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Ponteggi fissi - Quaderno INAIL 2018

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ponteggi fissi INAIL 2018

Ponteggi fissi - Quaderno INAIL 2018

L’utilizzo dei ponteggi come opera provvisionale di servizio alla costruzione è consolidato e diffuso.

Essi possono essere impiegati anche come sistemi di protezione collettiva per i lavoratori che effettuano attività in copertura a condizione che, per ogni singola realizzazione e a seguito di una adeguata valutazione dei rischi, venga eseguito uno specifico progetto del ponteggio.

Nell’ambito delle tipologie di ponteggio presenti sul mercato sono da preferire i modelli con telaio parapetto con montaggio dal basso. Essi vengono montati dal piano inferiore e garantiscono la massima sicurezza quando il lavoratore sale al livello superiore riducendo drasticamente la possibilità di caduta dall’alto dello stesso durante la fase di montaggio e smontaggio.

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Indice:

1. Denominazione 
2. Documenti di riferimento 
3. Cosa sono 
4. Destinazione d’uso 
5. Classificazione 
5.1 Classificazione in base alle classi di carico
5.2 Classificazione in base agli elementi costruttivi 
6. Marcatura 
7. Indicazioni essenziali per la scelta, il montaggio, l’uso e lo smontaggio
7.1 Scelta
7.2 Montaggio 
7.3 Uso 
7.4 Smontaggio 
8. Indicazioni essenziali di manutenzione 
9. FAQ (Frequently asked questions) 
Riferimenti nel d.lgs. 81/08

Fonte: INAIL

Parapetti provvisori - Quaderno Tecnico INAIL 2018

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Parapettiprovvisori INAIL 2018

Parapetti provvisori - Quaderno Tecnico INAIL 2018

L’adozione dei parapetti provvisori permette di ridurre gli effetti di una possibile caduta dall’alto e ben esprime il concetto di protezione collettiva.

La classificazione introdotta dalla norma tecnica di prodotto UNI EN 13374: 2013 contribuisce in maniera incisiva al processo di valutazione del rischio in quanto mette in relazione i requisiti prestazionali e geometrici che i parapetti devono possedere con quelli relativi alla superficie di lavoro, esprimibili attraverso la pendenza e l’altezza di caduta.

Obiettivo dei Quaderni Tecnici per i cantieri temporanei o mobili è accrescere il livello di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili.

Forniscono informative basate su leggi, circolari, norme tecniche specifiche e linee guida utili a individuare e perfezionare metodologie operative per il miglioramento delle misure di prevenzione contro i rischi professionali.
I Quaderni sono rivolti a coloro che operano nell’ambito dei cantieri temporanei o mobili rappresentando un agile strumento sia per l’informazione e la formazione dei lavoratori sia per il miglioramento dell’organizzazione delle piccole e medie imprese.

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Indice:

1. Denominazione 
2. Documenti di riferimento 
3. Cosa sono 
4. Destinazione d’uso 
5. Classificazione 
5.1 Classificazione secondo la UNI EN 13374: 2013 
5.2 Classificazione per tipologia 
6. Marcatura 
7. Indicazioni essenziali per la scelta, il montaggio, l’uso e lo smontaggio 
7.1 Scelta 
7.2 Montaggio 
7.3 Uso 
7.4 Smontaggio 
8. Indicazioni essenziali di manutenzione 
9. FAQ (Frequently asked questions) 
Riferimenti nel d.lgs. 81/08

Fonte: INAL

Stabilimenti lavorazione legno: quadro normativo PI

ID 6865 | | Visite: 16412 | Prevenzione Incendi

Stabilimenti lavorazione legno quadro normativo PI

Stabilimenti lavorazione legno: quadro normativo PI

Scheda 25.09.2018

Documento allegato quadro normativo di Prevenzione Incendi per gli Stabilimenti e laboratori per la lavorazione del legno, lavorato o stoccato con una quantità maggiore di 5.000 Kg.

Gli Stabilimenti e laboratori per la lavorazione del legno con materiale in lavorazione e/o in deposito superiore a 5.000 kg rientrano nell'attività n. 37 del DPR 151/2011 (ex attività n. 47 del DM 16/02/82), non è presente una RTV.

N. ATTIVITÀ
DM 16/02/82
N.

ATTIVITÀ
DPR 151/2011


CATEGORIA

A B C
47

Stabilimenti e laboratori per la lavorazione del legno con materiale in lavorazione e/o in deposito:

- da 50 a 1.000 q.li

- superiori a 1.000 q.li

37 Stabilimenti e laboratori per la lavorazione del legno con materiale in lavorazione e/o in deposito superiore a 5.000 kg  ____ fino a 50.000 kg oltre 50.000 kg


Per tali attività si deve adottare la procedura prevista alla lettera A dell’allegato I al DM 07/08/2012 per le attività non normate. 

Le norme tecniche da applicare possono essere quelle di cui alle specifiche disposizioni di prevenzione incendi di cui ai decreti del Ministro dell’interno di seguito indicati, ovvero ai vigenti criteri tecnici di prevenzione incendi di cui all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, fra i quali il DM 10/03/98, o, in alternativa, quelle riportate nel DM 03/08/2015, cosiddetto Codice di Prevenzione Incendi.

NORME APPLICABILI

SPECIFICHE DISPOSIZIONI DI PREVENZIONE INCENDI

NORMA

ARGOMENTO

DM 30/11/1983

Termini,  definizioni  generali  e  simboli grafici di prevenzione incendi.

DM 10/03/1998 

Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro.

DM 31/03/2003

Requisiti di reazione al fuoco dei materiali costituenti le condotte di distribuzione e ripresa dell’aria degli impianti di condizionamento e ventilazione.

DM 03/11/2004

Disposizioni  relative  all’installazione  ed  alla  manutenzione dei dispositivi  per l’apertura  delle  porte installate lungo le vie di esodo, relativamente alla sicurezza in caso d’incendio.

DM 15/03/2005

Requisiti di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione installati in  attività  disciplinate  da  specifiche  disposizioni tecniche di prevenzione incendi in base al sistema di classificazione europeo.

DM 15/09/2005

Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per i vani degli impianti di sollevamento ubicati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.

DM 16/02/2007

Classificazione  di  resistenza  al  fuoco  di  prodotti  ed elementi costruttivi di opere da costruzione.

DM 09/03/2007

Prestazioni  di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

DM 20/12/2012

Regola tecnica di prevenzione incendi per gli impianti di protezione attiva contro l’incendio installati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.

 

CODICE DI PREVENZIONE INCENDI

DM 03/08/2015 Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.

DM 07/08/2012

Disposizioni relative alle modalita' di presentazione delle istanze concernenti i procedimenti di prevenzione incendi e alla documentazione da allegare, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.
(GU Serie Generale n.201 del 29-08-2012)
.
..

ALLEGATO I DOCUMENTAZIONE TECNICA ALLEGATA ALL'ISTANZA DI VALUTAZIONE DEI PROGETTI

La documentazione tecnica di prevenzione incendi attiene alle caratteristiche di sicurezza antincendio delle attivita' soggette ai controlli di prevenzione incendi riportate nell'Allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n.151 e consente di accertare la loro rispondenza alle vigenti norme o, in mancanza, ai criteri generali di prevenzione incendi. In particolare comprende:

- scheda informativa generale;
- relazione tecnica;
- elaborati grafici.

A - DOCUMENTAZIONE RELATIVA AD ATTIVITÀ NON REGOLATE DA SPECIFICHE DISPOSIZIONI ANTINCENDIO.

A.1. SCHEDA INFORMATIVA GENERALE.
La scheda informativa generale comprende:
a) informazioni generali sull’attività e sulle eventuali attività secondarie soggette a controllo di prevenzione incendi;
b) indicazioni del tipo di intervento in progetto: nuovo insediamento o modifica, ampliamento o ristrutturazione di attività esistente.

A.2. RELAZIONE TECNICA.
La relazione tecnica evidenzia l’osservanza dei criteri generali di sicurezza antincendio, tramite l’individuazione dei pericoli di incendio, la valutazione dei rischi connessi e la descrizione delle misure di prevenzione e protezione antincendio da attuare per ridurre i rischi.
A.2.1. Individuazione dei pericoli di incendio.
La prima parte della relazione contiene l’indicazione di elementi che permettono di individuare i pericoli presenti nell’attività, quali ad esempio:
- destinazione d’uso (generale e particolare);
- sostanze pericolose e loro modalità di stoccaggio;
- carico di incendio nei vari compartimenti;
- impianti di processo;
- lavorazioni;
- macchine, apparecchiature ed attrezzi;
- movimentazioni interne;
- impianti tecnologici di servizio;
- aree a rischio specifico.
A.2.2. Descrizione delle condizioni ambientali.
La seconda parte della relazione contiene la descrizione delle condizioni ambientali nelle quali i pericoli sono inseriti, al fine di consentire la valutazione del rischio connesso ai pericoli individuati, quali ad esempio:
- condizioni di accessibilità e viabilità;
- lay-out aziendale (distanziamenti, separazioni, isolamento);
- caratteristiche degli edifici (tipologia edilizia, geometria, volumetria, superfici, altezza, piani interrati, articolazione planovolumetrica, compartimentazione, ecc.);
- aerazione (ventilazione);
- affollamento degli ambienti, con particolare riferimento alla presenza di persone con ridotte od impedite capacità motorie o sensoriali;
- vie di esodo.
A.2.3. Valutazione qualitativa del rischio.
La terza parte della relazione contiene la valutazione qualitativa del livello di rischio, l’indicazione degli obiettivi di sicurezza assunti e l’indicazione delle azioni messe in atto per perseguirli.
A.2.4. Compensazione del rischio incendio (strategia antincendio).
La quarta parte della relazione tecnica contiene la descrizione dei provvedimenti da adottare nei confronti dei pericoli, delle condizioni ambientali, e la descrizione delle misure preventive e protettive assunte, con particolare riguardo al comportamento al fuoco delle strutture e dei materiali ed ai presidi antincendio, avendo riguardo alle norme tecniche di prodotto prese a riferimento.
A.2.5. Gestione dell’emergenza.
Nell’ultima parte della relazione sono indicati, in via generale, gli elementi strategici della pianificazione dell’emergenza che dimostrino la perseguibilità dell’obiettivo della mitigazione del rischio residuo attraverso una efficiente organizzazione e gestione aziendale.

A.3. ELABORATI GRAFICI.
Gli elaborati grafici, preferibilmente nei formati non superiori ad A2 e piegati in A4, comprendono:
a) planimetria generale in scala (da 1:2000 a 1:200), a seconda delle dimensioni dell’insediamento, dalle quali risultino:
- l’ubicazione delle attività;
- le condizioni di accessibilità all’area e di viabilità al contorno, gli accessi pedonali e carrabili;
- le distanze di sicurezza esterne;
- le risorse idriche della zona (idranti esterni, pozzi, corsi d’acqua, acquedotti e similari);
- gli impianti tecnologici esterni (cabine elettriche, elettrodotti, rete gas, impianti di distribuzione gas tecnici);
- l’ubicazione degli organi di manovra degli impianti di protezione antincendio e dei blocchi di emergenza degli impianti tecnologici;
- quanto altro ritenuto utile per una descrizione complessiva delle attività ai fini antincendio, del contesto territoriale in cui l’attività si inserisce ed ogni altro utile riferimento per le squadre di soccorso in caso di intervento;
b) piante in scala da 1:50 a 1:200, a seconda della dimensione dell’edificio o locale dell’attività, relative a ciascun piano, recanti l’indicazione degli elementi caratterizzanti il rischio di incendio e le misure di sicurezza riportate nella relazione tecnica:
- la destinazione d’uso ai fini antincendio di ogni locale con indicazione dei macchinari ed impianti esistenti;
- l’indicazione delle uscite, con il verso di apertura delle porte, i corridoi, i vani scala, gli ascensori;
- le attrezzature mobili di estinzione e gli impianti di protezione antincendio, se previsti;
- l’illuminazione di sicurezza;
c) sezioni ed eventuali prospetti degli edifici in scala adeguata, tavole relative ad impianti e macchinari di particolare importanza ai fini della sicurezza antincendio.

B - DOCUMENTAZIONE RELATIVA AD ATTIVITÀ REGOLATE DA SPECIFICHE DISPOSIZIONI ANTINCENDI.

B.1. SCHEDA INFORMATIVA GENERALE.
La scheda informativa generale, per ogni attività soggetta al controllo, indica i medesimi elementi richiesti al punto A.1.

B.2. RELAZIONE TECNICA.
La relazione tecnica può limitarsi a dimostrare l’osservanza delle specifiche disposizioni tecniche di prevenzione incendi.

B.3. ELABORATI GRAFICI.
Gli elaborati grafici comprendono i medesimi elementi richiesti al punto A.3.

C - AMPLIAMENTI O MODIFICHE DI ATTIVITÀ ESISTENTI.
Qualora il progetto riguardi un ampliamento, una modifica o una ristrutturazione di una parte dell’attività, gli elaborati relativi alla scheda informativa ed alla planimetria generale devono riguardare l’intero complesso, mentre gli altri elaborati possono essere limitati alla parte oggetto degli interventi stessi." 



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Esposizione a nanomateriali nei luoghi di lavoro

ID 6894 | | Visite: 3078 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

esposizione nanomateriali luoghi di lavoro

Esposizione a nanomateriali nei luoghi di lavoro

INAIL 2018

La ricerca in tema di esposizione a nanomateriali riveste un ruolo rilevante per l’Inail, nell’ottica di ridurre gli impatti sulla salute e sicurezza dei lavoratori e contribuire all’implementazione della normativa del settore.

Il volume raccoglie i principali risultati del progetto ‘NanoLab: Metodologia di analisi dell’esposizione ai nanomateriali ingegnerizzati integrata alle tecniche di control banding per la gestione del rischio nei luoghi di lavoro’, illustra le fasi della metodologia sviluppata sulla base degli standard di riferimento, e l’applicazione in tre casi studio di nano-oggetti di dimensionalità differenti (grafene, nanofili e nanoparticelle) realizzati nei laboratori di ricerca e sviluppo degli enti partner.

I tre casi studio sono stati realizzati all’interno del Laboratorio NEST di Pisa. In questo centro di ricerca e didattica multidisciplinare operano all’incirca 150 persone tra docenti, ricercatori, tecnici, assegnisti, collaboratori alla ricerca e giovani in formazione, impegnati nella fabbricazione, nella manipolazione e nello studio di nanostrutture e NM sia di tipo inorganico (semiconduttori e superconduttori), sia biologico (anche per studi in vivo). Sono disponibili litografie di tipo elettronico, ottiche e nano-imprint e tutte le strumentazioni più moderne per la realizzazione di dispositivi optoelettronici completi in una clean room di classe ISO 6 dedicata. Dal punto di vista dello studio sperimentale delle nanostrutture, nei 24 laboratori del NEST sono presenti le strumentazioni per lo studio delle proprietà strutturali, elettriche, optoelettroniche e spettroscopiche delle nanostrutture a varia dimensionalità (0- D, 1-D, 2-D) fino a temperature prossime allo zero assoluto (10 mK), anche in presenza di elevatissimi campi magnetici (fino a 16 Tesla) e ad alta risoluzione spaziale (come microscopi SEM, TEM, SPM) e temporale. La dotazione include anche strumenti per gli studi di tipo biofisico con microscopi confocali anche multifotone e strumentazione per colture e manipolazioni di linee cellulari, sequenziamento ed espressione del DNA e spettrometria di massa. 

...

Contenuti:

Introduzione
Analisi di contesto: letteratura e standard normativi di riferimento
Casi studio e descrizione dei processi
Metodologia di analisi e gestione del rischio
Descrizione e discussione dei risultati
Indagine sull’uso dei nanomateriali e sul loro sviluppo responsabile in Italia
Conclusioni
Bibliografia e sitografia
Appendici
Abbreviazioni

Fonte: INAIL
28 Settembre 2018

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INAIL 2018
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Legge 5 febbraio 1992 n. 122

ID 6884 | | Visite: 4464 | Legislazione Sicurezza

Legge 5 febbraio 1992 n. 122

Disposizioni in materia di sicurezza della circolazione stradale e disciplina dell'attivita' di autoriparazione.

GU n.41 del 19-2-1992

Entrata in vigore della legge: 05/03/1992
 
Art. 1. Attivita' di autoriparazione
 
1. Al fine di raggiungere un piu' elevato grado di sicurezza nella circolazione stradale e per qualificare i servizi resi dalle imprese di autoriparazione, la presente legge disciplina l'attivita' di manutenzione e di riparazione dei veicoli e dei complessi di veicoli a motore, ivi compresi ciclomotori, macchine agricole, rimorchi e carrelli, adibiti al trasporto su strada di persone e di cose, di seguito denominata "attivita' di autoriparazione".
 
2. Rientrano nell'attivita' di autoriparazione tutti gli interventi di sostituzione, modificazione e ripristino di qualsiasi componente, anche particolare, dei veicoli e dei complessi di veicoli a motore di cui al comma 1, nonche' l'installazione, sugli stessi veicoli e complessi di veicoli a motore, di impianti e componenti fissi. Non rientrano nell'attivita' di autoriparazione le attivita' di lavaggio, di rifornimento di carburante, di sostituzione del filtro dell'aria, del filtro dell'olio, dell'olio lubrificante e di altri liquidi lubrificanti o di raffreddamento, che devono in ogni caso essere effettuate nel rispetto delle norme vigenti in materia di tutela dall'inquinamento atmosferico e di smaltimento dei rifiuti, nonche' l'attivita' di commercio di veicoli.
 
3. Ai fini della presente legge l'attivita' di autoriparazione si distingue nelle attivita' di:
 
a) meccatronica;
b) carrozzeria;
c) gommista.
 
...
 
Aggiornamenti all'atto:
 
18/05/1992 - DECRETO LEGISLATIVO 30 aprile 1992, n. 285 (in SO n.74, relativo alla G.U. 18/05/1992, n.114)
29/03/1993 - DECRETO-LEGGE 29 marzo 1993, n. 82 (in G.U. 29/03/1993, n.73) , convertito con modificazioni dalla L. 27 maggio 1993, n. 162 (in G.U. 28/5/1993, n. 123) 
18/06/1994 - DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 18 aprile 1994, n. 387 (in SO n.94, relativo alla G.U. 18/06/1994, n.141)
20/01/1996 - LEGGE 5 gennaio 1996, n. 25 (in G.U. 20/01/1996, n.16) 
30/09/1996 - LEGGE 26 settembre 1996, n. 507 (in G.U. 30/09/1996, n.229) 
23/10/1996 - DECRETO-LEGGE 23 ottobre 1996, n. 542 (in G.U. 23/10/1996, n.249) , convertito con modificazioni dalla L. 23 dicembre 1996, n. 649 (in G.U. 23/12/1996, n. 300) 
21/11/2000 - DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 14 dicembre 1999, n. 558 (in G.U. 21/11/2000, n.272)
09/02/2012 - DECRETO-LEGGE 9 febbraio 2012, n. 5 (in SO n.27, relativo alla G.U. 09/02/2012, n.33) 
21/12/2012 - LEGGE 11 dicembre 2012, n. 224 (in G.U. 21/12/2012, n.297) ha disposto (con l'art. 1, comma 1) la modifica dell'art. 1, comma 3.
 
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Allegato riservato Legge 5 febbraio 1992 n. 122 Testo consolidato 2018.pdf
Testo consolidato 2018
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Tecnologie assistive strumenti e percorsi

ID 6879 | | Visite: 2945 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Tecnologie assistive strumenti e percorsi

Tecnologie assistive strumenti e percorsi

INAIL 2018

L’attività del progetto PdT1/2 “Osservatori: Service delivery in Assistive Technology” centra l’attenzione su una particolare categoria di dispositivi tecnici quale quella degli ‘ausili tecnologici’, a cui appartengono tutte le tecnologie informatiche ed elettroniche che svolgono un ruolo determinante nel processo di inclusione e recupero in ambito socio-lavorativo di persone con disabilità.

Fonte: INAIL

Checklist OCRA: Aggiornamento di procedure e di criteri di applicazione

ID 1809 | | Visite: 74988 | Documenti Riservati Sicurezza

Checklist OCRA: I Metodi: Indice / Checklist / Mini-checklist

Update 27.05.2019

Checklist OCRA con Fogli di Calcolo

Lo strumento consigliato dalla Norma ISO 11228-3 per la stima del rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori da movimenti ripetitivi.

Vedi il Documento VdR MMC ISO 11228 OCRA | 2019

Il Sistema OCRA

Le normative europee EN 1005- 5 e internazionale ISO 11228-3 considerano il metodo OCRA come metodo preferenziale per la valutazione di lavori manuali ripetitivi e per la progettazione di nuove macchine e processi di lavoro.

La Norma ISO 11228-3 contiene un appendice A (Vedi allegato) in cui sono esposti alcuni ulteriori metodi di valutazione del rischio da sforzi e movimenti ripetitivi tra cui OWAS, RULA, REBA, QEC. Prevalentemente questi metodi sono considerati dalla Norma "di screening", semplici (e spesso empirici), e alcuni di essi, principalmente adatti allo studio delle posture incongrue ma poco adatti ad una valutazione del rischio da movimenti ripetitivi.

Per una valutazione dettagliata del Rischio oppure se l'attività è composta da più compiti la Norma ISO 11228-3 indica quale metodo preferenziale OCRA (Occupational Repetitive Action).

Esso è consigliato per le finalità specifiche di approfondimento perché, date le conoscenze disponibili al momento della pubblicazione della Norma, è stato considerato il più "completo".

In effetti OCRA analizza tutti i fattori di rischio pertinenti e correlati al rischio da movimenti ripetuti, inoltre è applicabile anche a “lavori multicompito” e fornisce criteri (basati su estesi dati epidemiologici) per la previsione dell'insorgenza di UL-WMSD (disordini muscolo-scheletrici degli arti superiori correlati al lavoro) nelle popolazioni lavorative esposte. Attualmente si potrebbe parlare più che di un semplice metodo, di un sistema OCRA, sistema in quanto attraverso metodi e strumenti differenti, consente approcci diversificati alla valutazione del rischio in funzione di specifici quindi diversi obbiettivi.

I metodi OCRA ad oggi disponibili sono 3:

- l’indice OCRA: risponde all’esigenza di offrire una valutazione del rischio precisa e puntiforme, sicuramente consigliabile per la progettazione e ri-progettazione dei posti di lavoro e dei ritmi di lavoro.

- la checklist OCRA classica: rappresenta lo strumento d’elezione per ottenere la prima mappatura del rischio quando si voglia rispondere al quesito circa il “peso” del rischio derivante dalla presenza di lavori ripetitivi.
La mappatura consente infatti di definire in che proporzione siano presenti postazioni di lavoro in fascia verde (rischio assente), gialla (rischio molto lieve o dubbio), rossa o viola (rischio presente rispettivamente lieve, medio o elevato). Richiede tempi di compilazione più brevi ma perde in precisione in quanto l’analisi offre punteggi che procedono secondo scenari a “scalini” e non in modo puntiforme come l’indice OCRA.

- la mini-checklist OCRA: ultima nata, offre una valutazione ancora più rapida (e per questo più approssimativa), rispetto alla checklist OCRA. Risulta più adatta e probabilmente sufficiente per valutazioni in settori speciali, (artigianato, piccola impresa, agricoltura..) laddove l’organizzazione del lavoro non presenta ritmi, tempi e cicli così ben definiti come nella classica industria.

Per ognuno di tali metodi l’Unità di ricerca EPM (Ergonomia della Postura e del Movimento) ha messo a punto strumenti semplici su supporto informatico (ovvero fogli di calcolo in excel), atti a facilitare sia la raccolta dei dati che la stima degli indici di rischio finali.

Fogli di calcolo XLS - Update: 27.05.2019

Mini-checklist OCRA
Valutazione rapida dei compiti ripetitivi con mini-checklist OCRA 20.05.2019
Valutazione rapida dei compiti ripetitivi con mini-checklist OCRA 16.11.2015
Valutazione rapida con mini-checklist OCRA del lavoro caratterizzato da più compiti ripetitivi aggiornata 03.06.2016
Check list OCRA classica e MAPPATURA
Valutazione automatica dei compiti ripetitivi con checklist OCRA modello tradizionale 18.06.2018
Valutazione automatica dei compiti ripetitivi con checklist OCRA modello tradizionale 16.11.2015
Mappa di rischio dei movimenti ripetitivi degli arti superiori con checklist ocra 16.11.2015
Check list OCRA alta precisione, compiti lunghi e recupero interno al ciclo
Checklist OCRA alta precisione: usa i tempi anzicchè le %.
E' adatto anche all'analisi dei compiti di lunga durata ( attraverso la scomposizione in fasi) e per studiare il rischio espositivo quando è presente il recupero interno al ciclo.
02.09.2016
Metodo OCRA: un modello analitico per valutare i movimenti ripetitivi degli arti superiori - Modello di analisi classico 24.09.2014


OCRA (OCcupational Repetitive Action)


EPM - Milano
Linee Guida MMC Regione Lombardia 2015

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Allegato riservato ISO 11228-3 Tabella A.pdf
Risk assessment repetitive movements
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Allegato riservato OCRA Tools XLS.zip
Check list OCRA Update 17.10.2016
16588 kB 599
Allegato riservato Decreto 7661 del 23 settembre 2015 Linee Guida MMC.pdf
Linee guida MMC - RL 2015
802 kB 685
Allegato riservato Checklist OCRA.pdf
Rev. 2005
125 kB 396
Allegato riservato checklist OCRA Aggiornamento 2011.pdf
Aggiornamento 2011
3752 kB 687

Circolare Inail n. 37 del 24 settembre 2018

ID 6871 | | Visite: 4221 | News Sicurezza

settore agricoltura denuncia infortunio

Circolare Inail n. 37 del 24 settembre 2018

Denuncia/comunicazione di infortunio telematica per il settore agricoltura

Soggetti tenuti all’obbligo di denuncia/comunicazione di infortunio

I soggetti tenuti all’adempimento dell’obbligo in questione sono i datori di lavoro inquadrati, ai fini previdenziali e assicurativi, nel settore agricoltura e registrati negli appositi archivi dell’Inps.

Il suddetto Istituto, infatti, provvede sia alla riscossione dei contributi di previdenza e assistenza sociale e assicurativi, sia all’accertamento dell’appartenenza al settore agricoltura .

La denuncia/comunicazione può essere effettuata anche dagli intermediari e dai loro delegati.

Applicativo per la gestione dei datori di lavoro agricolo

Il rilascio del suddetto servizio telematico è stato preceduto dalla realizzazione dell’applicativo “Gestione DL agricolo” che contiene i dati anagrafici delle diverse tipologie di datori di lavoro del settore agricoltura (aziende agricole, coltivatori diretti, mezzadri, piccoli coloni compartecipanti familiari, imprenditori agricoli professionisti) ed è aggiornato con i dati forniti dall’Inps con cadenze periodiche.

[...] Segue in allegato

Fonte: INAIL

Circolare Inail n. 36 del 21 settembre 2018

ID 6851 | | Visite: 3197 | News Sicurezza

Circolare Inail n  36 del 21 settembre 2018

Circolare Inail n. 36 del 21 settembre 2018

Prestazione una tantum a favore dei malati di mesotelioma non professionale o dei loro eredi per il triennio 2018-2020. Articolo 1, comma 186, della legge 27 dicembre 2017, n. 205

La legge finanziaria per il 20081 ha istituito presso l’Inail, con contabilità autonoma e separata, il "Fondo per le vittime dell’amianto”, finanziato con risorse provenienti per tre quarti dal bilancio dello Stato e per un quarto dalle imprese.

La stessa legge ha previsto quali soggetti destinatari della prestazione economica del Fondo i lavoratori titolari di rendita diretta, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 e successive modificazioni, ai quali sia stata riconosciuta una patologia asbesto-correlata per esposizione all’amianto, nonché i familiari dei lavoratori vittime dell’amianto titolari di rendita a superstiti.

Il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze 12 gennaio 2011, n. 30 ha regolamentato il finanziamento del Fondo e le modalità di erogazione della suddetta prestazione aggiuntiva.

Con l’articolo 1, comma 116, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) le prestazioni erogate dal suddetto Fondo sono state estese, in via sperimentale per gli anni 2015-2017, ai malati di mesotelioma riconducibile a “rischio ambientale” o a “esposizione familiare”.

Il successivo decreto interministeriale del 4 settembre 2015 ha fissato la misura della prestazione in euro 5.600, nonché le modalità di erogazione della prestazione medesima.

L’articolo 1, comma 186, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio 2018) ha previsto l’erogazione del beneficio assistenziale in argomento a favore dei malati di mesotelioma non professionale o ai loro eredi anche per il prossimo triennio 2018-2020.

Il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze del 24 aprile 2018 ha dato attuazione al suddetto articolo 1, comma 186, specificando il quantum del beneficio e, altresì, le modalità di erogazione da parte dell’Istituto.

Con la presente circolare, acquisito il parere favorevole del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con nota del 14 settembre 2018, n. 6571, si forniscono le istruzioni in merito all’applicazione della disposizione in oggetto.

Soggetti aventi diritto

Gli aventi diritto alla prestazione una tantum sono tutti i soggetti, indipendentemente dalla loro cittadinanza, che risultino affetti da mesotelioma contratto o per esposizione familiare a lavoratori impiegati in Italia nella lavorazione dell’amianto ovvero per esposizione ambientale avvenuta sul territorio nazionale.

Nell’ipotesi di decesso dei predetti soggetti, la prestazione una tantum può essere corrisposta agli eredi, e ripartita tra gli eredi stessi. [...]

Esposizione familiare o ambientale all’amianto

Premesso che, come sopra rappresentato, l’esposizione all’amianto deve essere avvenuta sul territorio italiano, si evidenzia, come già indicato nella circolare Inail 6 novembre 20154 , n. 76, che i periodi di esposizione devono essere, comunque, compatibili, data la lunga latenza della patologia in questione, con l’insorgenza della malattia.

A tale riguardo, sulla base delle evidenze della letteratura scientifica si ritiene di poter considerare utile, ai fini del riconoscimento del beneficio in oggetto, una latenza di almeno dieci anni dall’inizio dell’esposizione.

Con riferimento all’"esposizione familiare”, la sussistenza di tale esposizione deve risultare dalla documentazione attestante che il soggetto abbia convissuto in Italia con il familiare in un periodo in cui quest’ultimo era impiegato, sempre in Italia, in una lavorazione che lo esponeva all’amianto. L’insorgenza della patologia deve essere compatibile con i periodi della predetta convivenza.

Riguardo all’"esposizione ambientale”, tenuto conto della presenza ubiquitaria e diffusa delle fibre di amianto sul territorio, la prestazione può essere riconosciuta sulla base della documentazione attestante la residenza sul territorio nazionale del soggetto richiedente in periodi compatibili con l’insorgenza di una patologia asbesto-correlata.

[...] Continua in allegato

In allegato inoltre:

- Modulo 190 - circolare n. 36/2018
Allegato 1 alla circolare Inail n. 36 del 21 settembre 2018 - Istanza prestazione una tantum fondo vittime dell’amianto per mesotelioma di origine non professionale
Aggiornamento: 21 settembre 2018

- Modulo 190/E - circolare n. 36/2018
Anno 2018/2020 - Istanza eredi prestazione una tantum fondo vittime dell’amianto per mesotelioma di origine non professionale
Aggiornamento: 21 settembre 2018

Fonte: INAIL

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Cassazione Penale Sent. Sez. 3 n. 38905 | 24 agosto 2018

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Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sent. Sez. 3 n. 38905 | 24 agosto 2018

Designazione RSPP non costituisce delega di funzioni e non è sufficiente a sollevare il datore di lavoro dalle responsabilità in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro

Penale Sent. Sez. 3 Num. 38905 Anno 2018

Penale Sent. Sez. 3 Num. 38905 Anno 2018
Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: SOCCI ANGELO MATTEO
Data Udienza: 27/04/2018

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di Firenze con sentenza del 18 febbraio 2016, ha condannato S.C. alla pena di € 4.000,00 di ammenda relativamente ai reati di cui agli art. 181, comma 2, e 219, comma 1, sub a, d. Lgs. 81/2008 (capo A), 168, comma 2, e 170, comma 1, sub a, d. Lgs. 81/2008 (capo E3); reati accertati il 17 ottobre 2011.
2. S.C. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p.
2. 1. Violazione di legge, art. 43, cod. pen. e mancanza della motivazione relativamente all'elemento psicologico del reato.
Il Tribunale si è limitato a richiamare i principi relativi alla nomina del responsabile della sicurezza, senza analizzare, in concreto, la sussistenza dell'elemento psicologico del reato in capo al ricorrente. L'imputazione addebita al ricorrente il mancato aggiornamento della valutazione dei rischi vibrazione, nonché la non congruità della valutazione dei rischi relativi alla movimentazione manuale dei carichi di lavori. Il ricorrente aveva nominato il 2 gennaio 2010 sino al 23 settembre 2012 il Geologo D.F., quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione, dotato di ampie e comprovate competenze i materia. Il datore di lavoro non può adempiere da solo ai compiti in oggetto, in quanto non munito della richiesta preparazione specifica, e quindi si deve affidare ad un esperto; come fatto dal ricorrente nel caso in odierno giudizio.
Manca nella condotta del ricorrente l'elemento soggettivo del reato, in quanto egli ha semplicemente recepito le elaborazioni del responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Il datore di lavoro non deve scontare la non completa diligenza del professionista incaricato, individuato, peraltro, senza alcuna culpa in eligendo essendo egli dotato di adeguati titoli professionali.
Ha chiesto quindi l'annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza del motivo e per genericità, articolato in fatto.
La sentenza impugnata, con adeguata motivazione, e con l'applicazione corretta della giurisprudenza di questa Corte di Cassazione in materia, ha rilevato come la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non determina una delega effettiva delle funzioni e, quindi, non esonera il datore di lavoro dagli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
La giurisprudenza di questa Corte sul punto, infatti, è costante nel ritenere inidonea la nomina del responsabile, del servizio di prevenzione e protezione, ad escludere la responsabilità del datore di lavoro: « La mera designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non costituisce una delega di funzioni e non è dunque sufficiente a sollevare il datore di lavoro ed i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. (In motivazione, la Corte ha precisato che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione svolge un ruolo di consulente in materia antinfortunistica del datore di lavoro ed è privo di effettivo potere decisionale)» (Sez. 4, n. 24958 del 26/04/2017 - dep. 19/05/2017, Rescio, Rv. 27028601; vedi anche Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 26110701).
Sul punto, del resto, il ricorso è estremamente generico, limitandosi a sostenere che la mera nomina, del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, escluderebbe l'elemento soggettivo.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di € 2.000,00 e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/04/2018

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Linee guida gas radon luoghi di lavoro sotterranei

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Linee guida gas radon luoghi di lavoro sotterranei

Linee guida gas radon luoghi di lavoro sotterranei

Linee guida per le misure di concentrazione di radon in aria nei luoghi di lavoro sotterranei, 2003 (Coordinamento delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano)

Le modifiche e integrazioni apportate dal D. Lgs. 26 maggio 2000, n. 241 al D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230 in materia di radiazioni ionizzanti comportano tra l'altro l'introduzione della tutela dei lavoratori nei confronti dei rischi da esposizione a sorgenti di radiazioni naturali; le attività lavorative considerate sono:
- quelle durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon e del toron, o radiazioni gamma o ogni altra esposizione in particolari luoghi di lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei, oppure in superficie in zone ben individuate o in luoghi di lavoro con caratteristiche determinate;
- quelle che implicano l’uso o lo stoccaggio di materiali abitualmente non considerati radioattivi ma che contengono radionuclidi naturali, o che comportano la produzione di residui abitualmente non considerati radioattivi ma che contengono radionuclidi naturali, e che provocano un aumento significativo dell’esposizione dei lavoratori e/o di persone del pubblico;
- quelle in stabilimenti termali o quelle connesse ad attività estrattive non disciplinate dal Capo IV;
- quelle su aerei, per quanto riguarda il personale navigante.

Sono previsti una serie di obblighi per gli esercenti le attività di cui sopra, i quali devono provvedere, a seconda dei casi, a misurazioni di radon e/o a valutazioni di esposizione nei luoghi di lavoro; in caso di superamento dei livelli di azione fissati nell’Allegato 1 bis, gli esercenti, oltre a darne comunicazione alla Azienda Sanitaria Locale competente per territorio, all’Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente e alla Direzione provinciale del lavoro, devono adottare, avvalendosi dell’Esperto qualificato, azioni di rimedio entro tempi definito.

D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230
...
Capo I Campo di applicazione - principi generali di protezione dalle radiazioni ionizzanti.

Art. 1. Campo di applicazione

1. Le disposizioni del presente decreto si applicano:

a) alla costruzione, all'esercizio ed alla disattivazione degli impianti nucleari;
b) a tutte le pratiche che implicano un rischio dovuto a radiazioni ionizzanti provenienti da una sorgente artificiale o da una sorgente naturale nei casi in cui i radionuclidi naturali siano o siano stati trattati per le loro proprieta' radioattive fissili o fertili e cioe':

1) alla produzione, trattamento, manipolazione, detenzione, deposito, trasporto, importazione, esportazione, impiego, commercio, cessazione della detenzione, raccolta e smaltimento di materie radioattive;
2) al funzionamento di macchine radiogene;
3) alle lavorazioni minerarie secondo la specifica disciplina di cui al capo IV;

b-bis) alle attivita' lavorative diverse dalle pratiche di cui ai punti 1, 2 e 3 che implicano la presenza di sorgenti naturali di radiazioni, secondo la specifica disciplina di cui al capo III-bis;

b-ter) agli interventi in caso di emergenza radiologica o nucleare o in caso di esposizione prolungata dovuta agli effetti di un'emergenza oppure di una pratica o di un'attivita' lavorativa non piu' in atto, secondo la specifica disciplina di cui al capo X.
...

Capo III-bis ESPOSIZIONI DA ATTIVITA' LAVORATIVE CON PARTICOLARI SORGENTI NATURALI DI RADIAZIONI

Art. 10-bis Campo di applicazione

1. Le disposizioni del presente capo si applicano alle attività lavorative nelle quali la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo aumento dell'esposizione dei lavoratori o di persone del pubblico, che non può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione.

Tali attività comprendono:

a) attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in particolari luoghi di lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei;

b) attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron, o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in luoghi di lavoro diversi da quelli di cui alla lettera a) in zone ben individuate o con caratteristiche determinate;

c) attivita lavorative implicanti l'uso o lo stoccaggio di materiali abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell'esposizione dei lavoratori e, eventualmente, di persone del pubblico;

d) attività lavorative che comportano la produzione di residui abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell'esposizione di persone del pubblico e, eventualmente, dei lavoratori;

e) attività lavorative in stabilimenti termali o attività estrattive non disciplinate dal capo IV;

f) attività lavorative su aerei per quanto riguarda il personale navigante.

2. Le attività lavorative di cui al comma 1 sono quelle cui siano addetti i lavoratori di cui al capo VIII.

Art. 10-ter Obblighi dell'esercente

1. Nei luoghi di lavoro nei quali si svolgono le attività lavorative di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettera a), l'esercente, entro ventiquattro mesi dall'inizio dell'attività, procede alle misurazioni di cui all'allegato I-bis, secondo le linee guida emanate dalla Commissione di cui all'articolo 10-septies.

2. Nei luoghi di lavoro nei quali si svolgono le attività lavorative di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettera b), in zone o luoghi di lavoro con caratteristiche determinate individuati dalle regioni e province autonome, ai sensi dell'articolo 10-sexies, ad elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di radon, l'esercente procede, entro ventiquattro mesi dall'individuazione o dall'inizio dell'attività, se posteriore, alle misurazioni di cui all'allegato I-bis secondo le linee guida emanate dalla Commissione di cui all'articolo 10-septies e a partire dai locali seminterrati o al piano terreno.

3. Nei luoghi di lavoro nei quali si svolgono le attività lavorative di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettere c), d), limitatamente a quelle indicate nell'allegato 1-bis, ed e), l'esercente, entro ventiquattro mesi dall'inizio della attività, effettua una valutazione preliminare sulla base di misurazioni effettuate secondo le indicazioni e le linee guida emanate dalla Commissione di cui all'articolo 10-septies. Nel caso in cui le esposizioni valutate non superino il livello di azione di cui all'allegato I-bis, l'esercente non è tenuto a nessun altro obbligo eccettuata la ripetizione delle valutazioni con cadenza triennale o nel caso di variazioni significative del ciclo produttivo. Nel caso in cui risulti superato il livello di azione, l'esercente è tenuto ad effettuare l'analisi dei processi lavorativi impiegati, ai fini della valutazione dell'esposizione alle radiazioni ionizzanti dei lavoratori, ed eventualmente di gruppi di riferimento della popolazione, sulla base della normativa vigente, delle norme di buona tecnica e, in particolare, degli orientamenti tecnici emanati in sede comunitaria. Nel caso in cui risulti superato l'80 per cento del livello di azione in un qualsiasi ambiente cui le valutazioni si riferiscano, l'esercente è tenuto a ripetere con cadenza annuale le valutazioni secondo le indicazioni e le linee guida emanate dalla Commissione di cui all'articolo 10-septies.

4. Per le misurazioni previste dai commi 1 e 2, l'esercente si avvale di organismi riconosciuti ai sensi dell'articolo 107, comma 3, o, nelle more dei riconoscimenti, di organismi idoneamente attrezzati, che rilasciano una relazione tecnica contenente il risultato della misurazione.

5. Per gli adempimenti previsti dal comma 3, l'esercente si avvale dell'esperto qualificato. L'esperto qualificato comunica, con relazione scritta, all'esercente: il risultato delle valutazioni effettuate, i livelli di esposizione dei lavoratori, ed eventualmente dei gruppi di riferimento della popolazione, dovuti all'attività, le misure da adottare ai fini della sorveglianza delle esposizioni e le eventuali azioni correttive volte al controllo e, ove del caso, alla riduzione delle esposizioni medesime.
...

Capo VIII Protezione sanitaria dei lavoratori

Art. 59. Attivita' disciplinate - Vigilanza

1. Le norme del presente capo si applicano alle attivita' di cui all'articolo 1 alle quali siano addetti lavoratori subordinati o ad essi equiparati ai sensi dell'articolo 60, ivi comprese le attivita' esercitate dallo Stato, dagli enti pubblici, territoriali e non territoriali, dagli organi del servizio sanitario nazionale, dagli istituti di istruzione, dalle universita' e dai laboratori di ricerca.

2. La vigilanza per la tutela dai rischi da radiazioni dei lavoratori addetti alle attivita' di cui al comma 1 e' affidata, oltre che all'ANPA, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che la esercita a mezzo dell'Ispettorato del lavoro e, nel caso di macchine radiogene, agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio.

3. E' fatta salva l'apposita disciplina prevista per le attivita' di cui al capo IV. 4. Il rispetto delle norme del presente capo non esaurisce gli obblighi cui sono tenuti i datori di lavoro, i dirigenti, i preposti, i lavoratori e i medici competenti, ai sensi del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per il quale restano altresi' ferme le attribuzioni in ordine alle funzioni di vigilanza stabilite ai sensi dello stesso decreto.
...

Allegato I-bis

1. Elenco delle attivita' lavorative di cui all'articolo 10-bis, comma l, lettere c) e d):

a) industria che utilizza minerali fosfatici e depositi per il commercio all'ingrosso di fertilizzanti;
b) lavorazione di minerali nella estrazione di stagno, ferro-niobio da pirocloro e alluminio da bauxite;
c) lavorazione di sabbie zirconifere e produzione di materiali refrattari;
d) lavorazione di terre rare;
e) lavorazione ed impiego di composti del tono, per quanto concerne elettrodi per saldatura con torio, produzione di lenti o vetri ottici e reticelle per lampade a gas;
f) produzione di pigmento al biossido di titanio;
g) estrazione e raffinazione di petrolio ed estrazione di gas, per quanto concerne presenza e rimozione di fanghi e incrostazioni in tubazioni e contenitori.

2. Definizioni Livello di azione Valore di concentrazione di attivita' di radon in aria o di dose efficace, il cui superamento richiede l'adozione di azioni di rimedio che riducano tale grandezza a livelli piu' bassi del valore fissato. Radon Deve intendersi l'isotopo 222 del radon. Toron Deve intendersi l'isotopo 220 del radon.

3. Misurazioni Le misurazioni di cui all'articolo 10-ter, commi 1 e 2, sono fissate in concentrazioni di attivita' di radon medie in un anno.

4. Livelli di azione

a) Per i luoghi di lavoro di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettere a) e b), il livello di azione e' fissato in termini di 500 Bq/m (elevato) di concentrazione di attivita' di radon media in un anno.

b) Per i luoghi di lavoro di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettere c), d) ed e)y il livello di azione per i lavoratori e' fissato in termini di 1 mSv/anno di dose efficace.

In questo livello di azione non si tiene conto dell'eventuale esposizione a radon derivante dalle caratteristiche geofisiche e costruttive dell'ambiente su cui viene svolta l'attivita' lavorativa, per la quale esposizione si applica il livello di azione di cui alla lettera a), fatta eccezione per gli stabilimenti termali.

c) Per i luoghi di lavoro di cui all'articolo 10-bis, comma l, lettere c) e d), il livello di azione per le persone del pubblico e' fissato in termini in 0,3 mSv/anno di dose efficace. d) Il datore di lavoro non e' tenuto, ai sensi dell'art. 10-quinquies comma 8, a porre in essere azioni di rimedio ove la dose di cui allo stesso comma non sia superiore a 3 mSv/anno.
...

________

Linee guida gas radon luoghi di lavoro sotterranei

Secondo l’articolo 10-ter, comma 4, del D. Lgs. 230/95, per le misurazioni previste al comma 1 dello stesso articolo l’esercente si avvale di organismi riconosciuti ai sensi dell’articolo 107, comma 3, o, nelle more del riconoscimento, di organismi idoneamente attrezzati.
...

1.2 Definizioni di luogo di lavoro e di ambiente sotterraneo


Luoghi di lavoro: devono intendersi quei luoghi destinati a contenere posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo nell’area della medesima azienda ovvero unità produttiva comunque accessibile per il lavoro (art. 30 del DLgs 626/94).

Ambiente sotterraneo: la definizione di ambiente sotterraneo è contenuta di solito nei regolamenti comunali edilizi e di igiene, che vengono stilati sulla base delle linee guida dettate a scopo di uniformità dalle singole Regioni.

Le definizioni differiscono essenzialmente per due aspetti: in primo luogo per piccole differenze riguardanti la posizione del solaio rispetto al piano di campagna; in secondo luogo per la presenza o meno di un accesso diretto dall’esterno.

Nell’ambito e per i fini delle presenti linee guida, indipendentemente dalle definizioni di sotterraneo che sono contenute nei regolamenti edilizi comunali, si ritiene di adottare per i locali o ambienti sotterranei la seguente definizione:

- locale o ambiente con almeno tre pareti interamente sotto il piano di campagna, indipendentemente dal fatto che queste siano a diretto contatto con il terreno circostante o meno.

Tale definizione include fra i locali sotterranei nei quali effettuare le misure anche tutti quelli che hanno una apertura verso l’esterno (per esempio i locali pubblici che hanno di norma un ingresso sulla strada) ed i locali che sono circondati da una intercapedine aerata.

Considerato che numerosi studi hanno messo in evidenza la variabilità della concentrazione di radon anche fra ambienti contigui, le misure dovranno in generale essere effettuate in ogni locale fisicamente separato; il risultato della media annuale del singolo locale dovrà essere confrontato con il livello di azione di 500 Bq/m3 introdotto dalla normativa.

_______

Attuazione livelli di azione

I livelli di azione si attuano, quindi, a partire da concentrazioni di 500 Bq/m3:

A) se la misura è inferiore all’80% del livello di azione (cioè < 400 Bq/m3) l’obbligo è risolto e bisogna ripetere la misura solo se variano le condizioni di lavoro;

B) se la misura è tra l’80% e il 100% del livello di azione (400-500 Bq/m3) l’obbligo si risolve con la ripetizione annuale della misura;

C) se la misura supera il livello di azione (cioè > 500 Bq/m3) si dovrà:
1. spedire agli Organi di controllo la relazione di misura
2. incaricare un Esperto Qualificato per la valutazione della dose efficace assorbita dai singoli lavoratori
3. procedere alla verifica della dose efficace. Se essa è inferiore a 3 mSv/anno, l’obbligo si risolve con la ripetizione della misura annualmente; se la dose efficace è superiore o uguale a 3 mSv/anno:
3.i. l’Esperto Qualificato procederà alla valutazione del rischio
3.ii. il datore di lavoro predisporrà le azioni di rimedio e al termine ripete la misura. Se anche la nuova misura avrà valori superiori a 3 mSv/anno, il datore di lavoro:
3.ii.1. incaricherà un Esperto Qualificato per la sorveglianza fisica. Oltre all’utilizzo delle apposite protezioni individuali di terza categoria, consistenti in maschere facciali, i lavoratori devono essere muniti di dosimetro
3.ii.2. incaricherà un medico per la sorveglianza medica dei lavoratori, come da D.Lgs. n. 230/1995
3.ii.3. predisporrà ulteriori azioni di rimedio come una continua ventilazione forzata e aspirazione e ripeterà la misurazione.

Se la dose efficace a questo punto sarà inferiore a 3 mSv/anno, l’obbligo si risolve con la ripetizione della misurazione annuale.

Coordinamento delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano 2003

Collegati

Depositi di carta: Quadro normativo Prevenzione Incendi

ID 6825 | | Visite: 92228 | Prevenzione Incendi

Depositi carta prevenzione incendi

Depositi di carta: Quadro normativo Prevenzione Incendi / Att. 34 DPR 151/2011 / Rev. 1.0 2022

ID 6825 | Rev. 1.0 del 06.03.2022

In allegato Documento quadro normativo di Prevenzione Incendi per l'attività n. 34 Depositi di carta, cartoni e prodotti cartotecnici, archivi di materiale cartaceo, biblioteche, depositi per la cernita della carta usata, di stracci di cascami e di fibre tessili per l’industria della carta, con quantitativi in massa superiori a 5.000 kg.

Attività rientrante nell'Obbligo del Codice di Prevenzione Incendi

Con Decreto 12 aprile 2019 Modifiche al Testo Unico PI (RTO) - Eliminazione doppio binario

Modifiche al decreto 3 agosto 2015, recante l'approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 (GU n.95 del 23-04-2019) Entrata in vigore: 20.10.2019

L'attività 34 è soggetta all'obbligo di applicazione del Decreto 3 agosto 2015.

Attività 34 (Attività non normata)

DPR 151/2011
Attività n. 34 34 - A 34 - B 34 - C
Depositi di carta, cartoni e prodotti
cartotecnici, archivi di materiale cartaceo,
biblioteche, depositi per la cernita della
carta usata, di stracci di cascami e di fibre
tessili per l’industria della carta, con
quantitativi in massa superiori a 5.000 kg.
--- Fino a 50.000 kg Oltre 50.000 kg
DM 16/02/82
Attività n. 43  
Depositi di carta, cartoni e prodotti cartotecnici nonché depositi per la cernita della carta usata, di stracci, di cascami e di fibre tessili per l’industria della carta con quantitativi superiori a 50 q.li

La nuova attività inserisce, fra i depositi di carta, gli "archivi di materiale cartaceo e le biblioteche".

Per essa si deve adottare la procedura prevista alla lettera A dell’allegato I al DM 07/08/2012 per le attività non normate. Per tale attività il chiarimento Chiarimento 17/07/03, n° P682/4101 sott. 106/77 individua la sua assoggettabilità ai controlli di prevenzione incendi.

Le norme tecniche da applicare possono essere quelle di cui alle specifiche disposizioni di prevenzione incendi di cui ai decreti del Ministro dell’interno di seguito indicati, ovvero ai vigenti criteri tecnici di prevenzione incendi di cui all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, fra i quali il DM 10/03/98, o, in alternativa, quelle riportate nel Codice di Prevenzione Incendi DM 03/08/2015.

Per gli archivi, come norma di riferimento, si può utilizzare la parte specifica del Decreto 22/02/2006 (vedi sotto) relativo agli edifici e/o locali destinati ad uffici (att. 71), mentre per gli edifici di interesse storico-artistico, destinati a biblioteche od archivi, si può utilizxzare il DPR 30/06/95 n. 418 (vedi sotto) (att. 72). 

Decreto 22 febbraio 2006 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio di edifici e/o locali destinati ad uffici.
(GU n. 51 del 02.03.2006)

D.P.R. n. 418 del 30/6/1995 Norme di sicurezza antincendio per gli edifici di interesse storico-artistico destinati a biblioteche ed archivi.
(GU n.235 del 07.10.1995)

Documento completo in allegato

Depositi carta   Quadro normativo prevenzione incendi

Normativa principale 

Decreto 22 febbraio 2006 (per archivi all'interno di edifici adibiti ad uffici rientranti nel campo di applicabilità del decreto stesso)

Decreto 22 febbraio 2006

Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio di edifici e/o locali destinati ad uffici.
(GU n. 51 del 02.03.2006)
...

REGOLA TECNICA DI PREVENZIONE INCENDI PER LA PROGETTAZIONE, LA COSTRUZIONE E L’ESERCIZIO DI EDIFICI E/O LOCALI DESTINATI AD UFFICI CON OLTRE 25 PERSONE PRESENTI.

8. Attivita' accessorie.

8.3. Archivi e depositi.

8.3.1. Archivi e depositi di materiali combustibili con superficie fino a 15 m2.

1. E’ consentito destinare ad archivi e depositi di materiali combustibili locali di piano di superficie non eccedente 15 m2 , anche privi di aerazione naturale, alle seguenti condizioni: gli elementi di separazione e le porte di accesso, munite di dispositivo di autochiusura, devono possedere caratteristiche di resistenza al fuoco almeno EI/EI 30; il locale deve essere protetto con rivelatori di incendio collegati all’impianto di segnalazione e allarme; all’esterno del locale, in prossimita' della porta di accesso, deve essere posizionato almeno un estintore portatile avente carica minima pari a 6 kg e capacita' estinguente non inferiore a 21A 89B; il carico di incendio deve essere limitato a 30 kg/m2.

8.3.2. Archivi e depositi di materiali combustibili con superficie fino a 50 m2.

1. E’ consentito destinare ad archivi e depositi di materiali combustibili locali di piano di superficie non eccedente 50 m2 , alle seguenti condizioni: gli elementi di separazione e le porte di accesso, munite di dispositivo di autochiusura, devono possedere caratteristiche di resistenza al fuoco almeno REI/EI 60; la superficie di aerazione naturale non deve essere inferiore ad 1/40 della superficie in pianta. Ove non sia possibile raggiungere per l’aerazione naturale il rapporto di superficie predetto, e' ammesso il ricorso alla aerazione meccanica con portata di 3 volumi ambiente/ ora, da garantire anche in situazioni di emergenza, sempreche¤ sia assicurata una superficie di aerazione naturale pari almeno al 25% di quella richiesta. L’aerazione naturale puo' essere ottenuta anche tramite camini di ventilazione; il locale deve essere protetto con rivelatori di incendio collegati all’impianto di segnalazione e allarme; sia all’interno che all’esterno del locale, in prossimita' della porta di accesso, deve essere posizionato almeno un estintore portatile avente carica minima pari a 6 kg e capacita' estinguente non inferiore a 34A 144B; il carico di incendio deve essere limitato a 60 kg/m2 .

8.3.3. Archivi e depositi di materiali combustibili con superficie superiore a 50 m2.

1. E’ consentito destinare ad archivi e depositi di materiali combustibili locali ubicati ai piani fuori terra e/o ai piani 1° e 2° interrato, di superficie superiore a 50 m2 , alle seguenti condizioni: la superficie lorda di ogni singolo locale non puo' essere superiore a 1000 m2 per i piani fuori terra e a 500 m2 per i piani interrati; gli elementi di separazione e le porte di accesso, munite di dispositivo di autochiusura, devono possedere caratteristiche di resistenza al fuoco congrue con il carico di incendio e comunque almeno REI/EI 90; la superficie di aerazione naturale non deve essere inferiore ad 1/40 della superficie in pianta. Ove non sia possibile raggiungere per l’aerazione naturale il rapporto di superficie predetto, e' ammesso il ricorso alla aerazione meccanica con portata di 3 volumi ambiente/ ora, da garantire anche in situazioni di emergenza, sempreche¤ sia assicurata una superficie di aerazione naturale pari almeno al 25% di quella richiesta; l’aerazione naturale puo' essere ottenuta anche tramite camini di ventilazione; il deposito deve essere protetto da impianto automatico di rivelazione, segnalazione ed allarme; all’interno di ogni locale deve essere previsto un congruo numero di estintori portatili aventi carica minima pari a 6 kg e capacita' estinguente non inferiore a 34A 144B; il carico di incendio deve essere limitato a 60 kg/m2.

2. Per depositi con carico di incendio superiore a 60 kg/m2 ovvero con superficie superiore a 200 m2 , devono essere rispettate le seguenti ulteriori condizioni: l’accesso deve avvenire dall’esterno, attraverso spazio scoperto o intercapedine antincendi, oppure dall’interno, tramite filtro a prova di fumo; l’aerazione, esclusivamente di tipo naturale, deve essere ricavata su parete attestata su spazio scoperto ovvero, per i locali interrati, su intercapedine antincendi; il locale deve essere protetto da impianto di spegnimento automatico.

DPR 30/06/95 n. 418 (biblioteche e archivi in edifici di interesse storico-artistico)

DPR 30/06/95 n. 418

Norme di sicurezza antincendio per gli edifici di interesse storico-artistico destinati a biblioteche ed archivi
(GU n.235 del 07.10.1995)

Art. 1 - Campo di applicazione
1. Le presenti norme di sicurezza si applicano agli edifici pubblici e privati che, nella loro globalità, risultino normalmente sottoposti a tutela ai sensi della legge 1 giugno 1939, n. 1089 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 184 dell'8 agosto 1939), destinati a contenere biblioteche ed archivi.
2. Dette norme hanno per fine la sicurezza degli edifici e la buona conservazione dei materiali in essi contenuti.
...
Art. 5 - Depositi
1. Nei depositi il materiale ivi conservato deve essere posizionato all'interno del locale in scaffali e/o contenitori metallici consentendo passaggi liberi non inferiori a 0,90 m tra i materiali ivi depositati.
2. Le comunicazioni tra questi locali ed il resto dell'edificio debbono avvenire tramite porte REI 120 munite di congegno di autochiusura.
3. Nei depositi il cui carico di incendio è superiore a 50 kg/m2 debbono essere installati impianti di spegnimento automatico collegati ad impianti di allarme.
4. Nei locali dovrà essere assicurata la ventilazione naturale pari a 1/30 della superficie in pianta o n. 2 ricambi ambiente/ora con mezzi meccanici.
...

Procedure

Data Chiarimento/Circolare Argomento
17/07/2003 Chiarimento 17/07/03, n° P682/4101 sott. 106/77 Punti 42 e 43 dell’allegato al D.M. 16 febbraio 1982.


Chiarimento PROT. n° P682/4101 sott. 106/77

Roma, 17 luglio 2003

OGGETTO: Punti 42 e 43 dell’allegato al D.M. 16 febbraio 1982.

QUESITO: Con riferimento alle attività in oggetto, si chiede di conoscere se uno stabilimento per l’allestimento di carta e/o prodotti cartotecnici con numero di addetti inferiori a 25, con quantitativi globali di materiale in deposito o lavorazione inferiore a 500 q.li ma con deposito comunque di entità superiore a 50 q.li, si configuri come attività rientrante al punto 43 del D.M. 16.02.1982, posto che il tenore letterale della definizione del punto 42 sembrerebbe escludere tale evenienza.

RISPOSTA: In relazione al quesito inerente l’oggetto di cui alla nota che si riscontra, lo scrivente Ufficio è dell’avviso che l’attività descritta rientri tra quelle individuate al punto 43 dell’elenco allegato al D.M. 16 febbraio 1982.

Att. 42 Stabilimenti ed impianti per la produzione della carta e dei cartoni e di allestimento di prodotti cartotecnici in genere con oltre 25 addetti o con materiale in lavorazione e/o in deposito superiore a 50.000 kg

Att. 43 Depositi di carta, cartoni e prodotti cartotecnici, archivi di materiale cartaceo, biblioteche, depositi per la cernita della carta usata, di stracci di cascami e di fibre tessili per l'industria della carta, con quantitativi in massa superiori a 5.000 kg.


Norme applicabili

Disposizioni specifiche P.I.

D.M. 30 novembre 1983
Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi

D.M. 10/03/1998
Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro

DM 31/03/2003
Requisiti di reazione al fuoco dei materiali costituenti le condotte di distribuzione e ripresa dell’aria degli impianti di condizionamento e ventilazione.

DM 03/11/2004
Disposizioni relative all’installazione ed alla manutenzione dei dispositivi per l’apertura delle porte installate lungo le vie di esodo, relativamente alla sicurezza in caso d’incendio.

DM 15/03/2005
Requisiti di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione installati in attività disciplinate da specifiche disposizioni tecniche di prevenzione incendi in base al sistema di classificazione europeo.

DM 15/09/2005
Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per i vani degli impianti di sollevamento ubicati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi

Decreto 16/02/2007
Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione.

DM 09/03/2007
Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

DM 20/12/2012
Regola tecnica di prevenzione incendi per gli impianti di protezione attiva contro l’incendio installati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.

Codice di Prevenzione incendi

Codice di Prevenzione incendi

DM 03/08/2015
Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.

Normativa/Prassi

Data

Normativa/Prassi

24/09/1985

Lettera circolare prot. n. 19917/4161 del 24-09-1985
Prevenzione incendi negli archivi - Interpretazione norme esistenti

22/02/2006

DM 22/02/06
Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio di edifici e/o locali destinati ad uffici.

08/06/2011

Chiarimento PROT. n° 0008274 213/032101.01.4122.056
Quesito in merito all’applicazione del D.M. 09/03/2007. (Relativo alle caratteristiche R/REI che deve avere un  soppalco metallico, seppure indipendente dalle restanti strutture, quando incorporato in modo permanente in una costruzione con livello II di prestazione. N.d.R.)

21/05/2013

Chiarimento 21/05/13, n° 6959
Rinvii al D.M. 16/02/1982 effettuati da regole tecniche di prevenzione incendi. (Relativo a quali attività considerare quando una regola tecnica, preesistente all’entrata in vigore del DPR 151/2011, rinvii alle attività dell’abrogato DM 16/02/82 o si riferisca genericamente alle “attività soggette a controllo” e, per esclusione, “non soggette”. N.d.R.)

11/03/2014

Chiarimento 11/03/14 n. 2843
Archivio di Stato sito in XXXX, Via YYYY - richiesta parere. (Relativo alla possibilità di applicazione del DPR 418/95 - inerente le misure di prevenzione incendi per gli archivi storici in edifici vincolati - ad edifici non sottoposti a tutela dello stato. N.d.R.)

15/12/2015

Chiarimento 15/12/15 n° 14801
Classificazione di resistenza al fuoco per le scaffalature metalliche installate all’interno di un edificio magazzino - Quesito

Altro

ISO 11799:2015 
Information and documentation - Document storage requirements for archive and library materials

Annex A - Fire



Collegati

D.M. 15 settembre 2005

ID 6828 | | Visite: 11957 | Prevenzione Incendi

D M  15 Settembre 2005 PI vani impianti di sollevamento

D.M. 15 settembre 2005

Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per i vani degli impianti di sollevamento ubicati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.

(G.U. n. 232 del 5/10/2005)

Stato normativo

Gli ascensori e i montacarichi, riportati come att. 95 nell’allegato al DM 16/02/82 come “Vani di ascensori e montacarichi in servizio privato, aventi corsa sopra il piano terreno maggiore di 20 metri, installati in edifici civili aventi altezza in gronda maggiore di 24 metri e quelli installati in edifici industriali di cui all’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1963, n. 1497.”, non sono stati inseriti nel DPR 151/2011, per cui gli stessi non sono più soggetti ai controlli di prevenzione incendi.
Essi, però, collegando i vari piani fra di loro, rappresentano una via di propagazione dell’incendio, per cui vanno progettati in modo da impedire la diffusione del fumo negli ambienti a loro collegati.
La norma che originariamente si era occupata dell’argomento è stato il DPR 29/05/63, n° 1497.
Con decreto 15 settembre 2005 è stato pubblicato il nuovo regolamento sull’argomento, che abroga la normativa preesistente in materia. Esso modifica anche i punti specifici dei decreti relativi agli edifici di civile abitazione, alle attività ricettive turistico-alberghiere e alle strutture sanitarie. 

Art. 1. Campo di applicazione

1. Nel rispetto della direttiva 95/16/CE la regola tecnica allegata al presente decreto si applica, in conformità alle specifiche prescrizioni di settore in materia di prevenzione incendi, ai vani degli impianti di sollevamento installati nelle nuove attività soggette ai controlli di prevenzione incendi ed in quelle esistenti, alla data di entrata in vigore del presente decreto, in caso di modifiche sostanziali.
2. Per modifiche sostanziali agli edifici si intendono:
a) l'installazione di nuovi impianti di sollevamento;
b) le modifiche costruttive degli impianti quali l'aumento delle fermate, oppure il cambiamento del tipo di azionamento;
c) la sostituzione delle pareti del vano di corsa, delle porte di piano, del locale del macchinario e/o delle pulegge di rinvio, se eseguita con materiali, modelli, dimensioni e/o criteri costruttivi diversi da quelli esistenti;
d) il rifacimento dei solai dell'edificio, quando coinvolge le strutture di pertinenza dell'impianto di sollevamento;
e) il rifacimento strutturale delle scale dell'edificio, quando coinvolge le strutture di pertinenza dell'impianto di sollevamento;
f) l'aumento in altezza dell'edificio, se coinvolgente le strutture di pertinenza dell'impianto di sollevamento;
g) il cambiamento della destinazione d'uso degli ambienti, interni all'edificio, in cui si esercitano attività riportate nell'allegato al decreto ministeriale 16 febbraio 1982 e successive modifiche ed integrazioni.
3. Per quanto non espressamente previsto nelle presenti disposizioni tecniche si rinvia alle specifiche prescrizioni tecniche di settore.

Art. 2. Obiettivi

1. Ai fini della prevenzione degli incendi, della sicurezza delle persone e della tutela dei beni contro i rischi di incendio, i vani degli impianti di sollevamento di cui all'art. 1 devono essere realizzati in modo da:
a) minimizzare le cause d'incendio;
b) limitare danni alle persone ed alle cose;
c) limitare danni all'edificio ed ai locali serviti;
d) limitare la propagazione di un incendio ad edifici e/o locali contigui;
e) consentire ai soccorritori di operare in condizioni di sicurezza.
...
segue in allegato

Collegati

Amianto e materiale rotabile ferroviario

ID 6661 | | Visite: 16994 | Documenti Riservati Sicurezza

Amianto materiale rotabile ferroviario

Amianto e materiale rotabile ferroviario

Schede 26.08.2018

Le Ferrovie dello Stato e le linee locali hanno fatto uso importante di amianto nei rotabili ferroviari dall'inizio del secolo fino agli anni 80, il presente articolo e Documento completo allegato, intende fornire un quadro generale della storia dell'uso, dell'epidemiologia e di studi rilevanti in merito, nel contesto della Salute e Sicurezza dei lavoratori.

I Documenti allegati:

1. Amianto e materiale rotabile ferroviario Rev. 00 2018
2. I mesoteliomi da amianto usato FS resoconto di 199 casi 2002
3. Mortalità coorte addetti riparazione carrozze ferroviarie Bologna 2012
4. Studio epidemiologico mortalità coorte lavoratori OGR Verona - 1989
5. Studio di coorte addetti OGR FF.SS. Foligno 1986
6. Indagine OGR Bologna 1981
7.
 Studio epidemiologico lavoratori dipendenti FS OGR di Bologna 2017

Storia dell'amianto in uso nei rotabili ferroviari

Le Ferrovie dello Stato e le linee locali hanno fatto molto uso di amianto nei rotabili ferroviari.

È opportuno distinguere i periodi di impiego individuando la metà degli anni 50 come linea di demarcazione ben netta.

Fino a quella data l'uso di amianto riguardava le locomotive a vapore, per le quali non vi sono ancora notizie precise circa la coibentazione della caldaia, con parti rivestite in nastri o corde per la protezione del rischio da contatto, e la linea di riscaldamento a vapore sviluppata verosimilmente negli anni 30.

Quest'ultimo sfruttava il vapore della locomotiva che poteva essere anche integrato da una carrozza caldaia. La condotta del vapore che correva sotto la carrozza era coibentata con lana di vetro ma i mezzi flessibili di accoppiamento erano rivestiti con nastro o corda di amianto; pure di amianto era la guarnizione di tenuta sulle flangie di accoppiamento.

Dalla fine degli anni 40 è iniziato l'uso di amianto sotto forma di cartoni per l’isolamento delle scaldiglie del riscaldamento elettrico.

Dalla metà degli anni 50 è iniziata la coibentazione sui nuovi rotabili con amianto spruzzato della varietà crocidolite.

All'inizio degli anni 60 fu deciso di estendere questo tipo di coibentazione a tutte le carrozze circolanti, tanto che il loro numero complessivo ammontava a circa 8.000.

La presenza di questi rivestimenti è proseguita fino agli anni 80 o fino alla dismissione dei vecchi modelli di carrozze che la montavano. Anche la dismissione delle locomotive a vapore è databile alla fine degli anni 70 inizio 80. 

Negli anni 90 le carrozze con la coibentazione della cassa in amianto friabile furono accantonate ed il programma di bonifica è stato completato all'inizio degli anni 2000.

Amianto materiale rotabile ferroviario 01
Fig. 1 - Attività di spruzzo di amianto della varietà crocidolite


Amianto rotabile 02
Fig. 2 - Attività di rimozione di amianto dal 1980 ca

Epidemiologia

Il rischio di esposizione ha interessato i macchinisti di locomotive a vapore e di locomotive elettriche, i costruttori di rotabili fino alla fine degli anni 70, i manutentori di rotabili fino alla fine degli anni 80 ed in misura minore il personale viaggiante.

Dagli ultimi dati emerge che il registro mesoteliomi (ReNaM) riporta per il settore della costruzione dei rotabili ferroviari 555 casi nel periodo che va dal 1993 al 2012.

Numero di esposizioni professionali definite nei casi di MM certo, probabile o possibile segnalati al ReNaM per categoria economica (1993 - 2012, N=15.014)

1 Industria metalmeccanica 1.  %
Industria metallurgica 1.243 8,3%
3 Estrazione e raffinerie di petrolio 589 3,9%
4 Estrazione di minerali 144 1,0%
5 Fabbricazione di prodotti in metallo 73  0,5%
6 Industria tessile 862  5,7%
7 Industria dei minerali non metalliferi (escluso cemento-amianto) 192  1,3%
8 Industria del cemento-amianto 468  3,1%
9 Rotabili ferroviari 505 3,4%
10 Cantieri navali 999 6,7%
11 Produzione e manutenzione mezzi di trasporto; officine di autoveicoli e motoveicoli 617  4,1%
.. ... ... ...

segue in allegato

Inoltre, considerando che il registro annovera circa 40 casi l’anno, con un conteggio fermo al 2012, si possono stimare ad oggi 2018 non meno di oltre 700 casi.

In particolare, nel 2002 i casi di mesotelioma nelle FS erano già 199, con un’incidenza assai superiore a quella delle costruzioni.Tenendo presente che per i primi anni non tutte le regioni avevano istituito il registro (che a tutt’oggi è carente per la provincia autonoma di Bolzano e per il Molise) e che comunque alcuni casi non risultano censiti, l’incidenza può essere calcolata in circa 750 casi.

I 505 casi sono riferiti sia al personale viaggiante che agli addetti alla manutenzione. Mentre gli operai, in officina, l’amianto lo hanno maneggiato e conseguentemente respirato, macchinisti e capitreno lo hanno invece ‘solo’ respirato. Come? Tutte le parti motoristiche e frenanti (soggette quindi ad alte temperature) delle locomotive a vapore, diesel, elettriche e tutte le carrozze e i carri per trasporto merci erano coibentati con amianto spruzzato e pannelli contenenti amianto che, col tempo, si sono convertiti da matrice compatta a friabile.

Non solo: anche per via dei sassi, del pietrisco bianco presente tra un binario e l’altro, il quale si ricopre di polvere di amianto, rilasciato dai dischi e dai ferodi dei freni dei convogli, la quale col vento si alza e si libera nell’aria. Aria che hanno respirato anche normali viaggiatori in sosta sulla banchine delle stazioni. Tali pietre, Rfi (Rete Ferroviaria Italiana), l’azienda delle Ferrovie che gestisce le infrastrutture sul territorio nazionale, si sta apprestando ad inertizzarle, anche se in alcune regioni, Puglia in special modo, le operazioni vanno a rilento per la presenza, ancora oggi, di treni con dischi in amianto.

Sono sotto osservazione anche tutte le altre officine di manutenzione rotabili italiane, poiché tutti coloro che a seguito della legge 257/92 (norme sulla cessazione dell’impiego di amianto) vennero interessati da una enorme mole di lavoro di rimozione e smaltimento di coibentanti in amianto sono a rischio di sviluppo malattie asbesto correlate, senza contare i tanti che purtroppo ne sono già affetti o hanno già pagato con la vita.

L’esposizione all’asbesto, per montatori di carpenteria metallica, meccanici e saldatori e lattonieri, è stata determinata anche dall’applicazione a spruzzo di amianto in fibra sulle parti interne delle scocche metalliche di motrici e carrozze passeggeri, postali e bagagliai. In aggiunta, il materiale killer era utilizzato nel rivestimento dei mezzi di accoppiamento delle condotte di vapore, nei rotabili che avevano questo tipo di riscaldamento. L’Osservatorio nazionale sull’amianto, “oltre a proseguire nella sua azione di informazione a tutela dei cittadini, lavoratori esposti o ex esposti, offrendo gratuitamente consulenza legale, sociale e scientifica”, annuncia “una serie di esposti querela” nelle diverse sedi competenti sul territorio nazionale per la morte da mesotelioma pleurico di alcuni ex dipendenti delle Ferrovie.

Siti di interesse nazionale ai fini della bonifica ai sensi del D.Lgs. 152/2006 

Le Officine Grandi Riparazioni delle FF.SS. di Bologna è uno dei siti di interesse nazionale ai fini della bonifica Art. 252 c. 2bis del D.Lgs. 152/2006.

D.Lgs 3 aprile 2006, n. 152
..
Art. 252 Siti di interesse nazionale

1. Siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantita' e pericolosita' degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonche' di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali.

2. All'individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni interessate, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
a) gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale;
b) la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
c) il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato in ragione della densita' della popolazione o dell'estensione dell'area interessata;
d) l'impatto socio economico causato dall'inquinamento dell'area deve essere rilevante;
e) la contaminazione deve costituire un rischio per i beni di interesse storico e culturale di rilevanza nazionale;
f) gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di piu' regioni.
f-bis) l'insistenza, attualmente o in passato, di attivita' di raffinerie, di impianti chimici integrati o di acciaierie

2-bis. Sono in ogni caso individuati quali siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, i siti interessati da attivita' produttive ed estrattive di amianto.

Legge di Bilancio 2018
(Legge 27 dicembre 2017, n. 205, G.U. n.302 del 29-12-2017 - Suppl. Ordinario n. 62)
...
245. Ai sensi dell'articolo 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in considerazione della rilevanza del rischio sanitario e ambientale derivante dalla presenza di amianto, confermata anche da evidenze epidemiologiche, il sito Officina Grande Riparazione ETR di Bologna e' qualificato come sito di interesse nazionale. Agli interventi urgenti di competenza pubblica di messa in sicurezza dell'area e' destinata la somma di 1.000.000 di euro per l'anno 2018 a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 476, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Con decreto da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede alla perimetrazione del sito di interesse nazionale. All'articolo 1, comma 476, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, le parole: «di bonifica e messa in sicurezza» sono sostituite dalle seguenti: «urgenti di messa in sicurezza e bonifica, per garantire la maggior tutela dell'ambiente e della salute pubblica,».

Amianto materiale rotabile ferroviario 02

Fig. 3 - Officine Grandi Riparazioni delle FF.SS. di Bologna (sito di interesse nazionale ai fini della bonifica Art. 252 c. 2bis del D.Lgs. 152/2006)

Studi recenti e possibili ricadute (Merler)

La segnalazione di un aumento del rischio di mesoteliomi nel settore ferroviario in Italia ha inizio, nella letteratura pubblicata, con lo studio di C. Magnani e coll., pubblicato su La Medicina del Lavoro, (Magnani C e coll, 1986), sugli addetti dell’Officina Grandi Riparazioni (OGR) delle Ferrovie dello Stato di Foligno. In questa OGR si effettuava la grande riparazione di locomotori elettrici.

Il dr. B. Deidda, Pubblico Ministero al Tribunale di Firenze, nell’ambito di un procedimento a carico i responsabili delle FFSS, richiede di svolgere un approfondimento sulla presenza di casi di mesotelioma emersi in Italia in dipendenti FFSS o di ditte del comparto ferroviario (1989). A quella data non era ancora stato attivato il Registro Nazionale dei Mesoteliomi. I risultati sono pubblicati su Rassegna di Medicina dei Lavoratori (Merler E e coll. 1990,1991).

Vengono presentati:

a) i siti produttivi che hanno effettuato, per conto delle FFSS, attività di costruzione o manutenzione ferroviaria (motrici e carrozze) in Italia e le strutture produttive delle FFSS che sono state coinvolte nelle attività della grande riparazione.
b) una prima valutazione su casi di mesotelioma già insorti negli addetti, rilevando una dimensione non sospettata della gravità e diffusione del rischio.

Negli anni successivi allo studio di Magnani e coll. sono pubblicati numerosi studi di coorti su addetti di diversi siti produttivi dove si svolgeva la costruzione o riparazione di mezzi ferroviari. In aggiunta sono presentate segnalazioni di casi di mesotelioma in persone che hanno lavorato per questo settore produttivo (Maltoni C. e coll, 1989, 1991, 1995). Vengono avviate attività di sorveglianza su questi luoghi di lavoro per effetto del coinvolgimento delle strutture del Servizio Sanitario Nazionale (Servizi di Prevenzione di numerose AULSS). Le Ferrovie dello Stato erano autorizzate per legge ad una gestione separata e autonoma della legislazione di protezione dei rischi di infortunio e malattie da lavoro, che organizzavano attraverso un proprio Servizio sanitario aziendale. La «questione amianto» viene progressivamente affrontata da parte delle FFSS - coinvolgendo enti (Università) e consulenti esterni (ad es. prof. B. Terracini, G. Chiappino, M. Governa) - e, negli anni successivi, con una riorganizzazione delle modalità di lavoro attuata attraverso:

- la decisione di eliminare l’uso dell’amianto per la coibentazione delle scocche (1980);
- la decisione di decoibentare tutto il «parco rotabili» affidando il lavoro a ditte esterne; il censimento del «parco rotabili» per quanto riguarda la presenza di coibentazioni in amianto (1983);
- la predisposizione di modalità di lavoro protette nelle attività di decoibentazione svolte attraverso appalti commissionati dalle FFSS e nelle attività svolte in proprio.

Questioni da considerare

1. I capitolati delle FFSS richiedevano che la coibentazione a spruzzo fosse svolta utilizzando amianto del tipo commerciale crocidolite; sono stati suggeriti dubbi che crocidolite sia stata sempre effettivamente usata.

2. La produzione e grande riparazione di mezzi ferroviari è svolta da siti produttivi complessi, con impiego di tecnologie (es. saldatura) e materiali (es. vernici) che possono essere causa di altri rischi per la salute degli addetti e anche di altri rischi cancerogeni. La riflessione su altri rischi è rimasta inadeguata.

3. I livelli di esposizione ad amianto determinati dalle attività di coibentazione e scoibentazione non sono stati adeguatamente misurati durante lo svolgimento delle attività. La validità delle ricostruzioni retrospettiche è discutibile.

4. L’ampio uso di coibentazioni in amianto sui mezzi ferroviari ha allargato il rischio di mesotelioma al di là degli addetti degli impianti di produzione. La dimensione di questi rischi, per il passato e prospetticamente, rimane aperta:
- la coibentazione veniva svolta da addetti di ditte esterne (es. Davidson, SIRI)
- ha coinvolto il personale viaggiante delle FFSS - ha coinvolto familiari degli addetti agli impianti di costruzione e manutenzione
- ha coinvolto utilizzatori «frequenti» dei treni coibentati - ha coinvolto residenti vicini alle linee ferroviarie (dispersione di amianto sulle massicciate)

5. In diversi studi di coorte emerge un aumentato rischio di tumori polmonari. Non sono adeguatamente affrontate in Italia le questioni legate alla sorveglianza sanitaria degli exesposti per quanto riguarda l’identificazione precoce dei tumori polmonari e il loro riconoscimento assicurativo.

6. Sono stati svolti diversi procedimenti giudiziari per valutare la responsabilità penale di responsabili aziendali e di medici di azienda. Alcune sentenze sono passate in giudicato. Quanto emerso nelle aule di tribunale meriterebbe alcune riflessioni.

 

Studio epidemiologico mortalità asbesto-correlato OGR Bologna - AUSL Bo 2017

Studio epidemiologico di mortalita’ nella coorte di lavoratori dipendenti fs assegnati all’OGR di Bologna.

Fonti:
Enzo Merler 2017
AUSL Bologna
Osservatorio amianto
5° Rapporto ReNaM

Certifico Srl - IT | Rev. 00 2018
©Copia autorizzata Abbonati

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Collegati:

Cassazione Penale Sent. Sez. 3 n. 39343 | 31 Agosto 2018

ID 6813 | | Visite: 2516 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cantieri e ubicazione del locale spogliatoio

Penale Sent. Sez. 3 Num. 39343 Anno 2018

Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: GAI EMANUELA
Data Udienza: 13/07/2018

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di L'Aquila, con sentenza del 30 ottobre 2017, ha condannato F.S., alla pena di € 3.500,00 di ammenda, perché ritenuta responsabile del reato di cui all'art. 96 del d.lgs n. 81 del 2008 perché, quale titolare della ditta Sara Costruzioni di F.S., non verificava le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento (capo A), del reato di cui agli artt. 126 e 159 lett. a) del d.lgs n. 81 del 2008, perché, nella medesima qualità, ometteva di dotare, in più parti, il ponte di servizio di idonei parapetti (capo B), del reato di cui agli artt. 146 e 159 comma 2 lett. c) del d.lgs n. 81 del 2008, perché, nella medesima qualità, ometteva di circondare le aperture lasciate nei solai di idonei parapetti con tavole fermapiede (capo C), del reato di cui agli artt. 147 comma 1 e 159 comma 2 lett. b) del d.lgs n. 81 del 2008, perché, nella medesima qualità, ometteva di proteggere una scala fissa di metallo con parapetti. Accertati il L'Aquila il 27/11/2014.
2. Avverso la sentenza F.S. ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia e ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp.att. cod.proc.pen.
2.1. Con il primo motivo denuncia la violazione dell'articolo 606 comma 1 lett. e) cod.proc.pen. in relazione all'affermazione della responsabilità per il reato sub A), non avendo considerato, il Tribunale, che i locali spogliatoio per i dipendenti erano allocati presso un B&B poco distanti dal cantiere ("distanti una passeggiata") come attestato dal testimone sentito, circostanza idonea a ritenere rispettata la previsione indicata nel piano della presenza di locale spogliatoio.
2.2. Con il secondo motivo denuncia il vizio di violazione di legge sempre con riferimento al capo sub A) per erronea applicazione dell'allegato XIII al d.lgs n. 81 del 2008, che prevede che il locale spogliatoio debba essere a disposizione dei lavoratori, ma non richiede necessariamente che sia all'interno del cantiere, essendo quello in contestazione a distanza di "una passeggiata" da questo.
2.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge in relazione all'affermazione della responsabilità con riguardo alle contestazioni sub B), C) e D), tutte accumunate dalla circostanza che era in corso l'allestimento del cantiere per cui erano in corso di allestimento le strutture provvisionali di protezione.
3. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso.

Considerato in diritto

4. Il ricorso è inammissibile.
5. Quanto ai primi due motivi di censura, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, essi sono manifestamente infondati.
La legge (Allegato XIII PRESCRIZIONI DI SICUREZZA E DI SALUTE PER LA LOGISTICA DI CANTIERE - Prescrizioni per i servizi igienico assistenziali a disposizione dei lavoratori nei cantieri), richiede chiaramente che gli spogliatoi siano "a disposizione nei cantieri", dunque, correttamente il Tribunale ha ritenuto integrata la violazione menzionata in ragione del fatto che questi era allocati in luogo diverso (B&B), a nulla rilevando la distanza dal cantiere (una passeggiata). Trattasi di disposizioni che individuano quanto necessario per allestire ambienti di lavoro salubri e sicuri e dunque devono, prima di tutto, essere allestiti sul luogo di lavoro, luogo soggetto a controllo dello SPRESAL, e non in luogo diverso.
6. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile perché propone una questione meramente fattuale e sollecita una rivalutazione del materiale probatorio e non tiene conto che il sindacato demandato alla Corte di legittimità va esercitato sulla verifica dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza alcuna possibilità di rivalutare in una diversa ottica, gli argomenti di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o di verificare se i risultati dell'interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo.
Il Tribunale ha accertato, con motivazione congrua e dunque insindacabile in questa sede, che al momento del controllo ispettivo c'era un lavoratore che stava eseguendo opere di carpenteria in legno sul primo solaio, circostanza consentita solo dopo il completamento delle strutture provvisionali, accertamento di fatto a cui la ricorrente oppone una diversa ricostruzione fattuale (era in corso l'allestimento del cantiere) che non è consentita in questa sede.
7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 13/07/2018
Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2018

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UNI EN 16712-4:2018 | Apparecchiature schiumogene portatili

ID 6811 | | Visite: 3614 | Documenti Riservati Sicurezza

UNI EN 16712-4:2018 | Apparecchiature schiumogene portatili

UNI EN 16712-4:2018 Attrezzature portatili alimentate da pompe antincendio per il getto di agenti estinguenti - Apparecchiature schiumogene portatili - Parte 4: Generatori PN 16 di schiuma ad alta espansione

La norma si applica ai generatori di schiuma ad alta espansione, con un rapporto di espansione maggiore di 200:1, la cui unica fonte di alimentazione esterna è la pressione e/o il flusso dell'acqua fornita al dispositivo. Ciò è usato dai mezzi antincendio e di soccorso e definisce la loro specifica e le procedure di prova.

Data entrata in vigore: 13 settembre 2018

Recepisce: EN 16712-4:2018

http://store.uni.com/catalogo/index.php/uni-en-16712-4-2018.html

...

In allegato Preview EN 16712-4:2018 riservato Abbonati

EN 16712-4:2018 - Portable equipment for projecting extinguishing agents supplied by firefighting pumps - Portable foam equipment - Part 4: High expansion foam generators PN16

1.1 This document applies to high expansion foam generators, having an expansion ratio greater than 200:1, whose only source of external power is the pressure and/or flow of the water supply to the device. This is used by fire and rescue services and contains their specification and test procedures. NOTE In this document, the term"foam generator" also refers to "high expansion foam generator".

1.2 This document deals with all significant hazards, hazardous situations or hazardous events, with the exception of noise, relevant to high expansion foam generator, when it is used as intended and under conditions of misuse which are reasonably foreseeable by the manufacturer.

1.3 This document does not cover misting applications.

1.4 This document is not applicable to high expansion foam generators which have been manufactured before its date of publication as EN.

Fonte: UNI
EVS

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Ancoraggi - Quaderno Tecnico INAIL 2018

ID 6921 | | Visite: 3825 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

ancoraggi

Ancoraggi - Quaderno Tecnico INAIL 2018

ID 6931 | 10.01.2018

Gli ancoraggi vengono utilizzati nei cantieri temporanei o mobili per poter collegare i dispositivi di protezione - sia individuale che collettiva - e le attrezzature di lavoro di cui si vuole garantire la stabilità e il vincolo alla struttura di supporto. Essi vengono impiegati anche nei sistemi di accesso alle coperture e possono essere di tipo non permanente o permanente.

La definizione di ancoraggio è fondamentale per poter effettuare una corretta valutazione dei rischi in quanto non ne esiste una condivisa sia a livello legislativo che normativo.
_________

Indice:

1. Denominazione 
2. Documenti di riferimento 
3. Cosa sono 
4. Destinazione d’uso 
5. Tipologia 
5.1 Tipologia dei dispositivi di ancoraggio in base alla UNI EN 795 
5.2 Tipologia dei punti di ancoraggio secondo le UNI EN 516 o UNI EN 517 
5.3 Tipologia degli ancoraggi per ponteggi e circolari ministeriali 85/78, 44/90,132/91 
5.4 Tipologia degli ancoranti metallici/chimici per utilizzo su calcestruzzo secondo le ETAG 001 
5.5 Ancoraggi non rientranti nelle precedenti tipologie 
6. Marcatura 18
6.1 Marcatura dei dispositivi di ancoraggio secondo la UNI EN 795 
6.2 Marcatura dei punti di ancoraggio secondo le UNI EN 516 o UNI EN 517
6.3 Marcatura degli ancoraggi per ponteggi 
6.4 Marcatura degli ancoranti metallici/chimici per utilizzo su calcestruzzo secondo le ETAG 001 
7. Indicazioni essenziali per la scelta, il montaggio, l’uso e lo smontaggio 
7.1 Scelta 
7.2 Montaggio 
7.3 Uso 
7.4 Smontaggio 
8. Indicazioni essenziali di manutenzione 
9. FAQ (Frequently asked questions) 
Riferimenti nel d.lgs. 81/08

Fonte: INAIL

Trabattelli - Quaderno Tecnico INAIL 2018

ID 6919 | | Visite: 6084 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Trabattelli quadernotenicno INAL 2018

Trabattelli - Quaderno Tecnico INAIL 2018

I trabattelli vengono utilizzati in molteplici attività effettuate nei cantieri temporanei o mobili quando ci sia la necessità di spostarsi rapidamente nel luogo di lavoro e si debbano eseguire attività ad altezze non elevate.

Il datore di lavoro sceglie il trabattello più idoneo alla natura dei lavori da eseguire ed alle sollecitazioni prevedibili considerando:

- Le dimensioni dell’impalcato,
- L’altezza massima in base alla presenza o all’assenza di vento,
- La classe di carico,
- Il tipo di accesso agli impalcati: scala a rampa, scala a gradini, scala a pioli inclinata, scala a pioli verticale,
- I carichi orizzontali e verticali che possono contribuire a rovesciarlo,
- Le condizioni del terreno,
- L’uso di stabilizzatori, sporgenze esterne e/o zavorre,
- La necessità degli ancoraggi.

Obiettivo dei Quaderni Tecnici per i cantieri temporanei o mobili è accrescere il livello di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili.

Forniscono informative basate su leggi, circolari, norme tecniche specifiche e linee guida utili a individuare e perfezionare metodologie operative per il miglioramento delle misure di prevenzione contro i rischi professionali.

I Quaderni sono rivolti a coloro che operano nell’ambito dei cantieri temporanei o mobili rappresentando un agile strumento sia per l’informazione e la formazione dei lavoratori sia per il miglioramento dell’organizzazione delle piccole e medie imprese.

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Indice:

1. Documentazione
2. Documenti di riferimento
3. Cosa sono
4. Destinazione d’uso
5. Classificazione
5.1 Classificazione in base alle classi di carico
5.2 Classificazione in base al tipo di accesso agli impalcati
5.3 Classificazione in base alle condizioni di utilizzo
6. Marcatura
7. Indicazioni essenziali per la scelta, il montaggio, l’uso e lo smontaggio
7.1 Scelta
7.2 Montaggio
7.3 Uso
7.4 Smontaggio
8. Indicazioni essenziali di manutenzione
9. FAQ (Frequently asked questions)
Riferimenti nel d.lgs. 81/08

Fonte: INAIL

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 40931 | 24 Settembre 2018

ID 6901 | | Visite: 12088 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Schiacciamento della mano di un operaio con una macchina in comodato d'uso

Penale Sent. Sez. 4 Num. 40931 Anno 2018

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: NARDIN MAURA
Data Udienza: 07/06/2018

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 14 novembre 2016 la Corte di Appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale di Udine con cui G.R. è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 113, 590, commi 1A, 2A e 3A cod. pen. e condannato alla pena di un mese e dieci giorni di reclusione mesi, previo riconoscimento le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, con i doppi benefici di legge, perché, in qualità presidente del C.d.A ed amministratore delegato della società N.G. s.p.a., con imprudenza, negligenza ed imperizia e con la violazione di norme di prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro cagionava, in cooperazione con altri, a H.N., lesioni personali gravi, consistite nel trauma da schiacciamento della mano destra, con conseguente malattia ed astensione dal lavoro superiore a quaranta giorni. La sentenza ha altresì confermato la responsabilità della Fondinord s.r.l., in persona del suo legale rappresentante, in ordine all'illecito amministrativo di cui all'art. 25 septies comma 3A del d.lgs. n 231/2001, revocando le sanzioni interdittive di cui all'art. 9, comma 2A del medesimo decreto legislativo.
2. Il fatto può essere così riassunto: in data 5 aprile 2011 H.N. operaio meccanico della Fondinord s.r.l., nell'atto di procedere all'estrazione di una ventola da una macchina denominata Assemblatrice ventole- prodotta dalla Ralc Italia s.r.l., di proprietà della N.G. s.p.a e da questa concesso in comodato d'uso alla Fondinord s.r.l.- l'afferrava con entrambe le braccia, ed anziché utilizzare la gru per agganciarla, teneva premuto il pedale che consentiva di operare direttamente sul macchinario, al fine di svincolare la ventola da uno dei supporti laterali su cui essa veniva posizionata per la lavorazione e dal quale non si era staccata. Il mancato distacco dal supporto provocava la ritrazione della ventola, a mezzo dello stantuffo, verso il corpo macchina, con conseguente schiacciamento della mano destra dell'operaio tra il disco della ventola e lo stesso corpo macchina.
3. Le sentenze di primo e secondo grado- respinte le eccezioni processuali (su cui infra)- hanno ritenuto la responsabilità del G.R., affermando la sussistenza della sua posizione di garanzia, non esclusa dall'avere delegato ai sensi dell'art. 16 d.lgs. 81/2008, in forza di procura speciale, le funzioni relative alla sicurezza al dott. C., per gli stabilimenti della N.G. s.p.a. di Ciserano, Lurano e Ramanzacco, essendosi l'infortunio verificato presso lo stabilimento Fondinord s.r.l., ove un anno prima dell'evento- per scelte di politica aziendale inerenti lo smantellamento dell'unità produttiva di Remanzacco- erano state trasferite, in quanto concesse in comodato d'uso, le assemblatrici di ventole di proprietà della N.G. s.p.a.. Secondo i giudici di merito, infatti, che la situazione giuridica soggettiva del G.R. configurasse posizione di garanzia in relazione all'utilizzo del macchinario ceduto in comodato deve trarsi dall'aver l'imputato sottoscritto personalmente ¡l relativo contratto, In violazione dell'art. 23 del d.lgs. 81/2008 che fa divieto di concedere in uso attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Dal registro degli infortuni, infatti, era risultato come si fossero già verificati, presso lo stabilimento N.G. s.p.a., almeno sei infortuni, di cui due schiacciamento delle mani. Con riferimento alla posizione della società Fondinord s.r.l., ritenuto che il legale rappresentante G. (la cui posizione è stata stralciata avendo egli chiesto ed ottenuto l'applicazione della pena su richiesta delle parti), avesse commesso il reato, consentendo ai propri dipendenti l'uso della macchina Assemblatrice ventole in violazione della normativa di sicurezza, le sentenze di primo e secondo grado hanno riconosciuto che la violazione era avvenuta nell'interesse o comunque a vantaggio della società Fondinord s.r.l., poiché aveva realizzato l'accelerazione dei tempi di produzione. Sicché, in presenza di un'inabilità di durata superiore a quaranta giorni, è stata ritenuta integrata la fattispecie contestata, non avendo la società provato l'esistenza di un modello organizzativo idoneo a prevenire l'evento, anche a mezzo di un monitoraggio efficace e dell'individuazione di criticità del sistema.
4. Avverso la sentenza della Corte di appello propongono ricorso per cassazione G.R. e la Fondinord s.r.l, a mezzo dei rispettivi difensori. Il primo si affida a nove distinti motivi, la seconda propone un'unica doglianza.
5. Con il primo motivo G.R. fa valere, ex art. 606, primo comma, lett. c) ed e) la violazione della legge processuale ed il vizio di motivazione in relazione al disposto dell'art. 415 bis cod. proc. pen.. Lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto non dovuta la rinnovazione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, la cui omissione era stata eccepita dalla difesa, benché dopo la prima notifica, ai sensi dell'art. 415 bis cod. proc. pen., in data 5 luglio 2012, a seguito del deposito di memoria difensiva, il pubblico ministero avesse ulteriormente delegato attività di Indagine/consulenza (espletata dall'ufficiale di P.G. E.DV.). Ed invero, al deposito di un atto integrativo datato 16 agosto 2012- portato a conoscenza del difensore con avviso di deposito datato 16 ottobre 2012, notificato il 27 novembre 2012- era seguito il decreto di citazione in giudizio emesso in data 16 gennaio 2013, senza che fosse disposta nuova notifica della conclusione delle indagini preliminari, come previsto dall'art. 415 bis, così violando le garanzie poste dalla norma a tutela del diritto di difesa della persona sottoposta alle indagini. Il quadro probatorio, infatti, in quel momento era mutato rispetto al momento della notifica dell'avviso in data 5 luglio 2012, essendosi aggiunta la relazione, di natura tecnica, richiesta dal pubblico ministero alla A.S.L., sulla quale non era stata consentita alcuna interlocuzione. Dunque, non solo, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte, erano stati introdotti nuovi elementi, avuto riguardo ai quali era doveroso assicurare il contradditorio in quella fase processuale, ma neppure poteva un simile adempimento trovare esaustiva soddisfazione nella mera facoltà di compiere attività difensive dopo l'emissione del decreto di rinvio a giudizio, ex art. 430 cod. proc. pen., come affermato dalla sentenza impugnata che, quindi, per ciò solo, ammetteva la necessità di garantire la difesa in ordine al mutato quadro probatorio conseguente la memoria tecnica richiesta dall'organo di accusa.
6. Con il secondo motivo lamenta ex art. 606, comma IA lett.re c) ed e) la violazione di legge processuale con riferimento all'art. 197, comma IA lett. d) in ordine al rigetto dell' eccezione di incompatibilità del teste E.DV. ad assumere l'ufficio di testimone. Ricorda che con l'atto di appello sono state impugnate sia l'ordinanza del 3 dicembre 2013, con cui il primo giudice aveva ammesso fra le prove orali anche la testimonianza dell'ufficiale di P.G. dott. E.DV., incaricato dell'attività integrativa di indagine dal pubblico ministero, che l'ordinanza del 6 maggio 2014, con cui è stata respinta l'eccezione di incompatibilità e ribadita l'ammissione della relativa prova testimoniale. Sottolinea che l'attività svolta dal E.DV. per il pubblico ministero aveva natura di consulenza tecnica, essendo il medesimo entrato nel merito di valutazioni tecniche (e persino giuridiche), e che nessun rilievo poteva assumere la circostanza che il E.DV. fosse stato indicato come teste anche nella lista presentata dalla difesa dell'imputato. La sua incompatibilità con la qualità di teste, infatti, era stata tempestivamente eccepita, cosicché non poteva sostenersi come aveva fatto la Corte, che la difesa stessa avesse concorso a dar causa alla nullità, dimostrando quindi di non avere interesse alla relativa eccezione. Nega che si possa sostenere, come fa la sentenza, che il E.DV. non rivestisse il ruolo di ausiliario del pubblico ministero o che anche una simile qualità non sia dirimente ai fini dell'esclusione della compatibilità con l'ufficio di testimone, posto che il medesimo ha deposto in giudizio anche in relazione ad aspetti valutativi dell'attività svolta.
7. Con il terzo motivo si duole, ex art. 606, comma IA lett.re b) ed e) cod. proc. pen. della violazione della legge penale e del vizio di motivazione in relazione all'affermazione della sussistenza di posizione di garanzia in capo a G.R., pur a fronte della nomina del procuratore speciale nella persona del dott. C., cui era stata trasferita la delega di cui all'art. 16 d.lgs 81/2008, e nonostante l'infortunio si fosse verificato non per una non conformità del macchinario, ma a causa dell'esecuzione di ordini di servizio che comportavano una errata e pericolosa procedura, impartiti dalla Fondinord s.r.l., datore di lavoro dell'infortunato. Osserva che la sentenza impugnata, affrontando la questione della delega di funzioni, ne ha confinato l'efficacia ai soli stabilimenti della N.G. s.p.a di Ciserano, Lucerano e Remanzacco, escludendo che essa si estendesse anche a quanto accaduto presso l'unità produttiva della Fondinord s.r.l., ove erano state trasferite un anno prima dell'evento le macchine assemblatrici, posto che la scelta di concedere un comodato i macchinari era stata assunta dal vertice aziendale, cui compete anche dare concreta applicazione all'art. 23 del D.lgs. 81/2008, che fa divieto di concedere in uso attrezzature non rispondenti alla normativa sulla sicurezza sul lavoro. Nondimeno, non solo il macchinario trasferito in uso gratuito alla Fondinord s.r.l. proveniva dallo stabilimento di Remanzacco, ma il riferimento, contenuto nella motivazione, al rischio interferenziale nello stabilimento Fondinord s.r.l., era del tutto errato, non conseguendo alla consegna del macchinario (per la cui installazione, un team tecnico della N.G. s.p.a era stato inviato alla Fondinord s.r.l. anche al fine espresso del passaggio di istruzioni per l'utilizzo) l'estensione dei confini spaziali della responsabilità aziendale, che una volta effettuato il controllo sulla sicurezza, non può assumere oneri sulle procedure di utilizzo presso il comodatario, per eventuali usi difformi. Censura l'illogicità della motivazione laddove sostiene che la sottoscrizione del contratto di comodato da parte dell'amministratore delegato G.R. comporti l'assunzione di quegli obblighi trasferiti al procuratore speciale e delegato tecnico C., perché un simile ragionamento si fonda sulla confusione delle decisioni afferenti all'amministrazione con quelle relative alla sicurezza, vanificando il senso della delega in materia di sicurezza nel momento dell'assunzione di iniziative commerciali. Nessuna culpa in eligendo, peraltro, appare configurabile, poiché il delegato C. possedeva, secondo valutazione ex ante, i requisiti tecnici per lo svolgimento dei compiti affidatigli, trattandosi di un soggetto altamente qualificato. Sottopone, ancora, l'omessa considerazione, da parte della decisione oggetto di ricorso, degli insegnamenti di legittimità sulle imprese di grandi dimensioni, essendo la N.G. s.p.a una multinazionale con oltre mille dipendenti (di cui circa trecentottanta in Italia) su ben undici stabilimenti fra Europa ed Asia, il che implica- qualora sia nominato, come nel caso di specie, un procuratore speciale per la sicurezza, di grande competenza, cui è conferito pieno potere anche di spesa, con firma singola- l'esonero di responsabilità dell'amministratore delegato. Infine, ricorda che il parco macchine al momento dell'assunzione della carica da parte del G.R. era già consolidato, che si trattava di macchinari collaudati dalla ditta produttrice, con marchiatura di conformità CE, in uso da molti anni e con esiti positivi, rispetto ai quali non poteva esigersi dal G.R. un controllo diretto, vista la delega conferita e l'assoluta mancanza di competenza del manager che aveva delegato detta materia a persona di alto profilo professionale.
8. Con il quarto motivo lamenta, ex art. 606, comma 1A lett.re c) ed e) cod. proc. pen. della violazione della legge processuale e del vizio di motivazione l'erroneità della sentenza nella parte in cui afferma che l'insicurezza del macchinario si produsse a seguito della modifica del modello originario, tramite l'Inserimento di un pedale che consentiva di operare a macchina in moto, in assenza dell'uso obbligatorio del comando bimanuale. Invero, il macchinario prodotto dalla Ralc Italia nel 1997 era stato collaudato e ceduto alla Intervent, poi acquisita da N.G. s.p.a. Una macchina gemella prodotta nel 2000, recava già la modifica fatta dalla Ralc sul modello commissionato dalla Intervent, su richiesta di questa, per ovviare al disagio dell'operatore che ad ogni singola rotazione del pezzo, necessaria per ruotare la ventola e fissare ciascuna paletta, doveva staccarsi dalla zona di lavoro, azionare il comando bimanuale, lasciando tutti gli strumenti, per poi ritornare sul posto, con sovraccarico degli arti e pericolosa distrazione dal ciclo, connotato da ripetitività. Mentre il pedale inserito consentiva la piccola rotazione della paletta a velocità estremamente limitata, ma consentiva altresì di salvaguardare il principio del comando bimanuale, perché l'operaio teneva con una mano la maschera e con l'altra la saldatrice, così riducendo anche il rischio di distrazione. Anche in fase di scarico della ventola l'operatore, imbragata la ventola, mentre utilizza la pulsantiera del paranco della gru, accompagna con l'altra mano il gancio del paranco per vincere l'attrito e guidare l'uscita. L'uso del pedale, dunque, non presentava alcun problema, stante la necessità di impiegare entrambe le mani. Travisando il quadro probatorio emergente, con una motivazione del tutto inadeguata alla complessità delle emergenze istruttorie, la Corte territoriale, invece, si limita ad affermare: che la sussistenza del problema di sicurezza verificatosi esisteva ed era noto, essendosi prodotti almeno sei infortuni, di cui due per schiacciamento delle mani, fra il 1997 ed il 2008; che la necessità dell'utilizzo della gru per la fase di estrazione delle ventole sarebbe stata trattata In modo fugace nel manuale per la sicurezza senza evidenziare il rischio che tendeva ad evitare; che l'istruttoria dibattimentale aveva fatto emergere una certa confusione fra i tecnici sulla corretta procedura da seguire; che siffatto quadro di incertezza doveva essere imputato alla N.G. s.p.a per non avere fornito sufficienti indicazioni sull'utilizzo del macchinario. Inoltre, desume dalla dichiarazione del E.DV. ciò che il teste non dice e cioè che i sei infortuni causati dall'assemblaggio delle ventole, fra il 1997 ed il 2008, di cui due con schiacciamento delle mani fossero avvenuti per l'uso di quella assemblatrice. Non solo ma considera grave un'incidenza di due soli infortuni alle mani in ben 11 anni di utilizzo (con una produzione di 500-600.000 ventole) senza neppure conoscerne la dinamica e gli esiti, posto che nessun procedimento penale è conseguito, né sono state applicate sanzioni amministrative in alcuna occasione. In più, il giudice dell'appello ignora le dichiarazioni della parte offesa che ha affermato di esser a conoscenza dei rischi per il mancato uso della gru e del fatto che questa era l'unica procedura corretta, ma di avere ricevuto disposizioni diverse dal datore di lavoro. Circostanza confermata dai testi B. e T., nonché dal teste B. della Intervent, che ha riferito come la procedura con la gru, peraltro tassativa, fosse stata oggetto di valutazione, perché entrambe le mani dovevano trovarsi su altri componenti se fosse stato azionato il pedale. Ed ancora, non attribuisce alcun valore alle parole del teste P., direttore di produzione della N.G. s.p.a, il quale ha riferito di avere formato Del B. di Fondinord s.r.l., consegnadogli la documentazione e fornendo tutte le indicazioni per l'uso. Sicché nessuna confusione poteva dirsi sussistere fra i tecnici sulle procedure da seguire per l'estrazione della ventola. Conclude sostenendo che l'infortunio è stato causato non dall'insicurezza del comando a pedale, ma unicamente dal mancato utilizzo della gru per l'estrazione della ventola, previsto ed oggetto di specifiche istruzioni da parte del team della N.G. s.p.a al tecnico della Fondinord s.r.l.. Questa constatazione, emergente dal quadro probatorio, consente infine di affermare che dalla condotta contestata, relativa alla concessione in comodato d'uso di apparecchiatura non dotata dei presidi di sicurezza, si era giunti ad affermare la sussistenza di una condotta omissiva in capo al G.R., relativa alla valutazione del rischio relativo alla fase di estrazione del pezzo, in violazione dell'art. 521 cod. proc. pen. dell'art. 6 CEDU e dell'art. III Cost.
9. Con il quinto motivo censura la sentenza impugnata, ex art. 611, comma 1A lett. e) per vizio di motivazione, per avere attribuito alla N.G. s.p.a - e quindi al G.R.- la consapevolezza del mancato utilizzo da parte della Fondinord s.r.l. del paranco necessario all'estrazione della ventola dal macchinario, senza minimamente considerare, così travisando ancora una volta le prove, le testimonianze di C. e P. i quali hanno riferito che fu fatta la verifica della dotazione del sito produttivo della Fondinord di un numero di paranchi sufficienti per servire anche la macchina che veniva fornita, stante le tempistiche delle altre macchine, che non creavano sovrapposizioni. Ma la N.G. s.p.a neppure avrebbe dovuto occuparsi di questo aspetto, avendo istruito i tecnici, e tuttavia lo fece. Solo le istruzioni del datore di lavoro Fondinord, come testimoniato dalla persona offesa, (richiama il verbale di causa) pertanto, erano causa dell'evento lesivo, occorso al lavoratore, essendogli espressamente stata richiesta da Fabrizio G. (coimputato che ha patteggiato la pena) una manovra non prevista e non consentita, per ottenere l'aumento dei ritmi produttivi, che se non raggiunti, secondo il H.N., potevano portare a perdere il lavoro, perché il contratto di lavoro veniva concluso 'a settimana'. Osserva che, dunque, nulla nella dinamica dell'infortunio ha a che fare con la conformazione della macchina e che ricondurre alla condotta del G.R. l'evento significa applicare in modo del tutto errato gli artt. 
40 e 41 cod. pen. e violare il principio della responsabilità penale, spinto sino al riconoscimento della responsabilità oggettiva.
10. Con il sesto motivo censura la sentenza impugnata ex art. 606, comma 1A lett. b) per violazione della legge penale con riferimento all'art. 131 bis del codice penale per non avere riconosciuto la sussistenza della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, di cui aN'art. 131 bis cod. pen, anche avuto riguardo alla marginalità della colpa del G.R., come ritenuto dal giudice di primo grado, ed all'insussistenza di lesioni gravissime, unica ipotesi ostativa all'applicazione della norma. Rileva sul punto che con le dimissioni del pronto soccorso era stata formulata una prognosi di sette giorni e che dagli atti non si era potuto evincere la ragione per la quale fosse intervenuto un prolungamento della malattia oltre i quaranta giorni, ed inoltre che l'intervenuto risarcimento per l'asserito danno subito non poteva esser utilizzato, come aveva fatto la Corte, quale indice del grado di responsabilità riconosciuto dall'imputato, avendo mera funzione transattiva, tanto da non essere stato preceduto da approfondimenti clinici.
11. Con il settimo motivo si duole ex art. 606, comma 1A lett.re b) ed e) del vizio di violazione della legge penale e del vizio di motivazione per avere la Corte d'appello confermato la sentenza del Tribunale in ordine alla pena con motivazione del tutto apparente, con la quale nulla spiegava in ordine alla differenza di trattamento fra il G.R. ed il G., al quale era stata applicata ex art. 444 cod. proc. pen. la sola pena pecuniaria, segno della ritenuta equità.
12. Con l'ottavo motivo lamenta ex art. 606, comma 1A lett. e) il vizio di motivazione con riferimento alla durata della malattia, stante la rimessione di querela nel corso del giudizio e la mancata prova circa l'effettiva durata dell'inabilità, ciò comportando la perseguibilità a querela del reato e quindi, a fronte della rimessione, l'obbligo di proscioglimento.
13. Con l'ultimo motivo lamenta la violazione della legge processuale perché la Corte di appello, nonostante la revoca della costituzione di parte civile, non ha provveduto a revocare le statuizioni civili.
14. Conclude chiedendo l'annullamento della sentenza.
15. L'unico motivo fatto valere dalla Fondinord s.r.l. censura la sentenza per vizio di motivazione e per violazione della legge 231/2001 per avere la sentenza totalmente omesso di affrontare la questione della prova relativa alla durata della malattia, avuto riguardo alla nozione di malattia quale fondamento penale della responsabilità amministrativa, che va descritta come una perturbazione funzionale di tipo dinamico cui segue, dopo un certo tempo, la guarigione, con stabilizzazione di una nuova situazione di benessere fisico degradato, o la morte. Sicché le alterazioni anatomiche cui non si associa un'apprezzabile riduzione della funzionalità non possono considerarsi malattia, che, come sopra definita, deve comunque avere un decorso superiore a quaranta giorni. Nel caso di specie, il medico del pronto soccorso ha determinato la prognosi otto giorni, trattandosi di un infortunio pacificamente lieve, senza fratture e senza alcun timore dello sviluppo di successivi problemi. La diagnosi è stata emessa a seguito di una procedura completa ed approfondita e confermata in sede processuale, dei medici che hanno avuto in cura l'interessato, i quali hanno riferito di averlo visitato e di avere riscontrato minime lesioni. Nessuna perizia medica è stata svolta nel corso del procedimento, Sicché non è possibile sostituire al concetto penale di malattia quello previdenziale- assistenziale, ad uso diverso, senza neppure svolgere una perizia medico-legale. La società chiede l'annullamento della sentenza.

Considerato in diritto

1. Il ricorso proposto da G.R. va accolto solo limitatamente all'ultimo motivo di impugnazione proposto.
2. La prima censura è infondata. Nell'affrontare la questione dell'omessa rinnovazione dell'avviso di chiusura delle indagini, ex art. 415 bis cod. proc. pen., la sentenza impugnata, da un lato, dà atto che l'attività suppletiva di indagine richiesta dal pubblico ministero all'ufficiale di P.G. E.DV., è confluita nell'atto integrativo di indagine del 16 agosto 2012, di cui è stato notificato avviso di deposito il 27 novembre 2012, mentre il decreto di rinvio a giudizio è stato emesso il 16 gennaio 2013. Dall'altro, sottolinea che il quadro probatorio a sostegno della richiesta di rinvio a giudizio non è mutato per effetto delle attività svolte, come sarebbe desumibile dalle stesse parole della difesa dell'Imputato che ha le ha definite 'delle osservazioni alla memoria difensiva a metà con una consulenza', con la conseguenza che nessuna violazione del diritto di difesa può neppure essere ipotizzata, in assenza di ogni pregiudizio sui diritti difensivi sulle strategie processuali dell'imputato.
3. La soluzione della Corte territoriale, benché il ricorrente ne dubiti, si pone in linea con l'orientamenti di legittimità, secondo cui "Non è dovuta la rinnovazione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari se il pubblico ministero, sollecitato dalla difesa a seguito della sua notificazione, compie atti di indagine che costituiscono conseguenza delle deduzioni e delle sollecitazioni di quest'ultima (In motivazione, la Corte ha chiarito che a diverse conclusioni deve giungersi, invece, qualora siano compiute investigazioni distinte ed autonome rispetto ai temi indicati con le richieste difensive)." (Sez. 6, n. 12656 del 26/02/2016 - dep. 25/03/2016, Parlascino, Rv. 26687001; Sez. 1, Sentenza n. 32942 del 03/07/2008 Ud. (dep. 06/08/2008 ) Rv. 240675).
4. Invero, va ritenuto che non ogni attività svolta dal pubblico ministero successivamente alla presentazione delle memorie di cui di cui al terzo comma dell'art. 415 bis, cod. proc. pen., costituisca nuova indagine, dovendo ritenersi tale la ricerca ed il reperimento di nuovi elementi che si pongano come non solo come 'nuovi' rispetto al quadro investigativo cristallizzato al momento della notifica dell'avviso di chiusura indagini, ma altresì differenti da quelli sollecitati dalla memoria dell'indagato. E ciò perché tutto ciò che è richiesto dall'interessato con la memoria di cui al terzo comma dell'art. 415 bis cod. proc. pen., sia che costituisca un approfondimento di quanto già appartenente all'indagine, sia che costituisca l'integrazione reclamata dall'indagato, rientra nei temi di investigazione comunque 'noti' all'indagato medesimo. Riguardo ai quali non è necessaria la rinnovazione della garanzia difensiva prevista dall'art. 415 bis cod. proc. pen., consistente nell'attivazione di un meccanismo in forza del quale, una volta conosciute le indagini espletate è consentito alla parte, cui è dato il relativo avvertimento, di presentare memorie e chiedere nuove investigazioni. La disposizione, infatti, non introduce un procedimento che impone al pubblico ministero di rinnovare ogni volta che, accogliendo le istanze dell'indagato abbia svolto ulteriori accertamenti, l'avviso di conclusione indagini, al fine di consentire sempre nuove deduzioni. Al contrario, limita l'obbligo alla sola ipotesi in cui gli elementi raccolti siano estranei al compendio investigativo già reso noto, ai sensi del secondo comma dell'art. 415 bis cod. proc. pen. perché sono i soli che la parte non conosce, tanto è vero che con riferimento a quelli non ha ancora potuto chiedere né approfondimenti, né integrazioni. D'altra parte, la previsione di cui all'art. 430 cod. proc. pen., che consente di compiere attività integrativa di indagine, dopo l'emissione del decreto di rinvio a giudizio, completa le facoltà difensive, assicurando, con l'obbligo di deposito, l'immediata disponibilità degli esiti rispetto a quelle svolte dal pubblico ministero.
5. In definitiva, non costituisce alcuna forma di nullità la mancata rinnovazione dell'avviso di cui all'art. 415 bis, comma 1A, cod. proc. pen., allorquando, come in questo caso, l'attività successiva alla presentazione della memoria consista in una relazione di natura tecnica, svolta su sollecitazione dell'indagato, contenente osservazioni di carattere tecnico e giuridico - così definite dal medesimo ricorrente- alle deduzioni di cui alla memoria difensiva e comunque prive di elementi modificativi del quadro accusatorio, posto che neppure la difesa identifica un elemento nuovo, al di là del contenuto della relazione contenente, a suo stesso dire, argomenti e quindi non accertamenti.
6. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso, inerente l'incompatibilità del consulente del pubblico ministero E.DV., funzionario della A.S.L., ad assumere la veste di testimone. Il ricorrente assume, inoltre, che il medesimo rivestisse anche la qualità di ausiliario del pubblico ministero, oltre a quella di consulente e che, nondimeno, la ragione che impedisce di sommare la funzione di testimone a quella di consulente tecnico risiedere nel combinato disposto degli artt. 225 cod. proc. pen. comma 3 e 222, comma IA lett. d)..
E' sufficiente, infatti, ripetere qui quanto più volte affermato da questa Corte e cioè che "Non sussiste l'incompatibilità con l'ufficio di testimone per il consulente tecnico incaricato dal P.M., non rivestendo costui la qualità di ausiliario dell'organo inquirente, in quanto è tale solo l'ausiliario in senso tecnico che appartiene al personale della segreteria o della cancelleria dell’ufficio giudiziario e non invece un soggetto estraneo all'amministrazione giudiziaria che si trovi a svolgere, di fatto ed occasionalmente, determinate funzioni previste dalla legge." (Sez. 5, n. 32045 del 10/06/2014 - dep. 21/07/2014, Colombo e altro, Rv. 26165201; in precedenza ex multis Sez. 3, n. 42721 del 09/10/2008 - dep. 17/11/2008, Amicarelli, Rv. 24142601).
Rispetto a siffatto orientamento, che distingue fra il consulente di parte e l'ausiliario del pubblico ministero, cui è vietato assumere la qualità di testimone ai sensi dell'art. 197 lett. d) cod. proc. pen., il ricorrente non svolge alcun ragionamento, richiamando delle norme, quali l'art. 222 cod. proc. pen. che attiene aH'incompatibililtà fra l'ufficio di perito e quello di consulente e quella di cui all'art. 225, comma 3A cod. proc. pen., che riguarda l'incompatibilità fra l'incarico di consulente e colui che non può prestare l'ufficio di perito o perché minore, interdetto o inabilitato, o perché interdetto dai pubblici uffici o da una professione, o perché sottoposto a misura di sicurezza personale o, infine, perché non può essere assunto come teste o chi è chiamato a prestare l'ufficio di testimone od interprete. Mentre non può testimoniare, al di là delle ipotesi di cui all'art. 197, lett.re a)-d) cod. proc. pen.- che qui non interessano- colui che, ai sensi della lett. d) del medesimo articolo ha svolto le funzioni di giudice, pubblico ministero o suo ausiliario o il difensore che abbia svolto investigazioni. Soggetti fra i quali non c'è il consulente tecnico.
Dunque, il motivo deve essere respinto per le insuperabili ragioni riassunte dalla sentenza della Sez. 3, n. 42721 del 09/10/2008 - dep. 17/11/2008, Amicarelli, Rv. 24142601 (secondo cui 'Significativamente nella relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale si afferma che: "In sede della disciplina della testimonianza non si è fatto alcuno cenno al perito ed all'interprete: si è ritenuto che rispetto a queste funzioni debba considerarsi prevalente quella del testimone e che perciò, salvo a risolvere in via interpretativa gli specifici casi che si dovessero presentare, l'unica norma che si deve affermare è nel senso dell'ostacolo a nominare perito od interprete chi debba essere chiamato a deporre come testimone (cfr. art. 222 c.p.p., lett. d) e art. 144 c.p.p., lett. b)". Ancor più nette e categoriche sono le argomentazioni adoperate a proposito del consulente tecnico: "Nessun cenno è stato fatto al consulente tecnico, perché si è ritenuto che a tale qualifica, risalente ad un atto di parte, non possa essere attribuito rilievo alcuno nella materia in esame (cade perciò l'esigenza di riprodurre la norma dell'attuale art. 323 c.p.p., comma 3)". Ed infatti la giurisprudenza di questa Corte è prevalentemente orientata nel ritenere che non vi sia alcuna incompatibilità con l'ufficio di testimone del consulente tecnico incaricato dal P.M. (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 6 n. 33810 del 26.4.2007; conf. Cass. pen. sez. 3 n. 8377 del 17.1.2008)'. Resta assorbito ogni motivo relativo alla tempestività della contestazione.
7. Infondata è, altresì, la censura con la quale si contesta, sotto plurimi profili, la sussistenza di una posizione di garanzia in capo a G.R.,.
8. Il primo riguarda il conferimento (con atto notarile) della delega quale responsabile per la sicurezza ex art. 16 d.lgs. 81/008, al procuratore speciale ad A.C.. La doglianza si sofferma sull'erroneità della motivazione nella parte in cui limita gli effetti della delega agli stabilimenti della N.G. s.p.a. di Ciserano, Lurano e Remanzacco, escludendone la rilevanza al di fuori, benché il macchinario sul quale è intervenuto l'infortunio -ceduto alla Fondinord s.r.l., a titolo di comodate gratuito- provenisse dallo stabilimento di Remanzacco e cioè da uno degli stabilimenti rispetto ai quali era stato trasferito in capo a C., in forza della delega, anche il dovere di verifica delle apparecchiature.
La Corte territoriale, per la verità, argomenta in modo diverso e piò complesso. Non dubita, infatti, della validità della delega conferita ad A.C., né del fatto che all'interno degli stabilimenti il controllo sulla sicurezza dei macchinari competesse esclusivamente al medesimo (trattandosi certamente di realtà produttive complesse), ciò che sottolinea, invece, è che l'infortunio avvenne presso il comodatario, al quale l'assemblatrice era stata ceduta a seguito della decisione aziendale della N.G. di non produrre piò direttamente certi modelli di ventole, per acquistarli dalla Fondinord. Ma, alla domanda relativa all'assunzione di responsabilità ex art. 23 d.lgs. 81/2008 nel momento in cui si vende, noleggia o si concede comunque in uso un macchinario non conforme alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, risponde che essa ricade su tutti coloro che pongono in essere dette attività (vendita, noleggio e concessione in uso), che debbono assicurare il necessario controllo di regolarità prima che l'apparecchiatura esca dalla sua sfera di disponibilità.
L'osservazione è ineccepibile e trova la sua fonte nella stessa lettera della norma e che, da un lato, non contraddice né il contenuto della delega conferita a C. in relazione alla sicurezza interna agli stabilimenti, né il fatto che incombesse in capo al medesimo l'obbligo di un controllo sulle macchine assemblatrici ivi utilizzate, ma attiene ad un momento successivo, quello della concessione in comodato, quando, chi assume la decisione di 'fornire' un'apparecchiatura deve assicurarne la rispondenza alle normative sulla sicurezza sul lavoro. Si tratta di una forma di responsabilità direttamente connessa con l'atto negoziale, indipendente dagli obblighi riguardanti l'eventuale precedente utilizzazione, con cui viene assicurata, in modo anticipato, la tutela antinfortunistica rispetto aM'utilizzatore che acquista il bene o a cui viene ceduto in qualsiasi forma, ancorché gratuitamente. Siffatta indipendenza delle posizioni di garanzia, l'una inerente alla sicurezza dell'uso produttivo di un bene, l'altra al suo trasferimento, si può cogliere con chiarezza se solo si pensi che è possibile cedere a fini produttivi anche macchinari dismessi perché insicuri o superati o non più conformi ad una normativa mutata. Infatti, l'unica ipotesi in cui "Il divieto di vendita di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di salute e sicurezza sul lavoro non opera" è quello in cui "detta vendita sia effettuata per un esclusivo fine riparatorio in vista di una successiva utilizzazione degli stessi, una volta ripristinati e messi a norma (In motivazione la Corte ha precisato che spetta al giudice accertare, con indagine di fatto, le condizioni di vendita stabilite in concreto)." (Sez. 3, n. 40590 dei 03/05/2013 - dep. 01/10/2013, Alberimi, Rv. 25693001).
Sicché non è affatto illogico -come si lamenta- che proprio in relazione alla cessione in comodato del bene la sentenza impugnata individui la posizione di garanzia di G.R., il quale, nella sua qualità di amministratore delegato, concluse il contratto di comodato, in occasione dello smantellamento dell'unità produttiva di Remanzacco, ma non si occupò di mettere a norma, prima della consegna al comodatario, o quantomeno al momento dell'installazione, l'apparecchiatura ceduta.
9. Il secondo profilo di doglianza attiene il preteso rischio interferenziale che si sostiene essere stato addebitato all'imputato, cui sarebbe contestata la responsabilità dell'infortunio avvenuto presso il comodatario benché non possa addossarsi al comodante alcuna responsabilità per il cattivo utilizzo dell'apparecchiatura presso il comodatario, o per la modifica della procedura di utilizzo rispetto a quella codificata, ancor più quando il primo abbia provveduto per l'installazione ed all'istruzione degli utilizzatori, con l'invio di un team tecnico.
10. Anche qui, nondimeno, il ragionamento della sentenza è malinteso. Non si tratta, infatti, di un rischio interferenziale, in senso tecnico, cui la decisione non fa cenno, poiché la contestazione non involge il coinvolgimento nella procedura di lavoro di diversi plessi organizzativi, ma della confusione ed incertezza che accompagnò la procedura di utilizzo del macchinario ceduto, a cominciare dal manuale di sicurezza consegnato al comodatario, nel quale non era chiarito che l'utilizzo di una gru per la rimozione della ventola fosse un presidio di sicurezza per prevenire lesioni da schiacciamento. Cosicché è nella mancanza di corretta informazione alla Fondinord, presso la quale la N.G. installò l'apparecchiatura che la Corte territoriale ravvisa uno degli aspetti della condotta colposa, non nel rischio interferenziale propriamente detto.
In ogni caso, in relazione a quanto affermato dal Collegio di appello in ordine al 'confuso contesto' di sicurezza in cui il macchinario fu installato presso la Fondinord il ricorrente si difende facendo riferimento, da un lato, al conferimento della delega a C., dotato dei requisiti tecnici adeguati e della capacità e piena autonomia di spesa, dall'altro alla mancanza di competenze tecniche dell'amministratore delegato circa la verifica della regolarità del macchinario, per la cui cessione aveva curato solo l'aspetto commerciale. Sono tuttavia argomenti che non invalidano la motivazione della sentenza, poiché il fondamento della responsabilità dell'imputato trova la sua fonte proprio nell'art. 23 d.lgs. cit. che costituisce 'garante' della sicurezza rispetto al trasferimento, a qualsiasi titolo, di un macchinario non conforme alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, al di fuori dell'ipotesi di cessione per fini di riparazione del medesimo. Il che, com'è ovvio, implica che colui che cura l'aspetto commerciale della cessione debba verificare, quando non ne abbia le competenze tecniche, la conformità delle apparecchiature alla normativa, assicurandosi di trasferire un macchinario in piena efficienza e sicuro, affidando l'incarico di un simile controllo a chi quelle competenze le possiede professionalmente, non essendo sufficiente né che la strumentazione fosse in uso presso un proprio stabilimento sotto la responsabilità di un delegato per la sicurezza, né la mera formale certificazione della conformità alle prescritte misure di sicurezza (cfr. In tema di infortuni sul lavoro, è configurabile la responsabilità del venditore allorquando, pur essendo conoscibile la non conformità del macchinario alle prescrizioni in tema di sicurezza, egli non si sia attivato per eliminare la difformità prima della vendita. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità per omicidio colposo del venditore di una minipala in abbinamento con una benna miscelatrice, capovoltasi addosso ad un operaio per l'eccessivo carico, in assenza di adeguate indicazioni, con tacche o segni nella benna, dei livelli massimi di possibile riempimento). (Sez. 4, n. 35295 del 23/04/2013 - dep. 21/08/2013, R.C., Bendotti e altro, Rv. 25639901); ed anche "Nella ipotesi di lesioni personali derivanti da infortunio sul lavoro per effetto dell'uso di un macchinario, risponde del reato anche il venditore del macchinario medesimo ove l'infortunio sia riconducibile alla inadeguatezza dei congegni antinfortunistici, senza che possa rilevare, a discolpa del venditore stesso, la presenza di una formale certificazione attestante la rispondenza del macchinario alle prescritte misure di sicurezza. (Sez. 4, n. 18139 del 17/04/2012 - dep. 14/05/2012, Perrone, Rv. 25377101) 
11. Queste considerazioni valgono, infine, ad escludere, nel caso di specie, la rilevanza dell'orientamento, richiamato dal ricorrente, relativo all'individuazione della responsabilità per l'inosservanza delle normative sulla sicurezza in aziende di grandi dimensioni, posto che la responsabilità di cui all'art. 23 d.lgs. 81/2008 è correlata (oltre che alla fabbricazione) all'aspetto commerciale, sicché laddove sia l'organo di vertice che cura siffatto aspetto, sottoscrivendo i relativi contratti, è su quello che grava la posizione di garanzia. Il compito, peraltro, in un organigramma aziendale complesso può essere specificamente delegato ad altri soggetti, ma in questo caso non lo è stato, avendo G.R., provveduto direttamente.
12. Infondato, ancora, è il quarto motivo inerente l'assoluta sicurezza dell'assemblatrice sulla quale è intervenuto l'infortunio, anche a seguito della modifica con cui è stato introdotto il comando a pedale, a seguito della richiesta della Intervent, poi incorporata dalla N.G..
Non occorre ripetere qui quanto diffusamente esposto supra, in ordine alla ricostruzione dell'inserimento della modifica e partendo dall'assunto della N.G., secondo cui l'inserimento del pedale non avrebbe comportato alcun aggravamento del rischio, poiché nel momento di azionamento del pedale, comunque, sarebbe stato conservato il principio di funzionamento del comando bimanuale, poiché l'operatore impugnava da un lato, la saldatrice e dall'altro la maschera. E', al contrario, sufficiente osservare che il comando bimanuale, per essere tale, non può dipendere dalla correttezza dell'operazione svolta dal lavoratore, ma deve essere idoneo a prevenire errori umani ragionevolmente prevedibili nelle manovre, in modo da evitare le situazioni pericolose.
Non serve neppure, infatti, fare riferimento alle disposizioni di cui alla Direttiva V macchine 2006/42/CE, recepita nel d. Lgs. n. 17/2010 del 27 gennaio 2010, entrato in vigore il 6 marzo 2010 e cioè prima della conclusione del contratto di comodato 20 aprile 2010 per comprendere che il principio del comando bimanuale non viene rispettato per il solo fatto che il lavoratore quanto aziona il pedale tiene in mano da un lato la saldatrice e dall'altro, la maschera.
Così, infatti, si ammette che il meccanismo può funzionare anche se il lavoratore tiene le mani libere, perché esso non si ferma solo perché l'operatore lascia la saldatrice o addirittura la maschera che egli tiene in mano. Il fatto che abbia le mani impegnate dagli strumenti di lavoro, perché opera correttamente, non assicura che egli lo faccia e se l'apparecchiatura non si ferma, quando il lavoratore ha libera una delle mani, perciò solo il macchinario è privo dei requisiti di sicurezza, perché le mani possono venire in contatto con gli organi mobili del macchinario. Il comando a due mani, infatti, è un comando ad azione mantenuta che richiede almeno l'azionamento simultaneo dei due comandi manuali per avviare e mantenere il funzionamento della macchina o degli elementi di quest'ultima, assicurando così la protezione alla persona che li aziona.
Nessun rilievo, dunque, possono assumere le testimonianze riportate dal ricorrente, perché dalla sua stessa narrazione si apprende che l'inserimento del comando a pedale per consentire di effettuare piccole rotazioni della ventola, al fine di consentire di assicurarvi la paletta, fu giustificato dall'esigenza di evitare all'operatore il disagio di doversi staccare dalla zona ove operava per ogni singola rotazione del pezzo- a bassa velocità- necessaria a proseguire il lavoro, dopo ogni assemblaggio, dovendo questi ogni volta riporre gli strumenti, portarsi sul comando bimanuale per ruotare la ventola e nuovamente riprendere gli strumenti per procedere.
Ma, com'è ovvio, l'avere inserito il comando a pedale che consente al macchinario di ruotare indipendentemente, e mentre il lavoratore vi opera, è una chiara violazione sinanco del generalissimo obbligo di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro di cui all'art. 15 d.lgs. 81/2008, come espresso dal disposto delle lett. c), d) e) ed f).
Perdono persino rilievo, a questo proposito, anche le critiche alla sentenza relative al richiamo delle dichiarazioni di Ennio E.DV., consulente del pubblico ministero, che ha riferito di avere constatato che nell'attività di assemblaggio presso la N.G., si registrarono fra il 1997 ed il 2008 sei infortuni di cui due per schiacciamento delle mani (senza tuttavia poter identificare il macchinario coinvolto). Ed invero, a fronte di un meccanismo come quello descritto dallo stesso ricorrente è superfluo fare riferimento a precedenti incidenti, per affermare la pericolosità dell'apparecchiatura. Pericolosità che si conferma anche con riguardo alle operazioni di scarico della ventola in lavorazione, poiché anche in quell'operazione è possibile azionando il pedale aprire il macchinario, consentendo che l'operatore venga a contatto con le parti mobili dell'apparecchiatura. Il fatto che fosse previsto per l'estrazione delle ventole l'utilizzo di una gru o paranco, non usata nel caso di specie {infra), e che la N.G. avesse provveduto all'istruzione degli operatori della Fondinord, attraverso l'invio di un team al momento dell'installazione presso il comodatario, nulla muta. Correttamente, infatti, la sentenza sottolinea il difetto di informazione, anche in relazione all'insufficienza del manuale fornito, ove il tema è trattato troppo sinteticamente ed in modo confuso, tanto che sembrava un accorgimento destinato ad ovviare alla fatica di manovrare le pesanti ventole e non alla sicurezza.
Ma, al di là della formazione ed informazione sull'adozione della manovra di estrazione tramite paranco, ciò su cui il ricorrente non si sofferma- spostando l'attenzione sulla mancata adozione da parte del comodatario della procedura di estrazione con la gru, indicata dal comodante- è la ragione finale fondante la decisione relativa al fatto che le assemblatrici di ventole non erano conformi alla normativa di prevenzione degli infortuni sul lavoro 'in quanto azionabili anche con un comando a pedale'. Il che, per le ragioni che si sono già esposte, è di per sé sufficiente ad integrare la violazione dell'art. 23 d.lgs. 81/2008, perché proprio questa modalità d'uso, non impedita dal funzionamento dell'assemblatrice comportava il pericolo di contatto con le parti mobili della medesima. Nondimeno, ciò non era neppure impedito, come spiega bene la sentenza, dall'uso del paranco, poiché anche l'estrazione a mezzo della gru, in presenza del comando a pedale, non escludeva che la mano non impegnata nell'utilizzo del telecomando della gru, non venisse a contatto con le parti in movimento del macchinario, anche del tutto inavvertitamente.
13. Le considerazioni appena svolte consentono di superare anche le deduzioni, di cui alla prima parte del quinto motivo, relative alla mancata predisposizione da parte di Fondinord di un paranco per ogni apparecchiatura, circostanza questa che la sentenza non avrebbe adeguatamente valutato, trattandosi di una misura inidonea ad escludere un uso non conforme alle istruzioni che si assumono impartite.
14. Con riferimento al secondo profilo sollevato con il quinto motivo, attinente la violazione dell'art. 521 cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale introdotto un profilo di colpa inerente la violazione dell'obbligo di evitare anomalie di utilizzo per procedure e dotazioni presso la Fondinord, non descritto nel capo di imputazione, con conseguente mutazione del thema probandum, va richiamato, innanzitutto, l'arresto delle Sezioni Unite che hanno chiarito come "In tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto deN'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione. (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010 - dep. 13/10/2010, Carelli, Rv. 24805101).
Si tratta di un principio che è stato declinato anche in materia di reati colposi, rispetto ai quali si è ritenuta insussistente "la violazione del principio di correlazione tra l'accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa (Sez. 4, n. 35943 del 07/03/2014 - dep. 19/08/2014, Denaro e altro, Rv. 26016101; Sez. 4, Sentenza n. 19028 del 01/12/2016 Ud. (dep. 20/04/2017) Rv. 269601).
15. Una simile premessa, nondimeno, induce a ritenere manifestamente infondata la censura, anche perché dalla stessa lettura della sentenza impugnata si evince che l'imputato ha ampiamente insistito sulla derivazione dell'infortunio dalla scorretta procedura utilizzata per l'estrazione della ventola, presso la Fondinord, che non aveva imposto, secondo le istruzioni, l'uso della gru, il che significa pacificamente che nessun diritto di difesa è stato violato in ordine alla correlazione fra accusa e sentenza. Non solo, ma le argomentazioni della sentenza al riguardo, più che ad un mutamento dell'ipotesi accusatoria, appaiono collegate alla necessità di dare una risposta alle sollecitazioni dell'imputato sul punto.
16. Il sesto motivo di ricorso è parimenti manifestamente infondato. Il ricorrente si lamenta che il collegio di secondo grado non abbia riconosciuto, come richiesto, la causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen.. argomentando in modo illogico, facendo riferimento ad una entità 'non certo minima delle lesioni personali'- introducendo così un limite inesistente nella legge, che esclude solo l'ipotesi di lesioni gravissime- nonché all'importo del risarcimento riconosciuto alla persona offesa, che dimostrerebbe, secondo la Corte territoriale, l'incidenza causale della condotta dell'imputato sull'evento dannoso. Mentre, non solo il risarcimento, transattivamente riconosciuto non è indicativo di alcunché, anche perché liquidato, tenendo conto solo di criteri di convenienza e senza svolgere neppure un accertamento medico legale, ma il minimo apporto dell'imputato nella causazione del danno avrebbe dovuto condurre ad una diversa valutazione, anche perché si può riconoscere un concorso minimo in un fatto grave.
17. Nondimeno, la sentenza non motiva in modo apparente, come assunto dal ricorrente, ma solo in modo sintetico, facendo, nondimeno riferimento esplicito alle ragioni per le quali nega l'applicazione della norma al caso di specie, soddisfacendo i criteri enunciati dalla Sezioni Unite, secondo cui che "Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016 - dep. 06/04/2016, Tushaj, Rv. 26659001). Ed invero, si sofferma sull'entità del danno, che considera confermata dal risarcimento, ma che viene per sé considerata. Sottolinea l'incidenza causale della condotta dell'imputato, che se non viene espressamente riassunta laddove la Corte risponde al motivo di impugnazione specifico, nondimeno si trae da tutto il corpo della motivazione, così come il riferimento al contesto lavorativo nel quale si è prodotto l'evento dannoso. Ed a tal proposito va ricordato che ""L'assenza dei presupposti per l'applicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto può essere rilevata anche con motivazione implicita. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso relativo all'assenza di motivazione in ordine alla causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen., ravvisando nel passaggio della motivazione della sentenza della corte di appello relativo alla sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 61, n. 1, cod. pen., che l'appellante chiedeva di escludere, un'implicita esclusione della particolare tenuità del fatto). (Sez. 5, n. 24780 del 08/03/2017 - dep. 18/05/2017, Tempera, Rv. 27003301).
18. E' infondato altresì il settimo motivo, inerente la sanzione irrogata, ritenuta eccessiva, anche avuto riguardo al fatto che al legale rappresentante della Fondinord era stata applicata, ex art. 444 cod. proc. pen., esclusivamente la pena pecuniaria e tenuta presente la mera apparenza della motivazione della sentenza, in assenza della considerazione di tutti i parametri di cui all'art. 133 cod. pen.. Per dare risposta alla doglianza è sufficiente richiamare l'uniforme orientamento di legittimità secondo cui "In tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena. (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016 - dep. 15/09/2016, Rignanese e altro, Rv. 26794901; Sez. 4, Sentenza n. 46412 del 05/11/2015 Ud. (dep. 23/11/2015 ) Rv. 265283; Sez. 4, Sentenza n. 21294 del 20/03/2013 Ud. (dep. 17/05/2013 ) Rv. 256197). Peraltro, in questo caso la pena è ben al di sotto del medio edittale.
19. Ancora infondato è l'ottavo motivo relativo alla durata della malattia, peraltro parzialmente coincidente con l'unico motivo proposto dalla Fondinord s.r.l. (su cui infra). Si assume, infatti, che in presenza della remissione di querela da parte della persona offesa, in assenza di un accertamento sulla durata della malattia e posto che la prognosi formulata alle dimissioni dal Pronto Soccorso era pari a soli sette giorni, il fatto che l'INAIL per finalità diverse abbia determinato l'inabilità al lavoro, in un periodo superiore ai quaranta giorni, non può costituire prova della sussistenza delle lesioni gravi. Si sottolinea, inoltre, l'omessa motivazione sul punto anche in relazione alla necessità di accedere alla soluzione più favorevole al reo.
Ora, occorre rilevare che la motivazione sottende il principio secondo cui "La lesione personale deve considerarsi grave se l’incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni perduri oltre il quarantesimo giorno, ivi compreso il periodo di convalescenza o quello di riposo dipendente dalla malattia. (Sez. 5, n. 4014 del 27/10/2015 - dep. 29/01/2016, Cucchiella, Rv. 26755601; Sez. 4, Sentenza n. 32687 del 08/07/2009 Ud. (dep. 11/08/2009 ) Rv. 245116; Sez. 4, Sentenza n. 8017 del 14/03/1979 Ud. (dep. 06/10/1979 ) Rv. 142990). Seppure "il concetto di infermità non sia del tutto sovrapponibile a quello di malattia, risultando, rispetto a questo, più ampio (...) poiché «il concetto clinico di malattia -richiede- il concorso del requisito essenziale di una riduzione apprezzabile di funzionalità, a cui può anche non corrispondere una lesione anatomica, e di quello di un fatto morboso in evoluzione a breve o lunga scadenza, verso un esito che potrà essere la guarigione perfetta, l'adattamento a nuove condizioni di vita oppure la morte (S.U., 25/1/2005, n. 9163, Rv. 230317, la quale richiama, fra l'altro, Sez. V, n. 714/1999 e Sez. IV, n. 10643/1996)" (Cass, n. 4339 del 5 febbraio 2016) nondimeno, in questo caso si è di fronte ad una perturbazione funzionale di tipo dinamico, che riguarda l'utilizzo di una mano e quindi può assumersi la sovrapponibilità fra l'inabilità temporanea di cui all'art. 66 d.p.r 1124/1965 (in questo caso si tratta di inabilità assoluta al lavoro, ma il principio vale anche qualora si tratti di inabilità non assoluta purché permanga la limitazione funzionale) e la malattia come riduzione di funzionalità nel senso appena descritto. Con la conseguenza che la certificazione INAIL sull'impossibilità di utilizzare la mano per un periodo superiore a quaranta giorni ai fini lavorativi, costituisce certamente la prova della durata della malattia, come ritenuto, con implicita evidenza, dalla sentenza, che, tuttavia, richiama anche un'altra fonte di prova sulla durata della malattia, individuandola nella certificazione del dirigente medico di Medicina riabilitativa della A.S.L., che il 7 luglio 2011, ben oltre quaranta giorni dall'infortunio, prescrive 'confezionamento di split mano destra' ed un ciclo di dieci sedute di RMSS.
Va trattato, a questo punto, l'unico motivo proposto da Fondinord s.r.l., che si fonda sul medesimo presupposto, posto che una malattia di durata inferiore ai quaranta giorni escluderebbe il reato da responsabilità degli enti. Per dare risposta al motivo è sufficiente quanto appena esposto. Nondimeno, conviene rispondere, benché la Fondinord la espliciti solo in narrativa e non nella parte del ricorso destinata alla proposizione delle doglianze, alla deduzione secondo cui la persona offesa avrebbe contribuito causalmente alla causazione del sinistro, scegliendo per comodità di operare con le mani, laddove era previsto l'uso del paranco, regolarmente fornito dal datore di lavoro, a servizio di due assemblatrici. Anche in questo caso occorre rinviare alla motivazione della sentenza impugnata - sulla cui correttezza ci si già soffermati- che argomenta anche sulla inidoneità del macchinario ad evitare il sinistro, perché fornito di un comando a pedale che consentiva l'operazione svolta dal H.N. e conseguentemente il contatto fra le mani e le parti mobili del medesimo. D'altro canto, la decisione mette anche in evidenza che successivamente all'infortunio l'assemblatrice venne dotata dalla Fondinord di sensori che ne bloccavano il movimento al rilevamento della presenza delle mani, il che dimostra l'assenza, prima di quel momento, di un modello organizzativo predisposto ed adottato dall'azienda idoneo a prevenire l'evento realizzatosi. Infine, va ancora richiamato l'orientamento di questa Corte "In tema di responsabilità da reato degli enti derivante da reati colposi di evento, i criteri di imputazione oggettiva, rappresentati dal riferimento contenuto nell’art. 5 del D.Lgs. n. 231 del 2001 all’ccinteresse o al vantaggio>>, devono essere riferiti alla condotta e non all'evento. (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 26111501). Né può dubitarsi della sussistenza dell'interesse dell'ente che avendo omesso la predisposizione dei sistemi di sicurezza ha conseguito un risparmio di spesa, (per tutte: Sez. 4, n. 24697 del 20/04/2016 - dep. 14/06/2016, Mazzotti e altro, Rv. 26806601)
20. Il nono motivo proposto dall'imputato, invece, è fondato. Ed invero la sentenza impugnata ha omesso la revoca delle statuizioni civili, nonostante la revoca della costituzione di parte civile. Siffatte statuizioni debbono pertanto essere revocate.
21. La sentenza va, dunque, annullata senza rinvio limitatamente alle statuizioni civile, che vanno revocate. Deve, invece, rigettarsi nel resto il ricorso di G.R. Giancarlo, nonché integralmente quello della Fondinord s.r.l., che va condannata al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili che revoca; rigetta nel resto il ricorso di G.R. Giancarlo; rigetta il ricorso della Fondinord s.r.l. che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 7/06/2018

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Pareri MISE Legge 122/1992 | Update 09.2018

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Pareri Mise legge 122 1992

Pareri MISE Legge 122/1992  | Update 09.2018

Versione aggiornata al 26 Settembre 2018

Massimario dei pareri, circolari ed altri atti interpretativi rilasciati dal MiSE in tema di autoriparazione, aggiornata al 26 settembre 2018. (Legge 122/1992

Il massimario riporta tutte le principali decisioni (pareri e circolari) emesse dal MiSE in materia di attività di autoriparazione.

...

Indice generale:

1. Campo di applicazione 
2. Soggetti
3. Requisiti morali
4 Immedesimazione 
5 Univocità - Officine contigue 
6 Associazione in partecipazione 
7. Variazione legale rappresentante 
8. Titoli di studio 
9. Esperienza professionale maturata 
10. Irretroattività data inizio attività e data nomina preposto 
11. Trasferimento/conferimento d'azienda 
12. Legge n. 25 del 5 gennaio 1996 
13. Meccatronica (Legge n. 224/2012
14. Sanzioni 
15. Ricorsi 
16. Officine presso Enti Pubblici 
17. Incompatibilità 
18. Attività di autoriparatore svolta in forma itinerante 
19. Impresa iscritta al RIA

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Il primo soccorso nei luoghi di lavoro

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Primo soccorso INAIL 2018

Il primo soccorso nei luoghi di lavoro

INAIL 2018

La normativa conferisce al primo soccorso un ruolo importante all’interno del sistema di gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e obbliga il datore di lavoro a formare gli addetti e a organizzare il piano di emergenza.

Dall’organizzazione del sistema di Primo Soccorso aziendale dipende l’attivazione precoce e tempestiva dei primi anelli della catena dell’emergenza che, in attesa dell’arrivo del soccorso avanzato, rappresentano un momento chiave per permettere la sopravvivenza dell’infortunato. Il manuale di primo soccorso fornisce indicazioni normative e sanitarie ad uso delle principali figure coinvolte.

A dieci anni dall’entrata in vigore del d.lgs. 81/2008 la gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è sempre più integrata nel sistema organizzativo aziendale. Tale evoluzione ha permesso di introdurre molti aspetti innovativi nella prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. In tal senso anche il primo soccorso aziendale deve essere visto non più solo come un intervento di riparazione, ma come un processo integrato nel sistema di prevenzione e riduzione degli infortuni. Creare un sistema efficace di primo soccorso in azienda significa non solo influire in maniera determinante sull’esito degli infortuni, ma anche contribuire positivamente a costruire ambienti sani e sicuri, aumentando l’assunzione di comportamenti responsabili e migliorando la percezione del rischio da parte dei lavoratori. Prendendo spunto dall’attività formativa e di ricerca svolta dagli autori, questo manuale, aggiornato alle più recenti linee guida internazionali ed alla normativa italiana, è stato pensato come strumento didattico a supporto sia dei lavoratori addetti al primo soccorso per una immediata consultazione, sia per i formatori. Pur avendo il manuale una configurazione pratica, esso non si può ritenere sostitutivo di un corso di formazione che preveda delle esercitazioni pratiche, così come definito dall’art. 45 del d.lgs. 81/2008 e dal d.m. salute 388/2003 ed è, quindi, utilizzabile come supporto didattico.

La prima parte, che contiene informazioni per l’organizzazione di un efficace sistema di primo soccorso aziendale, è rivolta anche ai datori di lavoro ed ai responsabili del servizio di prevenzione e protezione.

Segue una seconda parte, più specifica ed operativa, nella quale sono descritte le manovre di primo soccorso, orientate a mantenere in vita l’infortunato ed a limitare i danni dovuti ad eventi avversi. Nel manuale sono state introdotte anche nozioni utili per poter utilizzare il defibrillatore semiautomatico esterno (DAE).

Predisporre delle misure di emergenza nei luoghi di lavoro che prevedano l’utilizzo del DAE in caso di necessità, conferisce un valore aggiunto per il sistema dell’emergenza aziendale, soprattutto in quegli ambienti di lavoro in cui lo sforzo fisico e lo stress psico-fisico sono particolarmente importanti o dove sono presenti fattori di rischio per arresto cardio-circolatorio (elettricità, presenza di gas, contatto con determinate sostanze come il monossido di carbonio), oppure nei luoghi isolati, dove è più difficile che il soccorso avanzato arrivi in tempo, come impianti di perforazione, cantieri di costruzione, piattaforme marine ecc.

Sensibilizzare le imprese ad incrementare la presenza di DAE nei luoghi di lavoro potrebbe rivelarsi uno strumento importante per ottenere una copertura efficace del territorio ed incrementare la rete di accesso pubblico alla defibrillazione precoce, soprattutto nel caso di luoghi di transito e di permanenza di molte persone come centri commerciali, grandi supermercati, aeroporti, stazioni, impianti sportivi, uffici aperti al pubblico, scuole. Negli ultimi anni, la normativa sull’utilizzo del DAE da parte di personale non sanitario, l’impegno degli operatori del 118 e delle associazioni di emergenza, insieme alle campagne di sensibilizzazione alla rianimazione cardiopolmonare sostenute dalla Unione Europea, hanno facilitato la diffusione delle manovre salvavita alla popolazione generale. Questo manuale contribuisce alla diffusione di questa cultura nei luoghi di lavoro, attraverso il trasferimento di buone pratiche organizzative e formative dirette ad una gestione più operativa ed efficace dei sistemi di primo soccorso.

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Indice:

La gestione del primo soccorso nei luoghi di lavoro
Il primo soccorso nei luoghi di lavoro
Organizzazione del primo soccorso
La valutazione del rischio e la classificazione aziendale
Designazione e nomina degli addetti
Formazione degli addetti al primo soccorso
Attrezzature e dispositivi di primo soccorso
Piano di primo soccorso
Informazione dei lavoratori
Cenni di anatomia e fisiologia
Cenni generali
Apparato cardiocircolatorio
Apparato respiratorio
Apparato muscolo-scheletrico
Sistema nervoso
Occhio
Cute
Supporto vitale di base e defibrillazione precoce
La morte cardiaca improvvisa
La catena della sopravvivenza
La sequenza di BLSD nell’adulto
Ostruzione da corpo estraneo nell’adulto
Il supporto vitale nel traumatizzato
Il trauma in ambiente di lavoro
La catena della sopravvivenza nel trauma
La valutazione dello scenario: identificare i pericoli e agire in sicurezza
La valutazione del lavoratore infortunato
Mobilizzazione del traumatizzato
Presidi per l’immobilizzazione e il trasporto
Principali patologie presenti in caso di infortunio
Lesioni a carico dell’apparato locomotore
Le ferite
Le emorragie
Folgorazione
Lesioni da caldo e da freddo
Lavori in quota
Ambienti confinati o sospetti di inquinamento
Altri interventi di primo soccorso
Sincope e lipotimia
Shock
Edema polmonare acuto
Dolore acuto stenocardico
Epilessia
Crisi asmatica
Reazioni allergiche
Shock anafilattico
Punture e morsi di animali
Traumi oculari
Intossicazione da agenti chimici
Bibliografia

...

Fonte: INAIL

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INAIL 2018
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Registro nazionale dei mesoteliomi - VI rapporto

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Registro mesioteliomi VI rapporto

Registro nazionale dei mesoteliomi - VI rapporto

INAIL 2018

Il VI Rapporto del Registro nazionale dei mesoteliomi riporta i dati di incidenza e di esposizione ad amianto per i casi di mesotelioma maligno rilevati dalla rete dei Centri Operativi Regionali (Cor).

Sono descritte le misure epidemiologiche di incidenza, età media alla diagnosi, rapporto di genere, distribuzione territoriale per oltre 25.000 casi di mesotelioma con diagnosi dal 1993 al 2015.

I settori di attività economica e le mansioni maggiormente coinvolte nell’esposizione ad amianto sono discussi a partire dai dati epidemiologici ottenuti dalle interviste anamnestiche retrospettive ai soggetti ammalati.

Il Rapporto riferisce di tutti i casi di mesotelioma maligno (MM) della pleura, del peritoneo, del pericardio e della tunica vaginale del testicolo trasmessi al Registro Nazionale dei Mesoteliomi (ReNaM) dai Centri Operativi Regionali (COR) con una diagnosi compresa fra il 1993 ed il 2015.

Attualmente la rilevazione deve considerarsi esaustiva dei casi incidenti in Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Province Autonome di Trento e Bolzano, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia. Per le Regioni del Molise, Calabria e Sardegna, la rilevazione non può considerarsi esaustiva dei casi incidenti. In alcune Regioni il reperimento delle schede di dimissione ospedaliera, che rappresentano uno strumento di verifica e controllo della completezza della casistica registrata, è risultato negli anni più recenti più difficoltoso rispetto al passato e questo deve essere considerato come un possibile elemento di sottostima del fenomeno. Le stime delle misure di incidenza fanno riferimento alle sole Regioni con produzione di dati completi.

La classificazione diagnostica prevede 4 classi di livello decrescente di certezza diagnostica (MM certo, probabile, possibile e da definire; vedi Appendice 2).

Sono utilizzati per le analisi statistiche i soli primi tre livelli. La classificazione dell’esposizione prevede probabilità e modalità di esposizione ad amianto: professionale (certa, probabile, possibile), familiare, ambientale, extralavorativa, improbabile, ignota e da definire e non classificabile. Le loro definizione sono riportate in Appendice 3. Per i soggetti ai quali è stata attribuita un’esposizione di pari livello di certezza in settori economici diversi, viene assegnata un’esposizione multipla (cioè più esposizioni per un soggetto). Le tabelle per esposizioni hanno una numerosità diversa (maggiore) rispetto a quelle per numero di soggetti. Per agevolare la lettura dei dati i settori di attività economica (classificati secondo il sistema ISTAT, ATECO 91) sono ricodificati in un sistema ReNaM a 38 categorie. La composizione e la tabella di passaggio tra i due sistemi è riportata in Appendice 4.

...

Contenuto del VI Rapporto:

INDICE
SINTESI
SEZIONE TESTI
Il VI Rapporto del Registro nazionale dei mesoteliomi: indicatori epidemiologici, misure di incidenza ed esposizione
SEZIONE TABELLE
Tabelle descrittive
Tassi di incidenza grezzi, standardizzati, specifici
Mappe territoriali
Tabelle delle mansioni coinvolte nell’esposizione per categoria di attività economica
Schede delle categorie di attività economica coinvolte
Schede informative dei Centri operativi regionali (COR)
SEZIONE DOCUMENTALE
Il catalogo dell’uso di amianto nei comparti produttivi, macchinari e impianti
Articoli relativi all’attività del ReNaM pubblicati su riviste peer reviewed
I contatti dei Centri operativi regionali del Registro nazionale dei mesoteliomi
SEZIONE ALLEGATI
Appendice I - Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 308/2002
Appendice II - Linee guida per la classificazione e codifica della diagnosi
Appendice III - Linee guida per la classificazione e codifica della esposizione
Appendice IV - Definizione delle categorie economiche ReNaM di esposizione
Ringraziamenti

Fonte: INAIL

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Incidente mortale fuga di argon impianto antincendio

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Temi: News

Incidente mortale impianto antincendio argon

Incidente mortale per fuga di gas all'impianto antincendio argon

Il 20 Settembre 2018 ad Arezzo, due lavoratori sono morti all’interno dell’Archivio di Stato.

Scattato l’allarme antincendio e i due lavoratori si sono precipitati nel locale della centralina dell’impianto antincendio, per verificare cosa stesse succedendo, il locale, piuttosto piccolo era saturo di gas “Argon” che è inodore e può causare asfissia. Entrambi i lavoratori hanno perso i sensi e sono morti, probabilmente per soffocamento.

L’Argon è un gas inerte e viene impiegato per estinguere gli incendi grazie al suo effetto di saturazione dell'ambiente

Elevate quantità del gas che ristagnano in ambienti chiusi, saturano l’aria, impedendo così la respirazione.

Gli ambienti con impianto di spegnimento antincendio a gas inerte (argon/azoto), devono essere considerati "ambienti confinati", quindi con tutti i requisiti di sicurezza previsti.

Notizie tecniche assenti.

Vedi Scheda Impianti antincendio fisssi a gas inerti: Quadro normativo

Indicazioni operative protezione agenti fisici luoghi di lavoro

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Indicazioni operative protezione agenti fisici luoghi di lavoro 2014

Indicazioni operative protezione agenti fisici luoghi di lavoro / Ed. 2014

Decreto Legislativo 81/2008 Titolo VIII, Capo I, II, III, IV e V sulla prevenzione e protezione dai rischi dovuti all’esposizione ad agenti fisici nei luoghi di lavoro Indicazioni operative

Revisione 03: approvata il 13/02/2014 - con aggiornamenti legislativi e normativi al 2013.

Aggiornamento 2023

In data 5/12/2022 sono state approvate le Indicazioni operative per la prevenzione del rischio da agenti fisici ai sensi del Decreto Legislativo 81/08 elaborate dal sottogruppo Tematico Agenti Fisici del Gruppo Tecnico Interregionale Prevenzione Igiene e Sicurezza sui Luoghi di Lavoro in collaborazione con INAIL ed ISS.

aggiornamento del precedente documento del Coordinamento Interregionale - INAIL - ISS in materia di: Radiazioni Ottiche

Decreto Legislativo 81/2008 Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a Ultrasuoni - Indicazioni Operative

Aggiornamento 2021

In data 21/07/2021 sono state approvate le Indicazioni operative per la prevenzione del rischio da agenti fisici ai sensi del decreto legislativo 81/08 elaborate dal sottogruppo Tematico Agenti Fisici del Gruppo Tecnico Interregionale Prevenzione Igiene e Sicurezza sui Luoghi di Lavoro in collaborazione con INAIL ed ISS.

Vedi

Le indicazioni a seguito riportate riguardano tutti i rischi previsti dal Titolo VIII del D. Lgs.81/2008, riprendendo e aggiornando i precedenti testi ai provvedimenti normativi e legislativi successivi sino, da ultimi, alla Direttiva 2013/35/UE (recepita con il D. Lgs. 159/2016) e “decreto del fare" (Decreto-Legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito con modificazioni dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98 (in S.O. n. 63, relativo alla G.U. 20/08/2013, n. 194).

I passaggi evidenziati sono proposti al fine di facilitare, per chi già conosceva le Indicazioni operative, il riconoscimento dei punti più significativi sui quali si è intervenuti.

Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province autonome

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Gas Radon Luoghi Lavoro: Guida adempimenti

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Rischio radon luogi di lavoro ISPESL

La pesenza di Gas Radon Luoghi Lavoro: Guida agli adempimenti

Le modifiche e integrazioni apportate dal D. Lgs. 26 maggio 2000, n. 241 al D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230 in materia di radiazioni ionizzanti comportano, tra l’altro, l’introduzione della tutela dei lavoratori nei confronti dei rischi da esposizione a sorgenti naturali di radiazioni ionizzanti.

In questa ottica le indicazioni del D. Lgs n. 241/2000 relative alla valutazione dei rischi da radiazioni ionizzanti di origine naturale si integrano nel processo di valutazione dei rischi potenziali di quelle attività durante le quali i lavoratori sono esposti a prodotti di decadimento del radon e del toron, o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in particolari luoghi di lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei (ad esempio, cantine, depositi, magazzini, pub, locali da ballo, ristoranti, palestre, ecc.,) oppure luoghi di lavoro in superficie in zone ben individuate o con caratteristiche determinate.

Nel caso delle attività svolte in luoghi di lavoro sotterranei, gli esercenti devono effettuare le misurazioni della presenza del radon, entro ventiquattro mesi dall’inizio dell’attività e nel caso di imprese già esistenti a partire dal 1° marzo 2002.

Entro ventiquattro mesi a partire dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle aree a rischio individuate dalle Regioni, anche gli esercenti di attività in superficie dovranno monitorare la concentrazione di gas radon nei luoghi di lavoro. Con questa guida si intendono, quindi, fornire informazioni in merito alla normativa vigente e su come ottemperare in modo semplice agli obblighi di legge.

Confcommercio/ISPESL 2005

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Camera iperbarica multiposto: il caso "Galeazzi"

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Camera iperbarica multiposto: il caso "Galeazzi"

Il giorno 31 ottobre 1997, in Milano, si verificava un grave incidente all’interno della struttura sanitaria privata denominata Istituto Ortopedico “Galeazzi”. Mentre alcuni pazienti, insieme ad un infermiere, si trovavano all’interno della camera iperbarica per essere sottoposti al trattamento di ossigenoterapia iperbarica, si sviluppava un incendio che causava la morte di 11 persone.

Ancora da normare, ad oltre 20 anni, la figura di "Tecnico Iperbarico Sanitario".

Sentenza di Primo Grado (estratto)

....
Ritenuta la causalità di natura omissiva la sentenza di primo grado ha poi affrontato il tema delle posizioni di garanzia ravvisabili nel caso di specie. In particolare, esaminando la posizione di garanzia del “datore di lavoro”, il Tribunale di Milano, premesse ampie considerazioni sulla natura non delegabile di alcune delle funzioni (valutazione del rischio, formazione e aggiornamento del relativo documento; designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione) e sui presupposti per una valida delega in relazione alle funzioni delegabili è pervenuto alla conclusione che, in base alla definizione di “datore di lavoro” contenuta nell’art. 2 del D.Lgs. n. 626 del 1994, dopo le modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 242 del 1996, possono aversi, in una struttura imprenditoriale, più datori di lavoro.

Si precisa, nella sentenza, che il documento di valutazione del rischio predisposto dal RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dell’istituto) era “indiscutibilmente privo di contenuto” tanto da far ritenere che il redattore “non aveva mai visto in vita sua una camera iperbarica” aggiungendo, in nota, che “l'RSPP ha completamente ignorato nello specifico il funzionamento della camera iperbarica e la particolarità e concretezza del rischio incendio”, cioé quello che il Tribunale considera “il più temibile rischio di quella terapia” (l’ossigenoterapia iperbarica).
...

Sentenza di Secondo Grado (estratto)
...
Ha invece ritenuto in colpa all'amministratore delegato Istituto Ortopedico S.p.A, datore di lavoro, per aver recepito il documento di valutazione del rischio redatto dal RSPP senza rendersi conto della “macroscopica inconsistenza dello stesso” che doveva apparire evidente anche a chi non avesse le competenze scientifiche necessarie (la Corte sottolinea come il rischio incendio non fosse neppure menzionato) e per non aver considerato che la camera iperbarica non era mai stata omologata; su questo punto la Corte ha ritenuto irrilevante l’affidamento sulla verifica effettuata dal presidio multizonale (P.M.I.P.) della Usl competente il 15 maggio 1997 ritenendo che questo controllo non avesse ad oggetto il funzionamento del sistema antincendio.
...

La normativa di Prodotto

Le camere iperbariche multiposto in ambiente clinico sono apparecchi a pressione al cui interno vengono eseguite terapie mediche, e come tali devono essere progettate, costruite e collaudate in ottemperanza a quanto prescritto dalle:

- Direttiva 93/42/CEE Dispositivi medici;
- Direttiva 97/23/CE PED (nuova Direttiva 2014/34/UE)
- Altre Direttive di Prodotto CE applicabili ATEX, EMC/BT.

La figura di Tecnico Iperbarico

Nel 2008 è stato presentata una Proposta di Legge di Istituzione della professione sanitaria di tecnico iperbarico (non si ha seguito):
...
1. È istituita la professione sanitaria di tecnico iperbarico, con il seguente profilo professionale: il tecnico iperbarico è l’operatore sanitario che, in possesso del titolo universitario abilitante, svolge direttamente, con  titolarità e autonomia professionali, attività dirette alla conduzione degli impianti iperbarici, al controllo e alla verifica del funzionamento ottimale delle camere iperbariche.
...

Ad oggi, non esiste, nel repertorio delle qualifiche professionali, la qualifica professionale di Operatore Tecnico Iperbarico Sanitario.

L'Operatore Tecnico Iperbarico è un professionista specializzato nell’impiego delle camere iperbariche, all’interno delle quali, secondo metodi precodificati, l’uomo viene sottoposto ad aumenti o diminuzioni di pressione dell’aria-ambiente appositamente controllati.
Spesso infatti l’uomo si trova a dover respirare aria ad una pressione superiore a quella atmosferica per un tempo tale da richiedere la decompressione in ambiente protetto (come le immersioni subacquee), oppure a scopo terapeutico per il trattamento di specifiche patologie (in ambiente ospedaliero attrezzato).
 
Le norme UNI ed IMCA attività subacquee ed iperbariche
 
La figura di Operatore Tecnico Iperbarico nelle attività subacquee ed iperbariche (in ambiente non sanitario), anche in questo caso non è normata adeguatamente (vedi DDL Senato 320/2015 Disciplina delle attività subacquee e iperbariche), ma è molto ben codificata dall'IMCA (International Marine Contractor Association) sia dalle norme del sistema di certificazione UNI, in particolare dalla UNI 11366:2010.
 
Nella dizione IMCA l'Operatore Tecnico Iperbarico di Alto Fondale è detto Life Support Technician LST, il quale opera con un assistente detto Assistant Life Support Technician.
Costoro, supervisionati da un LSS (Life Support Supervisor), sono gli addetti dell'impianto di saturazione, ovvero del complesso sistema che permette ai sommozzatori di lavorare in Alto Fondale.

Le corrispondenti figure nel sistema di qualità UNI, sono il Tecnico Iperbarico di Alto Fondale (TIAF), assistito da un Assistente del Tecnico Iperbarico di Alto Fondale (ATIAF) ed entrambi supervisionali da un Supervisiore alla saturazione (SSat).

Per i lavori in basso fondale la norma UNI identifica il TI, ovvero il Tecnico Iperbarico (Chamber Operator).
 
Agg. 16 Marzo 2018
 

Methodology for the assessment of work-related stress risk

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The methodology for the assessment and management of work related stress risk

The methodology for the assessment and management of work-related stress risk

INAIL 2018

In Italy, the regulatory framework for the protection of occupational health and safety (Legislative Decree 81/2008) highlights the employers’ obligation to assess the work-related stress risk.

For this purpose the Italian Workers’ Compensation Authority (Inail) put in place an extensive network ok international and national collaborations to develop a methodology for the assessment and management of work-related stress risk based on scientific approaches. This new edition of the methodology handbook integrates some innovations deriving from the results of Inail research activities on this topic, aimed at optimizing the assessment tools and the risk managementi process.

...

Introduction
Context Regulatory Framework
Regulatory Developments
Indications for Work-Related Stress Risk Assessment
Preliminary Assessment
In-Depth Assessment
Considerations
The Methodological Pathway for Work-Related Stress Risk
Assessment
Foreword
The Methodological Pathway: Phases, Activities and Tools
Preliminary Phase
Preliminary Assessment Phase
Checklist
In-Depth Assessment Phase
Indicator Tool Questionnaire
Focus Group
Corrective Interventions Phase and Monitoring Plan
The INAIL Web Platform
Features of the Web Platform
Final Conclusions
Bibliography
Webliography
Appendices
Appendix 1 - Timelime
Appendix 2 - Checklist
Appendix 3A - Indicator Tool Questionnaire
Appendix 3B - Indicator Tool Questionnaire - Version for linguistic
minorities in the Autonomous Province of Bolzano
Annexes
Annex 1 - Inter-confederation implementing agreement for the
European Framework Agreement on Work-related Stress concluded on 8 October 2004
Annex 2 - Data security in the assessment process
Abbreviations

_______

Fonte: INAIL 2018

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Decreto 31 marzo 2003

ID 6827 | | Visite: 9907 | Prevenzione Incendi

Decreto 31 marzo 2003

Decreto 31 marzo 2003 

Requisiti di reazione al fuoco dei materiali costituenti le condotte di distribuzione e ripresa dell'aria degli impianti di condizionamento e ventilazione.

(GU Serie Generale n.86 del 12-04-2003)

Art. 1. Scopo e campo di applicazione

1. Il presente decreto stabilisce i requisiti di reazione al fuoco dei materiali costituenti le condotte di distribuzione e ripresa dell'aria degli impianti di condizionamento e ventilazione a servizio di attivita' soggette ai controlli di prevenzione incendi.

Art. 2. Requisiti di reazione al fuoco dei materiali costituenti le condotte

1. Le condotte sono realizzate in materiale di classe di reazione al fuoco 0 (zero).
2. Nel caso di condotte preisolate, realizzate con diversi componenti tra loro stratificati di cui almeno uno con funzione isolante, e' ammessa la classe di reazione al fuoco 0-1 (zero-uno).
Detta condizione si intende rispettata quando tutte le superfici del manufatto, in condizione d'uso, sono realizzate con materiale incombustibile di spessore non inferiore a 0,08 millimetri e sono in grado di assicurare, anche nel tempo, la continuita' di protezione del componente isolante interno, di classe di reazione al fuoco non superiore ad 1 (uno).
3. I giunti ed i tubi di raccordo, la cui lunghezza non e' superiore a 5 volte il diametro del raccordo stesso, sono realizzati in materiale di classe di reazione al fuoco 0 (zero), 0-1 (zero-uno), 1-0 (unozero), 1-1 (uno-uno) o 1 (uno).
4. Le condotte di classe 0 (zero) sono rivestite esternamente con materiali isolanti di classe di reazione al fuoco non superiore ad 1 (uno).
5. Nelle more dell'emanazione di specifiche norme tecniche armonizzate e dei connessi sistemi di classificazione per la tipologia di prodotti oggetto del presente decreto, sono ammessi
manufatti in classe di reazione al fuoco A1, come definita nel sistema di classificazione europeo di cui alla decisione 2000/147/CE.
6. I materiali di cui al comma 5 sono omologati dal Ministero dell'interno ed individuati come "condotte di ventilazione e riscaldamento" o "manufatti completi isolanti per condotte di ventilazione e riscaldamento". La rispondenza a quanto dichiarato dal
produttore, circa le modalita' di assemblaggio ed installazione del manufatto, e' attestata dall'installatore mediante apposita dichiarazione di conformita'.

Violenza sul luogo di lavoro

ID 6814 | | Visite: 5744 | News Sicurezza

Violenza luogo di lavoro

Violenza sul luogo di lavoro 

ID 6814 | Update news 20.07.2023 / Download scheda

L'Indagine sulla sicurezza dei cittadini 2016 ha permesso di stimare il numero delle donne che, nel corso della loro vita e nei tre anni precedenti all’indagine, sono state vittime di un'altra forma specifica della violenza di genere: le molestie e i ricatti sessuali in ambito lavorativo. Vengono comprese le molestie sessuali con contatto fisico – colleghi, superiori o altre persone che sul posto di lavoro hanno tentato di toccarle, accarezzarle, baciarle contro la loro volontà – fino al tentativo di utilizzare il corpo della donna come merce di scambio, con la richiesta di prestazioni o rapporti sessuali o di una disponibilità sessuale in cambio della concessione di un posto di lavoro o di un avanzamento.

Le donne che hanno subito molestie sul lavoro o ricatti sessuali sul lavoro

Sono un milione 404 mila le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Rappresentano l'8,9% per cento delle lavoratrici attuali o passate, incluse le donne in cerca di occupazione. Nei tre anni precedenti all'indagine, ovvero fra il 2013 e il 2016, hanno subito questi episodi oltre 425 mila donne (il 2,7%).

La percentuale di coloro che hanno subito molestie o ricatti sessuali sul lavoro negli ultimi tre anni è maggiore della media del 2,7% tra le donne da 25 a 34 anni (3,1%) e fra le 35-44enni (3,3%)

Grafico 1 - Donne da 15 a 65 anni che hanno subito ricatti sessuali nel corso della vita e negli ultimi tre anni, per classi di eta'.

Violenza sul lavoro donne 1

Fonte: Istat, indagine sulla “Sicurezza dei cittadini”. Anni 2015-2016

I ricatti sessuali sul lavoro

Con riferimento ai soli ricatti sessuali sul lavoro, sono un milione 173 mila (il 7,5%) le donne che nel corso della loro vita lavorativa sono state sottoposte a qualche tipo di ricatto sessuale per ottenere un lavoro o per mantenerlo o per ottenere progressioni nella loro carriera. Negli ultimi tre anni, invece, il dato risulta in lieve diminuzione: sono infatti 167 mila, pari all'1,1%, le donne che li hanno subiti.

Donne da 15 a 65 anni che hanno subito ricatti sessuali nel corso della vita e negli ultimi 3 anni, per tipo di ricatto. Anni 2015-2016 (dati in migliaia e per 100 donne di 15-65 anni)

TIPO DI RICATTO Nel corso della vita Negli ultimi 3 anni
in migliaia % in migliaia %
Ricatti per assunzione:        
– Richiesta di prestazioni sessuali 333 2,1 62 0,4
– Richiesta di disponibilità sessuale 708 4,6 89 0,6
Ricatti per avanzamento di carriera/mantenimento del posto di lavoro 268 1,8 43 0,3
Almeno un ricatto sessuale (per assunzione e/o per carriera) 1.173 7,5 167 1,1

Il fenomeno dei ricatti sessuali appare più frequente al centro Italia, nei grandi comuni delle aree metropolitane e in quelli con più di 50 mila abitanti.

Il 32,4% dei ricatti sessuali viene ripetuto quotidianamente o più volte alla settimana, mentre il 17,4% si verifica all’incirca una volta a settimana, il 29,4% qualche volta al mese e il 19,2% ancora più raramente. Negli ultimi tre anni, la quota di donne che ha subito ricatti tutti i giorni o una volta a settimana è ancora maggiore (rispettivamente, il 24,8% e il 33,6%).

Ricatti vissuti in silenzio

Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nel 80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro, un dato in linea con quello rilevato nel 2008-2009 quando questa percentuale era dell'81,7%.

Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle Forze dell'Ordine: appena lo 0,7% delle vittime di ricatti nel corso della vita (l'1,2% negli ultimi tre anni). Un dato che si riduce ulteriormente se si considera chi ha poi effettivamente firmato un verbale di denuncia, il 77,1% di chi ha dichiarato di essersi rivolto alle Forze di polizia.

Le motivazioni più frequenti per non denunciare il ricatto subito nel corso della vita sono la scarsa gravità dell'episodio (27,4%) e la mancanza di fiducia nelle forze dell'ordine o la loro impossibilità di agire (23,4%).

La gravità e le conseguenze

Il ricatto è stato grave per la maggior parte delle vittime: lo ritiene molto o abbastanza grave il 69,6% delle vittime e il 72,8% delle donne che li hanno subiti negli ultimi tre anni.

Il 24,2% delle donne che hanno subito ricatti nel corso della vita (il 36,9% negli ultimi tre anni) ha preferito non rispondere alla domanda su quale sia stato l'esito del fatto. Tra coloro che hanno subito i ricatti nel corso della vita e hanno risposto al quesito, il 33,8% delle donne ha cambiato volontariamente lavoro o ha rinunciato alla carriera (Grafico 2), il 10,9% è stata licenziata o messa in cassa integrazione o non è stata assunta.

Violenza sul lavoro donne 2

Fonte: ISTAT 2017

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Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 22191 | 12 Settembre 2018

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Sentenze cassazione civile

Infortunio mortale a seguito di rottura del cavo di sollevamento della gru

Civile Sent. Sez. L Num. 22191 Anno 2018

Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI
Data pubblicazione: 12/09/2018

Ritenuto

Con sentenza in data 7 ottobre 2013, la Corte d'appello di Palermo rigettava l'appello proposto da V.A.B. e A.T. avverso la sentenza di primo grado, che aveva condannato il primo alla corresponsione, a titolo di danno morale in conseguenza del decesso del suo dipendente C.A. per l'infortunio sul lavoro occorsogli il 14 dicembre 2007, della somma di € 230.000,00 in favore di G.S., di € 180.000,00 ciascuno a D. e G.C. e di € 150.000,00 in favore di G.S.C.: tutti eredi del lavoratore deceduto, nei confronti dei quali aveva pure dichiarato inefficace la costituzione del fondo patrimoniale, con atto del 7 gennaio 2008, tra il predetto datore di lavoro e A.T., limitatamente ai beni e alle quote di proprietà del primo; ed infine condannato entrambi alla rifusione delle spese processuali.
A motivo della decisione, la Corte territoriale escludeva la nullità del ricorso introduttivo del giudizio, per la puntuale descrizione della dinamica dell'incidente (improvvisa rottura del cavo di sollevamento della gru, nel cantiere per la costruzione di un complesso edilizio nel quale lavorava C.A., dipendente di V.A.B. con la qualifica di carpentiere, che ne rimaneva violentemente colpito al viso dalla parte rimasta libera dal cestello, decedendo immediatamente), imputabile al datore di lavoro (attraverso il riferimento alla pendenza di procedimento penale a suo carico per omicidio colposo), di cui riteneva la responsabilità in esito alle scrutinate risultanze istruttorie.
Infine, la Corte palermitana ravvisava la correttezza della condanna alle spese processuali di primo grado anche del coniuge di V.A.B., A.T., siccome partecipe della costituzione del fondo patrimoniale in immediata sequenza temporale all'infortunio.
Avverso tale sentenza V.A.B. e A.T., con atto notificato il 16 ottobre 2013, proponevano ricorso per cassazione con due motivi; gli eredi appellati intimati non svolgevano difese.

Considerato

1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 c.c., 163, terzo e quarto comma, 414 c.p.c. e contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, per la nullità dell'atto introduttivo del giudizio, erroneamente esclusa dalla Corte territoriale pertanto incorsa in error in procedendo, in assenza dei necessari requisiti di chiarezza, precisione e completezza nella descrizione dei fatti e degli elementi di diritto a fondamento della domanda risarcitoria ai sensi dell'art. 2087 c.c., non soddisfatti dalla produzione degli atti del procedimento penale a carico datoriale con la memoria istruttoria comunicata a norma dell'art. 426 c.p.c..
2. Con il secondo, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell'art. 102 c.p.c., per erroneo rigetto del motivo di censura della condanna solidale alle spese del giudizio di primo grado anche del coniuge del datore, A.T., estranea al rapporto di lavoro nel cui svolgimento si era verificato il sinistro mortale del lavoratore, nell'inosservanza dei principi di diritto dell'incidenza dell'inefficacia della costituzione di fondo patrimoniale nei soli confronti del coniuge debitore e non anche dell'altro, neppure litisconsorte necessario
3. In disparte la sua inammissibilità per genericità, in violazione della prescrizione di specificità dell'art. 366, n. 4 e n. 6 c.p.c., sotto il profilo di inosservanza del principio di autosufficienza, per omessa trascrizione dell'atto introduttivo (Cass. 30 luglio 2010, n. 17915, con principio affermato ai sensi dell'art. 360bis, n. 1 c.p.c.; Cass. 31 luglio 2012, n. 13677; Cass. 3 gennaio 2014, n. 48; Cass. 7 giugno 2017, n. 14107), da rispettare anche nell'ipotesi in cui questa Corte, come appunto per il vizio di error in procedendo, sia giudice del fatto processuale, dovendo comunque la censura essere proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (Cass. s.u. 22 maggio 2012, n. 8077), il primo motivo è infondato.
3.1. La denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 c.c., 163, terzo e quarto comma, 414 c.p.c. e contraddittoria ed insufficienza motivazione su un punto decisivo della controversia, per erronea esclusione della nullità dell'atto introduttivo del giudizio, deve infatti essere esclusa.
3.2. Essa ricorre soltanto quando "l'esposizione dei fatti costituenti le ragioni della domanda", prescritta dall'art. 163 c.p.c. n. 4, sia stata omessa o risulti assolutamente incerta, con valutazione da compiersi caso per caso, occorrendo tenere conto sia che l'identificazione della causa petendi della domanda va operata con riguardo all'insieme delle indicazioni contenute nell'atto di citazione e dei documenti ad esso allegati, sia che la nullità della citazione deriva dall'assoluta incertezza delle ragioni della domanda, risiedendo la sua ratio ispiratrice nell'esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese (Cass. 15 maggio 2013, n. 11751; Cass. 21 novembre 2008, n. 27670).
3.3. D'altro canto, la Corte territoriale ha positivamente accertato la ricorrenza dei requisiti dell'atto introduttivo (quanto ad allegazione della dinamica dell'infortunio sul lavoro purtroppo tale e alla responsabilità del datore di lavoro), con motivazione rispondente ai requisiti prescritti dal novellato testo art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (per le ragioni esposte dal penultimo comma di pg. 2 al primo di pg. 3 della sentenza): con la conseguente inconfigurabilità del vizio motivo denunciato (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 8 ottobre 2014, n. 21257; Cass. 20 novembre 2015, n. 23828; Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940) e insindacabilità nell'odierna sede di legittimità dell'accertamento del giudice di merito.
4. Il secondo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell'art. 102 c.p.c. per erroneo rigetto della censura di condanna solidale alle spese del giudizio di primo grado anche di A.T., coniuge del datore estranea al rapporto di lavoro in cui è occorso il sinistro mortale, è infondato.
4.1. I coniugi stipulanti un fondo patrimoniale per i bisogni della famiglia sono, infatti, litisconsorti necessari nel giudizio promosso dal creditore personale al fine di revocare l'atto costitutivo del fondo, al quale abbiano preso parte entrambi, per la necessità, in conseguenza della natura reale del vincolo di destinazione impresso dalla costituzione del fondo, che la sentenza di revoca faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali il vincolo stesso è stato costituito (Cass. 18 ottobre 2011, n. 21494; Cass. 27 gennaio 2012, n. 1242; Cass. 3 agosto 2017, n. 19330).
4.2. Sicché, correttamente è stato applicato il regime di ripartizione delle spese processuali, con adeguata argomentazione motiva (per le ragioni esposte al secondo capoverso di pg. 5 della sentenza), insindacabile in sede di legittimità.
5. Dalle superiori argomentazioni discende coerente il rigetto del ricorso, senza assunzione di provvedimenti sulle spese, non avendo svolto difese le parti intimate vittoriose.



P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 17 maggio 2018

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Linee guida requisiti igienico-sanitari dei luoghi di lavoro RFVG

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Requisiti igienico sanitari luoghi di lavoro RFVG

Linee guida requisiti igienico-sanitari dei luoghi di lavoro RFVG

Requisiti igienico-sanitari dei luoghi di lavoro destinati alle attività di produzione di beni e dei servizi di cui alla direttiva 123/2006/CE.

Con l’adozione della Direttiva 123/2006/CE la Comunità Europea ha chiesto agli Stati membri di creare le condizioni necessarie per il completo esercizio della libertà di stabilimento e di prestazione di servizi nell’UE. Lo Stato Italiano ha, di conseguenza, approvato numerosi provvedimenti normativi di semplificazione e liberalizzazione delle attività produttive, ispirati, tra l’altro, ai seguenti concetti:

- progressiva riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese;
- proporzionalità degli adempimenti amministrativi alle esigenze di tutela degli interessi pubblici coinvolti in relazione ai diversi soggetti destinatari, nonché alla dimensione dell’impresa e al settore di attività, e nel contempo ha accelerato la costituzione ed il funzionamento degli Sportelli Unici per le attività produttive (SUAP). Le Aziende sanitarie rivestono un ruolo di particolare rilevanza nell’ambito dei procedimenti di competenza dei SUAP, sia in fase costruttiva, che in fase di esercizio di un’attività produttiva.

Il legislatore ha riaffermato il diritto dell’impresa di operare in un contesto normativo certo e in un quadro di servizi pubblici tempestivi e di qualità, riducendo al minimo i margini di discrezionalità amministrativa. Il “principio guida” del presente documento è dunque la volontà di “uniformare e standardizzare”, sul territorio regionale, i requisiti igienico-sanitari, sia riferiti agli interventi edilizi su impianti produttivi, sia allo svolgimento delle attività produttive.

Regione FVG 2014

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