Slide background




ReNaTuNS sorveglianza epidemiologica dei tumori naso-sinusali

ID 12011 | | Visite: 2740 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Renatuns

ReNaTuNS sorveglianza epidemiologica dei tumori naso-sinusali - Manuale operativo

INAIL, 2020

I tumori maligni naso-sinusali (TuNS) sono tumori rari ma con una rilevante frazione di casi in popolazioni lavorative esposte a specifici agenti causali.

In attuazione del d.lgs. 81/2008, presso l’Inail è attivo il Registro Nazionale dei Tumori Naso-Sinusali (ReNaTuNS), per la stima dell’incidenza dei casi di TuNS in Italia e la raccolta di informazioni sulla loro eziologia, con un ruolo centrale delle regioni e province autonome, attraverso i Centri Operativi Regionali (COR), nell’identificazione dei casi e nella definizione delle esposizioni.

L’aggiornamento del precedente manuale operativo per l’implementazione del ReNaTuNS si è reso necessario in quanto una rilevante parte di territorio nazionale a oggi non dispone del registro e la capacità di analisi epidemiologica dei dati aggregati e la dimensione degli approfondimenti di ricerca a partire dai dati nazionali è ancora limitata.

È auspicabile che grazie a questo strumento fondamentale, la ricerca attiva dei casi di TuNS e l’analisi dell’esposizione diventino un’attività sistematica e coordinata, in modo da garantire la prevenzione della malattia, la tutela dei diritti dei soggetti ammalati e dei loro familiari e la corretta gestione delle risorse di sanità pubblica.

_______

Schede allegate

- Agricoltura e allevamento animale
- Benzinai
- Cantieristica navale
- Esercizio ferroviario
- Galvanica
- Gomma - compresa la gomma termoplastica
- Impiegati
- Industria del vetro
- Parrucchieri - estetiste
- Portuali
- Preparazione e cottura cibi

...

Fonte: INAIL

Collegati:

D.Lgs. 19 agosto 2005 n. 187

ID 12009 | | Visite: 2024 | Decreti Sicurezza lavoro

D.Lgs. 19 agosto 2005 n. 187

Attuazione della direttiva 2002/44/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da vibrazioni meccaniche», corredato delle relative note.

(GU n.232 del 05-10-2005)

Abrogato daD.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81

Collegati

Valutazione e prevenzione rischio ambienti confinati

ID 11999 | | Visite: 4164 | Documenti Sicurezza ASL

Valutazione e prevenzione rischio ambienti confinati SPISAL Vari R  VE

La valutazione e la prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati: un caso storico di rischio chimico per la sicurezza

L’analisi degli incidenti in attività all’interno di ambienti di lavoro confinati, che tragicamente si ripetono con dinamiche similari, denota la scarsa informazione e formazione degli operatori su questo tipo di pericoli, la mancata valutazione del rischio e il non rispetto di quanto previsto dalla normativa (D.Lgs.81/08).

Molto spesso in questi incidenti sono coinvolti anche i soccorritori, perché l’intervento di soccorso è improvvisato e non, invece, oggetto di una pianificazione tarata sulla conoscenza dei numerosi e insidiosi fattori di rischio presenti. In letteratura sono molteplici i documenti che illustrano le misure tecniche di prevenzione da adottarsi per l'accesso in sicurezza in ambienti confinati, nonché linee guida predisposte da enti e istituzioni autorevoli. La presente trattazione, lungi dall'essere esaustiva, cerca di fornire un contributo utile, ad uso dei datori di lavoro e dei lavoratori, per l’identificazione dei pericoli e la valutazione dei rischi.

IDENTIFICAZIONE DEL PROBLEMA

Con il termine “ambiente confinato” si intende un luogo/ambiente totalmente o parzialmente chiuso, che non è stato progettato e costruito per essere occupato in permanenza da persone, né destinato ad esserlo, ma che all’occasione, può essere occupato temporaneamente per l’esecuzione di interventi lavorativi come l'ispezione, la manutenzione o la riparazione, la pulizia, l’installazione di dispositivi tecnologici. Il determinarsi di situazioni pericolose per la salute e la sicurezza di chi accede all’interno di un ambiente confinato è associato alla presenza di diversi fattori di rischio che possono derivare da:

- progettazione e/o localizzazione della struttura;
- entrata e uscita difficoltose per ubicazione, dimensione e modalità;
- insufficienza della ventilazione naturale;
- materiali, sostanze, prodotti in esso contenuti (all’origine o per trasformazioni successive);
- tipologia delle attrezzature che vengono utilizzate;
- natura del lavoro che viene effettuato.

Gli ambienti confinati possono essere presenti in quasi tutti i luoghi di lavoro, sotto o sopra il suolo, di piccole come di grandi dimensioni. Esempi possono essere: cisterne interrate o fuori terra, auto e ferro-cisterne, fognature o condotte sotterranee, cunicoli, pozzi di ascensori/montacarichi, recipienti, celle di refrigerazione, camere di combustione di fornaci, magazzini con atmosfera inibitrice del fuoco, armadi di analizzatori o di altri strumenti, piccoli locali deposito, locali temporaneamente chiusi/coperti da teli, ambienti dove si usano gas protettivi di saldatura, laboratori di ricerca che usano ghiaccio secco o azoto liquefatto, locali di confezionamento di alimenti in atmosfera di gas inerte, ecc...

Sono assimilabili agli ambienti confinati anche i luoghi aperti in cui i gas più pesanti dell’aria (perché più freddi o con massa molecolare maggiore) possono accumularsi, come fosse, scavi, trincee, piani interrati di serbatoi; oppure quelli in cui gas più leggeri dell’aria si accumulano in alto, come sottotetti e controsoffitti.

RISCHIO DI ASFISSIA

I rischi nella maggior parte dei casi sono determinati dalla presenza di un’atmosfera asfissiante, cioè incompatibile con la vita umana, che può agire con modalità diverse incidendo sull’assunzione (anossia anossica), sul trasporto (anossia anemica), sull’utilizzazione a livello cellulare (anossia istotossica) dell’ossigeno. In particolare l’atmosfera asfissiante si può avere per:

- carenza di ossigeno a seguito del suo consumo o sostituzione; 
- inalazione/assorbimento di sostanze tossiche con conseguente intossicazione acuta.

La carenza di ossigeno (atmosfera sotto-ossigenata) si ha quando la concentrazione di ossigeno (pO2, pressione parziale di ossigeno) è inferiore al 21%. Con concentrazioni inferiori al 18% si ha riduzione delle prestazioni fisiche e intellettuali, senza che la persona se ne renda conto. Con tenori inferiori all’11% c’è il rischio di morte.

Sotto l’8% lo svenimento si verifica in breve tempo e la rianimazione è possibile se effettuata immediatamente. Al di sotto del 6% lo svenimento è immediato e ci sono danni cerebrali, anche se la vittima viene soccorsa. Consumo dell’ossigeno Si ha carenza di ossigeno in tutte quelle situazioni in cui l’ossigeno viene consumato, senza venir rimpiazzato (come in ambiente confinato), a causa di una reazione chimica di ossidazione/combustione con formazione di CO2, H2O, CO, NOx, di ossidi metallici e di altri composti ossigenati. 
...
segue in allegato

SPISAL Treviso, Legnago, Vicenza 2011

Collegati

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Valutazione e prevenzione rischio ambienti confinati SPISAL Vari R. VE.pdf
SPISAL - Vari R. Veneto
168 kB 186

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 30278 | 02 Novembre 2020

ID 11989 | | Visite: 1660 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 02 novembre 2020, n. 30278

Fuoriuscita di gas combustibile: pluralità di omissioni e negligenze nella vigilanza e nella manutenzione dell'impianto di GPL

Penale Sent. Sez. 4 Num. 30278 Anno 2020
Presidente: MENICHETTI CARLA
Relatore: PAVICH GIUSEPPE
Data Udienza: 22/10/2020

Ritenuto in fatto

1. La Corte d'appello di Campobasso, in data 26 settembre 2019, ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Campobasso, il 16 febbraio 2018, aveva condannato P.P. alla pena ritenuta di giustizia per i reati p. e p. dagli artt. 434 e 449 cod.pen. (capo A) e 451 cod.pen. (capo B), a lei contestati come commessi il 28 febbraio 2013 in Ripalimosani.
Alla P.P. si addebita, nella sua qualità di legale rappresentante della 50.PE.A. s.a.s. e gestore di un deposito di GPL sito all'interno di un distributore di carburanti:
Al capo A, di avere omesso il controllo dovuto sul corretto funzionamento dei dispositivi di sicurezza e di allarme dell'impianto; di avere fatto riempire il serbatoio di gas propano liquido in misura eccedente 1'85% della capienza, in violazione della normativa di settore, e di averne consentito il riempimento fino al 98,5% senza tenere conto delle anomalie dei dispositivi di sicurezza, che erano state già segnalate dal tecnico manutentore M.M.; di avere fatto installare due ulteriori tubazioni prive di dispositivi di intercettazione automatizzata, in difformità rispetto agli schemi d'impianto depositati presso le competenti autorità. Tali condotte, secondo l'imputazione, cagionavano sovrapressioni e sollecitazioni anomale su tutto l'impianto, nonché il blocco dei galleggianti della sonda di livello del GPL, con rottura di una delle pompe presenti nell'impianto, con conseguente fuoriuscita di gas combustibile dall'impianto stesso e pericolo di un'esplosione dell'intero impianto e di disfacimento e crollo dello stesso: ciò che determinava la chiusura di tutte le attività commerciali, industriali e artigianali della zona, la chiusura al traffico della SP 59 e l'evacuazione delle abitazioni vicine per il periodo durante il quale venivano eseguite le operazioni di messa in sicurezza dell'area;
Al capo B, di avere reso inservibili (attraverso le condotte di cui al capo A) i dispositivi di allarme e di sicurezza dell'impianto di distribuzione di carburanti, destinati al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro.
La Corte molisana ha disatteso le lagnanze della P.P. riferite sia ai profili della colpa (con particolare riguardo alla violazione di regole cautelari e di obblighi di controllo e di formazione dei dipendenti connessi alla posizione di garanzia dell'imputata), sia ai profili del nesso di causalità tra le condotte a lei addebitate e l'evento che ne é conseguito.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre la P.P., con atto articolato in cinque motivi di doglianza.
1. Con il primo, ampio motivo la ricorrente, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, anche con travisamento della prova, si duole dell'affermazione di responsabilità a suo carico in relazione ai profili colposi ravvisati nella sua condotta; affermazione di responsabilità basata, a suo dire, su un vero e proprio errore percettivo della prova: la P.P., infatti, non era a conoscenza della manutenzione dell'impianto eseguita il 26 febbraio 2013, né del riempimento dello stesso avvenuto il giorno dopo; tali operazioni erano infatti state poste in essere dal personale addetto, a tal fine debitamente formato. Al riguardo nessun dovere di sorveglianza poteva utilmente essere osservato dalla ricorrente, anche perché l'.esito della manutenzione le era stato descritto come "regolare" dal manutentore e dagli addetti all'impianto. Quanto poi alla c.d. "seconda linea" dell'impianto, che secondo il consulente del P.M. avrebbe avuto una funzione di potenziamento e sarebbe servita a bypassare il dispositivo di intercettazione automatico (in difformità rispetto alla normativa in materia), la Corte di merito non ha tenuto conto delle diverse conclusioni del consulente della difesa, secondo cui essa era stata realizzata prima del 1988 ed aveva la funzione di spurgo dell'impianto. Al più gli addebiti di negligenza, imprudenza e imperizia potrebbero essere formulati a carico del personale addetto, non certo dell'odierna ricorrente, che. aveva fatto affidamento sul loro operato, non aveva alcuna competenza per poterne sindacare le operazioni e si era affidata a un tecnico manutentore (M.M.). Infine, lamenta la ricorrente che la Corte di merito ha ravvisato a suo carico profili di colpa connessi alle disposizioni che la P.P. avrebbe dato in seguito al blocco del dispositivo di misurazione all'interno della cisterna, dando corso al riempimento di quest'ultima nel limite di 24.000 litri; in tal modo non si é tenuto conto delle difformi dichiarazioni rese dai testi I. e Ia., secondo i quali la P.P. non era stata messa al corrente dell'esito della manutenzione del 26 febbraio 2013, se non dopo l'evento.
2.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al nesso di causalità. La Corte distrettuale, basandosi esclusivamente sulle considerazioni del consulente del P.M., ha ritenuto che il disinteresse della ricorrente rispetto alle problematiche aziendali fosse comprovato dalla presenza, nell'impianto, di valvole di intercettazione manuale contrarie alla normativa, e che l'omesso controllo sulla gestione dell'impianto stesso (che consentiva di violare la normativa vigente, bypassando la valvola di blocco automatico e lasciando la saracinesca manuale aperta sulla linea di prelievo e di spurgo) avrebbe avuto un ruolo nella causazione dell'evento. Non é stato però considerato quanto argomentato nell'atto d'appello, circa il fatto che il rifornimento era stato curato dai responsabili dell'impianto e che la c.d. seconda linea esisteva fin dalla realizzazione dell'impianto (1988/89), né si é tenuto conto delle fonti di prova che hanno riscontrato tale assunto e che hanno confermato che alcun addebito potesse essere mosso all'odierna ricorrente:L'impianto era munito di tutti i sistemi di allarme necessari e delle richieste autorizzazioni da parte delle autorità competenti, di tal che alcun ulteriore obbligo gravava sulla P.P., che non avrebbe comunque avuto la possibilità di prevenire e di evitare le cause che hanno determinato l'evento. L'unico malfunzionamento riscontrato dal tecnico M.M. in sede di manutenzione riguardava il galleggiante, ma non il sistema di sicurezza e di allarme, tant'é che per questo motivo l'esito dell'intervento fu descritto come "regolare". Anche il presunto riempimento dell'impianto oltre 1'85% é stato addebitato alla ricorrente, anziché agli addetti all'impianto, i quali però hanno escluso il superamento di tale soglia. In tale quadro, conclude la ricorrente, non si vede a quale titolo possa addebitarsi alla P.P. la causazione dell'evento, che lo stesso consulente del P.M. ha fondato su mere ipotesi.
2.3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, nuovamente sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, l'assunto in base al quale la P.P. avrebbe omesso di conferire apposita delega scritta ai dipendenti ai fini dell'attribuzione delle funzioni di responsabilità per l'esercizio dell'attività pericolosa di gestione dell'impianto. Apoditticamente la Corte di merito ha ritenuto che l'odierna ricorrente avrebbe dovuto vigilare direttamente sull'operato dei dipendenti anche adottando disposizioni adeguate alle problematiche emerse nei giorni precedenti e controllando il rispetto della normativa vigente in materia, ed avendo escluso che i dipendenti Ia. e I., pur avendo frequentato appositi corsi, potessero assumere funzioni di responsabilità per il corretto esercizio dell'attività. Inoltre la Corte distrettuale si contraddice riconoscendo, da un lato, che le operazioni di riempimento del serbatoio oltre il limite consentito (in data 27 febbraio 2013) non furono disposte dalla P.P.; ma, dall'altro, ravvisandone la responsabilità sul rilievo che la valvola limitatrice del carico non era funzionante e che la stessa imputata non avrebbe vigilato giorno per giorno sul livello delle giacenze di GPL. In definitiva, la sentenza impugnata non considera che la vicenda andava inquadrata sulla base del c.d. principio di affidamento, avendo la titolare dell'attività confidato sul rispetto delle regole cautelari da parte degli altri soggetti interagenti.
2.4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia nuovamente violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla mancata considerazione di alcune emergenze processuali, laddove la Corte di merito ha fondato il proprio convincimento esclusivamente su alcune fonti di prova (in specie sulle considerazioni del consulente del P.M.), trascurandone altre e ricorrendo altresì al rinvio ad atti del procedimento, così da impedire alla parte di determinarsi in modo congruo ai fin dell'impugnazione. Di fronte al contrasto tecnico fra i consulenti, bene avrebbe fatto la Corte molisana a nominare d'ufficio un perito, così come chiesto con l'atto d'appello.
2.5. Con il quinto e ultimo motivo la ricorrente lamenta di nuovo violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al mancato proscioglimento ex art. 530, comma 2, cod.proc.pen. e con specifico riferimento alla funzione delle tubazioni aggiuntive (che, ribadisce la ricorrente, non erano volte al potenziamento dell'impianto e non hanno perciò avuto alcun rilievo nella causazione del pericolo di disastro, in quanto venivano utilizzate solo a impianto fermo per le operazioni di spurgo).

Considerato in diritto

1. Il ricorso, considerato nel suo complesso e in ciascuno dei cinque motivi in cui esso é articolato (largamente riportanti lagnanze ripetitive e in buona parte coincidenti con quelle prospettate con l'atto d'appello), é inammissibile, in quanto manifestamente infondato e proteso, nell'essenziale, a sollecitare indebitamente in sede di legittimità una rivalutazione del materiale probatorio, pur a fronte di un percorso argomentativo completo ed esaustivo come quello della sentenza impugnata e, ancor più, di quella di primo grado, da leggersi congiuntamente trattandosi di "doppia conforme" (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595). Si ricorda infatti che, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507).
Tanto premesso, pur nell'ampio e articolato incedere argomentativo dei cinque motivi di ricorso, le questioni prospettate dalla ricorrente si risolvono, a ben vedere, in due profili fondamentali: q1,1ello della responsabilità colposa della P.P. quale titolare dell'impianto e datrice di lavoro del personale tecnico ad esso assegnato, sia in relazione alle caratteristiche costruttive e funzionali dell'impianto stesso, sia in relazione ai profili di culpa in vigilando denunciati a più riprese come insussistenti nel ricorso; e quello del nesso di causalità tra le condotte - in larga parte omissive - addebitate alla P.P. e l'evento di pericolo venutosi a concretizzare con la fuoriuscita di gas.

Ora, se é vero che l'episodio per cui é processo ha avuto una sua causa scatenante (occasionale) nell'eccessivo riempimento del serbatoio di GPL (pur a fronte di quanto segnalato dal tecnico M.M. agli operai presenti in loco circa l'esigenza di non riempire ulteriormente il serbatoio a seguito del blocco del rilevatore del livello di carburante, ma di erogarne il contenuto fino all'esaurimento dello stesso onde consentire la riparazione), é pur vero che la causa originaria della fuoriuscita di GPL é stata ravvisata nella rottura di una delle pompe presenti nel vano pompe (facilitata dalla presenza di una valvola di intercettazione manuale lasciata aperta); che i riempimenti di serbatoio venivano eseguiti spesso oltre i limiti consentiti dalla normativa, così da creare pressioni e sollecitazioni anomale sull'impianto e, indirettamente, la rottura della pompa; che la rottura delle pompe elettriche era stata rilevata precedentemente in più occasioni, senza che la titolare avesse mai provveduto al riguardo.
Va chiarito inoltre che, anche con riguardo all'impianto di che trattasi, trova applicazione la nozione di "luogo di lavoro", rilevante ai fini della sussistenza dell'obbligo di attuare le misure antinfortunistiche: in tale nozione rientra ogni luogo in cui venga svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità della struttura in cui essa si esplichi e dell'accesso ad essa da parte di terzi estranei all'attività lavorativa (da ultimo vds., proprio in relazione a un impianto di distribuzione di GPL, Sez. F, Sentenza n. 45316 del 27/08/2019, Giorni, Rv. 277292). Su tale base é di tutta evidenza che il titolare, nella sua posizione datoriale, mantiene intatti gli obblighi di vigilanza sull'attività dei dipendenti, non solo nel caso in cui (come nell'occorso) essi non siano provvisti di delega scritta, ma anche nel caso in cui lo siano: é noto infatti che gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono essere delegati, con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega sia espresso, inequivoco e certo ed investa persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, fermo restando, comunque, l'obbligo, per il datore di lavoro, di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (cfr. Sez. U, Sentenza n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261108; e più di recente Sez. 4, Sentenza n. 24908 del 29/01/2019, Ferrari, Rv. 276335). Dunque la ricorrente non può fondatamente asserire di essere sottratta a tali obblighi di vigilanza sulla base del fatto che il personale assegnato alle operazioni di gestione dell'impianto fosse provvisto di formazione al riguardo, laddove, quand'anche la P.P. avesse formalmente conferito delega ai suoi dipendenti ivi impiegati, i suoi doveri di vigilanza non sarebbero comunque venuti delegante non comporta il controllo continuativo delle modalità di svolgimento delle funzioni trasferite, richiedendosi la mera verifica della correttezza della complessiva gestione del delegato: cfr. in tal senso, da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 15941 del 12/02/2020, Fissolo, Rv. 278879). A maggior motivo però i doveri di vigilanza sull'operato dei suoi dipendenti Ia. e I., nell'ambito oltretutto di un'attività pericolosa come quella di gestione di un deposito di materiale combustibile e altamente infiammabile, gravavano sulla P.P. in mancanza del conferimento di una delega scritta a tal fine, come invece espressamente richiesto dall'art. 16, d.lgs. n. 81/2008, quale che fosse il livello di preparazione tecnica e di autonomia operativa dei suddetti dipendenti.
Nel caso di specie, del resto, gli elementi probatori emersi a proposito delle ripetute negligenze e manchevolezze nella realizzazione dell'impianto (ivi compresi gli interventi di modifica oggetto dell'imputazione) e nella sua gestione e manutenzione (dai reiterati riempimenti oltre il consentito alle ripetute rotture di altre pompe e agli allagamenti senza alcun intervento da parte dell'odierna ricorrente) depongono per una sistematica violazione dei predetti doveri di vigilanza, ed anzi per una ripetuta elusione delle disposizioni vigenti nel settore; non certo per una occasionale emergenza da cui sarebbe scaturita l'uscita di gas al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte della P.P.. Anche a proposito della realizzazione della tubazione costituente la c.d. "seconda linea" le allegazioni della ricorrente, sostanzialmente reiterative di quelle già prospettate in appello, si risolvono nella mera allegazione della finalità di spurgo e di pulizia dei circuiti (laddove la lettura tecnica di tale dispositivo - accolta dalla Corte di merito, come già dal primo giudice, con ampio percorso argomentativo - é nel senso della finalità di potenziamento dell'impianto) e nel riferimento al fatto che la tubazione aggiuntiva era già presente nei progetti presentati nel 1988 (laddove però tale tubazione non risulta riportata negli schemi tecnici presentati alle autorità negli anni 2005 - 2006).
Anche sotto il profilo del nesso di causalità, l'iter argomentativo della sentenza impugnata é ampiamente chiarificatore ed espone convenientemente le ragioni per cui l'evento di pericolo é stato visto come la risultante di una pluralità di omissioni e negligenze nella vigilanza e nella manutenzione dell'impianto da parte dell'imputata, nella sua qualità di garante. La fuga di gas, indicata come causa sopravvenuta e idonea a interrompere il nesso di causalità, é invece stata correttamente indicata come l'effetto della reiterata condotta omissiva ed elusiva della P.P., oltreché come evento necessariamente suscettibile di prevedibilità da parte del titolare di un impianto di GPL; la Corte molisana affronta anche, in modo del tutto adeguato, il ragionamento controfattuale, deducendo - sulla base dall'istruttoria dibattimentale - che, ove l'imputata avesse ottemperato ai ridetti obblighi di vigilanza e si fosse attenuta alle disposizioni di settore, l'evento non si sarebbe verificato.

2. Alla declaratoria d'inammissibilità consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», la ricorrente va condannata al pagamento di una somma che si stima equo determinare in € 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2020.

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 30278 Anno 2020.pdf
 
412 kB 2

Sorveglianza sanitaria eccezionale: riattivato il servizio online

ID 11981 | | Visite: 2314 | News Sicurezza

Sorveglianza sanitaria eccezionale

Sorveglianza sanitaria eccezionale: riattivato il servizio online

INAIL, 05/11/2020

A decorrere dal 5 novembre 2020 è di nuovo disponibile, per i datori di lavoro interessati, il servizio online per l’inoltro delle richieste di visita medica per Sorveglianza sanitaria eccezionale.

La legge n. 126 del 13 ottobre 2020, di conversione del decreto legge n. 104 del 14 agosto 2020, ha disposto la proroga delle disposizioni di cui all’art. 83 del decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 17 luglio 2020, che, pertanto, rimane in vigore sino al 31 dicembre 2020.

I datori di lavoro pubblici e privati interessati possono nuovamente fare richiesta di visita medica per sorveglianza sanitaria dei lavoratori e delle lavoratrici fragili, tramite l’apposito servizio online ai servizi territoriali dell’Inail.

I datori di lavoro pubblici e privati interessati dalla predetta norma possono nuovamente fare richiesta di visita medica per sorveglianza sanitaria dei lavoratori e delle lavoratrici fragili ai servizi territoriali dell’Inail tramite l’apposito servizio online.

Fermo restando quanto previsto per lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive e commerciali in relazione al rischio di contagio, l’art. 83 decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020 prevede che i datori di lavoro pubblici e privati assicurano la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti al rischio, in ragione dell’età, della condizione da immunodepressione e di una pregressa infezione da Covid-19 ovvero da altre patologie che determinano particolari situazioni di fragilità del lavoratore.

L’attività di sorveglianza sanitaria eccezionale si sostanzia in una visita medica sui lavoratori inquadrabili come “fragili” ovvero sui lavoratori che, per condizioni derivanti da immunodeficienze da malattie croniche, da patologie oncologiche con immunodepressione anche correlata a terapie salvavita in corso o da più co-morbilità, valutate anche in relazione dell’età, ritengano di rientrare in tale condizione di fragilità.

Pertanto, il concetto di fragilità va individuato “in quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore/lavoratrice rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto e può evolversi sulla base di nuove conoscenze scientifiche sia di tipo epidemiologico che di tipo clinico”.

Per i datori di lavoro che non sono tenuti, ai sensi dell’art. 18, co. 1 lett. a), d.lgs. 81/2008, alla nomina di un medico competente, fermo restando la possibilità di nominarne uno per la durata dello stato di emergenza, la sorveglianza eccezionale può essere richiesta ai servizi territoriali dell’Inail che vi provvedono con i propri medici del lavoro.

Il datore di lavoro o un suo delegato possono inoltrare la richiesta di visita medica attraverso l'apposito servizio online “Sorveglianza sanitaria eccezionale”, reso di nuovo disponibile dal 5 novembre 2020 e accessibile dagli utenti muniti di credenziali dispositive.

Per gli utenti non registrati le credenziali possono essere acquisite tramite:

- Spid;
- Inps;
- Carta nazionale dei servizi (Cns);
- Inail, con l’invio dell’apposito modulo da inoltrare attraverso i servizi online o da consegnare presso le sedi territoriali Inail.

Nel caso di delega da parte del datore di lavoro, deve essere compilato e inoltrato l’apposito modulo “Mod. 06 SSE delega”, reperibile nella sezione dedicata del portale “Moduli e modelli”.

Una volta inoltrata la richiesta dal datore di lavoro o da un suo delegato, viene individuato il medico della sede territoriale più vicina al domicilio del lavoratore.

All’esito della valutazione della condizione di fragilità, il medico esprimerà il giudizio di idoneità fornendo, in via prioritaria, indicazioni per l’adozione di soluzioni maggiormente cautelative per la salute del lavoratore o della lavoratrice per fronteggiare il rischio da SARS-CoV-2 riservando il giudizio di non idoneità temporanea solo ai casi che non consentano soluzioni alternative.

Successivamente all’invio del giudizio di idoneità, il datore di lavoro riceve una comunicazione con l’avviso di emissione della relativa fattura in esenzione da iva per il pagamento della prestazione effettuata. Con decreto interministeriale del 23 luglio 2020 la tariffa dovuta all’Inail per singola prestazione effettuata è stata fissata in € 50,85.

...

Fonte: INAIL

Collegati:

Circolare INL 30 Ottobre 2020 n. 7

ID 11966 | | Visite: 2084 | Documenti Sicurezza Enti

Circolare INL 30 Ottobre 2020 n. 7

Oggetto: art. 2 e art. 47 bis e seguenti d.lgs. n. 81/2015 – collaborazioni organizzate dal committente e tutele del lavoro tramite piattaforme.

Il d.l. 101/2019 (conv. da L. n. 128/2019) è intervenuto a modificare il d.lgs. n. 81/2015 con particolare riferimento alla disciplina della c.d. etero-organizzazione contenuta nell’art. 2 ed ha introdotto, nel corpo dello stesso decreto, il Capo V bis (artt. dal 47 bis al 47 octies), dedicato alla specifica attività dei “ciclo-fattorini” esercitata tramite piattaforme digitali.

Alla luce delle citate novità e della giurisprudenza più recente in materia di eteroorganizzazione appare opportuno fornire le seguenti istruzioni per un corretto svolgimento dell’attività di vigilanza che, d’intesa con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sostituiscono i contenuti della circolare dello stesso Ministero n. 3 del 1° febbraio 2016.

I caratteri della etero-organizzazione L’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015 prevede l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato alle collaborazioni aventi alcune caratteristiche individuate dalla medesima disposizione, come novellata dal d.l. 101/2019 (conv. da L. n. 128/2019).

Va premesso che la disciplina dell’art. 2, comma 1, in ragione del riferimento generico alle collaborazioni utilizzato dal legislatore, è suscettibile di applicazione nei confronti di tutti i rapporti di collaborazione non riconducibili, secondo i criteri di natura generale, allo schema di cui all’art. 2094 c.c. .

L’ambito applicativo della disposizione ricomprende pertanto ogni ipotesi di collaborazione “continuativa” (come esplicita l’art. 2 comma 1), comprese quelle in cui le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante “piattaforme anche digitali” (cfr. ultimo periodo del comma 1).

I requisiti indicati dal legislatore ai fini dell’applicazione della disciplina de qua – e che possono riguardare tipologie contrattuali differenziate – sono da individuarsi in una prestazione prevalentemente personale, continuativa ed eseguita secondo modalità organizzate dal committente.

I tre requisiti devono tutti ricorrere perché si possa applicare la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.

1. personalità del rapporto,
2. continuità,
3. etero-organizzazione
...

Il D.Lgs. n.81/2008 si applica "a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati: la qualificazione giuridica del rapporto dunque non è dirimente per l'applicazione delle tutele prevenzionistiche".

Tre dunque sono le ipotesi che possano prospettarsi, il D.Lgs. n.81/2008 trova applicazione:

1. ai collaboratori coordinati e continuativi "ove la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente" (art. 3, comma 7 del D.Lgs. n.81/2008)
2. ai "lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico" (art. 3, comma 10), trovano applicazione le disposizioni di cui al TITOLO VII per le attrezzature munite di videoterminali e prevista la informazione "circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative ai videoterminali";
3. per i lavoratori autonomi, ai sensi dell'art. 3 comma 11 del D.Lgs. n.81/2008 si applica, limitatamente agli Artt. 21 e 26, imponendo (art.21) di utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al citato TITOLO III e (art. 26) nel caso in cui il lavoratore autonomo svolga la propria attività all'interno dei locali del committente, su quest'ultimo grava la verifica dell'idoneità tecnico professionale dei lavoratori autonomi e gli obblighi di informazione circa i rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui operano e sulle misure di prevenzione e di emergenza.
...

segue in allegato
...

Modello Informazioni MC al Lavoratore sulla sorveglianza sanitaria agenti cancerogeni

ID 11054 | | Visite: 6010 | Documenti Riservati Sicurezza

Modello Informazioni MC al Lavoratore sorveglianza sanitaria agenti cancerogeni

Modello Informazioni MC al Lavoratore sulla sorveglianza sanitaria agenti cancerogeni

ID 11054 | Rev. 00 2020

Modello Informativo del MC al lavoratore sulla sorveglianza sanitaria agenti cancerogeni in accordo con il nuovo c. 6 Art. 242 del D.Lgs 81/2008 introdotto dal D. Lgs. 1 giugno 2020 n. 44 (GU n.145 del 09-06-2020) ed in vigore dal 24 giugno 2020.

Il D. Lgs. 1 giugno 2020 n. 44, è rilevante per tutti gli attori sicurezza: DL, RSPP, MC, RLS, Lavoratori, poiché aggiunge, tra l'altro, 11 nuovi Valori limite di esposizione Agenti cancerogeni nell’Allegato XLIII, rispetto ai 3 precedenti.

Oltre ad aggiungere 1 Processo nell’Allegato XLII e, come detto, 11 nuovi Valori limite di esposizione Agenti cancerogeni nell’Allegato XLIII, (rispetto ai 3 precedenti), modifica il c. 6 dell'Art 242 Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche sugli agenti cancerogeni Titolo IX del D.Lgs 81/2008, in particolare:

Art. 242 c. 6 sostituito Art. 242 c. 6 nuovo comma D. Lgs. 1 giugno 2020 n. 44
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa. 6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, ove ne ricorrano le condizioni, segnala la necessità che la stessa prosegua anche dopo che è cessata l’esposizione, per il periodo di tempo che ritiene necessario per la tutela della salute del lavoratore interessato. Il medico competente fornisce, altresì, al lavoratore indicazioni riguardo all’opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari, anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa, sulla base dello stato di salute del medesimo e dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche

Sul nuovo comma 6 dell’Art. 242 si evidenzia che:

1. Il MC segnala al lavoratore la necessità (ove ne ricorrano le condizioni) che la sorveglianza sanitaria prosegua anche dopo che è cessata l’esposizione;
2. Sorveglianza sanitaria (punto 1) per un periodo di tempo necessario stabilito dal MC (indicare)

Modello Informazioni MC al Lavoratore sulla sorveglianza sanitaria agenti cancerogeni
...

Allegato XLIII D Lgs  81 2008

...
Segue in allegato

Certifico Srl - IT | Rev. 0.0 2020
©Copia autorizzata Abbonati 

Collegati

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Modello Informazioni MC al Lavoratore sorveglianza sanitaria agenti cancerogeni Rev. 00 2020.pdf
Certifico S.r.l. Rev. 00 2020
433 kB 284

Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 29818 | 27 Ottobre 2020

ID 11948 | | Visite: 2200 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 3 del 27 ottobre 2020 n. 29818

Certificato di prevenzione incendi. La violazione della procedura amministrativa da parte dell'organo di vigilanza non è causa di improcedibilità dell'azione penale

Penale Sent. Sez. 3 Num. 29818 Anno 2020
Presidente: ACETO ALDO
Relatore: GAI EMANUELA
Data Udienza: 09/09/2020

Ritenuto in fatto

1. Con l'impugnata sentenza, il Tribunale di Rimini ha dichiarato la penale responsabilità di F.A., in relazione al reato di cui all'art. 20 comma 1 del d.lgs 8 marzo 2006, n. 139, perché, quale legale rappresentante della società Gruppo Alfad srl, ometteva di richiedere il rilascio del certificato di prevenzione incendi. In Rimini, il 25 novembre 2016.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso, nell'interesse dell'imputato, il suo difensore, deducendo quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di cui art. 606, comma 1, lett. c) ed e) cod. proc. pen. in relazione all'art. 178 comma 1 lett. c) cod.proc.pen., mancata valutazione della memoria difensiva depositata avanti al Tribunale di Rimini, ex art. 121 cod.proc.pen., con la quale eccepiva l'omesso avviso all'imputato di poter ricorrere all'oblazione ai sensi del d.lgs n. 758 del 1994, tenuto conto del disposto di cui all'art. 301 del d.lgs n. 81 del 2008, disposizione normativa che avrebbe dovuto trovare applicazione in relazione alla contestazione di cui all'art. 20 comma 1 del d.lvo 8 marzo 2006, n. 139, punita con pena alternativa di arresto o ammenda.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione di cui art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione all'art. 129 cod.proc.pen. e all'omessa pronuncia di sentenza di non doversi procedere per mancanza di condizione di procedibilità dell'azione penale ai sensi del d.lgs n. 758 del 1994.
2.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione di cui art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione all'art. 530 cod.proc.pen. per mancata assoluzione dell'imputato per assenza dell'elemento soggettivo del reato ex art. 43 cod.pen.
2.4. Con il quarto motivo si deduce la violazione di cui art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione all'art. 131 bis cod.pen. e vizio di motivazione sull'esclusione delle condizioni per l'applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
3. Il Procuratore generale ha chiesto, in udienza, il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

4. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
Come osservato dalla giurisprudenza consolidata l'omessa considerazione da parte del giudice di una memoria difensiva, non comporta, per ciò solo, una nullità per violazione del diritto di difesa, ma può determinare un vizio della motivazione per la mancata valutazione delle ragioni ivi illustrate (Sez. 3, n. 36688 del 06/06/2019, Rinaldi, Rv. 277667 - 01; Sez. 2, n. 14975 del 16/03/2018, Tropea, Rv. 272542 - 01). Detta omissione può essere fatta valere in sede di gravame come causa di nullità del provvedimento impugnato per vizio di motivazione laddove questa risulta viziata per la mancata considerazione di quanto illustrato con la memoria, in relazione alle questioni devolute con l'impugnazione (Sez. 5, n. 51117 del 21/09/2017, Mazzaferro, Rv. 271600 - 01; Sez. 5, n. 4031 del 23/11/2015, dep. 29/01/2016, Graziano, Rv. 267561 - 01; Sez. 6, n. 18453 del 28/02/2012, Cataldo, Rv. 252713 - 01; Sez. 1, n. 37531 del 07/10/2010, Pirozzi, Rv. 248551 01). Ne consegue che l'omessa considerazione di una memoria difensiva non comporta, per ciò solo, una nullità per violazione del diritto di difesa dell'imputato, ma può rilevare nell'ambito del vizio di motivazione.
Ciò è avvenuto nel caso in esame poiché, sebbene non risulti nel testo del provvedimento impugnato il riferimento alla memoria difensiva con cui si eccepiva l'improcedibilità dell'azione penale con richiesta di sentenza ex art. 129 cod.proc.pen., richiesta riportata nelle conclusioni in epigrafe della sentenza, la questione di stretto diritto, quella per l'appunto dell'improcedibilità dell'azione penale, è stata disattesa dal giudice che ha valutata la questione pur respingendola.
5. Del resto, è sufficiente richiamare i più recenti arresti di legittimità, da cui l'infondatezza del secondo motivo di ricorso con cui il ricorrente ripropone la questione della improcedibilità dell'azione penale per mancanza di condizione di procedibilità ai sensi del d.lgs n. 758 del 1994 e la violazione dell'art. 301 del d.lgs n. 81 del 2008, che, modificando un precedente orientamento, hanno stabilito che la violazione della procedura amministrativa da parte dell'organo di vigilanza non sia causa di improcedibilità dell'azione penale (Sez. 3, n. 7678 del 13/01/2017, Bonanno, Rv. 269140; Sez. 3, n. 19959 del 23/11/2016, Cortiana, non mass; Sez. 3, n. 20562 del 21/04/2015, Rabitti, Rv. 263751; Sez. 3, n. 5864/2011 del 18/11/2010, Zecchino, Rv. 249566; Sez. 3, n. 26758 del 05/05/2010, Cionna e a., Rv. 248097).
In particolare, l'art. 20 del d.lgs. n. 758 del 19 dicembre 1994, le cui disposizioni sono qui applicabili in virtù dell'espresso richiamo contenuto nell'art. 301 d.lgs. 81 del 2008 secondo cui "Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal presente decreto, nonché da altre disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda ovvero la pena della sola ammenda, si applicano le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui agli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758", che prevede, ai commi 1 e 2, che "Allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'art. 55 del codice di procedura penale, impartisce al contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario (comma 1); prescrizione con la quale l'organo può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro (comma 3).
A mente dell'art. 21, rubricato "verifica dell'adempimento", del d.lgs. n. 758 del 1994, entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione (comma 1). E quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell1ammenda stabilita per la contravvenzione accertata. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza comunica al Pubblico ministero l'adempimento alla prescrizione nonché l'eventuale pagamento della predetta somma (comma 2) quando, invece, risulta l'inadempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ne dà comunicazione al Pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione (comma 3).
Ai sensi del successivo art. 23, rubricato "sospensione del procedimento penale", il procedimento penale per la contravvenzione è sospeso dal momento dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen., fino al momento in cui il Pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all'art. 21, commi 2 e 3.
Infine, secondo il disposto di cui all'art. 24, rubricato "estinzione del reato", se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall'art. 21, comma 2, la contravvenzione si estingue e il Pubblico ministero richiede l'archiviazione della notitia criminis.
Muovendo da un'interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina dettata dagli artt. 20 ss. d.lgs. n. 758/1994 anche in relazione all'art. 112 Cost., è stato affermato che la violazione della procedura amministrativa estintiva non può condizionare l'esercizio dell'azione penale. Il contrario orientamento - da ultimo affermato da Sez. 3, n. 37228/2016 del 15/09/2015, Rv. 268050: «in tema di reati contravvenzionali in materia di legislazione sociale e lavoro, l'omessa fissazione da parte dell'organo di vigilanza di un termine per la regolarizzazione, come previsto dall'art. 20, comma primo, D.Lgs. 19 dicembre 1994 n. 758, è causa di improcedibilità dell'azione penale» - appare infatti incompatibile con il principio di obbligatorietà dell'azione penale.
Ma non solo, in caso di mancato perfezionamento della procedura il contravventore ben può fruire dell'estinzione del reato in sede giudiziaria nella stessa misura agevolata.
Infatti, come ricordato da Sez. 3, n. 3671 del 30/11/2017, Vallone, Rv. 272454 - 01, in tema di sicurezza ed igiene del lavoro, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 19 e ss. d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, l'organo di vigilanza deve ammettere il contravventore al pagamento della sanzione amministrativa, con effetto estintivo del reato contravvenzionale, anche in caso di tempestiva eliminazione delle sue conseguenze dannose o pericolose con modalità diverse da quelle stabilite nella prescrizione di regolarizzazione. (In motivazione, la Corte ha altresì escluso che la violazione di tale obbligo da parte dell'autorità di vigilanza sia causa di improcedibilità dell'azione penale, potendo l'imputato estinguere il reato mediante oblazione in sede giudiziaria ai sensi dell'art. 24, comma 3, d.lgs. citato).
6. Ora, quanto al caso in esame, esclusa l'improcedibilità dell'azione penale, il ricorrente non ha allegato, né con la memoria difensiva né con il ricorso per cassazione, di avere richiesto e ottenuto il certificato di prevenzione antincendio, sicchè esclusa l'improcedibilità e la possibilità di fruire dell'estinzione del reato mediante oblazione in sede giudiziaria, per assenza dei presupposti, le censure devolute nel primo e secondo motivo di ricorso non sono fondate.
7. Inammissibile perché sollecita una rivalutazione del merito in punto sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, è il terzo motivo di ricorso. La sentenza impugnata contiene congrua e sufficiente motivazione laddove ha rilevato in capo al ricorrente la colpa per negligenza in presenza di chiaro obbligo normativo conosciuto dal ricorrente in quanto aveva oblazionato le altre contravvenzioni contestate (pag. 4).
8. Connotato da genericità è il quarto motivo di ricorso con cui si censura il diniego di riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen. sul rilievo che, a parere del ricorrente, erano presenti tutti i requisiti previsti dalla legge.
9. Conclusivamente il ricorso si rileva privo di fondamento e va pertanto rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 09/09/2020

Mappatura dell’organismo e dei pericoli nella prevenzione DMS

ID 11938 | | Visite: 1294 | News Sicurezza

DMS mappatura

Mappatura dell’organismo e dei pericoli nella prevenzione DMS

Mappatura dell’organismo e dei pericoli nella prevenzione dei disturbi muscolo-scheletrici (DMS)

EU-OSHA, Ottobre 2020

La presente scheda informativa fornisce una panoramica delle tecniche di mappatura dell’organismo e dei pericoli e ne evidenzia il loro valore ai fini dell’identificazione e della prevenzione dei disturbi muscolo-scheletrici (DMS) lavoro-correlati. Elenca le risorse necessarie a gestire una sessione di mappatura dell’organismo e dei pericoli presso il proprio posto di lavoro e fornisce una guida passo a passo.

Il coinvolgimento dei lavoratori è di primaria importanza per una valutazione di successo e un’efficace gestione dei rischi. Le tecniche di mappatura sono interattive e dipendono dalla partecipazione attiva dei lavoratori, incoraggiandoli a pensare sul modo in cui la loro salute potrebbe essere influenzata dal lavoro, individuando i rischi potenziali e proponendo soluzioni pratiche. I risultati sono un contributo inestimabile per la valutazione del rischio e i processi di monitoraggio.

...

Fonte: EU-OSHA

Collegati:

Linea Guida VVF emergenza Covid-19

ID 10271 | | Visite: 7660 | News Sicurezza

Linea Guida VVF Covid 19

Gestione del rischio operativo connesso all'emergenza COVID-19

VVF, 2020

Rev. 4.0 del 16.10.2020

Il 9 gennaio 2020, il CDC cinese ha riferito che è stato identificato un nuovo coronavirus (2019- nCoV successivamente denominato Sars-CoV-2). La malattia che deriva dall’infezione è stata denominata Covid-19 (dove "CO" sta per corona, "VI" per virus, "D" per disease e "19" indica l'anno in cui si è manifestata).

Il nuovo coronavirus è strettamente correlato a quello della sindrome respiratoria acuta grave (SARS). I coronavirus sono una grande famiglia di virus respiratori che possono causare malattie che vanno dal comune raffreddore alla sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e alla SARS. Il virus può causare una forma lieve, simil-influenzale, oppure può progredire in una forma grave soprattutto in persone con condizioni cliniche croniche pre-esistenti quali ipertensione e altri problemi cardiovascolari, diabete, patologie epatiche e altre patologie respiratorie; anche le persone anziane potrebbero essere più suscettibili alle forme gravi.

...

Prevenzione

Per il personale appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco è fondamentale evitare il contatto con i soggetti affetti da coronavirus attraverso la corretta applicazione delle misure di controllo delle infezioni e dell’uso di misure di barriera/Dispositivi di Protezione Individuale (DPI).

Il Ministero della salute rende disponibile sul proprio sito informazioni sulla diffusione e sulla prevenzione (http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/homeNuovoCoronavirus.jsp).

In particolare, ai fini dell’autoprotezione individuale dal contagio, anche l’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda i seguenti punti, che hanno lo scopo di ridurre l’esposizione e limitare il raggio di trasmissione di patologie e che includono igiene delle mani e respiratoria nonché un approccio sicuro all’alimentazione:

- Lavare frequentemente le mani strofinandole bene usando soluzioni alcoliche o acqua e sapone;
- Coprire con il gomito flesso o con un fazzoletti di carta la bocca e il naso quando si starnutisce o si tossisce;
- Evitare contatti ravvicinati con chiunque abbia febbre e tosse;
- Se si riscontrano febbre, tosse e difficoltà respiratorie ricercare immediatamente cure mediche e riferire il percorso e i luoghi in cui si è stati al medico;
- Se si riscontrano febbre, tosse e difficoltà respiratorie ricercare immediatamente cure mediche e riferire il percorso e i luoghi in cui si è stati al medico;
- Evitare contatti con animali vivi in aree mercatili;
- Evitare il consumo di carne e prodotti animali crudi o poco cotti. Gestire con attenzione carne cruda, latte e organi animali per evitare episodi di contaminazione incrociata con cibi crudi

QUANDO UN INTERVENTO SI CLASSIFICA IN QUESTA CATEGORIA

Intervento in un’area interessata dai provvedimenti restrittivi e limitativi alla libertà di spostamento di cui al D.L. n. 6 del 23/02/2020D.P.C.M. 23/02/2020 ovvero intervento in supporto al personale sanitario in cui sono presenti persone considerate infette da virus Sars-CoV-2, anche al di fuori delle aree di cui al paragrafo precedente.

Sulla base dei presupposti sopra indicati, possono ricadere in questa categoria i seguenti tipi di interventi:

1. soccorso a persona;
2. supporto 118 e forze dell’ordine;
3. recupero beni a casa di persona infetta,
4. interventi in zona rossa (previo consultazione con nucleo NBCR);
5. scorta tecnica per trasporto in alto bio contenimento;
6. intervento in reparto infettivologia/pronto soccorso/altro reparto in ospedale.

Gli interventi da 1 a 4 sono a cura di squadre ordinarie VVF dotate di appositi DPI, come da procedura. Gli interventi di tipo 5 e 6 sono integrati e coordinati dal Nucleo NBCR secondo le procedure già in essere.

EVIDENZE A CARATTERE GENERALE

Ai fini dell’esecuzione dell’intervento sono da distinguere:

A. Interventi in ambiente potenzialmente contaminato senza presenza di persone

Considerato che in assenza di persone la carica virale del virus in ambiente risulta essere marginale, l’intervento in assenza di persone, viene svolto con tradizionali DPI in dotazione integrati con guanti monouso e mascherina (ad uso precauzionale).
Esempi di intervento per la presente categoria sono quelli di recupero beni, apertura porta, ecc.

B. Interventi in cui si possa entrare in contatto con persone potenzialmente infette

In questi casi, considerata la potenziale presenza di persone e l’associato rischio di contaminazione, il personale utilizzerà i seguenti DPI: guanti monouso doppi, mascherina, occhiali e tuta di tipo 3 e 4.

Di seguito le modalità da seguire durante la svestizione:

1. ogni elemento appena rimosso deve essere infilato in apposito sacchetto (ne vanno preparati 2);
2. la sequenza è: primo paio di guanti → tuta → occhiali → mascherina → secondo paio di guanti;
3. Gli occhiali andranno messi in sacchetto separato;
4. Lavarsi le mani con la soluzione igienizzante.

PROCEDURE IGIENICHE GENERALI

Al termine dell’intervento, prima di risalire sugli automezzi, pulire le mani con soluzione igienizzante in dotazione.
Al rientro in sede, pulire le mani, pulire le suole delle scarpe e, in caso di intervento di tipo B, sanificare l’interno del mezzo e gli occhiali in dotazione.

GESTIONE DELLA SALA OPERATIVA DOMANDE:

- C’è pericolo per le persone? Di che tipo?
- Necessita un soccorso tecnico? Di che tipo?
- Località, indirizzo?
- È area interessata da provvedimento restrittivo?
- Ci sono persone all’interno?
- numero di telefono richiedente?
- numero e tipo di autoveicoli coinvolti (Se si tratta di un incidente stradale)?
- I veicoli si trovano sulla sede stradale?
- Vi sono persone ferite ?
- Quanti degli infortunati sono considerati a rischio infezione da virus Sars-CoV-2?
- Dove si trovano le persone?
- C’è un medico sul posto?
- C’è un referente sul posto in attesa dei soccorsi?
- Indicazioni sulla viabilità per raggiungere il luogo

[...] Segue in allegato

Fonte: VVF

Collegati:

Guida pratica referente Covid Scuola

ID 11472 | | Visite: 27737 | Documenti Riservati Sicurezza

Guida pratica referente scolastico COVID

Guida pratica referente Covid Scuola

ID 11472 | 03.09.2020

In ogni scuola deve essere identificato un referente (Referente scolastico per COVID-19), ove non si tratti dello stesso dirigente scolastico, che svolga un ruolo di interfaccia con il dipartimento di prevenzione e possa creare una rete con le altre figure analoghe nelle scuole del territorio. Deve essere identificato un sostituto per evitare interruzioni delle procedure in caso di assenza del referente.

Il referente scolastico per COVID-19 dovrebbe essere possibilmente identificato a livello di singola sede di struttura piuttosto che di istituti comprensivi e i circoli didattici, per una migliore interazione con la struttura stessa.

Il referente del DdP e il suo sostituto devono essere in grado di interfacciarsi con tutti i referenti scolastici identificati, i quali devono ricevere adeguata formazione sugli aspetti principali di trasmissione del nuovo coronavirus, sui protocolli di prevenzione e controllo in ambito scolastico e sulle procedure di gestione dei casi COVID-19 sospetti/ o confermati.

È necessaria una chiara identificazione, messa a punto e test di funzionamento anche del canale di comunicazione reciproca tra “scuola”, medici curanti (PLS e MMG) e DdP (attraverso i rispettivi referenti) che andrà adattato in base alla tecnologia utilizzata (es. messaggistica breve, e-mail, telefono etc.).

Schema1

Schema 1 - Comunicazione reciproca tra scuola, medici curanti (PLS e MMG) e DdP

Il ruolo di referente scolastico Covid 19 può essere ricoperto da un docente o da un componente del personale Ata, ma anche dallo stesso Dirigente scolastico.

Il referente scolastico Covid 19 deve svolgere un ruolo di interfaccia con il dipartimento di prevenzione e dovrebbe creare una rete con le altre figure analoghe nelle scuole del territorio. Deve essere identificato un sostituto per evitare interruzioni delle procedure in caso di assenza del referente.

L’operatore scolastico che viene a conoscenza di un alunno sintomatico deve avvisare il referente scolastico per COVID-19, il quale (o altro componente del personale scolastico) dovrà telefonare immediatamente ai genitori/tutore legale.

Il referente scolastico COVID-19 dovrà inoltre, fornire al Dipartimento di prevenzione l’elenco dei compagni di classe nonché degli insegnanti del caso confermato che sono stati a contatto nelle 48 ore precedenti l’insorgenza dei sintomi.

Il referente scolastico per il COVID-19 deve comunicare al DdP se si verifica un numero elevato di assenze improvvise di studenti in una classe (es. 40%; il valore deve tenere conto anche della situazione delle altre classi) o di insegnanti.

Schema 2 – Figura del Referente scolastico per COVID-19

 Referente scolastistico COVID 19

Attività di contact tracing

In presenza di casi confermati COVID-19, spetta al DdP della ASL competente territorialmente di occuparsi dell’indagine epidemiologica volta ad espletare le attività di contact tracing (ricerca e gestione dei contatti).

Per gli alunni ed il personale scolastico individuati come contatti stretti del caso confermato COVID-19 il DdP provvederà alla prescrizione della quarantena per i 14 giorni successivi all’ultima esposizione.

Per agevolare le attività di contact tracing, il referente scolastico per COVID-19 dovrà:

- fornire l’elenco degli studenti della classe in cui si è verificato il caso confermato;
- fornire l’elenco degli insegnati/educatori che hanno svolto l’attività di insegnamento all’interno della classe in cui si è verificato il caso confermato;
- fornire elementi per la ricostruzione dei contatti stretti avvenuti nelle 48 ore prima della comparsa dei sintomi e quelli avvenuti nei 14 giorni successivi alla comparsa dei sintomi. Per i casi asintomatici, considerare le 48 ore precedenti la raccolta del campione che ha portato alla diagnosi e i 14 giorni successivi alla diagnosi;
- indicare eventuali alunni/operatori scolastici con fragilità;
- fornire eventuali elenchi di operatori scolastici e/o alunni assenti.

Per agevolare il contact tracing è raccomandato:

- tenere un registro degli alunni e del personale di ciascun gruppo classe e di ogni contatto che, almeno nell’ambito didattico e al di là della normale programmazione, possa intercorrere tra gli alunni ed il personale di classi diverse (es. registrare le supplenze, gli spostamenti provvisori e/o eccezionali di studenti fra le classi etc.) per facilitare l’identificazione dei contatti stretti da parte del DdP della ASL competente territorialmente;
- richiedere la collaborazione dei genitori a inviare tempestiva comunicazione di eventuali assenze per motivi sanitari in modo da rilevare eventuali cluster di assenze nella stessa classe;
- richiedere alle famiglie e agli operatori scolastici la comunicazione immediata al dirigente scolastico e al referente scolastico per COVID-19 nel caso in cui, rispettivamente, un alunno o un componente del personale risultassero contatti stretti di un caso confermato COVID-19;
- stabilire con il DdP un protocollo nel rispetto della privacy, per avvisare i genitori degli studenti contatti stretti; particolare attenzione deve essere posta alla privacy non diffondendo nell’ambito scolastico alcun elenco di contatti stretti o di dati sensibili nel rispetto della GDPR 2016/679 EU e alle prescrizioni del garante (d.lgs 10 agosto 2018, n 101) ma fornendo le opportune informazioni solo al DdP. Questo avrà anche il compito di informare, in collaborazione con il dirigente scolastico, le famiglie dei bambini/studenti individuati come contatti stretti ed eventualmente predisporre una informativa per gli utenti e lo staff della scuola.

Nel caso di un numero elevato di assenze in una classe

Il referente scolastico per il COVID-19 deve comunicare al DdP se si verifica un numero elevato di assenze improvvise di studenti in una classe (es. 40%; il valore deve tenere conto anche della situazione delle altre classi) o di insegnanti.

Il DdP effettuerà un’indagine epidemiologica per valutare le azioni di sanità pubblica da intraprendere, tenendo conto della presenza di casi confermati nella scuola o di focolai di COVID-19 nella comunità.

Formazione

Al via la formazione per il responsabile Covid nelle scuole. Due i corsi, a distanza e organizzati su piattaforma in grado di ospitare fino a 70mila corsisti tra insegnanti, personale scolastico e professionisti sanitari per monitorare e gestire possibili casi di Covid-19 e focolai negli istituti scolastici.

Ad annunciarlo l’Iss sottolineando che la formazione è offerta attraverso due corsi gratuiti che saranno disponibili fino al 15 dicembre 2020, fruibili su piattaforma EDUISS (https://www.eduiss.it).

L’obiettivo del percorso formativo, che si svolgerà online, “è fornire un supporto operativo ai decisori e agli operatori nel settore scolastico e nei Dipartimenti di Prevenzione che sono a pieno titolo coinvolti nel monitoraggio e nella risposta a casi sospetti e/o confermati di Covid-19, nonché nell’attuare strategie di prevenzione a livello comunitario“.

L’iniziativa nasce “per accompagnare gli Istituti scolastici nell’attuazione delle ‘Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di Sars-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia’“. Il primo corso per personale scolastico ed educativo è riservato alle figure professionali della scuola designate a svolgere il ruolo di referente scolastico Covid-19. Ai partecipanti che avranno completato tutte le attività previste e superato il test a scelta multipla di valutazione finale sarà rilasciato l’attestato di partecipazione.

Il primo Corso per personale scolastico ed educativo è riservato alle figure professionali della scuola designate a svolgere il ruolo di referente scolastico COVID-19. Ai partecipanti che avranno completato tutte le attività previste e superato il test a scelta multipla di valutazione finale sarà rilasciato l’attestato di partecipazione.

...Segue in allegato

Certifico Srl - IT | Rev. 00 2020
©Copia autorizzata Abbonati

Collegati:

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Guida pratica referente scolastico Rev. 00 2020.pdf
Certifico S.r.l. Rev. 0.0 2020
201 kB 452

Circolare DCPREV 13337 del 14/10/2020

ID 11895 | | Visite: 2942 | News Prevenzioni Incendi

Circolare DCPREV 13337 del 14/10/2020

Comunicazione di pubblicazione legge inerente l'attività di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica e per l'edilizia condominiale.

Legge 13 ottobre 2020 n. 126

Co. 6-bis Art. 32. Misure per l’edilizia scolastica, per i patti di comunità e per l’adeguamento dell’attività didattica per l’anno scolastico 2020-2021.
6 -bis. Al fine di consentire il tempestivo e ordinato avvio dell’anno scolastico 2020/2021, gli enti di cui all’articolo 3 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, possono acquisire, anche in locazione, edifici e locali e fornirli alle istituzioni scolastiche, limitatamente al predetto anno scolastico, anche in carenza delle certificazioni previste dalla vigente disciplina in materia di sicurezza, e i dirigenti scolastici possono acquisirli in uso, in esito a una valutazione congiunta effettuata dagli uffici tecnici dell’ente, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dall’azienda sanitaria locale, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, purché rispettino le norme sulla sicurezza sul
lavoro.

Co. 2 Art. 63 - bis Disposizioni urgenti in materia condominiale. Differimento del termine per adeguamenti antincendio
2. È rinviato di sei mesi dal termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il termine per gli adempimenti e adeguamenti antincendio previsti per il 6 maggio 2020, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b, del decreto del Ministro dell’interno 25 gennaio 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 5 febbraio

Collegati:

Protocollo attuativo Linee Guida l’attività sportiva di base e attività motoria in genere

ID 11894 | | Visite: 1922 | News Sicurezza

Linee guida attivit  sportiva di base   22 10 2020

Nuovo protocollo attuativo delle “Linee Guida per l’attività sportiva di base e l’attività motoria in genere” 

22 Ottobre 2020, Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per lo sport

Nuovo protocollo attuativo che intende riprendere i contenuti delle Linee-Guida per l’attività sportiva di base e l’attività motoria in genere, emanate ai sensi del DPCM del 17.05.2020 art. 1 lettera f), il 19 maggio 2020, aggiornandone alcuni elementi, sulla base dei più recenti provvedimenti emanati in tema di contenimento degli effetti della pandemia da COVID-19, con particolare riferimento al DPCM 18 ottobre 2020.

Il testo include, inoltre, gli elementi più rilevanti tratti dai protocolli attuativi adottati dalle diverse federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate e enti di promozione sportiva, e introduce, ove necessario, ulteriori misure per rendere ancor più efficaci le regole già in vigore.

Pur se all’esito dei monitoraggi ad oggi effettuati dal Dipartimento per lo Sport, emerge la sostanziale corretta applicazione delle misure di prevenzione previste nei protocolli ad oggi condivisi. Si ritiene tuttavia utile fornire indicazioni più dettagliate e prescrittive, in considerazione del più recente andamento della curva epidemiologica.

Il presente Protocollo fornisce pertanto indicazioni specifiche volte ad assicurare la prosecuzione delle attività sportive e dell’esercizio fisico alle quali devono attenersi tutti i soggetti che gestiscono, a qualsiasi titolo, siti sportivi, centri di attività motoria, palestre, piscine, o i soggetti che comunque ne abbiano la responsabilità.

Il presente documento fornisce un indirizzo generale e unitario e ha carattere temporaneo e strettamente legato all’emergenza epidemiologica. Esso, qualora necessario, potrà essere ulteriormente declinato, per le singole discipline sportive, dalle rispettive Federazioni sportive nazionali, dalle Discipline sportive associate e dagli Enti di promozione sportiva, riconosciuti dal CONI e dal CIP, tramite nuovi protocolli o addendum o integrazioni agli esistenti protocolli applicativi.

Nell’attuale quadro normativo, il presente Protocollo è stato elaborato dal Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla luce delle precedenti Linee-Guida del 19 maggio 2020, sentiti il CONI, il CIP e la Federazione Medico Sportiva Italiana “FMSI”, e d’intesa con le Federazioni Sportive Nazionali interessate alle specifiche discipline e le principali Associazioni Categoria di settore.

...

Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per lo sport

Collegati:

D.Lgs. 2 febbraio 2002 n. 25

ID 12008 | | Visite: 3604 | Decreti Sicurezza lavoro

D.Lgs. 2 febbraio 2002 n. 25

Attuazione della direttiva 98/24/CE sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro.

(GU n. 57 del 08-03-2002)

In allegato:
- Testo nativo
- Testo consolidato 2020

Collegati



Rischi monossido di carbonio utilizzo lisciatrici calcestruzzo

ID 12001 | | Visite: 1807 | Documenti Sicurezza Enti

Rischi monossido di carbonio utilizzo lisciatrici calcestruzzo

Nell’edilizia abitativa e industriale gli addetti alla posa del massetto fanno uso di lisciatrici per calcestruzzo, spesso anche per l‘intera durata del turno di lavoro. Gli incidenti dovuti a intossicazione da monossido di carbonio occorsi durante i lavori hanno mosso i gruppi di prevenzione sul lavoro tedeschi a esaminare le cause a monte. L’ente assicurativo industriale per gli infortuni sul lavoro del settore edilizio e l’ufficio regionale per la tutela dei consumatori di Dessau hanno effettuato dei rilevamenti comprovanti come, nel corso dell‘utilizzo in interni di lisciatrici a benzina prive di catalizzatore, la concentrazione di monossido di carbonio possa superare di molto i valori limite d’esposizione professionale. Persino all’aperto può verificarsi un superamento di detti valori limite.

Nei cantieri si ha spesso il contemporaneo impiego di lisciatrici per calcestruzzo a benzina con e senza catalizzatore. I rilevamenti delle concentrazioni di CO sugli utilizzatori di lisciatrici con catalizzatore o di altri apparecchi a emissioni ridotte hanno rivelato che l’enorme emissione di CO da parte delle lisciatrici senza catalizzatore può ripercuotersi sull’intero ambiente lavorativo. Sono dunque esposti a pericolo anche i lavoratori che utilizzano apparecchi dotati di catalizzatore. A prescindere dal numero delle lisciatrici a benzina impiegate e dalle dimensioni dei locali o capannoni è quindi di norma possibile presupporre un netto superamento del valore limite d’esposizione professionale di 35 mg/m3 fissato dalla regola tecnica sulle sostanze pericolose 900.

Ciò vale addirittura per capannoni di dimensioni molto grandi (corrispondenti anche a più campi di calcio) aperti lungo i lati. I rilevamenti svolti hanno rivelato un netto superamento sia del valore limite d’esposizione professionale che di quello a breve termine.
...
segue in allegato

KANBrief 1/2009

Collegati

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 30276 | 02 Novembre 2020

ID 11990 | | Visite: 1263 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 02 novembre 2020 n. 30276

Amputazione di un dito del neoassunto durante l'utilizzo di un tornio manuale totalmente inidoneo alle operazioni di lucidatura/smerigliatura

Penale Sent. Sez. 4 Num. 30276 Anno 2020
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: TANGA ANTONIO LEONARDO
Data Udienza: 06/10/2020

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 30/04/2014, il Tribunale di Bergamo riteneva M.M. responsabile del delitto di cui agli artt. 590, commi 1, 2 e 3, e 583 commi 1, n. 1) e 2), c.p., e lo condannava alla pena di mesi due di reclusione, condizionai mente sospesa.
1.1. L'imputato era stato tratto a giudizio per rispondere dei detti reati poiché, in qualità di legale rappresentante della società SCAMM s.r.l., cagionava al dipendente M.G.M. lesioni personali ("Amputazione 5° dito mano destra") da cui derivavano una malattia di durata superiore ai quaranta giorni, con un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo di pari durata, nonché l'indebolimento permanente dell'organo prensorio.
Si contestava all'imputato di aver commesso il fatto per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, nonché per la inosservanza di norme in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, non adottando le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, erano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori (art. 2087 cod. civ.) e segnatamente in violazione dell'art. 28, comma 2, lett. a), b), c), d), del D.L.gs. n. 81/2008, perché nel documento di valutazione dei rischi ometteva di individuare i rischi connessi all'utilizzo delle attrezzature di lavoro ed alle singole fasi operative, nonché, con particolare riferimento all'utilizzo del tornio, i rischi specifici, le misure di prevenzione e protezione atte ad eliminarli, e gli eventuali rischi residui; in violazione altresì degli artt. 71, 36 e 37 del D.L.gs. n. 81/2008, perché, per la lucidatura/smerigliatura di piccoli pezzi in lavorazione, metteva a disposizione dei lavoratori il tornio - che è un'attrezzatura inidonea e vietata in quanto comporta il rischio di contatto accidentale degli arti superiori dell'operatore con le parti in movimento della macchina - e destinava alla detta operazione il M.G.M., senza previamente fornirgli informazione e formazione, né generale in tema di sicurezza né specifica sull'utilizzo del tornio; cosicché, mentre il lavoratore eseguiva l'operazione di smerigliare utilizzando il tornio sopra indicato e una tela smeriglio, il guanto di gomma indossato dallo stesso si impigliava tra la tela ed il pezzo in lavorazione, con le conseguenze sopra indicate.
1.2. Con la sentenza n. 2886/2019 del giorno 29/10/2019, la Corte di Appello di Brescia, adita dall'imputato, in parziale riforma della sentenza di primo grado, concedeva all'appellante il beneficio della non menzione della sentenza di condanna e confermava nel resto.

2. Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione M.M., a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art.173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.):
I) violazione di legge e vizi motivazionali in relaziorie agli artt. 40, 43 c.p. e 646 c.p.p.
Deduce che, la Corte di Appello ha affrontato il tema della valutazione del rischio senza restare aderente alle risultanze documentali, non considerando il quadro probatorio nel suo complesso, facendo non corretta applicazione del giudizio "controfattuale" e non corretta applicazione degli artt. 40 e 43 c.p. in tema di nesso causale e di causalità della colpa.
Afferma che il profilo della inidoneità del macchinario in relazione alla lavorazione eseguita dall'infortunato è affrontato dalla Corte d'Appello con motivazione che, innanzitutto, sugli aspetti tecnici, non è coerente con le risultanze dell'istruttoria e, inoltre, è carente laddove si discosta dai pareri tecnici dei testi esperti e/o del CTP, non assolvendo agli oneri di motivazione di cui all'art. 546 c.p.p .
Sostiene che, quanto alla asserita mancata formazione/informazione del lavoratore, la Corte d'Appello omette di motivare, tanto che l'aspetto non è trattato e certamente non sono trattati gli argomenti che, sul tema, erano stati posti alla sua attenzione nell'atto di appello.
Espone che, quanto, alla imputabilità soggettiva dei suddetti profili di colpa, la motivazione è carente non svolgendo alcun percorso argomentativo che valuti la posizione del datore di lavoro nel caso concreto, al di là della mera considerazione del ruolo apicale; non svolge alcuna considerazione in tema di prevedibilità ed evitabilità (anche in relazione alle condotte colpose di altri dipendenti), né in tema di affidamento.
II) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all'art. 131-bis c.p.
Deduce che la motivazione resa dalla Corte di Appello è carente soprattutto con riferimento al "grado della colpa" rispetto al quale non viene svolta alcuna considerazione. Quanto al "danno consistente", anche questo è un richiamo apodittico e insufficiente; si fa riferimento a una ostatività alla tenuità del fatto che non è nella disposizione di legge in quanto solo lesioni gravissime sono, di per stesse, ostative.
III) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla mancata diminuzione della pena e alla mancata applicazione della sola pena pecuniaria.
Deduce che si tratta, all'evidenza, di motivazione che si risolve in mere formule di stile e, dunque, certamente carente ed incompleta, se non addirittura apparente.

Considerato in diritto

3. I motivi esposti non sono consentiti in sede di legittimità e sono comunque manifestamente infondati, sicché il ricorso va dichiarato inammissibile.
4. Va premesso che, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
4.1. Occorre, inoltre, evidenziare che il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame, fornendo puntuale spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.
4.2. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo: restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
4.3. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ìctu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché -come nel caso in esame- siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, I rv Rv. 214794).
4.4. Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).
4.5. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
4.6. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
5. Ciò posto, in replica alle doglianze formulate -da trattarsi tutte congiuntamente poiché logicamente avvinte-, deve ribadirsi che, nell'ambito della sicurezza sul lavoro emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l'uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie.
Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il "garante è il soggetto che gestisce il rischio" e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l'illecito, qualora l'evento si sia prodotto nell'ambito della sua sfera gestoria.
Proprio nell'ambito in parola (quello della sicurezza sul lavoro) il d.lgs n. 81 del 2008 (così come la precedente normativa in esso trasfusa) consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che, in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale.
Nel caso che occupa l'imputato (quale soggetto onerato della "posizione di garanzia" nella materia prevenzionale, come spiegato dai Giudici del merito) era il gestore del rischio e l'evento si è verificato nell'alveo della sua sfera gestoria (cfr. Sez. Un., n. 38343 del 24/04/2014, Rv. 261108).
5.1. Quanto alla inidoneità del macchinario, mette conto rammentare che, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, grava sul gestore, nell'alveo del suo compito fondamentale di vigilare sull'attuazione delle misure di sicurezza, l'obbligo di verificare la conformità dei macchinari alle prescrizioni di legge e di impedire l'utilizzazione di quelli che, per qualsiasi causa -inidoneità originaria o sopravvenuta-, siano pericolosi per la incolumità del lavoratore che li manovra (v. ex multis Sez. 3, n. 1142 del 10/12/1998 Ud. -dep. 27/01/1999- Rv. 212822). In questa prospettiva, correttamente l'addebito è stato ritenuto a carico dell'imputato, il quale, nella propria attività imprenditoriale, aveva consentito all'infortunato di utilizzare un macchinario pur in condizione di pacifica irregolarità (v. anche Sez. 4, n. 32749, ud. 03/07/2012 dep. 14/08/2012).
Il giudizio di sussistenza dell'addebito appare, incensurabilmente, argomentato dai giudici di merito proprio su di una superficialità comportamentale del titolare della posizione di garanzia che avrebbe dovuto o mettere fuori servizio la macchina o procedere al suo adeguamento, munendola di tutti i dispositivi di sicurezza richiesti dalla normativa antinfortunistica.
Data questa premessa, logicamente sostenibile, e quindi qui non sindacabile, si appalesa corretto il conseguente giudizio di sussistenza della colpa e del nesso causale posto alla base della decisione di condanna, avendo il giudicante fornito una motivazione immune da censure, siccome del resto basata su una considerazione fattuale incontrovertibile. Trattasi di un giudizio positivo sulla sussistenza della condotta colposa del prevenuto che non si rivela affatto illogico.
Le manchevolezze, addebitabili all'imputato quale titolare della posizione di garanzia, appaiono causalmente collegate alla verificazione dell'evento infortunistico in oggetto, che ha rappresentato la concretizzazione proprio di quel rischio, prevedibile ed evitabile, che le norme di prevenzione inosservate erano volte ad evitare, di guisa che l'attuazione delle menzionate e doverose cautele sarebbe stata sufficiente ad impedirlo. Sul datore di lavoro grava infatti l'obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare una macchina e di adottare nell'impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza. Le argomentazioni, ben sviluppate in sentenza, fanno corretta applicazione dei principi più volte ribaditi da questa Corte Suprema in tema di responsabilità colposa del datore di lavoro, per la cui affermazione è necessaria non solo la violazione di una norma cautelare, ma anche la constatazione che il rischio che la cautela intende presidiare si sia concretizzato nell'evento (c.d. causalità della colpa), poiché alla colpa dell'agente va ricondotto solo quell'evento che sia causalmente collegabile alla condotta omessa ovvero a quella posta in essere in violazione della regola cautelare (v. e pluribus Sez.4, 11 ottobre 2011 n.43645, rv.251913; Sez.4, 3 ottobre 2014 n.1819, Rv. 261768).
Sul punto, già il primo giudice aveva rilevato che, dalla documentazione in atti e dalla deposizione del funzionario dell'ASL Federica G. (intervenuta sul luogo del sinistro circa quaranta minuti dopo) era emerso che il tornio manuale usato dalla vittima era inidoneo per le operazioni di lucidatura/smerigliatura (operazioni, peraltro, nemmeno previste dal costruttore del macchinario); già nell'anno 2011 la ASL aveva rappresentato all'azienda che, poiché sul tornio manuale non era prevista alcuna operazione di smerigliatura, era necessaria una maggiore puntualizzazione e specificazione dei rischi inerenti a tale tipologia di lavorazione, specificazione che -al momento dell'infortunio per cui è processo- non era ancora stata fatta. Di qui la ritenuta prova che il ricorrente, nella sua qualità di legale rappresentante della SCAMM s.r.l. (e dunque di datore di lavoro) aveva messo a disposizione del lavoratore il tornio manuale di cui all'imputazione, del tutto inidoneo, sotto il profilo della sicurezza, per la smerigliatura di piccoli pezzi (operazione non prevista, come detto, nemmeno dal costruttore e non contemplata nel manuale d'uso); l'imputato, in vero, aveva ammesso di essere perfettamente a conoscenza dell'inidoneità del macchinario posto a disposizione dell'operaio per quell'operazione di smerigliatura evidenziando che, purtroppo, sul mercato non esistono macchinari in grado di svolgere quel lavoro, ragione per cui o si interrompeva quella produzione, o si utilizzava in modo improprio quella macchina, violando così l'obbligo del datore di lavoro di porre a disposizione dei propri dipendenti macchinari in grado di operare in sicurezza e di garantire ai lavoratori un uso che non comporti rischi.
Aggiungeva il primo giudice che il M.M. nemmeno aveva seguito le prescrizioni, limitandosi a disporre di non utilizzare indumenti che potessero impigliarsi; inoltre, come sottolineato dalla ASL nel precedente accesso, il documento datato 10/01/2011 (Utilizzo in sicurezza dei Torni) alla voce "Misure di sicurezza aggiuntive" era assolutamente inidoneo, per la sua vaghezza, a indicare al lavoratore i rischi connessi all'operazione di smerigliatura e quindi il ricorrente aveva messo a disposizione del proprio dipendente (per giunta assunto da meno di un mese) un macchinario del tutto inadeguato; da questa condotta erano derivate le lesioni ai danni del lavoratore addetto al macchinario.
D'altra parte, sempre secondo il Tribunale, la formazione del M.G.M. non era stata sufficientemente curata sia perché non furono presi in adeguata considerazione e esplicitati con la dovuta chiarezza e dovizia di particolari al lavoratore i rischi connessi a quella fase di lavorazione (o sotto lavorazione) sia perché l'affiancamento non fu, alla prova dei fatti, sufficiente ad impedire l'evento.
Acutamente, la corte del merito osservava, tra l'altro, che «Uno dei principali elementi di pericolo del tornio a comando manuale è costituito dall'impigliamento e trascinamento con i morsetti, con il mandrino o con il pezzo in rotazione. Per questa ragione è previsto dalla normativa di prevenzione che il mandrino deve essere protetto da un riparo mobile interbloccato che impedisca l'accesso diretto alla zona di lavoro. Nel caso di specie la protezione del mandrino esisteva ma il pezzo in lavorazione ( e dunque in rotazione) non solo era accessibile ma, per quanto emerso dall'istruttoria, risulta che tra i compiti del lavoratore (ancora in fase di addestramento, essendo presente in azienda da solo un mese) vi fosse anche quello di operare direttamente sul pezzo in movimento al fine della sua smerigliatura manuale. Si tratta di un'operazione che all'evidenza espone il lavoratore a un rischio di impigliamento e di trascinamento perciò la normativa di sicurezza fa divieto assoluto di eseguire con utensili manuali qualunque operazione (quali la levigatura con tela abrasiva, la sbavatura con lima o raschietti) direttamente sul pezzo in rotazione. Questa tipologia di macchina non è sufficientemente sicura per questo tipo di utilizzo».
Quanto alla "vaghezza" e insufficienza del documento datato 10/01/2011 (Utilizzo in sicurezza dei Torni), alla voce "Misure di sicurezza aggiuntive", rileva la Corte territoriale che «l'operazione è stata posta in essere da un lavoratore inesperto che indossava i guanti (mezzi di protezione individuale prescritti per le lavorazioni al tornio manuale, macchina che produce trucioli metallici taglienti ed espone perciò al pericolo di tagli), che, invece, a detta dello stesso infortunato e del suo formatore Intra, egli avrebbe dovuto togliersi nel momento dell'esecuzione della smerigliatura manuale. Una siffatta cautela, come detto, non avrebbe impedito l'infortunio non eliminando il rischio che le dita dell'operatore, inevitabilmente a contatto con il pezzo in rotazione, potessero venire trascinate nel movimento unitamente alla tela abrasiva impugnata ».
Dalle sentenze di merito, inoltre, emerge che la lavorazione cui fu addetto l'infortunato non era "sporadica" (per il funzionario della ASL già la lucidatura effettuata una volta al mese non poteva considerarsi sporadica):
correttamente si è, perciò, ritenuto che «L'eventuale tolleranza di una simile prassi da parte dell'Asl non esime certamente il datore di lavoro dalla responsabilità per un infortunio che si verifica a causa di una prassi operativa, sostanzialmente imposta al lavoratore, connotata dal rischio di impigliamento, rischio, come detto, non eliso ma solo (minimamente) attenuato dal fatto che l'operatore svolga la attività senza indossare i guanti».
Vale evidenziare che l'eventuale ed ipotetica condotta abnorme dell'infortunato non può considerarsi interruttiva del nesso di condizionamento poiché essa non si è collocata al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso . In altri termini la complessiva condotta della vittima non fu eccentrica rispetto al rischio lavorativo che il garante (il ricorrente) era chiamato a governare (cfr. Sez. Un., n. 38343 del 24/04/2014, cit.); nella condotta del M.G.M. non si possono, in vero, riscontrare i requisiti di eccezionalità ed imprevedibilità poiché trattasi di manovra realizzata nel contesto della lavorazione cui lo stesso era addetto. Più esattamente, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia, e ciò -nella specie- non è (cfr. Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 Ud. -dep. 27/03/2017- Rv. 269603). Anche recentemente, questa stessa Sezione ha avuto modo di affermare che, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore faccia venir meno la responsabilità del datore di lavoro, occorre un vero e proprio contegno abnorme del lavoratore medesimo, configurabile come un fatto assolutamente eccezionale e del tutto al di fuori della normale prevedibilità, quale non può considerarsi la condotta che si discosti fisiologicamente dal virtuale ideale (cfr. Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018 Ud. - dep. 14/02/2018- Rv. 272222 Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014 Ud. -dep. 29/05/2014- Rv. 259227).
In vero, poi, rammentano i giudicanti del merito, «Il principio di affidamento non è invocabile sempre e comunque, dovendo contemperarsi con il concorrente principio della salvaguardia degli interessi del soggetto nei cui confronti opera la posizione di garanzia (nella specie, il lavoratore, garantito dal rispetto della normativa antinfortunistica): il principio, infatti, non è invocabile allorché l'altrui condotta imprudente, ossia il non rispetto da parte di altri delle regole precauzionali imposte, si innesti sull'inosservanza di una regola precauzionale proprio da parte di chi invoca il principio».
5.2. In ordine al diniego di applicazione dell'art. 131-bis c.p., deve osservarsi che, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto dei parametri di cui all'art. 133 cod. pen. (cfr. Sez. Un., n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266590) i quali, nella specie, hanno natura e struttura oggettive (pena edittale, modalità della condotta, esiguità del danno) (v. anche Sez. 5, n. 17246 del 19/02/2020 Ud. -dep. 05/06/2020- Rv. 279112).
La questione, comunque, è già stata sottoposta al giudice del merito che ha, incensurabilmente, escluso l'applicabilità dell'istituto in parola. In particolare, la Corte territoriale ha, tra l'altro e ineccepibilmente, affermato che «Non può trovare accoglimento la richiesta di ravvisare nell'ipotesi in considerazione l'invocata esimente del fatto di particolare tenuità dovendosi comunque tener conto e del grado della colpa e del danno cagionato al giovane lavoratore infortunato, danno consistente essendone derivato anche l'indebolimento permanente dell'organo della prensione». Nell'occasione la Corte del merito ha fatto buon uso dei principi affermati da questa Corte, in virtù dei quali deve escludersi la sussistenza delle condizioni di applicabilità dell'istituto di cui all'art. 131-bis c.p. in ragione della pericolosità insita nella condotta (cfr. Sez. 4, n. 1035 del 10/12/2015). Trattandosi, inoltre, di questione attinente al merito, la valutazione del giudice, qualora non sia arbitraria o illogica (e ciò qui non è), sfugge allo scrutinio di legittimità.
5.3. Quanto alla questione relativa alla motivazione circa la quantificazione della pena, preme ribadire che deve ritenersi adempiuto l'obbligo di motivazione del giudice di merito sulla determinazione in concreto della misura della pena allorché, come nel caso che occupa, siano indicati nella sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell'ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all'art. 133 c.p. (cfr. Sez. 1, n. 3155 del 25/09/2013 Ud. -dep. 23/01/2014- Rv. 258410; Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998 Ud. -dep. 04/08/1998- Rv. 211!:i82). A ciò deve aggiungersi che il giudice, ai fini della determinazione della pena, può valutare la gravità della lesione e le sue caratteristiche come elemento qualificatore della "gravità del danno" cagionato ai sensi dell'art. 133, n. 2, cod. pen., in quanto, tale gravità implica una valutazione globale delle ripercussioni che l'atto lesivo ha avuto nella sfera soggettiva della persona offesa (v. anche Sez. 4, n. 13313 del 12/01/2018 Ud. -dep. 22/03/2018- Rv. 272344).
Nella specie, il giudice territoriale ha incensurabilmente ritenuto che <<La pena individuata dal primo giudice è adeguata al grado della colpa e all'evento conseguitone. La pena pecuniaria infine sarebbe del tutto priva di efficacia specialpreventiva e inadeguata a sanzionare il fatto ».
Giova, infine e comunque, riaffermare che la valutazione dei vari elementi rilevanti ai fini della dosimetria della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio (se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all'art. 133 c.p., come nel caso di specie) è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui deve senz'altro escludersi (cfr. Sez. 2, n.45312 del 03/11/2015; Set. 4 n. 44815 del 23/ 10/ 2015).
6. Conclusivamente, una volta accertata la legittimità e la coerenza logica della sentenza impugnata, deve ritenersi che il ricorso, nel rappresentare l'inaffidabilità degli elementi posti a base della decisione di merito, pone solo questioni che esorbitano dai limiti della critica al governo dei canoni di valutazione della prova, per tradursi nella prospettazione del · fatto storico alternativa a quella fatta argomentatamente propria dai giudicanti e nell'offerta di una diversa (e per il ricorrente più favorevole) valutazione delle emergenze processuali e del materiale probatorio. Questioni, queste, che sfuggono al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 6, n. 13170 del 06/03/2012).
7. Segue, a norma dell'art . 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di € 2.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/10/2020

Prove di pressione condotte su attrezzature in esercizio

ID 11983 | | Visite: 2862 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Esecuzione in sicurezza prove pressione

L’esecuzione in sicurezza delle prove di pressione condotte su attrezzature in esercizio

INAIL, 2020

Il documento ha lo scopo di fornire criteri e metodi di carattere generale per l’esecuzione in sicurezza di prove di pressione su attrezzature in esercizio, quali ad esempio: recipienti, tubazioni, componenti e accessori.

Nell’ambito dei controlli previsti dalla legislazione vigente è molto frequente l’esecuzione di prove di pressione finalizzate al collaudo o alla verifica di integrità strutturale delle attrezzature a pressione. Nel documento sono illustrati i principi di base e le raccomandazioni in merito all’esecuzione in sicurezza delle prove di pressione in esercizio.

Durante l’esecuzione della prova di pressione esiste sempre la possibilità di accadimento di un evento, che può essere anche catastrofico, innescato dalla possibile rottura di parti o componenti in pressione. Ciò è ancor più vero per le prove di pressione condotte su attrezzature in esercizio dove molto spesso la pressurizzazione viene realizzata con lo stesso fluido di processo che può possedere caratteristiche di pericolosità intrinseche (fluidi facilmente infiammabili, esplosivi, tossici o comburenti).

Il documento può rappresentare un utile strumento per i soggetti coinvolti nel processo di verifica dell’integrità delle attrezzature a pressione, dal datore di lavoro all’RSPP e ai soggetti preposti, al fine della corretta individuazione e valutazione dei rischi derivanti dell’esecuzione delle prove di pressione.

_____

Fonte: INAIL

Collegati:

Nota VVF Prot. 14901 del 23.10.2020

ID 11979 | | Visite: 2577 | News Prevenzioni Incendi

Nota VVF Prot  14901 del 23 10 2020

Nota VVF Prot. 14901 del 23.10.2020

DM 27.07.2010 - punti 5.3.2 e 7.3 - chiarimenti 

Locali di esposizione e/o vendita, fiere e quartieri fieristici, con superficie > 400 m2.

OggettoD.M. 27 luglio 2010 - Richiesta chiarimenti in riferimento ai punti 5.3.2 e 7.3.

Con riferimento al quesito pervenuto con le note a margine indicate e relativo alla richiesta di chiarimento su quanto previsto dai punti 5.3.2 e 7.3 della regola tecnica allegata al DM 27 luglio 2010, nel confermare di servizi e depositi, nonchè degli spazi comuni coperti, superiore a 400 mq, si concorda con il parere espresso al riguardo da codesti Uffici nel ritenere che le misure previste vadano individuate dal combinato disposto delle indicazioni riportate nei due punti in argomento, fermo restando quanto previsto dal DM 20/12/2012 che la necessità di realizzare una rete di idranti può essere stabilita nell'ambito della valutazione del rischio di cui alla normativa vigente.

[...] Segue in allegato

____

Fonte: VVF

Collegati:

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Nota VVF Prot. 14901 del 23.10.2020.pdf
 
610 kB 14

Test di laboratorio per SARS-CoV-2 e loro uso in sanità pubblica

ID 11964 | | Visite: 3050 | News Sicurezza

Test di laboratorio SARS COV

Test di laboratorio per SARS-CoV-2 e loro uso in sanità pubblica

02/11/2020 - Nota tecnica ad interim

Il documento, realizzato da Ministero della Salute, Iss, Inail, Cts, Consiglio superiore di sanità, Conferenza delle Regioni, Fnomceo, Inmi Lazzaro Spallanzani e Organizzazione mondiale della sanità, rappresenta uno degli strumenti per l’implementazione e l’organizzazione della strategia di testing in modo omogeneo sul territorio nazionale

Chiarire le indicazioni per la diagnostica di SARS-CoV-2 e i criteri di scelta dei test a disposizione nei diversi contesti, per un uso razionale e sostenibile delle risorse che consenta di implementare e organizzare la strategia di testing in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Sono questi gli obiettivi della nota tecnica ad interim “Test di laboratorio per SARS-CoV-2 e loro uso in sanità pubblica”, realizzata congiuntamente da Ministero della Salute, Istituto superiore di sanità, Inail, Comitato tecnico scientifico, Consiglio superiore di sanità, Conferenza delle Regioni, Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani e Organizzazione mondiale della sanità.

Le indicazioni in linea con quelle fornite dall’Oms. Le indicazioni sono in linea con quelle fornite dall’Oms per i profili dei prodotti per diagnostica che hanno il Covid-19 come target, così come riportati nel documento “Target product profiles for priority diagnostics to support response to the Covid-19 pandemic v.1.0” dello scorso 28 settembre, che descrive le caratteristiche principali dei test per SARS-CoV-2, sottolineando anche la necessità che soddisfino non solo i criteri di specificità e sensibilità ma anche caratteristiche di test rapido, nell’ambito di un’attività di sorveglianza che sia sostenibile e in grado di rilevare i soggetti positivi nel loro reale periodo di contagiosità. Sono cinque, in particolare, gli obiettivi per il testing riconosciuti dallo European centre for disease prevention and control (Ecdc):

- controllare la trasmissione;
- monitorare l’incidenza, l’andamento e valutare la gravità nel tempo;
- mitigare l’impatto del Covid-19 nelle strutture sanitarie e socio-assistenziali;
- rilevare cluster o focolai in contesti specifici;
- prevenire la (re)introduzione nelle aree che hanno raggiunto un controllo sostenuto del virus.

La rapidità della diagnosi essenziale per il controllo dei focolai. Per tenere sotto controllo i focolai, limitando la diffusione del virus attraverso la quarantena e l’isolamento, resta essenziale la rapidità di diagnosi nei soggetti con sospetto clinico e/o sintomatici. Per la valutazione della scelta del test da utilizzare, appaiono quindi importanti diversi parametri, come i tempi di esecuzione del test (alcune ore per i test molecolari, contro i 15-30 minuti di un test antigenico rapido), la necessità di personale specializzato e di strumentazione dedicata disponibile solo in laboratorio rispetto alle piccole strumentazioni portatili da utilizzare ovunque, i costi da affrontare per una politica basata sulla ripetizione dei test, il trasporto dei campioni rispetto all’esecuzione in loco, l’invasività del test e la sua accettabilità da parte dei soggetti, la facilità di raccolta del campione, l’addestramento necessario a raccogliere/processare i campioni, la disponibilità dei reagenti e la stabilità dei campioni. Critica è anche la raccolta dei dati relativa ai test eseguiti, con la conseguente possibilità di analizzare e valutare le strategie adottate e la diffusione dell’infezione.

I principali contesti di utilizzo riassunti in una tabella sinottica. Oltre a fornire alcune proposte per la strategia d’uso dei test, in relazione a casi sospetti e positivi e contatti stretti asintomatici, il documento è integrato da una tabella sinottica sul tipo di test da utilizzare nei principali contesti, in base alla situazione epidemiologica e all’organizzazione sanitaria regionale. Nell’appendice, inoltre, sono riassunte le caratteristiche dei test attualmente disponibili per scopi di sanità pubblica, che possono essere suddivisi in tre grandi gruppi: test molecolare mediante tampone, tampone antigenico rapido (mediante tampone nasale, naso-oro-faringeo e salivare) e test sierologici.

....

Fonte: INAIL

Collegati:

Circolare CNI n. 624/XIX Sess./202: Differimento Scadenze PI

ID 11956 | | Visite: 4534 | News Prevenzioni Incendi

Differimento scadenze PI Covid 19

Circolare CNI n. 624/XIX Sess./202 Differimento Scadenze PI

CNI, 31 Ottobre 2020 / Scheda allegata

Emergenza epidemiologica COVID-19: differimento delle scadenze in materia di sicurezza antincendio

...."Cari Presidenti, con la circolare CNI n. 559 del 11/05/2020 (allegato 1) si segnalava che l'art. 103, comma 2, delle Legge 24 aprile 2020, n. 27 stabiliva che tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni, segnalazioni certificate di inizio attività, attestazioni di rinnovo periodico di conformità antincendio e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020, conservavano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. In tale proroga rientravano anche le scadenze dei quinquenni di riferimento per l’aggiornamento obbligatorio dei professionisti antincendio iscritti negli elenchi del Ministero dell’Interno (art. 16 del D.Lgs. 139/2006 e s.m.i.).

Ciò premesso, il decreto-legge 30 luglio 2020, n. 83 recante “Misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 deliberata il 31 gennaio 2020”, ha previsto la proroga al 15 ottobre 2020 dei soli termini di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, all’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 16 maggio 2020 n. 33 nonché di alcuni termini correlati con lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 puntualmente indicati in all. 1 al citato decreto-legge 30 luglio 2020, n. 83. Tale all. 1 non menziona, tuttavia, l'art. 103 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 che, conseguentemente, non può beneficiare della previsione di ulteriore proroga al 15 ottobre 2020. Da qui, in forza di quanto sopra precisato, la nota di chiarimento ricevuta dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (allegato 2).

In sintesi, tutte le proroghe in materia di sicurezza antincendio in scadenza tra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020 decadranno il 31 ottobre 2020, comprese le scadenze dei citati quinquenni di riferimento.

Inoltre nella Gazzetta Ufficiale n. 253 del 13 ottobre 2020 è stata pubblicata la legge 13 ottobre 2020, n. 126 di conversione del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 che all'articolo 63-bis ha stabilito la proroga dei termini per l'adeguamento antincendio degli edifici di civile abitazione al decreto del Ministro dell'lnterno 25 gennaio 2019.

Il termine per l'attuazione delle misure stabilite dall'articolo 3, comma 1, lettera b, del decreto del Ministro dell'interno 25 gennaio 2019 è prorogato di 6 mesi dal termine dello stato di emergenza (termine stato di emergenza il 31 gennaio 2021 alla data notizia - ndr).

Quindi le scadenze per gli adeguamenti degli edifici di civile abitazione sono le seguenti:

- al 6 maggio 2021 per l'installazione, ove prevista, degli impianti di segnalazione manuale di allarme incendio e dei sistemi di allarme vocale di emergenza (scadenza non prorogata);
- al 31 luglio 2021 per i rimanenti adempimenti.
"...

Proroghe antincendio 31 Ottobre 2020
...

segue in allegato

Collegati

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Proroghe antincendio al 31 Ottobre 2020.pdf
Certifico S.r.l. Rev. 00 2020
261 kB 57
Allegato riservato Circolare CNI n. 624 XIX Sess. 202.pdf
 
781 kB 55

Decreto direttoriale n. 66 del 29 ottobre 2020

ID 11947 | | Visite: 2467 | News Sicurezza

Decreto direttoriale n  66 del 29 ottobre 2020

Decreto direttoriale n. 66 del 29 ottobre 2020

Esperti di radioprotezione: Decreto per gli esami a distanza

MLPS, 29 ottobre 2020

​Come stabilito dal Decreto direttoriale n. 66 del 29 ottobre 2020, in considerazione dell'emergenza epidemiologica e al fine di contrastare e contenere la diffusione del virus COVID-19, per l'anno 2020 gli esami di abilitazione per l'iscrizione nell'elenco nominativo degli esperti di radioprotezione si svolgono a distanza, in modalità telematica con strumenti di videocomunicazione sincroni.

Gli esami avranno inizio dal 16 novembre 2020 secondo il calendario stabilito dalla commissione esaminatrice, in base al numero dei candidati, che sarà pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

...

Fonte: MLPS

Collegati:

Circolare DCPREV 14133 del 26 ottobre 2020

ID 11928 | | Visite: 2572 | News Prevenzioni Incendi

Circolare DCPREV 14133 del 26 ottobre 2020

Circolare DCPREV 14133 del 26 ottobre 2020

Circolare DCPREV 14133 del 26 ottobre 2020 recante indicazioni sul servizio di Vigilanza antincendio presso i locali di pubblico spettacolo di cui al DM 261/96 nel periodo di emergenza sanitaria dovuta all'emergenza epidemiologica da Covid19.

...

Fonte: VVF

Collegati:

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Circolare DCPREV 14133 del 26 ottobre 2020.pdf
 
623 kB 10

Reinserimento e integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro

ID 11916 | | Visite: 1995 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Reinserimento persone con disabilit

Reinserimento e integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro

INAIL, 2020

I due opuscoli, realizzati in occasione della nuova campagna sul reinserimento lavorativo delle persone con disabilità da lavoro, contengono una sintesi delle misure di sostegno proposte dall’Istituto.

Inail offre sostegno a lavoratori e datori di lavoro per realizzare progetti personalizzati di reinserimento lavorativo con finanziamenti a fondo perduto.

Tra le azioni messe in campo per la campagna di comunicazione 2020, due opuscoli informativi, dedicati rispettivamente ai lavoratori e ai datori di lavoro, illustrano gli interventi previsti dall’Inail e forniscono una serie di indicazioni utili:

- chi sono i destinatari delle misure adottate dall’Inail, sia in caso di conservazione del posto di lavoro sia in caso di nuova occupazione;
- quali interventi è possibile realizzare con i finanziamenti;
- quali sono i contributi messi a disposizione e come è possibile accedervi;
- notizie di interesse per lavoratori e per datori di lavoro.

...

Fonte: INAIL

Collegati:

Infor.MO | Gli infortuni mortali causati da esplosioni

ID 11901 | | Visite: 1930 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Gli infortuni mortali causati da esplosioni

Infor.MO | Gli infortuni mortali causati da esplosioni

INAIL, 23 Ottobre 2020

La scheda presenta l’approfondimento dei dati descrittivi, delle dinamiche infortunistiche e dei fattori causali caratteristici delle esplosioni registrate nella banca dati del sistema di sorveglianza nazionale degli infortuni mortali e gravi Informo.

Vengono analizzati in dettaglio i fattori di rischio registrati negli eventi con improvviso rilascio di energia generanti onde pressorie (principalmente esplosioni fisiche o per reazione chimica), collegati a incidenti quali sviluppo fiamme o proiezione solidi che descrivono oltre il 90% della base dati trattata. Sono poi delineate linee di azione, anche attraverso indicazioni sulle misure di prevenzione e protezione da attuare, per la riduzione di situazioni di rischio.

La scheda, elaborata sulla base delle informazioni presenti nella banca dati del sistema di sorveglianza Informo, approfondisce le dinamiche e le cause infortunistiche delle esplosioni che hanno comportato il decesso di uno o più lavoratori (nel caso di eventi collettivi).

Le esplosioni, eventi con improvviso rilascio di energia che generano onde pressorie che si propagano nell’aria, si distinguono in:

- fisiche quando l’energia rilasciata è meccanica e non sono coinvolte reazioni chimiche. Si verificano quando grandi quantità di liquido vaporizzano istantaneamente per ebollizione a seguito o della rottura di attrezzature contenenti liquidi in pressione (es. GPL) o del contatto di considerevoli quantità di liquido con superfici molto calde (es. perdite d’acqua all’interno dei forni per la fusione di metalli), ecc. Nelle esplosioni fisiche possono rientrare anche le rotture di componenti di macchine contenenti gas in pressione (es. pneumatici industriali);
- chimiche dove l’onda pressoria è dovuta alla violenta espansione dei gas prodotti da una rapida reazione chimica esotermica.

Le conseguenze delle esplosioni dipendono quindi dalla proiezione di frammenti con notevole energia cinetica, dagli effetti meccanici (crolli e cedimenti) e dagli eventuali gradienti termici che accompagnano l’onda pressoria (combustioni, incendi).

Il data set analizzato, riconducibile alle tipologie sopra indicate, è costituito da 98 eventi occorsi in ambienti di lavoro nel periodo 2002 - 2018, che hanno coinvolto 119 infortunati (114 con esito mortale e 5 con esito grave registrati in eventi collettivi dove c’è stato almeno un decesso), di cui si riportano di seguito le principali caratteristiche.

Il primo dato da sottolineare è la quota di eventi collettivi registrati nelle esplosioni, pari all’11%, che risulta essere oltre cinque volte il dato riferito al totale degli eventi mortali presenti in banca dati. In tali accadimenti si è verificato un elevato numero di decessi (6 in fabbrica di fuochi di artificio; 5 in stabilimento per il trattamento di farine alimentari; 4 in azienda per il trattamento e smaltimento di rifiuti speciali).

L’analisi dei luoghi dove sono avvenuti gli infortuni mortali rimanda essenzialmente a quattro tipologie di ambienti che da soli racchiudono oltre 3/4 della casistica: luogo di produzione, laboratorio, officina (42%), luogo dedicato al magazzinaggio, carico, scarico materiali (24%), cantiere riguardante le fasi di demolizione, restauro, manutenzione (8%), area aziendale destinata ad operazioni di manutenzione o riparazione (5%). I soggetti coinvolti sono essenzialmente uomini (97%).

...

Fonte: INAIL

Collegati:

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 28726 | 16 Ottobre 2020

ID 11892 | | Visite: 1502 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 16 ottobre 2020 n. 28726 

Infortunio mortale durante la movimentazione di travi. Responsabilità del direttore di stabilimento colpevole di aver tollerato, avallato e non corretto prassi lavorative pericolose

Penale Sent. Sez. 4 Num. 28726 Anno 2020
Presidente: DOVERE SALVATORE
Relatore: FERRANTI DONATELLA
Data Udienza: 22/09/2020

Fatto

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Trieste in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pordenone del 20.06.2017, ha ridotto la pena della reclusione applicata a S.G. ad anni uno e quella applicata ai coimputati C.M. e B.A. a mesi otto, ritenendo comunque la responsabilità penale dei prevenuti in ordine al reato di cui agli artt. 113, 40 comma 2, 590 comma 1 e 2 cod. pen. per avere, in cooperazione colposa tra loro, S.G. quale direttore dello stabilimento della ditta Cimolai S.p.a., con delega in materia di sicurezza del lavoro dal 19.05.2009, B.A. quale preposto, capo officina, C.M. quale preposto capo reparto carpenteria-saldatura, cagionato la morte del dipendente P.R..
1.1. In particolare si contesta agli imputati di aver omesso di sovraintendere e vigilare, nelle rispettive qualità, sull'osservanza da parte dei lavoratori delle norme di condotta individuate dal documento di valutazione dei rischi, Rev. 3 adottato dall'azienda a partire dal 22.12.08 (in particolare dei punti "15" di pagina 3.60 e "6" di pagina 3.62 della scheda allegato 3b del predetto documento), secondo cui le manovre di movimentazione di travi, superiori a 10 metri di lunghezza, dovevano essere eseguite con la partecipazione di due persone una delle quali in funzione di coordinatore; di aver quindi consentito che sistematicamente tale manovra venisse eseguita da un solo operatore e che nell'area destinata allo stoccaggio di materiale da lavorare o lavorato vi fosse la presenza di un armadietto metallico e ciò in contrasto con le prescrizioni secondo le quali che le aree dovevano essere sgombre da attrezzature ed intralci ( punti 4. e 5 di pagina 3.59 del medesimo allegato 3b).
1.2 L'infortunio, in cui ha trovato la morte il dipendete P.R., all'interno del reparto carpenteria saldatura dello stabilimento, secondo la ricostruzione della Corte territoriale, che riporta puntualmente le risultanze dibattimentali del giudizio di primo grado, avveniva con le seguenti modalità: 1'8 marzo 2011 E.A., gruista, ha operato da solo senza avvalersi dell'ausilio del collega P.R., lo spostamento con carroponte della terza (n. 3126) di cinque travi metalliche a T della lunghezza di 13 metri e del peso di circa tre tonnellate ciascuna, posizionate in verticale l'una vicina all'altra; ha, quindi, urtato nella manovra la trave immediatamente adiacente che si ribaltava e provocava a sua volta, per il cd. effetto domino, il ribaltamento anche della prima trave, quella vicina al muro perimetrale dello stabilimento che travolgeva il P.R. che in quel momento si trovava nell'area situata tra le travi ed un armadietto metallico addossato al muro perimetrale e rimaneva schiacciato decedendo all'istante per sfondamento della gabbia toracica.
E' risultato accertato che il piano di valutazione dei rischi prevedeva che nell'esecuzione delle operazioni di movimentazioni delle travi gli operai dovevano essere in due proprio per accompagnare i movimenti di beccheggio sul piano verticale e di rotazione nei due sensi sul piano orizzontale e che invece era invalsa una scorretta prassi lavorativa secondo la quale le travi di lunghezza superiore a dieci metri di solito venivano movimentate da un solo operatore, senza l'ausilio di un altro dipendente che lo aiutasse nella manovra da terra.
Sul punto si contesta allo S.G., nella qualità di direttore dello stabilimento con delega alle funzioni di sicurezza del lavoro dal 19 maggio 2009 e quindi titolare della posizione di garanzia, di non aver vigilato sull'usuale svolgimento delle lavorazioni in azienda con precipuo riferimento al radicarsi di prassi non conformi alle regole di sicurezza e di non aver adottato le misure organizzative necessarie affinchè le lavorazioni venissero eseguite con le modalità corrette.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato S.G., a mezzo del difensore, deducendo i motivi di seguito riportati.
I) Violazione di legge e contraddittorietà della motivazione nella ricostruzione della fattispecie concreta. Deduce che i Giudici del merito hanno fatto discendere la responsabilità dello S. dal fatto che l'adozione di modalità esecutive nella movimentazione delle travi di lunghezza superiore a 10 metri non era episodica ma strettamente dipendente dalle modalità di organizzazione del lavoro e che lo S.G. aveva tollerato una prassi lavorativa scorretta e pericolosa. Deduce che allo S.G. non competeva il dettaglio dell'organizzazione dell'attività lavorativa poichè vi era il capo officina e il capo reparto preposto. Il fatto che lo S. passasse spesso in cantiere non vuol dire che conoscesse la prassi difforme dalle regole codificate né che ne fosse stato messo al corrente.
II) Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in quanto il giorno dell'infortunio le persone di turno erano due ( P.R. e E.); furono loro che anziché lavorare in coppia avevano ritenuto erratamente che l'operatore potesse movimentare da solo in violazione delle procedure codificate. Tra l'altro era stato proprio P.R. a volere l'affiancamento del collega; il P.R. aveva il ruolo di capomacchina e avrebbe dovuto lui effettuare lo spostamento della trave; il P.R. doveva sovraintendere all'operazione e non lo fece lasciando il collega solo.

Diritto

1. Va premesso che è pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.

La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell'art. 591 comma I, lett. c) cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso Sez. 2, n. 29108 del 15.7.2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. Sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013, Sammarco, rv. 255568; Sez.4, n. 18826 del 9.2.2012, Pezzo, rv. 253849; Sez. 2, n. 19951 del 15.5.2008, Lo Piccolo, rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 3.7.2007, Scicchitano, rv. 236945; Sez. 1, n. 39598 del 30.9.2004, Burzotta, rv. 230634; Sez.4, n. 15497 del 22.2.2002, Palma, rv. 221693). Ancora questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l'appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l'insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n.44882 del 18.7.2014, Carialo e altri, rv. 260608).

2. Il ricorso dello S. G. inammissibile.

2.1 Il primo e in secondo motivo possono essere trattati congiuntamente, in quanto in maniera generica e inconferente si contesta, infatti, il valore probatorio degli elementi utilizzati dalla Corte di appello per pervenire al convincimento di responsabilità e non si tiene conto degli argomenti e delle indicazioni probatorie puntuali acquisite e risultanti dai due gradi di merito,
Nel caso di specie, la Corte d'appello, dopo aver valutato la sentenza impugnata immune da vizi logici e saldamente ancorata ai risultati probatori acquisiti durante l'esaustiva istruttoria dibattimentale, ha riportato i punti considerati essenziali, ai fini del proprio convincimento, sottolineandone la significazione dimostrativa, in particolare che la prassi non conforme alle regole di sicurezza era ben nota allo S. non solo perché lui stesso era abitualmente presente nel capannone ma perché faceva parte di scelte organizzative che da lui dipendevano; tra l'altro, ha evidenziato che in quel periodo l'azienda era impegnata ad evadere una commessa per la realizzazione di un ponte di cui le travi di notevoli dimensioni, come quella che ha dato causa all'incidente, costituivano una componente essenziale ( fol 9 e 10): solo nei tre giorni lavorativi precedenti l'infortunio le cinque travi in lavorazione furono spostate almeno tre volte dagli operai; risultava inoltre che in quel reparto si avvicendavano solo tre persone, PE. che lavorava da solo, P.R., che era malato di cuore e per tale motivo, a sua richiesta, era stato inserito nello stesso turno con E.A. e che i rappresentanti sindacali dei lavoratori avevano rappresentato la criticità delle movimentazioni delle travi di lunghezza superiore a 10 metri. In definitiva, la Corte territoriale ha sostenuto che proprio l'organizzazione del lavoro che dipendeva dallo S. rendeva prevedibile il verificarsi di situazioni di rischio per il mancato rispetto della procedura corretta relativa alla movimentazioni delle travi e aveva reso praticabile l'avvio di una prassi non conforme al documento di valutazione dei rischi non solo avallata ma incentivata dai preposti, in particolare dal B.A., che utilizzava un solo lavoratore per l'operazione di movimentazione e mostrava fastidio di fronte alle richieste di affiancamento che i dipendenti gli rivolgevano. La Corte di appello ha evidenziato la piena consapevolezza da parte dello S. circa i rischi del cantiere connessi alla "pianificazione della commessa Bordeaux" relativa alla realizzazione del ponte, tanto che nella lettera dell'11.01.2010 e anche nella riunione dell'8.10.2010 aveva rimarcato ai preposti la necessità di tenere sgombre le aree dedicate ai manufatti tenendo conto dell'effetto domino, intralci, inciampi, sporco e disordine" e aveva ricordato le principali misure di sicurezza da adottare in fase di movimentazione delle travi. Ciò che è mancato sottolinea la Corte è proprio l'attività di vigilanza e direttive specifiche nella concreta organizzazione a fronte di una prassi foriera di rischi specifici che comportava vantaggi per l'azienda, con risparmio di risorse umane per ciascun turno e che avrebbe necessitato da parte del direttore, con funzioni in materia di sicurezza sul lavoro, una concreta attività finalizzata ad evitare il protrarsi della modalità pericolosa di lavorazione mettendo in atto tutte le misure organizzative necessarie di sensibilizzazione dei preposti e dei lavoratori dipendenti ( art. 18 comma 1 lett. f e comma 3 bis d.lvo 81/2008). Argomenta la Corte che proprio la condotta colposa e negligente di aver tollerato, avallato e non corretto prassi lavorative pericolose ha costituito il presupposto dell'infortunio mortale in quanto sia la movimentazione della trave lunga oltre 10 metri da parte di un solo operatore che la presenza dell'armadietto metallico nell'area di stoccaggio e movimento terra non erano percepite dai preposti e dagli operai addetti come rischiose per la incolumità fisica essendo mancata quella attività di formazione, sensibilizzazione, vigilanza e organizzazione specifica che competeva allo S. nella sua qualità di Direttore.

2.3 Va, infine, ricordato quanto al secondo motivo che la interruzione del nesso di condizionamento, a causa del comportamento imprudente del lavoratore, da solo sufficiente a determinare l'evento, secondo i principi giuridici enucleati dalla dottrina e dalla giurisprudenza (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv.261106, in motivazione; Sez. 4, n. 33329 del 05/05/2015, Rv.264365; Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Rv. 25409) richiede che la condotta si collochi in qualche guisa al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è «interruttivo» non perché «eccezionale» ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (Sez.4 n.15124 del 13.12.2016,Rv.269603).

La giurisprudenza di legittimità è ferma nel sostenere che non possa discutersi di responsabilità (o anche solo di corresponsabilità) del lavoratore per l'infortunio quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle criticità (Sez.4, n. 22044 del 2.05.2012,n.m; Sez.4, n. 16888, del 7/02/2012,Rv.252373). Le disposizioni antinfortunistiche perseguono, infatti, il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l'area di rischio da gestire include il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli (Sez.4, n.4114 del 13/01/2011, n.m.; Sez.F, n. 32357 del 12/08/2010, Rv. 2479962).
La Corte territoriale ha fatto corretta e coerente applicazione dei principi giuridici sopra esposti; ha evidenziato che la condotta del P.R. non era stata pertanto né imprevedibile nè esorbitante e non poteva perciò fornire alcuna giustificazione all'indagato, titolare di un'autonoma posizione di garanzia, che aveva omesso di svolgere i compiti connessi all'adeguata osservanza delle misure di sicurezza, di vigilanza., di formazione e organizzazione del lavoro nel rispetto delle norme di prevenzioni degli infortuni e in particolare del DVR impedendo e avallando prassi che si discostavano dalle procedure di sicurezza ( fol.13 e 14).
3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 a favore della Cassa delle ammende oltre alla rifusione in solido delle spese in favore della parte civile liquidate come indicato nel dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 22.09.2020

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 28726 Anno 2020.pdf
 
317 kB 10

Nota MLPS Prot. 25186 del 06/12/2010

ID 11885 | | Visite: 2525 | Documenti Sicurezza

Nota MLPS Prot  25186 010

Nota MLPS Prot. 25186 del 06/12/2010

Oggetto: Artt. 133, comma 2 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 - Quesito.

Si fa riferimento alla richiesta di codesta DPL con la quale si chiede se il progetto dei ponteggi previsto dall 'art. 133, c. 2 del D.Lgs. 81/2008, il quale recita" .......... progetto, che deve essere firmato da un ingegnere o architetto abilitato a norma di legge all'esercizio della professione, ............ ", possa essere firmato da ingegneri in possesso della c.d. "laurea breve".

Già con il DPR 164/56 all'art. 32, c. 2, relativamente al progetto dei ponteggi, si leggeva testualmente "........progetto, che deve essere firmato da un ingegnere o architetto abilitato a norma di legge all'esercizio della professione, ...........", pertanto, ne consegue che il legislatore intendeva riferirsi a professionisti con specifiche competenze tecniche previste nell'ordinamento professionale.

Con l'introduzione del D.Lgs. 81/08 il legislatore continua a fare riferimento alle medesime professionalità, lasciando invariato il corrispondente articolo, escludendo quindi altre tipologie di "lauree brevi", queste ultime peraltro citate in articoli specifici del medesimo decreto.

Stante quanto sopra esposto il questo Ministero, su conforme parere della "Commissione Opere Provvisionali" e di intesa con la Direzione Generale per l'Attività Ispettiva, ritiene il progetto di che trattasi non può essere firmato da ingeneri in possesso della c.d. "laurea breve".

_______

Art. 133 cp. 2 D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81

2. Dal progetto, che deve essere firmato da un ingegnere o architetto abilitato a norma di legge all'esercizio della professione, deve risultare quanto occorre per definire il ponteggio nei riguardi dei carichi, delle sollecitazioni e dell'esecuzione.

Collegati:

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Nota MLPS Prot. 25186 del 06 12 2010.pdf
 
71 kB 12

Ultimi archiviati Sicurezza

Le molestie e le vittime e contesto
Lug 02, 2024 80

Report ISTAT Le molestie e le vittime (2022-2023)

Report ISTAT Le molestie e le vittime e contesto - Anno 2022-2023 ID 22159 | 02.07.2024 / In allegato Nel 2022-2023 si stima che il 13,5% delle donne di 15-70 anni, che lavorano o hanno lavorato, abbia subito molestie sul lavoro a sfondo sessuale nel corso dell’intera vita (soprattutto le più… Leggi tutto
Giu 30, 2024 108

Decreto 18 giugno 2024

Decreto 18 giugno 2024 ID 22148 | 30.06.2024 Decreto 18 giugno 2024 Procedure per il rilascio dell'autorizzazione allo svolgimento dei corsi di addestramento per il personale marittimo. (GU n.151 del 29.06.2024) ... Art. 1. Finalità e ambito di applicazione 1. Il presente decreto disciplina i… Leggi tutto
Piano Triennale della Formazione INL
Giu 27, 2024 108

Piano Triennale della Formazione INL | 2024-2025-2026

Piano Triennale della Formazione INL | 2024-2025-2026 ID 22132 | 27.06.2024 / In allegato Il presente Piano Triennale della Formazione (PTF) 2024-2026 costituisce il principale strumento di pianificazione, programmazione e governo della formazione del personale nel quale vengono rappresentate le… Leggi tutto
Giu 26, 2024 140

Decreto n. 43 del 21 giugno 2024

Decreto n. 43 del 21 giugno 2024 / Componenti task force “Lavoro sommerso” ID 22125 | 26.06.2024 / In allegato Con Decreto n. 43 del 21 giugno 2024, il Direttore generale INL Paolo Pennesi ha provveduto alla nomina dei componenti della Task force "Lavoro sommerso", istituita con il D.M. 50/2024.… Leggi tutto

Più letti Sicurezza