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Cassazione Penale Sent. Sez. 7 Num.10606 | 25 marzo 2020

ID 10521 | | Visite: 2185 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Penale Sent. Sez. 7 Num. 10606 del 25 marzo 2020

Sicurezza sul lavoro: vendita macchina agricola senza dispositivi di protezione

Nella cessione di un trattore agricolo non idoneo all'uso, in quanto privo dei dispositivi di protezione, è configurabile il reato di cui gli artt. 23 e 57, c. 2, Dlgs n. 81/2008

FattoDiritto

1. La sig.ra N.M. ha proposto appello avverso la sentenza in epigrafe indicata che, a seguito di giudizio abbreviato, l'ha dichiarata colpevole del reato di cui agli artt. 23 e 57, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2008 (cessione di un trattore agricolo non idoneo all'uso perché privo dei dispositivi di protezione), e l'ha condannata alla pena di 8.000,00 euro di ammenda.
1.1. Con unico motivo ha chiesto l'assoluzione dal reato a lei ascritto poiché gli elementi di prova a disposizione del giudice non consentivano di affermare la sua penale responsabilità. Non può affermarsi, deduce, che il mezzo agricolo fosse privo dei dispositivi prima della vendita né quale fosse il fine della vendita stessa (se per riparazione e successiva messa in commercio o per il suo utilizzo), trattandosi di elemento costitutivo del reato il quale non si applica alle normali transazioni tra privati.
2. Trattandosi di sentenza inappellabile ai sensi dell'art. 593, u.c., cod. proc. pen., la Corte di appello di Palermo ha trasmesso gli atti alla Corte di cassazione competente a trattare l'impugnazione.
3.Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti dalla legge in sede di legittimità:
a) perché riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito;
b) perché riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito.
4.Osserva, al riguardo, il Collegio:
4.1. sono noti gli arresti di Sez. U, n. 45371 del 31 ottobre 2001, Bonaventura, Rv. 220221 e della coeva Sez. U, n. 45372 del 31/10/2001, De Palma, n.m. secondo i quali «allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l'atto deve limitarsi, a norma dell'art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a verificare l'oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l'esistenza di una "voluntas impugnationis", consistente nell'intento di sottoporre l'atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente» (da ultimo, nello stesso senso, Sez. 6, n. 38253 del 05/06/2018, Rv. 273738). Alla Corte di cassazione, quale giudice competente, in questo caso, a conoscere dell'impugnazione, è riservata ogni valutazione sull'ammissibilità dell'impugnazione stessa, alla luce del motivi per i quali il ricorso per Cassazione è tassativamente consentito (cfr. sul punto, in motivazione, le sentenze testé citate);
4.2.l'atto di impugnazione trasmesso a questa Corte, nella parte in cui sollecita un riesame del fatto alla luce delle prove utilizzate ai fini della decisione propone un sindacato sul provvedimento impugnato estraneo al perimetro di conoscenza della Suprema Corte;
4.3.oggetto di cognizione in sede di legittimità non è il fatto come ricostruibile in base alle prove assunte nella fase di merito, bensì il fatto come ricostruito (e descritto) nel provvedimento impugnato. Il vizio di motivazione, dunque, deve essere apprezzato in base alla lettura diretta e immediata del testo del provvedimento impugnato senza la "mediazione" di elementi spuri ad esso estranei (inequivoco il riferimento al "testo del provvedimento impugnato" contenuto nella lettera "e" del comma 1 dell'art. 606 cod. proc. pen.);
4.4.l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794);
4.5. nel caso in esame la ricorrente pone in discussione la coerenza della motivazione con le prove utilizzate pemdecisione, prove delle quali, peraltro, non eccepisce nemmeno il travisamento (ma solo una lettura diversa), sicché il fatto che abbia venduto il trattore privo dei mezzi di protezione non può essere messo in discussione in questa sede non potendo la Corte accedere al fascicolo del dibattimento;
4.6. è vero che questa Corte di cassazione ha affermato il principio secondo il quale il divieto di vendita di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di salute e sicurezza sul lavoro non opera ove detta vendita sia effettuata per un esclusivo fine riparatorio in vista di una successiva utilizzazione degli stessi, una volta ripristinati e messi a norma (Sez. 3, n. 40590 del 03/05/2013, Rv. 256930), ma è altrettanto vero che la stessa sentenza ha ulteriormente precisato che spetta al giudice accertare, con indagine di fatto, le condizioni di vendita stabilite in concreto;
4.7. trattandosi di un'indagine di fatto, non può essere effettuata in sede di legittimità e ciò a prescindere dal fatto che la stessa appellante non deduce con chiarezza di aver effettivamente ceduto il trattore ai fini della sua riparazione e messa a norma oppure di averlo ceduto completo delle protezioni successivamente tolte dall'utilizzatore, ma pone tali eventualità astratte quali possibilità non scandagliate dal giudice di merito.
5.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 3.000,00.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 22/11/2019.

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Medico competente comunicazioni dati All. 3B rinvio al 31.07.2020

ID 10486 | | Visite: 3971 | News Sicurezza

Medico competente comunicazioni dati All  3B rinvio al 31 07 2020

Medico competente comunicazioni dati All. 3B rinvio al 31.07.2020

Prorogato al 31 luglio 2020 il termine per l’invio delle informazioni relative ai dati collettivi aggregati e sanitari di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria nell’anno 2019.

In relazione alla evoluzione dell’emergenza sanitaria in corso, che vede i medici competenti impegnati in prima linea a supporto delle aziende nell’applicazione delle misure di prevenzione individuale e collettiva raccomandate dalle autorità di sanità pubblica, si comunica che con Circolare prot. n. 11056 del 31 marzo il Ministero della Salute ha prorogato al 31 luglio 2020 il termine per l’invio alle Aziende sanitarie locali competenti delle informazioni riguardanti i dati collettivi aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria nell’anno 2019 (obbligo previsto dall’art. 40 del d.lgs. 81/2008 e s.m. – Allegato 3B).

In applicazione dell’art. 4, comma 1 del d.m. 9 luglio 2012, come modificato dal d.m. 6 agosto 2013 e dal successivo d.m. 12 luglio 2016, la comunicazione dei dati va effettuata esclusivamente per via telematica, tramite l’utilizzo della piattaforma informatica Inail “Comunicazione medico competente”, disponibile sul portale istituzionale www.inail.it>Servizi per te>Operatori della sanità>Medico competente.

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Fonte: INAIL

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Protocollo per prevenzione e sicurezza dei lavoratori settore rifiuti

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Settore rifiuti

Protocollo per prevenzione e sicurezza dei lavoratori settore rifiuti | 19.03.2020

Protocollo d'intesa Misure preventive anti-contagio COVID-19: Indicazioni per la tutela della salute dei lavoratori negli ambienti di lavoro

Il giorno 19 marzo 2020, le Parti sottoscritte Utilitalia, Cisambiente, LegaCoop Produzione e Servizi, Agci Servizi, Confccoperative, Fise Assoambiente e le OO.SS. Fp- Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Fiadel, in qualità di Parti stipulanti i CCNL 10 luglio 2016 e 6 dicembre 2016 per i servizi ambientali, si sono incontrate in modalità telematica per esaminare la difficile situazione che ha coinvolto il Paese a seguito dell'evoluzione dello scenario epidemiologico causato dal COVID-19, con particolare riferimento alle misure da adottare nel settore del ciclo dei rifiuti, al fine di tutelare i lavoratori impiegati, garantire la continuità di un servizio pubblico essenziale e contribuire al superamento dell'emergenza sanitaria.

Preso atto:

- delle indicazioni dell'Organizzazione mondiale della Sanità che ha qualificato l'epidemia da COVID - 19 una pandemia e le ordinanze adottate in proposito del Ministro per la Salute;
- dello stato di emergenza disposto dal Governo sull'intero territorio nazionale e della necessità di osservare le misure urgenti adottate per il contenimento del contagio con i DL 23 febbraio 2020, n. 6, 2 marzo 2020 n. 9, 9 marzo 2020 n. 1417 marzo 2020 n. 18 nonché di tutte le successive disposizioni attuative di cui ai Decreti del Presidente del Consigli dei Ministri del 23 febbraio 2020, del 25 febbraio 2020, del 1° marzo 2020, del 4 marzo 2020, dell'8 marzo 2020, del 9 marzo 2020, dell'11 marzo 2020;
- della natura di servizio pubblico essenziale del settore igiene urbana, come ha ricordato anche lo stesso Ministro dell'Ambiente nel ringraziare i lavoratori di tale comparto, “indispensabile per il Paese”, per la loro professionalità e abnegazione sottolineando, al contempo, l'alta attenzione di tutto il Governo “a chi sta garantendo l'efficienza dei servizi ambientali”.

Rilevata la necessità:

- di tutelare la salute, come previsto dall'articolo 32 della nostra Costituzione, diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività;
- di tutelare la sicurezza dei lavoratori e dei loro familiari nella salvaguardia del servizio pubblico reso alla comunità, in quanto il servizio della raccolta e gestione dei rifiuti non può essere interrotto, in questo particolare momento, pena l'insorgere di ulteriori gravi conseguenze per la salute pubblica e per le stesse misure di contenimento della diffusione dell'epidemia in corso, nell'interesse di tutti i cittadini e del Paese;
- di garantire la disponibilità dei servizi erogati insieme alla sicurezza dei lavoratori impegnati “in prima linea” nell'erogazione dei servizi, e quindi tenuti a garantire la prestazione ordinaria anche in queste condizioni di straordinaria difficoltà;
- di considerare prioritariamente, anche alla luce del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro promosso dal Governo e sottoscritto dalle rispettive Confederazioni, in data 14 marzo u.s. (d'ora in poi Protocollo 14 marzo 2020) , le attività da svolgere in situ rispetto a quelle che possono essere svolte da remoto ovvero differite, proprio al fine di coniugare le menzionate esigenze di tutela della continuità dei servizi e della salute dei lavoratori; in tale ambito vanno consentiti anche gli spostamenti normalmente effettuati dai lavoratori per l'esecuzione del servizio assegnato (spostamenti tra cantieri) nonché per i sopralluoghi effettuati dai Responsabili per verificare lo svolgimento del servizio da parte del personale operativo;
- di ridurre il più possibile l'esposizione dei lavoratori al contagio anche per contribuire alla difficile sfida del contenimento del propagarsi del virus che il Paese responsabilmente sta compiendo;
- di evitare che il diffondersi del contagio tra i lavoratori possa mettere a rischio anche l'operatività legata ai servizi indispensabili;
- di curare, a tal fine, particolarmente l'attività lavorativa di coloro che sono chiamati a svolgere attività indispensabili, che operano oggi in contesti di estrema difficoltà;
- di contribuire, attraverso un sistema di relazioni industriali attento alla cultura della salute e sicurezza degli operatori e dei cittadini ed alla partecipazione e trasparenza nei processi decisionali, alla realizzazione nelle aziende delle migliori prassi organizzative per garantire i livelli qualitativi di erogazione del servizio con la dovuta attenzione alla sicurezza dei lavoratori impiegati, in particolare favorendo l'uniformità delle misure adottate nei diversi ambiti locali.
convengono:
- di sottoscrivere il presente Protocollo, quale contributo del settore dei Servizi Ambientali, anche in attuazione del Protocollo 14 marzo 2020, e di favorirne la diffusione nei territori, per dare massima sicurezza all'attività lavorativa nell'ambito di un processo condiviso sia a livello nazionale che territoriale;
- di invitare il Governo , i Ministeri competenti, la Protezione Civile, le Regioni e l'ANCI a promuovere ogni azione che, partendo dalla specificità del servizio indispensabile per non aggravare l'emergenza sanitaria, consenta di garantire l'approvvigionamento dei dpi e di ogni altro bene necessario al pieno funzionamento della raccolta e degli impianti, richiedendo in particolare la possibilità di parificare le esigenze di approvvigionamento espresse dalle aziende dei servizi pubblici locali a quelle del comparto sanitario o della protezione civile, individuando soluzioni uniche per tutti, così come già opportunamente fatto in altre disposizioni di legge;
- di invitare le medesime Istituzioni a valutare la possibilità di sospendere le procedure di appalto già bandite, prorogando le attuali gestioni, per evitare di creare ulteriori criticità in questo delicato contesto quale conseguenza dell'avvicendamento tra operatori.

La presente intesa rappresenta la posizione unitaria e l'impegno comune delle parti sociali del settore nei confronti della lotta alla diffusione dell'infezione da SARS-CoV-2 e costituisce il documento al quale i soggetti interessati fanno riferimento nell'applicazione dei metodi di prevenzione e tutela della salute dei lavoratori.

Il presente Protocollo sarà suscettibile di integrazioni e modifiche periodiche alla luce degli sviluppi dell'emergenza epidemiologica.

Tutto ciò premesso le parti concordano quanto segue:

1. Partecipazione - Livello Nazionale

Costituzione di un Comitato nazionale per l'applicazione e la verifica delle criticità legate all'emergenza e per l'attuazione della presente intesa
In considerazione della rilevanza del tema salute e sicurezza, ancor più in una fase di emergenza sanitaria quale quella che stiamo vivendo, le parti concordano di istituire un Comitato Nazionale con il compito di esaminare ed affrontare le tematiche relative a salute e sicurezza e consentire ai territori una gestione più informata e meno conflittuale.
Alle attività del Comitato, ove necessario, potranno essere chiamati a partecipare enti ed esperti in grado di fornire elementi di conoscenza ed impostare attività di ricerca utili al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza del settore.
Il Comitato si pone come entità di mediazione di eventuali situazioni critiche e/o della richiesta di verifica della correttezza delle prassi in azienda adottate in relazione alle disposizioni del Protocollo 14 marzo 2020 e della presente intesa.

2. Partecipazione - Livello Aziendale

Ai sensi del Protocollo 14 marzo, viene costituito in azienda un Comitato per la verifica e l'attuazione del Protocollo stesso e del presente accordo, con la partecipazione dei soggetti sindacali di cui all'art. 2, lett. b) del CCNL 10 luglio 2016 e del CCNL 6 dicembre 2016 e delle RLSSA.
In relazione alle scelte adottate e da adottare, anche in merito a protocolli di sicurezza anti-contagio, l'azienda assicurerà (tenendo conto delle emergenze in corso) la corretta, completa, tempestiva informazione e il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, in relazione ai propri ruoli e compiti, nel pieno rispetto del metodo partecipativo di relazioni, fondamentale per una efficace gestione emergenziale dell'organizzazione del lavoro e della sicurezza e salute sul luogo di lavoro.

3. Deroghe contrattuali

a. La situazione emergenziale e le disposizioni delle Autorità sanitarie comportano la necessità di adottare delle linee guida interpretative per situazioni riconducibili all'attuale emergenza. In tal senso le parti condividono la necessità di considerare le assenze dovute alla patologia da COVID-19 e quelle qualificate come malattia ai sensi delle disposizioni legislative emanate ed emanande in relazione all'emergenza epidemiologica da COVID-19 non utili al fini del computo del periodo di conservazione del posto di cui all'articolo 42 lett. B) ed alla regolamentazione per malattia di breve durata di cui al medesimo articolo, lettera G comma 1 del CCNL 10 luglio 2016 ed all'art. 46, lett. B) e C) del CCNL 6 dicembre 2016;
b. Le Parti si danno reciprocamente atto della necessità di sospendere, temporaneamente e limitatamente alla durata dello stato di emergenza nazionale, le procedure contrattuali relative alla modifica degli orari, quali nastri orari, durata massima orario giornaliero e settimanale e delle turnazioni (sfalsamento turni, orari differenziati) ed alla programmazione del periodo feriale, nel rispetto delle disposizioni di legge in materia, ferma restando peraltro in ogni caso la previa informazione e consultazione delle rappresentanze sindacali di cui all'art. 2, lett. b) del CCNL 10 luglio 2016 e del CCNL 6 dicembre 2016, da effettuarsi anche in via telematica; il tavolo nazionale si porrà come entità di immediata mediazione di eventuali situazioni critiche e/o della richiesta di verifica della correttezza delle prassi adottate in relazione alle disposizioni del CCNL;
c. In relazione a quanto previsto ai precedenti punti le Organizzazioni sindacali, in tutte le proprie articolazioni anche territoriali, e le Aziende si impegnano a divulgare e far rispettare il presente protocollo nell'ottica di mantenere rapporti costruttivi e prioritariamente orientati alla risoluzione dell'emergenza ed al raggiungimento degli obiettivi del presente protocollo.

Misure di prevenzione e contenimento

a) Sospendere le attività dei reparti aziendali non indispensabili garantendo comunque la continuità dei servizi essenziali come individuato nelle prescrizioni legislative di emergenza;
b) Privilegiare, ove operativamente possibile, la modalità di lavoro del lavoro agile, limitando in maniera diffusa la presenza in azienda dei lavoratori addetti alle attività di tipo tecnico/amministrativo che vengono svolte normalmente in ufficio e che possono essere svolte in modalità a distanza;
c) Attivare l'utilizzo delle ferie e dei congedi retribuiti pregressi o maturati, nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva, previa consultazione dei soggetti sindacali di cui all'art. 2 del CCNL 10 luglio 2016 e del CCNL 6 dicembre 2016, al fine di consentire ai dipendenti la cui prestazione non sia necessaria, neanche in modalità di lavoro agile, l'astensione dal lavoro senza perdita della retribuzione e ridurre le attività non indispensabili;
d) Esauriti gli strumenti precedenti, per la riduzione delle attività non indispensabili attivare gli ammortizzatori sociali di legge, anche alla luce delle disposizioni emanate o emanande con riferimento all'emergenza COVID-19;
e) Al fine di evitare il contagio tra i dipendenti, le aziende diffondono norme di buone pratiche di igiene, fornendo informazioni necessarie e dotando ogni sede di dispenser a soluzione idroalcolica e di prodotti per la sanificazione personale, oltre che operando nell'organizzazione del lavoro e dei turni per diminuire le occasioni di contatto tra i lavoratori. Le aziende effettuano azioni di sanificazione, con frequenza e processi adeguati, sentito il medico competente, dei mezzi, delle attrezzature e dei luoghi di lavoro (uffici, spogliatoi, bagni aziendali, ecc.); nel caso in cui le aziende, per motivi estranei alle proprie disposizioni, fossero impossibilitate a reperire il materiale ne devono dare immediata comunicazione al Comitato per la verifica e l'attuazione del Protocollo ed alle Autorità competenti;
f) Nell'organizzazione del lavoro, favorire al massimo il lavoro in singolo degli addetti e, ove non sia possibile, operare nel rispetto di quanto previsto dall'allegato 1 lettera d) del DPCM 8 marzo 2020 (distanza interpersonale di almeno un metro) e tenendo altresì conto delle indicazioni di cui all'art. 16, comma 1 del DL 17 marzo 2020, n. 18;
g) Chiedere alle Amministrazioni competenti la sospensione e/o limitazione di tutte le attività non essenziali e che comportino un contatto diretto fra operatore e cittadino, fermo restando che le operazioni che prevedano il contatto con l'utenza vanno condotte secondo le modalità di cui all'Allegato 1 lettera d) del DPCM 8 marzo 2020;
h) Aggiornare il Documento di Valutazione dei Rischi in relazione al rischio associato all'infezione da SARS- CoV-2 e le relative procedure interne, coerentemente con le indicazioni emesse in tal senso dalle autorità sanitarie e le disposizioni normative pro tempore vigenti;
i) Verificare, in collaborazione con l'RSPP, il Medico Competente, e consultando gli RLS, la rispondenza del DVR (e dei DUVRI, nei riguardi delle aziende in appalto) così aggiornato agli interventi conseguenti e ai protocolli di prevenzione adottati;
j) Le aziende titolari del servizio di raccolta informano i cittadini sul corretto conferimento dei rifiuti come da disposizione delle autorità sanitarie;
k) Proseguimento della sorveglianza sanitaria dei lavoratori (D.Lgs. n. 81/2008 ss.mm., artt. 25 e 41).

Letto, confermato e sottoscritto.

Fonte: Fpcgil

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Protocollo per prevenzione e sicurezza dei lavoratori settore edile

ID 10459 | | Visite: 3978 | News Sicurezza

Protocollo per prevenzione e sicurezza dei lavoratori settore edile

Protocollo per prevenzione e sicurezza dei lavoratori settore edile

In attuazione del protocollo sottoscritto dalle parti sociali confederali in data 14 marzo, su invito del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali che hanno promosso l’incontro tra le parti sociali, in attuazione della misura contenuta all’articolo 1, comma primo, numero 9), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020, è stato stipulato, in data 24 marzo, il presente Protocollo.

Il Protocollo, che ha validità, ai sensi e per gli effetti dei decreti governativi vigenti e futuri connessi alla pandemia Covid-19 in corso, fino alla durata della pandemia stessa, declina specifici adempimenti per garantire la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e per prevenire il contagio da Covid-19.

PREMESSA

Le sottoscritte Parti sociali ritengono di declinare le prescrizioni ivi contenute nella realtà produttiva del settore delle costruzioni, sia negli uffici che nei cantieri, anche in attuazione del Protocollo sottoscritto il 14 Marzo u.s. da CGIL, CISL, UIL e CONFINDUSTRIA, RETE IMPRESE ITALIA, CONFAPI, ALLEANZE DELLE COOPERATIVE e del DPCM del 22 Marzo u.s..

Le parti si danno atto che la tutela e la salute delle maestranze è prioritaria e che la stessa va tutelata e garantita. Pertanto, per le unità produttive e cantieri nei quali le seguenti prescrizioni non potessero essere attuate, saranno attivati gli ammortizzatori sociali emanati dal Governo, per l’intero territorio nazionale, con la causale epidemia Covid-19.

Le parti si danno inoltre atto che, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, le imprese utilizzeranno qualsiasi strumento normativo e contrattuale utile (a titolo esemplificativo ferie, permessi, ecc).

Le parti concordano inoltre che l’utilizzo dell’ammortizzatore sociale, nell’ipotesi di sospensione dell’attività nei cantieri, in assenza della possibilità di adibire il personale ad altri lavori, riguarderà anche la categoria impiegatizia, in virtù della stretta interconnessione delle rispettive attività lavorative. Anche in tale ipotesi, saranno utilizzati tutti gli strumenti normativi e contrattuali per mantenere i livelli occupazionali, fermo restando l’utilizzo, laddove possibile, dello strumento del lavoro agile.

Le parti si danno inoltre atto che l’ammortizzatore sociale potrà essere comunque utilizzato per tutte le situazioni determinate dall’emergenza epidemiologica derivante da Covid-19.

Tutto quanto premesso, le parti concordano il seguente elenco di prescrizioni da adottarsi integralmente sui luoghi di lavoro.

L’obiettivo del presente protocollo condiviso di regolamentazione è fornire indicazioni operative finalizzate a incrementare, in cantiere e negli altri ambienti lavorativi delle imprese edili, l’efficacia delle misure precauzionali di contenimento adottate per contrastare l’epidemia di Covid-19.

Il COVID-19 rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione. Il presente protocollo contiene, quindi, misure che seguono la logica della precauzione e seguono e attuano le prescrizioni del legislatore e le indicazioni dell’Autorità sanitaria.

Fatti salvi tutti gli obblighi previsti dalle disposizioni emanate per il contenimento del Covid-19 e premesso che il DPCM del 22 marzo 2020 prevede l’osservanza fino al 3 aprile 2020 di misure restrittive, nell’intero territorio nazionale, specifiche per il contenimento del Covid – 19 e che, per le attività di produzione, le misure di cui al DPCM 11 marzo raccomandano che:

- sia attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese edili di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
- siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva;
- siano sospese le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione;
- assumano protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale;
- siano incentivate le operazioni di sanificazione nei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali;
- per le sole attività produttive si raccomanda altresì che siano limitati al massimo gli spostamenti all’interno dei siti e contingentato l’accesso agli spazi comuni;
- si favoriscono, limitatamente alle attività produttive, intese tra organizzazioni datoriali e sindacali;
- per tutte le attività non sospese si invita al massimo utilizzo delle modalità di lavoro agile si stabilisce che le imprese adottano il presente protocollo di regolamentazione, fatti salvi eventuali altri specifici protocolli di analoga efficacia, all’interno dei propri cantieri e dei luoghi di lavoro, oltre a quanto previsto dai suddetti decreti, e applicano le ulteriori misure di precauzione di seguito elencate per tutelare la salute delle persone presenti all’interno dell’azienda e garantire la salubrità dell’ambiente di lavoro.

1. INFORMAZIONE

- il datore di lavoro, anche con l’ausilio degli enti bilaterli formazione/sicurezza delle costruzioni che adottano strumenti di supporto utili alle imprese, informa i lavoratori sulle regole fondamentali di igiene per prevenire le infezioni virali (cfr. allegato I del DPCM 8 marzo di seguito riportato), attraverso le modalità più idonee ed efficaci (per esempio consegnando e/o affiggendo all’ingresso del cantiere e nei luoghi maggiormente frequentati appositi cartelli visibili che segnalino le corrette modalità di comportamento). In caso di lavoratori stranieri che non comprendono la lingua italiana, si invitano i Datori di Lavoro a fornire materiale nella loro lingua madre o ricorrere a depliants informativi con indicazioni grafiche. I lavoratori autonomi dovranno ricevere le medesime informazioni in merito alle misure adottate nello specifico cantiere. L’impresa affidataria, in concerto con il Committente/Responsabile dei lavori e con il Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, definirà le modalità di informazione per altri soggetti diversi dal lavoratore che dovranno entrare in cantiere (es. tecnici, visitatori, ecc.).

Le informazioni riguardano inoltre:

- l’obbligo di rimanere al proprio domicilio in presenza di febbre (oltre 37.5°) o altri sintomi influenzali e di chiamare il proprio medico di famiglia e l’autorità sanitaria (numero 1500 o il numero 112, seguendone le indicazioni);
- le modalità con cui sarà eseguito il controllo della temperatura al lavoratore;
- l’obbligo di non fare ingresso o di permanere in azienda e in cantiere e di doverlo dichiarare tempestivamente laddove, anche successivamente all’ingresso, sussistano le condizioni di pericolo (sintomi di influenza, temperatura, o contatto con persone positive al virus nei 14 giorni precedenti, etc) per le quali i provvedimenti dell’Autorità impongono di informare il medico di famiglia e l’Autorità sanitaria e di rimanere nel proprio domicilio;
- l’impegno a rispettare tutte le disposizioni delle Autorità e del datore di lavoro nel fare accesso in cantiere e in azienda (in particolare, mantenere la distanza di sicurezza, osservare le regole di igiene delle mani e tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene);
- l’impegno a informare tempestivamente e responsabilmente il datore di lavoro della presenza di qualsiasi sintomo influenzale durante l’espletamento della prestazione lavorativa, avendo cura di rimanere ad adeguata distanza dalle persone presenti.

2. MODALITÀ DI INGRESSO IN AZIENDA

- Al personale, prima dell’accesso al luogo di lavoro/cantiere sarà effettuato il controllo della temperatura corporea.
Se tale temperatura risulterà superiore ai 37,5°, non sarà consentito l’accesso ai luoghi di lavoro/cantiere. Le persone in tale condizione - nel rispetto delle indicazioni riportate in nota - saranno momentaneamente isolate e fornite di mascherine, non dovranno recarsi al Pronto Soccorso e/o nelle infermerie di sede, ma dovranno contattare, nel più breve tempo possibile, il proprio medico curante e seguire le sue indicazioni;
- il datore di lavoro informa preventivamente il personale, e chi intende fare ingresso in azienda/cantiere, della preclusione dell’accesso a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al Covid-19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS;
- per questi casi si fa riferimento al Decreto legge n. 6 del 23/02/2020, art. 1, lett. h) e i).

3. PRECAUZIONI IGIENICHE

- E’ obbligatorio che le persone presenti in cantiere o in azienda adottino tutte le precauzioni igieniche, in particolare per le mani (vedi allegato 2);
- l’azienda mette a disposizione idonei mezzi detergenti per le mani;
- è raccomandata la frequente pulizia delle mani con acqua e sapone o con soluzione idroalcolica ove non presenti acqua e sapone. In assenza di acqua e sapone, le soluzioni idroalcoliche possono essere ubicate in punti quali l’ingresso dei cantieri o in prossimità dell’ingresso dei baraccamenti, mense, spazi comuni,ecc.

4. INDICAZIONI PER LE IMPRESE FORNITRICI E SUBAPPALTATRICI

Il personale addetto alla conduzione dei mezzi di trasporto potrà svolgere le operazioni di consegna o prelievo delle merci in cantiere.

Le comprovate esigenze di trasferimento potranno essere oggetto di verifica da parte delle Autorità competenti, mediante l’esibizione di idonea documentazione, tra cui i documenti di trasporto o le fatture di accompagnamento.

È necessario adottare le seguenti misure di prevenzione e cautela nei confronti degli addetti alla fornitura e dei subappaltatori.

E’ compito del datore di lavoro elaborare una procedura, anche coinvolgendo gli RLS/RLST per gli aspetti di loro competenza, che tenga conto dei punti seguenti:

- per l’accesso di fornitori esterni, individuare procedure di ingresso, transito e uscita, mediante modalità, percorsi e tempistiche predefinite, al fine di ridurre le occasioni di contatto con il personale in forza in cantiere o negli uffici coinvolti;
- se possibile, gli autisti dei mezzi di trasporto devono rimanere a bordo dei propri mezzi. Per le necessarie attività di carico e scarico, il trasportatore dovrà attenersi alla rigorosa distanza di un metro. Nel caso in cui ciò non sia possibile, è necessario utilizzare guanti monouso e mascherina anche per l’eventuale scambio di documentazione (laddove non possibile uno scambio telematico), se necessaria la vicinanza degli operatori;
- per fornitori/trasportatori e/o altro personale esterno, individuare/installare servizi igienici dedicati, ove possibile; prevedere il divieto di utilizzo di quelli del personale dipendente e garantire una adeguata pulizia giornaliera;
- va ridotto, per quanto possibile, l’accesso ai visitatori; qualora fosse necessario l’ingresso di visitatori esterni, gli stessi dovranno sottostare a tutte le regole aziendali, ivi previste;
- le norme del presente paragrafo si estendono alle aziende in appalto / subappalto / subaffidamento.

5. PULIZIA E SANIFICAZIONE

- L’azienda assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali e ambienti chiusi (es. baracche di cantiere, spogliatoi, locali refettorio);
- l’azienda assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica delle parti a contatto con le mani degli operatori delle attrezzature e postazioni di lavoro fisse (a titolo esemplificativo e non esaustivo si citano la pulsantiera della sega circolare, della taglia piegaferri, della betoniera a bicchiere e i manici degli utensili manuali e degli elettroutensili). Si invitano inoltre i datori di lavoro ad organizzare le proprie squadre in modo che tali attrezzature vengano utilizzate dalle medesime persone
durante il turno di lavoro. Si dovranno in ogni caso fornire o rendere disponibili specifici detergenti per la pulizia degli strumenti individuali;
- l’azienda assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica di pulsantiere, quadri comando, volante, ecc. delle postazioni di lavoro degli operatori addetti alla conduzione di macchine e attrezzature (es. sollevatori telescopici, escavatori, PLE, ascensori/montacarichi, ecc.) e dei mezzi di trasporto aziendali. Va garantita altresì la pulizia a fine turno e la sanificazione periodica di tastiere, schermi, mouse, distributori di bevande, con adeguati detergenti, sia negli uffici, sia nei baraccamenti, ove presenti;
- nel caso di presenza di una persona con Covid-19 l’azienda procede alla pulizia e sanificazione dei suddetti secondo le disposizioni della circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute nonché alla loro ventilazione;
- nelle aziende che effettuano le operazioni di pulizia e sanificazione, in ottemperanza alle indicazioni del Ministero della Salute, saranno definiti i protocolli di intervento specifici con il supporto dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS o RSLT territorialmente competente).

6. DISTANZA DI SICUREZZA E DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE

- L’adozione delle misure di igiene e dei dispositivi di protezione individuale indicati nel presente Protocollo di Regolamentazione è fondamentale e, vista l’attuale situazione di emergenza, è evidentemente legata alla disponibilità in commercio.

Per questi motivi:
a. le mascherine dovranno essere utilizzate in conformità a quanto previsto dalle indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità;
b. data la situazione di emergenza, in caso di difficoltà di approvvigionamento e alla sola finalità di evitare la diffusione del virus, potranno essere utilizzate mascherine la cui tipologia corrisponda alle indicazioni dall’autorità sanitaria.

Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ove nominato, ai sensi del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, provvede ad integrare il Piano di sicurezza e di coordinamento e la relativa stima dei costi con tutti i dispositivi ritenuti necessari.

In cantiere è necessario:

- richiedere ai lavoratori il rispetto della distanza di 1 metro durante l’attività lavorativa. Nel caso in cui non sia possibile mantenere tale distanza di sicurezza, esaminare con il coordinatore in fase di esecuzione, ove presente, con la direzione lavori, con il committente/responsabile dei lavori, e con gli RSL/RSLT gli strumenti da porre in essere, compresa, ove possibile, un’eventuale diversa organizzazione del lavoro e/o un nuovo cronoprogramma dei lavori, al fine di favorire lo sfasamento temporale e spaziale delle lavorazioni, evitando situazioni di criticità dovute alla presenza di più imprese o squadre della stessa impresa. Laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, adottare idonei dispositivi di protezione individuale:
- mascherine monouso e altri dispositivi di protezione (guanti monouso, occhiali, tute, cuffie, camici, ecc…) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie;
- definire, ove necessario, procedure in cui indicare i soggetti incaricati di vigilare sulla corretta applicazione delle disposizioni ivi previste (es. Dirigente/Preposto);
-  richiedere ai lavoratori il rispetto della distanza di 1 metro, evitando assembramenti nei locali per lavarsi, spogliatoi, refettori, locali di ricovero e di riposo, dormitori, comunemente denominati baraccamenti. Nel caso in cui non sia possibile mantenere tale distanza di sicurezza, esaminare con il coordinatore in fase di esecuzione, ove presente, con la direzione lavori, con il committente/responsabile dei lavori e con gli RSL/RSLT gli strumenti da porre in essere, compresa, ove possibile, un’eventuale diversa organizzazione nella fruizione dei baraccamenti, compresa la turnazione delle pause delle squadre di lavoro.

Laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, adottare idonei dispositivi di protezione individuale: mascherine monouso e altri dispositivi di protezione (guanti monouso, occhiali, tute, cuffie, camici, ecc…) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie.

Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ove nominato ai sensi del Decreto legislativo 9 aprile 2008 , n. 81, provvede al riguardo ad integrare il Piano di sicurezza e di coordinamento anche attraverso una turnazione dei lavoratori compatibilmente con le lavorazioni previste in cantiere;

-  ove presente un servizio di trasporto organizzato dall’azienda per raggiungere il cantiere, va garantita la sicurezza dei lavoratori lungo ogni spostamento, rispettando la distanza interpersonale di 1 metro tra essi o facendo indossare guanti monouso e mascherine monouso. Si potranno prendere in considerazione anche flessibilità organizzative, quali, ad esempio, frequenza e differenziazione delle modalità di trasporto. In ogni caso, occorre assicurare la pulizia con specifici detergenti delle maniglie di portiere e finestrini, volante, cambio, etc. mantenendo una corretta areazione all’interno del veicolo;
- in caso di utilizzo di mezzi propri, limitare il numero di persone presenti mantenendo la distanza di sicurezza.

In azienda è necessario:
- predisporre policy/regolamenti interni per il controllo dell'accesso degli esterni nei locali dell’impresa;
- In caso di riunioni è necessario mantenere la distanza interpersonale di almeno 1 metro e laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, è necessario fornire idonei dispositivi di protezione individuale: mascherine monouso e guanti monouso conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie. È comunque necessario limitare al massimo gli spostamenti all’interno dei siti e contingentare l’accesso agli spazi comuni;
- contingentare l’accesso agli spazi comuni, comprese le mense aziendali e le aree fumatori, ove presenti, con la previsione di una ventilazione continua dei locali, di un tempo ridotto di sosta all’interno di tali spazi e con il mantenimento della distanza di sicurezza di 1 metro tra le persone che li occupano.

7. ORGANIZZAZIONE AZIENDALE

In riferimento al DPCM 11 marzo 2020, punto 7, limitatamente al periodo della emergenza dovuta al Covid-19, le imprese potranno, avendo a riferimento quanto previsto dai CCNL, disporre la chiusura di tutti i reparti diversi dalla produzione o,
comunque, di quelli dei quali è possibile il funzionamento mediante il ricorso allo smart working, o comunque a distanza;

- procedere ad una rimodulazione dei livelli produttivi;
- assicurare un piano di turnazione dei dipendenti dedicati alla produzione con l’obiettivo di diminuire al massimo i contatti e di creare gruppi autonomi, distinti e riconoscibili;
- utilizzare lo smart working per tutte quelle attività che possono essere svolte presso il domicilio o a distanza nel caso vengano utilizzati ammortizzatori sociali, anche in deroga, valutare sempre la possibilità di assicurare che gli stessi riguardino l’intera compagine aziendale, se del caso anche con opportune rotazioni;
- utilizzare in via prioritaria gli ammortizzatori sociali disponibili nel rispetto degli istituti contrattuali generalmente finalizzati a consentire l’astensione dal lavoro;
- sono sospese e annullate tutte le trasferte/viaggi di lavoro nazionali e internazionali, anche se già concordate o organizzate, che riguardano le attività complementari alle attività core dell’azienda. Pertanto sono ammesse tutte le trasferte strettamente connesse all’esecuzione dei lavori negli specifici cantieri.

8. GESTIONE ENTRATA E USCITA DEI DIPENDENTI

- Si favoriscono orari di ingresso/uscita, nonchè di pausa, scaglionati in modo da evitare il più possibile contatti nelle zone comuni (ingressi, sala mensa, ecc);
- dove è possibile, occorre dedicare una porta di entrata e una porta di uscita da questi locali e garantire la presenza di detergenti segnalati da apposite indicazioni.

9. FORMAZIONE

- Sono sospesi e annullati tutti gli eventi interni e ogni attività di formazione in modalità in aula, anche obbligatoria, anche se già organizzati; è comunque  possibile, qualora l’organizzazione aziendale lo permetta, effettuare la formazione a distanza, anche per i lavoratori in smart working;
- il mancato completamento dell’aggiornamento della formazione professionale e/o abilitante entro i termini previsti per tutti i ruoli/funzioni aziendali in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, dovuto all’emergenza in corso e quindi per causa di forza maggiore, non comporta l’impossibilità a continuare lo svolgimento dello specifico ruolo/funzione (a titolo esemplificativo: l’addetto all’emergenza, sia antincendio, sia primo soccorso, può continuare ad intervenire in caso di necessità; l’operatore della gru può continuare ad operare come gruista);
- le parti si danno atto, pertanto, della sospensione dei termini di scadenza dell’aggiornamento dei patentini contrattuali.

10. GESTIONE DI UNA PERSONA SINTOMATICA

- Nel caso in cui una persona presente in azienda o in cantiere sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria quali la tosse, lo deve dichiarare immediatamente all’ufficio del personale, si dovrà procedere al suo isolamento in base alle disposizioni dell’autorità sanitaria e a quello degli altri presenti dai locali, l’azienda procede immediatamente ad avvertire le autorità sanitarie competenti e i numeri di emergenza per il Covid-19 forniti dalla Regione o dal Ministero della Salute
- l’azienda collabora con le Autorità sanitarie per la definizione degli eventuali “contatti stretti” di una persona presente in azienda che sia stata riscontrata positiva al tampone Covid-19. Ciò al fine di permettere alle autorità di applicare le necessarie e opportune misure di quarantena. Nel periodo dell’indagine, l’azienda potrà chiedere agli eventuali possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente lo stabilimento, secondo le indicazioni dell’Autorità sanitaria.

11. MEDICO COMPETENTE/RLS/RLST

- La sorveglianza sanitaria deve proseguire rispettando le misure igieniche contenute nelle indicazioni del Ministero della Salute (cd. decalogo);
- vanno privilegiate, in questo periodo, le visite preventive, le visite a richiesta e le visite da rientro da malattia;
- la sorveglianza sanitaria periodica non va interrotta, perché rappresenta una ulteriore misura di prevenzione di carattere generale: sia perché può intercettare possibili casi e sintomi sospetti del contagio, sia per l’informazione e la formazione che il medico competente può fornire ai lavoratori per evitare la diffusione del contagio;
- nell’integrare e proporre tutte le misure di regolamentazione legate al Covid-19 il medico competente collabora con il datore di lavoro e con il RLS/RLST;
- il medico competente segnala all’azienda situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti e l’azienda provvede alla loro tutela nel rispetto della privacy;
- il medico competente applicherà le indicazioni delle Autorità Sanitarie.

Le parti concordano di costituire un Osservatorio per monitorare l’andamento del contagio da virus Covid-19 e rimodulare, laddove necessario, le suddette prescrizioni nei luoghi di lavoro del settore delle costruzioni.

12. TIPIZZAZIONE, RELATIVAMENTE ALLE ATTIVITA' DI CANTIERE, DELLE IPOTESI DI ESCLUSIONE DELLA RESPONSABILITÀ DEL DEBITORE, ANCHE RELATIVAMENTE ALL’APPLICAZIONE DI EVENTUALI DECADENZE O PENALI CONNESSE A RITARDATI O OMESSI ADEMPIMENTI

Le parti si danno atto che le ipotesi che seguono costituiscono una tipizzazione pattizia, relativamente alle attività di cantiere, della disposizione, di carattere generale, contenuta nell’articolo 91 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, a tenore della quale il rispetto delle misure di contenimento adottate per contrastare l’epidemia di Covid-19 è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.

La tipizzazione delle ipotesi deve intendersi come meramente esemplificativa e non esaustiva.

1) la lavorazione da eseguire in cantiere impone di lavorare a distanza interpersonale minore di un metro, non sono possibili altre soluzioni organizzative e non sono disponibili, in numero sufficiente, mascherine e altri dispositivi di protezione individuale (guanti, occhiali, tute, cuffie, ecc..) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie (risulta documentato l'avvenuto ordine del materiale di protezione individuale e la sua mancata consegna nei termini): conseguente sospensione delle lavorazioni;
2) l’accesso agli spazi comuni, per esempio le mense, non può essere contingentato, con la previsione di una ventilazione continua dei locali, di un tempo ridotto di sosta all’interno di tali spazi e con il mantenimento della distanza di sicurezza di 1 metro tra le persone che li occupano; non è possibile assicurare il servizio di mensa in altro modo per assenza, nelle adiacenze del cantiere, di esercizi commerciali, in cui consumare il pasto, non è possibile ricorrere ad un pasto caldo anche al sacco, da consumarsi mantenendo le specifiche distanze: conseguente sospensione delle lavorazioni;
3) caso di un lavoratore che si accerti affetto da Covid-19; necessità di porre in quarantena tutti i lavoratori che siano venuti a contatto con il collega contagiato; non è possibile la riorganizzazione del cantiere e del cronoprogramma delle lavorazioni: conseguente sospensione delle lavorazioni;
4) laddove vi sia il pernotto degli operai ed il dormitorio non abbia le caratteristiche minime di sicurezza richieste e/o non siano possibili altre soluzioni organizzative, per mancanza di strutture ricettive disponibili: conseguente sospensione delle lavorazioni.
5) indisponibilità di approvvigionamento di materiali, mezzi, attrezzature e maestranze funzionali alle specifiche attività del cantiere: conseguente sospensione delle lavorazioni

La ricorrenza delle predette ipotesi deve essere attestata dal coordinatore per la sicurezza nell'esecuzione dei lavori che ha redatto l’integrazione del Piano di sicurezza e di coordinamento.
Roma, 24 marzo 2020 

Fonte: ANCE

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Decreto Cura Italia: Note VVF su disposizioni attinenti la PI

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Decreto Cura Italia   Note VVF su disposizioni attinenti la PI

Decreto Cura Italia: Note VVF su disposizioni attinenti la PI

Circolare 25 Marzo 2020

OGGETTO: Comunicazione di avvenuta pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di norme attinenti la prevenzione incendi. Decreto legge 17 marzo 2020, n. 18.

Si informa che nella Gazzetta Ufficiale serie generale n. 70 del 17 marzo 2020 è stato pubblicato il DECRETO-LEGGE 17 marzo 2020, n. 18 recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”.

Per quanto attiene aspetti relativi alla prevenzione incendi, si segnalano i seguenti articoli:

- Art. 4 - Disciplina delle aree sanitarie temporanee - che dispone che le opere edilizie strettamente necessarie a rendere le strutture idonee all’accoglienza e alla assistenza per le finalità di cui al comma 1 possono essere eseguite in deroga alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, delle leggi regionali, dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi locali, nonché, sino al termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020, agli obblighi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151. Il rispetto dei requisiti minimi antincendio si intende assolto con l'osservanza delle disposizioni del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;

- ART. 83 (Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare), prevede che dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali. Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo. Quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l’udienza o l’attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto. Rientrano in tali casistiche i procedimenti D.lgs. 758/94 essendo gli stessi procedimenti volti alla depenalizzazione di contravvenzioni penali.

- Art. 103 - Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza - comma 2 (tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, conservano la loro validità fino al 15 giugno 2020): in tale fattispecie, ricadono, in particolare, le attestazioni di rinnovo periodico della conformità antincendio di cui all’art 5 del D.P.R. 151/2011, i corrispondenti procedimenti previsti dal D.Lgs. 105/2015, le omologazioni dei prodotti antincendio nonché i termini fissati dall’art. 7 del D.M. 5 agosto 2011 e s.m.i. ai fini del mantenimento dell’iscrizione dei professionisti antincendio negli elenchi di cui all’art. 16 del D.lgs. 139/2006 e s.m.i.;

- Art. 103 - Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza - comma 1 (Ai fini del computo dei termini ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi su istanza di parte o d’ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020. Le pubbliche amministrazioni adottano ogni misura organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti, con priorità per quelli da considerare urgenti, anche sulla base di motivate istanze degli interessati. Sono prorogati o differiti, per il tempo corrispondente, i termini di formazione della volontà conclusiva dell’amministrazione nelle forme del silenzio significativo previste dall’ordinamento), in tale fattispecie, ricadono, in particolare, i procedimenti ed i controlli di cui del D.P.R. 151/2011 e quelli relativi al D.Lgs. 105/2015.

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COVID-19 e protezione degli operatori sanitari

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COVID 19 e protezione degli operatori sanitari

COVID-19 e protezione degli operatori sanitari

INAIL, 24.03.2020 - Seconda edizione

Il documento vuole essere un contributo informativo per la tutela della salute e sicurezza degli operatori sanitari, categoria di lavoratori che ha maggiore possibilità di entrare in contatto con soggetti potenzialmente infetti.

Nel dicembre 2019 a Wuhan, Cina, è emerso un focolaio epidemico correlato a un nuovo coronavirus non identificato in precedenza nell’uomo. L’infezione si è poi diffusa ad altri Paesi, interessando anche l’Italia con comparsa di focolai epidemici a partire da febbraio 2020.

RISCHI PER GLI OPERATORI SANITARI

In riferimento alla epidemia di COVID-19, fermo restando che in ogni ambiente di vita e di lavoro esiste la potenzialità di contagio, vi sono alcune categorie di lavoratori a maggior rischio di esposizione, come ad esempio gli operatori sanitari (OS), il personale di laboratorio, il personale aeroportuale e di volo, gli operatori di servizi o esercizi commerciali a contatto con il pubblico.

In particolare questo documento vuole essere un contributo informativo per la tutela della salute e sicurezza degli operatori sanitari, categoria di lavoratori che per la peculiarità dell’attività professionale ha maggiore possibilità di entrare in contatto con soggetti potenzialmente infetti, come confermato dai dati emersi dall’epidemia in corso e dalle precedenti epidemie di SARS e MERS. Ciò avviene non solo in ambito ospedaliero (DEA, reparti di degenza, reparti di terapia intensiva e rianimazione) ma anche nel contesto di ambulatori medici e centri diagnostici nonché in strutture che forniscono altri servizi sanitari.

Per operatori sanitari si intendono tutti quei soggetti che, a qualunque titolo, prestano servizio in contesti sanitari in cui può verificarsi una esposizione a rischio biologico diretta o indiretta attraverso il contatto con pazienti o materiali infetti, inclusi fluidi corporei, attrezzature mediche e dispositivi contaminati, superfici ambientali o aria contaminata.

Le principali organizzazioni internazionali, come l'OMS, il Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (ECDC), il Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie degli Stati Uniti (CDC), emanano documenti in continuo aggiornamento sulla base dell’evoluzione della situazione epidemiologica per fornire specifiche procedure di controllo delle infezioni (compresi controlli tecnici, misure di igiene ambientale, pratiche di lavoro corrette, uso di dispositivi di protezione individuale e disposizioni amministrative) per prevenire la diffusione dell’attuale epidemia.

MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

Le strategie di prevenzione mirano a limitare il più possibile la diffusione dell’infezione attraverso l’implementazione di misure primarie che sono particolarmente importanti, trattandosi di un agente patogeno per l’uomo di nuova comparsa, per cui ancora non esistono terapie specifiche né un vaccino.

In Italia il Ministero della Salute ha adottato misure specifiche per limitare la diffusione del contagio da SARS-CoV-2.

Con la Circolare del 22 febbraio 2020 è stata richiamata l’attenzione sull’importanza di adottare corrette misure di prevenzione da parte della popolazione generale, sottolineando la necessità di garantire la stretta applicazione delle misure di prevenzione e controllo delle infezioni (precauzioni standard, via aerea, da droplets e da contatto) in tutte le strutture sanitarie.

Nell’attuale situazione di emergenza epidemica da SARS-CoV-2, ciascun individuo è chiamato ad applicare misure di prevenzione adeguate al fine di limitare la diffusione dell’infezione.

Si tratta di misure di prevenzione generale, che riguardano l’intera popolazione e che si concretizzano nei “10 comportamenti da seguire”, descritti nel documento prodotto dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità.

L’attuazione di misure di prevenzione/protezione della salute degli operatori sanitari è una strategia vantaggiosa sia per la comunità che per il singolo lavoratore. Infatti, l’adeguata applicazione di tali misure può limitare la trasmissione e la circolazione del SARS-CoV-2 e quindi mantenere i servizi sanitari “efficienti”, anche in situazioni di emergenza. Gli interventi di prevenzione sono finalizzati a migliorare l’organizzazione del lavoro e a definire strategie per incrementare una corretta comunicazione e percezione del rischio, contrastando la disinformazione.

La condivisione delle strategie di comunicazione sul luogo di lavoro e delle procedure da attuare per affrontare le emergenze rende l’OS maggiormente consapevole sui rischi lavorativi. In particolare, non solo come norma generale ma anche in riferimento a questa specifica infezione, è fondamentale aumentare la consapevolezza dei lavoratori sull’importanza di rimanere a casa e lontano da luoghi di lavoro in caso di comparsa di sintomi respiratori, al fine di prevenire la diffusione del rischio, in coerenza con le indicazioni comportamentali già note per la prevenzione della diffusione della sindrome influenzale.

La gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro prevede l’attuazione di misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori (art. 15 del D.Lgs 81/08) tra cui “l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico; la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso; la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio; l’utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro; la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale”.

Il primo e più importante livello di intervento è l’applicazione delle precauzioni standard, insieme di misure di prevenzione delle infezioni, che dovrebbero applicarsi in tutte le strutture sanitarie (ospedali, ambulatori medici, centri diagnostici, strutture che forniscono altri servizi sanitari) alle quali accedono pazienti e/o utenti di cui non sono note le effettive condizioni di salute. Pertanto, tenuto conto della contingente situazione di emergenza epidemica in cui i soggetti portatori di coronavirus possono essere scarsamente sintomatici, rappresentando una fonte inconsapevole di trasmissione della malattia, ben si comprende il ruolo delle sopra richiamate precauzioni.

Deve ancora sottolinearsi che la buona organizzazione del lavoro, la chiarezza dei ruoli, il rispetto di percorsi dedicati e delle procedure, accompagnati da una corretta comunicazione, informazione e formazione, rappresentano misure di prevenzione collettiva di fondamentale importanza. In ogni caso, per tutte le operazioni che prevedono il contatto con casi sospetti o confermati di COVID-19, alle misure collettive deve essere affiancato l’uso di dispositivi di protezione individuale (DPI), come descritto nella tabella.

I DPI, selezionati anche in base al rischio correlato alle specifiche mansioni, devono consentire la protezione delle vie respiratorie, degli occhi e delle mucose, delle mani e del corpo.

Si raccomanda di seguire con attenzione le procedure di vestizione e svestizione nonché quelle di smaltimento dei DPI come riportato nella Circolare del Ministero della Salute del 22 febbraio 2020.

CONSIDERAZIONI SUL CONTESTO NORMATIVO

Già le previsioni normative di cui al Titolo X – Esposizione ad agenti biologici – del D.Lgs 81/2008 e s.m.i. delineano obblighi in capo al datore di lavoro in riferimento alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori che comprendono misure tecniche, organizzative, procedurali, igieniche, di emergenza, di informazione e formazione, di sorveglianza sanitaria; tali misure vanno adottate in riferimento alla valutazione dei rischi. Quest’ultima deve tener conto altresì (art. 271, c. 1, e) “delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio”, come è l’attuale situazione di emergenza epidemica da SARS-CoV-2.

Pertanto, le già previste misure di tutela per il rischio da agenti biologici vanno integrate dalle indicazioni individuate ad hoc dagli organismi di riferimento a livello nazionale e internazionale.

I lavoratori sono tenuti al rispetto di tutte le misure di prevenzione individuate, in aderenza agli obblighi di cui all’art. 20 del D.Lgs 81/2008 e s.m.i.

Il c. 1 dell’art. 20 del citato decreto, secondo cui “ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti su luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni…”, applicato al contesto del settore sanitario evoca la riflessione sulla stretta relazione tra la tutela della salute e sicurezza sul lavoro e la gestione del rischio clinico, ancora più pregnante e critica in situazioni di gestione di epidemie. Pertanto, è auspicabile un approccio integrato che includa la valutazione e la gestione dei rischi, la formazione, l’informazione, la sensibilizzazione, la comunicazione ed il monitoraggio nel tempo, anche nell’ottica di un miglioramento continuo dell’organizzazione del lavoro.

...

Fonte: INAIL

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Decreto 10 marzo 2020

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Decreto 10 marzo 2020

Decreto 10 marzo 2020

Ministero dell'Interno

Disposizioni di prevenzione incendi per gli impianti di climatizzazione inseriti nelle attivita' soggette ai controlli di prevenzione incendi.

(GU Serie Generale n.73 del 20-03-2020)

Entrata in vigore: 18.06.2020

...

Art. 1. Campo di applicazione

1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano alla progettazione, alla costruzione, all’esercizio e alla manutenzione degli impianti di climatizzazione inseriti nelle attività, sia nuove che esistenti, soggette ai controlli di prevenzione incendi e progettati applicando le regole tecniche allegate ai decreti ministeriali citati in premessa.

Art. 2. Disposizioni tecniche

1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni tecniche di prevenzione incendi, negli impianti di climatizzazione e condizionamento di cui all’art. 1, laddove è prescritto l’utilizzo di fluidi frigorigeni non infiammabili o non infiammabili e non tossici, è ammesso anche l’impiego di fluidi classificati A1 o A2L secondo la norma ISO 817 « Refrigerants - designations and safety classification » o norma equivalente, fermo restando la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti a regola dell’arte.

2. Gli impianti di climatizzazione e condizionamento di cui all’art. 1 sono considerati impianti rilevanti ai fini della sicurezza antincendi. La documentazione prevista al punto 3.2 dell’allegato II del decreto del Ministro dell’interno 7 agosto 2012 relativa alla dichiarazione di conformità viene prodotta comprensiva del manuale di uso e manutenzione.

3. Il manuale di uso e manutenzione viene predisposto, in lingua italiana, a cura dell’impresa di installazione dell’impianto di climatizzazione e condizionamento, in accordo alle previsioni delle norme tecniche applicabili, tenendo conto dei dati forniti dai fabbricanti dei componenti installati e contiene il piano dei controlli, delle verifiche e delle operazioni di manutenzione.

Art. 3. Disposizioni finali

1. Il presente decreto entra in vigore novanta giorni dopo la data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.

...

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Circolare Min. della Salute 18 marzo 2020 prot. 9268

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Raccomandazioni operative per i tecnici verificatori

COVID-19 - Raccomandazioni operative per i tecnici verificatori

Ministero della Salute, circ. 18 marzo 2020, prot. n. 9268 

Oggetto: COVID-19. Raccomandazioni operative per i tecnici verificatori

Si fa seguito al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri emanato l'8 marzo 2020 in cui sono state individuate le misure di distanziamento sociale e igienico sanitarie da adottare per contrastare la diffusione dell'epidemia e alla circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 con cui sono state integrate le indicazioni sulla gestione dei casi nelle strutture sanitarie, l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (DPI) per il personale sanitario e le precauzioni standard di biosicurezza.

Il tecnico verificatore, svolgendo attività di verifica e di manutenzione delle apparecchiature elettromedicali e di laboratorio, può essere esposto a rischio biologico sia durante gli interventi in ambito ospedaliero, laboratoristico che domiciliare.

Oltre applicare le misure di distanziamento sociale e igienico sanitarie (allegato 1), il tecnico verificatore deve essere formato sul corretto utilizzo e smaltimento dei DPI e sulle modalità di vestizione e svestizione rispettando rigorosamente le sequenze riportate in allegato 2, per quanto applicabili nelle diverse situazioni di rischio.

Le attività di verifica non indispensabili ed urgenti dovranno essere sospese.

È importante effettuare un'attenta valutazione del rischio, tenendo conto delle procedure che dovranno essere eseguite con possibile generazione di aerosol, per individuare gli eventuali DPI da indossare.

La strumentazione da verificare dovrà essere preventivamente decontaminata, utilizzando prodotti disinfettanti autorizzati per SARS-CoV-2.

Le superfici ambientali andranno preventivamente sottoposte a pulizia con acqua e detergente seguita dall'applicazione di comuni disinfettanti quali l'ipoclorito di sodio.

Per le procedure che non generano aerosol, l'articolo 34 del Decreto-legge 02 marzo 2020, n. 9 consente, in coerenza con le linee guida dell'organizzazione Mondiale della Sanità e in conformità alle attuali evidenze scientifiche, il ricorso alle mascherine chirurgiche per proteggere gli operatori sanitari.

In tutte le procedure che generano aerosol dovranno invece essere utilizzati filtranti respiratori FFP3.

Dopo la rimozione dei DPI effettuare un accurato lavaggio delle mani con acqua e sapone o con soluzioni idroalcoliche.

Tabella 1. Esempi di utilizzo di Dispositivi di protezione individuale (DPI)
 

Situazione

DPI

raccomandati

Verifica di apparecchiature che non possono generare aerosol nella stanza/ambiente in cui è ricoverato caso di COVID-19

Mascherina chirurgica o filtrante respiratorio FFP2

Protezione facciale

Camice impermeabile a maniche lunghe

Guanti

NOTA: Il paziente deve indossare mascherina chirurgica

Verifica di apparecchiature che possono generare aerosol nella stanza/ambiente in cui è ricoverato caso di COVID- 19

Filtrante respiratorio FFP3

Protezione facciale

Camice impermeabile a maniche lunghe

Guanti

Occhiali di protezione

NOTA: Il paziente deve indossare mascherina chirurgica

Verifica di apparecchiature nella stanza di una persona in isolamento domiciliare fiduciario

Mascherina chirurgica

Verifica di apparecchiatura in laboratorio che effettua test per SARS-CoV-2

Mascherina chirurgica

Camice impermeabile a maniche lunghe

Guanti

Protezione facciale

 Allegato 1

Misure igienico-sanitarie:

- lavarsi spesso le mani. Si raccomanda di mettere a disposizione in tutti i locali soluzioni idroalcoliche per il lavaggio delle mani;
- evitare il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni respiratorie acute;
- evitare abbracci e strette di mano;
- mantenimento, nei contatti sociali, di una distanza interpersonale di almeno un metro;
- igiene respiratoria (starnutire e/o tossire in un fazzoletto evitando il contatto delle mani con le secrezioni respiratorie);
- evitare l'uso promiscuo di bottiglie e bicchieri;
- non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani;
- coprirsi bocca e naso se si starnutisce o tossisce;
- pulire le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol.

Allegato 2

Modalità di vestizione e svestizione dei DPI

Vestizione:
1. togliere ogni monile e oggetto personale. Praticare l'igiene delle mani con acqua e sapone o soluzione alcolica;
2. controllare l'integrità dei dispositivi; non utilizzare dispositivi non integri;
3. indossare un primo paio di guanti;
4. indossare sopra la divisa il camice monouso;
5. indossare idoneo filtrante facciale;
6. indossare gli occhiali di protezione;
7. indossare secondo paio di guanti.

Svestizione:

Regole comportamentali

- evitare qualsiasi contatto tra i DPI potenzialmente contaminati e il viso, le mucose o la cute;
- i DPI monouso vanno smaltiti in un apposito contenitore;
- decontaminare i DPI riutilizzabili;
- rispettare la sequenza indicata:
1. rimuovere il camice monouso e smaltirlo nel contenitore;
2. rimuovere il primo paio di guanti e smaltirlo nel contenitore;
3. rimuovere gli occhiali e sanificarli;
4. rimuovere la maschera FFP3 maneggiandola dalla parte posteriore e smaltirla nel contenitore;
5. rimuovere il secondo paio di guanti;
6. praticare l'igiene delle mani con soluzioni alcolica o con acqua e sapone.

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Operatori sanitari: chiarimenti sulla malattia-infortunio da Covid-19

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Operatori sanitari chiarimenti sulla malattia infortunio da Covid 19

Operatori sanitari: chiarimenti sulla malattia-infortunio da Covid-19

INAIL - Nota del 17 marzo 2020, prot. n. 3675

Con nota del 17 marzo 2020 sono forniti chiarimenti in merito alla gestione delle assenze dal lavoro del personale dipendente di strutture sanitarie esposto al contagio del nuovo coronavirus.

La nota del 17 marzo 2020, prot. n. 3675, chiarisce che i contagi da Covid-19 di medici, di infermieri e di altri operatori sanitari in genere, dipendenti del Servizio sanitario nazionale e, in generale, di qualsiasi altra Struttura sanitaria pubblica o privata assicurata con l’Istituto, avvenuti nell’ambiente di lavoro oppure per causa determinata dallo svolgimento dell’attività lavorativa, sono inquadrati nella categoria degli infortuni sul lavoro.

L’Azienda sanitaria locale o la struttura ospedaliera/struttura sanitaria privata di appartenenza del personale infortunato, in qualità di datori di lavoro pubblico o privato, devono assolvere all’obbligo di effettuare, come per gli altri casi di infortunio, la denuncia/comunicazione d’infortunio. Per i datori di lavoro assicurati all’Inail l’obbligo della comunicazione d’infortunio ai fini statistici e informativi si considera comunque assolto con la denuncia/comunicazione d’infortunio.

Resta fermo, inoltre, l’obbligo da parte del medico certificatore di trasmettere all’Istituto il certificato medico di infortunio.

Ai fini del computo della decorrenza della tutela Inail, il termine iniziale è quello della data di attestazione positiva dell’avvenuto contagio tramite il test specifico di conferma.

Sono esclusi i dipendenti sanitari posti in quarantena per motivi di sanità pubblica, salvo che risultino positivi al test di conferma e, in questo caso, sono tutelati per l’intero periodo di quarantena e quello eventualmente successivo dovuto a prolungamento di malattia che determini una inabilità temporanea assoluta al lavoro.

Nel caso in cui, infine, gli eventi infettanti siano intervenuti durante il percorso casa-lavoro, si configura l’ipotesi di infortunio in itinere.

Per maggiori informazioni consultare la nota del 17 marzo 2020, prot. n. 3675.

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Protocollo Sicurezza luoghi di lavoro Covid-19

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Protocollo condiviso regolamentazione misure Covid 19 ambienti di lavoro

Protocollo condiviso regolamentazione misure Covid-19 ambienti di lavoro

14 marzo 2020

Protocollo condiviso consolidato 2021 in formato Check list

Oggi, sabato 14 marzo 2020, è stato sottoscritto il “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”.

Vedi Modello DVR Rischio biologico coronavirus

Il Protocollo è stato sottoscritto su invito del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell’economia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro della salute, che hanno promosso l’incontro tra le parti sociali, in attuazione della misura, contenuta all’articolo 1, comma primo, numero 9), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020, che - in relazione alle attività professionali e alle attività produttive - raccomanda intese tra organizzazioni datoriali e sindacali.

Il Governo favorisce, per quanto di sua competenza, la piena attuazione del Protocollo.

Il documento, tenuto conto di quanto emanato dal Ministero della Salute, contiene linee guida condivise tra le Parti per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio, ovvero sia Protocollo di regolamentazione per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID 19 negli ambienti di lavoro.

La prosecuzione delle attività produttive può infatti avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione.

Pertanto le Parti convengono sin da ora il possibile ricorso agli ammortizzatori sociali, con la conseguente riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, al fine di permettere alle imprese di tutti i settori di applicare tali misure e la conseguente messa in sicurezza del luogo di lavoro.

Unitamente alla possibilità per l’azienda di ricorrere al lavoro agile e gli ammortizzatori sociali, soluzioni organizzative straordinarie, le parti intendono favorire il contrasto e il contenimento della diffusione del virus.

È obiettivo prioritario coniugare la prosecuzione delle attività produttive con la garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità lavorative.

Nell’ambito di tale obiettivo, si può prevedere anche la riduzione o la sospensione temporanea delle attività.

In questa prospettiva potranno risultare utili, per la rarefazione delle presenze dentro i luoghi di lavoro, le misure urgenti che il Governo intende adottare, in particolare in tema di ammortizzatori sociali per tutto il territorio nazionale.

Ferma la necessità di dover adottare rapidamente un Protocollo di regolamentazione per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus che preveda procedure e regole di condotta, va favorito il confronto preventivo con le rappresentanze sindacali presenti nei luoghi di lavoro, e per le piccole imprese le rappresentanze territoriali come previsto dagli accordi interconfederali, affinché ogni misura adottata possa essere condivisa e resa più efficace dal contributo di esperienza delle persone che lavorano, in particolare degli RLS e degli RLST, tenendo conto della specificità di ogni singola realtà produttiva e delle situazioni territoriali.

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PROTOCOLLO CONDIVISO DI REGOLAMENTAZIONE PER IL CONTENIMENTO DELLA DIFFUSIONE DEL COVID – 19

L’obiettivo del presente protocollo condiviso di regolamentazione è fornire indicazioniì operative finalizzate a incrementare, negli ambienti di lavoro non sanitari, l’efficacia delle misure precauzionali di contenimento adottate per contrastare l’epidemia di COVID-19.

Il COVID-19 rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione. Il presente protocollo contiene, quindi, misure che seguono la logica della precauzione e seguono e attuano le prescrizioni del legislatore e le indicazioni dell’Autorità sanitaria.

Fatti salvi tutti gli obblighi previsti dalle disposizioni emanate per il contenimento del COVID-19

e premesso che il DPCM dell’11 marzo 2020 prevede l’osservanza fino al 25 marzo 2020 di misure restrittive nell’intero territorio nazionale, specifiche per il contenimento del COVID – 19 e che per le attività di produzione tali misure raccomandano:

- sia attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
- siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva;
- siano sospese le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione;
- assumano protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale;
- siano incentivate le operazioni di sanificazione nei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali;
- per le sole attività produttive si raccomanda altresì che siano limitati al massimo gli spostamenti all’interno dei siti e contingentato l’accesso agli spazi comuni;
- si favoriscono, limitatamente alle attività produttive, intese tra organizzazioni datoriali e sindacali;
- per tutte le attività non sospese si invita al massimo utilizzo delle modalità di lavoro agile si stabilisce che le imprese adottano il presente protocollo di regolamentazione all’interno dei propri luoghi di lavoro, oltre a quanto previsto dal suddetto decreto, applicano le ulteriori misure di precauzione di seguito elencate - da integrare con altre equivalenti o più incisive secondo le peculiarità della propria organizzazione, previa consultazione delle rappresentanze sindacali aziendali - per tutelare la salute delle persone presenti all’interno dell’azienda e garantire la salubrità dell’ambiente di lavoro.

1-INFORMAZIONE

- L’azienda, attraverso le modalità più idonee ed efficaci, informa tutti i lavoratori e chiunque entri in azienda circa le disposizioni delle Autorità, consegnando e/o affiggendo all’ingresso e nei luoghi maggiormente visibili dei locali aziendali, appositi depliants informativi
- In particolare, le informazioni riguardano o l’obbligo di rimanere al proprio domicilio in presenza di febbre (oltre 37.5°) o altri sintomi influenzali e di chiamare il proprio medico di famiglia e l’autorità sanitaria o la consapevolezza e l’accettazione del fatto di non poter fare ingresso o di poter permanere in azienda e di doverlo dichiarare tempestivamente laddove, anche successivamente all’ingresso, sussistano le condizioni di pericolo (sintomi di influenza, temperatura, provenienza da zone a rischio o contatto con persone positive al virus nei 14 giorni precedenti, etc) in cui i provvedimenti dell’Autorità impongono di informare il medico di famiglia e l’Autorità sanitaria e di rimanere al proprio domicilio o l’impegno a rispettare tutte le disposizioni delle Autorità e del datore di lavoro nel fare accesso in azienda (in particolare, mantenere la distanza di sicurezza, osservare le regole di igiene delle mani e tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene) o l’impegno a informare tempestivamente e responsabilmente il datore di lavoro della presenza di qualsiasi sintomo influenzale durante l’espletamento della prestazione lavorativa, avendo cura di rimanere ad adeguata distanza dalle persone presenti

2-MODALITA’ DI INGRESSO IN AZIENDA

- Il personale, prima dell’accesso al luogo di lavoro potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea. Se tale temperatura risulterà superiore ai 37,5°, non sarà consentito l’accesso ai luoghi di lavoro. Le persone in tale condizione - nel rispetto delle indicazioni riportate in nota - saranno momentaneamente isolate e fornite di mascherine non dovranno recarsi al Pronto Soccorso e/o nelle infermerie di sede, ma dovranno contattare nel più breve tempo possibile il proprio medico curante e seguire le sue indicazioni
- Il datore di lavoro informa preventivamente il personale, e chi intende fare ingresso in azienda, della preclusione dell’accesso a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS
- Per questi casi si fa riferimento al Decreto legge n. 6 del 23/02/2020, art. 1, lett. h) e i)

3-MODALITA’ DI ACCESSO DEI FORNITORI ESTERNI

- Per l’accesso di fornitori esterni individuare procedure di ingresso, transito e uscita, mediante modalità, percorsi e tempistiche predefinite, al fine di ridurre le occasioni di contatto con il personale in forza nei reparti/uffici coinvolti
- Se possibile, gli autisti dei mezzi di trasporto devono rimanere a bordo dei propri mezzi: non è consentito l’accesso agli uffici per nessun motivo. Per le necessarie attività di approntamento delle attività di carico e scarico, il trasportatore dovrà attenersi alla rigorosa distanza di un metro
- Per fornitori/trasportatori e/o altro personale esterno individuare/installare servizi igienici dedicati, prevedere il divieto di utilizzo di quelli del personale dipendente e garantire una adeguata pulizia giornaliera
- Va ridotto, per quanto possibile, l’accesso ai visitatori; qualora fosse necessario l’ingresso di visitatori esterni (impresa di pulizie, manutenzione…), gli stessi dovranno sottostare a tutte le regole aziendali, ivi comprese quelle per l’accesso ai locali aziendali di cui al precedente paragrafo 
- Ove presente un servizio di trasporto organizzato dall’azienda va garantita e rispettata la sicurezza dei lavoratori lungo ogni spostamento.
- le norme del presente Protocollo si estendono alle aziende in appalto che possono organizzare sedi e cantieri permanenti e provvisori all’interno dei siti e delle aree produttive

4-PULIZIA E SANIFICAZIONE IN AZIENDA

- l’azienda assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago
- nel caso di presenza di una persona con COVID-19 all’interno dei locali aziendali, si procede alla pulizia e sanificazione dei suddetti secondo le disposizioni della circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute nonché alla loro ventilazione
- occorre garantire la pulizia a fine turno e la sanificazione periodica di tastiere, schermi touch, mouse con adeguati detergenti, sia negli uffici, sia nei reparti produttivi
- l’azienda in ottemperanza alle indicazioni del Ministero della Salute secondo le modalità ritenute più opportune, può organizzare interventi particolari/periodici di pulizia ricorrendo agli ammortizzatori sociali (anche in deroga)

5-PRECAUZIONI IGIENICHE PERSONALI

- è obbligatorio che le persone presenti in azienda adottino tutte le precauzioni igieniche, in particolare per le mani
- l’azienda mette a disposizione idonei mezzi detergenti per le mani
- è raccomandata la frequente pulizia delle mani con acqua e sapone

6-DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE

- l’adozione delle misure di igiene e dei dispositivi di protezione individuale indicati nel presente Protocollo di Regolamentazione è fondamentale e, vista l’attuale situazione di emergenza, è evidentemente legata alla disponibilità in commercio. Per questi motivi:
a. le mascherine dovranno essere utilizzate in conformità a quanto previsto dalle indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità.
b. data la situazione di emergenza, in caso di difficoltà di approvvigionamento e alla sola finalità di evitare la diffusione del virus, potranno essere utilizzate mascherine la cui tipologia corrisponda alle indicazioni dall’autorità sanitaria
c. è favorita la preparazione da parte dell’azienda del liquido detergente secondo le indicazioni dell’OMS: Guide to Local Production: WHO recommended Handrub Formulations
- qualora il lavoro imponga di lavorare a distanza interpersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è comunque necessario l’uso delle  mascherine, e altri dispositivi di protezione (guanti, occhiali, tute, cuffie, camici, ecc…) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie.

7. GESTIONE SPAZI COMUNI (MENSA, SPOGLIATOI, AREE FUMATORI, DISTRIBUTORI DI BEVANDE E/O SNACK…)

- l’accesso agli spazi comuni, comprese le mense aziendali, le aree fumatori e gli spogliatoi è contingentato, con la previsione di una ventilazione continua dei locali, di un tempo ridotto di sosta all’interno di tali spazi e con il mantenimento della distanza di sicurezza di 1 metro tra le persone che li occupano.
- occorre provvedere alla organizzazione degli spazi e alla sanificazione degli spogliatoi per lasciare nella disponibilità dei lavoratori luoghi per il deposito degli indumenti da lavoro e garantire loro idonee condizioni igieniche sanitarie.
- occorre garantire la sanificazione periodica e la pulizia giornaliera, con appositi detergenti dei locali mensa, delle tastiere dei distributori di bevande e snack.

8-ORGANIZZAZIONE AZIENDALE (TURNAZIONE, TRASFERTE E SMART WORK, RIMODULAZIONE DEI LIVELLI PRODUTTIVI)

In riferimento al DPCM 11 marzo 2020, punto 7, limitatamente al periodo della emergenza dovuta al COVID-19, le imprese potranno, avendo a riferimento quanto previsto dai CCNL e favorendo così le intese con le rappresentanze sindacali aziendali:
- disporre la chiusura di tutti i reparti diversi dalla produzione o, comunque, di quelli dei quali è possibile il funzionamento mediante il ricorso allo smart work, o comunque a distanza
- Si può procedere ad una rimoludazione dei livelli produttivi
- assicurare un piano di turnazione dei dipendenti dedicati alla produzione con l’obiettivo di diminuire al massimo i contatti e di creare gruppi autonomi, distinti e
riconoscibili
- utilizzare lo smart working per tutte quelle attività che possono essere svolte presso il domicilio o a distanza nel caso vengano utilizzati ammortizzatori sociali, anche in deroga, valutare sempre la possibilità di assicurare che gli stessi riguardino l’intera compagine aziendale, se del caso anche con opportune rotazioni
a. utilizzare in via prioritaria gli ammortizzatori sociali disponibili nel rispetto degli istituti contrattuali (par, rol, banca ore) generalmente finalizzati a consentire l’astensione dal lavoro senza perdita della retribuzione  nel caso l’utilizzo degli istituti di cui al punto c) non risulti sufficiente, si utilizzeranno i periodi di ferie arretrati e non ancora fruiti
- sono sospese e annullate tutte le trasferte/viaggi di lavoro nazionali e internazionali, anche se già concordate o organizzate

9- GESTIONE ENTRATA E USCITA DEI DIPENDENTI

- Si favoriscono orari di ingresso/uscita scaglionati in modo da evitare il più possibile contatti nelle zone comuni (ingressi, spogliatoi, sala mensa)
- dove è possibile, occorre dedicare una porta di entrata e una porta di uscita da questi locali e garantire la presenza di detergenti segnalati da apposite indicazioni

10-SPOSTAMENTI INTERNI, RIUNIONI, EVENTI INTERNI E FORMAZIONE

- Gli spostamenti all’interno del sito aziendale devono essere limitati al minimo indispensabile e nel rispetto delle indicazioni aziendali
- non sono consentite le riunioni in presenza. Laddove le stesse fossero connotate dal carattere della necessità e urgenza, nell’impossibilità di collegamento a distanza, dovrà essere ridotta al minimo la partecipazione necessaria e, comunque, dovranno essere garantiti il distanziamento interpersonale e un’adeguata pulizia/areazione dei locali
- sono sospesi e annullati tutti gli eventi interni e ogni attività di formazione in modalità in aula, anche obbligatoria, anche se già organizzati; è comunque possibile,  qualora l’organizzazione aziendale lo permetta, effettuare la formazione a distanza, anche per i lavoratori in smart work
- Il mancato completamento dell’aggiornamento della formazione professionale e/o abilitante entro i termini previsti per tutti i ruoli/funzioni aziendali in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, dovuto all’emergenza in corso e quindi per causa di forza maggiore, non comporta l’impossibilità a continuare lo svolgimento dello specifico ruolo/funzione (a titolo esemplificativo: l’addetto all’emergenza, sia antincendio, sia primo soccorso, può continuare ad intervenire in caso di necessità; il carrellista può continuare ad operare come carrellista)

11-GESTIONE DI UNA PERSONA SINTOMATICA IN AZIENDA

- nel caso in cui una persona presente in azienda sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria quali la tosse, lo deve dichiarare immediatamente all’ufficio del personale, si dovrà procedere al suo isolamento in base alle disposizioni dell’autorità sanitaria e a quello degli altri presenti dai locali, l’azienda procede immediatamente ad avvertire le autorità sanitarie competenti e i numeri di emergenza per il COVID-19 forniti dalla Regione o dal Ministero della Salute
- l’azienda collabora con le Autorità sanitarie per la definizione degli eventuali “contatti stretti” di una persona presente in azienda che sia stata riscontrata positiva al tampone COVID-19. Ciò al fine di permettere alle autorità di applicare le necessarie e opportune misure di quarantena. Nel periodo dell’indagine, l’azienda potrà chiedere agli eventuali possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente lo stabilimento, secondo le indicazioni dell’Autorità sanitaria

12-SORVEGLIANZA SANITARIA/MEDICO COMPETENTE/RLS

- La sorveglianza sanitaria deve proseguire rispettando le misure igieniche contenute nelle indicazioni del Ministero della Salute (cd. decalogo)
- vanno privilegiate, in questo periodo, le visite preventive, le visite a richiesta e le visite da rientro da malattia
- la sorveglianza sanitaria periodica non va interrotta, perché rappresenta una ulteriore misura di prevenzione di carattere generale: sia perché può intercettare possibili casi e sintomi sospetti del contagio, sia per l’informazione e la formazione che il medico competente può fornire ai lavoratori per evitare la diffusione del contagio
- nell’integrare e proporre tutte le misure di regolamentazione legate al COVID-19 il medico competente collabora con il datore di lavoro e le RLS/RLST.
- Il medico competente segnala all’azienda situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti e l’azienda provvede alla loro tutela nel rispetto della privacy il medico competente applicherà le indicazioni delle Autorità Sanitarie

13-AGGIORNAMENTO DEL PROTOCOLLO DI REGOLAMENTAZIONE

- È costituito in azienda un Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo di regolamentazione con la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e del RLS.

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Fonte: CISL

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Linee guida per logistica e disponibilità ad accordi locali

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Linee guida per logistica e disponibilit  ad accordi locali

Linee guida per logistica e disponibilità ad accordi locali

In attesa di pubblicazione il 14 marzo 2020

Comunicato MIT, 13.03.2020

La ministra delle Infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, dopo aver ascoltato per le vie brevi le esigenze provenienti dalla filiera della logistica, attraverso interlocuzioni con le associazioni di categoria e i sindacati, entro il 14 marzo 2020 saranno disponibili le linee guida relative alla sicurezza, che potranno garantire alle donne e agli uomini che lavorano nel settore logistico di operare in tutta la filiera.

Anche a seguito dei problemi che si sono verificati nei magazzini di alcuni territori, in alcuni porti e nelle consegne a domicilio, il MIT sarà disponibile ad agevolare anche accordi locali per consentire il prosieguo delle attività. La logistica è ancora più strategica in questo momento così delicato per il Paese, nel quale la garanzia degli approvvigionamenti è vitale per le Comunità, soprattutto per quelle più colpite.

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Fonte: MIT

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 8163 | 02 Marzo 2020

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Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 02 marzo 2020 n. 8163

Grave infortunio durante l'applicazione dello spritz beton sulla volta della cava. Violazione degli obblighi di informazione e formazione e mancanza di specifica abilitazione all'utilizzo della pompa

Penale Sent. Sez. 4 Num. 8163 Anno 2020
Presidente: BRICCHETTI RENATO GIUSEPPE
Relatore: PEZZELLA VINCENZO
Data Udienza: 13/02/2020

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 30/6/2017 il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Trento, all'esito di giudizio abbreviato, dichiarava L.L. colpevole dei delitti di omicidio e lesioni personali colpose di cui al capo A) e delle contravvenzioni di cui ai capi da B) a G) della rubrica, uniti dal vincolo della continuazione e riconosciute l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen. e le circostanze attenuanti generiche come equivalenti alla contestata aggravante, gli irrogava la pena di anni uno e mesi otto di reclusione -condizionalmente sospesa; assolveva, al contempo, gli originari coimputati O.S. e M.E. dall'omicidio colposo per non aver commesso il fatto e lo stesso M.E. dalla contravvenzione di cui al capo H) perché il fatto non sussiste.
La Corte di Appello di Trento, con sentenza del 19/12/2018, pronunciando sull'appello del L.L., riformava la sentenza di primo grado, assolvendolo dall'imputazione del reato di cui al capo B) perché il fatto non costituisce reato e da quelle di cui ai capi C) e G) perché il fatto non sussiste, rideterminando la pena in anni uno e mesi sei di reclusione, con conferma nel resto.
2. Dopo i due gradi di giudizio nel merito, risulta pertanto allo stato affermata la penale responsabilità dell'odierno ricorrente per seguenti reati:
A) delitto di cui agli artt. 113 c.p. 589 co. 1, co. 2 ed ultimo co. c.p. perché, nei rispettivi ruoli sottoindicati, con condotte contrassegnate da colpa generica - per negligenza, imprudenza e imperizia- e da colpa specifica -per inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro di seguito evidenziate- condotte colpose aventi quale comune denominatore l’omissione della doverosa vigilanza e di doverose misure ed interventi atti ad assicurare il corretto stato ed uso dell'attrezzatura di lavoro e la formazione ed il pertinente comportamento degli operatori per garantire la tutela della loro incolumità, cooperavano nella verificazione- in data 20.02.2014 - dell'infortunio sul lavoro che cagionava il decesso di DC.L. e lesioni personali gravissime a DB.G., entrambi dipendenti della società UNIROCK s.r.l.:
• L.L., quale Presidente del Consiglio di Amministrazione e rappresentante dell'impresa UNIROCK S.r.l. e datore di lavoro dei dipendenti DC.L. e DB.G., addetti ad operare nel cantiere presso la cava Rio Maggiore di Mollaro di Taio con la pompa tipo Spritz System marca Cifa modello CSS-3 versione Step 2 matricola n. 13696 anno di fabbricazione 2008, che UNIROCK aveva presa a nolo con ordine di acquisto n. 1 del 21.01.2014 controfirmato dallo stesso L.L.- dalla società PANCAR s.r.i. non possedendo UNIROCK proprie macchine adeguate alle specifiche operazioni da compiere, rappresentate dai lavori di intonacatura con spritz-beton affidati a UNIROCK da Tassullo Materiali S.p.a. con ordine d'acquisto del 25.11.2013 nr. 4S00060246-sottoscritto da O.S. perTassullo e da L.L. per UNROCK - a seguito di offerta/preventivo UNIROCK di data 20.11.2013, a firma L.L., per la posa in opera di spritz-beton per uno spessore medio di 10/15 cm, con attrezzatura e manodopera UNIROCK asseritamente specializzata (e con fornitura da parte di UNIROCK anche di accelerante di presa) lavorazioni costituenti opere civili finalizzate alla realizzazione di celle ipogee per la conservazione della frutta in atmosfera controllata nella cava Rio Maggiore e perciò sottoposte alle norme del D.lvo 81/2008 (ai sensi degli artt. 88-89 del citato D.lvo pur se svolte in sito minerario); L.L. rivestendo per il cantiere di Mollaro di Taio le funzioni di datore di lavoro, direttore tecnico di cantiere e capo cantiere, come espressamente indicato nel POS a sua firma del 20.01.2014 (v. in particolare aff. 60), e di responsabile dei profili antinfortunistici, sia nell'ambito della ripartizione di poteri [ancora formalmente risultante dalla visura camerale UNIROCK s.r.l. alla data dell'infortunio, all. 39] tra L.L. ed il co-amministratore delegato Carlo Miana - "poteri, con riferimento ai cantieri aziendali a loro singolarmente assegnati, di volta in volta, di espletare ogni incombenza operativa riguardante la predisposizione dei sistemi antinfortunistici, antinquinamento e di prevenzione delle malattie professionali e psicofisiche dei lavoratori" risultando pacificamente il cantiere di Mollaro di Taio in tutto e per tutto assegnato a L.L.-, sia a seguito del verbale dell'Assemblea dei soci che in data 27.01.2014 (prima dell'Infortunio) estendeva la responsabilità di L.L. in materia di prevenzione degli infortuni a tutti i cantieri della società, attribuendoli "la supervisione gestionale dei cantieri, la responsabilità del personale e dei rapporti con gli enti preposti, oltre al potere di espletare ogni incombenza operativa riguardante la predisposizione dei sistemi antinfortunistici, antinquinamento ", verbale presentato per l'iscrizione solo dopo l'infortunio (data di protocollo CCIAA 26.02.2014 con iscrizione 27.02.2014, all.1412-1416). Era lo stesso L.L. del resto a sottoscrivere per UNIROCK S.r.l. la dichiarazione di autocertificazione dei requisiti tecnici dd. 21.01.2014 (all.374), attestante il possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale di cui all'art.26 co. I, lett a). D.lvo 81/2008 "con particolare e specifico riferimento sull'essere in grado di completare a regola d'arte i lavori affidati, rispettando formalmente e sostanzialmente le norme di prevenzione, protezione, igiene e sicurezza sul lavoro contenute nel D.Lgs 81 del 2008", impegnandosi ad utilizzare, per i lavori affidati, macchine, attrezzature ed opere provvisionali conformi alle disposizioni del D.lvo 81/2008 ed era lo stesso L.L. a qualificarsi come "datore di lavoro", in relazione all'infortunio del 20.02.2014 occorso ai dipendenti DC.L. e DB.G., con dichiarazione resa in data 24.02.2014 ai sensi degli articoli 46 e 47 DPR 445/2000 (aff. 1418- 1420).
• M.E.-_ Omissis 
• O.S. - ... Omissis
nelle predette qualità e nel predetto contesto cagionavano, presso il cantiere ubicato in cava Rio Maggiore a Mollaro di Taio, nel corso della realizzazione delle predette opere civili, l'infortunio sul lavoro, con esiti mortali per DC.L. e gravemente lesivi per DB.G., dalla dinamica così ricostruita: nel primo pomeriggio del 20 febbraio 2014, DC.L., coadiuvato dal collega DB.G., aveva iniziato l'applicazione dello spritz beton sulla volta della cava (foto 10 aff 952) (in sintesi il calcestruzzo veniva pompato attraverso tubi ad alta pressione fino alla lancia che, lo proiettava a distanza contro la superficie di applicazione), quando avveniva il distacco del "gommone" dalla lancia - il "gommone" è il tubo di gomma flessibile che collega le tubazioni metalliche fisse alla lancia per convogliare il calcestruzzo verso quest'ultima (foto 1 e 3 aff 346347 e foto 3 aff. 949)-, distacco verificatosi per la mancanza della spina di sicurezza sulla cravatta di chiusura, mentre, come riportato nel manuale d'uso e manutenzione dell'attrezzatura, su tutti i morsetti di collegamento dei tubi portanti il calcestruzzo devono essere presenti le spine di sicurezza per evitare l'apertura accidentale. Ciò provocava la caduta verso il basso del gommone, per effetto del suo stesso peso. Tale caduta determinava la formazione di un "tappo" di calcestruzzo in corrispondenza del raccordo tra il gommone e la tubazione fissa (cerchio rosso nella foto 3 aff. 949 e foto 23 aff. 959 con riferimento alla tubazione nr.3 indicata dalla freccia bianca ed al raccordo 6 che collega la tubazione 3 al gommone). La pericolosità della situazione risulta segnalata dal manuale d'uso e manutenzione della macchina spritz beton nei termini: "non appoggiare il terminale in gomma in modo da piegarlo, ciò potrebbe causare intasamenti con proiezione violenta del materiale colpi di frusta del gommone quando si riprende il pompaggio" (pagine 60 e 72 del manuale 294736-1 del, 2007).
DC.L. e DB.G. iniziavano le operazioni di manutenzione, abbassando il braccio telescopico ad altezza d'uomo (posizionandolo sotto la zona ove era stato appena applicato lo spritz, denotando anche in questo caso una sottovalutazione del rischio derivante dal possibile distacco di materiale dalla volta, indicatore della scarsa esperienza del conduttore e della mancata informazione dei lavoratori sui possibili rischi derivanti dalla lavorazione) e provvedevano a sostituire la cravatta e la guarnizione (foto 4 aff. 949, foto 21 aff. 958 e foto 36 aff. 966) per reinserire il gommone nella sua naturale posizione di esercizio. Però svolgevano queste operazioni non eseguendo previamente lo scarico della pressione nell'impianto, da effettuarsi tramite la procedura di aspirazione del calcestruzzo nella tramoggia, come previsto dal manuale d'uso e manutenzione della macchina prima di svolgere ogni intervento di manutenzione o di pulizia (pagine 73 e 105 del manuale 294736-1 del 2007). 
Sicché, quando DC.L. sollevava il gommone per riallinearlo alla lancia, e DB.G. si poneva in corrispondenza della lancia al fine di collegarvi il gommone applicando la cravatta, per effetto della manovra di riallineamento e a causa della pressione ancora presente all'interno delle tubazioni, il tappo di calcestruzzo che si era formato si liberava e fuoriusciva in modo violento ed improvviso, provocando il movimento a frusta del gommone, che colpiva violentemente DC.L. a livello del capo e del collo, mentre DB.G. veniva colpito al volto dal calcestruzzo, proiettato e cadeva all'indietro.
Entrambi venivano rinvenuti in stato di incoscienza, DB.G. con una ferita sulla fronte e sporco di calcestruzzo, presente anche all'interno del suo caschetto (foto 15 aff. 358, foto 16-17 aff. 955-956), mentre il caschetto di DC.L. presentava rigature sulla parte esterna, riconducibili all'impatto con la spirale metallica avvolgente il gommone e, a dimostrazione della violenza dell'urto, il suo orologio si staccava dal polso e finiva a terra con il quadrante rotto ed il cinturino strappato (foto 10, 11, 12 e 13 aff. 353- 354-355- 356).
Le lesioni riportate dai due lavoratori avvalorano inequivocabilmente la dinamica appena descritta come l'unica concretamente e logicamente possibile.
Per DB.G. le lesioni appaiono perfettamente in linea con l'operazione svolta negli attimi che precedettero l'evento, attività effettuata con il volto in corrispondenza del raccordo che collega la lancia al gommone, e perciò la fuoriuscita del materiale in pressione dal gommone lo imbrattava e lo feriva al volto e provocava il suo spostamento all'indietro, nella direzione di fuoriuscita del getto, facendolo cadere a terra e così provocandogli una lesione dorso-lombare.
Le lesioni a carico di DC.L. appaiono riconducibili al suo tentativo di sorreggere il tubo in gomma nella parte centrale, tenendolo sulla spalla, tubo che, per effetto del calcestruzzo in pressione, aumentava il proprio peso e si muoveva come una frusta, colpendolo a livello del capo e del collo. A riscontro delle predette modalità ricostruttive della dinamica dell'infortunio, militano l'accertata presenza di calcestruzzo all'interno della parte terminale del gommone ben visibile nella foto nr.5 (aff. 950) e l'accertata presenza di calcestruzzo nelle tubazioni e nei raccordi dell'impianto comprovata dalle immagini nr. 6 (aff. 950) e da n. 24 a n.33 (aff. 960/964), calcestruzzo che non era rifluito in tramoggia perché non era stata attivata la procedura di aspirazione.
Se l'operatore - adeguatamente formato - avesse, invece effettuato uno/due cicli di aspirazione, come previsto dal manuale d'uso e manutenzione delle attrezzatura (a pagina 73 del manuale 294736-1 del 2087 - "manovre di scarico" della pressione (aspirazione calcestruzzo' in tramoggia per 1 o 2 cicli)” e ribadito alla pagina 10 per le manovre preliminari alla pulizia della macchina), avrebbe totalmente eliminato la pressione nelle tubazioni del calcestruzzo già con l’esecuzione di un ciclo di aspirazione, che avrebbe anche tolto circa il 60% del calcestruzzo presente nelle tubazioni e comunque, non essendo più il calcestruzzo in pressione, tale condizione avrebbe annullato qualsiasi pericolo associato alla sua presenza, mentre due cicli di aspirazione avrebbero completamente svuotato le tubazioni dal materiale, aspirandolo totalmente in tramoggia (cfr. nota tecnica Ing. V. in nome e per conto del costruttore GIFA aff. 1334-1344); modalità ed evento che, si collegano causalmente al fatto che DC.L. non fosse esperto nella conduzione della macchina,-che mai aveva utilizzato prima in altri cantieri- e non avesse ricevuto la formazione necessaria per l'impiego e la manutenzione dell'attrezzatura, risultando privo della specifica abilitazione richiesta per tale tipo di macchina, e che DB.G. fosse digiuno di ogni esperienza e formazione circa il funzionamento e la manutenzione dell'attrezzatura, operando con DC.L. da meno di sette giorni in sostituzione di altro collega e non avendo neppure assistito alla consegna della pompa ed alle istruzioni fornite alla consegna dal dipendente della società noleggiante PANCAR S.r.l., per cui i due lavoratori non erano nelle condizioni di eseguire la corretta manovra, atta a rendere sicuro l'intervento di manutenzione sulla macchina previsto e descritto dal costruttore all'interno del manuale d'uso e manutenzione dell'attrezzatura.
Da ciò conseguendo:
• ex art. 589 co. 1 e co. 2 c.p. il decesso di DC.L. il quale, a seguito dell'infortunio, veniva ricoverato in rianimazione in data 20.02.2014 in coma postanossico per arresto cardiaco ripreso in grave trauma cervicale, e decedeva in data 1.03.2014 per "insufficienza polmonare successiva a trauma; frattura chiusa del tratto CI-C4 con lesione completa del midollo; danno encefalico da anos- sia; traumatismo del polmone; traumatismo della milza; arresto cardiaco". In particolare, le lesioni cervicali e lo stiramento a carico delle strutture legamentose intervertebrali appaiono riconducibili ad una considerevole forza esterna impattante in senso antero/posteriore e infero/superiore con componente torsionale comportante un movimento innaturale in iperestensione e rotazione del capo, tale da determinare la frattura delle prime vertebre cervicali e la lussazione e distorsione delle strutture osseo/legamentose del tratto omologo, a seguito del colpo violento inferto dal manicotto dell'attrezzatura ancora in pressione, mentre DC.L. cercava di riallinearlo alla lancia tenendolo appoggiato sulla spalla (cfr. relazione del medico del lavoro Dott. Uber)
• ex art. 590 co. 3 e co. 5 c. p. in relazione all'art. 583 co. 2 nr. 4) c.p., lesioni personali gravissime a DB.G., consistite in frattura somatica di DIO, infrazione prima costa sinistra e ferita in regione frontale, comportanti inabilità assoluta al lavoro dal 20.02.2014 al 20.09.2014 per un totale di 213 giorni e postumi permanenti, rappresentati da una residua limitazione dei movimenti del tronco e dallo sfregio del volto: il certificato definitivo INAIL (all. 2055-2060) e la relazione di visita medica (all. 2123-2124) attestano una complessiva menomazione del 10% dell'Integrità psicofisica, in particolare per la deformazione somatica DIO con residua limitazione dei movimenti del tronco (6%), costituente indebolimento permanente della colonna vertebrale e della sua capacità funzionale, e per la ferita in regione frontale (4%) con "esiti cicatriziali ipercromici brunastri al centro della fronte in prossimità dell'attaccatura del capillizio che descrivono una 1 i cui raggi misurano circa 0,5 cm, di immediato impatto visivo" , cicatrice che risalta evidente nelle immagini in atti del volto di DB.G. (all. 2231-2232-2233) e costituente sfregio permanente perché determinante una turbativa dell'armonia del viso, per collocazione (regione frontale), forma, dimensioni e colore (diverso dall'epidermide naturale);
con l'aggravante dell'art. 589 co. 2 c.p. (per il decesso di DC.L.) e dell'art. 590 co. 3 c.p. (per le lesioni riportate da DB.G.) per la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro di seguito indicate, in diretto nesso causale con l'evento infortunistico:
L.L. avendo violato, come meglio precisato in imputazione:
• l'art. 71 co. 1 D.lvo 81/2008 (v. contravvenzione al capo C, di cui al verbale UOPSAL n. CP5AMS5 di data 6.03.2014)
• l'art. 71 co.4 lett. a) n. 1, D.lvo 81/2008 (v. contravvenzione al capo D, di cui al verbale UOPSAL n. 0CP5AMS5C di data 23.04.2014)
• l'art. 71 co. 7 lett. a) D.lvo 81/2008 in relazione all'art. 73 co. 4 e co. 5 D.lvo 81/2008 (v. Contravvenzione di cui al capo E, di cui al verbale UOPSAL n. CP5AMS5 in data 6.3.2014)
• l'art. 36 co. 2 lett a) D.lvo 81/2008 (v. contravvenzione al capo F, di cui al verbale UOPSAL n. CP5AMS5 in data 6.03.2014)
• gli artt. 96 co. 1 lett. g) - 89 co. 1 lett. h) 17 co. I lett. a) D.lvo 81/2008 (v. contravvenzione al capo B, di cui al verbale UOPSAL n CP5AMS5 di data 6.03.2014)
violazioni in relazione alle quali gli veniva contestato anche il relativo reato contravvenzionale, rimanendo in piedi le condanne per quelli di cui ai capi D), E) ed F).
2. Avverso la sopra ricordata sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, il L.L., deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
Con un primo motivo si deduce violazione di legge assumendo il ricorrente di avere contestato nei motivi di appello la ricostruzione operata dal tribunale in relazione alla violazione degli obblighi di informazione e formazione del lavoratore e della mancanza di specifica abilitazione all'utilizzo della pompa. Tale contestazione sarebbe stata disattesa dall'impugnata sentenza con argomentazione del tutto inadeguata.
In particolare, veniva contestata dalla difesa l'avvenuta violazione del D.lvo 626/94 e degli art. 36 e 71 del D.lvo 81/2008, che lo ha sostituito, sull'obbligo di informazione prevista dall'art. 36 e della formazione prevista dall'art. 71, - mentre si precisa che l'art. 37 non veniva contestato in imputazione- e la violazione dell'Accordo Stato - Regioni del 22/2/2002 che prevedeva il possesso di specifica abilitazione degli addetti.
Gli argomenti utilizzati, nell'impugnata sentenza, sarebbero contrari alla previsione normativa e finirebbero per negare validità ed efficacia al percorso formativo del lavoratore, pienamente rispondente alle norme in vigore all'epoca dell'espletata formazione.
L'obbligo di formazione sarebbe stato correttamente attuato e la Corte di appello avrebbe praticamente ignorato completamente il disposto normativo.
Si precisa che gli incombenti a carico del datore di lavoro, previsti dagli artt. 36 e 71 D.lvo 81/2008, consistevano nell'obbligo di informazione ai lavoratori e in materia di attrezzature.
Nessuno di tali obblighi sarebbe stato violato né, in realtà, sarebbe stato specificamente contestato.
L'art. 37 comma 5 dispone che "l'addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro".
Ebbene, il ricorrente afferma che tale addestramento, a prescindere dalla formazione ricevuta dal C. nel 2007 su altra macchina, diversa ma sempre facente parte degli spruzzatori di calcestruzzo, è sicuramente avvenuto prima del sinistro del 2014 e può essere negato solo facendo riferimento ad un corso tenuto presso strutture apposite, mentre lo stesso è stato tenuto da persona esperta e direttamente sul luogo di lavoro come imposto dalla legge.
Pertanto, l'erroneo convincimento dell'inosservanza dell'obbligo sostanzierebbe un vizio di inosservanza di legge penale.
In relazione, poi, alla violazione dell'accordo Stato Regioni, previsto dall'art. 37 del D.lvo 81/2008, per la presunta violazione dell'aggiornamento professionale, asseverato dal possesso di un'abilitazione all'uso della macchina, mai contestato nei capi di imputazione e nelle sentenze di merito, si tratterebbe di un addebito inconsistente in quanto l'incombente non era previsto all'epoca del sinistro risalente al 20/2/2014. Ciò posto il caso che tale incombente non sia stato attuato.
I giudici di appello avrebbero, così come il giudice di primo grado, errato nell'identificazione della norma da applicare al caso. 
L'art. 13 dell'Allegato A all'Accordo Stato - Regioni del febbraio 2013 fissava per l'attuazione degli incombenti il termine dilatorio di 24 mesi dall'entrata in vigore, scadente, quindi, al febbraio 2015, dodici mesi dopo il sinistro.
Con un secondo motivo, articolato in più punti, si deduce vizio motivazionale, lamentando che la Corte distrettuale abbia disconosciuto la circostanza del continuo utilizzo, nei giorni precedenti il sinistro, della macchina, con concreto assolvimento dell'obbligo formativo gravante sul L.L..
In sostanza, ci si duole che la sentenza impugnata abbia ritenuto insufficienti le illustrazioni verbali della prassi da seguire, fornite agli operai dal tecnico CA., a sopperire alla mancanza di adeguata preparazione all'utilizzo della macchina erogatrice. Ma, obietta il ricorrente, nell'atto di appello si era evidenziato che il DC.L., sotto la guida del CA., aveva acquisito piena padronanza dell'utilizzo dell'erogatrice, spruzzando grandi quantità di calcestruzzo, come rilevabile dalle bolle di consegna che documentano l'intenso utilizzo della pompa da parte dell'operaio. Pertanto, la tesi che sarebbe stata fatta una semplice introduzione teorica all'uso del macchinario sarebbe stata smentita dalla difesa e dalla deposizione del teste CA..
Ed allora i giudici di appello avrebbero dichiarato la colpevolezza dell'imputato in violazione del principio stabilito dall'art. 533 co. 1 cod. proc. pen., non risultando provato con certezza che il concreto utilizzo della macchina fosse stato preceduto da esercitazioni pratiche e di conseguenza anche l'adempimento dell'obbligo formativo.
Sostanzialmente le carenze probatorie, piuttosto che essere risolte a favore del reo, sarebbero state risolte a sfavore dello stesso.
Ci si duole, inoltre, della mancata differenziazione delle posizioni dei due lavoratori, il deceduto DC.L. e l'infortunato DB.G., in relazione all'asserita violazione dell'obbligo formativo.
I due operai erano addetti a mansioni diverse: il DC.L. all'utilizzo della macchina Spritz Betn CIFA e il DB.G. in mero supporto, in quanto subentrato ad un collega nell'ultima settimana, come riconosciuto in sentenza.
Tale differenza di mansioni sarebbe rilevante ai fini dell'obbligo gravante sul datore di lavoro di provvedere alla formazione e all'addestramento, dal momento che l'ausiliario che non usa la pompa non necessita di una formazione specifica.
Al limite, sostiene il L.L., si potrebbe ascrivere, in relazione al DB.G., soltanto la responsabilità di averlo scelto per affiancare il lavoratore addetto alla macchina, ma tale responsabilità configurerebbe un fatto nuovo rispetto all'addebito contestato.
In ogni caso, conclude il ricorrente, non risulta che il DB.G. abbia contribuito in alcun modo al verificarsi del sinistro. 
Ancora, ci si duole, dell'errata esclusione dell'avvenuto assolvimento dell'obbligo formativo datoriale.
Il ricorrente rileva che nei capi D), E) ed F) dell'imputazione viene contestata, al L.L., quale datore di lavoro, la violazione degli artt. 71 comma 4, lett. a), punto 1); 71, comma 7 lett. a), 36 comma 2) lett. a) del D.lvo 81/2008.
In relazione al capo F) si evidenzia che, a differenza di quanto ritenuto nelle sentenze di merito, l'art. 36 del D.lvo 81/2008 non riguarda l'obbligo di formazione, ma quello di informazione, ossia di fornire conoscenze utili la identificazione, riduzione e gestione dei rischi in ambiente di lavoro e non certo l'educazione ad interiorizzare comportamenti corretti, richiamata a pagina 49 dell'impugnata sentenza, che rientra tra gli obblighi formativi.
Pertanto, ritiene il L.L., non può dubitarsi dell'avvenuto assolvimento dell'obbligo informativo come risulta dalle dichiarazioni del CA., mentre quanto motivato dai giudici di merito al fine di escluderne l'assolvimento, deve in realtà essere riferito all'obbligo di formazione e addestramento.
Sostanzialmente, sarebbero stati confusi tra loro adempimenti che hanno ciascuno la propria autonomia e la Corte di appello avrebbe dovuto intervenire almeno correggendo il capo di accusa. In mancanza di tale correzione non potrà che farsi luogo all'annullamento della sentenza impugnata con rinvio.
In relazione al capo D) si evidenzia che viene contestato al L.L. di aver permesso al DC.L. e al DB.G. di utilizzare la pompa senza adottare le misure necessarie ad assicurarsi che l'attrezzatura venisse adoperata secondo le istruzioni del manuale di uso e manutenzione.
In realtà, si tratterebbe di un addebito inconsistente e privo di riscontri in quanto agli atti risulterebbe il contrario. Il teste P. riferisce l'avvenuta consultazione per ben tre volte, durante l'affiancamento tra il CA. e il DC.L..
In relazione al capo E) si evidenzia che lo stesso riguarda, invece, l'obbligo di formazione e addestramento. Tali aspetti, considerati dall'impugnata sentenza, sarebbero stati risolti in maniera errata.
La mancata formazione verrebbe, infatti, apoditticamente sostenuta sul presupposto dell'assenza, in capo al CA., della qualifica di formatore per la sicurezza, definito semplice tecnico manutentore della macchina. Ma, obietta il ricorrente, l'Accordo Stato - Regioni del 22/2/2012, in attuazione delle previsioni dell'art. 37 comma 1 D.lvo 81/2008 definisce i requisiti dei soggetti formatori, prevedendo un'esperienza professionale pratica, documentata, almeno triennale, nelle tecniche dell'utilizzazione delle attrezzature. Ora il CA. avrebbe avuto tale esperienza e il giudice di merito per escludere la sua validità di formatore avrebbe dovuto dimostrare la mancanza di detti requisiti e non limitarsi ad osservare che non aveva seguito corsi specifici.
Pertanto, conclude il ricorrente, l'aver negato il possesso da parte del CA. dei requisiti di formatore costituirebbe grave errore giuridico.
Si aggiunge, inoltre, che dalle dichiarazioni rese in dibattimento, dal CA. e dal F., emergerebbe chiaramente il ruolo di formatore dello stesso CA., che più volte spiegava la necessità di tenere pulito il tubo erogatore di cemento per evitare la formazione di pericolosi tappi. Mentre le stesse dichiarazioni smentirebbero quanto ritenuto dai giudici sull'inadeguatezza dell'apporto del CA..
Infondata e illogica sarebbe la critica, operata dalla Corte distrettuale, alla validità della formazione ricevuta dal DC.L. nel 2007 perché risalente nel tempo.
Ora osserva il L.L., è chiaro che la formazione viene fatta con le macchina in uso in quel momento, ma certamente la stessa ha un ruolo significativo all'epoca del sinistro perché, pur lavorando con un'altra macchina più complessa, la stessa rispondeva agli stessi principi e il lavoratore aveva appreso fin dal 2007 le operazioni fondamentali per operare in sicurezza con una spruzzatrice SpritzBeton.
Inoltre, anche se la stessa formazione doveva essere "rinfrescata", nessun addebito può essere mosso al L.L., dal momento che l'aggiornamento avveniva nei due giorni trascorsi dal CA. nella cava di Mollaro.
Si richiamano, ancora una volta, le dichiarazioni del CA. che riferiscono di un'iniziale incertezza del DC.L. nell'uso della pompa, tanto da trattenersi un altro giorno fino allo svanire di ogni titubanza nell'approccio del lavoratore all'uso della spruzzatrice.
Pertanto, la formazione ricevuta e la pregressa esperienza in nove cantieri oltre alle diciotto giornate lavorative precedenti il sinistro dimostrerebbero che si trattava di un lavoratore idoneo al compimento delle mansioni affidategli, senza alcuna carenza datoriale.
La società amministrata dal L.L. avrebbe sempre investito notevoli risorse in addestramento del personale.
I giudici di merito avrebbero mal compreso il tema della formazione, non facendo alcuna menzione dell'art. 37 del D.lvo, ma solo dell'art. 36 dello stesso decreto e confondendo gli incombenti del datore di lavoro con quelli dell'incaricato all'addestramento che, si ripete, il comma 5 dell'art. 37 definisce: persona esperta che vi provvede sul luogo di lavoro.
Ulteriore tema di doglianza è l'errato disconoscimento del concorso di colpa dei lavoratori vittime dell'infortunio.
Si ricorda che nei motivi di appello si era lamentato un comportamento gra-vemente imprudente del DC.L. per aver omesso di depressurizzare la pompa, come previsto dal manuale di istruzioni a lui noto, manovra indispensabile per evitare quell'effetto frusta che determinava la sua morte e il ferimento del collega.
Ebbene, ci si duole che la Corte di appello, pur riferendo di un atteggiamento poco prudente del lavoratore addetto alla pompa, non ne trae alcuna conseguenza in motivazione.
Con un ultimo motivo si lamenta l'errata esclusione della prevalenza delle attuanti sull'aggravante contestata dell'art. 589 comma 2 cod. pen. e dell'art. 590 comma 3 cod. pen.
Si contesta la carenza ed illogicità della motivazione, rispetto ai motivi di appello, nel ritenere l'equivalenza delle attenuanti rispetto alle aggravanti contestate.
In particolare, l'aver ritenuto che non tutte le parti civili possano ritenersi risarcite, in quanto una di esse, B.N., non ha revocato la costituzione nulla manifestando, sarebbe erroneo in quanto a norma degli artt. 82, comma 2 e 523 comma 2 cod. proc. pen., la mancata presentazione delle conclusioni comporta la revoca della costituzione di parte civile.
In ogni caso, poi, in base alla regola del "più probabile del non" o della "preponderanza dell'evidenza" avrebbe dovuto essere ritenuto l'avvenuto risarcimento integrale di tutte le parti civili.
Ma vi sarebbe di più, come emerge della nota, allegata al ricorso, a firma dell'avv. Bortoluzzi del Foro di Treviso che attesta l'avvenuto risarcimento della B.N. con rinuncia ad ogni azione e domanda.
La difesa del L.L. ritiene che l'infondatezza del diniego dell'attenuante di cui all'art. 62 n.6 cod. pen. imponga anche la rivalutazione del bilanciamento operato dal primo giudice, confermato in appello.
Se anche, infatti, il risarcimento operato dalla compagnia assicuratrice sia di minor peso in relazione alla dosimetria della pena, va considerato che le aggravanti contestate non sono legate a comportamenti dell'imputato ma derivano dalla vio-lazione dell'art. 2087 cod. civ. sull'obbligo dell'imprenditore di tutelare le condizioni di lavoro.
Pertanto, si conclude che se anche le due aggravanti contestate possano non bastare a superare la forza dell'attenuante del risarcimento, lo stesso non può ritenersi quando vengano riconosciute pure le attenuanti generiche. Il giudizio af-frettato di concessione delle circostanze ex art. 62-bis in equivalenza andrà pertanto rivalutato con conseguente rivisitazione della sanzione.
Chiede, pertanto, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. Ritiene il Collegio che i motivi sopra indicati siano infondati e che, pertanto, il proposto ricorso vada rigettato.
Essendo il ricorso ammissibile, consegue che, poiché il 20/2/2019 è decorso il termine massimo di prescrizione di cinque anni per i reati contravvenzionali di cui ai capi D), E) e F), la sentenza impugnata va annullata in parte qua perché tali reati sono estinti per intervenuta prescrizione.
Va dunque espunta la relativa pena (giorni dieci di reclusione per ciascuno dei sopra indicati reati oggi prescritti - cfr. pag. 51 della sentenza impugnata) e, tenuto conto della riduzione per il rito abbreviato, la pena finale va pertanto rideterminata in anni uno, mesi cinque e giorni dieci di reclusione.
2. In particolare, i motivi afferenti alla responsabilità sono infondati, in quanto in larga parte tesi ad ottenere una rilettura degli elementi di prova che non è consentita in questa sede.
Le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell'episodio e dell'attribuzione dello stesso alla persona dell'imputato non sono, infatti, proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.
Va tuttavia, detto, che, fondatamente i difensori ricorrenti si dolgono della tecnica redazionale del capo d'imputazione.
L'imputazione, rivestendo la fondamentale funzione di fissazione del thema probandum (dovendosi ricordare che, ai sensi dell'art. 187 cod. proc. pen. sono oggetto di prova, tra gli altri, «i fatti che si riferiscono all'imputazione»), ha il compito di individuare l'oggetto del contraddittorio su cui le parti saranno tenute a confrontarsi, potendosi pertanto pervenire alla conclusione per cui un'imputazione formulata nel mancato rispetto dei canoni di precisione e chiarezza richiesti dal legislatore, potrebbe in qualche modo "falsificare" il contraddittorio stesso, con una duplice lesione tanto sotto il profilo delle garanzie per l'imputato, quanto sotto il profilo dell'accertamento della verità giudiziale.
E' vero che sul piano normativo, l'esigenza di un elevato rigore descrittivo del fatto, emerge espressamente dalla formulazione della lettera b) dell'art. 417 e della lettera c) dell'art. 429 co. 1 cod. proc. pen. (relativo al decreto che dispone il giudizio), così come riformulati a seguito della I. 16 dicembre 1999, n.479 (c.d. legge "Carotti"). 
L'art. 18 della novella legislativa, infatti, ebbe a rafforzare ulteriormente ed in maniera esplicita il quomodo dell'imputazione, disponendo che l'enunciazione de fatto avvenisse «in forma chiara e precisa» e fosse accompagnata dell'enunciazione delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione degli articoli di legge.
Chiarezza e precisione non legittimano, tuttavia, un'imputazione come quella del caso che ci occupa, che si palesa ipertrofica, narrativa ed eccedente l'esigenza (ineludibile) di descrivere i profili essenziali del fatto e la qualificazione giuridica data dall'accusa al medesimo.
Il pubblico ministero deve saper selezionare i fatti e limitare la contestazione ai temi necessari per accertare la responsabilità dell'imputato.
L'imputazione che contiene anche l'indicazione degli elementi di prova rischia, infatti, di essere o comunque di apparire uno sleale tentativo di condizionamento del giudice.
Tuttavia, pur apparendo censurabile la tecnica redazionale dell'Imputazione che ci occupa, la stessa, analizzata dettagliatamente, non pare poter configurare alcuna nullità.
Depurata dalla sua ridondanza e dall'enunciazione di particolari inutili, la stessa restituisce, infatti, un chiaro addebito al datore di lavoro imputato, odierno ricorrente, che, come si avrà modo di illustrare nel dettaglio, attiene alla mancata formazione-informazione degli addetti alla macchina semovente che spruzzava il calcestruzzo, quindi sia del DC.L., che era il vero e proprio addetto all'utilizzo della pompa tramite consolle di comando che del DB.G., che pure aveva compiti di assistenza per le attività connesse allo spruzzaggio del calcestruzzo (cfr. pag. 26 della sentenza di primo grado).
Pare evidente che primariamente andasse addestrato del DC.L., ma analoga formazione a quell'attività ed informazione dei rischi connessi andava operata nei confronti del DB.G., che lo affiancava.
Va anche detto in premessa che la portata della contestazione all'odierno ricorrente si è palesata chiara e non è risultata in alcun modo inficiato il diritto alla difesa dell'imputato -da qui l'infondatezza della relativa doglianza- né dalla contestazione in punto di diritto di contravvenzioni (artt. 71 e 73 d.lgs. 81/08 in materia di attrezzature di lavoro) non ancora in vigore al momento del fatto e dal mancato richiamo all'art. 37 del medesimo d.lgs. 81/08 in tema di formazione dei lavoratori.
3. Il ricorso, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimità. 
La Corte territoriale aveva già chiaramente confutato, nel provvedimento impugnato le tesi oggi riproposte, a cominciare da quella che contesta vi sia stata inadempimento, da parte di L.L., degli oneri di adeguata formazione-informazione dei lavoratori, ed in specie di DC.L., e di accertamento dell'effettiva idoneità di costui ad azionare la macchina Spritz-beton CIFA, fornita con tutti i sistemi di sicurezza previsti.
Detto tema è stato ampiamente analizzato e logicamente risolto dalla Corte di Appello, che evidenzia l'inadeguatezza della formazione realizzata nel 2007 su una macchina spruzzatrice completamente diversa, molto più semplice e sicuramente molto meno pericolosa dal momento che poteva raggiungere una pressione notevolmente inferiore.
Come rileva la Corte territoriale, il dato da cui è indispensabile prendere le mosse - e che trova piena conferma in quanto riferito dal teste CA. (più volte citato negli scritti difensivi ed indicato come soggetto di particolare affidabilità)- è che la macchina in questione presenta caratteri peculiari ed ha una specificità di utilizzo che la differenziano da altre, ed in particolare dalla diversa macchina OCMER sulla quale, secondo l’assunto defensionale, il lavoratore avrebbe svolto un ciclo di formazione nel 2007; su tale aspetto ricorda la sentenza impugnata che il teste (che. è persona che abitualmente lavora con macchinari di quel tipo) è stato molto chiaro, affermando che quest'ultima "...è una macchina molto semplice, molto piccola... una pompa CIFA, la pompa Spritz e una macchina complessa molto complessa ..."), e del resto la sentenza di primo grado ha evidenziato, senza che sul punto vi sia stata concludenti controargomentazioni, la notevole differenza della pressione di esercizio tra i due macchinari (da 2 a 5 bar per la OCMER a fronte di circa 65 bar, massimi raggiungibili dalla CIFA).
Il dato della sostanziale diversità dei due macchinari, per i giudici di appello, rende non risolutivo l'assunto secondo cui C., formato nel 2007 sulla macchina OCMER, per ciò solo dovesse ritenersi adeguatamente formato sulla macchina CIFA, dal momento che non vi è fattuale identità del dato di riferimento.
Vero è - ricorda ancora il provvedimento impugnato- che anche per la macchina OCMER le misure operative, come dedotto dalla difesa, prevedono che qualora si renda necessario un intervento sulla tubazione erogatrice è necessario preventivamente scaricare l'impianto depressurizzandolo, ma è stato logicamente ritenuto che resti comunque il fatto che, in ragione della notevolissima diversità di potenza di erogazione, le conseguenze di una errata manovra da parte dell'operatore non possono essere uguali per le due macchine, sicché il fatto che nel 2007 DC.L. abbia ricevuto una formazione sull'utilizzo della OCMER non per ciò solo autorizza a ritenere che egli fosse adeguatamente formato sia sulle modalità di esercizio della diversa macchina CIFA che, soprattutto, sui maggiori pericoli per l'incolumità degli addetti che tale macchina può costituire in caso di approccio non corretto; senza contare, poi, che una formazione effettuata nel 2007, al dì là dei rilievi se siano individuabili specifiche norme medio, tempore intervenute che ne imponessero la rinnovazione, non può ritenersi ancora idonea a sette anni di distanza (l'evento è del 2014), specie se .si considera che non risulta che, ne! frattempo, DC.L. abbia abitualmente operato come addetto ad una macchina erogatrice di calcestruzzo.
4. Correttamente e con motivazione priva di aporie logiche l'impugnata sentenza ritiene che l'avere valutato adeguato un corso di formazione svolto dal lavoratore nel lontano 2007, su una macchina completamente diversa, sia indicativo di un approccio poco attento e non scrupoloso rispetto al tema della sicurezza del lavoratore e abbia determinato una sottovalutazione della condizione di intrinseca pericolosità delle operazioni che si andavano a compiere. Anzi, per i giudici del gravame del merito va aggiunto sul punto, che proprio tale sottovalutazione è stata aggravata dall'erroneo e superficiale convincimento della raggiunta padronanza del macchinario a seguito dell'affiancamento per due giorni con il tecnico dipendente della ditta fornitrice.
Logiche appaiono anche le considerazioni sulla mancanza di qualifica del tecnico e soprattutto sull'insufficienza del tipo di formazione tesa solo a raggiungere lo scopo di utilizzare lo spruzzatore e non di raggiungere le necessarie conoscenze in tema di sicurezza.
Detto della oggettiva diversità dei due macchinari, e posto che la formazione effettuata nel 2007 sulla macchina OCMER non può ritenersi adeguata con riferimento all'adibizione alla macchina CIFA nei 2014, l'ulteriore rilievo secondo cui DC.L. avesse ricevuto comunque uno, specifico addestramento all'uso della macchina CIF- da parte di CA. per la Corte territoriale non può essere condiviso.
In proposito viene ricordato che lo stesso CA. ha affermato di non avere alcuna qualifica di formatore per la sicurezza, precisando che la ragione della sua presenza nei primi due giorni presso il cantiere in Mollaro era conseguente all'incarico, ricoperto presso la ditta fornitrice, di tecnico preposto ad illustrare le caratteristiche della macchina e le specifiche modalità di utilizzo; egli ha riferito di essersi trattenuto anche il giorno successivo a quello della consegna, essendogli ciò stato chiesto espressamente, al fine di verificare che le iniziali difficoltà di approccio alla macchina palesate dal DC.L. avessero trovato soluzione.
Tale particolare, oltretutto, secondo il logico argomentare dei giudici di appello, costituisce la riprova del fatto che il lavoratore non era affatto a suo agio nell'approccio, e nell'utilizzo della CIFA, il che conferma, se mai ve ne sia necessità, che la remota formazione fatta nel 2007 su una macchina diversa (OCMER) non lo metteva nella condizione di poter operare con disinvoltura sul macchinario appena consegnato.
I giudici del gravame del merito confutano argomentatamente la tesi difensiva, oggi riproposta tout court, secondo cui, nei due giorni di permanenza in loco, CA. ebbe comunque modo di impartire un adeguato addestramento all'uso della macchina e di spiegare le modalità con le quali gli addetti avrebbero dovuto affrontare situazioni di emergenza come, in particolare, il distacco dei tubo principale che incontestabilmente ha costituito la causa scatenante delle modalità di intervento poste in essere il 20.2.2014 e che hanno determinato il verificarsi del sinistro. Ed invero, tale argomento viene ritenuto non appagante, sul rilievo che il teste ha ben illustrato come abbia impartito a DC.L. le istruzioni sull'uso della macchina, in sostanza riferendo di averlo affiancato durante le operazioni di erogazione del calcestruzzo, utilizzando, per i cicli di lavoro, circa due o tre betoniere di materiale, e di aver poi seguito il medesimo modus operandi anche durante la seconda giornata di permanenza in cantiere; ha specificato di aver illustrato a voce anche le modalità operative di sicurezza, con particolare riferimento a ciò che andava fatto in caso di intoppo della macchina o di distacco del tubo di erogazione (cicli di scarico della pressione e riflusso del calcestruzzo nella tramoggia) prima di procedere ad interventi che potessero esporre gli addetti al pericolo di essere investiti da fuoriuscite violente di materiale rimasto all'interno della tubazione (cd. tappo) e dal conseguente contraccolpo del tubo una volta proiettato all'esterno l'accumulo di calcestruzzo.
Il rilievo, in altri termini, è che è accertato processualmente, per averlo riferito il teste, che il suo compito e essenzialmente consistito nella preliminare illustrazione delle modalità di funzionamento della macchina e poi nell' affiancamento all'operatore (DC.L.) al fine di osservare, ed eventualmente correggere, eventuali errori di utilizzo o fare fronte a dubbi che lo stesso potesse manifestare; in un tale contesto, sostanzialmente in un ambito di affiancamento di tipo operativo, egli ha anche illustrato i presìdi di sicurezza ed in particolare ha spiegato verbalmente come, qualora si fosse reso necessario intervenire sulla macchina, l'operazione dovesse essere preceduta dai preventivo scarico della pressione interna e dal riflusso nella tramoggia del materiale presente nel circuito.
Tanto verificato in fatto, per i giudici del gravame del merito la tesi difensiva secondo cui tale attività svolta da CA. potesse ritenersi adeguata ai fini della sicurezza degli operatori è stata ritenuta motivatamente non accoglibile.
In primo luogo, perché, come già rilevato CA. non possedeva la qualifica di formatore per la sicurezza, ma di semplice tecnico manutentore della macchina incaricato di spiegarne il funzionamento agli addetti che avrebbero dovuto utilizzarla. E non si tratta, ad avviso della Corte territoriale, di un profilo solo formale, dal momento che l'acquisizione della qualifica di formatore per la sicurezza presuppone che il possessore abbia seguito specifici corsi formativi diretti a fargli acquisire tutte le nozioni necessarie in materia ed abbia inoltre fatto propria, attraverso il percorso seguito, la capacità didattica necessaria per trasmettere le conoscenze acquisite, cristallizzate in peculiari standard operativi via via aggiornati e validati, ai soggetti discenti.
Va aggiunto che la prospettiva con cui il CA. istruiva all'uso della macchina era evidentemente, nell'interesse della società che la noleggiava, quello di assicurarsi che ne venisse operato un uso corretto, non quella prevenzionale dell'incolumità dei lavoratori, che incombeva sul datore di lavoro.
Al più il CA. può essere ritenuto un addestratore.
Ma l'addestramento è cosa diversa sia dalla formazione che dall'informazione.
Sono attività che l'art. 2 del d.lgs. 81/08 distingue chiaramente, specificandone i diversi contenuti:
"aa) «formazione»: processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, aita riduzione e alla gestione dei rischi;
bb) «informazione»: complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro;
cc) «addestramento» : complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro".
Ebbene, non può ritenersi adeguata - va ribadito, condividendosi il dictum della Corte trentina- una formazione, in tema di sicurezza, affidata alla mera trasmissione verbale o gestuale da parte di un soggetto dotato di superiore esperienza empirica sul campo giacché questa, sebbene a sua volta importante, non può sostituire ex se quei bagaglio di conoscenze ed acquisizioni tecniche, elaborate attraverso continue acquisizioni, di cui un formatore qualificato per la sicurezza deve essere dotato Ciò appare tanto più evidente nel caso in esame se si pone mente alle particolari caratteristiche della macchina in questione, sulla quale è certo che DC.L. non aveva in precedenza operato, e sull'elevato pericolo che un approccio errato in caso di malfunzionamento avrebbe potuto causare (sul punto in sentenza si ricorda che CA. è stato chiarissimo) per l'incolumità degli addetti. 
Ma oltre a ciò, prosegue ancora la logica motivazione della sentenza impugnata, con cui l'odierno ricorso non si confronta criticamente, non risulta che, nei due giorni di permanenza in loco del CA., si sia verificato un evento - id est il distacco del tubo erogatore - che abbia reso necessario un intervento sulla macchina quale quello che si è verificato il successivo 20.2.2014, sicché CA. non ha avuto modo di illustrare visivamente agli addetti le specifiche operazioni preliminari da compiere per poter operare in sicurezza (scarico della pressione e riflusso del calcestruzzo nella tramoggia), né costoro hanno avuto modo di vedere il loro istruttore intervenire nel modo corretto.
Tutto si è dunque limitato - si legge ancora nella sentenza impugnata- ad una mera illustrazione verbale della prassi da seguire il che, se da un lato è perfettamente compatibile con il compito e le mansioni di CA., dall'altro non può ritenersi adeguato ai fini della trasmissione ai lavoratori delle indispensabili nozioni tecniche in terna di sicurezza.
La Corte territoriale ricorda che già il primo giudice ha peraltro rilevato, e sul punto non vi è portato controargornentativo condivisibile, che la fornitrice Pancar non aveva assunto l'obbligo di formazione del personale in materia di sicurezza della macchina, aspetto da non confondere con il servizio di istruzione sull'uso e sulla manutenzione che (stando a quanto riferito, dal teste), è stato idoneamente assolto, giacché un conto è spiegare agli addetti le caratteristiche, le modalità operative e la manutenzione, altro è formarli idoneamente alla sicurezza.
5. A diversa conclusione non conduce, per i giudici di appello, l'ulteriore rilievo, pure prospettato in tesi di difesa, secondo cui nei giorni immediatamente successivi alla fornitura della stessa, la macchina sia stata continuativamente utilizzata, erogando notevoli quantitativi di calcestruzzo.
L'argomento è stato ritenuto logicamente non risolutivo, dal momento che non è dato sapere se si siano verificati in quei giorni, distacchi del tubo erogatore e, di conseguenza, quante volte si sia reso necessario per gli addetti intervenire depressurizzando e facendo rifluire il calcestruzzo in circolo, sicché non si è in grado di poter positivamente affermare che gli addetti si siano trovati a fare fronte ad un'evenienza quale quella verificatasi il 20.2.2014.
In ogni caso, anche ammettendo che nell'arco temporale in questione essi abbiano eseguito manovre della stessa natura di quella che stavano eseguendo il giorno dell'accadimento, rileva la sentenza impugnata come non sia dato sapere se il fatto che non si siano concretizzati pericoli per la loro sicurezza sia dipeso dall'avere essi correttamente operato, ricordando le semplici istruzioni verbali fornite nei primi due giorni da CA., o piuttosto se anche in tali circostanze abbiano eseguito le relative operazioni in modo non corretto e solo per una fortunata con-tingenza non si sia verificato quello che è poi avvenuto il successivo giorno 20.
Il corretto rilievo dei giudici di appello è, in altri termini, che, proprio per le particolari specificità del macchinario, era necessario che i lavoratori addetti, ed in particolare DC.L., ricevessero preventivamente non solo una corretta istruzione operativa sull'uso dello stesso, ma fossero adeguatamente informati sui pericoli cui avrebbero potuto trovarsi esposti in baso di approccio non corretto e, al tempo stesso, formati da persona qualificata sulle modalità operative di sicurezza. A surrogare tale specifico compito, che si risolve in un vero e proprio onere di tipo solidaristico a carico del datore di lavoro, non poteva, dunque, ritenersi sufficiente il semplice intervento esplicativo svolto da CA., tecnico manutentore ma non formatore per la sicurezza, o la semplice presenza di un manuale illustrativo, dovendo individuarsi la condotta doverosa nella puntuale verifica che i lavoratori, che avrebbero dovuto usare quella determinata macchina, avessero ricevuto e, soprattutto, interiorizzato le necessarie nozioni di sicurezza, in modo da rendere loro palese l’immanenza del pericolo e da. non indurli ad un atteggiamento poco attento o minimizzante.
L’essersi accontentati, in ottica datoriale, del solo intervento sopra descritto o della presenza del manuale, o ancora l’aver ritenuto adeguato un corso di formazione svolto nel lontano anno 2007 e per di più su una macchina del tutto diversa (quanto a potenza di esercizio ed a caratteristiche intrinseche) - va ribadito- è indicativo di un approccio poco attento e non scrupoloso, che ha comportato una sottovalutazione della condizione di intrinseca pericolosità rivelatasi esiziale.
6. La sentenza impugnata si colloca, pertanto, nell'alveo del consolidato orientamento di questa Corte di legittimità che individua nell’obbligo di fornire adeguata formazione ai lavoratori, uno dei principali gravanti sul datore di lavoro, ed in generale sui soggetti preposti alla sicurezza del lavoro (Sez. 4, n. 41707 del 23 settembre 2004, Bonari, Rv. 230257; Sez. 4, n. 6486 del 3 marzo 1995, Grassi, Rv. 201706).
Le norme di riferimento sono contenute negli articoli 36 e 37 d.lgs. 81/08.
Secondo l'art. 36 (Informazione ai lavoratori): " 1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione: a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale; b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei luoghi di lavoro; c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 45 e 46; d) sui nominativi de! responsabile e degli addetti dei servizio di prevenzione e protezione, e del medico competente. 2. Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informa-zione: a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; b) sui pericoli connessi all'uso delle sostanze e delle miscele pericolose sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate. 3. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui ai comma 1, lettere a) e al comma 2, lettere a), b) e c), anche ai lavoratori di cui all'articolo 3, comma 9. 4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nei percorso informativo".
L'articolo 37 (Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti) prevede poi che: " 1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a: a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza; b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici dei settore o comparto di appartenenza dell'azienda. 2. La durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei presente decreto legislativo. 3. Il datore di lavoro assicura, altresì, che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed ade-guata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del presente decreto successivi ai I. Ferme restando le disposizioni già in vigore in materia, la formazione di cui al periodo che precede è definita mediante l'Accordo di cui ai comma 2. 4. La formazione e, ove previsto, l'addestramento specifico devono avvenire in occasione: a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell'inizio dell'utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro; b) dei trasferimento o cambiamento di mansioni; c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e miscele pericolose. 5. L'addestramento viene effettuato da persona esperta e sui luogo di lavoro. 6. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi o all'insorgenza di nuovi rischi".
Si afferma pacificamente in giurisprudenza che il datore di lavoro risponde dell'infortunio occorso al lavoratore, in caso di violazione degli obblighi, di portata generale, relativi alla valutazione dei rischi presenti nei luoghi di lavoro nei quali siano chiamati ad operare i dipendenti, e della formazione dei lavoratori in ordine ai rischi connessi alle mansioni, anche in correlazione al luogo in cui devono essere svolte (Sez. 4, n. 45808 del 27 giugno 2017, Catrambone ed altro, Rv. 271079). È infatti tramite l'adempimento di tale obbligo che il datore di lavoro rende edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti (Sez. 4, n. 11112 del 29 novembre 2011, P.C. in proc. Bortoli, Rv. 252729). Ove egli non adempia a tale fondamentale obbligo, sarà chiamato a rispondere dell'infortunio occorso al lavoratore, laddove l'omessa formazione possa dirsi causalmente legata alla verificazione dell'evento.
Non può infatti venire in soccorso del datore di lavoro - come pretenderebbe il ricorrente - il comportamento imprudente posto in essere dai lavoratori non adeguatamente formati. Il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, infatti, a titolo di colpa specifica, dell'infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell'espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi (Sez. 4, n. 39765 del 19 maggio 2015, 11 Vallani, Rv. 265178).
Si è poi ulteriormente specificato che l'obbligo di informazione e formazione dei dipendenti, gravante sul datore di lavoro, non è escluso né è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro (Sez. 4, n. 22147 del 11 febbraio 2016, Morini, Rv. 266860). Ciò in quanto l'apprendimento insorgente da fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e della prassi di lavoro non si identificano e tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione prevista dalla legge e gravanti sul datore di lavoro (Sez. 4, n. 21242 del 12 febbraio 2014, Nogherot, Rv. 259219).
Ancora, di recente, è stato ribadito che il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell'infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell'espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi, e l'adempimento di tali obblighi non è escluso nè è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro. (Sez. 4, Sentenza n. 49593 del 14/06/2018 Ud. (dep. 30/10/2018) T., Rv. 274042, in un caso in cui la Corte ha riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro per la morte di tre operai in un cantiere autostradale, precipitati nel vuoto da un'altezza di circa 40 metri a seguito dello sganciamento della pedana sulla quale si trovavano, causato dall'errato montaggio del sistema di ancoraggio, effettuato utilizzando, per il serraggio del cono, una vite di dimensioni inferiori, sia per lunghezza sia per diametro, a quelle prescritte, rilevando che, proprio perché tale errore era frutto delle riscontrate suddette omissioni, esso non era idoneo ad escludere il nesso causale tra esse e l'evento).
L'apprendimento insorgente da fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e della prassi di lavoro - va ribadito- non si identificano e tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione prevista dalla legge Sez. 4, n. 21242 del 12/02/2014, Nogherot, Rv. 259219).
Più in generale, in tema di prevenzione di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro deve non solo predisporre le idonee misure di sicurezza ed impartire le direttive da seguire a tale scopo, ma anche, e soprattutto, controllarne costantemente il rispetto da parte dei lavoratori, di guisa che sia evitata la superficiale tentazione di trascurarle (così Sez. 4, n. 27787 del 08/05/2019, Rossi, Rv. 276241 in un caso relativo a responsabilità del datore di lavoro, che aveva colposamente cagionato la morte di un lavoratore impiegato in attività di taglio di piante in assenza di adeguata formazione, nonostante l'inesperienza e la carenza di conoscenze tecniche del lavoratore nel settore di riferimento).
In tema di sicurezza sul lavoro, ai sensi dell'art. 73, commi 1 e 2, lett. b), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, il datore di lavoro è tenuto ad informare il lavoratore dei rischi propri dell'attività cui è preposto e di quelli che possono derivare dall'esecuzione di operazioni da parte di altri, ove interferenti, ed è obbligato a mettere a disposizione dei lavoratori, per ciascuna attrezzatura, ogni informazione e istruzione d'uso necessaria alla salvaguardia dell'incolumità, anche se relative a strumenti non usati normalmente (Così Sez. 3, n. 16498 deN'8/11/2018 dep. 2019, Di Cataldo, Rv. 275560, nella cui motivazione la Corte ha precisato che può essere ritenuta eccezionale o abnorme - e come tale in grado di escludere la responsabilità del datore di lavoro per l'infortunio occorso - solo la condotta del lavoratore che decida di agire impropriamente, pur disponendo delle informazioni necessarie e di adeguate competenze per la valutazione dei rischi cui si espone).
Va aggiunto, quanto alla vigenza della norma prevista dall'Accordo Stato Regioni del 22/2/2012, che prevedeva l'acquisizione di un patentino abilitativo per l'utilizzo del macchinario, al di là del dato che sia il ricorrente che l'impugnata sentenza indicano nel 2015 il termine di 24 mesi per l'entrata in vigore partendo dal 2013 mentre l'anno dell'accordo risale al 2012), anche se il tema di di impugnazione viene solo menzionato dalla sentenza, lo stesso, come detto in precedenza, si palesa irrilevante, in quanto la riconosciuta responsabilità non è fondata sulla mancanza di tale abilitazione ma sulla mancanza della informazione-formazione dei lavoratori.
7. Tanto premesso, è evidentemente necessario che tale omessa formazione ed informazione risulti causalmente rilevante per la verificazione dell'evento lesivo, secondo il ben noto paradigma enucleabile dalla sentenza delle SSUU Franzese del 2002.
La giurisprudenza di questa Corte di legittimità, ormai univoca sul punto, ritiene infatti che, in tema di causalità omissiva, nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalità tra omissione ed evento non possa ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma debba essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva (ex multis, Sez. Un., n. 30328 del 10 luglio 2002, Franzese, Rv. 222138).
Orbene, i giudici di merito hanno condivisibilmente affermato, con una moti-vazione priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto, attraverso una attenta e logica valutazione del materiale probatorio acquisito, la inequivocabile sussistenza del nesso causale fra la mancata informazione e formazione dei lavoratori sui rischi del funzionamento del nuovo macchinario - non potendo all'uopo essere sufficienti i due giorni di presenza del CA. in cantiere- e la verificazione degli eventi morte e lesioni personali.
Per i giudici di merito, in altri termini, - e su tali aspetto gli atti d'impugnazione, sia nel merito che in questa sede di legittimità, non si sono mai confrontati criticamente- non vi è dubbio alcuno in relazione alla sussistenza del nesso eziologico tra la mancata formazione-informazione dei lavoratori e l'evento che si è realizzato.
Proprio in ragione del loro difetto di preparazione all'uso della macchina e della scarsa sensibilizzazione ai pericoli che quel lavoro comportava, i lavoratori avevano proceduto in maniera del tutto inconsapevole a compiere le manovre pericolose di cui all'imputazione. Di talché non appare censurabile in questa sede l'avere la Corte trentina ritenuto, oltre ogni ragionevole dubbio, che se i lavoratori avessero avuto adeguata conoscenza della pericolosità di quanto hanno poi fatto, non avrebbero mai proceduto come invece avvenuto, in quanto sarebbero stati ben consapevoli del rischio che ciò avrebbe comportato, e di conseguenza non si sarebbero verificate quelle condizioni meccaniche indispensabili affinché l'evento si producesse.
Già il giudice di primo grado aveva evidenziato come alla base- dell'infortunio andasse certamente posta l'impreparazione dei due operai, in particolare di DC.L. che era il solo incaricato di manovrare la lancia spruzzando calcestruzzo, considerato che DB.G. lo affiancava da meno di sette giorni, senza nemmeno aver assistito alle iniziali sommarie spiegazioni sul funzionamento della pompa date da CA. .
DC.L. aveva lavorato in precedenza su macchine escavatrici senza esperienze specifiche su macchine per spruzzare calcestruzzo quale quella noleggiata presso Pancar.
Ricordava il giudice di prime cure come il teste K.F., addetto alla betoniera che riversava il calcestruzzo nella tramoggia e presente, sia pur ad una certa distanza, sul luogo ed al momento del sinistro, avesse ricordato che DC.L. gli aveva confidato di essere stanco di lavorare con la pompa spritz beton, in quanto era la prima volta che usava tale mezzo e che lui preferiva lavorare con l'escavatore. Aggiungeva il teste, sempre riferendosi a DC.L., che "si vedeva che non avesse una grande dimestichezza con tale mezzo; io vedevo poco sicuro in quanto era sempre preoccupato teso durante le fasi di spostamento del mezzo e nell'applicazione dello spritz, in quanto io vedevo molto lento e poco preciso nelle lavorazioni". Dal suo canto, anche il teste CA. aveva affermato: "Secondo me con la fretta di lavorare, aveva dimenticato di fare questa manovra di risucchio, ed e rimasta la macchina in pressione, secondo me". E a domanda della difesa se ciò potesse esser dipeso dalla voglia di guadagnare un minuto di tempo, il teste aveva risposto "Sì, perché erano un po' frettolosi".
Tale fretta - si legge ancora nella sentenza di primo grado- lo stesso teste la spiega chiarendo che durante le lavorazioni occorre spesso procedere alla pulizia del tubo per evitare incrostazioni e formazioni di tappi, ma che tale operazione va fatta velocemente perché altrimenti il calcestruzzo presente nella macchina si- indurisce; pertanto, "si deve rimettere tutto com'era, loro per la velocità, tolgono le spine magari le perdono, se le mettono in tasca e se le dimenticano e ci mettono soltanto la cravatta e buonanotte".
E' emerso, come detto, che il DC.L. non aveva partecipato a corsi di formazione specifica per la macchina noleggiata da Unirock.
Il giudice di primo grado ricorda come il perito ing. G., avesse rilevato essere "poco prudenziale affidare un lavoro sicuramente pericoloso a chi aveva maturato esperienza su macchine diverse ed esercitato in massima parte l'attività di escavatorista". 
Tale carenza di formazione si è rivelata fatale, secondo la conforme e logica valutazione dei giudici di merito, in quanto alla base del sinistro vi sono due fondamentali errori operativi.
Il primo di essi sta nel non aver dotato il giunto/cravatta di collegamento tra lancia e gommone della spina di sicurezza che ne avrebbe impedito l'apertura con conseguente distacco della prima dal secondo. E anche se non si è potuto stabilire se tale spina insieme ad altre fosse assente fin dal momento di consegna dell'impianto ad Unirock o se le spine fossero state tolte successivamente nelle fasi di manutenzione e pulizia, dell'impianto, essendo accertato che, comunque, spine di ricambio erano presenti nella dotazione della macchina, DC.L. avrebbe dovuto utilizzarle, specificamente nel giunto di collegamento tubo in gomma-lancia Essendovi stato analogo distacco anche il giorno prima, (quando per fortuna non vi era stata contestuale formazione di tappi nella tubazione), tanto più ciò avrebbe dovuto suggerire di mettere insicurezza il giunto con l'apposizione della spina.
Seconda grave leggerezza è stata quella di non aver fatto precedere l'operazione di ricollegamento della lancia al tubo, dall'aspirazione del calcestruzzo presente lungo la tubazione verso la tramoggia, così depressurizzando l’impianto, agendo sull'apposito selettore della consolle.
Premesso che nessuna formazione era stata fornita ai due operai che si sono succeduti ad aiutare il DC.L., ovvero F. prima e DB.G. poi, ricorda il giudice di primo grado che è stato proprio F., nella sua deposizione a confermare quello che è stato la più verosimile causa del sinistro e, nel contempo, la grave carenza di formazione. Il teste, infatti, a specifica domanda degli ispettori del lavoro su cosa occorresse fare in caso di distacco della lancia dal tubo, ha risposto che in tal caso non occorre procedere al risucchio del calcestruzzo e allo scarico di pressione, in quanto non vi sarebbero ostruzioni in atto.
Ebbene, proprio l'errata convinzione che al distacco della lancia dal tubo non potesse corrispondere la formazione di "tappi" nel condotto di erogazione, senza procedere a verifiche sul punto, ha indotto DC.L. a procedere all’operazione di riaggancio della lancia al tubo senza rendersi conto che la macchina era in elevata pressione a causa della formazione di un "tappo" di calcestruzzo al suo interno, e quindi senza depressurizzare l'impianto e risucchiare il materiale verso la tramoggia.
Si tratta di omissioni che, con elevato grado di certezza, un operaio adegua-tamente formato non avrebbe compiuto.
A tale conclusione i giudici del merito pervengono, in assenza di elementi atti a contrastarle, condividendo le valutazioni del perito Ing. G., secondo cui: "Le dichiarazioni del F. indicano la impostazione mentale almeno di questo lavoratore, il quale, anziché eseguire scrupolosamente le istruzioni ricevute, (anche se non è chiaramente espresso il dettaglio di quelle impartite), si pone in veste critica valutandone l'utilità. La dichiarazione indica che l'attività di informazione - formazione, qualora correttamente impartita, non aveva mantenuto la propria efficacia e certamente non era stata impartita in modo convincente. Vi erano le premesse per un utilizzo difforme da quello previsto".
Logico, dunque, è il passaggio ulteriore di avere ritenuto evidente, dunque, l'erroneo convincimento sul punto della vittima DC.L. dovuto a carenza di formazione.
Considerato, infatti, che un "tappo" di calcestruzzo poteva formarsi in qualsiasi tratto di tubazione, con conseguente mantenimento della pressione, anche con l'aria chiusa, il non curare la condizione di risucchio del materiale e scarico di pressione, unito all'evidente convincimento che chiudendo anche solo la mandata dell'aria la sicurezza fosse garantita, appare indice di una grave sottovalutazione di un rischio del quale, con tutta evidenza, il lavoratore non era stato adeguatamente informato.
8. Quanto ai lavoratori, come già si ricordava in precedenza - e da qui la manifesta infondatezza del motivo di ricorso sul punto- occorre ricordare come costituisca jus receptum che la colpa del lavoratore, concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica ascritta al datore di lavoro ovvero al destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, esime questi ultimi dalle loro responsabilità allorquando il comportamento anomalo del primo sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un com-portamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore (cfr. ex multis: Sez. 4, n. 16397 del 5 marzo 2015, Guida, Rv. 263386 che ha escluso l'abnormità della condotta del lavoratore, il quale, impegnato nell'installazione di un ascensore, era caduto mettendo il piede in fallo, così battendo la testa e decedendo, dopo essersi sganciato dall'imbracatura di sicurezza per meglio eseguire i lavori di sua competenza, atteso che le modalità esecutive da lui adottate rientravano nel novero delle violazioni comportamentali che i lavoratori perpetrano quanto ritengono di aver acquisito competenza ed abilità nelle proprie mansioni; Sez. 4 n. 37986 del 27/6/2012, Battafarano, Rv. 254365, che, in applicazione del principio di cui in massima ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilità - in ordine al reato di cui all'art. 590, comma terzo, cod. pen. - dell'imputato, legale rappresentante di una s.a.s., per non avere adeguatamente informato il lavoratore, il quale aveva ingerito del detersivo contenuto in una bottiglia non contrassegnata, ritenendo trattarsi di acqua minerale; Sez. 4, n. 3787 del 17/10/2014 dep. 2015, Bonelli Rv. 261946 in un caso in cui la Corte ha ritenuto non abnorme il comportamento del lavoratore che, per l'esecuzione di lavori di verniciatura, aveva impiegato una scala doppia invece di approntare un trabattello pur esistente in cantiere; Sez. 4, n. 23292 del 28/4/2011, Millo ed altri, Rv. 250710 che ha precisato essere abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli).
Si è anche precisato che, per potersi parlare di abnormità del comportamento del lavoratore, è necessario che esso sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018 dep. il 2019, Musso, Rv. 275017 in cui la Corte di legittimità ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la responsabilità del datore di lavoro per le lesioni riportate da un lavoratore che, per sbloccare una leva necessaria al funzionamento di una macchina utensile, aveva introdotto una mano all'interno della macchina stessa anziché utilizzare l'apposito palanchino di cui era stato dotato; Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 dep. il 2017, Gerosa ed altri, Rv. 269603; Sez. 4, n. 16890 del 14/3/2012, Feraboli, Rv. 252544; Sez. 4, n. 36227 del 26/3/2014, B.N. ed altri, Rv. 259767; Sez. 4, n. 7955 del 10/10/2013, Rovaldi, Rv. 259313; Sez. 4, n. 7188 del 10 gennaio 2018, Bozzi, Rv. 272222).
In tema di infortuni sul lavoro, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (Così questa Sez. 4 n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242 in relazione al caso di un omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro in quanto la mancata attuazione delle prescrizioni contenute nel POS e la mancata informazione del lavoratore avevano determinato l'assenza delle cautele volte a governare anche il rischio di imprudente esecuzione dei compiti assegnati al lavoratore infortunato).
Niente di tutto ciò è riscontrabile nel caso odierno, nel quale il rischio concretizzatosi nell'evento non può certo dirsi esorbitante o diverso rispetto a quello connesso al compito affidato ai lavoratori.
9. E' altrettanto pacifico che non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre comunque all'insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente (così questa Sez. 4, n. 7364 del 14/1/2014, Scarselli, Rv. 259321 relativamente ad una fattispecie relativa alle lesioni "da caduta" riportate da un lavoratore nel corso di lavorazioni in alta quota, in relazione alla quale la Corte ha ritenuto configurabile la responsabilità del datore di lavoro che non aveva predisposto un'idonea impalcatura - "trabattello" - nonostante il lavoratore avesse concorso all'evento, non facendo uso dei tiranti di sicurezza).
Non è configurabile, in altri termini, la responsabilità ovvero la corresponsabilità del lavoratore per l'infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli (Sez. 4, n. 22813 del 21/4/2015, Palazzolo, Rv. 263497). Ciò perché il datore di lavoro quale responsabile della sicurezza gravato non solo dell'obbligo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente la loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro" (vedasi anche questa Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014 dep. il 2015, Ottino, Rv. 263200). E, qualora sussista la possibilità di ricorrere a plurime misure di prevenzione di eventi dannosi, il datore di lavoro è tenuto ad adottare il sistema antinfortunistico sul cui utilizzo incida meno la scelta discrezionale del lavoratore, al fine di garantire il maggior livello di sicurezza possibile Sez. 4, n. 4325 del 27/10/2015 dep. il 2016, Zappalà ed altro, Rv. 265942).
10. Infondati sono anche i motivi che attengono al riconoscimento ed alla comparazione delle circostanze attenuanti. 
Anche in tal caso si tratta, infatti, di profili di doglianza in gran parte ripetitivi rispetto a censure già sottoposte al vaglio dei giudici del gravame del merito e cui questi ultimi avevano fornito un'adeguata, logica e congrua risposta.
Ha rilevato in proposito la Corte territoriale che la sollecitata valutazione di prevalenza delle attenuanti, già riconosciute dal primo giudice, sull'aggravante di cui all'art.589 co. 2 cod. pen., che secondo l'assunto defensionale riproposto in questa sede dovrebbe trovare fondamento fattuale nel buon comportamento processuale e nell'intervenuto risarcimento del danno in favore delle parti civili a suo tempo costituite, non può essere condivisa.
Ciò in quanto dagli atti processuali di primo grado si evidenzia che non tutte le parti civili ivi costituite possono ritenersi a stretto rigore risarcite, e ciò perché solo OMISSIS hanno revocato la costituzione, mentre B.N. nulla ha manifestato; il che, al di là degli effetti processuali, depone per l'incertezza che anche tale persona sia stata ristorata, e pertanto è quanto meno opinabile che il risarcimento sia stato integrale.
La nota relativa all'avvenuto risarcimento rilasciata dal legale della stessa parte, presentata in allegato al ricorso, è datata 23/4/2019 e nulla ne sapevano, evidentemente, i giudici di appello.
In ogni caso, va ricordato il condivisibile dictum di questa Corte di legittimità secondo cui le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. Un., n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931; conf. Sez. 2 n. 31543 dell'8/6/2017; Pennelli, Rv. 270450; Sez. 4, n. 25532 del 23/5/2007, Montanino Rv. 236992; Sez. 3, n. 26908 del 22/4/2004, Ronzoni, Rv. 229298). E nel giudizio ex art. 69 cod. pen., così come nella determinazione, in misura inferiore a quella massima consentita dalla legge, della riduzione di pena dovuta al giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, il giudice può valorizzare anche i precedenti penali relativi a reati depenalizzati o estinti, trattandosi di fattispecie che rimangono significative di una predisposizione dell'imputato a violare la legge penale (cfr. Sez. 5, n. 45423 del 6/10/2004, Mignogna ed altri, Rv. 230579).
Ebbene, la pronuncia impugnata opera un buon governo di tali principi laddove dà atto che "...i rilevati dati favorevoli di connotazione non possono essere ritenuti prevalenti sulla oggettiva gravità di quanto accaduto: e sul non modesto grado di colpa individuabile, estrinsecatasi in un atteggiamento di colpevole superficialità per aver ritenuto i lavoratori dipendenti, ed in particolare DC.L., idoneamente formati ed informati sui rischi intrinseci al macchinario cui erano adibiti".

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle contravvenzioni di cui ai capi D), E) e F) perché estinte per intervenuta prescrizione. Rigetta nel resto il ricorso e, pertanto, ridetermina la pena in anni uno, mesi cinque e giorni dieci di reclusione.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2020

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Decreto 14 febbraio 2020

ID 10328 | | Visite: 19408 | Prevenzione Incendi

RTV prevenzione incendi Decreto 14 02 2020

Decreto 14 febbraio 2020 

Aggiornamento della sezione V dell'allegato 1 al decreto 3 agosto 2015, concernente l'approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi.

(GU Serie Generale n.57 del 06-03-2020)

Entrata in vigore: 05.04.2020
______

Art. 1. Modifiche all’allegato 1 del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015

1. È approvato l’allegato A, che costituisce parte integrante del presente decreto, contenente le modifiche all’allegato 1 al decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015 e successive modificazioni, relativamente alla sezione V - Regole tecniche verticali, limitatamente ai seguenti capitoli:

V.4: uffici;
V.5: attività ricettive turistico - alberghiere;
V.6: autorimesse;
V.7: attività scolastiche;
V.8: attività commerciali.

2. I capitoli V.4 uffici, V.5 attività ricettive turistico - alberghiere, V.6 autorimesse, V.7 attività scolastiche, V.8 attività commerciali contenuti nell’allegato A al presente decreto, sostituiscono integralmente i corrispondenti capitoli dell’allegato 1 al decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015.

Art. 2. Norme finali

1. Per le attività di cui all’art. 1 relative ad uffici, attività ricettive turistico-alberghiere, autorimesse, attività scolastiche e commerciali che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono già state progettate sulla base delle regole tecniche verticali introdotte con i provvedimenti richiamati in premessa, ovvero alle stesse già conformi, il presente decreto non comporta adeguamenti.

 2. Il presente decreto entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

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Nuova banca dati informatizzata delle verifiche e obblighi dei DL

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Nuova banca dati informatizzata delle verifiche e obblighi dei DL

Nuova banca dati informatizzata delle verifiche e obblighi dei datori di lavoro

INAIL, 06.03.2020

E’ prevista l’istituzione di una banca dati per digitalizzare la trasmissione dei dati delle verifiche periodiche previste dal DPR n. 462/2001.

È stata prevista, con decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 convertito con Legge 28 febbraio 2020 n. 8, l’introduzione di una banca dati informatizzata per trasmettere i dati relativi alle verifiche periodiche effettuate su installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, impianti elettrici di messa a terra e impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione collocati nei luoghi di lavoro.

I datori di lavoro, che hanno fatto eseguire verifiche in data successiva al 31 dicembre 2019, hanno l’obbligo di comunicare tempestivamente all’Inail, in via informatica, il nominativo dell’organismo incaricato delle verifiche periodiche.

Lo sviluppo della banca dati avverrà successivamente all’emanazione di indicazioni tecniche fornite dagli uffici competenti del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Nelle more dell’implementazione della banca dati delle verifiche, la comunicazione deve avvenire via pec alle Unità operative territoriali (Uot) di competenza, utilizzando l’apposito modello reperibile sul portale al seguente percorso: Atti e documenti>Moduli e modelli>Ricerca e Tecnologia.

In allegato Modello comunicazione nominativo organismo incaricato delle verifiche periodiche - art. 7-bis, comma 2, DPR n. 462/2001.

_____

FAQ su articolo 7 bis DPR n. 462/2001 introdotto dall’articolo 36 del decreto-legge 30 dicembre 2019, n.162, convertito in legge, con modificazioni, dalla Legge 28 febbraio 2020 n. 8.

Da quando è stato introdotto l’obbligo del datore di lavoro di comunicare all’INAIL, per via informatica, il nominativo dell’organismo incaricato delle verifiche periodiche di cui all’art. 4, comma 1, e all’articolo 6, comma 1 del DPR n. 462/2001?

L’obbligo per i datori di lavoro di comunicare all’INAIL, per via informatica, il nominativo dell’organismo incaricato delle verifiche periodiche di cui all’art. 4, comma 1, e all’articolo 6, comma 1 del DPR n. 462/2001 è stato introdotto dall’articolo 36 del decreto-legge 162 del 2019, entrato in vigore il 31 dicembre 2019 e, pertanto, riguarda esclusivamente le verifiche periodiche eseguite dal 31 dicembre 2019.

Come è possibile assolvere all’obbligo di comunicazione previsto dall’articolo 7 bis del DPR n. 462/2001?

La comunicazione, da parte dei datori di lavoro, del nominativo dell’organismo incaricato delle verifiche periodiche degli impianti di messa a terra avverrà, a regime, tramite l’applicativo CIVA.

Nelle more dell’implementazione di appositi servizi all’interno di CIVA –l’applicativo messo a disposizione da Inail per la gestione informatizzata dei servizi di certificazione e verifica e che costituisce anche archivio delle attrezzature e degli impianti-, i datori di lavoro che abbiano fatto eseguire la verifica dal 31 dicembre 2019 devono comunicare via PEC alle UOT territorialmente competenti il nominativo dell’organismo incaricato delle verifiche periodiche utilizzando il modello reperibile sul sito istituzionale al seguente link https://www.inail.it/cs/internet/docs/all-impianti-messia-terra-mod-comunicazione.pdf?section=atti-e-documenti.  

Gli organismi di ispezione devono registrarsi al portale CIVA per essere individuati dai datori di lavoro che intendano affidare loro le verifiche?

No. A seguito dell’implementazione dei servizi nel portale CIVA i datori di lavoro troveranno un menù a tendina dal quale selezionare, tra gli organismi di ispezione abilitati dal Ministero dello sviluppo economico, il nominativo del soggetto incaricato della verifica periodica.

La comunicazione del nominativo dell’organismo al quale il datore di lavoro ha affidato la verifica di un impianto di messa a terra mai denunciato ha valenza ai fini della denuncia dell’impianto stesso?

La comunicazione del datore di lavoro di cui all’art. 7 bis, comma 2, del DPR n. 462/2001 non è sostitutiva della denuncia di impianto di cui all’art. 2, comma 2, del medesimo decreto e, pertanto, il datore di lavoro che non abbia mai inviato la dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico di messa a terra e dei dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, deve preliminarmente provvedere a denunciare l’impianto ai  sensi del citato art. 2, comma 2, inviando la dichiarazione di conformità rilasciata dall'installatore all’Inail ed all’ASL o all’ARPA territorialmente competenti.

In che modo è possibile trasmettere il verbale della verifica periodica effettuata alla banca dati?

Lo sviluppo della banca dati non può che avvenire successivamente all’emanazione di indicazioni tecniche fornite, con decreto direttoriale, dagli uffici competenti del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per i profili di rispettiva competenza, al fine dell’individuazione dei relativi requisiti essenziali, pertanto, allo stato, nessun adempimento è richiesto all’utenza.

Il tariffario ISPESL del 2005 ha subito delle modifiche per quanto concerne le tariffe per i servizi di verifica di cui al DPR n. 462/2001?

Le tariffe individuate dal decreto del Presidente dell’ISPESL del 7 luglio 2005 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n.165 del 18/07/2005 - Suppl. Ordinario n. 125) non hanno subito modificazioni.

Quali sono le modalità per corrispondere all’Inail la quota pari al 5% della tariffa stabilita per la gestione ed il mantenimento della banca dati informatizzata?

Specifiche indicazioni al riguardo potranno essere fornite soltanto successivamente all’emanazione di indicazioni tecniche fornite, con decreto direttoriale, dagli uffici competenti del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per i profili di rispettiva competenza.

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Fonte: INAIL

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 8160 | 02 Marzo 2020

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Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 02 marzo 2020 n. 8160

Contatto con la spirale elicoidale rotante presente all'interno della benna impastatrice. Mancanza di requisiti di sicurezza e di formazione

Penale Sent. Sez. 4 Num. 8160 Anno 2020
Presidente: BRICCHETTI RENATO GIUSEPPE
Relatore: PEZZELLA VINCENZO
Data Udienza: 13/02/2020

Ritenuto in fatto

1. M.M. veniva condannato, all'esito di giudizio ordinario, dal giudice monocratico del Tribunale di Monza, il 7/2/2017 alla pena di mesi 9 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni in favore della parte civile da liquidarsi in separata sede, con una provvisionale di 60.000 euro, oltre alla rifusione delle spese di costituzione per il reato p. e p. dagli artt. 590, co. 1, 2 e 3 c.p. in relazione agli artt. 71 co. 1 e 37 co. 1 lett. a) d.lgs. 81/08 nonché in relazione all’art. 23 co.l d.lgs. 81/08, perché in qualità di legale rappresentante della IBM s.r.l., con sede legale in Provaglio d’Iseo, via Europa nr. 2 e di legale rappresentante della Costruzioni M. e quindi, rispettivamente di datore di lavoro di C.A. e di legale rappresentante della società proprietaria del macchinario noleggiato alla IBM, cagionava al lavoratore C.A., lesioni personali consistite in "frattura scomposta pluriframmentaria della gamba destra" da cui derivava una malattia con incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo pari a gg. 157 (fino all'1/12/2013); per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro perché:
- in qualità di legale rappresentante della IBM ometteva di adottare le misure necessarie per la sicurezza dei lavoratori, in particolare metteva a disposizione dei lavoratori un'attrezzatura priva dei requisiti di sicurezza previsti dal costruttore e non provvedeva ad impartire al lavoratore una formazione adeguata in rapporto alla sicurezza sul lavoro;
- in qualità di legale rappresentante della Costruzioni M. noleggiava alla IBM una attrezzatura di lavoro non rispondente alle disposizioni legislative e ai regolamenti vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed in particolare una benna mescolatrice la cui griglia di ferro, progettata dal costruttore per essere fissa (bloccata con bulloni metallici alla carcassa della benna) era stata trasformata e resa apribile, cosicché, mentre C.A., presso il cantiere sito in Carate Brianza, via Kennedy 7, stava scendendo dalla macchina operatrice (Skid Steer) corredata dalla benna mescolatrice per procedere alla pulizia della benna, poggiava il piede destro sul ferro saldato in modo trasversale alla benna impastatrice priva della griglia di protezione e con l'asse elicoidale in movimento e scivolava con la gamba all'interno della stessa, procurandosi le gravi lesioni personali sopra indicate. Con le circostanze aggravanti della lesione grave per durata della malattia superiore ai 40 gg. nonché della violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. In Carate Brianza in data 9/7/2013.
Con sentenza del 22/3/2019 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza di primo grado.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, il M., deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
Con un primo motivo si deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla condotta omissiva contestata in qualità di legale rappresentante della Costruzioni M. (l'aver noleggiato un'attrezzatura di lavoro non rispondente alle disposizioni legislative ed ai regolamenti vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro).
In ricorso si censura l'assunto della Corte distrettuale, che ritiene la tesi difensiva dell'avvenuta modifica dell'attrezzature di lavoro, ad opera dei lavoratori, priva di riscontro, anzi smentita dalle dichiarazioni dei testi C.A. e F. e del tecnico USL che riscontrava l'usura della parte sostituita.
Il ricorrente sottolinea di aver evidenziato nell'atto di appello che dall'istruttoria non era emerso con certezza l'autore della modifica e, di conseguenza, l'attribuibilità della stessa al M., e che l'ASL non aveva effettuato alcuna verifica su tale aspetto né aveva svolto sopralluoghi presso la sede della ditta noleggiatrice al fine di verificare l'esistenza di mezzi atti ad intervenire sui macchinari.
Si aggiunge inoltre, che la circostanza che il macchinario fosse datato non esclude che possa essere stato modificato sul cantiere, dal momento che lo stesso era in essere da ben sei mesi e pertanto l'asta aggiunta ben poteva essersi già usurata. La benna, infatti, era adoperata quotidianamente.
Si esprimono, poi, riserve sull'attendibilità dei due testi: il C.A. parte civile e il F. preposto sul cantiere non avrebbero certamente ammesso la propria responsabilità rispetto al verificarsi del sinistro e quindi non potevano ammettere di aver manomesso il macchinario.
In relazione al nesso di causalità, il ricorrente rileva, inoltre, che a prescindere dalla modifica del progetto originario con la realizzazione di una griglia rimovibile, l'infortunio avveniva perché la stessa griglia era stata completamente rimossa il giorno dell'incidente, rimozione effettuata dal C.A. e dal F., come dichiarato dagli stessi all'udienza del 10/1/2017.
Nulla avrebbe detto la sentenza impugnata su tale punto.
Con un secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla condotta omissiva contestata in qualità di legale rappresentante della IBM s.r.l. datrice di lavoro della parte civile (l'aver omesso di adottare le misure necessarie per la sicurezza dei lavoratori: non aver messo a disposizione dei lavoratori attrezzature e macchinari idonei e non essersi assicurato che il lavoratore ricevesse una formazione adeguata e sufficiente).
Il ricorrente contesta la sentenza impugnata laddove afferma la mancanza di formazione del C.A. e del F. sull'utilizzo del macchinario e, pertanto, ritiene impensabile che avessero la capacità di modificarlo.
In realtà, si afferma, che, come emerso dall'istruttoria, F. era il preposto del cantiere, cui il M.M. aveva delegato, in quanto specificatamente formato, l'utilizzo del bobcat.
Anche il C.A. aveva mansioni specifiche in qualità di manovale edile generico con esperienza pluriennale, mentre il M. non era presente in cantiere tutti i giorni.
Pertanto, avendo il M. delegato un preposto sia in relazione all'attività esecutiva che organizzativa del lavoro, non potrà rispondere certamente se lo stesso preposto ha di fatto delegato una mansione richiedente specifica formazione a un operaio sprovvistone.
Infine, si aggiunge che dall'istruttoria non sarebbero emerse con certezza le circostanze che se il C.A. fosse stato istruito sulle modalità di discesa della benna l'infortunio non si sarebbe verificato e che se la macchina non fosse stata modificata il fatto non sarebbe accaduto.
Con un terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla delega rilasciata al dipendente F..
Si censura l'impugnata sentenza laddove esclude la possibile esclusione di responsabilità in presenza di un delegato di fatto, mentre successivamente afferma che la delega può essere anche non scritta ed è certamente valida ove sia espressa, certa ed inequivoca.
Si rileva che dal dibattimento è emerso che il delegato fosse tecnicamente capace e fornito delle necessarie competenze tecniche, di poteri decisionali e di attuazione nel cantiere ed avesse consapevolmente accettato l'incarico.
Con un quarto motivo si deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al comportamento abnorme del lavoratore.
Il M. invoca l'abnormità del comportamento del lavoratore, escluso dalla corte di appello, pur ritenendolo imprudente, nonostante la sentenza di primo grado avesse sottolineato la violazione di tutte le prescrizioni basilari da parte del C.A..
Lo stesso dipendente dell'ASL, all'udienza del 10/1/2017, sottolineava il com-portamento imprudente e negligente del lavoratore.
Il C.A. avrebbe usato il mezzo senza autorizzazione del M. e di sua iniziativa, insieme al preposto, eliminava la griglia alla benna e scendeva dal mezzo, mentre era in moto, mettendo il piede su un'asta instabile trasversale rispetto alla benna, mentre avrebbe potuto facilmente scendere lateralmente. 
Il rispetto di regole elementari, comprensibili anche da non addetti ai lavori, avrebbe certamente evitato il verificarsi dell'incidente.
Il comportamento del lavoratore possiede, a detta del ricorrente, i requisiti di eccezionalità, abnormità ed esorbitanza, tali da interrompere il nesso causale tra la condotta di M. e l'evento.
Infatti pur in presenza di tutte le necessarie misure di sicurezza sarebbe stato impossibile evitare l'imprevedibile condotta del lavoratore.
Con un quinto motivo si deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al profilo sanzionatorio e alla condanna alla provvisionale per 60.000 euro.
Si contesta la quantificazione della pena e l'entità della provvisionale rilevando anche l'attuale condizione economica dell'imputato e l'avvenuto fallimento della società.
Ci si duole del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62-bis cod. pen., per l'occasionalità della condotta e l'incensuratezza dell'Imputato.
Chiede, pertanto, l'annullamento e/o la riforma della sentenza impugnata, con ogni conseguenza di legge anche in relazione alle statuizioni civili.
3. Con memoria depositata il 27/1/2020 la parte civile C.A., a mezzo del proprio difensore rileva l'inammissibilità, improcedibilità ed infondatezza del ricorso.
Si eccepisce l'inammissibilità ed infondatezza del primo motivo di ricorso.
Il M. aveva, infatti, messo a disposizione dei propri dipendenti un macchinario privo di un fondamentale dispositivo di sicurezza.
La griglia posta a protezione della spirale elicoidale rotante della benna era stata resa apribile mediante l'inserimento di un'asta.
Tale asta, come certificato dal tecnico Asl, presentava un grado di usura tale da desumersene che era stata aggiunta al macchinario prima della stipula del contratto di nolo a freddo dello stesso. Mentre l'acquisto, come dichiarato dall'imputato, era avvenuto cinque anni prima dell'infortunio. Pertanto il M. era certamente a conoscenza della modifica, mentre, come correttamente sostenuto nell'impugnata sentenza, è improbabile che la stessa potesse essere stata effettuata dai lavoratori del cantiere dove avveniva il sinistro.
In relazione al secondo motivo di ricorso si rileva la violazione del principio di autosufficienza, in quanto il ricorrente, sostenendo di aver delegato unicamente il F. all'utilizzo del macchinario, omette di allegare gli atti istruttori da cui tale circostanza dovrebbe risultare. 
Nel merito, poi, il motivo appare privo di pregio, attesa la completezza e logicità della motivazione della sentenza impugnata sulla mancanza di formazione del lavoratore preposto all'utilizzo del macchinario e non avendo fornito l'imputato prova dell'assolvimento del dovere di formazione del presunto conferimento di una delega di fatto di funzioni al F..
In relazione al terzo motivo di ricorso si rileva che la corte di appello con congrua e corretta motivazione ha ritenuto inesistente l'invocata delega di funzioni sulla sicurezza, non essendo stata raggiunta la prova dell'esistenza di tale delega.
Si ricorda, infine, che in pur in presenza di un'eventuale delega, il M. sarebbe stato comunque chiamato a rispondere della propria responsabilità, che in presenza di delega viene estesa e non circoscritta.
Sul quarto motivo si rileva la violazione del principio di autosufficienza e l'in-fondatezza non evidenziandosi profili di abnormità nel comportamento del lavoratore.
Infine, sul quinto motivo, si rileva la legittimità della condanna alla provvisionale e l'inammissibilità ed infondatezza del motivo di ricorso non sussistendo alcun vizio motivazionale o violazione di legge dell'impugnato provvedimento.
Correttamente è stato ritenuto che nessun rilievo possono assumere le difficoltà economiche dell'imputato o la condotta imprudente della parte civile.
Chiede, pertanto, il rigetto del ricorso e la conferma della sentenza impugnata con condanna alle spese del grado.

Considerato in diritto

1. I motivi sopra illustrati appaiono infondati e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato.
2. Per quel che rileva in questa sede, vanno ricordati i fatti di cui al presente processo come ricostruiti dalle sentenze di merito.
M.M., come illustrato in premessa, è stato imputato del reato di cui all'art. 590 co. 1, 2 e 3 cod. pen. nella duplice veste di legale rappresentante della IBM S.r.l. e dell'impresa individuale Costruzioni M., la prima fallita nel febbraio del 2014, la seconda chiusa a fine 2014.
Secondo l'accordo concluso nel dicembre del 2012, la Costruzioni M. noleggiava a freddo alla IBM S.r.l. diverse attrezzature, tra cui una pala gommata con benna impastatrice con conseguente sua messa a disposizione dei dipendenti di IBM tra i quali la persona offesa, C.A..
Sin dall'avvio dei lavori da parte della IBM S.r.l. presso il cantiere di Carate Brianza, avvenuto all'incirca due mesi prima dell'incidente, M.M., in qualità di datore di lavoro, aveva affidato a C.A. - che pure non era in possesso del patentino a tale scopo necessario - il compito di manovrare un macchinario comunemente chiamato bobcat, ovverosia un mini escavatore multifunzione che, in base alla tipologia dei lavori da effettuarsi, poteva essere agganciato ad altre attrezzature e che, nel caso di specie, veniva utilizzato congiuntamente ad una benna impastatrice-mescolatrice, che, come detto era stata noleggiata alla IBM S.r.l. dalla Costruzioni M. e la cui funzione naturale (come riferito nel corso del suo esame dal esame tecnico USL Vincenzo L.) era quella di impastare il conglomerato cementizio, operazione che, nello specifico, avveniva grazie ad una spirale elicoidale rotante, protetta, per ragioni di sicurezza, da una griglia di ferro, progettata per essere fissata alla benna mediante quattro bulloni, cosicché la stessa non potesse essere rimossa se non in vista di operazioni di manutenzione straordinaria.
Al termine della giornata lavorativa, tale benna impastatrice necessitava di essere pulita, posto che, durante l'utilizzo, il calcestruzzo tendeva a legarsi al materiale ferroso con il quale la stessa era costruita: tali operazioni dovevano essere effettuate facendo mescolare a secco della sabbia, la quale veniva successivamente ripulita con l'ausilio di acqua. La benna in discussione, peraltro, da quanto emerso in istruttoria, non era del tutto conforme al progetto originale e, a tal proposito, il tecnico dell'USL evidenziava la sua inidoneità a garantire la sicurezza dei lavoratori, dal momento che la griglia protettiva, progettata per essere fissa, era stata invece resa apribile, mediante l'aggiunta di una componente originariamente non prevista. Si trattava, in particolare, di un'asta telescopica agganciata a un tondino saldato al braccio dell'escavatore, che aveva lo scopo di mantenere sollevata la griglia e, quindi, di facilitare l'entrata e l'uscita del materiale nella benna (il giudice di primo grado richiama sul punto la fotografia n. 4 e le dichiarazioni del teste Stefan F. F., collega dell'infortunato).
Il giorno dell'Infortunio, avvenuto in data 9 luglio 2013, C.A. si trovava - insieme al collega F. Stefan F. - presso il cantiere sito in Carate Brianza ove, come ogni giorno, aveva manovrato il bobcat agganciato alla benna impastatrice. Nel corso dell'utilizzo, tuttavia, l'asta aggiuntiva, che permetteva di sollevare la griglia protettiva, si era rotta e aveva quindi costretto il C.A. e il F. a rimuovere del tutto la griglia, lasciando le eliche della benna prive di protezione.
Dal momento che, al termine di ogni utilizzo, la benna necessitava di essere pulita, in cantiere vigeva la regola - prescritta dallo stesso M. - che l'utilizzatore della benna doveva farsi carico, a fine giornata, della pulizia della stessa.
C.A., quindi, al fine di effettuare tale operazione di pulizia, saliva sul bobcat per versare la sabbia a tale scopo necessaria, nonché per accendere il motore dell'impastatrice, in modo tale da avviare la rotazione della spirale elicoidale. Il passo successivo per eseguire la pulizia doveva poi essere quello di versare dell'acqua all'Interno della benna, operazione che Imponeva all'operatore, se non assistito da un secondo soggetto, di scendere dal macchinario con il motore in funzione.
Ebbene, quel giorno, il C.A., aveva proceduto in completa autonomia alla pulizia, e, quindi, era sceso dal bobcat, operazione che lo stesso era solito compiere appoggiando i piedi sulla griglia protettiva, per poi calarsi dalla parte anteriore del macchinario. In assenza del consueto appoggio, tuttavia, il C.A. si vedeva costretto a scavalcare la benna, in quel frangente sfornita di protezione, in particolare appoggiando un piede sull'asta di ferro posizionata a metà della stessa.
Vista la precarietà dell'appoggio utilizzato, C.A. perdeva l'equilibrio e cadeva con la gamba destra all'interno della benna impastatrice, entrando a contatto con le eliche rotanti in quel momento in funzione, procurandosi una lesione traumatica dell'arto inferiore destro con frattura esposta di tibia e perone ed ampia ferita lacerocontusa, con vasto lembo mio-cutaneo in ragione della quale, oltre a sottoporsi a frequenti medicazioni e visite di controllo, anche dopo la dimissione dall'ospedale, risentiva di postumi tanto da indurlo in data 31.10.2013 a presentarsi spontaneamente al Pronto Soccorso dell'ospedale San Gerardo, ove riferiva di aver riscontrato la fuoriuscita di piccoli corpi estranei e secrezione sierosa dalla frattura biossea alla gamba destra causata da quella che era diagnosticata come fistola cutanea.
In data 18/7/2014, dunque a più di un anno di distanza dall'infortunio, il C.A. veniva sottoposto, con ricovero programmato, ad un nuovo intervento chirurgico, volto alla correzione del valgismo conseguente alla frattura e alla stabilizzazione di una pseudoartrosi tibiale mediante fissatore esterno circolare e bonifica del focolaio di pseudoartrosi, unitamente ad un innesto osseo e di concentrato midollare.
All'udienza del 10.1.2017, il C.A. dava conto dei postumi irreversibili derivati dall'infortunio subito all'età di 29 anni e, in particolare, riferiva che, nonostante l'ormai ultimata guarigione della frattura, non gli era più possibile correre e fare le scale, motivo per cui, pur continuando a svolgere la medesima professione, la sua capacità lavorativa era risultata di molto indebolita: del resto l'INAIL aveva costituito a suo favore una rendita annua a fronte di un grado di menomazione dell'Integrità psico-fisica pari al 18%.
3. M. M. era, quindi, imputato per il delitto di cui all'art. 590 co. 1, 2 e 3 cod. pen. sotto due distinti profili: da un lato, in relazione all'art. 23 co. 1 d.lgs. n. 81/2008, per avere noleggiato alla IBM S.r.l. - in qualità di legale rappresentante della ditta individuale Costruzioni M. - un'attrezzatura di lavoro non rispondente alla normativa vigente in materia di salute e sicurezza dei lavoratori e, dall'altro, in relazione agli artt. 71 co. I e 37 co. 1 d.lgs. n. 81/2008, per aver omesso - in qualità di legale rappresentante della IBM S.r.l e, quindi, di datore di lavoro del C.A.- di adottare tutte le misure necessarie per la salute e sicurezza dei lavoratori e, in particolare, per aver messo a disposizione del lavoratore infortunato un'attrezzatura priva dei necessari requisiti di sicurezza, nonché per non aver impartito al lavoratore infortunato un'adeguata formazione in rapporto alla sicurezza del lavoro.
Quanto alla condotta commissiva, viene ricordato dai giudici di merito come, ai sensi dell'art. 23 co. 1 d.lgs. n. 81/2008 - posto all'interno del Titolo I disciplinante i "Principi Comuni" della materia - sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza del lavoro.
M., in qualità di legale rappresentante della ditta individuale a suo nome, aveva noleggiato alla IBM S.r.l. una benna impastatrice del tutto inidonea a garantire la salute e sicurezza dei lavoratori come esposto in precedenza e confermato dal tecnico USL (della non conformità della benna impastatrice in uso a C.A. con il progetto originario del fabbricante a causa della trasformazione della griglia posta a protezione della spirale elicoidale rotante della benna, concepita come fissa e invece resa apribile per facilitare l'ingresso e la fuoriuscita dei materiali) che aveva certamente reso l'attrezzatura de qua potenzialmente dannosa o, quantomeno, pericolosa per l'utilizzatore, in aperta violazione di quanto imposto dalla normativa di settore.
Quanto all'attribuibilità della suddetta modifica all'imputato la stessa, già per il giudice di primo grado, risultava evidente dal fatto che la benna presentava evidenti segni di usura il che doveva far ritenere che la modifica fosse avvenuta ben prima dei sei mesi precedenti all'Infortunio e cioè ben prima della stipula dell'accordo di noleggio tra la IBM e la ditta individuale. Inoltre tanto C.A. quanto il teste F. avevano riferito in dibattimento che tale attrezzatura era stata messa loro a disposizione con la griglia già "resa apribile" per facilitarne l'utilizzo e la successiva pulizia e il tecnico USL aveva escluso che tale modifica potesse essere stata realizzata direttamente in cantiere dai dipendenti della IBM.
Tanto premesso, e accertato che le lesioni erano state materialmente cagionate dalla spirale elicoidale rotante presente alll'interno della benna (cd. causalità materiale), già il primo giudice aveva valutato in senso sfavorevole all'odierno ricorrente se l'aver noleggiato alla IBM un'attrezzatura non idonea ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, in quanto modificata rispetto al progetto originario del costruttore, avesse avuto una efficienza causale rispetto alle lesioni riportate da C.A..
La conclusione era stata che, se M., in qualità di legale rappresentante della Costruzioni M., non avesse noleggiato alla IBM un'attrezzatura modificata, l'incidente occorso a C.A. non si sarebbe verificato e, di conseguenza, lo stesso non avrebbe riportato le lesioni sopra descritte.
Tale dato, già secondo la prima sentenza di merito, poteva essere pacificamente desunto sulla base dei seguenti elementi: 1. in primis, tanto l'infortunato, quanto il collega F. e il tecnico dell'A.S.L. all'udienza del 10.1.2017 avevano riferito che, in assenza dell'asta metallica aggiunta alla griglia di protezione per renderla apribile, la stessa griglia non avrebbe potuto rompersi con quelle modalità e, quindi, non avrebbe dovuto essere rimossa, in fase di pulizia, da C.A.; 2. in secondo luogo, i suddetti C.A., F. e L. hanno altresì dichiarato che se la griglia protettiva non avesse dovuto essere rimossa, l'infortunato, nel scendere dal bobcat, avrebbe potuto appoggiare il piede sulla griglia, e che ciò avrebbe impedito a C.A. di entrare a contatto con la spirale elicoidale rotante che aveva materialmente cagionato le gravi lesioni.
Quanto alle due condotte omissive contestate il primo giudice partiva da quella di non avere messo a disposizione dei lavoratori un'attrezzatura conforme ai requisiti di sicurezza previsti dal costruttore, contrariamente a quanto previsto dall'art. 71 co. 1 d.lgs. n. 81/2008.
A questo proposito, veniva ritenuto di palese evidenza ché la benna impastatrice messa a disposizione di C.A. era del tutto sfornita dei minimi requisiti di sicurezza.
Tale dato trovava, del resto, pacificamente conforto nel fatto - come confermato dal tecnico dell'A.S.L che il costruttore, vista l'estrema pericolosità della spirale elicoidale rotante posta all'interno della benna impastatrice, avesse previsto la fissità della griglia protettiva.
Già il primo giudice aveva ritenuto che laddove il costruttore - nonostante le complicazioni derivanti, in termini di utilizzo dalla presenza della griglia - aveva comunque deciso di prevederla, addirittura come parte irremovibile del macchinario se non a fronte di straordinarie esigenze di manutenzione, era perché tale dispositivo di protezione si rivelava assolutamente necessario per garantire gli standard di sicurezza necessari.
Per quel che concerneva, invece, la seconda delle condotte omissive contestate al capo di imputazione, e cioè il non aver impartito C.A. una formazione adeguata in rapporto alla sicurezza del lavoro, anche in questo caso veniva dato atto sin dalla prima pronuncia di merito che nel corso dell'istruttoria era emerso del tutto pacificamente (il richiamo era alle deposizioni di C.A. e di Stefan Florín F. all'udienza del 10.1.2017) che M. - contrariamente a quanto dallo stesso affermato - aveva espressamente adibito C.A. all'utilizzo del bobcat agganciato alla benna impastatrice senza alcuna formazione, e che, al di là di questo, il lavoratore, era altresì sprovvisto dello specifico patentino necessario per manovrare macchinari di tal genere, come confermato da tutti i testi e dallo stesso M..
Indubbia, per il primo giudice, la posizione di garanzia rivestita da M. al quale pertanto competevano gli obblighi di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature, conformi alla normativa antinfortunistica e di assicurare a ciascun lavoratore una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza; l'istruttoria aveva consentito di accertare come il datore di lavoro non avesse operato alcuna delega di funzioni in capo a soggetti terzi appartenenti alla compagine societaria. Ciò ancorché in sede di esame il M. avesse dichiarato che F., pur in assenza di una delega di funzioni, in qualità di suo preposto, impartiva in concreto gli ordini ai lavoratori e si occupava dell'organizzazione generale dei lavori, circostanza peraltro smentita dallo stesso F..
Ad ogni buon conto, come ricorda la sentenza impugnata, già il primo giudice ricordava che la totale assenza della formazione necessaria in capo a F. (dato pacificamente ricavabile dalla deposizione dello stesso) doveva porsi alla base dell'esclusione di una ipotetica interruzione del nesso causale tra le condotte di M. e le lesioni riportate da C.A. (cfr. anche l'ari. 2 lett. e) d.lgs. n. 81/2008, ai sensi del quale il preposto è colui che, in ragione delle competenze professionale e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori).
Veniva dato atto che l'istruttoria dibattimentale aveva permesso, da un lato, di concludere a favore della sussistenza del nesso eziologico tra la mancata formazione e l'evento lesivo occorso a C.A., e, dall'altro, di consentire di confutare una delle principali argomentazioni prospettate in sede di conclusioni dalla difesa di M., secondo la quale, nel caso di specie, il lavoratore aveva tenuto un comportamento a tal punto abnorme da interrompere il nesso di causalità tra le condotte poste in essere dall'imputato e l'evento lesivo.
Ricorda ancora la sentenza impugnata come il giudice di primo grado, richiamando i principi espressi da questa Corte di legittimità aveva osservato che sebbene il comportamento tenuto da C.A. era stato effettivamente contrario alle basilari regole di sicurezza prescritte per manovrare il boscata, lo stesso non potesse, per ciò solo, essere qualificato come del tutto imprevedibile. Al contrario, la mancata formazione in capo al lavoratore - il quale era comunque sprovvisto del patentino necessario a manovrare quella tipologia di macchinario —avrebbe dovuto rendere del tutto prevedibile la possibilità che C.A. utilizzasse il bobcat e la relativa benna impastatrice in maniera totalmente errata.
Del resto, lo stesso art. 20, co. 1 del d.lgs. n. 81/2008, nel prevedere che ogni lavoratore debba prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, dispone, tuttavia, che tale obbligo operi conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e mezzi forniti dal datore di lavoro.
Per tali ragioni, il primo giudicante aveva ritenuto che il comportamento tenuto da C.A., il quale, oltre a non avere ricevuto una formazione adeguata e sufficiente, era stato espressamente adibito dall'imputato all'utilizzo di tale macchinario, non potesse considerarsi sufficiente ad interrompere il nesso causale tra le condotte di M. e l'evento lesivo.
Quanto all'elemento soggettivo, a dire del primo giudice, appariva del tutto evidente come la condotta tenuta da M. integrasse entrambi i profili della colpa generica e specifica; l'imputato - nella sua duplice veste di titolare della Costruzioni M. e di legale rappresentante della IBM S.r.l. - aveva agito, come già ampiamente esplicitato, nella più totale inosservanza delle regole preventive e cautelari previste dalle norme antinfortunistiche specificamente finalizzate a prevenire le lesioni, se non addirittura la morte, dei prestatori di lavoro e, in particolare, in aperta violazione degli artt. 23 co. 1, 71 co. I e 37 co. I d.lgs. n. 81/2008.
4. In sede di gravame del merito l'odierno ricorrente aveva proposto alla Corte territoriale gran parte delle questioni che ripropone in questa sede di legittimità, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata.
Ed invero, il difensore aveva chiesto l'assoluzione dell'imputato, assumendo, sia per la condotta commissiva che per quella omissiva, da un lato che la griglia era stata rimossa dai lavoratori e dall'altro che la gestione del cantiere era stata delegata a F. che pertanto doveva essere ritenuto quale preposto di fatto, nonché per mancanza del nesso causale dato il comportamento abnorme del lavoratore infortunato. Aveva chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche; 3) la diminuzione della pena anche in relazione all'insussistenza delle aggravanti contestate.
Ebbene, il primo motivo dell'odierno ricorso, con cui si reitera la doglianza circa la mancanza di prova che dall'istruttoria fosse emersa con certezza la riconducibilità della modifica del macchinario è infondato. 
Con motivazione logica e congrua, infatti, la sentenza impugnata dà conto delle ragioni per cui i giudici del gravame del merito hanno ritenuto che le modifiche sulla benna non potessero essere state effettuate direttamente sul cantiere: il grado di usura dell'asta esattamente identico a quello dell'intero macchinario risalente a cinque anni prima (il cantiere risaliva ad appena sei mesi prima) e la mancanza di competenze specifiche per la realizzazione delle modifiche da parte degli operai, addetti unicamente allo svolgimento di operazioni manuali organizzate e dirette dallo stesso M..
Come si legge in sentenza, dalla descrizione del fatto come accertato nel corso del dibattimento e, in particolare, dall'analisi offerta da Vincenzo L., tecnico USL, è risultato in modo chiaro e indiscutibile che la benna impastatrice fornita dalla Costruzione M. alla IBM s.r.l. e utilizzata dalla persona offesa nel cantiere di Carate Brianza, era difforme dal progetto originario poiché modificata in una sua parte essenziale e cioè con la rimozione della griglia fissa e quindi con una potenzialità lesiva per chi tale attrezzatura doveva utilizzare dato che tale griglia era stata predisposta proprio a presidio della sicurezza degli addetti.
La Corte territoriale ha argomentatamente confutato la tesi difensiva secondo cui la modifica della benna era stata effettuata dai lavoratori, sul rilievo che tale assunto, non solo è risultato privo di riscontro alcuno, ma è smentito sia dalle dichiarazioni dei testi C.A. e F., sia dalle dichiarazioni del tecnico Usi che, osservando il macchinario, aveva riscontrato l'usura della parte sostituita incompatibile con una modifica avvenuto nei sei mesi precedenti all'infortunio e cioè allorché la Costruzioni M. l'aveva data a nolo alla IBM: la modifica era cioè, a dire di L., avvenuta assai prima che C.A. e F. avessero a disposizione il macchinario con la duplice conseguenza che, da un lato, la predetta modifica doveva essere stata effettuata dalla Costruzioni M. e non certo all'insaputa del titolare e, dall'altro, che al momento del noleggio M. M. era perfettamente a conoscenza della circostanza.
Del resto, era stato anche logicamente rilevato che, se, come emerso in dibattimento, né C.A. né F. erano stati formati all'utilizzo del macchinario di cui si tratta, è impensabile che addirittura potessero avere le competenze per modificarlo compiendo delle operazioni per niente facili e banali e cioè rimuovere la griglia protettiva fissata da bulloni, munire il macchinario di un'asta telescopica agganciata a un tondino saldato al braccio dell'escavatore.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma per quanto sin qui detto un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell'ennesimo giudice del fatto. 
5. Escluso quindi la modifica ad opera dei lavoratori, l'odierno ricorrente rivestiva una duplice posizione di garanzia.
Quale titolare dell'impresa noleggiante, infatti, avrebbe dovuto evitare di dare a nolo un macchinario modificato in modo così significativo per quanto concerne la sicurezza dei lavoratori. E quale datore di lavoro avrebbe dovuto porre a disposizione dei propri dipendenti, adeguatamente formati, dei mezzi di lavoro sicuri.
Il datore di lavoro - non va dimenticato- è il garante primario della sicurezza del lavoratore, in quanto titolare di un rapporto di lavoro o comunque dominus di fatto dell'organizzazione dell'attività lavorativa.
Corretto è il rilievo della Corte territoriale secondo cui il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, assicurando anche l'adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche ed organizzative per ridurre al minimo i rischi connessi all'attività lavorativa, tale obbligo dovendosi ricondurre, oltre che alle disposizioni specifiche, proprio, più generalmente, al disposto dell'art. 2087 cod. civ., in forza del quale il datore di lavoro è comunque costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi all'obbligo di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo previsto dall'art. 40, comma 2, cod. pen.
L'obbligo dei titolari della posizione di sicurezza in materia di infortuni sul lavoro è articolato e comprende non solo l'istruzione dei lavoratori sui rischi connessi alle attività lavorative svolte e la necessità di adottare tutte le opportune misure di sicurezza, ma anche la effettiva predisposizione di queste, il controllo, continuo ed effettivo, circa la concreta osservanza delle misure predisposte per evitare che esse vengano trascurate o disapplicate nonché il controllo sul corretto utilizzo, in termini di sicurezza, degli strumenti di lavoro e sul processo stesso di lavorazione.
Appare priva di fondamento l'osservazione difensiva sul nesso di causalità e sulla mancata risposta dell'impugnato provvedimento alla circostanza che il sinistro avveniva a seguito della completa rimozione della griglia di copertura da parte degli operai e non della modifica operata al bobcat.
La Corte di appello, nell'analizzare la sussistenza del nesso di causalità, ha chiaramente evidenziato che la rottura della griglia di protezione non sarebbe avvenuta ove preliminarmente non fosse stata operata la modifica per renderla aprirle, come emerso dalle testimonianze, oltre che degli operai, del tecnico USL.
Inoltre, ove la griglia non fosse stata rimossa, il C.A. nello scendere dal mezzo avrebbe poggiato il piede proprio sulla griglia.
La sentenza impugnata opera un buon governo della giurisprudenza consolidata di questa Corte di legittimità secondo cui la concorrente responsabilità del datore di lavoro non vale ad escludere la responsabilità del costruttore e del progettista di macchinari che risultino ab origine difettosi o mancanti di misure di protezione a norma sin dal momento della commercializzazione.
Questa Corte di legittimità ha da tempo chiarito che, qualora un infortunio sia dipeso dalla utilizzazione di macchine od impianti non conformi alle norme antinfortunistiche, la responsabilità dell'imprenditore che li ha messi in funzione senza ovviare alla non rispondenza alla normativa suddetta non fa venir meno la responsabilità di chi ha costruito, installato, venduto o ceduto gli impianti o i macchinari stessi (così Sez. Un. n. 1003 del 23/11/1990 dep. 1991, Tescaro, Rv. 186372; conf. Sez. 4, n. 2494 del 3/12/2009 dep. 2010, Castelletti, Rv. 246162). E costituisce ius receptum anche il principio che, in tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l'evento dannoso sia provocato dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro, sul quale grava l'obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare tale macchina e di adottare nell'impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori; a detta regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l'accertamento di un elemento di pericolo sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio di progettazione, che non consentano di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza (così Sez. 4 , n. 1184 del 3/10/2018 dep. 2019, Motta Pelli s.r.l., Rv. 275114 in una fattispecie relativa a macchinario privo di "carter" di protezione, in cui la Corte ha ritenuto che il pericolo era evidentemente riconoscibile con l'ordinaria diligenza, dovendo gli organi in movimento dei macchinari essere sempre segregati per evitare contatti pericolosi con la persona del lavoratore; conf. Sez. 4, n. 26247 del 30/05/2013, Magrini, Rv. 256948 che, in applicazione del principio, ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro, in ordine al reato di cui all'art. 590, comma terzo, cod. pen., per avere messo a disposizione del lavoratore un macchinario, specificamente una pressa, privo dei necessari presidi di sicurezza, in conseguenza della non attenta verifica dei requisiti di legge e della mancata valutazione in progress delle carenze del predetto macchinario, anche attraverso una adeguata azione di manutenzione, nella specie effettuata senza carattere di sistematicità; Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014, Enne ed altro, Rv. 259229).
La responsabilità del costruttore, nell'ipotesi in cui l'evento dannoso sia stato provocato dall'inosservanza delle cautele antinfortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, in altri termini, non vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro utilizzatore della macchina, giacché questi è obbligato ad eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti chiamati ad avvalersi della macchina. A tale regola, fondante la concorrente responsabilità del datore di lavoro, si fa eccezione nella sola ipotesi in cui l'accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza, per esempio, allorquando il vizio riguardi una parte non visibile e non raggiungibile della macchina (Sez. 4, n. 1216 del 26/10/2005 dep. 2006, Mollo, Rv. 233174-5).
Per contro, il costruttore non risponde per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili alla costruzione di una macchina che risulti priva dei necessari dispositivi o requisiti di sicurezza (obbligo su di lui incombente per il disposto dell'articolo 7 d.P.R. 27 aprile 1955 n. 547), se l'utilizzatore abbia compiuto sulla macchina trasformazioni di natura ed entità tale da poter essere considerate causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento (per esempio, nel caso di una totale trasformazione strutturale della macchina). Il che, tuttavia, come più volte detto, non è provato nel caso che ci occupa, ove, invece, una pluralità di inizi depone perché la modifica sia stata operata prima del noleggio del macchinario.
6. Infondati appaiono il secondo e il terzo motivo di ricorso.
La Corte distrettuale ha ampiamente motivato sull'impossibilità di considerare valida la tesi difensiva di attribuzione della qualifica di preposto di fatto al F..
Il giudice del gravame del merito evidenzia come, quanto alla presunta delega di fatto di cui, a dire dell'imputato, sarebbe stato investito F. Stefan F., in atti non vi e alcun elemento significativo che depone in tal senso. Anzi sulla base delle dichiarazioni rese in dibattimento è risultato che tanto F. quanto C.A. erano due operai privi di formazione che svolgevano un lavoro diretto, quanto alle modalità operative, proprio da M. M. che, a tal fine, era solito, come dallo stesso ammesso, recarsi personalmente in cantiere.
Anche a voler ritenere che il F. fosse tra i due un operaio più esperto, è di palmare evidenza che era privo della possibilità di incidere nella fase preparatoria ed organizzativa del lavoro mettendo a disposizione macchinari e attrezzature idonee assicurandosi che gli operai ricevessero un'adeguata formazione al loro uso. Queste sono, infatti, le condotte contestate al ricorrente che, al di là di una generica contestazione, non ha fornito la prova di aver adempiuto all'obbligo di formazione dei propri dipendenti.
La sentenza impugnata ha fatto buon governo dei principi regolatori, stabiliti da questa Corte, in tema di delega in materia di sicurezza. 
Questa Corte di legittimità ha costantemente evidenziato come in materia di violazione della normativa antinfortunistica, gli obblighi di cui è titolare il datore di lavoro ben possono essere trasferiti ad altri sulla base di una delega, purché espressa, inequivoca e certa (Sez. 4, n. 8604/2008, Rv. 238970; Sez. 4, n. 12800/2007, Rv. 236196; Sez. 4, n. 9343/2000, Rv. 216727).
Ciò, tuttavia, a condizione che il relativo atto di delega, ex art. 16 d.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, riguardi un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa (vedasi Sez. 4, n. 4350 del 16/12/2015 dep.il 2016, Raccuglia, Rv. 265947).
Tuttavia deve essere chiaro che la delega di funzioni - ora disciplinata precipuamente dall'art. 16 d.lgs. 81/08 non esclude l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite.
Va anche precisato che tale delega, tuttavia, laddove rilasciata a soggetto privo di una particolare competenza in materia antinfortunistica e non accompagnata dalla dotazione del medesimo di mezzi finanziari idonei a consentirgli di fare fronte in piena autonomia alle esigenze di prevenzione degli infortuni, non è sufficiente a sollevare il datore di lavoro dai propri obblighi in materia e a liberarlo dalla responsabilità per l'infortunio conseguito alla mancata predisposizione dei necessari presidi di sicurezza (cfr. Sez. 4, n. 7709/2007, Rv. 238526; Sez. 4, n. 38425/2006, Rv. 235184).
In particolare, in ipotesi di delega di funzioni spettanti al datore di lavoro, è necessario verificare in concreto che il delegato abbia effettivi poteri di decisione e di spesa in ordine alla messa in sicurezza dell'ambiente di lavoro, indipendentemente dal contenuto formale della nomina (Sez. 4, n. 47136/2007, Rv. 238350).
Tuttavia, questo deve essere chiaro, anche la nomina di un preposto, con specifica delega, non manda esente da responsabilità ex se il datore di lavoro.
E' stato, infatti, chiarito, che, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, non adempie agli obblighi derivanti dalle norme di sicurezza l'imprenditore che, dopo l'avvenuta scelta della persona preposta al cantiere o incaricata dell'uso degli strumenti di lavoro, non controlla o - se privo di cognizioni tecniche - non fa controllare la rispondenza dei mezzi usati o delle attrezzature ai dettami delle norme antinfortunistiche. In tal caso, infatti, la presenza e la eventuale colpa del preposto non eliminano la responsabilità dell'imprenditore potendosi ritenere che l'infortunio non sarebbe occorso se il datore di lavoro avesse controllato e fatto controllare le attrezzature, le macchine e predisposto i mezzi idonei a dotarle dei requisiti di sicurezza mancanti, conferendo al preposto - come suo "alter ego” - non solo la generica delega a sorvegliare lo svolgimento del lavoro in cantiere ma anche dotandolo dei poteri di autonoma iniziativa - anche eventualmente di spesa - di modifica delle condizioni di lavoro, delle fasi e dei tempi del processo lavorativo - per l'adeguamento e l'uso, in condizioni di sicurezza, dei mezzi forniti (ancora attuale, sul punto, è il pur risalente precedente costituito da sez. 4, n. 523 del 26/11/1996, Rv. 206644).
In definitiva, va riaffermato il principio che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro quale responsabile della sicurezza gravato non solo dell'obbligo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente la loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro" (vedasi anche questa Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014 dep. 2015, Ottino, Rv. 263200). E che, qualora sussista la possibilità di ricorrere a plurime misure di prevenzione di eventi dannosi, il datore di lavoro è tenuto ad adottare il sistema antinfortunistico sul cui utilizzo incida meno la scelta discrezionale del lavoratore, al fine di garantire il maggior livello di sicurezza possibile Sez. 4, n. 4325 del 27/10/2015 dep. 2016, Zappalà ed altro, Rv. 265942).
Ciò in quanto, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione (così questa Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, Pezzo, Rv. 253850 in una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto la responsabilità del datore di lavoro per il reato di lesioni colpose nonostante fosse stata dedotta l'esistenza di un preposto di fatto).
Si riscontrano, ad esempio, con frequenza, casi di operai che intervengono abitualmente sui macchinari effettuando una manutenzione "fai da te", che riduce i presidi di sicurezza.
Questa prassi, che peraltro potrebbe essere sintomatica non di mera omissione della sorveglianza da parte del datore di lavoro, bensì dell'avallo di siffatto modus operandi in funzione di una maggiore efficienza produttiva e soprattutto di un risparmio di spesa, difficilmente esonera datore di lavoro e preposto da una responsabilità in concorso. 
7. Sul quarto motivo di ricorso - anch'esso infondato- va osservato che l'impugnata sentenza ha correttamente escluso l'incidenza del comportamento del lavoratore sull'esclusione del nesso causale tra la condotta contestata al datore di lavoro e fornitore del macchinario e il sinistro verificatosi.
Se anche può ravvisarsi una condotta imprudente da parte del lavoratore nello scendere dal mezzo, dal quale era stata completamente eliminata la griglia a seguito della sua rottura, certamente lo stesso comportamento non può essere considerato abnorme rispetto alle mansioni affidategli e alle modalità di espletamento delle stesse all'interno del cantiere.
Le stesse modalità lavorative appaiono tra l'altro gravemente improntate all'improvvisazione degli stessi operai addetti senza alcuna formazione in tema di sicurezza ed utilizzo dei macchinari.
Pertanto, la possibilità del verificarsi dell'Incidente, che poi si è realizzato, appare purtroppo addirittura prevedibile.
In altri termini, come rileva la sentenza impugnata, nel caso in esame, seppure il comportamento del lavoratore infortunato possa essere stato imprudente, esso comunque non rientra nel concetto di abnormità ed eccezionalità in considerazione delle mansioni a cui egli era stato preposto proprio dall'imputato. Inoltre l'aver consentito che C.A. usasse una macchinario per il quale era sprovvisto di abilitazione, la mancanza di qualsivoglia formazione e informazione, nonché l'accertata modifica del mezzo caratterizzano il comportamento del M. la cui condotta deve essere considerata la principale causa dell'incidente. L'aver consentito l'utilizzo di un macchinario modificato come sopra specificato e l'aver omesso i comportamenti doverosi in materia di sicurezza e prevenzione degli infortuni rendono per i giudici del merito l'odierno ricorrente M. responsabile del reato contestato indipendentemente dal comportamento in concreto tenuto dal lavoratore.
La sentenza impugnata, in tal senso, si colloca nell'alveo della consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (vedasi sul punto Sez. 4, n. 7188 del 10/1/2018, Bozzi, Rv. 272222). 
Costante giurisprudenza di questa Corte ha affermato il principio che, in tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all'incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori l'osservanza delle regole di cautela, sicché la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e, comunque, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile (cosi, ex multis, Sez. 4 n. 37986 del 27/6/2012, Battafarano, Rv. 254365, che, in applicazione del principio di cui in massima ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilità - in ordine al reato di cui all'art. 590, comma terzo, cod. pen. - dell'imputato, legale rappresentante di una s.a.s., per non avere adeguatamente informato il lavoratore, il quale aveva ingerito del detersivo contenuto in una bottiglia non contrassegnata, ritenendo trattarsi di acqua minerale; conf. Sez. 4, n. 3787 del 17/10/2014 dep. il 2015, Bonelli Rv. 261946 in un caso in cui la Corte ha ritenuto non abnorme il comportamento del lavoratore che, per l'esecuzione di lavori di verniciatura, aveva impiegato una scala doppia invece di approntare un trabattello pur esistente in cantiere).
Inoltre, è altrettanto pacifico che non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre comunque all'insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente (così questa Sez. 4, n. 7364 del 14/1/2014, Scarselli, Rv. 259321 relativamente ad una fattispecie relativa alle lesioni "da caduta" riportate da un lavoratore nel corso di lavorazioni in alta quota, in relazione alla quale la Corte ha ritenuto configurabile la responsabilità del datore di lavoro che non aveva predisposto un'idonea impalcatura - "trabattello" - nonostante il lavoratore avesse concorso all'evento, non facendo uso dei tiranti di sicurezza).
Non è configurabile, in altri termini, la responsabilità ovvero la corresponsabilità del lavoratore per l'infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli (Sez. 4, n. 22813 del 21/4/2015, Palazzolo, Rv. 263497). Ciò perché il datore di lavoro quale responsabile della sicurezza gravato non solo dell'obbligo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente la loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro" (vedasi anche questa Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014 dep. 2015, Ottino, Rv. 263200). E, qualora sussista la possibilità di ricorrere a plurime misure di prevenzione di eventi dannosi, il datore di lavoro è tenuto ad adottare il sistema antinfortunistico sul cui utilizzo incida meno la scelta discrezionale del lavoratore, al fine di garantire il maggior livello di sicurezza possibile Sez. 4, n. 4325 del 27/10/2015 dep. 2016, Zappalà ed altro, Rv. 265942).
Di rilievo, in tal senso, è anche il recente dictum di Sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018 dep. 2019, Musso, Rv. 275017 che ribadisce che la condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore, idonea ad escludere il nesso causale, non è solo quella che esorbita dalle mansioni affidate al lavoratore, ma anche quella che, nell'ambito delle stesse, attiva un rischio eccentrico od esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (in quel caso la Corte di legittimità ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la responsabilità del datore di lavoro per le lesioni riportate da un lavoratore che, per sbloccare una leva necessaria al funzionamento di una macchina utensile, aveva introdotto una mano all'interno della macchina stessa anziché utilizzare l'apposito palanchino di cui era stato dotato).
Ribadendo il concetto di "rischio eccentrico" altra recente pronuncia (Sez. 4 n. 27871 del 20/3/2019, Simeone, Rv. 276242) ha puntualizzato che, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (si trattava di un caso di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro in quanto la mancata attuazione delle prescrizioni contenute nel POS e la mancata informazione del lavoratore avevano determinato l'assenza delle cautele volte a governare anche il rischio di imprudente esecuzione dei compiti assegnati al lavoratore infortunato).
8. In ultimo, va rilevata l'infondatezza delle ulteriori doglianze. 
In punto di dosimetria della pena l'onere di motivazione è stato pienamente assolto laddove si dà atto, nella sentenza impugnata, che la pena irrogata si discosta sensibilmente dal minimo edittale in considerazione della gravità del danno fisico permanente riportato dal C.A., anche alla luce del comportamento processuale del M. che ha tentato di addossare al F. le proprie responsabilità.
La pena, per la Corte territoriale è "adeguata e proporzionata al fatto e al comportamento assunto dall'imputato", anche in relazione al diniego delle attenuanti generiche.
La sentenza impugnata pone l'accento sulla mancanza di assoluta resipiscenza da parte dell'imputato il quale nello stesso atto d'appello afferma di non riconoscersi responsabile dell'accaduto come se non fosse ancora consapevole dei doveri che, come datore di lavoro e noleggiatore del macchinario sul quale era avvenuto l'incidente, gli incombevano come cioè se aver fornito un mezzo privato degli strumenti di protezione e l'aver omesso qualsiasi formazione ai lavoratori che lo manovravano senza essere in possesso del relativo patentino non fosse per lui causa di responsabilità.
Condivisibile è il rilievo operato dalla Corte territoriale secondo cui nessun rilevo possono assumere, ai fini della disposta provvisionale, le difficoltà finanziarie di M., argomento che viene reiterato in questa sede.
In ogni caso, va evidenziato sul punto che in relazione alla provvisionale, la doglianza proposta si palesa inammissibile atteso che secondo il costante orientamento di questa Corte di legittimità la determinazione della provvisionale, in sede penale, ha carattere meramente delibativo e può farsi in base a giudizio presuntivo, derivandone che detta valutazione è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito che non è tenuto a dare una motivazione specifica sul punto e conseguendone che il relativo provvedimento non è impugnabile per cassazione in quanto, per sua natura pronuncia provvisoria ed insuscettibile di passare in giudicato, destinata ad essere travolta dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento del danno (così Sez. Un. n. 2246 del 19/12/1990 dep. 1991, Capelli, Rv. 186722; conf. Sez. 5, n. 40410 del 18/3/2004, Farina ed altri, Rv. 230105; Sez. 5, n. 5001 del 17/1/2007, Mearini ed altro, Rv. 236068; Sez. 4, n. 34791 del 23/6/2010, Mazzamurro, Rv. 248348; Sez. 5, n. 32899 del 25/5/2011, Mapelli e altri, Rv. 250934; Sez. 2, n. 49016 del 6/11/2014, Patricola ed altri, Rv. 261054; Sez. 3, n. 18663 del 27/1/2015, D.G., Rv. 263486; Sez. 6, n. 50746 del 14/10/2014, P.C. e G., Rv. 261536).
Il ricorrente, dunque, non può dolersi né del difetto di motivazione e nemmeno potrebbe di un'eventuale abnormità, poiché dispone di ogni possibilità di difesa nella sede civile di liquidazione definitiva del danno.
9. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché alla rifusione delle spese di assistenza e rappresentanza sostenute dalla parte civile C.A., liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2020

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Coronavirus: risposte alle domande più frequenti di aziende e lavoratori

ID 10310 | | Visite: 5765 | News Sicurezza

ATS Bergamo

Coronavirus: risposte alle domande più frequenti di aziende e lavoratori

ID 10310 | 05.03.2020

Nel documento vengono riportati i quesiti più frequenti sottoposti ad ATS tramite le associazioni datoriali operanti in provincia di Bergamo

Sono tante le domande legate al Coronavirus: la situazione di incertezza che si è generata dal momento della diffusione del Covid-19 nel nostro Paese ha interessato in particolare aziende e lavoratori che negli ultimi giorni, tramite le associazioni datoriali operanti in provincia di Bergamo, stanno sottoponendo diversi quesiti all’ATS.

Ecco i più frequenti:

1. Riscontro di un caso di covid-19 in un lavoratore: cosa succede?

Ad ogni segnalazione di caso accertato, il Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria dell’ATS di Bergamo procede all’indagine epidemiologica, in base ai regolamenti internazionali di controllo delle malattie infettive, al fine di:

-individuare la possibile fonte di esposizione.
- identificare i contatti stretti.

Qualora il caso accertato risulti occupato presso un’azienda Bergamasca, il personale sanitario di ATS, contatta l’azienda in cui il lavoratore risulta occupato, richiede il nominativo del medico competente per avere la corretta collaborazione nell’identificare i contatti lavorativi da includere nella sorveglianza. In assenza del medico competente (casi in cui la sorveglianza sanitaria non è obbligatoria), si chiede la collaborazione del datore di lavoro o di personale da lui individuato.

I lavoratori che sono riconducibili alla definizione di contatto stretto sono inclusi in uno specifico percorso di sorveglianza sanitaria da parte dell’ATS che comprende l’isolamento domiciliare (14 giorni dall’ultimo contatto avvenuto).

L’ATS fornisce al medico competente le notizie utili per garantire una corretta informazione da diffondere ai lavoratori non identificati come contatti stretti.

Potrebbero ritenersi necessari interventi di informazione/formazione. Si ritiene utile informare i lavoratori che non rientrano della definizione di contatto stretto, sulle misure di prevenzione da adottare, diffondendo il decalogo ministeriale.

Sorveglianza Sanitaria del medico competente: non è richiesta una sorveglianza sanitaria aggiuntiva per i lavoratori che non rientrano nella definizione di contatto stretto, in quanto il paziente ammalato è seguito presso strutture sanitarie mentre i contatti stretti sono sorvegliati dall’ATS. È comunque essenziale la collaborazione del medico competente per definire eventuali misure di prevenzione aggiuntive e specifiche procedure da adottare in azienda in base alla tipologia di attività svolta. (es.: deroghe per trasporto di merci in zona rossa).

Pulizia straordinaria degli ambienti di lavoro. Qualora un caso di covid-19 sintomatico abbia soggiornato nei locali dell’azienda, si applicano le indicazioni Ministeriali contenute nella Circolare del Ministero della Salute 0005443 del 22.02.2020.

Per i locali non frequentati dal lavoratore infetto, è sufficiente procedere alle pulizie ordinarie degli ambienti con i comuni detergenti avendo cura di pulire con particolare attenzione tutte le superfici toccate di frequente, quali superfici di muri, porte e finestre, superfici dei servizi igienici.

È importante avvertire le eventuali imprese appaltatrici incaricate di svolgere la pulizia dei locali, affinché il datore di lavoro di queste ultime adotti tutte le cautele necessarie.

In attuazione di quanto previsto dall’art. 26 D. Lgs. 81/2008.

Nota Bene: si chiede al datore di lavoro di segnalare all’ATS eventuali casi di lavoratori Bergamaschi ammalati di SARS-CoV-2 durante trasferte in Italia o all’estero, per i quali sia stata effettuata diagnosi entro 14 giorni dalla partenza dall’Italia.

2. Caso di un lavoratore sintomatico che ha avuto contatti stretti con Covid-19. cosa deve fare il datore di lavoro?

Il lavoratore che ha avuto contatti stretti con persone ammalate di SARS-CoV-2, solitamente è già noto all’ATS ed è posto in isolamento domiciliare.

Potrebbe però rilevarsi la presenza di un caso sospetto, come ad esempio:

Lavoratore con infezione respiratoria acuta (insorgenza improvvisa di almeno uno dei seguenti sintomi: febbre, tosse, dispnea) e per il quale si hanno notizie certe, nei 14 giorni precedenti l’insorgenza della sintomatologia, di viaggi in Cina o di permanenza in uno dei comuni identificati nella “zona rossa”.

Lavoratore che ha frequentato personalmente una struttura sanitaria dove sono stati ricoverati pazienti con infezione da SARS-CoV-2.

In tal caso il Datore di Lavoro invita il lavoratore a stare a casa e a contattare telefonicamente il proprio medico di Medicina Generale che provvederà ad inoltrare la segnalazione ad ATS secondo i protocolli normativi stabiliti. In caso il lavoratore dovesse risultare positivo saranno applicate da ATS tutte le procedure già indicate al punto 1.

3. Il lavoratore che deve stare a casa in isolamento, deve prendere aspettativa/ferie o malattia?

Il lavoratore posto in isolamento domiciliare contatterà il proprio medico curante per il rilascio del certificato medico riportante la diagnosi prevista (quarantena obbligatoria o volontaria, isolamento volontario, sorveglianza attiva, etc.). Il medico provvederà ad inviare tale certificato solo all’INPS.

4. Caso di un lavoratore non sintomatico che ha avuto contatti stretti con un caso di Covid-19. cosa deve fare il datore di lavoro?

Il lavoratore che ha avuto contatti stretti con persone ammalate di SARS-CoV-2, solitamente è già noto all’ATS ed è posto in isolamento domiciliare. Non sono previste particolari misure di tutela per gli altri soggetti che hanno soggiornato e condiviso spazi comuni con soggetti asintomatici.

5. Caso di un lavoratore con sintomatologia potenzialmente riconducibile, almeno per similitudine, ad un contagio da Covid-19 e senza correlazione con zone a rischio epidemiologico. il datore di lavoro cosa deve fare?

Il Datore di lavoro invita il lavoratore a stare a casa e a contattare telefonicamente il proprio medico di Medicina Generale che provvederà, se del caso, ad inoltrare la segnalazione ad ATS secondo i protocolli stabiliti.

6. Cosa deve fare il lavoratore intervenuto in zona rossa per motivi di lavoro, prima della classificazione adottata con specifica ordinanza?

In base al DPCM 23.02.2020, gli individui che a partire dal 01/02/2020 sono transitati ed hanno sostato in uno dei comuni della “zona rossa” sono obbligati a comunicare tale circostanza al Dipartimento di Prevenzione dell’ATS di residenza. Quindi secondo il decreto sarebbe il lavoratore ad avere l’obbligo di comunicazione.

Al fine di semplificare ed agevolare tali comunicazioni, il Datore di lavoro, con il consenso del lavoratore, si fa carico di comunicare direttamente al Dipartimento di igiene e Prevenzione Sanitaria dell’ATS di competenza, da individuare in base alla residenza del lavoratore, i seguenti sosta in uno dei comuni della zona rossa. Non dovranno essere segnalati ad ATS i lavoratori che hanno effettuato solo il transito senza sosta nei comuni individuati come zona rossa.

7. In caso di un lavoratore (terzista) residente in zona rossa, intervenuto in appalto presso un’azienda bergamasca prima della classificazione adottata con ordinanza?

Non è prevista alcuna segnalazione e non sono previsti provvedimenti specifici da adottare.

8. Lavoratore che interviene in zona rossa per motivi di lavoro, dopo la classificazione con specifica ordinanza, per interventi autorizzati dal prefetto. cosa deve fare il datore di lavoro prima dell’intervento in zona rossa e dopo? quando è necessario intervenire con mascherine e altri DPI?

Prima di effettuare l’intervento autorizzato in zona rossa [Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione d’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova Dei Passerini e Vò Euganeo], il datore di lavoro, in collaborazione con RSPP e Medico Competente, analizza attentamente le attività da svolgere in zona rossa individuando quali possono essere le eventuali situazioni di “contatto” tra i propri Lavoratori ed il personale residente nelle aree a rischio (valutazione del rischio). Questa analisi consentirà di individuare modalità organizzative atte a minimizzare il contatto interumano ravvicinato con le persone del luogo, di definire le istruzioni operative adeguate da impartire ai lavoratori stabilendo inoltre la fornitura di idonei dispositivi di protezione individuale.

9. Quando è necessario l’acquisto e messa a disposizione di protezioni per le vie respiratorie, per lo specifico problema del covid-19 e quale tipo di mascherine è eventualmente necessario fornire ai lavoratori?

Come indicato nella circolare 0005443-22/02/2020, le mascherine FFP24 o FFP35, sono previste per:

- personale sanitario in contatto con un caso sospetto o confermato di COVID-19 deve indossare DPI adeguati, consistenti in filtranti respiratori FFP2 (utilizzare sempre FFP3 per le procedure che generano aerosol);
- personale addetto alle operazioni di pulizia di ambienti dove abbiano soggiornato casi confermati di COVID-19 prima di essere stati ospedalizzati.

Al di fuori di questi casi, non è previsto l’utilizzo di tali DPI, a meno che i rischi specifici legati all’attività svolta non lo prevedano già (necessità di protezione da polveri, fumo e aerosol solidi e liquidi tossici e dannosi per la salute). La mascherina del tipo “chirurgico” può invece essere utilizzata da soggetti che presentano sintomi quali tosse o starnuti per prevenire la diffusione di goccioline di saliva.

10. In tutti i casi di passaggio di lavoratori, per motivi di lavoro, in zone classificate rosse, a chi va inviata la comunicazione? con che contenuto?

In caso di solo transito, senza sosta nella zona rossa, non è prevista alcuna comunicazione.

11. Mense aziendali: esistono ad oggi limiti/divieti/precauzioni da porre in essere?

È utile evitare l’affollamento attraverso un’idonea organizzazione dei turni per accedere alla mensa o una diversa ripartizione/assegnazione degli spazi e applicando in modo puntuale le regole d’igiene elencate dal Ministero della Salute (decalogo) garantendo in particolar modo un adeguato distanziamento tra le persone.

12. Spogliatoi aziendali: esistono ad oggi limiti/divieti/precauzioni da porre in essere?

Vale quanto già indicato per le mense. Evitare l’affollamento e seguire il decalogo del Ministero della Salute.

13. Quali sono le attività aziendali che rientrano nelle definizioni di cui ai punti c) e d) dell’ordinanza della regione Lombardia 23-02.2020? in particolare, quali tipi di riunioni in luogo privato devono ritenersi sospese fino al 1° marzo (salvo proroga)? e per i corsi di formazione aziendali?

L’obiettivo dell’ordinanza che regola le prescrizioni per il contenimento del Coronavirus nelle aree regionali classificate come gialle (ovvero valide su tutto il territorio regionale ad eccezione della zona cosiddetta rossa) è quello di limitare le situazioni di affollamento di più persone in un unico luogo. L’amministrazione sulla base delle valutazioni di ogni specifica situazione può dettagliare ulteriormente l’ordinanza in coerenza con l’obiettivo della stessa. Qualora non sia rinviabile la riunione e nell’impossibilità di operare con modalità a distanza, è possibile svolgere incontri aziendali anche con partecipanti esterni all’azienda e attività di formazione aziendali a patto che vengano osservate scrupolosamente le indicazioni fornite dal decalogo del Ministero della salute garantendo in particolar modo un adeguato distanziamento tra le persone e un adeguato ricambio di aria negli ambienti ove si effettuano le riunioni.

14. Quali sono le misure di prevenzione che è opportuno che i datori di lavoro adottino al fine di fornire un sostegno alla soluzione di un problema di salute pubblica?

Garantire una adeguata informazione, diffondendo le 10 regole indicate dal ministero e fornendo informazioni corrette con specifico riferimento a fonti attendibili ed in collaborazione con il medico competente.

Garantire un’adeguata pulizia dei locali.

Favorire la scrupolosa e frequente pulizia delle mani mettendo a disposizione detergenti e tutto l’occorrente necessario per garantire tale buona pratica.

Evitare situazioni di affollamento ovvero permanenza di più persone in spazi chiusi ove non sia possibile garantire una adeguata distanza tra le persone evitando situazioni “faccia a faccia”.

Garantire una corretta informazione/formazione in particolare nei riguardi dei lavoratori in trasferta o distacco presso unità produttive con sede in comuni della zona rossa, in Cina o in aree geografiche comunque ritenute “a rischio”.

15. Nel caso di attivazione del lavoro agile o telelavoro, sarebbe utile che i servizi SPSAL dell’ATS di Bergamo forniscano, vista l’urgenza, una informativa standard e una specifica procedura integrativa al DVR da adottare prontamente da parte delle aziende.

Si riporta quanto previsto dal DPCM 25/02/2020:

- la modalità di lavoro agile disciplinato dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017 n. 81 è applicabile in via provvisoria, fino al 15 marzo 2020, per i datori di lavoro aventi sede legale o operativa nelle Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria, e per i lavoratori ivi residenti o domiciliari che svolgano attività lavorativa fuori da tali territori, a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti. Gli obblighi di informativa di cui all’art. 22 della legge 22 maggio 2017 n. 81 sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibili sul sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro;
- l’art. 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 febbraio 2020 è soppresso.

16. Il datore di lavoro deve necessariamente aggiornare la valutazione dei rischi in seguito alla diffusione del Covid-19?

Il Datore di Lavoro deve fornire informazioni ai lavoratori, anche mediante redazione di informative (o utilizzando opuscoli a disposizione, come quello redatto dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità, che indica i 10 comportamenti da adottare per prevenire la diffusione del virus) e adottare precauzioni utili a prevenire l’affollamento e/o situazioni di potenziale contagio, quali quelle già suggerite nelle “Buone pratiche” approvate da ATS. Il documento di valutazione dei rischi dovrà essere aggiornato solo per i rischi specifici connessi alla peculiarità dello svolgimento dell’attività lavorativa, ovvero laddove vi sia un pericolo di contagio da COVID-19 aggiuntivo e differente da quello della popolazione in generale. Diversamente risulta fondamentale adottare le precauzioni già note e diffuse dal ministero della Salute, declinandole alla specificità dei luoghi e delle attività lavorative.

17. Quale è il ruolo del medico competente e come deve essere condotta la sorveglianza sanitaria in merito alla diffusione del Covid-19?

Oltre a rendersi disponibile per informare i lavoratori sull’emergenza epidemiologica da COVID-19 e sulle precauzioni da adottare, è importante ai fini generali della prevenzione una massima collaborazione tra il Datore di Lavoro ed il Medico Competente, con particolare riguardo ai lavoratori che svolgono o possono svolgere trasferte per motivi di lavoro in territorio Nazionale ed Internazionale, in Paesi o situazioni di volta in volta classificate a rischio dalle autorità competenti.

18. La normale collaborazione e interferenza tra lavoratori di imprese differenti (area cantiere e non) può proseguire normalmente, secondo le solite prescrizioni del d.lgs. 81/08 e seguendo le indicazioni e i suggerimenti del decalogo diffuso dal ministero della salute, o devono esserci misure di prevenzione particolari e aggiuntive/integrative?

Le attività possono proseguire nel rispetto della normativa vigente e delle indicazioni del Ministero della Salute. Non sono previste misure aggiuntive.

19. Se nei prossimi giorni fossero previste le visite mediche periodiche del personale dipendente (sia presso l’azienda che presso lo studio medico) è consigliabile/possibile posticiparle, previo parere del m.c.?

La sorveglianza sanitaria può continuare rispettando le indicazioni del decalogo del Ministero della salute e di semplici accortezze per evitare situazioni di affollamento in sala d’attesa. A tale scopo ATS di Bergamo e il Presidente dell’Ordine dei Medici, in accordo con l’associazione Medici Competenti della Provincia di Bergamo ha emanato indicazioni specifiche ai Medici competenti e alle aziende.

Fonti
ATS Bergamo

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Regolamento delegato (UE) 2020/473

ID 10488 | | Visite: 2352 | Legislazione Sicurezza UE

Regolamento delegato UE 2020 473

Regolamento delegato (UE) 2020/473

Regolamento delegato (UE) 2020/473 della Commissione del 20 gennaio 2020 che integra la direttiva (UE) 2017/2397 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme applicabili alle banche dati per i certificati di qualifica dell’Unione, i libretti di navigazione e i giornali di bordo

GU L 100/1 del 04.01.2020

Entrata in vigore: 01.04.2020

________

Articolo 1 Oggetto

Il presente regolamento stabilisce le norme che definiscono le caratteristiche e le condizioni d’uso delle banche dati per i certificati di qualifica dell’Unione, i libretti di navigazione e i giornali di bordo rilasciati in conformità alla direttiva (UE) 2017/2397 e per i documenti riconosciuti in conformità all’articolo 10, paragrafi 2 e 3, della medesima direttiva.

Articolo 2 Definizioni

Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

a) «banca dati dell’Unione»: la banca dati fornita dalla Commissione a norma dell’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2017/2397 per la registrazione e lo scambio dei dati relativi ai certificati di qualifica e ai libretti di navigazione, di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2017/2397, e ai certificati di qualifica e ai libretti di navigazione riconosciuti a norma dell’articolo 10, paragrafo 3, della medesima direttiva;

b) «banca dati europea degli scafi»: la banca dati fornita dalla Commissione a norma dell’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2017/2397 per la registrazione e lo scambio dei dati relativi ai giornali di bordo di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della medesima direttiva;

c) «registri nazionali»: i registri dei certificati di qualifica dell’Unione, dei libretti di navigazione e dei giornali di bordo nonché, laddove pertinente, dei documenti riconosciuti a norma dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2017/2397, i quali sono istituiti e gestiti dagli Stati membri a norma dell’articolo 25. paragrafo 1, della medesima direttiva;

d) «numero di identificazione del membro di equipaggio» (CID): un numero generato dalla banca dati dell’Unione che identifica un membro di equipaggio registrato in tale banca dati e che è unico per ciascun titolare;

e) «stato “attivo”»: uno stato che indica che i certificati di qualifica e le autorizzazioni specifiche sono validi;

f) «stato “scaduto”»: uno stato che indica che i certificati di qualifica e le autorizzazioni specifiche non sono più validi perché il periodo di validità è terminato oppure perché sono stati sostituiti da nuovi certificati di qualifica o autorizzazioni specifiche in seguito alla necessità di modificare dati amministrativi o all’approssimarsi del termine del periodo di validità;

g) «stato “sospeso”»: uno stato che indica che i certificati di qualifica e le autorizzazioni specifiche non sono più validi a causa di misure adottate dalle autorità competenti in conformità all’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2017/2397;

h) «stato “revocato”»: uno stato che indica che i certificati di qualifica e le autorizzazioni specifiche non sono più validi a causa di misure adottate dalle autorità competenti in conformità all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2017/2397;

i) «stato “smarrito”»: uno stato che indica che i certificati di qualifica e le autorizzazioni specifiche sono stati dichiarati smarriti presso l’autorità competente;

j) «stato “rubato”»: uno stato che indica che i certificati di qualifica e le autorizzazioni specifiche sono stati dichiarati rubati presso l’autorità competente;

k) «stato “distrutto”»: uno stato che indica che i certificati di qualifica e le autorizzazioni specifiche sono stati dichiarati distrutti presso l’autorità competente;

l) «metadati»: dati trattati nella banca dati dell’Unione ai fini della trasmissione o dello scambio di contenuti di comunicazioni elettroniche; comprendono i dati utilizzati per tracciare e identificare l’origine e la destinazione di una comunicazione, i dati relativi all’ubicazione dei contenuti di comunicazioni elettroniche nonché la data, l’ora, la durata e il tipo di comunicazione.

Articolo 3 Informazioni relative ai certificati di qualifica e ai libretti di navigazione

1. La Commissione istituisce la banca dati dell’Unione. Essa la gestisce in conformità ai requisiti di cui all’allegato I. Essa è responsabile del funzionamento tecnico e della manutenzione di tale banca dati. La Commissione adotta tutte le misure necessarie per garantire la riservatezza, l’integrità e la disponibilità della banca dati dell’Unione.

2. Gli Stati membri che rilasciano certificati in conformità alla direttiva (UE) 2017/2397 mettono a disposizione della banca dati dell’Unione, mediante tecnologia machine-to-machine, i registri di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2017/2397 per quanto riguarda i dati di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della medesima direttiva.

3. Fatto salvo il paragrafo 4, ciascuna autorità competente degli Stati membri designata come titolare del trattamento dei dati inclusi nei registri nazionali e la Commissione sono contitolari del trattamento dei dati personali inclusi nella banca dati dell’Unione. Le responsabilità sono ripartite tra i contitolari del trattamento dei dati in conformità all’allegato III.

4. La Commissione è considerata titolare del trattamento dei dati personali necessari a concedere e a gestire i diritti di accesso alla banca dati dell’Unione.

Articolo 4 Informazioni relative al giornale di bordo

1. Gli Stati membri registrano nella banca dati europea degli scafi i dati relativi ai giornali di bordo di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2017/2397.

2. Le condizioni per l’uso della banca dati europea degli scafi allo scopo di registrare i dati relativi ai giornali di bordo in conformità all’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2017/2397 sono stabilite nell’allegato II.

Articolo 5 Entrata in vigore e applicazione

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Esso si applica a decorrere dal 18 gennaio 2022, ad eccezione dell’articolo 3, paragrafi 1 e 4, che si applicano a decorrere dalla data dell’entrata in vigore del presente regolamento.

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ISS | Indicazioni per protezioni per infezione da SARS-COV-2

ID 10383 | | Visite: 5037 | Documenti Sicurezza Enti

ISS 14 03 2020

ISS | Indicazioni per protezioni per infezione da SARS-COV-2 

Aggiornato al 28 marzo 2020

L’Istituto superiore di sanità ha pubblicato un aggiornamento del documento con le indicazioni sull’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale durante l’assistenza ai pazienti. Le indicazioni in esso contenute sono state approvate dal Comitato Tecnico Scientifico attivo presso la Protezione Civile e recepite dal Ministero della Salute.

L’ISS sottolinea che le raccomandazioni fornite sono basate sulle evidenze scientifiche attualmente disponibili a tutela della salute dei lavoratori e dei pazienti e degli orientamenti delle più autorevoli organizzazioni internazionali.

In particolare il documento indica quali sono i dispositivi di protezione (guanti, mascherine, camici o occhiali) nei principali contesti in cui si trovano gli operatori sanitari che entrano in contatto con i pazienti affetti da Covid-19 raccomandando l’uso delle mascherine con filtranti facciali (FFP2 e FFP3) in tutte le occasioni a rischio.

L’ISS sottolinea anche che le indicazioni fornite devono trovare una declinazione a livello locale, tenendo conto anche dei contesti organizzativi ed assistenziali delle specifiche caratteristiche individuali di rischio degli operatori.

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Aggiornato al 14 marzo 2020

Indicazioni ad interim per un utilizzo razionale delle protezioni per infezione da SARS-COV-2 nelle attività sanitarie e sociosanitarie (assistenza a soggetti affetti da COVID-19) nell’attuale scenario emergenziale SARS-COV-2

Le presenti indicazioni sono emanate in attuazione di quanto dispone, sulla base delle ultime evidenze scientifiche, l’art. 34, comma 3, del DL n. 9/2020 (“In relazione all’emergenza di cui al presente decreto, in coerenza con le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e in conformità alle attuali evidenze scientifiche, è consentito fare ricorso alle mascherine chirurgiche, quale dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari).

È documentato che i soggetti maggiormente a rischio d’infezione da SARS-CoV-2 sono coloro che sono stati a contatto stretto con paziente affetto da COVID-19, in primis gli operatori sanitari impegnati in assistenza diretta ai casi, e il personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni biologici di un caso di COVID-19, senza l’impiego e il corretto utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuali (DPI) raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei.

Risulta pertanto di fondamentale importanza che tutti gli operatori sanitari coinvolti in ambito assistenziale siano opportunamente formati e aggiornati in merito ai rischi di esposizione professionale, alle misure di prevenzione e protezione disponibili, nonché alle caratteristiche del quadro clinico di COVID-19.

Le misure generali di prevenzione e mitigazione del rischio sono fattori di protezione “chiave” sia nei contesti sanitari sia di comunità.

Le più efficaci misure di prevenzione da applicare sia nell’ambito comunitario che sanitario, includono:

- praticare frequentemente l’igiene delle mani con acqua e sapone o, se questi non sono disponibili, con soluzioni/gel a base alcolica;
- evitare di toccare gli occhi, il naso e la bocca con le mani;
- tossire o starnutire all’interno del gomito con il braccio piegato o di un fazzoletto, preferibilmente monouso, che poi deve essere immediatamente eliminato;
- indossare la mascherina chirurgica nel caso in cui si abbiano sintomi respiratori ed eseguire l’igiene delle mani dopo avere rimosso ed eliminato la mascherina;
- evitare contatti ravvicinati mantenendo la distanza di almeno un metro dalle altre persone, in particolare con quelle con sintomirespiratori.

Precauzioni aggiuntive sono necessarie per gli operatori sanitari al fine di preservare sé stessi e prevenire la trasmissione del virus in ambito sanitario e sociosanitario. Tali precauzioni includono l’utilizzo corretto dei DPI e adeguata sensibilizzazione e addestramento alle modalità relative al loro uso, alla vestizione, svestizione ed eliminazione, tenendo presente che alla luce delle attuali conoscenze, le principali modalità di trasmissione del SARS-CoV-2 sono attraverso droplet e per contatto, ad eccezione di specifiche procedure a rischio di generare aerosol.

I DPI devono essere considerati come una misura efficace per la protezione dell’operatore sanitario solo se inseriti all’interno di un più ampio insieme di interventi che comprenda controlli amministrativi e procedurali,
ambientali, organizzativi e tecnici nel contesto assistenziale sanitario.

In particolare, nell’attuale scenario epidemiologico COVID-19 e nella prospettiva di una carenza globale di disponibilità di DPI è importante recepire le seguenti raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) relativamente alla necessità di ottimizzare il loro utilizzo, implementando strategie a livello di Paese per garantirne la maggiore disponibilità possibile agli operatori maggiormente esposti al rischio di contagio. Queste includono:

- garantire l’uso appropriato di DPI;
- assicurare la disponibilità di DPI necessaria alla protezione degli operatori e delle persone assistite;
- coordinare la gestione della catena di approvvigionamento dei DPI.

Si raccomanda alle Direzioni regionali, distrettuali e aziendali di organizzare e garantire l’adeguato approvvigionamento dei DPI e di effettuare azioni di sostegno al corretto e appropriato utilizzo dei DPI, anche attraverso attività proattive quali sessioni di formazione e visite/giri per la sicurezza, e avvalendosi delle funzioni competenti (referenti per il rischio infettivo, risk manager, SPP, ecc.). Una serie di attività di formazione a distanza sulla prevenzione e controllo della infezione da SARS-CoV-2 sono disponibili sulla piattaforma EDUISS di formazione dell’Istituto Superiore di Sanità (https://www.eduiss.it/).

Molto importante è fare indossare tempestivamente a tutti i pazienti che presentino sintomi respiratori acuti una mascherina chirurgica, se tollerata. Inoltre, quando le esigenze assistenziali lo consentono, rispettare sempre nelle relazioni col paziente la distanza di almeno un metro.

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Fonte: ISS

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Decreto n. 48 del 24 Marzo 2020 Regione Emilia-Romagna

ID 10460 | | Visite: 4626 | News Sicurezza

Regione ER DVR attivfita  non sospese

Decreto n. 48 del 24 Marzo 2020 Regione Emilia-Romagna

Ulteriore ordinanza ai sensi dell'articolo 32 della Legge 23 dicembre 1978, n. 833 in tema di misure per la gestione dell'emergenza sanitaria legata alla diffusione della sindrome da COVID-19. Disposizioni riguardanti i territori delle province di Piacenza e Rimini. Revoca delle precedenti ordinanze n. 44 e n. 47 - 2020.

Prevista per le attività produttive di beni e spedizione di prodotti in magazzino, non sospese, della Province di Rimini e Piacenza la "...redazione di specifici documenti di valutazione del rischio ai sensi del D.Lgs. n.81/2008 che prevedano misure di prevenzione del contagio..."

VISTA la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, con la quale è stato dichiarato, per sei mesi, lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili;
VISTA l'ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile n. 630 del 3 febbraio 2020, recante "Primi interventi urgenti di Protezione Civile in relazione all'emergenza relativa
al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili";
VISTA l’ordinanza del Ministro della Salute, del 21 febbraio 2020, “Ulteriori misure profilattiche contro la diffusione della malattia infettiva COVID-19”;
VISTO il Decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19”;
VISTO  il Decreto del Capo del Dipartimento della Protezione Civile del 23 febbraio 2020 “Nomina Soggetto Attuatore Regione Emilia- Romagna”, in base al quale il Presidente della medesima Regione è nominato soggetto attuatore ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della già richiamata ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 630/2020, al fine di coordinare le attività poste in essere dalle strutture della Regione Emilia-Romagna competenti nei settori della protezione civile e della sanità, impegnate nella gestione dell’emergenza relativa al rischio sanitario connesso alla diffusione di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili;
VISTA l’ordinanza contingibile e urgente n. 1, “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019”, firmata dal Ministro della salute e dal Presidente della Regione Emilia-Romagna il 23/02/2020;
VISTO il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1 marzo 2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID- 19”;
VISTO il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 marzo 2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale”;
VISTO il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID- 19”;
VISTO il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’9 marzo 2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale.”;
VISTO il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’11 marzo 2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale.”;
VISTA l’Ordinanza del Ministro della Salute del 22 marzo 2020 “Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale.”;
VISTO il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 marzo 2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale.”;

Richiamati i propri decreti:

n. 16 del 24 febbraio 2020 “Chiarimenti applicativi in merito all'Ordinanza contingibile e urgente n. 1 del Ministero della Salute, d'intesa con il Presidente della Regione Emilia-Romagna, recante "Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID- 2019””;
n. 17 del 25 febbraio 2020 “Chiarimenti applicativi in merito all'Ordinanza contingibile e urgente 23 febbraio 2020 n. 1”;
n. 25 del 28 febbraio 2020 “Costituzione Unità di crisi regionale COVID-19” con cui, per garantire una risposta coordinata ed unitaria del sistema regionale all’emergenza sanitaria in atto, è stata formalmente istituita una Unità di crisi che opera in costante contatto con il Comitato operativo nazionale;
n. 29 dell’8 marzo 2020, n. 31 del 9 marzo 2020, n. 32 del 10 marzo 2020, n. 35 del 14 marzo 2020 “ULTERIORE ORDINANZA AI SENSI DELL'ARTICOLO 32 DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1978, N. 833 IN pagina 3 di 12 TEMA DI MISURE PER LA GESTIONE DELL'EMERGENZA SANITARIA LEGATA ALLA DIFFUSIONE DELLA SINDROME DA COVID-19”;
n. 34 del 12 marzo 2020 “ORDINANZA AI SENSI DELL'ARTICOLO 1 PUNTO 5 DEL DPCM 11 MARZO 2020 IN TEMA DI PROGRAMMAZIONE DEL SERVIZIO EROGATO DALLE AZIENDE DEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE IN RIFERIMENTO ALLA GESTIONE DELL'EMERGENZA SANITARIA LEGATA ALLA DIFFUSIONE DELLA SINDROME DA COVID-19”
n. 36 del 15 marzo 2020 “ULTERIORE ORDINANZA AI SENSI DELL'ARTICOLO 32 DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1978, N. 833 IN TEMA DI MISURE PER LA GESTIONE DELL'EMERGENZA SANITARIA LEGATA ALLA DIFFUSIONE DELLA SINDROME DA COVID-19. DISPOSIZIONI RELATIVE AL COMUNE DI MEDICINA”;
n. 39 del 16 marzo 2020 “ULTERIORE ORDINANZA AI SENSI DELL'ARTICOLO 32 DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1978, N. 833 IN TEMA DI MISURE PER LA GESTIONE DELL'EMERGENZA SANITARIA LEGATA ALLA DIFFUSIONE DELLA SINDROME DA COVID-19. MODIFICHE ALLE PROPRIE PRECEDENTI ORDINANZE APPROVATE CON DECRETO N. 34 DEL 12 MARZO 2020 E N. 36 DEL 15 MARZO 2020”;
n. 41 del 18 marzo 2020 “ULTERIORE ORDINANZA AI SENSI DELL'ARTICOLO 32 DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1978, N. 833 IN TEMA DI MISURE PER LA GESTIONE DELL'EMERGENZA SANITARIA LEGATA ALLA DIFFUSIONE DELLA SINDROME DA COVID-19. CONTRASTO ALLE FORME DI ASSEMBRAMENTO DI PERSONE”;
n. 43 del 20 marzo 2020 “ORDINANZA AI SENSI DELL'ARTICOLO 32 DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1978, E DELL'ART. 191 DEL D.LGS. 152/2006 N. 833. DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI A SEGUITO DALL'EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA DA COVID-19”;
n. 44 del 20 marzo 2020 “ULTERIORE ORDINANZA AI SENSI DELL'ARTICOLO 32 DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1978, N. 833 IN TEMA DI MISURE PER LA GESTIONE DELL'EMERGENZA SANITARIA LEGATA ALLA DIFFUSIONE DELLA SINDROME DA COVID-19. DISPOSIZIONI RELATIVE AL TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI RIMINI”;
n. 45 del 21 marzo 2020 “ULTERIORE ORDINANZA AI SENSI DELL'ARTICOLO 32 DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1978, N. 833 IN TEMA DI MISURE PER LA GESTIONE DELL'EMERGENZA SANITARIA LEGATA ALLA DIFFUSIONE DELLA SINDROME DA COVID-19”;
n. 47 del 23 marzo 2020 “ULTERIORE ORDINANZA AI SENSI DELL'ARTICOLO 32 DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1978, N. 833 IN TEMA DI MISURE PER LA GESTIONE DELL'EMERGENZA SANITARIA LEGATA ALLA DIFFUSIONE DELLA SINDROME DA COVID-19”;

Considerato il carattere diffusivo dell'epidemia e del notevole incremento dei casi e dei decessi notificati all’Organizzazione Mondiale della Sanità;

Ritenuto necessario e urgente rafforzare ulteriormente le misure di sorveglianza sanitaria adottate per il periodo di tempo necessario e sufficiente a prevenire, contenere e mitigare la diffusione della malattia infettiva diffusiva COVID-19;

Considerata la situazione di emergenza sanitaria internazionale dichiarata dall’Organizzazione mondiale della sanità;

Preso atto delle disposizioni dettate dal DPCM 22 marzo 2020 nella parte in cui vengono introdotte particolari restrizioni alle attività produttive;

Dato atto che, in ragione della particolare situazione di emergenza della provincia di Rimini legata alla diffusione del contagio, si è provveduto ad adottare la richiamata ordinanza n.44, disponendo l’introduzione di misure maggiormente restrittive rispetto al quadro delle attività ammesse, in particolare in relazione alla sospensione delle attività ed alle misure di prevenzione all’interno dei luoghi di lavoro;

Dato atto altresì che successivamente al 20 marzo la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha adottato il richiamato decreto del 22 marzo con cui ha ulteriormente inasprito le misure per il contenimento del contagio e in riferimento alla Provincia di Piacenza è stata adottata la richiamata ordinanza n. 47 che ha previsto misure analoghe a quelle stabilite per Rimini anche per il territorio piacentino;

Ritenuto opportuno provvedere a adottare una nuova ordinanza regionale che consolidi il quadro delle misure di contrasto della diffusione dell’epidemia del COVID-19 adottate sui territori delle province di Rimini e Piacenza uniformando le misure alla luce del mutato contesto generale nazionale e regionale;

Dato atto che, conseguentemente, l’ordinanza in oggetto sostituisce le precedenti ordinanze del Presidente della Regione Emilia-Romagna n.44 del 20 marzo 2020 e n. 47 del 23 marzo 2020 che si intendono revocate a partire dall’efficacia della presente ordinanza;

Visto l’articolo 117, comma 1, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, in base al quale le regioni sono abilitate ad adottare provvedimenti d’urgenza in materia sanitaria;

Visto l’articolo 32 della Legge 23 dicembre 1978, n. 833, che disciplina poteri e funzioni in materia di igiene e sanità pubblica del Presidente della Giunta regionale e in forza del quale il Presidente medesimo è considerato autorità sanitaria regionale;

Visto l’art. 5 comma 4 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020 che dispone quanto segue: “4. Resta salvo il potere di ordinanza delle Regioni, di cui all'art. 3, comma 2, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6.”

Dato atto dei pareri allegati

Ordina

Ferme restando le misure statali, regionali e comunali di contenimento del rischio di diffusione del virus già vigenti, sono adottate le seguenti, ulteriori misure valide per i territori delle province di Rimini e Piacenza:

1. In ragione delle motivazioni di emergenza sanitaria espresse in premessa, è disposta la sospensione di tutte le attività produttive di beni e servizi da parte di persone fisiche e aziende sul territorio delle Province di Piacenza e di Rimini ad esclusione di:

a) attività agricole, agroalimentari e relative filiere, attività di produzione di beni alimentari;
b) attività produttive di beni con accertate esigenze di produzione finale e di spedizione di prodotti giacenti in magazzino, a condizione che operino esclusivamente attraverso l’attuazione di idonei protocolli organizzativi e operativi aziendali, previa redazione di specifici documenti di valutazione del rischio ai sensi del D.Lgs. n.81/2008 che prevedano misure di prevenzione del contagio, tra cui:

- utilizzo di ogni dispositivo di protezione specifica dal contagio necessario (mascherine, guanti e kit);
- sistematica sanificazione degli ambienti di lavoro
- rispetto della distanza tra le persone superiore a 1,5 metri;
- scaglionamenti degli orari di ingresso per impedire afflussi di personale in contemporanea;
- impiego del personale in presenza strettamente limitato al contingente essenziale alle attività sopra indicate e prioritario ricorso al lavoro a distanza e smart working;
- chiusura di spogliatoi e luoghi di aggregazione all’interno e all’esterno delle strutture produttive;
- divieto di riunioni sia all’esterno che all’interno dell’azienda con presenza fisica;
- chiusura degli accessi alle persone che non hanno rapporto di lavoro con le aziende.

2. Per quanto attiene alle attività di cui al comma 1, per il territorio di Rimini è prescritto il ricorso prioritario al personale proveniente dal distretto sanitario in cui ha sede l’azienda, mentre per il territorio di Piacenza è prescritto il ricorso prioritario al personale proveniente dalla stessa provincia.

3. Tutte le attività di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dovranno comunque ed in ogni caso operare nel rispetto di quanto stabilito dal “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, sottoscritto il 14 marzo 2020 tra organizzazioni datoriali e sindacali, su invito del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell’economia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro della salute, tra le parti sociali, in attuazione della misura, contenuta all’articolo 1, comma primo, numero 9), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020.

4. Possono proseguire la propria attività le aziende di logistica e magazzino limitatamente alla gestione di merci la cui ricezione, immagazzinamento, lavorazione e spedizione (anche finalizzata alla vendita al dettaglio attraverso piattaforme di vendita al dettaglio on line) sia connessa ad attività o filiere riguardanti beni essenziali compresi nell’allegato 1 del DPCM 11 marzo 2020.

5. Le attività di cui al comma 4 debbono operare nel pieno rispetto di quanto previsto al comma 1 lettera b e ai commi 2 e 3, con articolazione del lavoro su più turni giornalieri ove già non previsto e scaglionamento dei servizi di mensa e degli orari di pausa ristoro al fine di aumentare il distanziamento sociale tra gli operatori.

6. Sono escluse dall’obbligo di chiusura le attività di produzione di servizi urgenti per le abitazioni e per la garanzia della continuità delle attività consentite in forza della presente ordinanza (a titolo di esempio: idraulici, elettricisti), quelle indispensabili per consentire la mobilità mediante uso degli automezzi di automazione (a titolo di esempio: meccanici, elettrauti, gommisti) e quelle strumentali all’erogazione dei servizi pubblici e all’attività delle pubbliche amministrazioni.

7. È ammesso esclusivamente l’esercizio delle seguenti attività di vendita e di servizio: generi alimentari, farmacie e parafarmacie, forni, rivenditori di mangimi per animali, edicole, distributori di carburante per autotrazione ad uso pubblico, commercio al dettaglio di materiale per ottica, rifornimento dei distributori automatici di sigarette, rifornimento delle banconote agli sportelli dei Bancomat e Postamat, trasporto connesso al rifornimento di beni essenziali.

8. In caso di assenza o di impossibilità di utilizzo dei servizi bancomat o postamat, o per l’esercizio di servizi indifferibili e di comprovata necessità, le agenzie possono provvedere all’apertura straordinaria e temporanea delle loro sedi, limitando l’accesso al solo personale strettamente necessario e ricevendo i clienti solo su appuntamento, garantendo il rispetto delle disposizioni di cui al richiamato protocollo del 14 marzo 2020.

9. L’accesso ai luoghi di vendita e di servizio ammessi, al fine di limitare al massimo la concentrazione di persone, è consentito ad un solo componente per nucleo familiare, fatta eccezione per la necessità di recare con sé minori, disabili o anziani.

10. Sono esclusi dai predetti divieti le attività dei presidi sociosanitari quali presidi ospedalieri, case della salute, luoghi di cura privati esistenti.

11. Sono sospesi tutti i cantieri di lavoro ad eccezione di quelli urgenti connessi alla messa in sicurezza del territorio e a quelli relativi ad opere pubbliche di somma urgenza e di ripristino dei luoghi pubblici.

12. Sono chiusi al pubblico gli studi professionali, le sedi dei patronati, dei sindacati e delle associazioni di categoria. L’attività è resa con modalità di lavoro agile. Il personale ammesso a lavorare in presenza presso le sedi non può superare il numero di una unità per ciascun servizio ed in ogni caso non più di una unità per ciascuna stanza. Allo scopo di garantire l’esercizio di servizi indifferibili e di comprovata necessità, è possibile provvedere all’apertura straordinaria e temporanea delle sedi e ricevendo i clienti solo su appuntamento, garantendo il rispetto delle disposizioni di cui al richiamato protocollo del 14 marzo 2020.

13. Tutte le strutture ricettive comunque denominate sono chiuse. L’accoglienza degli ospiti viene sospesa dall’entrata in vigore del presente provvedimento. La presenza degli ospiti nelle strutture al momento dell’entrata in vigore dell’ordinanza non si protrae oltre un tempo massimo di settantadue ore. Sono escluse dall’obbligo di chiusura le strutture operanti per esigenze collegate alla gestione dell’emergenza (a titolo di esempio: pernottamento di medici, isolamento di pazienti), quelle collegate al regolare esercizio dei servizi essenziali e quelle che ospitano
persone regolarmente registrate al momento di entrata in vigore dell’Ordinanza per motivi diversi da quelli turistici e impossibilitate al rientro nei luoghi di residenza per motivi a loro non imputabili o che in dette strutture abbiano stabilito il proprio domicilio.

14. Restano sempre consentite anche le attività funzionali ad assicurare la continuità delle attività e delle filiere non sospese in forza della presente ordinanza, nonché dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali, previa comunicazione al Prefetto, nella quale sono indicate specificamente le imprese e le amministrazioni beneficiarie dei prodotti e servizi attinenti alle attività consentite; il Prefetto può sospendere le predette attività qualora ritenga che non sussistano le condizioni di cui al periodo precedente. Fino all’adozione dei provvedimenti di sospensione dell’attività, essa è legittimamente esercitata sulla base della comunicazione resa.

15. Sono chiusi al pubblico i cimiteri comunali. È fatta salva l’erogazione dei servizi di trasporto, ricevimento, inumazione, tumulazione, cremazione delle salme.

16. Sono garantiti il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti ed il servizio di consegna a domicilio di farmaci e generi alimentari per le persone in isolamento domiciliare fiduciario.

17. Sono chiusi al pubblico i parchi pubblici, gli orti comunali, le aree di sgambamento cani, gli arenili in concessione e liberi,
le aree in adiacenza al mare, i lungomari, le aree sportive a libero accesso, i servizi igienici pubblici e privati ad uso pubblico, le aree attrezzate per attività ludiche.

18. È disposta la riprogrammazione temporanea del servizio di trasporto pubblico locale con eventuale soppressione delle corse o rimodulazione degli orari da parte delle agenzie per la mobilità di Rimini e Piacenza in accordo con i rispettivi operatori di trasporto, garantendo i livelli essenziali di mobilità pubblica e limitatamente ai rispettivi territori provinciali.

19. Fermo il rispetto delle distanze interpersonali di sicurezza, sono vietati tutti gli assembramenti di persone in numero superiore a 2 unità.

20. Gli effetti della presente ordinanza decorrono dal 25 marzo 2020 e sino al 3 aprile 2020.

21. A decorrere dalle ore 24 del 24 marzo 2020 si intendono revocate le ordinanze n. 44 e n. 47 richiamate in premessa.

22. La presente ordinanza è comunicata al Ministro della Salute, ai sensi dell’art. 3, comma 2 decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante "Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019”, convertito dalla legge 5 marzo 2020, n. 13.

23. La presente ordinanza è altresì notificata ai Presidenti delle Province di Rimini e di Piacenza, ai Sindaci e ai Prefetti della Regione ed è trasmessa al Presidente del Consiglio dei Ministri.

__________

Fonte
Regione Emilia-Romagna

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Protocollo per prevenzione e sicurezza dei lavoratori della sanità

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Protocollo sicurezza

Coronavirus: Protocollo per prevenzione e sicurezza dei lavoratori della sanità

24.03.2020 - Cgil, Cisl, Uil e Ministero della salute

Il Servizio sanitario nazionale (SSN) italiano, universale e solidaristico, è una risorsa insostituibile del nostro Paese, essenziale per poter corrispondere concretamente al principio costituzionale che definisce la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività (art. 32). Ogni apporto al SSN in termini di risorse umane ed economiche costituisce un investimento di cui il Paese beneficia in tempi ordinari, e ancor più nel momento in cui si trova ad affrontare crisi sanitarie.

La crisi epidemiologica da COVID-19 che sta colpendo in maniera drammatica il nostro Paese, impone la necessità di garantire a tutto il personale che opera nei servizi e nelle strutture sanitari, socio sanitari e socio assistenziali sia pubblici che privati, e nei servizi territoriali (MMG, PLS, specialistica ambulatoriale, continuità assistenziale), nel seguito cumulativamente indicati come "servizi sanitari", di operare nella massima sicurezza, assicurando l'adozione di tutte le misure necessarie a tutela della loro salute, nonché ad evitare la diffusione del contagio nei servizi stessi e all' interno del nucleo familiare degli addetti.

È obiettivo prioritario coniugare la prosecuzione delle attività sanitarie, socio sanitarie e socio assistenziali con la garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro e, in relazione al protocollo "di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro", sottoscritto il 14 marzo 2020 tra le parti sociali, su invito del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri competenti, si definisce quanto segue per la specificità dei servizi sanitari.

Per effetto del combinato disposto delle misure previste dall'articolo 1, comma 2, lettera h) del decreto legge 23 febbraio 2020 n. 6, convertito in Legge n. 13 del 4.3.2020, e dall'art. 7 del D.L. n. 14 del 9 marzo 2020, ad oggi non si applica agli operatori sanitari e a quelli dei servizi pubblici essenziali la misura della sorveglianza, che viene peraltro attivata qualora evidenzino "sintomatologia respiratoria o esito positivo per COVID-19.

Considerata la necessità di assicurare in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale nei servizi sanitari misure organizzative atte a garantire la massima tutela sia degli operatori che dei pazienti, anche secondo quanto indicato dalla circolare del Ministero della Salute del 29 febbraio 2020 e dal citato Protocollo tra Parti Sociali su invito del Governo del 14 marzo 2020.

Per l'approfondimento delle tematiche tecniche di cui al presente Protocollo, le Parti decidono di costituire un Comitato con la partecipazione dei soggetti sottoscriventi il presente Protocollo che consenta il monitoraggio e la segnalazione delle situazioni più critiche presenti sul territorio nazionale, nonché il confronto in merito ai provvedimenti di prossima adozione, che si riunirà con cadenza periodica come stabilito dai componenti del Comitato e/o ogni qual volta ve ne sia richiesta motivata.

Le Parti, nella consapevolezza della complessa situazione che i servizi sanitari e i loro operatori si trovano ad affrontare e della necessità di contemperare tutte le esigenze sopra rappresentate, tenendo presenti le raccomandazioni dell'OMS, che sono state riportate recentemente come elementi cardine per la prevenzione, e le indicazioni del Ministero della salute e del Comitato Tecnico Scientifico (CTS) istituito con l'ordinanza del CDPC n. 630/2020 - che fornirà ulteriori indicazioni al Comitato, sono con il presente protocollo a condividere la necessità di:

- garantire in via prioritaria a tutto il personale che opera nei servizi oggetto del presente protocollo gli standard di protezione in maniera rigorosa, secondo le evidenze scientifiche e secondo il più prudente principio di cautela. La valutazione del rischio di esposizione al SARSCoV-2 sarà effettuata dal datore di iavoro nel rispetto di quanto previsto dal D. Lgs 81/2008, e in base alle disposizioni fornite con circolari del Ministero della Salute;
- garantire la fornitura dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) nella quantità adeguata e con rispondenza degli stessi ai requisiti tecnici necessari a tutelare la salute sia dei professionisti ed operatori che dei cittadini, garantendo altresì idonei percorsi di addestramento al corretto utilizzo degli stessi. L'utilizzo dei DPI, nel rispetto dell'indicazione degli organismi tecnico scientifici, è obbligatorio per poter svolgere le attività;
- confrontarsi per valutare ogni possibile opzione atta a fornire DPI che offrono un livello di protezione dei lavoratori anche superiore a quello ritenuto adeguato dagli organismi tecnicoscientifici;
- assicurare che tutto il personale esposto che opera nei servizi oggetto del presente protocollo, in via prioritaria venga sottoposto ai test di laboratorio necessari ad evidenziare l'eventuale positività al SARS-CoV-2, anche ai fini della prosecuzione dell'attività lavorativa, prevedendo anche l'eventuale cadenza periodica, secondo criteri stabiliti dal citato CTS e dalle circolari ministeriali;
- definire una procedura omogenea per l'intero territorio nazionale che stabilisca, sotto il profilo operativo e della definizione delle responsabilità, i percorsi di sorveglianza a cui devono essere sottoposti i lavoratori, ed in particolare quelli venuti a contatto con pazienti positivi al COVID-19;
- definire, con il concorso del CTS, percorsi accertativi e misure di salvaguardia per il personale idoneo al lavoro ma affetto da patologie pregresse che lo espongano maggiormente al rischio di contrarre infezione da COVID-19;
- assicurare le necessarie operazioni di sanificazione nei luoghi di lavoro, senza compromettere la necessaria ed indispensabile funzionalità delle strutture, utilizzando a tal fine, per le strutture private, qualora fosse necessario, in caso di sospensione delle attività o chiusura delle stesse, gli ammortizzatori sociali già previsti dagli articolo da 19 a 22 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18;
- verificare, in relazione all'evoluzione della situazione epidemiologica e della maggiore disponibilità di personale sanitario, e attraverso il confronto con il Comitato previsto dal presente Protocollo, le previsioni dell'art. 7 del D.L. n. 14 del 9 marzo 2020 nella prospettiva del ripristino delle ordinarie condizioni per la sorveglianza sanitaria;
- impegnarsi, ciascuno per il proprio ruolo, per realizzare le migliori condizioni affinché si rivedano gli aspetti normativi che possano garantire proroga dei contratti e stabilizzazione del personale sanitario e tecnico impegnato nell'Emergenza-Urgenza nonché l'assunzione di nuovo personale a tempo indeterminato, attraverso un piano di assunzioni straordinario e la proroga degli attuali contratti a tempo determinato in scadenza;
- Impegnarsi altresì, ciascuno per il proprio ruolo, affinché le Regioni, per quanto di loro competenza, rivedano gli attuali piani dei fabbisogni garantendo dotazioni ottimali di personale sia per rispondere all'emergenza che in via ordinaria per garantire i bisogni di salute della popolazione;
- emanare una circolare ministeriale che richiami le aziende sanitarie, in caso di applicazione della misura della quarantena nei riguardi dei propri dipendenti positivi al contagio da COVID19, alla tempestiva comunicazione di infortunio sul lavoro, alla luce delle disposizioni emanate dalla Circolare INAIL del 17/03/2020 con le modalità e ai fini ivi previsti;
- garantire, anche al termine dell'attuale fase di emergenza, il mantenimento della necessaria attenzione al rigoroso rispetto delle norme e delle procedure legate alla prevenzione.

Fermo quanto previsto dal presente protocollo, le parti auspicano l'attivazione di Comitati regionali e il confronto preventivo con le rappresentanze sindacali presenti nei luoghi di lavoro, affinché ogni misura adottata possa essere condivisa e resa più efficace dal contributo di esperienza delle persone che lavorano, in particolare degli RLS.

Roma, 24 marzo 2020

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Fonte: CGIL

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Check list Ambienti di lavoro - Attuazione procedure precauzionali e contrasto COVID

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Check list   Attuazione procedure precauzionali e contrasto COVID 19 ambienti di lavoro

Check list Ambienti di lavoro - Attuazione procedure precauzionali e contrasto COVID

Check list Attuazione delle procedure precauzionali e di contrasto alla diffusione del contagio da COVID-19 negli ambienti di lavoro

CGIL Lombardia - CISL Lombardia - UIL Milano e Lombardia

Il 14 marzo 2020 è stato adottato il Protocollo di regolamentazione per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID 19 negli ambienti di lavoro, relativo a tutti i settori produttivi.

La check list, sebbene a carattere indicativo e non esaustivo, è uno strumento utile alla verifica del rispetto degli adempimenti previsti dal Protocollo condiviso e per evidenziare le misure possibili e necessarie da attuare.

La premessa del Protocollo nazionale è l'attivazione di momenti di confronto interni alle aziende e in tutti i luoghi di lavoro, anche mediante la costituzione di un comitato con la partecipazione degli Rsu, Rsa, Rls per stabilire protocolli applicativi e garantire che sussistano le condizioni di sicurezza per lavoratrici e lavoratori.

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Fonte: CGIL Lombardia - CISL Lombardia – UIL Milano e Lombardia

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Circolare Inail n. 8 - MLPS n. 2 del 23 marzo 2020

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Circolare Inail n  8   MLPS n  2 del 23 marzo 2020

Circolare Inail n. 8 - MLPS n. 2 del 23 marzo 2020

OiRA Uffici

Oggetto: Strumento di supporto rivolto alle micro, piccole e medie imprese, per la valutazione dei rischi sviluppato secondo il prototipo europeo OiRA, dedicato al settore “Uffici”, adottato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 61 del 23 maggio 2018. Aggiornamento layout.

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OiRA (Online Interactive Risk Assessment) è il software di valutazione interattiva dei rischi online realizzato dall’Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul  lavoro (Eu-Osha) impostato secondo le previsioni e le logiche delle direttive europee in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, con lo scopo di fornire un sostegno concreto alle medie, piccole e microimprese nella valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro e nell’elaborazione e redazione del relativo Documento di valutazione dei rischi (DVR) attraverso un percorso guidato. A seguito della sottoscrizione il 30 agosto 2013 del “Memorandum of Understanding” tra l’Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è stata formalizzata l’adesione dell’Italia al progetto OiRA e a seguire è stato costituito un gruppo di lavoro tripartito composto da rappresentanti delle istituzioni coinvolte, delle Organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro4 con l’obiettivo di adattare il citato software alle caratteristiche della legislazione italiana e fornendo in tal senso, alle piccole, medie e microimprese, uno strumento online per la valutazione dei rischi per le attività di ufficio, nonché per la predisposizione del relativo Documento (DVR). In attuazione dell’articolo 29, comma 6-quater, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, con il quale si dispone l’individuazione di strumenti di supporto per la valutazione dei rischi, tra cui gli strumenti informatizzati secondo il prototipo OiRA, l’applicativo realizzato è stato approvato dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro nell’ambito della seduta del 3 maggio 2018 e adottato con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali in data 23 maggio 2018.

La presente circolare integra e sostituisce la precedente circolare Inail n. 31 – Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 13 del 25 luglio 2018, avente per oggetto il Decreto Ministeriale n. 61 del 23/05/2018 di adozione dello strumento di supporto, rivolto alle micro, piccole e medie imprese, per la valutazione dei rischi sviluppato secondo il prototipo europeo OiRA, dedicato al settore “Uffici”.

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Fonte: INAIL

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Lavori usuranti | proroga per la compilazione modello al 30.05.2020

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Lavori usuranti proroga per la compilazione del modello

Lavori usuranti | proroga per la compilazione del modello al 30.05.2020

Nota MPLS n. 1160 del 19.03.2020 

Comunicazioni di svolgimento: a) di attività faticose e pesanti, c.d. usuranti (art. 2, comma 5, decreto legislativo 67/2011); b) di un processo produttivo in serie caratterizzato dalla “linea catena” ovvero dell’esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo e compreso in regolari turni periodici (art. 5, commi 1 e 2, decreto legislativo 67/2011 – D.M. 20 settembre 2011 – Note operative per l’invio del Modello “LAV_US”.

A seguito dell’emergenza epidemiologica COVID-19, si comunica che la scadenza per la compilazione del modello LAV_US per la rilevazione prevista dell’art. 6 del D.M. 20/9/2011, con riferimento alle attività lavorative svolte nell’anno 2019, è prorogata al 30 maggio 2020.

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Regolamento delegato (UE) 2020/411

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Regolamento delegato UE 2020 411

Regolamento delegato (UE) 2020/411 

Regolamento delegato (UE) 2020/411 della Commissione del 19 novembre 2019 che modifica la direttiva 2009/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri, per quanto riguarda i requisiti di sicurezza per le navi da passeggeri che effettuano viaggi nazionali

GU L 83/1 del 19.03.2020

Entrata in vigore: 08.04.2020

Esso si applica a decorrere dal 19 settembre 2021.

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Articolo 1

La direttiva 2009/45/CE è così modificata:
1) l’allegato I è sostituito dal testo di cui all’allegato I del presente regolamento;
2) l’allegato II è sostituito dal testo di cui all’allegato II del presente regolamento;
3) l’allegato III è sostituito dal testo di cui all’allegato III del presente regolamento.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Esso si applica a decorrere dal 19 settembre 2021.

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Coronavirus | Cantieri aperti: integrazione PSC

ID 10377 | | Visite: 32751 | News Sicurezza

Coronavirus Cantieri aperti

Coronavirus | Cantieri aperti: integrazione PSC

Il Dpcm 11 marzo 2020, così come i precedenti, non ha disposto la chiusura dei cantieri, lo precisa inoltre una FAQ della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 13 marzo scorso, di cui di seguito, riportiamo il contenuto.

Non esiste, pertanto, alcuna limitazione alle attività lavorative che si svolgono nei cantieri. Le imprese appaltatrici sono tenute ad adottare e ad applicare, ai fini della tutela della salute dei lavoratori, i necessari protocolli di sicurezza volti ad impedire la diffusione del contagio da Covid-19 tra i lavoratori, individuati in stretto raccordo con le autorità sanitarie locali; particolare attenzione dovrà essere prestata alle procedure anti contagio con riferimento alle attività di cantiere che si svolgono al chiuso.

Laddove non fosse possibile rispettare, per la specificità delle lavorazioni, la distanza interpersonale di un metro, quale principale misura di contenimento della diffusione della malattia, le imprese appaltatrici sono tenute a mettere a disposizione dei lavoratori idonei strumenti di protezione individuale.

Al riguardo, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori provvede, ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, ad integrare il Piano di sicurezza e di coordinamento e a redigere la relativa stima dei costi. Le stazioni appaltanti sono tenute a vigilare affinché siano adottate nei cantieri tutte le misure di sicurezza sopra indicate.

I lavoratori impiegati nei cantieri, non potendo usufruire, per ovvie ragioni, del lavoro agile, quale modalità ordinaria di svolgimento dell’attività lavorativa, sono sempre autorizzati allo spostamento dalla propria residenza/domicilio alla sede di cantiere e viceversa, anche quando la sede di cantiere sia situata presso una regione diversa da quella di residenza/domicilio.

A questo ultimo proposito, si evidenzia che le disposizioni di cui al dpcm 9 marzo 2020 hanno reso inefficace ogni diversa disposizione, contenuta anche in provvedimenti contingibili ed urgenti, che impediva lo spostamento dei dipendenti dalla propria residenza/domicilio alla sede di cantiere, ai fini della c.d. quarantena.

Ciò posto, nell’ipotesi in cui un lavoratore impiegato in un cantiere, rientrato nel luogo di propria residenza/domicilio per la fruizione di un periodo di congedo o riposo, decida di non tornare presso la sede di cantiere senza che sussista alcun impedimento di carattere sanitario, debitamente certificato, tale decisione dovrà considerarsi quale autonoma scelta del lavoratore che, seppur dettata da comprensibile preoccupazione per il pericolo di contagio, sarà valutata dall’impresa appaltatrice alla luce delle disposizioni contrattuali.

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Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri

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Guidelines for limiting exposure to electromagnetic fields

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ICNIRP Guidelines

Guidelines for limiting exposure to electromagnetic fields (100 kHz to 300 GHz)

International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP) - 2020

I campi elettromagnetici a radiofrequenza (EMF) vengono utilizzati per numerosi dispositivi: telefoni, Wi-Fi e Bluetooth ecc.. I campi elettromagnetici a radiofrequenza con livelli di potenza sufficientemente elevati possono influire negativamente sulla salute.

Nel corso degli anni ci sono stati numerosi studi che hanno affrontato la relazione tra i campi elettromagnetici a radiofrequenza e gli effetti sulla salute, nonché sviluppi significativi nelle tecnologie che utilizzano i campi elettromagnetici a radiofrequenza.

Di conseguenza, ICNIRP ha aggiornato le prima Linee Guida pubblicate nel 1998.

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Fonte: ICNIRP

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Allegato riservato Guidelines for limiting exposure to electromagnetic fields.pdf
ICNIRP 2020
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Mercato del lavoro | Terzo Rapporto di Inail, Istat, Ministero del Lavoro, Inps e Anpal

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Mercato lavoro 2019

Mercato del lavoro | Terzo Rapporto di Inail, Istat, Ministero del Lavoro, Inps e Anpal

Frutto della positiva cooperazione inter-istituzionale sviluppata negli ultimi anni, fornisce una base empirica e analitica utile a favorire il dibattito pubblico sull’occupazione, attraverso l’integrazione delle diverse fonti di informazione. Bettoni: “Il valore aggiunto è proprio la collaborazione tra gli enti coinvolti”

Inail, Istat, Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Inps e Anpal pubblicano oggi in contemporanea sui rispettivi siti web il terzo Rapporto annuale “Il mercato del lavoro 2019: una lettura integrata”, frutto di una collaborazione che punta a implementare un sistema informativo statistico condiviso, mettendo a disposizione informazioni armonizzate, complementari e coerenti sulle dinamiche dell’occupazione nel nostro Paese.

“Dalla condivisione dei dati un’analisi che integra diversi punti di vista”. “Il valore aggiunto di questo Rapporto – sottolinea a questo proposito il presidente dell’Inail, Franco Bettoni – è proprio la collaborazione tra i vari enti coinvolti. Soltanto attraverso la creazione di un insieme condiviso di dati e informazioni, infatti, è possibile realizzare delle analisi in grado di osservare i fenomeni da diversi punti di vista, tenendo conto dei cambiamenti demografici e dei sistemi produttivi aziendali, delle nuove modalità organizzative del lavoro e dello sviluppo tecnologico, che stanno trasformando profondamente il mercato del lavoro”.

“Dopo i rider una delle sfide è l’estensione della tutela assicurativa ad altre categorie”. “Dopo la recente introduzione dell’obbligo assicurativo a beneficio dei rider – aggiunge Bettoni – una sfida che nei prossimi anni vedrà impegnato l’Inail sarà l’estensione della tutela contro infortuni e malattie professionali alle categorie di lavoratori rimaste finora escluse. Allo stesso tempo andranno confermate e potenziate le politiche di prevenzione che il nostro Istituto ha messo in atto per contrastare il fenomeno infortunistico, come gli incentivi a fondo perduto del bando Isi, lo sconto per prevenzione, l’attività di consulenza alle imprese e le campagne di formazione e informazione in materia di salute e sicurezza”.

Il sesto capitolo dedicato al fenomento infortunistico e tecnopatico. Il Rapporto pubblicato oggi è suddiviso in sei capitoli che affrontano più tematiche – dalle dinamiche del mercato del lavoro in una fase di incertezza all'emersione di una nuova tipologia di lavoro autonomo – intrecciando gli aspetti congiunturali e ciclici con l’evoluzione del quadro strutturale. Il sesto capitolo, in particolare, è dedicato all’analisi dell’andamento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.

Il 60% dei casi mortali è avvenuto “fuori dell’azienda”. Nel 2018 gli infortuni sul lavoro denunciati all’Inail, al netto di quelli relativi agli studenti, sono stati circa 563mila, in lieve calo rispetto all’anno precedente (-0,5%), mentre rispetto al 2008 la flessione è stata pari al 35,5%. Gli infortuni riconosciuti sul lavoro sono stati 373mila, di cui circa il 21% avvenuti “fuori dell’azienda”, cioè “in occasione di lavoro con mezzo di trasporto coinvolto” e “in itinere”, nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro. Delle 1.245 denunce di infortunio con esito mortale, in aumento dell’8% rispetto al 2017 ma in calo del 23% rispetto al dato di 10 anni prima, i casi accertati sono stati 744, di cui il 60% occorsi “fuori dell’azienda”.

Agricoltura e costruzioni i settori più a rischio. Nel quinquennio 2014-2018 si rileva una riduzione di oltre il 7% dell’incidenza del numero di denunce di infortunio rispetto al numero degli occupati, ma solo per la modalità in occasione di lavoro, dove le politiche e le iniziative di prevenzione promosse negli ultimi anni hanno migliorato i livelli di salute e sicurezza. Tassi di incidenza più elevati si riscontrano in agricoltura e nelle costruzioni, settori nei quali il rischio di morire durante il lavoro è triplo rispetto a quello medio.

Trend in crescita per le malattie professionali. Con oltre 59mila casi denunciati, le malattie professionali nel 2018 hanno fatto registrare un incremento rispetto all’anno precedente pari al 2,6%, confermato anche dai dati provvisori del 2019. Il 67% dei casi riconosciuti ha interessato il sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, al primo posto per entrambi i generi, il 15% ha interessato il sistema nervoso, con una prevalenza della patologia tra le donne, mentre il 4% sono tumori, che colpiscono in misura maggiore gli uomini. In media i lavoratori deceduti con riconoscimento di malattia professionale sono 1.700 all’anno.

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Fonte: INAIL

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COVID-19: tutela salute negli ambienti di lavoro non sanitari

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COVID 19 indicazioni salute ambienti di lavoro non sanitari

COVID-19: indicazioni per la tutela della salute negli ambienti di lavoro non sanitari | R.V.

ID 10287 | 30.04.2020

Revisioni:
Rev. 11 del 29.04.2020
Rev. 10 del 11.04.2020
Rev. 09 del 26.03.2020
Rev. 08 del 23.03.2020
Rev. 05 del 12.03.2010
Rev. 02 del 03.03.2020

L’obiettivo del presente documento, destinato prioritariamente a tutti soggetti aventi ruoli e responsabilità in tema di tutela della salute nei luoghi di lavoro ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, è fornire indicazioni operative, da attuare nel rispetto dei principi di precauzione e proporzionalità, finalizzate a incrementare, negli ambienti di lavoro non sanitari, l’efficacia delle misure di contenimento adottate per contrastare l’epidemia di COVID-19. Diversamente, per la gestione clinica dei casi sospetti, probabili o confermati di COVID-19, nonché per raccomandazioni specifiche per il personale sanitario, si rimanda alle indicazioni contenute negli altri documenti e provvedimenti emanati.

Premessa

Considerata l’evoluzione dello scenario epidemiologico, il carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia di COVID-19 e l’incremento del numero di casi sul territorio regionale;

Considerate le ordinanze adottate dal Ministro della Salute d’intesa con il Presidente della Regione del Veneto in data 22 e 23 febbraio 2020;

Considerato il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, e le successive disposizioni attuative di cui ai Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 febbraio 2020, del 25 febbraio 2020 e del 01 marzo 2020, tra le quali è previsto, per evitare la sospensione delle attività lavorative, che ai rapporti di lavoro subordinato sia temporaneamente applicabile, fino al 15 marzo 2020, per i datori di lavoro aventi sede legale o operativa nelle Regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria, e per i lavoratori ivi residenti o domiciliati che svolgano attività lavorativa fuori da tali territori, la modalità del lavoro a distanza (cosiddetto “lavoro agile” o “smart working”);

Considerato il decreto-legge 02 marzo 2020, n. 9, recante misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, in particolare per quanto riguarda le disposizioni finalizzate a facilitare l’acquisizione di dispositivi di protezione e medicali;

Considerato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 08 marzo 2020, con particolare riferimento alle misure urgenti di carattere nazionale previste per il contenimento del contagio nella Regione Lombardia e nelle province, tra le altre, di Padova, Treviso e Venezia;

Considerata l’ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile del 08 marzo 2020 n. 646, ai sensi della quale quanto previsto dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 08 marzo 2020 non vieta alle persone fisiche gli spostamenti su tutto il territorio nazionale se motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessità o per motivi di salute, nonché lo svolgimento delle conseguenti attività;

Considerato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 09 marzo 2020, con il quale sono state estere all’intero territorio nazionale le misure già previste dall’art. 1 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 08 marzo 2020;

Considerato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 11 marzo 2020 con il quale sono state adottate ulteriori misure per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19;

Ferme restando, laddove applicabili, le previsioni e le responsabilità in materia di gestione del rischio biologico assegnate dalla normativa vigente (decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81) ai soggetti aziendali incaricati, a qualsiasi titolo, della predisposizione e dell’attuazione delle misure di prevenzione e protezione, già richiamate dalla lettera circolare del Ministero della Salute del 03 febbraio 2020 “Indicazioni per gli operatori dei servizi/esercizi a contatto con il pubblico”;

Ravvisata la necessità di fornire indicazioni operative per l’adozione, negli ambienti di lavoro, di misure appropriate e uniformi sull’intero territorio regionale finalizzate al contrasto e al contenimento di casi di COVID-19, nelle more dell’emanazione di eventuali indirizzi nazionali, che necessariamente prevarranno sulle indicazioni del presente documento, nella piena consapevolezza che la tutela della salute pubblica richiede un orientamento unico e non differenziato tra i diversi ambiti locali;

Considerato che l’ambiente di lavoro rappresenta un contesto nel quale coesistono molteplici esigenze di tutela: tutela della salute della popolazione generale, tutela della salute dei lavoratori (nel senso estensivo della definizione di cui all’art. 2 del citato decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81), tutela della salute degli operatori sanitari (sia incaricati di garantire la sorveglianza sanitaria ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sia incaricati di garantire funzioni di vigilanza e controllo);

Considerato che è operativo l’intero sistema di sorveglianza internazionale, nazionale, regionale e locale, e che le istituzioni preposte alla gestione operativa dell’epidemia e alla individuazione dei casi e dei contatti sono rappresentate dalle strutture del Servizio Sanitario Regionale territorialmente competenti;

- Tutto ciò premesso, si riportano di seguito alcune indicazioni per la tutela della salute negli ambienti di lavoro, coerenti con le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, cui si rimanda per ulteriori approfondimenti. Eventuali valutazioni in merito al mantenimento, all’integrazione o alla modifica delle presenti indicazioni saranno valutate in considerazione dell’evoluzione dello scenario epidemiologico e di eventuali ulteriori indirizzi di carattere tecnico-scientifico di livello nazionale o internazionale.

Si rammenta, inoltre, che per informazioni sono stati attivati il il numero nazionale di pubblica utilità (1500), il numero verde regionale (800 462 340), i numeri verdi delle singole aziende sanitarie locali, e che per valutazioni è a disposizione il proprio Medico di Medicina Generale o il Servizio di Continuità Assistenziale.
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segue in allegato

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Bozza DM controlli manutenzione antincendio

ID 10323 | | Visite: 4773 | News Prevenzioni Incendi

Bozza DM controlli manutenzione antincendio

Bozza DM controlli manutenzione antincendio

Update 25.09.2021 / Pubblicato il Decreto 1 settembre 2021 / Nuovo Decreto controllo PI

In allegato bozza Decreto Ministero dell'Interno che stabilisce, in attuazione dell’articolo 46, comma 3 lettera a punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, i criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, delle attrezzature e degli altri sistemi di sicurezza antincendio. 

Update 25.09.2021

Pubblicato il Decreto 1 settembre 2021Nuovo Decreto controllo PI

Criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

(GU n.230 del 25.09.2021)

Entrata in vigore: 25.09.2022

Art. 46. decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 Prevenzione incendi co.3 lett. a) punto 3:

3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;

Il DM andrà ad abrogare l’articolo 3 comma 1 lettera e) e l’allegato VI del decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale del 10 marzo 1998.
______

Art. 1 Definizioni

1. Ai fini del presente decreto si definiscono:

a. Manutenzione: operazione o intervento finalizzato a mantenere, in efficienza ed in buono stato, impianti, attrezzature e altri sistemi di sicurezza antincendio.
b. Tecnico manutentore qualificato: persona fisica in possesso dei requisiti tecnico professionali di cui all’allegato II.
c. Qualifica: risultato formale di un processo di valutazione e convalida, ottenuto quando l’Amministrazione competente determina che i risultati dell’apprendimento conseguiti da una persona corrispondono a standard definiti.
d. Controllo periodico: insieme di operazioni da effettuarsi con frequenza non superiore a quella indicata da disposizioni, norme, specifiche tecniche o manuali d’uso e manutenzione per verificare la completa e corretta funzionalità di impianti, attrezzature e altri sistemi di sicurezza antincendio.
e. Sorveglianza: insieme di controlli visivi atti a verificare, nel tempo che intercorre tra due controlli periodici, che gli impianti, le attrezzature e gli altri sistemi di sicurezza antincendio siano nelle normali condizioni operative, siano correttamente fruibili e non presentino danni materiali evidenti. La sorveglianza può essere effettuata dai lavoratori normalmente presenti dopo aver ricevuto adeguate istruzioni.

Art. 2 Campo di applicazione

1. Il presente decreto stabilisce, in attuazione dell’articolo 46, comma 3 lettera a punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, i criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, delle attrezzature e degli altri sistemi di sicurezza antincendio.

Art. 3 Controlli e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio

1. Gli interventi di manutenzione e i controlli sugli impianti, le attrezzature e gli altri sistemi di sicurezza antincendio sono eseguiti e registrati nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, nonché delle norme tecniche emanate dagli organismi di normazione nazionali o internazionali e delle istruzioni fornite dal fabbricante e dall'installatore, secondo i criteri indicati nell’Allegato I.
2. L’applicazione della normazione tecnica volontaria (es. norme ISO, EN, UNI, …) conferisce presunzione di conformità, ma rimane volontaria e non obbligatoria, a meno che non sia resa cogente da altre disposizioni regolamentari.
3. Il datore di lavoro attua gli interventi di cui al comma 1, anche attraverso il modello di organizzazione e gestione di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Art. 4 Qualificazione dei tecnici manutentori

1. Gli interventi di manutenzione e i controlli sugli impianti e le attrezzature e le altre misure di sicurezza antincendio devono essere eseguiti da tecnici manutentori qualificati.
2. Le modalità di qualificazione del tecnico manutentore sono stabilite nell’Allegato II al presente decreto.
3. La qualifica di tecnico manutentore qualificato sugli impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio è valida su tutto il territorio nazionale.

Art. 5 Abrogazioni

1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono abrogati l’articolo 3 comma 1 lettera e) e l’allegato VI del decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale del 10 marzo 1998.

ALLEGATO I
CRITERI GENERALI PER MANUTENZIONE, CONTROLLO PERIODICO E SORVEGLIANZA DEGLI IMPIANTI, ATTREZZATURE ED ALTRI SISTEMI DI SICUREZZA ANTINCENDIO

1 Manutenzione e controllo periodico
2 Sorveglianza

ALLEGATO II
QUALIFICAZIONE DEI MANUTENTORI DI IMPIANTI, ATTREZZATURE E ALTRI SISTEMI DI SICUREZZA ANTINCENDIO

[...] Segue in allegato

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Bozza - 06.03.2020
686 kB 85

INAIL | Dossier donne 2020

ID 10322 | | Visite: 2938 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Dossier donne 2020

Dossier donne 2020

Inail, 06.03.2020

In occasione della Giornata internazionale della donna, la Consulenza statistico attuariale (Csa) dell’Inail ha analizzato i dati riferiti al 2018 e al quinquennio 2014-2018, per descrivere le varie caratteristiche del fenomeno infortunistico.

L’analisi effettuata conferma la rilevanza del rischio strada per le donne: anche nel 2018 più di un decesso su due è avvenuto in itinere, ovvero nel tragitto tra l’abitazione e il luogo di lavoro.

La caduta resta la prima causa di infortunio per le lavoratrici, mentre sono le malattie dell’apparato osteo-muscolare, del tessuto connettivo e del sistema nervoso, oggetto di nove denunce su 10, le più diffuse nel mondo femminile.

...

Fonte: INAIL

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Direttiva PCM 10 gennaio 2020

ID 10314 | | Visite: 4777 | News Prevenzioni Incendi

Direttiva PCM 10 gennaio 2020

Direttiva PCM 10 gennaio 2020

Definizione, funzioni, formazione e qualificazione della direzione delle operazioni di spegnimento degli incendi boschivi. 

(GU Serie Generale n.56 del 05-03-2020)

...

Art. 1.

1. In considerazione di quanto esposto in premessa, la presente direttiva fornisce alle componenti ed alle strutture operative del Servizio nazionale di protezione civile le indicazioni per la definizione, le funzioni, la formazione e la qualificazione della direzione delle operazioni di spegnimento degli incendi boschivi, riportate nell’allegato che ne costituisce parte integrante.

Art. 2.

1. L’applicazione della presente direttiva è demandata alle singole amministrazioni regionali, nel rispetto di quanto previsto dalla legge 21 novembre 2000, n. 353, secondo i modelli di intervento di lotta attiva definiti nei rispettivi Piani regionali per la previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, di cui all’art. 3 della medesima legge.

2. Per le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano sono fatte salve le competenze riconosciute dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione. In tale contesto, le regioni a statuto speciale e le province autonome provvedono alle finalità della presente direttiva secondo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione.

Art. 3.

1. Il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri cura la verifica dell’attuazione della presente direttiva e la valutazione degli impatti sul sistema antincendio boschivo, secondo criteri e modalità stabilite con successivo decreto del Capo del Dipartimento.

ALLEGATO

Definizione, funzioni, formazione e qualificazione della direzione delle operazioni di spegnimento degli incendi boschivi

INDICE
1. Premessa
2. La Direzione delle Operazioni di Spegnimento
3. Il Direttore delle Operazioni di Spegnimento - (DOS)
4. Funzioni del DOS
5. Percorso formativo del DOS
6. Qualificazione e registro DOS
7. Formazione dei DOS del CNVVF
8. Programmazione del servizio e modalità di attivazione del DOS e rapporto di fine attività
9. Strumenti a supporto del DOS
10. Tabella degli acronimi

[...]

Coronavirus: fact sheet per la protezione degli operatori sanitari INAIL

ID 10308 | | Visite: 4718 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Fact sheet COVID 19 Protezione operatori sanitari

Coronavirus, fact sheet per la protezione degli operatori sanitari INAIL

ID 10308 | 02.03.2020

Il documento vuole essere un contributo informativo per la tutela della salute e sicurezza degli operatori sanitari, categoria di lavoratori che ha maggiore possibilità di entrare in contatto con soggetti potenzialmente infetti.

Nel dicembre 2019 a Wuhan, Cina, è emerso un focolaio epidemico correlato a un nuovo coronavirus non identificato in precedenza nell’uomo. L’infezione si è poi diffusa ad altri Paesi, interessando anche l’Italia con comparsa di focolai epidemici a partire da febbraio 2020.
________

Per tutelare la salute e la sicurezza di medici, infermieri, tecnici di laboratorio e di tutto il personale specialistico che può entrare in diretto contatto con le persone potenzialmente infette, l’Istituto ha elaborato una scheda informativa con indicazioni e comportamenti corretti da tenere

Vestirsi e svestirsi in modo corretto, indossare maschera, guanti, occhiali e i dispositivi di protezione individuale più adatti all’attività lavorativa che si sta per svolgere. Comportamenti che gli operatori sanitari a contatto con le persone potenzialmente infette dal nuovo Coronavirus, eseguono ogni giorno, spesso di fretta, ed è essenziale che lo facciano nel modo giusto. Per tutelare la salute e la sicurezza di questa categoria di lavoratori, il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail ha pubblicato la fact sheet informativa “COVID-19 e protezione degli operatori sanitari” che contiene indicazioni in materia.

Chi sono i lavoratori esposti al rischio. L’Italia è uno tra i primi Paesi che ha visto aumentare negli ultimi giorni i contagi causati dal COVID-19, definito così dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il virus può essere trasmesso da persona a persona, di solito dopo un contatto ravvicinato con un paziente infetto, per esempio tra familiari o in ambiente sanitario. Proprio in luoghi quali reparti di degenza, terapia intensiva e rianimazione o ambulatori medici, centri diagnostici e strutture che forniscono altri servizi sanitari, gli operatori possono essere esposti a rischio biologico diretto o indiretto attraverso il contatto con pazienti o materiali infetti, inclusi fluidi corporei, attrezzature mediche e dispositivi contaminati, superfici ambientali o aria contaminata. Una realtà descritta anche dai dati relativi a precedenti epidemie, quali SARS e MERS.

Caso sospetto, probabile e confermato. Il ministero della Salute, con la circolare del 22 febbraio 2020, ha individuato misure di prevenzione dirette alla popolazione in generale, come lavarsi frequentemente le mani e disinfettare le superfici con prodotti a base di cloro e alcol, ma anche indicazioni più specifiche per gli operatori sanitari, in rapporto alla tipologia e al livello di rischio di esposizione, in relazione alla presenza di “casi” di COVID-19. Inoltre, con gli allegati 1 e 2 della circolare del 27 febbraio 2020, sono state aggiornate le definizioni di caso sospetto, caso probabile e caso confermato, in relazione alle persone che sono o potrebbero essere entrate in contatto con il virus.

Misure di prevenzione generale. Non solo come norma generale, ma anche in riferimento a questa specifica infezione, è fondamentale aumentare la consapevolezza dei lavoratori sull’importanza di rimanere a casa e lontano da luoghi di lavoro in caso di comparsa di sintomi respiratori, al fine di prevenire la diffusione del rischio, in coerenza con le indicazioni comportamentali già note per la prevenzione della diffusione della sindrome influenzale. In ogni caso, per tutte le operazioni che prevedono il contatto con casi sospetti o confermati di COVID-19, alle misure collettive, come ricordato, deve essere necessariamente affiancato l’uso di dispositivi di protezione individuale – dpi.
 

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