 Tecnologie per sistemi di localizzazione
4.5 Sviluppo soluzioni real-time per situazioni a rischio
4.5.1 Metodologie di analisi dati per derivare informazioni sul contesto
4.5.2 Progettazione di sistemi di allarme real-time
4.6 Sensorizzazione del contesto nei Case Labs
4.7 Descrizione del sistema di localizzazione indoor fornito da NewEN.

5 Casi Studio e sperimentazione
5.1 L’implementazione di RECKON nelle singole aziende
5.2 Sensorizzazione di un Case Lab
5.2.1 Osservazioni
5.3 Implementazione delle soluzioni nei Case Labs
5.4 Verifica delle soluzioni real-time nei Case Labs
5.4.1 Osservazioni
5.5 Approfondimento tecnologico: WebApp e casi di studio
5.5.1 Esplorazione dei dati sensoristici e implementazione query PerLa

6 Conclusioni
Ringraziamenti
Riferimenti bibliografici

Fonte: INAIL

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Inail - Volume - Collana Quaderni di ricerca gennaio 2024
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46° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche

ID 21247 | | Visite: 984 | Decreti Sicurezza lavoro

46° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche / DD MLPS n. 4 del 26 Gennaio 2024

ID 21247 | 26.01.2024 / In allegato DD MLPS n. 4/2024

Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche

Pubblicato il Decreto direttoriale n. 4 del 26 Gennaio 2024

Con il Decreto Direttoriale n. 4 del 26 Gennaio 2024, è stato adottato il quarantaseiesimo elenco, di cui al punto 3.7 dell'Allegato III del d.i. 11 aprile 2011, dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro ai sensi dell'art. 71, comma 11, del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.

Elenco dei soggetti abilitati all’effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro, di cui all’Allegato VII del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81

Il suddetto decreto è composto da sette articoli:

Articolo 1 (Variazione delle abilitazioni)
Articolo 2 (Rinnovo delle iscrizioni nell'elenco dei soggetti abilitati)
Articolo 3 (Iscrizione nell’elenco dei soggetti abilitati)
Articolo 4 (Variazione della forma sociale)
Articolo 5 (Cancellazione dall’elenco dei soggetti abilitati)
Articolo 6 (Elenco dei soggetti abilitati)
Articolo 7 (Obblighi dei soggetti abilitati)

Fonte: MLPS

Tutti gli elenchi pubblicati
D.M. 11 aprile 2011 Verifica impianti e attrezzature
Consulta il database dei Soggetti abilitati 

Vedi Documento Procedure verifiche attrezzature di lavoro

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Eventi lesivi mortali tra gli addetti alla navigazione e alla pesca marittima

ID 21192 | | Visite: 830 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Eventi lesivi mortali tra gli addetti alla navigazione e alla pesca marittima

Eventi lesivi mortali tra gli addetti alla navigazione e alla pesca marittima

ID 21192 | 19.01.2024

In questo documento è riportato un esame degli eventi lesivi mortali, sia infortuni in occasione di lavoro che malattie professionali, registrati tra gli addetti alla navigazione e alla pesca marittima.

Il documento tratta gli eventi lesivi mortali, infortuni in occasione di lavoro e malattie professionali, registrati negli archivi Inail nel settore della navigazione marittima e della pesca marittima.

La trattazione degli infortuni mortali è esposta congiuntamente a quella degli incidenti dai quali i casi mortali sono derivati. Per le malattie professionali sono riportate le distribuzioni sulla base della classificazione ICD-10 e secondo l’esposizione all’amianto.

Gli infortuni mortali sono quelli avvenuti negli anni compresi tra il 2006 ed il 2022, mentre le malattie professionali con esito mortale sono quelle relative agli anni di protocollazione della domanda del sessennio 2017-2022.

...

Sommario

Premessa

Gli incidenti con uno o più casi mortali

Alcune informazioni sul tipo di incidente

I casi mortali tra i tecnopatici

...

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Violenza e molestie nel mondo del lavoro (ILO 2022)

ID 21185 | | Visite: 1132 | Documenti Sicurezza Enti

Violenza e molestie nel mondo del lavoro ILO 2022

Violenza e molestie nel mondo del lavoro / Giurisprudenza lavoro IT (ILO 2022)

ID 21185 | 18.01.2024 / In allegato

L’obiettivo del presente documento è analizzare l’attuale panorama giurisprudenziale italiano in materia di violenza e molestie lavorative, alla luce dell’entrata in vigore in Italia della Convenzione OIL del 2019 (n. 190) sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro.

Su stimolo ed impulso di questa Convenzione si sta sviluppando un nuovo approccio nell’ambito della conflittualità lavorativa. Adottato dalla stragrande maggioranza dei rappresentanti dei governi e delle parti sociali di 187 Stati membri dell’OIL, questo trattato internazionale introduce una serie di standard comuni finalizzati a realizzare un mondo del lavoro libero dalla violenza e dalle molestie.

L’analisi svolta nelle pagine che seguono si occupa esclusivamente della giurisprudenza del lavoro italiana elaborata nel corso degli ultimi anni nella materia coincidente con gli ambiti di azione della Convenzione OIL. La giurisprudenza si è sviluppata principalmente sul solco dell’articolo 2087 del codice civile e della legislazione antidiscriminatoria.

L’attenzione sul diritto in action, ovvero nella sua forma “contenziosa”, lascia fuori dal perimetro di questo studio sia i profili preventivi e formativi che gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie che ricadono nell’ambito dell’azione di entità diverse dalla giurisprudenza. Dall’altro lato, il taglio prettamente “giuslavoristico” del presente contributo ha portato ad escludere tutta quella parte che l’ordinamento, in materia di violenza e molestie lavorative, disciplina soprattutto attraverso la legislazione penalistica.

Allo scopo di delineare i contorni del panorama della giurisprudenza del lavoro italiana nella sua opera di risoluzione delle controversie, l’analisi si basa su una pluralità di informazioni e dati derivanti dall’analisi delle pronunce della giurisprudenza di legittimità, che consentono di registrare il diritto nella sua concreta effettività.

Questo metodo pragmatico ha permesso di estrarre dati inediti e di peculiare interesse che mirano a:

(i) analizzare, sulla base della giurisprudenza italiana dell’ultimo decennio, le diverse fattispecie di violenza e molestie sul lavoro che rientrano nella definizione contenuta nell’articolo 1 della Convenzione, esaminando la frequenza di ciascuna fattispecie e classificando le pronunzie sulla base dell’esito del procedimento giudiziario; e
(ii) esaminare i meccanismi di ricorso e risarcimento applicati dagli strumenti processuali sulla base dei dispositivi presenti nell’ordinamento italiano, al fine di verificare la loro idoneità a tutelare le vittime così come previsto dalla stessa Convenzione.

...

Domenico Tambasco
Fonte: ILO

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ILO 2022
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World report on violence and health (WHO - 2002)

ID 21184 | | Visite: 707 | Documenti Sicurezza

World report on violence and health

World report on violence and health (WHO - 2002)

ID 21184 | 18.01.2024

The World Health Organization launched the first World report on violence and health on October 3rd, 2002. Since then, more than 30 governments have organized national launches or policy discussions about the Report, and resolutions endorsing the Report and calling for its implementation have been passed in a number of fora, such as the World Health Assembly, the United Nations High Commission on Human Rights, and the African Union.

The World report on violence and health is the first comprehensive review of the problem of violence on a global scale - what it is, whom it affects and what can be done about it. Three years in the making, the report benefited from the participation of over 160 experts from around the world, receiving both peer-review from scientists and contributions and comments from representatives of all the world’s regions.

...

Fonte: WHO

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Sentenza TAR Lazio n. 16305 del 3 novembre 2023

ID 21169 | | Visite: 1631 | News Sicurezza

Sentenza TAR Lazio n. 16305 del 3 novembre 2023

ID 21169 | 17.01.2024 / Sentenza allegata

Il 3 novembre 2023 il Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) del Lazio ha emesso una sentenza che solleva la questione di legittimità costituzionale delle norme che prevedono la differenziazione delle fasce di reperibilità per i dipendenti pubblici e privati in caso di malattia.

La Sentenza di fatto annulla l’articolo 3 del decreto n. 206 del 17 ottobre 2017 del Ministro della Semplificazione e della pubblica amministrazione che stabilisce che i dipendenti pubblici devono essere reperibili dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00, inclusi i giorni non lavorativi, le domeniche e i festivi. Come noto invece per i dipendenti privati, la fascia di reperibilità va dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00 7 giorni su 7 compresi festivi.

A seguito della sentenza del TAR l’INPS con messaggio numero 4640 del 22/12/2023 ha fornito, le necessarie indicazioni operative per l’espletamento degli accertamenti medico-legali domiciliari e le nuove fasce orarie per le visite fiscali dei dipendenti pubblici.

Dal 22 dicembre 2023 le fasce orarie per i dipendenti pubblici (o statali) sono 10.00 – 12.00 e 17.00 – 19.00 come per i dipendenti privati.
...

Decreto 17 ottobre 2017, n. 206 - Annullato Art. 3

Art. 3 Fasce orarie di reperibilita'

1. In caso di assenza per malattia, le fasce di reperibilita' dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono fissate secondo i seguenti orari: dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18.

2. L'obbligo di reperibilita' sussiste anche nei giorni non lavorativi e festivi.

segue in allegato

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Decreto 15 novembre 2023

ID 21144 | | Visite: 2294 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto 15 novembre 2023

Decreto 15 novembre 2023 / Aggiornamento elenco delle malattie professionali con obbligo di denuncia MC

ID 21144 | 13.01.2024

Decreto 15 novembre 2023 Aggiornamento dell'elenco delle malattie professionali.

(GU n.10 del 13.01.2024)
_______

Download diretto:

Decreto 15 novembre 2023
Lista I - Malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità
Lista II - Malattie la cui origine lavorativa é di limitata probabilitá
Lista III - Malattie la cui origine lavorativa é possibile
Lista I+II+III - Tutte le liste
_______
...

Art. 1. Elenco delle malattie professionali

1. È approvato, nel testo allegato al presente decreto di cui forma parte integrante, l’aggiornamento dell’elenco delle malattie di cui al decreto ministeriale del 10 giugno 2014, per le quali è obbligatoria la denuncia ai sensi e per gli effetti dell’art. 139 del Testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.

D.P.R 1124/1965 

Art. 139

E' obbligatoria per ogni medico, che ne riconosca la esistenza, la denuncia delle malattie professionali, che saranno indicate in un elenco da approvarsi con decreto del Ministro per il lavoro e la, previdenza sociale di concerto con quello per la sanita', sentito il Consiglio superiore di sanita'. 

La denuncia deve essere fatta all'Ispettorato del lavoro competente per territorio, il quale ne trasmette copia all'Ufficio del medico provinciale. 

I contravventori alle disposizioni dei commi precedenti sono puniti con l'ammenda da lire mille a lire quattromila.(1) 

Se la contravvenzione e' stata commessa dal medico di fabbrica previsto dall'art. 33 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, contenente norme generali per l'igiene del lavoro, l'ammenda e' da lire ottomila a lire quarantamila.(1)(2)
__________

Aggiornamenti Art. 139

(1) Il D. Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 ha disposto (con l'art. 26 comma 46 lettera a) che "nel terzo comma, le parole: "con l'ammenda da lire 4.000 a lire 12.000" sono sostituite con le seguenti: "con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni"; ha inoltre disposto (con l'art. 26 comma 46 lettera b) che "nel quarto comma, le parole: "l'ammenda e' da lire 24.000 a lire 120.000" sono sostituite dalle seguenti: "la pena e' dell'arresto da due a quattro mesi o dell'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni". 

(2) Il D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 ha disposto (con l'art. 258, comma 1) che "Le comunicazioni o segnalazioni alla competente Azienda sanitaria locale (ASL) di dati o informazioni concernenti la sorveglianza sanitaria o eventuali malattie contratte in servizio dai lavoratori militari, previste a carico del medico competente dall'articolo 40 del decreto legislativo n. 81 del 2008, e dall'articolo 139 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, sono sostituite da analoghe comunicazioni o segnalazioni inoltrate ai servizi di vigilanza di cui all'articolo 260".

_______

La denuncia/segnalazione è trasmessa, oltre che alle Direzioni territoriali del lavoro e alle Aziende sanitarie locali, anche all’Inail ai fini dell’alimentazione del Registro nazionale delle malattie causate dal lavoro ovvero a esso correlate, ai sensi dell’art. 10 del d.lgs 38/2000.

L’elenco è stato predisposto dalla Commissione scientifica, istituita ai sensi del predetto articolo 10, cui compete anche l'elaborazione e la revisione periodica delle tabelle delle malattie professionali di cui agli articoli 3 e 211 del Testo Unico assicurazione obbligatoria D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.

D.P.R 1124/1965 

Art. 3.

L'assicurazione e' altresi' obbligatoria per le malattie professionali indicate nella tabella allegato n. 4, le quali siano contratte nell'esercizio e a causa delle lavorazioni specificate nella tabella stessa ed in quanto tali lavorazioni rientrino fra quelle previste nell'art. 1. La tabella predetta puo' essere modificata o integrata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con il Ministro per la sanita', sentite le organizzazioni sindacali nazionali di categoria maggiormente rappresentative. (3)
Per le malattie professionali, in quanto nel presente titolo non siano stabilite disposizioni speciali, si applicano quelle concernenti gli infortuni. 

Aggiornamento Art. 3

(3) La Corte Costituzionale con sentenza del 10 - 18 febbraio 1988 n. 179 (in G.U. 1 a s.s. 24.02.1988 n. 8) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale "in riferimento all'art. 38, comma secondo, Cost., dell'art. 3, comma primo, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (testo unico delle leggi sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali), nella parte in cui non prevede che "l'assicurazione contro le malattie professionali nell'industria e' obbligatoria anche per malattie diverse da quelle comprese nelle tabelle allegate concernenti le dette malattie e da quelle causate da una lavorazione specificata o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse, purche' si tratti di malattie delle quali sia comunque provata la causa di lavoro"
...

D.P.R 1124/1965 

Art. 211.

L'assicurazione comprende, altresi' le malattie professionali indicate nella tabella allegato n. 5 le quali siano contratte nell'esercizio ed a causa delle lavorazioni specificate nella tabella stessa ed in quanto tali lavorazioni rientrino tra quelle previste negli articoli 206, 207 e 208. (4)
Per tali malattie professionali, in quanto non siano stabilite disposizioni speciali, si applicano le norme concernenti gli infortuni sul lavoro in agricoltura.

Aggiornamento Art. 211

(4) La Corte Costituzionale con sentenza del 10 - 18 febbraio 1988 n. 179 (in G.U. 1 a s.s. 24.02.1988 n. 8) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale "in riferimento all'art. 38, comma secondo, Cost., dell'art. 211, comma primo, del detto d.P.R. n. 1124 del 1965, nella parte in cui non prevede che l'assicurazione e' obbligatoria anche per malattie diverse da quelle comprese nelle tabelle concernenti malattie professionali nell'agricoltura e da quelle causate da una lavorazione specificata o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse, purche' si tratti di malattie delle quali sia comunque provata la causa di lavoro".

Vedi 

Vedi: Liste malattie professionali soggette a denuncia / Raffronto 2014 - 2024

...

Malattie professionali quadro normativo

Vedi Malattie professionali: quadro normativo e procedure

Collegati

La valutazione della qualità dell’aria nei luoghi di lavoro

ID 20894 | | Visite: 3558 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

La valutazione della qualit  dell aria nei luoghi di lavoro

La valutazione della qualità dell’aria nei luoghi di lavoro / INAIL 2023

ID 20894 | 05.12.2023 / In allegato

La qualità dell’aria in un luogo di lavoro rappresenta spesso uno degli elementi cardine in grado di assicurare o al contrario compromettere il benessere di chi vi opera.

Inoltre, se non adeguatamente controllata, essa può determinare condizioni che possono interferire con la normale attività con conseguenti impatti sulla produttività. Quest’ultimo aspetto si manifesta sia sotto forma di un maggior numero di errori compiuti nello svolgimento di una determinata attività, sia sotto forma di una minor velocità, e di conseguenza un maggior tempo richiesto, nell’esecuzione del compito. La valutazione della qualità dell’aria negli ambienti di lavoro è resa complessa dalla simultanea presenza nell’aria di tali ambienti di molte sostanze di origine diversa, sia prodotte dal normale processo di respirazione antropica, sia emesse dai materiali ivi presenti, sia introdotte dall’esterno.

...

Indice

Presentazione

Premessa

1 La qualità dell’aria indoor - Normativa e legislazione
1.1 La normativa tecnica internazionale
1.2 La legislazione dei paesi europei
1.3 La legislazione italiana

2 I concetti chiave: rischio, comfort, metodo prescrittivo e prestazionale
2.1 Rischio e discomfort
2.2 Il giudizio degli occupanti
2.3 Perché il metodo diretto/prestazionale è preferibile al metodo indiretto/prescrittivo
2.3.1 Aria salubre e quantità sufficiente
2.3.2 Metodo indiretto (prescrittivo)
2.3.3 Metodo diretto (prestazionale)

3 Criterio di classificazione

4 Sostanze di origine antropica
4.1 Descrittori
4.1.1 Sostanze emesse per traspirazione/sudorazione
4.1.2 Sostanze emesse per respirazione
4.2 Soglie di accettabilità
4.3 Percentuale di insoddisfatti associata alla concentrazione di CO2

5 Sostanze generate dai materiali edilizi/di arredo e dalle lavorazioni
5.1 Descrittori
5.1.1 Sostanze emesse dai materiali edilizi e di arredo
5.1.2 Sostanze emesse dalle lavorazioni eseguite
5.2 Soglie di accettabilità
5.2.1 Tempi di media
5.2.2 Soglie di accettabilità e valori limite
5.2.3 Formaldeide (HCHO)
5.2.4 Composti organici volatili totali (TVOC)
5.2.5 Sintesi

6 Sostanze inquinanti presenti nell’aria esterna
6.1 Individuazione degli inquinanti gassosi rilevanti per la qualità dell’aria
6.2 Soglie di accettabilità degli inquinanti gassosi
6.2.1 Biossido di Azoto
6.2.2 Biossido di Zolfo
6.2.3 Monossido di Carbonio
6.2.4 Ozono
6.2.5 Sintesi
6.3 Descrittori e soglie di accettabilità degli inquinanti particellari
6.3.1 PM2.5 e PM10
6.3.2 Sintesi

7 Misure
7.1 Quantità oggetto della misura
7.2 Collocazione temporale delle misure
7.3 Numero e collocazione spaziale delle postazioni di misura
7.4 Numero di misure in ciascuna postazione
7.5 Durata della misura
7.6 Sintesi e sequenza operativa

8 Miglioramento della qualità dell’aria
8.1 Introduzione
8.2 Inquinanti di origine antropica
8.2.1 Aspetti generali
8.2.2 Riduzione della densità di soggetti
8.2.3 Cambiamento della destinazione d’uso
8.3 Inquinanti di origine non antropica

9 Strumenti e principi di funzionamento
9.1 Concentrazione di CO2
9.2 Concentrazione di inquinanti emessi da materiali edilizi e di arredo
9.3 Concentrazione di inquinanti di origine outdoor
9.3.1 Monossido e Biossido di azoto
9.3.2 Biossido di zolfo
9.3.3 Monossido di carbonio
9.3.4 Ozono
9.3.5 PM2.5 e PM10

Bibliografia

Riferimenti legislativi

Riferimenti normativi

Riferimenti scientifici

Documenti redatti da istituzioni internazionali

Appendice A - IAQ e performance

Appendice B - Verifica del rispetto di un limite sulla portata d’aria mediante misure di CO2

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Fonte: INAIL

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Allegato riservato La valutazione della qualità dell’aria nei luoghi di lavoro.pdf
INAIL 2023
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INAIL Dati 12/2023 - Infortuni sul lavoro e malattie professionali

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INAIL Dati 12 2023   Infortuni sul lavoro e malattie professionali

INAIL Dati 12/2023 - Infortuni sul lavoro e malattie professionali

ID 21104 | 08.01.2024 / In allegato

INAIL Dati 12/2023 - L’impulso dell’edilizia sul Pil - Alti livelli di rischio per il settore delle Costruzioni - Le malattie professionali nelle Costruzioni: analisi di un quinquennio - La gestione dei near miss nei cantieri ferroviari: un esempio di collaborazione tra pubblico e privato

Il numero di Dicembre 2023 del periodico Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, aggiorna l’analisi relativa alle Costruzioni, un settore di attività caratterizzato da alti livelli di rischio, che nel biennio 2021-2022 ha dato un forte impulso all’incremento del prodotto interno lordo. In generale il comparto coinvolge il 7,8% degli addetti e l’11,3% delle aziende nazionali operanti nell’Industria e servizi, pari nel quinquennio 2017-2021 a una media di circa 500mila imprese e un milione 350mila lavoratori. Esaminando i dati dell’archivio statistico delle imprese attive (Asia), reso disponibile dall’Istat, emerge anche che le aziende edili sono piccole, con meno di 10 lavoratori, come la maggior parte delle imprese nazionali, e sono dedite principalmente a lavori di costruzione specializzati.

L’aumento delle denunce in linea con la crescita dell’occupazione. Nel 2022 gli infortuni sul lavoro denunciati nel settore Costruzioni sono stati circa 40mila, in aumento del 3,4% rispetto all’anno precedente ma in linea con i dati del biennio ante pandemia 2018-2019. La crescita delle denunce è coerente con l’incremento dell’occupazione, che nel 2022 è stato del 3,9% rispetto al 2021, con gli incentivi statali e lo sblocco dei cantieri a fare da volano. La stragrande maggioranza degli infortuni avviene in occasione di lavoro (91%), ma nel 2022 l’incremento maggiore (+5,0%) è stato registrato per i casi avvenuti in itinere, nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro. Con 175 decessi, il 16% in meno rispetto all’anno precedente e il dato più basso dell’ultimo quinquennio, il settore edile nel 2022 è al secondo posto in valore assoluto dopo il manifatturiero per numero di casi mortali denunciati. Quelli avvenuti in itinere rappresentano il 18% del totale e sono gli unici ad aumentare nel confronto con il 2021.

Un infortunato su quattro è di origine straniera. Nel quinquennio 2018-2022 la maggior parte degli infortuni professionali (in media il 62%) e dei decessi (55%) si è verificata nelle fasi di demolizione o preparazione del cantiere, nei lavori di impiantistica elettrica e idraulica e, più in generale, nelle opere di costruzione specializzata. Per la forte presenza di manodopera maschile, più idonea per caratteristiche fisiche e di forza allo svolgimento di molte attività che caratterizzano il settore, gli infortunati sono in netta maggioranza uomini (97%). La quota di infortunati di origine straniera, pari nel 2022 al 26% degli infortuni e al 21% dei casi mortali denunciati, è più elevata rispetto alla media del 19% registrata per entrambe le casistiche negli altri settori della gestione assicurativa dell’Industria e servizi.

Le cadute dall’alto tra le cause più frequenti. Le Costruzioni sono storicamente tra le attività più rischiose per il ricorso all’elevata manualità, per lo sforzo cui viene sottoposto il fisico del lavoratore e per gli effetti legati alla stagionalità e al clima. La lettura degli indici di rischio dell’ultimo triennio disponibile (2018-2020), in particolare, colloca il settore al primo posto rispetto a tutti quelli della gestione assicurativa dell’Industria e servizi per frequenza degli infortuni più gravi, che causano morte o inabilità permanenti. Prendendo in considerazione gli infortuni in occasione di lavoro riconosciuti dall’Inail nel quinquennio, circa il 30% è dovuto a schiacciamento in movimento verticale o orizzontale su/contro un oggetto immobile (in nove casi su 10 cadute dall’alto). Il 21,7% dei casi avviene per contatto con un agente materiale tagliente, appuntito, duro o abrasivo, mentre quasi un infortunio su cinque (19,8%) è legato allo sforzo fisico, anche per il maneggio e trasporto di carichi, materiali e detriti di demolizione pesanti.

Il 75% delle malattie professionali riguarda il sistema osteo-muscolare e il tessuto connettivo. Per quanto riguarda le denunce di malattie di origine professionale, nel 2022 ne sono state protocollate 10.238, il 20,2% in più rispetto alle 8.516 del 2018. La crescita nel quinquennio è stata costante, con la sola eccezione del 2020, in cui le denunce di patologie lavoro-correlate sono calate del 24,2% rispetto al 2019 pre pandemia. Con 7.506 denunce nel 2022, pari a poco più del 75% del totale dei casi codificati e con un’incidenza più alta rispetto al 71,2% dell’intera gestione Industria e servizi, i lavoratori delle Costruzioni presentano soprattutto malattie a carico del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, seguite dalle patologie del sistema nervoso con 1.103 casi (11,1%), dell’orecchio (10,1%) e, con percentuali più contenute, da quelle respiratorie (1,5%) e dai tumori (1,1%).

I “near miss” nei cantieri ferroviari e la piattaforma Condivido. Nel focus dedicato alla collaborazione avviata nel marzo 2022 con le Ferrovie dello Stato, per la sperimentazione nei cantieri delle migliori pratiche per la prevenzione, Dati Inail si sofferma in particolare sulle iniziative legate alla gestione delle segnalazioni dei “near miss”, ovvero tutti quegli eventi, derivanti da un lavoro o che hanno origine nel corso di un lavoro, che non causano lesioni o malattie ma che potenzialmente potrebbero farlo. Il flusso di comunicazione relativo alle segnalazioni dei “quasi infortuni” comprende diversi momenti di feedback al lavoratore segnalante, importanti per accrescere la motivazione e la fidelizzazione del personale operativo. In futuro i dati relativi ai “near miss” (numero degli eventi, cause dirette, indirette e radice, luogo, soggetti coinvolti) saranno inseriti nella piattaforma “Condivido” dell’Inail, accessibile alle aziende e alle loro rappresentanze. La piattaforma consiste in un software web-based per la raccolta dei dati, utile per la condivisione di conoscenze sulle modalità di accadimento dei “quasi infortuni” e sulle loro cause.

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Fonte: INAIL

Indennizzabilità delle malattie professionali non tabellate (da stress / mobbing)

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Indennizzabilit  delle malattie professionali non tabellate  da stress   mobbing

Indennizzabilità delle malattie professionali non tabellate (da stress / mobbing) / Note

ID 20646 | 24.10.2023 / Scheda allegata

Premessa

La sentenza n. 179/1988 della Corte Costituzionale ha costituito lo spartiacque per le malattie (in questo caso stress) non elencate nelle tabelle di cui agli allegati 4 e 5 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, che in nessuna voce indicavano lo stress quale causa di malattia tutelabile, sicché lo stress poteva venire in rilievo solo come causa violenta e, quindi, come causa di infortunio sul lavoro.

La sentenza n. 179/1988 ha introdotto il c.d.“sistema misto”.

L'INAIL con la Circolare n. 23 del 12 maggio 1988 prende atto della Sentenza n. 179 del 10 febbraio 1988 della Corte costituzionale, fornendo precisazioni in merito alle modifiche indotte dalla Sentenza sul sistema di assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali.

Il sopra indicato principio enunciato dalla Corte Costituzionale è stato poi consacrato nell’articolo 10, comma 4, del D. Lgs. n. 38/2000, laddove si prevede la possibilità di considerare “…malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle di cui al comma 3 delle quali il lavoratore dimostri l’origine professionale”.
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1. La circolare INAIL n. 71 del 17 dicembre 2003

Con l’emanazione della circolare n. 71/2003, l’INAIL dettò le linee guida per gli accertamenti, in caso di denuncia di malattia non tabellata che l’assicurato avesse ritenuto causata da stress lavorativo, tenuto conto altresì dell’evoluzione delle forme di organizzazione del lavoro e dell’attenzione sempre maggiore ai problemi della salute e sicurezza negli ambienti di lavoro.

Si è ritenuto, dunque, che il rischio tecnopatico assicurativamente rilevante sia non solo quello collegato alla nocività delle lavorazioni tabellate e non, ma anche quello riconducibile a particolari condizioni dell’attività e dell’organizzazione aziendale, anche se in assenza, allo stato attuale, di specifici riferimenti normativi di carattere prevenzionale.

Allegato 1 alla circolare n. 71/2003. Relazione del comitato scientifico nominato a seguito di delibera del Consiglio di Amministrazione dell’INAIL del 26 luglio 2001 n. 473/2001 su malattie psichiche e psicosomatiche da stress e disagio lavorativo, compreso il mobbing.

Del tutto impropriamente, il predetto provvedimento è stato definito come “circolare sul mobbing”.

In realtà oggetto della circolare è, più in generale, la tutelabilità delle malattie che abbiano una accertata relazione causale con peculiari condizioni della prestazione lavorativa, che siano oggettivamente connesse con l’organizzazione del lavoro e non riconducibili ad autonome scelte del lavoratore.

Il fondamento della tutela delle malattie psicosomatiche da stress lavorativo è rinvenibile, come evidenziato, nella sentenza n. 179 del 18 febbraio 1988con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 3 e 211 del T.U. n. 1124/1965, per violazione dell’articolo 38, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui non consentivano la tutela di malattie professionali diverse da quelle elencate nelle tabelle allegate al Testo Unico, concernenti quelle malattie che risultano causate da una lavorazione specificata o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse.

2. Malattie tabellate e non tabellate

Nel sistema misto, così introdotto nell’ordinamento, coesistono, quindi, le malattie professionali “tabellate”, che costituiscono le fattispecie tipizzate in ragione della loro espressa elencazione in tabella, e le malattie professionali “non tabellate”, che costituiscono fattispecie atipiche, in quanto non predeterminate, per le quali non opera alcuna presunzione di derivazione eziologia dal lavoro.

L’elemento caratterizzante e distintivo del regime giuridico delle malattie tabellate, rispetto a quello delle malattie non tabellate, è costituito dal fatto che le prime sono assistite dalla presunzione juris tantum, mentre le seconde sono tutelabili esclusivamente a condizione che sia provato, non soltanto che il lavoratore sia affetto dalla patologia denunciata e che, a causa del lavoro, sia stato esposto al rischio di contrarla, ma anche che la patologia sia causalmente riconducibile al rischio lavorativo.

Nella circolare n. 71/2003 viene precisato che i disturbi psichici possono essere considerati di origine professionale solo se sono causati da specifiche e particolari condizioni dell’attività e della organizzazione del lavoro.

Si è ritenuto, infatti, che il rischio di malattia tutelabile sia non soltanto quello collegato alle situazioni di pericolo per la persona del lavoratore dovute a non conformità delle apparecchiature, o alla strutturazione dei cicli produttivi in modo da mettere a repentaglio la salute e l’incolumità del lavoratore, o alla nocività delle lavorazioni in quanto determinanti il pericolo di inalazione di sostanze tossiche, polveri, gas, etc.; ma anche quello riconducibile a particolari condizioni legate esclusivamente alla organizzazione del lavoro, in quanto peculiari modalità organizzative possono determinare situazioni di disagio del lavoratore e quindi sfociare, tra l’altro, in disturbi della psiche.

Quanto al problema della prova del nesso eziologico, in tutti i casi di malattie psichiche, rivestono un’importanza specifica la valutazione dello stato anteriore del soggetto nonché la valutazione delle concause simultanee o sopravvenute.

A tale proposito, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, la concorrenza di fattori causali, professionali e non professionali, comporta l’applicazione del principio dell’equivalenza delle condizioni di cui all’ articolo 41 cod. pen., per cui va attribuita efficienza causale a ogni antecedente che abbia contribuito – anche in maniera indiretta – alla produzione dell’evento.

3. Annullamento circolare n. 71/2003decreto ministeriale 27.4.2004 

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1576/2009, ha affermato che, pur dopo la pronuncia n. 179/1988 della Corte Costituzionale sopra citata, che ha introdotto il c.d. “sistema misto”, il riconoscimento dell’eziologia professionale di una malattia non tabellata è possibile soltanto quando la malattia stessa sia causalmente ricollegata al “rischio specifico” di una delle lavorazioni elencate negli articoli 1 e 4 del T.U. n.1124/1965.

Il Consiglio di Stato ha osservato, inoltre, che dall’elenco di cui al citato articolo 1 del T.U. non sono comprese le costrittività organizzative previste dalla circolare, che l’ambito del rischio assicurato può essere esteso solo con intervento del legislatore e che tale operazione non può essere compiuta mediante una circolare interpretativa dell’INAIL, annullandola di fatto

Nella stessa decisione, il Consiglio di Stato, accogliendo l’appello incidentale, proposto dai resistenti, annullava anche il decreto ministeriale 27.4.2004 elenco delle malattie per le quali e' obbligatoria la denuncia, ai sensi e per gli effetti dell'art. 139 del T.U. n.1124/1965.

4. Status

L’annullamento della circolare da parte della giustizia amministrativa è stata improduttiva di effetti, poiché l’Istituto seguendo la giurisprudenza in materia, continua a operare trattando le domande di riconoscimento delle malattie psicosomatiche da stress e costrittività organizzativa ed ammetterle all’indennizzo come le altre malattie non tabellate.

Infatti la decisione del Consiglio di Stato non può avere effetti diretti per quanto riguarda il riconoscimento della malattia professionale: valutazione che è rimessa alla competenza del giudice ordinario, in particolare quello del lavoro.

Illegittimità costituzionale Sentenza 10 febbraio 1988, n. 179

La Corte costituzionale, con sentenza 10 febbraio 1988, n. 179 (in G.U. 24/02/1988 n. 8)
ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 comma 1.
ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 134 comma 1.
ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 211 comma 1.
ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 254.

Decreto Legislativo 23 febbraio 2000 n. 38

Art. 10 Malattie professionali
...
4. Fermo restando che sono considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle di cui al comma 3 delle quali il lavoratore dimostri l'origine professionale, l'elenco delle malattie di cui all'articolo 139 del testo unico conterra' anche liste di malattie di probabile e di possibile origine lavorativa, da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle delle malattie professionali di cui agli articoli 3 e 211 del testo unico.
...

...
segue in  allegato

Fonte: INAIL

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Allegato riservato Indennizzabilità delle malattie professionali non tabellate (stress - mobbing) Rev. 00 2023.pdf
Certifico Srl - Rev. 0.0 2023
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Ordinanza Ministero della Salute del 27 dicembre 2023

ID 21064 | | Visite: 9424 | News Sicurezza

Ordinanza Min  della Salute del 27 dicembre 2023

Ordinanza Min. della Salute del 27 dicembre 2023 / Uso limitato mascherine ospedali fino al 30.06.2024

ID 21064 | 29.12.2023

Ordinanza Ministero della Salute del 27 dicembre 2023 Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'epidemia da COVID-19 concernenti l'utilizzo dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie.

(GU n.302 del 29.12.2023)

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Art. 1.

1. Le misure disposte con l’ordinanza del Ministro della salute 28 aprile 2023, citata in premessa, sono prorogate fino al 30 giugno 2024.

...

Fino al 30 giugno 2024, l'obbligo di mascherina all'interno degli ospedali resterà in vigore nei reparti che ospitano pazienti fragili, anziani o immunodepressi, specialmente se ad alta intensità di cura.

L’obbligo è esteso ai lavoratori, agli utenti e ai visitatori delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, comprese le strutture di ospitalità e lungodegenza, le residenze sanitarie assistenziali, gli hospice, le strutture riabilitative, le strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti, e comunque le strutture residenziali.

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Affitti brevi: novità di Prevenzione Incendi L. 191/2023

ID 21055 | | Visite: 9265 | News Prevenzioni Incendi

Affitti brevi   Novita  di Prevernzxione Incendi L  191 2023

Affitti brevi: novità di Prevenzione Incendi / L. 191/2023 (Anticipi)

ID 21055 | 27.12.2023 / Nota completa in allegato

La Legge 15 dicembre 2023 n. 191 di conversione del Decreto-Legge 18 ottobre 2023 n. 145 (anticipi), ha introdotto l''Art. 13-ter c. 7 che dispone prescrizioni antincendio per le unità immobiliari ad uso abitativo oggetto di locazione, per finalità turistiche o ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, gestite nelle forme imprenditoriali di cui al comma 8:

- sono munite dei requisiti di sicurezza degli impianti, come prescritti dalla normativa statale e regionale vigente.

In ogni caso, tutte le unità immobiliari:

- sono dotate di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e del monossido di carbonio funzionanti
- di estintori portatili a norma di legge da ubicare in posizioni accessibili e visibili, in particolare in prossimità degli accessi e in vicinanza delle aree di maggior pericolo e, in ogni caso, da installare in ragione di uno ogni 200 metri quadrati di pavimento, o frazione, con un minimo di un estintore per piano.

Per la tipologia di estintori si fa riferimento alle indicazioni contenute al punto 4.4 dell'allegato I al decreto del Ministro dell'interno 3 settembre 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 259 del 29 ottobre 2021.

Al successivo comma 8 è previsto l'obbligo di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) da presentare da parte del legale rappresentante nel caso in cui tale attività sia esercitata tramite società.presso lo sportello unico per le attività produttive (SUAP) del comune nel cui territorio è svolta l'attività o da chiunque, direttamente o tramite intermediario, esercita l'attività di locazione.

Istituito, inoltre, un codice identificativo nazionale (CIN) alle unità immobiliari ad uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche, alle unità immobiliari ad uso abitativo destinate alle locazioni brevi.
________

Affitti brevi   novit  di Prevenzione Incendi L  191 2023

Art. 13 - ter Disciplina delle locazioni per finalità turistiche, delle locazioni brevi, delle attività turistico-ricettive e del codice identificativo nazionale

1. Al fine di assicurare la tutela della concorrenza e della trasparenza del mercato, il coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale e la sicurezza del territorio e per contrastare forme irregolari di ospitalità, il Ministero del turismo, salvo quanto previsto dal comma 3, assegna, tramite apposita procedura automatizzata, un codice identificativo nazionale (CIN) alle unità immobiliari ad uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche, alle unità immobiliari ad uso abitativo destinate alle locazioni brevi ai sensi dell’articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, e alle strutture turistico-ricettive alberghiere ed extralberghiere definite ai sensi delle vigenti normative regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano e detiene e gestisce la relativa banca dati.

2. Nel caso delle regioni e delle province autonome di trento e di Bolzano che hanno attivato procedure di attribuzione di specifici codici identificativi alle unità immobiliari
ad uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche e a contratti di locazione breve ai sensi dell’articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, nonché alle strutture turistico-ricettive alberghiere ed extralberghiere, l’ente territoriale è tenuto all’automatica ricodificazione come CIN dei codici identificativi assegnati, aggiungendo ai codici regionali e provinciali un prefisso alfanumerico fornito dal Ministerom del turismo, e alla trasmissione al medesimo Ministero dei CIN e dei relativi dati in suo possesso inerenti alle medesime strutture turistico-ricettive e unità immobiliari locate, ai fini dell’iscrizione nella banca dati nazionale ai sensi dell’articolo 13-quater , comma 4, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58. Riguardo ai codici assegnati antecedentemente alla data di effettiva applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, la ricodificazione e la trasmissione avvengono nel termine di trenta giorni decorrenti da tale data. In tutti gli altri casi, la ricodificazione e la trasmissione avvengono immediatamente e comunque entro sette giorni dall’attribuzione del codice regionale o provinciale.

3. Il CIN è assegnato dal Ministero del turismo, previa presentazione in via telematica di un’istanza da parte del locatore ovvero del soggetto titolare della struttura turistico-
ricettiva, corredata di una dichiarazione sostitutiva ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante i dati catastali dell’unità immobiliare o della struttura e, per i locatori, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 7:

a) nel caso delle regioni e delle province autonome che non hanno disciplinato le procedure di attribuzione di uno specifico codice regionale o provinciale ovvero nel caso delle regioni e delle province autonome che hanno già attivato delle banche dati territoriali e che non hanno attribuito il codice regionale e provinciale nel termine di conclusione del procedimento previsto dalla propria normativa. In tale ultima ipotesi, l'istanza deve essere presentata nel termine di dieci giorni decorrenti dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento;

b) nel caso di omessa ricodificazione dei codici da parte delle regioni e delle province autonome che hanno già attivato banche dati territoriali e di omessa trasmissione dei codici e dei relativi dati al Ministero del turismo, secondo le modalità e nei termini previsti dal comma 2. In tale ipotesi, l'istanza deve essere presentata, per i titolari di codici regionali o provinciali assegnati antecedentemente alla data di effettiva applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, nel termine di sessanta giorni decorrenti da tale data e, per i titolari di codici regionali o provinciali assegnati successivamente alla data di effettiva applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, nel termine di trenta giorni decorrenti dalla data di attribuzione del codice regionale o provinciale. Nei casi di cui al presente comma il Ministero del turismo trasmette immediatamente il codice così generato agli enti detentori di una banca dati territoriale funzionante e resa interoperabile con la propria banca dati o comunque entro sette giorni dalla sua attribuzione 4. La ricodificazione come CIN e la trasmissione dei codici sono assicurati, ai fini dell'inserimento nella banca dati nazionale, secondo le modalità e nei termini di cui ai commi 2 e 3, anche dai comuni che, nell'ambito delle proprie competenze, hanno attivato delle procedure di attribuzione di specifici codici identificativi alle unità immobiliari ad uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche, alle locazioni brevi ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, e alle strutture turistico-ricettive alberghiere ed extralberghiere.

5. Per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1, la ricodificazione dei codici identificativi regionali, provinciali o locali assegnati dal giorno successivo alla data di effettiva applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo è subordinata all'attestazione dei dati catastali dell'unità immobiliare o della struttura da parte dell'istante e, per i locatori, alla sussistenza dei requisiti di cui al comma 7.

6. Chiunque propone o concede in locazione, per finalità turistiche o ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, una unità immobiliare ad uso abitativo o una porzione di essa, ovvero il soggetto titolare di una struttura turistico-ricettiva alberghiera o extralberghiera, è tenuto ad esporre il CIN all'esterno dello stabile in cui è collocato l'appartamento o la struttura, assicurando il rispetto di eventuali vincoli urbanistici e paesaggistici, nonché ad indicarlo in ogni annuncio ovunque pubblicato e comunicato. I soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare e i soggetti che gestiscono portali telematici hanno l'obbligo di indicare, negli annunci ovunque pubblicati e comunicati, il CIN dell'unità immobiliare destinata alla locazione per finalità turistiche o ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, ovvero della struttura turistico-ricettiva alberghiera o extralberghiera. I soggetti di cui al primo periodo sono tenuti ad osservare gli obblighi previsti dall'articolo 109 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e dalle normative regionali e provinciali di settore.

7. Le unità immobiliari ad uso abitativo oggetto di locazione, per finalità turistiche o ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, gestite nelle forme imprenditoriali di cui al comma 8, sono munite dei requisiti di sicurezza degli impianti, come prescritti dalla normativa statale e regionale vigente. In ogni caso, tutte le unità immobiliari sono dotate di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e del monossido di carbonio funzionanti nonché di estintori portatili a norma di legge da ubicare in posizioni accessibili e visibili, in particolare in prossimità degli accessi e in vicinanza delle aree di maggior pericolo e, in ogni caso, da installare in ragione di uno ogni 200 metri quadrati di pavimento, o frazione, con un minimo di un estintore per piano. Per la tipologia di estintori si fa riferimento alle indicazioni contenute al punto 4.4 dell'allegato I al decreto del Ministro dell'interno 3 settembre 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 259 del 29 ottobre 2021.

8. Chiunque, direttamente o tramite intermediario, esercita l'attività di locazione per finalità turistiche o ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, in forma imprenditoriale, anche ai sensi dell'articolo 1, comma 595, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, è soggetto all'obbligo di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, presso lo sportello unico per le attività produttive (SUAP) del comune nel cui territorio è svolta l'attività. Nel caso in cui tale attività sia esercitata tramite società, la SCIA è presentata dal legale rappresentante.

9. Il titolare di una struttura turistico-ricettiva alberghiera o extralberghiera priva di CIN nonché chiunque propone o concede in locazione, per finalità turistiche o ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, unità immobiliari o porzioni di esse prive di CIN è punito con la sanzione pecuniaria da euro 800 a euro 8.000, in relazione alle dimensioni della struttura o dell'immobile. La mancata esposizione e indicazione del CIN ai sensi del comma 6 da parte dei soggetti obbligati è punita con la sanzione pecuniaria da euro 500 a euro 5.000, in relazione alle dimensioni della struttura o dell'immobile, per ciascuna struttura o unità immobiliare per la quale è stata accertata la violazione e con la sanzione dell'immediata rimozione dell'annuncio irregolare pubblicato. Chiunque concede in locazione unità immobiliari ad uso abitativo, per finalità turistiche o ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, prive dei requisiti di cui al comma 7 è punito, in caso di esercizio nelle forme imprenditoriali di cui al comma 8 e in assenza dei requisiti di cui al primo periodo del predetto comma 7, con le sanzioni previste dalla relativa normativa statale o regionale applicabile e, in caso di assenza dei requisiti di cui al secondo periodo del medesimo comma 7, con la sanzione pecuniaria da euro 600 a euro 6.000 per ciascuna violazione accertata. Fermo restando quanto previsto dal comma 6 dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'esercizio dell'attività di locazione per finalità turistiche o ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, in forma imprenditoriale, anche ai sensi dell'articolo 1, comma 595, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, direttamente o tramite intermediario, in assenza della SCIA di cui al comma 8 del presente articolo è punito con la sanzione pecuniaria da euro 2.000 a euro 10.000, in relazione alle dimensioni della struttura o dell'immobile.

10. Le disposizioni di cui al comma 9 non trovano applicazione se lo stesso fatto è sanzionato dalla normativa regionale.

11. Fermo restando quanto previsto dal comma 12, alle funzioni di controllo e verifica e all'applicazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 9 provvede il comune nel cui territorio è ubicata la struttura turistico-ricettiva alberghiera o extralberghiera o l'unità immobiliare concessa in locazione, attraverso gli organi di polizia locale, in conformità alle disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689. I relativi proventi sono incamerati dal medesimo comune e sono destinati a finanziare investimenti per politiche in materia di turismo e interventi concernenti la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti.

12. Al fine di contrastare l'evasione nel settore delle locazioni per finalità turistiche o ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, l'Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza effettuano, con modalità definite d'intesa, specifiche analisi del rischio orientate prioritariamente all'individuazione di soggetti da sottoporre a controllo che concedono in locazione unità immobiliari ad uso abitativo prive di CIN. All'articolo 13-quater, comma 4, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: "Per le esigenze di contrasto dell'evasione fiscale e contributiva, le informazioni contenute nella banca dati sono rese disponibili all'Amministrazione finanziaria e agli enti creditori per le finalità istituzionali".

13. Con decreto del Ministro del turismo, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, possono essere individuate le modalità di interoperabilità tra le banche dati nazionale e regionali.

14. All'attuazione del presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

15. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal sessantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'avviso attestante l'entrata in funzione della banca dati nazionale e del portale telematico del Ministero del turismo per l'assegnazione del CIN.
_____

Decreto 3 settembre 2021

4.4 Controllo dell’incendio

1. Per consentire la pronta estinzione di un principio di incendio, devono essere installati estintori di capacità estinguente minima non inferiore a 13A e carica minima non inferiore a 6 kg o 6 litri, in numero tale da garantire una distanza massima di raggiungimento pari a 30 m.
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Nota INL prot. n. 2401 del 20 dicembre 2023

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Nota INL prot  n  2401 del 20 dicembre 2023

Nota INL prot. n. 2401 del 20 dicembre 2023 

ID 21032 | 22.12.2023 / In allegato

Nota INL prot. n. 2401 del 20 dicembre 2023 - Distacco transnazionale - semplificazione oneri amministrativi a carico dei prestatori di servizio - buone prassi

Su richiesta del Dipartimento Politiche Europee - Ufficio per il mercato interno la competitività e gli affari generali, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e questo Ispettorato sono stati invitati a valutare la possibilità di recepire, nel sistema nazionale italiano, alcune pratiche selezionate dalla Commissione europea tra quelle già adottate in altri Stati membri e mirate a semplificare gli oneri amministrativi a carico dei prestatori di servizio che intendono distaccare il proprio personale nel territorio di Paesi UE diversi da quello di stabilimento.

A seguito dei necessari approfondimenti, d'intesa con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che si è espresso con nota prot. n. 12890 del 20 dicembre 2023 e fermi restando i chiarimenti già forniti con circ. n. 1/2023, si ritiene opportuno fornire le seguenti indicazioni in merito agli obblighi di cui all’articolo 10, comma 3, lettere a) e b), del D.Lgs. n. 136/2016.

Si ricorda anzitutto che, ai sensi della normativa richiamata, “durante il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, l'impresa distaccante ha l'obbligo di:

a) conservare, predisponendone copia in lingua italiana, il contratto di lavoro o altro documento contenente le informazioni di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, i prospetti paga, i prospetti che indicano l'inizio, la fine e la durata dell'orario di lavoro giornaliero, la documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni o i documenti equivalenti, la comunicazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro o documentazione equivalente e il certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile;

b) designare un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti. In difetto, la sede dell'impresa distaccante si considera il luogo dove ha sede legale o risiede il destinatario della prestazione di servizi”.

Quanto al primo aspetto, in ragione delle citate esigenze di semplificazione, si ritiene sufficiente che la documentazione sia messa a disposizione degli organi di vigilanza che ne facciano richiesta, senza che ciò implichi la necessità di tenerla in loco per tutto il periodo di distacco. Resta evidentemente ferma la necessità di consentire al personale ispettivo una verifica immediata in ordine alla corretta instaurazione del rapporto di lavoro che, come indicato con circ. n. 1/2023, potrà essere dimostrata attraverso una attestazione della richiesta del documento A1 all’Autorità di sicurezza sociale dello Stato membro di provenienza effettuata dall’impresa distaccante.

Quanto al secondo aspetto va invece chiarito che il soggetto referente che l’impresa distaccante è tenuta a designare per le interlocuzioni con le competenti autorità italiane, non debba necessariamente essere fisicamente presente sul territorio nazionale. Sarà evidentemente sufficiente, come del resto previsto dal D.Lgs. n. 136/2016, la sua domiciliazione Italia nella quale saranno indicati i recapiti ai quali far riferimento sia per eventuali notificazioni che interlocuzioni.

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Fonte: INL

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