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Dati INAIL 01/2021 - Andamento infortuni sul lavoro e malattie professionali

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Dati INAIL 01 2021

Dati INAIL 01/2021 - Andamento infortuni sul lavoro e malattie professionali

L’analisi condotta dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto sugli Open data rilevati al 31 dicembre conferma l’impatto dell’emergenza Coronavirus sull’andamento infortunistico in Italia nel 2020. Il calo delle denunce è pari al 13,6%, ma i casi mortali sono 1.270, 181 in più rispetto ai 1.089 del 2019 (+16,6%). A fronte di una riduzione dei decessi in itinere del 30,1%, quelli avvenuti in occasione di lavoro sono infatti aumentati di oltre un terzo (+34,9%)

Sono 554.340 gli infortuni sul lavoro denunciati all’Inail nel 2020, in calo del 13,6% rispetto ai 641.638 dell’anno precedente, e 1.270 quelli con esito mortale, 181 in più rispetto ai 1.089 del 2019 (+16,6%). Se i decessi in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro, sono diminuiti di quasi un terzo, da 306 a 214 (-30,1%), quelli in occasione di lavoro sono invece aumentati del 34,9%, da 783 a 1.056.

Quasi un quarto delle denunce e circa un terzo dei decessi sono dovuti al virus. È questa, in sintesi, la fotografia scattata lo scorso 31 dicembre dagli Open data dell’Istituto, la cui analisi è al centro del nuovo numero di Dati Inail, mensile curato dalla Consulenza statistico attuariale, che conferma l’impatto dell’emergenza Coronavirus sull’andamento infortunistico nel nostro Paese. Quasi un quarto del totale delle denunce e circa un terzo dei casi mortali sono dovuti, infatti, al contagio da Covid-19 che l’Istituto inquadra, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro, equiparandone la causa virulenta a quella violenta tipica proprio degli eventi infortunistici, come avviene anche per altre affezioni morbose (Aids, malaria, tubercolosi, tetano, epatiti virali, ecc.).

Dopo la flessione dei primi nove mesi nell'ultimo trimestre +9,1%. A influenzare la flessione degli infortuni denunciati è stato solo l’andamento registrato nei primi nove mesi del 2020 (-21,6% rispetto all’analogo periodo del 2019), mentre nell’ultimo trimestre le denunce sono aumentate del 9,1% rispetto all’analogo trimestre dell’anno precedente. I dati rilevati al 31 dicembre di ciascun anno evidenziano, in particolare, un decremento sia dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 540.733 a 492.123 (-9,0%), sia di quelli in itinere, che registrano un calo percentuale più sostenuto, da 100.905 a 62.217 (-38,3%). Se per gli infortuni in itinere il segno è rimasto negativo sia nei primi tre trimestri (-37,1%) che nell’ultimo (-42,2%), per quelli in occasione di lavoro si è passati, invece, dal -18,6% del periodo gennaio-settembre al +18,0% di quello ottobre-dicembre.

La diminuzione riguarda tutte le gestioni. Il numero degli infortuni sul lavoro denunciati nel 2020 è diminuito del 2,8% nella gestione Industria e servizi (dai 501.496 casi del 2019 ai 487.369 del 2020), del 19,6% in Agricoltura (da 32.692 a 26.287) e del 62,1% nel conto Stato (da 107.450 a 40.684). L’analisi di periodo conferma decrementi per tutte e tre le gestioni nel saldo complessivo dei primi tre trimestri, mentre nell’ultimo trimestre dell’anno l’Industria e servizi presenta un segno positivo (+31,1%), sintesi di un +45,6% per gli infortuni avvenuti in occasione di lavoro e di un -40,7% per quelli in itinere.

Nella Sanità e assistenza sociale i casi si sono triplicati. Tra i settori economici della gestione Industria e servizi, quello della Sanità e assistenza sociale si distingue per il forte incremento delle denunce di infortunio in occasione di lavoro, che in quasi i tre quarti dei casi hanno riguardato il contagio da Coronavirus. L’aumento è del +206% su base annua (dai circa 27.500 casi del 2019 agli oltre 84mila del 2020), con punte superiori al +750% a novembre e tra il +400% e il +500% a marzo, aprile, ottobre e dicembre, nel confronto con i mesi dell’anno precedente. Solo a gennaio e nel periodo estivo sono stati rilevati decrementi compresi in un intervallo tra il -5% e il -17%.

A livello territoriale incrementi in Valle d'Aosta, Piemonte e Provincia autonoma di Trento. Dall’analisi territoriale emerge, invece, un calo degli infortuni denunciati in tutte le aree del Paese. Questa flessione risulta, però, decisamente più contenuta nel Nord-Ovest (-4,1%) e più accentuata al Centro (-19,3%), nelle Isole (-18,8%), al Sud (-17,3%) e nel Nord-Est (-16,5%). Le Regioni con il minor decremento annuale sono la Lombardia (-6,3%), la Campania (-6,8%) e la Liguria (-8,2%), mentre quelle con decrementi maggiori sono la Calabria (-27,7%), l’Umbria (-25,2%) e il Molise (-24,8%). Gli unici incrementi rispetto al 2019 sono quelli rilevati in Valle d’Aosta (+16,7%), Piemonte (+2,9%) e Provincia autonoma di Trento (+0,9%), mentre concentrando l’attenzione sull’ultimo trimestre del 2020 spiccano gli incrementi di Valle d’Aosta (+85,6%), Campania (+56,8%) e Piemonte (+43,6%).

La riduzione è legata solo alla componente maschile (-22,1%), per le lavoratrici +1,7%. La flessione che emerge dal confronto del 2019 e del 2020 è legata esclusivamente alla componente maschile, che registra un calo del 22,1% (da 411.773 a 320.609 denunce), mentre quella femminile presenta un +1,7% (da 229.865 a 233.731). Per i lavoratori il calo si è registrato in tutti i mesi del 2020, mentre per le lavoratrici i primi incrementi si erano già registrati a marzo (+23,8%) e ad aprile (+2,4%), amplificandosi negli ultimi tre mesi dell’anno (+45,2%). Tra gennaio e dicembre la diminuzione delle denunce ha interessato sia i lavoratori italiani (-14,3%), sia quelli comunitari (-4,5%) ed extracomunitari (-11,9%), con cali percentuali più sostenuti nel mese di maggio (rispettivamente -52%, -38% e -41%) e incrementi, invece, nel periodo ottobre-dicembre (+9,4%, +26,0% e +2,4%). Dall’analisi per classi di età emergono decrementi generalizzati (più contenuti per i lavoratori tra i 45-49 anni e 65-69 anni), a eccezione della fascia 50-64 anni, che presenta un aumento, contenuto su base annua (+3,2%) e più consistente nell’ultimo trimestre (+39,9%).

Il calo delle denunce di malattia professionale è del 26,6%. Le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail nel 2020 sono state 45.023, 16.287 in meno rispetto al 2019 (-26,6%). A parte gli incrementi di febbraio (+17%) e agosto (+1%), a influenzare la flessione, che ha riguardato tutte le gestioni e l’intero territorio nazionale, è stato soprattutto il numero di denunce presentate ad aprile (-87%), maggio (-69%) e marzo (-40%). Seguono i mesi di giugno (-29%), novembre (-22%), luglio (-18%), ottobre (-16%) e dicembre (-14%), mentre settembre, al pari di gennaio, ha presentato un calo superiore al 5%.

Al primo posto le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo. Le prime cinque malattie professionali denunciate continuano a essere le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo (28.164 casi), del sistema nervoso (5.060), dell’orecchio (2.919), del sistema respiratorio (1.808) e dei tumori (1.584). In ottica di genere emerge una flessione di 11.705 denunce di malattia professionale per i lavoratori, da 44.656 a 32.951 (-26,2%), e di 4.582 per le lavoratrici, da 16.654 a 12.072 (-27,5%). Il decremento ha interessato sia le denunce dei lavoratori italiani (passate da 56.993 a 41.882, pari a un calo del 26,5%), sia quelle di comunitari (da 1.452 a 1.052, -27,5%) ed extracomunitari (da 2.865 a 2.089, -27,1%).

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Fonte: INAIL

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Linee guida SNPA 26/2020 | Gestione accessi in sicurezza in ambienti confinati

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Linee guida SNPA 26 2020

Linee guida SNPA 26/2020 | Gestione accessi in sicurezza in ambienti confinati 

Gestione degli accessi in sicurezza in ambienti confinati o con sospetto di inquinamento o assimilabili

Linee guida SNPA 26/2020 - Delibera del Consiglio SNPA. Seduta del 21/12/2020. Doc. n. 90/20

Documento realizzato nell’ambito delle attività della Rete dei referenti SNPA per la tematica della salute e sicurezza sul lavoro RR TEM III(3) e approvato dal Consiglio SNPA nella seduta del 21 dicembre us.

Il lavoro è stato svolto in particolare da un ristretto gruppo di agenzie costituito da ARPA Liguria, ARPA Emilia Romagna, ARPA Piemonte, ARPA Toscana, AUSL Reggio Emilia, con la partecipazione della AUSL Toscana Sud-Est e dell’INAIL, con il coordinamento di ARPA Liguria e ISPRA.

Pubblicato nell’ambito della collana editoriale LINEE GUIDA SNPA, ha il fine di tutelare la salute e la sicurezza degli operatori del SNPA che durante le attività di controllo ambientale si trovino a dover accedere ad ambienti confinati o con sospetto di inquinamento o assimilabili, mediante l’individuazione di criteri e linee comportamentali di tutti i soggetti coinvolti nell’attività nel rispetto delle prescrizioni D.Lgs. 81/08.

In particolare:

- individua i limiti d’intervento;
- esplicita i divieti;
- definisce le linee di indirizzo per le procedure operative /organizzative integrate e complete delle dotazioni strumentali e di DPI e DPC necessari;
- indica quando organizzare la gestione delle situazioni di emergenza;
- stabilisce le verifiche preliminari all’accesso eventuale a luoghi confinati o con sospetto di inquinamento o a loro assimilabili.

propone i possibili contenuti della formazione sui rischi specifici dedicata ai Lavoratori, Preposti, Dirigenti e ai componenti dei Servizi di Prevenzione e Protezione del SNPA.

Destinatari del documento sono i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, nonché i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti coinvolti a vario titolo nella gestione delle attività di vigilanza, monitoraggio e controllo ambientale, nell’ambito delle rispettive posizioni giuridiche di garanzia e funzioni per la tutela della salute e sicurezza del personale impiegato.

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Fonte: SNPA

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Decreto MLPS 4 febbraio 2021 n. 24

ID 12794 | | Visite: 2792 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto MLPS 4 febbraio 2021 n  24

Decreto MLPS 4 febbraio 2021 n. 24

Ricostituzione Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro

Il Ministero del Lavoro, con D.M. 4 febbraio 2021, ha ricostituito la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.
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Articolo 1

1. La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, è ricostituita dalla data del presente decreto con la seguente composizione.

A) In rappresentanza delle Amministrazioni centrali, delle Regioni e Province autonome:
Ministero del lavoro e delle politiche sociali:
Romolo de Camillis effettivo, con funzioni di Presidente
Maria Teresa Palatucci supplente
Ministero della salute:
Maria Giuseppina Lecce effettivo
Paolo Rossi supplente
Ministero dello sviluppo economico:
Antonella D'Alessandro effettivo
Paolo Marinaro supplente
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti:
Giuseppe Alati effettivo
Laura Barnaba supplente
Ministero dell'interno:
Mariano Tusa effettivo
Tarquinia Mastroianni supplente
Ministero della difesa:
Antonino Bonasera effettivo
Massimo Onorati supplente
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali:
Carmela Covelli effettivo
Mario Fargnoli supplente
Ministeri dell'istruzione e dell'università e della ricerca:
Jacopo Greco effettivo
Vito Abbadessa supplente
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica:
Paolo Vicchiarello effettivo
Maria Teresa Nigro supplente
Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano:
Maurizio Di Giorgio (regione Lazio) effettivo
Raffaello Bellino (regione Puglia) effettivo
Roberto Zanelli (regione Piemonte) effettivo
Nicoletta Cornaggia (regione Lombardia) effettivo
Antonio Leonardi (regione Siciliana) effettivo
Mara Bernardini (regione Emilia-Romagna) effettivo
Barbara Alessandrini (regione F.V. Giulia) supplente
Roberto Calisti (regione Marche) supplente
Enrico Fileppo (regione Piemonte) supplente
Agostina Panzeri (regione Lombardia) supplente
Martin Mair (P.A. di Bolzano) supplente
Marcello Cestari (P.A. di Trento) supplente
B) In rappresentanza delle organizzazioni sindacali dei lavoratori:
CGIL
Sebastiano Calieri effettivo
Stivino Candeloro supplente
CISL
Angelo Emilia Colombini effettivo
Cinzia Frascheri supplente
UIL
Ivana Veronese effettivo
Susanna Costa supplente
UGL
Antonio Ratini effettivo
Maria Cristina Pontarelli supplente
CONFSAL
Michele de Nuntiis effettivo
Lucia Massa supplente
CISAL
Paolo Varesi effettivo
Gaia Marnetto supplente
C) In rappresentanza delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro:
Industria
Fabio Pontrandolfi (Confindustria) effettivo
Fabiola Leuzzi (Confindustria) supplente
Commercio, turismo e servizi
Pierpaolo Masciocchi (Confcommercio) effettivo
Valeria Fedele (Confesercenti) supplente
Artigianato
Fabrizio Monaco (Confartigianato) effettivo
Manuela Maria Brunati (CNA) supplente
Agricoltura
Gloria Chiappini (Confagricoltura) effettivo
Paolo di Martino (Coldiretti) supplente
Cooperazione
Federico Baldelli (Alleanza Cooperative italiane) effettivo
Giuseppe Gizzi (Alleanza Cooperative italiane) supplente
Credito e professioni
Angelo Giuliani (ABI) effettivo
Francesco Lucrezio Monticelli (Confprofessioni) supplente
D) Esperti in medicina del lavoro, igiene industriale e impiantistica industriale:
Giovanna Spatari (medicina del lavoro) effettivo
Luigi Mori supplente
Domenico Maria Guido Cavallo (igiene industriale) effettivo
Gianandrea Gino supplente
Cristina Mora (impiantistica industriale) effettivo
Fernando Renzetti supplente
E) in rappresentanza dell'ANMIL:
Zoello Forni effettivo
Maria Giovannone supplente

2. Ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera f) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, i rappresentanti del Ministero della difesa, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dei Ministeri dell'istruzione e dell'università e della ricerca, della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica intervengono quando il Presidente della Commissione, ravvisando profili di specifica competenza, ne disponga la convocazione.
3. Ai sensi dell'articolo 6, commi 2 e 4, ai lavori della Commissione possono altresì partecipare rappresentanti di altre amministrazioni centrali dello Stato e degli istituti pubblici con competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro, con particolare riferimento all'ispettorato nazionale del lavoro e all'INAIL

Articolo 2

1. Ai sensi dell'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, la Commissione definisce con proprio regolamento interno le modalità di funzionamento, da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto al numero dei componenti. Ai sensi del medesimo articolo 6, comma 6, le funzioni di segreteria della Commissione sono assicurate dal personale della Divisione III della Direzione generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali, da individuare con apposito decreto dirigenziale.
2. I componenti della Commissione durano in carica cinque anni, a decorrere dalla data del presente decreto e possono essere rinnovati.
3. Ai componenti della Commissione e ai soggetti invitati a partecipare, non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennità di missione.

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Fonte: MLPS

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Formazione sicurezza durante lo stato emergenziale | Note

ID 12716 | | Visite: 4126 | Documenti Riservati Sicurezza

Formazione sicurezza durante lo stato emergenziale   Note

Formazione sicurezza durante lo stato emergenziale | Note

ID 12716 | 30.01.2021 / Documento completo in allegato

Svolgimento / Posticipo / Attestati: Note formazione sicurezza durante il periodo emergenziale

- Svolgimento: E' da preferire, in questa fase, la modalità a distanza di "videoconferenza in modalità sincrona" anziché la formazione "in presenza", fatta eccezione per i moduli formativi che espressamente prevedono l'addestramento pratico (FAQ MLPS)

- Posticipo:
In merito alla formazione, non è possibile posticipare la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro e l'aggiornamento (Vedasi DPCM 14 gennaio 2021 Art. 1 (Misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale), comma 10, lett. s)

- Attestati: In merito agli attestati, le disposizioni attuali, stabiliscono che "tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi..." conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza, al momento quindi fino al 29 luglio 2021, 90 giorni dalla data del 30 Aprile 2021, al momento ultimo termine dello stato di emergenza (Delibera del Consiglio dei Ministri del 13 gennaio 2021).

Formazione   Svolgimento   Posticipo   Attestati   Modalit  durante il periodo emergenziale

(*) Fino al 29 luglio 2021, 90 giorni dalla data del 30 Aprile 2021, al momento ultimo termine data cessazione dello stato di emergenza (Delibera del Consiglio dei Ministri del 13 gennaio 2021).

Fig. 1. Schema Svolgimento / Posticipo / Attestati della formazione sicurezza durante il periodo emergenziale 
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La legge 27 novembre 2020, n. 159, di conversione del decreto-legge 7 ottobre 2020 n. 125, che non aveva previsto proroghe sulla validità degli Attestati, riporta con le modifiche della Legge di conversione all' Art. 103 del Decreto-legge 17 Marzo 2020 n. 18:

Decreto-legge 17 Marzo 2020 n. 18
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Art. 103 (Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza)
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2. Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 (scadenza prorogata al 31 Aprile dalla Delibera del Consiglio dei Ministri del 13 gennaio 2021 - ndr) e la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche alle segnalazioni certificate di inizio attività, alle segnalazioni certificate di agibilità, nonchè alle autorizzazioni paesaggistiche e alle autorizzazioni ambientali comunque denominate. Il medesimo termine si applica anche al ritiro dei titoli abilitativi edilizi comunque denominati rilasciati fino alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.
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2-sexies. Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, di cui al comma 2, scaduti tra il 1° agosto 2020 e la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 7 ottobre 2020 n. 125, e che non sono stati rinnovati, si intendono validi e sono soggetti alla disciplina di cui al medesimo comma 2.
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Si tratta di una proroga sulla validità di tutti i certificati, attestati, ecc, quindi anche gli Attestasti formazione sicurezza.

In relazione all'Art. 103 del Decreto-legge 17 Marzo 2020 n. 18, il MLPS ha chiarito con FAQ il tema.
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FAQ MLPS / Estratto

FORMAZIONE IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA

Nei casi in cui non sia possibile attivare modalità di videoconferenza sincrona per lo svolgimento della formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro, oppure quando deve essere svolta la parte pratica dei corsi obbligatori, a quali condizioni è possibile realizzare specifiche attività formative in presenza?

Come già chiarito da questo Ministero, la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro riveste carattere di particolare importanza, anche in relazione a specifici obblighi previsti dalla normativa di settore.

Pertanto, con la ripresa delle attività produttive, nei casi in cui non vi siano oggettivamente le condizioni per attivare modalità in videoconferenza sincrona per svolgere la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ovvero quando sia necessario svolgere sessioni obbligatorie pratiche dei corsi di formazione, è possibile svolgere attività formativa in presenza, a condizione che siano adottate idonee misure di contenimento del rischio di contagio, quali ad esempio:

- utilizzo di locali dotati di adeguata areazione;
- distanziamento fisico di almeno 1 metro;
- utilizzo della mascherina chirurgica;
- accessibilità all'igiene frequente delle mani;
- garanzia dell'igiene delle superfici; in particolare in presenza di utilizzo di macchine o attrezzature di lavoro, adeguata igienizzazione e disinfezione tra un utilizzo e l'altro, secondo le specifiche indicazioni emanate dall'Istituto Superiore di Sanità.

Tali indicazioni trovano altresì applicazione per la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza rivolta alle figure della prevenzione. Anche in tali casi rimane da preferire, in questa fase, la modalità a distanza di "videoconferenza in modalità sincrona" anziché la formazione "in presenza", fatta eccezione per i moduli formativi che espressamente prevedono l'addestramento pratico, come per gli addetti al primo soccorso in azienda.

Anche in questi casi, che richiedono lo svolgimento di attività formative "in presenza", sarà necessario il pieno rispetto di tutte le misure di contenimento del rischio indicate in precedenza.

Tali indicazioni sono state confermate dal Comitato Tecnico Scientifico operante presso il Dipartimento della Protezione Civile, che - nella riunione del 28 maggio 2020 - si è espresso su uno specifico quesito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con il parere.

In questo periodo di emergenza da COVID-19, in considerazione delle difficoltà operative determinate dalle misure di contenimento, è possibile posticipare tutta la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro o solo l'aggiornamento?

No. Infatti, il DPCM 14 gennaio 2021, articolo 1 (Misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale), comma 10, lett. s), in relazione alla formazione in materia di salute e sicurezza prevede che "sono altresì consentiti […] i corsi di formazione da effettuarsi in materia di salute e sicurezza, nonché l'attività formativa in presenza, ove necessaria, nell'ambito di tirocini, stage e attività di laboratorio, a condizione che siano rispettate le misure di cui al «Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARSCoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione» pubblicato dall'INAIL".

Occorre precisare che le disposizioni del citato DPCM 14 gennaio 2021 confermano l'impianto già delineato con analoghi precedenti provvedimenti emergenziali.

Nel caso in cui non sia possibile svolgere l'attività formativa in videoconferenza o nel caso in cui debba essere svolta la parte pratica dei corsi di formazione è possibile erogare la formazione in presenza?

In considerazione della situazione eccezionale, le modalità di erogazione della formazione a distanza rimangono da preferire.
Tuttavia, si ritiene possibile erogare formazione in presenza, inclusa la parte pratica dei corsi, se le condizioni logistiche ed organizzative adottate dal soggetto responsabile delle attività formative siano in grado di assicurare il pieno rispetto di tutte le misure di prevenzione e contenimento del contagio individuate per la gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

In questo periodo di emergenza da COVID-19, in considerazione delle difficoltà operative determinate dalle misure di contenimento, in caso di impossibilità a effettuare l'aggiornamento della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro è possibile proseguire lo svolgimento dell'attività lavorativa? Inoltre, al fine di poter ugualmente svolgere la formazione prevista, è possibile utilizzare modalità di formazione a distanza invece che in aula?

In considerazione della situazione eccezionale, caratterizzata dalle misure di contenimento per evitare e prevenire il contagio da COVID-19, in coerenza con il principio introdotto dall'articolo 103, comma 2, del Decreto-legge 17 Marzo 2020 n. 18 si ritiene che la mancata effettuazione dell'aggiornamento non preclude lo svolgimento dell'attività lavorativa.

Fermo restando, naturalmente, l'obbligo di completare l'aggiornamento subito dopo la fase emergenziale.
Inoltre, al fine di contemperare l'esigenza del contenimento delle attività con il necessario aggiornamento delle competenze in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, si ritiene ammissibile, in via temporanea, lo svolgimento delle attività formative in videoconferenza esclusivamente con modalità sincrona, ad esclusione della parte pratica dei corsi, in modo da garantire la verifica delle presenze dei soggetti da formare e la piena interazione tra questi ultimi e i docenti (ad esempio assicurando la condivisone del materiale didattico, la possibilità di formulare domande, etc.).

In questo periodo di emergenza da COVID-19, in considerazione delle difficoltà operative determinate dalle misure di contenimento, è possibile posticipare tutta la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro o solo l'aggiornamento?

In considerazione della situazione eccezionale, caratterizzata dalle misure di contenimento per evitare e prevenire il contagio da COVID-19, in coerenza con il principio introdotto dall'articolo 103, comma 2, del Decreto-legge 7 ottobre 2020 n. 125, si ritiene che nel caso in cui non sia possibile, temporaneamente, effettuare l'aggiornamento previsto si possa ugualmente proseguire lo svolgimento dell'attività lavorativa. Diversamente, per quanto riguarda la formazione da svolgere ex novo (ad esempio in caso di assunzione di nuovo personale, o nel caso di cambio di mansione, ovvero ancora nel caso dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro), si ritiene che la stessa non possa essere posticipata, ferma restando la possibilità di svolgere la formazione in videoconferenza se ne ricorrono i presupposti.
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EU-OSHA: COVID-19 Ritorno al luogo di lavoro | Update 12.2020

ID 12759 | | Visite: 2254 | News Sicurezza

COVID 19   Ritorno luoghi di lavoro 12 2020

EU-OSHA: COVID-19 Ritorno al luogo di lavoro | Update 12.2020

COVID-19 e Ritorno al luogo di lavoro - Adeguare i luoghi di lavoro e proteggere i lavoratori - Aggiornamento: dicembre 2020

In seguito alla pandemia di malattia da nuovo coronavirus 2019 (COVID-19), gli Stati membri dell’Unione europea (UE) hanno messo in atto una serie di misure, anche relative ai luoghi di lavoro, per combattere la diffusione della malattia. Il mondo del lavoro è gravemente colpito da questa crisi, dunque tutti i settori della società – tra cui aziende, datori di lavoro e parti sociali – devono fare la propria parte per proteggere i lavoratori, le loro famiglie e la società in generale.

La natura e l’estensione delle misure vanno dalle limitazioni degli spostamenti e dalla sospensione di attività non essenziali ai limiti posti al numero di persone che occupano uno spazio, al divieto di determinate attività e all’obbligo di seguire misure igieniche individuali. La loro applicazione può differire a seconda dell’evoluzione della pandemia, del settore, dell’occupazione o di una caratteristica connessa alla salute dell’individuo. Come risultato di dette misure, ai lavoratori può essere richiesto di lavorare da casa o, se la loro attività lavorativa non può essere svolta a distanza, di restare a casa.

La ripresa delle attività lavorative, autorizzata quando le misure raggiungono una riduzione sufficiente dei tassi di trasmissione della COVID-19, viene sovente effettuata per gradi e i lavori ritenuti essenziali per la tutela della salute e dell’economia sono i primi a essere autorizzati.

Sebbene la vaccinazione porterà con il tempo all’allentamento delle misure, non è chiaro fino a che punto, o quando, le attività lavorative «normali» riprenderanno. È molto probabile che alcune misure rimarranno in vigore per un po’ di tempo o verranno reintrodotte a un certo punto per evitare un futuro incremento dei tassi di infezione.

La crisi COVID-19 sta mettendo sotto pressione datori di lavoro e lavoratori, come conseguenza della necessità di mettere in atto in tempi molto brevi nuove procedure e pratiche o di dover sospendere lavoro e attività commerciali. In questo contesto, la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro offrono un supporto pratico per la ripresa o il mantenimento del lavoro e contribuiscono a debellare la trasmissione della COVID-19.

In calce all'articolo documento COVID-19 Ritorno al luogo di lavoro | Update 12.2020

Aggiornate la vostra valutazione del rischio e prendete misure adeguate

Esattamente come in condizioni di lavoro normali, l’identificazione e la valutazione del rischio sia in ambienti di lavoro fisici che psicosociali rappresentano il punto di partenza per la gestione della salute e della sicurezza sul lavoro con le misure anti-COVID-19. I datori di lavoro hanno l’obbligo di rivedere la valutazione del rischio qualora sia applicata una modifica del processo di lavoro e di tenere in considerazione tutti i rischi, compresi quelli per la salute mentale. Al momento di rivedere la valutazione del rischio, si deve prestare attenzione a eventuali anomalie o situazioni che provochino problemi e al modo in cui queste possano contribuire ad aumentare il grado di resilienza dell’organizzazione nel lungo periodo. Ricordate l’importanza di coinvolgere i lavoratori e i loro rappresentanti nella revisione della valutazione del rischio e consultate il vostro fornitore di prevenzione del rischio o di salute sul lavoro nel caso ne disponiate. Per facilitare la valutazione, cercate di ottenere informazioni aggiornate dalle autorità pubbliche sulla situazione relativa alla COVID-19 nella vostra area. Non appena la valutazione del rischio sarà aggiornata, il passo successivo sarà la definizione di un piano d’azione con misure adeguate. A seguire si presentano alcuni esempi di questioni legate alla pandemia di cui tener conto al momento di redigere il piano d’azione.

Riduzione al minimo dell’esposizione a COVID-19 al lavoro

L’attuazione di procedure di lavoro sicure per limitare l’esposizione a COVID-19 al lavoro richiede innanzitutto una valutazione del rischio e in seguito l’introduzione della gerarchia dei controlli. Ciò significa mettere in atto misure di controllo per eliminare in primo luogo il rischio e, nel caso ciò non sia possibile, ridurre al minimo l’esposizione dei lavoratori. Iniziate prima con le misure collettive e, se necessario, integratele con misure individuali, come i dispositivi di protezione individuale (DPI). Di seguito sono indicati alcuni esempi di misure di controllo, ma per la loro natura non saranno tutte applicabili a tutti gli ambienti di lavoro o i lavori.

Per il momento svolgete solo il lavoro essenziale: potrebbe verificarsi la possibilità di posticipare del lavoro a quando il rischio sarà inferiore. Se possibile, fornite i servizi a distanza (via telefono o video) invece che di persona. Assicuratevi che sul luogo di lavoro si trovino solo i lavoratori essenziali al lavoro e riducete al minimo la presenza di terze parti.

Riducete il più possibile il contatto fisico tra i lavoratori (ad es. durante le riunioni o le pause). Isolate i lavoratori che possono svolgere le proprie attività da soli in sicurezza e che non richiedono attrezzature speciali o macchine impossibili da spostare. Appena possibile, ad esempio, fateli lavorare da soli in un ufficio di riserva, nella sala del personale, in mensa o nella sala di riunione. Se possibile, chiedete ai lavoratori vulnerabili, come le persone anziane o con condizioni croniche (come ipertensione, problemi polmonari e cardiaci, diabete o sottoposte a trattamento oncologico o a qualche altro immunosoppressore) e alle lavoratrici in gravidanza di lavorare da casa. Anche i lavoratori con familiari prossimi ad alto rischio potrebbero dover svolgere il telelavoro.

Eliminate, e se non è possibile limitate, l’interazione fisica con clienti e tra clienti, ad esempio attraverso le ordinazioni effettuate online o per telefono, la consegna senza contatto o la gestione degli ingressi (evitando al contempo l’affollamento all’esterno) e il distanziamento sociale sia all’interno che all’esterno dei locali.

Al momento della consegna dei prodotti, organizzate la raccolta o la consegna al di fuori dei locali. Raccomandate ai camionisti di applicare buone norme igieniche all’interno del veicolo e fornite loro gel e salviette disinfettanti adeguati. Gli operatori addetti alle consegne devono essere autorizzati a utilizzare strutture come toilette, caffetterie, cabine spogliatoio e docce, ma con le adeguate precauzioni (ad esempio permettendo un solo utente alla volta e predisponendo pulizie regolari).

Installate una barriera impermeabile tra i lavoratori, soprattutto se non sono in grado di mantenere due metri di distanza tra loro. Le barriere possono essere apposite o improvvisate utilizzando articoli come fogli di plastica, pareti divisorie, cassetti mobili o unità di magazzinaggio. Si devono evitare oggetti non solidi o che presentano spazi vuoti, come piante in vaso o carrelli, o che creano un rischio ulteriore, ad esempio di inciampo o di caduta oggetti. Se non è possibile l’utilizzo di una barriera, deve essere creato uno spazio aggiuntivo tra i lavoratori, ad esempio accertandosi che ci siano almeno due scrivanie vuote ai lati di ciascuno.

Se il contatto ravvicinato è inevitabile, mantenetelo inferiore a 15 minuti. Riducete il contatto tra parti diverse dell’azienda all’inizio e alla fine di ogni turno. Organizzate i tempi riservati alle pause per i pasti in modo da ridurre il numero di persone che condividono la caffetteria, la sala del personale o la cucina. Accertatevi che nei bagni e nelle cabine spogliatoio sia presente un solo lavoratore alla volta. Posizionate un cartello sulla porta principale che indichi quando una delle toilette è occupata per assicurarvi che entri solo una persona alla volta. Organizzate i turni tenendo in considerazione le attività di pulizia e di igienizzazione.

Fornite acqua e sapone o un igienizzante mani adeguato in punti comodi e raccomandate ai lavoratori di lavarsi spesso le mani. Pulite frequentemente i locali, in particolare i banconi, le maniglie delle porte, gli strumenti e altre superfici che le persone toccano spesso e ventilate eventualmente.

Ove possibile, assicurate una buona ventilazione, aprendo finestre e porte in modo da permettere l’ingresso di aria fresca dall’esterno.

Secondo le disposizioni in vigore nella vostra zona, può essere preso in considerazione l’utilizzo di mascherine chirurgiche o «igieniche» sul posto di lavoro e in tutti gli spazi chiusi e condivisi, come automobili, furgoni e mezzi pubblici. Tali mascherine sono progettate come misura igienica, impedendo la diffusione del coronavirus attraverso goccioline espulse da tosse o starnuti che cadono sulle superfici toccate da altri e attraverso l’aerosol che viene espirato, rimanendo sospeso nell’aria fino a quando non viene inalato da altri.

Se avete individuato un rischio di infezione nonostante l’applicazione di tutte le misure di sicurezza attuabili, fornite allora tutti i DPI necessari. È importante offrire formazione ai lavoratori sul corretto uso dei DPI, assicurandosi che seguano le normative e le indicazioni disponibili sull’uso di mascherine e guanti.

Appendete all’ingresso del luogo di lavoro e in altre aree visibili cartelloni che invitino a rimanere a casa se si è malati, le norme da seguire in caso di tosse e starnuti, e le indicazioni per l’igiene delle mani.

Agevolate l’uso di mezzi di trasporto individuale invece che collettivo, ad esempio rendendo disponibile un parcheggio auto o un luogo in cui lasciare le biciclette in sicurezza e promuovete il raggiungimento del luogo di lavoro a piedi, se possibile.

All’occorrenza, mettete in atto politiche sui permessi flessibili e sul lavoro a distanza per limitare la presenza nel luogo di lavoro.

Evitate di sovraccaricare il personale addetto alle pulizie con l’adozione di misure adeguate, ad esempio assegnando mansioni a personale aggiuntivo e chiedendo ai lavoratori di lasciare il proprio spazio di lavoro pulito. Fornite ai lavoratori fazzoletti e cestini rivestiti di un sacco di plastica per permetterne lo svuotamento senza entrare in contatto con il contenuto.

Consultate Covid-19: orientamenti per il luogo di lavoro per avere maggiori informazioni sulla predisposizione del luogo di lavoro per ridurre la diffusione di COVID-19, inclusi i comportamenti da adottare nel caso qualcuno infetto da COVID-19 sia stato presente nel luogo di lavoro e fornite indicazioni sugli spostamenti e sulle riunioni. Sono disponibili informazioni per i “lavoratori di frontiera e distaccati” (persone che lavorano in un Paese e ritornano regolarmente nel loro Paese di residenza).

Ripresa del lavoro dopo un periodo di chiusura

Se il vostro luogo di lavoro è chiuso da diverso tempo per motivi legati a COVID-19, predisponete un piano che prenda in considerazione la salute e la sicurezza per il momento in cui il lavoro riprenderà. Il piano deve considerare quanto segue:

Aggiornate la valutazione del rischio come spiegato sopra e consultate Covid-19: orientamenti per il luogo di lavoro.

Mettete in pratica adeguamenti nella disposizione del luogo di lavoro e nell’organizzazione del lavoro che ridurranno la trasmissione di COVID-19 prima della totale ripresa del lavoro e prima che tutti i lavoratori facciano ritorno al luogo di lavoro. Valutate di far riprendere il lavoro per fasi al fine di permettere di mettere in pratica gli adeguamenti. Informate i lavoratori delle modifiche in atto e fornite loro le nuove procedure e la formazione, se necessario, prima che riprendano il lavoro.

Contattate il vostro servizio di salute sul lavoro di riferimento e il consulente in materia di salute e sicurezza, se vi avete accesso, e valutate insieme il vostro piano.

Prestate particolare attenzione ai lavoratori che sono ad alto rischio e siate pronti a proteggere i più vulnerabili, comprese le persone anziane e quelle con condizioni croniche (come ipertensione, problemi polmonari e cardiaci, diabete o sottoposte a trattamento oncologico o a qualche altro immunosoppressore) e le lavoratrici in gravidanza. Prestate attenzione ai lavoratori con familiari prossimi ad alto rischio.

Valutate di mettere in atto misure di supporto per i lavoratori che potrebbero soffrire di ansia o stress. Ciò potrebbe comprendere che i dirigenti chiedano con maggiore frequenza ai lavoratori come stanno, l’agevolare gli scambi o l’amicizia tra colleghi, le modifiche all’organizzazione del lavoro e nelle mansioni di lavoro, i programmi di assistenza per i dipendenti o i servizi di affiancamento, nonché la messa a disposizione di un punto di contatto con un servizio di salute sul lavoro. Tenete presente che è possibile che i lavoratori abbiano attraversato eventi traumatici come malattia grave o morte di un parente o un amico o che possano trovarsi in difficoltà economiche o avere problemi nei rapporti personali.

È probabile che i lavoratori che tornano nel luogo di lavoro dopo un periodo di isolamento, sia come misura singola sia prevista da un piano di isolamento collettivo, nutrano preoccupazioni, soprattutto sul rischio di infezione. Queste preoccupazioni, soprattutto se si sono verificati cambiamenti al lavoro, possono originare stress e problemi di salute mentale. Quando sono attuate le misure di distanziamento sociale, questi problemi non sono solo più probabili, ma vengono a mancare i consueti meccanismi adattativi, come gli spazi personali o la condivisione dei problemi con altre persone (si veda Rientro al lavoro dopo un congedo di malattia per problemi di salute mentale). Fornite ai lavoratori informazioni sulle fonti pubbliche di supporto e consulenza disponibili. Mental Health Europe offre informazioni su come prendersi cura della vostra salute mentale e affrontare la minaccia COVID-19.

I lavoratori potrebbero essere preoccupati per una maggiore possibilità di infezione nei luoghi di lavoro ed è possibile che non vogliano tornare. È importante comprendere le loro preoccupazioni e diffondere informazioni in merito alle misure intraprese e al supporto a disposizione.

Gestione di un alto tasso di assenze

In base ai tassi di infezione nella vostra area e ai protocolli in vigore, è possibile che molti dei vostri lavoratori siano assenti a causa di COVID-19. Se un lavoratore è in isolamento domestico preventivo, è possibile che riesca a continuare il lavoro a distanza (si veda sotto) o, se questo non è il caso, il lavoratore non potrà lavorare per un periodo.

I lavoratori a cui è stato confermato il contagio da COVID-19 possono assentarsi e non lavorare per un periodo notevolmente più lungo, mentre quelli che si ammalano in modo grave possono avere bisogno di un ulteriore periodo di riabilitazione una volta che l’infezione è stata trattata. Alcuni lavoratori inoltre potrebbero assentarsi perché devono prendersi cura di un parente.

L’assenza di un numero consistente di lavoratori, benché solo temporanea, può pesare sulle attività continuative. Anche se i lavoratori disponibili dovrebbero essere flessibili, è importante che non si trovino in una situazione che metta in pericolo la loro salute o sicurezza. Mantenete il carico di lavoro aggiuntivo quanto più basso possibile e assicuratevi che la situazione non si prolunghi eccessivamente. I superiori gerarchici svolgono un ruolo importante nel monitorare la situazione e assicurarsi che i lavoratori individuali non siano oberati. Rispettate le regole e i contratti sulle ore lavorative e i periodi di riposo e concedete il diritto di staccare al di fuori del lavoro.

Al momento di adeguare il lavoro per far fronte alle esigenze di una forza lavoro ridotta, ad esempio mettendo in atto nuovi metodi e procedure e modificando i ruoli e le responsabilità, valutate se il personale ha bisogno di una formazione e un supporto aggiuntivi e accertatevi che tutti i lavoratori siano capaci di svolgere il compito richiesto loro.

Offrite ai lavoratori formazione in altri ambiti affinché possano eseguire compiti essenziali e permettere che il luogo di lavoro possa proseguire l’attività anche in caso di assenza dei lavoratori principali.

Se avete a disposizione lavoratori temporanei, è importante informarli sui rischi che corrono nell’ambiente di lavoro e, se è necessario, formarli.

Gestione dei lavoratori in telelavoro da casa

Le misure di distanziamento sociale adottate in moltissimi Stati membri prevedono che i lavoratori siano invitati o obbligati a lavorare da casa, qualora la natura del lavoro lo consenta. Per molti di loro potrebbe essere la prima volta che si trovano in telelavoro ed è probabile che il loro ambiente di lavoro sia carente sotto molti aspetti rispetto al luogo di lavoro. La misura in cui un ambiente domestico può essere adeguato varierà in base alla situazione del lavoratore e al tempo e alle risorse disponibili per adeguarlo.

Qui sono disponibili raccomandazioni su come restare al sicuro e in salute mentre si lavora da casa, ma sono principalmente rivolte a chi lavora da casa abitualmente o a lungo termine. Di seguito sono forniti alcuni suggerimenti per ridurre al minimo i rischi per i lavoratori che non sono riusciti a preparare il proprio ambiente di lavoro domestico adeguatamente.

Eseguite una valutazione del rischio che coinvolga i telelavoratori e i loro rappresentanti.

Autorizzate i lavoratori a portare a casa temporaneamente l’attrezzatura dal luogo di lavoro (se non riescono a farlo da soli, valutate di provvedere alla consegna). L’attrezzatura in questione può includere articoli come computer, monitor, tastiera, mouse, stampante, sedia, poggiapiedi e lampada. Segnate su un registro i lavoratori e gli oggetti da questi presi per evitare confusione quando riprenderà il lavoro normale.

Fornite ai telelavoratori orientamenti su come impostare una postazione di lavoro a casa che includano buone pratiche ergonomiche, come una postura corretta e il movimento frequente, per quanto possibile.

Invitate i lavoratori a fare pause con regolarità (all’incirca ogni 30 minuti) per alzarsi, muoversi e fare stretching.

Offrite loro supporto nell’uso di attrezzature e software informatici. Gli strumenti per la tele- e la videoconferenza possono diventare indispensabili al lavoro, ma è possibile che generino difficoltà a chi non è abituato a utilizzarli.

Accertatevi dell’esistenza di una buona comunicazione a tutti i livelli che includa coloro che lavorano da casa, ad esempio con le informazioni strategiche fornite dai dirigenti di alto livello e con i compiti dei dirigenti gerarchici, senza tralasciare l’importanza dell’interazione sociale di routine tra colleghi. Se alle prime si può rimediare con riunioni online programmate, la seconda può essere promossa con chat virtuali o pause “caffè virtuali”.

Non sottovalutate il rischio dei lavoratori che si sentono isolati o sotto pressione: un mancato supporto può dare origine a problemi di salute mentale. Una comunicazione efficace, il supporto del proprio dirigente e dei colleghi, e la capacità di mantenere contatti informali con i colleghi sono aspetti importanti. Valutate la programmazione online di riunioni del personale o del gruppo di lavoro o pianificate la presenza a rotazione dei dipendenti nel luogo di lavoro, nel caso sia stato avviato un ritorno graduale.

Tenete presente che i vostri dipendenti possano avere un compagno o una compagna che lavora da casa o dei figli che non stanno andando a scuola e quindi possono avere bisogno di attenzione o devono collegarsi a distanza per proseguire le lezioni scolastiche. Altri potrebbero doversi prendere cura di familiari anziani o con malattie croniche e di chi è in isolamento. In queste circostanze, i dirigenti dovranno essere flessibili in termini di ore di lavoro e produttività del proprio personale e dovranno mettere al corrente i lavoratori della loro comprensione e flessibilità.

Fornite assistenza ai lavoratori nello stabilire dei confini salutari tra le ore lavorative e il tempo libero comunicando chiaramente quando devono essere operativi e disponibili.

Coinvolgimento dei lavoratori

La partecipazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti nella gestione della sicurezza e della salute sul lavoro è determinante per il successo ed è un obbligo legale. Questo aspetto vale anche per le misure intraprese nei luoghi di lavoro in relazione a COVID-19, in un momento in cui gli eventi si sviluppano con grande velocità e si assiste a un elevato livello di incertezza e di ansia tra i lavoratori e la popolazione in generale.

È importante che consultiate i vostri lavoratori e/o i loro rappresentanti e i rappresentanti della salute e della sicurezza sul lavoro in tempo utile per quanto riguarda i cambiamenti previsti e in che modo le procedure temporanee funzioneranno a livello pratico.

Coinvolgere i lavoratori nella valutazione dei rischi e nello sviluppo di risposte è un aspetto importante delle buone pratiche di salute e sicurezza. I rappresentanti della salute e della sicurezza e i comitati per la salute e la sicurezza si trovano in una posizione unica per aiutare a tracciare misure preventive e per garantirne la corretta applicazione.

Valutate anche come assicurarvi che i lavoratori tramite agenzia e i contraenti abbiano accesso alle medesime informazioni dei dipendenti diretti.

Attenzione nei confronti dei lavoratori che sono stati malati

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, i sintomi più comuni di COVID-19 sono febbre, stanchezza e tosse secca. Alcune persone contraggono l’infezione ma non sviluppano sintomi e non presentano malessere. Moltissime persone (circa l’80%) si riprendono dalla malattia senza richiedere trattamenti specifici. Una percentuale ridotta di coloro che contraggono la COVID-19 si ammala gravemente e sviluppa difficoltà respiratorie. Gli anziani e coloro che presentano problemi di salute, come ipertensione, cardiopatie o diabete, hanno una maggiore probabilità di sviluppare una forma grave della malattia.

Le persone che si sono ammalate in modo grave possono avere bisogno di attenzioni speciali anche dopo essere state dichiarate abili al lavoro. Secondo alcune indicazioni, i pazienti che hanno contratto il coronavirus possono soffrire di una capacità polmonare ridotta in seguito a un attacco della malattia. È possibile che i lavoratori in questa situazione abbiano bisogno di un adeguamento del loro lavoro e di esonero dal lavoro per sottoporsi a fisioterapia. I lavoratori che sono stati sottoposti a terapia intensiva possono trovarsi ad affrontare sfide specifiche. Il medico curante del lavoratore e il servizio di salute sul lavoro, se disponibile, devono consigliare le modalità e i tempi del suo ritorno al lavoro:

Debolezza muscolare. La gravità di questa conseguenza è proporzionale al tempo che una persona ha trascorso in terapia intensiva. La ridotta capacità muscolare si manifesta anche, per esempio, come disturbi respiratori. Un altro fenomeno comune ma riconosciuto con minore frequenza è la sindrome da cure post-intensive: è stimato che si verifichi nel 30-50% delle persone ricoverate in terapia intensiva ed è comparabile al disturbo da stress post-traumatico.

Problemi di memoria e concentrazione. Questi disturbi spesso si sviluppano con il passare del tempo e non sono sempre riconosciuti appena qualcuno riprende a lavorare. I sintomi visibili al lavoro sono problemi di memoria e di concentrazione, difficoltà nel corretto svolgimento dei compiti e riduzione delle capacità di risoluzione dei problemi. È pertanto importante rimanere vigili se sapete che qualcuno è stato in terapia intensiva. Contare su orientamenti utili è molto importanti, perché è difficile che alcuni lavoratori tornino al livello di prestazioni precedente.

Tempi lunghi prima di riprendere il lavoro. I dati rivelano che da un quarto fino a un terzo dei soggetti ricoverati in terapia intensiva può sviluppare problemi, indipendentemente dall’età. Per circa metà dei pazienti è necessario un anno prima di tornare al lavoro e fino a un terzo dei pazienti può non tornare.

I medici del lavoro e i servizi sanitari sono i più indicati per dare consigli su come prendersi cura dei lavoratori che sono stati malati e su quali adattamenti potrebbe essere necessario apportare alla loro attività. Se non disponete di un servizio di salute sul lavoro, è importante affrontare queste questioni con tatto e nel rispetto della privacy e della riservatezza dei lavoratori.

Siate consapevoli del rischio che i lavoratori colpiti da COVID-19 possono subire stigmatizzazioni e discriminazioni.

Pianificazione e apprendimento per il futuro

Anche se la vaccinazione contro la COVID-19 porterà col tempo alla fine dell’attuale pandemia, è importante redigere o aggiornare piani di emergenza in caso di crisi per eventi di arresto e avvio in futuro, come descritto in COVID-19: guidance for the workplace (COVID-19: orientamenti per il luogo di lavoro). Anche le piccole aziende possono compilare un elenco di controllo che le aiuterà a prepararle nel caso si verifichino eventi del genere in futuro.

Le imprese che hanno usato il telelavoro per la prima volta possono valutarne l’adozione come pratica di lavoro moderna per il lungo periodo. L’esperienza acquisita durante la pandemia di COVID-19 può contribuire allo sviluppo di una politica e di procedure per il telelavoro o alla revisione di quelle esistenti.

Buona informazione

La quantità di informazioni legate a COVID-19 può essere sproporzionata e può essere difficile distinguere le informazioni affidabili e accurate da quelle vaghe e fuorvianti. Verificate sempre che le fonti originali delle informazioni siano qualificate e consolidate. Fonti di informazione ufficiali su COVID-19 includono:

Organizzazione mondiale della sanità
Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie
Commissione europea
Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro

Man mano che la crisi pandemica si attenuerà grazie alla vaccinazione e le contromisure alla COVID-19 inizieranno a essere allentate, potranno essere pubblicate informazioni specifiche per particolari industrie, comunità o gruppi di persone ed essere aggiornate di frequente. I ministeri della Sanità e del lavoro del vostro paese avranno tutte le informazioni del caso e potranno fornire link a fonti più specializzate.

Settori e occupazioni

Chi svolge un lavoro a contatto fisico con molte altre persone presenta il rischio maggiore di contrarre COVID-19. A esclusione di chi lavora nell’assistenza sanitaria, nell’assistenza domiciliare e in residenze, i lavoratori essenziali più a rischio includono, ad esempio, chi è occupato nell’approvvigionamento alimentare e vendita al dettaglio di alimenti, nella raccolta dei rifiuti, nei servizi pubblici, nelle forze di polizia e di sicurezza e nel trasporto pubblico.

Così come alcuni paesi hanno imposto limitazioni di lavoro in alcuni settori prima di altri, solitamente sospendendo per prime le attività scolastiche, di svago e ricreative e per ultime il settore industriale ed edilizio, il ritorno al lavoro in seguito all’allentamento delle misure può seguire uno scaglionamento simile, ma in ordine inverso. Orientamenti specifici per settore correlati a COVID-19 sono disponibili in diversi paesi e a seguire ne è elencata una selezione. Per ulteriori esempi, consultate i siti web di EU-OSHA e della vostra autorità nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro.

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Fonte: EU-OSHA

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Circolare Inail n. 5 del 4 febbraio 2021

ID 12763 | | Visite: 1763 | News Sicurezza

Circolare Inail n  5 del 4 febbraio 2021

Circolare Inail n. 5 del 4 febbraio 2021

Prestazioni sanitarie necessarie al recupero dell’integrità psico-fisica degli infortunati e dei tecnopatici. Ampliamento delle specialità farmaceutiche e dei dispositivi medici rimborsabili.

[...] Tanto premesso l’Istituto, con la presente circolare, persegue un duplice obiettivo: da un lato, ampliare l’elenco delle specialità farmaceutiche rimborsabili, ove già non fornite dal Servizio sanitario nazionale, dall’altro dettare una disciplina ricognitiva della materia, attualmente frammentata in più atti succedutisi nel tempo, agevolandone così la consultazione e l’applicazione.

Il comma 5-bis dell’articolo 11 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, introdotto dall’intervento correttivo del decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106, ha riconfermato espressamente il diritto degli infortunati e dei tecnopatici a tutte le cure necessarie per il recupero dell’integrità psico-fisica, senza oneri a loro carico.

Tale diritto è di diretta derivazione costituzionale, tenuto conto che le cure necessarie al recupero dell’integrità psico-fisica sono senz’altro da annoverare tra i mezzi adeguati alle esigenze di vita che il comma 2 dell’articolo 38 della Costituzione impone di assicurare agli infortunati sul lavoro e ai tecnopatici.

Il citato intervento correttivo chiarisce inequivocabilmente che l’Inail continua a essere l’istituzione garante del diritto in questione. Infatti, l’ultima parte del predetto comma 5-bis precisa che l’Istituto svolge il compito affidatogli dalla disposizione in esame e cioè quello di garantire il diritto degli infortunati e dei tecnopatici alle cure necessarie, con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza incremento di oneri per le imprese.

La norma in questione, dunque, legittima il rimborso, da parte dell’Istituto, delle spese per prestazioni sanitarie sostenute dagli assistiti Inail, con la sola condizione che tali prestazioni siano riconosciute necessarie dai medici dell’Inail stesso ai fini del miglioramento dello stato psico-fisico in relazione alla patologia causata dall’evento lesivo di origine lavorativa dell’assistito.

[...]

In allegato:

Testo integrale della circolare Inail n. 5 del 4 febbraio 2021
Allegato 1 Elenco specialità farmaceutiche rimborsabili
Allegato 2 Modello di richiesta di rimborso
Allegato 3 Fac-simile rigetto richiesta di rimborso
Allegato 4 Fac-simile accoglimento richiesta di rimborso
Allegato 5 Fac-simile parziale accoglimento richiesta di rimborso

Fonte: INAIL

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Casseforme - Quaderni per immagini

ID 12750 | | Visite: 2086 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Casseforme

Casseforme - Quaderni per immagini

INAIL, 03.02.2021

Obiettivo del quaderno è accrescere il livello di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili utilizzando le immagini che sono state realizzate approfondendo al massimo il dettaglio di ogni particolare, divenendo così didascaliche e autonome rispetto alla parola tanto da poter fungere da 'istruzioni per l'uso. I quaderni hanno inoltre un impatto grafico attrattivo, semplice e di immediato recepimento.

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Fonte: INAIL

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Rischio incendio ed esplosione in edilizia

ID 12747 | | Visite: 3603 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Rischio incendio esplosione in edilizia

Rischio incendio ed esplosione in edilizia

INAIL, 03.02.2021

La pubblicazione si inserisce nell’ambito di una collaborazione tra Inail e Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, finalizzata a incidere sulla riduzione degli infortuni sul lavoro e ad implementare la necessaria cultura della sicurezza nei settori dell’edilizia e dell’agricoltura, tra i più rischiosi e con il più alto indice infortunistico in termini di frequenza e gravità.

Il rischio di incendio ed esplosione in edilizia dipende da molteplici variabili ed è tra i rischi più preoccupanti, sia a causa di una tutt’altro che trascurabile frequenza di accadimento sia per l’entità del danno che è ragionevole attendersi. Nei cantieri edili, infatti, si registrano condizioni lavorative e organizzative problematiche che derivano dalla continua variazione della tipologia di lavorazioni in esecuzione, dalla presenza contemporanea di più imprese, ancorché con mansioni distinte, e da condizioni di sicurezza con standard spesso inferiori a quelli richiesti per le installazioni fisse.

Il presente lavoro si articola in cinque capitoli riguardanti l’individuazione delle possibili fonti di rischio incendio ed esplosione, le relative misure di prevenzione e protezione, i rischi aggiuntivi indotti dai cantieri di ristrutturazione e manutenzione, le attività (usualmente presenti in edilizia) soggette ai controlli di prevenzione incendi e la gestione della sicurezza antincendio (GSA) nei cantieri.

Seguono tre focus tematici che, in chiave narrativa, raccontano di gravi incendi accaduti negli anni scorsi, ponendo l’attenzione su come le concomitanti carenze nella valutazione del rischio incendio e nella GSA abbiano prodotto danni assai ingenti, facilmente evitabili adottando una migliore strategia preventiva.

Il rischio di incendio ed esplosione in edilizia dipende da molteplici variabili ed è tra i rischi più preoccupanti, sia a causa di una tutt’altro che trascurabile frequenza di accadimento sia per l’entità del danno che è ragionevole attendersi.

Basti pensare, ad esempio, agli ingenti danni provocati al patrimonio artistico e culturale mondiale a causa di alcuni incendi che si sono sviluppati durante i lavori di restauro di alcuni edifici di pregio, come verrà descritto meglio nei focus della presente pubblicazione.

Nei cantieri edili si registrano, infatti, condizioni lavorative e organizzative problematiche che derivano dalla continua variazione della tipologia di lavorazioni in esecuzione, dalla possibile presenza di più imprese in contemporanea con mansioni distinte e da condizioni di sicurezza con standard spesso inferiori a quelli richiesti per le installazioni fisse.

Un’appropriata mitigazione del rischio di incendio richiede pertanto una vera e propria ingegnerizzazione della progettazione della sicurezza antincendio, che può essere ottenuta solo con un’adeguata cultura della sicurezza.

La cultura della sicurezza antincendio comporta lo studio, la regolamentazione, l’insegnamento e la condivisione con i vari portatori di interesse in tutti i settori della società dell’utilità di questo argomento fondamentale per migliorare il benessere del nostro Paese.

In passato la sicurezza è stata vissuta, anche nel mondo del lavoro, come un compito, un adempimento aggiuntivo imposto dalla legge.

Negli ultimi anni, invece, è stato fatto un ottimo lavoro per cambiare approccio, con la finalità che tutti gli attori coinvolti facciano “squadra” tra loro, ciascuno secondo i rispettivi profili di competenza. Sono state scritte delle regole nuove per coniugare le necessità di chi progetta con chi poi dovrà intervenire per garantire la sicurezza antincendio.

Nel nostro Paese esiste, infatti, un sistema virtuoso, e non riscontrato in altri Stati, in materia di prevenzione incendi, secondo cui le norme vengono scritte da chi si occupa degli interventi di soccorso tecnico ovvero dal Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco (C.N.VV.F.).

Al fine di semplificare e razionalizzare queste regole mediante l’utilizzo di un nuovo approccio metodologico più aderente al progresso tecnologico e agli standard internazionali, è stato emanato il d.m. 3 agosto 2015, conosciuto come Codice di prevenzione incendi, che rappresenta una rivoluzione nel panorama normativo italiano in tale materia.

Il Codice è un unico testo organico e sistematico con un approccio normativo meno prescrittivo e più prestazionale rispetto al passato, che ha lo scopo di ridurre il ricorso al procedimento di deroga nella progettazione e di avere un’applicazione uniforme delle misure antincendio su tutto il territorio nazionale. In tale contesto, si inserisce la progettazione della sicurezza antincendio quale metodo di individuazione di soluzioni tecniche finalizzate al raggiungimento degli obiettivi primari della prevenzione incendi, vale a dire la salvaguardia della vita umana, l’incolumità delle persone e la tutela dei beni e dell'ambiente. Con il nuovo approccio normativo, il progettista assume piena responsabilità in merito alla valutazione del rischio di incendio.

Diventa necessario garantire, tramite la documentazione progettuale, l'appropriatezza degli obiettivi di sicurezza antincendio perseguiti, delle ipotesi di base, dei dati di ingresso, dei metodi, dei modelli, degli strumenti normativi selezionati ed impiegati a supporto della progettazione.

Al progettista è data la possibilità di utilizzare dei metodi basati su norme o documenti tecnici adottati da organismi nazionali, europei o internazionalmente riconosciuti nel settore della sicurezza antincendio. Inoltre è sempre più diffuso l’approccio ingegneristico denominato “Fire Safety Engineering”, che consiste nel quantificare l’impatto di ogni soluzione tecnica sull’evoluzione dell’incendio, al fine di progettare soluzioni che siano maggiormente proporzionate al rischio reale.

Altri metodi di progettazione riguardano soluzioni che prevedono l’impiego di prodotti o tecnologie di tipo innovativo, frutto del costante progresso tecnologico.

Infine, si può fare ricorso a prove sperimentali in scala reale o in scala rappresentativa oppure al “giudizio esperto” fondato sui principi di prevenzione incendi e sul bagaglio di conoscenze di soggetti esperti del settore della sicurezza antincendio.

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Indice
Prefazione
Introduzione
Aspetti normativi
La gestione delle emergenze nel d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 e s.m.i.
Organizzazione del cantiere ai fini antincendio
1. Individuazione delle possibili fonti di rischio incendio ed esplosione
1.1 Materiali combustibili e infiammabili in edilizia
1.1.1 Materiali combustibili solidi
1.1.2 Sostanze infiammabili liquide
1.1.3 Prodotti combustibili gassosi
1.2 Rischio elettrico
1.2.1 Incendi di origine elettrica
1.2.2 Principali tipologie di guasto
1.2.3 Alcune conseguenze delle principali tipologie di guasto
1.2.4 Impianto elettrico di cantiere
1.2.5 Gruppi generatori funzionanti in isola o come riserva
1.2.6 Luoghi conduttori ristretti
1.2.7 Protezione contro i fulmini
1.3 Lavori a caldo
1.3.1 Saldatura e taglio
1.3.2 Posa a caldo di manti di impermeabilizzazione (guaina bituminosa)
1.4 Lavorazioni con uso di materiale esplosivo da cantiere
1.5 Altre cause d’incendio ed esplosione
2. Individuazione delle principali misure di prevenzione e protezione
2.1 Misure di prevenzione e protezione in funzione delle sostanze depositate o in lavorazione
2.2 Gestione dell’accentramento di sostanze depositate o in lavorazione all’interno del cantiere
2.3 Stoccaggio ed uso di gas compressi e liquefatti e di liquidi infiammabili
2.4 Depositi di rifiuti combustibili o infiammabili
2.5 Gestione delle lavorazioni con sorgenti di fonte di calore
2.6 Il permesso per i lavori a caldo
2.7 Riduzione dei pericoli causati dalla presenza di materiali combustibili o infiammabili
2.8 Gestione delle lavorazioni con utilizzo di materiale esplosivo
2.9 Gestione di incendi in presenza di amianto
3. Rischi aggiuntivi indotti dai cantieri di ristrutturazione e manutenzione
3.1 Lavori di scavo in prossimità di tubazioni del gas e cavi di energia elettrica preesistenti
3.2 Lavori che prevedano utilizzo di fiamme libere, solventi infiammabili, detergenti, coloranti, ecc.
3.3 Stoccaggio di materiali infiammabili
3.4 Rischio correlato alla presenza di materiali contenenti amianto
3.5 Lavori in edifici sottoposti a tutela
4. Attività soggette ai controlli di prevenzione incendi
4.1 Gli adempimenti amministrativi
4.2 Regole tecniche di riferimento
Attività 3 e 4 - Depositi di gas infiammabili in recipienti mobili e in serbatoi fissi
Attività 5 - Depositi di gas comburenti
Attività 13 punto 13.1 - Contenitori distributori rimovibili e non di carburanti liquidi fino a 9 m3 con punto di infiammabilità > 65 °C
Attività 34 - Depositi di carta, cartoni e prodotti cartotecnici, archivi di materiale cartaceo
Attività 36 - Depositi di legnami e di altri prodotti affini
Attività 49 - Gruppi per la produzione di energia elettrica sussidiaria
Attività 66 - Dormitori con oltre 25 posti letto
Attività 74 - Impianti per la produzione di calore alimentati a combustibile solido, liquido o gassoso con potenzialità superiore a 116 kW
Attività 75 - Autorimesse di superficie complessiva superiore a 300 m2
5. La gestione della sicurezza antincendio nei cantieri
5.1 Progettazione della GSA nei cantieri edili
5.2 Cantieri di dimensioni ordinarie
5.2.1 Esempio 1
5.2.2 Esempio 2
5.3 Cantieri di grandi dimensioni
5.4 Osservazioni
Focus - Notre Dame de Paris
Introduzione
Cronaca dell’incendio
Possibili cause dell’incendio
Fattori rilevanti
Determinazione dei danni
Sicurezza strutturale post incendio
Conclusioni
Focus - Cappella Guarini Duomo di Torino
Introduzione
Dal procedimento penale
Dal rapporto dei VV.F. di Torino intervenuti
Conclusioni
Focus - Realizzazione in opera di una pila di un ponte
Introduzione
Le indagini
La dinamica dell’evento
Piano Operativo di Sicurezza
Formazione ed informazione del personale
Conclusioni
Bibliografia
Fonti immagini

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Fonte: INAIL

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Comunicazione di infortunio | Aggiornamento dei servizi online

ID 12742 | | Visite: 2238 | News Sicurezza

Comunicazione infortunio Aggiornamento dei servizi online

Comunicazione di infortunio, Denuncia/comunicazione di infortunio e di malattia professionale | Aggiornamento dei servizi online

INAIL, 03.02.2021

Dal 3 febbraio 2021 i servizi online sono disponibili anche per rider, assicurati Puc, lavoratori agili, studenti impegnati in attività di alternanza scuola-lavoro.

Dal 3 febbraio 2021, in caso di infortunio o malattia professionale, è possibile inserire, nella compilazione dei relativi applicativi online (Comunicazione e Denuncia/Comunicazione di infortunio, Denunce di malattia professionale e di silicosi/asbestosi) o nel file da inviare, i riferimenti alle seguenti categorie di lavoratori: rider, beneficiario reddito di cittadinanza (RdC) in attività nell’ambito dei Progetti utili alla collettività (polizza Assicurati Puc), lavoratore agile, studente impegnato in attività di alternanza scuola-lavoro.

I dettagli delle modifiche in argomento sono consultabili nel file “Cronologia delle versioni” di ciascun servizio online presente, insieme alle nuove versioni della documentazione tecnica e del manuale utente, nelle pagine informative dei predetti servizi.

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Comunicazione di infortunio

La "Comunicazione di infortunio" deve essere inoltrata dal datore di lavoro all'Inail in caso di infortuni sul lavoro dei lavoratori, dipendenti o assimilati, che siano prognosticati guaribili entro tre giorni escluso quello dell’evento. Per gli infortuni con prognosi oltre tre giorni, escluso quello dell'evento, è necessario inoltrare la "Denuncia/comunicazione di infortunio" (area prestazioni).

Si ricorda che, nel caso di datori di lavoro di soggetti non assicurati con Inail, l’obbligo di inoltro della comunicazione di infortunio scaturisce a prescindere dal numero dei giorni di prognosi, ovvero da un periodo inferiore a tre giorni, escluso il giorno dell’evento, fino al decesso del lavoratore.

Comunicazione di infortunio telematica - manuale utente V 1.4

Denuncia infortunio

La "Denuncia/comunicazione di infortunio" deve essere inoltrata dal datore di lavoro all'Inail in caso di infortuni sul lavoro dei lavoratori, dipendenti o assimilati, che siano prognosticati non guaribili entro tre giorni escluso quello dell’evento. Per gli infortuni con prognosi di almeno un giorno, escluso quello dell'evento, è necessario inoltrare la "Comunicazione di infortunio" (area prevenzione).

Manuale denuncia/comunicazione di infortunio telematica 1.21

Denuncia malattia professionale

Manuale denuncia di malattia professionale V 1.10

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Fonte: INAIL

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Apparecchi di sollevamento persone - Ponti sospesi e relativi argani

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Apparecchi di sollevamento persone

Apparecchi di sollevamento persone - Ponti sospesi e relativi argani

ID 12738 | 02.02.2021 / In allegato

I ponti sospesi e relativi argani rientrano tra le attrezzature di lavoro soggette al regime di verifica periodica previsto dall'art. 71 del d.lgs. 81/08.

La pubblicazione illustra nel dettaglio le fasi tecniche della prima verifica periodica dei ponti sospesi e relativi argani, così come indicate al d.m 11 aprile 2011, e le modalità di compilazione della relativa scheda e del verbale di prima verifica al fine di fornire strumenti utili e riferimenti per uniformità di comportamento sia ai tecnici delle strutture territoriali dell'Istituto, soggetto titolare di questo adempimento, sia a quelli dei soggetti abilitati.

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Indice
1. Introduzione
2. Comunicazione di messa in servizio e immatricolazione di ponti sospesi e relativi argani
3. Richiesta di prima verifica periodica
4. Campo d’applicazione
4.1 Riferimenti normativi e loro evoluzione nel tempo
4.2 Scheda tecnica ponti sospesi e relativi argani
4.3 Verbale di prima verifica periodica ponti sospesi e relativi argani
Appendice - Liste di controllo
Appendice - Documentazione
Appendice - Tabelle di regime di collaudo e verifica ante d.m 11 aprile 2011

Fonte: INAIL 2021

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Circolare Ministero della Salute n. 3787 del 31 gennaio 2021

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Circolare Ministero della Salute n  3787 del 31 gennaio 2021

Circolare Ministero della Salute n. 3787 del 31 gennaio 2021

OGGETTO: Aggiornamento sulla diffusione a livello globale delle nuove varianti SARSCoV2, valutazione del rischio e misure di controllo.

Facendo seguito a quanto indicato nella circolare n.644 dell’08/01/2021 “Indicazioni operative relative al rischio di diffusione di nuove varianti SARS-CoV2 in Unione europea/Spazio Economico Europeo (UE/SEE): misure di prevenzione per i viaggiatori e sorveglianza di laboratorio”, e considerando l’evoluzione della situazione epidemiologica, le nuove evidenze scientifiche e le indicazioni pubblicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC), si forniscono aggiornamenti sulla diffusione delle nuove varianti SARS-CoV-2 a livello globale, sulla valutazione del rischio e sulle misure di controllo raccomandate.

Situazione epidemiologica

Variante VOC 202012/01, Regno Unito

La variante definita VOC - Variant of Concern - 202012/01, emersa nel Sud del Regno Unito e dichiarata emergente nel dicembre 2020, è attualmente la variante predominante nel Regno Unito. Al 25 gennaio 2021, 70 paesi hanno riportato casi importati o trasmissione comunitaria di tale variante. (Figura 1)

Figura 1

Nel Regno Unito, l'incidenza dei casi di COVID-19 è aumentata dall'inizio di dicembre 2020 fino al raggiungimento di un picco all'inizio di gennaio 2021; dall'11 al 24 gennaio è stata osservata quindi una tendenza decrescente, a seguito dell'implementazione di rigorose misure di controllo sanitarie e di distanziamento sociale. Anche in Danimarca, Irlanda e Paesi Bassi, dove è stata riportata trasmissione comunitaria di VOC 202012/01, sono state segnalate riduzioni simili nell'incidenza.

La variante VOC 202012/01 presenta una delezione nel gene S della proteina spike e ciò può far sì che alcuni test RT-PCR su un unico target genico S producano un risultato negativo; tuttavia poiché per il rilevamento del virus tale gene non è generalmente utilizzato da solo, è improbabile che ciò causi un risultato falso negativo per SARS-CoV-2.

Nel Regno Unito e in Irlanda del Nord la variante VOC 202012/01 ha dimostrato di avere una maggiore trasmissibilità rispetto alle varianti circolanti in precedenza. Studi preliminari suggeriscono una maggiore gravità della malattia, tuttavia per confermare questo dato sono necessarie ulteriori analisi.

Al momento non ci sono evidenze di una significativa differenza nel rischio di reinfezione rispetto agli altri ceppi virali circolanti. Sono in corso studi per valutare l’effetto di questa variante sull’efficacia vaccinale, che sembrerebbe limitatamente e non significativamente ridotta, sebbene siano necessari ulteriori studi per ottenere risultati definitivi.

Variante 501Y.V2, Sudafrica

La variante 501Y.V2 è stata identificata per la prima volta in Sud Africa nel dicembre 2020, dove è attualmente la variante più diffusa. Alla data del 25 gennaio 2021 è stata riportata in 31 paesi (Figura 2). In Sud Africa i casi settimanali sono aumentati dai primi di novembre, e hanno raggiunto un picco ai primi di gennaio. Nelle ultime due settimane il trend è decrescente.

Figura 2

Tale variante ha mutazioni multiple nella proteina spike, comprese tre mutazioni all’interno del dominio legante il recettore. Non si conosce l’impatto di questa variante sull’efficacia dei test diagnostici.

Dati preliminari indicano che anche questa variante possa essere caratterizzata da maggiore trasmissibilità; mentre al momento non è chiaro se provochi differenze nella gravità della malattia. Sono in corso studi sulla maggiore frequenza di reinfezioni, in quanto la variante 501Y.V2 potrebbe sfuggire alla risposta anticorpale neutralizzante provocata da una precedente infezione naturale.

Studi preliminari in vitro hanno evidenziato una riduzione dell'attività neutralizzante contro le varianti VOC SARS-CoV-2 nelle persone vaccinate con i vaccini Moderna o Pfizer-BioNTech rispetto alle varianti precedenti ma i dati per ora sono contrastanti.

Variante P.1, Brasile

La variante P.1 è stata per la prima volta segnalata dal Giappone il 10/01/2021 in 4 viaggiatori in arrivo dal Brasile, e successivamente identificata anche in Corea del Sud in viaggiatori provenienti dal Brasile. Alla data del 25 gennaio 2021 la variante P.1 è stata segnalata in 8 paesi, compresa l’Italia (Figura 3). In Brasile il numero di nuovi casi settimanali nelle ultime due settimane è riportato a livelli più elevati rispetto a quello da settembre a novembre 2020, e dall’inizio di novembre sono aumentati i decessi.

Figura 3

La variante “Brasiliana” non è strettamente correlata alle varianti 501Y.V2 e VOC 202012/01 ed ha 11 mutazioni della proteina spike, 3 delle quali si trovano nel dominio legante il recettore. Non è stato riportato alcun effetto della variante sui test diagnostici, e non presenta delezioni nel gene S.

Indagini preliminari condotte a Manaus, nello Stato di Amazonas, riportano un aumento della percentuale di casi identificati come variante P.1, dal 52,2% (35/67) nel dicembre 2020 all'85,4% (41/48) nel gennaio 2021, evidenziando la trasmissione locale in corso e suggerendo una potenziale maggiore trasmissibilità o propensione alla reinfezione.

Non sono disponibili evidenze sulla gravità della malattia, sulla frequenza delle reinfezioni e sull’efficacia del vaccino.

Gli aggiornamenti sulla diffusione delle varianti sono pubblicati dall’OMS nei rapporti epidemiologici settimanali consultabili al seguente link: https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/situation-reports

Valutazione del rischio

Secondo l’OMS l’emergenza di nuove varianti sottolinea l’importanza, per chiunque, compresi coloro che hanno avuto l’infezione o che sono stati vaccinati, di aderire rigorosamente alle misure di controllo sanitarie e socio-comportamentali.

L’ECDC ritiene molto alta la probabilità di introduzione e diffusione in comunità nei paesi dell’UE/SEE delle varianti di SARS-CoV-2, in particolare della variante SARS-CoV-2 VOC 202012/01.

L'impatto dell'introduzione e della diffusione in comunità delle varianti di SARS-CoV-2, e in particolare della variante VOC 202012/01, nei paesi UE/SEE è ritenuto alto.

Azioni di risposta

Ricerca e Gestione dei contatti (contact tracing)

Al fine di limitare la diffusione di nuove varianti, si riportano di seguito le indicazioni per implementare le attività di ricerca e gestione dei contatti dei casi COVID-19 sospetti per infezione da variante (ad esempio casi COVID-19 confermati con delezione del gene S riconducibili a variante VOC 202012/01, o qualsiasi caso confermato con link epidemiologico) e dei casi COVID-19 confermati, in cui il sequenziamento ha rilevato la presenza delle specifiche mutazioni che caratterizzano una determinata variante. Queste indicazioni, limitatamente ai casi sopra descritti, aggiornano e integrano quanto indicato nelle circolari n. 18584 del 29/05/2020 e 32850 del 12/10/2020.

a- Dare priorità alla ricerca e alla gestione dei contatti di casi COVID-19 sospetti/confermati da variante e identificare tempestivamente sia i contatti ad alto rischio (contatti stretti) che quelli a basso rischio 5 di esposizione.
b- Effettuare la ricerca retrospettiva dei contatti, vale a dire oltre le 48 ore e fino a 14 giorni prima dell’insorgenza dei sintomi del caso, o di esecuzione del tampone se il caso è asintomatico, al fine di identificare la possibile fonte di infezione ed estendere ulteriormente il contact tracing ai casi eventualmente individuati.
c- Eseguire un test molecolare ai contatti (sia ad alto che a basso rischio) il prima possibile dopo l’identificazione e al 14° giorno di quarantena, al fine consentire un ulteriore rintraccio di contatti, considerando la maggiore trasmissibilità delle varianti.
d- Non interrompere la quarantena al decimo giorno.
e- Comunicare ai contatti l’importanza, nella settimana successiva al termine della quarantena, di osservare rigorosamente le misure di distanziamento fisico, di indossare la mascherina e in caso di comparsa di sintomi isolarsi e contattare immediatamente il medico curante.
f- Se un contatto di caso COVID 19 con infezione da variante sospetta/confermata risulta sintomatico al momento dell’identificazione o se sviluppa sintomi durante il follow-up, il contatto deve eseguire tempestivamente un test molecolare e devono iniziare immediatamente le attività di contact tracing anche prima della conferma del risultato.
g- Comunicare ai contatti stretti ed ai loro conviventi l’importanza di un corretto svolgimento della quarantena sottolineando la maggiore trasmissibilità delle varianti e l’importanza di questa misura di sanità pubblica nel limitarne la diffusione, e per i conviventi, l’importanza di rispettare rigorosamente e costantemente le misure di distanziamento fisico, di indossare la mascherina e in caso di comparsa di sintomi isolarsi contattando immediatamente il medico curante.
h- Comunicare ai contatti in attesa dell’esito del tampone, di informare tempestivamente, a loro volta, i loro contatti stretti e di raccomandare loro il rispetto rigoroso delle misure precauzionali (distanziamento fisico/utilizzo mascherine).

Preparadness laboratori e definizione delle priorità di sequenziamento

L'isolamento virale delle varianti di SARS-CoV-2 deve essere effettuato nei laboratori P3 (livello di biosicurezza 3) per prevenire la diffusione accidentale di una variante attraverso l'esposizione in laboratorio. La preparadness dei laboratori è una priorità: i laboratori devono garantire la disponibilità di risorse umane e materiali per gestire il numero crescente di richieste di rilevamento e caratterizzazione di campioni SARS-CoV-2 e aumentare la capacità di sequenziamento sfruttando tutta la capacità di sequenziamento possibile da laboratori clinici, diagnostici, accademici e commerciali.

La selezione dei campioni per un'efficace sorveglianza genomica deve essere rappresentativa della popolazione (provenienza geografica e distribuzione per età). Se le capacità sono limitate, è necessario indirizzare lo sforzo verso situazioni in cui c'è il sospetto di una variante ad elevata trasmissibilità, o che determini maggiore gravità.

L’ECDC raccomanda di sequenziare almeno circa 500 campioni selezionati casualmente ogni settimana a livello nazionale, con le seguenti priorità:

1. individui vaccinati contro SARS-CoV-2 che successivamente si infettano nonostante una risposta immunitaria al vaccino;
2. contesti ad alto rischio, quali ospedali nei quali vengono ricoverati pazienti immunocompromessi positivi a SARS-CoV-2 per lunghi periodi;
3. casi di reinfezione;
4. individui in arrivo da paesi con alta incidenza di varianti SARS-CoV-2;
5. Aumento dei casi o cambiamento nella trasmissibilità e/o virulenza in un’area;
6. Cambiamento nelle performance di strumenti diagnostici o terapie;
7. Analisi di cluster, per valutare la catena di trasmissione e/o l'efficacia di strategie di contenimento dell'infezione.

Fonte: Ministero della Salute

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Decreto 20 gennaio 2021 | PA smart working

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Decreto 20 gennaio 2021 PA smart working

Decreto 20 gennaio 2021 | PA smart working

Proroga delle misure per il lavoro agile nella pubblica amministrazione nel periodo emergenziale.

(GU n.23 del 29.01.2021)

...

Art. 1. Proroga delle disposizioni di cui al decreto 19 ottobre 2020

1. Le disposizioni di cui al decreto del Ministro per la pubblica amministrazione 19 ottobre 2020, di cui in premessa, sono prorogate fino al 30 aprile 2021.

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 2871 | 25 Gennaio 2021

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Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 25 gennaio 2021 n. 2871

Mutilazione della mano dell'addetto alla linea impianti. Mancanza di un dispositivo di sicurezza con autonomo sistema di bloccaggio della macchina listellatrice

Penale Sent. Sez. 4 Num. 2871 Anno 2021
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: FERRANTI DONATELLA
Data Udienza: 13/01/2021

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Trieste, ha confermato la condanna di B.T., pronunciata dal Tribunale di Udine il 28.01.2019, in ordine al reato contestato in rubrica per avere, quale consigliere delegato della Fantoni s.p.a., con sede in Osoppo, zona industriale Rivoli, per colpa generica e specifica, in particolare, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui all'art. 70 comma 2 e 71 comma l in riferimento all'allegato V parte I punti 6.1 e 6.3 del TU 81/2008, causato all'operaio F.A. lesioni personali gravissime, dalle quali derivava la mutilazione della mano destra e comunque una malattia per un tempo superiore a 40 giorni. In particolare l'incolpazione descrive che mentre F.A., lavoratore addetto alla linea impianti e carrellista presso il reparto levigatura Plaxilo 4 e 5, accedeva all'interno dell'area segregata della macchina listellatrice e cercava di estrarre dei listelli posti sul piano di avanzamento, rimaneva bloccato con entrambe le mani sotto la colonna di ferro che costituiva la guida per lo scorrimento della lama, lama che compiendo il proprio stato di avanzamento gli causava le lesioni sopra descritte.
Al datore di lavoro si contesta di non aver adottato le misure necessarie e le cautele tecniche ed organizzative affinchè l'area pericolosa in relazione alla presenza della lama circolare fosse sprovvista di dispositivo antiblocco collegato con gli organi della messa in moto e di movimento atto ad impedire l'apertura delle porte quando la macchina era in moto o a provocarne l'arresto all'atto dell'apertura delle stesse; l'area segregata inoltre era apribile con la chiave che per prassi era inserita nella serratura posta sulla porta del cancello d'ingresso.
2. L'infortunio secondo la ricostruzione del Tribunale e della Corte di appello si era verificato secondo la dinamica di seguito descritta che tiene conto della relazione delle dichiarazioni della parte offesa dei lavoratori dipendenti e dell'ufficiale di Polizia Giudiziaria intervenuto sui luoghi dell'infortunio oltre che della consulenza tecnica d'ufficio.
Il giorno 30.05.2013 F.A. si era approssimato all'area destinata al taglio dei pannelli al fine di rimuovere i residuati a seguito delle precedenti lavorazioni, aveva trovato la porta aperta e ciò lo aveva indotto a ritenere che la macchina listellatrice fosse in posizione modalità manuale; allorchè aveva messo la mano sotto il pressore per rimuovere gli scarti la fotocellula della macchina si era avviata automaticamente, il pressore aveva bloccato il braccio destro e la lama da taglio gli aveva amputato l'avambraccio. Si era accertato che la macchina listellatrice era munita di sega circolare deputata al taglio dei pannelli di legno e che, all'epoca dei fatti, solo la modalità manuale con privazione della corrente scongiurava il rischio di attivazione della lama; non era stata prevista una procedura specifica che impedisse l'accesso alle zona pericolosa o comunque arrestasse i movimenti pericolosi prima dell'accesso e comunque un dispositivo di blocco collegato con gli organi di messa in moto e di movimento dell'attrezzatura si da impedire l'avviamento dell'attrezzatura di lavoro se il riparo non era nella posizione di chiusura.
La Corte territoriale riteneva sussistente il profilo di colpa specifica in capo al titolare della posizione di garanzia e il nesso causale con l'evento-infortunio in quanto, affermava, che se fossero stati adottati idonei dispositivi atti ad garantire un dispositivo di sicurezza con autonomo sistema di bloccaggio non rimesso di fatto alla diligente iniziativa del lavoratore che doveva azionare la posizione manuale, l'infortunio non si sarebbe verificato.
3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo dei difensori di fiducia, l'imputato chiedendo l'annullamento con rinvio e articolando i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge e in particolare dell'art. 522 cod.proc.pen. considerato che nel capo di imputazione la contestazione riguardava il profilo di colpa specifica della mancata predisposizione dell'interblocco mentre nella motivazione della sentenza di primo grado confermata in appello si è fondata la responsabilità penale con riferimento alla errata o mancata predisposizione del DVR.
3.2. Violazione di legge e in particolare del principio devolutivo dell'appello in relazione al punto della sentenza di primo grado che riteneva valida ed efficace la delega di funzioni; lamenta che è stato devoluto alla Corte d'Appello non la questione relativa alla validità della delega ma quello della responsabilità del B.T., nonostante la validità della delega ritenuta dal primo Giudice.
3.3. Vizio della motivazione per manifesta illogicità relativamente alla ritenuta non validità della delega conferita a Z. il 15.03.2013, sia pure denominata formalmente procura speciale, che di fatto conferiva l'incarico relativo alla sicurezza della salute e sul lavoro, mediante l'elencazione di compiti specifici ed autonomia di spesa pari ad euro 170.000,00 riferibile sia alla materia ambientale che a quella della sicurezza sul lavoro. Risulta inoltre provato che il Z. ha, a sua volta, subdelegato una serie di attività di monitoraggio del rispetto delle condizioni di sicurezza a M.ZI., quale responsabile dell'organizzazione della produzione.
3.4. Vizio per omessa e illogica motivazione sul punto riguardante la mancata apposizione del meccanismo di interblocco, unitamente alla mancata verifica del rispetto della procedura di consegna della chiave di accesso alla zona segretata del macchinario: si trattava di modalità esecutive di dettaglio dell'organizzazione più che di scelte gestionali riferibili all'imputato.
Inoltre, deduce che il DVR era stato redatto dopo un approfondimento effettuato da un gruppo di esperti che non hanno quindi valutato adeguatamente i profili di rischio e non hanno segnalato alcuna miglioria da apportare all'organizzazione in materia di rischi sul lavoro. La Corte territoriale non ha riconosciuto I' affidamento incolpevole del ricorrente, impossibilitato a verificare di persona ciascun macchinario della società e che perciò aveva delegato la verifica concreta dei presidi di sicurezza ad un team di esperti.
3.5. Contraddittorietà e illogicità della motivazione relativamente al mancato accoglimento della tesi del Consulente tecnico della difesa circa la conformità del riparo alla normativa vigente, in quanto sulla base della Direttiva Uni Em 953 la predisposizione di un meccanismo di interblocco è obbligatoria solo nel caso in cui la frequenza di accesso al macchinario fosse stata alta, cosa che non è stata dimostrata nel caso di specie.

Considerato in diritto

1.Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato oltre che ripetitivo di una doglianza contenuta nei motivi di appello cui la Corte territoriale ha dato congrua risposta a fol 6 e 7. Sussiste violazione del principio di correlazione della sentenza all'accusa formulata quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell'addebito nei confronti dell'imputato, posto, così, di fronte - senza avere avuto alcuna possibilità di difesa - ad un fatto del tutto nuovo (Sez. 3, n. 9916 del 12/11/2009, Rv.246226; Sez. 3, n. 818 del 6/12/2005, Rv.233257; Sez.6, n.21094 del 25/02/2004, Rv. 229021; Sez. 3, n. 3471 del 9/02/2000, Rv. 216454; Sez. 4, n. 9523 del 18/09/1997, Rv.208784;Sez. 6, n. 10362 del 30/09/1997, Rv.208872). Il fatto, di cui agli artt. 521 e 522 c.p.p., va poi definito come l'accadimento di ordine naturale dalle cui connotazioni e circostanze soggettive ed oggettive, geografiche e temporali, poste in correlazione tra loro, vengono tratti gli elementi caratterizzanti la sua qualificazione giuridica. Per fatto diverso deve, perciò, intendersi un dato empirico, fenomenico, un accadimento, un episodio della vita umana, cioè la fattispecie concreta e non la fattispecie astratta, lo schema legale nel quale collocare quell'episodio della vita umana (Sez. 1, n. 28877 del 4/06/2013, Rv. 256785; Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Rv. 205619). La violazione del suddetto principio postula, quindi, una modificazione - nei suoi elementi essenziali - del fatto, inteso appunto come episodio della vita umana, originariamente contestato. Si ha, perciò, mancata correlazione tra fatto contestato e sentenza quando vi sia stata un'immutazione tale da determinare uno stravolgimento dell'imputazione originaria (Sez. U., n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051).
Con riferimento ai reati colposi, po i è stato dal giudice di legittimità affermato che, ove siano stati contestati elementi generici e specifici di colpa, la sostituzione o l'aggiunta di un profilo di colpa rispetto ai profili contestati nell'originaria imputazione, non determina alcuna immutazione del fatto, e dunque nessuna modifica della stessa ai fini dell'obbligo di contestazione suppletiva di cui all'art. 516 c. p. p. e dell'eventuale ravvisabilità, in carenza di valida contestazione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell'art. 521 stesso codice. Ciò perché il riferimento alla colpa generica evidenzia che la contestazione riguarda la condotta dell'imputato globalmente considerata, sicché egli è in grado di difendersi relativamente a tutti gli aspetti del comportamento tenuto in occasione dell'evento di cui è chiamato a rispondere in ragione della posizione di garanzia allo stesso riconosciuta.
1.1. Orbene, nel caso di specie, la connotazione specifica del fatto, contestato anche sotto il profilo generico della "negligenza", è rimasta del tutto inalterata, e con riferimento ad esso, rimasto immutato, l'odierno ricorrente ha certo avuto la possibilità di esercitare proficuamente il proprio diritto di difesa, essendo state chiaramente enucleate le responsabilità di chi quale titolare della posizione di garanzia aveva effettuato anche una grave sottovalutazione del rischio concreto e non aveva previsto una corretto e doveroso sistema di protezione e sicurezza nel documento di valutazione dei rischi prevedendo un sistema di bloccaggio del macchinario autonomo e non rimesso alla diligente iniziativa del singolo lavoratore che poteva come nel caso di specie rimanere vittima eventualmente anche della sua stessa imprudenza.
2. Il secondo motivo è infondato. Va osservato che questa Corte anche con pronunce a Sezioni unite ( Sez.U n.1 del 1996 rv 203096; Sez.1 n.2809 del 18.02.1998 rv 210039;Sez.6 n.40625 dell0S.10.2009 rv.245288) ha più volte ribadito che l'effetto devolutivo dell'appello è connesso ai punti della decisione non alle questioni che vi si dibattono; per regola generale al giudice di appello è attribuita la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione impugnata ai quali si riferiscono i motivi proposti, non è certo inibito al giudice, nell'ambito di quel punto, assumere decisioni che vanno al di là di quanto richiesto nei motivi stessi. Ed entro il limite suddetto il giudice della cognizione di appello non incontra riduzioni alla radice. Nel caso di specie è stato devoluto al giudice di appello il tema della responsabilità per colpa, un punto autonomo e complessivo nel cui ambito rientrano certamente i tutti i vari profili connessi alla posizione di garanzia, alla efficacia della delega, alla violazione delle misure di sicurezza e di prevenzione degli infortuni sul lavoro, al nesso di causa. Come già affermato da questa Corte nell'ambito del giudizio sulla responsabilità per reato colposo il giudice di appello ha il potere dovere di indagare su tutti gli elementi di colpa contestati al prevenuto compresi quelli sui quali il precedente giudizio era stato a lui favorevole dovendo considerarsi gli accertamenti relativi a detti elementi attinenti a profili particolari della condotta dell'agente come argomentazione logica e non punti autonomi della decisione (Sez. 4 del 25.10.2007 n.47158 ).
3. Il terzo motivo è manifestamente infondato oltre che ripetitivo della doglianza esposta in appello cui la Corte territoriale ha dato ampia ed esauriente risposta da fol 9 a14.
La Corte territoriale facendo corretta applicazione dei principi più volte affermati in sede di legittimità in tema di delega di funzioni in materia di compiti antinfortunistici da parte del datore di lavoro ha evidenziato che, nel caso concreto, l'atto è intestato formalmente "procura speciale", ha un ambito squisitamente produttivo/organizzativo in favore del Direttore di produzione-divisione pannelli e divisione colla, chiamato ad una personale responsabilità di gestione e manutenzione con riguardo ai processi tecnologici organizzativi e alle risorse umane. In aggiunta, al procuratore speciale era affidato il compito di porre in atto le politiche aziendali relative alla sicurezza predisposte dal Consigliere delegato, cioè il B.T., ponendo in esser una serie di attività esecutive, elencate a fol 11, quali l'attività di monitoraggio, di osservazione, di vigilanza, segnalazione e suggerimento che sono palesemente di supporto al datore di lavoro che però non si spoglia delle proprie responsabilità. Mancava, osserva correttamente la Corte territoriale il requisito dell'autonomia decisionale e organizzativa del delegato il quale, invece, nel caso di specie poteva solo proporre interventi per il mantenimento e il miglioramento della sicurezza.
4. Il quarto e il quinto motivo, che possono essere trattati congiuntamente, sono infondati, al limite della inammissibilità, anche perchè ripropongono censure sostanzialmente già oggetto dei motivi di appello e ritenute infondate in maniera esaustiva dal giudice del gravame e presentano un difetto palese di correlazione e critica argomentativa con le ragioni esplicitate nella sentenza impugnata ( Sez. 6 n.203777 del 11.03.2009 rv 243838).
La Corte territoriale ha articolato, con dovizia di argomenti fattuali logico-giuridici, una diffusa ricostruzione degli accadimenti, ricavata anche dalla dettagliata analisi del giudice di primo grado, individuando i seguenti puntuali addebiti di carattere omissivo: -non avere il datore di lavoro approntato tutta una serie di accorgimenti, previsti dalla normativa antinfortunistica in particolare dall'art. 70 comma 2 e 71 comma 1 in riferimento allegato V part I punto 6.1 e 6.3. del T.U 81/2008 che imponevano la predisposizione di dispositivi di sicurezza che impedissero il movimento delle lame nel caso di avvicinamento dell'operatore al macchinario, una volta aperta la porta presente su una delle barriere perimetrali; -non avere altresì previsto adeguatamente la grave situazione di rischio nel DVR, a fronte di una prassi operativa che consentiva l'accesso all'area circostante il macchinario, da parte di ciascun operatore, attraverso una porta, la cui chiave era di norma inserita nella toppa o comunque a disposizione in loco; formalizzata e controllata non avere previsto una procedura di sicurezza adeguatamente per l'accesso all'interno della gabbia che circondava il macchinario che garantisse l'interruzione dell'alimentazione elettrica prima di procedere alla operazioni di pulizia. Ciò, ribadisce la Corte territoriale, a fronte di una illimitata possibilità di accesso all'area di azione della sega circolare in relazione alla necessità di ripulitura al termine di ogni turno di lavorazione e comunque ad una frequenza di accessi alta che concretizzava un grave e specifico rischio con una evidente pericolosità la cui evitabilità era rimessa sostanzialmente solo alla diligente osservanza da parte del singolo operatore di una procedura non codificata, limitata alla predisposizione della modalità manuale ( fol 17).
5. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 13.01.2021

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Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 2871 Anno 2021.pdf
 
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Commissione tecnica per la classificazione dei lavori gravosi

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Commissione tecnica per la classificazione dei lavori gravosi

Commissione tecnica per la classificazione dei lavori gravosi

Ministero del Lavoro, 27 Gennaio 2021

Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, ha aperto il 27 Gennaio 2021 i lavori della Commissione tecnica incaricata di studiare la gravosità delle occupazioni.

La Commissione è presieduta dal Ministro del Lavoro e prevede la partecipazione del MEF, del Ministero della Salute, di Istat, Inail, Inps, nonché, naturalmente, dei rappresentanti delle parti sociali, proseguendo nella logica del dialogo e della concertazione che ha improntato sin dall'inizio l'azione di questo Dicastero.

L'obiettivo principale della commissione è quello di valutare l'impatto sull'aspettativa di vita di talune condizioni di lavoro per meglio analizzare e studiare le risposte previdenziali più adatte a specifiche categorie professionali.

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Fonte: MLPS

Linee guida gestione degli accessi in sicurezza in ambienti confinati

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Linee guida gestione degli accessi in sicurezza in ambienti confinati

Linee guida gestione degli accessi in sicurezza in ambienti confinati

Delibera SNPA n. 90/2020

La gestione della sicurezza nelle attività che possono richiedere l’accesso in ambienti confinati o con sospetto di inquinamento è stata oggetto di numerose pubblicazioni presentate da diversi Enti e Istituzioni, che hanno ampiamente ed approfonditamente trattato molti, se non tutti, gli argomenti tecnici ed operativi sul tema. Il presente documento si avvale, per tali aspetti, di dette pubblicazioni (elencate in bibliografia).

La parte innovativa del presente documento è riferita alle attività che devono svolgere il personale del Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (SNPA), Sistema istituito “Al fine di assicurare omogeneità ed efficacia all'esercizio dell'azione conoscitiva e di controllo pubblico della qualità dell'ambiente a supporto delle politiche di sostenibilità ambientale e di prevenzione sanitaria a tutela della salute pubblica” (L. 132/2016), quindi con funzione di vigilanza, ispezione monitoraggio e controllo territoriale.

Il presente documento d’indirizzo, nato come lavoro del SNPA, ha lo scopo di definire secondo i criteri e prescrizioni del D.Lgs. 81/08 le linee comportamentali che i tecnici del SNPA devono tenere nel caso in cui ci si trovi di fronte ad attività che possono necessitare l’accesso ad ambienti confinati o con sospetto di inquinamento o a loro assimilabili. Il documento inoltre:

- individua i limiti d’intervento;
- esplicita i divieti;
- definisce le linee di indirizzo per le procedure operative/organizzative integrate e complete delle dotazioni strumentali e di DPI e DPC necessari;
- indica quando organizzare la gestione delle situazioni di emergenza;
- stabilisce le verifiche preliminari all’accesso eventuale a luoghi confinati o con sospetto di inquinamento o a loro assimilabili.

Propone i possibili contenuti della formazione sui rischi specifici dedicata ai Lavoratori / Preposti / Dirigenti del SNPA che per i componenti dei Servizi di Prevenzione e Protezione.

Il presente documento è stato realizzato nell'ambito delle attività programmate nel Piano operativo di dettaglio (POD) per le attività integrate di tipo strategico della RR TEM III/3 nel triennio 2018-2020.

Esso costituisce il prodotto atteso - lettera j), par. 3.4 del POD - sulla tematica della tutela della salute e sicurezza degli operatori del SNPA, che nell’esercizio delle attività istituzionali si trovino a dover accedere ad ambienti confinati o con sospetto di inquinamento o assimilabili (POD, paragrafo 1.1., punto n. 9).

Il lavoro è stato svolto dal tavolo di lavoro coordinato da ARPA Liguria e costituito da: ARPA Liguria, ARPA Emilia  Romagna, ARPA Piemonte, ARPA Toscana, AUSL Reggio Emilia; AUSL Toscana Sud-Est, INAIL oltre che da ISPRA.

Il documento finale dopo essere stato licenziato dal gruppo di lavoro è stato condiviso e approvato da tutti i referenti della RR TEM III/3.

I destinatari del documento sono i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, nonché i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti coinvolti a vario titolo nella gestione delle attività di vigilanza, monitoraggio e controllo ambientale, nell’ambito delle rispettive posizioni di garanzia e funzioni per la tutela della salute e sicurezza del personale impiegato.

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SOMMARIO
1. INTRODUZIONE
2. APPLICABILITÀ DELLA LEGISLAZIONE ALLE ATTIVITÀ DEL SNPA
3. DEFINIZIONE DI AMBIENTI CONFINATI E/O SOSPETTI DI INQUINAMENTO
3.1. Tipologie degli ambienti confinati o con sospetto di inquinamento
3.1.1. Percorso decisionale ambienti confinati o con sospetto di inquinamento o a questi assimilabili
3.1.2. Ambienti confinati o con sospetto di inquinamento o a loro assimilabili - esempi
3.2. Siti presidiati e non presidiati
3.2.1. Attività svolte in “luoghi presidiati”
3.2.2. Attività svolte in luoghi non presidiati
4. RISCHI LEGATI AGLI AMBIENTI CONFINATI O CON SOSPETTO DI INQUINAMENTO O A LORO ASSIMILABILI NELLE ATTIVITA’ DEL SNPA
4.1. “Soluzioni alternative” – eliminazione del rischio alla fonte
4.2. Situazioni Pericolose
4.2.1. Rischio di asfissia
4.2.2. Rischio da atmosfere sovra-ossigenate
4.2.3. Rischio di avvelenamento per inalazione o per contatto epidermico
4.2.4. Rischio di incendio ed esplosione
4.2.5. Altri rischi
4.2.6. Criticità legate al monitoraggio dell’atmosfera interna
4.3. ATTIVITÀ DEGLI OPERATORI SNPA
4.3.1. Attività ambientali in luoghi presidiati
4.3.2. Attività ambientali in luoghi non presidiati
4.3.3. Divieti
4.3.4. Verifiche ed ispezioni impiantistiche
4.3.5. Divieti
5. REQUISITI DEL PERSONALE
6. PROCEDURA DI ACCESSO IN AMBIENTE CONFINATO O CON SOSPETTO DI INQUINAMENTO O AD ESSI ASSIMILABILI
6.1. Premessa
6.2. I^ Fase conoscitiva
6.3. II^ Fase di preparazione
6.4. III^ Fase di lavoro
6.4.1. Compilazione lista di controllo
6.4.2. Svolgimento dell’attività all’interno dell’ambiente confinato e/o sospetto di inquinamento
7. I DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE E DI ALLARME
8. PROCEDURE DI EMERGENZA E SALVATAGGIO
8.1. Piano di emergenza
8.2. Gestione dell’emergenza
8.3. Mezzi e dispositivi di salvataggio
9. PROGRAMMI FORMATIVI
9.1. Programma per Dirigenti
9.2. Programma per i Preposti
9.3. Programma per lavoratori del SNPA
9.4. Programma per il personale del personale del Servizio Prevenzione e Protezione
10. GLOSSARIO
11. ACRONIMI
12. BIBLIOGRAFIA

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Fonte: SNPA

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Delibera SNPA n. 90 2020
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Documento CIIP sulla proposta di IV modifica Direttiva Cancerogeni

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Documento CIIP sulla proposta di IV modifica Direttiva Cancerogeni

Documento CIIP sulla proposta di IV modifica alla Direttiva Cancerogeni

CIIP, 21.01.2021

Il GdL CIIP sul Rischio Chimico e Cancerogeno (coord. dr. Carlo Sala) ha fatto alcune osservazioni sulla proposta della Commissione Europea (COM(2020) 571 final) di una quarta modifica della Direttiva 2004/37/CE, per la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro.

Per contribuire al miglioramento di tale proposta, nel documento allegato si articolano alcune osservazioni, che vengono di seguito sintetizzate:

1. La proposta, positivamente, inserisce in Allegato III i valori limite per due nuove sostanze o classi di tali sostanze (Acrilonitrile e composti del Nichel) e riduce il valore limite per il Benzene.
2. Tuttavia, essa non tiene sufficientemente in considerazione gli sviluppi delle conoscenze e della regolamentazione Europea sviluppata, ad esempio, nell’ambito dei Regolamenti REACH e CLP.
3. In particolare, il numero di sostanze o gruppi di sostanze considerate (meno di 30) è molto basso e non contempla nemmeno alcune di quelle già inserite nella Candidate List secondo il Regolamento REACH.
4. I limiti proposti talvolta non rappresentano i valori più bassi applicabili, già esistenti in taluni Paesi Membri o indicati da Agenzie internazionali. Inoltre talvolta la loro completa adozione è prevista in un intervallo di tempo estremamente lungo, con la possibilità che questo determini ulteriori inaccettabili casi di patologia neoplastica nei lavoratori esposti.
5. Nonostante le esplicite affermazioni nelle Direttive 2019/130 e 2019/983, le sostanze reprotossiche e taluni farmaci pericolosi riconosciuti come potenziali cancerogeni o mutageni, non sono state prese in considerazione, come sarebbe stato invece auspicabile, introducendole, rispettivamente, in Allegato III o in Allegato I della Direttiva 2004/37/CE.
6. La proposta non prende in esame l’esigenza di riesaminare la metodologia per stabilire valori limite, in modo che essi siano finalmente conformi a quanto previsto dall’art.168 dei Trattati. Si rileva, infatti, l’opportunità di definire due tipi di valore limite, Health Based (NOAEL, LOAEL, DNEL) o Risk Based, in funzione della esistenza o meno di chiare prove di valori di soglia per una determinata sostanza. In assenza di questa, il valore limite potrebbe essere determinato in modo da ridurre per quanto possibile il rischio definendo un intervallo, indipendente dalla sostanza, di predefinite probabilità di effetto.

Nel febbraio del 2017 CIIP ha rivolto ai parlamentari un'altra lettera sullo stesso tema (citata come All.1 a pag.3 del documento).

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Fonte: CIIP

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Risoluzione Parlamento europeo 21 gennaio 2021 - 2019/2181(INL)

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Diritto alla disconnessione

Risoluzione Parlamento europeo 21 gennaio 2021 - Diritto alla disconnessione

ID 12811 | 10.02.2021 / Documento in allegato

Risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2021 - 2019/2181(INL) Raccomandazioni alla Commissione sul diritto alla disconnessione

Il Parlamento europeo,

– visto l'articolo 225 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),

– visto l'articolo 153, paragrafo 2, lettera b), TFUE, in combinato disposto con l'articolo 153, paragrafo 1, lettere a), b) e i),

– vista la direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro,

– vista la direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale,

– vista la direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro,

– vista la direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione europea,

– vista la direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio,

– visti gli articoli 23 e 31 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (la "Carta"),

– visto il pilastro europeo dei diritti sociali, in particolare i principi 5, 7, 8, 9 e 10,

– viste le convenzioni e le raccomandazioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), in particolare la convenzione n. 1 sulla durata del lavoro (industria) del 1919, la convenzione n. 30 sulla durata del lavoro (commercio e uffici) del 1930, la raccomandazione n. 163 sulla contrattazione collettiva del 1981, la convenzione n. 156 concernente i lavoratori con responsabilità familiari del 1981 e la raccomandazione n. 165 che l'accompagna, nonché la dichiarazione del centenario dell'OIL per il futuro del lavoro del 2019,

– vista la Carta sociale europea riveduta del Consiglio d'Europa del 3 maggio 1996, in particolare l'articolo 2 (concernente il diritto ad eque condizioni di lavoro, compresi un orario di lavoro e periodi di riposo ragionevoli), l'articolo 3 (concernente il diritto a condizioni di lavoro sicure e salubri), l'articolo 6 (concernente il diritto alla contrattazione collettiva) e l'articolo 27 (concernente la tutela dei lavoratori aventi responsabilità familiari),

– visto l'articolo 24 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

– visti gli accordi quadro tra le parti sociali europee sul telelavoro (2002) e sulla digitalizzazione (2020),

– visto lo studio di valutazione del valore aggiunto europeo dell'unità Valore aggiunto europeo del servizio Ricerca del Parlamento europeo (EPRS) dal titolo "The right to disconnect" (Il diritto alla disconnessione),

– vista la relazione di Eurofound del 31 luglio 2019 dal titolo "The right to switch off" (Il diritto di scollegarsi),

– visto il documento di lavoro dell'Eurofound dal titolo "The right to disconnect in the 27 EU Member States" (Il diritto alla disconnessione nei 27 Stati membri dell'UE),

– vista la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) sui criteri di determinazione dell'orario di lavoro, compresi il servizio di guardia e i periodi di reperibilità, sull'importanza dei periodi di riposo, sull'obbligo di misurazione dell'orario di lavoro e sui criteri di determinazione dello status dei lavoratori,

– vista la sentenza della CGUE nella causa C-518/15, secondo la quale le ore di guardia che un lavoratore trascorre al proprio domicilio con l'obbligo di rispondere alle convocazioni del suo datore di lavoro entro un breve periodo di tempo devono essere considerate come «orario di lavoro»,

– vista la sentenza della CGUE nella causa C-55/18, secondo la quale gli Stati membri devono imporre ai datori di lavoro l'obbligo di istituire un sistema che consenta la misurazione della durata dell'orario di lavoro giornaliero,

– vista la relazione di UNI Global Union dal titolo "The Right to Disconnect: Best Practices" (Il diritto alla disconnessione: migliori pratiche),

– visto il paragrafo 17 della sua risoluzione del 10 ottobre 2019 sull'occupazione e le politiche sociali della zona euro,

– visto l'articolo 5 della decisione del Parlamento europeo, del 28 settembre 2005, che adotta lo statuto dei deputati del Parlamento europeo,

– visti gli articoli 47 e 54 del suo regolamento,

– vista la relazione della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A9-0246/2020),

A. considerando che attualmente non esiste una normativa specifica dell'Unione sul diritto dei lavoratori alla disconnessione dagli strumenti digitali, comprese le tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC), a scopi lavorativi;

B. considerando che la digitalizzazione e l'utilizzo adeguato degli strumenti digitali hanno portato numerosi vantaggi e benefici economici e sociali ai datori di lavoro e ai lavoratori, come una flessibilità e un'autonomia maggiori, la possibilità di migliorare l'equilibrio tra vita professionale e vita privata e la riduzione dei tempi di spostamento, ma che hanno causato anche degli svantaggi comportanti sfide etiche, legali e connesse all'occupazione, quali l'intensificazione del lavoro e l'estensione dell'orario di lavoro, rendendo così meno netti i confini tra attività lavorativa e vita privata;

C. considerando che un utilizzo sempre maggiore degli strumenti digitali a scopi lavorativi ha comportato la nascita di una cultura del "sempre connesso", "sempre online" o "costantemente di guardia" che può andare a scapito dei diritti fondamentali dei lavoratori e di condizioni di lavoro eque, tra cui una retribuzione equa, la limitazione dell'orario di lavoro e l'equilibrio tra attività lavorativa e vita privata, la salute fisica e mentale, la sicurezza sul lavoro e il benessere, nonché della parità tra uomini e donne, dato l'impatto sproporzionato di tali strumenti sui lavoratori con responsabilità di assistenza, che generalmente sono donne; che la transizione digitale dovrebbe essere guidata dal rispetto dei diritti umani, nonché dei diritti e dei valori fondamentali dell'Unione e avere un impatto positivo sui lavoratori e sulle condizioni di lavoro;

D. considerando che l'utilizzo di strumenti digitali per periodi prolungati potrebbe determinare una riduzione della concentrazione e un sovraccarico cognitivo ed emotivo; che operazioni monotone e ripetitive e una postura statica per lunghi periodi di tempo possono causare tensioni muscolari e disturbi muscolo-scheletrici; che l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato la radiazione a radio frequenza come una possibile causa di effetti cancerogeni; che le donne incinte posso essere particolarmente a rischio in caso di esposizione a radiazioni a radio frequenza;

E. considerando che l'uso eccessivo dei dispositivi tecnologici può aggravare fenomeni quali l'isolamento, la dipendenza dalle tecnologie, la privazione del sonno, l'esaurimento emotivo, l'ansia e il burnout; che, secondo l'OMS, oltre 300 milioni di persone nel mondo soffrono di depressione e disturbi mentali comuni legati al lavoro e che ogni anno il 38,2 % della popolazione dell'Unione soffre di un disturbo mentale;

F. considerando che le misure adottate in conseguenza della crisi della COVID-19 hanno cambiato le modalità di lavoro e hanno dimostrato l'importanza delle soluzioni digitali, compreso l'uso di regimi di telelavoro da parte delle imprese, dei lavoratori autonomi e degli organi della pubblica amministrazione in tutta l'Unione; che, secondo Eurofound, durante il confinamento, oltre un terzo dei lavoratori dell'Unione ha cominciato a lavorare da casa, rispetto al 5 % che già lo faceva prima della crisi, e che si è registrato un aumento sostanziale nell'uso degli strumenti digitali a scopi lavorativi; che, secondo Eurofound, il 27 % degli intervistati in telelavoro ha dichiarato di aver lavorato nel proprio tempo libero per soddisfare le esigenze lavorative(12); che il lavoro a distanza e il telelavoro sono aumentati durante la crisi della COVID-19 e che, secondo le previsioni, resteranno a un livello più alto rispetto a quelli precedenti alla crisi della COVID-19 o addirittura aumenteranno ulteriormente;

G. considerando che le donne sono soggette a un rischio particolarmente elevato e sono colpite più gravemente dalle ripercussioni economiche e sociali derivanti dalla crisi della COVID-19, a causa del loro ruolo predominante o ancora tradizionale di responsabili della cura della casa e della famiglia; che l'aumento del telelavoro durante la crisi della COVID-19 può anche presupporre un rischio maggiore per i giovani e le persone con responsabilità assistenziali, quali i genitori soli, le famiglie con figli e le famiglie con famigliari a carico che necessitano di assistenza; che la vita lavorativa e la vita privata in un periodo di telelavoro, di distanziamento sociale e di confinamento devono essere ben equilibrate; che nel contesto del diritto alla disconnessione dovrebbero essere affrontati aspetti connessi al genere;

H. considerando che il diritto alla disconnessione è un diritto fondamentale che costituisce una parte inseparabile dei nuovi modelli di lavoro della nuova era digitale; che tale diritto dovrebbe essere considerato un importante strumento della politica sociale a livello dell'Unione al fine di garantire la tutela dei diritti di tutti i lavoratori; che il diritto alla disconnessione è particolarmente importante per i lavoratori più vulnerabili e per quelli con responsabilità di assistenza;

I. considerando che i progressi tecnologici hanno comportato un nuovo livello di complessità per il monitoraggio e la vigilanza sul luogo di lavoro; che l'uso di tecnologie digitali intrusive sul luogo di lavoro è trattato e disciplinato in certa misura solo in alcuni Stati membri; che l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) stabilisce che "ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano"; che tale clausola è stata utilizzata in varie giurisdizioni nazionali per tutelare la vita privata dei lavoratori nel contesto lavorativo; che l'articolo 8 della CEDU e l'attuazione del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (GDPR)(13) dovrebbero garantire che i lavoratori ricevano informazioni adeguate sull'entità e la natura del monitoraggio e del controllo e che i datori di lavoro siano tenuti a giustificare le misure e a minimizzarne l'impatto utilizzando i metodi meno intrusivi;

J. considerando che da un'indagine di Eurofound è emerso che il 27 % degli intervistati in telelavoro ha dichiarato di aver lavorato nel proprio tempo libero per soddisfare le esigenze lavorative;

1. sottolinea che gli strumenti digitali, comprese le TIC, a scopi lavorativi hanno aumentato la flessibilità per quanto riguarda l'orario, il luogo e il modo in cui il lavoro può essere svolto e il modo in cui i lavoratori sono raggiungibili al di fuori del lavoro; osserva che un utilizzo adeguato degli strumenti digitali può costituire un valore aggiunto per i datori di lavoro e per i lavoratori in quanto consente una libertà, indipendenza e flessibilità maggiori per organizzare meglio l'orario di lavoro e le mansioni lavorative, ridurre il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro e facilitare la gestione degli obblighi personali e famigliari, creando in tal modo un equilibrio migliore tra vita privata e vita professionale; osserva che le necessità dei lavoratori variano considerevolmente e sottolinea a tale proposito l'importanza di sviluppare un quadro chiaro che promuova la flessibilità personale e contemporaneamente la protezione dei diritti dei lavoratori;

2. sottolinea che l'essere costantemente connessi, insieme alle forti sollecitazioni sul lavoro e alla crescente aspettativa che i lavoratori siano raggiungibili in qualsiasi momento, può influire negativamente sui diritti fondamentali dei lavoratori, sull'equilibrio tra la loro vita professionale e la loro vita privata, nonché sulla loro salute fisica e mentale e sul loro benessere;

3. riconosce che la registrazione efficace dell'orario di lavoro può contribuire al rispetto dell'orario di lavoro stabilito da contratto; sottolinea che, sebbene registrare l'orario di lavoro sia importante per garantire che gli orari concordati e i limiti stabiliti per legge non siano superati, occorre prestare attenzione all'efficacia di tale registrazione, dal momento che le norme in materia esistono solo in pochi Stati membri;

4. osserva che un insieme di prove in costante aumento mette in evidenza che tra gli effetti di una delimitazione dell'orario di lavoro, dell'equilibrio tra vita professionale e vita privata, di una certa flessibilità nell'organizzazione del tempo lavorativo, nonché di misure attive volte a migliorare il benessere sul lavoro, figurano conseguenze positive sulla salute fisica e mentale dei lavoratori, un miglioramento della sicurezza sul lavoro e un aumento della produttività della manodopera grazie alla diminuzione di stanchezza e stress, livelli più elevati di soddisfazione e motivazione sul lavoro e tassi più bassi di assenteismo;

5. riconosce l'importanza di un utilizzo adeguato ed efficiente degli strumenti digitali a scopi lavorativi, sia per i lavoratori che per i datori di lavoro, prestando attenzione ad evitare ogni violazione dei diritti dei lavoratori a condizioni di lavoro eque, tra cui una retribuzione equa, la limitazione dell'orario di lavoro e l'equilibrio tra attività professionale e vita privata, nonché la salute e la sicurezza sul lavoro;

6. ritiene che le interruzioni alle ore non lavorative dei lavoratori e l'estensione del loro orario di lavoro possano aumentare il rischio di straordinari non retribuiti, stanchezza sul lavoro, problemi psicosociali, mentali e fisici, quali l'ansia, la depressione, il burnout e lo stress da tecnologia, e possano avere un impatto negativo sulla loro salute e sicurezza sul lavoro, sull'equilibrio tra attività professionale e vita privata e sui loro periodi di riposo dal lavoro;

7. riconosce le conclusioni di Eurofound secondo le quali le persone che lavorano abitualmente da casa hanno più del doppio delle probabilità di lavorare oltre le 48 ore settimanali massime previste e di riposare meno delle 11 ore previste fra un giorno lavorativo e l'altro, come sancito dal diritto dell'Unione, rispetto alle persone che lavorano nella sede del datore di lavoro; sottolinea che quasi il 30 % di tali telelavoratori dichiara di lavorare nel proprio tempo libero tutti i giorni o più volte alla settimana, a fronte del 5 % di coloro che lavorano in ufficio, e che i telelavoratori hanno maggiori probabilità di lavorare con orari irregolari; sottolinea che il numero di persone che lavorano da casa nell'Unione che dichiarano orari di lavoro prolungati o che non sono in grado di trarre beneficio dalle ore non lavorative è in aumento; osserva inoltre che la probabilità che i telelavoratori abituali segnalino di soffrire di stress legato al lavoro e di disturbi del sonno, stress ed esposizione alla luce degli schermi digitali è più elevata e osserva che tra gli altri effetti sulla salute dei telelavoratori e dei lavoratori ad elevata mobilità figurano emicranie, affaticamento degli occhi, stanchezza, ansia e disturbi muscolo-scheletrici; riconosce che il lavoro regolare da casa può provocare danni fisici ai lavoratori, dato che gli spazi lavorativi creati ad hoc a casa, i computer portatili e altre attrezzature TIC potrebbero non rispettare le norme ergonomiche; chiede alla Commissione e agli Stati membri di migliorare la ricerca e la raccolta dei dati e di eseguire una valutazione dettagliata di tali problemi; sottolinea l'importanza di far fronte a dette questioni, alla luce delle previsioni sull'aumento del telelavoro nel lungo termine;

8. sottolinea che il contributo del telelavoro nella tutela di alcune professioni e imprese durante la crisi della COVID-19 è stato determinante ma ribadisce che, a causa della combinazione di un orario di lavoro prolungato e di maggiori sollecitazioni sui lavoratori, il telelavoro può anche supporre maggiori rischi per i lavoratori e avere un impatto negativo sulla qualità del loro orario di lavoro e sull'equilibrio tra vita professionale e vita personale, così come sulla loro salute fisica e mentale; sottolinea che emergono difficoltà particolari quando l'attività lavorativa non è legata a un luogo specifico, quando la connettività per il lavoro è costante e quando il lavoro occupa del tempo che dovrebbe essere dedicato alla famiglia e alla vita privata;

9. sottolinea che il diritto dei lavoratori alla disconnessione è essenziale per la protezione della loro salute fisica e mentale e del loro benessere nonché per la loro tutela dai rischi psicologici; ribadisce l'importanza e i vantaggi di attuare valutazioni dei rischi psicosociali a livello delle imprese pubbliche e private e ribadisce altresì l'importanza di promuovere la salute mentale e prevenire i disturbi mentali sul luogo di lavoro, creando condizioni migliori per i lavoratori e i datori di lavoro; riconosce il ruolo positivo che le commissioni per la salute e la sicurezza istituite dalle parti sociali possono svolgere nel garantire che le valutazioni dei rischi siano effettuate con maggiore periodicità e in modo più accurato;

10. rammenta che, secondo la legislazione attuale e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, i lavoratori non sono tenuti a fornire ai datori di lavoro una disponibilità costante e senza interruzioni e ribadisce che c'è una differenza tra orario di lavoro, quando il lavoratore deve essere a disposizione del datore di lavoro, e l'orario non lavorativo, quando il lavoratore non ha nessun obbligo di restare a disposizione del datore di lavoro, e che i periodi di guardia fanno parte dell'orario di lavoro; riconosce tuttavia che il diritto alla disconnessione non è esplicitamente regolamentato nel diritto dell'Unione; rammenta che la situazione negli Stati membri varia notevolmente e che alcuni Stati membri e le parti sociali hanno adottato provvedimenti per disciplinare, mediante il diritto, gli accordi collettivi o entrambi, l'uso degli strumenti digitali a scopi lavorativi al fine di fornire garanzie e tutelare i lavoratori e le loro famiglie; invita la Commissione e gli Stati membri e incoraggia le parti sociali a scambiare le migliori pratiche e a garantire un approccio comune coordinato alle condizioni di lavoro esistenti, lasciando impregiudicati i diritti sociali e la mobilità all'interno dell'Unione;

11. invita la Commissione a valutare e affrontare i rischi di una mancata tutela del diritto alla disconnessione;

12. invita gli Stati membri e i datori di lavoro a garantire che i lavoratori siano informati sul loro diritto alla disconnessione e possano esercitarlo;

13. ricorda le esigenze specifiche dei diversi settori e le diversità fra di essi in relazione al diritto alla disconnessione; invita la Commissione a presentare, sulla base di un esame dettagliato, di una valutazione adeguata e di una consultazione degli Stati membri e delle parti sociali, una proposta di direttiva dell'Unione su norme e condizioni minime per garantire che i lavoratori possano esercitare efficacemente il loro diritto alla disconnessione e per disciplinare l'uso degli strumenti digitali esistenti e nuovi a scopi lavorativi, prendendo al contempo in considerazione l'accordo quadro delle parti sociali europee sulla digitalizzazione, che include disposizioni sulla connessione e sulla disconnessione; rammenta che l'accordo quadro prevede che le parti sociali adottino misure di attuazione entro i prossimi tre anni e che una proposta legislativa prima della fine del periodo di attuazione significherebbe non tenere conto del ruolo delle parti sociali previsto dal TFUE; insiste che qualsiasi iniziativa legislativa rispetti l'autonomia delle parti sociali a livello nazionale, i contratti collettivi nazionali e le tradizioni e i modelli dei mercati del lavoro nazionali e non pregiudichi il diritto di negoziare, concludere e mettere in atto accordi collettivi conformemente al diritto e alla prassi nazionali;

14. invita la Commissione a presentare un quadro legislativo al fine di stabilire requisiti minimi sul lavoro a distanza in tutta l'Unione, garantendo che il telelavoro non pregiudichi le condizioni di impiego dei telelavoratori; sottolinea che tale quadro dovrebbe chiarire le condizioni di lavoro, tra cui la fornitura, l'utilizzo e la responsabilità delle attrezzature, come gli strumenti digitali esistenti e nuovi, e dovrebbe garantire che tale lavoro sia effettuato su base volontaria e che i diritti, il carico di lavoro e le norme sulla prestazione dei telelavoratori siano equivalenti a quelli dei lavoratori in situazioni comparabili;

15. è del parere che la nuova direttiva debba precisare, integrare e rispettare pienamente i requisiti stabiliti nelle direttive 2003/88/CE concernente il diritto alle ferie annuali retribuite, (UE) 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili e (UE) 2019/1158 relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza nonché nella direttiva 89/391/CEE del Consiglio sulla sicurezza e la salute dei lavoratori, in particolare i requisiti contenuti in tali direttive connessi alle ore lavorative massime e ai periodi di riposo minimi, alle modalità di lavoro flessibili e agli obblighi di informazione, e che non debba incidere negativamente in alcun modo sui lavoratori; ritiene che la nuova direttiva debba offrire soluzioni per tenere conto dei modelli esistenti, del ruolo delle parti sociali, delle responsabilità dei datori di lavoro e delle esigenze dei lavoratori per quanto riguarda l'organizzazione del loro orario di lavoro quando usano strumenti digitali; sottolinea l'importanza fondamentale del recepimento, dell'attuazione e dell'applicazione corretti delle norme dell'Unione e ribadisce che l'acquis dell'Unione in ambito sociale e occupazionale si applica pienamente alla transizione digitale; esorta la Commissione e gli Stati membri a garantire l'adeguata applicazione attraverso le autorità nazionali di ispezione del lavoro;

16. sottolinea che il diritto alla disconnessione consente ai lavoratori di astenersi dallo svolgere mansioni, attività e comunicazioni elettroniche lavorative, come telefonate, email e altri messaggi, al di fuori del loro orario di lavoro, compresi i periodi di riposo, i giorni festivi ufficiali e annuali, i congedi di maternità, paternità e parentali nonché altri tipi di congedo, senza conseguenze negative; sottolinea che dovrebbero essere garantiti una certa autonomia, flessibilità e il rispetto della sovranità sul tempo, secondo il quale ai lavoratori deve essere consentito di organizzare il loro orario di lavoro in base alle responsabilità personali, in particolare l'assistenza ai figli o ai familiari malati; sottolinea che l'aumento della connettività sul luogo di lavoro non dovrebbe comportare discriminazioni o conseguenze negative in relazione alle assunzioni o agli avanzamenti di carriera;

17. sottolinea che i progressi delle nuove possibilità tecnologiche, come l'intelligenza artificiale, svolgono un ruolo fondamentale nel plasmare il luogo di lavoro del futuro e il riconoscimento dell'efficienza lavorativa e non dovrebbero condurre a un uso disumanizzato degli strumenti digitali né sollevare preoccupazioni relative alla vita privata e a una raccolta dei dati personali, una sorveglianza e un controllo sproporzionati e illegali dei lavoratori; sottolinea che i nuovi strumenti di sorveglianza del luogo di lavoro e delle prestazioni lavorative, che consentono alle imprese di tracciare ampiamente le attività dei lavoratori, non dovrebbero essere visti come una possibilità per effettuare una sorveglianza sistematica dei lavoratori; esorta le parti sociali e le autorità di controllo della protezione dei dati a garantire che gli strumenti di monitoraggio del lavoro siano utilizzati soltanto se necessario e in modo proporzionato nonché a garantire il diritto alla vita privata dei dipendenti e all'autodeterminazione sul lavoro; osserva che, se ai lavoratori è consentito utilizzare i servizi di comunicazione forniti dal datore di lavoro per scopi privati, il datore di lavoro non ha il diritto di accedere ai metadati e ai contenuti delle comunicazioni e i lavoratori devono essere formati e informati riguardo al trattamento dei loro dati; ricorda che nei rapporti di lavoro il consenso di un lavoratore al trattamento dei propri dati personali non può essere considerato in linea di principio come liberamente espresso e, pertanto, non è valido, dal momento che sussiste un chiaro squilibrio di potere fra l'interessato (il lavoratore) e il titolare del trattamento (il datore di lavoro);

18. ribadisce che il rispetto dell'orario di lavoro e della sua prevedibilità è considerato essenziale per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori e delle loro famiglie nell'Unione;

19. sottolinea che la Commissione, gli Stati membri, i datori di lavoro e i lavoratori devono sostenere e incoraggiare attivamente il diritto alla disconnessione e promuovere un approccio efficiente, ragionato ed equilibrato agli strumenti digitali sul lavoro, così come misure di sensibilizzazione e campagne di informazione e di formazione sull'orario di lavoro e il diritto alla disconnessione; sottolinea l'importanza di un utilizzo ragionevole degli strumenti digitali che garantisca che il diritto alla disconnessione e tutti gli altri diritti concepiti per tutelare la salute mentale e fisica dei lavoratori siano attuati in maniera efficace e diventino una componente attiva della cultura del lavoro nell'Unione;

20. sottolinea che i datori di lavoro non dovrebbero imporre ai lavoratori di essere direttamente o indirettamente disponibili o raggiungibili al di fuori dell'orario di lavoro e che i lavoratori dovrebbero astenersi dal contattare i colleghi a scopi lavorativi al di fuori dell'orario di lavoro concordato; ricorda che i periodi nei quali il lavoratore è disponibile o raggiungibile per il datore di lavoro sono periodi lavorativi; sottolinea che, data la natura in evoluzione del mondo del lavoro, vi è una crescente necessità di informare pienamente i lavoratori sulle loro condizioni di lavoro al fine di attuare il diritto alla disconnessione, il che dovrebbe avvenire tempestivamente e per iscritto o in un formato digitale facilmente accessibile per i lavoratori; sottolinea che i datori di lavoro devono fornire ai lavoratori informazioni sufficienti, compresa una dichiarazione scritta, sul diritto dei lavoratori alla disconnessione, indicando nello specifico almeno le modalità pratiche per scollegarsi dagli strumenti digitali a scopi lavorativi, compresi gli eventuali strumenti di monitoraggio o controllo connessi al lavoro, le modalità di registrazione dell'orario di lavoro, la valutazione del datore di lavoro sulla salute e la sicurezza, le misure di tutela dei lavoratori da trattamenti sfavorevoli e le misure di attuazione del diritto di ricorso dei lavoratori; ribadisce l'importanza della parità di trattamento per i lavoratori transfrontalieri e invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che i lavoratori siano adeguatamente informati circa il loro diritto alla disconnessione, anche oltre i confini nazionali;

21. sottolinea l'importanza delle parti sociali nel garantire un'attuazione e un'applicazione efficaci del diritto alla disconnessione, conformemente alle pratiche nazionali, ed evidenzia che pertanto sarà importante tenere conto del lavoro da esse già svolto in tale ambito; reputa che gli Stati membri debbano garantire ai lavoratori la possibilità di esercitare efficacemente il loro diritto alla disconnessione, anche per mezzo di un accordo collettivo; chiede agli Stati membri di stabilire meccanismi precisi e sufficienti per garantire una norma minima di protezione in conformità del diritto dell'Unione e l'applicazione del diritto alla disconnessione per tutti i lavoratori;

22. invita gli Stati membri a garantire la tutela dalla vittimizzazione e da altre ripercussioni negative ai lavoratori che invocano il diritto alla disconnessione, così come che siano messi in atto meccanismi per il trattamento delle denunce o delle violazioni del diritto alla disconnessione;

23. sottolinea che tutte le attività di apprendimento e formazione professionali a distanza devono essere considerate attività lavorative e non devono avere luogo durante le ore straordinarie o i giorni liberi senza un adeguato compenso;

24. sottolinea l'importanza di sostenere formazioni individuali volte al miglioramento delle competenze informatiche per tutti i lavoratori, in particolare per le persone con disabilità e i colleghi più anziani, al fine di garantire che svolgano il loro lavoro in modo corretto ed efficiente;

25. chiede alla Commissione di includere il diritto alla disconnessione nella sua nuova strategia in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di elaborare in maniera esplicita nuove misure e azioni psicosociali nel quadro della salute e della sicurezza sul lavoro;

26. esorta la Commissione a presentare, sulla base dell'articolo 153, paragrafo 2, lettera b), in combinato disposto con l'articolo 153, paragrafo 1, lettere a), b) e i) TFUE, una proposta di atto sul diritto alla disconnessione, seguendo le raccomandazioni figuranti in allegato;

27. ritiene che la proposta richiesta non presenti incidenze finanziarie;

28. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione e le dettagliate raccomandazioni in allegato alla Commissione, al Consiglio, nonché ai parlamenti e ai governi degli Stati membri.

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ALLEGATO ALLA RISOLUZIONE:

RACCOMANDAZIONI CONCERNENTI IL CONTENUTO DELLA PROPOSTA RICHIESTA

TESTO DELLA PROPOSTA LEGISLATIVA RICHIESTA

Proposta di

DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

sul diritto alla disconnessione

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 153, paragrafo 2, lettera b), in combinato disposto con l'articolo 153, paragrafo 1, lettere a), b) e i),

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo,

visto il parere del Comitato delle regioni,

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria,

considerando quanto segue:

(1) In virtù dell'articolo 153, paragrafo 1, lettere a), b) e i) del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri nei settori del miglioramento dell'ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori, delle condizioni di lavoro e della parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro.

(2) L'articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (la "Carta") sancisce che ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro che ne rispettino la salute, sicurezza e dignità, così come a una limitazione dell'orario massimo di lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a un congedo retribuito. L'articolo 30 della Carta sancisce il diritto alla tutela in caso di licenziamento ingiustificato mentre gli articoli 20 e 21 sanciscono l'uguaglianza davanti alla legge e vietano la discriminazione. L'articolo 23 della Carta sancisce che la parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione.

(3) Il pilastro europeo dei diritti sociali stabilisce che, indipendentemente dal tipo e dalla durata del rapporto di lavoro, i lavoratori hanno diritto a un trattamento equo e paritario per quanto riguarda le condizioni di lavoro, che è garantita ai datori di lavoro la necessaria flessibilità per adattarsi rapidamente ai cambiamenti del contesto economico, che sono promosse forme innovative di lavoro che garantiscano condizioni di lavoro di qualità, e che vanno prevenuti i rapporti di lavoro che portano a condizioni di lavoro precarie, anche vietando l'abuso dei contratti atipici (principio n. 5). Prevede inoltre che i lavoratori hanno il diritto di essere informati per iscritto all'inizio del rapporto di lavoro dei diritti e degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro (principio n. 7), che le parti sociali sono consultate per l'elaborazione e l'attuazione delle politiche economiche, occupazionali e sociali nel rispetto delle prassi nazionali (principio n. 8), che i genitori e le persone con responsabilità di assistenza hanno diritto a un congedo appropriato e a modalità di lavoro flessibili (principio n. 9) e che i lavoratori hanno diritto a un ambiente di lavoro sano, sicuro e adeguato alle loro esigenze professionali, così come alla protezione dei propri dati, e che consenta loro di prolungare la partecipazione al mercato del lavoro (principio n. 10).

(4) La presente direttiva tiene conto delle convenzioni e delle raccomandazioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro sull'organizzazione dell'orario di lavoro, comprese, in particolare, la convenzione n. 1 sulla durata del lavoro (industria) del 1919, la convenzione n. 30 sulla durata del lavoro (commercio e uffici) del 1930, la raccomandazione n. 163 sulla contrattazione collettiva del 1981, la convenzione n. 156 concernente i lavoratori con responsabilità familiari del 1981 e la raccomandazione n. 165 che l'accompagna, nonché la dichiarazione del centenario dell'OIL per il futuro del lavoro del 2019.

(5) La presente direttiva tiene conto anche della Carta sociale europea riveduta del Consiglio d'Europa del 3 maggio 1996, in particolare l'articolo 2 (concernente il diritto ad eque condizioni di lavoro, compresi un orario di lavoro e periodi di riposo ragionevoli), l'articolo 3 (concernente il diritto a condizioni di lavoro sicure e salubri), l'articolo 6 (concernente il diritto alla contrattazione collettiva) e l'articolo 27 (concernente la tutela dei lavoratori aventi responsabilità familiari).

(6) L'articolo 24 della Dichiarazione universale dei diritti umani sancisce che ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione dell'orario di lavoro e ferie periodiche retribuite.

(7) Gli strumenti digitali permettono ai lavoratori di lavorare da qualsiasi posto e in qualsiasi momento e, se usati adeguatamente, possono contribuire a migliorare l'equilibrio tra vita professionale e vita privata dei lavoratori garantendo loro maggiore flessibilità nell'organizzazione della loro vita privata. Tuttavia, l'uso degli strumenti digitali, comprese le TIC, a scopi lavorativi può avere anche effetti negativi, che risultano tra l'altro in un orario di lavoro più lungo inducendo i lavoratori a lavorare al di fuori dell'orario di lavoro, in una maggiore intensità di lavoro nonché in confini meno netti tra orario di lavoro e tempo libero. Tali strumenti digitali, se il loro uso non è limitato esclusivamente all'orario di lavoro, possono interferire nella vita privata dei lavoratori. Per i lavoratori con responsabilità di assistenza non retribuite gli strumenti digitali possono rendere particolarmente difficile il conseguimento di un sano equilibrio tra vita professionale e vita privata. Le donne dedicano più tempo a tali responsabilità di assistenza, lavorano meno ore in un'occupazione retribuita e possono rinunciare completamente al posto di lavoro.

(8) Gli strumenti digitali utilizzati a scopi lavorativi possono creare una pressione e uno stress costanti, avere un impatto negativo sulla salute fisica e mentale e sul benessere dei lavoratori e condurre a malattie psicosociali o altre malattie professionali, come l'ansia, la depressione, il burnout, lo stress da tecnologia, disturbi del sonno e muscolo-scheletrici. Tutti i summenzionati effetti impongono ai datori di lavoro e ai sistemi di previdenza sociale un onere crescente e aumentano il rischio di violare il diritto dei lavoratori a condizioni di lavoro che rispettino la loro salute e sicurezza. Date le sfide rappresentate dall'aumento significativo nell'utilizzo degli strumenti digitali a scopi lavorativi, dai rapporti di lavoro atipici e dalle modalità di telelavoro, in particolare nel contesto dell'aumento del telelavoro dovuto alla crisi della COVID-19, che hanno condotto a uno stress aggiuntivo legato al lavoro e hanno reso meno netti i confini tra lavoro e vita privata, la necessità di garantire ai lavoratori la possibilità di esercitare il diritto alla disconnessione è diventata ancora più pressante.

(9) L'utilizzo maggiore delle tecnologie digitali ha trasformato i modelli tradizionali di lavoro e ha creato una cultura del "sempre connesso" e "sempre online". In tale contesto è importante garantire la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, condizioni di lavoro eque, compresi il diritto a una retribuzione equa e l'attuazione del loro orario di lavoro, la salute e la sicurezza e la parità tra uomini e donne.

(10) Il diritto alla disconnessione consiste nel diritto dei lavoratori di non svolgere mansioni o comunicazioni lavorative al di fuori dell'orario di lavoro per mezzo di strumenti digitali, come telefonate, email o altri messaggi. Il diritto alla disconnessione dovrebbe consentire ai lavoratori di scollegarsi dagli strumenti lavorativi e di non rispondere alle richieste del datore di lavoro al di fuori dell'orario di lavoro, senza correre il rischio di subire conseguenze negative, come il licenziamento e altre misure di ritorsione. Dall'altro lato i datori di lavoro non dovrebbero imporre ai lavoratori di lavorare al di fuori dell'orario di lavoro. I datori di lavoro non dovrebbero promuovere una cultura del lavoro del "sempre connessi" nella quale i lavoratori che rinunciano al diritto alla disconnessione sono chiaramente favoriti rispetto a quelli che esercitano tale diritto. I lavoratori che segnalano casi di mancato rispetto del diritto alla disconnessione sul luogo di lavoro non dovrebbero essere penalizzati.

(11) Il diritto alla disconnessione dovrebbe applicarsi a tutti i lavoratori e a tutti i settori, sia pubblici che privati, e dovrebbe essere attuato efficacemente. Il diritto alla disconnessione mira a garantire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e di condizioni di lavoro eque, compreso l'equilibrio tra vita professionale e vita privata.

(12) Attualmente non esiste una normativa dell'Unione che disciplini specificatamente il diritto alla disconnessione e la legislazione in materia varia notevolmente fra i diversi Stati membri. Tuttavia le direttive 89/391/CEE(4) e 91/383/CEE(5) del Consiglio mirano a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata indeterminata, determinata o un rapporto di lavoro interinale. La direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(6) prevede prescrizioni minime di sicurezza e sanitarie in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, anche in relazione al numero massimo di ore di lavoro consentito e ai periodi minimi di riposo da rispettare; la direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio ha lo scopo di migliorare la condizioni di lavoro promuovendo un'occupazione più trasparente e prevedibile; e la direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio stabilisce prescrizioni minime volte ad agevolare la conciliazione tra attività professionale e vita familiare per i lavoratori che sono genitori o prestatori di assistenza.

(13) In conformità della direttiva 2003/88/CE i lavoratori nell'Unione hanno diritto a prescrizioni minime di sicurezza e sanitarie in materia di organizzazione dell'orario di lavoro. In tale contesto la direttiva stabilisce periodi di riposo quotidiano, di pausa, di riposo settimanale, di durata massima settimanale del lavoro e di ferie annuali e disciplina alcuni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro. Secondo la giurisprudenza costante della Corte di giustizia dell'Unione europea, i servizi di guardia, durante i quali il lavoratore è tenuto ad essere fisicamente presente in un luogo indicato dal datore di lavoro, devono essere considerati "integralmente periodi lavorativi, a prescindere dal fatto che, durante tale guardia, il lavoratore non svolga un'attività lavorativa continuativa" e i periodi di reperibilità, durante i quali il lavoratore è costretto a passare il periodo di guardia nel suo domicilio e a tenersi a disposizione del datore di lavoro, devono rientrare nella nozione di orario di lavoro(10). Inoltre, secondo l'interpretazione della CGUE, i periodi minimi di riposo costituiscono "norme della normativa sociale comunitaria che rivestono importanza particolare e di cui ogni lavoratore deve poter beneficiare quale prescrizione minima necessaria per garantire la tutela della sua sicurezza e della sua salute". Tuttavia la direttiva 2003/88/CE non contiene una disposizione esplicita sul diritto dei lavoratori alla disconnessione, né obbliga i lavoratori a essere raggiungibili al di fuori dell'orario di lavoro, durante i periodi di riposo o altre ore non lavorative, ma prevede il diritto a periodi di riposo giornalieri, settimanali e annuali ininterrotti, durante i quali il lavoratore non dovrebbe essere contattato. Inoltre, non esiste alcuna disposizione esplicita dell'Unione che attui il diritto di non essere disponibile in tutti i momenti non compresi nell'orario di lavoro concordato (contrattualmente).

(14) La CGUE ha confermato che le direttive 89/391/CEE2003/88/CE impongono ai datori di lavoro l'obbligo di predisporre un sistema che consenta la misurazione della durata dell'orario di lavoro giornaliero svolto da ciascun lavoratore e che tale sistema deve essere "oggettivo, affidabile e accessibile".

(15) Nella sua giurisprudenza la CGUE ha stabilito criteri per definire lo status di lavoratore. È opportuno tenere conto dell'interpretazione di questi criteri da parte della Corte di giustizia nell'attuazione della presente direttiva. A condizione che soddisfino tali criteri, tutti i lavoratori, sia del settore privato che del settore pubblico, compresi i lavoratori a chiamata, i lavoratori a tempo parziale, i lavoratori intermittenti, i lavoratori a voucher, i lavoratori tramite piattaforma digitale, i tirocinanti e gli apprendisti, rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva. L'abuso della qualifica di lavoratore autonomo, quale definito dal diritto nazionale, a livello nazionale o nelle situazioni transfrontaliere, costituisce una forma di lavoro falsamente dichiarato che è spesso associata al lavoro non dichiarato. Il falso lavoro autonomo ricorre quando il lavoratore, al fine di evitare taluni obblighi giuridici o fiscali, è formalmente dichiarato come lavoratore autonomo pur soddisfacendo tutti i criteri che caratterizzano un rapporto di lavoro. Tali persone dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione della presente direttiva. È opportuno che la determinazione dell'esistenza di un rapporto di lavoro si fondi sui fatti correlati all'effettiva prestazione di lavoro e non sul modo in cui le parti descrivono il rapporto. Ai fini della presente direttiva, per lavoratore s'intende qualsiasi lavoratore avente un rapporto di lavoro che soddisfi i criteri della CGUE.

(16) Negli ultimi decenni, i normali contratti di lavoro sono diminuiti e la prevalenza di modalità di lavoro atipiche o flessibili è aumentata, in larga misura per via della digitalizzazione delle attività economiche. Alcune forme di lavoro atipico sono disciplinate nel diritto dell'Unione. La direttiva 97/81/CE del Consiglio dà attuazione all'accordo quadro tra le parti sociali europee sul lavoro a tempo parziale e ha lo scopo di assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale, di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale, di facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale su base volontaria e di contribuire all'organizzazione flessibile dell'orario di lavoro in modo da tenere conto dei bisogni degli imprenditori e dei lavoratori. La direttiva 1999/70/CE del Consiglio attua l'accordo quadro tra le parti sociali europee sui contratti a tempo determinato e il suo obiettivo è migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione e prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato. La direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, adottata in seguito alla mancata adozione di un accordo quadro tra le parti sociali europee, è volta a garantire la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale e migliorare la qualità del lavoro tramite agenzia interinale garantendo il rispetto del principio della parità di trattamento e riconoscendo tali agenzie quali datori di lavoro, tenendo conto nel contempo della necessità di inquadrare adeguatamente il ricorso al lavoro tramite agenzia interinale al fine di contribuire efficacemente alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo di forme di lavoro flessibili.

(17) Le parti sociali europee hanno adottato un accordo quadro sul telelavoro nel luglio 2002 e uno sulla digitalizzazione nel giugno 2020. L'accordo quadro sulla digitalizzazione prevede la possibilità che le parti sociali stabiliscano misure relative alla connessione dei lavoratori al lavoro e alla loro disconnessione dallo stesso. Alla luce degli sviluppi che hanno avuto luogo dall'adozione dell'accordo quadro sul telelavoro nel 2002, risulta evidente la necessità di eseguire una valutazione e di prevedere un quadro giuridico a livello dell'Unione per alcuni degli elementi dell'accordo.

(18) L'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), e l'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2008/104/CE stabiliscono che la nozione di "lavoratore" sia definita dal diritto nazionale. Tuttavia la CGUE ha stabilito che i criteri contenuti nella sua giurisprudenza costante devono essere applicati per valutare se una persona gode dello status di lavoratore. In particolare è determinante che "una persona fornisca a favore di un'altra e sotto la direzione di quest'ultima, prestazioni in cambio delle quali percepisca una retribuzione" mentre non sono decisive a tal fine "la qualificazione giuridica nel diritto nazionale e la forma di tale rapporto nonché la natura del nesso giuridico che lega le due persone".

(19) Alcuni Stati membri hanno adottato provvedimenti per regolamentare il diritto alla disconnessione dei lavoratori che utilizzano strumenti digitali a scopi lavorativi. Altri Stati membri promuovono l'utilizzo di strumenti digitali a scopi lavorativi senza affrontare nello specifico i rischi, mentre un terzo gruppo di Stati membri applica all'uso degli strumenti digitali la legislazione generale e un quarto gruppo non dispone di una legislazione specifica. Un'azione a livello di Unione nel presente ambito garantirebbe condizioni minime per tutelare tutti i lavoratori nell'Unione che utilizzano strumenti digitali a scopi lavorativi e, più specificamente, i loro diritti fondamentali relativi a condizioni di lavoro eque.

(20) La presente direttiva mira a migliorare le condizioni di lavoro di tutti i lavoratori stabilendo condizioni minime per il diritto alla disconnessione. La presente direttiva dovrebbe essere attuata in modo tale da rispettare pienamente le prescrizioni stabilite nelle direttive 89/391/CEE, 2003/88/CE, (UE) 2019/1152 e (UE) 2019/1158 e non dovrebbe avere alcun effetto negativo sui lavoratori.

(21) Le modalità pratiche per l'esercizio del diritto alla disconnessione da parte del lavoratore e per l'attuazione di tale diritto da parte del datore del lavoro dovrebbero essere concordate dalle parti sociali per mezzo di un accordo collettivo o a livello dell'impresa datrice di lavoro. È opportuno che gli Stati membri garantiscano, ad esempio mediante gli ispettorati nazionali del lavoro, che i datori di lavoro forniscano ai lavoratori una dichiarazione in cui sono stabilite tali modalità pratiche.

(22) Gli Stati membri dovrebbero garantire che i datori di lavoro istituiscano un sistema oggettivo, affidabile e accessibile che consenta la misurazione della durata dell'orario di lavoro giornaliero svolto da ciascun lavoratore, conformemente alla giurisprudenza della CGUE, in particolare alla sentenza del 14 maggio 2019 nella causa C-55/18, Federación de Servicios de Comisiones Obreras.

(23) L'autonomia delle parti sociali dovrebbe essere rispettata. Gli Stati membri dovrebbero sostenere le parti sociali nella conclusione di accordi collettivi per attuare la presente direttiva.

(24) Gli Stati membri, in conformità del diritto e delle prassi nazionali, dovrebbero garantire l'effettiva partecipazione delle parti sociali nonché promuovere e rafforzare il dialogo sociale in vista dell'attuazione della presente direttiva. A tal fine è opportuno che gli Stati membri garantiscano l'istituzione di un insieme minimo di condizioni di lavoro, previa consultazione delle parti sociali al livello adeguato, al fine di consentire ai lavoratori di esercitare il diritto alla disconnessione. Gli Stati membri dovrebbero potere affidare alle parti sociali l'attuazione della presente direttiva, in conformità del diritto e delle prassi nazionali, affinché esse forniscano o integrino tale insieme minimo di condizioni di lavoro.

(25) Le deroghe alla prescrizione relativa all'attuazione del diritto alla disconnessione dovrebbero essere previste soltanto in circostanze eccezionali, quali la forza maggiore o altre emergenze, a condizione che il datore di lavoro fornisca per iscritto a ogni lavoratore interessato le ragioni che motivano la necessità di una deroga. L'insieme minimo di condizioni di lavoro che attuano il diritto alla disconnessione dovrebbe stabilire i criteri per tali deroghe e per determinare la compensazione per qualsiasi mansione lavorativa svolta al di fuori dell'orario di lavoro. Tale compensazione dovrebbe garantire il rispetto dell'obiettivo generale di assicurare la salute e la sicurezza dei lavoratori.

(26) I lavoratori che esercitano i loro diritti di cui alla presente direttiva dovrebbero essere tutelati da qualsiasi conseguenza sfavorevole, tra cui il licenziamento e altre misure di ritorsione. Tali lavoratori dovrebbero essere inoltre protetti da qualsiasi misura discriminatoria, come la perdita di reddito o di opportunità di promozione.

(27) I lavoratori dovrebbero disporre di un'adeguata e rapida protezione giudiziaria e amministrativa contro un trattamento sfavorevole in risposta all'esercizio dei diritti sanciti dalla presente direttiva o a un tentativo di esercitarli, compresi il diritto di ricorso e il diritto di avviare procedimenti amministrativi o giudiziari per garantire la conformità con la presente direttiva.

(28) Gli Stati membri dovrebbero definire le modalità per l'attuazione del diritto alla disconnessione sancito nella presente direttiva, conformemente al diritto nazionale, agli accordi collettivi o alle prassi vigenti. Gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di mancata ottemperanza agli obblighi derivanti dalla presente direttiva.

(29) L'onere di provare che il licenziamento o altro pregiudizio equivalente non è dovuto al fatto che un lavoratore abbia esercitato o tentato di esercitare il diritto alla disconnessione compete al datore di lavoro, a condizione che il lavoratore abbia esposto dinanzi a un giudice o altra autorità competente fatti idonei a far sorgere una presunzione che il lavoratore sia stato licenziato o abbia subito un altro pregiudizio per tale motivo.

(30) La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime, lasciando così impregiudicata la prerogativa degli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli. La presente direttiva e la sua applicazione non dovrebbero costituire un motivo valido per ridurre il livello generale di protezione riconosciuto ai lavoratori nell'ambito trattato dalla presente direttiva.

(31) La Commissione dovrebbe rivedere l'attuazione della presente direttiva al fine di monitore e garantire la conformità alla stessa. A tal fine è opportuno che gli Stati membri presentino relazioni periodiche alla Commissione.

(32) Al fine di valutare l'impatto della presente direttiva, la Commissione e gli Stati membri sono incoraggiati a continuare a cooperare tra loro, con il sostegno dell'Autorità europea del lavoro, per sviluppare statistiche e dati confrontabili sull'attuazione dei diritti sanciti nella presente direttiva.

(33) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire l'istituzione di garanzie adeguate per l'esercizio del diritto alla disconnessione nell'Unione, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

Oggetto e ambito d'applicazione

1. La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime che permettano ai lavoratori di utilizzare strumenti digitali, comprese le TIC, a scopi lavorativi e di esercitare il diritto alla disconnessione e che garantiscano il rispetto del diritto dei lavoratori alla disconnessione da parte dei datori di lavoro. Essa si applica a tutti i settori, sia pubblici che privati, e a tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro status e dalle loro modalità di lavoro.

2. La presente direttiva precisa e integra le direttive 89/391/CEE, 2003/88/CE, (UE) 2019/1152 e (UE) 2019/1158 ai fini di cui al paragrafo 1, lasciando impregiudicate le prescrizioni stabilite in tali direttive.

Articolo 2

Definizioni

Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

(1) "disconnessione": il mancato esercizio di attività o comunicazioni lavorative per mezzo di strumenti digitali, direttamente o indirettamente, al di fuori dell'orario di lavoro;

(2) "orario di lavoro": l'orario di lavoro quale definito all'articolo 2, punto 1, della direttiva 2003/88/CE.

Articolo 3

Diritto alla disconnessione

1. Gli Stati membri garantiscono che i datori di lavoro prendano i provvedimenti necessari per fornire ai lavoratori i mezzi per esercitare il diritto alla disconnessione.

2. Gli Stati membri garantiscono che i datori di lavoro istituiscano un sistema oggettivo, affidabile e accessibile che consenta la misurazione della durata dell'orario di lavoro giornaliero svolto da ciascun lavoratore, nel rispetto del diritto dei lavoratori alla vita privata e alla tutela dei dati personali. I lavoratori possono richiedere e ottenere il registro del loro orario di lavoro.

3. Gli Stati membri provvedono affinché i datori di lavoro attuino il diritto alla disconnessione in modo equo, lecito e trasparente.

Articolo 4

Misure di attuazione del diritto alla disconnessione

1. Gli Stati membri garantiscono che, previa consultazione delle parti sociali al livello adeguato, siano stabilite modalità dettagliate che consentano ai lavoratori di esercitare il diritto alla disconnessione e che i datori di lavoro attuino tale diritto in modo equo e trasparente. A tal fine gli Stati membri garantiscono almeno le seguenti condizioni di lavoro:

(a) le modalità pratiche per scollegarsi dagli strumenti digitali a scopi lavorativi, compreso qualsiasi strumento di monitoraggio legato al lavoro;

(b) il sistema per la misurazione dell'orario di lavoro;

(c) valutazioni della salute e della sicurezza, comprese le valutazioni del rischio psicosociale, in relazione al diritto alla disconnessione;

(d) i criteri per la concessione di una deroga ai datori di lavoro dall'obbligo di attuare il diritto dei lavoratori alla disconnessione;

(e) in caso di deroga a norma della lettera d), i criteri per stabilire le modalità di calcolo della compensazione per il lavoro svolto al di fuori dell'orario di lavoro conformemente alle direttive 89/391/CEE, 2003/88/CE, (UE) 2019/1152 e (UE) 2019/1158 nonché al diritto e alle prassi nazionali.

(f) le misure di sensibilizzazione, compresa la formazione sul luogo di lavoro, che i datori di lavoro sono tenuti ad adottare riguardo alle condizioni di lavoro di cui al presente paragrafo.

Le deroghe di cui al primo comma, lettera d), sono previste soltanto in circostanze eccezionali, quali la forza maggiore o altre emergenze, a condizione che il datore di lavoro fornisca per iscritto a ogni lavoratore interessato le motivazioni che dimostrino la necessità di una deroga ogniqualvolta si ricorra a essa.

2. Gli Stati membri possono, conformemente al diritto e alle prassi nazionali, affidare alle parti sociali il compito di concludere accordi collettivi a livello nazionale, regionale, settoriale o di datore di lavoro che stabiliscano o integrino le condizioni di lavoro di cui al paragrafo 1.

3. Gli Stati membri provvedono affinché i lavoratori che non sono coperti da un accordo collettivo a norma del paragrafo 2 beneficino di una tutela conformemente alla presente direttiva.

Articolo 5

Tutela contro trattamenti sfavorevoli

1. Gli Stati membri provvedono affinché siano vietati la discriminazione, il trattamento meno favorevole, il licenziamento e altre misure sfavorevoli da parte dei datori di lavoro per il fatto che il lavoratore abbia esercitato o tentato di esercitare il diritto alla disconnessione.

2. Gli Stati membri garantiscono che i datori di lavoro proteggano i lavoratori, compresi i rappresentanti dei lavoratori, da qualsiasi trattamento sfavorevole e da qualsiasi conseguenza sfavorevole derivante da un reclamo presentato al datore di lavoro o da un procedimento promosso al fine di garantire il rispetto dei diritti di cui alla presente direttiva.

3. Gli Stati membri garantiscono che, quando i lavoratori che ritengono di essere stati licenziati o di aver subito un altro trattamento sfavorevole per aver esercitato o tentato di esercitare il diritto alla disconnessione presentano dinanzi a un tribunale o a un'altra autorità competente fatti idonei a far sorgere una presunzione che siano stati licenziati o abbiano subito un altro trattamento sfavorevole per tale motivo, incombe al datore di lavoro dimostrare che il licenziamento o il trattamento sfavorevole è stato basato su motivi diversi.

4. Il paragrafo 3 non osta a che gli Stati membri impongano un regime probatorio più favorevole ai lavoratori.

5. Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare il paragrafo 3 alle procedure nelle quali l'istruzione dei fatti spetta all'organo giurisdizionale o all'organo competente.

6. Salvo diversa disposizione degli Stati membri, il paragrafo 3 non si applica ai procedimenti penali.

Articolo 6

Diritto di ricorso

1. Gli Stati membri provvedono affinché i lavoratori il cui diritto alla disconnessione è stato violato abbiano accesso a un meccanismo di risoluzione delle controversie rapido, efficace e imparziale e beneficino di un diritto di ricorso in caso di violazioni dei loro diritti derivanti dalla presente direttiva.

2. Gli Stati membri possono stabilire che le organizzazioni sindacali o altri rappresentanti dei lavoratori abbiano la facoltà, per conto o a sostegno dei lavoratori e con la loro approvazione, di avviare procedimenti amministrativi al fine di garantire la conformità con la presente direttiva o la sua applicazione.

Articolo 7

Obbligo di informazione

Gli Stati membri provvedono affinché i datori di lavoro forniscano per iscritto a ciascun lavoratore informazioni chiare, sufficienti ed adeguate sul diritto alla disconnessione, compresa una dichiarazione che precisi i termini degli accordi collettivi o di altri accordi applicabili. Tali informazioni comprendono almeno i seguenti elementi:

(a) le modalità pratiche per scollegarsi dagli strumenti digitali a scopi lavorativi, compresi eventuali strumenti di monitoraggio legato al lavoro, di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a);

(b) il sistema di misurazione dell'orario di lavoro, di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b);

(c) le valutazioni del datore di lavoro sulla salute e sulla sicurezza in relazione al diritto alla disconnessione, comprese le valutazioni del rischio psicosociale, di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera c);

(d) i criteri per la concessione di una deroga ai datori di lavoro dall'obbligo di attuare il diritto alla disconnessione e i criteri per stabilire la compensazione per il lavoro svolto al di fuori dell'orario di lavoro, di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettere d) ed e);

(e) le misure di sensibilizzazione del datore di lavoro, compresa la formazione sul luogo di lavoro, di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera f);

(f) le misure di tutela dei lavoratori contro trattamenti sfavorevoli conformemente all'articolo 5;

(g) le misure di attuazione del diritto di ricorso dei lavoratori conformemente all'articolo 6.

Articolo 8

Sanzioni

Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in conformità della presente direttiva o delle pertinenti disposizioni già in vigore riguardanti i diritti che rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva, e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l'attuazione. Tali sanzioni sono effettive, proporzionate e dissuasive. Entro … [due anni dalla data di entrata in vigore della presente direttiva], gli Stati membri notificano tali norme e misure alla Commissione e provvedono poi a dare immediata notifica delle eventuali modifiche successive.

Articolo 9

Livello di protezione

1. La presente direttiva non costituisce un motivo valido per ridurre il livello generale di protezione riconosciuto ai lavoratori negli Stati membri.

2. La presente direttiva lascia impregiudicata la prerogativa degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o di promuovere o consentire l'applicazione di contratti collettivi che siano più favorevoli ai lavoratori.

3. La presente direttiva lascia impregiudicato ogni altro diritto conferito ai lavoratori da altri atti giuridici dell'Unione.

Articolo 10

Relazione, valutazione e revisione del diritto alla disconnessione

1. Entro ... [cinque anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva] e successivamente ogni due anni, gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione contenente tutte le informazioni pertinenti sull'attuazione e l'applicazione pratiche della presente direttiva, così come indicatori di valutazione sulle pratiche di attuazione del diritto alla disconnessione, indicando i rispettivi punti di vista delle parti sociali nazionali.

2. Sulla base delle informazioni fornite dagli Stati membri a norma del paragrafo 1, la Commissione, entro ... [sei anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva] e successivamente ogni due anni, presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione e sull'applicazione della presente direttiva e valuta la necessità di misure aggiuntive, compresa, se del caso, la modifica della presente direttiva.

Articolo 11

Recepimento

1. Entro il ... [due anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva], gli Stati membri adottano e pubblicano le misure legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal … [tre anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva].

Le misure adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.

2. A decorrere dall'entrata in vigore della presente direttiva, gli Stati membri provvedono a comunicare alla Commissione, in tempo utile perché questa possa presentare le proprie osservazioni, qualsiasi progetto di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che intendano adottare nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

3. Conformemente all'articolo 153, paragrafo 3, TFUE, gli Stati membri possono affidare alle parti sociali l'attuazione della presente direttiva, su loro richiesta congiunta, a condizione che garantiscano il rispetto della presente direttiva.

Articolo 12

Dati personali

I datori di lavoro trattano i dati personali di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b) della presente direttiva soltanto ai fini della registrazione dell'orario di lavoro del singolo lavoratore. Essi non trattano tali dati per altri fini. I dati personali sono trattati conformemente al regolamento (CE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio(19) e alla direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(20).

Articolo 13

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Articolo 14

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

...

Fonte: UE

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Compartimentazione antincendio

ID 12804 | | Visite: 5038 | News Prevenzioni Incendi

Compartimentazione antincendio

Compartimentazione antincendio

ID 12804 | 10.02.2021

Il “Codice di prevenzione incendi”, nella sezione S “Strategia antincendio”, prevede dieci capitoli dedicati alle “Misure” di riduzione del rischio di incendio.

Il capitolo S.3 del Codice è dedicato alla compartimentazione antincendio. La misura di compartimentazione S.3 ha la funzione di suddividere l’opera da costruzione in volumi, ciascuno dei quali consentirà di mantenere al proprio interno l’eventuale incendio per un tempo prefissato. Il compartimento antincendio rappresenta, pertanto, una “cella” continua per la quale le prestazioni di contenimento dell’incendio al suo interno non degradano, almeno per il tempo stabilito dalla classe, in caso di sviluppo di incendio generalizzato.

Il presente quaderno della collana è dedicato all’approfondimento applicativo della misura S.3 Compartimentazione del Codice di prevenzione incendi.

La pubblicazione è stata redatta con riferimento alla versione aggiornata del Codice ai sensi del d.m. 18 ottobre 2019 recante modifiche all'allegato 1 al d.m. 3 agosto 2015, recante “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell'art. 15 del d.lgs. 8 marzo 2006, n. 139” per quanto riguarda la RTO e al d.m. 14 febbraio 2020 per quanto riguarda le RTV riguardanti Uffici, Attività ricettive, Attività scolastiche e Attività commerciali, al d.m. 15 maggio 2020 per quanto riguarda la RTV sulle Autorimesse, al d.m. 6 aprile 2020 per quanto riguarda la RTV sugli Asili nido, al d.m. 10 luglio 2020 per quanto riguarda la RTV su Musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi in edifici tutelati, alle bozze di RTV approvate nel corso delle riunioni del Comitato Centrale Tecnico Scientifico di prevenzione incendi del Ministero dell’interno per quanto riguarda le Strutture sanitarie, gli Edifici di civile abitazione e lo Stoccaggio e trattamento dei rifiuti.

La pubblicazione contiene esempi di progettazione di alcune attività, redatti focalizzando l’attenzione sulla misura S.3, in relazione alla quale sono state applicate sia soluzioni conformi che una o più soluzioni alternative, anche applicando i metodi suggeriti dal Codice.

In particolare, dopo un doveroso richiamo delle regolamentazioni sopra citate limitatamente alla misura S.3, i casi studio riguardano:

- la valutazione dell’irraggiamento termico verso un bersaglio esterno all’edificio sorgente;
- la valutazione delle distanze di separazione tra materiali combustibili all’interno di uno stabilimento per attività di produzione, lavorazione e stoccaggio di materiale plastico;
- la valutazione delle distanze di separazione tra materiali combustibili all’interno di uno stabilimento per attività di lavorazione e stoccaggio di olii vegetali;
- la dimostrazione dell’efficienza di una scala protetta benché priva di una chiusura di tipo E-Sa all’interno di un edificio storico adibito ad ufficio;
- la gestione della compartimentazione interna di un’attività ufficio rispetto all’attività secondaria (34.2.C) sita ai piani interrati;
- la compartimentazione di un fienile adottando una soluzione con tecnologia innovativa;
- la compartimentazione in un immobile nel quale sono inseriti uffici facenti capo a diversa titolarità;
- la dimostrazione dell’efficienza della parete di separazione tra due manufatti nell’ambito di un magazzino automatico;
- la dimostrazione del raggiungimento degli obiettivi di sicurezza antincendio all’interno di una warehouse di grandi dimensioni posta all’interno di un unico compartimento multipiano.

Considerato che la pubblicazione è stata scritta “a più mani”, grazie anche al contributo di alcuni professionisti del settore, può rilevarsi una diversa sensibilità nell’approccio alla progettazione antincendio da parte dei vari Autori; si ritiene tuttavia che tale circostanza possa costituire, a conti fatti, una preziosa risorsa per l’attento lettore che potrà esercitarsi nel ripercorrere un caso studio, adottando un approccio acquisito o un altro.

L’obiettivo è quello di illustrare che la vera novità del Codice è rappresentata dalle soluzioni alternative e che, in tale ambito, ciascun professionista antincendio può far valere le proprie competenze e professionalità.

Si resta convinti, infatti, che pensare al Codice solamente in termini di soluzioni conformi, che pur costituiscono un valido supporto al progettista antincendio ma di tipo “prescrittivo guidato”, non aiuta a cogliere la reale potenza dello strumento normativo.

Questo nuovo potere comporta delle responsabilità per il progettista antincendio ma, allo stesso tempo, una serie di opportunità per progettare in maniera più intelligente e puntuale, realizzando ciò che davvero influenza positivamente la sicurezza antincendio in termini di razionalità, economia e, non ultimo, soddisfazione professionale.

[...]

Fonte: INAIL

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Linee guida per l’utilizzo degli impianti sciistici

ID 12792 | | Visite: 2607 | News Sicurezza

Linee guida impianti sciistici

Linee guida per l’utilizzo degli impianti sciistici

Roma, 8 febbraio 2021 - Linee guida per l’utilizzo degli impianti di risalita nelle stazioni e nei comprensori sciistici da parte degli sciatori amatoriali

Pubblicate dalle Regioni dopo il parere del Cts le linee guida per lo sci.

Le presenti linee guida individuano le misure di prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 da predisporre per l’utilizzo in sicurezza, qualora lo scenario epidemiologico lo consentirà, dei seguenti impianti di risalita all’interno di stazioni, aree e comprensori sciistici nella stagione invernale: sciovie (skilift), funivie, seggiovie, cabinovie. Si intendono inclusi anche tapis-roulant e nastri trasportatori per i brevi collegamenti. Si rimanda alla normativa vigente per la disciplina di ogni ulteriore aspetto tecnico circa il funzionamento di tali impianti.

Le presenti Linee Guida sono adottate in attuazione a quanto stabilito dall’articolo 1, comma 10, lettera oo) del DPCM 14 gennaio 2021 per quanto riguarda l’apertura degli impianti per gli sciatori amatoriali ferme restando le altre disposizioni previste dalla medesima lettera oo) per gli atleti professionisti o non professionisti riconosciuti di interesse nazionale dal CONI, CIP e/o dalle rispettive federazioni per permettere la preparazione finalizzata allo svolgimento di competizioni sportive nazionali e internazionali o lo svolgimento di tali competizioni.

Il presente documento è stato redatto sulla base dei principi generali per il riavvio delle attività definiti in occasione dello stato di emergenza, ad oggi persistente, dettato dalla pandemia legata al Covid-19.

Il documento evidenzia in particolare la necessità di valutare interventi finalizzati alla prevenzione ed al contenimento del citato rischio, in considerazione degli aspetti:

a. Strutturali e tecnologici;
b. Organizzativi;
c. Legati alla Sorveglianza sanitaria.

Quale misura preliminare, è necessario limitare il numero massimo di presenze giornaliere mediante l’introduzione di un tetto massimo di skipass giornalieri vendibili, che tenga conto non solo delle quote giornaliere ma anche di quelle settimanali e stagionali, determinato in base alle caratteristiche della stazione/area/comprensorio sciistico, con criteri omogenei per Regione o Provincia Autonoma o comprensorio sciistico da definire successivamente, sentiti anche i rappresentanti di categoria ed i rappresentanti delle strutture ricettive, e concordati con i Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende Sanitarie Locali competenti per territorio.

A tale scopo, i gestori dovranno adottare sistemi di prenotazione che siano in grado di consentire una gestione strutturata del numero di utenti che possono effettivamente accedere ai comprensori sciistici ed ai relativi impianti di risalita per ciascuna singola giornata, coordinandosi con le Autorità Sanitarie locali e con le strutture ricettive.

Nei comprensori sciistici di maggiori dimensioni, che si estendono oltre i confini regionali e/o provinciali, le Regioni o le Province Autonome confinanti dovranno coordinarsi per individuare misure idonee di prevenzione per la gestione dei flussi e delle presenze, soprattutto nel caso di possibili differenze nei regimi di apertura/chiusura conseguenti al mutamento delle condizioni di rischio di una Regione/Provincia Autonoma.

Si precisa che le misure di cui alle presenti linee guida potranno essere oggetto di revisione a fronte di nuove evidenze epidemiologiche, contributi o indicazioni normative nazionali o regionali finalizzate alla prevenzione e al contenimento del rischio associato alla diffusione di SARS-CoV-2 e verranno applicate se lo scenario epidemiologico sarà coerente alla loro applicazione.

Valutazione dei rischi Covid-19

I rischi legati alla diffusione del virus COVID-19 devono essere costantemente monitorati e, pertanto, i relativi documenti devono essere aggiornati ed applicati in funzione di nuove evidenze ed indicazioni ufficiali volte alla tutela del rischio da Covid-19.

Formazione del personale e individuazione del referente COVID

Le misure di prevenzione del rischio adottate, devono essere condivise con il personale dipendente il quale, nei casi previsti, dovrà essere formato ed addestrato sull’applicazione o sull’utilizzo di dispositivi atti ad evitare il fattore di rischio. Per l’assistenza ed il supporto rispetto all’adozione ed al mantenimento delle misure di prevenzione, è opportuna la nomina di un Referente COVID, soggetto formato a tal fine.

A tale riguardo si rinvia ai documenti di carattere generale che trattano tali aspetti.

[...] Segue in allegato

_______

Sommario
1. Premessa
2. Valutazione dei rischi Covid-19
3. Formazione del personale e individuazione del referente COVID
4. Aerazione e sanificazione
5. Rapporti tra le persone
5.1 Clienti e clienti
5.2 Clienti e personale
5.3 Personale e personale
5.4 Fornitori e personale
5.5 Prestatori di servizi all’interno della struttura o manutentori
5.6 Attività di ristorazione e per i pubblici esercizi in quota
6. Sorveglianza COVID
7. Gestione dei casi di Covid-19 tra i clienti
8. Gestione dei casi di Covid-19 tra il personale
9. Gestione dei lavoratori fragili
10. Materiali e protezioni per lo staff

...

Fonte: Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 4070 | 03 Febbraio 2021

ID 12766 | | Visite: 1378 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 03 febbraio 2021 n. 4070

Mancanza di parapetto regolamentare della scala in muratura e rovinosa caduta del lavoratore. Omessa adozione di una completa e corretta valutazione dei rischi

Penale Sent. Sez. 4 Num. 4070 Anno 2021
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 11/12/2020

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 24.4.2019 la Corte di appello di Torino confermava la condanna di A.R. in ordine al reato di cui all'art. 590, comma 3, cod. pen., per avere, quale datore di lavoro di fatto di Z.A., colposamente cagionato lesioni gravi al medesimo, non avendo provveduto a dotare di un parapetto regolamentare la scala di muratura di collegamento tra il piano seminterrato e quello superiore su cui lo Z.A. stava lavorando, in mancanza del quale il lavoratore cadeva dai gradini della scala, rovinando all'indietro sul pavimento di cemento, procurandosi un trauma cranico grave, con prognosi di 180 gg. s.c. (fatto del 26.9.2012).
2. Avverso tale sentenza d'appello propone ricorso per cassazione il A.R., a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) violazione di legge e vizi motivazionali secondo i seguenti profili.
Si deduce, quanto alla corretta valutazione dei rischi di cui all'art. 96 d.lgs. n. 81/2008, che non convince l'argomentazione della Corte territoriale secondo cui "una corretta e completa valutazione dei rischi avrebbe consentito l'adozione delle misure necessarie a garantire la sicurezza dei lavoratori". Si afferma che ciò che rileva ai fini della produzione dell'evento sono le misure di prevenzione e sicurezza effettivamente installate e non la loro astratta previsione sulla carta all'atto della predisposizione del POS. Nel caso di specie è chiaro che la causa dell'evento è stata la mancanza di un idoneo parapetto e non certo la mancanza di un POS dettagliato e specifico.
Quanto alla violazione dell'art. 147 d.lgs n. 81/2008, relativamente all'assenza di un parapetto regolamentare, si ritiene illogica la motivazione nella parte in cui esclude che sia stato lo stesso lavoratore a rimuovere le protezioni laterali in questione. Sul punto le deposizioni del teste R. non appaiono significative e, semmai, confermano la probabile esistenza di analoghe protezioni al piano inferiore doveva lavorava l'infortunato. Inoltre, la rimozione delle protezioni non necessitata dall'esecuzione dei lavori in oggetto costituisce iniziativa autonoma ed estemporanea del lavoratore capace di porsi come causa sopravvenuta di per sé idonea a provocare l'evento. Tale aspetto non risulta approfondito nella sentenza impugnata.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

Considerato in diritto

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
2. Innanzitutto, va evidenziato che nel caso di c.d. "doppia conforme" le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
2.1. La Corte territoriale ha, invero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza, procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.
2.2. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione, di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di r:icostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/ 06/ 2016 ).
2.3. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione, per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché - come nel caso in esame - siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca, Rv. 255542).
2.4. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
2.5. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione della valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
2.6. Non va, infine, pretermesso che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purché specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio, fermi restando il limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774): ipotesi che, nella specie, deve escludersi.
3. Ciò posto, giova rammentare che, nell'ambito della sicurezza sul lavoro, emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l'uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie. Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il "garante" è il soggetto che gestisce il rischio e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l'illecito, qualora l'evento si sia prodotto nell'ambito della sua sfera gestoria. Proprio nell'ambito in parola (quello della sicurezza sul lavoro) il d.lgs. n. 81 del 2008 (così come la precedente normativa in esso trasfusa) consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che, in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale.
4. Nel caso che occupa, l'imputato (quale onerato della "posizione di garanzia" nella materia prevenzionale, come spiegato dai Giudici del merito) era il gestore del rischio e l'evento si è verificato nell'alveo della sua sfera gestoria (cfr. Sez. Un., n. 38343 del 24/04/2014, Rv. 261108).
E' stato accertato insindacabilmente che la scala in muratura di collegamento tra il piano seminterrato e quello superiore era priva delle previste protezioni laterali, la cui presenza avrebbe certamente evitato che il lavoratore, in caso di caduta accidentale, riportasse le gravi lesioni in atti refertate.
Non è questa la sede per rimettere in discussione le circostanze che hanno condotto alla situazione del cantiere, riscontrata a seguito degli accertamenti svolti dallo SPRESAL, né questa Corte può valutare diversamente le dichiarazioni rese dal R., non potendo entrare nel merito della ricostruzione dei fatti riportata nelle sentenze di merito, priva di incongruenze o di aporie logiche evidenti, come tale esente da vizi rilevabili nella presente sede di legittimità.
Anche le argomentazioni in ordine alla mancata adozione di una completa e corretta valutazione dei rischi, quale imposta dall'art. 96 del d.lgs. n. 81/2008, sono assolutamente congrue, logiche e prive di errori in diritto, potendosi certamente affermare che la genericità del Piano operativo di sicurezza abbia contributo, quale concausa, alla produzione dell'evento, posto che una corretta e completa valutazione dei rischi avrebbe consentito l'adozione delle misure necessarie a garantire la sicurezza dei lavoratori. Si tratta di una valutazione controfattuale certamente plausibile e ragionevole, che come tale sfugge alle apodittiche doglianze prospettate sul punto dal ricorrente.
Infine, la eventuale ed ipotetica condotta abnorme dello Z.A. non può considerarsi interruttiva del nesso di condizionamento, poiché essa non si è collocata al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. In altri termini, la complessiva condotta del lavoratore, per come è stata accertata in sede di merito, non è stata eccentrica rispetto al rischio lavorativo che il garante (il ricorrente quale titolare della ditta) era chiam ato a governare (cfr. Sez. Un., n. 38343 del 24/04/2014, cit.).
5. La riscontrata inammissibilità del ricorso, cui consegue la mancata instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen., tra cui la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L, Rv. 21726601).
6. Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 11 dicembre 2020

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Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 4070 Anno 2021.pdf
 
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Guida operativa in materia COVID-19

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Guida operativa lavoro ANCE

Guida operativa in materia COVID-19

ANCE - Gennaio 2021

In allegato:

- Guida operativa in materia COVID-19 (gennaio 2021)
- COVID 19 Indicazioni operative corretta gestione del rapporto di lavoro nelle diverse casistiche (gennaio 2021)

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Guida operativa in materia COVID-19 (gennaio 2021)

INDICE
NORMATIVA DI RIFERIMENTO
LEGGE N. 27 DEL 24 APRILE 2020, DI CONVERSIONE DEL D.L. N. 18/2020, C.D. “CURA ITALIA”
LEGGE N. 77/2020 DI CONVERSIONE DEL D.L. N. 34/2020, C.D. “RILANCIO”
LEGGE N. 40/2020 DI CONVERSIONE DEL D.L N. 23/2020, C.D “LIQUIDITÀ” .
LEGGE N. 120/2020 DI CONVERSIONE DEL DECRETO LEGGE N. 76 DEL 16 LUGLIO 2020, C.D. “SEMPLIFICAZIONI”
LEGGE N. 124/2020 DI CONVERSIONE DEL DECRETO LEGGE N. 83 DEL 30 LUGLIO 2020
LEGGE N. 126/2020 DI CONVERSIONE DEL DECRETO LEGGE N. 104 DEL 14 AGOSTO 2020 C.D. “AGOSTO”
Legge n. 176/2020 di conversione del DECRETO-LEGGE N. 137 DEL 28 OTTOBRE 2020, C.D “RISTORI”
LEGGE N. 159 DEL 27 NOVEMBRE 2020 DI CONVERSIONE del D.L. N. 125/2020
DECRETO-LEGGE N. 158 DEL 2 DICEMBRE 2020
LEGGE 30 DICEMBRE 2020 N. 178 (LEGGE DI BILANCIO 2021)
DECRETO LEGGE N. 183 DEL 31 DICEMBRE 2020
DECRETO LEGGE N. 2 DEL 14 GENNAIO 2021
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 14 GENNAIO 2021
LINEE GUIDA PER LA RIAPERTURA DELLE ATTIVITA’ ECONOMICHE, PRODUTTIVE E RICREATIVE -
CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME
FOCUS SULLA SALUTE E SICUREZZA
PROTOCOLLI ANTI CONTAGIO PER LE IMPRESE EDILI
FORMAZIONE
ALTRI PROTOCOLLI UTILI
PROCEDURE DI SANIFICAZIONE
OBBLIGHI DEI DATORI DI LAVORO CONTRO IL COVID- 19
SORVEGLIANZA SANITARIA ECCEZIONALE
FOCUS SUGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI
NORME SPECIALI IN MATERIA DI CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI ORDINARIA
(CIGO) E ASSEGNO ORDINARIO (ASO)
CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI IN DEROGA
FOCUS SU INCENTIVI ALL’OCCUPAZIONE ED ESONERI CONTRIBUTIVI
INCENTIVO PER ASSUNZIONE DI GIOVANI
INCENTIVO PER ASSUNZIONE DI DONNE
DECONTRIBUZIONE SUD
ESONERO CONTRIBUTIVO PER AZIENDE CHE NON RICHIEDONO TRATTAMENTI DI
INTEGRAZIONE SALARIALE PER CAUSALI CORRELATE ALL’EMERGENZA COVID-19
SANEDIL
FONDO NAZIONALE DI ASSISTENZA SANITARIA INTEGRATIVA PER I LAVORATORI
DELL’EDILIZIA
FOCUS IN MATERIA DI LAVORO
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LICENZIAMENTI
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONGEDI E BONUS
EQUIPARAZIONE, AI FINI DEL TRATTAMENTO ECONOMICO, DELLA QUARANTENA ALLA
MALATTIA
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI “SMART WORKING”
TRASFERTE
INGRESSO DEI LAVORATORI DALL’ESTERO
INDICAZIONI IN MATERIA DI PRIVACY

COVID 19 Indicazioni operative corretta gestione del rapporto di lavoro nelle diverse casistiche (gennaio 2021)

SOMMARIO
TIPOLOGIA DI TEST DIAGNOSTICI
CHI ESEGUE I TAMPONI
LE MISURE DI SALUTE PUBBLICA
GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO NELLA FASE PRELIMINARE AL TEST
GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO NELLA FASE SUCCESSIVA AL TEST
GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO - CONTATTO STRETTO
GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO - ESTERO
GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO – CIGO/CIGS/CIGD/ASO
GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO – QUARANTENA FIGLI MINORI DI 16 ANNI
GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO – GENITORI DI FIGLI MINORI CON DISABILITA’
GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO – LAVORATORI FRAGILI

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Fonte: ANCE

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La protezione da SARS-CoV-2 per i lavoratori agricoli

ID 12760 | | Visite: 2264 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

La protezione da SARS COV 2 per i lavoratori agricoli

La protezione da SARS-CoV-2 per i lavoratori agricoli

INAIL, 2021

Nell'attuale fase di emergenza sanitaria, il rischio biologico in agricoltura causato da esposizione al virus SARS-CoV-2 può derivare dal mancato rispetto della distanza minima interpersonale tra i lavoratori e tra i lavoratori e l'utenza.

Con il presente opuscolo si ritiene di poter fornire agli operatori agricoli del settore agro-zootecnico strumenti utili alla gestione della sicurezza e della tutela della salute, nel rispetto della normativa vigente, quali misure di prevenzione e protezione adeguate ed efficaci per mitigare l'esposizione e la diffusione del virus SARS-CoV-2 (igiene sul luogo di lavoro, misure di protezione individuale, gestione corretta delle attrezzature di lavoro)

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INTRODUZIONE
RISCHIO BIOLOGICO IN AGRICOLTURA
MODALITÀ DI TRASMISSIONE DEL SARS-COV-2 E MANIFESTAZIONI CLINICHE
FATTORI DI RISCHIO DI ESPOSIZIONE IN AGRICOLTURA
Contatto stretto
Durata del contatto
Modalità di trasmissione
Mobilità dei lavoratori
Scarso accesso ai servizi igienici essenziali
COSA DEVE FARE IL LAVORATORE IN AZIENDA
Prima di entrare…
Per recarsi al lavoro…
Come entrare ed uscire dall’azienda
Cosa non bisogna fare…
Durante le attività manuali in campo
Durante le attività manuali in serra
Uso di macchine agricole
Sanificazione delle macchine agricole
Attività zootecniche
Attività di trasformazione (caseificio, cantina, frantoio, macellazione e salumificio …)
Come pulire e sanificare…
Come comportarsi negli spazi comuni e negli alloggi
I rifiuti
PUNTO VENDITA IN AZIENDA
Cosa fare con i clienti durante la vendita (fattoria, garden center, serra…)
TRASPORTO DEI PRODOTTI FUORI DALL’AZIENDA
Come trasportare i prodotti dall’azienda ai punti vendita
CONTAGIO E REINTEGRO IN AZIENDA
Cosa fare se si hanno sintomi in azienda
Cosa fare per rientrare al lavoro dopo essere guariti
I LAVORATORI STAGIONALI STRANIERI IN ITALIA DEVONO…
QUALI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
CHECK LIST PER IL LAVORATORE
Verifica se il tuo comportamento è in regola!
ALLEGATI
Allegato 1 - Qual è il distanziamento sociale corretto
Allegato 2 - Laviamo le mani!
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

Fonte: INAIL

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Rischio incendio ed esplosione in agricoltura

ID 12748 | | Visite: 2848 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Rischio incendio esplosione in agricoltura

Rischio incendio ed esplosione in agricoltura

INAIL, 03.02.2021

La pubblicazione si inserisce nell’ambito di una collaborazione tra Inail e Corpo Nazionale dei Vigili dei fuoco, finalizzata a incidere sulla riduzione degli infortuni sul lavoro e ad implementare la necessaria cultura della sicurezza nei settori dell’edilizia e dell’agricoltura, tra i più rischiosi e con il più alto indice infortunistico in termini di frequenza e gravità.

I fattori alla base del fenomeno infortunistico in agricoltura sono molteplici e vanno dalla gestione, a volte prevalentemente familiare, alla presenza di macchine e attrezzature obsolete fino alla mancanza di una reale consapevolezza dei fattori di rischio presenti. Sebbene la maggior parte degli infortuni gravi e mortali in agricoltura sia legata all’uso di trattori e cadute dall’alto, non vanno tuttavia trascurati gli infortuni legati a problematiche imputabili al rischio di incendio ed esplosione. La pubblicazione riporta sia indicazioni operative per l’individuazione delle possibili fonti di rischio di incendio ed esplosione e le relative misure di prevenzione e protezione, sia focus tematici su specifiche problematiche quali quelle relative agli spazi confinati.

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Indice
Prefazione
Introduzione
1. Aspetti normativi
1.1 Introduzione
1.2 La prevenzione incendi e la sicurezza sul lavoro
1.3 Le attività soggette ai controlli dei Vigili del fuoco: il d.p.r. 151/2011
1.4 Gli adempimenti di prevenzione incendi
1.5 Le attività normate e non normate
1.6 Esempi di applicazione del d.p.r. 151/2011
1.7 La vigilanza
1.8 I nuovi strumenti di progettazione: il d.m. 3/08/2015 modificato dal d.m. 18/10/2019
1.9 Altri strumenti progettuali
2. Gestione della sicurezza antincendio
2.1 Introduzione
2.2 L’organizzazione della sicurezza secondo il d.lgs. 81/2008
2.3 La gestione della sicurezza antincendio secondo il Codice
2.4 Gli obblighi connessi con l’esercizio dell’attività
2.5 Il registro antincendio
2.6 Gli addetti antincendio
2.7 Informazione e formazione dei lavoratori
2.8 Contenuti dei corsi di formazione
3. Prevenzione e procedure di emergenza
3.1 Introduzione
3.2 La prevenzione incendi
3.3 La gestione dell’emergenza antincendio: il piano di emergenza
3.4 Le procedure di emergenza
3.5 Fasi della gestione dell’emergenza
3.6 Controllo delle presenze
3.7 Le figure del piano di emergenza
3.7.1 Compiti del responsabile emergenza
3.7.2 Compiti degli addetti squadra emergenza
3.7.3 Norme per tutti i lavoratori
3.7.4 Norme per personale esterno e/o visitatori
3.8 Misure di prevenzione e protezione in ambiti specifici
3.8.1 Atmosfere esplosive
3.8.2 Spazi confinati
3.8.3 Strutture in cemento amianto
3.8.4 Rischio di incidente rilevante
4 Focus - Capannoni agricoli e fienili
4.1 Introduzione
4.2 La valutazione del rischio incendio nei capannoni agricoli e nei fienili
4.2.1 Rischio di incendio
4.2.2 Materiali combustibili/infiammabili
4.2.3 Sorgenti d’innesco
4.3 Le misure di sicurezza antincendio
4.3.1 Le misure di prevenzione
4.3.2 Le misure di prevenzione dell’autocombustione dei prodotti soggetti a fermentazione
4.3.3 Le misure di protezione
4.4 La gestione delle emergenze
5 Focus - Frantoi oleari
5.1 Introduzione
5.2 Il processo di produzione di un frantoio a ciclo continuo
5.3 La valutazione del rischio incendio ed esplosione nei frantoi
5.3.1 Rischio incendio
5.3.2 Le aree a rischio specifico dei frantoi
5.4 Spazi per depositi e impianti
5.5 Resistenza al fuoco
5.6 Compartimentazione
5.7 Esodo
5.8 Controllo dell’incendio
5.9 Rivelazione e allarme
5.10 Controllo di fumi e calore
5.11 Operatività antincendio
5.12 Sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio
5.13 Gestione della sicurezza antincendio
5.14 Rischio di formazione di atmosfere potenzialmente esplosive
6 Focus - Depositi di fitofarmaci
6.1 Introduzione
6.2 Caratteristiche dei prodotti fitosanitari e relative lavorazioni
6.3 Principali criticità riscontrate
6.4 Locali adibiti al deposito e alla vendita dei prodotti
6.5 Ubicazioni
6.6 Caratteristiche del deposito
6.7 Misure preventive, protettive e precauzionali di esercizio
6.8 La progettazione delle misure di prevenzione incendi
6.9 Le misure di prevenzione e controllo degli incendi
6.10 Misure antincendio negli stabilimenti a rischio di incidente rilevante
6.11 Scenari legati al rischio incendio
6.12 Rischio di formazione di atmosfere potenzialmente esplosive
7 Focus - Depositi di carburante
7.1 Introduzione
7.2 Gasolio: proprietà chimico-fisiche e pericolosità
7.3 Serbatoi per lo stoccaggio di gasolio a uso agricolo: tipologie e dispositivi di sicurezza
7.4 Requisiti per l’installazione e distanze di sicurezza dei depositi di carburante
7.5 Le principali misure di prevenzione del rischio di incendio ed esplosione
7.6 Procedure di emergenza 
8 Focus - Ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento
8.1 Introduzione
8.2 Fattori di rischio
8.3 Qualificazione delle imprese operanti in ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento
8.4 Infortuni legati ad ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento nel settore agricolo
8.5 Silos agricoli: stoccaggio di cereali
8.5.1 Modalità di conservazione e rischio da inquinamento
8.5.2 Rischio di formazione di atmosfere esplosive
8.5.3 Rischio meccanico
8.5.4 Rischio di seppellimento o sprofondamento
8.6 Lo stoccaggio e la distribuzione dei mangimi
8.6.1 Sistemi di stoccaggio e distribuzione
8.6.2 Problematiche legate agli spazi confinati
8.6.3 Valutazione dei rischi e procedure di lavoro
8.7 Lo stoccaggio e il trattamento dei liquami, reflui zootecnici e concimaie
8.7.1 Liquami, reflui zootecnici e concimaie
8.7.2 Lo stoccaggio
8.7.3 I rischi
8.7.4 Le misure di prevenzione e protezione
8.8 Formazione, informazione e addestramento
9 Focus - Impianti biogas
9.1 Introduzione
9.2 Il processo di produzione del biogas
9.3 Immissione di biometano in rete
9.4 Le attività soggette a controllo dei Vigili del fuoco
9.5 Le regole tecniche di prevenzione incendi applicabili
9.6 Il d.m. 3/2/2016 per i depositi di gas
9.7 Distanze di sicurezza
9.8 Mezzi e impianti di estinzione incendi
9.9 Gli accumulatori pressostatici
9.10 Dispositivi di sicurezza contro le sovrappressioni
9.11 Rischio di formazione di atmosfere potenzialmente esplosive
9.12 Rete di terra e protezione dalle scariche atmosferiche
9.13 La formazione per gli addetti all’impianto
9.14 La manutenzione e i controlli
9.15 Gestione della sicurezza e delle emergenze
Bibliografia e riferimenti legislativi

[...]

Fonte: INAIL

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Valutazione rischio stress lavoro-correlato | Nuova piattaforma

ID 12743 | | Visite: 2922 | News Sicurezza

Valutazione rischio stress lavoro correlato

Valutazione rischio stress lavoro-correlato | Nuova piattaforma

INAIL, 03.02.2021

Per l'accesso alla piattaforma, aggiornata nelle sue funzionalità, sono necessarie le credenziali dispositive Inail

È stata pubblicata la versione reingegnerizzata della piattaforma Inail per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato ai sensi del d.lgs. 81/2008. La piattaforma può essere utilizzata dal Datore di lavoro e/o suo delegato e da soggetti terzi previsti di credenziali dispositive Inail, abilitati come “Incaricati stress lavoro-correlato” dal Datore di lavoro.

E' online la versione reingegnerizzata della Piattaforma Inail per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato ai sensi del d.lgs. 81/2008. La piattaforma, aggiornata nelle sue funzionalità, è accessibile al link in calce.
Per informazioni tecniche o metodologiche inerenti l'utilizzo della nuova piattaforma, è possibile inviare una richiesta di assistenza tramite il servizio online "Inail Risponde", disponibile nella sezione Supporto del portale.

Per richiedere assistenza tecnica, la richiesta va classificata come:

Ricerca e tecnologia - Assistenza ai servizi online - Piattaforma stress lavoro correlato

Per richiedere informazioni di carattere metodologico e normativo, la richiesta va classificata come:

Ricerca e tecnologia - Informazioni e normativa - Piattaforma stress lavoro correlato

Secondo l’Accordo Europeo sullo stress lavoro correlato del 2004, lo stress è "una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro". Lo stress lavoro-correlato pertanto può interessare potenzialmente ogni luogo di lavoro e ogni lavoratore in quanto causato da aspetti diversi strettamente connessi con l’organizzazione e l’ambiente di lavoro.

In Italia, il vigente quadro normativo, costituito dal d.lgs. 81/2008 e s.m.i., obbliga i datori di lavoro a valutare e gestire il rischio stress lavoro-correlato al pari di tutti gli altri rischi, in recepimento dei contenuti dell’Accordo europeo. A tal proposito nel novembre del 2010 la Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro ha elaborato le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio stress lavoro-correlato individuando un percorso metodologico che rappresenta il livello minimo di attuazione dell’obbligo.

Nel Maggio 2011 il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale ha sviluppato una Metodologia di valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato e pubblicato una specifica piattaforma online utilizzabile dalle aziende per effettuare la valutazione del rischio ai sensi del d.lgs. 81/2008 e s.m.i.

Il metodo proposto offre alle aziende strumenti validati e risorse specifiche, utilizzabili dalle aziende seguendo un approccio sostenibile ed integrato, articolato per fasi, che prevede il coinvolgimento delle figure della prevenzione e dei lavoratori.

A sei anni dal lancio della metodologia, grazie al considerevole utilizzo della piattaforma online da parte delle aziende italiane, è stato possibile raccogliere un considerevole bacino di dati su cui si sono basate le principale attività istituzionali su questa tipologia di rischio. 

Tra le principali novità si segnala:

- l’aggiornamento delle risorse documentali a supporto della valutazione del rischio;
- il miglioramento del sistema di calcolo della Lista di controllo;
- l’adeguamento delle fasce di rischio, sia per la Lista di controllo che per il Questionario strumento indicatore, sulla base delle analisi dei dati raccolti negli anni;
- l’approfondimento della fase di pianificazione degli interventi per una corretta gestione del rischio.

L’obiettivo principale della valutazione del rischio stress lavoro-correlato concerne l’identificazione di eventuali criticità relative a quei fattori di Contenuto del lavoro (carico di lavoro, orario, pianificazione dei compiti, ecc.) e Contesto del lavoro (ruolo, autonomia decisionale, rapporti interpersonali, ecc.) presenti in ogni tipologia di azienda e organizzazione. Successivamente, partendo dall’analisi dettagliata delle criticità emerse, si prosegue implementando un’adeguata gestione del rischio, che consente di migliorare le condizioni di lavoro e dei livelli di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, impattando positivamente sulla competitività delle aziende e sulla qualità dei prodotti e dei servizi erogati.

...

Fonte: INAIL

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Registri esposizione agenti cancerogeni/mutageni/agenti biologici | Obbligo invio telematico

ID 12741 | | Visite: 3160 | News Sicurezza

Registro esposizione invio on line

Registri di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni e ad agenti biologici: obbligo invio telematico dal 10 Febbraio 2021

Dal 10 febbraio 2021 le comunicazioni relative ai registri di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni e ad agenti biologici devono essere trasmesse esclusivamente con il servizio online.

Come descritto nella nota del 1° febbraio 2021, inviata alle Associazioni nazionali di categoria dei datori di lavoro, a decorrere dal 10 febbraio 2021 le comunicazioni relative ai registri di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni e ad agenti biologici devono avvenire esclusivamente attraverso il servizio online “Registro esposizione”, a disposizione di tutti i datori di lavoro.

L'introduzione del Registro di esposizione informatizzato - utilizzabile in sede di rilascio dai soli datori di lavoro titolari di Posizione assicurativa territoriale (Pat), nonchè ai soggetti da essi abilitati, e successivamente esteso anche ai datori di lavoro del settore agricolo e in gestione per conto dello Stato - ha rappresentato una semplificazione importante in quanto consente, con un unico inserimento telematico, di adempiere a quanto previsto dalla normativa vigente nei confronti di Inail e dell'organo di vigilanza in considerazione del fatto che l'applicativo è immediatamente accessibile ai funzionari dei Servizi di prevenzione delle Aziende sanitarie locali tramite le credenziali in loro possesso.

Con la circolare n. 43 del 12 ottobre 2017 e la Circolare n. 22 del 15 maggio 2018 per i datori di lavoro del settore agricolo e in gestione per conto dello Stato, decorre l'obbligo di utilizzo in via esclusiva del servizio telematico in oggetto.

Stante ii periodo di tempo trascorso dall'entrata in vigore dell'obbligo di invio telematico, si ritiene conclusa la necessaria fase di transizione connessa all'utilizzo dell'applicativo informatico, che ha previsto, nella sua prima applicazione, la disponibilita dell'Istituto ad acquisire e integrare nel richiamato applicative i dati dei registri che i datori di lavoro hanno trasmesso in formate cartaceo o tramite PEC.

Si rappresenta, pertanto, che a decorrere dal 10 febbraio 2021 non sarà più possibile da parte dell'Istituto ricevere ulteriori invii delle comunicazioni in argomento con modalità diverse dal servizio on line.

Qualora tuttavia, successivamente a tale data, dovessero pervenire ulteriori comunicazioni via PEC o in modalità cartacea, in una logica di fattiva collaborazione, si provvederà a contattare i datori di lavoro al fine di rappresentare la necessità di procedere all'invio telematico dei dati afferenti i Registri di esposizione in argomento nonché fornire adeguata assistenza nei casi in cui fossero rappresentate eventuali problematiche legate all'inserimento di tali dati.

[...]

Fonte: INAIL

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Macchine elettriche fisse esistenti: adeguamento PI entro il 7 ottobre 2021 e 2023

ID 12725 | | Visite: 12541 | News Prevenzioni Incendi

Macchine elettriche fisse esistenti adeguamento antincendio

Macchine elettriche fisse esistenti: adeguamento ai requisiti di sicurezza antincendio entro il 7 ottobre 2021 e 7 ottobre 2023

ID 12725 | 01.02.2021 / Scheda completa in allegato

Con l'attività 48 del D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151 vengono introdotte come nuove attività (in categoria B) le macchine elettriche con liquidi isolanti combustibili in quantitativi superiori a 1 mc.

RTV di riferimento: Decreto 15 settembre 2014.
Obbligo Codice DM 3 Agosto 2015: NO

D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151

Attività n.

Descrizione

Cat. A

Cat. B

Cat. C

48

Centrali termoelettriche, macchine elettriche fisse con presenza di liquidi isolanti combustibili in quantitativi superiori a 1 m3

 

Macchine elettriche

Centrali termoelettriche

Le macchine elettriche fisse con presenza di liquidi isolanti combustibili in quantità superiore ad 1 mc, esistenti alla data del 4 Settembre 2014 (data di entrata in vigore del Decreto 15 luglio 2014 - Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, l’installazione e l’esercizio delle macchine elettriche fisse con presenza di liquidi isolanti combustibili in quantità superiore ad 1 mc), devono adeguarsi ai requisiti previsti dal suddetto decreto di cui all’art. 6, comma 1, lettera b), entro il 7 ottobre 2021.

Inoltre devono essere adeguate agli altri requisiti previsti dal suddetto decreto di cui all’art. 6, comma 1, lettera c) entro il 7 ottobre 2023.

Decreto 15 settembre 2014 
...

Art. 6. Disposizioni complementari e finali

1. Fatti salvi gli obblighi stabiliti nella vigente legislazione tecnica in materia di sicurezza e di prevenzione incendi, le installazioni di macchine elettriche fisse esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto (trentesimo giorno successivo alla data di pubblicazione in GU - 4 Settembre 2014 - ndr) di cui all’art. 4, commi 2 e 4, devono essere adeguate ai requisiti di sicurezza antincendio ivi previsti, entro i seguenti termini:

a) entro il termine previsto dall’art. 11, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151(1) e successive modificazioni, per i seguenti punti della regola tecnica allegata al presente decreto:
Titolo I, Capo II, punti 7, 8, 9;
Titolo I, Capo II punto 10, limitatamente alla installazioni di tipo BE e CE e punto 11;
Titolo III, punto 3;
Titolo III, Capo I, punto 1;
Titolo III, Capo V, punto 2;

b) entro quattro anni dal termine previsto alla precedente lettera a), (7 ottobre 2021) per i seguenti punti della regola tecnica allegata al presente decreto:
Titolo III, Capo I, punto 2;
Titolo III, Capo II, punto 1, punto 3, limitatamente al primo capoverso, punto 4, limitatamente ai sistemi di ventilazione naturale, punto 5;
Titolo III, Capo III, punto 2, punto 3, limitatamente ai sistemi di ventilazione naturale, punto 4;
Titolo III, Capo IV, punto 2, punto 3, punto 4, limitatamente ai sistemi di ventilazione naturale, punto 5;

c) entro sei anni dal termine previsto alla precedente lettera a) (7 ottobre 2023) per i restanti punti dei Titoli I e III della regola tecnica allegata al presente decreto;
...

(1) L'art. 11, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151 è stato prorogato più volte, termine ultimo 7 ottobre 2017 (Vedi articolo proroghe nuove attività DPR 151/2011)

...
segue in allegato

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D.M. 28 aprile 2005

ID 4353 | | Visite: 20104 | Prevenzione Incendi

Decreto 28 Aprile 2005

D.M. 28 04 2005

Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti termici alimentati da combustibili liquidi.

(GU 116 del 20.05.2005)

N. ATTIVITÀ
(DPR 151/2011)
Categoria
74 Impianti per la produzione di calore alimentati a combustibile solido, liquido o gassoso con potenzialità superiore a 116 kW A B C
Fino a 350 kW Oltre 350 kW e fino a 700 kW Oltre 700 kW

 

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EU-OSHA | Review of the future of agriculture and OSH

ID 12705 | | Visite: 1225 | Documenti Sicurezza UE

Review of the future of agriculture and  OSH

EU-OSHA | Review of the future of agriculture and OSH

Foresight on new and emerging risks in OSH

Agriculture and forestry are among the most dangerous professions in Europe, with a high level of accidents affecting the sustainability and viability of the sector. Over the last 10 years, there has been an average of over 500 registered deaths per year in the agriculture and forestry sector and over 150,000 non-fatal accidents (Eurostat, 2017). Recent research indicates that there is significant under-reporting of both fatal and non-fatal accidents in the agriculture and forestry sector throughout Europe (Merisalu et al., 2019). In many instances, national reporting also places agriculture and forestry top or almost top among sectors in terms of the level of risk.

Farmer health is a key issue in the sector. Coronavirus disease 2019 (COVID-19) and the related OSH risks highlight the importance of health and working conditions in the sector with the European Commission establishing guidelines to protect seasonal workers, including their safety and health (EC, C2020 4813 final) and some Member States establishing guidelines for the agricultural sector (OSH wiki 2020 on COVID-19). Over 60 % of agricultural workers report having a limiting chronic disease and high levels of cardiovascular disease (CVD). According to an EU survey from 2012, workers from the agriculture sector were more likely than those in any other sector to report that their work affected their health (Eurofound, 2012). Eurostat (2010) also reported that work-related health problems occur more often in the ‘agriculture, hunting and forestry’ sector along with in the mining and quarrying sector than in any other sector. This is related to the fact that some of the least favourable job characteristics, such as manual work and atypical working hours, are more prevalent in these sectors. This report summarises a number of OSH risks that affect farmers and foresters. Pesticide-related risks, musculoskeletal disorders (MSDs), zoonoses, skin cancer, and stress and psychosocial issues are all major emerging and continuing risks in the sector that either have not been adequately managed or have been underestimated owing to lack of accurate data over the years.

This report reviews the future trends in agriculture and forestry, such as new technologies and climate change, identifies the resulting technological and organisational changes in the sector and defines the implications for OSH among farmers, foresters and other workers in this sector. The report looks at a number of potential emerging risks, particularly those that are the most imminent, namely those linked to digital evolution in the sector and resulting from climate change. The review aims to support policymakers at European and national levels in their development of strategies, regulations, and enforcement, guidance and support measures.

The report examines a number of issues affecting the future of farming and forestry: smart farming (precision farming, digitalisation, etc.) and other technology developments; climate change and environmental issues; society and consumer trends; the labour market and organisational issues; and international trade and economic considerations.

Smart farming (digitalisation and the use of new technologies) has been the subject of much attention in the sector, being identified as one of the few innovations that could potentially bring about a paradigm shift in productivity and increase food production.

_________

Table of Contents
List of figures
Executive summary
A sector with serious occupational safety and health challenges
A sector in transition
Resulting changes and occupational safety and health outcomes
1 Introduction
2 Methodology
3 Scope of the report
4 The occupational safety and health situation in farming and forestry
5 Overview of occupational health issues
Section A. Identification of major future trends and changes in agriculture and forestry
6 Main trends affecting agriculture and forestry
6.1 Technological innovation through science and technology
6.2 Climate change and the environment
6.3 Food and energy demand (food security)
6.4 Trade and economy
6.5 Policy and people
Section B. Implications for the occupational safety and health of farmers, foresters and other workers
7 Health and safety implications of technological innovation through science and technology
7.1 Smart farming, smart forestry and OSH — general considerations
7.2 Smart farming and OSH improvements
7.3 OSH challenges from smart farming technologies
7.4 OSH challenges from traditional and emerging machinery use
8 Climate change and the environment — occupational safety and health
8.1 Extreme weather events and fires
8.2 Heat exposure
8.3 Exposure to solar ultraviolet radiation
8.4 Animal and insect-borne disease and invasion of predatory species
8.5 Exposure to dust and pesticides
8.6 Specific forestry related risks from climate change
8.7 Impact of climate change on mental health
9 Trade and Economy – Occupational safety and health considerations
9.1 Trade and OSH impacts
9.2 Farm economic trends and their impact on safety and health
10 Labour market trends and impacts on occupational safety and health
10.1 Temporary and/or seasonal workers
10.2 Migrant workers
10.3 Part-time nature of farming and forestry work, linked to a high degree of pluriactivity
10.4 Self-employed farmers
10.5 Farming is very much a family concern
10.6 Role of women in farming
10.7 Retirees and farmers over 65
10.8 Young workers
10.9 Long working hours and OSH impacts in the sector
10.10 Rural depopulation and OSH risks
10.11 Stress and psychosocial risks
Section C. Next steps and future actions
11 Conclusions
12 Recommendations for policy-makers
12.1 OSH policy level
12.2 EU health policy
12.3 EU research into safety and health in agriculture and forestry
12.4 EU agricultural policy - ensuring the social sustainability of farming
References
APPENDICES
Annex 1: Keywords used to identify technological and organisational changes and OSH concepts in agriculture and forestry
Annex 2: Key OSH prevention resources in agriculture
Annex 3: List of experts consulted on the major trends and changes in agriculture
Annex 4: List of experts participating in the expert meeting on OSH in agriculture and forestry
Annex 5: Glossary
List of figures
Figure 1: The top eight killers in agriculture
Figure 2: Mechanised spraying operation
Figure 3: MSDs are prevalent in agriculture
Figure 4: Exposure to noise leads to hearing loss

...

Fonte: EU OSHA

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EU OSHA 2021
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Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 3255 | 27 Gennaio 2021

ID 12700 | | Visite: 5096 | Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 3 del 27 gennaio 2021 n. 3255

Videosorveglianza: non si configura il reato di cui all'art. 4, l. 300/70 se l'impianto mira ad accertare gravi condotte illecite dei dipendenti

Secondo una precedente decisione, «ai fini dell'operatività del divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori ex L. n. 300 del 1970, art. 4 è necessario che il controllo riguardi (direttamente o indirettamente) l'attività lavorativa, mentre devono ritenersi certamente fuori dall'ambito di applicazione della norma i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore (cd. controlli difensivi).

Ad avviso del Collegio dunque, deve escludersi la configurabilità del reato concernente la violazione della disciplina di cui all'art. 4 legge 20 maggio 1970, n. 300, quando l'impianto audiovisivo o di controllo a distanza, sebbene installato sul luogo di lavoro in difetto di accordo con le rappresentanze sindacali legittimate, o di autorizzazione dell'Ispettorato del Lavoro, sia strettamente funzionale alla tutela del patrimonio aziendale, sempre, però, che il suo utilizzo non implichi un significativo controllo sull'ordinario svolgimento dell'attività lavorativa dei dipendenti, o debba restare necessariamente "riservato" per consentire l'accertamento di gravi condotte illecite degli stessi.

Il giudice del rinvio accerterà, compiendo tutti gli accertamenti ritenuti necessari, se l'installazione del sistema di videosorveglianza riscontrato dagli Ispettori del Lavoro fosse strettamente funzionale alla tutela del patrimonio aziendale, e, in caso di risposta affermativa, se l'utilizzo dell'impianto avesse comportato un controllo non occasionale sull'ordinario svolgimento dell'attività lavorativa dei dipendenti, oppure dovesse restare necessariamente "riservato" per consentire l'accertamento di gravi condotte illecite di questi ultimi.

Penale Sent. Sez. 3 Num. 3255 Anno 2021
Presidente: ANDREAZZA GASTONE
Relatore: CORBO ANTONIO
Data Udienza: 14/12/2020

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza emessa in data 19 giugno 2019, il Tribunale di Viterbo ha dichiarato K.W.Y. colpevole del reato di cui agli artt. 4, primo e secondo comma, e 38 legge 20 maggio 1970, n. 300, e gli ha irrogato la pena di 200,00 euro di ammenda, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Secondo quanto ricostruito dal Tribunale, l'imputato, quale titolare di una ditta esercente l’attività di commercio al dettaglio, aveva installato impianti video all'interno dell'azienda utilizzabili per il controllo a distanza dei dipendenti, senza aver richiesto l'accordo delle rappresentanze sindacali aziendali o dell'Ispettorato del lavoro; il fatto è stato accertato il 16 maggio 2016.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale indicata in epigrafe K.W.Y., con atto a firma dell'avvocato Andrea Barbuto, articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 4, primo e secondo comma, e 38 legge 20 maggio 1970, n. 300, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo riguardo alla configurabilità del reato ritenuto in sentenza.
Si deduce che gli impianti video installati non erano strumenti di controllo lesivi della libertà e dignità dei lavoratori, bensì sistemi difensivi a tutela del patrimonio aziendale. Si rappresenta che questi impianti erano stati adottati a seguito del verificarsi di mancanze di merce nel magazzino ed erano rivolti solo verso la cassa e le scaffalature. Si segnala che, secondo la giurisprudenza, è sanzionabile l'installazione non concordata di strumenti di controllo solo in caso di possibile controllo a distanza dell'attività lavorativa dei dipendenti.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc:. pen., avendo riguardo ancora alla configurabilità del reato ritenuto in sentenza.
Si deduce che la sentenza impugnata si pone in netto contrasto con le risultanze istruttorie, e, in particolare con le dichiarazioni della moglie dell'imputato, dalle quali si desume come gli impianti erano stati installati a tutela del patrimonio aziendale, e non per controllare l'attività dei dipendenti.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito precisati.
2. La questione da esaminare è se sia configurabile il reato per la violazione della disciplina di cui all'art. 4 legge 20 maggio 1970, n. 300 (c.d. "statuto dei lavoratori"), quando l'impianto audiovisivo installato sul luogo di lavoro in difetto di accordo con le rappresentanze sindacali legittimate, o di autorizzazione dell'Ispettorato del Lavoro, abbia la funzione di tutelare il patrimonio aziendale.
3. Sembra utile premettere che la fattispecie in esame, originariamente prevista come reato dal combinato disposto degli artt. 4 e 38 legge n. 300 del 1970, è a tutt'oggi penalmente sanzionata.
Chiarissima, in effetti, è l'indicazione data dall'art. 171 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, nel testo vigente per effetto delle modifiche recate dall'art. 15, comma 1, lett. f), d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, il quale prevede: «La violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, comma 1, e 8 della legge 20 maggio 1970, n. 300, è punita con le sanzioni di cui all'articolo 38 della medesima legge». L'art. 38 legge n. 300 del 1970, a sua volta, nel testo attualmente vigente dopo le modifiche di cui all'art. 179 d.lgs. n. 196 del 2003, stabilisce: «Le violazioni degli articoli 2, 5, 6 e 15, primo comma, lettera a), sono punite, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con l'ammenda da euro 154 a euro 1.549 o con l'arresto da 15 giorni ad un anno». Risulta evidente, quindi, che la violazione della disciplina di cui all'art. 4 legge n. 300 del 1970 costituisce illecito penale in forza di quanto dispone l'art. 171 d.lgs. n. 196 del 2003, nel testo vigente dopo la riforma di cui alla legge n. 101 del 2018, il quale rinvia all'art. 38 della legge n. 300 del 1970 per la individuazione delle sanzioni applicabili.
Deve aggiungersi che la configurabilità dell'illecito penale medio tempore, dopo le riforme recate all'art. 38 dall'art. 179 d.lgs. n. 196 del 2003 e dall'art. 23 d.lgs. 14 settembre 2015, n. 151, ma prima della riforma di cui alla legge n. 101 del 2018, è stata ripetutamente ribadita dalla giurisprudenza (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 4564 del 10/10/2017, dep. 2018, Malagnino, Rv. 272032-01, nonché Sez. 3, n. 45198 del 07/04/2016, Luzi, Rv. 268342-01, massimata per altro).
4. Il problema di una precisa individuazione dei limiti di configurabilità della fattispecie di cui al combinato disposto degli artt. 4 e 38 legge n. 300 del 1970 e 179 d.lgs. n. 196 del 2003 emerge da un esame complessivo della giurisprudenza, anche civile, di legittimità, stante la, almeno apparente, diversità di soluzioni.
4.1. La descrizione della fattispecie incriminatrice si rinviene nell'art. 4 della legge n. 300 del 1970, atteso che, come anticipato, l'art. 38 della medesima legge e l'art. 179 d.lgs. cit. sono funzionali esclusivamente alla determinazione delle sanzioni.
Il testo dell'art. 4 della legge n. 300 del 1970, è stato modificato nel tempo.
Per quanto interessa in questa sede, il testo originario dell'art. 4, nei primi due commi, prevedeva: «[Primo comma] È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività del lavoratore. [Secondo comma] Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti».
Il testo vigente dell'art. 4, comma 1, per effetto delle riforme recate prima dall'art. 23, comma 1, d.lgs. 14 settembre 2016, n. 151, e poi dall'art. 5, comma 2, d.lgs. 24 settembre 2016, n. 185, dispone: «Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi».
Sembra ragionevole ritenere che la successione di discipline normative non ha apportato variazioni significative alla fattispecie incriminatrice. In effetti, la condotta vietata consisteva e consiste nella installazione degli impianti audiovisivi e gli altri strumenti da ali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori 'possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, in assenza di accordo con le rappresentanze sindacali legittimate o di autorizzazione dell'Ispettorato del Lavoro. Le modifiche legislative, piuttosto, sono relative all'individuazione dei soggetti cui compete il potere di concordare o autorizzare l'installazione degli impianti.
La precisazione appena compiuta, oltre che escludere modifiche apprezzabili a norma dell'art. 2 cod. pen., evidenzia l'utilità e la rilevanza dell'analisi, ai fini della individuazione degli elementi costitutivi della fattispecie, delle interpretazioni giurisprudenziali anche in relazione al testo previgente dell'art. 4 legge n. 300 del 1970.
4.2. La specifica elaborazione in tema di configurabilità del reato relativo alla illegale installazione di impianti audiovisivi sui luoghi di lavoro ritiene penalmente rilevante anche la sola potenzialità del controllo a distanza dei dipendenti.
Costituisce, infatti, principio ripetutamente affermato quello secondo cui, ai fini della integrazione del reato di pericolo previsto dal combinato disposto degli artt. 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori e 114 e 171 del d.lgs. n. 196 del 2003, che punisce l'installazione di impianti audiovisivi di controllo senza accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, non è necessaria la verifica della funzionalità dell'impianto né del concreto utilizzo dello stesso (cfr., in particolare Sez. 3, n. 45198 del 07/04/2016, Luzi, Rv. 268342-01, e Sez. 3, n. 4331 del 12/11/2013, dep. 2014, Pezzoli, Rv. 258690-01, la quale ha ritenuto penalmente rilevante la installazione all'interno di un supermercato di otto micro-camere a circuito chiuso di cui alcune puntate direttamente sulle casse).
A fondamento di questa conclusione, si è rilevato che la fattispecie in esame costituisce reato di pericolo, essendo diretta a salvaguardare le possibili lesioni della riservatezza dei lavoratori.
Appare importante evidenziare, tuttavia, che, secondo una precedente decisione, «ai fini dell'operatività del divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori ex L. n. 300 del 1970, art. 4 è necessario che il controllo riguardi (direttamente o indirettamente) l'attività lavorativa, mentre devono ritenersi certamente fuori dall'ambito di applicazione della norma i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore (i cosiddetti controlli difensivi)» (così, in motivazione, Sez. 3, n. 8042 del 15/12/2006, Fischnaller, Rv. 236077-01, massimata per altro, la quale cita anche, quale ulteriore precedente, «Cass. 16 giugno 2002, n. 8388»).
4.3. Occorre tener conto, poi, della elaborazione giurisprudenziale in tema di utilizzabilità come prove nel processo penale dei risultati delle videoriprese effettuate sul luogo di lavoro a tutela del patrimonio aziendale, in assenza di previo accordo con le rappresentanze sindacali competenti e di previa autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro.
Secondo un orientamento ampiamente consolidato, sono utilizzabili nel processo penale, ancorché imputato sia il lavoratore subordinato, i risultati delle videoriprese effettuate con telecamere installate all'interno dei luoghi di lavoro ad opera del datore di lavoro per esercitare un controllo per tutelare il patrimonio aziendale messo a rischio da possibili comportamenti infedeli dei lavoratori, in quanto le norme dello Statuto dei lavoratori poste a presidio della loro riservatezza non proibiscono i cosiddetti controlli difensivi del patrimonio aziendale e non giustificano pertanto l'esistenza di un divieto probatorio (cfr., in particolare: Sez. 2, n. 2890 del 16/01/2015, Boudhraa, Rv. 262288-01; Sez. 5, n. 34842 del 12/07/2011, Volpi, Rv. 250947-01; Sez. 5, n. 20722 18/03/2010, Baseggio, Rv. 247588-01).
In particolare, Sez. 5, n. 20722 del 2010, Baseggio, cit., ha formalmente enunciato il seguente principio: «Gli artt. 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori implicano l'accordo sindacale a fini di riservatezza dei lavoratori nello svolgimento dell'attività lavorativa, ma non implicano il divieto dei cd. controlli difensivi del patrimonio aziendale da azioni delittuose da chiunque provenienti. Pertanto in tal caso non si ravvisa inutilizzabilità ai sensi dell'art. 191 c.p.p. di prove di reato acquisite mediante riprese filmate, ancorché sia perciò imputato un lavoratore subordinato». A fondamento di questo principio, la decisione richiama la precedente elaborazione della giurisprudenza di legittimità civile e penale (si cita, in particolare, Sez. 2, n. 8687 del 28/05/1985, Gambino, Rv. 170591-01), ed evidenzia che le norme di cui agli artt. 4 e 38 della legge n. 300 del 1970 tutelano la riservatezza del lavoratore nello svolgimento della sua attività, «anche perché la sua libertà di comportamento contribuisce al risultato che con il lavoro assicura all'azienda», per cui, «inversamente, la tutela della sua riservatezza si correla all'osservanza del proprio dovere di fedeltà», e, quindi, «la finalità di controllo a difesa del patrimonio aziendale non è da ritenersi sacrificata dalle norme dello Statuto dei lavoratori».
4.4. Ancora, la giurisprudenza civile di legittimità, anche nei suoi arresti più recenti, ritiene che esulano dall'ambito di applicazione dell'art. 4 della legge n. 300 del 1970, e non richiedono l'osservanza delle garanzie ivi previste, i controlli difensivi da parte del datore se diretti ad accertare comportamenti illeciti e lesivi del patrimonio e dell'immagine aziendale, tanto più quando disposti ex post, ossia dopo l'attuazione del comportamento in addebito, così da prescindere dalla mera sorveglianza sull'esecuzione della prestazione lavorativa (cfr., tra le tante: Sez. L civ., n. 13266 del 28/05/2018, Rv. 649009-01; Sez. L civ., n. 10636 del 02/05/2017, Rv. 644091-01; Sez. L civ., n. 22662 del 08/11/2016, Rv. 641604- 01).
Questo principio è affermato sul presupposto che «l'interpretazione della disposizione [l'art. 4 legge n. 300 del 1970] va ispirata ad un equo e ragionevole bilanciamento fra le disposizioni costituzionali che garantiscono il diritto alla dignità e libertà del lavoratore nell'esercizio delle sue prestazioni oltre al diritto del cittadino al rispetto della propria persona (artt. 1, 3, 35 e 38 Cast.), ed il libero esercizio delle attività imprenditoriale (art. 41 Cast.), con l'ulteriore considerazione che non risponderebbe ad alcun criterio logico-sistematico garantire al lavoratore - in presenza di condotte illecite sanzionabili penalmente o con la sanzione espulsiva - una tutela alla sua "persona" maggiore di quella riconosciuta ai terzi estranei all'impresa» (così, testualmente, in motivazione, Sez. L civ., n. 10636 del 2017, cit.). Costante, inoltre, è l'osservazione che tale soluzione ermeneutica risulta coerente con i principi dettati dall'art. 8 della CEDU in base al quale nell'uso degli strumenti di controllo, deve individuarsi un giusto equilibrio fra i contrapposti diritti sulla base dei principi della "ragionevolezza" e della "proporzionalità" (cfr. Corte EDU, 12/01/2016, Barbulescu c. Romania secondo cui lo strumento di controllo deve essere contenuto nella portata e, dunque, proporzionato).
5. Ad avviso del Collegio, deve escludersi la configurabilità del reato concernente la violazione della disciplina di cui all'art. 4 legge 20 maggio 1970, n. 300, quando l'impianto audiovisivo o di controllo a distanza, sebbene installato sul luogo di lavoro in difetto di accordo con le rappresentanze sindacali legittimate, o di autorizzazione dell'Ispettorato del Lavoro, sia strettamente funzionale alla tutela del patrimonio aziendale, sempre, però, che il suo utilizzo non implichi un significativo controllo sull'ordinario svolgimento dell'attività lavorativa dei dipendenti, o debba restare necessariamente "riservato" per consentire l'accertamento di gravi condotte illecite degli stessi.
5.1. Limiti ad una interpretazione eccessivamente ampia della previsione di cui all'art. 4 della legge n. 300 del 1970 risultano desumibili sulla base del dato letterale e di considerazioni sistematiche.
Per quanto concerne il primo aspetto, va rilevato che il testo della disposizione appena citata, nell'originaria come nella vigente formulazione, prevede la necessità di un preventivo accordo con le organizzazioni sindacali, o di una preventiva autorizzazione dell'Ispettorato del Lavoro, quando derivi «anche» la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Di conseguenza, la previsione normativa non sembra riferibile ad impianti che possano controllare in via del tutto occasionale l'attività del singolo dipendente, come, ad esempio, potrebbero essere, almeno tendenzialmente, quelli puntati sulla cassaforte o sugli scaffali.
Per quanto attiene al secondo profilo, poi, appare persuasiva l'osservazione che non risponderebbe ad alcun criterio logico-sistematico garantire al lavoratore - in presenza di condotte illecite sanzionabili penalmente o con il licenziamento - una tutela alla sua "persona" maggiore di quella riconosciuta ai terzi estranei all'impresa (così Sez. L civ., n. 10636 del 2017, cit., ma anche Sez. 3, n. 8042 del 2006, Fischnaller, cit.).
5.2. Questi limiti all'operatività divieto di cui all'art. 4 cit., però, debbono essere intesi in senso non estensivo.
Tale precisazione risulta imposta già da quanto espressamente stabilito dall'art. 4 legge n. 300 del 1970. Innanzitutto, infatti, l'art. 4 cit., prevede l'accordo con le rappresentanze sindacali legittimate, o l'autorizzazione dell'Ispettorato del Lavoro anche quando ricorrono «esigenze [ ...] per la tutela del patrimonio aziendale». Non è senza significato, poi, che l'art. 4 cit. prefigura, per il caso di mancato accordo con le organizzazioni sindacali, la possibilità di ottenere l'autorizzazione dell'Ispettorato del Lavoro: in questo modo, il legislatore ha inteso tutelare le ragioni dell'impresa evitando, però, soluzioni che possano determinare una significativa interferenza sul diritto del lavoratore alla dignità e libertà nell'esercizio delle sue prestazioni sulla base di determinazioni unilaterali del datore di lavoro.
Una conferma di questa opzione ermeneutica, ancora, sembra offerta dalla giurisprudenza della Corte EDU. In effetti, i giudici di Strasburgo, pur affermando la possibilità, per gli ordinamenti giuridici nazionali, di prevedere limiti al diritto al rispetto della propria vita privata e della propria corrispondenza nell'ambito lavorativo, hanno anche sottolineato l'esigenza di contenere tali limiti nel rispetto del principio di proporzionalità, la necessità di assicurare garanzie procedurali contro possibili arbitri, e l'occorrenza di «misure protettive» di diritto penale (cfr., in particolare, Corte EDU, Grande Camera, 05/09/2017, Barbulescu c. Romania, spec. §§113-123).
6. L'interpretazione accolta in ordine all'ambito di applicazione del reato concernente la violazione della disciplina di cui all'art. 4 legge 20 maggio 1970, n. 300, evidenzia le lacune della motivazione della sentenza impugnata, denunciate, sia pure in termini più generali, nel ricorso.
Il Tribunale, in effetti, ha affermato la penale responsabilità del ricorrente osservando che nell'esercizio commerciale del medesimo era installato un sistema di videosorveglianza dei lavoratori non concordato con i sindacati, né altrimenti autorizzato, ma anche riportando, senza alcun esame critico, le dichiarazioni testimoniali della moglie dell'imputato, secondo cui l'impianto era stato posizionato a seguito del rilievo di mancanze di merci, ed era rivolto solo verso la cassa e le scaffalature.
In questo modo, la decisione oggetto di ricorso non ha chiarito se l'installazione del sistema di videosorveglianza rilevato fosse strettamente funzionale alla tutela del patrimonio aziendale, né se l'utilizzo del precisato impianto comportasse un controllo non occasionale sull'ordinario svolgimento dell'attività lavorativa dei dipendenti, o, comunque, dovesse restare necessariamente "riservato" per consentire l'accertamento di gravi condotte illecite di questi ultimi.
7. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata con per nuovo giudizio.
Il giudice del rinvio accerterà, compiendo tutti gli accertamenti ritenuti necessari, se l'installazione del sistema di videosorveglianza riscontrato dagli Ispettori del Lavoro fosse strettamente funzionale alla tutela del patrimonio aziendale, e, in caso di risposta affermativa, se l'utilizzo dell'impianto avesse comportato un controllo non occasionale sull'ordinario svolgimento dell'attività lavorativa dei dipendenti, oppure dovesse restare necessariamente "riservato" per consentire l'accertamento di gravi condotte illecite di questi ultimi.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Viterbo in diversa persona fisica.
Così deciso il 14/12/2020

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Legge 15 gennaio 2021 n. 4

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Legge 15 gennaio 2021 n  4

Legge 15 gennaio 2021 n. 4

Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 nel corso della 108ª sessione della Conferenza generale della medesima Organizzazione.

(GU n.20 del 26.01.2021)

Entrata in vigore del provvedimento: 27/01/2021

...

Art. 1. Autorizzazione alla ratifica

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 nel corso della 108 a sessione della Conferenza generale dell’OIL.

Art. 2. Ordine di esecuzione

1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione di cui all’articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall’articolo 14 della Convenzione stessa.
_______

CONVENZIONE SULL’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA E DELLE MOLESTIE NEL MONDO DEL LAVORO

[...]

Articolo 2

1. La presente Convenzione protegge i lavoratori e altri soggetti nel mondo del lavoro, ivi compresi i lavoratori come definiti in base alle pratiche e al diritto nazionale, oltre a persone che lavorino indipendentemente dallo status contrattuale, le persone in formazione, inclusi i tirocinanti e gli apprendisti, i lavoratori licenziati, i volontari, le persone alla ricerca di un impiego e i candidati a un lavoro, e individui che esercitino l’autorità, i doveri e le responsabilità di un datore di lavoro.
2. La presente Convenzione si applica a tutti i settori, sia privati che pubblici, nell’economia formale e informale, in aree urbane o rurali.

Articolo 3

La presente Convenzione si applica alla violenza e alle molestie nel mondo del lavoro che si verifichino in occasione di lavoro, in connessione con il lavoro o che scaturiscano dal lavoro:
a) nel posto di lavoro, ivi compresi spazi pubblici e privati laddove questi siano un luogo di lavoro;
b) in luoghi in cui il lavoratore riceve la retribuzione, in luoghi destinati alla pausa o alla pausa pranzo, oppure nei luoghi di utilizzo di servizi igienico-sanitari o negli spogliatoi;
c) durante spostamenti o viaggi di lavoro, formazione, eventi o attività sociali correlate con il lavoro;
d) a seguito di comunicazioni di lavoro, incluse quelle rese possibili dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione;
e) all’interno di alloggi messi a disposizione dai datori di lavoro;
f) durante gli spostamenti per recarsi al lavoro e per il rientro dal lavoro.

Nota INL prot. n. 97 del 21 gennaio 2021

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NOTA INL 97 2021

Nota INL prot. n. 97 del 21 gennaio 2021 | Istanze di certificazione dei contratti di appalto stipulati da consorzi

Oggetto: istanze di certificazione dei contratti di appalto stipulati da consorzi – richiesta parere.

Sono stati chiesti chiarimenti in ordine al processo di certificazione di contratti di appalto stipulati da consorzi, la cui esecuzione venga affidata ad alcune delle società consorziate. In particolare, si chiede se la certificazione di cui all’art. 84 del D.Lgs. n. 276/2003 possano estendersi anche alle consorziate che, pur non avendo richiesto la certificazione, siano le effettive esecutrici del contratto di appalto.

Si rammenta che, in tali casi, la commissione di certificazione è chiamata a verificare se l’appaltatore possa eseguire il servizio assumendo il rischio della sua gestione ed organizzando i mezzi necessari, secondo quanto disposto dall’art. 29, comma 1, D. Lgs. n. 276/2003. La natura e le caratteristiche dell’appalto dovranno essere valutate in concreto tanto più in quei casi in cui si tratti di c.d. appalti labour intensive, nei quali potrebbe mancare l’apporto di mezzi e dotazioni materiali da parte dell’appaltatore.

Sul punto, la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 5/2011 già ebbe modo di evidenziare che l’indagine dell’organo certificatore – sia quando la certificazione è richiesta in sede di stipula del contratto, sia successivamente in sede di attuazione del programma negoziale – sarà tanto più pregnante ed efficace se la disamina circa la sussistenza degli elementi e dei requisiti di cui all’art. 29, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003 sia effettuata non solo su base documentale ma anche attraverso l’acquisizione delle dichiarazioni delle parti.

Tanto premesso, acquisito il parere dell’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espresso con nota n. 504 del 20 gennaio 2021, si ritiene che l’indagine di “genuinità” del contratto di appalto da effettuare in sede di certificazione nel caso in cui la parte stipulante sia un consorzio, debba riguardare non solo il consorzio ma anche le imprese consorziate già individuate nel medesimo contratto da certificare, trattandosi dei soggetti chiamati a dare esecuzione all’appalto e nei cui confronti la certificazione produrrà i suoi effetti. Ciò anche laddove l’istanza di certificazione provenga dal solo consorzio.

Ne consegue che la certificazione del contratto di appalto non potrà produrre effetti nei confronti di imprese che abbiano, in un momento successivo alla certificazione, aderito al consorzio e siano intervenute in corso d’opera nell’esecuzione del contratto di appalto, atteso che nei confronti delle società successivamente aggregatesi la commissione di certificazione non avrà potuto effettuare le valutazioni di idoneità utili a fondare il giudizio di genuinità del contratto.

Lo stesso dicasi nel caso in cui, in corso d’opera, intervengano altre imprese che, benché fossero già consorziate al momento della stipula dell’appalto e della sua certificazione, non siano state individuate nel contratto certificato quali esecutrici dello stesso e rispetto alle quali, quindi, la Commissione non abbia effettuato le necessarie verifiche.

È infine opportuno rammentare che le questioni affrontate nella presente nota presuppongono che il regolamento del consorzio preveda, quale effetto della sua costituzione e dell’adesione da parte delle consorziate, il vincolo del consorzio a contrattare in nome delle consorziate in ragione del quale è possibile prescindere da un successivo atto di assegnazione o subappalto ai fini dell’esecuzione dei contratti stipulati dal consorzio.

...

Fonte: INL

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