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Linee elettriche aeree: le distanze dalle attività PI

ID 11241 | | Visite: 72506 | Prevenzione Incendi

 Linee elettriche aeree   Distanza da attivita  PI

Linee elettriche aeree: le distanze dalle attività PI

ID 11241 | 25.07.2020 | Documento completo allegato

Documento quadro tecnico/normativo con illustrazioni, sulle distanze di sicurezza delle linee elettriche aeree (elettrodotti), da Attività soggette a Prevenzione Incendi. La Lettera Circolare DCPREV  n° 3300 del 06/03/19 è di riferimento, in questo ambito, per i procedimenti autorizzativi per gli elettrodotti di nuova costruzione in prossimità di attività soggette PI.

La Lettera Circolare DCPREV  n° 3300 del 06/03/19 detta il procedimento unico di autorizzazione per gli elettrodotti di nuova costruzione, e prevede all'Allegato 2, una "Dichiarazione a firma di tecnico abilitato ai sensi del DM 7/08/2012, attestante il rispetto delle distanze di sicurezza dell'elettrodotto da elementi sensibili".

La Lettera Circolare DCPREV  n° 3300 del 06/03/19 che ha sostituito:

- La lettera circolare DCPREV prot. n. 07075 del 27/04/2010
- La lettera circolare DCPREV prot. n. 10925 del 15/07/2010

aggiorna le indicazioni, sugli aspetti relativi alla prevenzione incendi, per il rilascio del parere del Ministero dell'interno relativo ai procedimenti autorizzativi della rete nazionale di trasporto dell'energia elettrica. 

Nel documento e’ riportato inoltre il:

Chiarimento n.° 0010085-770/032101.01.15.01A4RI Quesito. Insediamenti industriali sottostanti linee elettriche ad alta tensione.

che precisa quali debbano essere le distanze delle attività di PI dalle linee elettriche aeree.
...
Procedure autorizzative 
...

Allegato 1 
Elenco delle norme di prevenzione incendi che stabiliscono distanze di sicurezza da elettrodotti aerei

OLI MINERALI

Decreto Ministero dell'interno 31 luglio 1934(GU n. 228 del 28 settembre 1934) recante “Approvazione delle norme di sicurezza per la lavorazione, l'immagazzinamento, l'impiego o la vendita di oli minerali per il trasporto degli oli stessi.”

Titolo III — "Impianti elettrici", paragrafo 2, lettera b) Linee aeree: "È vietato passare con linee aeree superiormente ai locali nei quali si travasano o si trovano liquidi infiammabili; ovvero sulle autorimesse; come pure sui serbatoi fuori terra e sui relativi bacini di contenimento.

paragrafo 29 "Linee di trasporto di energia elettrica": "Sopra gli stabilimenti e i depositi (comprese le zone di protezione) non devono passare linee elettriche ad alta tensione. Le linee a bassa tensione (per illuminazione, per forza motrice, ecc.) devono diventare sotterranee all'entrata del recinto".

Circolare n. 10 del 10 febbraio 1969 "Distributori stradali di carburanti"

Punto 9.2 — L'attraversamento di tali aree con linee di trasporto di energia elettrica può essere consentito a condizione che i punti di rifornimento (colonnine distributrici) ed i punti di travaso (pozzetto dei serbatoi interrati) non risultino sottostanti a linee elettriche ad alta tensione e distino dalla proiezione orizzontale di queste non meno di 6 m. Le distanze vanno misurate orizzontalmente dalla proiezione verticale a terra del conduttore più vicino ai bordi rispettivamente delle colonnine e dei chiusini dei pozzetti dei serbatoi interrati.

Distanza distributiori di carburante da linee aeree

Decreto Ministero dell'interno 22 novembre 2017 (G.U. n. 285 del 06/12/2017) recante “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per l’installazione e l’esercizio di contenitori-distributori, ad uso privato, per l’erogazione di carburante liquido di categoria C.”

5. Distanze di sicurezza.

d) proiezione verticale di linee elettriche che superano i seguenti limiti: 1000 V efficaci per corrente alternata, 1500 V per corrente continua: 6 m.

GPL

Decreto Ministero dell'interno 13 ottobre 1994 recante “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione la costruzione, l'installazione e l'esercizio dei depositi di GPL in serbatoi, fissi di capacità complessiva superiore a 5 m3 e/o in recipienti mobili di capacità complessiva superiore a 5.000 kg.”

4.2.4 Tra gli elementi pericolosi e linee elettriche aeree deve essere osservata una distanza in proiezione di 20 m per tensioni superiori a 1 kV fino a 30 kV. Per tensioni superiori a 30 kV la distanza L, in metri, in funzione della tensione U, in kV, è data dalla formula: L = 20 + 0.1 (U-30).

Nella fascia di rispetto di metri 3 + 0.1xU dalla proiezione in piano delle linee elettriche con tensione oltre 1 kV, non devono sorgere fabbricati di alcun genere. Nel caso di linee aeree aventi tensione fino a 1 kV devono essere rispettate le distanze di protezione di cui al punto 4.4.

Distanza depositi GPL da linee aeree

Decreto Ministero dell'interno 14 maggio 2004 (G.U. n. 120 del 24 maggio 2004) recante “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per l'installazione e l'esercizio dei depositi di GPL con capacità complessiva non superiore a 13 m3”

Per i depositi di GPL in serbatoi fissi di capacità complessiva fino a 13 m3, non adibiti ad uso commerciale si applicano, invece delle prescrizioni del DM 13 ottobre 1994, quelle del DM 14 maggio 2004; in particolare per le linee elettriche aeree:

Titolo III — Elementi pericolosi e relative distanze di sicurezza:

7. Distanze di sicurezza

Rispetto agli elementi pericolosi del deposito indicati al punto 6 (serbatoio, punto di riempimento, gruppo multivalvole e tutti gli organi di intercettazione controllo con pressione di esercizio superiore a 1,5 bar):
(...)
d) proiezione verticale di linee ad alta tensione: 15 m.

GPL: IMPIANTI DI DISTRIBUZIONE STRADALE

DPR 340 del 24 ottobre 2003 (Gu n. 282 del 4 dicembre 2003) recante “Regolamento recante disciplina per la sicurezza degli impianti di distribuzione stradale di GPL per autotrazione”

Allegato A - Titolo II - punto 13.2 - Distanze di sicurezza esterne

i) tra gli elementi pericolosi dell'impianto (serbatoi, punti di riempimento, pompe adibite all'erogazione di GPL, pompe e/o compressori adibiti al riempimento dei serbatoi fissi, apparecchi di distribuzione a semplice o doppia erogazione) e le linee elettriche aeree, con valori di tensione maggiori di 400 V efficaci per corrente alternata e di 600 V per corrente continua, deve essere osservata una distanza, misurata in proiezione, di 15 m.

Distanza distributiori GPL da linee aeree

METANO

Decreto Ministero dell'interno 3 febbraio 2016 (GU n.35 del 12-2-2016) recante “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio dei depositi di gas naturale con densità non superiore a 0,8 e dei depositi di biogas, anche se di densita' superiore a 0,8.

2.9. Distanze di sicurezza (..omissis..)

L'area occupata dai serbatoi e quella circostante, definita dall'applicazione delle distanze di protezione di cui al successivo punto, non deve essere attraversata da linee elettriche aeree; le linee elettriche con tensione superiore a 30 kV devono distare in pianta almeno 50 m e quelle con tensione superiore a 1 kV e fino a 30 kV almeno 20 m dal perimetro della proiezione in pianta del serbatoio più vicino.

Distanza depositi metano da linee aeree

3.8. Distanze di sicurezza (..omissis..)

I depositi, i box e l'area di sosta dei veicoli adibiti al trasporto di gas naturale devono rispettare le seguenti distanze dalle linee elettriche aeree:

- 30 m, per le linee con tensione superiore a 30 kV;
- 15 m, per le linee con tensione superiore a 1 kV e fino a 30 kV.

Le linee elettriche aeree di tensione non superiore a 1kV non possono comunque attraversare le aree occupate dagli elementi pericolosi di cui sopra.

- 4.1 Alimentazione diretta e continuativa della rete da veicolo per trasporto di gas naturale con pressione massima di esercizio di 65 bar (6,5 Mpa)
(..omissis..)

Il veicolo in sosta deve rispettare le seguenti distanze:
(..omissis..)
- distanza dalle linee elettriche aeree con tensione superiore a 30 kV: 30 m;
- distanza dalle linee elettriche aeree con tensione superiore a 1 kV e fino a 30 kV: 15 m.

Le linee elettriche aeree di tensione non superiore a 1kV non possono comunque attraversare l'area occupata dal veicolo.

4.3 Forniture temporanee di emergenza effettuate con veicoli adibiti al trasporto del gas naturale (..omissis..)

Le linee elettriche aeree non possono attraversare l'area di ingombro dei veicoli adibiti al trasporto del gas naturale, degli impianti di preriscaldo, decompressione, degli sfiati dei dispositivi di scarico e dell'eventuale impianto di odorizzazione. Per le linee elettriche con tensione superiore a 1 kV, gli elementi di cui sopra devono essere posizionati ad una distanza di 5 m dalla proiezione verticale del conduttore più vicino.

5.2 Operazioni di scarico dai veicoli adibiti al trasporto di gas naturale nei depositi fissi di 1ª, 2ª e 3ª categoria (..omissis..)

Il veicolo in sosta deve rispettare le seguenti distanze:
(..omissis..)
- distanza dalle linee elettriche aeree con tensione superiore a 30 kV: 30 m;
- distanza dalle linee elettriche aeree con tensione superiore a 1 kV e fino a 30 kV: 15 m.

Le linee elettriche aeree di tensione non superiore a 1kV non possono comunque attraversare l'area occupata dal veicolo.

Decreto Ministero dello sviluppo economico 16 aprile 2008 (Supplemento ordinario n. 115 alla GU n. 107 dell'8 maggio 2008) recante “Regola tecnica per la progettazione costruzione, collaudo, esercizio e sorveglianza delle opere e dei sistemi di distribuzione e di linee dirette del gas naturale con densità non superiore a 0,8.”

3.4.1.6.3. Distanze di sicurezza

Le distanze di sicurezza devono essere conformi a quanto riportato dalle norme indicate nel paragrafo 3.4.2

Decreto Ministero dello sviluppo economico 17 aprile 2008 (Supplemento ordinario n. 115 alla GU n. 107 dell'8 maggio 2008) recante “Regola tecnica per la progettazione, costruzione, collaudo, esercizio e sorveglianza delle opere e degli impianti di trasporto di gas naturale con densità non superiore a 0,8.”

2.6 Distanze da linee elettriche

Tra condotte interrate ed i sostegni con i relativi dispersori per messa a terra delle linee elettriche devono essere rispettate le distanze minime fissate dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 21 marzo 1988, n. 449 e successive modifiche.

I punti di linea, gli impianti e le centrali di compressione non possono essere ubicati al di sotto di linee elettriche aeree. La distanza fra condotte aeree o apparati e di dispositivi fuori terra appartenenti a punti di linea e impianti, non può essere inferiore all'altezza dei conduttori sul terreno come da decreto del Ministero dei lavori pubblici 21 marzo 1988, n. 449 e successive modifiche. Gli sfiati degli eventuali dispositivi di scarico devono comunque essere posizionati ad almeno 20 m dalla proiezione verticale del conduttore più vicino.

Per le linee elettriche aeree con tensione di esercizio maggiore di 30 kV occorre verificare le eventuali interferenze elettromagnetiche sulla condotta in modo da prevedere eventualmente l'esecuzione di opere di protezione a difesa di tensioni indotte.

La distanza fra linee elettriche interrate, senza protezione meccanica, e condotte interrate, non drenate, non deve essere inferiore a 0,5 m sia nel caso di attraversamenti che di parallelismi. Tale distanza può essere eccezionalmente ridotta a 0,3 m quando venga interposto un elemento separatore non metallico (per esempio lastre di calcestruzzo o di materiale isolante rigido). Nel caso degli attraversamenti non si devono avere giunti sui cavi di energia a distanza inferiore ad un metro dal punto di incrocio a meno che non venga interposto un elemento separatore non metallico. Qualora le linee elettriche siano contenute in un manufatto di protezione valgono le prescrizioni del punto 2.7.

Non devono mai essere disposti nello stesso manufatto di protezione cavi di energia e condotte per il trasporto di gas.

Decreto Ministero dell'interno 24 maggio 2002 (G.U. n. 131 del 16 giugno 2002) recante “Norme di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione stradale di gas naturale per autotrazione”

Titolo III — Distanze di sicurezza

Tra gli elementi pericolosi dell'impianto e le linee elettriche aeree, con valori di tensione maggiori di 400 V efficaci per corrente alternata e di 600 V per corrente continua, deve essere osservata, rispetto alla proiezione in pianta, una distanza di 15 m. I piazzali dell'impianto non devono comunque essere attraversati da linee elettriche aeree con valori di tensione superiori a quelli sopra indicati.

IDROGENO

Decreto Ministeriale 23 ottobre 2018 (G.U. n. 257 del 5-11-2018) recante Regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione.”

3.1 lett. C) Altre distanze di sicurezza. (omissis)

Tra gli elementi pericolosi dell'impianto e le linee elettriche aeree, con valori di tensione maggiori di 1000 V efficaci per corrente alternata e di 1500 V per corrente continua, deve essere osservata, rispetto alla proiezione in pianta, una distanza di 45 m.

I piazzali dell'impianto non devono comunque essere attraversati da linee elettriche aeree con valori di tensione superiori a quelli sopra indicati.

Circolare M.I. 99 del 15 ottobre 1964 recante “Contenitori di ossigeno liquido. Tank ed evaporatori freddi per uso industriale.”

Installazione e stoccaggio

La installazione deve essere tale che recipienti e attrezzatura relativa siano protetti da linee elettriche.

SOLUZIONI IDROALCOLICHE

Decreto Ministero dell'interno 18 maggio 1995 (Supplemento ordinario alla GU n. 133 del 9 giugno 1995) recante “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione, ed esercizio dei depositi di soluzioni idroalcoliche”

6. Distanza da linee elettriche aeree

Tra gli elementi pericolosi del deposito e la proiezione verticale di linee elettriche aeree devono essere osservate distanze non inferiori a:

7 m per tensioni superiori a 1 kV e non superiori a 30 kV;

al valore dato dalla formula: L = 7 + 0,05 U ove L è espresso in metri e la tensione U in kV, per tensioni superiori a 30 kV.

Le linee elettriche aeree a tensione inferiore a 1 kV devono osservare, dagli elementi pericolosi del deposito le distanze di protezione (5 m, si vedano i precedenti punti 4.2.2, 4.3.2, 5.3 2, 5.4.2).

SOSTANZE ESPLOSIVE

Regio Decreto 6 maggio 1940 n. 635
Regolamento per l'esecuzione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza

Allegato B — Capitolo X: sicurezza contro gli incendi Sicurezza contro cariche elettriche atmosferiche

Cataste di proiettili anche carichi non è necessario siano collegate a terra; occorrerà, però, che esse siano disposte a conveniente distanza (non minore di m. 20) da linee elettriche

ALTRE NORME NAZIONALI DI CARATTERE GENERALE SUGLI ELETTRODOTTI

Decreto interministeriale 21 marzo 1988, n. 449 (G.U. n. 79 del 5 aprile 1988) recante “Approvazione delle norme tecniche per la progettazione, l'esecuzione e l'esercizio delle linee elettriche aeree esterne (G.U. 5 aprile 1988 n. 79)”

D.P.C.M. 8 Luglio 2003 50 Hz (Gu n. 200 del 29 agosto 2003) recante “Fissazione dei limiti di esposizione dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti”

Decreto direttoriale 29 maggio 2008 (Supplemento ordinario n. 160 alla Gu n. 156 del 5 luglio 2008) recante “Approvazione della metodologia di calcolo per la determinazione delle fasce di rispetto per gli elettrodotti.”

Allegato 2
Dichiarazione a firma di tecnico abilitato ai sensi del DM 7/08/2012, attestante il rispetto delle distanze di sicurezza dell'elettrodotto da elementi sensibili

Attività soggetta al controllo VVF

Norma di riferimento

Distanza minima prescritta dalla norma o altre prescrizioni

Deposito di oli minerali

DM 31 luglio 1934 e s.m.i., articolo 28 e 29

Divieto di passaggio di linee elettriche aerei al di sopra di locali di travaso o detenzione oli minerali, autorimesse, ecc.

L'elettrodotto aereo non passa al di sopra di locali di travaso o detenzione di oli minerali, autorimesse, ecc.

 

Contenitori-distributori, ad uso privato, per l’erogazione di carburante liquido di categoria C.

 

DM 22 novembre 2017

 

5.1. I contenitori-distributori devono osservare le seguenti distanze minime di sicurezza esterne ed interne da:

d) proiezione verticale di linee elettriche che superano i seguenti limiti: 1000 V efficaci per corrente alternata, 1500 V per corrente continua:

..... 6 m.

 

Deposito GPL in serbatoi fissi di capacità > 5 m3 e/o in recipienti mobili di capacità complessiva superiore a 5.000 kg

 

DM 13 ottobre 1994

Tra gli elementi pericolosi e linee elettriche aeree deve essere osservata una distanza in proiezione di 20 m per tensioni superiori a 1 kV fino a 30 kV. Per tensioni superiori a 30 kV la distanza, in metri, in funzione della tensione U, in kV, è data dalla formula: L = 20 + 0,1 (U-30).

Nella fascia di rispetto di metri 3+0,1 U dalla proiezione in piano delle linee elettriche con tensione oltre 1 kV, non devono sorgere fabbricati di alcun genere. Nel caso di linee aeree aventi tensione fino a 1 kV devono essere rispettate le distanze di protezione di cui al punto 4.4.

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Chiarimento n.° 0010085-770/032101.01.15.01A4RI 

Quesito. Insediamenti industriali sottostanti linee elettriche ad alta tensione.

OGGETTO: Quesito. Insediamenti industriali sottostanti linee elettriche ad alta tensione.
...

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Prevenzione incendi e disabilità

ID 7308 | | Visite: 8700 | Prevenzione Incendi

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Prevenzione incendi e disabilità

ID 7308 | 19.04.2021

Raccolta delle principali disposizioni concernenti la prevenzione incendi e la sicurezza delle persone con disabilità coordinati con chiarimenti e commenti a cura dell’autore.

− Principali riferimenti normativi riguardanti il problema della disabilità.
− Prescrizioni di rilevanza nella gestione dell’emergenza in presenza di persone disabili.
− Termini e definizioni di prevenzione incendi utili in presenza di persone con disabilità.
− Circolare N° 4 del 1 marzo 2002 "Linee guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili".
− Il soccorso alle persone disabili: indicazioni per la gestione dell’emergenza - Opuscolo VVF
− Lettera Circolare prot. n. P880/4122 sott. 54/3C del 18 agosto 2006 “La sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili: strumento di verifica e controllo (check-list)”.
− Presenza di persone diversamente abili nelle attività regolate da normativa verticale. Sistema di vie di uscita. Quesito (Chiarimento) PROT. n° 4975 032101 01 4108 022 047
 
VVF 2018

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Rapporto ISS COVID-19 n. 8/2021 | Piano anticontagio COVID-19 impianti macellazione

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Rapporto ISS 8 2021

Rapporto ISS COVID-19 n. 8/2021 | Piano anticontagio COVID-19 impianti macellazione

Attivazione di un piano mirato di prevenzione sulle misure anti-contagio e sulla gestione dei focolai di infezione da COVID-19 negli impianti di macellazione e sezionamento: nota metodologica ad interim. Versione dell’8 aprile 2021.

Rapporto ISS COVID-19 n. 8/2021

La letteratura scientifica evidenzia come gli impianti di macellazione e sezionamento ad elevata capacità abbiano costituito importanti focolai COVID-19. Questo rapporto illustra l’attivazione di un Piano Mirato di Prevenzione (PMP) per COVID-19 per le attività comprese sotto il codice ATECO 10.1, partendo dal registro degli impianti (circa 6700) presso il Ministero della Salute.

Tale piano ha visto come soggetto attuatore il Gruppo Tecnico Interregionale per la Sicurezza e Salute sul Lavoro e il Coordinamento Interregionale Prevenzione nell’ambito della Commissione Salute, articolazione della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome – con il contributo tecnico-scientifico di ISS, INAIL e Dipartimento di Prevenzione ASL Bari.

Sono stati messi a punto tre strumenti sinergici:

a) scheda di autocontrollo destinata agli operatori;

b) scheda di valutazione per i dipartimenti di prevenzione;

c) scheda di gestione focolai.

Il PMP intende: sensibilizzare i datori di lavoro al rispetto e corretta applicazione delle misure anti-contagio; registrare in maniera standardizzata e confrontabile i dati relativi; approfondire le conoscenze sulle condizioni di rischio certe (sovraffollamento) o sospette (bassa temperatura, elevata umidità) per la diffusione del contagio; analizzare i fattori ambientali, gestionali e strutturali relativi ai focolai insorti all’interno degli stabilimenti.

________

Indice
Elenco delle abbreviazioni
Introduzione
1. Identificazione della modalità attuativa sul territorio: il Piano Mirato di Prevenzione nell’ambito dei Dipartimenti di Prevenzione
1.1. Percorso attuativo
1.2. Piano Mirato di Prevenzione
1.3. Contesto territoriale
1.4. Condivisione con le parti sociali e la durata
2. Strumenti a sostegno del Piano Mirato di Prevenzione
2.1. Stima del rischio di esposizione occupazionale a SARS-CoV-2 per settore di attività economica
2.2. Denunce di infortunio sul lavoro da COVID-19, metodologia di raccolta e dati statistici dell’INAIL
2.3. Strumenti a supporto della prevenzione e conoscenza del fenomeno
2.3.1. Scheda di autocontrollo
2.3.2. Scheda di verifica
2.3.3. Scheda di gestione focolai
3. Flusso dati e risultati attesi
3.1. Flusso di dati
3.2. Risultati attesi
Conclusioni
Bibliografia
Materiali supplementari
Appendice
A1. Scheda di autocontrollo
A2. Scheda di verifica
A3. Scheda di gestione focolai

Fonte: ISS

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CIIP: Sicurezza del lavoro settori ferroviario, portuale, marittimo, pesca

ID 13331 | | Visite: 2036 | News Sicurezza

CIIP lettera 03 04 2021

CIIP Lettera 13 aprile 2021 - Sicurezza del lavoro nei settori ferroviario, portuale, marittimo, pesca

ID 13331 | 14.04.2021

Oggetto: sicurezza del lavoro nei settori ferroviario, portuale, marittimo, pesca

La Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione, a cui fanno riferimento 13 Associazioni tecnico scientifiche che operano nel campo della prevenzione, rileva che a distanza di 13 anni non è ancora stata data piena attuazione al D.Lgs. 81/08 e sollecita nuovamente, in particolare, l’attuazione di quanto previsto dall’art. 3 in materia di adeguamento e armonizzazione con i principi fondamentali del Titolo I della normativa relativa alle attività lavorative a bordo delle navi (D.Lgs 27 luglio 1999, n. 271), in ambito portuale (D.Lgs 27 luglio 1999, n. 272) e per il settore delle navi da pesca (D.Lgs 17 agosto 1999, n. 298), e l’armonizzazione delle disposizioni tecniche di cui ai titoli dal II al XII del medesimo decreto con la disciplina in tema di trasporto ferroviario contenuta nella legge 26 aprile 1974, n. 191, e relativi decreti di attuazione.

Tale ritardo crea un’area di incertezza giuridica, disparità di garanzie su sicurezza e igiene del lavoro in questi settori lavorativi, conflitti tra istituzioni deputate alla prevenzione e alla vigilanza e soprattutto assenza di interventi laddove diversi organismi hanno ruoli non chiari e in parte sovrapponibili, il tutto a discapito della tutela dei lavoratori.

Su tali tematiche la Consulta e le Associazione in essa rappresentate si rendono disponibili a partecipare a tavoli di lavoro che, anche nell’ambito dei progetti previsti dal Next Generation EU, possano colmare le lacune da tempo evidenziate sulla imprescindibile tematica della Sicurezza, Salute e Sostenibilità nel nostro ordinamento.

Per quanto riguarda il settore ferroviario si rileva che la legge 191/74 (Prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestiti dall'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato):

- riguarda solamente la prevenzione infortuni e non la repressione delle violazioni di legge sulla sicurezza del lavoro né le norme a tutela dell’igiene e della salute dei lavoratori;

- era destinata specificamente ed esclusivamente ad un soggetto giuridico che rappresentava un’articolazione diretta dello Stato, che oramai da oltre 20 anni non esiste più. Tale norma è divenuta obsoleta e incompatibile con l’attuale contesto sociale, economico e giuridico del sistema ferroviario italiano tanto da risultare incongrua e di difficile attuazione per le nuove imprese di diritto privato succedute all’Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato;

- non è applicabile alla galassia delle numerose nuove imprese che operano nel settore ferroviario;

- all’art. 35, prevede, per quanto riguarda la prevenzione infortuni, la “vigilanza congiunta” tra Ispettorato del Lavoro e “Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato” che non ha più motivo di esistere essendo le imprese del gruppo SpA o aziende private; inoltre, nonostante la specificità' del servizio ferroviario, effettivamente esistente, non sono più giustificati poteri di auto-vigilanza delle aziende interessate evocando anche dubbi di legittimità costituzionale per la disparità di trattamento tra imprese e tra gli stessi lavoratori;

La prevenzione e vigilanza sui rischi per la salute dei lavoratori è esercitata dai Servizi PSAL delle ASL che intervengono da anni in diversi ambiti (es. sistema vigilante a bordo dei treni e nuovo sistema con telecamera ad infrarossi, primo soccorso, stress lavoro correlato, movimenti ripetitivi, sorveglianza sanitaria, esposizione a rumore, vibrazioni e microclima) ed anche in occasione di profonde ristrutturazioni (es. Stazione Centrale di Milano) oltre che per indagini su infortuni;

- già nel 2012, quindi più di 8 anni fa, il tavolo istituito dal Ministero Trasporti con la presenza dei Ministeri Salute e Lavoro, Regioni, ANSF, Gruppo FS, RFI, OO.SS. aveva concluso i lavori predisponendo una proposta di Decreto Interministeriale condivisa tra tutti i partecipanti al tavolo tecnico. Da allora nessun ulteriore passo in avanti. Aggiornare rapidamente quella proposta è cosa fattibile in poco tempo colmando finalmente un vuoto normativo e una inadempienza inaccettabile.

Per quanto riguarda il settore portuale, marittimo e della pesca:

- la mancata emanazione dei decreti di coordinamento tra D.Lgs. 81/08 e precedente normativa di settore ha portato i Servizi di Prevenzione Sicurezza negli Ambienti di Lavoro delle ASL e quindi il Gruppo di lavoro del Coordinamento interregionale ad elaborare indirizzi operativi su diversi temi (attrezzature di lavoro a bordo nave, sistemi di sicurezza/segnalazione per le operazioni di movimentazione merci, interfaccia nave/porto, formazione RLS, ambienti con sospetto di inquinamento o confinati, attività di riparazione/manutenzione/costruzione navale, demolizioni navali, merci e prodotti chimici pericolosi, accertamenti sanitari periodici di marittimi e pescatori); tali indirizzi, volti ad armonizzare su scala nazionale gli interventi delle ASL, sono il frutto di confronti tra i Servizi PSAL operanti nelle diverse regioni, con le Autorità di Sistema Portuali, le Capitanerie di Porto, gli Uffici di Sanità Marittima, l’Agenzia delle Dogane e le Organizzazione sociali; gli stessi sono sfociati talvolta in prassi formalizzate, in Ordinanze e Decreti ed hanno consentito di continuare a tutelare anche queste categorie di lavoratori in assenza di adeguamenti normativi nazionali;

- questa attività aveva portato già nel 2010, a seguito di molteplici incontri col Ministero dei trasporti e con le parti sociali, alla elaborazione di alcune possibili modifiche della normativa:

- “Regolamento recante norme per il coordinamento della normativa relativa alle attività lavorative a bordo delle navi mercantili e delle navi da pesca con la disciplina dettata dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e smi”, depositato presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in data 14/07/2010;
- “Regolamento recante disposizioni necessarie a consentire il coordinamento con la disciplina del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e smi, della normativa relativa alla salute e sicurezza dei lavoratori nell'espletamento di operazioni e servizi portuali nei porti marittimi";
- “Regolamento recante disposizioni per il coordinamento della normativa relativa alla salute e sicurezza dei lavoratori nell'espletamento dei lavori di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale marittimo e di prove in mare con la disciplina dettata dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e smi"

- sono trascorsi ormai più di 10 anni senza che vi sia stato alcun progresso nella discussione del raccordo dei D.Lgs. del 1999 con il D.Lgs. 81/2008. Il riesame della legislazione vigente è diventato sempre più urgente per la necessità di una sua integrazione con le norme di ratifica o recepimento (L. 113/2013, D.Lgs. 32/2016DM 12/10/2017 e DM 27/05/2019) di norme ed accordi internazionali ed europei sulle condizioni di lavoro, di sicurezza e salute dei marittimi, della pesca, sul riciclo e le demolizioni navali, sulla commercializzazione di prodotti chimici e biocidi (Convenzioni OIL 186 e OIL 188, Direttiva UE 2013/54, Regolamenti UE 1257/2013, CE 1907/2006-REACH, CE 1207/2008-CLP, UE 528/2012-BPR), con una revisione del DM 20/08/99 per il censimento dell’amianto sulle navi, con il generale processo di riforma della legge sui Porti (L.84/94) nonché con il Decreto sugli ambienti confinati (DPR 177/2011). Quest’ultimo decreto è stato oggetto di un Interpello (n.10/2015) la cui risposta ha solo acuito le sue incertezze interpretative nelle riparazioni e costruzioni navali,.

Anche il settore dei trasporti su gomma vede la presenza di competenze in materia di prevenzione sul lavoro da parte di diverse istituzioni che non si integrano, come invece dovrebbe essere. Ricordiamo che un’alta percentuale di infortuni lavorativi in generale e soprattutto di quelli gravi e mortali si verifica proprio nel trasporto su strada.

Come già auspicato in un precedente documento (“D.Lgs. 81/08 dieci anni dopo” inviato il 18/3/2019 a Ministro Salute, Ministro Lavoro, Presidente Conferenza Regioni e P.A.) si sollecita al più presto l’emanazione dei decreti di cui sopra per realizzare la piena applicazione della normativa in materia di sicurezza e igiene del lavoro anche nei settori lavorativi dei trasporti in cui non mancano rischi, malattie da lavoro e infortuni anche gravi, che tra l’altro possono coinvolgere anche i cittadini, come i dati e la cronaca dimostrano.

I decreti attuativi, in applicazione dell’art. 1 comma 3 L. 123/2007, non potranno disporre un abbassamento dei livelli di protezione, di sicurezza e di tutela o riduzione dei diritti e delle prerogative dei lavoratori e delle loro rappresentanze e devono essere integrati nel D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e smi per assicurare le medesime tutele per tutti i lavoratori, compreso il sistema sanzionatorio verso i responsabili di eventuali inadempienze.

La Commissione ex art. 5 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e smi, potrebbe nel frattempo provvedere ad indicare i criteri per l’azione di prevenzione e vigilanza al fine di uniformare i comportamenti in tutto il territorio nazionale utilizzando i migliori indirizzi già predisposti e le migliori pratiche attuate.

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Fonte: CIIP

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Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro

ID 13289 | | Visite: 11116 | News Sicurezza

Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti SARS CoV 2 08 04 2021

Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro

ID 13829 | Update 13.04.2021 / In allegato:

- Indicazioni ad interim bozza del 06.04.11
- Indicazioni ad interim definitive del 08.04.11 / nessuna variazione - aggiunti allegati

In allegato documento pubblicato dall'INAIL il 13.04.2021, recante “Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro” predisposto dal Ministero della salute e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, d’intesa con la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, con il Commissario Straordinario per il contrasto dell’emergenza epidemiologica e con il contributo tecnico-scientifico dell’Inail, in aggiunta al già diffuso protocolllo per le vaccinazioni nei luoghi di lavoro.

Ai sensi del Protocollo per la vaccinazione nei luoghi di lavoro, i datori di lavoro interessati dovranno attenersi alle indicazioni contenute in questo documento.

Allegati al documento:

Allegato 1 - VACCINAZIONE ANTI-COVID19 MODULO DI CONSENSO
Allegato 2 - VACCINAZIONE ANTI-SARS-CoV2/COVID-19 ELENCO QUESITI PER MODULO STANDARD DI TRIAGE PREVACCINALE

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Il presente documento tecnico intende fornire indicazioni per la vaccinazione anti-SARSCoV-2/COVID-19 nei luoghi di lavoro, in coerenza con il “Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS- CoV-2” e le “Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV- 2/COVID-19” di cui al decreto del Ministero della salute del 12 marzo 2021.

Le aziende, singolarmente o in gruppi organizzati, per il tramite delle Associazioni di categoria di riferimento, possono attivare punti vaccinali territoriali anti-SARS-CoV-2/ COVID-19 destinati alla vaccinazione delle lavoratrici e dei lavoratori, anche con il coinvolgimento dei medici competenti.

La vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19 effettuata nell’ambiente di lavoro, anche se affidata al medico competente (ove presente/disponibile) o ad altri sanitari convenzionati con il Datore di Lavoro, rappresenta un’iniziativa di sanità pubblica, finalizzata alla tutela della salute della collettività e non attiene strettamente alla prevenzione nei luoghi di lavoro. Pertanto la responsabilità generale e la supervisione dell’intero processo rimane in capo al Servizio Sanitario Regionale, per il tramite dell’Azienda Sanitaria di riferimento.

Nell’implementazione delle presenti indicazioni e nello spirito di supporto all’iniziativa, le singole Regioni e Province Autonome terranno in considerazione le specificità del tessuto produttivo.

Fermo restando che la fornitura dei vaccini è a carico della Struttura di supporto al Commissario straordinario per l’emergenza COVID-19 per il tramite dei Servizi Sanitari Regionali competenti, la realizzazione dei punti vaccinali territoriali nei luoghi di lavoro e relativi oneri è a carico delle aziende promotrici dei punti vaccinali stessi.

L’istituzione di tali punti vaccinali dovrà garantire tutti i requisiti di efficacia, efficienza e sicurezza previsti per tutti i cittadini in ogni contesto della campagna vaccinale.

Vedi Modello Piano vaccinazione aziendale

Ai fini della istituzione dei punti vaccinali territoriali e della realizzazione della campagna vaccinale nei luoghi di lavoro, costituiscono presupposti imprescindibili:

1. la disponibilità di vaccini
2. la disponibilità dell’azienda
3. la presenza / disponibilità del medico competente o di personale sanitario come di seguito specificato
4. la sussistenza delle condizioni di sicurezza per la somministrazione di vaccini
5. l’adesione volontaria ed informata da parte delle lavoratrici e dei lavoratori
6. la tutela della privacy e la prevenzione di ogni forma di discriminazione delle lavoratrici e dei lavoratori

Fermi restando i principi in materia di non discriminazione e di tutela della riservatezza delle lavoratrici e dei lavoratori l’attività vaccinale potrà essere condotta anche con personale sanitario adeguatamente formato afferente ad altre strutture sanitarie o libero professionisti, individuato dal Datore di Lavoro anche in coordinamento con le Associazioni di categoria di riferimento.

Si precisa che la vaccinazione in azienda rappresenta un’opportunità aggiuntiva rispetto alle modalità ordinarie dell’offerta vaccinale che sono e saranno sempre garantite, nel rispetto delle tempistiche dettate dal piano nazionale di vaccinazione, qualora il lavoratore non intenda aderire alla vaccinazione in azienda.

Infine, coerentemente con la necessità di favorire l’accelerazione della campagna di vaccinazione di massa e garantire tempestività, efficacia e livello di adesione, gli spazi destinati all’attività di vaccinazione in azienda, anche appositamente allestiti presso punti vaccinali territoriali approntati dalle Associazioni di categoria di riferimento, potranno essere utilizzati per la vaccinazione di lavoratrici e lavoratori appartenenti anche ad altre aziende (es. coloro che prestano stabilmente servizio per l’azienda utilizzatrice; lavoratrici e lavoratori di altre aziende del medesimo territorio, etc.). A tal proposito si precisa che il piano nazionale, declinato in fasce di popolazione prioritarie per patologie o per età, prevede che la vaccinazione in azienda possa procedere indipendentemente dall’età dei lavoratori, a patto che vi sia disponibilità di vaccini.

ORGANIZZAZIONE ATTIVITÀ

Adesione

L’azienda o l’Associazione di categoria di riferimento che intende aderire all’iniziativa ne dà comunicazione all’Azienda Sanitaria di riferimento, secondo modalità da disciplinare a livello della Regione o Provincia Autonoma, la quale, verificata la disponibilità dei vaccini e la sussistenza dei requisiti necessari per l’avvio dell’attività, concorda le modalità di ritiro dei vaccini a cura del medico competente o del personale sanitario individuato dal datore di lavoro. Chi ritirerà il vaccino dovrà garantirne la corretta gestione con particolare riferimento al mantenimento della catena del freddo.

Requisiti preliminari

Per l’avvio dell’attività, è necessario che l’azienda sia in possesso dei seguenti requisiti:

- popolazione lavorativa sufficientemente numerosa (preferibilmente >50). Per favorire anche i datori di lavoro con poche lavoratrici e lavoratori o altre forme di attività, sono possibili modalità organizzative anche promosse da Associazioni di categoria, o nell’ambito della bilateralità, destinate a coinvolgere lavoratrici e lavoratori di più imprese;
- sede nel territorio dell’Azienda Sanitaria che fornisce i vaccini. Resta inteso che la lavoratrice/il lavoratore può aderire alla vaccinazione indipendentemente dalla propria residenza, che può essere anche fuori Regione, così come può decidere di essere vaccinato nei punti vaccinali delle Aziende Sanitarie;
- struttura organizzativa e risorse strumentali e di personale adeguate al volume di attività previsto, in grado di garantire il regolare svolgimento dell’attività ed evitare gli assembramenti;
- dotazione informatica idonea a garantire la corretta e tempestiva registrazione delle vaccinazioni;
- ambienti idonei per l’attività, commisurati al volume di vaccinazioni da eseguire, sia per le fasi preparatorie (accettazione), sia per la vera e propria seduta vaccinale (ambulatorio/infermeria), sia per le fasi successive (osservazione post-vaccinazione).

Resta inteso che gli ambienti dedicati all’attività, purché adeguatamente attrezzati, possono essere interni, esterni o mobili, in considerazione di specifiche esigenze di natura organizzativa. L’idoneità degli ambienti destinati all’attività è valutata da
parte dell’Azienda Sanitaria che fornisce il vaccino.

Equipaggiamento minimo per la vaccinazione in azienda

La vaccinazione in azienda deve prevedere la presenza dei materiali, delle attrezzature e dei farmaci necessari allo svolgimento in sicurezza delle attività ed al volume delle medesime.

Il medico competente o il personale sanitario opportunamente individuato redige l’elenco di quanto necessario nel rispetto delle norme di buona pratica vaccinale e delle indicazioni provenienti dal percorso formativo obbligatorio previsto, anche per garantire un idoneo intervento in caso si manifestino reazioni avverse a breve termine.

Il datore di lavoro o l’Associazione di categoria di riferimento garantisce l’approvvigionamento a proprio carico di quanto ritenuto necessario dal personale sanitario individuato.

Devono inoltre essere presenti idonei strumenti informatici che permettano la registrazione dell’avvenuta inoculazione del vaccino secondo le modalità fissate a livello regionale.

Formazione e informazione

Si rende disponibile, da parte del Servizio Sanitario Regionale, l’accesso a specifici materiali formativi/informativi predisposti a livello nazionale e regionale.

In particolare, il personale coinvolto nelle operazioni di vaccinazione effettuerà il corso FAD EDUISS “Campagna vaccinale Covid-19: la somministrazione in sicurezza del vaccino anti SARS-CoV- 2/Covid-19”, che verrà integrato con uno specifico modulo per la vaccinazione nei luoghi di lavoro a cura di INAIL in collaborazione con ISS.

Organizzazione della seduta vaccinale

L’adesione da parte della lavoratrice / del lavoratore è volontaria ed è raccolta a cura del medico competente, o del personale sanitario opportunamente individuato, che potrà valutare preliminarmente specifiche condizioni di salute, nel rispetto della privacy, che indirizzino la vaccinazione in contesti sanitari specifici della Azienda Sanitaria di riferimento, che ne assicura la necessaria presa in carico.

L’Azienda Sanitaria di riferimento può valutare di suddividere il totale del vaccino richiesto in più consegne in base alla disponibilità delle dosi previste per la campagna di vaccinazione ordinaria.

In ogni caso, il vaccino fornito deve essere somministrato tempestivamente senza possibilità di accantonamento presso le strutture aziendali, fatte salve specifiche e motivate deroghe autorizzate dall’Azienda Sanitaria di riferimento, ove ricorrano le condizioni della corretta conservazione.

La campagna di vaccinazione negli ambienti di lavoro deve avvenire secondo modalità che garantiscano:

- pianificazione dell’attività con adeguato anticipo, in considerazione della complessità organizzativa;
- rispetto delle misure di prevenzione anti-contagio;
- adeguata informazione ai soggetti destinatari delle vaccinazioni (datori di lavoro, lavoratrici e lavoratori) circa le modalità organizzative e, più specificamente, sulla somministrazione del vaccino previsto;
- accettazione delle lavoratrici e dei lavoratori aderenti assicurata da personale incaricato (interno/esterno);
- rispetto della modulistica predisposta a livello nazionale relativa a scheda anamnestica e consenso informato;
- rispetto delle indicazioni tecniche e delle buone pratiche relative a conservazione, preparazione e somministrazione del vaccino;
- programmazione e preparazione alla gestione di eventuali eventi avversi, anche in coerenza con i piani di gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro;
- rispetto delle indicazioni regionali per l’alimentazione dei flussi informativi.

Gestione del consenso

Il medico vaccinatore informa il soggetto in merito alla vaccinazione, illustra i contenuti dell’informativa ministeriale e acquisisce il valido consenso alla vaccinazione, utilizzando la modulistica unificata predisposta a livello nazionale.

Registrazione della vaccinazione

La registrazione della vaccinazione deve essere effettuata subito dopo la somministrazione, direttamente nel luogo di vaccinazione, durante il periodo di osservazione post vaccinazione. La registrazione deve essere effettuata secondo le modalità previste nella Regione/Provincia Autonoma di riferimento.

Per la registrazione di una eventuale reazione avversa si dovranno utilizzare le modalità di segnalazione previste dalla Regione/Provincia Autonoma di riferimento, nel rispetto della normativa vigente.

Osservazione post vaccinazione

Si evidenzia che dopo l’esecuzione delle vaccinazioni il personale vaccinatore deve invitare il vaccinato a sostare per almeno 15 minuti negli spazi della sede vaccinale, allo scopo di intervenire immediatamente nel caso di reazioni avverse a rapida insorgenza, ed è quindi necessaria la previsione di risorse adeguate alla gestione delle stesse. Si raccomanda in ogni caso che eventuali soggetti a rischio siano indirizzati all’Azienda Sanitaria di riferimento ai fini della vaccinazione in ambiente protetto.

Programmazione della seconda dose

L’azienda assicurerà la programmazione della somministrazione della seconda dose del vaccino ove prevista secondo le modalità e tempistiche previste per ciascun vaccino. I vaccini non sono intercambiabili e la seconda dose, deve essere effettuata con lo stesso vaccino utilizzato per la prima dose. Anche l’intervallo tra prima e seconda dose deve rispettare quanto previsto per lo specifico vaccino.

Le persone che hanno manifestato una reazione grave alla prima dose, NON devono sottoporsi alla seconda dose in ambito lavorativo e devono essere inviate alla competente Azienda sanitaria di riferimento per le necessarie valutazioni. Le persone che hanno manifestato una reazione locale a insorgenza ritardata (ad es. eritema, indurimento, prurito) intorno all’area del sito di iniezione dopo la prima dose POSSONO ricevere la seconda dose in ambito lavorativo, preferibilmente nel braccio controlaterale a quello utilizzato per la prima.

In coerenza con la Circolare del 3 marzo 2021 del Ministero dalla Salute, è possibile considerare la somministrazione di un’unica dose di vaccino anti-SARS-CoV-2/COVID-19 nei soggetti con pregressa infezione da SARS-CoV-2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica), purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dalla documentata infezione e, preferibilmente, entro i 6 mesi dalla stessa.

Monitoraggio e controllo

Trattandosi di un’iniziativa a tutela della salute pubblica, l’intero processo è sotto la supervisione dell’Azienda Sanitaria di riferimento, che per il tramite del Dipartimento di Prevenzione, può effettuare controlli sullo stato dei luoghi, sui requisiti essenziali e sulla correttezza delle procedure adottate per l’effettuazione dell’attività.

Anche le aziende e le Associazioni di categoria di riferimento promuovono l’adozione di comportamenti corretti e aderenti alle modalità organizzative previste dal presente documento.

Oneri

Tutti gli oneri sono a carico del Datore di lavoro o delle Associazioni di categoria di riferimento, ad eccezione dei vaccini, dei dispositivi per la somministrazione (siringhe/ aghi), della messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e degli strumenti per la registrazione dell’attività vaccinale.

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Commento Confindustria Protocollo agg. misure anti COVID-19 ambienti di lavoro del 06.04.2021

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Commento Confindustria 08 04 2021

Commento Confindustria Protocollo aggiornamento misure anti COVID-19 ambienti di lavoro del 06.04.2021

Confindustria, 08.04.2021

Confindustria, Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro Commento, 8 aprile 2021

Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro

Commento

Nella serata del 6 aprile 2021 Confindustria ha partecipato alla riunione per l’aggiornamento del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid- 19 negli ambienti di lavoro.

In coerenza con la previsione dell’art. 29bis della legge n. 40/2020 - che individua nelle previsioni del Protocollo il contenuto concreto dell’art. 2087 del codice civile - la finalità era quella di acquisire nel documento le novità normative e scientifiche (previsioni di legge, circolari esplicative, evoluzione delle conoscenze in relazione, soprattutto, alle varianti) per attualizzare le regole di sicurezza contro l’epidemia e semplificarne l’applicazione per le imprese, superando previsioni non più attuali ed in contrasto con leggi e circolari sopravvenute.

Va sottolineato che l’adozione di misure di sicurezza stringenti (in particolare, il maggior diffusione dell’uso della mascherina) consegue soprattutto alla presenza delle varianti, la cui virulenza appare acuire il rischio di contagio (o, addirittura, in alcune ipotesi, limitare l’efficacia del vaccino). L’uso della mascherina, infatti, riduce il rischio di contagio e di attivazione del contact tracing e, conseguentemente, l’adozione delle misure di quarantena. Incide, inoltre, riducendo le ipotesi di diffusione del virus al di fuori dei luoghi di lavoro, in famiglia e nella società, limitando così anche le ipotesi di isolamento e quarantena che riflettono i propri effetti, anche indirettamente, sul lavoro (è il caso della scuola).

Ripercorrendo il testo, si evidenzia fin d’ora che restano ferme l’impostazione e la struttura del Protocollo.

Ancora in premessa, rileviamo che i Ministeri avevano inserito in modo formale ed in più parti del testo il riferimento alla valutazione dei rischi ed al relativo documento, che non risulta invece mai presente nel documento definitivo in quanto ha costituito una delle condizioni per la sottoscrizione del Protocollo da parte di Confindustria.

Premessa

In premessa, si conferma, innanzitutto, che il Covid19 “rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione. Il presente protocollo contiene, quindi, misure che seguono la logica della precauzione e seguono e attuano le prescrizioni del legislatore e le indicazioni dell’Autorità sanitaria”. Si riafferma, quindi, un passaggio importante, che costituisce il cardine dell’intero protocollo e che non è stato messo in dubbio.
Si aggiorna, poi, il riferimento al DPCM in vigore (quello del 2 marzo 2021).
Si evidenzia, quindi, nelle considerazioni generali, il richiamo al massimo uso, ove possibile, del lavoro agile o da remoto (anche per le attività professionali). Questa modalità organizzativa resta, quindi, lo strumento precauzionale prioritario di distanziamento. Si tratta di una sottolineatura importante che potrà supportare la richiesta di ulteriore conferma del regime agevolato per lo smart work.
Aggiornando le considerazioni connesse alla maggiore aggressività e diffusività delle varianti, è previsto l’uso della mascherina chirurgica in ogni situazione in cui ci sia condivisione di spazi. Questa innovazione avvicina il Protocollo al vigente DPCM e segue le circolari che, nel 2021, hanno evidenziato la maggiore diffusività e contagiosità delle varianti, supportando così l’incremento dei livelli di sicurezza.
Viene, poi, superata la criticità interpretativa rispetto al concetto di “contatto stretto” ai fini del contact tracing, in quanto si elimina la questione della distinzione tra rischio alto e basso fondata anche sull’uso o meno della mascherina.
Va ricordato, inoltre, che neppure la vaccinazione comporta l’abbandono degli strumenti precauzionali ai quali siamo ormai abituati (distanziamento, mascherina, igiene), il che conferma l’esigenza di un loro rispetto corretto, diffuso e costante, negli ambienti di vita e di lavoro.
L’uso della mascherina resta, ovviamente, escluso nelle situazioni di isolamento delle persone, quindi negli uffici occupati da un solo lavoratore ovvero quanto il distanziamento è tale da assicurare l’isolamento, come già previsto all’art. 1, comma 2, del DPCM 2 marzo 2021.
Ancora in relazione ai DPI, si è confermato, nel corpo del testo e in una apposita previsione, che la mascherina da utilizzare è quella chirurgica, salve le ipotesi in cui i rischi specifici, indipendentemente dalla situazione emergenziale, importino già l’uso di DPI differenti (FFP2 o FFP3).

Modalità di ingresso in azienda

Quanto alle modalità di ingresso in azienda, sono stati aggiornati i riferimenti normativi. In luogo del DL 6/2020 (peraltro abrogato), si richiamano adesso:
- art. 14, comma 1 del dl 18/2020 (che richiama l’art. 1, comma 1, lett. d) del dl 19/2020) secondo il quale la misura della quarantena precauzionale (prevista per i soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che entrano nel territorio nazionale da aree ubicate al di fuori del territorio italiano) non si applica agli operatori sanitari, agli operatori dei servizi pubblici essenziali e ai dipendenti delle imprese che operano nell'ambito della produzione e dispensazione dei farmaci, dei dispositivi medici e diagnostici nonché delle relative attività di ricerca e della filiera integrata per i subfornitori;
- art. 26 del dl 18/2020, sui lavoratori cd fragili
- art. 1 del Dl 33/2020, secondo il quale “a decorrere dal 18 maggio 2020, cessano di avere effetto tutte le misure limitative della circolazione all'interno del territorio regionale di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, e tali misure possono essere adottate o reiterate, ai sensi degli stessi articoli 2 e 3, solo con riferimento a specifiche aree del territorio medesimo interessate da particolare aggravamento della situazione epidemiologica”
- Art. 1bis del Dl 83/2020 (norma di coordinamento) secondo il quale “le disposizioni del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, si applicano nei limiti della loro compatibilità con quanto stabilito dal decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74”.
Nel punto seguente è contenuto uno degli aggiornamenti più significativi, che - richiamando la circolare del Ministero della salute del 12 ottobre 2020 - attualizza le disposizioni sulle modalità di rientro in azienda dei lavoratori con pregressa infezione da Covid19 e regola espressamente le condizioni per il rientro in azienda del caso positivo a lungo termine.
Questo rinvio consente di chiarire che:
a) i casi positivi asintomatici, ossia i lavoratori asintomatici risultati positivi alla ricerca di SARS-CoV-2, possono rientrare al lavoro dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test).
b) I casi positivi sintomatici, ossia i lavoratori sintomatici risultati positivi alla ricerca di SARS-CoV-2, possono rientrare al lavoro dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo) accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test).
Per quanto riguarda, invece, i casi positivi a lungo termine, il Protocollo - assumendo espressamente una posizione differente da quella della circolare richiamata - prevede che “i lavoratori positivi oltre il ventunesimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario nazionale”.
Ciò comporta che, nelle tre ipotesi sopra indicate, i lavoratori potranno rientrare in azienda sempre e solamente con tampone negativo e che, quindi, il personale ancora positivo al test risulterà ancora in malattia.
Si tratta di una previsione introdotta dal Ministero della salute sulla quale permangono notevoli interrogativi, come precisato anche da un intervento del Direttore generale per la prevenzione, Prof. Rezza. Proprio su questi aspetti - ed in particolare sulla condizione giuridica del lavoratore ancora positivo dopo i ventuno giorni - abbiamo sollecitato chiarimenti da parte del Ministero della salute.
Su tali aspetti, occorre aggiungere che con circolare del 31 gennaio 2021, il Ministero della salute ha aggiornato le indicazioni inerenti le misure di controllo legate specificamente alle varianti del virus, prescrivendo anche una differente durata della quarantena.
Viene poi inserito il riferimento all’allegato IX del vigente DPCM che regola le misure di sicurezza per evitare situazioni di affollamento e di contagio ed è riferito a specifiche attività produttive, sul quale occorre svolgere alcune considerazioni.
L’estensione si riferisce esclusivamente alle attività produttive che rientrino nelle ipotesi previste dall’allegato (ossia ristorazione, attività turistiche -stabilimenti balneari e spiagge, attività ricettive, servizi alla persona - acconciatori, estetisti e tatuatori, commercio al dettaglio, commercio al dettaglio su aree pubbliche - mercati e mercatini degli hobbisti, uffici aperti al pubblico, piscine, palestre, manutenzione del verde, musei, archivi e biblioteche, attività fisica all’aperto, noleggio veicoli e altre attrezzature, informatori scientifici del farmaco, aree giochi per bambini, circoli culturali e ricreativi, formazione professionale, cinema e spettacoli dal vivo, parchi tematici e di divertimento, sagre e fiere locali, strutture termali e centri benessere, professioni della montagna - guide alpine e maestri di sci e guide turistiche, congressi e grandi eventi fieristici, sale slot, sale giochi, sale bingo e sale scommesse discoteche).
Le attività produttive che non rientrano già nella disciplina dall’allegato IX non dovranno quindi tener conto di detta estensione, che è giustificata dal fatto che in alcune situazioni (centri commerciali, supermercati, etc.) possono verificarsi occasioni di eccesso di afflusso di persone: la disposizione mira, quindi, ad estendere a queste particolari ipotesi la specifica disciplina già presente nel DPCM.

Modalità di accesso dei fornitori esterni

Per quanto riguarda il trasporto organizzato dall’azienda (che troverebbe migliore collocazione in altri punti del Protocollo), si precisa che la sicurezza dei lavoratori viene assicurata mettendo in atto tutte le misure previste per il contenimento del rischio di contagio (tra queste, in via esemplificativa, il distanziamento, l’uso della mascherina chirurgica, etc.). Si tratta di una precisazione volta a garantire, anche in questo caso, la riduzione del rischio di trasmissione del virus, dal momento che la compresenza in ambienti di limitate dimensioni aumenta il rischio di contagio, in assenza delle dovute misure.
In tema di coordinamento tra committente e appaltatore, si precisa che le informazioni inerenti alla positività dei lavoratori devono essere scambiate tra le imprese per il tramite del medico competente, per ovviare alle questioni inerenti alla privacy.

Pulizia e sanificazione in azienda

Per la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali si fa espresso riferimento alla circolare del Ministero della salute n. 17644 del 22 maggio 2020. Il riferimento è opportuno e volto a razionalizzare in modo espresso le modalità di pulizia e sanificazione che, a detta dell’Inail, avevano assunto di fatto una portata ed un impegno eccessivo rispetto a quanto realmente necessario e sufficiente nella lotta alle fonti di contagio.
Resta confermato il riferimento alla circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020, relativo alla differente ipotesi della presenza di un soggetto contagiato in azienda.
In tema di pulizia a fine turno ed alla sanificazione periodica viene aggiunto, per quanto non fosse necessario e, anzi, costituisse già oggetto di particolare attenzione, che la pulizia e la sanificazione devono riguardare anche le attrezzature di lavoro di uso promiscuo.

Precauzioni igieniche personali

Viene specificato che i mezzi detergenti delle mani messi a disposizione dei lavoratori oltre ad essere, ovviamente, idonei devono anche essere “sufficienti”.

Dispositivi di protezione individuale

Si tratta di uno dei punti di maggior rilievo, visto il diffondersi di varianti caratterizzate da maggiore contagiosità e virulenza e tenuto conto che, anche in presenza di vaccinazione, nulla cambia ai fini del mantenimento delle misure di precauzione.
Visto il perdurare della situazione emergenziale, nell’invitare ad un uso “razionale” dei dispositivi (anche qui, per evitare un impiego non corretto), si attribuisce espressamente la qualifica di DPI alle mascherine chirurgiche ai fini della legislazione in materia di salute e sicurezza (confermando quanto disposto dall’art. 16 del dl 18/2020).
Superando sia il riferimento al distanziamento di un metro sia il riferimento agli spazi comuni, si conferma che l’uso della mascherina è previsto in tutti i casi di condivisione degli ambienti di lavoro, siano essi al chiuso o all’aperto. Dunque, un innalzamento della tutela, in considerazione non solo della esplicita previsione del DPCM in vigore, ma anche dall’incremento di contagiosità del virus nelle sue varianti.
Resta sempre esclusa - come sopra evidenziato - l’ipotesi del lavoro in situazioni di isolamento.

Organizzazione aziendale (turnazione, trasferte e lavoro agile e da remoto, rimodulazione dei livelli produttivi)

Il paragrafo è stato modificato in due aspetti di particolare rilievo.

Per quanto riguarda il lavoro agile, ne viene riaffermata espressamente la valenza di “utile e modulabile strumento di prevenzione”, quale elemento emergenziale a disposizione dell’azienda, la cui caratteristica di modulabilità è strettamente funzionale alla logica precauzionale e si sostanzia anche nella natura unilaterale e non contrattuale dello strumento.
L’altro passaggio di rilievo è rappresentato dalla modifica della regolamentazione delle trasferte. Come si ricorderà, il Protocollo del 14 marzo 2020 prevedeva espressamente ed in modo inequivoco che “sono sospese e annullate tutte le trasferte/viaggi di lavoro nazionali e internazionali, anche se già concordate o organizzate”.
Oggi, superato nettamente il divieto, si prevede che “in merito alle trasferte nazionali ed internazionali, è opportuno che il datore di lavoro, in collaborazione con il MC e il RSPP, tenga conto del contesto associato alle diverse tipologie di trasferta previste, anche in riferimento all’andamento epidemiologico delle sedi di destinazione”.
Viene così superata formalmente ogni limitazione alle trasferte e viene richiamato il principio generale della ovvia considerazione del contesto pandemico nel programmare la trasferta.

Spostamenti interni, riunioni, eventi interni e formazione

Resta confermato il divieto di riunioni in presenza, peraltro derogabile in presenza di situazioni di necessità ed urgenza e rispettando le consuete disposizioni su distanziamento e mascherina.
Per quanto riguarda la formazione, i Ministeri stipulanti hanno ritenuto di uniformare la previsione del Protocollo a quella del DPCM in vigore, che contiene aperture sulla formazione e aspetti poco chiari.
Il nuovo testo del Protocollo corrisponde quindi a quello presente nel DPCM vigente e prevede che “sono sospesi tutti gli eventi interni e ogni attività di formazione in modalità in aula, anche obbligatoria, fatte salve le deroghe previste dalla normativa vigente. Sono consentiti in presenza, ai sensi dell’articolo 25, comma 7, del Dpcm 2 marzo 2021, gli esami di qualifica dei percorsi di IeFP, nonché la formazione in azienda esclusivamente per i lavoratori dell’azienda stessa, secondo le disposizioni emanate dalle singole regioni, i corsi di formazione da effettuarsi in materia di protezione civile, salute e sicurezza, i corsi di formazione individuali e quelli che necessitano di attività di laboratorio, nonché l'attività formativa in presenza, ove necessario, nell’ambito di tirocini, stage e attività di laboratorio, in coerenza con i limiti normativi vigenti, a condizione che siano attuate le misure di contenimento del rischio di cui al «Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione» pubblicato dall’INAIL. È comunque possibile, qualora l’organizzazione aziendale lo permetta, effettuare la formazione a distanza, anche per i lavoratori in lavoro agile e da remoto”.
La riapertura della possibilità di svolgere la formazione e l’aggiornamento sulla salute e sicurezza anche in presenza comporta il venir meno della previsione secondo la quale era consentito lo svolgimento di specifiche mansioni anche in caso di mancato aggiornamento. Questo anche in considerazione del progressivo ritorno alla normalità delle attività produttive.

Gestione di una persona sintomatica in azienda

Su questo aspetto, l’unica integrazione riguarda il fatto che la collaborazione dell’azienda con le autorità sanitarie nella definizione dei “contatti stretti” avviene anche con il coinvolgimento del medico competente.

Sorveglianza sanitaria/Medico competente/Rls

Come era prevedibile, le disposizioni sulla sorveglianza sanitaria sono state integrate per aggiornare le conoscenze scientifiche di riferimento.
In particolare, oltre ad inquadrare meglio il ruolo della sorveglianza sanitaria, si richiama il ruolo del medico competente nella tutela dei lavoratori fragili (con richiamo espresso alla circolare del 4 settembre 2020) e nella proposta di adozione di strategie di testing/screening (anche tenendo conto della circolare n. 705 dell’8 gennaio 2021).
Per il concetto di contatto stretto, si fa espresso riferimento alla circolare del Ministero della salute del 29 maggio 2020 e si richiama l’esigenza che - al fine di rendere efficace il tracciamento secondo le peculiarità organizzative aziendali - la relativa identificazione avvenga tenendo conto delle misure di prevenzione e protezione individuate ed effettivamente attuate in azienda.
Rilevante la specifica previsione in tema di riammissione al lavoro. Superando la contraddizione tra il testo previgente del Protocollo e la circolare n. 14915 del 29 settembre [aprile] 2020, il Protocollo prevede ora espressamente che la visita al rientro è prevista “per il reintegro progressivo dei lavoratori già risultati positivi al tampone con ricovero ospedaliero”.
La disposizione prevede dunque la visita al rientro solamente in caso di pregressa ospedalizzazione, ed appare, quindi, limitata rispetto alla portata generale che ispirava la originaria previsione del Protocollo. Se, da un lato, la precisazione sembra sollevare l’azienda da un onere di accertamento nelle ipotesi presumibilmente “minori” (asintomatici, assenza di gravità, assenza di ricovero ospedaliero), dall’altro introduce questioni afferenti alla privacy (il datore di lavoro può non sapere se la persona è stata ospedalizzata) e non supera (dal momento che non la esclude espressamente) la possibilità di effettuare sempre e comunque la visita al rientro e non solamente nelle ipotesi di pregresso ricovero ospedaliero.
Non viene riportata nel Protocollo la previsione inerente alla visita al rientro in caso di “gravità” della malattia, aspetto riportato nella circolare del Ministero della salute, il che introduce ulteriori elementi di dubbio.
Riteniamo, comunque, che continui ad essere rimessa alla valutazione del medico competente l’opportunità di effettuare le visite al rientro anche nelle ipotesi diverse da quelle indicate dalla circolare e dal Protocollo.
Sulla portata di queste integrazioni al Protocollo originario abbiamo chiesto chiarimenti al Ministero della salute.

Conclusioni

Il Protocollo presenta ora elementi di maggior adeguamento alle novità giuridiche ed alle conoscenze scientifiche. Ha conservato la natura di percorso autonomo rispetto alla materia della sicurezza sul lavoro ed è privo di rinvii alla valutazione dei rischi: il confronto ha infatti consentito di evitare ogni riferimento a questo aspetto, in origine ripetutamente proposto dai Ministeri, confermando, quindi, la correttezza della valutazione originaria. Sono state aggiornate alcune previsioni ormai incongruenti (es. in tema di trasferte) e sono state semplificate alcune impostazioni eccessivamente rigorose (es. pulizia e sanificazione).
Vi sono, evidentemente dei punti di maggior attenzione per l’evoluzione del virus (ad esempio, circa l’uso diffuso delle mascherine) e altri ancora da chiarire (lo stesso Ministero della salute ha confermato la necessità di dare una lettura aggiornata, anche con l’ausilio del CTS, dei passaggi più strettamente legati ad aspetti di ordine sanitario, ad esempio con riferimento alla condizione giuridica del lavoratore ancora positivo dopo i 21 giorni o alle modalità di rientro al lavoro con o senza visita medica del lavoratore guarito).
Quanto alla efficacia del Protocollo si evidenzia che lo stesso, una volta sottoscritto, dovrà essere recepito in un atto normativo o regolamentare, secondo le scelte politiche che verranno fatte. Fino a tale momento, quindi, resta pienamente in vigore il Protocollo nel testo precedente e richiamato dal DPCM del 2 marzo 2021.

Fonte: Confindustria

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Confindustria Aprile 2021
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Decreto 29 marzo 2021

ID 13296 | | Visite: 9280 | Prevenzione Incendi

Decreto 29 marzo 2021

Decreto 29 marzo 2021 | RTV Strutture sanitarie

Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi per le strutture sanitarie.

(GU n.85 del 09.04.2021)

Entrata in vigore: 09/05/2021

...

Art. 1. Nuove norme tecniche di prevenzione incendi per le strutture sanitarie

1. Sono approvate le norme tecniche di prevenzione incendi per le strutture sanitarie di cui all’allegato 1, che costituisce parte integrante del presente decreto.

Art. 2. Campo di applicazione

1. Le norme tecniche di cui all’art. 1 si possono applicare a:
a. strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero o residenziale a ciclo continuativo o diurno con numero di posti letto maggiore di 25;
b. residenze sanitarie assistenziali (RSA) con numero di posti letto maggiore di 25;
c. strutture sanitarie che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, di superficie complessiva superiore a 500 m2.
2. Le norme tecniche di cui all’art. 1 si possono applicare alle attività di cui al comma 1, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto ovvero a quelle di nuova realizzazione, in alternativa, ove applicabile, alle specifiche norme tecniche di prevenzione incendi di cui al decreto del Ministro dell’interno 18 settembre 2002.

Art. 3. Modifiche al decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015

1. All’allegato 1 del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015, nella sezione V «Regole tecniche verticali», è aggiunto il capitolo «V.11 – Strutture sanitarie», contenente le norme tecniche di prevenzione incendi per le attività di cui all’art. 1.
2. All’art. 2, comma 1, del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015, le parole «67; da 69 a 71» sono sostituite dalle seguenti: «da 67 a 71».
3. All’art. 2 -bis , comma 1, del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015, tra le lettere b) e c) è inserita la lettera «b -bis ) 68».
4. All’art. 5, comma 1 -bis , del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015, dopo la lettera v) , è aggiunta la seguente lettera: « z) decreto del Ministro dell’interno 18 settembre 2002 recante «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private».

Art. 4. Norme finali

1. Il presente decreto entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

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Protocollo sicurezza condiviso misure Covid-19 ambienti di lavoro | Check list

ID 13282 | | Visite: 11903 | Documenti Riservati Sicurezza

Protocollo check list 06 04 2021

Protocollo sicurezza condiviso misure Covid-19 ambienti di lavoro | Check list

ID 13282 | 07.04.2021 / Documento in forma check list allegato

Il Documento allegato relativo al Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro è sviluppato in  forma check list e tiene conto della seguente evoluzione ed aggiornamenti:

1. Protocollo sicurezza condiviso misure Covid-19 negli ambienti di lavoro 14 marzo 2020
2. Protocollo sicurezza condiviso misure Covid-19 negli ambienti di lavoro 24 aprile 2020
3. Protocollo sicurezza condiviso misure Covid-19 negli ambienti di lavoro 06 aprile 2021

Nel Documento check list sono evidenziate le modifiche apportate dall'evoluzione del Protocollo dal 2020 al 2021. 

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Punti check list protocollo misure anti-covid-19:

1. INFORMAZIONE

2. MODALITA' DI INGRESSO IN AZIENDA

3. MODALITA’ DI ACCESSO DEI FORNITORI ESTERNI

4. PULIZIA E SANIFICAZIONE INAZIENDA

5. PRECAUZIONI IGIENICHEPERSONALI

6.  DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE

7. GESTIONE SPAZI COMUNI (MENSA, SPOGLIATOI, AREE FUMATORI, DISTRIBUTORI DI BEVANDE E/O SNACK…)

8. ORGANIZZAZIONE AZIENDALE (TURNAZIONE, TRASFERTE E SMART WORK, RIMODULAZIONE DEI LIVELLI PRODUTTIVI)

9. GESTIONE ENTRATA E USCITA DEI DIPENDENTI

10. SPOSTAMENTI INTERNI, RIUNIONI, EVENTI INTERNI E FORMAZIONE

11. GESTIONE DI UNA PERSONA SINTOMATICA IN AZIENDA

12. SORVEGLIANZA SANITARIA/MEDICO COMPETENTE/RLS

13. AGGIORNAMENTO DEL PROTOCOLLO DI REGOLAMENTAZIONE

In rosso le integrazioni al Protocollo 14 Marzo 2020:

- Protocollo del 24 Aprile 2020;
- Protocollo 06 Aprile 2021.

Punto 2 check list

[...]

Check list punto 6

Segue in allegato

Certifico Srl - IT | Rev. 0.0 2021 
©PDF/DOC Abbonati

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Recipienti a pressione - Istruzioni prima verifica periodica d.m. 11 aprile 2011

ID 13277 | | Visite: 3860 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Recipienti a pressione

Recipienti a pressione - Istruzioni per la prima verifica periodica ai sensi del d. m. 11 aprile 2011

La pubblicazione fornisce le indicazioni operative per la prima verifica periodica, ai sensi del D.M.11 aprile 2011, dei recipienti a pressione.

In particolare, il documento descrive le fasi di cui si compone l’attività di prima verifica periodica dei recipienti a pressione, fornendo le indicazioni per la gestione tecnico-amministrativa della verifica e le istruzioni per la compilazione della scheda tecnica e del verbale di prima verifica periodica.

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Indice
1. Introduzione
2. Campo d’applicazione
3. Comunicazione di messa in servizio/immatricolazione
4. Richiesta di prima verifica periodica
5. Riferimenti normativi
6. Scheda tecnica
7. Verbale di prima verifica periodica
Appendice - Liste di controllo
Appendice - Documentazione

Fonte: INAIL

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Protocolli sicurezza e vaccini nei luoghi di lavoro 06.04.2021

ID 13279 | | Visite: 10205 | News Sicurezza

Protocollo piani aziendali 06 04 2021

Protocollo nazionale piani aziendali vaccini nei luoghi di lavoro 06.04.2021

ID 13279 | 07.04.2021 / In allegato il Protocollo nazionale vaccini del 06.04.2021

06 Aprile 2021

Sono stati sottoscritti tra Governo e parti sociali, sia il Protocollo di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid nei luoghi di lavoro sia il Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti Covid nei luoghi di lavoro (Vedi Modello Piano vaccinazione aziendale)

L'accordo sottoscritto tra parti sociali e i ministri Orlando e Speranza, prevede che i vaccini siano somministrati, a tutti i lavoratori indipendentemente dalle tipologie contrattuali, con il supporto dei medici aziendali e della rete Inail.

L'adesione è volontaria. I costi di medici e infermieri saranno a carico dell'azienda e i vaccini (e relative siringhe) a carico dello Stato. Sollevata la responsabilità penale per eventuali eventi avversi al vaccino. Se la vaccinazione viene eseguita in orario di lavoro, il tempo necessario è equiparato all'orario di lavoro. I centri vaccinali possono essere fatti in azienda e attraverso le realtà di rappresentanza datoriale o della bilateralità.

L'accordo raggiunto ha consentito anche di aggiornare il protocollo sicurezza del 14 marzo 2020 (rivisto il 24 aprile); in particolare è stato indicato che per il rientro al lavoro dopo l'infezione occorre un tampone molecolare o antigenico negativo che potrà essere fatto anche in una struttura sanitaria accreditato o autorizzata dal servizio sanitario. Confermato il principio secondo cui la mancata attuazione del Protocollo determina la sospensione dell'attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.

Vedi Modello Piano vaccinazione aziendale

Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro

1. L’iniziativa che forma oggetto del presente Protocollo, finalizzata in particolare a realizzare l’impegno delle aziende e dei datori di lavoro alla vaccinazione diretta dei lavoratori che a prescindere dalla tipologia contrattuale prestano la loro attività in favore dell’azienda, costituisce un’attività di sanità pubblica che si colloca nell’ambito del Piano strategico nazionale per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 predisposto dal Commissario Straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica.

2. I datori di lavoro, singolarmente o in forma aggregata e indipendentemente dal numero di lavoratrici e lavoratori occupati, con il supporto o il coordinamento delle Associazioni di categoria di riferimento, possono manifestare la disponibilità ad attuare piani aziendali per la predisposizione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2 (Covid-19) nei luoghi di lavoro destinati alla somministrazione in favore delle lavoratrici e dei lavoratori che ne abbiano fatto volontariamente richiesta.

A tal fine, i datori di lavoro interessati si attengono al rispetto delle Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro richiamate in premessa (di seguito: Indicazioni ad interim)

- che, allegate al presente Protocollo, ne costituiscono parte integrante
- nonché di ogni altra prescrizione e indicazione adottata dalle Autorità competenti per la realizzazione in sicurezza della campagna vaccinale anti SARS-CoV-2/Covid-19. La vaccinazione di cui al presente Protocollo potrà riguardare anche i datori di lavoro o i titolari.

3. Nell’elaborazione dei piani aziendali oggetto del presente Protocollo, i datori di lavoro assicurano il confronto con il Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole contenute nel Protocollo sicurezza del 14 marzo 2020 (rivisto il 24 aprile), tenendo conto della specificità di ogni singola realtà produttiva e delle particolari condizioni di esposizione al rischio di contagio e con il supporto del medico competente, ovvero con altri organismi aziendali previsti nell’ambito dei Protocolli di settore.
...

segue in allegato

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Allegato riservato Protocollo vaccinazioni Covid luoghi di lavoro 06.04.2021.PDF
2021
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Nota INL prot n. 553 del 2 aprile 2021

ID 13257 | | Visite: 3260 | News Sicurezza

Nota INL prot n  553 del 2 aprile 2021

Nota INL prot n. 553 del 2 aprile 2021

Interdizione post partum – artt. 6-7- 17 D.Lgs. n. 151/2001

Al fine di uniformare l’attività degli Uffici nell’emanazione dei provvedimenti di interdizione al lavoro delle lavoratrici madri in periodo successivo al parto si forniscono i seguenti chiarimenti condivisi con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (nota prot. n. 2437 del 25 marzo u.s.) e già anticipati all’Ispettorato territoriale di Perugia in relazione a specifica casistica.

Divieto di adibizione delle lavoratrici madri al trasporto e al sollevamento pesi

Le disposizioni di cui agli artt. 6, 7 e 17 del D.Lgs. n. 151/2001 sono finalizzate a tutelare la salute della lavoratrice madre e della prole attraverso l’adozione di misure di protezione in relazione alle condizioni di lavoro e alle mansioni svolte o attraverso l’astensione dal lavoro.

Nello specifico, l’art. 7 comma 1 dispone il divieto di adibire la lavoratrice al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché a lavori pericolosi faticosi ed insalubri elencati specificamente negli allegati A e B del decreto, mentre il comma 6 abilita gli organi di vigilanza ad autorizzare l’interdizione dal lavoro laddove non sia possibile adibire la lavoratrice ad altre mansioni. Infine, l’art. 17, comma 2, abilita gli Ispettorati del lavoro ad autorizzare l'interdizione dal lavoro, tra gli altri, per i seguenti motivi: “(…) b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino” (cfr. ML nota prot. n. 37/0011588 del 20 luglio 2015).

Ai fini dell’adozione dei provvedimenti di tutela, nei termini alternativi sopra richiamati, si ritiene sufficiente la mera constatazione della adibizione della lavoratrice madre a mansioni di trasporto e al sollevamento di pesi, a prescindere dalla valutazione del rischio inerente all’interno del DVR.

In tal senso propende sia l’interpretazione della giurisprudenza di merito (cfr. ordinanza Tribunale di Perugia del 20 novembre 2020), sia le pregresse indicazioni del Ministero del lavoro (interpello n. 28/2008 e nota prot. n. 37/0007553 del 29 aprile 2013). Nello specifico l’interpello n. 28/2008 ha chiarito che “ai sensi del primo comma dell’art. 7 del menzionato D.Lgs. n. 151/2001 vige il divieto generalizzato di adibire le suddette lavoratrici al trasporto ed al sollevamento pesi, (…) ed inoltre la valutazione sostanziale e diretta delle condizioni di lavoro e dell’organizzazione aziendale svolta dagli organi di vigilanza “può prescindere dal documento di valutazione dei rischi che comunque l’ispettore ha facoltà di esaminare (...)”. La nota prot. n. 37/0007553 del 29 aprile 2013 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha inoltre precisato come “la valutazione del rischio fatta dal datore di lavoro costituisce il presupposto sulla base del quale deve essere emesso il provvedimento di interdizione fuori dai casi di cui all’articolo 7, commi 1 e 2”.

Ne consegue che, anche qualora il rischio attinente al sollevamento dei pesi non sia stato espressamente valutato nel DVR, l’adibizione a tali mansioni costituirebbe comunque condizione sufficiente per il riconoscimento della tutela della lavoratrice con la conseguente emanazione del provvedimento di interdizione da parte dell’amministrazione competente, ferma restando una valutazione circa l’impossibilità di adibizione ad altre mansioni.

Tale conclusione, peraltro, è coerente con l’orientamento della giurisprudenza che, nelle ipotesi sopra richiamate e in presenza dei presupposti fissati dalla legge, qualifica la posizione giuridica vantata dalla lavoratrice in termini di diritto soggettivo, non riscontrandosi significativi margini di valutazione neanche in termini di discrezionalità tecnica in ordine alla verifica delle effettive condizioni di lavoro della lavoratrice.

Termine finale da indicare nel provvedimento di interdizione post partum nelle ipotesi di parto prematuro

Come noto l’art. 16, comma 1 lett. d), del D.Lgs. n. 151/2001, in riferimento alle ipotesi in cui il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, prevede che i giorni antecedenti al parto non goduti a titolo di astensione obbligatoria si aggiungano al periodo di congedo obbligatorio di maternità da fruire dopo il parto.

Analogo principio trova applicazione nelle ipotesi di interdizione fino al settimo mese dopo il parto e pertanto i giorni di congedo obbligatorio ante partum non fruiti si aggiungono al termine della fruizione dei sette mesi decorrenti dalla data effettiva del parto.

A tale riguardo si rinvia a quanto affermato dall’INPS con circolare n. 69/2016, laddove si precisa che “nei casi di parto fortemente prematuro, qualora la lavoratrice abbia un provvedimento di interdizione prorogata dal lavoro per incompatibilità con le mansioni ai sensi degli artt. 6 e 7 del T.U., si aggiungono al termine del periodo di interdizione prorogata tutti i giorni compresi tra la data del parto e la data presunta del parto”.

Ne deriva che il provvedimento di interdizione adottato dall’ITL dovrà indicare la data effettiva del parto e far decorrere da tale data i sette mesi di interdizione post partum aggiungendo, ai predetti sette mesi, i giorni non goduti a causa del parto prematuro e avendo cura di richiamare in proposito la circolare INPS sopra riportata.

Emanazione di provvedimento di interdizione a seguito di pronuncia giurisdizionale dichiarativa del diritto e necessità di specifica istanza all’Istituto previdenziale per l’erogazione della indennità sostitutiva

Sul piano procedimentale si precisa che, pur in presenza di sentenza dichiarativa circa la sussistenza del diritto all’astensione, sia in ogni caso necessaria l’emanazione da parte dell’ITL del relativo provvedimento amministrativo di interdizione.

Per quanto attiene, invece, alla richiesta nei confronti dell’Istituto previdenziale per l’erogazione dell’indennità sostitutiva, occorre che la lavoratrice inoltri sempre un’apposita istanza all’INPS (cfr. art. 1, D.L. n. 663/1969 conv. da L. n. 33/1980) ciò in quanto la sentenza dichiarativa del diritto non sostituisce l’atto provvedimentale della PA inteso quale presupposto necessario per l’erogazione della relativa indennità.

...

Fonte: INL

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Nota DCPREV n. 4071 del 18/03/2021

ID 13258 | | Visite: 5207 | News Prevenzioni Incendi

Nota DCPREV n  4071 del 18 03 2021

Nota DCPREV n. 4071 del 18/03/2021

OGGETTO: Eventi formativi in materia di prevenzione incendi di cui al D.M. 5 agosto 2011. Metodologie di "Formazione a Distanza".

Aggiornamento della linea guida VVF che regola l’erogazione della formazione ed aggiornamento dei professionisti antincendio in modalità FAD.

La nuova nota integra quella già emanata dai VVF DCPREV il 14/12/2020 (prot. 0017073)

____

La direttiva ha subito le seguenti modifiche migliorative:

- le esercitazioni, le visite tecniche e le due prove d’esame (test scritto ed orale) finali del corso base per professionisti antincendio dovranno essere svolte preferibilmente “in presenza”, ma sarà ammessa anche la modalità “a distanza” (punto 6. dell’allegato);
- per la figura del tutor esperto in materia, introdotta per garantire l’interattività tra docente e discenti, si potrà fare ricorso ad una figura “individuata” dall’Ordine organizzatore, ma non necessariamente appartenente all’Ordine stesso (punto 1. dell’allegato).

Si ribadisce che gli eventi a distanza dovranno essere erogati esclusivamente verso gli iscritti dell’Ordine autorizzato ed avranno quindi carattere territoriale, con le seguenti estensioni e specifiche.

Sarà possibile per l’Ordine organizzatore di accettare la partecipazione di un‘ulteriore quota di:

- 10% di partecipanti esterni al territorio di competenza del soggetto organizzatore;
- 10% di partecipanti non appartenenti alla categoria del soggetto organizzatore.

Inoltre due o più Ordini o Collegi professionali potranno presentare domanda congiunta per l’autorizzazione di un evento alla Direzione Regionale dei VV.F.; in tal caso il territorio di riferimento risulterà dall’unione dei territori degli Ordini e/o Collegi richiedenti.

...

Direttive per l'erogazione dei corsi base e dei corsi/seminari di aggiornamento di cui al D.M. 5 agosto 2011 e s.m.i., in modalità streaming diretto (videoconferenza)

1) Caratteristiche delle piattaforme telematiche di erogazione degli eventi formativi.
Per l' erogazione di corsi e seminari di formazione ed aggiornamento in materia di prevenzione incendi, il soggetto organizzatore, ai sensi del D.M. 5 agosto 2011 e s.m.i. sono identificati in Ordini e Collegi professionali provinciali o, d'intesa con gli stessi, Autorità scolastiche o universitarie), potrà ricorre al supporto di strumenti informatici che consentano:
- la trasmissione ai discenti dei contenuti didattici (audio e video del docente, presentazioni, filmati, e cc.);
- l'Interattività reciproca tra docente , discente e tutor (sia in vocale che tramite chat scritta);
- le operazioni di registrazione;
- il riconoscimento d'identità dei partecipanti, la verifica della frequenza, l'erogazione e compilazione dei test di apprendimento, come dettagliato nel presente documento.
E' fatto salvo il rispetto dei Regolamenti per la formazione continua di ciascun Consiglio o Federazione nazionale di categoria.
Il soggetto organizzatore dell'evento formativo e l'unico responsabile del regolare svolgimento del corso/seminario, nonché del rispetto delle prescrizioni di cui al D.M. 5 Agosto 2011 e relative circolari di indirizzo emanate dal C.N.VV.F.
L'eventuale ricorso alla collaborazione con soggetti terzi o Autorità scolastiche o universitarie non esime ii soggetto organizzatore dal vigilare sul regolare svolgimento dell' evento formativo.
Interattività tra docente e discenti: la facoltà di interazione, verbale e scritta, tra docente e discenti e un requisito imprescindibile per tutti i corsi (base e di aggiornamento); allo scopo di rendere gestibile la proposizione delle domande dei partecipanti al corso e la relativa risposta del docente, e indispensabile la
presenza di un tutor esperto in materia, individuato dall' Ordin e/Collegio organizzatore, che affianchi ii docente per tutta la durata della lezione.
Il tutor eseguirà una prima valutazione e selezione delle domande scritte pervenute, provvedendo ad interrompere ii docente al momento opportuno per la fornitura delle risposte verbali, oppure rispondendo direttamente per iscritto (senza interrompere la lezione) alle domande.
Il tutor offrirà ii proprio supporto anche in occasione dell'erogazione del test finale, vigilando sulla regolare distribuzione e ricevimento dei quesiti proposti, verificando ii tempo a disposizione e la restituzione del test compilato.
2) Adempimenti a carico del soggetto organizzatore in termini di archiviazione degli atti correlati al corso, attestazione presenza dei discenti, esami finali, ecc.
Riconoscimento dell'Identità del discente: ii soggetto organizzatore dovrà garantire il riconoscimento dell'Identità del partecipante al corso/seminario, con il supporto degli strumenti informatici a disposizione, mediante un metodo affidabile e ripetibile.
Si potrà ricorrere ad uno o più criteri di riconoscimento la cui attendibilità dovrà essere possibilmente equivalente al riconoscimento frontale (registrazione e profilazione in ingresso alla piattaforma, credenziali riservate, documenti di identità, firma digitale , codice SPID, Carta Nazionale dei Servizi, riconoscimento con telecamera, altro).
Verifica di frequenza continuativa alla lezione: ii soggetto organizzatore dovrà verificare e attestare la frequenza completa e continuativa del partecipante all'evento formativo.
Tale verifica potrà basarsi su criteri di controllo continua (nel caso di telecamera del discente costantemente attiva) o su controlli intermittenti, con cadenza regolare o a sorpresa (richiesta di accensione della tele camera, proposizione di semplici test a risposta multipla su argomenti in corso di esposizione, altro).
Test finale di apprendimento dei corsi di aggiornamento: per i test di apprendimento da somministrare alla fine dei corsi di aggiornamento, i soggetti organizzatori potranno ricorrere agli strumenti informatici per l'erogazione a distanza del test e per la raccolta ed archiviazione affidabile e certa degli esiti dei test stessi.
Il soggetto organizzatore dovrà assicurar e, nei tempi e nei modi, lo svolgimento del test con criteri di affidabilità paragonabili allo svolgimento in presenza (sincronia di lancio del test a tutti i partecipanti, verifica di ricezione, riscontro in tempo reale ad eventuali richieste di chiarimento, restituzione degli esiti del test nei tempi stabiliti, correzione del test, abbinamento certo del test al partecipante, archiviazione informatica, ecc.).
Archiviazione della documentazione attestante lo svolgimento della formazione: il soggetto organizzatore dovrà predisporre e conservare in formato digitale tutta la documentazione necessaria ad attestare ii regolare svolgimento dell'attività formativa, da esibire in occasione di eventuali controlli.
La documentazione minima si compone di: autorizzazione dell'evento formativo, elenco degli iscritti, registro dei partecipanti, modalità di verifica della frequenza obbligatoria, documentazione didattica, test di apprendimento , verbali d' esame, test di fine modulo ed ogni altro elemento comprovante ii regolare svolgimento ed esito de] corso/seminario.
Dovrà essere garantita, altresì, la documentazione certificata dei dati, in apposito registro, riportante il tracciamento delle attività di ciascun discente (tracciamento di log-in e log-out, risultati dei test di veri fica, ecc...).
La documentazione dovrà essere firmata digitalmente dal Presidente dell'Ordine/Collegio professionale organizzatore, conservata per almeno 5 anni ed esibita in occasione di eventuali controlli.
3) Individuazione degli obblighi a carico dei soggetti organizzatori non delegabili a società esterne
Nel rispetto dei Regolamenti per la formazione continua di ciascun Consiglio o Federazione nazionale di categoria, ii soggetto organizzatore potrà avvalersi della collaborazione di un soggetto terzo per un supporto alle attività amministrative, logistiche o scientifiche connesse all'organizzazione ed allo svolgimento dell' evento formativo.
Si ribadisce che restano sempre in capo al soggetto organizzatore la titolarità del corso/seminario, la richiesta di autorizzazione alla Direzione regionale VVF, la responsibilità scientifica dei contenuti didattici erogati; tali requisiti devono essere ben evidenziati e percettibili da tutti i partecipanti al corso/seminario (pubblicità, locandina, sito web, modalità di iscrizione, loghi sulle presentazioni dei docenti, altro).
L'Ordine/Collegio od ii soggetto terzo devono garantire la riservatezza degli elenchi e indirizzi sia dei partecipanti che degli invitati.
E' richiesta la trasparenza dei rapporti con i predetti soggetti terzi mediante la formalizzazione per iscritto di convenzioni e contratti di partenariato che indichino in modo esplicito le obbligazioni di entrambi i contraenti.
In ogni caso devono essere sempre rispettate tutte le seguenti condizioni:
a) rilascio dell'attestato di partecipazione a firma esclusiva dell'Ordine/Collegio;
b) divieto di rilasciare due o più attestati di partecipazione a firma di soggetti diversi , o un attestato con più firme e loghi diversi da quello dell'Ordine/Collegio.
c) il titolare del trattamento dei dati personali forniti in fase di iscrizione a norma dell'art. 4 del D.Lgs. 196/2003 deve essere l'Ordine/Collegio;
d) la raccolta delle iscrizioni deve essere svolta dall'Ordine/Collegio. E' fatto divieto di affidare tale attività a soggetti terzi. E' tuttavia possibile affidare ii servizio di raccolta delle iscrizioni a società/enti riconducibili all' Ordine/Collegio;
e) la titolarità delle quote di iscrizioni, ii cui incasso può essere delegato anche a società/enti riconducibili
all'Ordine/Collegi o, o ad altre società, mediante la formalizzazione dell'affidamento con contratto scritto, e dell'Ordine/Collegio;
f) le locandine di pubblicizzazione degli eventi devono evidenziare, come unico logo, quello dell'Ordine/Collegio organizzatore. L'eventuale presenza di soggetto terzo di ausilio nell'organizzazione dell'evento potrà essere segnalata esclusivamente tramite la dicitura: "Evento realizzato in collaborazione con ........ (NOME PARTNER)" con logo di dimensioni non prevalenti rispetto al logo dell'Ordine/Collegio, nella parte inferiore della locandina.
4) Standardizzazione delle modalità dei test finali dei corsi di aggiornamento in modalità streaming diretto
In linea con quanta previsto dalla circolare D.C.PREV prot. n. 7213 del 25 maggio 2012 per i corsi di aggiornamento "in presenza", anche quelli in modalità videoconferenza, possono affrontare più argomenti ed essere articolati in moduli di non più di 4 ore, con un minimo di 2 e un massimo di 4 moduli per corso e devono concludersi con ii superamento, da parte del discente, di un test finale.
L'erogazione del test finale dovrà avvenire tramite piattaforma telematica di cui al punto 1), nel rispetto delle seguenti indicazioni:
ii test dovrà essere somministrato a tutti i discenti contemporaneamente, in maniera analoga a quanta avviene nei corsi di aggiornamento di tipo frontale;
ii test dovrà essere costituito da almeno 4 domande per ciascun modulo , con un minima di 8 domande che, a scelta del soggetto organizzatore, potranno essere del tipo a risposta singola (vero falso) o multipla (fra tre risposte possibili);
ii tempo disponibile per ii test potrà variare tra 10 e 30 minuti , a discrezione del soggetto organizzatore; allo scadere de! tempo a disposizione, il discente non potrà effettuare nessuna modifica sul test;
per ii riconoscimento dei crediti formativi al partecipante al corso sarà necessario attestare la frequenza minima (pari al 90% delta durata delta lezione) ed il superamento del test di apprendimento con numero minima di risposte esatte (70% delle domande con risposta esatta).
5) Numero dei partecipanti per gli eventi formativi in modalità streaming diretto
Fermo restando la necessita di garantire un'efficace comunicazione ed interazione fra docente e discenti nonché le limitazioni più restrittive eventualmente previste dai singoli Regolamenti dei diversi Consigli o Federazioni nazionali delle professioni, come stabilito con Circolare D.C.PREV. n.1284 del 02 febbraio 2016, per i corsi base, corsi di aggiornamento e seminari di aggiornamento non sussiste un vincolo sul numero massimo di discenti; tale condizione viene confermata anche per gli eventi erogati in modalità streaming diretto. II tutto fermo restando la prerogativa de! C.N.VV.F di valutare l'efficacia dei corsi erogati e di apportare eventuali correttivi alla presente, d'intesa con i Consigli o Federazioni nazionali delle professioni, attraverso un apposito Osservatorio paritetico da istituirsi presso ii CNVVF-D.C.P.S.T.
Salvo eventuale diversa indicazione o regolamentazione specifica prevista dai singoli Regolamenti dei diversi Consigli o Federazioni nazionali delle professioni, rientra nell'ambito dell'autonomia e responsabilità decisionale del soggetto organizzatore la facoltà di ammettere ad un proprio evento formativo discenti appartenenti ad Ordini/Collegi professionali di altra provincia o categoria.
E fatta salva, in ogni caso, la facoltà del soggetto organizzatore di prevedere un numero massimo di discenti.
6) Indicazioni specifiche per i corsi base di prevenzione incendi
Nel confermare la possibilità di erogazione in modalità streaming diretto, introdotta con la circolare D.C.PREV. 5322 del 16 aprile 2020, si ritiene che le esercitazioni e le visite tecniche previste dal programma didattico debbano essere previste preferibilmente"in presenza"; in alternativa, si potranno effettuare anche in modalità "a distanza", in tutto o in parte.
Per le prove di esame di fine corso, e ammesso che la prova scritta possa essere effettuata tramite piattaforma telematica di cui al precedente punto 1). La prova orale dovrà essere effettuata preferibilmente con modalità "in presenza"; in alternativa la stessa prova potrà essere effettuata con modalità "a distanza".
In analogia a quanta indicato per i test dei corsi di aggiornamento, la prova scritta dei corsi base dovrà essere effettuata secondo le seguenti modalità:
- dovrà essere somministrata a tutti i discenti contemporaneamente;
- dovrà essere costituita da 50 domande a risposta multipla (3 possibili risposte), da completare in 60 minuti; allo scadere del tempo a disposizione, il discente non potrà effettuare nessuna ulteriore modifica.
7) Indicazioni finali per i corsi base ed i corsi di aggiornamento di prevenzione incendi
Tenuta canto del carattere innovativo e del tutto sperimentale della formazione a distanza, attesa la complessità interdisciplinare della prevenzione incendi e la necessità di raggiungere un concreto ed apprezzabile apprendimento, i soggetti organizzatori dovranno attuare verifiche ex post dell'andamento dell'evento formativo per i corsi base ed i corsi di aggiornamento.
A tal fine, dovranno essere somministrati ai discenti test di gradimento finale, specificatamente focalizzati sull 'erogazione a distanza delle lezioni, dai quali il soggetto organizzatore potrà rilevare le segnalazioni, i suggerimenti e le eventuali criticità riscontrate dai diretti fruitori, relazionando al proprio Consiglio o Federazione nazionale di riferimento.
Tale azione di monitoraggio costituirà l'indispensabile supporto di sperimentazione per le future revisioni delle direttive in materia di formazione a distanza per i professionisti antincendio.

Fonte: VVF

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Allegato riservato Nota DCPREV n. 4071 del 18.03.2021.pdf
 
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Regione Piemonte DD 11 marzo 2021 n. 333

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Regione Piemonte DD 11 marzo 2021 n  333

Determinazione dirigenziale Regione Piemonte dell'11 marzo 2021 n. 333

Avvio della procedura per l'inoltro telematico dei Piani di Lavoro (art. 256 del D.Lgs. 81/08) e delle Notifiche (art. 250 del D.Lgs. 81/08) Amianto

B.U.R. 25 marzo 2021 n. 12

_______

Premesso che:

l’Accordo in Conferenza Unificata Rep. 5 del 20 gennaio 2016 ha definito le modalità per l’informatizzazione e la dematerializzazione degli adempimenti previsti dall’articolo 9 della Legge 27 marzo 1992 n. 257 e dagli articoli 250 e 256 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81, relativi agli obblighi delle imprese che svolgono attività di smaltimento o di bonifica dell’amianto, al fine di razionalizzare e rendere più efficiente l’acquisizione delle informazioni ed efficace la loro analisi;
la Regione Piemonte con D.G.R. n. 28-5326 del 10.07.2017 ha recepito l’Accordo 20.01.2016 approvato, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera c), del Decreto Legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, Regioni, Province, Comuni e Comunità Montane, finalizzato alla completa informatizzazione degli adempimenti previsti dall'articolo 9, della Legge 27 marzo 1992, n. 257 e dagli articoli 250 e 256, del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, concernente le imprese che utilizzano amianto nei processi produttivi o che svolgono attività di smaltimento o di bonifica dell'amianto;
la Regione Piemonte con D.G.R. n. 34-6629 del 16.03.2018 ha approvato le Linee di indirizzo e indicazioni operative per la redazione dei Piani di Lavoro di demolizione/rimozione amianto ai sensi dell'art. 256 del D.Lgs. 81/08.
Considerato che:
con D.D. 9 ottobre 2018, n. 629 “Affidamento dei servizi in continuità di gestione per la Direzione Sanità per l'anno 2018. Approvazione delle proposte di manutenzione evolutive e adeguative” è stata affidata al CSI-Piemonte, tra l’altro, la realizzazione di un portale di servizio specifico per l’invio alle ASL dei Piani di Lavoro (art. 256 del D.Lgs 81/08) e delle Notifiche (art. 250 del D.Lgs 81/08) Amianto;
l’invio dei Piani di Lavoro Amianto (art. 256 del D.Lgs 81/08) tramite la piattaforma dedicata, denominata Notifiche e Piani di Lavoro Amianto (NPLA) è conforme alle informazioni richieste nelle Linee di indirizzo e indicazioni operative per la redazione dei Piani di Lavoro di demolizione/rimozione amianto ai sensi dell'art. 256 del D.Lgs. 81/08, approvate con D.G.R. n. 34-6629 del 16.03.2018;
la nuova procedura per l’inoltro telematico dei Piani di Lavoro (art. 256 del D.Lgs. 81/08) e delle Notifiche (art. 250 del D.Lgs. 81/08) Amianto avviata, in una prima fase, sperimentalmente al fine di verificarne il funzionamento, sostituirà integralmente l’invio dei Piani e delle Notifiche alle ASL che venivano effettuate tramite posta elettronica certificata;
in data 15 dicembre 2020 e 10 febbraio 2021 sono stati organizzati dal Settore Prevenzione e Veterinaria, con la modalità della video conferenza sincrona, due eventi informativi rivolti ai Servizi SPreSAL delle ASL durante i quali sono state presentate le nuove funzionalità dell’applicativo SPreSALWeb, tra le quali la messa in servizio dell'invio delle Notifiche e dei Piani di Lavoro Amianto tramite la piattaforma NPLA di Sistema Piemonte.
Visto l’articolo 54 del D.Lgs. 81/08 - Comunicazioni e trasmissione della documentazione - che prevede che “la trasmissione di documentazione e le comunicazioni a enti o amministrazioni pubbliche, comunque previste dal presente decreto legislativo possono avvenire tramite sistemi informatizzati, nel formato e con le modalità indicati dalle strutture riceventi”.
Tenuto conto che:
l’attuazione della procedura per l’inoltro telematico dei Piani di Lavoro (art. 256 del D.Lgs. 81/08) e delle Notifiche (art. 250 del D.Lgs. 81/08) Amianto alle ASL è una condizione preliminare e necessaria per la dematerializzazione delle relazioni amianto di cui all’art. 9 della Legge 257/1992.
Ritenuto opportuno:
disporre che tutti i Piani di Lavoro (art. 256 del D.Lgs. 81/08) e le Notifiche (art. 250 del D.Lgs. 81/08) Amianto delle imprese che effettuano attività lavorative che possono comportare, per i lavoratori, un’esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonché bonifica delle aree interessate siano trasmesse alle ASL tramite la piattaforma denominata Notifiche e Piani di Lavoro Amianto (NPLA), presente sul portale di Sistema Piemonte, a partire dal 1° giugno 2021.
Tutto ciò premesso, attestata la regolarità amministrativa del presente provvedimento, ai sensi della DGR n. 1-4046 del 17/10/2016.

IL DIRIGENTE

Richiamati i seguenti riferimenti normativi:
• Visti gli artt. 4 e 16 del D.Lgs. 30/03/01 n. 165;
• Visti gli artt. 17 e 18 della L.R. 23/2008;
• Vista la Legge 27 marzo 1992, n. 257;
• Visto il D.Lgs. 81/08;
• Vista la D.G.R. n. 28-5326 del 10.07.2017;
• Vista la D.G.R. n. 34-6629 del 16.03.2018;
• Vista la D.D. 9 ottobre 2018, n. 629;

determina

di disporre che tutti i Piani di Lavoro (art. 256 del D.Lgs. 81/08) e le Notifiche (art. 250 del D.Lgs. 81/08) Amianto delle imprese che effettuano attività lavorative che possono comportare, per i lavoratori, un’esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonché bonifica delle aree interessate, siano trasmesse esclusivamente tramite la piattaforma denominata Notifiche e Piani di Lavoro Amianto (NPLA), presente sul portale di Sistema Piemonte, a partire dal 1° giugno 2021.
Il presente provvedimento non comporta oneri di spesa a carico del bilancio regionale e sarà pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte, ai sensi dell’articolo 61 dello Statuto e dell’art. 5 della L.R. 22/2010.
La presente determinazione non è soggetta a pubblicazione ai sensi del D.Lgs. 33/2013.

Fonte: Regione Piemonte

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Nuovi moduli iscrizione: Esperti di radioprotezione e Medici autorizzati

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Nuovi moduli iscrizione

Nuovi moduli iscrizione: Esperti di radioprotezione e Medici autorizzati / Update 2023

ID 13218 | Update 14.07.2023

Aggiornato modulo Iscrizione elenco esperti radioprotezione

Aggiornato modulo Iscrizione elenco esperti di radioprotezione ai sensi del Decreto Direttoriale n. 61 del 19 maggio 2023 - Modalità di iscrizione nell’elenco degli esperti di radioprotezione (in allegato)

1. Schema di domanda 2023
2. Nuovo modello Dichiarazione sostitutiva per marca da bollo - Esperti di radioprotezione 2023

Vedi anche modulo qui

Modalità di presentazione della domanda di iscrizione nell’elenco degli esperti di radioprotezione

La domanda deve essere trasmessa esclusivamente tramite PEC all’indirizzo di posta elettronica: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Analogamente le richieste di eventuali duplicati di certificati devono essere inviate esclusivamente tramite PEC all’indirizzo di posta elettronica: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

Nell'ottica della progressiva digitalizzazione di queste procedure è stato previsto che il pagamento delle marche da bollo avvenga secondo le modalità indicate nei moduli.

La modalità con cui assolvere il pagamento delle marche da bollo relative all'istanza di richiesta di duplicato e al certificato che verrà rilasciato dall'Ufficio sono le medesime previste per le istanze di iscrizione negli elenchi.

Modulistica per l'iscrizione nell'elenco degli esperti di radioprotezione

1. Schema di domanda
2. Nuovo modello Dichiarazione sostitutiva per marca da bollo - Esperti di radioprotezione

Nuovo modello pubblicato e rendere la dichiarazione sostitutiva per l’utilizzo della marca da bollo: tale dichiarazione dovrà essere compilata e firmata, dopo aver apposto le marche da bollo annullate regolarmente. La dichiarazione dovrà essere inviata esclusivamente in modalità telematica.

Si precisa che l'annullamento della marca da bollo, applicata nell'apposito spazio, deve avvenire tramite apposizione della firma, per esteso e leggibile, del dichiarante.

Modulistica per l'iscrizione nell'elenco dei medici autorizzati

1. Schema di domanda
2. Nuovo modello Dichiarazione sostitutiva per marca da bollo - Medici autorizzati

 ...

Fonte: MLPS

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Documento INL di programmazione della vigilanza per il 2021

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Documento di programmazione vigilanza  2021

Documento INL di programmazione della vigilanza per il 2021

INL, 16.03.2021

In continuità con quello aggiornato nel giugno dello scorso anno, il presente documento programmatico muove ancora dal necessario presupposto di una ricercata coerenza con la sfavorevole congiuntura che l’emergenza sanitaria da Covid-19 sta procurando anche sul fronte socio-economico e sui tradizionali assetti del mondo e del mercato del lavoro.

L’analisi dello scenario di riferimento restituisce infatti prospettive dai contorni ancora incerti e, allo stato, non chiaramente decifrabili ma, per certo, estremamente insidiose ed altamente sfidanti, tanto più in ragione della crescente (e non ovviabile nel breve-medio termine) pochezza delle risorse su cui il sistema ispettivo può fare affidamento.

Oltre che a continuare a garantire la sua essenziale matrice di controllo e di presidio del territorio, l’operato del personale ispettivo dovrà perciò avere la capacità di modulare priorità e modalità d’intervento in aderenza all’evolvere del quadro di situazione ed in chiave di ottimizzazione delle attenuate potenzialità dello strumento, privilegiando azioni mirate che possano risultare qualitativamente più remunerative sotto il profilo sia della rilevanza delle fenomenologie emergenti che dell’ampiezza del bacino d’utenza “tutelato”.

Sin quando richiesto, sarà ciò non di meno d’uopo che gli Uffici territoriali dell’Ispettorato proseguano nel fattivo ed apprezzato concorso sin qui prestato ai dispositivi coordinati dai Prefetti per l’esecuzione ed il monitoraggio delle misure prescritte dai vigenti protocolli per il contenimento della diffusione del contagio nei luoghi di lavoro, in un’ottica di economizzazione degli sforzi che, nella discriminazione degli obiettivi, tenda comunque a coniugare le verifiche “anti COVID” con quelle di tipica competenza istituzionale ed a privilegiare le sinergie funzionali con la componente endogena dei Nuclei Carabinieri Ispettorato del lavoro.

Pur nel delineato quadro di perdurante incertezza, appare peraltro ragionevole attendersi che, per un verso, la condizione di crisi generalizzata possa indurre tanto le aziende quanto i lavoratori ad incrementare ulteriormente il ricorso al lavoro sommerso per soddisfare l’urgente esigenza di conservare occupazione e reddito, così come che, per altro verso, il mutamento dei comportamenti e delle abitudini sociali indotto dalle misure di “distanziamento” imposte dall’epidemia abbia a dilatare le opportunità di crescita delle realtà aziendali operanti nella c.d. “gig economy”.

Ferma perciò restando la primaria cura da rivolgere all’effettiva tutela dei diritti sostanziali dei lavoratori e delle condizioni di lavoro, a garanzia della corretta instaurazione e del regolare svolgimento dei rapporti di lavoro, gli indirizzi programmatici qui declinati mirano a conseguire tale finalità anche con lo svolgimento della funzione di informazione e promozione della “cultura della legalità”, che potrà essere rivolta a un significativo numero di rappresentanti dei principali attori del mercato del lavoro anche grazie al supporto degli strumenti telematici disponibili online, coniugata all’effettuazione di azioni di vigilanza mirate in via prioritaria al contrasto dei fenomeni illeciti di particolare disvalore sociale, quali l’intermediazione illecita e lo sfruttamento lavorativo, il ricorso al lavoro nero, le diverse forme di interposizione illecita e l’indebita fruizione degli ammortizzatori sociali.

Il documento potrà andare soggetto ad adeguamenti in ragione dell’evolvere dell’emergenza in atto.

IL DIRETTORE DELL’ISPETTORATO
Leonardo ALESTRA

DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE DELLA VIGILANZA PER IL 2021

Scenari e prospettive del mondo del lavoro, azione locale e visione globale.

La crisi epidemiologica da COVID-19 ancora in corso ha mutato in maniera sostanziale il contesto socio- economico-produttivo del Paese.

Da un lato infatti, malgrado le misure di sostegno adottate, sono stati registrati significativi indici negativi destinati, con buona evidenza, ad impattare sul sistema produttivo; dall’altro si è assistito ad un’accelerazione dei processi di innovazione tecnologica che ha inciso profondamente sull’organizzazione del lavoro, incentivando il ricorso al lavoro da remoto ed amplificando il fenomeno della c.d. GIG economy e il connesso ricorso al lavoro svolto tramite piattaforme digitali.

Sebbene presentino aspetti di indubbio vantaggio - quali una migliore possibilità di conciliazione dei tempi vita-lavoro, nel caso dello smart working o, per la GIG economy, la creazione di nuove opportunità lavorative - le modifiche intervenute negli assetti organizzativi possono d’altro canto esporre al rischio di implicazioni negative in termini di tutela e protezione sociale.

Tali nuove forme di organizzazione del lavoro si accompagnano inoltre ad una tendenziale dissociazione tra luogo di lavoro e locali dell’azienda, con inevitabili conseguenze sulla necessità di un profondo ripensamento del concetto stesso di accesso ispettivo e delle tradizionali modalità di controllo sulla regolarità dei rapporti di lavoro e sul rispetto delle norme di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Considerato che il fenomeno in esame ha avuto in tutto il mondo una forte accelerazione a seguito del sopravvenire della pandemia da COVID-19 e che, pertanto, in uno con le misure di contenimento della diffusione del contagio e con la definizione di idonei strumenti di prevenzione e di gestione di possibili future analoghe situazioni, esso risulta al centro del dibattito di larga parte dei competenti consessi europei ed internazionali, sarà necessario porre adeguata attenzione alle iniziative sovranazionali di approfondimento delle tematiche in discussione ed impegnarsi nella attuazione delle campagne europee e internazionali in materia, siano esse informative o ispettive.

Più in generale, occorrerà rispondere in modo adeguato alle sollecitazioni provenienti dai competenti organismi comunitari (in primo luogo l’European Labour Authority e il Senior Labour Inspectors Committee) e internazionali (ILO, G20 etc.), facendo tesoro delle esperienze maturate in altri contesti e condividendo le buone prassi sviluppate in Italia, per contrastare in modo efficace fenomeni che, sempre più di frequente, si connotano per la loro natura transnazionale.

Si pensi, ad esempio:
- alle “Linee guida” del 30 marzo e del 16 luglio 2020 della Commissione e alle Conclusioni adottate dal Consiglio dell’UE il 9 ottobre 2020 per migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori stagionali e dei lavoratori mobili (in continua crescita negli ultimi anni) e alla espressa richiesta rivolta agli Stati membri di assicurare un’adeguata azione ispettiva in materia e strumenti efficaci per l’identificazione dei soggetti responsabili in presenza di catene di appalti;
- all’#EU4FairWork4campaign della Commissione europea mirata a diffondere una maggiore consapevolezza dei diritti e dei doveri di lavoratori e datori di lavoro per promuovere forme di lavoro equo e dignitoso;
- alla Risoluzione del Parlamento Europeo del 21 gennaio 2021 sul diritto alla disconnessione;
- alla meno recente risoluzione del Parlamento europeo sulle ispezioni del lavoro efficaci come strategia per migliorare le condizioni di lavoro che, già nel 2014, poneva un convinto accento sul ruolo fondamentale svolto dagli ispettori del lavoro per la tutela dei diritti dei lavoratori e la garanzia della loro sicurezza e, in generale, per la promozione dello sviluppo economico e sociale, sottolineando l’essenziale complementarietà tra il momento informativo-prevenzionale e quello più propriamente ispettivo e repressivo e la necessità di un costante coinvolgimento delle parti sociali.

Lo scenario che si prospetta impone, pertanto, la prosecuzione del percorso di adeguamento della funzione dell’INL, finalizzato ad una ripresa economica e sociale da sostenere nella legalità, nell’ottica di una “alleanza” con il mondo del lavoro in cui la funzione di tutela sostanziale dei rapporti e delle condizioni di lavoro rappresenti la finalità prioritaria dell’agire dell’Agenzia in tutte le sue espressioni.

In un mondo sempre più interconnesso, “agire localmente, pensando globalmente” costituisce l’approccio adeguato allo sviluppo della missione di tutela da svilupparsi nelle realtà lavorative territoriali, in quanto consente un’analisi dei fenomeni di irregolarità che faccia tesoro delle esperienze e del confronto, quanto meno in ambito europeo, onde anticiparne evoluzioni e diffusioni.

In linea con il quadro normativo e con le politiche internazionali e comunitarie per il contrasto allo sfruttamento lavorativo e la promozione del lavoro dignitoso, nel solco dell’obiettivo numero 8 stabilito nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, l’INL si impegna a fornire servizi e tutela, ponendo al centro della propria azione le richieste dei lavoratori e delle parti sociali, assicurando la priorità d’intervento per il soddisfacimento dei bisogni dell’utenza, proteggendo il diritto al lavoro equo e dignitoso e promuovendo un ambiente lavorativo sano e sicuro per tutti i lavoratori.

Ne discende la necessità di ridefinire le priorità della programmazione a garanzia della tutela sostanziale dei lavoratori, individuando metodologie d’intervento che agiscano sui fenomeni di irregolarità nella loro dimensione non solo locale e che sviluppino sui territori sinergie di varia natura, per i profili di rispettiva competenza, con altri soggetti istituzionali.

La dimensione sovranazionale dell’emergenza sanitaria e le conseguenti misure comuni e coordinate adottate a livello europeo e mondiale hanno reso evidente l’importanza della partecipazione alla definizione delle strategie ed alla messa in atto delle scelte e delle iniziative in materia di lavoro e vigilanza adottate dagli organismi dell’Unione europea e dalle Organizzazioni internazionali di cui l’Italia fa parte (OIL, G20, etc.).

In quest’ottica, nel 2021, l’INL rinnoverà l’impegno nelle sedi internazionali di competenza per fornire il suo contributo nella definizione e nella attuazione dei piani strategici e delle azioni comuni di contrasto al lavoro irregolare e di promozione del lavoro dignitoso e sicuro.

In sintesi:
- la valorizzazione della funzione sociale di tutela sostanziale del lavoro;
- la nuova “alleanza” con le Parti Sociali;
- l’“allineamento” alle indicazioni strategiche ed alle campagne condivise a livello europeo e internazionale;
- la ridefinizione delle priorità della programmazione e delle metodologie d’intervento a contrasto dei macrofenomeni di irregolarità;
- le sinergie con gli altri attori istituzionali;
- il superamento di logiche prevalentemente numeriche di definizione degli obiettivi, senza per questo trascurare l’esigenza di assicurare il necessario presidio del territorio,
rappresentano necessari elementi di evoluzione verso una nuova visione dell’INL che impone, in concreto, anche una ridefinizione delle linee d’intervento dell’attività di vigilanza come di seguito illustrato.

Attività di prevenzione e promozione della sicurezza e della legalità

Dovrà assumere particolare rilievo il ruolo dell’INL nell’attività di informazione “qualificata” rivolta a lavoratori e aziende, quale componente fondamentale della strategia di “alleanza” e di accompagnamento nella legalità alla ripresa economica del sistema produttivo.

A tal fine andrà valorizzata, in quanto strettamente connessa ad una funzione generale di prevenzione, l’attività di informazione, prevenzione e promozione della legalità di cui agli articoli 7, lett. c) e 8 del d.lgs. n. 124/2004, in un’ottica di risposta alla esigenza di “chiarezza della regolazione” che non esime gli operatori economici dal rispetto della normativa vigente e dalle conseguenze discendenti dalle relative inosservanze, ma che implementa la prevenzione e anticipa la fase di “servizio” rispetto a quella di verifica delle eventuali condotte irregolari.

L’attività istituzionale dell’INL si realizza, in tal modo, con la prioritaria volontà di privilegiare una chiave di lettura delle proprie competenze finalizzata a sostenere la ripresa economica del Paese, affiancandosi alla parte sana del sistema produttivo con l’intento di supportarla.

In quest’ottica, nel recente passato, sono state realizzate iniziative - come quella del questionario on line “La tua opinione è importante per l’ispettorato Nazionale del Lavoro” - volte ad “avvicinare” il mondo del lavoro e, in particolare, quello delle micro e piccole imprese, generalmente più esposte alle difficoltà congiunturali e meno “attrezzate” a confrontarsi con il complesso sistema normativo italiano.

Gli esiti di tali iniziative hanno confermato la necessità e l’urgenza di rafforzare tale ruolo dell’Ispettorato e la sua collaborazione con le parti sociali e tutti i suoi stakeholders.

Al fine di alimentare un costante rapporto con i vari stakeholders sarà valorizzata e potenziata la comunicazione istituzionale, quale veicolo di diffusione della conoscenza sul territorio delle attività istituzionali.

Sarà assicurato un confronto aperto e costruttivo con le organizzazioni sindacali, le associazioni datoriali e gli ordini professionali sui temi di maggiore interesse e attualità, realizzato anche mediante l'utilizzo di piattaforme per videoconferenze, che consentirà di svolgere la fondamentale funzione dell’INL di informare e sensibilizzare gli operatori del mercato del lavoro e tutti i soggetti direttamente o indirettamente interessati alla corretta applicazione della normativa, tenendo conto, altresì, delle particolari esigenze dei diversi contesti locali.

Siffatte iniziative si rivolgeranno anche all’ambito scolastico - sempre in coerenza con il sistema della didattica a distanza - al fine di contribuire allo sviluppo della “cultura della legalità” e della consapevolezza dei diritti e delle tutele riconosciute ai lavoratori.

In ragione dei profili di competenza, i contenuti di tale attività potranno essere condivisi e sviluppati anche con altre istituzioni e, in particolare, con INPS, INAIL e con i Dipartimenti di Prevenzione delle ASL.

In tale ottica, sarà possibile veicolare, per il tramite degli IIL, le richieste di chiarimenti più frequenti, con possibilità di far confluire le risposte (FAQ) più significative in un apposito link del sito istituzionale.

L’attività di promozione e prevenzione potrà riguardare anche gli enti pubblici e no profit, con particolare riguardo ai temi del volontariato.

Attività di tutela sostanziale dei rapporti e delle condizioni di lavoro

Resta nello spirito dell’INL il fornire servizi e tutele, avendo sempre al centro dell’azione ispettiva le richieste dei lavoratori e delle Parti Sociali e garantendo nel contempo priorità d’intervento su macrofenomeni di irregolarità attraverso la vigilanza d’iniziativa locale.

Tale attività sarà orientata al contrasto degli illeciti di maggior disvalore sociale ed economico e alla effettiva tutela dei lavoratori, assicurando una presenza sul territorio in termini di quanto più possibile capillare conoscenza del tessuto produttivo.

Il presidio del territorio dovrà avvalersi di costanti relazioni con le altre istituzioni e con le Parti Sociali, ai fini dell’implementazione di una modalità di analisi e intervento operativo orientata all’integrazione in sistemi multi-agenzia capaci di intercettare le situazioni di irregolarità.

Un costante flusso informativo fra centro e territorio consentirà la condivisione, l’elaborazione e il coordinamento di vasta area delle segnalazioni.

Nei settori disciplinati da protocolli nazionali dedicati alle misure anti-contagio, all’obiettivo della vigilanza si affiancherà, altresì, quello della verifica delle misure prevenzionistiche determinate dall’emergenza sanitaria.

Richieste di intervento, conciliazioni monocratiche e tutela dei lavoratori

Al fine di garantire un’adeguata “capacità di ascolto e di risposta” nei confronti del pubblico - atta sia a decodificarne le esigenze in modo efficace, sia a fornire un tempestivo ed esaustivo riscontro alle richieste che pervengono alle sedi territoriali - andranno potenziate le attività di “sportello all’utenza,” la cui erogazione sarà rafforzata, eventualmente anche on line, con idonei accorgimenti strumentali ed organizzativi.

Nell’esercizio della funzione di tutela dei rapporti e delle condizioni di lavoro, prioritaria rilevanza assumono inoltre le richieste d’intervento formulate da soggetti qualificati, già individuati con nota DGAI 25/SEGR/2306 del 16/02/2007, che richiedono una trattazione tempestiva affinché possa risultare efficace. Si dovrà peraltro porre attenzione nel focalizzare la programmazione delle attività ispettive conseguenti a richieste di intervento su obiettivi concreti e sostanziali di prevenzione e repressione delle violazioni, specie in talune realtà territoriali caratterizzate da una consistente densità di insediamenti produttivi, al fine di evitare che il carico delle richieste in questione finisca per costituire un freno all’effettuazione di azioni di vigilanza mirate in via prioritaria al contrasto dei fenomeni illeciti particolarmente rilevanti.

A tal fine, l’attivazione delle conciliazioni monocratiche preventive (ex art. 11, comma 1, d.lgs. n. 124/2004) effettuata anche attraverso strumenti di comunicazione da remoto, costituirà modalità privilegiata di definizione delle richieste d’intervento, anche laddove queste dovessero riguardare una pluralità di lavoratori.

Attraverso la corretta applicazione della normativa in materia, il ruolo attivo del conciliatore sarà determinante nel definire la soddisfazione dei diritti in sede conciliativa e nel limitare l’accertamento ispettivo soltanto ad ipotesi residuali e non altrimenti gestibili.

Nell’ottica della nuova missione, le richieste d’intervento relative a realtà produttive caratterizzate da una ridotta consistenza numerica e da irregolarità circoscritte del personale impiegato potranno inoltre essere trattate “d’ufficio” e limitate alle sole irregolarità segnalate.

In una logica di tempestiva ed efficace tutela dei diritti dei lavoratori, andrà nel contempo intensificato il ricorso alla diffida accertativa e alla disposizione, anche alla luce delle recenti modifiche normative che hanno rafforzato questi strumenti (artt. 12 e 14 del d.lgs. n. 124/2004, come modificati dall’art. 12 bis del d.l. n. 76/2020 conv. dalla L. n. 120/2020).

La diffida accertativa, in particolare, potrà essere adottata anche “d’ufficio”, previa acquisizione della documentazione necessaria e a seguito della mancata dimostrazione della soddisfazione del credito accertato.

Tutela lavoratori vulnerabili

Nello svolgimento dell’azione di contrasto agli illeciti sostanziali di maggior disvalore sociale ed economico, a richiesta degli interessati o d’iniziativa, particolare attenzione verrà dedicata anche alla tutela della genitorialità e delle categorie più vulnerabili di lavoratori quali minori, donne, extracomunitari e precari.

Per assicurare una tutela effettiva di tali lavoratori, il personale ispettivo svolgerà pertanto accertamenti anche in relazione alla corretta applicazione della disciplina in materia di parità di trattamento e di divieto di discriminazioni.
A tal fine, andrà altresì valorizzata la collaborazione con la Rete delle Consigliere di parità nelle modalità descritte nel protocollo d’intesa sottoscritto in data 6 giugno 2018.

Orientamento della vigilanza d’iniziativa

Come già evidenziato, la vigilanza d’iniziativa dovrà essere prioritariamente:
- orientata al contrasto di illeciti sostanziali di maggior disvalore sociale ed economico;
- indirizzata alla tutela del maggior numero possibile di lavoratori, anche ai fini della corretta imputazione e qualificazione dei rapporti di lavoro;
- rivolta ai macrofenomeni e ai settori merceologici individuati nel presente documento di programmazione.

In ragione delle diffuse esigenze di rimodulazione dell’organizzazione del lavoro dettate, in larga parte dal sistema produttivo, dall’evoluzione delle dinamiche di mercato e dalle innovazioni tecnologiche, nonché dalle adottate misure di prevenzione del contagio, andrà valorizzato lo strumento della disposizione.

In merito a tale istituto - il cui ambito di applicazione è stato, come detto, notevolmente ampliato dall’art. 12 bis del d.l. n. 76/2020, con la finalità di semplificarne l’utilizzo e di rafforzare la tutela sostanziale dei lavoratori - se ne sottolinea il particolare rilievo in ausilio alle finalità istituzionali di tutela dei diritti e di promozione della legalità dei rapporti di lavoro.

Salute e sicurezza dei lavoratori

Nel quadro della strategia comune europea, fondamentale è la promozione della cultura e delle azioni di prevenzione, con particolare riguardo alle nuove forme di lavoro (es. lavoro “agile”) ed ai rischi emergenti (rischi connessi al forte incremento dell’uso delle tecnologie informatiche e all’impiego dell’intelligenza artificiale; rischi relativi alle attività della cosiddetta green economy; rischi psicosociali, ecc.), da perseguire privilegiando quanto più possibile un approccio che presupponga la collaborazione delle categorie rappresentative del mondo del lavoro.

I rischi in questione si confermano come prioritari in ottica di prevenzione, in considerazione non solo del cambiamento e dell’innovazione costante del mondo nel lavoro, ma anche in ragione degli effetti che su tali processi può avere l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo.

Per tale motivo, si ritiene opportuno implementare il profilo prevenzionistico, con particolare attenzione alle conseguenze dei processi evolutivi rapidamente succedutisi nell’ultimo anno su determinate fattispecie lavorative e categorie di lavoratori che risultano maggiormente esposti/e (basti pensare all’invasivo mutamento imposto dalla pandemia alle prestazioni lavorative dei lavoratori c.d. “fragili”).

Con riferimento alla prevenzione dei rischi psicosociali ed alle categorie di lavoratori maggiormente esposti, si riconosce utilità al monitoraggio e all’approfondimento dei profili attinenti all’obbligo della relativa valutazione, con particolare riguardo ai processi di identificazione e di implementazione delle diverse tipologie di interventi correttivi e delle azioni di miglioramento.

Nell’ambito della campagna europea 2020-2022 “Gestione dei disturbi muscolo-scheletrici sul lavoro”, specifica attenzione sarà da porre alle misure preventive al fine di ridurne al massimo la casistica e la relativa gravità.

In relazione a tutte le realtà produttive complesse, si dovrà porre particolare cura all'organizzazione del lavoro, specie nella gestione del rischio, e andranno svolti gli approfondimenti necessari sul funzionamento effettivo del sistema di SSL dell’azienda.

Dovranno ulteriormente svilupparsi la collaborazione e le iniziative congiunte, anche formative, con le ASL, al fine di implementare i settori interessati dall’approccio olistico della vigilanza e di sviluppare strategie e piani per la vigilanza coordinata in settori e posti di lavoro caratterizzati da un alto grado di rotazione dei lavoratori o da contratti di lavoro temporanei con esposizione a condizioni di lavoro pericolose.

La cooperazione con le parti sociali, sviluppata non solo attraverso i diversi comitati istituzionali, può rappresentare un elemento di ulteriore sensibilizzazione di tutti gli “attori” verso i temi propri della salute e sicurezza sul lavoro, a livello sia strategico che operativo.

Anche alla luce delle nuove disposizioni normative, andranno implementati gli accertamenti in materia di radiazioni ionizzanti negli ambiti maggiormente significativi con riferimento ai profili della tutela dei lavoratori, quali le strutture sanitarie complesse e i settori industriali in cui l’impiego di sorgenti di radiazione sia qualitativamente e/o quantitativamente rilevante.

La vigilanza nel settore ferroviario sarà programmata sulla base delle indicazioni stabilite in sede di coordinamento e pianificazione a livello regionale, selezionate in considerazione delle priorità degli interventi, anche congiunti, per ciascuna realtà provinciale.

Edilizia

Le costruzioni rappresentano, storicamente, un settore strategico per l’Italia - purtroppo caratterizzato anche da una notevole incidenza degli eventi infortunistici, dalle conseguenze spesso gravi, se non letali - sul quale dovranno continuare a concentrarsi i controlli dell’INL in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, negli ambiti di competenza assegnatigli dall’art. 13 del d.lgs. 81/2008.

Le recenti misure di incentivi fiscali per interventi di recupero edilizio - noti come “bonus ristrutturazioni” - porteranno ad una intensificazione dell’attività nel settore ed implicheranno pertanto un necessario incremento dei controlli finalizzati a verificare il rispetto degli adempimenti in materia di tutela della salute e della sicurezza.

Dovranno essere implementate le sinergie operative con le ASL nell’ambito degli organismi di coordinamento e andranno altresì condivise misure e procedure tese alla definizione di modalità operative volte ad evitare duplicazioni d’intervento e ad assicurare uniformità operativa e reciprocità delle segnalazioni.

Per la vigilanza nei cantieri edili si farà ancora riferimento alle indicazioni fornite nel corso del 2020 e si dovranno effettuare approfonditi controlli sia sotto il profilo amministrativo, sia per gli aspetti concernenti la salute e sicurezza, tenuto conto delle misure definite nel protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e le Parti Sociali.

In sede di ispezione andranno monitorati gli aspetti relativi all’età e al genere dei lavoratori nonché la presenza di nuove tecnologie e sostanze, di nuovi processi lavorativi o nuove forme di lavoro che comportino rischi e sfide di nuovo tipo per la salute e la sicurezza dei lavoratori (c.d. “rischi emergenti”: vds. https://osha.europa.eu/it/emerging-risks).

La mancata adozione di misure di prevenzione per la salute e sicurezza nel lavoro constatata in sede di accertamento, oltre alle conseguenze penali e segnatamente in caso di infortunio occorso a un dipendente, comporterà la valutazione della responsabilità amministrativa dell’azienda tenuto conto che, in base all’art. 5 del d.lgs. n. 231/2001, un ente è responsabile dei reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio ed essendo indubbio che un vantaggio per l’ente possa essere ravvisato nel risparmio di costi o di tempo che avrebbero dovuto essere sostenuti per adeguarsi alla normativa prevenzionistica.

In materia di responsabilità amministrativa, con riguardo all’art. 25 septies del richiamato d.lgs. n. 231/2001, costituisce infatti principio ormai consolidato che l’interesse o il vantaggio vadano individuati, nella prospettiva patrimoniale dell’ente, come risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione delle misure di sicurezza ovvero come incremento economico conseguente all’aumento della produttività non ostacolata dal pedissequo rispetto della normativa prevenzionistica.

Il contrasto ai fenomeni di dumping contrattuale e di irregolarità nel settore potrà essere rafforzato dalle sinergie in corso di definizione con le parti sociali.

Verifiche COVID

Dovrà essere proseguita la vigilanza sulla attuazione delle misure di contenimento del contagio da COVID- 19, sotto la prevalente forma di concorso al sistema delle verifiche dell’osservanza dei c.d. “protocolli di sicurezza anti-contagio” facente capo al coordinamento dei Prefetti.

Di pari passo, sarà cura del personale ispettivo di provvedere autonomamente a tali verifiche nell’ambito dell’attività di vigilanza nel settore edile.

La medesima finalità di rendere effettiva l’applicazione della normativa citata ed efficace la tutela dei lavoratori, oltre che con l’effettuazione dei controlli, sarà perseguita anche promuovendo, mediante i suddetti interventi di carattere informativo “qualificati”, buone prassi utili a contribuire al contenimento del contagio da Covid-19.

Al fine di assicurare la corretta adozione delle misure di prevenzione dal contagio, verranno attivate specifiche vigilanze dedicate a quei settori merceologici in cui le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa - si pensi ai “call centers"- sono caratterizzate da una elevata concentrazione di lavoratori nei luoghi di lavoro.

Anche in materia assicurativa, nell’ambito dei consueti accertamenti per la definizione degli infortuni gravi e mortali nonché delle malattie professionali, si porrà particolare riguardo agli infortuni da SARS-CoV-2 per consentire una più rapida erogazione delle prestazioni di legge ed assicurare, altresì, un sollecito sostegno economico ai familiari degli infortunati.

Sommerso e caporalato

Il rischio di espansione dell’economia sommersa ed illegale, indotta dall’emergenza epidemiologica ancora in atto, impone l’adozione di programmazioni di contesto operativo che prevedano un’intensificazione degli accertamenti in concomitanza con le fasi di incremento delle attività produttive.

Particolare attenzione sarà inoltre dedicata al contrasto del lavoro fittizio e dell’eventuale occupazione in nero di lavoratori stranieri interessati dalle recenti procedure di emersione.

Si dovrà altresì proseguire nella realizzazione di iniziative di tutela e integrazione dei lavoratori migranti, in continuità con quelle già intraprese nel 2020 dall’apposito Gruppo di lavoro coordinato dall’INL nell’ambito del Tavolo operativo finalizzato al contrasto del caporalato e dello sfruttamento lavorativo in agricoltura e del c.d. Piano triennale di contrasto al caporalato, tenendo conto dell’esperienza maturata e dei rilevanti risultati conseguiti in occasione delle verifiche effettuate dalle task-forces straordinarie organizzate in attuazione dei due progetti finanziati con fondi comunitari e nazionali (“SU.PR.EME.” e “A.L.T. Caporalato!”), nelle quali il personale ispettivo è stato affiancato da mediatori culturali dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM).

La collaborazione con OIM verrà strutturata in modo stabile e continuativo e sarà finalizzata anche a potenziare le procedure di emersione di casi di sfruttamento lavorativo a tutela dei diritti fondamentali delle vittime.

Andrà anche incentivata l’attività di promozione e valorizzazione delle sinergie tra Ispettorati territoriali del lavoro, Autorità di pubblica sicurezza, Procure della Repubblica, Forze di Polizia, Parti Sociali e Associazioni del territorio, congiuntamente impegnati su più fronti (prevenzione, assistenza, protezione, repressione) per rafforzare la tutela delle vittime, favorirne la collaborazione e accrescerne la fiducia nelle Istituzioni, migliorando altresì la tenuta in sede giudiziale dell’impianto accusatorio nei confronti degli autori di tali gravi forme di illecito.

Sarà infine da implementare la vigilanza nel settore agricolo anche in riferimento ai profili previdenziali ed assicurativi.

Illecite esternalizzazioni e interposizioni - elusione della normativa in materia di codatorialità e distacco

Alla luce dell’esperienza ispettiva, i meccanismi di decentramento produttivo e la connessa dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione hanno ingenerato patologie tipiche pregiudizievoli delle tutele dei lavoratori.

L’elusione della normativa giuslavoristica si manifesta in molti settori merceologici, principalmente con l’utilizzo degli strumenti della somministrazione, degli appalti e dei distacchi, dei contratti di rete e altro, in una dimensione multi localizzata, quando non internazionale (si pensi al distacco transnazionale o alla costituzione di agenzie di somministrazione in Stati esteri) e con stratificazioni di numerose realtà societarie tese a rendere difficoltosa la ricostruzione delle fattispecie e l’imputazione delle irregolarità, oltre che a favorire rilevanti evasioni di risorse dovute all’erario e al sistema previdenziale.

Anche sotto il profilo strettamente previdenziale e assicurativo, l’azione ispettiva sarà pertanto mirata al contrasto dei fenomeni di dumping sociale e contrattuale e si concretizzerà in verifiche sulla genuinità delle fattispecie di decentramento produttivo, attraverso un’approfondita analisi dei fenomeni che caratterizzano le esternalizzazioni, tra i quali le filiere di appalti e subappalti di opere e di servizi, la somministrazione di lavoro, la cooperazione spuria, i contratti di rete e i distacchi posti in essere dalle imprese italiane o di altri Paesi membri dell’Unione Europea.

Si richiamano, sul tema, le novità normative intervenute con segnato riferimento alla parità di trattamento retributivo e previdenziale dei lavoratori del settore dell’aerotrasporto e del trasporto stradale.

Il personale ispettivo avrà inoltre cura di valorizzare gli aspetti connessi alla responsabilità solidale dei committenti e i c.d. “reati presupposto” riscontrabili in sede di accertamento, in linea con quanto previsto dal d.lgs. n. 231/2001 e s.m.i.

Le verifiche si rivolgeranno in particolare ad aziende e cooperative di media e grande dimensione.

Gli interventi ispettivi in tema di distacchi transnazionali - che prevedono la collaborazione e il contributo delle autorità di controllo di altri Paesi membri dell’U.E. attraverso l’utilizzo della piattaforma IMI (Internal Market Information System) - saranno come di consueto orientati a verificare l’osservanza delle disposizioni contenute nel d.lgs. n. 136/2016 di recepimento della normativa europea in materia, come modificato dal d.lgs. n. 122/2020, recante:“Attuazione alla Direttiva (UE) 2018/957 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 giugno 2018, recante modifica della Direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi”, con particolare riferimento ai distacchi non genuini da inquadrare in fenomeni di interposizioni illecite.

L’azione ispettiva tenderà altresì ad intercettare le forme di dumping connesse all’utilizzo di tale istituto, laddove esso risulti mirato esclusivamente all’abbattimento del costo del lavoro, con conseguente disparità di trattamento retributivo e normativo tra lavoratori provenienti da diversi Paesi, ma impiegati nello svolgimento della medesima prestazione lavorativa.

Ai fini di una efficace programmazione della vigilanza, si conferma l’importanza del contributo offerto dal sistema di monitoraggio e di analisi dei dati raccolti attraverso la procedura di comunicazione preventiva di distacco prevista dal citato d.lgs. n. 136/2016.

Le fattispecie di natura transnazionale particolarmente complesse andranno segnalate alla Direzione Centrale Tutela, sicurezza e vigilanza del lavoro, che valuterà l’opportunità di richiedere il supporto dei servizi dell’Autorità Europea del Lavoro che, a determinate condizioni, consente l’organizzazione di ispezioni coordinate e congiunte con le autorità ispettive di altri Stati membri con il finanziamento delle attività transfrontaliere oltre che di servizi di traduzione di documenti e di interpretariato.

Settori prioritari d’intervento

I su indicati macrofenomeni di irregolarità andranno verificati in via prioritaria nei seguenti settori, oltre che nei riguardi delle connesse attività complementari e di ausilio:
- agricoltura;
- edilizia;
- logistica, trasporti e grande distribuzione;
- servizi alle imprese;
- gig economy;
- settori economici che hanno operato in continuità, tra i quali alcuni settori del terziario, servizi di assistenza alle famiglie, attività riservata di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, aziende che hanno riconvertito la propria produzione.

Con la circolare INL n. 7 del 30 ottobre 2020 - ad oggetto “Art. 2 e art. 47 bis e ss. d.lgs. n. 81/2015 - Collaborazioni organizzate dal committente e tutele del lavoro tramite piattaforme” - sono già state fornite istruzioni operative per il corretto svolgimento delle attività ispettive nel settore della gig economy, che tengono conto delle intervenute novità normative e della più recente giurisprudenza in materia di etero- organizzazione.

Ulteriori profili di tutela saranno focalizzati sul rispetto delle norme in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro, sull’accertamento di eventuali condizioni di sfruttamento e di possibili discriminazioni connesse al funzionamento dell’algoritmo utilizzato dalla piattaforma digitale.

In relazione ai profili strettamente:

a. previdenziali, rivestiranno carattere di priorità di intervento i seguenti ambiti:
- settore manifatturiero, della logistica e del trasporto aereo;
- aziende di delivery e lavoro etero-organizzato in genere, anche tramite piattaforme digitali.
- grandi aziende di produzione e servizi;
- pubbliche amministrazioni;
- cooperative di produzione e lavoro;
b. assicurativi, gli accertamenti saranno rivolti nei confronti delle aziende che svolgono un’attività non coerente con quella denunciata all’INAIL, al fine di regolarizzare le posizioni assicurative e di ripristinare condizioni di equa concorrenza nel mercato del lavoro. I settori di prioritario intervento saranno quelli: - della logistica e trasporti, con particolare riferimento alle aziende che dispongono di mezzi di trasporto pesanti;
- della grande distribuzione, con particolare riguardo alle aziende che dichiarano imponibili elevati e che utilizzano attrezzature motorizzate di movimentazione merci, previa verifica negli archivi dell’Agenzia delle entrate;
- metalmeccanico, con verifica sulle linee produttive di aziende che hanno denunciato produzione di minuteria metallica;
- delle pulizie e sanificazione, nei confronti di aziende che, alla luce della emergenza in corso, hanno ampliato l’attività con la sanificazione e la disinfezione degli ambienti;
- dell’amianto, nei confronti di aziende che ne effettuano la rimozione;
- della produzione prodotti da forno, verso aziende del settore Industria la cui voce di rischio nella nuova Tariffa 2019 corrisponde solo parzialmente alle lavorazioni ricomprese nella pregressa voce di Tariffa 2000.

Lavoro fittizio e recupero prestazioni

Nell’ambito di azioni di contrasto ai fenomeni di simulazione dei rapporti di lavoro, volti a fruire indebitamente di prestazioni di sostegno al reddito o altri benefici, la vigilanza previdenziale si incentrerà, in particolare, sul lavoro fittizio domestico e agricolo.

Regolarizzazione delle situazioni di disallineamento nella classificazione

L’attività ispettiva sarà orientata in modo specifico alla verifica del rischio assicurato con l’individuazione di aree che presumibilmente presentano ampi margini di irregolarità sulla corrispondenza del rischio denunciato con l’attività effettivamente svolta, al fine di monitorare e garantire l’esatta ed uniforme applicazione delle Tariffe dei premi sul territorio nazionale e regolarizzare le situazioni di disallineamento nella classificazione, anche in considerazione delle rilevanti novità introdotte dalle Nuove Tariffe dei premi in vigore dal 1° gennaio 2019.

Irregolarità e frodi relative alle misure di integrazione salariale e di sostegno al reddito

Per fronteggiare le perdite subite dagli operatori economici per effetto delle restrizioni alla circolazione resesi necessarie per il contenimento della pandemia, sono state introdotte importanti misure di sostegno economico dedicate ai lavoratori e alle imprese, con l’impiego di ingenti risorse pubbliche che impongono l’attivazione di adeguati controlli sul loro corretto utilizzo.
Nell’ambito dell’ordinaria attività di vigilanza, il personale ispettivo procederà pertanto ai controlli di competenza in merito a eventuali comportamenti elusivi o fraudolenti in materia e, in caso di accertata occupazione irregolare di lavoratori, a verificare l’eventuale fruizione di reddito di cittadinanza, di emergenza o di altre misure di sostegno al reddito.
In particolare, nel corso del I° semestre 2021, la vigilanza previdenziale sarà orientata prioritariamente all’ambito delle prestazioni a sostegno del reddito, previste dalla legislazione d’urgenza e gestite dall’INPS, nei riguardi di:
- aziende che hanno fatto richiesta di trattamenti di Cassa Integrazione Ordinaria, Fondo di Integrazione Salariale e Cassa Integrazione in deroga;
- aziende che hanno presentato domande di iscrizione, ripresa dell’attività, modifiche dell’inquadramento con effetto retroattivo in periodi immediatamente precedenti le richieste di trattamento delle varie forme di Cassa Integrazione;
- aziende operanti in deroga alle misure restrittive previste dalla normativa emanata in relazione all'emergenza epidemiologica da Covid 19;
- domande di indennità di sostegno al reddito presentate da lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali, da lavoratori agricoli, da lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni speciali dell’assicurazione generale obbligatoria (artigiani, commercianti, IAP, coltivatori diretti, coloni e mezzadri);
- trasformazione e riqualificazione di rapporti di lavoro in periodi immediatamente precedenti le richieste di trattamenti delle varie forme di Cassa Integrazione;
- aziende operanti in settori produttivi connessi con la gestione delle misure anti-contagio, quali aziende di sanificazione ambienti, lavanderie industriali, produzione di apparecchiature medicali e dispositivi sanitari.

Fonte: INL

Tribunale di Belluno del 19 marzo 2021 n. 12

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Tribunale di Belluno del 19 marzo 2021 n  12

Tribunale di Belluno del 19 marzo 2021 n. 12

Rifiuto di vaccinarsi di dieci operatori sanitari di una RSA: "inidoneità al servizio" e ferie forzate / Ricorso rigettato

Il Giudice

sciogliendo la riserva assunta con verbale di trattazione scritta in data 16.3.21;
ritenuto che risulta difettare il fumus boni iuris, disponendo l'art. 2087 c.c. che " L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro";
ritenuto che è ormai notoria l'efficacia del vaccino per cui è causa nell' impedire l'evoluzione negativa della patologia causata dal virus SARS-CoV-2, essendo notorio il drastico calo di decessi causati da detto virus, fra le categorie che hanno potuto usufruire del suddetto vaccino, quali il personale sanitario e gli ospiti di RSA, nonché, più in generale, nei Paesi, quali Israele e gli Stati Uniti, in cui il vaccino proposto ai ricorrenti è stato somministrato a milioni di individui;
rilevato che è incontestato che i ricorrenti sono impiegati in mansioni a contatto con persone che accedono al loro luogo di lavoro;
ritenuto che è, pertanto, evidente il rischio per i ricorrenti di essere contagiati, essendo fra l'altro notorio che non è scientificamente provato che il vaccino per cui è causa prevenga, oltre alla malattia, anche l' infezione;
ritenuto che la permanenza dei ricorrenti nel luogo di lavoro comporterebbe per il datore di lavoro la violazione dell'obbligo di cui all'art. 2087 c.c. il quale impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei suoi dipendenti; che è ormai notorio che il vaccino per cui è causa - notoriamente offerto, allo stato, soltanto al personale sanitario e non anche al personale di altre imprese, stante la attuale notoria scarsità per tutta la popolazione - costituisce una misura idonea a tutelare l' integrità fisica degli individui a cui è somministrato, prevenendo l'evoluzione della malattia;
ritenuto, quanto al periculum in mora, che l' art. 2109 c.c. dispone che il prestatore di lavoro " Ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito , possibilmente continuativo, nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro "; che nel caso di specie prevale sull'eventuale interesse del prestatore di lavoro ad usufruire di un diverso periodo di ferie, l'esigenza del datore di lavoro di osservare il disposto di cui all'art. 2087 c.c.;
ritenuta l'insussistenza del periculum in mora quanto alla sospensione dal lavoro senza retribuzione ed al licenziamento, paventati da parte ricorrente, non essendo stato allegato da parte ricorrente alcun elemento da cui poter desumere l'intenzione del datore di lavoro di procedere alla sospensione dal lavoro senza retribuzione e al licenziamento;
ritenuto che, attesa l'assenza di specifici precedenti giurisprudenziali, sussistono le condizioni di cui all'art. 92 co. U c.p.c. per compensare le spese processuali.

P.Q.M.

visto l'art. 700 c.p.c.;

1. rigetta il ricorso;

2. compensa le spese processuali.

Belluno, 19/03/2021

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Fact sheet INAIL 2021 Ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento e assimilabili

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Fact sheet 2021   Ambienti confinati

Fact sheet INAIL 2021 Ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento e assimilabili

INAIL 2021

Pubblicate dall'INAIL tre Fact sheet riguardanti gli Ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento e assimilabili, nello specifico:

Ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento e assimilabili - Aspetti legislativi e caratterizzazione

La scheda informativa raccoglie gli aspetti legislativi attinenti agli ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento e assimilabili e approfondisce gli aspetti utili alla loro caratterizzazione.

Ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento e assimilabili - Prodotti di ricerca dell’istituto

La scheda informativa presenta le principali attività di sperimentazione e ricerca svolte dal Laboratorio Macchine e Attrezzature di lavoro del Dit dell'Inail, nell'ambito degli ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento e assimilabili.

Ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento e assimilabili - Formazione in aula e addestramento in campo

La scheda informativa presenta la prima esperienza formativa e di addestramento in campo per i lavoratori e i rappresentanti del datore di lavoro committente che operano in ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento e assimilabili, relativa al progetto sperimentale di formazione esperienziale elaborato dal Laboratorio Macchine e Attrezzature di lavoro del Dit dell'Inail.

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Fonte: INAIL

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CISL Guida aggiornata Protocollo aziendale anti-contagio del 06.04.2021

ID 13339 | | Visite: 3564 | News Sicurezza

CISL Guida aggiornata Protocollo aziendale anti contagio del 06 04 2021

CISL Guida aggiornata Protocollo aziendale anti-contagio del 06.04.2021

CISL Guida aggiornata e rinnovata per la revisione del Protocollo aziendale anti-contagio sulla base dei contenuti del recente Protocollo del 6 aprile 2021, aprile 2021

Nel rispetto di quanto aggiornato e rinnovato, mediante la sottoscrizione del Protocollo condiviso, avvenuta il 6 aprile u.s., in merito alle misure di contrasto e di contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro, già previste con il Protocollo condiviso, siglato il 14 marzo 2020 e, successivamente, integrato il 24 aprile 2020, si indicano gli interventi principali di revisione da realizzare nei riguardi del Protocollo aziendale anti-contagio, ad oggi adottato in ogni realtà lavorativa.

Su rinnovato invito del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della salute, che hanno promosso un nuovo confronto tra le Parti sociali (già sottoscrittrici dei precedenti protocolli), in continuità con quanto disposto nelll’art.1, co.1, nr.9, del DPCM del 11 marzo 2020, è stato raggiunto, quale frutto di un confronto costruttivo e grazie al supporto tecnico-scientifico dell’INAIL, un nuovo rilevante ed utile risultato.

Confermando le misure ancora adeguate e rispondenti alle disposizioni normative vigenti, aggiornando ed integrando quelle risultate superate, per effetto di quanto accaduto negli ultimi dodici mesi, proseguendo la pandemia e, pertanto, perdurando lo stato emergenziale, è stato definitivamente varato il “nuovo” Protocollo condiviso, alla luce del quale questa guida è stata redatta.

[...] In allegato Guida aggiornata

Fonte: CISL

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Nota INL 9 aprile 2021 prot. n. 2181

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Nota INL 9 aprile 2021 prot  n  2181

Nota INL 9 aprile 2021 prot. n. 2181

Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid19 negli ambienti di lavoro del 06.04.2021 - Aggiornamento check-list.

Come noto, il 6 aprile 2021 è stato sottoscritto tra Governo e Parti Sociali il "Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARSCoV- 2/COVID-19 negli ambienti di lavoro" che ha aggiornato e innovato i precedenti Protocolli del 14 marzo e 24 aprile 2020.

I profili di novità - recepiti nella check list allegata - attengono in particolare al ruolo e ai compiti del medico competente; alla previsione dell'incremento di tutte le forme di lavoro da remoto e non solo del c.d. lavoro agile e alle indicazioni sulle modalità di formazione continua dei lavoratori. Ulteriori specifiche sono state introdotte relativamente alle caratteristiche tecniche dei dispositivi di protezione individuale delle vie aeree.

Si conferma che la mancata attuazione del Protocollo che non assicuri adeguati livelli di protezione, determina la sospensione dell'attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.

[...] Segue in allegato

Fonte: INL

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Lavorare in presenza di malattie reumatiche e muscolo-scheletriche

ID 13322 | | Visite: 2012 | Documenti Sicurezza Enti

Working with chronic musculoskeletal

Lavorare in presenza di malattie reumatiche e muscolo-scheletriche croniche

EU-OSHA, 05.03.2021

Questa scheda informativa fornisce una semplice spiegazione delle malattie reumatiche e muscolo-scheletriche (RMD) croniche ed evidenzia l’importanza di assicurare che le persone affette da tali condizioni siano aiutate a rimanere o a tornare al lavoro mediante adattamenti del posto di lavoro, soprattutto perché le predette malattie diventano più comuni con l’invecchiamento dell’organico.

Essa descrive inoltre con quali modalità i datori di lavoro possano superare le sfide poste dalle malattie reumatiche e muscolo-scheletriche, enfatizzando la necessità di azioni preventive, efficace valutazione del rischio, dialogo aperto e intervento precoce.

Offre alcuni esempi pratici di semplici adattamenti del posto di lavoro, alcuni dei quali possono essere di giovamento per l’intera forza lavoro.

...

Fonte: EU-OSHA

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Circolare Ministero della Salute del 12 aprile 2021 n. 15127

ID 13318 | | Visite: 39570 | News Sicurezza

Circolare Ministero della Salute del 12 aprile 2021 n  15127

Circolare Min. della Salute del 12 aprile 2021 n. 15127 | Riammissione lavoratori dopo assenza malattia Covid-19 correlata

ID 13318 | 13.04.2021

Oggetto: Indicazioni per la riammissione in servizio dei lavoratori dopo assenza per malattia Covid-19 correlata

Il presente documento intende offrire indicazioni procedurali circa la riammissione in servizio dopo assenza per malattia COVID-19 correlata e la certificazione che il lavoratore deve produrre al datore di lavoro.

Alla luce della normativa vigente a livello nazionale e del “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro” siglato in data 6 aprile 2021, le fattispecie che potrebbero configurarsi sono quelle di seguito indicate.

A) Lavoratori positivi con sintomi gravi e ricovero

In merito al reintegro progressivo di lavoratori dopo l’infezione da COVID-19, coloro che si sono ammalati e che hanno manifestato una polmonite o un’infezione respiratoria acuta grave, potrebbero presentare una ridotta capacità polmonare a seguito della malattia (anche fino al 20-30% della funzione polmonare) con possibile necessità di sottoporsi a cicli di fisioterapia respiratoria. Situazione ancora più complessa è quella dei soggetti che sono stati ricoverati in terapia intensiva, in quanto possono continuare ad accusare disturbi rilevanti, la cui presenza necessita di particolare attenzione ai fini del reinserimento lavorativo.

Pertanto il medico competente, ove nominato, per quei lavoratori che sono stati affetti da COVID-19 per i quali è stato necessario un ricovero ospedaliero, previa presentazione di certificazione di avvenuta negativizzazione secondo le modalità previste dalla normativa vigente, effettua la visita medica prevista dall’art.41, c. 2 lett. e-ter del D.lgs. 81/08 e s.m.i (quella precedente alla ripresa del lavoro a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi), al fine di verificare l’idoneità alla mansione - anche per valutare profili specifici di rischiosità - indipendentemente dalla durata dell’assenza per malattia.

B) Lavoratori positivi sintomatici

I lavoratori risultati positivi alla ricerca di SARS-CoV-2 e che presentano sintomi di malattia (diversi da quelli previsti al punto A) possono rientrare in servizio dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo) accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test).

C) Lavoratori positivi asintomatici

I lavoratori risultati positivi alla ricerca di SARS-CoV-2 ma asintomatici per tutto il periodo possono rientrare al lavoro dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test).

Pertanto, il lavoratore di cui alle lettere B) e C), ai fini del reintegro, invia, anche in modalità telematica, al datore di lavoro per il tramite del medico competente ove nominato, la certificazione di avvenuta negativizzazione, secondo le modalità previste dalla normativa vigente.

I lavoratori positivi la cui guarigione sia stata certificata da tampone negativo, qualora abbiano contemporaneamente nel proprio nucleo familiare convivente casi ancora positivi non devono essere considerati alla stregua di contatti stretti con obbligo di quarantena ma possono essere riammessi in servizio con la modalità sopra richiamate.

D) Lavoratori positivi a lungo termine

Secondo le più recenti evidenze scientifiche i soggetti che continuano a risultare positivi al test molecolare per SARS-CoV-2 e che non presentano sintomi da almeno una settimana (fatta eccezione per ageusia/disgeusia e anosmia che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione), possono interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi (cfr. Circolare Ministero della salute 12 ottobre 2020).

Tuttavia, in applicazione del principio di massima precauzione, ai fini della riammissione in servizio dei lavoratori si applica quanto disposto dal richiamato Protocollo condiviso del 6 aprile 2021.

Pertanto, ai fini del reintegro, i lavoratori positivi oltre il ventunesimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario; il lavoratore avrà cura di inviare tale referto, anche in modalità telematica, al datore di lavoro, per il tramite del medico competente, ove nominato.

Il periodo eventualmente intercorrente tra il rilascio dell’attestazione di fine isolamento ai sensi della Circolare del 12 ottobre e la negativizzazione, nel caso in cui il lavoratore non possa essere adibito a modalità di lavoro agile, dovrà essere coperto da un certificato di prolungamento della malattia rilasciato dal medico curante.

Nella fattispecie prevista dal presente paragrafo non si ravvisa la necessità da parte del medico competente, salvo specifica richiesta del lavoratore, di effettuare la visita medica precedente alla ripresa del lavoro per verificare l’idoneità alla mansione” (art. 41, comma 2, lett. e-ter) del D.lgs. 81/08 e s.m.i.

E) Lavoratore contatto stretto asintomatico

Il lavoratore che sia un contatto stretto di un caso positivo, informa il proprio medico curante che rilascia certificazione medica di malattia salvo che il lavoratore stesso non possa essere collocato in regime di lavoro agile (cfr. messaggio Inps n. 3653 del 9 ottobre 2020).

Per la riammissione in servizio, il lavoratore dopo aver effettuato una quarantena di 10 giorni dall’ultimo contatto con il caso positivo, si sottopone all’esecuzione del tampone e il referto di negatività del tampone molecolare o antigenico è trasmesso dal Dipartimento di Sanità Pubblica o dal laboratorio dove il test è stato effettuato al lavoratore che ne informa il datore di lavoro per il tramite del medico competente, ove nominato. La presente Circolare è passibile di ulteriori aggiornamenti che terranno conto dell’evolversi del quadro epidemiologico, delle conoscenze scientifiche e del quadro normativo nazionale.

...

Fonte: Ministero della Salute

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Tecnico addetto sicurezza laser - Quadro normativo

ID 7826 | | Visite: 37814 | Documenti Riservati Sicurezza

Tecnico addetto Sicurezza laser

Tecnico addetto sicurezza laser ASL/TSL - Quadro normativo

ID 7826 | 24.02.2019 Documento completo in allegato

Legislazione, Norme tecniche, Guide

Le definizioni di Tecnico addetto sicurezza laser ASL e TSL sono indicate nella Guida della Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (C.I.I.P.), prima Guida a definire gli aspetti (Documento allegato). Seppur il D.Lgs. n. 81/2008 non parla di tali Figure, nel seguito per "obbligo" si indica quanto previsto per la valutazione dei rischi da Agenti Fisici che deve essere effettuato da "personale qualificato". (Art. 181, co. 2 del D.Lgs n. 81/2008 e conseguente precisazione in merito delle Indicazioni operative protezione agenti fisici luoghi di lavoro (Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province autonome), nonché, come norme di Buona Tecnica dalle norme CEI e IEC riportate.

A livello internazionale (norma IEC 60825-1) e nazionale (norma CEI EN 60825-1) viene definita la figura del "Laser Safety Officer" (LSO) (Vedi Focus) come "persona che possiede le conoscenze necessarie per valutare e controllare i rischi causati dai laser e ha la responsabilità di supervisione sul controllo di questi rischi", ma senza dettagliare quali siano i compiti e le responsabilità specifici. Recentemente, il CENELEC ha emanato una guida (CLC/TR 50448) nella quale vengono in modo più dettagliato individuati i livelli di competenza del "Laser Safety Officer" il cui compito è di assicurare che siano predisposti adeguati controlli per minimizzare i rischi derivanti dall'uso di apparecchiature laser e che vengano effettuate regolari monitoraggi, tenendone registrazione dei pericoli e dell'efficacia delle misure di controllo. 

Nella Guida della Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (C.I.I.P.) sono definiti, in particolare:

- nell’ambito medicale si avrà come riferimento la IEC/TR 60825-8 (CEI 76-6) e si parlerà dell’Addetto Sicurezza Laser (ASL);
- nell’ambito industriale si avrà la CEI EN 60825-1 (CEI 76-2) e si parlerà del Tecnico Sicurezza Laser (TSL);

Le aziende che hanno Laser in Classe 3 e 4 hanno "l’obbligo" di nominare un ASL/TSL.

Tecnico addetto Sicurezza laser   Flusso

Figura 1. Flusso utilizzo laser

Tale "obbligo" deriva in parte dall’articolo 181, co. 2 del D.Lgs n. 81/2008 che impone che la valutazione dei rischi debba essere effettuato da "personale qualificato".

Indicazioni operative protezione agenti fisici luoghi di lavoro

4.03 - Quali caratteristiche deve avere il “personale adeguatamente qualificato” che effettua la valutazione del rischio ?

I riferimenti legislativi vanno ricercati tanto nell’art.32 quanto nell’art. 181 del DLgs.81/2008 ove si afferma che il personale qualificato deve avere specifiche conoscenze in materia di rischi da agenti fisici. In questo contesto la dicitura “personale qualificato” definisce correntemente un operatore che abbia sostenuto un corso di qualificazione conclusosi con una valutazione positiva e documentabile dell’apprendimento. In assenza di qualsiasi riferimento su durata e contenuti del corso sui soggetti autorizzati alla valutazione ed all’espressione della certificazione finale, si suggerisce di giudicare il “personale qualificato” essenzialmente sulla base del curriculum...

Il D.Lgs n. 81/2008 Capo V tratta della Valutazione del Rischio che il Datore di Lavoro (DdL) è tenuto a fare qualora esistano nella sua azienda lavoratori sottoposti a Radiazioni Ottiche, ossia Radiazioni Elettromagnetiche suddivise in uno spettro elettromagnetico che dipende dalla frequenza della radiazione elettromagnetica.

Quindi il Capo V definisce le ROA (Radiazioni Ottiche Artificiali) come le radiazioni elettromagnetiche di lunghezza compresa 100nm (UV estremo, prima radiazione in grado di ionizzare) e 1 mm (IR lontano) generate da sorgenti non naturali.

Il D.Lgs n. 81/2008 – Capo V – art. 213 - Stabilisce prescrizioni minime per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e per la sicurezza che possono derivare dall’ esposizione alle ROA durante il lavoro, con particolare riguardo ai rischi dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute.

Sorgenti ROA

Le Radiazioni Ottiche Artificiali, sono radiazioni elettromagnetiche di lunghezza d’onda compresa tra 100nm (UV lontano) e 1mm (IR lontano), generate da sorgenti non naturali.

Sono definite UV e IR lontane, in quanto il riferimento è il campo del visibile e per cui lontano dalle due lunghezze d’onda limite.

- Le radiazioni ottiche sono caratterizzate dalla loro lunghezza d’onda (nm);
- Sono divise in radiazioni infrarosse, visibili e ultraviolette;
- Possono essere emesse in modo “coerente” o “incoerente” e continuo o pulsato:
- - Sono “coerenti” le radiazioni ottiche emesse da una sorgente LASER. La “coerenza” è una caratteristica delle radiazioni elettromagnetiche legata alla “fase” dell’onda durante la propagazione. In particolare nelle sorgenti coerenti gli atomi si diseccitano tutti in fase tra loro;
- - Sono “incoerenti” le radiazioni ottiche emesse dal sole o dalle lampadine a incandescenza o a scarica di gas o da una saldatrice ad arco elettrico. Quindi un LASER (Light Amplification by Stimulated Emissione of Radiation) è un dispositivo capace di produrre o amplificare radiazioni elettromagnetiche nella gamma di ʎ delle radiazioni ottiche, mediante il processo di emissione stimolata controllata (Art 214, comma 1 lett. b, D.Lgs n. 81/2008).

Aree di Lavoro in cui esiste il rischio di esposizione a ROA

Per le Aree di Lavoro in cui esiste il rischio di esposizione a ROA, la normativa prevede quanto segue:

Le aree in cui è possibile il superamento dei limiti di esposizione vanno segnalate e, ove possibile, delimitate. Mentre per le sorgenti LASER esiste una segnaletica specifica, per quelle non coerenti esiste soltanto in caso di radiazioni ultraviolette generate nei processi di saldatura”. Quindi c’è un’indicazione forte, da parte del legislatore, a definire le aree a rischio, individuarle e contenerle. In particolar modo per le sorgenti LASER vi è una direttiva europea che individua la segnaletica ambientale da utilizzare nelle aree in cui sono presenti sorgenti LASER che possono portare al superamento dei Limiti di Esposizione definiti. Quindi bisogna individuare dette aree e provvedere a segnalarle opportunamente. Nelle figure seguenti è definita la segnaletica per le differenti sorgenti:

Sorgenti laser
Figura 2. Sorgenti LASER

Figura 3  Radiazioni non coerenti

Figura 3. Radiazioni non coerenti

Classificazione laser (CEI EN 60825-1:2017)

3.18
prodotto laser di Classe 1
qualsiasi prodotto laser che, durante il suo funzionamento, non permette l’accesso umano a una radiazione laser

3.21
prodotto laser di Classe 2
qualsiasi prodotto laser nell’intervallo di lunghezze d’onda compreso tra 400 nm e 700 nm che, durante il suo funzionamento, non permette l’accesso umano a una radiazione laser

3.23
prodotti laser di Classe 3R e 3B
ogni prodotto laser che, durante il suo funzionamento, permette l’accesso umano a una radiazione laser

3.24
prodotto laser di Classe 4
qualsiasi prodotto laser che permette l’accesso umano a una radiazione laser

D.Lgs. n. 81/2008
...
Titolo VIII agenti fisici
Capo I Disposizioni generali
...
Art. 181. Valutazione dei rischi

1. Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi.

2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici è programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da personale qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. La valutazione dei rischi è aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante del documento di valutazione del rischio.

3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La valutazione dei rischi è riportata sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, essa può includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la natura e l'entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata.

Norme tecniche

La norma di riferimento internazionale per i laser è la IEC 60825 è costituito dalle seguenti parti, che sono rimaste invariate fino al 2007. Alla data news, le norme in vigore sono:

- riconfermate;
- ritirate;
- sostituite da una versione rivista, o
- emendate

Safety of laser products:

Part 1: Equipment classification, requirements and user's guide
Part 2: Safety of optical fibre communication systems
Part 3: Guidance for laser displays and shows
Part 4: Laser guards
Part 5: Manufacturer's checklist for IEC 60825-1
Part 6: Safety of products with optical sources, exclusively used for visible information transmission to the human eye
Part 7: Safety of products emitting infrared optical radiation, exclusively used for wireless 'free air' data transmission and surveillance
Part 8: Guidelines for the safe use of medical laser equipment (IEC TR 60825-8)
Part 9: Compilation of maximum permissible exposure to incoherent optical radiation
Part 10: Application guidelines and explanatory notes to IEC 60825-1
Part 12: Safety of free space optical communication systems used for transmissi on of information
Part 13: Measurements for classification of laser products 
Part 14: A user's guide

Alcune norme CEI pertinenti:

CEI 76
Guida per l'utilizzazione di apparati laser per laboratori di ricerca

La Pubblicazione contiene la Guida E per l'utilizzazione di apparati laser per laboratori di ricerca e specifica le misure di sicurezza e i mezzi di controllo da adottare nella messa a punto e nella modifica di laser e/o apparati laser. La Guida è destinata a completare la serie di Guide per l'utilizzatore pubblicate sull’argomento e si affianca alla Norma CEI 76-2 riguardante la sicurezza delle radiazioni di apparati laser.La presente Guida costituisce la ristampa senza modifiche, secondo il nuovo progetto di veste editoriale, della Guida pari numero ed edizione (Fascicolo 1381 G).

CEI 76-2 (CEI EN 60825-1)
Sicurezza dei prodotti laser Parte 1: Classificazione degli apparecchi e requisiti

Questa Norma si applica alla sicurezza dei prodotti che emettono radiazioni laser nel campo delle lunghezze d'onda comprese tra 180 nm e 1 mm. Un prodotto laser può essere composto da un solo laser, con o senza un dispositivo di alimentazione separato, oppure può incorporare uno o più laser a formare un sistema ottico, elettrico o meccanico complesso. I prodotti laser sono tipicamente utilizzati per la dimostrazione di fenomeni fisici e ottici, per la lavorazione dei materiali, per la lettura e la registrazione dei dati, per la trasmissione e la visualizzazione delle informazioni, ecc.
Questi sistemi hanno trovato applicazione nell'industria, nel commercio, nello spettacolo, nella ricerca, nell'insegnamento, nella medicina e nei beni di consumo.Gli obiettivi di questa Norma sono:
- introdurre un sistema di classificazione per i laser e i prodotti laser che emettono una radiazione nella gamma delle lunghezze d'onda compresa tra 180 nm e 1 mm, secondo il loro grado di pericolo da radiazione ottica, allo scopo di facilitare la valutazione dei pericoli e la determinazione delle misure di controllo da parte dell'utilizzatore;
- definire i requisiti per il costruttore allo scopo di fornire informazioni tali da permettere l'adozione di adeguate precauzioni;
- assicurare alle persone, per mezzo di targhette e istruzioni, avvertenze adeguate contro i pericoli associati alla radiazione accessibile emessa dai prodotti laser;
- ridurre la possibilità di danni, riducendo al minimo la radiazione accessibile non necessaria e offrire un migliore controllo dei pericoli connessi alla radiazione laser per mezzo di procedure di protezione.

Le modifiche tecniche più significative di questa nuova edizione rispetto alla precedente sono le seguenti:
- è stata introdotta una nuova classe 1C;
- è stata eliminata la condizione di misura 2;
- la classificazione dell'emissione dei prodotti laser al di sotto di un certo livello di radianza, previsti per essere utilizzati in sostituzione delle sorgenti luminose convenzionali, può eventualmente essere basata sulla serie EN/IEC 62471;
- i limiti di emissione accessibili (LEA) per le classi 1, 1M, 2, 2M e 3R delle sorgenti a impulsi, in particolare le sorgenti a impulsi estese, sono stati aggiornati per tener conto dell'ultima revisione della guida ICNIRP sui limiti di esposizione.
La Norma in oggetto sostituisce completamente la Norma CEI EN 60825-1:2009-07. La presente Norma riporta la traduzione completa della EN 60825-1; la versione inglese è riportata nel fascicolo 14497E di dicembre 2015

CEI 76-3 (CEI EN 61040)
Rilevatori, strumenti e apparati per la misura della potenza e dell'energia della radiazione laser

La presente Norma si applica agli strumenti e agli apparati che misurano la potenza e l'energia di radiazione laser nella gamma spettrale ottica (con lunghezza d'onda da 100 nm a 1 mm). Essa ha per oggetto di stabilire le definizioni, le prescrizioni minime e le procedure di prova adatte per le caratteristiche e le norme di fabbricazione di rivelatori, strumenti e apparati per la misura della potenza e dell'energia della radiazione laser.La presente Norma costituisce la ristampa senza modifiche, secondo il nuovo progetto di veste editoriale, della Norma pari numero ed edizione (Fascicolo 2137 E).

CEI 76-5 (CEI EN 60825-4)
Sicurezza degli apparecchi laser Parte 4: Barriere per laser

Specifica le protezioni relative alle barriere per laser permanenti e temporanee che racchiudono la zona di lavoro di una macchina di lavorazione laser e fornisce indicazioni per i dispositivi di protezione.Si applica a tutte le parti componenti di una barriera per laser (che permettono la visibilità), inclusi schermi e finestre di osservazione, pannelli, pareti per laser e pareti.Indica inoltre come valutare e specificare le proprietà protettive di una barriera per laser.Questa parte è stata rivista per allinearla alla nuova classificazione introdotta dalla CEI EN 60825-1:2003 e in particolare indica:- come valutare e specificare le proprietà protettive delle barriere laser e- come scegliere le barriere laser.La presente Norma riporta il testo in inglese e italiano della EN 60825-4; rispetto al precedente fascicolo n. 8676E di febbraio 2007, essa contiene la traduzione completa della EN sopra indicata.

CEI 76-6 (IEC/TR 60825-8)
Sicurezza degli apparecchi laser Parte 8: Guida all'uso sicuro dei fasci laser sull'uomo

Questa parte della IEC 60825 serve come guida per il datore di lavoro, l'organizzazione responsabile, il tecnico sicurezza laser, l'operatore laser e altre persone coinvolte nell'uso sicuro del laser e dell'apparecchiatura laser di Classe 3B o 4. Essa riguarda tutte le applicazioni dei fasci laser sull'uomo principalmente in strutture sanitarie, centri estetici e di depilazione e trattamenti dentali, comprese applicazioni mobili e ambito domestico.Sono descritte le misure di controllo raccomandate per la sicurezza dei pazienti, degli operatori, del personale addetto alla manutenzione. I comandi tecnici che fanno parte dell'apparecchiatura laser o dell'installazione sono brevemente descritti per fornire una comprensione dei principi generali di protezione.Gli argomenti trattati nella presente guida sono:
- i sistemi di trasmissione del fascio;-
gli effetti biologici della radiazione laser;
- il rapporto di infortuni e situazioni pericolose;
- l'elenco dei controlli.

CEI 76-10 (IEC/TR 62471-2)
Sicurezza fotobiologica delle lampade e dei sistemi di lampada Parte 2: Guida ai requisiti costruttivi relativi alla sicurezza da radiazione ottica non laser

Questo Rapporto Tecnico (Parte 2 della IEC 62471) fornisce le basi per i requisiti di sicurezza dei prodotti di radiazione ottica non-laser, servendo da guida per lo sviluppo di requisiti di sicurezza nelle Norme verticali di prodotto e aiutando i costruttori dei sistemi di lampada nell'interpretazione delle informazioni di sicurezza fornite dai costruttori di lampade.Fornisce inoltre una guida riguardante l'etichettatura dei prodotti.Questo Rapporto Tecnico viene utilizzato congiuntamente con la Norma CEI EN 62471:2010-01.Il presente Rapporto Tecnico riporta il testo in inglese e italiano della IEC/TR 62471-2:2009-08; rispetto al precedente fascicolo n. 10403E di maggio 2010, esso contiene la traduzione completa della pubblicazione sopra indicata.

Questo Rapporto Tecnico (Parte 2 della IEC 62471) fornisce le basi per i requisiti di sicurezza dei prodotti di radiazione ottica non-laser, servendo da guida per lo sviluppo di requisiti di sicurezza nelle Norme verticali di prodotto e aiutando i costruttori dei sistemi di lampada nell'interpretazione delle informazioni di sicurezza fornite dai costruttori di lampade.Fornisce inoltre una guida riguardante l'etichettatura dei prodotti.Questo Rapporto Tecnico viene utilizzato congiuntamente con la Norma CEI EN 62471:2010-01.Il presente Rapporto Tecnico riporta il testo in inglese e italiano della IEC/TR 62471-2:2009-08; rispetto al precedente fascicolo n. 10403E di maggio 2010, esso contiene la traduzione completa della pubblicazione sopra indicata.

CEI 76-11 (IEC/TR 60825-14)

Sicurezza degli apparecchi laser Parte 14: Guida per l’utilizzatore

Questo Rapporto Tecnico fornisce una guida per un utilizzo sicuro degli apparecchi laser conformi alla IEC 60825-1. Il documento è previsto per assistere gli utilizzatori nella comprensione dei principi generali di sicurezza. In particolare permette: - l'identificazione delle situazioni di potenziale pericolo, - la valutazione dei rischi derivanti da tali situazioni, - la determinazione delle necessarie misure di protezione e controllo. Questa Norma viene pubblicata dal CEI nella sola lingua inglese in quanto particolarmente mirata a settori specialistici.

CEI 62-42 (CEI EN 60601-2-22)
Apparecchi elettromedicali Parte 2: Prescrizioni particolari relative alla sicurezza fondamentale e alle prestazioni essenziali degli apparecchi laser chirurgici, cosmetici, terapeutici e diagnostici

La Norma si applica alla sicurezza fondamentale e alle prestazioni degli apparecchi laser per applicazioni chirurgiche, terapeutiche, medico-diagnostiche, cosmetiche o veterinarie destinati all'uso su essere umani o animali classificati come prodotti di classe 3B o 4 e definiti nella Norma EN/IEC 60825-1.La presente Norma viene utilizzata congiuntamente alla Norma CEI EN 60601-1:2007-05.

CEI EN 60601-1 (62-5)
Apparecchi elettromedicali Parte 1: Prescrizioni generali relative alla sicurezza fondamentale e alle prestazioni essenziali

Il presente documento rappresenta un Corrigendum della Norma CEI EN 60601-1:2007-05, che si applica agli apparecchi elettromedicali e contiene le prescrizioni relative alla sicurezza fondamentale e alle prestazioni essenziali.

CLC/TR 50448
Guide to levels of competence required in laser safety

This Guide has been prepared in order to provide information and guidance to employers and employees in organisations in which lasers are used.

Sicurezza laser: norme riferimento e responsabile sicurezza laser (LSO )

Tecnico alla Sicurezza Laser-TSL e ASL - Indicazioni operative protezione agenti fisici luoghi di lavoro

Gli Esperti per la valutazione delle Radiazioni Ottiche incoerenti (E.R.O) e coerenti (Addetto alla Sicurezza Laser-ASL in campo sanitario e Tecnico alla Sicurezza Laser-TSL in campo industriale, di ricerca e nei settori civili e ambientali) sono figure professionali idonee a effettuare attività  di sorveglianza fisica e/ o valutazione dei rischi diretti e indiretti relativi all'impiego delle sorgenti di radiazione ottica, che include la valutazione intesa come stima, misura o calcolo dei livelli di esposizione per i lavoratori.
L'ERO, in particolare, possiede le competenze anche nel caso di sorgenti di radiazioni ottiche naturali.

Il documento predisposto prevede due livelli per la figura dell'esperto per le radiazioni non coerenti (ERO) e un unico livello per quella relativa alle radiazioni coerenti (ASL/TSL).

1) Livello base: in grado di valutare gli aspetti gestionali e operativi del rischio da esposizione a sorgenti di radiazione ottica e di potere eseguire valutazioni dei livelli di esposizione dei lavoratori mediante dati forniti dal fabbricante delle attrezzature;

2) Livello specialistico: oltre al livello di base, in grado di effettuare anche misure strumentali sui parametri di funzionamento ed emissione delle sorgenti, sulle grandezze fisiche inerenti l'idoneità degli ambienti in cui tali sorgenti sono installate e di valutare le grandezze dosimetriche con adatti calcoli.
...
A livello internazionale (norma IEC 60825-1) e nazionale (norma CEI EN 60825-1) viene definita la figura del "Laser Safety Officer"(LSO) come "persona che possiede le conoscenze necessarie per valutare e controllare i rischi causati dai laser e ha la responsabilità di supervisione sul controllo di questi rischi", ma senza dettagliare quali siano i compiti e le responsabilità specifici. Recentemente, il CENELEC ha emanato una guida (CLC/TR 50448) nella quale vengono in modo più dettagliato individuati i livelli di competenza del "Laser Safety Officer" il cui compito è di assicurare che siano predisposti adeguati controlli per minimizzare i rischi derivanti dall'uso di apparecchiature laser e che vengano effettuate regolari monitoraggi, tenendone registrazione dei pericoli e dell'efficacia delle misure di controllo.

Nell'ambito delle applicazioni mediche dei laser, la normativa nazionale CEI 76-6 (IEC/TR 60825-8) individua non solo la figura dell'Addetto alla Sicurezza Laser (ASL) ma anche la necessità della sua presenza per apparecchiature laser di Classe 3B e 4.

La normativa prevede una Guida per l'utilizzatore, CEI 76-11 (IEC/TR 60825-14), per applicazioni diverse dalle applicazioni mediche. Tale guida è stata formulata a livello nazionale a seconda delle diverse applicazioni di apparati laser. In particolare:

Essendo in carico al Datore di Lavoro o al Responsabile Legale la piena responsabilità della sicurezza laser, questi dovrebbe assicurare che la persona nominata come ASL o TSL abbia le capacità e le conoscenze, nonché le eventuali risorse, per espletare i compiti previsti.

La normativa italiana prevede quindi due addetti alla sicurezza: l'ASL per le applicazioni mediche e il TSL per le rimanenti applicazioni (nell'industria, nei laboratori, ecc.). Pur essendo simili, in linea di principio, i compiti da assicurare ai fini della sicurezza, tuttavia la valutazione dei rischi, le procedure ed i controlli da applicare devono essere mirati all'impiego dell'apparecchiatura laser e potrebbero presupporre competenze e conoscenze differenti per i due addetti alla sicurezza. 
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D.Lgs. n. 81/2008 
TITOLO VIII - AGENTI FISICI
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Capo V - Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche artificiali

Articolo 213 - Campo di applicazione
1. Il presente capo stabilisce prescrizioni minime di protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che possono derivare, dall’esposizione alle radiazioni ottiche artificiali durante il lavoro con particolare riguardo ai rischi dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute.

Articolo 214 - Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si intendono per:
a) radiazioni ottiche: tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d’onda compresa tra 100 nm e 1 mm.
Lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse:
1) radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 100 e 400 nm. La banda degli ultravioletti è suddivisa in UVA (315-400 nm), UVB (280-315 nm) e UVC (100-280 nm);
2) radiazioni visibili: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 380 e 780 nm;
3) radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 780 nm e 1 mm. La regione degli infrarossi è suddivisa in IRA (780-1400 nm), IRB (1400-3000 nm) e IRC (3000 nm-1 mm);
b) laser (amplificazione di luce mediante emissione stimolata di radiazione): qualsiasi dispositivo al quale si possa far produrre o amplificare le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezze d’onda delle radiazioni ottiche, soprattutto mediante il processo di emissione stimolata controllata;
c) radiazione laser: radiazione ottica prodotta da un laser;
d) radiazione non coerente: qualsiasi radiazione ottica diversa dalla radiazione laser;
e) valori limite di esposizione: limiti di esposizione alle radiazioni ottiche che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti garantisce che i lavoratori esposti a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche siano protetti contro tutti gli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute conosciuti;
f) irradianza (E) o densità di potenza: la potenza radiante incidente per unità di area su una superficie espressa in watt su metro quadrato (W m-2);
g) esposizione radiante (H): integrale nel tempo dell’irradianza espresso in joule su metro quadrato (J m-2);
h) radianza (L): il flusso radiante o la potenza per unità d’angolo solido per unità di superficie, espressa in watt s metro quadrato su steradiante (W m-2 sr-1);
i) livello: la combinazione di irradianza, esposizione radiante e radianza alle quali è esposto un lavoratore.

Articolo 215 - Valori limite di esposizione
1. I valori limite di esposizione per le radiazioni incoerenti sono riportati nell’ALLEGATO XXXVII, parte I.
2. I valori limite di esposizione per le radiazioni laser sono riportati nell’ALLEGATO XXXVII, parte II.

Articolo 216 - Identificazione dell’esposizione e valutazione dei rischi
1. Nell’ambito della valutazione dei rischi di cui all’articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura e/o calcola i livelli delle radiazioni ottiche a cui possono essere esposti i lavoratori. La metodologia seguita nella valutazione, nella misurazione e/o nel calcolo rispetta le norme della Commissione elettrotecnica internazionale (IEC), per quanto
riguarda le radiazioni laser, e le raccomandazioni della Commissione internazionale per l’illuminazione (CIE) e del Comitato europeo di normazione (CEN) per quanto riguarda le radiazioni incoerenti. Nelle situazioni di esposizione che esulano dalle suddette norme e raccomandazioni, e fino a quando non saranno disponibili norme e raccomandazioni adeguate
dell’Unione Europea, il datore di lavoro adotta le buone prassi individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro o, in subordine, linee guida nazionali o internazionali scientificamente fondate. In tutti i casi di esposizione, la valutazione tiene conto dei dati indicati dai fabbricanti delle attrezzature, se contemplate da pertinenti Direttive comunitarie di prodotto.

2. Il datore di lavoro, in occasione della valutazione dei rischi, presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, la gamma di lunghezze d’onda e la durata dell’esposizione a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche;
b) i valori limite di esposizione di cui all’articolo 215;
c) qualsiasi effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio;
d) qualsiasi eventuale effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultante dalle interazioni sul posto di lavoro tra
le radiazioni ottiche e le sostanze chimiche fotosensibilizzanti;
e) qualsiasi effetto indiretto come l’accecamento temporaneo, le esplosioni o il fuoco;
f) l’esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali;
g) la disponibilità di azioni di risanamento volte a minimizzare i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche;
h) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni pubblicate;
i) sorgenti multiple di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali;

l) una classificazione dei laser stabilita conformemente alla pertinente Norma IEC e, in relazione a tutte le sorgenti artificiali che possono arrecare danni simili a quelli di un laser della classe 3B o 4, tutte le classificazioni analoghe;
m) le informazioni fornite dai fabbricanti delle sorgenti di radiazioni ottiche e delle relative attrezzature di lavoro in conformità delle pertinenti Direttive comunitarie.

3. Il datore di lavoro nel documento di valutazione dei rischi deve precisare le misure adottate previste dagli articoli 217 e 218.

Articolo 217 - Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi
1. Se la valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), mette in evidenza che i valori limite d’esposizione possono essere superati, il datore di lavoro definisce e attua un programma d’azione che comprende misure tecniche e/o organizzative destinate ad evitare che l’esposizione superi i valori limite, tenendo conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che comportano una minore esposizione alle radiazioni ottiche;
b) della scelta di attrezzature che emettano meno radiazioni ottiche, tenuto conto del lavoro da svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l’emissione delle radiazioni ottiche, incluso, quando necessario, l’uso di dispositivi di sicurezza, schermatura o analoghi meccanismi di protezione della salute;
d) degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
f) della limitazione della durata e del livello dell’esposizione;
g) della disponibilità di adeguati dispositivi di protezione individuale;
h) delle istruzioni del fabbricante delle attrezzature.
2. In base alla valutazione dei rischi di cui all’articolo 216, i luoghi di lavoro in cui i lavoratori potrebbero essere esposti a livelli di radiazioni ottiche che superino i valori limite di esposizione devono essere indicati con un’apposita segnaletica.
Dette aree sono inoltre identificate e l’accesso alle stesse è limitato, laddove ciò sia tecnicamente possibile.
3. Il datore di lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppo particolarmente sensibili al rischio.

Articolo 218 - Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di norma una volta l’anno o con periodicità inferiore decisa dal medico competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente sensibili al rischio, tenuto conto dei risultati della valutazione dei rischi trasmessi dal datore di lavoro. La sorveglianza sanitaria è effettuata con l’obiettivo di prevenire
e scoprire tempestivamente effetti negativi per la salute, nonché prevenire effetti a lungo termine negativi per la salute e rischi di malattie croniche derivanti dall’esposizione a radiazioni ottiche.
2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall’articolo 182 e di quanto previsto al comma 1, sono tempestivamente sottoposti a controllo medico i lavoratori per i quali è stata rilevata un’esposizione superiore ai valori limite di cui all’articolo 215.
3. Laddove i valori limite sono superati, oppure sono identificati effetti nocivi sulla salute:
a) il medico o altra persona debitamente qualificata comunica al lavoratore i risultati che lo riguardano. Il lavoratore riceve in particolare le informazioni e i pareri relativi al controllo sanitario cui dovrebbe sottoporsi dopo la fine dell’esposizione;
b) il datore di lavoro è informato di tutti i dati significativi emersi dalla sorveglianza sanitaria tenendo conto del segreto professionale.


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Seconda indagine nazionale sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Insula2)

ID 13284 | | Visite: 1822 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Insula2

Seconda indagine nazionale sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Insula2)

La seconda indagine nazionale sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Insula 2) si pone come obiettivo principale di monitorare la qualità delle condizioni di lavoro al fine di evidenziare gli aspetti chiave per una gestione efficace della salute e sicurezza nelle aziende italiane e promuovere il benessere dei lavoratori.

A tal proposito, attraverso la raccolta di informazioni effettuata su campioni rappresentativi della forza lavoro e delle aziende a livello nazionale, Insula 2 intende fornire un contributo per la progettazione e l'attuazione di nuove politiche nel campo della sicurezza e salute sul lavoro, anche in relazione ai principali cambiamenti socioeconomici che hanno un effetto negli ambienti di lavoro.

Nell’ambito dell’emergenza COVID-19 i dati di Insula2 hanno fornito informazioni importanti per la stima del rischio di contagio in ambito lavorativo e per la stesura dei documenti tecnici sviluppati a supporto della gestione dei rischi connessi con l’emergenza epidemiologica.

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Fonte: INAIL

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Protocollo piani aziendali vaccinazione anti Covid-19 ambienti di lavoro | Check list

ID 13283 | | Visite: 6115 | Documenti Riservati Sicurezza

Piani aziendali Check list

Protocollo piani aziendali vaccinazione anti Covid-19 ambienti di lavoro | Check list

ID 13283 | 07.04.2021 / Documento in formato check list allegato DOC/PDF

Il Documento allegato relativo al Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro del 06 Aprile 2021 è sviluppato in forma di check list, così da permettere l’immediata individuazione e verifica dei principali aspetti inerenti l’attuazione dei piani aziendali di vaccinazione.

La vaccinazione delle lavoratrici e dei lavoratori realizza il duplice obiettivo di concorrere ad accelerare e implementare a livello territoriale la capacità vaccinale anti SARS-CoV- 2/Covid-19 e a rendere, nel contempo, più sicura la prosecuzione delle attività commerciali e produttive sull’intero territorio nazionale, accrescendo il livello di sicurezza degli ambienti di lavoro.

In questa prospettiva, le organizzazioni di rappresentanza delle imprese hanno avvertito la responsabilità sociale di collaborare attivamente all’iniziativa, sia attraverso l’offerta di spazi aziendali di grandi dimensioni presenti nei diversi territori per l’utilizzo diretto da parte del sistema pubblico dell’emergenza come punti di vaccinazione aggiuntivi, sia attraverso l’impegno delle aziende e dei datori di lavoro alla vaccinazione diretta del proprio personale, nella convinzione che solamente un’azione generale e coordinata può abbattere i tempi della vaccinazione, ampliare la tutela e consentire di proteggere la salute collettiva.

In coerenza con il “Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS- CoV-2” e le “Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV- 2/COVID-19” di cui al decreto del Ministero della salute del 12 marzo 2021, al fine di regolare le attività vaccinali nei luoghi di lavoro, il Ministero della salute e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, d’intesa con la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, con il Commissario Straordinario per il contrasto dell’emergenza epidemiologica e con il contributo tecnico-scientifico dell’Inail, hanno adottato uno specifico documento recante: Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro, da applicare sull’intero territorio nazionale per la costituzione, l’allestimento e la gestione dei punti vaccinali straordinari e temporanei nei luoghi di lavoro.

Con decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, all’articolo 3 è stata esclusa espressamente la responsabilità penale degli operatori sanitari per eventi avversi nelle ipotesi di uso conforme del vaccino.

Finalità del protocollo: realizzare l’impegno delle aziende e dei datori di lavoro alla vaccinazione diretta dei lavoratori che a prescindere dalla tipologia contrattuale prestano la loro attività in favore dell’azienda, costituisce un’attività di sanità pubblica che si colloca nell’ambito del Piano strategico nazionale per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 predisposto dal Commissario Straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica.

Vedi Modello Piano vaccinazione aziendale

Punti check list protocollo piani aziendali vaccinazione anti Covid-19 ambienti di lavoro:

1.Manifestazione disponibilità attuazione piano aziendale
2. Rispetto delle Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro
3. Piani aziendali
3.1 Confronto con il Comitato
3.2 Proposta piani aziendali
3.3 Presentazione piano aziendale
3.4 Costi per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali
3.5 Informazione
3.6 Procedure raccolta adesioni
4. Vaccinazione diretta
4.1 Somministrazione vaccino
4.2 Registrazioni vaccinazioni
5. Vaccinazione non diretta

Estratto check list

Check list 1

Segue in allegato

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Protocollo condiviso misure Covid-19 negli ambienti di lavoro | 06.04.2021

ID 13281 | | Visite: 25371 | News Sicurezza

Protocollo condiviso misure Covid 19 negli ambienti di lavoro 06 04 2021

Protocollo condiviso misure Covid-19 negli ambienti di lavoro | 06.04.2021

Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro

Protocollo condiviso consolidato 2021 in formato Check list

Il Protocollo del 06.04.2021 aggiorna il Protocollo condiviso misure Covid-19 negli ambienti di lavoro del 24 aprile 2020 (e 14 marzo 2020).

Il documento tiene conto delle misure di contrasto e di contenimento della diffusione del SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro, già contenute nei Protocolli condivisi sottoscritti successivamente alla dichiarazione dello stato di emergenza, in particolare il 14 marzo 2020 e il 24 aprile 2020, sviluppati anche con il contributo tecnico-scientifico dell’INAIL.

Il presente Protocollo aggiorna tali misure tenuto conto dei vari provvedimenti adottati dal Governo e, da ultimo, del DPCM 2 marzo 2021, nonché di quanto emanato dal Ministero della salute. A tal fine, contiene linee guida condivise tra le Parti per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio, ovverosia Protocollo di regolamentazione per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV2/COVID-19 negli ambienti di lavoro. La prosecuzione delle attività produttive può infatti avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione. La mancata attuazione del Protocollo, che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.
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ANMA | Criteri per la fattibilità delle vaccinazioni in azienda

ID 13273 | | Visite: 2518 | News Sicurezza

ANMA Documenrto orientativo per la verifica di fattibilita vaccinazione

ANMA | Criteri per la fattibilità delle vaccinazioni in azienda

Il 31 marzo 2021 ANMA ha inviato al Governo un "Documento orientativo per la verifica di fattibilità della vaccinazione anti COVID-19 in azienda"

Questo strumento è pensato per aiutare il Medico Competente chiamato a valutare la possibilità di aderire ad una campagna di vaccinazione anti COVID-19 nell’Azienda in cui opera e a verificarne la fattibilità.

L’impostazione di questo documento è conforme a quanto pubblicato dall’Autorità Sanitaria in merito all’organizzazione dell’attività vaccinale; il target di questi documenti è l’hub vaccinale pubblico; ANMA ha cercato di adattare questo schema di analisi a quello che vorremmo definire il “PVA - Punto Vaccinale Aziendale” che presenta sicuramente delle peculiarità rispetto all’hub pubblico.

Ogni Medico Competente dovrà personalizzare questo strumento di lavoro sulle caratteristiche della propria realtà.

Il testo è stato elaborato sulla base dei documenti istituzionali nei quali, nell’ambito della distribuzione dei ruoli (tecnico-sanitario ed economico-organizzativo), vengono definiti la funzione ed il ruolo del Medico per quanto riguarda il processo vaccinale e la funzione e il ruolo delle Aziende, per quanto riguarda gli adempimenti economici ed organizzativi finalizzati ad assicurare l’osservanza della check-list e in generale a garantire la sussistenza delle condizioni ivi previste.

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SOMMARIO
PREMESSA
DISCIPLINARE TECNICO PER LA VACCINAZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO
1. STIMA DEL NUMERO DI VACCINAZIONI DA EFFETTUARE
1.1. PERSONALE COINVOLTO
1.2. STIMA DEI TEMPI
2. ESECUZIONE DELLE VACCINAZIONI
2.1. PERSONALE
2.2. AREE FUNZIONALI
2.2.1. Accettazione
2.2.2. Vaccinazione
2.2.3. Sala attesa dopo vaccinazione
3. GESTIONE DELLE EMERGENZE
3.1 DOTAZIONI DEL CARRELLO DI EMERGENZA
4. REGISTRAZIONE
5. SMALTIMENTO DEL MATERIALE VACCINALE

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Fonte: ANMA

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Allegato riservato Verifica di fattibilità delle vaccinazioni in azienda.pdf
ANMA 31 Marzo 2021
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Malprof 2017-2018 - X rapporto Inail - Regioni sulle malattie professionali

ID 13256 | | Visite: 2155 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

MALPROF 2017 2018

Malprof 2017-2018 - X rapporto Inail - Regioni sulle malattie professionali

Il rapporto Malprof 2017-2018 rappresenta la decima edizione di una pubblicazione ormai standardizzata, risultato di un’attività di ricerca e di monitoraggio che coinvolge ad oggi 17 Regioni.

La rilevazione delle malattie professionali secondo il modello Malprof si basa su un flusso dati che dai servizi di Prevenzione delle Asl pervengono ad Inail Ricerca per poter costituire una base dati utile sia al monitoraggio delle patologie professionali nel territorio nazionale, sia nell’indicare le informazioni utili ai fini prevenzionali definendo le possibili correlazioni o “nessi di causa” tra l’attività lavorativa svolta (in termini di settori di attività economica e di professione lavorativa) e la patologia professionale.

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DATI NAZIONALI BIENNIO 2017 - 2018
Le malattie segnalate in Malprof nel biennio 2017 - 2018
Tavole statistiche: dati nazionali Malprof
LE MALATTIE PROFESSIONALI REGISTRATE SECONDO IL MODELLO MALPROF BIENNIO 2017 - 2018
1. La rilevazione condotta in Basilicata
1.1 Introduzione
1.2 Analisi dei dati
1.3 Tavole statistiche
2. La rilevazione condotta in Calabria
2.1 Introduzione
2.2 Analisi dei dati
2.3 Tavole statistiche
3. La rilevazione condotta in Campania
3.1 Introduzione
3.2 Analisi dei dati
3.3 Tavole statistiche
4. La rilevazione condotta in Emilia Romagna
4.1 Analisi dei dati
4.2 Tavole statistiche
5. La rilevazione condotta in Friuli Venezia Giulia
5.1 Introduzione
5.2 Analisi dei dati
5.3 Tavole statistiche
6. La rilevazione condotta nel Lazio
6.1 Introduzione
6.2 Analisi dei dati
6.3 Tavole statistiche
7. La rilevazione condotta in Liguria
7.1 Introduzione
7.2 Analisi dei dati
7.3 Tavole statistiche
8. La rilevazione condotta in Lombardia
8.1 Introduzione
8.2 Malattie lavoro correlate registrate in Ma.P.I. dai servizi di prevenzione nel biennio 2017 - 2018
8.3 Tavole statistiche
9. La rilevazione condotta nella Provincia autonoma di Bolzano
9.1 Introduzione
9.2 Analisi dei dati
9.3 Conclusioni
9.4 Tavole statistiche
10. La rilevazione condotta nella Provincia autonoma di Trento
10.1 Premessa
10.2 Introduzione
10.3 Analisi dei dati
10.4 Tavole statistiche
11. La rilevazione condotta in Puglia
11.1 Introduzione
11.2 Analisi dei dati
11.3 Tavole statistiche
12. La rilevazione condotta in Sardegna
12.1 Introduzione
12.2 Analisi dei dati
12.3 Conclusioni
12.4 Tavole statistiche
13. La rilevazione condotta in Sicilia
13.1 Introduzione
13.2 Analisi dei dati
13.3 Tavole statistiche
14. La rilevazione condotta in Toscana
14.1 Introduzione
14.2 Analisi dei dati
14.3 Tavole statistiche
15. La rilevazione condotta in Umbria
15.1 Introduzione
15.2 Analisi dei dati
15.3 Tavole statistiche
16. La rilevazione condotta in Valle d’Aosta
16.1 Introduzione
16.2 Analisi dei dati
16.3 Tavole statistiche
LE SEGNALAZIONI DELLE MALATTIE PROFESSIONALI SECONDO CLASSIFICAZIONI REGIONALI SPECIFICHE BIENNIO 2017 - 2018
17. La rilevazione condotta in Veneto
17.1 Introduzione
17.2 Analisi dei dati
BIBLIOGRAFIA
Riferimenti bibliografici

Fonte: INAIL

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 11713 | 29 Marzo 2021

ID 13254 | | Visite: 1202 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 29 marzo 2021 n. 11713

Infortunio con la macchina filettatrice: modifica della struttura di protezione del macchinario e responsabilità del datore di lavoro quale gestore del rischio

Penale Sent. Sez. 4 Num. 11713 Anno 2021
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 25/02/2021

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 9.1.2020 la Corte di appello di Ancona ha confermato la condanna di G.P. in ordine al reato di cui all'art. 590, comma 3, cod. pen., per avere, quale datore di lavoro di K.H., colposamente cagionato lesioni gravi al medesimo, mentre stava lavorando alla macchina filettatrice della ditta "Carnj Società Cooperativa", collocando lungo il nastro trasportatore carcasse di pollo sull'apposito gancio: in esso era rimasto bloccato il dito dell'operatore, atteso che la macchina operatrice in quel passaggio non era adeguatamente protetta e non era utilizzata in conformità alle modalità d'uso prescritte (fatto del 4.1.2011).
2. Avverso tale sentenza d'appello propone ricorso per cassazione il G.P., a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) violazione di legge e vizi motivazionali secondo i seguenti profili.
I) Si deduce che la Corte di merito ha fatto propria in toto la tesi accusatoria sostenuta in giudizio dal teste dell'ASL, senza considerare in alcun modo le prove rappresentate dalla documentazione prodotta dalla difesa e dalle altre testimonianze assunte, secondo cui era impossibile ricostruire origine e tempistiche della modifica sulla barra di sicurezza della macchina.
II) Si contesta la ricostruzione del nesso di causa operata nella sentenza impugnata, che dalla non corrispondenza tra la barra della macchina ed il relativo disegno tecnico ha fatto derivare in via diretta la responsabilità del datore di lavoro. A rigore tale divergenza è già sanzionata dalla contestata violazione dell'art. 71 del d.lgs. n. 81/2008. Non è stato considerato il profilo della causalità della colpa. La Corte non ha argomentato circa l'impossibilità di creare una lineare equiparazione tra altezza reale della barra di sicurezza e concretizzazione del rischio, avuto riguardo al fatto che nel libretto di uso e manutenzione lo stesso costruttore avverte della necessità di non inserire le mani oltre il presidio di sicurezza.
III) Si denuncia che la colpa è stata identificata nella devianza dalla marcatura CE, quando una macchina può essere oggetto di interventi che la privano della garanzia certificativa per le ragioni più diverse, senza che ciò possa sostanziare di per sé un addebito colposo. La sentenza erra nel creare una diretta equiparazione tra violazione presupposta (art. 71 cit.) e colpa ex art. 590 cod. pen.
IV) Si contesta il diniego delle attenuanti generiche e dell'attenuante ex art. 62 n. 6 cod. pen., avendo il ricorrente provveduto a risarcire la persona offesa prima dell'apertura del dibattimento (ud. 2.10.2014) ed avendo l'infortunato confermato di aver ricevuto il risarcimento alla prima udienza utile del 1.10.2015.
V) Si ritiene illogico il diniego della sostituzione della pena detentiva in pena pecuniaria, trattandosi di reato colposo ed avendo la Corte di merito fornito sul punto una spiegazione eccentrica che stravolge la natura premiale dell'istituto.
3. Con memoria ritualmente depositata il difensore del ricorrente ha illustrato motivi nuovi, insistendo per l'accoglimento del ricorso.
4. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
5. Il difensore dell'imputato ha ritualmente depositato una memoria di replica.

Considerato in diritto

1. I primi tre motivi di ricorso, in punto di responsabilità colposa, sono destituiti di fondamento.
2. Innanzitutto, va evidenziato che nel caso di c.d. "doppia conforme" le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
2.1. La Corte territoriale ha, invero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza, procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.
2.2. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione, di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
2.3. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione, per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché - come nel caso in esame - siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca, Rv. 255542).
2.4. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
2.5. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione della valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure . attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
2.6. Non va, infine, pretermesso che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purché specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio, fermi restando il limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774): ipotesi che, nella specie, deve escludersi.
3. Ciò posto, giova rammentare che, nell'ambito della sicurezza sul lavoro, emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l'uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie. Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il "garante" è il soggetto che gestisce il rischio e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l'illecito, qualora l'evento si sia prodotto nell'ambito della sua sfera gestoria. Proprio nell'ambito in parola (quello della sicurezza sul lavoro) il d.lgs. n. 81 del 2008 (così come la precedente normativa in esso trasfusa) consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che, in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale.
4. Nel caso che occupa, l'imputato (quale onerato della "posizione di garanzia" nella materia prevenzionale, come spiegato dai Giudici del merito) era il gestore del rischio e l'evento si è verificato nell'alveo della sua sfera gestoria (cfr. Sez. Un., n. 38343 del 24/04/2014, Rv. 261108).
E' stato accertato insindacabilmente che l'infortunio era stata conseguenza di una modifica della struttura di protezione del macchinario - cui era collegato un sistema autobloccante - avente dimensioni diverse rispetto a quelle previste dalla ditta produttrice. Infatti, tale struttura (gabbia) era più alta del dovuto, consentendo così all'operatore di infilare la mano nella zona pericolosa in cui era presente il meccanismo di chiusura del gancio, collocato nella sequenza terminale dell'operazione. Se ne è logicamente desunto come l'evento verificatosi abbia determinato la concretizzazione del rischio oggetto della norma precauzionale, posto che la collocazione più alta della gabbia di protezione aveva determinato la possibilità di inserimento della mano dell'operatore. E' stata ritenuta inconferente la circostanza, evidenziata dalla difesa del ricorrente, che il libretto d'uso (neppure reperito presso l'impresa) prescrivesse di non inserire le mani oltre il presidio di sicurezza, trattandosi appunto della enunciazione del rischio a tutela del quale la misura tecnico-strutturale della macchina era collocata nella sua originaria veste. Ed è stato evidenziato come il meccanismo di riparo fosse interbloccato, sicché, nel momento in cui esso subiva contatto o spostamento (per interferenza della mano o del braccio dell'operatore) si determinava il blocco della macchina, mentre il maggior spazio di manovra conseguente al posizionamento più alto della griglia aveva consentito l'introduzione della mano dell'operatore senza alcun arresto emergenziale, come contestato nell'addebito.
Non è questa la sede per rimettere in discussione le circostanze di fatto sopra evidenziate, da cui i giudici di merito hanno tratto congrue e logiche argomentazioni in ordine alla sussistenza del nesso causale e della responsabilità colposa specifica del prevenuto, per avere installato ed utilizzato un macchinario non in conformità alle istruzioni d'uso (art. 71, comma 4, d.lgs. n. 81/2008) attinenti alla sicurezza dei lavoratori. Costituisce, infatti, preciso onere del datore di lavoro, nella sua posizione di garante, di sottoporre ad accurata verifica le misure di protezione dei macchinari utilizzati in azienda, assicurandosi che le stesse siano conformi ai manuali d'uso del produttore, specie nei casi, come quello in esame, in cui tali misure siano predisposte proprio al fine di prevenire il rischio successivamente concretizzatosi.
5. Quanto al quarto motivo, si osserva che le attenuanti generiche ex art. 62- bis cod. pen. sono state negate con motivazione adeguata e, come tale, insindacabile in questa sede.
5.1. Diverso il discorso sull'operato diniego dell'attenuante ex art. 62, n. 6, cod. pen. Sul punto le censure del ricorrente colgono nel segno: in atti è pacifico che il ricorrente ha provveduto a risarcire la persona offesa prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, sicché è errata in diritto la motivazione della Corte territoriale, là dove pretende che il risarcimento, ai fini della concessione della detta attenuante, debba essere effettuato prima del decreto di citazione a giudizio. Tale soluzione non è in linea con la costante giurisprudenza della Corte di legittimità, secondo cui il risarcimento che dà luogo alla circostanza attenuante dell'integrale risarcimento del danno deve (e può) intervenire prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, posto che l'attenuante presuppone una dimostrazione di spontaneo ravvedimento, non condizionata dall'andamento del dibattimento (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 18937 del 19/01/2016, Rv. 26657901; Sez. 4, Sentenza n. 1528 del 17/12/2009 - dep. 2010, Rv. 24630301).
Consegue l'annullamento in parte qua della sentenza impugnata.
6. Il quinto motivo, in tema di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, rimane assorbito dall'accoglimento del motivo sull'attenuante di cui all'art. 62, n. 6, cod. pen.
7. Per completezza, si osserva che il reato per cui si procede non è ancora prescritto. Il fatto risulta commesso il 4.1. 2011. Considerando il termine massimo di prescrizione di 7 anni e 6 mesi, si arriva al 4.7.2018. Vanno però aggiunti i periodi di sospensione della prescrizione intervenuti nel corso del procedimento, nonché l'ulteriore sospensione (per l'emergenza Covid) dal 18.6.2020 fino al 31.12.2020 di cui all'art. 83, comma 3-bis, d.l. n. 18/2020 (convertito dalla legge n. 27/2020), per un totale di 1.078 giorni, per cui si arriva alla data del 16.6.2021, successiva alla data della presente decisione.
8. In definitiva, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla questione concernente l'attenuante di cui all'art. 62, n. 6, cod. pen., con rinvio per nuovo esame della questione alla Corte di appello di Perugia.
Il ricorso va rigettato nel resto e, ai sensi dell'art. 624 cod. proc. pen., va dichiarata l'irrevocabilità dell'affermazione di responsabilità dell'imputato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla questione concernente l'attenuante di cui all'art. 62, n. 6, cod. pen. e rinvia sul punto alla Corte di appello di Perugia.
Rigetta il ricorso nel resto.
Visto l'art. 624 cod. proc. pen., dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità dell'imputato.
Così deciso il 25 febbraio 2021

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Rapporto ECDC rischio trasmissione SARS-CoV-2 da individui vaccinati

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Rapporto ECDC rischio trasmissione SARS CoV 2 da individui vaccinati

Rapporto ECDC rischio trasmissione SARS-CoV-2 da individui vaccinati 

ECDC, 29 Marzo 2021

Il rapporto dell'ECDC esamina il rischio di trasmissione di SARS-CoV-2 da individui vaccinati / precedentemente infetti.

“È molto incoraggiante vedere che le reinfezioni da SARS-CoV-2 sono piuttosto rare. Accogliamo con favore anche le prime indicazioni positive che il rischio di trasmissione successiva sembra essere ridotto in coloro che sono vaccinati. Sebbene l'effetto di nuove varianti di preoccupazione sui modelli di trasmissione debba essere attentamente monitorato, ci aspettiamo comunque che il numero totale di infezioni diminuirà in modo significativo con l'aumentare della copertura vaccinale ”, ha affermato Andrea Ammon, Direttore dell'ECDC.

A più di un anno dall'inizio della pandemia SARS-CoV-2, oltre 120 milioni di persone sono state infettate dal virus in più di 200 paesi. Le reinfezioni a seguito di infezioni naturali con la stessa o una nuova variante di SARSCoV-2 sono state segnalate sporadicamente e rimangono dubbi sulla durata dell'immunità a seguito di infezione naturale e sulla possibilità che individui reinfettati asintomatici siano in grado di trasmettere il virus.

I vaccini COVID-19 sono stati valutati per la loro efficacia ed efficacia contro l'infezione sintomatica da COVID-19 e per ridurre e / o prevenire la malattia COVID-19 lieve, moderata o grave, inclusa la mortalità. Tuttavia, le sperimentazioni sui vaccini non sono state progettate per misurare la riduzione del rischio di trasmissione da individui vaccinati infetti a contatti sensibili.

In questo contesto, è importante comprendere le prove scientifiche disponibili sulla misura in cui la precedente infezione da SARS-CoV-2 o la vaccinazione COVID-19 impedisce la trasmissione successiva da individui infetti a contatti sensibili. Pertanto, l'ECDC ha condotto una revisione della letteratura pubblicata sulla durata e le caratteristiche dell'immunità a seguito di un'infezione naturale da SARS-CoV-2 dovuta a qualsiasi variante o dopo la vaccinazione COVID-19 con uno qualsiasi dei vaccini autorizzati dall'UE ora disponibili.

La revisione delle prove sull'immunità naturale e sulle possibilità di trasmissione da contatti precedentemente infetti a contatti sensibili ha rilevato che:

- Attualmente mancano prove da studi specificamente progettati per valutare l'impatto di una precedente infezione sul rischio di trasmissione. L'infezione da SARS-CoV-2 non fornisce immunità sterilizzante per tutti gli individui e alcuni che vengono reinfettati potrebbero essere ancora in grado di trasmettere l'infezione da SARS-CoV-2 a contatti sensibili.
- Ci sono prove che la reinfezione rimane un evento raro. I risultati degli studi di coorte confermano che l'effetto protettivo della precedente infezione da SARS-CoV-2 varia dall'81% al 100% dal giorno 14 successivo all'infezione iniziale, per un periodo di follow-up da cinque a sette mesi. La protezione contro la reinfezione è inferiore negli individui di età pari o superiore a 65 anni.
- Questi studi sono stati condotti prima dell'emergere delle varianti SARS-CoV-2 di preoccupazione (COV) e quindi vi sono prove preliminari limitate che l'immunità indotta contro varianti di SARS-CoV-2 circolanti in precedenza potrebbe non avere la stessa potenza o durata contro i COV identificati fino ad oggi (in particolare le varianti B.1.351 e P.1.)
- Con l'aumentare del numero di individui che acquisiscono l'immunità naturale, si prevede che il numero totale di infezioni diminuisca in modo significativo, portando a una riduzione complessiva della trasmissione, a meno che i cambiamenti genetici nelle varianti circolanti inducano una significativa fuga immunitaria.

La revisione delle prove sull'immunità e le possibilità di trasmissione da individui infetti e precedentemente vaccinati a contatti sensibili ha rilevato che:

- La prova diretta dell'impatto della vaccinazione sul rischio di trasmissione è disponibile solo da uno studio, un ampio studio sulla trasmissione familiare basato su registri dalla Scozia. Questo studio suggerisce che la vaccinazione di un membro della famiglia riduce il rischio di infezione nei membri della famiglia sensibili di almeno il 30%.
- Ci sono prove che la vaccinazione riduce significativamente la carica virale e le infezioni sintomatiche / asintomatiche negli individui vaccinati, il che potrebbe tradursi in una trasmissione ridotta, sebbene l'efficacia del vaccino vari in base al prodotto vaccinale e al gruppo target. Alla luce di questo fatto, si prevede che il numero totale di infezioni diminuirà in modo significativo con l'aumentare della copertura vaccinale, a condizione che vi sia una corrispondenza tra i ceppi vaccinali e i ceppi virali circolanti. Ciò porterà a una riduzione complessiva della trasmissione.
- I periodi di follow-up per le persone vaccinate non sono ancora sufficientemente lunghi per trarre conclusioni sulla durata della protezione contro l'infezione a lungo termine. I titoli anticorpali negli individui vaccinati raggiungono il picco 3-4 settimane dopo la vaccinazione.
- Molti degli studi sull'efficacia del vaccino sono stati effettuati prima della comparsa dei COV SARS-CoV-2. Negli studi che affrontano le varianti, ci sono prove preliminari limitate di ridotta efficacia del vaccino, in particolare per B.1.351 e forse anche per P.1.

Il follow-up di coorti con precedente infezione e vaccinazione da SARS-CoV-2 è necessario per valutare meglio l'entità e la durata della protezione dalla reinfezione che porta alla malattia asintomatica / sintomatica e l'effetto della protezione contro l'ulteriore trasmissione ai contatti.

Come virus RNA (acido ribonucleico), SARS-CoV-2 continuerà ad evolversi nel tempo ed è già stato documentato il suo potenziale di sfuggire alle difese immunitarie umane indotte da infezioni naturali o vaccinazioni. È probabile che in futuro i COV continueranno ad evolversi e giocheranno un ruolo significativo nel porre pressione immunologica sui virus circolanti. Non è possibile prevedere quando e dove ciò accadrà, tuttavia, la co-circolazione dei tre COV (B.1.1.7, B.1.351 e P.1) è stata notata in diversi paesi dell'UE / SEE.

...

Fonte: ECD

Corte di Giustizia Sentenza Sez. 5 del 17 marzo 2021 n. 585

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Corte di Giustizia Sentenza Sez  5 del 17 marzo 2021 n  585

Corte di Giustizia Sentenza Sez. 5 del 17 marzo 2021 n. 585

Periodo minimo di riposo giornaliero del lavoratore

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione) 17 marzo 2021 C-585/19
«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori – Organizzazione dell’orario di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 2 – Nozione di “orario di lavoro” – Articolo 3 – Periodo minimo di riposo giornaliero – Lavoratori che hanno stipulato più contratti di lavoro con un medesimo datore di lavoro – Applicazione per lavoratore»

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, punto 1, dell’articolo 3 e dell’articolo 6, lettera b), della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’Academia de Studii Economice din Bucureşti (Accademia degli Studi Economici di Bucarest, Romania) (in prosieguo: l’«ASE») e l’Organismul Intermediar pentru Programul Operaţional Capital Uman – Ministerul Educaţiei Naţionale (Organismo Intermedio per il Programma Operativo Capitale Umano – Ministero dell’Istruzione Nazionale, Romania) (in prosieguo: l’«OI POCU MEN») in merito a una rettifica finanziaria effettuata da quest’ultimo, nell’ambito di un programma di finanziamento, per mancato rispetto da parte dell’ASE del numero massimo di ore di lavoro al giorno per persona.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione
3 L’articolo 1 della direttiva 2003/88 così dispone:
«1. La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro.
2. La presente direttiva si applica:
a) ai periodi minimi di riposo giornaliero, riposo settimanale e ferie annuali nonché alla pausa ed alla durata massima settimanale del lavoro; e
b) a taluni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro.
3. La presente direttiva si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 89/391/CEE [del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU 1989, L 183, pag. 1], fermi restando gli articoli 14, 17, 18 e 19 della presente direttiva.
(...)».
4 Secondo l’articolo 2 della direttiva 2003/88:
«Ai sensi della presente direttiva si intende per:
1. “orario di lavoro”: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;
2. “periodo di riposo”: qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro;
(...)».
5 L’articolo 3 della medesima direttiva, rubricato «Riposo giornaliero», prevede quanto segue:
«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive».
6 L’articolo 6 di detta direttiva, intitolato «Durata massima settimanale del lavoro», così dispone:
«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori:
a) la durata settimanale del lavoro sia limitata mediante disposizioni legislative, regolamentari o amministrative oppure contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali;
b) la durata media dell’orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario».
7 Secondo l’articolo 17 della medesima direttiva:
«1. Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, gli Stati membri possono derogare agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16 quando la durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:
a) di dirigenti o di altre persone aventi potere di decisione autonomo;
b) di manodopera familiare; o
c) di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose. (...)».
8 L’articolo 23 della direttiva 2003/88 prevede quanto segue:
«Fatto salvo il diritto degli Stati membri di fissare, alla luce dell’evoluzione della situazione, disposizioni legislative, regolamentari, amministrative e convenzionali diverse nel campo dell’orario di lavoro, a condizione che i requisiti minimi previsti dalla presente direttiva siano rispettati, l’attuazione di quest’ultima non costituisce una giustificazione per il regresso del livello generale di protezione dei lavoratori».

Diritto rumeno

9 L’articolo 111 della Legea nr. 53/2003 privind Codul muncii (legge n. 53/2003 sul Codice del lavoro), del 24 gennaio 2003, come modificata (Monitorul Oficial al României, Parte I, n. 345 del 18 maggio 2011) (in prosieguo: il «Codice del lavoro»), così dispone:
«Per orario di lavoro si intende qualsiasi periodo durante il quale il lavoratore è al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle disposizioni del suo contratto di lavoro, del contratto collettivo applicabile e/o della legislazione in vigore».
10 L’articolo 112, paragrafo 1, del Codice del lavoro prevede quanto segue:
«L’orario di lavoro normale per i lavoratori a tempo pieno è di 8 ore al giorno e di 40 ore alla settimana».
11 L’articolo 114, paragrafo 1, di tale Codice così dispone:
«La durata massima legale dell’orario di lavoro non può superare le 48 ore settimanali, compresi gli straordinari».
12 Secondo l’articolo 119 del suddetto Codice:
«Il datore di lavoro è obbligato a tenere un registro delle ore di lavoro prestate da ogni dipendente e a presentare tale registro all’Ispettorato del Lavoro per l’ispezione ogni volta che gli viene richiesto».
13 L’articolo 120 del medesimo Codice prevede quando segue:
«1. Il lavoro svolto al di fuori della durata normale dell’orario di lavoro settimanale, prevista dall’articolo 112, è considerato lavoro straordinario.
2. Il lavoro straordinario non può essere effettuato senza l’accordo del dipendente, tranne nei casi di forza maggiore o per compiti urgenti diretti a prevenire gli incidenti o a eliminarne le conseguenze».
14 L’articolo 135, paragrafo 1, del Codice del lavoro così dispone:
«Tra due giorni di lavoro, i lavoratori hanno diritto a un periodo di riposo non inferiore a 12 ore consecutive».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15 L’ASE partecipa al progetto POSDRU/89/1.5/S/59184, un programma operativo settoriale per lo sviluppo delle risorse umane, dal titolo «Performance e eccellenza nella ricerca post-dottorato nell’ambito delle scienze economiche in Romania» (in prosieguo: il «progetto»).
16 Con verbale di accertamento di irregolarità e di determinazione di rettifiche finanziarie del 4 giugno 2018 (in prosieguo: il «verbale di accertamento di irregolarità»), l’OI POCU MEN ha posto a carico dell’ASE un credito di bilancio di un importo pari a 13 490,42 lei rumeni (RON) (EUR 2 800 circa), relativo a costi salariali per lavoratori del team di implementazione del progetto. Le somme corrispondenti a tali costi sono state dichiarate non ammissibili a motivo del superamento del limite massimo del numero di ore di lavoro quotidiano per tali dipendenti.
17 Il ricorso amministrativo proposto dall’ASE contro il verbale di accertamento di irregolarità è stato respinto dall’OI POCU MEN, sulla base, in particolare, dell’articolo 3 della direttiva 2003/88, che prevedrebbe per un dipendente un limite di 13 ore di lavoro al giorno, limite che non si applica, secondo tale autorità, a ciascun contratto di lavoro di tale dipendente considerato singolarmente.
18 Con ricorso proposto dinanzi al giudice del rinvio, l’ASE contesta tale decisione di rigetto.
19 Il giudice del rinvio precisa che le somme dichiarate non ammissibili corrispondono ai costi relativi alle retribuzioni di taluni esperti che, nel periodo compreso tra ottobre 2012 e gennaio 2013, avrebbero cumulato, in determinati giorni, le ore lavorate nell’ambito dell’orario di base, ossia otto ore al giorno, con le ore lavorate nell’ambito del progetto e nell’ambito di altri progetti o attività. Il numero totale di ore di lavoro al giorno avrebbe superato, per tali esperti, il limite di 13 ore al giorno stabilito dalle istruzioni dell’autorità di gestione del progetto, limite massimo che deriva, secondo l’OI POCU MEN, dagli articoli 3 e 6 della direttiva 2003/88.
20 In tale contesto, il Tribunalul Bucureşti (Tribunale superiore di Bucarest, Romania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se con [l’espressione] “orario di lavoro”, come definita all’articolo 2, punto 1 della direttiva 2003/88 (…), si intenda “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni” in base ad un singolo contratto (a tempo pieno) oppure in base a tutti i contratti (di lavoro) conclusi da tale lavoratore.
2) Se i requisiti stabiliti a carico degli Stati membri con l’articolo 3 della direttiva 2003/88(...) (obbligo di prendere le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive) e con l’articolo 6, lettera b) della direttiva 2003/88(...) (fissazione del limite massimo di 48 ore, in media, per l’orario di lavoro settimanale, comprese le ore straordinarie) debbano essere interpretati nel senso che istituiscono limiti in relazione ad un singolo contratto oppure in relazione a tutti i contratti conclusi con il medesimo datore di lavoro o con datori di lavoro diversi.
3) Nell’ipotesi in cui le risposte alla prima e alla seconda questione comportino un’interpretazione tale da escludere la possibilità che gli Stati membri possano disciplinare, a livello nazionale, l’applicazione in relazione a [ciascun] contratto dell’articolo 3 e dell’articolo 6, lettera b), della direttiva 2003/88/CE, in assenza di previsioni legislative nazionali che disciplinino il fatto che il riposo quotidiano minimo e l’orario massimo di lavoro settimanale devono essere in relazione al lavoratore (a prescindere da quanti contratti di lavoro concluda con il medesimo datore di lavoro o con datori di lavoro diversi), se un’istituzione pubblica di uno Stato membro, la quale agisce in nome dello Stato, sia in grado di invocare l’applicazione diretta delle previsioni dell’articolo 3 e dell’articolo 6, lettera b), della direttiva 2003/88 (...) e di sanzionare il datore di lavoro per il mancato rispetto dei limiti previsti dalla direttiva per il riposo quotidiano e/o per l’orario di lavoro massimo settimanale».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

21 La Commissione europea sostiene che la situazione di fatto e di diritto presentata dal giudice del rinvio non contiene sufficienti precisazioni e spiegazioni che giustifichino le questioni sollevate nonché la necessità di rispondervi. Inoltre, essa indica, al pari del governo polacco, che la seconda e la terza questione sollevate sono irricevibili nella parte in cui vertono sull’articolo 6 della direttiva 2003/88. Il governo polacco aggiunge che una risposta della Corte relativa all’ipotesi in cui un lavoratore abbia stipulato contratti con più datori di lavoro diversi è priva di qualsivoglia utilità per il giudice del rinvio, dal momento che l’analisi fornita in una pronuncia pregiudiziale deve riferirsi alla situazione di cui trattasi nella controversia di cui al procedimento principale, ossia, nel caso di specie, una situazione in cui il lavoratore ha stipulato più contratti con un solo datore di lavoro. Inoltre, la Commissione esprime dubbi sull’applicabilità della direttiva 2003/88 alla controversia di cui al procedimento principale, per il motivo che quest’ultima solleverebbe la questione della retribuzione dei lavoratori mentre, secondo la giurisprudenza, tale direttiva non disciplinerebbe detta questione.
22 A tal riguardo, occorre rammentare che, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 19 dicembre 2019, Darie, C-592/18, EU:C:2019:1140, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).
23 Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza dell’8 ottobre 2020, Union des industries de la protection des plantes, C-514/19, EU:C:2020:803, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).
24 Nel caso di specie, in primo luogo, per quanto riguarda le questioni sollevate nella parte in cui vertono sul periodo minimo di riposo giornaliero, occorre rilevare che la decisione di rinvio fornisce le informazioni necessarie relative ai fatti della controversia di cui al procedimento principale e menziona le disposizioni applicabili del diritto dell’Unione e della legislazione nazionale, consentendo di comprendere sufficientemente l’oggetto di tale controversia e le questioni pregiudiziali.
25 In particolare, oltre alla menzione delle disposizioni del Codice del lavoro relative agli orari di lavoro e di riposo giornalieri, ossia gli articoli 111, 112 e 135 del Codice del lavoro, la decisione di rinvio indica che l’OI POCU MEN ha emesso il titolo di credito per il motivo che l’ASE non aveva rispettato la normativa relativa al numero massimo di ore di lavoro al giorno per persona e fornisce precisazioni quanto al calcolo delle ore di lavoro giornaliero fornite dagli esperti impiegati dall’ASE.
26 Di conseguenza, le questioni sollevate sono ricevibili sotto tale profilo.
27 In secondo luogo, per quanto attiene alla seconda e alla terza questione sollevate nella parte in cui vertono sul mancato rispetto della durata massima settimanale del lavoro, occorre rilevare che, anche se, secondo la decisione di rinvio, l’OI POCU MEN ha invocato, per giustificare il verbale di accertamento di irregolarità, sia l’articolo 3 della direttiva 2003/88 sia l’articolo 6, lettera b), della medesima, il giudice del rinvio non fornisce, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 23 delle sue conclusioni, alcuna indicazione sul perché quest’ultima disposizione sarebbe rilevante, essendo precisato solo il mancato rispetto del periodo minimo di riposo giornaliero contestato all’ASE.
28 In tali circostanze, la seconda e la terza questione sollevate, nella parte in cui riguardano l’articolo 6 della direttiva 2003/88, sono irricevibili.
29 In terzo luogo, per quanto attiene alle questioni sollevate nella parte in cui vertono sull’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2003/88 nel caso di contratti di lavoro stipulati da un lavoratore con più datori di lavoro, occorre rilevare che dalla decisione di rinvio non emerge affatto che le retribuzioni che l’OI POCU MEN ha considerato come spese non ammissibili, nel verbale di accertamento di irregolarità, sarebbero connesse a contratti di lavoro che gli esperti avrebbero stipulato, da un lato, con l’ASE e, dall’altro, con altri datori di lavoro. Infatti, sono indicate solo le spese connesse ai contratti di lavoro che tali esperti hanno stipulato con l’ASE.
30 Le questioni sollevate sono, di conseguenza, altresì irricevibili nella parte in cui vertono sull’interpretazione dell’articolo 2, punto 1, e dell’articolo 3 della direttiva 2003/88 nel caso di contratti di lavoro stipulati da un lavoratore con più datori di lavoro.
31 In quarto luogo, per quanto attiene alla posizione espressa dalla Commissione secondo cui, dal momento che la controversia di cui al procedimento principale verte sulla retribuzione dei lavoratori, essa non riguarderebbe la direttiva 2003/88, occorre ricordare che, eccezion fatta per l’ipotesi particolare di ferie annuali retribuite, di cui all’articolo 7, paragrafo 1, di detta direttiva, quest’ultima si limita a disciplinare taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro al fine di garantire la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, cosicché, in linea di principio, essa non si applica alla retribuzione dei lavoratori (sentenza del 30 aprile 2020, Készenléti Rendőrség, C-211/19, EU:C:2020:344, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).
32 Tuttavia, tale constatazione non implica che non si debba rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate nella presente causa.
33 Infatti, il giudice del rinvio ritiene che l’interpretazione di talune disposizioni della direttiva 2003/88 sia necessaria per consentirgli di risolvere la questione della legittimità del credito di bilancio rivendicato dall’OI POCU MEN. In particolare, al fine di determinare se, correttamente, l’ASE abbia retribuito le ore di lavoro svolte dai suoi esperti, esso chiede se quest’ultima abbia rispettato la normativa relativa al numero massimo di ore di lavoro al giorno per persona.
34 Ciò premesso, si deve ritenere che le questioni sollevate, nella parte in cui vertono sul mancato rispetto delle disposizioni della direttiva 2003/88 relative al numero massimo di ore di lavoro al giorno per persona, siano rilevanti ai fini della soluzione della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio e che, di conseguenza, sono ricevibili.

Sulle questioni prima e seconda
35 Con la prima e la seconda questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, punto 1, e l’articolo 3 della direttiva 2003/88 debbano essere interpretati nel senso che, qualora un lavoratore abbia stipulato con un medesimo datore di lavoro più contratti di lavoro, il periodo minimo di riposo giornaliero, previsto da tale articolo 3, si applica a tali contratti considerati nel loro insieme oppure a ciascuno di detti contratti considerato separatamente.
36 In via preliminare, occorre rammentare che il diritto di ciascun lavoratore a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo, in particolare giornaliero, costituisce non solo una norma del diritto sociale dell’Unione che riveste una particolare importanza, ma è anche espressamente sancito all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, cui l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei trattati (v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2019, CCOO, C-55/18, EU:C:2019:402, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).
37 Le disposizioni della direttiva 2003/88, in particolare il suo articolo 3, precisano tale diritto fondamentale e devono, pertanto, essere interpretate alla luce di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2019, CCOO, C-55/18, EU:C:2019:402, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).
38 Ciò premesso, da una giurisprudenza costante della Corte risulta che, per interpretare una disposizione di diritto dell’Unione occorre tener conto non soltanto della lettera di questa disposizione, ma anche del contesto in cui si inserisce e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., segnatamente, sentenza del 6 ottobre 2020, Jobcenter Krefeld, C-181/19, EU:C:2020:794, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).
39 Per quanto riguarda, in primo luogo, la formulazione degli articoli 2, punto 1, e 3 della direttiva 2003/88, occorre rilevare che l’articolo 2, punto 1, di tale direttiva definisce la nozione di «orario di lavoro» come qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali.
40 Quanto all’articolo 3 della direttiva in parola, esso impone agli Stati membri l’obbligo di prendere le misure necessarie affinché «ogni lavoratore» benefici, nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore, di un periodo minimo di riposo di undici ore consecutive (v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2019, CCOO, C-55/18, EU:C:2019:402, punto 38).
41 L’uso dell’espressione «ogni lavoratore» depone a favore di un’interpretazione di tale articolo 3 nel senso di un’applicazione per lavoratore, nel caso in cui più contratti di lavoro siano stati stipulati tra un lavoratore e uno stesso datore di lavoro. Infatti, attraverso l’uso dell’aggettivo indefinito «ogni», il suddetto articolo 3 si concentra, per poter beneficiare, nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore, di un periodo minimo di riposo di undici ore consecutive, sul lavoratore, chiunque esso sia, che abbia o meno stipulato più contratti con il suo datore di lavoro.
42 Per quanto attiene, in secondo luogo, al contesto in cui si inseriscono l’articolo 2, punto 1, e l’articolo 3 della direttiva 2003/88, occorre rilevare che, all’articolo 2, punto 2, di tale direttiva, il «periodo di riposo» è definito come qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro.
43 La Corte ha ripetutamente dichiarato che tale nozione e quella di «orario di lavoro» si escludono a vicenda e che la direttiva 2003/88 non prevede una categoria intermedia tra i periodi di lavoro e quelli di riposo (sentenza del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras, C-266/14, EU:C:2015:578, punti 25 et 26 nonché giurisprudenza ivi citata).
44 Inoltre, l’articolo 2 di tale direttiva non figura tra le disposizioni della stessa alle quali sono ammesse deroghe (sentenza del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras, C-266/14, EU:C:2015:578, punto 28 e giurisprudenza citata).
45 In tali circostanze, non può essere soddisfatto il requisito di cui all’articolo 3 di tale direttiva, vale a dire che ogni lavoratore benefici quotidianamente di almeno undici ore di riposo consecutive, se tali periodi di riposo sono esaminati separatamente per ogni contratto che vincola tale lavoratore al suo datore di lavoro. Infatti, in un caso del genere, le ore che si considerano costituire periodi di riposo nell’ambito di un contratto sarebbero, come illustrato dalla controversia principale, atte a costituire orario di lavoro nell’ambito di un altro contratto. Orbene, uno stesso periodo non può, conformemente alla giurisprudenza menzionata al punto 43 della presente sentenza, essere qualificato allo stesso tempo come orario di lavoro e periodo di riposo.
46 Ne consegue che i contratti di lavoro stipulati da un lavoratore con il suo datore di lavoro devono essere esaminati congiuntamente affinché si possa constatare che il periodo qualificato come riposo giornaliero corrisponde alla definizione del periodo di riposo di cui all’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/88, ossia che si tratta di un periodo che non costituisce orario di lavoro.
47 In terzo luogo, l’interpretazione che discende dalla formulazione e dal contesto dell’articolo 2, punto 1, e dell’articolo 3 della direttiva 2003/88 è anche confermata dall’obiettivo di tale direttiva.
48 Infatti, secondo una giurisprudenza costante, l’obiettivo della direttiva 2003/88 è fissare prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori mediante un ravvicinamento delle disposizioni nazionali riguardanti, in particolare, la durata dell’orario di lavoro (sentenza del 14 maggio 2019, CCOO, C-55/18, EU:C:2019:402, punto 36 e giurisprudenza citata).
49 Tale armonizzazione a livello dell’Unione europea in materia di organizzazione dell’orario di lavoro è intesa a garantire una migliore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo beneficiare questi ultimi di periodi minimi di riposo, in particolare giornaliero (v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2019, CCOO, C-55/18, EU:C:2019:402, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).
50 Se le prescrizioni minime previste dall’articolo 3 della direttiva 2003/88 fossero interpretate nel senso che esse si applicano, in modo distinto, a ciascun contratto stipulato dal lavoratore con il suo datore di lavoro, la garanzia di una migliore tutela di tale lavoratore sarebbe indebolita, dal momento che, attraverso il cumulo dell’orario di lavoro previsto separatamente in ciascuno dei contratti stipulati con il datore di lavoro, potrebbe essere reso impossibile garantire il periodo di riposo di undici ore consecutive per ogni periodo di 24 ore, sebbene detto periodo sia stato considerato dal legislatore dell’Unione come un minimo necessario per consentire al lavoratore di recuperare la stanchezza connessa al lavoro quotidiano.
51 Inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte, il lavoratore dev’essere considerato la parte debole nel rapporto di lavoro, cosicché è necessario impedire al datore di lavoro di disporre della facoltà di imporgli una restrizione dei suoi diritti (sentenza del 14 maggio 2019, CCOO, C-55/18, EU:C:2019:402, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).
52 Tenuto conto di tale situazione di debolezza, un lavoratore può essere dissuaso dal far valere espressamente i suoi diritti nei confronti del suo datore di lavoro, dal momento che, in particolare, la loro rivendicazione potrebbe esporlo a misure adottate da quest’ultimo in grado di incidere sul rapporto di lavoro in danno di detto lavoratore (sentenza del 14 maggio 2019, CCOO, C-55/18, EU:C:2019:402, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).
53 Orbene, se le disposizioni della direttiva 2003/88 relative al periodo minimo di riposo giornaliero dovessero essere interpretate nel senso che si applicano, in modo distinto, a ciascun contratto di lavoro stipulato da un lavoratore con lo stesso datore di lavoro, ciò esporrebbe tale lavoratore alla possibilità di pressioni da parte del suo datore di lavoro destinate a suddividere il suo orario di lavoro in più contratti, circostanza che è idonea a privare tali disposizioni del loro effetto utile.
54 Occorre infine precisare che il margine di manovra, invocato dall’ASE e dai governi polacco e rumeno, di cui dispongono gli Stati membri per determinare le modalità di attuazione delle disposizioni dell’articolo 3 di tale direttiva, è irrilevante ai fini della risposta che deve essere fornita alle questioni sollevate prima e seconda. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 57 delle sue conclusioni, la questione sottoposta alla Corte non riguarda le modalità di attuazione di tali disposizioni, ma piuttosto la portata delle stesse. Orbene, ai sensi dell’articolo 23 di tale direttiva, fermo restando il diritto degli Stati membri di sviluppare disposizioni legislative, regolamentari, amministrative e convenzionali diverse nel campo dell’orario di lavoro, i requisiti minimi stabiliti dalla direttiva 2003/88 devono essere rispettati.
55 Dall’analisi che precede discende che, nel caso di specie, poiché taluni esperti impiegati nell’attuazione del progetto sono vincolati all’ASE da più contratti di lavoro, è necessario, per verificare se le disposizioni dell’articolo 3 della direttiva 2003/88 siano state rispettate, che tali contratti siano esaminati congiuntamente.
56 Occorre aggiungere che, tenuto conto delle caratteristiche peculiari degli esperti di cui al procedimento principale, la Commissione sottolinea, in sostanza, che la direttiva 2003/88 si applica solo ai «lavoratori» ai sensi di tale direttiva.
57 Secondo la giurisprudenza della Corte, la caratteristica essenziale del rapporto di lavoro è data dalla circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in cambio delle quali percepisca una retribuzione (sentenza del 20 novembre 2018, Sindicatul Familia Constanţa e a., C-147/17, EU:C:2018:926, punto 41).
58 Ne consegue che un rapporto di lavoro presuppone l’esistenza di un vincolo di subordinazione tra il lavoratore e il suo datore di lavoro. L’esistenza di un siffatto vincolo dev’essere valutata caso per caso in funzione di tutti gli elementi e di tutte le circostanze che caratterizzano i rapporti tra le parti (sentenza dell’11 aprile 2019, Bosworth e Hurley, C-603/17, EU:C:2019:310, punto 26).
59 Di conseguenza, il tempo trascorso dagli esperti di cui al procedimento principale nel fornire prestazioni nell’ambito del progetto è rilevante per verificare che il periodo minimo di riposo giornaliero, previsto dall’articolo 3 della direttiva 2003/88, sia stato rispettato solo a condizione che, nell’ambito di tale progetto, sia sussistito un rapporto di subordinazione tra l’ASE e tali esperti. Dal fascicolo di cui dispone la Corte sembra emergere che ciò è avvenuto, ma spetta al giudice del rinvio verificare tale circostanza.
60 Inoltre, l’ASE e il governo danese hanno invocato le disposizioni derogatorie della direttiva 2003/88, più precisamente l’articolo 17, paragrafo 1, di quest’ultima, per giustificare la mancata applicazione dell’articolo 3 di detta direttiva a taluni lavoratori.
61 Orbene, occorre rammentare che, secondo giurisprudenza della Corte, per quanto riguarda le possibilità di deroga previste dalla direttiva 2003/88, in particolare all’articolo 17 della stessa, in quanto eccezioni al regime dell’Unione in materia di organizzazione dell’orario di lavoro previsto da tale direttiva, tali deroghe devono essere interpretate in modo che la loro portata sia limitata a quanto strettamente necessario alla tutela degli interessi che esse permettono di proteggere (sentenza del 21 febbraio 2018, Matzak, C-518/15, EU:C:2018:82, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).
62 Inoltre, è stato giudicato che l’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 si applica ai lavoratori il cui orario di lavoro, nel suo complesso, non è misurato o predeterminato, o può essere determinato dai lavoratori stessi in ragione delle particolari caratteristiche dell’attività esercitata (sentenza del 26 luglio 2017, Hälvä e a., C-175/16, EU:C:2017:617, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).
63 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio emerge che gli esperti di cui trattasi nella controversia di cui al procedimento principale possedevano contratti di lavoro a tempo pieno che prevedevano 40 ore di lavoro alla settimana. In tali circostanze, risulta che almeno una parte dell’orario di lavoro di tali esperti, anche nel caso dei docenti universitari, fosse determinata dal loro datore di lavoro, il che escluderebbe la possibilità che la deroga di cui all’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 possa essere loro applicabile. Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare tale aspetto.
64 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alle questioni sollevate prima e la seconda dichiarando che l’articolo 2, punto 1, e l’articolo 3 della direttiva 2003/88 devono essere interpretati nel senso che, qualora un lavoratore abbia stipulato con un medesimo datore di lavoro più contratti di lavoro, il periodo minimo di riposo giornaliero, previsto da tale articolo 3, si applica a tali contratti considerati nel loro insieme e non a ciascuno di detti contratti considerato separatamente.

Sulla terza questione

65 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, nell’ipotesi in cui l’articolo 3 della direttiva 2003/88 dovesse essere interpretato nel senso che il periodo minimo di riposo giornaliero, previsto da tale disposizione, si riferisce all’insieme dei contratti di lavoro stipulati da un lavoratore con lo stesso datore di lavoro, un’istituzione pubblica che agisce per conto dello Stato possa invocare l’effetto diretto di tale disposizione nei confronti di un datore di lavoro che non la rispetti.
66 Da una costante giurisprudenza della Corte risulta che, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, esse possono essere fatte valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato membro, vuoi qualora esso abbia omesso di trasporre la direttiva nel diritto nazionale entro i termini, vuoi qualora l’abbia recepita in modo non corretto (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck- Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C-684/16, EU:C:2018:874, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).
67 Tuttavia, occorre precisare innanzitutto che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 81 delle sue conclusioni, non vi è alcuna contestazione di una norma nazionale, nel caso di specie, per il fatto che sarebbe incompatibile con le disposizioni della direttiva 2003/88.
68 Occorre aggiungere che la questione sulla necessità di disapplicare una disposizione nazionale contraria al diritto dell’Unione si pone solo se non risulta possibile alcuna interpretazione di tale disposizione conforme a tale diritto (sentenza del 6 novembre 2018, Bauer e Willmeroth, C-569/16 e C-570/16, EU:C:2018:871, punto 65).
69 Il principio dell’interpretazione conforme al diritto nazionale, in forza del quale il giudice nazionale è tenuto a fornire al diritto interno, quanto più possibile, un’interpretazione conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione, attiene al sistema dei trattati, in quanto consente a tale giudice di assicurare, nell’ambito delle sue competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolve la controversia ad esso sottoposta (sentenza del 14 maggio 2020, Staatsanwaltschaft Offenburg, C-615/18, EU:C:2020:376, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).
70 Orbene, nel caso di specie, il governo rumeno sottolinea, nelle sue osservazioni scritte, che, in Romania, quando un dipendente stipula più contratti con lo stesso datore di lavoro, occorre applicare l’articolo 135, paragrafo 1, del Codice del lavoro, in combinato disposto con gli articoli 119 e 120 di tale Codice.
71 Tale articolo 135, paragrafo 1, prevede che i dipendenti hanno diritto, tra due giorni lavorativi, a un riposo che non può essere inferiore a 12 ore consecutive.
72 Pertanto, i diritti riconosciuti da tale articolo 135, paragrafo 1, appaiono più protettivi rispetto a quelli previsti dall’articolo 3 della direttiva 2003/88, in forza della quale la durata prevista per il periodo minimo di riposo, in ogni periodo di 24 ore, è di 11 ore consecutive.
73 In tali circostanze, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 82 delle sue conclusioni, nessun elemento lascia supporre che l’OI POCU MEN non avrebbe potuto basare la sua decisione sulle disposizioni della legge rumena interpretate alla luce delle pertinenti disposizioni della direttiva 2003/88.
74 In assenza di qualsivoglia contestazione della conformità del diritto rumeno all’articolo 3 della direttiva 2003/88 e, in ogni caso, nei limiti in cui appare chiaramente che è possibile interpretare tale diritto in modo conforme a detto articolo, non è necessario rispondere alla terza questione sollevata.

Sulla limitazione degli effetti nel tempo della presente sentenza

75 Il governo rumeno e l’ASE chiedono alla Corte, nelle loro osservazioni scritte, di limitare gli effetti nel tempo della presente sentenza.
76 Per quanto attiene, in primo luogo, alla richiesta avanzata dal governo rumeno nel caso in cui la Corte accogliesse un’applicazione per lavoratore dell’articolo 2, punto 1, e dell’articolo 3 della direttiva 2003/88, occorre rilevare che tale richiesta è motivata dal fatto che un’applicazione del genere avrebbe un impatto sistemico sul mercato del lavoro in Romania in cui, secondo tale governo, numerosi lavoratori hanno contratti con più datori di lavoro. La domanda concerne, di conseguenza, l’ipotesi in cui la presente sentenza riguardi casi di contratti di lavoro stipulati con più datori di lavoro. Orbene, poiché la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile nella parte in cui riguarda l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2003/88 per casi siffatti, non è necessario rispondere alla richiesta di limitazione degli effetti nel tempo della presente sentenza, a tale riguardo.
77 Per quanto attiene poi alla richiesta formulata dal governo rumeno nel caso in cui la Corte accogliesse un’applicazione dell’articolo 2, punto 1, e dell’articolo 3 della direttiva 2003/88 per ciascuno dei contratti, considerati separatamente, stipulati dal lavoratore con il suo datore di lavoro, non è necessario rispondere neppure ad essa, dal momento che dal punto 64 della presente sentenza emerge che il periodo minimo di riposo giornaliero, quale previsto dall’articolo 3 di tale direttiva, si riferisce all’insieme dei contratti stipulati dal lavoratore con il medesimo datore di lavoro.
78 Per quanto attiene, infine, alla domanda formulata dall’ASE, occorre ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante, l’interpretazione che la Corte dà di una norma di diritto dell’Unione, nell’esercizio della competenza attribuitale dall’articolo 267 TFUE, chiarisce e precisa il significato e la portata della norma stessa, come deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda di interpretazione, purché sussistano, peraltro, i presupposti per sottoporre al giudice competente una controversia relativa all’applicazione di detta norma (sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan, C-274/18, EU:C:2019:828, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).
79 Solo in via del tutto eccezionale, in applicazione di un principio generale di certezza del diritto intrinseco all’ordinamento giuridico dell’Unione, la Corte può essere indotta a limitare la possibilità, per gli interessati, di invocare una disposizione da essa interpretata al fine di rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Affinché una tale limitazione possa essere disposta, è necessario che siano soddisfatti due criteri essenziali, vale a dire la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti (sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan, C-274/18, EU:C:2019:828, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).
80 Più specificamente, la Corte ha fatto ricorso a tale soluzione soltanto in circostanze ben precise, in particolare quando vi era un rischio di gravi ripercussioni economiche dovute, segnatamente, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa ritenuta validamente vigente e quando risultava che i singoli e le autorità nazionali erano stati indotti ad adottare un comportamento non conforme al diritto dell’Unione in ragione di una oggettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni di diritto dell’Unione, incertezza alla quale avevano eventualmente contribuito gli stessi comportamenti tenuti da altri Stati membri o dalla Commissione (sentenza del 3 ottobre 2019, WESTbahn Schuch-Ghannadan, C-274/18, EU:C:2019:828, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).
81 Orbene, nel caso di specie, occorre rilevare che l’ASE si limita ad affermare, senza nessun altro elemento, che si deve tener conto sia della buona fede degli interessati sia del rischio di gravi perturbazioni dell’economia in Romania. Così facendo, essa non adduce elementi sufficienti che consentano di dimostrare che il criterio relativo alla buona fede degli ambienti interessati sia stato provato, né fornisce alla Corte elementi precisi quanto al numero dei rapporti giuridici interessati o alla natura e alla portata delle eventuali ripercussioni economiche della presente sentenza. Pertanto, non si può ritenere che siano soddisfatti i due criteri di cui al punto 79 della presente sentenza, che potrebbero giustificare la limitazione degli effetti nel tempo della presente sentenza.
82 Dalle considerazioni che precedono risulta che non è necessario limitare nel tempo gli effetti della presente sentenza.

Sulle spese

83 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:
L’articolo 2, punto 1, e l’articolo 3 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, devono essere interpretati nel senso che, qualora un lavoratore abbia stipulato con un medesimo datore di lavoro più contratti di lavoro, il periodo minimo di riposo giornaliero, previsto da tale articolo 3, si applica a tali contratti considerati nel loro insieme e non a ciascuno di detti contratti considerato separatamente.

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22/03/2021

La ricerca, appena pubblicata sulla rivista scientifica internazionale PLOS ONE, illustra lo sviluppo della metodologia che i ricercatori dell’Istituto hanno progressivamente messo a punto per valutare il pericolo di contagio da Sars-CoV-2 negli ambienti professionali e superare l’emergenza epidemiologica

ROMA - L’andamento dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del virus Sars-CoV-2 ha evidenziato l'importanza del fattore lavorativo come elemento sostanziale da considerare sia nell'implementazione di strategie volte a contenere il contagio sia nella definizione delle azioni necessarie per una ripresa economica sostenibile. In questo contesto, i ricercatori del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) hanno sviluppato una metodologia per valutare il rischio di infezione da Sars-CoV-2 negli ambienti di lavoro. Una procedura che integra complessivamente l'analisi del processo lavorativo e la prossimità tra i dipendenti, il rischio di infezione connesso al tipo di attività svolta e il coinvolgimento di soggetti terzi con conseguente aggregazione sociale. 

Dall’Inail analisi scientifiche e report tecnici per affrontare l’emergenza. La ricerca Inail è stata pubblicata nei giorni scorsi sulla importante rivista scientifica Plos One e viene così ad aggiungersi ai contributi tecnici e di ricerca, disponibili sul sito istituzionale, prodotti dall’Istituto già a partire dalla prima fase della pandemia.  

L’impatto del virus su salute ed economia. Come ricordano gli autori nell’introduzione, la pandemia si è diffusa in tutto il mondo e a marzo 2021 risultano più di 16 milioni le persone contagiate in oltre 200 paesi, con un impatto notevole sulla salute pubblica e sull’economia, come pure sulla salute e sicurezza dei lavoratori, nonché sulla loro stabilità occupazionale.

Dalle misure di contenimento basso livello di contagio nei luoghi di lavoro. In Italia, l’adozione di diverse misure ha comportato durante la prima ondata la sospensione temporanea della maggior parte delle attività commerciali, con una conseguente riduzione di circa il 75% dei lavoratori presenti sul posto di lavoro. È stato stimato che circa il 25% dei dipendenti, come quelli impegnati in strutture sanitarie o nelle forze dell’ordine, o in presidi farmaceutici e alimentari, ha frequentato fisicamente il proprio posto di lavoro. Viceversa, gli incentivi allo smart working e ad altre misure come ferie e congedi sono stati ampiamente adottati dalla pubblica amministrazione e da molte imprese private. Di conseguenza, rileva la ricerca, i dati epidemiologici hanno mostrato un basso livello di trasmissione delle infezioni, con un rilascio progressivo delle misure di contenimento.

Classificazione del rischio per esposizione, prossimità e aggregazione. Nell’articolo viene descritto il metodo messo a punto per stimare il rischio di infezione da Sars-CoV-2 sul posto di lavoro, tenendo conto sia delle caratteristiche specifiche dei processi produttivi e dell'impatto dell'organizzazione del lavoro sul rischio, sia dello stretto contatto di alcune attività con soggetti esterni. L’obiettivo era quello di individuare i livelli generali integrati di rischio professionale per la popolazione attiva e per settore economico. Il rischio occupazionale di contagio virale è stato classificato sulla base di tre variabili: esposizione, prossimità e aggregazione. I dati aggiornati sulla forza lavoro sono stati così associati a ciascun settore di attività per ottenere i livelli ponderati di rischio correlati al numero di potenziali lavoratori esposti, e per valutarne l'impatto su mobilità e pendolarismo.

La metodologia Inail a supporto degli interventi di contrasto al virus. Il metodo inoltre è stato implementato nel modello di sorveglianza epidemiologica nazionale al fine di stimare l'impatto della riattivazione di attività specifiche sull’indice Rt di contagio del virus. I risultati hanno supportato le attività di indirizzo del Comitato tecnico scientifico (Cts), istituito dal Governo presso il Dipartimento della Protezione civile, nella individuazione degli interventi progressivi di mitigazione per il superamento dell’emergenza epidemiologica. Oltre quindi a gestire e a contenere il contagio nei luoghi di lavoro, l’inclusione della dimensione lavorativa nello sviluppo delle misure di prevenzione e protezione nel controllo della pandemia si è configurata una misura utile anche per la gestione del rischio collettivo nel suo complesso.

Un contributo anche per il piano vaccinale negli ambienti lavorativi. La pubblicazione dello studio su Plos One rappresenta un riconoscimento internazionale al lavoro metodologico e di ricerca sviluppato dall’Istituto, che ha costituito la base scientifica delle indicazioni e raccomandazioni presenti nei documenti tecnici elaborati dall’Inail anche in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità per i vari settori produttivi: dai trasporti alla ristorazione, dalla balneazione ai servizi per la cura della persona, alle attività della pubblica amministrazione. Questo risultato, concludono i ricercatori, potrà essere utile anche nella fase attuale dell’emergenza epidemiologica e nella prospettiva della campagna vaccinale nei luoghi di lavoro.

Fonte: INAIL
 

Covid-19 | Contagi sul lavoro denunciati all’INAIL: Schede regionali 28 Febbraio 2021

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Dati denunce INAIL 28 02 2021

Covid-19 | Contagi sul lavoro denunciati all’INAIL: Schede regionali 28 Febbraio 2021

INAIL, 23.03.2021

I contagi sul lavoro da Covid-19 denunciati all’Inail superano quota 150mila

Le infezioni di origine professionale segnalate all’Istituto alla data del 28 febbraio sono 8.891 in più rispetto al 31 gennaio (+6,0%). Con il 64,4% dei casi, l’incidenza della “seconda ondata” del periodo ottobre 2020-febbraio 2021 è il doppio rispetto a quella del trimestre marzo-maggio 2020. I decessi sono 499 (+38 rispetto al mese precedente)

Il 14esimo report nazionale sui contagi sul lavoro da Covid-19 elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail, pubblicato oggi insieme alla versione aggiornata delle schede di approfondimento regionali. Le infezioni di origine professionale segnalate all’Istituto dall’inizio della pandemia alla data dello scorso 28 febbraio sono 156.766, pari a circa un quarto del complesso delle denunce di infortunio sul lavoro pervenute all’Inail dal gennaio 2020 e al 5,4% del totale dei contagiati comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data. Rispetto alle 147.875 denunce rilevate dal monitoraggio mensile precedente, i casi in più sono 8.891 (+6,0%).

Nel solo mese di novembre un quarto delle denunce. La “seconda ondata” di contagi – i cui effetti non sono evidentemente terminati nello scorso anno, proseguendo soprattutto a gennaio e, in misura più contenuta, a febbraio – ha avuto un impatto più intenso della prima anche in ambito lavorativo e non solo per la presenza di due mesi in più: il periodo ottobre 2020-febbraio 2021 incide, infatti, per il 64,4% sul totale delle denunce di infortunio da Covid-19, esattamente il doppio rispetto al 32,2% del trimestre marzo-maggio 2020. Le denunce si sono concentrate nei mesi di novembre (24,5%), marzo (18,1%), ottobre (15,3%), dicembre (15,2%), aprile (11,7%), maggio (2,4%) e settembre (1,2%) del 2020, e nei mesi di gennaio (7,7%) e febbraio (1,7%) del 2021, per un totale del 97,8%. Il restante 2,2% riguarda gli altri mesi dell’anno scorso: febbraio (0,7%), giugno e agosto (0,6% per entrambi) e luglio (0,3%), oltre a 19 casi relativi al gennaio 2020.

Due morti su tre nella “prima ondata” della pandemia. A differenza del complesso dei contagi, per i casi mortali è la prima ondata ad avere avuto un impatto più significativo della seconda: il 67,8% dei decessi, infatti, è stato denunciato nel trimestre marzo-maggio 2020 contro il 29,6% del periodo ottobre 2020-febbraio 2021. Le morti da Covid-19 segnalate all’Istituto allo scorso 28 febbraio sono 499, circa un terzo del totale dei decessi sul lavoro denunciati all’Inail dal gennaio 2020, con un’incidenza dello 0,5% rispetto al numero dei deceduti nazionali da Covid-19 registrati dall’Iss alla fine di febbraio. Rispetto ai 461 casi rilevati dal monitoraggio al 31 gennaio, i decessi sono 38 in più, di cui otto a febbraio e sei a gennaio del 2021, 14 a dicembre e sette a novembre dello scorso anno, mentre i restanti tre decessi sono riconducibili ai mesi precedenti. Il consolidamento dei dati permette, infatti, di acquisire informazioni prima non disponibili.

Vibo Valentia, Campobasso e Lecco le province con i maggiori incrementi percentuali su base mensile. L’analisi territoriale, approfondita anche attraverso le schede regionali, evidenzia una distribuzione delle denunce del 44,6% nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 26,5%), del 24,3% nel Nord-Est (Veneto 10,7%), del 14,5% al Centro (Lazio 6,1%), del 12,1% al Sud (Campania 5,5%) e del 4,5% nelle Isole (Sicilia 3,0%). Le province con il maggior numero di contagi dall’inizio della pandemia sono Milano (10,2%), Torino (7,1%), Roma (4,8%), Napoli (3,7%), Brescia (2,7%), Varese e Verona (2,6% per entrambe) e Genova (2,5%). Milano è anche la provincia che registra il maggior numero di infezioni di origine professionale accadute nel solo mese di febbraio 2021, seguita da Ancona, Roma, Torino, Napoli, Brescia, Perugia e dalla provincia autonoma di Bolzano. Le province che registrano i maggiori incrementi percentuali rispetto alla rilevazione di gennaio sono però quelle di Vibo Valentia (+34,1%), Campobasso (+26,2%), Lecco (+20,5%), Crotone (+20,5%), Reggio Calabria (+19,4%), Perugia (+18,1%), Ancona (+16,7%) e Isernia (+16,3%).

Nel Nord-Ovest il 47,5% dei casi mortali. Concentrando l’attenzione sui soli casi mortali, la percentuale del Nord-Ovest sale al 47,5% (prima la Lombardia con il 33,9%), mentre il Sud, con il 20,9% dei decessi denunciati (contro il 12,1% riscontrato sul complesso delle denunce), precede il Centro (14,8%), il Nord-Est (12,2% rispetto al 24,3% delle denunce totali) e le Isole (4,6%). Le province che contano più casi mortali dall’inizio della pandemia sono quelle di Bergamo e Milano (9,0% per entrambe), Napoli (6,8%), Roma (6,2%), Brescia (5,2%), Torino (4,0%), Cremona (3,8%) e Genova (3,2%).

Più contagi tra le lavoratrici in tutte le regioni a eccezione di Sicilia e Campania. A morire sono soprattutto gli uomini (83,0%) e i lavoratori nelle fasce di età 50-64 anni (71,4%), over 64 anni (19,0%) e 35-49 anni (8,6%), mentre tra gli under 34 si registra l’1% dei decessi. Il rapporto tra i generi si inverte prendendo in considerazione tutti i contagi sul lavoro da Covid-19. La quota femminile sul totale, infatti, è pari al 69,6%. Il numero delle lavoratrici contagiate supera quello dei lavoratori in tutte le regioni, a eccezione della Sicilia e della Campania, dove l’incidenza delle donne sul complesso delle infezioni di origine professionale è, rispettivamente, del 47,0% e del 45,3%.

L’età media è di 46 anni, ma sale a 59 per i deceduti. L’età media dei contagiati dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per entrambi i sessi (59 per i deceduti). Il 42,1% del totale delle denunce riguarda la classe 50-64 anni. Seguono le fasce 35-49 anni (36,8%), under 34 anni (19,2%) e over 64 anni (1,9%). L’86,0% delle denunce riguarda lavoratori italiani. Il restante 14,0% sono stranieri, concentrati soprattutto tra i lavoratori rumeni (pari al 21,0% dei contagiati stranieri), peruviani (13,2%), albanesi (8,0%), moldavi (4,4%) ed ecuadoriani (4,3%). Nove morti su 10 sono italiani (90,4%), mentre le comunità straniere con più casi mortali sono quelle peruviana (con il 18,8% dei decessi dei lavoratori stranieri), albanese (12,5%) e rumena (10,4%).

Quasi sette contagiati su 10 nella sanità e assistenza sociale. La stragrande maggioranza dei contagi e dei decessi (rispettivamente 97,6% e 91,4%) ricade nell’Industria e servizi, con i restanti casi distribuiti nelle gestioni assicurative per Conto dello Stato (amministrazioni centrali dello Stato, scuole e università statali), Agricoltura e Navigazione. Il settore della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – si conferma al primo posto tra le attività produttive con il 68,4% delle denunce e il 27,1% dei casi mortali codificati, seguito dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), con il 9,2% dei contagi e il 10,0% dei casi mortali.

Manifatturiero e trasporti gli altri settori con più casi mortali. Gli altri settori più colpiti sono il noleggio e servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero (addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare), al secondo posto per numero di decessi con il 12,3% del totale, le attività dei servizi di alloggio e ristorazione, il trasporto e magazzinaggio (11,7% dei decessi), le altre attività di servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere…), le attività professionali, scientifiche e tecniche (consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale) e il commercio all’ingrosso e al dettaglio.

Un terzo dei decessi tra il personale sanitario e socio-assistenziale. Dall’analisi per professione dell’infortunato emerge come circa un terzo dei decessi riguardi il personale sanitario e socio-assistenziale. La categoria dei tecnici della salute, in particolare, è quella più coinvolta dai contagi, con il 39,0% delle denunce complessive, l’82,8% delle quali relative a infermieri, e l’11,7% dei casi mortali codificati (il 68,4% infermieri). Seguono gli operatori socio-sanitari con il 19,3% delle denunce (e il 4,9% dei decessi), i medici con il 9,0% (6,8% dei decessi), gli operatori socio-assistenziali con il 7,3% (2,9% dei decessi) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,8% (4,1% dei decessi). Tra le altre professioni spiccano gli impiegati amministrativi, con il 4,0% delle denunce e l’11,1% dei casi mortali, gli addetti ai servizi di pulizia, i conduttori di veicoli e i direttori e dirigenti amministrativi e sanitari.

L’andamento delle infezioni per professione. L’andamento dei contagi per mese di accadimento mostra per le professioni sanitarie una progressiva riduzione dell’incidenza dei casi tra le prime due fasi della pandemia e un incremento nella terza. I tecnici della salute (prevalentemente infermieri), in particolare, sono passati dal 39,2% del primo periodo, fino a maggio compreso, al 23,5% del trimestre giugno-settembre, per poi ritornare al 39,5% nel periodo ottobre 2020-febbraio 2021. Allo stesso modo i medici, scesi dal 10,1% della fase di “lockdown” al 5,5% di quella “post lockdown”, hanno fatto registrare un’incidenza dell’8,6% nella “seconda ondata” dei contagi. Altre professioni, con la ripresa delle attività, hanno visto invece aumentare l’incidenza delle infezioni tra le prime due fasi e registrato una riduzione nella terza. È il caso, per esempio, degli esercenti e addetti nelle attività di ristorazione (passati dallo 0,6% del primo periodo al 3,7% di giugno-settembre e allo 0,6% tra ottobre e febbraio), degli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia (passati dallo 0,6% all’1,5% e poi allo 0,8%) e degli artigiani e operai specializzati delle lavorazioni alimentari (dallo 0,2% al 4,3% fino allo 0,1%).

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Fonte: INAIL

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