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Saldatura: Impianti di aspirazione localizzata

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saldatura aspirazione localizzata

Saldatura: Impianti di aspirazione localizzata 

Le tecniche di ventilazione possibili sono:

-  la ventilazione locale per aspirazione localizzata degli inquinanti;

-  la ventilazione generale per diluizione degli inquinanti.

La ventilazione locale per aspirazione localizzata consiste nel catturare gli inquinanti aerodispersi il più vicino possibile alla sorgente di emissione prima che essi attraversino la zona di respirazione dei lavoratori o che si disperdano nell’ambiente di lavoro.

Le concentrazioni di inquinanti che si ottengono con le aspirazioni localizzate, essendo essi allontanati e non diluiti, possono essere anche molto basse.

Questi impianti richiedono portate d’aria di molto inferiori rispetto alla ventilazione generale per diluizione e quindi costi di funzionamento e di riscaldamento meno elevati anche se con maggiori costi di investimento iniziale.

La ventilazione locale deve essere ritenuta prioritaria in tutti i casi e in particolare quando inquinanti pericolosi siano emessi in quantità notevoli.

Il calcolo delle portate necessarie, per i vari tipi di impianti di aspirazione localizzata, deve essere e ettuato considerando una velocità di captazione necessaria alla sorgente non inferiore a 0,5 m/s con aumenti dovuti a particolari condizioni dell’impianto utilizzato o ad altri parametri igienico - ambientali.

La ventilazione generale per diluizione degli inquinanti introduce una quantità d’aria nuova nel locale in quantità su ciente per portare la concentrazione delle sostanze pericolose al di sotto dei valori limite di esposizione adottati.

Si raccomanda di utilizzarla solo come complemento alla ventilazione locale e per diluire gli inquinanti residui non captati dagli impianti di aspirazione localizzata.

La ventilazione generale può essere utilizzata come tecnica principale di risanamento dell’aria solo se il ricorso ad una ventilazione locale è tecnicamente impossibile, in caso di inquinanti aerodispersi poco tossici, emessi in piccole quantità e se i lavoratori esposti sono su cientemente lontani dalle sorgenti di inquina- mento.

In molti casi di impossibilità apparente, si può tuttavia realizzare una aspirazione localizzata con una riorganizzazione del lavoro, per es. raggruppando postazioni di lavoro inizialmente disperse o trasformando in posti fissi o semifissi postazioni di lavoro inizialmente mobili o con impianti di aspirazione localizzata mobili.

Naturalmente ciò diventa più facilmente realizzabile per una nuova ditta, in fase di progettazione del lay- out, ma è comunque possibile anche in situazioni esistenti. 

segue

EBER 2015

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EBER 2015
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Formaldeide: Indicazione iscrizione registro di esposizione RFVG

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Formaldeide Regione Friuli Venezia Giulia 2017

Formaldeide: Indicazione iscrizione dei lavoratori registro di esposizione RFVG

Regione Friuli Venezia Giulia, prot. 16 agosto 2017, n. 14470/P - PRP 2014 - 2018 - MO 7

Prevenzione infortuni e malattie professionali - Protezione da agenti cancerogeni e mutageni

La riclassificazione della formaldeide da sospetto cancerogeno a cancerogeno per l'uomo in categoria 1B (può provocare il cancro - indicazione di pericolo H 350), porta alla necessità di rivalutazione degli aspetti della gestione della salute e sicurezza, ai fini della corretta applicazione della normativa in materia di "Protezione da agenti cancerogeni e mutageni" prevista dal Titolo IX- Capo II del D.lgs 81/08 in tutti i casi in cui vi sia impiego o liberazione di formaldeide.

Il Gruppo di Lavoro Cancerogeni delle Aziende Sanitarie della Regione Friuli Venezia Giulia, nelle more delle conclusioni del gruppo nazionale cancerogeni, ha redatto un documento, che fornisce indicazioni operative uniformi sul territorio regionale in materia di rischio da esposizione occupazionale a formaldeide, rivolto principalmente ai Servizi di Prevenzione e Protezione aziendali e ai medici competenti.

Alla luce della normativa vigente e di importanti contributi regionali, dedicati all'applicazione degli artt. 242 e 243 del Dlgs 81/08 riguardo a tale agente, il gruppo di lavoro della Regione Friuli Venezia Giulia propone di considerare: 

- non esposti professionalmente i lavoratori la cui esposizione, espressa in termini di esposizione media ponderata a formaldeide, non oltrepassi il valore di 0,1 mg/m³, tenuto conto delle indicazioni, tuttora valide, delle Linee Guida del Coordinamento Tecnico per la Sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province Autonome del 2002 e della Circolare n. 57/1983 del Ministero della Salute.

- professionalmente esposti i lavoratori la cui esposizione oltrepassi il valore di 0,1 mg/m³, ai fini dell'attivazione della sorveglianza sanitaria e dell'iscrizione al Registro esposti ai sensi degli art.i 242 e 243 del D.Lgs 81/08.

Il Gruppo di Lavoro del Friuli Venezia Giulia ha ritenuto di adottare la soglia di 0,1 mg/m3 poiché, stante i recenti adeguamenti normativi, in questa Regione sono ancora in corso verifiche sulle ricadute effettive in termini di tumori occupazionali collegati con l’esposizione a formaldeide e sulle concrete situazioni espositive nelle diverse realtà produttive locali.

Fermo restando il valore sopra proposto, al fine di verificare l’efficacia delle misure preventive elencate all’art. 237 del D.lgs 81/08 per contenere il rischio cancerogeno, come sottolineato nella Linea guida della Lombardia, va fatto riferimento alle indicazioni citate nell’Allegato XLI dello stesso decreto per le metodiche di misurazione e la periodicità delle stesse (norma UNI EN 689/97 - Atmosfera nell’ambiente di lavoro-Guida alla valutazione dell’esposizione per inalazione a composti chimici ai fini del confronto con i valori limite e strategia di misurazione).

__________

Articolo 242 - Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all’articolo 236 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per i singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l’allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 42.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell’informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità all’articolo 236;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell’agente in aria e comunque dell’esposizione all’agente, considerando tutte le circostanze e le vie di esposizione possibilmente rilevanti per verificare l’efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all’opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa.

Articolo 243 - Registro di esposizione e cartelle sanitarie
1. I lavoratori di cui all’articolo 242 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l’attività svolta, l’agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell’esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all’articolo 242, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio secondo quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lettera c).
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all’ISPESL, per il tramite del medico competente, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e, secondo le previsioni dell’articolo 25 del presente decreto, ne consegna copia al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attività dell’azienda, il datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio all’ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall’ISPESL fino a quarant’anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cancerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati personali e nel rispetto del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all’ISPESL ed all’organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all’Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attività dell’azienda, consegna copia del registro di cui al comma 1 all’organo di vigilanza competente per territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all’ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati dal Decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 12 luglio 2007, n. 155, ed aggiornati con Decreto dello stesso Ministro, adottato di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazione nella pubblica amministrazione, sentita la Commissione consultiva permanente.
10. L’ISPESL trasmette annualmente al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali dati di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili alle regioni.

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Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 56426 | 19 Dicembre 2017

ID 5354 | | Visite: 3732 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Violazione di norme di sicurezza e di igiene del lavoro

Estinzione delle contravvenzioni

Penale Sent. Sez. 3 Num. 56426 Anno 2017

Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: GALTERIO DONATELLA
Data Udienza: 04/04/2017

Ritenuto in fatto

Con sentenza in data 23.4.2015 il Tribunale di Ascoli Piceno, all'esito del giudizio dibattimentale, ha assolto perché il fatto non sussiste Z.X. dal reato di cui all'art.64, comma 1 lett.a) d. Lgs 81/2008 per aver omesso, in qualità di datore di lavoro, di curare che i luoghi di lavoro fossero conformi ai requisiti di legge attese le pessime condizioni igieniche dei locali, il mancato controllo degli estintori, la mancata apertura delle porte adibite ad uscita di emergenza verso l'esterno e la mancata adozione di accorgimenti atti ad impedire la diffusione di odori e vapori prodotti dalle operazioni di manipolazione di prodotti nocivi.

Avverso la suddetta sentenza il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Ancona ha proposto ricorso per Cassazione deducendo che in virtù della disposizione di cui all'art.24 d.lgs 758/1994 le contravvenzioni in materia di igiene e sicurezza sul lavoro si estinguono solo se il contravventore ottemperi agli obblighi di regolarizzazione impartite dall'organo di vigilanza e successivamente provveda al pagamento della relativa oblazione, di talché la ritenuta irritualità della notifica, in seguito all'adempimento delle prescrizioni, dell'invito al pagamento dell'oblazione, non risultando la destinataria presente sul territorio nazionale, non potrebbe mai precludere l'esercizio dell'azione penale e la conseguente condanna del trasgressore, venendosi altrimenti ad attribuire a quest'ultimo la possibilità di eludere ogni sanzione con il sol fatto di rendersi irreperibile.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato.

Una volta attivata la procedura di cui agli artt. 19 ss. D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 configurante condizione di procedibilità dell'azione penale nei procedimenti relativi ai reati in materia di violazione di norme di sicurezza e di igiene del lavoro, la pronuncia di assoluzione perché il fatto non sussiste fondata sull'intervenuta estinzione del reato per oblazione presuppone la constatazione, a norma dell'art.24, del duplice adempimento da parte del contravventore sia alle prescrizioni impartitegli dall'organo di vigilanza sia al versamento nei successivi 30 giorni della relativa sanzione amministrativa, a seguito dell'invito al pagamento comunicatogli, senza particolari formalità di procedura, purché pervenuto a sua conoscenza.

Non risultando il procedimento così delineato essersi perfezionato, difetta lo stesso presupposto, ovverosia l'intervenuta estinzione del reato, su cui si fonda l'impugnata pronuncia di assoluzione. [...]

Alla stregua delle considerazioni svolte la sentenza impugnata va annullata con rinvio per un nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Ascoli Piceno.
Così deciso il 4.4.2017

_________

Articolo 63 d. Lgs 81/2008 - Requisiti di salute e di sicurezza
1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell’ALLEGATO IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili.
3. L’obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere,
le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posi di lavoro utilizzati da lavoratori disabili.
[...]
Articolo 64 d. Lgs 81/2008 - Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all’articolo 63, commi 1, 2 e 3; [...]

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Allegato riservato Sentenza Cassazione Penale n. 56426 anno 2017.pdf
 
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INAIL: Rapporti 2016 per regione

ID 5347 | | Visite: 6283 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Rapporti regionali annuali 2016 INAIL

Rapporti annuali regionali INAIL 2016

Pubblicati da INAIL i Rapporti annuali per regione 2016, comprensivi di appendice statistica, inerenti i fenomeni infortunistici

Dati rilevati al 31 Ottobre 2017

Nota metodologica - Dati rilevati al 31 ottobre 2017

Nella tabella 1.1 sono considerate posizioni assicurative territoriali (Pat) in gestione quelle attive almeno un giorno nell’anno; le masse salariali (relative all’anno) sono quelle effettive (come regolate nell’anno successivo).
Nella tabella 1.2 i premi accertati e incassati sono quelli relativi al periodo assicurativo di osservazione (anno solare).
Nelle tabelle 1.4 e 1.5 gli indennizzi in temporanea e in capitale sono rilevati per i casi di infortunio per anno di accadimento e per quelli di malattia professionale per anno di protocollo.
Nella tabella 1.6 il dato indicato fa riferimento alle rendite gestite e non al numero dei soggetti titolari.
Nelle tabelle 2.4 e 2.5 la riga in assenza di menomazioni si riferisce ai casi per i quali è stata accertata l’assenza di menomazioni, o per i quali, alla data di rilevazione, non è stata ancora effettuata la valutazione definitiva del danno.
Nella tabella 5.1 i premi omessi accertati sono riferiti al periodo assicurativo di competenza (a prescindere dall’anno di accertamento).
Nella tabella 5.3 i servizi sono quelli richiesti nell’anno di esercizio, resi in quell’anno a prescindere dall’anno di richiesta, resi e richiesti nel medesimo anno; il fatturato è esposto per anno di esercizio.

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Sommario
Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Schede monografiche
6.1 Informazione/Formazione degli allievi della Scuola Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di finanza di L’Aquila
6.2 La ricostruzione post sisma: rischi per la salute dei lavoratori e della popolazione da esposizione a sostanze chimiche
Glossario


Sommario
Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Schede monografiche
6.1 Realizzazione di un percorso di aggiornamento continuo sulla valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori
6.2 L’attività ispettiva ai sensi della nuova Direttiva “Seveso III” in Basilicata
6.3 La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi
6.4 Direttiva Seveso III - Il rischio sismico e gli impianti a rischio incidenti rilevanti
Glossario


Sommario
Nota metodologica
Indice delle tabelle 4
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 Workshop Agricoltura: Sicurezza delle macchine utilizzate nelle aziende agricole (sessione mattutina) - Cantieri Edili: sicurezza delle attrezzature di sollevamento dell’impianto elettrico/protezione scariche atmosferiche (sessione pomeridiana).
7. Schede monografiche
7.1 Fascicolo elettronico formativo del lavoratore in ambito della salute e sicurezza sul lavoro
7.2 App sulla sicurezza sul lavoro nel settore turistico
Glossario


Sommario
Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 Informazione sulla sicurezza e salute dei lavoratori in ambito scolastico.
6.2 Informazione sulla sicurezza e salute nei cantieri soggetti a rischio sismico.
7. Schede monografiche
7.1 Cantieri in sicurezza
7.2 #Socialroadsafety
7.3 Sicuri è più bello! – la prevenzione per parrucchieri ed estetisti
7.4 La prevenzione dei rischi da malattie professionali in edilizia
7.5 Strumenti di prevenzione, nuove tecnologie e quasi infortunio nel settore edile
7.6 Valutazione della difettologia delle vie di corsa dei carrelli di gru a ponte
7.7 Attivita’ di tutoraggio nell’ambito del master di ingegneria dei trasporti
7.8 Formazione ed aggiornamento formativo dei dipendenti Enel sull’uso delle piattaforme di lavoro sviluppabili
Glossario


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Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Schede monografiche
6.1 Caregiver – aiutiamo chi si prende cura
6.2 Prevenzione dei fenomeni di runaway ed esplosioni nel settore Agroalimentare (silos e ambienti confinati)
6.3 Attività di verifica e omologazione in cantieri per la realizzazione di tunnel sotterranei. Il caso pratico di camere iperbariche nella Metropolitana di Napoli e nella Galleria Pavoncelli di Caposele (AV)
6.4 Aziende a rischio di incidente rilevante: stato dell’arte dei sistemi di gestione della sicurezza
Glossario


Sommario
Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 Le sinergie tra Inail e Servizi sanitari regionali per la tutela della salute del lavoratore. L’esperienza dell’Emilia Romagna. Bologna, 18 maggio 2016
6.2 Datti una mossa! Salute, Sicurezza e Benessere nel “Villaggio Sicurezza a Bologna”. Bologna, 29 maggio 2016
6.3 SAFAP 2016 Sicurezza e Affidabilità delle Attrezzature a Pressione - Il decreto legislativo 105/2015 e i rischi di incidenti tecnologici innescati da disastri naturali (Na-Tech). Milano, 15 e 16 novembre 2016
7. Schede monografiche
7.1 L’aiuto che ritorna
7.2 La sicurezza in campo nasce a scuola - Da studente a Rspp - Agrari
7.3 Gestione delle prestazioni riabilitative integrative: uniformità di trattamento amministrativo e sanitario
7.4 Tavolo tecnico per la trattazione delle malattie professionali
Glossario


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Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 La percezione del rischio inizia sui banchi di scuola Festival letterario Pordenonelegge 2016
7. Schede monografiche
7.1 Guida per la prevenzione e sicurezza nella piccola pesca
Glossario


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Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 “Giornata promozionale degli sport paralimpici” e “Cerimonia di premiazione atleti del Lazio s.s. 2015-16”. Accordo regionale tra l’Inail e il Cip Lazio
6.2 “Illustrazione della nuova procedura Inail di certificazione online delle malattie professionali” – Corso di presentazione della “Procedura di controllo della sorveglianza sanitaria effettuata dai medici competenti”
7. Schede monografiche
7.1 La persona tra trauma e risorse - sportello di ascolto e sostegno psicologico
7.2 Prevenzione e sicurezza in agricoltura: indagine conoscitiva sul territorio di Viterbo
7.3 Auto Mutuo Aiuto per costruire insieme
7.4 Sviluppi dell’attività di ricerca in tema di “Sicurezza delle attrezzature e insiemi a pressione”
Glossario


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Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 “Ambienti di lavoro sani e sicuri ad ogni età. Promozione di una vita lavorativa sostenibile" - Genova, 25 ottobre 2016
7. Schede monografiche
7.1 "Edilizia si...cura!" – Progetto informativo per i lavoratori del settore edile
7.2 Garden Therapy - ridurre il malessere con la cura delle piante
7.3 Il corretto impiego dei prodotti fitosanitari in agricoltura – Percorso formativo
7.4 Comportamenti consapevoli e responsabili stili corretti alla guida e sulle strade ABCD, il salone nazionale dell’educazione
Glossario


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Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 La sicurezza del lavoro nel settore socio-sanitario.
6.2 Giornata della sicurezza in agricoltura - II edizione.
6.3 Convegno “L’aggressività non paga. Prevenire e gestire l’aggressività in azienda”.
6.4 Festa dello sport paralimpico.
6.5 L’innovazione digitale in Inail: le sfide per il cambiamento. Incontri di approfondimento.
6.6 Congresso: “L’emersione delle malattie professionali: sviluppi e analisi di contesto”.
6.7 Convegno “Quaderni per immagini. La prevenzione nei cantieri attraverso strumenti innovativi”.
6.8 Caporalato - Intermediazione illegale di manodopera: lo sfruttamento, la tutela del lavoro, le inchieste, la riforma.
7. Schede monografiche
7.1 Audit organizzativo sulle malattie professionali
7.2 Riduzione del rischio nelle attività di scavo.
7.3 La sicurezza nei cantieri lombardi
7.4 Sci per tutti
7.5 Promozione della pratica sportiva
Glossario

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Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 Convegno: “La formazione per la sicurezza sul lavoro a dieci anni dalla nascita di Olympus”.
6.2 Seminario: “Organizzazione del lavoro e modelli di gestione della sicurezza nella piccola e media impresa.”
6.3 Orientamento ai formatori della salute e sicurezza del settore edile marchigiano.
7. Schede monografiche
7.1 Progetto integrato Inail/Marche - Regione Marche per attività di informazione formazione e sostegno finanziario al mondo agricolo sul rischio chimico in agricoltura.
7.2 PLE nei cantieri – L’uso delle piattaforme di lavoro mobili in elevato nei cantieri temporanei o mobili
Glossario


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Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Schede monografiche
6.1 “Tu puoi tutto lo sport che vuoi”
6.2 Chi ha paura dell’uomo nero?
6.3 Protocollo d’intesa tra Inail e Ordini professionali
Glossario


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Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 Lavoro e sicurezza: semplificazione, trasparenza, incentivi alle imprese
6.2 “Abbi cura di te… via libera alla prevenzione”
6.3 "Osservatorio interistituzionale sugli stranieri in provincia di Torino Rapporto 2015" – Presentazione
6.4 Seminario di aggiornamento sull’attività COR-TUNS e COR-ReNaM Regione Piemonte
7. Schede monografiche
7.1 Collaborazione al piano della prevenzione 2014-2018 della Regione Piemonte
7.2 Promuoviamo la cultura della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro: un percorso per conoscere chi fa prevenzione nel territorio novarese -Settimana europea della sicurezza
7.3 Apertura dello Sportello informativo Cip presso la sede di Asti
7.4 Controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose in applicazione del d.lgs. 105/2015
7.5 Patogenicità delle polveri di silice cristallina
7.6 Rinnovo della convenzione regionale Inail-Cip per la promozione della pratica sportiva in favore delle persone con disabilità da lavoro e iniziative sinergiche realizzate in Piemonte
Glossario


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Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 Presentazione dell’avviso pubblico per la manifestazione di interesse a realizzare progetti di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
7. Schede monografiche
7.1 Convenzione regionale Inail Puglia – Cip Puglia
7.2 La sicurezza sul lavoro inizia da te - Indagine valutativa per la realizzazione di interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro
7.3 Impianto AFO/2 dello stabilimento ILVA di Taranto.
7.4 Disastro ferroviario tratta Andria-Corato del 12 luglio 2016.
Glossario


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Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 Seminario: gestire la salute e la sicurezza con una forza lavoro che invecchia.
7. Schede monografiche
7.1 Prevenzione e gestione dello stress lavoro-correlato
7.2 Take it easy – il futuro è nelle tue mani
Glossario


Sommario
Nota metodologica – Dati rilevati al 31 ottobre 2017.
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 Workshop in tema di prestazioni integrative di riabilitazione.
7. Schede monografiche
7.1 New Man “L’eroe che ho in me”
7.2 A scuola di sicurezza
Glossario


Sommario
Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 Seminario “Azioni e prospettive in materia di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro in Toscana”.
6.2 Seminario di formazione-informazione: “Sicurezza - Conoscere e Condividere - VII edizione”.
7. Schede monografiche
7.1 “Progetto di presa in carico precoce dell’infortunato”
7.2 Ri-qualificare in Sicurezza
7.3 Con il vento in poppa in barca a vela
7.4 Master di II livello “Management in sicurezza nei luoghi di lavoro e valutazione dei
rischi (Esperto in sicurezza)”
7.5 “Primo pensiero. La barca per un mare senza barriere"
7.6 Percorso di sorveglianza sanitaria ex esposti ad amianto in Toscana
Glossario


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Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 Workshop “Dpi contro le cadute dall’alto. Evoluzione tecnico legislativa”.
7. Schede monografiche
7.1 Banca dati esposizione a vibrazioni total body da attrezzature e macchine del settore agricolo in provincia di Trento
7.2 Cardiologo in linea
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Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 Seminario su “Invecchiamento attivo della forza lavoro”.
6.2 “Notte bianca dello sport paralimpico”.
7. Schede monografiche
7.1 “Coltiviamo la sicurezza”: progetto di prevenzione in agricoltura
7.2 Master di I livello in “Ingegneria della sicurezza e analisi dei rischi in ambito industriale”
7.3 “Io scelgo la legalità”
7.4 Campagna di comunicazione: “Sport e Riabilitazione: un binomio vincente”
7.5 Accordo per l’inclusione sociale delle persone con disabilità e lo sviluppo della loro vita di relazione
Glossario


Sommario
Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 Evento formativo: aggiornamento sulle modalità di denuncia di infortunio e di malattia professionale.
7. Schede monografiche
7.1 Progetto OiRA (Online Interaction Risk Assessment) – Fase I
7.2 Promozione delle tematiche prevenzionali nelle scuole valdostane
7.3 Consultazione della banca dati anagrafica ai sensi dell’art. 58 del codice dell’amministrazione digitale fra il Comune di Aosta e Inail sede regionale di Aosta
7.4 Espletamento di attività di aiuto materiale a ricaduta sociale
Glossario


Sommario
Nota metodologica
Indice delle tabelle
Sintesi dei fenomeni rilevanti
1. La situazione nel mondo del lavoro nei dati Inail
2. Infortuni
3. Malattie professionali
4. Cura, riabilitazione, reinserimento
5. Azioni e servizi
6. Eventi rilevanti
6.1 Apertura a Venezia di un nuovo punto di assistenza del Centro Protesi di Vigorso di Budrio per persone con grave disabilità
7. Schede monografiche
7.1 Golf Paralimpico
7.2 “Scatto, dipingo e scrivo il mio coraggio”
7.3 Efficacia della Formazione in materia di sicurezza
7.4 Lavoro usurante nei servizi pubblici del settore ambientale
7.5 Assistere in sicurezza – We care about you
Glossario

...

Dati rilevati al 31 Ottobre 2017

Decreto 3 marzo 2014

ID 5340 | | Visite: 5832 | Prevenzione Incendi

Decreto 3 marzo 2017

Decreto 3 marzo 2014

Modifica del Titolo IV del decreto 9 aprile 1994, in materia di regole tecniche di prevenzione incendi per i rifugi alpini.

GU n. 62 del 15-3-2014

Art. 1. Modifica alla regola tecnica di prevenzione incendi per i rifugi alpini 1. Il titolo IV - Rifugi Alpini della regola tecnica allegata al decreto del Ministro dell’interno 9 aprile 1994 è sostituito con quello previsto dall’allegato al presente decreto.

Collegati

Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 30437 | 19 dicembre 2017

ID 5335 | | Visite: 4650 | Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione civile

Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. 19 dicembre 2017 n. 30437

Caduta al suolo del neo assunto. Nessun comportamento abnorme

Presidente: D'ANTONIO ENRICA
Relatore: RIVERSO ROBERTO
Data pubblicazione: 19/12/2017

Ritenuto

che la Corte d'Appello di Caltanissetta, con sentenza n. 416/2011, rigettava l'appello proposto da E.S., titolare di omonima impresa edile, avverso la sentenza del tribunale di Caltanissetta ed in parziale riforma elevava a € 52.272,48 l'ammontare della somma dovuta dall'appellante in favore dell'Inail a titolo di regresso ex artt. 10 e 11 d.p.r. n. 1124/1965 per infortunio sul lavoro avvenuto in data 18 gennaio 1999 ai danni di M.A., allorché quest'ultimo alle dipendenze della predetta impresa, durante i lavori di ristrutturazione di un vecchio immobile sito in Trapani, ebbe a cadere al suolo da una impalcatura sulla quale era salito per verificare la stabilità del ponteggio esistente;
che a fondamento della sentenza, per quanto qui interessa, la Corte sosteneva che gravasse sul titolare dell'impresa il preciso obbligo non solo di fornire, ma di assicurarsi che il lavoratore facesse effettivo uso del casco e della cintura di sicurezza, aggiungendo che non si potesse ritenere che il comportamento posto in essere dal M.A. (salire sulla parte non calpestabile del ponteggio e appoggiare il piede sulla mantovana) fosse connotato da abnormità e/o imprevedibilità;
che contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione E.S. con tre motivi, illustrati da memoria, mentre l'Inail ha resistito con controricorso;

Considerato

che il primo motivo deduce violazione o falsa applicazione degli articoli 10 e 11 d.p.r. 1124/1965, artt. 2697, 2729, 2087, 1218, c.c., insussistenza di prova in ordine al nesso causale, art. 115, 116 c.p.c. Inammissibilità dell'azione di regresso. Articolo 2087 c.c. Error in iudicando (in relazione all'articolo 360 numero 3 e 5 c.p.c.). Vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del fatto reato (art. 360 numero 3 e 5);
lamenta il ricorrente che la Corte non abbia accertato se nell'occorso sussistesse o meno un'ipotesi di fatto reato penalmente perseguibile d'ufficio, posto che il giudizio penale si era concluso con un provvedimento di archiviazione; che inoltre il giorno dell'evento M.A. si era recato sui luoghi di lavoro per un sopralluogo volto alla verifica della stabilità del ponteggio da smontare senza ricevere nessuna direttiva dal datore di lavoro, come comprovato dalla testimonianza di A. dalla quale discendeva che il comportamento del lavoratore era da porsi come causa esclusiva dell'evento;
[...]
che per il resto i motivi sollevano, oltretutto in modo contraddittorio (posto che vi si afferma che il datore non ha dato direttive al lavoratore), questioni di merito già correttamente esaminate, senza vizi logici e giuridici, dalla Corte competente, e che non sono suscettibili di esame da parte di questa corte di legittimità, alla quale il ricorso domanda un generale riesame del materiale probatorio al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto e senza neppure denunciare effettivi vizi di motivazione ai sensi dell'articolo 360 numero 5 c.p.c. applicabile ratione tempore il quale postula l'omessa, insufficiente o contraddittoria valutazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio;
che le stesse censure sono peraltro infondate nel merito, atteso che l'infortunio è avvenuto sul luogo di lavoro e nella esecuzione di una attività lavorativa in relazione alla quale lo stesso datore di lavoro, il quale accampa come propria giustificazione di "non avere impartito nessuna direttiva al lavoratore", sostiene nel contempo di avergli fornito i necessari mezzi di sicurezza; mentre egli, oltre che fornire i presidi di protezione, aveva il preciso obbligo di individuare anzitutto ogni situazione di rischio presente sul luogo di lavoro, di informare tempestivamente e dettagliatamente il lavoratore e di sottoporlo alla opportuna vigilanza in ordine al corretto impiego dei medesimi mezzi di prevenzione, essendo tra l'altro al suo primo giorno di lavoro;
che salire su una parte non calpestabile del ponteggio ed appoggiare un piede su una mantovana non costituisce comportamento connotato da abnormità e/o imprevedibilità in quanto non esorbitava dall'attività lavorativa; posto che, come affermato nell'immediatezza dei fatti dal testimone A., il lavoratore infortunato era salito sul ponteggio, in quella parte ove erano sistemate delle mantovane costituite da due tavole poste al riparo dei calcinacci, proprio al fine di procedere allo smontaggio delle stesse; in quanto il punteggio esistente doveva essere smontato, perché già ritenuto non conforme alle esigenze di sicurezza; e ciò richiedeva, evidentemente, l'impiego di una ulteriore attenzione e di una supplementare cautela da parte del datore di lavoro, garante della sicurezza, il quale ha invece adibito ad una attività particolarmente pericolosa un lavoratore, come il M.A., al primo giorno di assunzione ("appena assunto"), senza dargli adeguate informazioni e vincolanti prescrizioni; essendo sufficiente osservare a tal fine che lo stesso teste A., ha affermato testualmente, in relazione al ponteggio in questione, che: "non potevamo immaginare che l'impalcatura non fosse stabile, anche perché dava l'impressione che fosse stabile, né c'era segnaletica che avvisasse della sua pericolosità";
che in conclusione la sentenza impugnata si sottrae a tutte le censure fatte valere col ricorso che deve essere quindi rigettato;
che le spese processuali seguono la soccombenza come da dispositivo;



P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in € 3700 di cui € 3500 per compensi professionali, oltre al 15% di spese aggiuntive ed oneri accessori.
Roma, così deciso nella adunanza camerale del 21.9.2017

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Direttiva (UE) 2017/2398

ID 5326 | | Visite: 25953 | Legislazione Sicurezza UE

Direttiva 2017 2398

Modifica Direttiva 2004/37/CE Protezione lavoratori esposizione agenti cancerogeni o mutageni

Direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2017 che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (Modifica alla VI Direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)

Entrata in vigore: 16.01.2018

GUUE L 345/87 del 27.12.2017

09.06.2020 Recepimento IT: Decreto Legislativo 1 giugno 2020 n. 44

Attuazione della direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che modifica la direttiva 2004/37/CE del Consiglio, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro. (GU Serie Generale n.145 del 09-06-2020)Entrata in vigore del provvedimento: 24/06/2020 

31.01.2019

In data 31.01.2019 pubblicata la Direttiva(UE) 2019/130 che modifica ulteriormente la Direttiva 2004/37/CE e assorbe il testo della presente, da recepire entro il 20.02.2021.

20.06.2019

In data 20.06.2019 pubblicata la Direttiva (UE) 2019/983 che modifica ulteriormente la Direttiva 2004/37/CE e assorbe il testo della presente, da recepire entro il 11.07.2021.

Articolo 1

La direttiva 2004/37/CE è così modificata:

1) all’articolo 6 è aggiunto il comma seguente:

«Gli Stati membri tengono conto delle informazioni di cui alle lettere da a) a g) del primo comma del presente articolo nelle loro relazioni presentate alla Commissione ai sensi dell’articolo 17 bis della direttiva 89/391/CEE.»;

2) l’articolo 14 è così modificato:

a) il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:

«1. Gli Stati membri adottano, conformemente alle leggi o alle prassi nazionali, provvedimenti intesi ad assicurare un’adeguata sorveglianza sanitaria dei lavoratori per i quali la valutazione prevista dall’articolo 3, paragrafo 2, riveli un rischio per la salute o la sicurezza. Il medico o l’autorità responsabile della sorveglianza sanitaria dei lavoratori può segnalare che la sorveglianza sanitaria debba proseguire al termine dell’esposizione per il periodo di tempo che ritiene necessario per proteggere la salute del lavoratore interessato.»;

b) il paragrafo 8 è sostituito dal seguente:

«8. Tutti i casi di cancro che, in conformità delle leggi o delle prassi nazionali, risultino essere stati causati dall’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante l’attività lavorativa, devono essere notificati all’autorità responsabile. Gli Stati membri tengono conto delle informazioni di cui al presente paragrafo nelle loro relazioni presentate alla Commissione ai sensi dell’articolo 17 bis della direttiva 89/391/CEE.»;

3) è inserito l’articolo seguente:

«Articolo 18 bis Valutazione

Nel quadro della prossima valutazione dell’attuazione della presente direttiva nell’ambito della valutazione di cui all’articolo 17 bis della direttiva 89/391/CEE, la Commissione valuta inoltre la necessità di modificare il valore limite per la polvere di silice cristallina respirabile. La Commissione propone, se del caso, le modifiche necessarie relativamente a tali sostanze.

Entro il primo trimestre del 2019 la Commissione, tenendo conto degli ultimi sviluppi nelle conoscenze scientifiche, valuta la possibilità di modificare l’ambito di applicazione della presente direttiva per includervi le sostanze tossiche per la riproduzione. Su tale base la Commissione presenta, se del caso, una proposta legislativa, previa consultazione delle parti sociali.»;

4) all’allegato I è aggiunto il punto seguente:

«6. Lavori comportanti esposizione a polvere di silice cristallina respirabile generata da un procedimento di lavorazione.»;

5) l’allegato III è sostituito dal testo che figura nell’allegato della presente direttiva.

Articolo 2

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 gennaio 2020. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 3

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
....

ALLEGATO

«ALLEGATO III Valori limite e altre disposizioni direttamente connesse (Articolo 16)

A. VALORI LIMITE PER L’ESPOSIZIONE PROFESSIONALE

Nome agente

N. CE (1)

N. CAS (2)

Valori limite (3)

Osservazioni

Misure transitorie

mg/m3 (4)

ppm (5)

f/ml (6)

Polveri di legno duro

 -

 -

2 (7)

 -

 -

 -

Valore limite:
3 mg/m3 fino al
17 gennaio 2023

Composti di cromo VI definiti cancerogeni ai sensi dell’articolo 2, lettera a), punto i), (come cromo)

 -

 -

0,005

 -

 -

 -

Valore limite: 0,010 mg/m3 fino al 17 gennaio 2025
Valore limite: 0,025 mg/m3 per i procedimenti di saldatura o taglio al plasma o analoghi procedimenti di lavorazione che producono fumi fino
al 17 gennaio 2025

Fibre ceramiche refrattarie definite cancerogene ai sensi dell’articolo 2, lettera a), punto i)

 -

 -

-

 -

0,3

 -

 -

Polvere di silice cristallina respirabile

 -

 

0,1 (8)

 -

 -

 

 -

Benzene

200-753-7

71-43-2

3,25

1

 -

Pelle (9)

 -

Cloruro di vinile monomero

200-831-0

75-01-4

2,6

1

 -

-

 -

Ossido di etilene

200-849-9

75-21-8

1,8

1

 

Pelle (9)

 -

1,2-Epossipropano

200-879-2

75-56-9

2,4

1

 

-

 -

Acrilammide

201-173-7

79-06-1

0,1

-

 

Pelle (9)

 -

2-Nitropropano

201-209-1

79-46-9

18

5

 

-

 -

o-Toluidina

202-429-0

95-53-4

0,5

0,1

 

Pelle (9)

 -

1,3-Butadiene

203-450-8

106-99-0

2,2

1

 

-

 -

Idrazina

206-114-9

302-01-2

0,013

0,01

 

Pelle (9)

 -

Bromoetilene

209-800-6

593-60-2

4,4

1

 

-

 -

(1) N. CE (ossia EINECS, ELINCS o NLP): è il numero ufficiale della sostanza all’interno dell’Unione europea, come definito nell’allegato VI, parte 1, punto 1.1.1.2, del regolamento (CE) n. 1272/2008.

(2) N. CAS: numero di registrazione CAS (Chemical Abstract Service).

(3) Misurato o calcolato in relazione a un periodo di riferimento di 8 ore.

(4) mg/m3 = milligrammi per metro cubo di aria a 20 °C e 101,3 kPa (corrispondenti alla pressione di 760 mm di mercurio).

(5) ppm = parti per milione per volume di aria (ml/m3).

(6) f/ml = fibre per millilitro.

(7) Frazione inalabile: se le polveri di legno duro sono mischiate con altre polveri di legno, il valore limite si applica a tutte le polveri di legno presenti nella miscela in questione.

(8) Frazione inalabile. (rettificato in "Frazione respirabile" da Rettifica direttiva (UE) 2017/2398 GUUE L 41/15 del 14.02.2018)

(9) Contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea

B. ALTRE DISPOSIZIONI DIRETTAMENTE CONNESSE

p.m.

.....

Rettifica:

Rettifica direttiva (UE) 2017/2398 GUUE L 41/15 del 14.02.2018

___________

Nota di commento:

La modifica alla Direttiva 2004/37/CE, dovrà essere recepita nel D.Lgs. 81/2008 entro il 17 gennaio 2020 ed andrà a modificare/integrare il capo II e gli Allegati XLII e XLIII:

_____

D.Lgs. 81/2008
....
Capo II Protezione da agenti cancerogeni e mutageni

Art. 233. Campo di applicazione

1. Fatto salvo quanto previsto per le attività disciplinate dal capo III e per i lavoratori esposti esclusivamente alle radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro attività lavorativa.

Art. 234. Definizioni

1. Agli effetti del presente decreto si intende per:

a) agente cancerogeno:
1) una sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1 A o 1 B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio;
2) una sostanza, miscela o procedimento menzionati all'allegato XLII del presente decreto, nonché sostanza o miscela liberate nel corso di un processo e menzionate nello stesso allegato;

b) agente mutageno:
1) una sostanza o miscela corrispondente ai criteri di classificazione come agente mutageno di cellule germinali di categoria 1 A o 1 B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008.

c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato XLIII.
...
Art. 236. Valutazione del rischio

1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'articolo 17.

2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo.

3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente capo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.

4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, o l'autocertificazione dell'effettuazione della valutazione dei rischi di cui all'articolo 29, comma 5, sono integrati con i seguenti dati:

a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o miscele cancerogene o mutagene o di processi industriali di cui all'allegato XLII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero miscele cancerogene o mutagene1 prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e le miscele1 eventualmente utilizzati come sostituti.

5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.

6. Il rappresentante per la sicurezza può richiedere i dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50, comma 6.

...
ALLEGATO XLII

Elenco di sostanze, miscele e processi

ELENCO DI SOSTANZE, MISCELE E PROCESSI

1. Produzione di auramina con il metodo Michler.
2. I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone.
3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate.
4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico.
5. Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di legno duro.

ALLEGATO XLIII

Valori limite di esposizione professionale:

Nome agente EINECS (1)  CAS (2)  V.L. esposizione
professionale 
osservazioni Misure transitorie
       Mg/m3 (3) Ppm (4)    
Benzene 200-753-7 71-43-2 3,25 (5) 1 (5) Pelle (6) Sino al 31 dicembre
2001il valore limite
è di 3 ppm (=9,75 mg/m3)
Cloruro di vinile monomero  200-831 75-01-4 7,77 (5) 3 (5) -  -
Polveri di legno - - 5,00 (5) (7) - - -

(1) EINECS: Inventario europeo delle sostanze chimiche esistenti (European Inventory of Existing Chemical Susbstances). 
(2) CAS: Numero Chemical Abstract Service. 
(3) mg/m3 = milligrammi per metro cubo d'aria a 20° e 101,3 Kpa (corrispondenti a 760 mm di mercurio). 
(4) ppm = parti per milione nell'aria (in volume: ml/m3). 
(5) Valori misurati o calcolati in relazione ad un periodo di riferimento di otto ore. 
(6) Sostanziale contributo al carico corporeo totale attraverso la possibile esposizione cutanea. 

(7) Frazione inalabile; se le polveri di legno duro sono mescolate con altre polveri di legno, il valore limite si applica a tutte le polveri di legno presenti nella miscela in questione

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Infortunio mortale: Mancanza di adozione di misure di prevenzione

Penale Sent. Sez. 4 Num. 4917 Anno 2010
Presidente: CAMPANATO GRAZIANA
Relatore: ROMIS VINCENZO
Data Udienza: 01/12/2009

Fatto

Il (OMISSIS), P.M., dipendente della società CO.SE.ME. S. r. I., durante il turno di lavoro notturno (22,00-6,00), mentre era intento alle operazioni di pulizia all'interno di un silo contenente grano in fase di svuotamento - realizzato mediante la progressiva fuoriuscita del grano stesso per gravità a mezzo di una tramoggia posizionata sul fondo del silo - ad un certo punto era venutosi a trovarsi disteso sulla superficie granaria sulla quale si muoveva, e, non percependo il progressivo assorbimento del suo corpo all'interno della massa di grano, era rimasto poi completamento coperto dal grano decedendo per asfissia causata dall'ostruzione delle vie respiratorie intasate dal grano.

Per tale fatto, veniva tratto a giudizio F.G.F., quale legale rappresentante della predetta società CO.SE.ME. S.r.l., con l'accusa di omicidio colposo, ai sensi degli artt. 40 e 589 c.p., commesso, secondo l'addebito, con colpa generica (negligenza, imprudenza, imperizia) nonchè con violazione di specifiche norme antinfortunistiche la cui inosservanza aveva determinato, secondo l'ipotesi accusatoria, la caduta del P. dall'alto, dopo che questi si era introdotto nel silo dall'apertura superiore, al fine di procedere poi alla pulizia delle pareti dell'impianto, servendosi di una scala; all'imputato veniva contestata anche la recidiva specifica infraquinquennale.
All'esito del dibattimento, il Tribunale di Foggia condannava l'imputato, previa concessione delle attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle aggravanti contestate, alla pena ritenuta di giustizia per il delitto, pronunciava declaratoria di estinzione per prescrizione in ordine alla contravvenzione di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 4 e 21, D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 22, comma 1, e D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 89, ed assolveva il F. dalle altre contravvenzioni relative a violazioni del D.P.R. n. 547 del 1955, contestate con il capo di imputazione, per insussistenza di fatto; l'imputato veniva altresì condannato al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili da liquidarsi in separata sede.

Secondo la dinamica dell'infortunio quale ricostruita dal Tribunale, l'evento si era verificato non con le modalità descritte nel capo di imputazione (precipitazione dall'alto), bensì perchè il P. - il quale stava svolgendo lavoro di pulizia all'interno del silo per la rimozione dei residui del grano, durante la contemporanea fase di svuotamento che si realizzava mediante la fuoriuscita del grano stesso per gravita a mezzo di una tramoggia posizionata sul fondo del silo - era venuto a trovarsi ad un certo punto disteso sulla superficie granaria, per essersi assopito o perchè colto da malore, e non aveva percepito il progressivo assorbimento del suo corpo all'interno della massa di grano dalla quale era rimasto poi completamente coperto: il P. era quindi deceduto per asfissia acuta avendo avuto gli orifizi nasale ed orale intasati dal grano.
In sostanza, il piano di calpestio, il "pavimento", sul quale si muoveva il P., era rappresentato dalla massa di grano, che degradava lentamente per effetto dello svuotamento, composta da chicchi di grano che potevano essere ingeriti e potevano ostruire le vie aeree fino al soffocamento (pagg. 15 e 16 della sentenza di primo grado).

L'affermazione di colpevolezza per l'omicidio colposo nei confronti del F. veniva ancorata dal Tribunale alla posizione dell'imputato quale garante dell'incolumità fisica dei lavoratori che il datore di lavoro esplica in base all'art. 2087 c.c. (per il cui disposto, l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatoti di lavoro), nonchè alla omessa valutazione concreta del rischio specifico in relazione alle modalità di svolgimento del lavoro espletato dall'operaio rimasto vittima dell'infortunio; in particolare, il Tribunale osservava che:

a) l'imputato aveva incaricato l'ing. Pa.M. per l'individuazione dei fattori di rischio e per l'elaborazione delle misure di prevenzione e delle procedure di sicurezza, ed il citato professionista aveva quindi depositato una sua relazione il (OMISSIS);
b) in detta relazione non era stata esaminata la specifica mansione svolta dagli operai all'interno dei silos e pertanto era stata omessa qualsiasi valutazione dei rischi collegabili alla stessa;
c) il Pa. aveva dichiarato di non essere stato informato di detta attività e di non aver quindi potuto dare disposizioni in merito;
d) nelle mansioni svolte dal P. erano ravvisabili rischi valutabili, evitabili e prevedibili, tenuto conto, in particolare, delle seguenti circostanze: le caratteristiche strutturali del silo, l'altezza delle sue pareti, l'esistenza di un unico varco di accesso sistemato in cima al silo, la presenza nel silo di grano ammassato in grado di formare una superficie compatta che costituiva il piano di calpestio sul quale il lavoratore svolgeva la sua opera;
e) doveva inoltre considerarsi che la massa di grano, sulla cui superficie si muoveva il lavoratore, degradava lentamente per effetto dello svuotamento ed era composta da chicchi che, se ingeriti, potevano ostruire le vie respiratorie fino al soffocamento;
f) il lavoratore svolgeva le sue mansioni in ore notturne, in assoluto isolamento, all'interno di un contenitore che non avrebbe potuto abbandonare in fretta e scarsamente illuminato;
g) le operazioni di pulizia consistevano in brevi attività - pulitura con la scopa della sporgenza interna della cella - con lunghi intervalli di tempo di inattività (di circa trenta minuti);
h) a fronte di siffatti e molteplici elementi di rischio il datore di lavoro aveva l'obbligo di predisporre le dovute misure precauzionali:
ad esempio, assicurare l'assistenza di altro lavoratore posizionato all'esterno del silo presso il varco di accesso, oppure munire il lavoratore di un mezzo di collegamento con l'esterno o di un congegno di allarme idoneo a segnalare eventuali situazioni di difficoltà all'interno del silo.

A seguito di gravame dell'imputato, la Corte d'Appello di Bari confermava l'affermazione di colpevolezza, riducendo peraltro la pena inflitta dal primo giudice pur ribadendo il giudizio di sola equivalenza tra le attenuanti generiche e le aggravanti.

Quanto alla ritenuta colpevolezza dell'imputato, la Corte distrettuale dava atto del convincimento così espresso, richiamando le considerazioni già svolte dal Tribunale, ritenendole del tutto condivisibili, ed aggiungendo ulteriori argomentazioni che possono così riassumersi:

a) non sussisteva la denunciata nullità per l'asserita violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza - nonostante la diversa ricostruzione della dinamica dell'infortunio operata dal Tribunale, rispetto a quella prospettata con il capo di imputazione, e nonostante, altresì, la ritenuta insussistenza delle contravvenzioni addebitate con riferimento alle ipotizzate violazioni del D.P.R. n. 547 del 1955, motivata con l'accertata mancanza del nesso di causalità tra le violazioni stesse e l'evento - posto che non si era verificata alcuna concreta lesione del diritto di difesa:
tra l'altro, con il capo di imputazione erano stati addebitati anche profili di colpa generica, e il Tribunale era pervenuto ad una diversa ricostruzione del fatto storico (escludendo l'ipotesi della caduta del P.) proprio a seguito di precise sollecitazioni difensive;
b) contrariamente all'assunto dell'appellante non risultava da alcun atto del processo che l'ing. Pa. fosse stato informato delle concrete operazioni di pulizia delle celle granarie, di tal che, in proposito, il F., quale datore di lavoro - perfettamente a conoscenza delle caratteristiche del luogo, del tempo e di ogni altra circostanza rilevante, relativamente allo svolgimento di quel particolare lavoro - era venuto meno al suo obbligo di informazione: la delega rilasciata all'ing. Pa. non poteva esonerare il F. dal fornire tutte le informazioni in suo possesso circa gli aspetti rilevanti per la protezione dei lavoratori;
c) in sostanza il F. non aveva comunicato all'ing. Pa. il contenuto delle mansioni di pulitura delle pareti del silo, pur conoscendone tutte le modalità di svolgimento, così impedendo la redazione di un documento di valutazione dei rischi effettivamente idoneo a prevenire eventi lesivi i danno dei lavoratori: qualsiasi persona di media intelligenza si sarebbe reso conto della oggettiva situazione di pericolo derivante dalle mansioni di pulitura delle celle granarie svolte dal P.;
d) l'affermazione dell'appellante, secondo cui l'ing. Pa. aveva esaminato l'attività di pulitura delle celle granarie ed aveva considerato il rischio non sussistente, costituiva mera deduzione difensiva sfornita di qualsiasi concreto riscontro: in particolare, l'ing. Pa. non aveva fatto mai riferimento, nella sua relazione, alle operazioni di pulizia delle celle granarie;
e) a parte le misure di protezione già ipotizzate dal Tribunale, sarebbe stato possibile evitare l'evento semplicemente impiegando due operai contestualmente nella cella granaria: ciò avrebbe consentito, in caso di malore o di un colpo di sonno di uno dei due, che l'altro operaio potesse tempestivamente intervenire;
f) l'incidente non si era verificato dunque per una imprevedibile fatalità: "esso poteva e doveva essere prevenuto e lo sarebbe stato nel caso di un puntuale rispetto delle norme del D.Lgs. n. 626 del 1994 richiamate nell'editto di accusa" (così testualmente a pag. 8 della sentenza di appello);
g) alcuna risultanza poteva infine suffragare l'affermazione difensiva circa l'asserita abnormità del comportamento del lavoratore, in mancanza di qualsiasi elemento idoneo ad accreditare l'ipotesi che il P. si fosse addormentato, dovendo attribuirsi pari dignità alla tesi che il P. avesse avuto un malore.

Ha proposto ricorso per cassazione il F., a mezzo del difensore, riproponendo le tesi già sottoposte ai giudici di merito, e denunciando violazione di legge e vizio motivazionale con diffuse argomentazioni che possono così sintetizzarsi:

1) violazione del principio di correlazione, per aver il Tribunale prima, e la Corte d'Appello poi, fondato il giudizio di colpevolezza unicamente su un fatto diverso e mai contestato, essendo stato escluso che la morte del lavoratore potesse essere stata conseguenza di una caduta dall'alto, ed essendo stato escluso il nesso di causalità tra le contravvenzioni contestate ai capi b), c), d) ed e) dell'imputazione e l'evento; inoltre sarebbe risultato compromesso anche il concreto esercizio del diritto di difesa, avendo il consulente di parte della difesa rivolto la sua attenzione alla dinamica dell'infortunio quale descritta nel capo di imputazione;
2) erronea valutazione delle risultanze processuali, avendo omesso la Corte di merito di considerare che il F. aveva predisposto tutte le misure di sicurezza attraverso l'incarico conferito all'ing. Pa. con esplicita e dettagliata delega per l'individuazione dei fattori di rischio e l'elaborazione delle misure di prevenzione e protezione in ordine ai rischi, nonchè per l'informazione e la formazione dei lavoratori; di tal che il F. aveva sempre considerato che i rischi inerenti alle varie attività svolte fossero soltanto quelli indicati nella relazione redatta dall'ing. Pa.; inoltre durante il turno di lavoro, nel corso del quale si era verificato l'incidente "de quo", vi era un capoturno il quale era addetto al controllo dei singoli operai ed alla verifica dell'andamento delle operazioni di svuotamento delle celle granarie: queste, peraltro, non presentavano alcuna caratteristica di pericolosità, e lo stesso "pavimento" di grano non comportava alcun rischio data la lentezza del deflusso del grano;
3) errata valutazione delle risultanze processuali, alla luce dei principi enunciati nella giurisprudenza di legittimità anche a Sezioni Unite, in ordine alla ritenuta sussistenza del nesso di causalità, non essendovi alcuna certezza che l'evento non si sarebbe verificato ove fossero state poste in essere dall'imputato le condotte indicate dalla Corte d'Appello;
4) l'infortunio in argomento sarebbe inquadrabile nell'ipotesi del caso fortuito, essendosi verificato in conseguenza di un comportamento del lavoratore del tutto imprevedibile ed eccezionale;
5) la Corte territoriale avrebbe reso motivazione contraddittoria laddove ha confermato l'affermazione di colpevolezza nei confronti del F., pur escludendo, nel contempo, la sussistenza del nesso causale tra le violazioni addebitate ai capi b), c), d) ed e) dell'imputazione e la morte del lavoratore;
6) l'ing. Pa. aveva ricoperto la carica di responsabile del servizio di prevenzione e protezione per più anni, aveva effettuato numerose riunioni in tema di sicurezza anche con i lavoratori, i quali avevano col la borato alla predisposizione della relazione sulla valutazione dei rischi: non sarebbe quindi credibile che il F. avesse taciuto su alcuni aspetti del ciclo produttivo e che l'ing. Pa. non avesse mai sentito parlare delle mansioni relative alla pulitura dei silos;
7) non sarebbe stata raggiunta la soglia di certezza della colpevolezza dell'imputato, al di là di ogni ragionevole dubbio;
8) omessa motivazione in ordine alla richiesta dell'appellante di assoluzione con formula ampia in ordine alla contravvenzione di cui al capo F) della rubrica;
9) omessa motivazione, infine, in ordine alla richiesta difensiva di un giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata aggravante.

Il ricorrente ha poi depositato motivi nuovi ex art. 585 c.p.p., comma 4, ribadendo le argomentazioni svolte con il ricorso a sostegno delle dedotte censure.

Il ricorrente ha poi depositato motivi nuovi svolgendo ulteriori considerazioni a sostegno del proposto ricorso.

Diritto

Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni si seguito indicate.

La denunciata violazione del principio di correlazione è priva di fondamento.

Innanzi tutto mette conto sottolineare che i giudici di merito, quanto alla dinamica dell'incidente, laddove hanno escluso che l'assorbimento del corpo del P. all'interno della massa di grano potesse essere stato causato da un caduta - ricollegando invece detta situazione ad un assopimento o ad un malore dell'operaio - hanno aderito alla tesi prospettata proprio dalla difesa dell'imputato; di tal che, è del tutto fuori luogo sostenere ora che sarebbe stata preclusa all'imputato una concreta ed adeguata linea difensiva in relazione ad una dinamica del fatto in parte diversa rispetto a quella ipotizzata con il capo di imputazione; si è trattato di circostanze fattuali in ordine alle quali l'imputato ha avuto ampia possibilità di difesa, per cui deve escludersi la configurabilità della eccepita nullità: nella giurisprudenza di legittimità è stato invero condivisibilmente affermato che "il precetto dell'art. 521 c.p.p., comma 1, che enuncia il principio della correlazione tra accusa e sentenza va inteso non in senso "meccanicistico formale", ma in funzione della finalità cui è ispirato, quella cioè della tutela del diritto di difesa; ne consegue che la verifica dell'osservanza di detto principio non può esaurirsi in un mero confronto letterale tra imputazione e sentenza, occorrendo che ogni indagine in proposito venga condotta attraverso l'accertamento della possibilità per l'imputato di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto" (in termini, "ex plurimis", Sez. 6^, n. 618/96 - ud 8/11/95-RV. 20337).

Quanto alla posizione di garanzia del F. va innanzi tutto sottolineato che, per come accertato in sede di merito, l'ing. Pa. era stato incaricato dell'individuazione dei fattori di rischio e dell'elaborazione delle misure di prevenzione e delle procedure di sicurezza.

Il detto professionista aveva predisposto una relazione nella quale però non era stata esaminata la specificità della mansione svolta dagli operai all'interno dei silos e pertanto aveva omesso ogni valutazione dei rischi collegabili alla stessa.

Orbene, nell'impugnata sentenza è stato precisato che l'ing. Pa. aveva dichiarato di non essere a conoscenza di tale lavorazione: dunque, in assenza di informazioni rilevanti che avrebbero dovuto essere fornite da persone informate, "in primis" il datore di lavoro, l'ing. Pa. non aveva mai fatto riferimento, nella sua relazione, all'operazione di pulizia delle celle granarie.

Di tal che l'omessa previsione, da parte dell'ing. Pa., dei rischi correlati alle operazioni di pulizia all'interno delle celle granarie, è pienamente riconducibile al F. il quale era perfettamente a conoscenza delle caratteristiche del luogo, del tempo e delle più rilevanti circostanze concernenti lo svolgimento del lavoro di pulizia all'interno dei silos, cosi come puntualmente e dettagliatamente posto in evidenza dai giudici di seconda istanza.

[...]

In altre parole, può dirsi che in tema di infortuni sul lavoro non occorre, per configurare la responsabilità del datore, che sia integrata la violazione di specifiche norme dettate per la prevenzione degli infortuni stessi, essendo sufficiente che l'evento dannoso si sia verificato a causa dell'omessa adozione di quelle misure ed accorgimento imposti all'imprenditore dall'art. 2087 c.c. ai fini della più efficace tutela dell'integrità fisica del lavoratore (in proposito cfr. Sez. 4^, n. 13377 del 28/09/1999 Ud. - dep. 24/11/1999 - Rv. 215537: "in tema di infortuni sul lavoro non occorre, per configurare la responsabilità del datore di lavoro, che sia integrata la violazione di specifiche norme dettate per la prevenzione degli infortuni stessi, essendo sufficiente che l'evento dannoso si sia verificato a causa dell'omessa adozione di quelle misure ed accorgimenti imposti all'imprenditore dall'art. 2087 c.c. ai fini della più efficace tutela dell'integrità fisica del lavoratore).

Nè può accendersi alla tesi sostenuta dal ricorrente secondo cui l'infortunio "de quo" sarebbe riconducibile a caso fortuito a ad una condotta anomala dello stesso lavoratore rimasto vittima dell'incidente, essendo stato enunciato da questa Corte il seguente, condivisibile, principio di diritto: "le prescrizioni poste a tutela del lavoratore sono intese a garantire l'incolumità dello stesso anche nell'ipotesi in cui, per stanchezza, imprudenza, inosservanza di istruzioni, malore od altro, egli si sia venuto a trovare in situazione di particolare pericolo" (in termini, Sez. 4^, n. 114/86, ud. 6/5/1985, RV. 171538); in materia, si veda anche Sez. 4, n. 4784 del 13/02/1991 Ud. (dep. 27/04/1991) Rv. 187538, secondo cui "in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, le norme assolvono all'esigenza primaria di evitare eventi lesivi dell'incolumità fisica dei lavoratori anche in caso di rischi derivanti da distrazione o disaccortezza dei subordinati e la colpa dell'infortunato è configurabile solo quando la condotta del lavoratore sia del tutto anomala, esorbitante dal procedimenti di lavoro cui egli è addetto oppure si traduca nell'inosservanza, da parte sua, di precise disposizioni antinfortunistiche o di ordini esecutivi.

Per quel che riguarda, infine, la denuncia di vizio motivazionale in ordine al diniego del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche, trattasi di censura manifestamente infondata.

Ed invero, la Corte territoriale ha diminuito la pena inflitta dal primo giudice ed ha ritenuto di dover confermare il giudizio di equivalenza tra attenuanti ed aggravanti (all'imputato era stata contestata anche la recidiva specifica ed infraquinquennale), previo espresso richiamo ai criteri direttivi indicati nell'art. 133 c.p.: orbene, la Corte stessa ha così dimostrato di aver valutato globalmente tutti gli elementi rilevanti ai fini del trattamento sanzionatorio, esprimendo al riguardo una valutazione insindacabile in questa sede perchè, alla luce di quanto appena detto, priva di qualsiasi connotazione di illogicità.
Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2010

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Allegato riservato Sentenza Cassazione Penale Sez. IV n. 4917 anno 2010.pdf
 
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Sicurezza condominio: risposte a quesiti MLPS

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Sicurezza condominio: risposte a quesiti MLPS 

Il Ministero del Lavoro, nell’apposita sezione (FAQ) del sito, ha pubblicato le risposte ai quesiti sull’applicazione del Testo Unico della Sicurezza (D.Lgs. 81/2008) nell’ambito del condominio.

Per il condominio la redazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) è prevista esclusivamente in presenza di lavoratori dipendenti che non rientrano nel campo del contratto collettivo dei proprietari dei fabbricati? Ove vi siano soltanto lavoratori che rientrano nel campo del contratto collettivo dei proprietari dei fabbricati vigono i soli obblighi di informazione e formazione di cui agli articoli 36 e 37 (articolo 3, comma 9) e di fornitura dei dispositivi di protezione individuale o di attrezzature proprie conformi alle disposizioni del titolo III (articolo 3, comma 9) del D.Lgs. n. 81/2008
(Risposta a quesito del 19 aprile 2010) 

Il condominio è senza alcun dubbio tenuto alla redazione del documento di valutazione dei rischi (nel rispetto delle previsioni di cui agli articoli 17, 28 e 29 del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i.) nel caso di presenza di lavoratori che non rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari dei fabbricati. Con riferimento ai lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari dei fabbricati, invece, l’articolo 3, comma 9, del D.Lgs. n. 81/2008 prevede che a tali lavoratori trovino applicazione le disposizioni di cui agli articoli 36 e 37 (rispettivamente, informazione e formazione dei lavoratori) e, eventualmente, ove il datore di lavoro fornisca Dispositivi di Protezione Individuali (DPI) e/o attrezzature di lavoro, le rispettive previsioni di Titolo III. Al riguardo, va detto che, come rimarcato nella giurisprudenza (Cass. pen., sez. IV, 3 agosto 2005, n. 29229), la attività di valutazione del rischio – assolutamente prodromica a ogni altra iniziativa antinfortunistica – va distinta dalla sua formalizzazione in un documento e andrà, quindi, nel caso di specie, effettuata dal datore di lavoro in relazione agli obblighi informativi e formativi e a quelli – eventuali, in quanto legati alla necessità di utilizzo di tali strumenti – derivanti dalla fornitura da parte del datore di lavoro di DPI e/o attrezzature di lavoro. Tale ottemperanza potrà, tuttavia, prescindere dalla necessaria redazione di un documento, non richiesta dalla normativa vigente. 

Per l’adempimento dell’obbligo di informazione (articolo 36 del D.Lgs. n. 81/2008) nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 3, comma 9, è corretta l’effettuazione di una comunicazione scritta al lavoratore che contenga i requisiti previsti dall’articolo 36 ma non quelli previsti per il DVR negli artt. 28 e 29? 
(Risposta a quesito del 19 aprile 2010) 

L’obbligo di informazione previsto dall’articolo 36 a carico del condominio nei confronti di lavoratori che rientrano nel campo del contratto collettivo dei proprietari dei fabbricati si considera adempiuto se effettuato a mezzo di una comunicazione contenente i requisiti del predetto articolo 36. Al riguardo, si rimarca come l’articolo 36, comma 3, che richiama l’articolo 36, comma 1, lettera a) e l’articolo 36, comma 2, lettere a), b) e c), prevede che vengano fornite informazioni sui “rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi all’attività di impresa in generale”, e che l’articolo 36, comma 4, puntualizzi come il contenuto di tali informazioni debba essere facilmente comprensibile per i lavoratori e, ancora, che ove l’informazione riguardi lavoratori immigrati, essa debba avvenire previa verifica “della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo”. Tanto premesso, si evidenzia che, come più volte esposto in giurisprudenza, l’informazione deve essere realizzata tenendo conto della specificità di ogni singola posizione lavorativa e con modalità che permettano alla norma di perseguire il suo scopo (ad esempio, è stata ritenuta inidonea la semplice affissione di informazioni). Quanto alla forma della comunicazione, essa non dovrà essere realizzata nel rispetto delle previsioni di cui agli articoli 28 e 29 del “Testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro, atteso che tali norme attengono alla valutazione dei rischi e non sono richiamate dall’articolo 3, comma 9, e dall’articolo 36 del D.Lgs. n. 81/2008, e s.m.i.. 

Nel caso in cui il condominio sia datore di lavoro (per la presenza di dipendenti ai quali si applichi il contratto collettivo dei proprietari di fabbricati o altra tipologia di lavoratore) e di contemporaneo “affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi” (di cui all’articolo 26) il condominio medesimo deve intendersi “datore di lavoro” anche nei confronti di tali imprese o lavoratori autonomi con applicazione dei conseguenti obblighi? 
(Risposta a quesito del 19 aprile 2010) 

Nel caso di contemporanea presenza di lavoratori dipendenti e di imprese e/o lavoratori autonomi affidatari di lavori, servizi o forniture, il condominio deve considerarsi “datore di lavoro” esclusivamente riguardo ai primi. In tale situazione, con riferimento alle imprese e/o ai lavoratori autonomi, invece, sul condominio graveranno gli obblighi di cui all’articolo 26 del D.Lgs. n. 81/2008, e s.m.i. 

Ove il condominio, che sia “datore di lavoro” nei confronti di lavoratori ai quali si applichi il contratto collettivo dei proprietari di fabbricati o altra tipologia di lavoratore, affidi “lavori, servizi o forniture” a impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi, ex articolo 26 del “Testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro, potrà indifferentemente ottemperare all’obbligo di fornire “informazioni dettagliate” (art. 26, comma 1, lett. b), e a quello di “informarsi reciprocamente” (art. 26, comma 2, lett. b), con una comunicazione (nel caso di non sussistenza di rischi da interferenze) oppure con la predisposizione del Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza (in caso contrario)?  
(Risposta a quesito del 19 aprile 2010) 

L’articolo 26, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2008, e s.m.i., costituisce, secondo l’espresso dettato normativo, la modalità di attuazione dell’obbligo di cooperazione e di coordinamento imposto al committente dall’articolo 26, comma 2, e, pertanto, anche nel caso di non sussistenza di rischi da interferenze, non appare pertinente il richiamo ai soli obblighi di fornire “informazioni dettagliate” (art. 26, comma 1, lett. b), e a quello di “informarsi reciprocamente” (art. 26, comma 2, lett. b) dovendo comunque essere garantita anche la “cooperazione” (art. 26, comma 2, lett. a). Tanto premesso, con specifico riferimento all’articolo 26, comma 2, lettera b va rimarcato che non si tratta di un obbligo di informazione reciproca ma di un obbligo di coordinamento degli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori informandosi reciprocamente”; il comma 2, pertanto, fa riferimento a un obbligo di natura sostanziale e non certo formale, mentre i successivi commi 3, 3-bis e 3-ter individuano le condizioni e le modalità per la redazione del Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza (c.d. DUVRI). Dunque, nei casi in cui è prevista la sua elaborazione, il DUVRI potrà essere utilizzato dal condominio al fine di dimostrare di avere ottemperato all’obbligo di coordinamento di cui all’articolo 26, comma 2), lettera b, sempre tenendo conto della circostanza che l’obbligo in parola non può ritenersi assolto sic et simpliciter con la redazione del documento se non sia stato dimostrato che il datore di lavoro committente  (ai sensi dell’articolo 26) abbia concretamente ottemperato all’obbligo di coordinamento in parola. 

Diversamente, nel caso in cui il condominio commissioni, nella forma di contratto di appalto, lavori edili o di ingegneria civili ricadenti nel campo di applicazione del Titolo IV del d.lgs. n. 81/2008 sui cantieri mobili o temporanei, l’amministratore è necessariamente qualificato come committente e come tale assoggettato agli obblighi di cui agli artt. 88 e seguenti del medesimo testo normativo. 

Chi è tenuto ad adempiere agli obblighi di sicurezza che gravano sul condominio? 
(Risposta a quesito del 13 luglio 2009) 

Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha già chiarito, successivamente all’emanazione del d.lgs. n. 626/94, con la circolare 5 marzo 1997, n. 28, che il datore di lavoro nei condomini, ai fini dell’applicazione degli obblighi attualmente previsti nel citato art. 3, comma 9, va individuato nella persona dell’amministratore condominiale pro-tempore. 

La locuzione “lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato” va intesa, come specificato con la circolare 5 marzo 1998 n. 30, con riferimento, otre che ai portieri, anche a tutti i lavoratori subordinati che prestino la loro attività nell’ambito di un condominio, purché con mansioni affini a quelle dei portieri. 

Si segnala che la individuazione del campo di applicazione delle disposizioni in parola andrà effettuata alla luce della definizione di “lavoratore” data dall’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 81/2008.

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Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 56039 | 15 dicembre 2017

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Sentenze cassazione penale

 

Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 56039 | 15 dicembre 2017

Appalto e violazioni antiinfortunistiche

Penale Sent. Sez. 3 Num. 56039 Anno 2017
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
Data Udienza: 05/07/2017

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 28 giugno 2016 il Tribunale di Lodi ha condannato V.C., nella sua veste di titolare dell'impresa individuale Edil Manutenzioni di V.C. , alla pena complessiva di euro 4.000,00 di ammenda, in relazione a plurime violazioni alle disposizioni in materia di igiene e sicurezza del lavoro (artt. 80, comma 3; 97, comma 1; 109; 126; 133, comma 1, d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81).

2. Avverso tale sentenza ha proposto appello la V.C., convertito in ricorso per cassazione, trattandosi di sentenza non appellabile, lamentando, con una prima censura, la propria mancata assoluzione per non aver commesso il fatto. 
Ha al riguardo lamentato l'omessa considerazione da parte del Tribunale dell'affidamento, in subappalto, alla Società cooperativa Gemina dei lavori edili nell'ambito dei quali erano state riscontrate le violazioni alle disposizioni in materia di sicurezza del lavoro contestate, cosicché l'obbligo di redigere il piano di sicurezza doveva ritenersi gravante esclusivamente sulla impresa subappaltatrice, essendo i lavori stati subappaltati per intero ed essendo, di conseguenza, l'appaltatore subcomittente privo di qualsiasi potere di ingerenza in ordine alle modalità di esecuzione dei lavori e, dunque, anche privo di responsabilità riguardo alle eventuali violazioni di disposizioni antinfortunistiche.

Ha, inoltre, con una ulteriore censura, lamentato l'eccessività della pena inflittale, determinata senza tener conto del ruolo secondario svolto, sulla base del quale poteva essere ravvisata solamente una corresponsabilità a suo carico.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Le doglianze della ricorrente, oltre che intrinsecamente indeterminate, essendo fondate sulla generica prospettazione della sua estraneità alla esecuzione dei lavori edili nell'ambito dei quali vennero accertate le violazioni antinfortunistiche contestate, e sulla apodittica asserzione della eccessività della pena, e prive di confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata, sono volte a conseguire una rivisitazione sia dell'accertamento dei fatti compiuto dal giudice del merito, sia della valutazione dallo stesso compiuta all'atto della determinazione della pena, non consentite nel giudizio di legittimità.

Alla Corte di cassazione è, infatti, preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l'apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall'esterno (tra le altre, Sez. U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 2, n. 20806 del 5/05/2011, Tosto, Rv. 250362). Resta, dunque, esclusa, pur dopo la modifica dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata-, Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 2, n. 7380 in data 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
[...]

3. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, stante la genericità e manifesta infondatezza delle censure cui è stato affidato, non consentite nel giudizio di legittimità.
L'inammissibilità del ricorso per cassazione preclude il rilievo della eventuale prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza impugnata, giacché detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e impedisce l'apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, De Luca, Rv. 217266; conformi, Sez. un., 2/3/2005, n. 23428, Bracale, Rv. 231164, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, Niccoli, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013, Rv. 256463; Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, Rasizzi Scalora, Rv. 261616).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della ricorrente (Corte Cost. sentenza 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 2.000,00.
In applicazione del decreto del Primo Presidente di questa Corte n. 84 del 2016 la motivazione è redatta in forma semplificata, in quanto il ricorso non richiede, ad avviso del Collegio, l'esercizio della funzione di nomofilachia e solleva questioni giuridiche la cui soluzione comporta l'applicazione di principi di diritto già affermati e che il Collegio condivide.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 5/7/2017

Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 40590 | 01 Ottobre 2013

ID 5299 | | Visite: 7354 | Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 3 del 01 ottobre 2013 n. 40590 

La cessione per riparazione di un macchinario privo delle necessarie condizioni di sicurezza non configura violazione

Penale Sent. Sez. 3 Num. 40590 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: GRILLO RENATO
Data Udienza: 03/05/2013
Depositata: 01 ottobre 2013

Fatto

1.1 Con sentenza dell'11 ottobre 2011, il Giudice dell'Udienza Preliminare del Tribunale di Verbania dichiarava A. Giovanni, imputato del reato di cui all'art. 23 comma 1° del D.L.vo 81/08 [Reato commesso il 20 luglio 2009], colpevole della detta contravvenzione, condannandolo, previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena di € 1.000,00 di ammenda, cosi diminuita per il rito.
1.2 Il Tribunale, dopo aver sommariamente ricostruito i tratti salienti della vicenda, disattendeva la tesi difensiva basata sulla pretesa inapplicabilità della norma violata in quanto non aderente al dettato normativo che postula una tutela anticipata del bene-sicurezza al momento della costruzione e/o vendita, noleggio, concessione in uso del macchinario , affermando, quindi, che il momento consumativo del reato si perfeziona all'atto di una di dette circostanze (costruzione, vendita, etc).
1.3 Propone ricorso avverso la detta sentenza l'imputato a mezzo del proprio difensore fiduciario deducendo, con un primo motivo, l'inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale (art. 3 del D. L.vo 81/08): pur concordando con la ratio cui si ispira il decreto legislativo in parola (attuazione specifica della tutela antinfortunistica) e - per quanto qui rileva - il divieto di utilizzazione di macchinari non sicuri con correlato divieto di messa in commercio di macchinari che si trovino in condizioni similari, afferma che, nel caso in esame, il macchinario ceduto era, in realtà, destinato ad altra società con la specifica - ed unica - finalità di essere assoggetto a riparazione da quella società onde poi essere messo in commercio in condizioni di sicurezza. Con il secondo motivo la difesa deduce vizio di motivazione per sua carenza e/o manifesta illogicità, sostenendo che la tesi della cd. "continuità normativa" tra l'art. 7 del D.P.R. 547/55 e l'art. 23 del D. L.vo 81/08 (giudicata in astratto corretta) avrebbe dovuto indurre il giudice a motivare specificamente sulle ragioni della non applicabilità della norma laddove - come nel caso in esame - si fosse trattato non di messa in circolazione o di vendita a tali fini, ma di vendita per riparazione con riserva di una messa in circolazione dopo l'esito della riparazione: motivazione, nel caso de quo, per un verso assente e, per altro verso, manifestamente illogica per avere ritenuto soltanto il profilo della vendita equivalente alla messa in circolazione. Con un terzo, ed ultimo, motivo la difesa lamenta vizio di erronea applicazione della legge penale (artr. 133 cod. pen.) per avere il GUP proceduto alla determinazione della pena in termini eccessivi ed in violazione dell'art. 133 cod. pen., applicato in modo erroneo.


Diritto

1. Il ricorso è fondato nei termini e per le ragioni che seguono. Punto di partenza della vicenda è la vendita, in data 20 luglio 2009, da parte dell'A., nella sua qualità di legale rappresentante della TECNO STAMPI s.a.s., di un macchinario (macchina fresatrice Induma 2035) alla società STEMAN s.r.l. di San Lazzaro di Savena. Secondo la prospettazione accusatoria, poi recepita dal G.U.P., tale macchina, al momento della vendita, non corrispondeva alle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, in palese violazione della normativa vigente in materia.
2. Nessuna contestazione muove il ricorrente sul fatto storico, in sé considerato, della vendita né sullo stato di irregolarità del macchinario: il punto critico sul quale divergono la soluzione adottata dal Giudice rispetto a quella auspicata dall'imputato è dato dalle ragioni della vendita e, di conseguenza, dalla corretta interpretazione della norma incriminatrice che il ricorrente contesta così come effettuata dal GUP.
3. Il dato normativo di riferimento (art. 23 comma 1° del D. L.vo 81/08, intitolato "Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori") testualmente recita: "Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro".
[...]
3.5 Nel caso in esame il raffronto tra il testo dell'art. 7 D.P.R. 547/55, come novellato dall'art. 6 comma 1 del D. L.vo 494/96 e l'art. 23 del D. L.vo 81/08, consente di pervenire agevolmente alla conclusione della continuità normativa, stante l'identità del contenuto precettivo, fermo restando il diverso regime sanzionatorio aumentato nel tempo, ma senza alcuna abrogazione implicita della precedente normativa.
4. Appare ben più interessante verificare se il concetto di vendita come esplicitato nell'art. 23 più volte citato debba interpretarsi in modo assoluto, come divieto di messa in commercio o in circolazione di macchina non a norma, ovvero possa subire un qualche temperamento in chiave derogatoria laddove la vendita venga effettuata per un esclusivo fine riparatorio della macchina in vista di una futura utilizzazione, una volta ripristinata e messa a norma.
4.1 La risposta, a giudizio di questa Corte, è certamente positiva, a condizione, però, che si accerti in concreto quali siano le condizioni di vendita; i soggetti parte dell'atto e gli obblighi gravanti sia sul venditore che sul diretto destinatario, nonché il ruolo da questi esercitato (se, cioè, autorizzato a mettere a sua volta in circolazione il macchinario una volta riparato, ovvero a riconsegnarlo al venditore che potrà poi venderlo a terzi per un utilizzo sul mercato).
4.2 E' evidente, infatti, che se la cessione del macchinario non a norma è effettuata unicamente con il proposito di non metterlo in circolazione ma di affidarlo ad un soggetto (il cessionario) per la riparazione, la previsione normativa non potrà più trovare applicazione.
4.3 Invero è un principio di ragionevolezza, non disgiunto da una regola di ordine economico generale, quello che sta alla base della norma contestata, nel senso che, fermo restando che è vietato l'impiego di macchinari non a norma con la conseguenza che una vendita di prodotti di tal fatta è, di regola, vietata stante la conseguenzialità e normalità dell'impiego della macchina nel ciclo produttivo, nell'ottica del passaggio del prodotto industriale alla fase economica successiva (l'utilizzo), laddove quest'ultimo passaggio non vi sia (come nel caso dello stazionamento del macchinario presso una ditta specializzata esclusivamente nella riparazione per la messa a norma con compiti ben specificati che inibiscono una utilizzazione successiva mediata tramite il venditore all'origine), non può ritenersi vietata la vendita dì un macchinario in quanto avente uno scopo ben circoscritto, senza alcuna previsione di utilizzazione.
[...]
6. Ne deriva, quindi, una motivazione quanto meno insufficiente (avendo il GUP il dovere di accertare, previa escussione del teste, come richiesto dall'imputato all'atto della formulazione dell'accesso al rito abbreviato condizionato le modalità di tale cessione e le sue effettive finalità), se non proprio illogica (nel momento in cui attribuisce alla vendita del macchinario e sulla base della documentazione disponibile, un significato assoluto che la certificazione escludeva) che postula l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio. In tale sede dovrà il giudice verificare in concreto, alla luce delle regole interpretative enunciate da questo Supremo, quali fossero le modalità della vendita e se in effetti la ditta cessionaria STEMAN s.r.l. svolgesse o meno attività di riparazione e riposizionamento a norma di macchinari non in regola secondo le prescrizioni antinfortunistiche del mercato interno.
7. L'accoglimento di tale motivo assorbe ogni altra censura.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Verbania.
Così deciso in Roma il 3 maggio 2013. Depositato in Cancelleria il 01 ottobre 2013

Accordo riparazione macchine non a norma

Modello accordo di "riparazione" macchine non a norma

Scelta DPI

ID 5292 | | Visite: 7074 | Documenti Riservati Sicurezza

Selection PPE

Selection of Personal Protective Equipment

EIGA - Doc 136/17 (Revised publication)

The first principle of safety risk mitigation should be elimination, substitution and engineering controls. When exposure to hazards cannot be completely engineered out from the work area and tasks, and when safe work practices and other forms of administrative controls cannot provide sufficient additional protection, then a supplementary method of control is the use of personal protective equipment (PPE).

This publication provides guidance on a work process for selecting and using PPE at work. Selection tables are included which are general examples of PPE for protecting personnel against hazards that could cause harm.

The publication is intended to provide guidance and examples in selection and use of PPE. It supplements other techniques for assessing and controlling risk and is intended for all involved in the selection of PPE.

The publication is part of the programme to develop Globally Harmonised publications amongst Regional Gas Associations.

...

Table of Contents

1 Introduction
2 Scope and purpose
3 Definitions
3.1 Publication terminology
3.2 Technical definition
4 General Requirements
4.1 Responsibilities
4.2 Risk assessments for selecting personal protective equipment
4.3 Maintenance of personal protective equipment
4.4 Storage
4.5 Training
4.6 Personnel
4.7 Records
4.8 Identification of areas where personal protective equipment is required
5 Personal protective equipment assessments, selection, and specifications
5.1 Hearing protection
5.2 Eye and face protection
5.3 Respiratory protection
5.4 Head protection
5.5 Fall protection
5.6 Hand protection
5.7 Protective footwear
5.8 Protective clothing
6 References
Table 1 Eye and face protection selection
Table 2 Respiratory protection selection
Table 3 Head protection selection
Table 4 Fall protection selection
Table 5 Hand protection selection
Table 6 Typical footwear specifications
Table 7 Protective footwear selection
Table 8 Protective clothing selection

Fonte: EIGA

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EIGA Doc136/2017
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Cassazione Civile Sez. Lav. n. 29435 del 7 dicembre 2017

ID 5262 | | Visite: 3706 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione civile

Cassazione Civile Sez. Lav. n. 29435 del 7 dicembre 2017

Amianto: mancanza di un sistema di aspirazione, di areazione e omessa formazione e sorveglianza sull'utilizzo dei DPI

Civile Sent. Sez. L Num. 29435 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: SPENA FRANCESCA
Data pubblicazione: 07/12/2017

Fatto

[...]operata dal Tribunale; osservava che nessuna censura era stata mossa quanto alla misura del danno subito dai congiunti del lavoratore iure proprio.
Era stata posta dalla società appellante una questione di mero rito —e non dì competenza— quanto alla domanda proposta dagli originari ricorrenti iure proprio, il vincolo della connessione consentiva il cumulo delle cause; in ogni caso la competenza del giudice del lavoro ineriva a tutte le domande che avevano origine nel rapporto di lavoro anche se non aventi titolo nel contratto di lavoro; da ultimo, comunque, non si sarebbe potuto procedere al mutamento del rito in appello, ai sensi dell'articolo 4 D.Lgs. 150/2011.
Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la società L. spa, articolato in cinque motivi.
Hanno resistito con controricorso M.L.D., C.M.G., G.G., illustrato con memoria.
Con memoria del 20.6.2017 si è costituito il Commissario Straordinario della L. spa in amministrazione straordinaria



Ragioni della decisione

Preliminarmente deve essere dichiarata la invalidità della costituzione del Commissario Straordinario della L. spa, per assenza di autentica notarile della procura alle liti. [...]

1. Con il primo motivo la società ricorrente ha dedotto - ai sensi dell'articolo 360 nr. 3 e nr, 5 cod.proc.civ. : violazione dell'articolo 115 cod.proc.civ., dell'art. 2087 cod.civ. e dell'art. 1225 cod. civ.; omessa ed insufficiente motivazione sul fatto controverso e decisivo degli esiti delle indagini ambientali eseguite all'epoca dei fatti di causa.
Ha censurato la statuizione di accertamento della presenza di polveri di amianto nell'ambiente di lavoro e la confusione operata in sentenza tra la generica polverosità e la presenza di polveri di asbesto.
Ha lamentato che le indagini da essa prodotte, effettuate negli anni 1975/1977, 1992 e 1995 erano state ignorate dalla Corte di merito. Tali indagini non erano state oggetto di contestazioni specifiche da parte dei ricorrenti o dei loro consulenti sicché il collegio giudicante ne avrebbe dovuto tener conto anche a norma dell'art. 115 cod.proc.civ. 
La ricerca svolta tra il 1975 ed il 1977 era stata voluta dal Consiglio di fabbrica; era stata eseguita dalla clinica del lavoro della Università di Milano, su accordo congiunto della direzione di stabilimento e del Consiglio di Fabbrica; si era articolata —con la partecipazione attiva degli operai e sotto il controllo delle loro rappresentanze— attraverso prelievi ed analisi nonché sottoponendo gli addetti a questionari ed a visita medica anamnestìca; sì era conclusa nel senso della assenza del rischio di polveri , fumi, gas e vapori per gli addetti al colaggio.[...]
Il motivo non sottopone a questa Corte un fatto non esaminato in sentenza giacché gli elementi istruttori di cui si lamenta la mancata valutazione (indagini ambientali eseguite all'epoca dei fatti di causa) sono stati esaminati e superati dalla Corte di merito con argomenti logici ed adeguati, primo tra tutti il rilievo che le indagini riguardavano una fase di lavorazione (il colaggio) diversa da quella (la colata) cui era addetto il G.G..
La società ricorrente, piuttosto, contesta la valutazione delle prove (documentali e testimoniali) compiuta dal giudice dell'appello contrapponendovi il proprio personale convincimento circa il peso e la rilevanza dei mezzi istruttori e cosi chiedendo un riesame di merito non consentito in questa sede.
I rilievi mossi in punto di affermazione della colpa, per la mancata conoscenza all'epoca dei fatti del rischio derivante dall'impiego dell'amianto, sono più diffusamente articolati nel terzo motivo di ricorso, alla cui trattazione si rinvia.

2. Con il secondo motivo la società ricorrente ha denunziato violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 e 2087 cod.civ, nonché motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria su un punto decisivo.
Ha esposto che era a carico della parte attrice fornire la prova della presenza di amianto nell'ambiente di lavoro; la Corte di merito aveva desunto tale prova dal parere reso dalla CONTARP, fondato sugli studi di settore relativi al ciclo produttivo delle acciaierie, affermando essere a carico di essa società fornire la prova di avere seguito un ciclo produttivo diverso da quello ordinario.
Tale ragionamento finiva con l'invertire l'onere probatorio.
L'organo tecnico si era espresso in termini di verosimiglianza della esposizione e non di certezza; i suddetti criteri presuntivi avevano valenza a fini previdenziali ma non nell'accertamento della responsabilità civile del datore di lavoro.
Il motivo è infondato..[...]

3. Con il terzo motivo la società ricorrente ha denunziato omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo per il giudizio nonché violazione dell'art. 2087 cod.civ.[...]

4. Con il quarto motivo la società ricorrente ha denunziato il vizio di omessa motivazione sui criteri di determinazione del danno liquidato iure hereditario. La società ha esposto di avere dedotto come motivo di appello il fatto che il danno non patrimoniale era stato quantificato dal Tribunale in £ 800 al giorno (ed in € 1,000 per gli ultimi giorni di vita) senza dare conto dei parametri della valutazione equitativa così compiuta.
Tale motivo di impugnazione era stato respinto dal giudice dell'appello sul rilievo della sua genericità e della conformità della liquidazione ai parametri utilizzati dal medesimo organo giudicante.
La società ha dedotto che neppure il giudice del secondo grado aveva provveduto a specificare ì parametri di giudizio adottati, largamente più rigorosi di quelli seguiti, ad esempio, dalla Corte di Appello di Venezia, che aveva liquidato in un caso del tutto analogo un danno di €150 al giorno.
Il motivo è infondato.
L'esercizio del potere discrezionale di liquidazione equitativa del danno non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità allorché la motivazione della decisione dia adeguatamente conto del processo logico attraverso il quale si è pervenuti alla liquidazione, indicando i criteri assurti a base del procedimento valutativo ( cfr. Cassazione civile, sez. lav., 19/02/2013, n. 4047).
Il giudice del merito è tenuto, in sostanza, a dare conto del tipo di danno non patrimoniale risarcito e dei parametri oggettivi utilizzati nella sua liquidazione, percorso motivazionale osservato dalla sentenza impugnata.
La Corte di merito ha infatti affermato di avere liquidato il danno non patrimoniale temporaneo e parametrato il suo importo sia alla gravità della malattia (danno biologico) che alla intensità della sofferenza, per la consapevolezza dell'esito infausto (danno morale); ha fatto riferimento quale supporto della liquidazione equitativa alla giurisprudenza formatasi nel distretto.

5. Con il quinto motivo di ricorso la società L. spa ha denunziato il vizio di omessa, insufficiente ed errata motivazione sulla eccezione di non proponibilità davanti al giudice del Lavoro della domanda di risarcimento del danno proposta dagli eredi iure proprio.
La ricorrente ha dedotto la inapplicabilità ratione temporis alla fattispecie di causa del D.Lgs. 150/2011, richiamato dal giudice dell'appello per sostenere la impossibilità di mutamento del rito.
Ha lamentato la illogicità della motivazione tanto nella parte in cui si fondava sulla connessione delie cause che laddove affermava la competenza del giudice del Lavoro ex art, 409 cod.proc.civ.
Ha precisato che la questione soltanto all'apparenza era di mero rito: i congiunti avevano dichiarato dì agire solo in base all'articolo 2087 cod.civ. e non avevano nemmeno allegato gli estremi dei danno ingiusto; l'accertamento della responsabilità aquilana avveniva, poi, secondo regole diverse in tema dì onere della prova.
Il motivo è inammissibile.
Si premette che la questione affrontata in sentenza attiene esclusivamente al rito ovvero alla trattazione della domanda proposta in proprio dai congiunti del defunto (per lesione dei rapporto parentale) secondo il rito del lavoro invece che con il rito ordinario.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis: Cassazione civile, sez. Ili, 05/04/2016, n. 6543; Cass, 27 gennaio 2012, n. 1201; Cass. 29 settembre 2005, n. 19136) gli errori sul rito costituiscono causa di nullità della sentenza— deducibile in sede di legittimità ai sensi dell'articolo 360 nr. 4 cod.proc.civ.” nel solo caso in cui abbiano determinato un pregiudizio al contraddittorio od alle facoltà difensive delle parti o, in generale, allorché abbiano cagionato un qualsivoglia altro specifico pregiudizio processuale alla parte.
E' onere del ricorrente allegare il pregiudizio subito, quale condizione di deducibilità del motivo di ricorso; tale onere non è stato nella fattispecie di causa adempiuto giacché i rilievi svolti sul punto non denunziano una compressione della facoltà difensive ma piuttosto pretesi vizi di attività del giudice (ultrapetizione) e di violazione di norme di diritto ( sulla responsabilità aquilìana), del tutto indipendenti dalla scelta del rito .
Il ricorso deve essere conclusivamente respinto. 
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.



PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in C 200 per esborsi ed € 9.000 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 11 luglio 2017

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Formazione lavoratori attrezzature agricole

ID 3659 | | Visite: 7206 | Circolari Sicurezza lavoro

Formazione/addestramento lavoratori addetti attrezzature comparto agricolo

Update Addestramento lavoratori addetti attrezzature prorogato 31.12.2017

Scadono i termini per l’aggiornamento, nel comparto agricolo, della formazione/addestramento delle attrezzature ai sensi dell’accordo Stato-Regioni del 22/02/2012 tenuto conto della Circolare Ministeriale n. 45 del 24 Dicembre 2013:

Circolare n. 45 del 24 Dicembre 2013

Punto 2. per chi avesse già un corso effettuato fino alla data del 22/3/2015 dovrà effettuare l’aggiornamento entro il 22/03/2017, sempre se il corso effettuato non rispetti già i contenuti dell’accordo stato regioni del 22/02/2012 punto 9.1, in tal caso l’aggiornamento è quinquennale a decorrere dalla data di attestazione di superamento della verifica finale di apprendimento.

Nota 1:
si applica a tutte le macchine riportate al punto 1 dell’allegato A dell’accordo stato regioni del 22/02/2012.

Punto 3. il lavoratore che effettivamente ha esperienza (almeno 2 anni, maturata nell’arco degli ultimi 10 anni) sulle macchine agricole e la certifica tramite un’autocertificazione può accedere direttamente all’aggiornamento di 4h da fare entro il 13/03/2017.

Nota 2:
la possibilità di autocertificare l’esperienza e di andare in aggiornamento non vale solo per i trattori agricoli e forestali, ma per tutte le macchine previste dall’accordo Stato - Regioni del 22/02/2012 utilizzate nel comparto agricolo e su cui si è maturata l’esperienza. (Vedi punto 6 dall’accordo Stato - Regioni del 22/02/2012)

 

Vedi Tabella riepilogativa Formazione Informazione Addestramento

 

Collegati

 

Lettera-Circolare prot. n. 13061 del 06/10/2011

ID 5231 | | Visite: 11226 | Prevenzione Incendi

Lettera Circolare M I  prot  13061 del 6 10 2011

Lettera-Circolare prot. n. 13061 del 06/10/2011 VVF / Primi indirizzi applicativi DPR 151/2011

ID 5231 | 09.12.2017 / Update news 15.10.2022

Nuovo regolamento di prevenzione incendi D.P.R. 1 agosto 2011, n.151 "Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell'articolo 49 comma 4-quater, decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla Iegge 30 luglio 2010, n. 122." Primi indirizzi applicativi.
_____
...

Come previsto dal comma 1 dell'articolo 4 del D.P.R. 151/2011, prima dell'inizio dell'attività, il titolare presenta una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) che, in relazione a quanto indicate al comma 2, dell'articolo 16 del decreto legislative 8 marzo 2006, n. 139, produce gli stessi effetti giuridici dell'istanza per il rilascio del certificato di prevenzione antincendi (CPI).

La stessa SCIA è corredata dalla asseverazione, dalla documentazione tecnica costituita sostanzialmente dalle certificazioni/dichiarazioni probanti ai fini antincendio e, per le attività in categoria A, dalla relazione tecnica e dagli elaborati grafici.

Naturalmente per le attività in categoria B e C non occorrerà allegare alla SCIA il progetto dell'opera, in quanto quest'ultimo è già in possesso del Comando.

Pertanto la documentazione di cui al comma 1 dell'articolo 4 del D.P.R. 151/2011, e rappresentata da atti "tecnico-amministrativi", comprensivi di:

- una dichiarazione sostituiva dell'atto notorio con la quale il titolare deli'attività segnala l'inizio dell'attivita;

- un'asseverazione con la quale un tecnico abilitato attesta la conformita dell'opera alla regola tecnica e, ove previsto, al progetto approvato dal Comando provinciale;

- le certificazioni e/o le dichiarazioni, atte a comprovare che gli elementi costruttivi, i prodotti, i materiali, le attrezzature, i dispositivi, gli impianti e i componenti d'impianto
rilevanti ai fini della sicurezza in caso d'incendio sono stati realizzati, installati o posti in opera in conformità alla vigente normativa in materia di sicurezza antincendio.

Nei procedimenti di cui agli articoli 3 e 4 potrà accadere che il progetto comprenda più attività dell'allegato I ricadenti in categorie diverse. Quando si riscontra la presenza contemporanea di attività di categoria A, B e C, il progetto, da sottoporre a valutazione, dovrà riferirsi alle sole attività B e C. La presenza di attività di tipo A dovrà essere indicata negli elaborati e nella relazione tecnica unicamente per la valutazione di eventuali interferenze.

Successivamente, all'atto della presentazione della SCIA, art. 4 del D.P.R 151/2011, la documentazione da allegare deve riguardare tutte le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e, se non ancora in atti, anche la documentazione tecnica relativa alle eventuali attività di categoria A.

Per le attività di cui alle categorie A e B i controlli avvengono, entro sessanta giorni dal ricevimento della SCIA, mediante metodo a campione o in base a programmi settoriali. Questa Direzione centrale, in accordo con le Direzioni regionali, fomirà all'inizio di ogni anno le tipologie di attività ed il numero di controlli che andranno effettuati da parte dei Comandi provinciali; fino al 31 dicembre p.v., i controlli relativi a nuove attività devono riguardare almeno il 2% delle stesse, individuate a sorteggio.

Perle attività in categoria A e B, sottoposte a visite a campione, il Comando provinciale rilascerà copia del verbale della visita tecnica, che comunque dovrà essere sempre redatto, a richiesta dell' interessato.

Per tutte le attività di categoria C, il Comando effettua il controllo entro sessanta gioni. Solamente in caso di esito positivo del controllo, il Comando provinciale rilascerà entro quindici giorni il CPl.
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Segue in allegato

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Decreto Legislativo 19 febbraio 2014 n. 19

ID 5225 | | Visite: 10747 | Decreti Sicurezza lavoro

D Lgs  19 febbraio 2014 n  19

Decreto Legislativo 19 febbraio 2014 n. 19 

Attuazione della direttiva 2010/32/UE che attua l'accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario.

GU n.57 del 10-03-2014

Entrata in vigore del provvedimento: 25/03/2014

Art. 1. Integrazioni al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81

1. Dopo il titolo X del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«TITOLO X-BIS PROTEZIONE DALLE FERITE DA TAGLIO E DA PUNTA NEL SETTORE OSPEDALIERO E SANITARIO

Art. 286 -bis. Ambito di applicazione

1. Le disposizioni del presente titolo si applicano a tutti i lavoratori che operano, nei luoghi di lavoro interessati da attività sanitarie, alle dipendenze di un datore di lavoro, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, ivi compresi i tirocinanti, gli apprendisti, i lavoratori a tempo determinato, i lavoratori somministrati, gli studenti che seguono corsi di formazione sanitaria e i sub-fornitori.

Art. 286 -ter . Definizioni

1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni del presente titolo si intende per:

a) luoghi di lavoro interessati: strutture o servizi sanitari del settore pubblico e privato in cui si svolgono attività e servizi sanitari sottoposti alla responsabilità organizzativa e decisionale del datore di lavoro;
b) dispositivi medici taglienti: oggetti o strumenti necessari all’esercizio di attività specifiche nel quadro dell’assistenza sanitaria, che possono tagliare, pungere o infettare. Gli oggetti taglienti o acuminati sono considerati, ai sensi del presente decreto, attrezzature di lavoro;
c) misure di prevenzione specifiche: misure adottate per prevenire le ferite e la trasmissione di infezioni nel quadro della prestazione di servizi e dello svolgimento delle attività direttamente connesse all’assistenza ospedaliera e sanitaria, incluso l’impiego di attrezzature ritenute tecnicamente più sicure in relazione ai rischi e ai metodi di smaltimento dei dispositivi medici taglienti, quali i dispositivi medici taglienti dotati di meccanismo di protezione e di sicurezza, in grado di proteggere le mani dell’operatore durante e al termine della procedura per la quale il dispositivo stesso è utilizzato e di assicurare una azione protettiva permanente nelle fasi di raccolta e smaltimento definitivo;
d) subfornitore: ogni persona che operi in attività e servizi direttamente legati all’assistenza ospedaliera e sanitaria nel quadro di rapporti contrattuali di lavoro con il datore di lavoro.

Art. 286 -quater. Misure generali di tutela

1. Il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la salute e sicurezza dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi alla loro vita professionale, inclusi i fattori psicosociali e di organizzazione del lavoro, provvedendo in particolare:

a) ad assicurare che il personale sanitario sia adeguatamente formato e dotato di risorse idonee per operare in condizioni di sicurezza tali da evitare il rischio di ferite ed infezioni provocate da dispositivi medici taglienti;
b) ad adottare misure idonee ad eliminare o contenere al massimo il rischio di ferite ed infezioni sul lavoro attraverso l’elaborazione di una politica globale di prevenzione che tenga conto delle tecnologie più avanzate, dell’organizzazione e delle condizioni di lavoro, dei fattori psicosociali legati all’esercizio della professione e dell’influenza esercitata sui lavoratori dall’ambiente di lavoro;
c) a creare le condizioni tali da favorire la partecipazione attiva dei lavoratori e dei loro rappresentanti all’elaborazione delle politiche globali di prevenzione;
d) a non supporre mai inesistente un rischio, applicando nell’adozione delle misure di prevenzione un ordine di priorità rispondente ai principi generali dell’articolo 6 della direttiva 89/391/CEE e degli articoli 3, 5 e 6 della direttiva 2000/54/CE, al fine di eliminare e prevenire i rischi e creare un ambiente di lavoro sicuro, instaurando un’appropriata collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
e) ad assicurare adeguate misure di sensibilizzazione attraverso un’azione comune di coinvolgimento dei lavoratori e loro rappresentanti;
f) a pianificare ed attuare iniziative di prevenzione, sensibilizzazione, informazione e formazione e monitoraggio per valutare il grado di incidenza delle ferite da taglio o da punta nei luoghi di lavoro interessati; g) a promuovere la segnalazione degli infortuni, al fi ne di evidenziare le cause sistemiche.

Art. 286 -quinquies . Valutazione dei rischi

1. Il datore di lavoro, nella valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1, deve garantire che la stessa includa la determinazione del livello di rischio espositivo a malattie che possono essere contratte in relazione alle modalità lavorative, in maniera da coprire tutte le situazioni di rischio che comportano ferite e contatto con sangue o altro potenziale veicolo di infezione, nella consapevolezza dell’importanza di un ambiente di lavoro ben organizzato e dotato delle necessarie risorse.

2. Il datore di lavoro, nella valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) , deve altresì individuare le necessarie misure tecniche, organizzative e procedurali riguardanti le condizioni lavorative, il livello delle qualifi cazioni professionali, i fattori psicosociali legati al lavoro e l’infl uenza dei fattori connessi con l’ambiente di lavoro, per eliminare o diminuire i rischi professionali valutati.

Art. 286 -sexies . Misure di prevenzione specifiche

1. Qualora la valutazione dei rischi di cui all’articolo 286 -quinquies evidenzi il rischio di ferite da taglio o da punta e di infezione, il datore di lavoro deve adottare le misure di seguito indicate:

a) definizione e attuazione di procedure di utilizzo e di eliminazione in sicurezza di dispositivi medici taglienti e di rifiuti contaminati con sangue e materiali biologici a rischio, garantendo l’installazione di contenitori debitamente segnalati e tecnicamente sicuri per la manipolazione e lo smaltimento di dispositivi medici taglienti e di materiale da iniezione usa e getta, posti quanto più vicino possibile alle zone in cui sono utilizzati o depositati oggetti taglienti o acuminati; le procedure devono essere periodicamente sottoposte a processo di valutazione per testarne l’efficacia e costituiscono parte integrante dei programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
b) eliminazione dell’uso di oggetti taglienti o acuminati quando tale utilizzo non sia strettamente necessario;
c) adozione di dispositivi medici dotati di meccanismi di protezione e di sicurezza;
d) divieto immediato della pratica del reincappucciamento manuale degli aghi in assenza di dispositivi di protezione e sicurezza per le punture;
e) sorveglianza sanitaria;
f) effettuazione di formazione in ordine a:

1) uso corretto di dispositivi medici taglienti dotati di meccanismi di protezione e sicurezza;
2) procedure da attuare per la notifica, la risposta ed il monitoraggio post-esposizione; 
3) profilassi da attuare in caso di ferite o punture, sulla base della valutazione della capacità di infettare della fonte di rischio.

g) informazione per mezzo di specifiche attività di sensibilizzazione, anche in collaborazione con le associazioni sindacali di categoria o con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, attraverso la diffusione di materiale promozionale riguardante: programmi di sostegno da porre in essere a seguito di infortuni, differenti rischi associati all’esposizione al sangue ed ai liquidi organici e derivanti dall’utilizzazione di dispositivi medici taglienti o acuminati, norme di precauzione da adottare per lavorare in condizioni di sicurezza, corrette procedure di uso e smaltimento dei dispositivi medici utilizzati, importanza, in caso di infortunio, della segnalazione da parte del lavoratore di informazioni pertinenti a completare nel dettaglio le modalità di accadimento, importanza dell’immunizzazione, vantaggi e inconvenienti della vaccinazione o della mancata vaccinazione, sia essa preventiva o in caso di esposizione ad agenti biologici per i quali esistono vaccini efficaci; tali vaccini devono essere dispensati gratuitamente a tutti i lavoratori ed agli studenti che prestano assistenza sanitaria ed attività ad essa correlate nel luogo di lavoro;
h) previsione delle procedure che devono essere adottate in caso di ferimento del lavoratore per:

1) prestare cure immediate al ferito, inclusa la profilassi post-esposizione e gli esami medici necessari e, se del caso, l’assistenza psicologica;
2) assicurare la corretta notifica e il successivo monitoraggio per l’individuazione di adeguate misure di prevenzione, da attuare attraverso la registrazione e l’analisi delle cause, delle modalità e circostanze che hanno comportato il verificarsi di infortuni derivanti da punture o ferite e i successivi esiti, garantendo la riservatezza per il lavoratore.

Art. 286 -septies. Sanzioni

1. Il datore di lavoro è punito con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.740 euro a 7.014,40 euro per la violazione dell’articolo 286 -quinquies.

2. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.740 euro a 7.014,40 euro per la violazione dell’articolo 286 -sexies.».

Art. 2. Disposizioni finanziarie

1. Dall’attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti del presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

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Decreto 27 dicembre 2017

ID 5364 | | Visite: 12195 | Prevenzione Incendi

Decreto 27 dicembre 2017

Decreto 27 dicembre 2017

Requisiti dei distributori degli impianti di benzina, attrezzati con sistemi di recupero vapori.

Entrata in vigore: 04 Febbraio 2018

GU n. 4 del 05.01.2018
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Art. 1. Campo di applicazione

1. Il presente decreto si applica ai distributori degli impianti di distribuzione di benzina, attrezzati con sistemi di recupero dei vapori prodotti durante le operazioni di rifornimento, che prevedono il trasferimento dei vapori stessi in un impianto di deposito presente presso l’impianto di distribuzione di benzina, come previsto dall’art. 277, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (TUA)
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277. Recupero di cov prodotti durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli presso gli impianti di distribuzione carburanti

1. I distributori degli impianti di distribuzione dei carburanti devono essere attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina che si producono durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli. Gli impianti di distribuzione, i distributori e i sistemi di recupero dei vapori devono essere conformi alle pertinenti prescrizioni dell'Allegato VIII alla parte quinta del presente decreto, relative ai requisiti di efficienza, ai requisiti costruttivi, ai requisiti di installazione, ai controlli periodici ed agli obblighi di documentazione.

2. I sistemi di recupero dei vapori comprendono pistole di erogazione a ciò predisposte, tubazioni flessibili coassiali o gemellate, ripartitori per la separazione della linea dei vapori dalla linea di erogazione del carburante, collegamenti interni ai distributori, linee interrate per il passaggio dei vapori verso i serbatoi e tutte le apparecchiature e i dispositivi atti a garantire il funzionamento degli impianti in condizioni di sicurezza ed efficienza.

Art. 2. Obiettivi

1. Ai fini della prevenzione incendi, allo scopo di raggiungere i primari obiettivi di sicurezza relativi alla salvaguardia delle persone e alla tutela dei beni contro i rischi di incendio, i distributori e i sistemi di recupero vapori di cui all’art. 1, sono realizzati e gestiti in modo da:

a) minimizzare le cause di incendio ed esplosione;
b) limitare la produzione e la propagazione di un incendio all’interno degli impianti di distribuzione di benzina;
c) limitare la propagazione di un incendio ad edifici od aree limitrofe;
d) assicurare la possibilità che gli occupanti lascino le aree degli impianti di distribuzione di benzina indenni
o che gli stessi siano soccorsi in altro modo;
e) garantire la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza;
f) garantire che i requisiti di installazione dei medesimi siano conformi alla direttiva 2014/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative agli apparecchi e sistemi di protezione destinati a essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva.

Art. 3. Disposizioni tecniche

1. I distributori e i sistemi di recupero vapori di cui all’art. 1, fermo restando la conformità al decreto legislativo 19 maggio 2016, n. 85, che attua la direttiva 2014/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, devono essere realizzati secondo la regola dell’arte e nel rispetto delle specifiche disposizioni di prevenzione incendi.

2. Ferme restando le disposizioni previste dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, i distributori per l’erogazione di benzina, comprensivi dei sistemi di recupero dei vapori, devono essere provvisti di marcatura CE e della relativa dichiarazione di conformità ai sensi del decreto legislativo 19 maggio 2016, n. 85.

Tale marcatura CE attesta che il distributore è costruito in conformità all’analisi di rischio effettuata dal fabbricante ai sensi delle direttive comunitarie e delle norme applicabili.

3. Per le installazioni ricadenti nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, di cui all’allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, i distributori per l’erogazione di benzina, comprensivi dei sistemi di recupero dei vapori, si considerano costruiti in conformità al decreto legislativo 19 maggio 2016, n. 85 e alle altre disposizioni applicabili, se provvisti di marcatura CE di categoria 2 essendo la zona interna al distributore, di regola, classificata ai fini della sicurezza come zona 1.

L’utilizzo di una diversa categoria deve essere oggetto di un riferimento specifico nel documento di valutazione dei rischi, ai fini del controllo del Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio.

Art. 4. Impiego di prodotti per uso antincendio

1. I prodotti per uso antincendio, impiegati nel campo di applicazione del presente decreto, devono essere:

a) identificati univocamente sotto la responsabilità del produttore, secondo le procedure applicabili;

b) qualificati in relazione alle prestazioni richieste e all’uso previsto;

c) accettati dal responsabile dell’attività, ovvero dal responsabile dell’esecuzione dei lavori mediante acquisi- zione e verifica della documentazione di identificazione e qualificazione.

2. L’impiego dei prodotti per uso antincendio è consentito se gli stessi sono utilizzati conformemente all’uso previsto, sono rispondenti alle prestazioni richieste dal presente decreto e se:

a) sono conformi alle disposizioni comunitarie applicabili;

b) sono conformi, qualora non ricadenti nel campo di applicazione di disposizioni comunitarie, alle ap- posite disposizioni nazionali applicabili, già sottoposte con esito positivo alla procedura di informazione di cui alla direttiva 98/34/CE e successive modificazioni, che prevedono apposita omologazione per la commercializzazione sul territorio italiano e a tal fine il mutuo riconoscimento;

c) qualora non contemplati nelle lettere a) e b), sono legittimamente commercializzati in uno degli Stati dell’Unione europea o in Turchia in virtù di specifici accordi internazionali stipulati con l’Unione europea ovvero legalmente fabbricati in uno degli Stati firmatari dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA), parte contraente dell’accordo sullo spazio economico europeo (SEE), per l’impiego nelle stesse condizioni che permettono di garantire un livello di protezione, ai fini della sicurezza dall’incendio, equivalente a quello previsto nelle norme tecniche di cui al presente decreto.

3. L’equivalenza del livello di protezione, garantito dai prodotti per uso antincendio di cui al comma 2, è valutata, ove necessario, dal Ministero dell’interno applicando le procedure previste dal regolamento (CE) n. 764/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008.

Art. 5. Abrogazioni e disposizioni finali

1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto l’art. 5, comma 1, del decreto del Ministro dell’ambiente del 16 maggio 1996, così come sostituito dall’art. 4 del decreto del Ministro dell’interno del 27 gennaio 2006, non si applica, ad eccezione della lettera c), limitatamente agli impianti di distribuzione di benzina.

2. Ai sensi dell’art. 14, comma 3, della legge 15 dicembre 2011, n. 217, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto non si applica il punto 3 dell’allegato VIII alla parte V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (TUA)
....

PARTE V
ALLEGATO VIII - Impianti di distribuzione di benzina

...

3. Requisiti costruttivi e di installazione.

3.1. Il presente paragrafo si applica fino all'emanazione di una specifica norma tecnica da parte dei competenti enti di normazione.

3.2. I sistemi di recupero dei vapori sono classificati, sulla base del principio di funzionamento, in sistemi di recupero dei vapori a circolazione naturale e sistemi di recupero dei vapori a circolazione forzata, come definiti dai punti 3.3. e 3.4, i quali stabiliscono altresì i requisiti tecnici di carattere generale di tali impianti.

3.3. Sistemi di recupero dei vapori a circolazione naturale. In tali sistemi la pressione esistente nel serbatoio del veicolo e la depressione che si crea nell'impianto di deposito quando si estrae il carburante determinano il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo verso l'impianto di deposito durante il rifornimento, senza l'impiego di pompe a vuoto, aspiratori o altri dispositivi atti a facilitare la circolazione dei vapori.

3.4 Sistemi di recupero dei vapori a circolazione forzata. Tali sistemi prevedono l'impiego di dispositivi che, in aggiunta alla differenza di pressione che si determina tra il serbatoio del veicolo e l'impianto di deposito, facilitano il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo all'impianto di deposito durante il rifornimento. In base al tipo di dispositivo impiegato tali sistemi sono classificati in:

a) Sistemi assistiti da pompe. Tali sistemi prevedono l'impiego di una o più pompe del vuoto atte a creare una depressione che facilita il passaggio dei vapori stessi dal serbatoio del veicolo verso gli impianti di deposito. Sulla base del numero e della disposizione delle pompe a vuoto impiegate, tali sistemi vengono classificati in:

- sistemi dedicati. Tali sistemi prevedono l'impiego di almeno una pompa del vuoto installata nel corpo di ciascun distributore, e messa in funzione all'atto dell'erogazione del carburante. Il sistema deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalità del volume di vapore recuperato in funzione del volume di carburante erogato, secondo quanto indicato al punto 2.1. La pompa del vuoto deve essere dotata di idonei dispositivi tagliafiamma posti sulla mandata e sull'aspirazione; il motore della pompa del vuoto deve avere un grado di protezione adeguato alla zona di pericolo in cui è ubicato.
- sistemi centralizzati. Tali sistemi prevedono l'impiego di un'unica pompa del vuoto centralizzata asservita a più distributori, installata lungo la linea di ritorno dei vapori e messa in funzione all'atto dell'erogazione del carburante. Il sistema deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalità del volume di vapore recuperato in funzione del volume di carburante erogato, secondo quanto indicato al punto 2.1. La pompa del vuoto deve essere dotata di idonei dispositivi tagliafiamma posti sulla mandata e sull'aspirazione; il motore della pompa del vuoto deve avere un grado di protezione adeguato alla zona di pericolo in cui è ubicato.

b) Sistemi a circolatore idraulico. Tali sistemi prevedono l'impiego di un circolatore idraulico (pompa a getto, aspiratore Venturi o altro dispositivo) al fine di ottenere una depressione atta a facilitare il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo agli impianti di deposito durante la fase del rifornimento. Il circolatore idraulico può essere installato presso il distributore o presso la pompa di erogazione del carburante, e deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalità del volume di vapore recuperato in funzione del volume di carburante erogato, secondo quanto indicato al punto 2.1; la mandata del circolatore idraulico deve essere dotata di idoneo dispositivo tagliafiamma.

3.5. Le pistole erogatrici da impiegarsi nei distributori dotati di sistema per il recupero dei vapori devono avere requisiti tali da garantire l'esercizio dell'impianto in condizioni di sicurezza e di efficienza. Esse devono essere provviste di un condotto separato per il passaggio dei vapori, di una valvola di ritegno per mantenere chiuso il circuito dei vapori tra due successive operazioni di erogazione e di idonei dispositivi atti a garantire l'arresto dell'erogazione per serbatoio pieno e per caduta a terra della pistola. Se l'impianto è dotato di sistema di recupero dei vapori di benzina a circolazione naturale le pistole di erogazione devono garantire una tenuta con il bocchettone di carico del serbatoio del veicolo.

3.6. Nei distributori dotati di sistema per il recupero dei vapori è consentito l'impiego di tubazioni flessibili coassiali o gemellate. La lunghezza massima di tali tubazioni, esterna al distributore, è pari a 5,00 m.

3.7. Al fine di separare la linea di erogazione del carburante dalla linea di recupero dei vapori è necessario installare un idoneo ripartitore coassiale, dal quale si dipartono distintamente la linea di erogazione del carburante e la linea di recupero dei vapori.

Se il distributore è dotato di tubazioni flessibili coassiali il ripartitore coassiale può essere installato all'interno o all'esterno del corpo del distributore; se il distributore è dotato di tubazioni flessibili gemellate il ripartitore coassiale deve essere installato sulla pistola erogatrice.

3.8. II collegamento tra il distributore e le tubazioni interrate del sistema di recupero dei vapori di benzina può essere costituito da un tronco di tubazione flessibile o rigido.

3.9. Le linee interrate di ritorno dei vapori di benzina, nel tratto compreso tra i distributori e gli impianti di deposito, possono assumere le seguenti configurazioni:

a) linee dedicate (una per ogni distributore), le quali collegano ciascun distributore ad un singolo impianto di deposito; 

b) linee centralizzate (a servizio di più distributori), le quali collegano tutti i distributori ad uno o più impianti di deposito per mezzo di una rete comune di tubazioni.

3.10. Sulla linea di ritorno dei vapori deve essere installato un gruppo di controllo del funzionamento, che segnali visivamente le anomalie del sistema di recupero dei vapori di benzina. In presenza di tali anomalie il gestore è tenuto ad assumere gli opportuni provvedimenti.

3.11. E' consentito immettere i vapori recuperati nella parte superiore degli impianti di deposito, senza gorgogliamento. All'ingresso della linea di ritorno dei vapori di ogni serbatoio deve essere inoltre installato un idoneo dispositivo tagliafiamma. Devono essere installati idonei dispositivi al fine di evitare che il carburante rifluisca nella linea di recupero dei vapori in caso di sovrariempimento degli impianti di deposito. Qualora l'impianto di distribuzione di carburanti sia asservito ad un sistema di più impianti di deposito, questi possono essere collegati fra loro in corrispondenza della linea di ritorno dei vapori tramite un collettore comune, a condizione che tutti contengano esclusivamente benzina.

3.12. I requisiti costruttivi delle tubazioni appartenenti alle linee interrate di ritorno dei vapori sono identici a quelli richiesti per le tubazioni per l'adduzione del carburante; i materiali impiegati devono essere compatibili con le caratteristiche fisico-chimiche dei carburanti immagazzinati e devono possedere un'adeguata capacità, robustezza e durata per poter sopportare le pressioni di esercizio, lo stato di tensione strutturale e l'aggressione chimica a cui possono essere sottoposte; devono inoltre assicurare un libero passaggio e nel contempo garantire una bassa resistenza al flusso dei vapori.

3.13. Le tubazioni appartenenti alle linee interrate di ritorno dei vapori devono seguire il percorso effettivo più breve dai distributori agli impianti di deposto, con una pendenza uniforme minima del 2% verso gli impianti di deposito stessi.

3.14. Tutti gli elementi metallici appartenenti alla linea di ritorno dei vapori devono essere adeguatamente protetti dalla corrosione.

3.15. Gli impianti elettrici negli impianti di distribuzione di carburanti liquidi devono essere realizzati secondo quanto prescritto dalla legge 1° marzo 1968, n. 186. Le tubazioni e tutti gli altri elementi appartenenti alla linea di erogazione del carburante e alla linea di ritorno dei vapori, se di tipo non metallico, devono essere corredati di certificazione prodotta dal costruttore che ne attesti l'antistaticità.

3. Il presente decreto entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 27 dicembre 2017 

Collegati

Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 29250 | 06 dicembre 2017

ID 5355 | | Visite: 3040 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione civile

Malattia professionale e inidoneità alla mansione

Licenziamento dell'addetta alle pulizie

Civile Sent. Sez. L Num. 29250 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: CINQUE GUGLIELMO
Data pubblicazione: 06/12/2017

Fatti di causa

1. Con la sentenza n. 717/2015 la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Castrovillari n. 142/2014 con cui era stata respinta la domanda proposta da M.A.M. la quale, premesso di avere lavorato alle dipendenze della Manitei Idea spa (società avente in appalto servizi di pulizia presso gli istituti scolastici della Regione) con mansioni di addetta alle pulizie e che, a seguito di visita medica della competente commissione ASP del 25.10.2010, era stata accertata la permanente inidoneità alle mansioni per il qual motivo era stata licenziata con provvedimento del 23.11.2010, aveva chiesto, nei confronti della società datrice di lavoro, che fosse dichiarata l'illegittimità del recesso per violazione dell'obbligo di repechage, mentre nei riguardi dell'INAIL aveva chiesto che fosse accertato che la malattia, che aveva determinato la propria inidoneità era da ritenersi di origine professionale con conseguente condanna dell'Istituto assicuratore al pagamento della rendita o, quanto meno, dell'indennizzo in conto capitale.

2. A fondamento della decisione la Corte distrettuale ha statuito che: 1) nei confronti dell'INAIL la domanda era improponibile non essendo stata proposta la domanda amministrativa né poteva valere la richiesta formulata al datore di lavoro, in sede di impugnativa del licenziamento, di trasmettere all'INAIL la istanza perché, in caso di inerzia, comunque il lavoratore avrebbe dovuto provvedervi in via autonoma; 2) sull'obbligo di repechage, il lavoratore non aveva allegato l’esistenza di altri posti di lavoro nei quali avrebbe potuto essere utilmente ricollocato.

3. Avverso tale sentenza M.A.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

4. Ha resistito con controricorso il solo INAIL mentre l'altra intimata non ha svolto attività difensiva.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 135, 131, 52, 53, 67 del DPR n. 1124/1965, in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 cpc, per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in ordine alla richiesta di riconoscimento della malattia professionale e del pagamento della rendita. Deduce che erroneamente la Corte territoriale aveva rilevato la mancata presentazione della domanda amministrativa perché, con la lettera di impugnativa del licenziamento del 2.12.2010, la datrice di lavoro era stata invitata ad attivare la procedura d legge per il riconoscimento della malattia professionale e, quindi, era stato assolto l'obbligo derivante dall'art. 52 del citato DPR. Inoltre, la ricorrente precisa che i giudici di secondo grado, anche in ipotesi di improponibilità della domanda, avrebbero dovuto comunque accertare la sussistenza della denunciata malattia e, qualora sussistente, avrebbero dovuto condannare la Manital Idea spa alla corresponsione delle prestazioni richieste.

2. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 604/1966 e artt. 1463 e 1464 cc, in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 cpc, per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, e cioè l'impugnativa di licenziamento, per avere errato la Corte distrettuale nell'avere ritenuto incombente sulla ricorrente l'onere di allegare circostanze specifiche in ordine alla esistenza di diversi posti di lavoro cui avrebbe potuto essere adibita, dovendo, invece, essere il datore di lavoro a giustificare l'eventuale recesso anche sotto questo profilo; lamenta, inoltre la ricorrente che il giudice di appello, come già il giudice di primo grado, non aveva dato ingresso, senza alcuna motivazione, alle richieste istruttorie da essa formulate volte a provare l'esistenza di lavori diversi a cui la stessa avrebbe potuto essere adibita. 

3. Il primo motivo è fondato.

4. L'art. 52 del DPR n. 1124/1965 statuisce che il datore di lavoro ha l'obbligo di trasmettere all'Istituto assicuratore la denuncia di malattia professionale entro i cinque giorni successivi a quello nel quale il prestatore d'opera ha fatto denuncia al datore di lavoro della manifestazione della malattia: la violazione di tale obbligo è sanzionato in via amministrativa.

5. L'art. 67 dello stesso DPR prevede che gli assicurati hanno diritto alle prestazioni da parte dell'Istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore di lavoro non ha adempiuto agli obblighi stabiliti nel presente titolo.

6. Nella fattispecie in esame, è incontestato che, con la lettera del 2.10.2010, con la quale era stato impugnato il licenziamento, la M.A.M. aveva evidenziato che le lamentate ed accertate patologie da cui risultava affetta erano tutte diretta conseguenza dell'attività lavorativa prestata alle dipendenze della società, rientranti nel novero delle malattie professionali, motivo per cui faceva espressa istanza di attivazione della procedura di cui al DPR n. 1124/1965 impregiudicata l'azione risarcitoria nei confronti di parte datoriale.

7. La ricorrente aveva, quindi, chiaramente manifestato la sua volontà di fare valere il diritto alla prestazione previdenziale e neppure era ostativa all'inoltro della domanda all'INAIL l'eventuale assenza del certificato o della relazione medica contenente la descrizione dei sintomi lamentati dal lavoratore e riscontrati dal medico perché la documentazione riguardante le patologie della dipendente era già in possesso di parte datoriale che, sulla base di essa, aveva proceduto al licenziamento per giustificato motivo oggettivo in considerazione della inidoneità permanente alla mansione di addetto alle pulizie in ambienti civili.

8. Il datore di lavoro, pertanto, aveva l'obbligo di inoltrare l'istanza all'INAIL e il non avervi ottemperato determinava la proponibilità della relativa domanda avanzata in sede giurisdizionale, ai sensi dell'art. 67 DPR n. 1124/1965.

9. La Corte territoriale non ha applicato correttamente le suddette disposizioni e avrebbe dovuto, pertanto, accertare se la malattia professionale denunciata fosse stata conseguenza dell'attività lavorativa espletata e, quindi, indennizzabile ex DPR n. 1124/1965.

10. Anche il secondo motivo è fondato.

11. La Corte di merito ha ritenuto che l'obbligo del repechage, con conseguente onere di prova a carico del datore di lavoro circa l'impossibilità di adibire il lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo a diverse mansioni, diveniva operativo solo a seguito dell'adempimento, da parte del lavoratore, all'onere di allegare circostanze specifiche in merito alla esistenza di diversi posti di lavoro cui sarebbe potuto essere adibito.

12. In punto di fatto deve, però, essere rilevato (e ciò non è contestato) che, nell'impugnare il licenziamento per avvenuta inidoneità permanente alla mansione di addetta alle pulizie, la lavoratrice aveva dato la disponibilità ad essere adibita anche a mansioni inferiori e che nel giudizio aveva articolato prova per testi diretta a dimostrare l'esistenza, in azienda, di dipendenti addetti a lavori diversi rispetto a quelli da essa espletati: prova cui non è stato dato ingresso.

13. Orbene, le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un. 7 agosto 1998 n. 77545), a composizione dei contrasti di giurisprudenza esistenti sulla questione, hanno affermato che la sopravvenuta infermità permanente e la conseguente impossibilità della prestazione lavorativa possono giustificare oggettivamente il recesso del datore di lavoro dal rapporto di lavoro subordinato, ai sensi della legge n. 604/1966, artt. 1 e 3 (normativa specifica in relazione a quella generale dei contratti sinallagmatici di cui agli artt. 1453, 1455, 1463 e 1464 cc), a condizione che risulti ineseguibile l'attività svolta in concreto dal prestatore e che non sia possibile assegnare il lavoratore a mansioni equivalenti ai sensi dell'art. 2103 cc ed eventualmente inferiori, in difetto di altre soluzioni.

[...]

16. La inidoneità del prestatore giustifica il recesso solo nell'ipotesi in cui le energie lavorative residue non possano essere utilizzate altrimenti dall'impresa, anche in mansioni inferiori, e il datore di lavoro, prima di intimare il licenziamento, è tenuto a ricercare possibili soluzioni alternative e, ove le stesse comportino l'assegnazione a mansioni inferiori, a prospettare al prestatore il demansionamento, divenendo libero di recedere dal rapporto solo qualora la soluzione alternativa non venga accettata.

17. Quanto, poi, alla tematica circa la delimitazione degli oneri di allegazione che gravano sul lavoratore, il quale contesti la legittimità del licenziamento, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che "l'onere di collaborazione del prestatore di lavoro, lungi dall'avere un contenuto formale e predefinito, trova la sua specificazione con riferimento alla situazione concreta, in relazione cioè all'esigenza di rendere ragionevole l'onere probatorio gravante sul datore di lavoro, a sua volta delimitato dalle contrapposte deduzioni delle parti e dalle circostanze di fatto e di luogo reali proprie della singola vicenda esaminata. E', pertanto, sufficiente che il prestatore di lavoro, per soddisfare il suddetto onere, fornisca comunque elementi utili ad individuare la esistenza di realtà idonee ad una sua possibile diversa collocazione. Deve sottolinearsi in proposito che non è possibile gravare il prestatore di lavoro di un onere di maggiore specificità nell'allegazione suddetta tenuto conto del fatto che lo stesso non può (o comunque non è tenuto a) conoscere i dettagli dell'organizzazione aziendale e quindi l'eventuale esistenza di posizioni di lavoro analoghe a quelle dallo stesso occupate e suscettibili di essere dallo stesso ricoperte (Cass. 18.7.2014 n. 16484).

[...]

20. Nei limiti delle suddette considerazioni il ricorso deve essere accolto e la causa va rinviata ad altra Corte di appello, che si designa in quella di Reggio Calabria, perché uniformandosi al complesso dei principi di diritto innanzi precisati, proceda agli accertamenti omessi. Il giudice di rinvio è incaricato anche di regolare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Reggio Calabria cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 20 settembre 2017

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Linee guida Oms protezione dei lavoratori dai rischi dei nanomateriali

ID 5352 | | Visite: 6160 | Documenti Sicurezza Organi Istituzionali

WHO lineeguida nanomateriali

Linee guida dell’Oms per la protezione dei lavoratori dai rischi potenziali dei nanomateriali ingegnerizzati

Il termine nanomateriali si riferisce a materiali che hanno almeno una dimensione (altezza, larghezza o lunghezza) che è inferiore a 100 nanometri (10-7 metri), che è circa la dimensione di una particella virale. 

Questa particolare dimensione dimensione rappresenta una caratteristica importante dei nanomateriali fabbricati (MNM). Le proprietà uniche degli MNM possono risultare in vernici migliori, farmaci migliori e elettronica più veloce. Tuttavia, per lo stesso motivo, gli MNM possono anche presentare pericoli per la salute che differiscono da quelli della sostanza alla rinfusa e possono richiedere diversi metodi di prova per il rischio, l'esposizione e la valutazione del rischio dalle loro controparti di materiali sfusi.

Attualmente vi è una scarsità di informazioni precise sui percorsi di esposizione umana per gli MNM, sul loro destino nel corpo umano e sulla loro capacità di indurre effetti biologici indesiderati come la generazione di stress ossidativo. I dati degli studi di inalazione di MNM in vitro, animale e umano sono disponibili solo per alcuni MNM. Finora non sono stati osservati effetti avversi sulla salute a lungo termine negli esseri umani. Ciò potrebbe essere dovuto alla recente introduzione di MNM, l'approccio precauzionale per evitare l'esposizione e le preoccupazioni etiche sulla conduzione di studi sull'uomo. Pertanto, le raccomandazioni sulla salute devono basarsi sull'estrapolazione delle prove di studi in vitro, su animali o di altro tipo da campi che implicano l'esposizione a particelle su nanoscala, come l'inquinamento atmosferico, ai possibili effetti sull'uomo.

Pertanto, l'OMS propone queste linee guida ai responsabili delle politiche e ai professionisti nel campo della salute e sicurezza sul lavoro con raccomandazioni su come proteggere al meglio i lavoratori dai potenziali rischi degli MNM.

Nanomateriali, anche il contributo dell’Inail nelle linee guida dell’Oms per la protezione dei lavoratori

Il Dipartimento di medicina epidemiologia e igiene del lavoro e ambientale dell’Istituto, attivo da anni sulla tematica dei rischi emergenti, ha partecipato alla stesura della pubblicazione dell’Organizzazione mondiale della sanità con una revisione sistematica della letteratura, inclusa nel documento finale e pubblicata come articolo scientifico sull’International Journal of Hygiene and Environmental Health

Nanomateriali, anche il contributo dell’Inail nelle linee guida dell’Oms per la protezione dei lavoratori

Il Dipartimento di medicina, epidemiologia e igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Inail, attivo da anni sulla tematica dei rischi emergenti, ha contribuito alla stesura delle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per la protezione dei lavoratori esposti a nanomateriali ingegnerizzati (Nmi). Il rapido avanzamento delle nuove tecnologie basate sullo sviluppo e le produzione di strutture alla scala nanometrica (inferiori a 100 nanometri pari a 10-7 metri) – che permettono di realizzare applicazioni innovative in differenti settori dall’elettronica, alla cura della persona, dalla farmaceutica alle costruzioni, dal tessile alle energie rinnovabili – può infatti rappresentare un rischio per la salute, che deve essere valutato e gestito con un approccio specifico.

Elaborate alcune raccomandazioni per la prevenzione. La pubblicazione delle linee guida dell’Oms – “Protecting Workers from Potential Risks of Manufactured Nanomaterials” – è il frutto di una metodologia che ha incluso l’individuazione di una serie di questioni chiave su cui è stato realizzato un processo di revisione sistematica della letteratura, con il coinvolgimento di un panel di esperti internazionali del settore. In base ai risultati delle review, sono state elaborate alcune raccomandazioni per l’implementazione delle misure di prevenzione e protezione negli ambienti di lavoro, indirizzate anche ai policy maker e agli esperti in tema di salute e sicurezza occupazionale come strumento di supporto alle decisioni.

La loro tossicità può dipendere da numerose proprietà chimico-fisiche. Il Dimeila, anche in qualità di Centro di collaborazione dell’Oms in tema di salute e sicurezza occupazionale, ha contribuito in particolare con una revisione sistematica della letteratura sul tema dell’efficacia delle tecniche di misura dell’esposizione a nanomateriali nei luoghi di lavoro, inserita nel documento finale e pubblicata come articolo scientifico sulla rivista International Journal of Hygiene and Environmental Health. La tossicità dei nanomateriali ingegnerizzati può dipendere da numerose proprietà chimico-fisiche che includono le dimensioni, la forma, la composizione, le caratteristiche superficiali, la carica e il grado di dissoluzione. Gli studi in letteratura forniscono poche informazioni sugli effetti di alcuni Nmi sulla salute risultanti da studi in vitro o su animali, mentre non sono stati ancora osservati effetti a lungo termine su popolazioni di lavoratori.

Il percorso di ricerca iniziato con il Libro Bianco del 2010. Il contributo alla stesura delle linee guida dell’Oms costituisce un’ulteriore tappa del percorso di ricerca del Dimeila verso lo sviluppo responsabile dei nanomateriali e, più in generale, delle tecnologie innovative. Un percorso iniziato con il Libro Bianco del 2010 e il successivo coinvolgimento degli stakeholder nazionali, passando per la partecipazione ai progetti europei, come Nanoreg, fino allo sviluppo di metodologie e strumenti utili alla gestione del rischio, quali per esempio la piattaforma Nano-Lab e il recente progetto Nanokey, che con la partnership dell’Istituto italiano di tecnologia (IIT) contribuirà allo sviluppo di un modello di “prevention through design” (prevenzione a partire dalla progettazione) per le nanotecnologie e le tecnologie abilitanti.

Fonte: World Health Organization 
INAIL

Decreto Presidente della Repubblica 1° agosto 2011 n. 151

ID 432 | | Visite: 160493 | Prevenzione Incendi

Decreto Presidente della Repubblica 1° agosto 2011 n. 151

Disponibile, in allegato, il testo aggiornato con modifiche e note Riservato Abbonati in formato PDF stampabile/copiabile aggiornato data articolo.

Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell’articolo 49, comma 4 -quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

(G.U. n. 221 del 22 settembre 2011)

Entrata in vigore: 07/10/2011
____________

Vedi proroga antincendio per le "Nuove attività" del D.P.R. 151/2011

Vedi Tabella di equiparazione DPR 151/2011 e DM 16.02.1982
____________

Art. 1. Definizioni

1. Ai fini del presente regolamento si intende per:

a) Comando: il Comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente;

b) Direzione: la Direzione regionale o interregionale dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile;

c) CTR: il Comitato tecnico regionale per la prevenzione incendi di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139;

d) SCIA: la segnalazione certificata di inizio attività, ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall'articolo 49, comma 4-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in cui la ricevuta della segnalazione costituisce titolo autorizzatorio ai sensi dell'articolo 38, comma 3, lettere e) ed f), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

e) SUAP: lo sportello unico per le attività produttive che costituisce l'unico punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva e fornisce una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni, comunque coinvolte nel procedimento;

f) CPI: Certificato di prevenzione incendi ai sensi dell'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.

Art. 2. Finalità ed ambito di applicazione

1. Il presente regolamento individua le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e disciplina, per il deposito dei progetti, per l'esame dei progetti, per le visite tecniche, per l'approvazione di deroghe a specifiche normative, la verifica delle condizioni di sicurezza antincendio che, in base alla vigente normativa, sono attribuite alla competenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

2. Nell'ambito di applicazione del presente regolamento rientrano tutte le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi riportate nell'Allegato I del presente regolamento.

3. Le attività sottoposte ai controlli di prevenzione incendi si distinguono nelle categorie A, B e C, come individuate nell'Allegato I in relazione alla dimensione dell'impresa, al settore di attività, alla esistenza di specifiche regole tecniche, alle esigenze di tutela della pubblica incolumità.

4. L'elenco delle attività soggette ai controlli di prevenzione di cui all'Allegato I del presente regolamento è soggetta a revisione, in relazione al mutamento delle esigenze di salvaguardia delle condizioni di sicurezza antincendio.

5. La revisione dell'elenco delle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, di cui all'Allegato I, è effettuata con d.P.R., da emanare a norma dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, sentito il Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi.

6. Sono escluse dall'ambito di applicazione del presente regolamento le attivita' industriali a rischio di incidente rilevante, soggette alla presentazione del rapporto di sicurezza di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni. - Modifica D.L. 31 agosto 2013, n. 101

7. Al fine di garantire l'uniformità delle procedure, nonché la trasparenza e la speditezza dell'attività amministrativa, le modalità di presentazione delle istanze oggetto del presente regolamento e la relativa documentazione, da allegare, sono disciplinate con decreto del Ministro dell'interno.

8. Con il decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze previsto dall'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, sono stabiliti i corrispettivi per i servizi di prevenzione incendi effettuati dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Art. 3. Valutazione dei progetti

1. Gli enti ed i privati responsabili delle attività di cui all'Allegato I, categorie B e C, sono tenuti a richiedere, con apposita istanza, al Comando l'esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio.

2. I progetti di cui al comma 1 sono corredati dalla documentazione prevista dal decreto di cui al comma 7 dell'articolo 2.

3. Il Comando esamina i progetti ed entro trenta giorni può richiedere documentazione integrativa. Il Comando si pronuncia sulla conformità degli stessi alla normativa ed ai criteri tecnici di prevenzione incendi entro sessanta giorni dalla data di presentazione della documentazione completa.

Art. 4. Controlli di prevenzione incendi

1. Per le attività di cui all'Allegato I del presente regolamento, l'istanza di cui al comma 2 dell'articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, è presentata al Comando, prima dell'esercizio dell'attività, mediante segnalazione certificata di inizio attività, corredata dalla documentazione prevista dal decreto di cui all'articolo 2, comma 7, del presente regolamento. Il Comando verifica la completezza formale dell'istanza, della documentazione e dei relativi allegati e, in caso di esito positivo, ne rilascia ricevuta.

2. Per le attività di cui all'Allegato I, categoria A e B, il Comando, entro sessanta giorni dal ricevimento dell'istanza di cui al comma 1, effettua controlli, attraverso visite tecniche, volti ad accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione degli incendi, nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio. I controlli sono disposti anche con metodo a campione o in base a programmi settoriali, per categorie di attività o nelle situazioni di potenziale pericolo comunque segnalate o rilevate. Entro lo stesso termine, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per l'esercizio delle attività previsti dalla normativa di prevenzione incendi, il Comando adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi dalla stessa prodotti, ad eccezione che, ove sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa antincendio e ai criteri tecnici di prevenzione incendi detta attività entro un termine di quarantacinque giorni. Il Comando, a richiesta dell'interessato, in caso di esito positivo, rilascia copia del verbale della visita tecnica.

3. Per le attività di cui all'Allegato I categoria C, il Comando, entro sessanta giorni dal ricevimento dell'istanza di cui al comma 1, effettua controlli, attraverso visite tecniche, volti ad accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione degli incendi, nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio. Entro lo stesso termine, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per l'esercizio delle attività previsti dalla normativa di prevenzione incendi, il Comando adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi dalla stessa prodotti, ad eccezione che, ove sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa antincendio e ai criteri tecnici di prevenzione incendi detta attività entro un termine di quarantacinque giorni. Entro quindici giorni dalla data di effettuazione delle visite tecniche effettuate sulle attività di cui al presente comma, in caso di esito positivo, il Comando rilascia il certificato di prevenzione incendi.

4. Il Comando acquisisce le certificazioni e le dichiarazioni attestanti la conformità delle attività di cui all'Allegato I alla normativa di prevenzione incendi, ai sensi del comma 4 dell'articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.

5. Qualora il sopralluogo debba essere effettuato dal Comando nel corso di un procedimento di autorizzazione che prevede un atto deliberativo propedeutico emesso da organi collegiali, dei quali è chiamato a far parte il Comando stesso, si applicano i diversi termini stabiliti per tali procedimenti.

6. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3 del presente decreto in caso di modifiche che comportano un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio, l'obbligo per l'interessato di avviare nuovamente le procedure previste dal presente articolo ricorre quando vi sono modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.

Art. 5. Attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio

1. La richiesta di rinnovo periodico di conformità antincendio che, ogni cinque anni, il titolare delle attività di cui all'Allegato I del presente regolamento è tenuto ad inviare al Comando, è effettuata tramite una dichiarazione attestante l'assenza di variazioni alle condizioni di sicurezza antincendio corredata dalla documentazione prevista dal decreto di cui all'articolo 2, comma 7. Il Comando rilascia contestuale ricevuta dell'avvenuta presentazione della dichiarazione.

2. Per le attività di cui ai numeri 6, 7, 8, 64, 71, 72 e 77 dell'Allegato I, la cadenza quinquennale di cui al comma 1 è elevata a dieci anni.

Art. 6. Obblighi connessi con l'esercizio dell'attività

1. Gli enti e i privati responsabili di attività di cui all'Allegato I del presente regolamento, non soggette alla disciplina del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, hanno l'obbligo di mantenere in stato di efficienza i sistemi, i dispositivi, le attrezzature e le altre misure di sicurezza antincendio adottate e di effettuare verifiche di controllo ed interventi di manutenzione secondo le cadenze temporali che sono indicate dal Comando nel certificato di prevenzione o all'atto del rilascio della ricevuta a seguito della presentazione della SCIA di cui all'articolo 4, comma 1, nonché di assicurare una adeguata informazione sui rischi di incendio connessi con la specifica attività, sulle misure di prevenzione e protezione adottate, sulle precauzioni da osservare per evitare l'insorgere di un incendio e sulle procedure da attuare in caso di incendio.

2. I controlli, le verifiche, gli interventi di manutenzione e l'informazione di cui al comma 1, devono essere annotati in un apposito registro a cura dei responsabili dell'attività. Tale registro deve essere mantenuto aggiornato e reso disponibile ai fini dei controlli di competenza del Comando.

Art. 7. Deroghe

1. Qualora le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi di cui all'Allegato I del presente regolamento, presentino caratteristiche tali da non consentire l'integrale osservanza delle regole tecniche di prevenzione incendi vigenti, gli interessati, con le modalità stabilite dal decreto di cui all'articolo 2, comma 7, possono presentare al Comando istanza di deroga al rispetto della normativa antincendio.

2. Possono presentare istanza di deroga, con le modalità di cui al comma 1, anche i titolari di attività, disciplinate da specifiche regole tecniche di prevenzione incendi, che non rientrano tra quelle riportate all'Allegato I.

3. Il Comando esamina l'istanza e, con proprio motivato parere, la trasmette entro trenta giorni alla Direzione regionale. Il Direttore, sentito il Comitato tecnico regionale per la prevenzione incendi, di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, si pronuncia entro sessanta giorni dalla ricezione dell'istanza, e ne da' contestuale comunicazione al Comando al quale la stessa è stata presentata ed al richiedente.

Art. 8. Nulla osta di fattibilità

1. Gli enti e i privati responsabili delle attività di cui all'Allegato I del presente regolamento, categorie B e C, possono richiedere al Comando l'esame preliminare della fattibilità dei progetti di particolare complessità, ai fini del rilascio del nulla osta di fattibilità.

Art. 9. Verifiche in corso d'opera

1. Gli enti e i privati responsabili delle attività di cui all'Allegato I del presente regolamento, possono richiedere al Comando l'effettuazione di visite tecniche, da effettuarsi nel corso di realizzazione dell'opera.

Art. 10. Raccordo con le procedure dello sportello unico per le attività produttive (SUAP)

1. Per le attività di cui all'Allegato I del presente regolamento di competenza del SUAP si applica il d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160.

2. Ai soli fini antincendio le attività di cui all'Allegato I, categoria A, ricadono nel procedimento automatizzato di cui al Capo III del d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160, fatti salvi i casi in cui si applica il procedimento ordinario di cui al Capo IV dello stesso decreto.

3. La documentazione di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 10 del d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160, è completata, ai fini della rispondenza dell'opera alle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione degli incendi, dalla SCIA di cui all'articolo 4 del presente regolamento.

Art. 11. Disposizioni transitorie e finali

1. Fino all'adozione del decreto ministeriale di cui al comma 7 dell'articolo 2, si applicano le disposizioni del decreto del Ministro dell'interno in data 4 maggio 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 104 del 7 maggio 1998, recante disposizioni relative alle modalità di presentazione ed al contenuto delle domande per l'avvio di procedimenti di prevenzione incendi, nonché all'uniformità dei connessi servizi resi dai Comandi provinciali dei vigili del fuoco.

2. Fino all'adozione del decreto ministeriale di cui al comma 7 dell'articolo 2, all'istanza di cui al comma 1 dell'articolo 4, presentata per la messa in esercizio dei depositi di gas di petrolio liquefatto in serbatoi fissi di capacità complessiva non superiore a 5 metri cubi non a servizio di attività di cui all'Allegato I, sono allegati:

a) la dichiarazione di conformità di cui all'articolo 7 del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 22 gennaio 2008, n. 37
b) una dichiarazione in cui il titolare attesta che sono state rispettate le prescrizioni vigenti in materia di prevenzione degli incendi e si impegna al rispetto degli obblighi di cui all'articolo 6 del presente regolamento; 
c) una planimetria del deposito, in scala idonea firmata da un professionista iscritto nel relativo albo professionale e nell'ambito delle specifiche competenze, o dal responsabile tecnico dell'impresa che procede all'installazione del deposito.

3. Fino all'adozione del decreto ministeriale di cui al comma 2 dell'articolo 23 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, si applicano le disposizioni del decreto del Ministro dell'interno 3 febbraio 2006 adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Per le nuove attività introdotte all'Allegato I del presente regolamento, si applicano le tariffe già previste per le attività di analoga complessità, come individuate nella tabella di equiparazione di cui all'Allegato II del presente regolamento.

4. Gli enti e i privati responsabili delle nuove attivita' introdotte all'Allegato I, esistenti alla data di pubblicazione del presente regolamento, devono espletare i prescritti adempimenti entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento (ndr: Modifiche: D.L. 22 giugno 2012, n. 83; D.L. 21 giugno 2013, n. 69; D.L. 12 settembre 2014, n. 133Decreto Legge 30 dicembre 2016 n. 244. (entro il 7 ottobre 2017) Vedi art. sulle Proroghe nuove attività)

5. Gli enti e i privati responsabili delle attività di cui all'Allegato I, esistenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento ed in possesso del Certificato di prevenzione incendi, alla scadenza del medesimo Certificato devono espletare gli adempimenti prescritti all'articolo 5 del presente regolamento.

6. Gli enti e i privati responsabili delle attività di cui al comma 2, dell'articolo 5, presentano la prima attestazione di rinnovo periodico, entro i seguenti termini:

a) entro sei anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento per le attività con certificato di prevenzione incendi una tantum rilasciato antecedentemente al 1° gennaio 1988; 
b) entro otto anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento per le attività con certificato di prevenzione incendi una tantum rilasciato nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1988 ed il 31 dicembre 1999; 
c) entro dieci anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento per le attività con certificato di prevenzione incendi una tantum rilasciato nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 e la data di entrata in vigore del presente regolamento.

7. Gli enti e i privati responsabili delle attività di cui all'Allegato I, che alla data di entrata in vigore del presente regolamento hanno acquisito il parere di conformità di cui all'articolo 2 del d.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37, devono espletare gli adempimenti di cui all'articolo 4 del presente regolamento.

8. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.

Art. 12. Abrogazioni

1. Dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogate le seguenti disposizioni:

a) d.P.R. del 26 maggio 1959, n. 689, regolamento recante la determinazione delle aziende e lavorazioni soggette, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando del Corpo dei vigili del fuoco; 

b) d.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37, concernente regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59
c) d.P.R. 12 aprile 2006, n. 214, concernente regolamento recante semplificazione delle procedure di prevenzione incendi relative ai depositi di g.p.l. in serbatoi fissi di capacità complessiva non superiore a 5 metri cubi; 
d) decreto del Ministro dell'interno in data 16 febbraio 1982, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 98 del 9 aprile 1982, recante modificazioni del decreto del Ministro dell'interno 27 settembre 1965, concernente la determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione incendi; 
e) articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, recante riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229, limitatamente a:

1) comma 1: il secondo periodo; 
2) comma 2: dalle parole: «a conclusione di un procedimento» fino alle parole: «attività medesime»; 
3) comma 4: dalle parole: «Ai fini» fino alle parole: «prevenzione incendi» e dalle parole: «oltre ad eseguire» fino alle parole: «accertamenti e valutazioni»;

f) articolo 6, comma 8, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

Art. 13. Clausola di neutralità finanziaria

1. Dall'attuazione del presente regolamento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le amministrazioni pubbliche interessate svolgono le attività previste dal presente regolamento con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

(G.U. n. 221 del 22 settembre 2011)

Modifiche

26/06/2012
Il DECRETO-LEGGE 22 giugno 2012, n. 83 (in SO n.129, relativo alla G.U. 26/06/2012, n.147), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (in SO n. 171, relativo alla G.U. 11/08/2012, n. 187), ha disposto (con l'art. 7, comma 2-bis) la modifica dell'art. 11, comma 4.

21/06/2013
Il DECRETO-LEGGE 21 giugno 2013, n. 69 (in SO n.50, relativo alla G.U. 21/06/2013, n.144), convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 (in S.O. n. 63, relativo alla G.U. 20/08/2013, n. 194), ha disposto (con l'art. 38, commi 1 e 2) la modifica dell'art. 11, comma 4.

31/08/2013
Il DECRETO-LEGGE 31 agosto 2013, n. 101 (in G.U. 31/08/2013, n.204), convertito con modificazioni dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125 (in G.U. 30/10/2013, n. 255), ha disposto (con l'art. 8, comma 7) la modifica dell'art. 2, comma 6.

12/09/2014
Il DECRETO-LEGGE 12 settembre 2014, n. 133 (in G.U. 12/09/2014, n.212), convertito con modificazioni dalla L. 11 novembre 2014, n. 164 (in S.O. n. 85, relativo alla G.U. 11/11/2014, n. 262), ha disposto (con l'art. 16-ter, comma 1) la modifica dell'art. 11, comma 4.

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DPR 151 2011

Prevenzione Incendi: Le 80 attività soggette a controlli

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D.M. 12 maggio 2016

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Decreto 12 maggio 2016

D.M. 12 maggio 2016

Prescrizioni per l'attuazione, con scadenze differenziate, delle vigenti normative in materia di prevenzione degli incendi per l'edilizia scolastica

Entrata in vigore: 26.05.2016

GU  n.121 del 25-05-2016

_____

Art. 1. Attuazione, con scadenze differenziate, delle disposizioni di prevenzione incendi di cui al decreto del Ministro dell’interno del 26 agosto 1992.

1. Gli edifi ci scolastici e i locali adibiti a scuole esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto sono adeguati ai requisiti di sicurezza antincendio previsti ai seguenti punti del decreto del Ministro dell’Interno del 26 agosto 1992, entro i termini temporali di seguito indicati:
a) entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto tutte le scuole attuano le misure di cui ai punti: 7.0-8-9.2-10-12;
b) entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto:

1) le scuole preesistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro per i lavori pubblici del 18 dicembre 1975, attuano le misure di cui ai punti: 2.4-3.1-5 (5.5 larghezza totale riferita al solo piano di massimo affollamento)-6.1-6.2-6.3.0-6.4-6.5-6.6-7.1-9.1-9.3;

2) le scuole realizzate successivamente all’entrata in vigore del decreto del Ministro per i lavori pubblici del 18 dicembre 1975 ed entro la data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell’interno del 26 agosto 1992, attuano le misure di cui ai punti: 2.4-3-4-5-6.1-6.2-6.3-6.4-6.5-6.6-7.1-9.1-9.3;

3) le scuole realizzate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell’interno del 26 agosto 1992 attuano tutte le misure ivi previste;
c) le misure di cui alle lettere a) e b) del presente comma devono comunque essere attuate entro il 31 dicembre 2016.

2. Il progetto di cui all’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151, previsto per le scuole di categoria B e C dell’Allegato I allo stesso decreto, deve indicare le opere di adeguamento ai requisiti di sicurezza di cui al comma 1, lettere a) e b) ;

3. Al termine degli adeguamenti previsti al comma 1 e comunque entro la scadenza del termine del 31 dicembre 2016, deve essere presentata la segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.

4. Gli edifici scolastici e i locali adibiti a scuole esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto sono esentati dall’obbligo di adeguamento qualora siano in possesso del certificato di prevenzione incendi, in corso di validità, o sia stata presentata la segnalazione certificata di inizio attività di cui all’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.

5. Per gli edifici scolastici e i locali adibiti a scuole esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, per i quali siano in corso lavori di adeguamento al decreto del Ministro dell’interno del 26 agosto 1992 sulla base di un progetto approvato dal competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, deve essere presentata la segnalazione certificata di inizio attività, ai sensi dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, relativa al completo adeguamento antincendio della struttura entro il termine massimo di cui al comma 1, lettera c) .

Art. 2. Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 57187 | 21 Dicembre 2017

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Sentenze cassazione penale

Infortunio di un lavoratore irregolare con una sega circolare elettrica

Responsabilità del committente, direttore tecnico di cantiere e responsabile della sicurezza

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 57187 Anno 2017

Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: CAPPELLO GABRIELLA
Data Udienza: 25/10/2017

Ritenuto in fatto

1. La Corte d'appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio, appellata da M.G.C.A., con la quale costui era stato condannato - per il reato di cui all'art. 590 co. 1 e 3 cod. pen. in relazione all'art. 90 d.lgs. 81/2008, ai danni del lavoratore E.O.T. - alla pena sospesa di mesi cinque di reclusione, oltre al risarcimento dei danni patiti dalla costituita parte civile, con riconoscimento di una provvisionale di euro 15.000,00.
2. Si è contestato al M.G.C.A., nella qualità di Presidente del C.d.A. di GE.MA. s.r.l., impresa committente ed esecutrice principale delle opere edili, di avere cagionato al predetto E.O.T., lavoratore con mansioni di manovale, lesioni personali gravi per colpa generica, consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia, e specifica, per inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e, in particolare: per non aver verificato l'idoneità tecnico-professionale del lavoratore in relazione alle funzioni e ai lavori da affidargli con le modalità di cui all'allegato XVII del d.lgs. 81/2008; e per non aver verificato l'idoneità delle attrezzature utilizzate.
In particolare, E.O.T., il giorno 19/04/2010, mentre era impegnato nella posa in opera di un battiscopa in quel cantiere, durante il taglio di un listello di legno con l'utilizzo di una sega circolare elettrica, si era avvicinato oltre misura con la mano destra alla lama circolare, procurandosi una ferita al terzo dito della mano dx e ai tendini estensori e al II dito della stessa mano, da cui era derivata una malattia della durata di gg. 295, con un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un ugual periodo di tempo.
3. L'imputato ha proposto ricorso personalmente, formulando due motivi.
Con il primo, ha dedotto vizio della motivazione ed inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento alla valutazione del compendio probatorio.
La parte contesta la prova di due circostanze, vale a dire l'esistenza nel cantiere del macchinario sprovvisto di protezione e l'impiego del lavoratore al suo interno, essendo emerso a tal proposito che il M.G.C.A. era intervenuto per allontanarlo dai luoghi. Cosicché l'infortunio sarebbe ricollegabile ad una condotta inopinabile del lavoratore, esorbitante dal procedimento lavorativo, cui egli non era addetto, poiché non autorizzato a svolgerlo.
Con il secondo, ha dedotto erronea applicazione della legge penale, a causa dell'errata ricostruzione dei fatti, che la parte ritiene fondata su assunti inesistenti. Osserva il ricorrente che, in base al principio di affidamento, devono essere individuati specifici limiti alla responsabilità datoriale, che sarebbe altrimenti attribuita in maniera automatica, trasformando il principio di garanzia in una forma di responsabilità oggettiva.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile.
2. La Corte d'appello ha ritenuto che l'imputato, in qualità di committente e responsabile della sicurezza del cantiere, avesse l'onere di assicurarsi, non soltanto prima, ma anche durante lo svolgimento dei lavori, del rispetto delle norme di sicurezza da parte di tutti coloro che operavano all'interno dello stesso, ivi compresi i lavoratori alle dipendenze delle ditte subappaltatrici, ancorché non regolarmente assunti da quest'ultime. Verifica che, secondo la Corte ambrosiana, avrebbe dovuto riguardare anche le attrezzature appartenenti a quelle ditte nel momento in cui esse venivano utilizzate in cantiere, osservando che l'onere di informazione nei confronti degli operai si impone a maggior ragione rispetto ai dipendenti di altre ditte che utilizzino o possano anche solo accedere a macchinari della società committente.
Cosicché, secondo la Corte territoriale, anche a voler ritenere accertato che la p.o. fosse alle dipendenze della ditta E.M., ne conseguirebbe solo la configurabilità di una concorrente responsabilità del presunto datore di lavoro, la posizione di garanzia ricoperta dall'imputato essendo riconducibile comunque alle qualità di legale rappresentante dell'impresa committente, di direttore tecnico e di responsabile del cantiere.
Quanto alla apertura del cantiere e alla ritenuta persistenza della posizione di garanzia ricoperta dall'Imputato, la Corte di merito ha rilevato che esso doveva considerarsi ancora tale, ad onta della formale presentazione della dichiarazione di fine lavori del 04/04/2010, nella quale infatti il M.G.C.A., in qualità di rappresentante di GE.MA. s.r.l., dava atto della esistenza di lavori da ultimare, diffidando in data 13/04/2010 la ditta E.M. ad ultimare le opere. Tra i lavori ancora da eseguire, oltre ai lavori idraulici ed elettrici certamente in corso, la Corte di merito ha ritenuto doversi annoverare anche la posa dei battiscopa, cui era intento il lavoratore E.O.T. al momento dell'infortunio.
In merito, poi, al presunto intervento del M.G.C.A. per allontanare la p.o. dal cantiere e alla conseguenza che la parte appellante vi ha riconnesso (che l'infortunio fosse cioè da ricollegarsi alla inopinabile iniziativa del E.O.T., del tutto eccentrica rispetto al ciclo lavorativo), secondo quanto riferito in sede testimoniale (il riferimento è al teste a difesa R., il quale ha riferito di avere visto l'imputato dialogare con due uomini ai quali stava intimando di allontanarsi dal cantiere e di avere poi notato i due nell'atto di andarsene), la Corte d'appello ha ritenuto che il nesso eziologico non sarebbe stato interrotto da un eventuale intervento dell'imputato nei termini anzidetti, la cui inefficacia ha ricollegato alla circostanza che le stesse persone che il teste riferiva essersi allontanate avrebbero ciononostante portato avanti un'attività lavorativa, utilizzando un macchinario molto rumoroso, trovando così conferma l'assunto che il M.G.C.A. non aveva posto in essere quei presidi e quelle cautele necessari ad assicurarsi che nell'area dì propria competenza non operassero persone non regolarmente assunte, non formate né informate.
Conclusivamente, poi, per quanto attiene alla disponibilità della sega circolare sprovvista dei presidi di sicurezza, la Corte di merito ha rilevato la solidità del quadro probatorio in base al quale il Tribunale aveva ritenuto il macchinario di pertinenza della GE.MA. s.r.l., rilevando risolutivamente la non incidenza della circostanza sulla responsabilità ravvisata in capo all'imputato, i cui oneri non sarebbero venuti meno nell'ipotesi in cui lo strumento fosse appartenuto ad altra ditta operante in quel cantiere.
3. I motivi sono entrambi manifestamente infondati.
3.1. Le questioni che il ricorso ripropone al vaglio di legittimità si polarizzano attorno a censure, con le quali, in definitiva, parte ricorrente contesta il ragionamento probatorio condotto in sede di merito, con riferimento a due profili principali: l'affidamento riposto dal M.G.C.A. sull'efficacia del suo presunto intervento per allontanare due soggetti, uno dei quali dovrebbe essere stata la p.o., con conseguente interruzione del nesso eziologico tra le omissioni contestate e l'evento, che sarebbe conseguenza della sola condotta del lavoratore, del tutto eccentrica rispetto al ciclo lavorativo in corso; la non pertinenza del macchinario sprovvisto dei presidi di sicurezza alla GE.MA. s.r.l., anche alla luce dell'esito positivo della causa introdotta dinnanzi al giudice del lavoro.
3.2. A questo punto s'impone una premessa di ordine generale.
In caso di giudizio conforme di colpevolezza, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei, rispetto a quelli utilizzati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicché le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscono una sola entità (Cass. pen., Sez. 1 n. 1309 del 22/11/1993 Ud. (dep. 04/02/1994), Rv. 197250; Sez. 3 n. 13926 dell'01/12/2011 Ud. (dep. 12/04/2012), Rv. 252615). Va pure ribadito che la funzione tipica dell'impugnazione è quella di una critica argomentata al provvedimento che si realizza, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), attraverso la presentazione di motivi che devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Pertanto, il contenuto essenziale dell'atto d'impugnazione è il confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta [cfr., in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013 Ud. (dep. 21/02/2013), Rv. 254584].
Quanto alla natura del sindacato di legittimità, poi, avuto riguardo alla invocata rivalutazione del compendio probatorio, anche di natura dichiarativa, pare opportuno rammentare che gli aspetti del giudizio che si sostanziano nella valutazione e nell'apprezzamento del significato degli elementi probatori attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità, a meno che risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la conseguente inammissibilità, in sede di legittimità, di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio. Non va infatti dimenticato che sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099).
[...]
4.1. Nello specifico, però, va intanto considerato che le contestazioni formulate a carico del M.G.C.A. sono da ricondursi ad una duplice posizione di garanzia, quale legale rappresentante cioè della ditta committente dei lavori e quale direttore tecnico del cantiere e responsabile per la sicurezza al suo interno, posizioni invero neppure contestate in ricorso.
Cosicché, sul punto, pare sufficiente osservare come, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la figura del direttore tecnico dei lavori è inquadrabile nel modello legale del dirigente (cfr. sez. 4 n. 39606 del 28/06/2007, Rv. 237879), soggetto, cioè, preposto alla direzione tecnico-amministrativa dell'azienda con responsabilità diretta dell'andamento del servizio, cui spetta, in definitiva, di predisporre tutte le misure di sicurezza fornite dal capo dell'impresa e stabilite dalle norme, di controllare le modalità del processo di lavorazione, vigilare, per quanto è possibile, sulla regolarità antinfortunistica delle lavorazioni (cfr. sez. 4 n. 1345 dell'01/07/1992, Rv. 193034).
4.2. La posizione di garanzia ricoperta dall'imputato, inoltre, è ricollegata anche alla qualità di committente e responsabile dei lavori in esame, in un cantiere nel quale erano impiegate più ditte e più lavoratori dipendenti di esse - anche irregolari - come accertato in sede di merito. Alla pag. 20 della sentenza appellata, il Tribunale ha dato opportunamente atto della circostanza che il M.G.C.A. aveva ammesso di conoscere T.S., dipendente irregolare della ditta E.M., parimenti coinvolta in quei lavori edili, il quale aveva peraltro dichiarato di aver portato con sé l'amico E.O.T. il giorno dell'infortunio proprio su richiesta del M.G.C.A. (cfr., quanto al contenuto della testimonianza del T.S., pagg. 7 e 8 della sentenza appellata).
Peraltro, non risulta che l'imputato avesse nominato un coordinatore per l'esecuzione dei lavori, a norma dell'art. 90 co. 4 d. lgs. 81 del 2008, pur trattandosi di cantiere nel quale era prevista la presenza contemporanea di più imprese esecutrici. Pertanto, egli aveva lo specifico onere di procedere alle verifiche di cui all'art. 90 co. 9 stesso d.lgs. e, tra queste, quella concernente proprio la idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie, di quelle esecutrici e dei lavoratori autonomi, in relazione alle funzioni e ai lavori da affidare, con le modalità di cui all'allegato XVII.
4.3. Infine, con riferimento alla pretesa interruzione del nesso eziologico, una volta accertato che la p.o. era irregolarmente impiegata in quel cantiere e che l'infortunio è avvenuto nel corso di una lavorazione inclusa a pieno titolo nel ciclo lavorativo, avvalendosi di una strumentazione presente in cantiere e priva dei presidi di sicurezza, si rileva che la condotta colposa del lavoratore può far venire meno la responsabilità del soggetto che ricopre la posizione di garanzia solo ove egli abbia tenuto un vero e proprio contegno abnorme, configurabile come un fatto assolutamente eccezionale e del tutto al di fuori della normale prevedibilità, quale non può considerarsi la condotta che si discosti fisiologicamente dal virtuale ideale (cfr. Sez. 4 n. 22249 del 14/03/2014, Rv. 259127). Sempre con riferimento al concetto di "atto abnorme", si è pure precisato che tale non può considerarsi il compimento da parte del lavoratore di un'operazione che, pure inutile e imprudente, non sia però eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell'ambito del ciclo produttivo (cfr. Sez. 4 n. 7955 del 10/10/2013 Ud. (dep. 19/02/2014), Rv. 259313).
L'abnormità del comportamento del lavoratore, dunque, può apprezzarsi solo in presenza della imprevedibilità della sua condotta e, quindi, della sua ingovernabilità da parte di chi riveste una posizione di garanzia. Sul punto, si è peraltro efficacemente sottolineato che tale imprevedibilità non può mai essere ravvisata in una condotta che, per quanto imperita, imprudente o negligente, rientri comunque nelle mansioni assegnate, poiché la prevedibilità di uno scostamento del lavoratore dagli standards di piena prudenza, diligenza e perizia costituisce evenienza immanente nella stessa organizzazione del lavoro. Il che, lungi dall'avallare forme di automatismo che svuotano di reale incidenza la categoria del "comportamento abnorme", serve piuttosto ad evidenziare la necessità che siano portate alla luce circostanze peculiari - interne o esterne al processo di lavoro - che connotano la condotta dell'infortunato In modo che essa si collochi al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso (cfr. in motivazione Sez. 4 n. 7955/2013 richiamata). In conclusione, tale comportamento è "interruttivo" (per restare al lessico tradizionale) non perché "eccezionale" ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Rv. 254094).
5. Alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso segue, a norma dell'alt. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. C. Cost. n. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Deciso in Roma il giorno 26 ottobre 2017

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Allegato riservato Sentenza Cassazione penale n. 57187 anno 2017.pdf
 
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Direttiva 2014/27/UE

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Direttiva 2014/27/UE

del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 che modifica le direttive 92/58/CEE, 92/85/CEE, 94/33/CE, 98/24/CE del Consiglio e la direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio allo scopo di allinearle al regolamento (CE) n. 1272/2008 relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele

GU L 65/1 del 05.03.2014

Entrata in vigore: 25.03.2014

Recepita da: Decreto Legislativo 15 febbraio 2016, n. 39

...

Articolo 5 Modifiche della direttiva 2004/37/CE

La direttiva 2004/37/CE è così modificata:

1) all’articolo 1, il paragrafo 4 è sostituito dal seguente:
«4. Per quanto riguarda l’amianto, oggetto della direttiva 2009/148/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (*), le disposizioni della presente direttiva si applicano quando esse sono più favorevoli alla salute e alla sicurezza sul lavoro.
___________
(*) Direttiva 2009/148/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro (GU L 330 del 16.12.2009, pag. 28)»;

2) l’articolo 2 è così modificato:
a) la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) agente cancerogeno:
i) sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1 A o 1 B di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (*);
ii) sostanza, miscela o procedimento menzionati all’allegato I della presente direttiva, nonché sostanza o miscela liberate nel corso di un processo e menzionate nello stesso allegato;
___________
(*) Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele, che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006 (GU L 353 del 31.12.2008, pag. 1)»;

b) la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b) agente mutageno:
sostanza o miscela corrispondente ai criteri di classificazione come agente mutageno di cellule germinali di categoria 1 A o 1B di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008»;
3) all’articolo 4, paragrafo 1, il termine «preparato» è sostituito da «miscela»;
4) all’articolo 5, paragrafo 2, il termine «preparato» è sostituito da «miscela»;
5) all’articolo 6, lettera b), il termine «preparati» è sostituito da «miscele»;
6) nel titolo dell’allegato I, il termine «preparati» è sostituito da «miscele».

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Sicurezza lavoratori autonomi: risposte a quesiti MLPS

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Sicurezza lavoratori autonomi: Risposte a quesiti MLPS.

I lavoratori autonomi sono obbligati a redigere il Documento di valutazione dei rischi (DVR) ai sensi dell’articolo 28 del d.lgs. 9 aprile 2008, n.81?
(Quesito del 14 settembre 2012)

A riscontro di quanto richiesto, si evidenzia che l’articolo 21 del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i., (di seguito T.U.), stabilisce che i componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230- bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell’art. 2222 del codice civile, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti, soggiacciono all’obbligo di utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III, munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni del medesimo Titolo III e munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità (ma quest’ultimo obbligo è previsto solo nell’ipotesi in cui effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto).

L’articolo 21, al comma 2, poi, prevede la facoltà degli stessi soggetti, in relazione ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico, di beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni dell’art. 41 del T.U. (fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali) e partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo quanto previsto dall’articolo 37 del T.U. (anche in tal caso fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali).

Alla luce delle considerazioni su esposte ed in risposta al quesito formulato, si evidenzia che i soggetti su menzionati non saranno obbligati a redigere il documento di valutazione dei rischi, atteso che tale obbligo incombe unicamente in capo a chi riveste la qualifica di datore di lavoro.

NB: tenere presente che per le tutte le società, i soci operanti sono equiparati ai lavoratori e quindi sussistono tutti gli obblighi del T.U. compreso il DVR. 

D. Lgs. 81/2008 Art. 21

Art. 21. Disposizioni relative ai componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi

1. I componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell'articolo 2222 del codice civile, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti devono:
a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III;
b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;
c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.
2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di:
a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;
b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali.

MLPS Quesito del 14 settembre 2012 

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Decreto 3 novembre 2017 n. 195

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Alternanza scuola lavoro sicurezza

Decreto 3 novembre 2017 n. 195

Regolamento recante la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro e le modalita' di applicazione della normativa per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro agli studenti in regime di alternanza scuola-lavoro.

Entrata in vigore del provvedimento: 05/01/2018

GU n. 297 del 21-12-2017

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Art. 1. Finalità

1. Il presente regolamento definisce la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro (d’ora in avanti denominata alternanza), allo scopo di dare ai medesimi studenti l’opportunità di conoscere ambiti professionali, contesti lavorativi e della ricerca, utili a conseguire e integrare le competenze curriculari, al fine di motivarli e orientarli a scelte consapevoli, nella prospettiva della prosecuzione degli studi o dell’ingresso nel mondo del lavoro.

2. Il presente regolamento definisce, altresì, le modalità di applicazione agli studenti in regime di alternanza scuola-lavoro delle disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni.
...

Art. 5. Salute e sicurezza

1. Gli studenti impegnati nei percorsi in regime di alternanza ricevono preventivamente dall’istituzione scolastica una formazione generale in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ai sensi dell’articolo 37, comma 1, lettera a) , del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, come disciplinata dall’accordo previsto dall’articolo 37, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Tale formazione è certificata e riconosciuta a tutti gli effetti ed è integrata con la formazione specifica che gli studenti ricevono all’ingresso nella struttura ospitante, fatta salva la possibilità di regolare, nella convenzione tra quest’ultima e l’istituzione scolastica, il soggetto a carico del quale gravano gli eventuali oneri conseguenti.

2. È di competenza dei dirigenti scolastici delle scuole secondarie di secondo grado l’organizzazione di corsi di formazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, rivolti agli studenti inseriti nei percorsi di alternanza e svolti secondo quanto disposto dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni.

3. Al fine di ridurre gli oneri a carico della struttura ospitante nell’erogazione della formazione di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, possono essere:

a) stipulati dagli uffici scolastici regionali appositi accordi territoriali con i soggetti e gli enti competenti ad erogare tale formazione, tra i quali l’INAIL e gli organismi paritetici previsti nell’accordo Stato-regioni del 21 dicembre 2011, n. 211;

b) svolti percorsi formativi in modalità e-learning , anche in convenzione con le piattaforme pubbliche esistenti riguardanti la formazione, come previsto dall’accordo Stato-regioni del 21 dicembre 2011, n. 221, e dall’accordo Stato-regioni del 7 luglio 2016, n. 128;

c) promosse forme più idonee di collaborazione, integrazione e compartecipazione finanziaria da determinarsi in sede di convenzione.

4. Al fine di garantire la salute e la sicurezza degli studenti di cui all’articolo 2 del presente regolamento, considerata la specifica finalità didattica e formativa, ai sensi dell’articolo 2 comma 1, lettera a) , del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, che equipara gli studenti allo status dei lavoratori, è stabilito che il numero di studenti ammessi in una struttura sia determinato in funzione delle effettive capacità strutturali, tecnologiche ed organizzative della struttura ospitante, nonché in ragione della tipologia di rischio cui appartiene la medesima struttura ospitante con riferimento all’accordo Stato-regioni del 21 dicembre 2011, n. 221, in una proporzione numerica studenti/tutor della struttura ospitante non superiore al rapporto di 5 a 1 per attività a rischio alto, non superiore al rapporto di 8 a 1 per attività a rischio medio, non superiore al rapporto di 12 a 1 per attività a rischio basso.

5. Agli studenti in regime di alternanza è garantita la sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, nei casi previsti dalla normativa vigente. Nei casi in cui la sorveglianza sanitaria si renda necessaria, la stessa è a cura delle aziende sanitarie locali, fatta salva la possibilità di regolare, nella convenzione tra queste ultime e l’istituzione scolastica, il soggetto a carico del quale gravano gli eventuali oneri ad essa conseguenti.

6. Gli studenti impegnati nelle attività di alternanza, in presenza dei requisiti oggettivi e soggettivi, rispettivamente previsti dagli articoli 1 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, sono assicurati presso l’INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e coperti da una assicurazione per la responsabilità civile verso terzi, con relativi oneri a carico dell’istituzione scolastica. Le coperture assicurative devono riguardare anche attività eventualmente svolte dagli studenti al di fuori della sede operativa della struttura ospitante, purché ricomprese nel progetto formativo dell’alternanza.

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Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 30431 | 19 dicembre 2017

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Sentenze cassazione civile

Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 30431 del 19 dicembre 2017

Infortunio mortale con gru fornita a noleggio: abnormità di comportamento

Civile Sent. Sez. L Num. 30431 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO
Data pubblicazione: 19/12/201

Svolgimento del processo

L.B., in proprio e quale genitore esercente la potestà sui figli minori MC. e D. conveniva in giudizio davanti ai Tribunale di Rovereto la società Gi.ma s.a.s. di DA. Marco e C., M.T. e L.P. chiedendo la loro condanna solidale al risarcimento dei danni derivati dall'Infortunio accaduto il 29.5.2002 presso un cantiere in Mori che aveva provocato il decesso di D.M., rispettivamente marito e padre degli attori. Questi esponevano che l'evento dannoso era imputabile alla committente delle opere Gi.ma s.a.s., al subappaltatore M.T. e al responsabile per la sicurezza L.P., ai quali erano riferibili diversi profili di colpa.

Costituendosi in giudizio i convenuti eccepivano l'intervenuta prescrizione del diritto azionato e contestavano il fondamento della domanda risarcitoria evidenziando che le indagini penali svolte per il medesimo fatto avevano escluso responsabilità di terzi; M.T. e L.P. chiamavano in causa i loro assicuratori per la responsabilità civile a fini di garanzia.

Con sentenza n. 567\09 il Tribunale adito condannava i convenuti M.T. e L.P. al risarcimento dei danni, patrimoniali e morali, in favore degli attori, liquidati per la quota di un terzo tenuto conto dell'apporto causale del deceduto M.D. alla produzione dell'evento dannoso ai sensi dell'art.. 1227, comma 1, c.c.; condannava la compagnia assicuratrice Allianz spa a tenere indenne il L.P. dagli obblighi di pagamento derivanti dalla sentenza con una franchigia del 10%; rigettava la domanda di garanzia assicurativa formulata nei confronti della società GGL Gruppo Generali Assicurazioni spa (che aveva incorporato la Toro Ass.ni s.p.a.); disponeva in ordine alle spese di giudizio ponendole a carico dei convenuti nel rapporto con gli attori, mentre la Allianz veniva condannata al rimborso in favore di L.P. ed il M.T. era tenuto a rifonderle alla GGL Generali.

Avverso tale decisione ha proposto appello M.T., titolare dell'omonima ditta corrente in Mori, rilevando nell'unico motivo di impugnazione che il primo giudicante lo aveva ingiustamente riconosciuto corresponsabile dell'evento mortale. Al riguardo ricordava che il procedimento penale radicato per il medesimo fatto si era concluso con l'archiviazione per insussistenza di elementi di colpevolezza a suo carico e che lo stesso Tribunale civile aveva evidenziato l'esistenza di due profili di violazione della normativa sulla sicurezza del lavoro commessi dall'infortunato.

Richiamava poi la legislazione in materia di esecuzione delle opere in appalto che prevede, nel caso di affidamento di lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi, degli obblighi specifici a carico degli stessi per la prevenzione degli infortuni. Con riferimento al caso in esame, l'appellante sosteneva che era intercorso fra la ditta M.T. ed il M.D. un accordo negoziale per il noleggio della gru e di subappalto per il montaggio in cantiere e per l'utilizzo del macchinario e che da ciò discendeva l'obbligo per la ditta M.D. di rispetto delle prescrizioni antinfortunistiche mentre andava esclusa l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la ditta M.T..

Si costituiva anche l'ing. L.P. rilevando che la ditta M.T. e la Cos.mos s.n.c. (di cui era socio e legale rappresentante il M.D.) si erano accordate per il noleggio della gru mettendo a disposizione quest'ultima un esperto gruista (il M.D. per l'appunto) senza che il rapporto potesse essere qualificato come subappalto. Nel censurare la sentenza impugnata per errata valutazione delle risultanze probatorie, il L.P. svolgeva appello incidentale contestando che gli fosse imputabile un'omissione di controllo quale coordinatore della sicurezza, avendo il M.D. tenuto una condotta imprudente e negligente del tutto imprevedibile, considerata la sua nota esperienza professionale, che aveva assunto rilevanza causale autonoma della produzione dell'evento dannoso. Con altri motivi di gravame il L.P. contestava la decisione del primo giudice in ordine alla qualificazione come appalto anziché quale noleggio del rapporto intercorso fra le ditte M.T. e Cos.Mos s.n.c. con la conseguente esclusione degli obblighi di coordinamento dell'attività previsti dalla normativa antinfortunistica. L'appellato lamentava infine che le statuizioni inerenti il rapporto assicurativo apparivano errate laddove il Tribunale aveva escluso il rimborso delle cosiddette spese di resistenza ed aveva indicato il massimale di polizza in euro 250.000,00 anziché in lire 250.000.000.

Si costituivano in giudizio anche le due compagnie assicuratrici chiamate in causa. La GGL Gruppo Generali liquidazione danni spa (già Toro Ass.ni s.p.a.) rilevava che non era stato formulato alcuno specifico motivo di impugnazione in relazione al capo della sentenza che aveva rigettato la domanda di manleva nei suoi confronti e chiedeva in ogni caso la conferma della sentenza di primo grado.
La Allianz spa deduceva che, a seguito della pronuncia di primo grado, aveva stipulato con cui il proprio assicurato L.P. un atto di transazione e quietanza in data 28.1.10 per effetto del quale aveva versato la somma di euro 115.ooo a completa esecuzione degli obblighi contrattuali con l'espressa rinuncia dell'assicurato ad ulteriori pretese. In forza di tale atto la Allianz, con l'assenso dell'assicurato, aveva corrisposto ai danneggiati la somma indicata con effetto liberatorio di ogni pretesa fondata sul rapporto assicurativo, con la conseguente infondatezza delle ulteriori pretese di manleva avanzate dal L.P.. Si sono costituiti infine i danneggiati L.B. per sé e per i figli minori chiedendo il rigetto delle impugnazioni e la conferma della sentenza del Tribunale.

Con sentenza depositata il 5 settembre 2011, la Corte d'appello di Trento, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava l'originaria domanda, compensando le spese del doppio grado, ritenendo l'infortunio unicamente addebitabile al M.D..

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la L.B., in proprio e nella qualità, affidato ad unico motivo, poi illustrato con memoria.

Resiste il M.T. , il L.P. e la Gl.MA s.a.s. con controricorso, mentre le altre parti sono rimaste intimate.

Motivi della decisione

1.-La L.B. denuncia la violazione e\o falsa applicazione dell'art. 2087 c.c., carenza e\o contraddittoria motivazione nonché errata valutazione giuridica del limite dell'abnormità volta od interrompere il nesso causale al fine della configurazione della responsabilità civile dei soggetti tenuti all'obbligo cautelare. Conseguente mancata valutazione degli effettivi rapporti ed obblighi giuridici delle parti in causa al fine di determinarne la relativa responsabilità civile.

Lamenta la ricorrente, in proprio e nella qualità, che la sentenza impugnata aveva fornito una errata interpretazione del concetto di abnormità del comportamento del lavoratore danneggiato (e proprietario della gru fornita per l'occasione al M.T.) senza considerare la condotta dei soggetti concorrenti, che avevano violato specifici obblighi previsti dalla legge (d.lgs. n.494\96; d.lgs.n.626\96) e che inoltre non era stata valutata la colpa in vigilando del datore di lavoro e dei preposti al cantiere.

Il ricorso è infondato.

Come più volte affermato da questa Corte (da ultimo cfr. Cass.n.l3798\17, Cass. n. 26307\14) il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., ricorre o non ricorre - a prescindere dalla motivazione (che può concernere soltanto una questione di fatto e mai di diritto) posta dal giudice a fondamento della decisione - per l'esclusivo rilievo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata "male" applicata, e cioè applicata a fattispecie non esattamente comprensibile nella norma. Sicché il sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata perché è quella che è stata operata dai giudici del merito; al contrario, laddove si critichi la ricostruzione della vicenda storica quale risultante dalla sentenza impugnata, si è fuori dall'ambito di operatività dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., e la censura è attratta inevitabilmente nei confini del sindacabile esclusivamente ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., nella formulazione tempo per tempo vigente, vizio che appunto postula un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti.

[...]

Deve poi ribadirsi che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di motivazione, Cass. n. 195\16, Cass. 16 luglio 2010 n. 16698; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394.
E'evidente che nella specie la ricorrente, al di là delle denunciate astratte violazioni di norme di legge, lamenta una erronea ricognizione della fattispecie concreta (in particolare se l'intervento del M.D. sia stato autonomo o richiesto; se sia stato abnorme o meno, etc.) a mezzo delle risultanze di causa, ed in sostanza un vizio motivo in ordine all'apprezzamento di circostanze di fatto controverse, senza considerare che il citato art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, in proposito, valutarne le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione. (Cass. 6 marzo 2006 n. 4766; Cass. 25 maggio 2006 n. 12445; Cass. 8 settembre 2006 n. 19274; Cass. 19 dicembre 2006 n. 27168; Cass. 27 febbraio 2007 n. 4500; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394; Cass.5 maggio 2010 n.10833, Cass. sez.un. n.24148\13, Cass. n.l5205\14, Cass. n. 8008\14).

Nella specie la motivazione della corte di merito sul punto appare congrua e logico, sicché il motivo risulta, sotto il profilo in esame, inammissibile.

2. Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese di lite, in favore delle parti costituite, seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente, in proprio e nella qualità, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, in favore delle parti costituite, che liquida in €.200,00 per esborsi, €.4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 20 settembre 2017

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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza Interpello 13 Dicembre 2017

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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello 13 Dicembre 2017

Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011
Con Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011 è stata istituita la Commissione per gli interpelli prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro (Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81) ed è stato attivato l’indirizzo di posta elettronica Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

I quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro possono essere inoltrati alla Commissione per gli interpelli, esclusivamente tramite posta elettronica, dagli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.

Le istanze di interpello trasmesse da soggetti non appartenenti alle categorie indicate o privi dei requisiti di generalità non potranno essere istruite. Non saranno pertanto istruiti i quesiti trasmessi, ad esempio, da studi professionali, associazioni territoriali dei lavoratori o dei datori di lavoro, Regioni, Province e Comuni.

Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza. Prima di inoltrare l’istanza si prega di verificare:

- che il quesito, concernente l’interpretazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro sia di carattere generale e non attenga a problematiche aziendali specifiche;
- che il soggetto firmatario rientri nelle categorie indicate. 

Nuovo Interpello pubblicato il 13 Dicembre 2017:

13/12/2017 - n. 01/2017 Destinatario: Regione autonoma Friuli Venezia Giulia
Art. 12, d.lgs. n. 81/2008 e smei - risposta al quesito in merito all'art. 23 del d.lgs. n. 81/2008

Oggetto: Quesito ai sensi dell’articolo 12 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni relativo all’articolo 23, del d.lgs. n. 81/2008. Seduta della Commissione del 13 dicembre 2017.

La Regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha proposto istanza di interpello per conoscere il parere della Commissione per gli interpelli, di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, in merito all’ambito di applicazione dell’articolo 23 del d.lgs. n. 81/2008, in particolare chiedendo se “[…] alla luce di una recente sentenza della Cassazione Penale, Sez. 3, 01 ottobre 2013, n. 40590Vendita di un macchinario privo delle necessarie condizioni di sicurezza: se è ceduto per essere riparato non c’è violazione […] l’atto di vendita/trasferimento di proprietà ai fini della messa a norma dell'attrezzatura di lavoro, dispositivo di protezione individuale o impianto, non configuri una violazione del precetto normativo di cui sopra limitatamente alle vendite in cui l'acquirente è un rivenditore di tale tipologia di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuale o impianti, ovvero un soggetto che si occupa di revisione e messa a norma degli stessi. Si chiede sia precisato inoltre se la vendita di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, possa ritenersi legittima nel caso nel disposto contrattuale di vendita, noleggio o concessione sia prevista, da parte dell'acquirente, la messa a norma delle stesse prima del loro utilizzo. Si chiede altresì venga precisato se l'esposizione ai fini della vendita, noleggio o concessione in uso delle attrezzature, dei dispositivi e degli impianti di cui sopra, in spazi commerciali, compresi spazi all'aperto e fiere, nel caso gli stessi (attrezzature/dispositivi/impianti) non siano rispondenti alle disposizioni normative sulla sicurezza sul lavoro, costituisca violazione al succitato articolo, indipendentemente dal perfezionamento dell'atto di trasferimento, sotto tutte le forme indicate, anche temporanee, del bene, salvo restando la possibilità di esporre limitate parti degli stessi, non potenzialmente funzionanti se non completate dalle parti indispensabili a soddisfare la normativa vigente sulla sicurezza sul lavoro”.

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Professionisti Antincendio: Aggiornamento

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Aggiornamento antincendio: chiarimenti CNI Conferma scadenza obblighi 2016

OGGETTO: modifiche al D.M. 5 agosto 2011, introdotte dal D.M. 7 giugno 2016

Conferma scadenza obblighi di aggiornamento professionisti antincendio (agosto 2016)

Con rilerimento all'Oggetto, in riscontro ad alcune richieste di chiarimento pervenute a questa Direzione Centrale, si. rappresenta che il D.M. 7 giugno 2016 non ha previsto alcuna proroga  dei termini per il completamento degli obblighi di aggiornamento per i tecnici abilitati già iscritti negli elenchi dei professionisti antincendio al 27 agosto 2011, data di entrata in vigore del D.M. 5 agosto 2011.

Si evidenzia, infatti, che il citalo decreto 7 agosto 2016 emanato esclusivamente "al fine di meglio precisare la cadenza temporale dei corsi o seminari di aggiornamento in materia di prevenzione incendi, che i professionisti devono svolgere per il mantenimento dell'iscrizione negli elenchi del Ministero dell'interno di cui all'art. 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006. n. 139",  prevede, all'art. 1, la completa sostituzione del comma l dell'art. 7 del D.M. 5 agosto 2011.

Fonte CNI, 01.12.2017

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Livelli diagnostici di riferimento nazionali per la radiologia diagnostica e interventistica

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Rapporto ISTISAN 17 33

Livelli diagnostici di riferimento nazionali per la radiologia diagnostica e interventistica

Rapporto ISTISAN 17|33

La Direttiva 2013/59/Euratom stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, ed è attualmente in fase di recepimento dagli Stati Membri.

La Direttiva individua nei Livelli Diagnostici di Riferimento (LDR) un utile strumento a supporto dell’ottimizzazione delle procedure diagnostiche e ne estende l’applicazione alla radiologia interventistica, pratica in rapido sviluppo e che rappresenta uno degli scenari più critici per la radioprotezione. Si è pertanto ritenuto importante, in vista dell’approvazione del nuovo decreto legislativo di recepimento della Direttiva fornire, in collaborazione con l’INAIL (Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro), un insieme di valori di LDR per la pratica radiologica nazionale, derivante principalmente da studi condotti recentemente in Italia dalle associazioni scientifiche e da questi istituti, e di indicarne le modalità di impiego.

Questo documento potrà essere citato nel decreto legislativo di prossima uscita.

La Direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio del 5 dicembre 2013 stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom (1). La suddetta normativa è attualmente in fase di recepimento dagli Stati Membri e la sua versione finale dovrà essere presentata il 6 febbraio 2018. L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) è stato fortemente impegnato nella fase di elaborazione della Direttiva 2013/59/Euratom e nella sua fase di recepimento attraverso membri designati come esperti dal Presidente dell’ISS.

In particolare per quanto attiene agli aspetti legati alla esposizione a radiazioni in campo medico esiste da molti anni in ISS una expertise nell’ambito della Assicurazione di Qualità nelle scienze radiologiche che si è sviluppata negli anni attraverso il coordinamento di Gruppi di Studio per la elaborazione, tra l’altro, di indicazioni per la ottimizzazione della radioprotezione del paziente. Questa expertise si è proposta per dare un supporto scientifico rilevante nella fase di recepimento della Direttiva 2013/59/Euratom per quanto riguarda problematiche relative alla definizione dei Livelli Diagnostici di Riferimento (LDR) in radio diagnostica e in radiologia interventistica.

Le procedure di radiologia interventistica stanno significativamente aumentando e migliorando da un punto di vista qualitativo e rappresentano certamente uno degli scenari più critici per quanto attiene alla radioprotezione poiché comportano la necessità di valutazione del rischio in condizioni spesso molto complesse. La radiologia interventistica inizialmente sviluppata dai radiologi, rappresenta oggi una tecnica utilizzata con continuità da molte altre figure mediche nella loro attività clinica tra cui chirurghi vascolari, neuroradiologi, ortopedici, urologi, gastroenterologi, cardiologi.

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INDICE

Prefazione
1. Obiettivo
2. Metodo di individuazione degli LDR nazionali
2.1. Procedure di radiologia diagnostica e interventistica di interesse per LDR
3. Indagini dosimetriche in Italia e in alcuni Paesi europei
3.1. Radiografia e fluoroscopia diagnostica
3.1.1. Grandezze dosimetriche per LDR
3.1.2. Valori LDR da indagini nazionali ed europee
3.2. Tomografia computerizzata
3.2.1. Grandezze dosimetriche per LDR
3.2.2. Valori LDR da indagini nazionali ed europee
3.3. Procedure interventistiche
3.3.1. Grandezze dosimetriche per LDR
3.3.2. Valori LDR da indagini nazionali ed europee
3.4. Radiologia pediatrica
3.4.1. Grandezze dosimetriche per LDR
3.4.2. Valori degli LDR da indagini nazionali ed europee
4. LDR per la pratica radiologica e interventistica italiana
5. Applicazione degli LDR nella pratica clinica
5.1. Metodo di confronto con i valori di LDR
5.2. Fattori da considerare in caso di superamento degli LDR
Conclusioni
Bibliografia
Appendice A
Direttiva 2013/59/EURATOM: estratti su dosimetria del paziente e livelli diagnostici di riferimento
Appendice B
LDR nel medical imaging secondo la International Atomic Energy Agency
Glossario

Fonte: Istituto Superiore della Sanità

Normativa correlata:


Approfondimenti:

Impianti elettrici nei locali medici: verifiche

ID 3870 | | Visite: 25897 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Impianti elettrici nei locali medici: verifiche

Il presente lavoro sugli impianti elettrici nei locali medici, ha lo scopo di presentarne le disposizioni legislative e normative, le indicazioni per la realizzazione e le indicazioni per lo svolgimento delle verifiche.

Documento Verifiche impianti elettrici locali medici 2022

Documento Rev. 1.0 del 28.02.2022 aggiornato all'Ed. VIII CEI 64-8 (2021)

Vedi Documento

Secondo quanto definito dal Testo unico sulla Sicurezza del lavoro (Art. 80 del d.lgs. 81/08) è fatto obbligo al datore di lavoro di provvedere affinché i lavoratori nei luoghi di lavoro siano protetti dai rischi di natura elettrica che possono derivare dagli impianti, dalle attrezzature e dai materiali elettrici.

Allo scopo di eliminare o ridurre a livello accettabile i rischi, il datore di lavoro redige un documento di valutazione degli stessi sulla base del quale adotta i dispositivi di protezione collettivi e individuali necessari e predispone procedure lavorative adeguate. Per quanto riguarda gli impianti poi, per fare in modo che il livello di protezione raggiunto sia mantenuto nel tempo, il datore di lavoro ha l’obbligo di mettere in atto opportune procedure di uso e manutenzione. Le verifiche, ai sensi del D.P.R. 462/01, e i controlli, ai sensi dell’art. 86 del d.lgs. 81/08, altro non sono che momenti necessari di riscontro della correttezza dell’operato dei soggetti che si occupano dell’esercizio e della manutenzione degli impianti stessi.

Ai sensi del D.P.R. 462/01 e della L. 122/2010, all’INAIL è assegnato il compito di verifica a campione della prima installazione degli impianti di messa a terra nei luoghi di lavoro.

Nei locali medici, la tutela della salute e della sicurezza dei pazienti si aggiunge a quella dei lavoratori. I pazienti, a causa del loro stato e della presenza di elettrodi all’interno o a contatto con il corpo, sono soggetti a pericoli anche quando si hanno valori dei parametri elettrici che per un essere umano in condizioni normali non rappresentano un pericolo. L’INAIL ha preso parte all’evoluzione della normativa e svolge attività di ricerca e di formazione sull’argomento.

Il presente lavoro ha lo scopo di presentare:

- Le disposizioni legislative e normative;
- Indicazioni per la realizzazione degli impianti elettrici nei locali medici;
- Indicazioni per lo svolgimento delle verifiche. Non sono trattate prescrizioni relative a verifiche di impianti elettrici in luoghi di lavoro con pericolo di esplosione, in quanto la diffusione di simili luoghi all’interno dei locali medici è, attualmente, notevolmente ridotta.

INAIL 2017

__________
D.Lgs. 81/2008 

Art. 80. Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché i lavoratori siano salvaguardati dai tutti i rischi di natura elettrica connessi all'impiego dei materiali, delle apparecchiature e degli impianti elettrici messi a loro disposizione ed, in particolare, da quelli derivanti da:

a) contatti elettrici diretti;
b) contatti elettrici indiretti;
c) innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a sovratemperature pericolose, archi elettrici e radiazioni;
d) innesco di esplosioni;
e) fulminazione diretta ed indiretta;
f) sovratensioni;
g) altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.

2. A tale fine il datore di lavoro esegue una valutazione dei rischi di cui al precedente comma 1, tenendo in considerazione:

a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro, ivi comprese eventuali interferenze;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;

c) tutte le condizioni di esercizio prevedibili.

3. A seguito della valutazione del rischio elettrico il datore di lavoro adotta le misure tecniche ed organizzative necessarie ad eliminare o ridurre al minimo i rischi presenti, ad individuare i dispositivi di protezione collettivi ed individuali necessari alla conduzione in sicurezza del lavoro ed a predisporre le procedure di uso e manutenzione atte a garantire nel tempo la permanenza del livello di sicurezza raggiunto con l'adozione delle misure di cui al comma 1.

3-bis. Il datore di lavoro prende, altresì, le misure necessarie affinché le procedure di uso e manutenzione di cui al comma 3 siano predisposte ed attuate tenendo conto delle disposizioni legislative vigenti, delle indicazioni contenute nei manuali d'uso e manutenzione delle apparecchiature ricadenti nelle direttive specifiche di prodotto e di quelle indicate nelle pertinenti norme tecniche.

...
Art. 86. Verifiche e controlli

1. Ferme restando le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, in materia di verifiche periodiche, il datore di lavoro provvede affinché gli impianti elettrici e gli impianti di protezione dai fulmini siano periodicamente sottoposti a controllo secondo le indicazioni delle norme di buona tecnica e la normativa vigente per verificarne lo stato di conservazione e di efficienza ai fini della sicurezza.

2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, adottato sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite le modalità ed i criteri per l'effettuazione delle verifiche e dei controlli di cui al comma 1.(*)

3. L'esito dei controlli di cui al comma 1 è verbalizzato e tenuto a disposizione dell'autorità di vigilanza.

(*) Non emanato

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INAIL 2017
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Avviso di rettifica 26.05.2016

ID 5228 | | Visite: 6348 | Decreti Sicurezza lavoro

Avviso di rettifica  26.05.2016

Comunicato relativo al decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 39, recante: «Attuazione della direttiva 2014/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, che modifica le direttive 92/58/CEE, 92/85/CEE, 94/33/CE, 98/24/CE del Consiglio e la direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, allo scopo di allinearle al regolamento (CE) n. 1272/2008, relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele». (Decreto legislativo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 61 del 14 marzo 2016).

GU Serie Generale n.122 del 26-05-2016

Decreto 6 agosto 2012

ID 5221 | | Visite: 9570 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto 6 agosto 2012 

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

Recepimento della direttiva 2009/161/UE della Commissione del 17 dicembre 2009 che definisce il Terzo elenco di valori indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e che modifica la direttiva 2009/39/CE della Commissione.

GU Serie Generale n.218 del 18-09-2012

Elenco sostituito

Elenco sostituito dal Decreto 2 maggio 2020 (GU n.128 del 19-05-2020)

Art. 1

L'Allegato XXXVIII del decreto legislativo n. 81/2008 e' sostituito dall'elenco, allegato, che costituisce parte integrante del presente decreto.

__________

ALLEGATO XXXVIII

Valori limite di esposizione professionale

EINECS(1) CAS(2) NOME DELL'AGENTE CHIMICO VALORE LIMITE NOTAZIONE(3)
8 ore(4) Breve Termine(5)
mg/m3
(6)
ppm
(7)
mg/m3
ppm
200-467-2 60-29 

Dietiletere

308 100 616 200  
200-662-2 67-64-1

Acetone

1210 500 - - -
200-663-8  67-66-3

Cloroformio

10 2 - - Pelle
200-756-3  71-55-6 

Tricloroetano, 1,1,1-

555 100 1110 200 -
200-834-7 75-04-7

Etilammina

9,4 5 - - -
200-863-5 75-34-3

Dicloroetano, 1,1-

412 100 - - Pelle
200-870-3 75-44-5 

Fosgene

0,08 0,02 0,4 0,1 -
200-871-9 75-45-6 

Clorodifluorometano 

3600 1000 - - -
201-159-0 78-93-3

Butanone

600  200 900 300 -
201-176-3 79-09-4

Acido propionico

31 10 62 20 -
202-422-2 95-47-6

o-Xilene

221 50 442 100 Pelle
202-425-9 95-50-1

Diclorobenzene, 1, 2- 

122 20 306 50 Pelle
202-436-9 95-63-6

Trimetilbenzene, 1, 2, 4 

100 20 - - -
202-704-5 98-82-8

Cumene

100 20 250 50 Pelle
202-705-0 98-83-9

Fenilpropene, 2-

246 50 492 100 -
202-849-4  100-41-4 

Etilbenzene

442 100 884 200 Pelle
203-313-2  105-60-2

e-Caprolattame (polveri e vapori)8)

10 40 - -
203-388-1 106-35-4

Eptan-3-one

95 20 - - -
203-396-5 106-42-3

p-Xilene

221 50 442 100 Pelle
203-400-5 106-46-7

Diclorobenzene, 1,4-

122 20 306 50 -
203-470-7  107-18-6

Alcole allilico

4,8 2 12,1 5 Pelle
203-473-3 107-21-1

Etilen glicol

52 20 104 40 Pelle
203-539-1 107-98-2

Metossipropanolo-2,1- 

375 100 568 150 Pelle
203-550-1 108-10-1

Metilpentan-2-one,4- 

83 20 208 50 -
203-576-3 108-38-3

m-Xilene

221 50 442 100 Pelle
203-603-9 108-65-6

2-Metossi-1-metiletilacetato

275 50 550 100 Pelle
203-604-4 108-67-8

Mesitilene (1,3,5-trimetilbenzene)

100 20 - - -
203-631-1 108-94-1

Cicloesanone

40,8 10 81,6 20 Pelle
203-726-8 109-99-9

Tetraidrofurano

150 50 300 100 Pelle
203-737-8 110-12-3

5-metilesan-2-one

95 20 - - -
203-767-1 110-43-0 

eptano-2-one

238 50 475 100 Pelle
203-808-3 110-85-.0

Piperazina (polvere e vapore) (8)

0,1 - 0,3 - -
203-905-0 111-76-2 

Butossietanolo-2

98 20 246 50 Pelle
203-933-3  112-07-2

2-Butossietilacetato

133 20 333 50 Pelle
204-065-8 115-10-6

Etile dimetilico

1920 1000 - - -
204-428-0  120-82-1

1,2,4-Triclorobenzene

15,1 2 37,8 5 Pelle
204-469-4  121-44-8

Trietilammina

8,4 2 12,6 3 Pelle
204-662-3 123-92-2

Acetato di isoamile

270 50 540 100 -
204-697-4 124-40-3

Dimetilammina

3,8 2 9,4 5 .
204-826-4 127-19-5 

N,N-Dimetilacetammide

36 10 72 20 Pelle
205-480-7 141-32-2

Acrilato di n-butile

11 2 53 10 -
205-563-8 142-82-5

Eptano, n-

2085  500 - - -
208-394-8 526-73-8

1,2,3-Trimetilbenzene

100 20 - - -
208-793-7 541-85-5

5-Metileptano-3-one

53 10 107 20 -
210-946-8 626-38-0 

Acetato di 1-metilbutile

270 50 540 100 -
211-047-3 628-63-7

Acetato di pentile

270 50 540 100 -
  620-11-1

Acetato di 3-amile 

270 50 540 100 -
  625-16-1

Acetato di terz-amile

270 50 540 100 -
215-535-7 1330-20-7

Xilene, isomeri misti, puro

221 50 442 100 Pelle
222-995-2 3689-24-5

Sulfotep

0,1 - - - Pelle
231-634-8 7664-39-3 

Acido fluoridrico

1,5 1,8 2,5 3 -
231-131-3  7440-22-4

Argento, metallico

0,1 - - - -
231-595-7 7647-01-0

Acido cloridrico

8 5 15 10 -
231-633-2 7664-38-2

Acido ortofosforico

1 - 2 - -
231-635-3 7664-41-7 

Ammoniaca anidra

14 20 36 50 -
231-945-8 7782-41-4 

Fluoro 

1,58 1 3,16 2 -
231-978-9 7782-41-4 

Seleniuro di idrogeno

0,07 0,02 0,17 0,05 -
233-113-0 10035-10-6

Acido bromidrico

- - 6,7 2 -
247-852-1 26628-22-8

Azoturo di sodio

0,1 - 0,3 - Pelle
252-104-2 34590-94-8

(2-Metossimetilotossi)-propanolo

308 50 - - Pelle
   

Fluoruri inorganici (espressi come F)

2,5 - - - -
   

Piombo inorganico e suoi composti

0,15 - - - -
200-193-3 54-11-5

Nicotina

0,5 - - - Pelle
200-579-1 64-18-6

Acido formico

9 5 - - -
200-659-6 67-56-1

Metanolo

260 200 - - Pelle
200-830-5 75-00-3

Cloroetano

268 100 - - -
200-835-2 75-05-8

Acetonitrile

35 20 - - Pelle
201-142-8 78-78-4

Isopentano

2000 667 - - -
202-716-0 98-95-3

Nitrobenzene

1 0,2 - - Pelle
203-585-2 108-46-3

Resorcinolo

45 10 - - -
203-625-9 108-88-3

Toluene

192 50 - - Pelle
203-628-5 108-90-7

Monoclorobenzene

23 5 70 15 -
203-692-4 109-66-0

Pentano

2000 667 - - -
203-716-3 109-89-7

Dietilammina

15 5 30 10 -
203-777-6 110-54-3

n-Esano

72 20 - - -
203-806-2 110-82-7

Cicloesano

350 100 - - -
203-815-1 110-91-8

Morfolina

36 10 72 20 Pelle
203-906-6 111-77-3

2-(2-Metossietossi)etanolo

50,1 10 - - Pelle
203-961-6 112-34-5

2-(2-Butossietossi)etanolo

67,5 10 101,2 15 -
204-696-9 124-38-9

Anidride carbonica

9000 5000 - - -
205-483-3 141-43-5

2-Amminoetanolo

2,5 1 7,6 3 Pelle
205-634-3 144-62-7

Acido ossalico

1 - - - -
206-992-3 420-04-2

Cianammide

1 - - - Pelle
207-343-7 463-82-1

Neopentano

3000 1000 - - -
215-236-1 1314-56-3

Pentaossido di fosforo

1 - - - -
215-242-4 1314-80-3

Pentasolfuro di difosforo

1 - - - -
231-131-3  

Argento (composti solubili come Ag)

0,01 - - - -
   

Bario (composti solubili come Ba)

0,5 - - - -
   

Cromo metallico, composti di cromo inorganico (II) e composti di cromo inorganico (III) (non solubili)

0,5 - - - -
231-714-2 7697-37-2

Acido nitrico

- - 2,6 1 -
231-778-1 7726-95-6

Bromo

0,7 0,1 - - -
231-959-5 7782-50-5

Cloro

- - 1,5 0,5 -
232-260-8 7803-51-2

Fosfina

0,14 0,1 0,28 0,2 -
  8003-34-7

Piretro (depurato dai lattoni sensibilizzanti)

1 - - - -
233-060-3 10026-13-8 Pentacloruro di fosforo 1 - - - -
200-679-5 68-12-2

N.N Dimetilformamide

15 5 30 10 Pelle
200-843-6 75-15-0

Disulfuro di carbonio

3 1 - - Pelle
201-245-8 80-05-7

Bistenolo A (polveri inalabili)

10 - - - -
201-297-1 80-62-6

Metacrilato di metile

- 50 - 100 -
202-500-6 96-33-3

Metilacrilato

7 2 36 10 Pelle
203-545-4 108-05-4

Acetato di vinile

17,6 5 35,2 10 -
203-632-7 108-95-2

Fenolo

8 2 16 4 Pelle
203-713-7 109-86-4

2-Metossietanolo

- 0,5 - - Pelle
203-772-9 110-49-6

2-Metossietil acetato

- 0,5 - - Pelle
203-804-1 110-80-5

2-Etossi etanolo

8 2 - - Pelle
203-839-2 111-15-9

2-Etossietil acetato

11 2 - - Pelle
204-661-8 123-91-1

1,4 Diossano

13 20 - - Pelle
205-438-8 140-88-5

Etilacrilato

21 5 42 10 -
210-866-3 624-83-9

Isocianato di metile

- - - 0,02 Pelle
212-828-1 872-50-4

n-metil-2-pirrolidone

40 10 80 20 Pelle
216-653-1 1634-04-4

Ossido di terz-butile e metile

183,5 50 367 100 -
   

Mercurio e composti inorganici divalenti del mercurio compresi ossido mercurico e cloruro di mercurio (misurati come mercurio) (9)

0.02 - - - Pelle
231-639-5 7664-93-9

Acido solforico (nebulizzazione) (10) (11)

0,05 - - - -
231-977-3 7783-06-4

Acido solfidrico

7 5 14 10 -
   

 

         

1 EINECS: Inventario europeo delle sostanze chimiche esistenti a carattere commerciale.
2 CAS: Chemical Abstract Service Registry Number (Numero del registro del Chemical Abstract Service).
3 Notazione cutanea attribuita ai VLEP che identifica la possibilità di un assorbimento significativo attraverso la Pelle.
4 Misurato o calcolato in relazione ad un periodo di riferimento di otto ore, come media ponderata.
5 Livello di esposizione a breve termine. Valore limite al di là del quale l'esposizione non si dovrebbe verificare l'esposizione e che si riferisce ad un periodo di 15 minuti, salvo indicazione contraria.
6 mg/m3: milligrammi per metro cubo di aria a 20 °C e 101,3 kPa. La correzione del volume a condizioni normali non deve essere effettuata in caso di aerosol.
7 ppm: parti per milione nell'aria (ml/m3).
8 Il metodo di misurazione deve rilevare contemporaneamente polvere e vapore
9 Durante il monitoraggio dell'esposizione al mercurio e ai suoi divalenti inorganici, occorre tenere presente le relative tecniche di monitoraggio biologico che completano i valori limite indicativi dell'esposizione professionale.
10 Nel selezionare un metodo adeguato di monitoraggio dell'esposizione, occorre tener conto delle limitazioni e delle interferenze potenziali che possono risultare a seguito della presenza di altri composti del fosforo.
11 La nebulizzazione è definita come frazione toracica.

__________

Decreto di recepimento dei valori di esposizione professionale e biologici degli agenti chimici di cui all'art. 232 co. 2 Dlgs 81/2008 

Art. 232 co. 2 Adeguamenti normativi
...

2. Con uno o piu' decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali, sono recepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatori predisposti dalla Commissione europea, sono altresi' stabiliti i valori limite nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati XXXVIII, XXXIX, XL e XLI in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici pericolosi.

Collegati:

Decreto interministeriale 02 Maggio 2020
Direttiva 2009/161/UE
Direttiva 98/24/CE del Consiglio del 7 aprile 1998 sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro (quattordicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)
Diritto dell'Unione Europea in materia di sicurezza: Direttive Sociali
D.Lgs. 81/2008 Testo Unico Salute e Sicurezza Lavoro
Agenti chimici e lavorazioni vietate dal TUS 

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Le molestie e le vittime e contesto
Lug 02, 2024 80

Report ISTAT Le molestie e le vittime (2022-2023)

Report ISTAT Le molestie e le vittime e contesto - Anno 2022-2023 ID 22159 | 02.07.2024 / In allegato Nel 2022-2023 si stima che il 13,5% delle donne di 15-70 anni, che lavorano o hanno lavorato, abbia subito molestie sul lavoro a sfondo sessuale nel corso dell’intera vita (soprattutto le più… Leggi tutto
Giu 30, 2024 108

Decreto 18 giugno 2024

Decreto 18 giugno 2024 ID 22148 | 30.06.2024 Decreto 18 giugno 2024 Procedure per il rilascio dell'autorizzazione allo svolgimento dei corsi di addestramento per il personale marittimo. (GU n.151 del 29.06.2024) ... Art. 1. Finalità e ambito di applicazione 1. Il presente decreto disciplina i… Leggi tutto
Piano Triennale della Formazione INL
Giu 27, 2024 108

Piano Triennale della Formazione INL | 2024-2025-2026

Piano Triennale della Formazione INL | 2024-2025-2026 ID 22132 | 27.06.2024 / In allegato Il presente Piano Triennale della Formazione (PTF) 2024-2026 costituisce il principale strumento di pianificazione, programmazione e governo della formazione del personale nel quale vengono rappresentate le… Leggi tutto
Giu 26, 2024 140

Decreto n. 43 del 21 giugno 2024

Decreto n. 43 del 21 giugno 2024 / Componenti task force “Lavoro sommerso” ID 22125 | 26.06.2024 / In allegato Con Decreto n. 43 del 21 giugno 2024, il Direttore generale INL Paolo Pennesi ha provveduto alla nomina dei componenti della Task force "Lavoro sommerso", istituita con il D.M. 50/2024.… Leggi tutto

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