Rating di legalità: Quadro normativo
Rating di legalità: Quadro normativo / Rev. Novembre 2022
ID 11855 | Rev. 2.0 del 29.11.2022 / Documento completo allegato
Il rating di legalità è un indicatore sintetico del rispetto di elevati standard di legalità da parte delle imprese che ne abbiano fatto richiesta all'AGCM (Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato).
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Aggiornato il Regolamento sul Rating di legalità di cui alla Delibera del 28 luglio 2020 n. 28361 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (disponibile nel allegato. Tra i requisiti, devono essere assenti condanne dei legali rappresentanti, procuratori con delega, ecc di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e per i reati in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Il rating di legalità è un indicatore sintetico del rispetto di elevati standard di legalità da parte delle imprese che ne abbiano fatto richiesta.
Possono richiedere l’attribuzione del rating le imprese (sia in forma individuale che societaria) che soddisfano cumulativamente i seguenti requisiti:
- sede operativa in Italia;
- fatturato minimo di due milioni di euro nell’esercizio chiuso nell’anno precedente a quello della domanda;
- iscrizione nel registro delle imprese da almeno due anni alla data della domanda;
- rispetto degli altri requisiti sostanziali richiesti dal Regolamento.
Tale riconoscimento prende la veste di un punteggio compreso tra un minimo di una e un massimo di tre “stellette”.
L’impresa richiedente ottiene il punteggio base ★, qualora rispetti tutti i requisiti di cui all’articolo 2 del Regolamento attuativo in materia di Rating di Legalità.
Il punteggio base potrà essere incrementato di un “+” per ogni requisito aggiuntivo che l’impresa rispetta tra quelli previsti all’art. 3 del Regolamento. Il conseguimento di tre “+” comporta l'attribuzione di una stelletta aggiuntiva, fino a un punteggio massimo di ★★★.
Le aziende interessate dovranno presentare la domanda utilizzando l'apposita piattaforma Webrating disponibile su questo sito. A tal fine, l’impresa deve preliminarmente registrarsi alla piattaforma e, una volta completata la registrazione, accedere al sistema, procedere alla compilazione della domanda e successivamente al suo invio, seguendo le relative istruzioni presenti su questo stesso sito.
Il rating di legalità ha durata di due anni dal rilascio ed è rinnovabile su richiesta.
Non ci sono costi per le imprese che vogliono ottenere il rating di legalità.
Regolamento attuativo in materia di Rating di Legalità
1. Decreto-legge 1/2012 (Art. 5 ter - Rating di legalità delle imprese) modificato dal Decreto legge 29/2012 e convertito, con modificazioni, dalla Legge 62/2012
Art. 5-ter (Rating di legalità delle imprese)
1. Al fine di promuovere l'introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato è attribuito il compito di segnalare al Parlamento le modifiche normative necessarie al perseguimento del sopraindicato scopo anche in rapporto alla tutela dei consumatori, nonché di procedere, in raccordo con i Ministeri della giustizia e dell'interno, alla elaborazione ed all'attribuzione, su istanza di parte, di un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale che raggiungano un fatturato minimo di due milioni di euro, riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza, secondo i criteri e le modalità stabilite da un regolamento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Al fine dell'attribuzione del rating, possono essere chieste informazioni a tutte le pubbliche amministrazioni. Del rating attribuito si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Gli istituti di credito che omettono di tener conto del rating attribuito in sede di concessione dei finanziamenti alle imprese sono tenuti a trasmettere alla Banca d'Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta.
2. Delibera AGCM del 12 novembre 2012 n. 13779 - Regolamento attuativo in materia di rating di legalità (ultima modica delibera n. 28361 del 28 luglio 2020)
3. Delibera AGCM n. 28361 del 28 luglio 2016 - Regolamento Antitrust attuativo in materia di rating di legalità (Delibera n. 28361). (GU del 12 settembre 2016, n. 213)
4. Delibera AGCM del 15 Maggio 2018 n. 27165 - Regolamento attuativo in materia di rating di legalita'. (Delibera n. 27165). (GU Serie Generale n.122 del 28-05-2018) (sostituita da Delibera AGCM del 28 luglio 2020 n. 28361)
5. Decreto 20 febbraio 2014, n. 57 - Regolamento concernente l'individuazione delle modalità in base alle quali si tiene conto del rating di legalità attribuito alle imprese ai fini della concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni e di accesso al credito bancario, ai sensi dell'articolo 5-ter, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. (GU del 7 aprile 2014, n. 81)
6. Delibera AGCM del 28 luglio 2020 n. 28361 - Regolamento attuativo in materia di rating di legalita' (Delibera n. 28361). (GU n.259 del 19-10-2020)
Allegato
Regolamento attuativo in materia di rating di legalita' (in attuazione dell'art. 5-ter del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, cosi' come modificato dall'art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 2012, n. 62)
...
Art. 2. Requisiti per l’attribuzione del rating di legalità
..."Nei confronti degli amministratori, dell’institore, del direttore generale, del direttore tecnico, dei procuratori, muniti di poteri decisionali e gestionali, ricavabili dalla procura e assimilabili a quelli degli amministratori dotati di poteri di rappresentanza o con delega sulle materie di cui ai reati rilevanti ai sensi del presente articolo, del rappresentante legale, nonché dei soci persone fisiche titolari di partecipazione di maggioranza o di controllo, non sono state adottate misure di prevenzione personale e/o patrimoniale e misure cautelari personali e/o patrimoniali e non è stata pronunciata sentenza di condanna, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per i reati in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81"...
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Regolamento in allegato
Certifico Srl - IT | Rev. 2.0 2022
©Copia autorizzata Abbonati
Matrice Revisioni
Rev. | Data | Oggetto | Autore |
2.0 | 29.11.2022 | Elenco imprese rating legalità 24.11.2022 | Certifico Srl |
1.0 | 27.09.2022 | Inserite FAQ Elenco imprese rating legalità 23.09.2022 |
Certifico Srl |
0.0 | 20.10.2022 | Certifico Srl |
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Elenco mprese con rating di legalità 24.11.2022.xlsx |
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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 46971 | 13 Dicembre 2022
Cassazione Penale Sez. 4 del 13 dicembre 2022 n. 46971
Infortunio con la pressa: carenza di manutenzione del quadro comandi e mancanza di formazione specifica dei dipendenti
Penale Sent. Sez. 4 Num. 46971 Anno 2022
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: CIRESE MARINA
Data Udienza: 14/09/2022
1. Con sentenza in data 10.6.2021 la Corte di appello di Firenze ha riformato limitatamente al trattamento sanzionatorio la sentenza emessa dal Tribunale di Pisa nei confronti di P.A., giudicato colpevole del reato di cui all'art. 590 cod. pen. in relazione all'art. 583 n. 1 cod. pen. e pertanto condannato alla pena ritenuta equa.
La vicenda che ha dato luogo ai giudizi di merito attiene all'infortunio sul lavoro occorso il 13.5.2014 a C.G., operaio saldatore addetto alla pressa che, dopo aver inserito nel macchinario il pezzo metallico da lavorare senza attendere che il dipendente A.N. provvedesse ad accendere la pressa, come avveniva tutti i giorni per disposizione del datore di lavoro, aveva invece azionato il macchinario girando la chiave e, mentre si era sporto per sfilare il pezzo, era rimasto schiacciato con la mano destra con conseguenti lesioni gravissime consistite nella amputazione di quattro falangi della stessa mano.
Gli ispettori della Asl avevano accertato varie violazioni della normativa antinfortunistica, carenza di manutenzione del quadro comandi della pressa che a causa dello sporco accumulatosi era illeggibile nonché mancanza di formazione specifica dei dipendenti.
Il giudice di primo grado riteneva pienamente provata la responsabilità del P.A. essendo l'infortunio conseguente ad omissioni rilevanti sotto il profilo della carenza di formazione specifica del lavoratore (essendo stato il C.G. destinato ad una mansione diversa dalla propria per la quale non era stato addestrato) nonché della mancanza di manutenzione e di pulizia del quadro comandi della pressa (che risultando illeggibile impediva di verificare la modalità in cui si stava lavorando) e l'assenza di barriere protettive in caso di funzionamento a ciclo continuo.
L'impianto accusatorio della sentenza di primo grado trovava conferma nella sentenza di appello che riteneva la riferibilità dell'infortunio al P.A. per la inidoneità del macchinario sotto il profilo della carenza delle misure di protezione dal pericolo di contatto tra gli arti superiori del lavoratore e gli organi in movimento ed all'uso scorretto dello stesso macchinario.
2. P.A., a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza articolando tre motivi.
Con un primo motivo denuncia l'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità riconducibili al vizio di cui all'art. 606, comma 1, cod.proc. pen., lett. c), in riferimento al combinato disposto degli artt. 546, comma 3 cod. proc. pen., 125 e 552, comma 2 cod. proc. pen. assumendo la nullità della sentenza di primo grado per incompletezza del dispositivo stante il generico riferimento " a lui ascritto" dato che l'originaria formulazione dell'imputazione era stata modificata per effetto della nuova contestazione. Censura in tal senso la Corte d'appello che ha ritenuto erroneamente infondata detta eccezione.
Con un secondo motivo il ricorrente censura la mancanza della motivazione ex art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 125 comma 3 cod. proc.pen. e 11 comma 6 Cast. nella parte in cui omette del tutto la valutazione delle argomentazioni difensive proposte nell'atto di appello, riferite alla consulenza di parte sul rispetto della normativa prevista a tutela del lavoratore da parte del ricorrente, in particolare circa l'adozione di un piano della sicurezza redatto da un tecnico e relativamente alla informazione della persona offesa, giuste le previsioni di cui agli artt. 15 e 20 d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 e incidenti sull'elemento soggettivo e sul nesso causale.
In particolare la Corte territoriale avrebbe omesso ogni valutazione sul fatto che l'azienda aveva un responsabile della sicurezza nella persona dell'Ing. B., che la persona offesa era stata ampiamente informata sulle modalità di utilizzo della macchina e che il sinistro è dovuto al comportamento imprevedibilmente colposo del lavoratore.
Inoltre la Corte territoriale ha ritenuto il C.G. non formato né informato senza motivare alcunché in ordine ai rilievi mossi nell'atto di appello e sulla condotta colposa del C.G..
Con un terzo motivo lamenta la inosservanza delle norme processuali di cui all'art. 606, comma 1, lett. b) e c) e 125 cod. proc. pen. sulla omessa motivazione relativa alla richiesta formulata nell'ultimo motivo di appello di conversione della pena detentiva irrogata in pena pecuniaria.
3. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
4. La difesa dell'imputato ha depositato conclusioni scritte dove ha chiesto in via subordinata dichiararsi l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
1. Il ricorso è nel suo complesso inammissibile.
Il primo motivo è aspecifico e comunque manifestamente infondato.
La Corte di appello si è già pronunciata sul punto ritenendo che l'omessa indicazione nel capo di imputazione riportato nella intestazione della sentenza della contestazione svolta dal PM non rientra tra i casi tassativamente contemplati dall'art. 546, comma 3, cod. proc. pen. né comunque ha cagionato alcun "vulnus" al diritto di difesa dell'imputato.
2. Il secondo motivo è del pari manifestamente infondato.
Ed invero, nella motivazione della sentenza il giudice del gravame non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, sicché debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (vedi Sez. 6, n. 34532 del 22.6.2022, Depretis, Rv. 281935).
Nella specie, la Corte territoriale ha ritenuto la responsabilità del P.A. nella sua qualità di datore di lavoro, trattandosi peraltro di un'impresa di piccole dimensioni e non essendo stata prevista alcuna delega di funzioni.
Del pari ha puntualmente posto in rilievo il mancato rispetto delle specializzazioni cosicché il C.G. non aveva avuto una specifica formazione ed informazione in relazione all'utilizzo della pressa. Inoltre la procedura di utilizzo della pressa consisteva unicamente nella prassi secondo cui era l'A.N. a doverla accendere ad inizio giornata e mediante apposita chiave e spegnerla a fine giornata, trattandosi all'evidenza di procedura inidonea ad elidere il pericolo di schiacciamento.
3. Il terzo motivo è inammissibile in quanto ha ad oggetto una richiesta avanzata per la prima volta con il ricorso per cassazione (giacché in appello era stata chiesta non già la conversione ma l'applicazione della pena pecuniaria).
Va rammentato, invero, che non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura "a priori" un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Rv. 270316).
Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità consegue l'onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 3.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 14 settembre 2022
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Penale Sent. Sez. 4 Num. 46971 Anno 2022.pdf |
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Legge 2 dicembre 2005 n. 248
Legge 2 dicembre 2005 n. 248
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, recante misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria.
(GU n.281 del 02.12.2005 - SO n. 195)
Entrata in vigore del provvedimento: 3/12/2005
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Nota INL n. 2414 del 6 dicembre 2022
Nota INL n. 2414 del 6 dicembre 2022 / Equilibrio tra lavoro e vita familiare: sanzioni
ID 18296 | 06.12.2022 / In allegato nota INL
D.Lgs. n. 105/2022 - Attuazione della Direttiva UE 2019/1158 - Equilibrio tra attività professione e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza - Sistema sanzionatorio
Oggetto: D.Lgs. n. 105/2022 recante “Attuazione della Direttiva UE 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio” - sistema sanzionatorio.
Si fa seguito alla nota prot. n. 9550 del 6 settembre u.s. al fine di fornire specifiche indicazioni al personale ispettivo - condivise con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espresso con nota prot. n. 9699 del 17 novembre e 10147 del 2 dicembre 2022 - in ordine alla corretta applicazione ed ai profili di carattere sanzionatorio della disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 105/2022 che, nel modificare, fra l’altro, il D.Lgs. n. 151/2001 e la L. n. 104/1992, ha introdotto misure dirette a realizzare un migliore contemperamento tra l’attività lavorativa e professionale e la vita familiare dei genitori e dei prestatori di assistenza (c.d. caregiver familiari), nonché una più equa condivisione tra uomini e donne delle responsabilità di cura e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare.
Congedo di paternità
L’art. 27-bis del D.Lgs. n. 151/2001, introdotto dall’art. 2, comma 1 lett. c), del D.Lgs. n. 105/2022, disciplina il “congedo di paternità obbligatorio”, riconosciuto al padre lavoratore dipendente per un periodo di 10 giorni lavorativi (20 in caso di parto plurimo) e con corresponsione di una indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione (v. art. 29, D.Lgs. n. 151/2001). Le giornate di congedo non sono frazionabili a ore e possono essere utilizzate anche in via non continuativa nell’arco temporale intercorrente tra i 2 mesi precedenti la data presunta del parto e i 5 mesi successivi.
Tali giorni sono fruibili anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice e sono riconosciuti anche al padre che fruisce del congedo di paternità alternativo di cui all'art. 28 del D.Lgs. n. 151/2001.
Il datore di lavoro è tenuto al riconoscimento del congedo richiesto dal lavoratore - da ciò la sua obbligatorietà - nei modi previsti dal comma 6 dello stesso 27-bis (comunicazione in forma scritta al datore di lavoro dei giorni in cui si intende fruire del congedo, anche attraverso “l’utilizzo, ove presente, del sistema informativo aziendale per la richiesta e la gestione delle assenze”, con un anticipo non minore di cinque giorni, ove possibile in relazione all'evento nascita, sulla base della data presunta del parto e fatte salve le condizioni di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva).
Sotto il profilo sanzionatorio il legislatore ha introdotto il nuovo art. 31-bis del D.Lgs. n. 151/2001 prevedendo che “il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui all'articolo 27-bis sono puniti con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582 e, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni”.
Sul punto va evidenziata dunque la necessità di verificare, sul piano degli accertamenti ispettivi e in relazione alla mancata fruizione del congedo da parte del lavoratore, un eventuale comportamento datoriale che ne ostacoli la fruizione. Al riguardo non può ritenersi di ostacolo la richiesta datoriale di fruire del congedo in tempi compatibili con il preavviso di cinque giorni stabilito dal legislatore, a meno che un eventuale parto anticipato rispetto alla data presunta non consenta al lavoratore di rispettare il preavviso e ferme restando le condizioni di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva.
Va altresì evidenziata la diffidabilità della violazione ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004, laddove il congedo sia evidentemente ancora fruibile.
Congedo di paternità alternativo
Le nuove disposizioni confermano il contenuto dell’art. 28 del D.Lgs. n. 151/2001 relativo alle tutele ed alle garanzie concernenti il congedo di paternità riconosciuto al padre in sostituzione della madre in presenza di situazioni particolarmente gravi, ora rubricato “congedo di paternità alternativo” (cfr. art. 2, comma 1 lett. d), D.Lgs. n. 105/2022).
Ai sensi del successivo comma 2 del già citato articolo 31-bis, il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui all'art. 28 del D.Lgs. n. 151/2001 è punito con le sanzioni previste dall'art. 18 del medesimo D.Lgs. n. 151/2001. Tale ultima disposizione prevede anzitutto la sanzione penale dell'arresto fino a sei mesi per poi stabilire, come modificato dall’art. 2, comma 1 lett. b), del D.Lgs. n. 105/2022, che il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'art. 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006 o di analoghe certificazioni previste dalle Regioni e dalle Province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
Divieto di licenziamento
A seguito dell’introduzione delle modifiche al congedo di paternità, il divieto di licenziamento di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 151/2001 trova applicazione anche nei confronti del padre lavoratore nell’ipotesi in cui quest’ultimo abbia fruito degli istituti di cui agli artt. 27-bis (congedo di paternità obbligatorio) e 28 (congedo di paternità alternativo) e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino.
L'inosservanza delle disposizioni contenute nell’art. 54 cit. è punita con la sanzione amministrativa da euro 1.032 ad euro 2.582, non è ammesso il pagamento in misura ridotta di cui all'art. 16 della L. n. 689/1981 e inoltre, ove rilevata nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'art. 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006 o di analoghe certificazioni previste dalle Regioni e dalle Province autonome nei rispettivi ordinamenti, impedisce al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
Diritto al rientro e alla conservazione del posto
Non sono state introdotte modifiche nel corpo dell’art. 56 del D.Lgs. n. 151/2001, recante la disciplina del “diritto al rientro e alla conservazione del posto”, salvo per quanto concerne il regime sanzionatorio. L'inosservanza delle disposizioni contenute nell’articolo è infatti punita con le sanzioni di cui all'art. 54, comma 8, del D.Lgs. n. 151/2001 - ossia con la sanzione amministrativa da euro 1.032 ad euro 2.582 e, ove la violazione sia rilevata nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere, la stessa non può essere conseguita - e non è ammesso il pagamento in misura ridotta di cui all'art. 16 della L. n. 689/1981.
Riposi, permessi e congedi
Il D.Lgs. n. 105/2022 ha altresì modificato l’impianto sanzionatorio di cui all’art. 46 D.Lgs. n. 151/2001, estendendo la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582, già prevista per le ipotesi di inosservanza delle disposizioni relative ai riposi giornalieri del padre e della madre contenuti negli artt. da 39 a 41, del D.Lgs. n. 151/2001, anche a quelle concernenti i riposi e permessi per i figli con handicap grave (art. 42), l’assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazioni pubbliche (art. 42-bis) ed i riposi giornalieri del padre e della madre in caso di adozione e affidamento (art. 45).
Inoltre, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di cui agli articoli citati, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'art. 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006 o di analoghe certificazioni previste dalle Regioni e dalle Province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni
Riposi e permessi per i figli con grave disabilità
Ai fini della fruizione dei riposi e dei permessi per i figli con grave disabilità ai sensi della L. n. 104/1992, si evidenzia come anche l’art. 42 del D.Lgs. n. 151/2001 sia stato oggetto di modifiche, in quanto al coniuge convivente sono equiparati la parte di un'unione civile ed il convivente di fatto di cui all'art. 1, commi 20 e 36, della L. n. 76/2016, anche per il caso in cui la convivenza sia iniziata successivamente alla richiesta di congedo.
Divieto di discriminazione
L'art. 3, comma 1 lett. a), del D.Lgs. n. 105/2022 ha introdotto l’art. 2-bis della L. n. 104/1992 che sancisce il divieto di discriminare o riservare un trattamento meno favorevole ai lavoratori che chiedono o usufruiscono dei benefici di cui al citato art. 42 nonché dei benefici di cui all'art. 33 della stessa L. n. 104/1992, agli artt. 33 e 42 del D.Lgs. n. 151/2001, all'art. 18, comma 3-bis, della L. n. 81/2017 e all'art. 8 del D.Lgs. n. 81/2015, nonché di ogni altro beneficio concesso ai lavoratori medesimi in relazione alla condizione di disabilità propria o di coloro ai quali viene prestata assistenza e cura.
Chi intende agire in giudizio per il riconoscimento della sussistenza di una ipotesi di discriminazione e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi può promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'art. 410 c.p.c.
Congedi parentali e assistenza ai figli
Il D.Lgs. n. 105/2022 è intervenuto anche sugli artt. 32 ss. del D.Lgs. n. 151/2001, apportando modifiche in materia di congedi parentali su aspetti concernenti fra l’altro:
- l’età del figlio (estendendo al compimento dei 12 anni di età il periodo di tempo entro cui è possibile percepire l’indennità riconosciuta prima solo fino a 6 anni);
- la durata del congedo (innalzando da 10 a 11 mesi il periodo di fruizione dell’istituto nel caso di un solo genitore o di un affidamento esclusivo del figlio);
- la disciplina dell’indennità (pari al 30% della retribuzione sia per i 3 mesi di congedo spettanti a ciascun genitore e non trasferibili dall’uno all’altro, sia per l’ulteriore periodo di 3 mesi suddivisibile tra i genitori a loro discrezione sia, infine, per i 9 mesi ora spettanti al genitore solo);
- l’incidenza dei congedi su altri istituti (i periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all'effettiva presenza in servizio, salvo quanto diversamente previsto dalla contrattazione collettiva).
Restano ferme le sanzioni già previste in materia di congedi parentali dall’art. 38 del D.Lgs. n. 151/2001, secondo cui il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro in questione sono puniti con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582. A questo si aggiunge tuttavia l’ulteriore previsione secondo cui, ove rilevate nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'art. 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006 o di analoghe certificazioni previste dalle Regioni e dalle Province autonome nei rispettivi ordinamenti, tali condotte impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
Permessi per assistere persona con disabilità ex art. 33, commi 2 e 3, L. n. 104/1992
L’art. 3 del D.Lgs. n. 105/2022 apporta modifica anche all’art. 33, commi 2 e 3, della L. n. 104/1992, prevedendo, fra le altre cose che la fruizione, da parte del lavoratore di 3 giorni di permesso mensile retribuito per assistere una persona con disabilità in situazione di gravità, competa al coniuge, a chi è parte di un’unione civile, al convivente di fatto, nonché al parente o affine entro il secondo grado.
Ai sensi del comma 7-ter, introdotto al citato art. 33, nelle ipotesi di rifiuto, opposizione o ostacolo all'esercizio dei diritti elencati nello stesso articolo, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'art. 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006 o di analoghe certificazioni, trova applicazione la misura interdittiva del mancato conseguimento delle certificazioni stesse da parte del datore di lavoro.
Novità in materia di lavoro agile
Le nuove norme introdotte con il D.Lgs. n. 105/2022 alla L. n. 81/2017 hanno modificato, fra l’altro, l’art. 18, comma 3-bis, ai sensi del quale sono disciplinati i criteri di prelazione per la concessione del lavoro agile.
A decorrere dal 13 agosto 2022, pertanto, la priorità è estesa:
- alle lavoratrici e ai lavoratori con figli fino a dodici anni di età o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità ai sensi dell'art. 3, comma 3, della L. n. 104/1992 (sul punto si rinvia altresì anche all’art. 23-bis del D.L. n. 115/2022, introdotto in sede di conversione dalla L. n. 142/2022 recante la “proroga del lavoro agile per i lavoratori fragili e i genitori lavoratori con figli minori di anni 14”);
- ai lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell'art. 4, comma 1, della L. n. 104/1992 o che siano caregivers ai sensi dell'art. 1, comma 255, della L. n. 205/2017.
Al fine di prevenire condotte discriminatorie, è fatto divieto di sanzionare, demansionare, licenziare, trasferire o sottoporre a modalità organizzativa con effetti negativi (diretti o indiretti) sulle condizioni di lavoro i lavoratori che intendano ricorrere al lavoro agile, tant’è che ogni misura adottata in violazione della nuova disciplina è nulla.
Resta fermo il divieto di discriminazione di cui all’art. 2-bis, della L. n. 104/1992, introdotto dall’art. 3, comma 1 lett. a), del D.Lgs. n. 105/2022.
Il D.Lgs. n. 105/2022 ha inoltre previsto anche in tal caso che il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo alla fruizione del lavoro agile, secondo quanto disposto dal comma 3-bis di cui si è detto, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'art. 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006 o di analoghe certificazioni previste dalle Regioni e dalle Province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
Lavoro part-time
In forza delle modifiche apportate all’art. 8 del D.Lgs. n. 81/2015 la novella estende ai soggetti che siano parte delle unioni civili e delle convivenze di fatto il diritto alla trasformazione del contratto di lavoro dipendente da tempo pieno a tempo parziale, in particolare in caso di patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il coniuge o l’altra parte dell’un'unione civile o il convivente di fatto, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso di assistenza a persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità ai sensi dell'art. 3, comma 3, della L. n. 104/1992, che abbia necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.
Nei casi di richiesta di trasformazione del contratto, il lavoratore o la lavoratrice non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro. Qualunque misura adottata in violazione di quanto sopra, da considerare ritorsiva o discriminatoria, è nulla (art. 8, comma 5-bis, D.Lgs. n. 81/2015).
Resta fermo il divieto di discriminazione di cui all’art. 2-bis, della L. n. 104/1992, introdotto dall’art. 3, comma 1 lett. a), del D.Lgs. n. 105/2022.
Anche nei casi di rifiuto, opposizione e ostacolo alla fruizione del sopra citato diritto alla trasformazione del contratto, rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'art. 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006 o di analoghe certificazioni, sarà impedito al datore di lavoro il conseguimento delle stesse (art. 8, comma 5-ter, D.Lgs. n. 81/2015).
Congedi per eventi e cause particolari ex art. 4, L. n. 53/2000
Con l’art. 6 del D.Lgs. n. 105/2022 sono state inoltre apportate modifiche all’art. 4 della L. n. 53/2000, concernente congedi per eventi e cause particolari introducendo, anche in tale ipotesi, la “misura interdittiva” ai sensi della quale il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui al citato articolo, rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'art. 46- bis del D.Lgs. n. 198/2006 o di analoghe certificazioni impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse (cfr. comma 4 ter).
Regime intertemporale
Le novità introdotte in materia di congedo obbligatorio di paternità rendono opportuna una precisazione in relazione al regime intertemporale, in particolare per quanto attiene l’applicabilità delle tutele di cui agli artt. 54 e 55 del novellato D.Lgs. n. 151/2001 per i congedi fruiti a cavallo dell’entrata in vigore della nuova disciplina.
Al riguardo, tenuto conto che l’evento nascita e la fruizione del congedo da parte del lavoratore padre costituiscono elementi essenziali per l’individuazione del regime normativo applicabile, si ritiene che le tutele previste rispettivamente dall’art. 54, comma 7 (divieto di licenziamento) e dall’art. 55, comma 2 (indennità di mancato preavviso in caso di dimissioni) trovino applicazione anche nei casi in cui la nascita sia avvenuta prima del 13 agosto 2022, a condizione che il congedo di paternità di cui all’art. 4, comma 24, della L. 92/2012 e ss. mm. poi “confluito” nell’art. 27-bis del D.Lgs. n. 151/2001 sia stato fruito anche solo parzialmente dopo tale data.
FATTISPECIE |
RIFERIMENTO SANZIONE |
SANZIONE |
congedo obbligatorio del padre (art. 27-bis, D.Lgs. n. 151/2001) |
art. 31-bis, comma 1, D.Lgs. n. 151/2001 |
Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui all'articolo 27-bis sono puniti con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582 e, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni |
congedo di paternità alternativo (art. 28, D.Lgs. n. 151/2001) |
art. 31-bis, comma 2, e art. 18 D.Lgs. n. 151/2001 |
Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui all'articolo 28 è punito con le sanzioni previste all'articolo 18 che prevede la sanzione penale dell'arresto fino a sei mesi nonché il mancato conseguimento per il datore di lavoro della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle Regioni e dalle Province autonome nei rispettivi ordinamenti |
divieto di licenziamento (art. 54, D.Lgs. n. 151/2001) |
art. 54, comma 8, D.Lgs. n. 151/2001 |
L'inosservanza delle disposizioni contenute nell’art. 54 del D.Lgs. n. 151/2001 è punita con la sanzione amministrativa da euro 1.032 a euro 2.582. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta di cui all'art. 16 della L. n. 689/1981. Inoltre, ove rilevata nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'art. 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006, o di analoghe certificazioni previste dalle Regioni e dalle Province autonome nei rispettivi ordinamenti, impedisce al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni |
diritto al rientro e alla conservazione del posto (art. 56, D.Lgs. n. 151/2001) |
art. 56, comma 4-bis e art. 54, comma 8, D.Lgs. n. 151/2001 |
L'inosservanza delle disposizioni contenute nell’art. 56 del D.Lgs. n. 151/2001 è punita con la sanzione amministrativa da euro 1.032 a euro 2.582. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta di cui all'art. 16 della L. n. 689/1981. Inoltre, ove rilevata nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'art. 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006, o di analoghe certificazioni previste dalle Regioni e dalle Province autonome nei rispettivi ordinamenti, impedisce al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni |
riposi giornalieri della madre (art. 39, D.Lgs. n. 151/2001)riposi giornalieri del padre (art. 40, D.Lgs. n. 151/2001)riposi per parti plurimi (art. 41, D.Lgs. n. 151/2001)riposi e permessi per i figli con handicap grave (art. 42, D.Lgs. n. 151/2001)assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazioni pubbliche (art. 42-bis, D.Lgs. n. 151/2001) |
art. 46, D.Lgs. n. 151/2001 |
L'inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 39, 40, 41, 42, 42-bis e 45 è punita con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582 Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di cui agli artt. 39, 40, 41, 42, 42-bis e 45, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'art. 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006 o di analoghe certificazioni previste dalle Regioni e dalle Province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni |
congedi parentali (capo V, D.Lgs. n. 151/2001) |
art. 38, D.Lgs. n. 151/2001 |
Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui al Capo V sono puniti con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582 e, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'art. 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006 o di analoghe certificazioni previste dalle Regioni e dalle Province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni |
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Fonte: INL
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Nota INL n. 2414 del 6 dicembre 2022.pdf |
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D.M. 3 agosto 2015 e D.P.R. 151/2011: Tabella di lettura
DM 3 agosto 2015 (Codice di Prevenzione Incendi) D.P.R. 151/2011 (Attività soggette PI): Tabella di lettura Update Dicembre 2022
ID 8262 | 03.12.2022 | Documento in allegato
Tabella di lettura disponibile in allegato, di applicabilità del "DM 3 agosto 2015 (Codice di Prevenzione Incendi) e del D.P.R. 151/2011 (Attività soggette PI), ai sensi del Decreto 12 Aprile 2019 di "eliminazione del doppio binario":
Con il Decreto 12 aprile 2019 dal 20 Ottobre si obbliga alle norme prestazionali del Codice la Prevenzione Incendi per 42 attività (Vedi Tabella di lettura e Tabella Attività PI e RTV) del D.P.R. 151/2011. Sono previsti, comunque, metodi non prestazionali, ma ordinari / avanzati di cui ai Cap G.2.5 e G 2.9.
La Rev. 5.0 2022 del Documento e news allegata è aggiornata con:
Decreto 22 novembre 2022 Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi per le attivita' di intrattenimento e di spettacolo a carattere pubblico. (GU n. 282 del 02.12.2022). Entrata in vigore: 01.01.2023
Tipologia di attività |
DM 3 agosto 2015 |
Progettazione di nuove attività |
Progettazione di modifiche/ampliamenti di attività esistenti |
Attività soggette |
Art. 1. Approvazione e modalità applicative delle norme tecniche di prevenzione incendi |
Art. 1 c. 1 |
- Codice (Art. 2 c.3) - Se il Codice non è compatibile con l'esistente, allora regole tradizionali oppure applicazione del codice all'intera attività (Ar. 2 c.4) |
Art. 2 -bis. Modalità applicative alternative 1. In alternativa alle norme tecniche di cui all’art. 1, comma 1, è fatta salva la possibilità di applicare le norme tecniche indicate all’art. 5, comma 1 -bis , per le seguenti attività, così come individuate ai punti di cui all’allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151 |
Per le attività con nota (1) possibile utilizzare Modalità applicative alternative (Art. 2 -bis) Codice o RTV di cui Art. 5. c. 1 -bis: 0a) 65, limitatamente ai locali di spettacolo e di trattenimento; (1) |
||
Decreti non
|
Art. 5 Disposizioni finali |
a) decreto del 30 novembre 1983 recante «Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi e successive modificazioni»; |
|
Art. 5 Disposizioni finali |
i) decreto del Ministro dell’interno 22 febbraio 2006 recante «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e esercizio di edifici e/o locali destinati ad uffici»; |
||
Attività non soggette |
Art. 2 Campo di applicazione e modalità applicative |
Il Codice può essere applicato come riferimento con esonero dall'applicazione delle regole tradizionali. |
...
Art. 1. Approvazione e modalità applicative delle norme tecniche di prevenzione incendi
1. Sono approvate, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, le norme tecniche di prevenzione incendi di cui all’allegato 1, che costituisce parte integrante del presente decreto.
2. (Comma abrogato dal Decreto 12 Aprile 2019)
Art. 2 Campo di applicazione e modalità applicative (Articolo così sostituito dal Decreto 12 Aprile 2019)
1. Le norme tecniche di cui all’art. 1, comma 1, si applicano alla progettazione, alla realizzazione e all’esercizio delle attività di cui all’allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, individuate con i numeri: 9; 14; da 19 a 40; da 42 a 47; da 50 a 54; 56; 57; 63; 64; 65, limitatamente ai locali di spettacolo e di trattenimento (numero aggiunto dal Decreto 22 Novembre 2022 - ndr); 66, ad esclusione delle strutture turistico-ricettive all’aria aperta e dei rifugi alpini; da 67 a 71; 72, limitatamente agli edifici sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, aperti al pubblico, destinati a contenere musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi (periodo soppresso dal Decreto 14 Ottobre 2021 - ndr); 73; 75; 76, 77, limitatamente agli edifici destinati a civile abitazione (numero aggiunto dal Decreto 19 maggio 2022 - ndr). Sono fatte salve le modalità applicative alternative di cui all’art. 2 -bis.
2. Le norme tecniche di cui all’art. 1, comma 1, si applicano alle attività di cui al comma 1 di nuova realizzazione.
3. Per gli interventi di modifica ovvero di ampliamento alle attività di cui al comma 1, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le norme tecniche di cui all’art. 1, comma 1, si applicano a condizione che le misure di sicurezza antincendio esistenti, nella parte dell’attività non interessata dall’intervento, siano compatibili con gli interventi da realizzare.
4. Per gli interventi di modifica o di ampliamento delle attività esistenti di cui al comma 1, non rientranti nei casi di cui al comma 3, si continuano ad applicare le specifiche norme tecniche di prevenzione incendi di cui all’art. 5 comma 1 -bis e, per quanto non disciplinato dalle stesse, i criteri tecnici di prevenzione incendi di cui all’art. 15, comma 3, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. Nei casi previsti dal presente comma, è fatta salva, altresì, la possibilità per il responsabile dell’attività di applicare le disposizioni di cui all’art. 1, comma 1, all’intera attività.
5. Le norme tecniche di cui all’art. 1, comma 1, possono essere di riferimento per la progettazione, la realizzazione e l’esercizio delle attività che non rientrano nei limiti di assoggettabilità previsti nell’allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, o che non siano elencate nel medesimo allegato. (Articolo così sostituito dal comma 1 dell’art. 2 del DM 12/04/2019 entrato in vigore il 20/10/2019. / ndr)
Art. 2 -bis. Modalità applicative alternative (Articolo introdotto dal Decreto 12 Aprile 2019)
1. In alternativa alle norme tecniche di cui all’art. 1, comma 1, è fatta salva la possibilità di applicare le norme tecniche indicate all’art. 5, comma 1 -bis, per le seguenti attività, così come individuate ai punti di cui all’allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151:
0a) 65, limitatamente ai locali di spettacolo e di trattenimento; (lettera aggiunta dal Decreto 22 Novembre 2022 - ndr)
a) 66, ad esclusione delle strutture turistico-ricettive all’aria aperta e dei rifugi alpini;
b) 67, (La frase “ad esclusione degli asili nido” è stata eliminata dal c. 3 dell’art. 3 del DM 06/04/2020 / ndr)
b-bis) 68; (lettera inserita dal c. 3 dell’art. 3 del DM 29/03/2021 / ndr)
c) 69, limitatamente alle attività commerciali ove sia prevista la vendita e l’esposizione di beni;
d) 71;
e) 72; limitatamente agli edifici sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, aperti al pubblico, destinati a contenere musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi. (lettera aggiunta dal c. 2 dell’art. 3 del DM 10/07/2020 / ndr)
f) 77, limitatamente agli edifici destinati a civile abitazione (lettera aggiunta dal Decreto 19 maggio 2022 - ndr).
(L’articolo 2-bis è stato aggiunto dal comma 1 dell’art. 3 del DM 12/04/2019 entrato in vigore il 20/10/2019. N.d.R.)
Art. 3. Impiego dei prodotti per uso antincendio
1. I prodotti per uso antincendio, impiegati nel campo di applicazione del presente decreto, devono essere:
a) identificati univocamente sotto la responsabilità del produttore, secondo le procedure applicabili;
b) qualificati in relazione alle prestazioni richieste e all’uso previsto;
c) accettati dal responsabile dell’attività, ovvero dal responsabile dell’esecuzione dei lavori mediante acquisizione e verifica della documentazione di identificazione e qualificazione.
2. L’impiego dei prodotti per uso antincendio è consentito se gli stessi sono utilizzati conformemente all’uso previsto, sono rispondenti alle prestazioni richieste dal presente decreto e se:
a) sono conformi alle disposizioni comunitarie applicabili;
b) sono conformi, qualora non ricadenti nel campo di applicazione di disposizioni comunitarie, alle apposite disposizioni nazionali applicabili, già sottoposte con esito positivo alla procedura di informazione di cui alla direttiva 98/34/CE e successive modifi che, che prevedono apposita omologazione per la commercializzazione sul territorio italiano e a tal fine il mutuo riconoscimento;
c) qualora non contemplati nelle lettere a) e b) , sono legittimamente commercializzati in uno degli Stati della Unione europea o in Turchia in virtù di specifici accordi internazionali stipulati con l’Unione europea, ovvero legalmente fabbricati in uno degli Stati fi rmatari dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA), parte contraente dell’accordo sullo spazio economico europeo (SEE), per l’impiego nelle stesse condizioni che permettono di garantire un livello di protezione, ai fini
della sicurezza dall’incendio, equivalente a quello previsto nelle norme tecniche allegate al presente decreto.
3. L’equivalenza del livello di protezione, garantito dai prodotti per uso antincendio di cui al comma 2, è valutata, ove necessario, dal Ministero dell’interno applicando le procedure previste dal Regolamento (CE) n. 764/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008.
Art. 4. Monitoraggio
1. La Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica, del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, del Ministero dell’interno, provvede al monitoraggio dell’applicazione delle norme tecniche di cui all’articolo 1.
Art. 5. Disposizioni finali
1. Ai fini dell’applicazione delle norme tecniche di cui all’articolo 1, restano valide:
a) le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’interno 7 agosto 2012 relativamente alla documentazione tecnica da allegare alle istanze di cui decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151. La medesima documentazione tecnica deve includere le informazioni indicate nelle norme tecniche di cui al presente decreto;
b) le disposizioni di cui all’articolo 11, comma 3, del decreto del Ministro dell’interno 7 agosto 2012 e quelle degli articoli 3, comma 3, 4, comma 2, e 6, comma 4, del decreto del Ministro dell’interno 9 maggio 2007, relative alla determinazione degli importi dei corrispettivi dovuti per i servizi resi dai Comandi provinciali dei vigili del fuoco.
1-bis. Alle attività per le quali vengono applicate le norme tecniche di cui all’art. 1, comma 1, non si applicano le seguenti: (comma aggiunto dal Decreto 12 Aprile 2019) (*)
a) decreto del 30 novembre 1983 recante «Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi e successive modificazioni»;
b) decreto del 31 marzo 2003 recante «Requisiti di reazione al fuoco dei materiali costituenti le condotte di distribuzione e ripresa dell’aria degli impianti di condizionamento e ventilazione»;
c) decreto del 3 novembre 2004 recante «disposizioni relative all’installazione ed alla manutenzione dei dispositivi per l’apertura delle porte installate lungo le vie di esodo, relativamente alla sicurezza in caso di incendio»;
d) decreto del 15 marzo 2005 recante «Requisiti di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione installati in attività disciplinate da specifiche disposizioni tecniche di prevenzione incendi in base al sistema di classificazione europeo»;
e) decreto del 15 settembre 2005 recante «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per i vani degli impianti di sollevamento ubicati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi;
f) decreto del 16 febbraio 2007, recante «Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione»;
g) decreto del 9 marzo 2007, recante «Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco»;
h) decreto del 20 dicembre 2012 recante «Regola tecnica di prevenzione incendi per gli impianti di protezione attiva contro l’incendio installati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi»;
i) decreto del Ministro dell’interno 22 febbraio 2006 recante «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e esercizio di edifici e/o locali destinati ad uffici»;
l) decreto del Ministro dell’interno 9 aprile 1994 recante «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l’esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere»;
m) decreto del Ministro dell’interno 6 ottobre 2003 recante «Approvazione della regola tecnica recante l’aggiornamento delle disposizioni di prevenzione incendi per le attività ricettive turistico-alberghiere esistenti di cui al decreto 9 aprile 1994»;
n) decreto del Ministro dell’interno 14 luglio 2015 recante «Disposizioni di prevenzione incendi per le attività ricettive turistico-alberghiere con numero di posti letto superiore a 25 e fino a 50»;
o) decreto del Ministro dell’interno 1° febbraio 1986 recante «Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l’esercizio delle autorimesse e simili»;
p) decreto del Ministro dell’interno 22 novembre 2002 recante «Disposizioni in materia di parcamento di autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto all’interno di autorimesse in relazione al sistema di sicurezza dell’impianto;
q) decreto del Ministro dell’interno 26 agosto 1992 recante «Norme di prevenzione incendi nell’edilizia scolastica e successive integrazioni»;
r) decreto del Ministro dell’interno 27 luglio 2010 recante «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio delle attività commerciali con superficie superiore a 400 mq»;
s) decreto del Ministro dell’interno 16 luglio 2014 recante «Regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli asili nido. (lettera aggiunta dal c. 4 dell’art. 3 del DM 06/04/2020. / ndr)
t) Regio decreto 7 novembre 1942, n. 1564, recante le Norme per l’esecuzione, il collaudo e l’esercizio degli impianti tecnici degli edifici di interesse artistico e storico destinati a contenere musei, gallerie, collezioni e oggetti di interesse storico culturale; (lettera aggiunta dal c. 3 dell’art. 3 del DM 10/07/2020 / ndr)
u) decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali di concerto con il Ministro dell’interno 20 maggio 1992, n. 569, recante il “Regolamento concernente norme di sicurezza antincendio per gli edifici storici e artistici destinati a musei, gallerie, esposizioni e mostre; (Lettera aggiunta dal c. 3 dell’art. 3 del DM 10/07/2020 / ndr)
v) decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1995, n. 418, recante il “Regolamento concernente norme di sicurezza antincendio per gli edifici di interesse storico-artistico destinati a biblioteche ed archivi. (lettera aggiunta dal c. 3 dell’art. 3 del DM 10/07/2020 / ndr)
z) decreto del Ministro dell’interno 18 settembre 2002 recante «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private. (ettera aggiunta dal c. 4 dell’art. 3 del DM 29/03/2021 / ndr)
aa) decreto del Ministro dell’interno 16 maggio 1987, n. 246, recante “Norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione” e successive modificazioni (lettera aggiunta dal Decreto 19 maggio 2022 - ndr).
bb) decreto del Ministro dell’interno 19 agosto 1996, recante “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo” (lettera aggiunta dal Decreto 22 Novembre 2022 - ndr).
(*) (Il comma 1-bis è stato aggiunto dalla lett. a) del comma 1 dell’art. 4 del DM 12/04/2019 entrato in vigore il 20/10/2019 / ndr)
2. Per le attività di cui all’art. 2 in regola con gli adempimenti previsti agli articoli 3, 4 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, il presente decreto non comporta adempimenti. (Comma così sostituito dalla lett. b) del comma 1 dell’art. 4 del DM 12/04/2019 entrato in vigore il 20/10/2019 / ndr).
Vedi: Tabella attività PI & Regole tecniche
__________
Attività DPR 151/2011
(1) |
(2) |
(3) |
(4) |
(5) |
N° |
ATTIVITA' |
CATEGORIA A |
CATEGORIA B |
CATEGORIA C |
1 |
Stabilimenti ed impianti ove si producono e/o impiegano gas infiammabili e/o comburenti con quantità globali in ciclo superiori a 25 Nm3/h. |
|
|
Tutti |
2 |
Impianti di compressione o di decompressione dei gas infiammabili e/o comburenti con potenzialità superiore a 50 Nm3/h, con esclusione dei sistemi di riduzione del gas naturale inseriti nelle reti di distribuzione con pressione di esercizio non superiore a 0,5MPa |
|
Cabine di decompressione del gas naturale fino a 2,4 MPa |
tutti gli altri casi |
3 |
Impianti di riempimento, depositi, rivendite di gas infiammabili in recipienti mobili: |
|
|
|
3a |
a) compressi con capacità geometrica complessiva superiore o uguale a 0,75 m3: |
|
rivendite, depositi fino a 10 m3 |
Impianti di riempimento, depositi oltre 10 m3 |
3b |
b) disciolti o liquefatti per quantitativi in massa complessivi superiori o uguali a 75 kg: |
Depositi di GPL fino a 300 kg |
rivendite, depositi di GPL oltre 300 kg e fino a 1.000 kg, depositi di gas infiammabili diversi dal GPL fino a 1.000 kg |
Impianti di riempimento, depositi oltre 1.000 kg |
4 |
Depositi di gas infiammabili in serbatoi fissi: |
|
|
|
4a |
a) compressi per capacità geometrica complessiva superiore o uguale a 0, 75 m3: |
|
fino a 2 m3 |
oltre i 2 m3 |
4b |
b) disciolti o liquefatti per capacità geometrica complessiva superiore o uguale a 0,3 m3 |
Depositi di GPL fino a 5 m3 |
- Depositi di gas diversi dal GPL fino a 5 m3 |
- Depositi di gas diversi dal GPL oltre i 5 m3 |
5 |
Depositi di gas comburenti compressi e/o liquefatti in serbatoi fissi e/o recipienti mobili per capacità geometrica complessiva superiore o uguale a 3 m3: |
|
fino a 10 m3 |
oltre i 10 m3 |
6 |
Reti di trasporto e di distribuzione di gas infiammabili, compresi quelli di origine petrolifera o chimica, con esclusione delle reti di distribuzione e dei relativi impianti con pressione di esercizio non superiore a 0,5MPa |
fino a 2,4 MPa limitatamente alle opere e gli impianti di trasporto di gas naturale con densità non superiore a 0,8. |
oltre 2,4 MPa |
|
7 |
Centrali di produzione di idrocarburi liquidi e gassosi e di stoccaggio sotterraneo di gas naturale, piattaforme fisse e strutture fisse assimilabili, di perforazione e/o produzione di idrocarburi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1979, n. 886 ed al decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624 |
|
|
Tutti |
8 |
Oleodotti con diametro superiore a 100 mm |
|
tutti |
|
9 |
Officine e laboratori con saldatura e taglio dei metalli utilizzanti gas infiammabili e/o comburenti, con oltre 5 addetti alla mansione specifica di saldatura o taglio. |
|
fino a 10 addetti alla mansione specifica di saldatura o taglio. |
oltre 10 addetti alla mansione specifica di saldatura o taglio. |
10 |
Stabilimenti ed impianti ove si producono e/o impiegano, liquidi infiammabili e/o combustibili con punto di infiammabilità fino a 125 °C, con quantitativi globali in ciclo e/o in deposito superiori a 1 m3 |
|
fino a 50 m3 |
oltre 50 m3 |
11 |
Stabilimenti ed impianti per la preparazione di oli lubrificanti, oli diatermici e simili, con punto di infiammabilità superiore a 125 °C, con quantitativi globali in ciclo e/o in deposito superiori a 5 m3. |
|
fino a 100 m3 |
oltre 100 m3 |
12 |
Depositi e/o rivendite di liquidi infiammabili e/o combustibili e/o oli lubrificanti, diatermici, di qualsiasi derivazione, di capacità geometrica complessiva superiore a 1 m3 |
liquidi con punto di infiammabilità superiore a 65 °C per capacità geometrica complessiva compresa da 1 m3 a 9 m3 |
Liquidi infiammabili e/o combustibili e/o lubrificanti e/o oli diatermici di qualsiasi derivazione per capacità geometrica complessiva compresa da 1 m3 a 50 m3, ad eccezione di quelli indicati nella colonna A) |
liquidi infiammabili e/o combustibili e/o lubrificanti e/o oli diatermici di qualsiasi derivazione per capacità geometrica complessiva superiore a 50 m3 |
13 |
Impianti fissi di distribuzione carburanti per l'autotrazione, la nautica e l'aeronautica; contenitori - distributori rimovibili di carburanti
|
|
|
|
13a |
a) Impianti di distribuzione carburanti liquidi |
Contenitori distributori rimovibili e non di carburanti liquidi fino a 9 mc con punto di infiammabilità superiore a 65 °C |
Solo liquidi combustibili |
tutti gli altri |
13b |
b) Impianti fissi di distribuzione carburanti gassosi e di tipo misto (liquidi e gassosi) |
|
|
tutti |
14 |
Officine o laboratori per la verniciatura con vernici infiammabili e/o combustibili con oltre 5 addetti. |
|
fino a 25 addetti |
oltre 25 addetti |
15 |
Depositi e/o rivendite di alcoli con concentrazione superiore al 60% in volume di capacità geometrica superiore a 1 m3 |
fino a 10 m3 |
oltre 10 m3 e fino a 50 m3 |
oltre 50 m3 |
16 |
Stabilimenti di estrazione con solventi infiammabili e raffinazione di oli e grassi vegetali ed animali, con quantitativi globali di solventi in ciclo e/o in deposito superiori a 0,5 m3 |
|
|
tutti |
17 |
Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni. |
|
|
tutti |
18 |
Esercizi di minuta vendita e/o depositi di sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni. |
|
Esercizi di vendita di artifici pirotecnici declassificati in "libera vendita" |
Esercizi di minuta vendita di sostanzeesplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed integrazioni. |
19 |
Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze instabili che possono dar luogo da sole a reazioni pericolose in presenza o non di catalizzatori ivi compresi i perossidi organici |
|
|
tutti |
20 |
Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono nitrati di ammonio, di metalli alcalini ealcolino-terrosi, nitrato di piombo e perossidi inorganici |
|
|
tutti |
21 |
Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono sostanze soggette all'accensione spontanea e/o sostanze che a contatto con l'acqua sviluppano gas infiammabili. |
|
|
tutti |
22 |
Stabilimenti ed impianti ove si produce acqua ossigenata con concentrazione superiore al 60% di perossido di idrogeno |
|
|
tutti |
23 |
Stabilimenti ed impianti ove si produce, impiega e/o detiene fosforo e/o sesquisolfuro di fosforo |
|
|
tutti |
24 |
Stabilimenti ed impianti per la macinazione e la raffinazione dello zolfo; depositi di zolfo con potenzialità superiore a 10.000 Kg |
|
|
tutti |
25 |
Fabbriche di fiammiferi; |
|
|
tutti |
26 |
Stabilimenti ed impianti ove si produce, impiega o detiene magnesio, elektron e altre leghe ad alto tenore di magnesio |
|
|
tutti |
27 |
Mulini per cereali ed altre macinazioni con potenzialità giornaliera superiore a 20.000 kg; depositi di cereali e di altre macinazioni con quantitativi in massa superiori a 50.000 kg |
|
Depositi di cereali e di altre macinazioni fino a 100.000 kg |
Mulini per cereali ed altre macinazioni; depositi oltre 100.000 kg |
28 |
Impianti per l'essiccazione di cereali e di vegetali in genere con depositi di prodotto essiccato con quantitativi in massa superiori a 50.000 kg |
|
|
tutti |
29 |
Stabilimenti ove si producono surrogati del caffè |
|
|
tutti |
30 |
Zuccherifici e raffinerie dello zucchero |
|
|
tutti |
31 |
Pastifici e/o riserie con produzione giornaliera superiore a 50.000 kg |
|
|
tutti |
32 |
Stabilimenti ed impianti ove si lavora e/o detiene foglia di tabacco con processi di essiccazione con oltre 100 addetti o con quantitativi globali in ciclo e/o in deposito superiori a 50.000 kg |
|
|
tutti |
33 |
Stabilimenti ed impianti per la produzione della carta e dei cartoni e di allestimento di prodotti cartotecnici in genere con oltre 25 addetti o con materiale in lavorazione e/o in deposito superiore a 50.000 kg |
|
|
tutti |
34 |
Depositi di carta, cartoni e prodotti cartotecnici, archivi di materiale cartaceo, biblioteche, depositi per la cernita della carta usata, di stracci di cascami e di fibre tessili per l'industria della carta, con quantitativi in massa superiori a 5.000 kg. |
|
fino a 50.000 kg |
oltre 50.000 kg |
35 |
Stabilimenti, impianti, depositi ove si producono, impiegano e/o detengono carte fotografiche, calcografiche, eliografiche e cianografiche, pellicole cinematografiche, radiografiche e fotografiche con materiale in lavorazione e/o in deposito superiore a 5.000 kg |
|
depositi fino a 20.000 kg |
tutti |
36 |
Depositi di legnami da costruzione e da lavorazione, di legna da ardere, di paglia, di fieno, di canne, di fascine, di carbone vegetale e minerale, di carbonella, di sughero e di altri prodotti affini con quantitativi in massa superiori a 50.000 kg con esclusione dei depositi all'aperto con distanze di sicurezza esterne superiori a 100 m |
|
fino a 500.000 kg |
oltre 500.000 kg |
37 |
Stabilimenti e laboratori per la lavorazione del legno con materiale in lavorazione e/o in deposito superiore a 5.000 kg |
|
fino a 50.000 kg |
oltre 50.000 kg |
38 |
Stabilimenti ed impianti ove si producono, lavorano e/o detengono fibre tessili e tessuti naturali e artificiali, tele cerate, linoleum e altri prodotti affini, con quantitativi in massa superiori a 5.000 kg |
|
fino a 10.000 kg |
oltre 10.000 kg |
39 |
Stabilimenti per la produzione di arredi, di abbigliamento, della lavorazione della pelle e calzaturifici, con oltre 25 addetti. |
|
|
tutti |
40 |
Stabilimenti ed impianti per la preparazione del crine vegetale, della trebbia e simili, lavorazione della paglia, dello sparto e simili, lavorazione del sughero, con quantitativi in massa in lavorazione o in deposito superiori a 5.000 kg |
|
|
tutti |
41 |
Teatri e studi per le riprese cinematografiche e televisive |
fino a 25 persone presenti |
oltre 25 e fino a 100 persone presenti |
oltre 100 persone presenti |
42 |
Laboratori per la realizzazione di attrezzerie e scenografie, compresi i relativi depositi, di superficie complessiva superiore a 200 m2 |
|
fino a 2.000 m2 |
oltre 2.000 m2 |
43 |
Stabilimenti ed impianti per la produzione, lavorazione e rigenerazione della gomma e/o laboratori di vulcanizzazione di oggetti di gomma, con quantitativi in massa superiori a 5.000 kg; depositi di prodotti della gomma, pneumatici e simili, con quantitativi in massa superiori a 10.000 kg |
|
depositi fino a 50.000 kg |
Stabilimenti ed impianti per la produzione, lavorazione e rigenerazione e/o laboratori; depositi oltre 50.000 kg |
44 |
Stabilimenti, impianti, depositi ove si producono, lavorano e/o detengono materie plastiche, con quantitativi in massa superiori a 5.000 kg |
|
depositi fino a 50.000 kg |
Stabilimenti ed impianti; depositi oltre 50.000 kg |
45 |
Stabilimenti ed impianti ove si producono e lavorano resine sintetiche e naturali, fitofarmaci, coloranti organici e intermedi e prodotti farmaceutici con l'impiego di solventi ed altri prodotti infiammabili |
|
fino a 25 addetti |
oltre 25 addetti |
46 |
Depositi di fitofarmaci e/o di concimi chimici a base di nitrati e/o fosfati con quantitativi in massa superiori a 50.000 kg |
|
fino a 100.000 kg |
oltre 100.000 kg |
47 |
Stabilimenti ed impianti per la fabbricazione di cavi e conduttori elettrici isolati, con quantitativi in massa in lavorazione e/o in deposito superiori a 10.000 kg; depositi e/o rivendite di cavi elettrici isolati con quantitativi in massa superiori a 10.000 kg. |
|
fino a 100.000 kg |
oltre 100.000 kg |
48 |
Centrali termoelettriche, macchine elettriche fisse con presenza di liquidi isolanti combustibili in quantitativi superiori a 1 m3 |
|
Macchine elettriche |
Centrali termoelettriche |
49 |
Gruppi per la produzione di energia elettrica sussidiaria con motori endotermici ed impianti di cogenerazione di potenza complessiva superiore a 25 kW. |
fino a 350 kW |
oltre 350 kW e fino a 700 kW |
oltre 700 kW |
50 |
Stabilimenti ed impianti ove si producono lampade elettriche e simili, pile ed accumulatori elettrici e simili, con oltre 5 addetti |
|
fino a 25 addetti |
oltre 25 addetti |
51 |
Stabilimenti siderurgici e per la produzione di altri metalli con oltre 5 addetti; |
|
fino a 25 addetti. |
oltre 25 addetti. |
52 |
Stabilimenti, con oltre 5 addetti, per la costruzione di aeromobili, veicoli a motore, materiale rotabile ferroviario e tramviario, carrozzerie e rimorchi per autoveicoli; cantieri navali con oltre 5 addetti |
|
fino a 25 addetti |
oltre 25 addetti |
53 |
Officine per la riparazione di: |
|
a) officine per veicoli a motore, rimorchi per autoveicoli e carrozzerie, di superficie fino a 1.000 m2 |
a) officine per veicoli a motore, rimorchi per autoveicoli e carrozzerie, di superficie superiore a 1.000 m2 |
54 |
Officine meccaniche per lavorazioni a freddo con oltre 25 addetti |
|
fino a 50 addetti |
oltre 50 addetti |
55 |
Attività di demolizioni di veicoli e simili con relativi depositi, di superficie superiore a 3.000 m2 |
|
fino a 5.000 m2 |
oltre 5.000 m2 |
56 |
Stabilimenti ed impianti ove si producono laterizi, maioliche, porcellane e simili con oltre 25 addetti |
|
fino a 50 addetti |
oltre 50 addetti |
57 |
Cementifici con oltre 25 addetti |
|
|
tutti |
58 |
Pratiche di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 e s.m.i.soggette a provvedimenti autorizzativi (art. 27 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 ed art. 13 legge 31 dicembre 1962, n. 1860). |
|
Assoggettate a nulla osta di categoria B di cui all'art. 29 del d.lgs. 230/95 s.m.i |
Assoggettate a nulla osta di categoria A di cui all'art. 28 del d.lgs. 230/95 s.m.i e art. 13 della legge n. 1860/62 |
59 |
Autorimesse adibite al ricovero di mezzi utilizzati per il trasporto di materie fissili speciali e di materie radioattive (art. 5 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, sostituito dall'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1965, n. 1704; art. 21 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230) |
|
|
tutti |
60 |
Impianti di deposito delle materie nucleari ed attività assoggettate agli articoli 33 e 52 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 e s.m.i, con esclusione dei depositi in corso di spedizione. |
|
|
tutti |
61 |
Impianti nei quali siano detenuti combustibili nucleari o prodotti o residui radioattivi [art. 1, lettera b) della legge 31 dicembre 1962, n. 1860] |
|
|
tutti |
62 |
Impianti relativi all'impiego pacifico dell'energia nucleare ed attività che comportano pericoli di radiazioni ionizzanti derivanti dal predetto impiego: |
|
|
tutti |
63 |
Stabilimenti per la produzione, depositi di sapone, di candele e di altri oggetti di cera e di paraffina, di acidi grassi, di glicerina grezza quando non sia prodotta per idrolisi, di glicerina raffinata e distillata ed altri prodotti affini, con oltre 500 kg di prodotto in lavorazione e/o deposito. |
|
fino a 5.000 kg |
oltre 5.000 kg |
64 |
Centri informatici di elaborazione e/o archiviazione dati con oltre 25 addetti |
|
fino a 50 addetti |
oltre 50 addetti |
65 |
Locali di spettacolo e di trattenimento in genere, impianti e centri sportivi, palestre, sia a carattere pubblico che privato, con capienza superiore a 100 persone, ovvero di superficie lorda in pianta al chiuso superiore a 200 m2 . |
|
fino a 200 persone |
oltre 200 persone |
66 |
Alberghi, pensioni, motel, villaggi albergo, residenze turistico - alberghiere, studentati, villaggi turistici, alloggi agrituristici, ostelli per la gioventù, rifugi alpini, bed & breakfast, dormitori, case per ferie, con oltre 25 posti-letto; |
fino a 50 posti letto |
oltre 50 posti letto fino a 100 posti letto; |
oltre 100 posti letto |
67 |
Scuole di ogni ordine, grado e tipo, collegi, accademie con oltre 100 persone presenti; |
fino a 150 persone |
oltre 150 e fino a 300 persone; asili nido |
oltre 300 persone |
68 |
Strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero e/o residenziale a ciclo continuativo e/o diurno, case di riposo per anziani con oltre 25 posti letto; |
fino a 50 posti letto Strutture riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio fino a 1.000 m2 |
Strutture fino a 100 posti letto; Strutture riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio oltre 1.000 m2 |
oltre 100 posti letto |
69 |
Locali adibiti ad esposizione e/o vendita all'ingrosso o al dettaglio, fiere e quartieri fieristici, con superficie lorda superiore a 400 m2 comprensiva dei servizi e depositi. Sono escluse le manifestazioni temporanee, di qualsiasi genere, che si effettuano in locali o luoghi aperti al pubblico. |
fino a 600 m2 |
oltre 600 e fino a 1.500 m2 |
oltre 1.500 m2 |
70 |
Locali adibiti a depositi di superficie lorda superiore a 1000 m2 con quantitativi di merci e materiali combustibili superiori complessivamente a 5.000 kg |
|
fino a 3.000 m2 |
oltre 3.000 m2 |
71 |
Aziende ed uffici con oltre 300 persone presenti |
fino a 500 persone |
oltre 500 e fino a 800 persone |
oltre 800 persone |
72 |
Edifici sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, aperti al pubblico, destinati a contenere biblioteche ed archivi, musei, gallerie, esposizioni e mostre, nonché qualsiasi altra attività contenuta nel presente Allegato. |
|
|
tutti |
73 |
Edifici e/o complessi edilizi a uso terziario e/o industriale caratterizzati da promiscuità strutturale e/o dei sistemi delle vie di esodo e/o impiantistica con presenza di persone superiore a 300 unità, ovvero di superficie complessiva superiore a 5.000 m2, indipendentemente dal numero di attività costituenti e dalla relativa diversa titolarità. |
|
fino a 500 unità ovvero fino a 6.000 m2 |
oltre 500 unità ovvero oltre 6.000 m2 |
74 |
Impianti per la produzione di calore alimentati a combustibile solido, liquido o gassoso con potenzialità superiore a 116 kW |
fino a 350 kW |
oltre 350 kW e fino a 700 kW |
oltre 700 kW |
75 |
Autorimesse pubbliche e private, parcheggi pluriplano e meccanizzati di superficie complessiva coperta superiore a 300 m2; locali adibiti al ricovero di natanti ed aeromobili di superficie superiore a 500 m2; depositi di mezzi rotabili (treni, tram ecc.) di superficie coperta superiore a 1.000 m2 . |
Autorimesse fino a 1.000 m2 |
Autorimesse oltre 1.000 m2 e fino a 3.000 m2; ricovero di natanti ed aeromobili oltre 500 m2 e fino a 1000 m2 |
Autorimesse oltre 3000 m2; ricovero di natanti ed aeromobili di superficie oltre i 1000 m2; depositi di mezzi rotabili |
76 |
Tipografie, litografie, stampa in offset ed attività similari con oltre cinque addetti. |
|
fino a 50 addetti |
oltre 50 addetti |
77 |
Edifici destinati ad uso civile con altezza antincendio superiore a 24 m |
fino a 32 m |
oltre 32 m e fino a 54 m |
oltre 54 m |
78 |
Aerostazioni, stazioni ferroviarie, stazioni marittime, con superficie coperta accessibile al pubblico superiore a 5.000 m2; metropolitane in tutto o in parte sotterranee. |
|
|
tutti |
79 |
Interporti con superficie superiore a 20.000 m2 |
|
|
tutti |
80 |
Gallerie stradali di lunghezza superiore a 500 m e ferroviarie superiori a 2000 m |
tutte |
|
|
Certifico Srl - IT
©Copia autorizzata Abbonati
Rev. | Data | Oggetto | Autore |
5.0 | 03.12.2022 | Decreto 22 Novembre 2022 | Certifico Srl |
4.0 | 31.05.2022 | Decreto 19 Maggio 2022 | Certifico Srl |
3.0 | 26.10.2021 | Decreto 14 ottobre 2021 | Certifico Srl |
2.0 | 10.04.2021 | Decreto 29 marzo 2021 | Certifico Srl |
1.0 | 23.07.2020 | Modifiche introdotte da: Decreto 10 Luglio 2020 Edifici tutelati Decreto 6 Aprile 2020 Asili nido |
Certifico Srl |
0.0 | 13.10.2019 | --- | Certifico Srl |
Collegati
Decreto 3 agosto 2015: Pubblicato il Testo Unico di Prevenzione Incendi (RTO)
Decreto Ministero dell'Interno 18 ottobre 2019
Decreto Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151
Elenco Attività soggette visite Prevenzione Incendi D.P.R. 151/2011
Decreto 12 aprile 2019
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Tabella di lettura DM 3 agosto 2015 - DPR 151 2011 Rev. 3.0 2021.pdf Certifico Srl - Rev. 3.0 2021 |
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Tabella di lettura DM 3 agosto 2015 - DPR 151 2011 Rev. 2.0 2021.pdf Certifico Srl - Rev. 2.0 2021 |
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Tabella di lettura DM 3 agosto 2015 - DPR 151 2011 Rev. 1.0 2020.pdf Certifico S.r.l. Rev. 1.0 2020 |
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Tabella di lettura DM 3 agosto 2015 - DPR 151 2011 Rev. 00 2019.pdf Certifico S.r.l. Rev. 00 2019 |
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Decreto direttoriale MLPS n. 13 del 16 marzo 2017
Decreto direttoriale MLPS n. 13 del 16 marzo 2017
Istituzione Gruppo di lavoro tecnico con funzioni consultive per l’esame della documentazione relativa al rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 131 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Decreto Direttoriale n.55 del 25/09/2020
Ricostituzione del Gruppo di lavoro tecnico con funzioni consultive per l’esame della documentazione relativa al rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 131 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
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Art. 1 (Istituzione e composizione)
1. E’ istituito, presso la Direzione Generale della tutela delle condizioni di lavoro e delle relazioni industriali, un Gruppo di lavoro tecnico con funzioni consultive per l’esame della documentazione relativa al rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 131 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, nonché per la formulazione di pareri tecnici su eventuali profili applicativi concernenti la disciplina delle opere provvisionali di cui al medesimo articolo 131, composto da funzionari esperti in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro e dell’INAIL.
2. Il Gruppo di lavoro fornisce, all’esito di idonea istruttoria, un parere tecnico in ordine al rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 131 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, nonché per eventuali profili applicativi in materia di opere provvisionali.
3. Il Gruppo di lavoro di cui al comma 1 è composto dai seguenti componenti:
- ing. Aldo Chirianni, in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con funzioni di “coordinatore”;
- ing. Costantino Caruso, in rappresentanza dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro;
- ing. Luca Rossi, in rappresentanza dell'INAL;
- sig. Carlo Ratti, in rappresentanza dell'INAIL;
- ing. Raffaele Sabatino, in rappresentanza dell'INAIL
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segue in allegato
Collegati
Decreto Legislativo 4 agosto 1999 n. 359
Decreto Legislativo 4 agosto 1999 n. 359
Attuazione della direttiva 95/63/CE che modifica la direttiva 89/655/CEE relativa ai requisiti minimi di sicurezza e salute per l'uso di attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori.
(GU n.246 del 19.10.1999)
Collegati
Direttiva n. 89/655/CEE
Decreto Legislativo 19 settembre 1994 n. 626
D.Lgs. 81/2008 Testo Unico Salute e Sicurezza Lavoro
Decreto Ministeriale 2 settembre 1968
Decreto Ministeriale 2 settembre 1968 - Misure tecniche di sicurezza per i ponteggi metallici fissi
ID 18267 | 02.12.2022
Decreto Ministeriale 2 settembre 1968 - Riconoscimento di efficacia di alcune misure tecniche di sicurezza per i ponteggi metallici fissi, sostitutive di quelle indicate nel decreto del Presidente della Repubblica 7 giugno 1956, n. 164.
(GU n. 242 del 23 settembre 1968)
...
Collegati
Decreto Ministeriale 22 maggio 1992 n. 466
Decreto Ministeriale 22 maggio 1992 n. 466 / Sistema individuale per addetti al montaggio
ID 18265 | 02.12.2022
Decreto Ministeriale 22 maggio 1992, n. 466 - Regolamento recante il riconoscimento di efficacia di un sistema individuale per gli addetti al montaggio ed allo smontaggio dei ponteggi metallici.
(GU n. 284 del 2 dicembre 1992)
...
Collegati
Circolare 8 gennaio 2001 n. 3
Circolare 8 gennaio 2001 n. 3
ID 18263 | 02.12.2022
OGGETTO: Art. 2, comma 4 del D.Lgs. 359/99 Chiarimenti sul regime delle verifiche periodiche di talune attrezzature di lavoro
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Collegati
Check List | Schede di verifica ponteggi
Ponteggi fissi: quadro normativo
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Circolare 8 gennaio 2001 n. 3.pdf |
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Circolare MLPS n. 20 del 23 maggio 2003
Circolare MLPS n. 20 del 23 maggio 2003
ID 18261 | 02.12.2022
Circolare MLPS n. 20 del 23 maggio 2003: Oggetto: Chiarimenti in relazione all'uso promiscuo dei ponteggi metallici fissi.
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Collegati
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Circolare MLPS n. 20 del 23.05.2003.pdf |
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Circolare MLPS n. 4 del 22 febbraio 2006
Circolare MLPS n. 4 del 22 febbraio 2006
ID 18259 | 02.12.2022
Circolare MLPS n. 4 del 22 febbraio 2006: Oggetto: Art. 30 D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164 - Autorizzazione alla costruzione di ponteggi metallici fissi - Elenco Ditte.
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Circolare MLPS n. 4 del 22 febbraio 2006.pdf |
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Circolare n. 30 del 3 novembre 2006
Circolare n. 30 del 3 novembre 2006
ID 18257 | 02.12.2022
Oggetto: Art. 36-quater, D.Lgs. n. 626/94 e s.m.i. - Obblighi del datore di lavoro relativi all'impiego dei ponteggi
Chiarimenti concernenti i ponteggi su ruote (trabattelli) ed altre attrezzature per l'esecuzione di lavori temporanei in quota in relazione agli obblighi di redazione del piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.) e di formazione.
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Collegati
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Circolare n. 30 del 3 novembre 2006.pdf |
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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 45135 | 28 novembre 2022
Cassazione Penale Sez. 4 del 28 novembre 2022 n. 45135
Rottura delle catene di sollevamento della piattaforma elevabile. Omessa manutenzione e responsabilità del datore di lavoro e del RSPP che non svolge i propri compiti consultivi
Penale Sent. Sez. 4 Num. 45135 Anno 2022
Presidente: FERRANTI DONATELLA
Relatore: VIGNALE LUCIA
Data Udienza: 09/11/2022
1. Con sentenza del 29 aprile 2022, la Corte di appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto - ha riformato la sentenza emessa il 29 giugno 2021 dal Tribunale di Taranto limitatamente alla concessione agli imputati del beneficio della non menzione della condanna di cui all'art. 175 cod. pen. La sentenza di primo grado è stata confermata nel resto e, pertanto, P.L. e M.E. sono stati ritenuti responsabili del reato di cui all'art. 590, commi 1 e 3, cod. pen. in danno di S.M., dipendente della «Semat Engineering s.r.l.» società della quale P.L. era legale rappresentante e nella quale M.E. rivestiva la qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione. La sentenza di primo grado è stata confermata anche con riferimento alle statuizioni civili.
2. Il procedimento ha ad oggetto un infortunio sul lavoro verificatosi il 26 febbraio 2014 presso lo stabilimento Ilva di Taranto. Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, la «Semat Engineering s.r.l.» aveva ricevuto in appalto dall'Ilva il compito di provvedere alla registrazione e al tamponamento delle porte di chiusura dei forni. Per svolgere questo lavoro (che richiedeva di portarsi fino a sette metri di altezza rispetto alla passerella dell'impianto) la Semat si avvaleva di piattaforme di lavoro elevabili «Pid 8.5 cingolate» costruite e commercializzate dalla s.n.c. «Scalificio Clerici». Queste piattaforme consentivano la presenza in quota di un solo lavoratore che operava all'interno di un cestello munito di cinture di sicurezza ed era coadiuvato dal basso da un collega. Intorno alle 14:30 del 26 febbraio 2014 S.M. si trovava sulla piattaforma n. 25, a circa tre metri di altezza, e stava procedendo alla registrazione e al tamponamento della porta di chiusura del forno n. 126. Sulla passerella sottostante si trovava il caposquadra G.V. che lo coadiuvava. Il turno di lavoro era iniziato alle sette del mattino e, come stabilito, G.V. aveva eseguito una «checklist visiva» della piattaforma n. 25 e delle altre piattaforme in uso (n.22, n. 26 e n. 27) verificando la tensione delle funi, delle catene di stilo, delle carrucole delle catene, del serraggio delle viti; monitorando il livello dell'olio idraulico nel serbatoio e il livello delle batterie; verificando il regolare funzionamento del tasto di emergenza. S.M. stava applicando del collante con un pennello e non aveva portato sulla piattaforma altra attrezzatura che quella necessaria a tal fine. Improvvisamente, le catene che consentono lo spostamento verticale della piattaforma si spezzarono determinandone il brusco abbassamento. Poiché faceva uso delle cinture di sicurezza, S.M. non fu sbalzato fuori, ma, a causa del contraccolpo dovuto alla caduta della piattaforma, riportò la frattura di entrambe le gambe. La malattia conseguente ebbe una durata complessiva di 202 giorni.
Secondo l'ipotesi accusatoria, P.L. e M.E., nelle rispettive qualità sopra indicate, sarebbero responsabili dell'infortunio per aver omesso di disporre le «visite trimestrali di controllo su funi e catene» e non aver «tenuto conto di tale specifico obbligo di legge, previsto dall'art. 71 comma 3 d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81, anche ai fini della predisposizione del piano di lavoro e di sicurezza». La sentenza di appello ha escluso che nel caso di specie potesse trovare applicazione l'art. 71 comma 3 d.lgs. n. 81/08 «con riferimento alla mancata colposa adozione delle cautele imposte dall'allegato VI n. 3.1.2.» perché questa norma ha ad oggetto le attrezzature da lavoro deputate al sollevamento dei carichi. Ha ritenuto tuttavia che il richiamo all'art. 71 comma 3 d.lgs. n.81/08 avesse valenza più generale e ha sottolineato che, «in ragione di quanto previsto dall'allegato VI punto 1», questa norma impone comunque l'adozione di tutte le cautele necessarie a eliminare o almeno a ridurre i rischi connessi alle attrezzature da lavoro. Ha conseguentemente ritenuto che P.L. ed M.E. dovessero essere ritenuti responsabili del reato loro ascritto per «aver consentito l'impiego» della piattaforma ancorché la stessa non fosse stata «adeguatamente monitorata».
3. Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso contro la sentenza della Corte di appello. Si tratta di un unico atto di ricorso articolato in tre motivi che non espongono le doglianze in termini lineari e accavallano profili di censura diversi, non sempre in ordine logico. I motivi di ricorso, tuttavia, (come previsto dall'art. 173 comma 1 d.lgs. 28 luglio 1989 n. 271) possono essere sintetizzati nei limiti strettamente necessari alla decisione nei termini che seguono.
3.1 Col primo motivo i ricorrenti lamentano violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza di una condotta colposa rilevante ai sensi dell'art. 590 cod. pen. La difesa osserva che la Corte territoriale ha ritenuto la responsabilità degli imputati per colpa generica (la sentenza impugnata parla di «imprudenza per aver consentito l'impiego della attrezzatura senza che la stessa fosse stata adeguatamente monitorata») ancorché fosse emerso nel dibattimento che la piattaforma era oggetto di puntuale monitoraggio e di manutenzione e fosse stata provata solo l'omissione di visite trimestrali di controllo su funi e catene che la Corte di appello ha riconosciuto non essere dovute.
La difesa sottolinea che la piattaforma non fu destinata ad usi impropri; potevano utilizzarla solo lavoratori in possesso di specifico attestato di formazione; ne era vietato il sovraccarico; era previsto un check visivo da parte del caposquadra all'inizio di ogni turno di lavoro; era previsto che fossero rispettate le istruzioni di utilizzo previste dal fabbricante. Ricorda che la piattaforma era dotata di attestazione di conformità alla direttiva CE di riferimento e che la stessa aveva positivamente superato il collaudo da parte dei tecnici INAIL, sicché nessun addebito per colpa, neppure per generica negligenza, imprudenza o imperizia potrebbe essere formulato a carico degli imputati. Sostiene che tale addebito comporta comunque una immutazione del fatto, atteso che agli imputati era stata contestata la violazione dell'art. 71, comma 3, d.lgs. n. 81/08 ritenuta non sussistente dalla Corte di appello.
Quanto alle cause del sinistro, il difensore dei ricorrenti osserva che, secondo la Corte territoriale, sia per la polverosità dell'ambiente che per l'uso intensivo, le catene delle piattaforme avrebbero dovuto essere oliate con particolare frequenza, ma il costruttore non aveva previsto alcuna indicazione in tal senso. Rileva che, secondo i tecnici della prevenzione incaricati delle indagini, la piattaforma non era stata sovraccaricata. Sostiene che la Corte di appello ha individuato la causa della rottura delle catene in un difetto di manutenzione senza che tale circostanza sia stata accertata: in primo luogo perché non è stata eseguita una perizia sulle cause dell'incidente; in secondo luogo, perché non si è tenuto conto delle testimonianze a discarico, dalle quali emerge che il controllo tecnico delle piattaforme avveniva con cadenza almeno mensile e si è ritenuto che l'esecuzione di tali controlli potesse essere provata solo attraverso produzioni documentali.
Con specifico riferimento alla posizione di M.E., la difesa osserva che egli era responsabile del servizio di prevenzione e protezione, aveva quindi il compito di fornire supporto tecnico al datore di lavoro, ma non aveva compiti gestionali. Sostiene che la sentenza impugnata non ha spiegato se M.E. sia stato inadempiente ai propri obblighi di consulenza e neppure se tale ipotizzata inadempienza sia stata causa dell'infortunio.
3.2. Col secondo motivo, i ricorrenti lamentano vizi di motivazione e violazione di legge riguardo alla decisione adottata dal giudice di primo grado, e confermata dal giudice di appello, di non disporre una perizia volta a verificare le cause della rottura delle catene e le ragioni per le quali la piattaforma non era dotata di un sistema di sicurezza idoneo ad evitare che, in caso di rottura, la piattaforma potesse precipitare. La difesa osserva che i giudici di merito hanno ritenuto tale attività istruttoria non indispensabile alla decisione: da un lato perché, pur in assenza del sistema di blocco, la piattaforma era stata ritenuta conforme alla normativa, munita del marchio "CE" e collaudata; dall'altro, perché si è ritenuto che la mancata esecuzione da circa un anno di interventi di manutenzione documentati avesse impedito di rilevare l'usura delle catene. Il difensore sostiene che tale motivazione è manifestamente illogica e contraddittoria: perché, se la macchina fosse stata munita di sistemi di blocco, l'evento non si sarebbe verificato; perché solo una perizia avrebbe potuto individuare nell'usura la causa della rottura delle catene; perché la circostanza che la manutenzione non fosse regolarmente eseguita è stata smentita dalle deposizioni testimoniali, secondo le quali le piattaforme erano sottoposte a verifiche periodiche e, in ogni caso, a controllo visivo eseguito dal caposquadra all'inizio di ogni turno di lavoro.
Secondo la difesa, in assenza di un accertamento tecnico sulla causa della rottura, sarebbe impossibile affermare che l'infortunio fu determinato da difetto di controlli e di manutenzione. La sentenza impugnata sarebbe quindi viziata da carenza di motivazione quanto alla sussistenza del nesso causale tra la condotta asseritamente omessa e l'evento lesivo.
3.3. Col terzo motivo, i ricorrenti si dolgono del trattamento sanzionatorio. Sostengono che la scelta di applicare la pena della reclusione anziché quella della multa non sarebbe stata adeguatamente motivata.
l. I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.
2. Per ragioni di logica espositiva, deve essere esaminato per primo il secondo motivo col quale i ricorrenti si dolgono del mancato espletamento di una perizia volta a verificare le cause della rottura delle catene e le ragioni per le quali la piattaforma non era dotata di un sistema di blocco idoneo ad evitare che, in casi simili, la piattaforma potesse precipitare; una doglianza ha carattere preliminare perché riguarda la ricostruzione dei fatti sui quali è stata fondata l'affermazione della penale responsabilità.
Sul punto, la motivazione delle sentenze di merito - che possono essere lette congiuntamente e costituiscono un unico complessivo corpo decisionale in virtù dei ripetuti richiami che la sentenza d'appello opera alla sentenza di primo grado (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595) - non appare né lacunosa né, tanto meno, intrinsecamente contraddittoria. La perizia richiesta dalla difesa, infatti, è stata ritenuta non «assolutamente necessaria» alla luce degli accertamenti compiuti dai tecnici della prevenzione che hanno svolto le indagini, dai quali è emerso: che la catena si era rotta e che la piattaforma non era dotata di un sistema di blocco idoneo a prevenire danni in questa eventualità (pur esistente in altri macchinari simili). I giudici di merito hanno preso atto che, pur in assenza di tale sistema di blocco, la piattaforma era stata dotata di marcatura "CE" e regolarmente collaudata ai fini della messa in opera e hanno ritenuto che l'informazione probatoria fosse completa. Hanno osservato, infatti, che non poteva ipotizzarsi il malfunzionamento di un sistema di blocco inesistente (e non indispensabile), ma era stata accertata la rottura delle catene; e tale rottura, essendo stato escluso un sovraccarico della piattaforma, non poteva che essere dipesa da usura. In altri termini, i giudici di merito hanno individuato la causa della rottura delle catene nell'usura cui le stesse erano sottoposte e hanno ritenuto per questo di dover concentrare la propria attenzione sulla manutenzione del macchinario. Di ciò hanno fornito una motivazione coerente e completa che comporta la manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso.
Altro e diverso problema è quello che riguarda l'effettivo svolgimento dell'attività di manutenzione, che non era la perizia a dover accertare. Com'è evidente, questo argomento attiene alla prova del fatto, che i ricorrenti ritengono insussistente ed è quindi oggetto, insieme ad altri, del primo motivo di ricorso.
3. Nell'esaminare il primo motivo si deve premettere che nel ricorso si lamentano vizi di motivazione e violazioni di legge, ma, in concreto, anche le denunciate violazioni di legge si esauriscono in una critica alla motivazione adottata dai giudici di merito per sostenere l'esistenza della colpa e del nesso causale. È utile perciò ricordare che, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., il sindacato del giudice di legittimità sul provvedimento impugnato deve essere volto a verificare: che la motivazione della pronuncia sia "effettiva" e non meramente apparente, cioè realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; non sia "manifestamente illogica", perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica; non sia internamente "contraddittoria", sia quindi esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; non risulti fondata su argomenti logicamente "incompatibili" con «altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame» in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico. Alla Corte di cassazione è preclusa - in sede di controllo della motivazione - la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Un tal modo di procedere, infatti, trasformerebbe la Corte da giudice di legittimità nell'ennesimo giudice del fatto (tra tante: Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747).
3.1. La sentenza impugnata ha escluso che la responsabilità a titolo di colpa potesse essere fondata sulla violazione dell'art. 71 comma 3 d.lgs. n. 81/08 «con riferimento alla mancata colposa adozione delle cautele imposte dall'allegato VI n. 3.1.2.», contestata nel capo di imputazione e ritenuta sussistente dal Tribunale. Ha ritenuto infatti (accogliendo un motivo di appello) che il punto 3 dell'allegato VI faccia esclusivo riferimento alle «attrezzature di lavoro deputate al sollevamento dei carichi, tra le quali non possono essere ricomprese quelle utilizzate per il sollevamento delle persone». Non per questo, però, ha ritenuto sussistente solo una colpa generica. Ha sottolineato, infatti: in primo luogo, che l'allegato VI (richiamato dall'art. 71, comma 3, d.lgs. n. 81/08) impone al punto 1 l'adozione di tutte le cautele necessarie a eliminare o ridurre i rischi connessi all'uso delle attrezzature da lavoro; in secondo luogo, che fu imprudente consentire l'impiego della piattaforma «senza che la stessa fosse stata adeguatamente monitorata» (pag. 9 della motivazione della sentenza impugnata).
La Corte territoriale ha argomentato sull'assenza di controlli e di attività manutentive adeguate. Ha rilevato, infatti:
- che, come prova la documentazione acquisita nel corso delle indagini, le catene della piattaforma n. 25 furono controllate in officina «un considerevole numero di mesi» prima del fatto;
- che il continuativo e stabile impiego di quella piattaforma e le condizioni di lavoro connotate dalla abbondante presenza di polvere, esponevano gli ingranaggi «a maggior attrito in mancanza di reiterata oliatura, e quindi a un rischio di rottura superiore»;
- che, secondo le indicazioni fornite dai testimoni a discarico, sulle piattaforme utilizzate dai dipendenti della Semat veniva compiuta una generalizzata e cadenzata attività di manutenzione, ma nessun testimone è stato in grado di riferire tale attività manutentiva in termini specifici e temporalmente dettagliati alla piattaforma in questione (pag. 10 della sentenza impugnata).
La difesa obietta che, nel parlare di tale attività di manutenzione, i testi l'hanno riferita a tutte le piattaforme e quindi anche alla piattaforma n. 25, ma tale argomentazione non contrasta col dato, valutato decisivo dalla sentenza impugnata, che, come risulta dalla documentazione acquisita, le catene di quella piattaforma erano state sottoposte a controllo meccanico e sostituite per usura molto tempo prima dei fatti (precisamente - come riportato a pag. 9 della sentenza di primo grado - il 6 febbraio 2013 e il 22 febbraio 2013, date in cui nelle schede di manutenzione fu annotato: «controllo catene e pulegge consumate»).
Si tratta di motivazioni complete, scevre da profili di contraddittorietà o manifesta illogicità e dunque non censurabili in questa sede. Si deve ricordare, in proposito che, ai sensi dell'art. 71, comma 4, lett. b) d.lgs. n. 81/08, le attrezzature da lavoro devono essere «oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70» e che, come affermato da questa Corte di legittimità, «l'obbligo di "ridurre al minimo" il rischio di infortuni sul lavoro (art. 71, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81) impone al datore di lavoro di verificare e garantire la persistenza nel tempo dei requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei propri dipendenti [...], non essendo sufficiente, per ritenere adempiuto l'obbligo di legge, il rilascio, da parte di un organismo certificatore munito di autorizzazione ministeriale, della certificazione di rispondenza ai requisiti essenziali di sicurezza» (Sez. 3, n. 46784 del 10/11/2011, Lanfredi, Rv. 251620).
È così superato anche l'argomento, solamente enunciato nei motivi di ricorso, secondo il quale la piattaforma era stata verificata dall'Inail. Come risulta dalla sentenza di primo grado, infatti, tale verifica era avvenuta il 5 aprile 2013, quando erano passati meno di due mesi dall'ultimo controllo in officina di catene e pulegge; ma trascorsero più di dieci mesi tra questa verifica e l'infortunio.
3.2. L'argomento secondo il quale l'affermazione della penale responsabilità degli imputati sarebbe avvenuta ritenendo una colpa generica ed escludendo i profili di colpa specifica espressamente contestati è privo di pregio. Non soltanto perché - come sottolineato dalla sentenza impugnata - la colpa generica era stata contestata; ma soprattutto perché, con la motivazione sopra illustrata, la Corte territoriale ha ritenuto violate le norme di prevenzione contenute nell'art. 71 e nell'allegato VI del d.lgs. n. 81/08.
La Corte territoriale ha ritenuto tali violazioni determinanti sotto il profilo causale osservando che, se la piattaforma fosse stata sottoposta a regolari controlli di manutenzione, l'evento non si sarebbe verificato. Ha ritenuto, inoltre, che, in assenza di regolari controlli, l'evento fosse prevedibile ed evitabile. Ha sottolineato, in proposito che, meno di due anni prima (il 16 aprile 2012), si era verificato un incidente identico, determinato dalla rottura delle catene di una piattaforma, e sulla non contraddittorietà o illogicità di tale motivazione non occorre spendere parole.
3.3. Ai sensi degli artt. 17 e 28 d.lgs. n. 81/08 incombe sul datore di lavoro l'obbligo di verificare la conformità dei macchinari alle prescrizioni di legge e di impedire l'utilizzazione di quelli che, per qualsiasi causa - inidoneità originaria o sopravvenuta - siano pericolosi per l'incolumità del lavoratore che li manovra (Sez. 4, n. 3917 del 17/12/2020, dep. 2021, Dal Maso, Rv. 280382).
Quanto ad M.E., responsabile del servizio di prevenzione e protezione, la sentenza impugnata e quella di primo grado hanno ritenuto che egli non avesse adempiuto puntualmente al proprio ruolo non avendo raccomandato a P.L. verifiche periodiche sull'integrità delle catene, non avendo vigilato perché tali verifiche fossero compiute e non avendo predisposto un piano di lavoro e di sicurezza contenente previsioni in tal senso. Tali conclusioni sono conformi ai principi di diritto che regolano la materia. Si è ritenuto, infatti che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione possa essere considerato responsabile del verificarsi di un infortunio, anche in concorso col datore di lavoro, «ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione faccia seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità del RSPP per non avere segnalato nell'ultimo DVR il rischio di caduta nel vuoto per il cattivo stato di manutenzione dei parapetti di un balcone, in concorso con quella ascritta al datore di lavoro per non avere sollecitato la società proprietaria dell'immobile ad eseguire i necessari lavori di manutenzione, ritenendo irrilevante, ai fini dell'esclusione della responsabilità del primo, la circostanza che il rischio non segnalato fosse noto al datore di lavoro) (Sez. 4, n. 24822 del 10/03/2021, Solari, Rv. 281433; nello stesso senso Sez. 4, n. 32195 del 15/07/2010, Scagliarini, Rv. 248555; sull'argomento si veda anche: Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn Rv. 261107).
4. La sentenza impugnata sostiene che l'evento lesivo fu causato dall'usura (e conseguente rottura) delle catene che sostenevano la piattaforma e che M.E. e P.L. lo resero possibile non adempiendo puntualmente ai rispettivi obblighi. La Corte territoriale osserva che M.E. non svolse i propri compiti consultivi in modo corretto perché non segnalò a P.L. la necessità di una attenta manutenzione e perciò lo ritiene responsabile dell'evento. Individua, inoltre, la regola di prevenzione violata nella carenza di una adeguata manutenzione periodica.
La motivazione non è carente, contraddittoria o illogica, e certamente non contrasta con i principi di diritto che disciplinano la materia. Non è, quindi, censurabile né sotto il profilo dell'identificazione del rischio concretizzatosi, né per quanto riguarda le regole cautelari applicabili. Neppure è censurabile, perché coerente con le emergenze istruttorie, l'identificazione della condotta alternativa doverosa, individuata nell'adempimento dell'obbligo di manutenzione e, per M.E., nella programmazione del controllo meccanico delle catene e pulegge (pag. 9 della sentenza di primo grado). La prevedibilità e l'evitabilità dell'evento dannoso, inoltre, sono congruamente motivate sulla base della constatazione che un infortunio identico si era verificato due anni prima e l'ultimo controllo su catene e pulegge era stato eseguito nel febbraio 2013.
5. Col terzo e ultimo motivo i ricorrenti si dolgono dell'entità della pena inflitta determinata dal giudice di primo grado, per ciascun imputato, in mesi due di reclusione, previa applicazione delle circostanze attenuanti generiche. Il motivo è inammissibile essendo stato proposto per la prima volta nell'atto di ricorso. Nell'impugnare la sentenza di primo grado, infatti, gli appellanti non avevano censurato l'entità della pena inflitta in primo grado, ma solo la mancata concessione del beneficio della non menzione e tale motivo di appello è stato accolto in sede di gravame. Si deve ricordare allora che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura "a priori" un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello» (fra le tante: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316; Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Tocco, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, Martorana, Rv. 279903; Sez. 2, n. 46765 del 09/12/2021, Bruno, Rv. 282322).
6. Poiché i ricorsi sono inammissibili, non deve essere dichiarata la prescrizione del reato che sarebbe maturata dopo la sentenza d'appello. La giurisprudenza di questa Corte di legittimità, infatti, ha più volte ribadito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen (così Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. U., n. 23428 del 2/3/2005, Bracale, Rv. 231164, e Sez. U. n. 19601 del 28/2/2008, Niccoli, Rv. 239400; Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, Ciaffoni, Rv. 256463).
7. All'inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che i ricorrenti non versassero in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a carico di ciascuno di loro, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere di versare la somma di€ 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
Infine, gli imputati devono essere condannati in solido alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile costituita il cui difensore ha partecipato all'udienza e depositato conclusioni scritte. Si ritiene equo procedere alla liquidazione nella misura indicata in dispositivo.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, gli imputati in solido alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile S.M. Gabriele che liquida in complessivi euro 3. 000, 00 oltre accessori di legge.
Così deciso il 9 novembre 2022
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Penale Sent. Sez. 4 Num. 45135 Anno 2022.pdf |
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Alimentazione al lavoro: un possibile modello di intervento
Alimentazione al lavoro: un possibile modello di intervento
ID 18234 | 30.11.2022 / In allegato Fact Sheet INAIL 2022
La scorretta alimentazione è un fattore di rischio modificabile e prevenibile che può portare all’insorgenza o al peggioramento di alcune malattie croniche non trasmissibili.
Le abitudini alimentari sono profondamente influenzate dai fattori socio-economico-culturali nonché dalle condizioni psico-fisiche individuali che incidono a loro volta sulla qualità della vita.
L’Inail ha promosso il progetto di ricerca-intervento di prevenzione alimentare al lavoro favorendo un cambiamento sulla salute alimentare individuale e dell’ambiente di lavoro, secondo la visione sistemica della salute. La scheda informativa riassume il modello di intervento attuato per la sua realizzazione e predisporlo come una soluzione procedurale.
...
Fonte: INAIL
Analisi dei rischi lavorativi nelle lavanderie industriali
Analisi dei rischi lavorativi nelle lavanderie industriali
ID 18175 | 25.11.2022 / In allegato pubblicazione INAIL 2022
La pubblicazione esamina i rischi lavorativi delle lavanderie industriali, le quali esercitano attività a supporto di diverse realtà produttive, principalmente il comparto ospedaliero e quello ricettivo (alloggi e ristorazione), attraverso il noleggio e il lavaggio di materiali tessili e, se necessario, la loro sterilizzazione. Le aziende tecnologicamente più avanzate effettuano anche la fornitura e la manutenzione di abiti da lavoro e di kit sterili per sale operatorie.
Sebbene il comparto abbia un’utilità sociale fondamentale, esso risulta ancora molto poco investigato dal punto di vista igienistico-industriale. Per tale motivo e allo scopo di colmare tale lacuna, la Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione e la Consulenza statistico attuariale dell’Inail, in collaborazione con Assosistema Confindustria, hanno realizzato l’opuscolo “Analisi dei rischi nelle lavanderie industriali”. Il lavoro analizza in maniera approfondita due aspetti complementari: da una parte i dati statistici relativi ad aziende e addetti assicurati all’Istituto - con la descrizione del fenomeno infortunistico e tecnopatico dal 2016 al 2021 - e dall’altra alcuni specifici rischi cui possono essere esposti i lavoratori.
Questi i rischi presi in esame: esposizione ad agenti biologici, esposizione ad agenti chimici, movimentazione manuale dei carichi, assunzione di posture incongrue, esposizione a campi elettromagnetici e rischi correlati alla manutenzione delle attrezzature di lavoro. Per ciascun rischio considerato, sono descritte le principali misure di prevenzione e di protezione (individuali e collettive).
_______
Indice
Prefazione Assosistema
Prefazione Inail
1. Introduzione
2. Descrizione dei processi delle lavanderie industriali
2.1 Ricezione della biancheria sporca
2.2 Cernita
2.3 Lavaggio e strizzatura
2.4 Asciugatura
2.5 Stiratura e piegatura
2.6 Riconsegna della biancheria pulita
2.7 Ulteriori reparti specifici di una lavanderia
2.7.1 Reparto materassi
2.7.2 Reparto rammendo
2.8 Altre attività delle lavanderie industriali
2.8.1 Attività di sterilizzazione Microlis
2.8.2 Attività di sterilizzazione del tessile operatorio
2.8.3 Attività di sterilizzazione dello strumentario chirurgico
3. Analisi dei rischi
3.1 Rischio biologico
3.1.1 Il rischio biologico nelle lavanderie industriali
3.1.2 La biocontaminazione dei tessili
3.1.3 Misure di prevenzione e protezione
3.1.4 Il controllo della biocontaminazione: la norma UNI EN 14065:2016
3.2 Rischio chimico
3.2.1 Agenti chimici utilizzati per il lavaggio, la decontaminazione e la sterilizzazione
3.2.2 L’uso dell’ossido di etilene per la sterilizzazione
3.2.3 Misure di prevenzione e protezione
3.3 Rischi legati alle attività di movimentazione manuale dei carichi
3.3.1 Le attività di movimentazione nelle lavanderie industriali
3.3.2 Rischi legati all’assunzione di posture incongrue
3.3.3 Misure di prevenzione e protezione
3.4 Rischio da esposizione a campi elettromagnetici
3.4.1 I Sistemi RFID
3.4.2 L’utilizzo dei Tag nelle lavanderie industriali
3.5 Rischio nelle operazioni di manutenzione delle attrezzature di lavoro e nei lavori in quota
3.5.1 Misure di prevenzione e protezione
4. Analisi del fenomeno infortunistico e tecnopatico nelle lavanderie industriali italiane nel quinquennio 2016 – 2020 e primi dati del 2021
4.1 Le aziende assicurate e gli addetti
4.2 Gli infortuni sul lavoro
4.2.1 Il periodo 2016-2020
4.2.2 I dati del 2021
4.3 Le malattie professionali
5. Considerazioni conclusive
Normativa di riferimento
Bibliografia
Sitografia
...
Fonte: INAIL
Collegati
D. Lgs 159/2016 EMC lavoro
Nuovi modelli scelta DPI lavoro
Lavanderia - Lista di controllo
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Analisi dei rischi lavorativi nelle lavanderie industriali.pdf INAIL 2022 |
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Il rischio esposizione occupazionale benzene
Il rischio esposizione occupazionale al benzene: Info e Documenti / Rev. 1.0 Dicembre 2022
ID 6148 | Rev. 1.0 del 06.12.2022
La Direttiva (UE) 2022/431 (GU L 88/1 del 16.03.2022) (non recepita alla data articolo / entrata in vigore il 05.04.2024, da recepire entro il 05.04.2024), porterà il VLEP sul benzene da 3,25 mg/m3 o 1 ppm (attuale) a 0,66 mg/m3 o 0,2 ppm.
Introduce, anche, un transitorio di 4 anni su tale valore pari a VLEP 1 ppm (3,25 mg/m3) fino al 5 aprile 2024 e 0,5 ppm (1,65 mg/m3) dal 5 aprile 2024 fino al 5 aprile 2026.
Rischio occupazionale al benzene, con Documenti Ufficiali EU, di Enti, Studi sul rischio di esposizione occupazionale alla sostanza e relativi valori riscontrati. Il benzene è presente come sostanza cancerogena nell'Allegato XLIII del D Lgs. 81/08 e s.m.i.:
1. European Union Risk Assessment Report Benzene Exposure Scenary
2. European Union Risk Assessment Report Benzene
3. French service station study of ambient benzene levels
4. Esempio SDS Benzene
5. IARC monograph 100F benzene
6. Health risk characterization for exposure to benzene in service stations
7. Profilo di rischio nel comparto distributori di benzina
8. Misurazione esposizione benzene stazioni carburanti ASL BG 2000
9. Prevenzione rischi salute lavoratori benzene aree carburante
10. Linee guida rischio benzene ISPESL 1998
11. Min salute benzene 2015
12. Scheda ILO (Rev. 1.0 2022)
13. Scheda Dors (Rev. 1.0 2022)
Cos'è il benzene
Il benzene (C6H6) è un composto organico volatile (COV) capostipite del gruppo degli idrocarburi aromatici. È un liquido incolore, facilmente infiammabile, dal caratteristico odore aromatico che a temperatura ambiente volatilizza facilmente.
È impiegato per la produzione di composti chimici di base utilizzati a loro volta per la produzione di policarbonati, resine epossidiche e nylon ed è un costituente in tracce della frazione aromatica della benzina impiegata, in sostituzione dei composti del piombo, come antidetonante nella “benzina verde”. La composizione delle benzine, associata al numero di veicoli circolanti, rende il traffico la principale sorgente dell’inquinamento da benzene. Infatti circa il 90% delle emissioni vengono attribuite alle produzioni legate al ciclo della benzina: raffinazione, distribuzione dei carburanti e traffico veicolare, che incide per circa l’80% sul totale.
Negli ambienti indoor il benzene può essere emesso dal fumo di sigaretta e da vari prodotti eventualmente contaminati (es. colle, adesivi, solventi, vernici). Importanti concentrazioni di benzene sono riscontrabili in particolare nei periodi immediatamente successivi alla posa dei vari materiali. Un'errata collocazione delle prese d'aria in prossimità di aree ad elevato inquinamento (es. vie ad alto traffico, parcheggio sotterraneo, autofficina) può determinare una importante penetrazione di benzene dall'esterno.
Nelle abitazioni senza fumatori sono generalmente rilevati livelli inferiori a 0,01 mg/m3, mentre in quelle con fumatori sono presenti livelli generalmente superiori (0,01-0,02 mg/m3).
Il benzene è un inquinante ubiquitario, in quanto già presente nell'aria ed eventualmente presente nell'attività lavorativa. I lavoratori per i quali si riscontra il "rischio esposizione benzene lavoro", potrebbero in effetti essere sospetti esposti anche a rischio benzene nell'aria/altro (ambientale).
Occorre stabilire e quantificare il livello di rischio occupazionale dal livello di rischio ambientale, con studi/procedure/campionamenti adeguati.
Secondo l’OMS il benzene "inquinante ubiquitario" con concentrazioni medie variabili fra 1 e 160 μg/m3.
CLP
Info
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GHS 02 - Infiammabile | GHS 07 - Varie | GHS 08 - Pericolo per la salute |
Classificazione IARC
Il benzene è una sostanza cancerogena, classificato dallo IARC nel gruppo 1, cioè tra le sostanze per le quali esiste un’evidenza accertata di induzione di tumori nell’uomo.
Può essere facilmente assorbito per inalazione, contatto cutaneo o ingestione.
H350 Carc. 1A
H340 Muta. 1B
Effetti sulla salute occupazionale e indor
Il benzene viene facilmente assorbito dopo l'inalazione e il contatto con la pelle.
L'esposizione dermale è generalmente bassa a causa della rapida evaporazione del benzene e soltanto un'esposizione prolungata potrebbe rappresentare un rischio. Per esposizione cutanea prolungata e inalazione esposizione a livelli inferiori a 1 ppm (3,2 mg/m3) le uniche preoccupazioni sono per la mutagenicità e cancerogenicità.
E' stato ipotizzato che l'inquinamento indoor da benzene possa costituire un significativo rischio cancerogeno per i soggetti che trascorrono molto tempo in ambienti confinati, anche se l'insufficiente caratterizzazione di tale inquinamento rende questa valutazione non ancora conclusiva.
In allegato il Documento completo
Normativa occupazionale e ambientale
Il valore di esposizione occupazione al benzene è riportato D Lgs. 81/08 e s.m.i. (Allegato XLIII). Per l’aria atmosferica esterna esiste come riferimento normativo il Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 155, in recepimento della Direttiva sulla Qualità dell’Aria Ambiente e Aria più Pulita per l’Europa n. 50/2008 del 21 maggio 2008, che fissa i valori limite e gli obiettivi di qualità per le concentrazioni nell’aria ambiente di biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, piombo, particolato PM10, particolato PM2.5 e ozono.
Valori limite e di consenso EU/Altri
Valore limite (TLV-TWA) D Lgs. 81/08 e s.m.i. (Allegato XLIII): 3,25 μg/m3 o 1 ppm Direttiva 2004/37/CE (6a Direttiva particolare).
Direttiva (UE) 2022/431 (GU L 88/1 del 16.03.2022): 0,66 mg/m3 o 0,2 ppm. (dal recepimento).
Misure transitorie
La Direttiva (UE) 2022/431 (GU L 88/1 del 16.03.2022) (non recepita alla data articolo / entrata in vigore il 05.04.2024 da recepire entro il 05.04.2024), rivede i VLEP sul benzene da 3,25 mg/m3 o 1 ppm (attuale) a 0,66 mg/m3 o 0,2 ppm.
Introduce, anche, un transitorio di 4 anni su tale valore pari a VLEP 1 ppm (3,25 mg/m3) fino al 5 aprile 2024 e 0,5 ppm (1,65 mg/m3) dal 5 aprile 2024 fino al 5 aprile 2026.
(considerando 23):
(23) Per quanto riguarda il benzene, potrebbe essere difficile rispettare un valore limite di 0,2 ppm (0,66 mg/m3) in alcuni settori nel breve termine. È pertanto opportuno introdurre un periodo transitorio di quattro anni dall’entrata in vigore della presente direttiva. Come misura transitoria, il valore limite di 1 ppm (3,25 mg/m3) di cui alla direttiva (UE) 2019/130 del Parlamento europeo e del Consiglio dovrebbe continuare ad applicarsi fino al 5 aprile 2024, mentre dal 5 aprile 2024 e fino al 5 aprile 2026 dovrebbe applicarsi un valore limite transitorio di 0,5 ppm (1,65 mg/m3).
La Direttiva 97/42/CE (abrogata dalla Direttiva 2004/37/CE) prevedeva, inizialmente, un transitorio Valore limite di 3 ppm (= 9,75 mg/m3) fino al 27 giugno 2003, vedi timeline a seguire.
Fig. 1 - Timeline VLEP Benzene
Nome agente |
N. CE |
N. CAS |
Valori limite |
Osservazioni |
Misure transitorie |
||
mg/m3 (1) |
ppm |
f/ml |
|||||
Benzene |
200-753-7 |
71-43-2 |
3,25 (0.66) |
1 |
- |
Pelle (4) |
VL 1 ppm (3,25 mg/m3) fino al 5 aprile 2024. |
(*) Direttiva (UE) 2022/431 - Da recepire
(1) mg/m3 = milligrammi per metro cubo di aria a 20 °C e 101,3 kPa (corrispondenti alla pressione di 760 mm di mercurio).
(2) ppm = parti per milione per volume di aria (ml/m3).
(3) f/ml = fibre per millilitro.
(4) Contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea
Valore limite TLV-TWA ACGIH: 1600 μg/m3 (Vedi)
Valori proposti dall’AGS Committee in Germania:
1900 μg/m3 - rischio tollerabile*
200 μg/m3 - rischio accettabile**
20 μg/m3 dal 2018, come rischio accettabile**
*Rischio tollerabile
Concentrazione di una sostanza che determina un rischio di 4:1000 (4 casi aggiuntivi di tumore ogni 1000 esposti) per esposizioni 8 ore/die per 40 anni di vita lavorativa. Il rischio, stimato sulla base di dati sull'uomo e/o sull'animale da esperimento, corrisponde al rischio di tumore polmonare di un soggetto non fumatore, non esposto a sostanze pericolose nell'ambiente di lavoro. I lavoratori non dovrebbero essere esposti per nulla a concentrazioni superiori al valore di rischio tollerabile
Rischio Tollerabile = Soglia di pericolo
**Rischio accettabile
Concentrazione di una sostanza che determina un rischio pari a 4:10000 (4 casi aggiuntivi di tumore ogni 10000 esposti) fino al 2013 (periodo di transizione necessario poichè in molti casi un'ulteriore riduzione non appariva possibile); dal 2018 sarà ridotto a 4:100000. Corrisponde al rischio generico di insorgenza di neoplasia per esposizioni al di fuori dell'ambiente di lavoro (“rischio ambientale residuo generico”).
Rischio Accettabile = Soglia di attenzione (‘preoccupazione’)
US OSHA (PEL): 1 ppm TWA 5 ppm STEL (vedi)
US NIOSH (REL): 0.1 ppm TWA 1 ppm STEL (vedi)
Olanda: 700 μg/m3
Svizzera: 1600 μg/m3
Danimarca: 1600 μg/m3
UE Risk Assessment Report Benzene Exposure Benzene 2008
Nel Documento UE European Union Risk Assessment Report Benzene Exposure 2008 (vedi allegato) sono riportati dati di OEL per diversi scenari di esposizione occupazionale:
Scenario 1: Production, further processing and refinery
Scenario 2: Recovering of benzene in coking plants
Scenario 3: Production of perfumes
Scenario 4: Production of formulations
Scenario 5: Distribution of gasoline
Scenario 6: Automobile industry, mechanical engineering, car repair, and car recycling
Scenario 7: Service stations
Scenario 8: Tank cleaning
Scenario 9: Use of formulations containing residual benzene
Scenario 10: Tire making and retreading
Scenario 11: Release of benzene as a decomposition product in foundries
...
Exposure to benzene in car repair shops and garages
1) 8 h time weighted average were calculated on the basis of short-term levels
2) Metal working industry , repair shops, activities: repair, maintenance, work at test stands, High exposure levels were obtained around motor
test stands and in the area of repairing gasoline pumps or engines
3) Exposure in the range of the 90th percentile (7.8 mg/m3) were found during maintenance and repair of gasoline engines
4) Duration of exposure relevant activities
...
Benzene exposures at workplaces belonging to service stations
1) Highest measurement result associated with small spillage
VR: vapour recovery
...
1. La Commissione valuta il rapporto fra gli effetti sulla salute degli agenti chimici pericolosi e il livello di esposizione professionale in base ad una valutazione scientifica indipendente dei più aggiornati dati scientifici disponibili.
2. In base alla valutazione di cui al paragrafo 1 e previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, la Commissione propone, sotto forma di valori limite indicativi di esposizione professionale, obiettivi europei in materia di protezione dei lavoratori dai rischi chimici, da fissare a livello comunitario.
Tali valori limite sono fissati o riveduti tenendo conto della disponibilità di tecniche di misurazione, secondo la procedura di cui all'articolo 17 della direttiva 89/391/CEE. Gli Stati membri informano le organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori in merito ai valori limite di esposizione professionale stabiliti a livello comunitario.
3. Per ogni agente chimico in relazione al quale sia fissato, a livello comunitario, un valore limite indicativo di esposizione professionale, gli Stati membri fissano un valore limite nazionale di esposizione, tenendo conto del valore limite comunitario, e ne determinano la natura in base alla normativa e alla prassi nazionali.
4. I valori limite di esposizione professionale obbligatori possono essere fissati a livello comunitario e, in aggiunta ai fattori considerati per la determinazione dei valori limite indicativi di esposizione professionale, tengono conto dei fattori di fattibilità mantenendo al tempo stesso l'obiettivo di garantire la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. Detti valori limite sono fissati secondo la procedura di cui all'articolo 118 A del trattato e indicati nell'allegato I della presente direttiva.
5. Per ogni agente chimico in relazione al quale sia fissato un valore limite di esposizione professionale obbligatorio, gli Stati membri fissano un valore limite nazionale di esposizione professionale obbligatorio corrispondente, basato sul valore del limite comunitario, ma non superiore ad esso.
6. I valori limite biologici obbligatori possono essere ricavati a livello comunitario in base alla valutazione di cui al paragrafo 1 e alla disponibilità di tecniche di misurazione e riflettono i fattori di fattibilità mantenendo, al tempo stesso, l'obiettivo di garantire la salute dei lavoratori sul posto di lavoro. Detti valori limite sono fissati secondo la procedura di cui all'articolo 118 A del trattato e sono indicati nell'allegato II della presente direttiva, insieme ad altre informazioni pertinenti in materia di sorveglianza sanitaria.
7. Per ogni agente chimico in relazione al quale sia fissato un valore limite biologico obbligatorio, gli Stati membri stabiliscono un valore limite biologico nazionale obbligatorio corrispondente, basato sul valore del limite comunitario, ma non superiore ad esso.
8. Quando uno Stato membro introduce o modifica un valore limite nazionale di esposizione professionale o un valore limite biologico nazionale relativi ad un agente chimico, ne informa la Commissione e gli altri Stati membri, fornendo i relativi dati scientifici e tecnici. La Commissione intraprende le azioni adeguate.
9. Sulla base delle relazioni fornite dagli Stati membri a norma dell'articolo 15, la Commissione effettua una valutazione del modo in cui gli Stati membri hanno tenuto conto dei valori limite indicativi della Comunità laddove fissano i corrispondenti valori limite nazionali di esposizione professionali.
10. A norma dell'articolo 12, paragrafo 2, vengono sviluppati metodi standardizzati di misurazione e valutazione delle concentrazioni atmosferiche presenti sul posto di lavoro in relazione ai valori limite di esposizione professionale.
...
Esempi di attività lavorative e dati di OEL al benzene su Studi
A. Lavoratori con esposizione occupazionale primaria
A seguire un elenco di range di valori di Livelli di esposizione occupazionale a benzene per alcune attività e mansioni lavorative (fonte dati IT studi: Carrieri et, Fracasso et, Lovreglio et, De Palma et, Campo et, Violante et):
Livelli di esposizione occupazionale a benzene nell’industria petrolchimica:
- addetti industria petrolchimica 3.0-930.0 μg/m3
Livelli di esposizione occupazionale a benzene nelle attività di distribuzione dei carburanti:
- addetti distribuzione carburanti: 5.0-284.0 μg/m3 tra 5° e 95° percentile
- manutentori pompe: 4.6-514.9 μg/m3
- autisti trasporto carburante: 7.4-1017.1 μg/m3
Livelli di esposizione occupazionale a benzene nell'industria petrolchimica:
- addetti insdustria chimica di sintesi: dati recenti non disponibili.
- addetti cokerie: 3.9-105.0 μg/m3
Altri:
- addetti riparazione autoveicoli: valore mediano 140 μg/m3, Javelaud et al. 1998-
- lavoratori della manifattura di scarpe: nd
- operatori di tipografie: nd
- operatori di laboratori chimici e farmaceutici: nd
- operatori dell’industria di pesticidi, esplosivi, farmaci e cosmetici: nd
B. Lavoratori con esposizione occupazionale secondaria
Lavoratori che svolgono la loro mansione in ambienti di vita con concentrazioni di benzene relativamente alte (es. aree urbane ad alta densità di traffico)
- Vigili urbani: 2.0-76.0 μg/m3
- Autisti bus urbani: IT non disponibili
- Taxisti: ---
Valutazione dell’effettiva esposizione individuale e di gruppo a benzene
Il monitoraggio biologico rappresenta uno strumento indispensabile per la valutazione dell’effettiva esposizione individuale e di gruppo a benzene, complementare ma non alternativo al monitoraggio ambientale.
Misure generali per ridurre l’esposizione
- Non utilizzare materiali contenenti benzene.
- Non fumare negli ambienti chiusi.
- Ridurre al minimo l’uso di materiali che possono contenere benzene (colle, adesivi, solventi, vernici).
- Ventilare adeguatamente i locali quando vi sono possibili sorgenti di benzene e particolarmente durante e subito dopo la posa di materiali di costruzione e rivestimento.
- Mantenere ambienti sempre ben ventilati.
- Eventuali sistemi di ventilazione meccanica devono essere dotati di idonei filtri e regolarmente controllati.
- Il benzene è un agente cancerogeno si raccomanda di mantenere il livello di concentrazione il più basso possibile.
Valori limite stabiliti e valori cautelativi
Il decreto legislativo 81/2008 definisce come Valore Limite, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell’aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione a un periodo di riferimento determinato, stabilito nell’Allegato XLIII.
Rimane però ancora controversa l'opinione in base alla quale si può ritenere che esista, per le sostanze cancerogene, un livello di soglia “sicuro” al di sotto del quale il rischio di contrarre il tumore sia nullo. Esistono dei modelli matematici che descrivono la relazione dose-risposta per queste sostanze e che consentono di estrapolare il livello al di sotto del quale il rischio è pari a zero (NOEL, Not Observed Effect Limit).
Tuttavia, il comportamento di molte sostanze cancerogene è difficilmente classificabile in modelli comportamentali netti; la risposta individuale a tali sostanze è molto variabile ed adottare un modello matematico al posto di un altro, alle basse dosi, può portare a notevoli differenze nella stima della soglia di rischio. Nonostante i dubbi sulla loro efficacia, sono fissati a livello nazionale ed internazionale dei valori limite di esposizione professionali anche per gli agenti chimici cancerogeni e mutageni, nell’ottica che l’attribuzione di un limite possa comunque essere cautelativa per i lavoratori.
La definizione di Valore Limite nella nostra legislazione è, secondo l’art 222 comma 3 d del D. Lgs. 81/2008:
“d) valore limite di esposizione professionale: se non diversamente specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell'aria all'interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori è riportato nell'allegato XXXVIII;”. [/panel]
D Lgs. 81/08 e s.m.i.
Titolo IX
Sezione III Sorveglianza sanitaria
...
Capo II Protezione da agenti cancerogeni e mutageni
...
Art. 242 Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'articolo 236 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per i singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'articolo 236;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria e comunque dell'esposizione all'agente, considerando tutte le circostanze e le vie di esposizione possibilmente rilevanti per verificare l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa.
Art. 243. Registro di esposizione e cartelle sanitarie
1. I lavoratori di cui all'articolo 242 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 242, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio secondo quanto previsto dall'articolo 25, comma 1, lettera c).
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all'ISPESL, per il tramite del medico competente, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e, secondo le previsioni dell'articolo 25 del presente decreto, ne consegna copia al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cancerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati personali e nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna copia del registro di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati dal decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 12 luglio 2007, n. 155, ed aggiornati con decreto dello stesso Ministro, adottato di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, sentita la commissione consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali dati di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili alle regioni.
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D.Lgs. 81/2008 Testo Unico Salute e Sicurezza Lavoro
Direttiva 2008/50/CE
Decreto Legislativo 13 agosto 2010 n. 155
Raccomandazione ECHA nuovi OEL per benzene, acrilonitrile, nichel
Dati Inail n. 11 Novembre 2022
Dati Inail n. 11/2022: il trasporto e magazzinaggio tra le attività più a rischio di infortunio e malattia professionale
ID 18375 | 14.12.2022
Nel quinquennio 2017-2021 gli infortuni sul lavoro denunciati all’Inail nel trasporto e magazzinaggio mostrano un andamento in leggero aumento nel primo triennio e una netta diminuzione, pari al 21,5%, tra il 2019 e il 2020, per effetto della pandemia, per tornare nell’ultimo anno analizzato ai livelli del 2017 (47.939 infortuni contro i 47.566 di cinque anni prima, con un incremento dello 0,8%). I casi mortali, invece, fanno registrare un +20,1%, dai 149 casi del 2017 ai 179 del 2021, aumento tutto imputabile alla letalità del Covid-19. A questo settore di attività, che dà lavoro a circa 1,1 milioni di addetti e nel 2020 è stato notevolmente influenzato dal lockdown, con una riduzione del valore aggiunto rispetto all’anno precedente pari al 15,6%, a fronte di un calo del 6,8% nel complesso, è dedicato il nuovo numero di Dati Inail. Il periodico curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto segnala anche la parziale ripresa rilevata dall’Istat nel 2021, con una crescita superiore rispetto alla media delle attività economiche (+8,4% contro +6,4%), che però non ha permesso di recuperare i livelli pre-pandemia.
Le fasce di età più colpite sono quelle over 45 anni. Concentrando l’attenzione sugli infortuni definiti positivamente nel quinquennio 2017-2021, l’esposizione al rischio dei lavoratori del trasporto e magazzinaggio risulta tra le più alte. Il settore, infatti, è terzo per incidenza percentuale sul totale degli infortuni della gestione Industria e servizi e se non si considerasse il 2020, anno in cui la sanità ha registrato un numero di casi assolutamente anomalo a causa del Covid-19, sarebbe preceduto soltanto dal manifatturiero. Nel quinquennio analizzato il 12,1% degli infortuni accertati è avvenuto in itinere, nel percorso di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro, e il restante 87,9% in occasione di lavoro, percentuali che passano rispettivamente al 16,0% e all’84,0% per i casi mortali. L’82,8% degli infortuni riguarda lavoratori di sesso maschile, a conferma della forte prevalenza di uomini rispetto alle lavoratrici in questo settore. Le fasce di età più colpite sono quelle tra i 45-49 e 40-44 anni, con percentuali pressoché identiche (rispettivamente 14,8% e 14,4%), seguite da quelle 50-54 anni (13,7%) e 55-59 anni (12,3%).
Un incidente su 10 avviene nelle ore notturne. La distribuzione degli infortuni per ora di accadimento mostra che la maggior parte è concentrata nelle ore centrali della giornata lavorativa, tra le 7 e le 13 (45,6%) e tra le 13 e le 19 (35,7%), mentre il 10,0% avviene nelle ore notturne, tra la mezzanotte e le 7, percentuale che per l’intera gestione Industria e servizi scende al 6,5%, a dimostrazione del fatto che l’attività lavorativa del trasporto e magazzinaggio è svolta, più che in altri settori, nelle ore notturne, con tutti i rischi che ne derivano. Nel 36,8% dei casi i lavoratori si procurano delle contusioni, seguite da lussazioni e distorsioni (32,0%), mentre fratture (16,3%) e ferite (10,2%) sono meno frequenti.
È al secondo posto per numero di decessi da Covid-19. Il trasporto e magazzinaggio è anche uno dei settori più esposti al contagio professionale da Sars-CoV-2. Alla data di rilevazione dello scorso 31 ottobre le denunce pervenute all’Inail dall’inizio della pandemia sono state 18.780, di cui 106 con esito mortale. Numeri che nell’ambito dell’Industria e servizi rappresentano l’8,2% degli infortuni per contagio e il 15,2% dei decessi, collocando il settore al terzo posto per denunce e al secondo posto per casi mortali nella classifica per attività economica. Circa il 60% dei contagi si è verificato nei primi 10 mesi del 2022, con il picco da inizio pandemia registrato a gennaio (3.795 casi), mentre i decessi sono concentrati prevalentemente nelle fasi più acute della pandemia, con oltre sei su 10 avvenuti nel 2020, il 36% nel 2021 e meno dell’1% quest’anno.
Il 78% delle patologie denunciate riguarda il sistema osteomuscolare e il tessuto connettivo. Dall’analisi delle malattie professionali nel quinquennio 2017-2021 emerge una crescita delle denunce dell’8,3% tra il 2017 e il 2019 (da 2.766 a 2.996 casi), seguita nel 2020 da un calo del 24,8% (2.253), come conseguenza della pandemia da Covid-19, e da un nuovo aumento del 17,7% nel 2021 (2.651). Quasi otto denunce su 10 riguardano patologie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (2.057 casi), in particolare dorsopatie, malattie a carico della colonna vertebrale e disturbi dei tessuti molli. Tra i settori dell’Industria e servizi il trasporto e magazzinaggio si conferma anche nel 2021 al quarto posto per patologie denunciate (7,8% dei 34.045 casi denunciati in complesso, al netto dei non determinati), dopo manifatturiero (29,5%), costruzioni (26,0%) e commercio (9,8%).
Il focus sulla sicurezza stradale. Nel riprendere le considerazioni sulla sicurezza stradale contenute nel numero del luglio 2018, Dati Inail ribadisce che la principale forma di prevenzione attiva è la conduzione del veicolo da parte di un guidatore concentrato sulla sola guida, riposato e non distratto da alcuna altra attività. Le valutazioni di sicurezza effettuate dal consorzio europeo indipendente Euro NCAP (European New Car Assessment Programme) confermano, inoltre, come sia più sicura la conduzione di un veicolo allo stato dell’arte, dotato di quegli aiuti alla guida e alla sicurezza che vanno progressivamente migliorando. Alcuni veicoli di recente introduzione, come i monopattini, non sembrano però rappresentare una miglioria, in particolare rispetto a stabilità e capacità di frenata. Un interessante progresso nello sviluppo di elementi di sicurezza per i conduttori di mezzi a due ruote è costituito invece dallo sviluppo degli airbag personali, che limitano i danni a livello vertebrale.
...
Fonte: INAIL
Nuova modalità trasmissione comunicazioni lavoro agile | Template excel
Nuova modalità trasmissione comunicazioni lavoro agile | Template excel
ID 18325 | 09.12.2022 / In allegato Modelli .xls
Disponibili i template in formato Excel per la compilazione dei relativi modelli di comunicazioni di lavoro agile, che sarà possibile inviare dal 15 dicembre 2022, attraverso la nuova modalità alternativa di trasmissione delle comunicazioni, accessibile dall'applicativo web.
In allegato:
- Modello Recesso
- Modello Modifica
- Modello Inizio periodo
- Modello Annullamento
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Fonte: MLPS
Collegati
Nota MLPS 26.08.2022 - Lavoro agile: comunicazione telematica entro 1° novembre 2022
Sentenza CP Sez. 4 n. 23936 del 23 giugno 2010
Sentenza CP Sez. 4 n. 23936 del 23 giugno 2010
Il datore di lavoro durante il montaggio di un ponteggio è tenuto a garantire la presenza di un preposto incaricato specificatamente di sovrintendere alle operazioni di montaggio.
Non è sufficiente adempiere a questo obbligo con la presenza in cantiere di un responsabile della sicurezza il quale ha compiti diversi da quelli assegnati al soggetto preposto alla direzione delle predette operazioni che, in base alle vigenti disposizioni di legge in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, devono essere eseguite sotto la diretta e costante sorveglianza di un preposto specifico.
...
segue in allegato
D.Lgs. 81/2008 Testo Unico Salute e Sicurezza Lavoro
www.tussl.it
Ponteggi fissi: quadro normativo
Ponteggi fissi - Quaderno INAIL 2018
Ponteggi: Modello di Pi.M.U.S. Piano di Montaggio, Uso e Smontaggio
I ponteggi di facciata - Analisi requisiti legislazione italiana e norme tecniche europee
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Sentenza CP Sez. 4 n. 23936 del 23 giugno 2010.pdf |
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Decreto 22 novembre 2022
Decreto 22 novembre 2022 / RTV Attività pubblico spettacolo
ID 18276 | 03.12.2022 / In allegato DM
Decreto 22 novembre 2022 Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi per le attivita' di intrattenimento e di spettacolo a carattere pubblico.
(GU n. 282 del 02.12.2022)
Entrata in vigore: 01.01.2023
_________
Decreta:
Art. 1. Norme tecniche di prevenzione incendi per le attività di intrattenimento e di spettacolo a carattere pubblico
1. Sono approvate le norme tecniche di prevenzione incendi per le attività di intrattenimento e di spettacolo a carattere pubblico di cui all’allegato 1, che costituisce parte integrante del presente decreto.
Art. 2. Campo di applicazione
1. Le norme tecniche di cui all’art. 1 si possono applicare alle attività di intrattenimento e di spettacolo a carattere pubblico, svolte al chiuso o all’aperto, di cui all’allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, ivi individuate con il numero 65, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto ovvero a quelle di nuova realizzazione.
2. Le norme tecniche di cui all’art. 1 si possono applicare alle attività di cui al comma 1 in alternativa alle specifiche norme tecniche di prevenzione incendi di cui al decreto del Ministro dell’interno 19 agosto 1996.
3. Le norme tecniche di cui all’art. 1 si possono applicare anche alle attività di cui al comma 1 a carattere temporaneo.
Art. 3. Modifiche al decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015
1. All’art. 2, comma 1, del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015, dopo il numero «64;» è aggiunto il seguente: «65, limitatamente ai locali di spettacolo e di trattenimento;».
2. All’art. 2 -bis , comma 1 del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015, prima della lettera a) è aggiunta la seguente «0a) 65, limitatamente ai locali di spettacolo e di trattenimento;».
3. All’art. 5, comma 1 -bis del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015, dopo la lettera aa) , è aggiunta la seguente: « bb) decreto del Ministro dell’interno 19 agosto 1996, recante “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo”».
4. All’allegato 1 del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015, nella sezione V «Regole tecniche verticali», è aggiunto il seguente capitolo «V.15 - Attività di intrattenimento e di spettacolo a carattere pubblico», contenente le norme tecniche di prevenzione incendi per le attività di cui all’art. 1.
Art. 4. Norme finali
1. Il presente decreto entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
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Collegati
Codice Prevenzione Incendi DM 3 agosto 2015 | RTO II
Codice Prevenzione Incendi: Status
Bozza RTV Pubblico spettacolo
Circolare MLPS 8 giugno 2010 n. 18
Circolare MLPS 8 giugno 2010 n. 18
Articolo 131 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i. - Autorizzazione alla costruzione ed all'impiego di ponteggi fissi.
Collegati
Circolare Min. Interno n. 1689 del 01.04.2011
Circolare Min. Interno n. 1689 del 01.04.2011
Locali di pubblico spettacolo di tipo temporaneo o permanente. Verifica della solidità e sicurezza dei carichi sospesi.
Le Commissioni di vigilanza istituite per l' applicazione dell'art. 80 del TULPS Regio Decreto 18 giugno 1931 n. 773 hanno, tra l' altro, il compito di "verificare le condizioni di solidità, di sicurezza e di igiene" dei locali di pubblico spettacolo "ed indicare le misure e le cautele ritenute necessarie sia nell'interesse dell'igiene che della prevenzione degli infortuni" (art. 141 del Regolamento per l'esecuzione del TULPS Regio Decreto 18 giugno 1931 n. 773).
Nell'ambito della predetta attività di verifica, diretta ad assicurare la tutela del pubblico e dei lavoratori addetti, rivestono particolare rilevanza i controlli sulle condizioni di solidità e sicurezza di eventuali carichi sospesi impiegati negli allestimenti.
Si tratta, come noto, di carichi installati al di sopra di palcoscenici e platee ovvero sospesi al di sopra o in prossimità di aree di stazionamento o passaggio del pubblico e/o di aree di produzione dello spettacolo, che possono pertanto costituire potenziali fonti di rischio.
Le attuali tecnologie consentono l'impiego, sempre più diffuso anche nell'ambito di manifestazioni temporanee con allestimenti provvisori, di sistemi complessi composti da diversi elementi strutturali e con carichi di varia natura, sia statici che dinamici (si pensi, ad esempio, al "ring" di americane reticolari con appesi gruppi di "line array" di casse audio, batterie di proiettori, teste mobili nonché di vari motori per il sollevamento ed eventuali sotto-strutture dedicate a particolari effetti scenici).
Negli ultimi anni si e registrata una ampia casistica di incidenti dovuti al collasso di strutture fisse o temporanee per sovraccarico o non corretto montaggio di carichi sospesi, tutti contrassegnati da conseguenze gravi, in alcuni casi mortali, che hanno interessato anche il nostro Paese.
Deve inoltre evidenziarsi che, nella prassi, un fattore di criticità nella verifica degli elementi in discorso, può essere rappresentato dalla distanza temporale intercorrente, in taluni casi, fra la fase di progettazione iniziale e ii momento di effettiva realizzazione dell'allestimento, e dalla possibilità di disporre di una documentazione tecnica completa e aggiornata sulle modifiche intervenute fino all'ultimazione dell'allestimento medesimo.
Ciò posto, muovendo dalla descrizione delle tipologie più ricorrenti di carichi sospesi, si ritiene utile fornire le seguenti indicazioni, al fine di assicurare, anche sul piano della completezza documentale, l' ottimizzazione dei controlli concernenti la sicurezza e la solidità di tali elementi strutturali, a garanzia dell' incolumità de! pubblico e del personale addetto.
Carichi sospesi
La nozione di "carico sospeso" e ampia e rimanda, in maniera comprensiva, a qualunque elemento (scenotecnico, di arredo o altro), posto in aria o trattenuto o
ancorato in sospensione o appoggiato in quota ovvero mosso meccanicamente , prima e/o durante lo spettacolo, tramite gru, argani, carri ponte, piattaforme di lavoro e simili.
Per maggiore chiarezza e ai soli fini della presente nota, si individuano, di seguito, le tipologie più ricorrenti di carichi sospesi e dei relativi sistemi di sospensione (semplici o complessi) normalmente impiegati nell'ambito dei locali o luoghi di pubblico spettacolo, permanenti o temporanei, soggetti al parere della Commissione di vigilanza ai fini del rilascio, da parte de! Comune, della licenza di cui agli articoli 68 e 80 del TULPS Regio Decreto 18 giugno 1931 n. 773.
Carico sospeso fisso: carico sospeso vincolato ad uno o piu punti di una struttura superiore od inferiore ivi comprese funi, tiranti, catene e staffe;
Carico sospeso ad un organo di sollevamento: carico sospeso vincolato tramite un elemento mobile sia esso fune, catena, cinghia e/o banda ad una macchina ovvero ad un sistema complesso di sollevamento;
Carico sospeso dinamico: carico sospeso vincolato o tramite un organo movimentato da una macchina o tramite un sistema complesso di sollevamento in grado di muoversi nello spazio in una o piu direzioni;
Per tali elementi scenotecnici e/o di arredo (p.e. televisioni, schermi, proiettori, corpi illuminanti, casse audio, americane, pedane per sollevamento scene o artisti, ecc.), diversi dagli elementi costruttivi descritti e dimensionati nel progetto strutturale e quindi già verificati in sede di collaudo statico, occorre dunque garantire la idoneità statica delle strutture fisse o temporanee di ancoraggio, 1'adeguatezza delle condizioni di ancoraggio e la pianificazione e attuazione degli interventi di manutenzione.
Documentazione tecnica e/o certificativa
Al fine di verificare la "solidità e la sicurezza" di un "locale" di pubblico spettacolo in relazione ai carichi sospesi e alle strutture fisse o temporanee destinate all'ancoraggio degli stessi, può farsi riferimento a quanto disposto dalle norme sulla sicurezza delle costruzioni (in particolare, dal D.M. 14 gennaio 2008 (abrogato da Decreto 17 gennaio 2018 / ndr), recante le nuove norme tecniche per le costruzioni) e dalle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro (Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e ss.mm.ii.).
Lo schema riportato nella pagina successiva (di cui segue la legenda) illustra alcune situazioni tipiche, evidenziando, ai fini della successiva certificazione del sistema di sospensione, le componenti essenziali e ricorrenti del sistema medesimo.
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segue in allegato
Collegati
D.Lgs. 81/2008 Testo Unico Salute e Sicurezza Lavoro
Commissione di Vigilanza sui Locali di Pubblico Spettacolo (CVLPS) / Quadro normativo
Attività pubblico spettacolo: Quadro normativo PI
Decreto Interministeriale 22 luglio 2014 - "Palchi"
Regio Decreto 18 giugno 1931 n. 773
Decreto Ministeriale 23 marzo 1990 n. 115
Decreto Ministeriale 23 marzo 1990 n. 115 - Ponteggi metallici fissi
ID 18266 | 02.12.2022
Decreto Ministeriale 23 marzo 1990 n. 115 - Riconoscimento di efficacia per ponteggi metallici fissi aventi interasse tra i montanti superiore a metri 1,80.
(GU n.112 del 16.05.1990)
Entrata in vigore del decreto: 31/5/1990
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Decreto Ministeriale 19 settembre 2000
Decreto Ministeriale 19 settembre 2000 - Conformità impalcato metallico
ID 18264 | 02.12.2022
Decreto Ministeriale 19 settembre 2000 - Riconoscimento di conformità alle vigenti norme dei mezzi e sistemi di sicurezza relativi alla costruzione ed all'impiego di un nuovo tipo di impalcato metallico prefabbricato per ponteggi metallici fissi avente piano di calpestio realizzato con pannelli di legno multistrato.
(GU n. 242 del 16 ottobre 2000)
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Circolare 12 gennaio 2001 n. 7
Circolare 12 gennaio 2001 n. 7
ID 18262 | 02.12.2022
Ministero del lavoro - Art. 30 D.P.R 7 gennaio 1956, n. 164 - Autorizzazione alla costruzione ed all'impiego di ponteggi metallici fissi.
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Circolare MLPS n. 11 del 24 marzo 2004
Circolare MLPS n. 11 del 24 marzo 2004
ID 18260 | 02.12.2022
Oggetto: Art. 30 D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164 - Autorizzazione alla costruzione ed all'impiego di ponteggi metallici fissi.
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Circolare MLPS n. 11 del 04 aprile 2006
Circolare MLPS n. 11 del 04 aprile 2006
ID 18528 | 02.12.2022
Elenco delle autorizzazioni alla costruzione ed all’impiego di ponteggi metallici fissi
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Circolare MLPS n. 3 del 25 gennaio 2008
Circolare MLPS n. 3 del 25 gennaio 2008
Circolare MLPS n. 3 del 25 gennaio 2008: Artt. 36-quater e 36-quinquies, D.Lgs. n. 626/94 e s.m.i.
Obblighi del datore di lavoro relativi all'impiego dei ponteggi e all'impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi
Chiarimenti concernenti la formazione dei lavoratori addetti al montaggio e allo smontaggio dei ponteggi e addetti all'impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi.
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Circolare INAIL n. 36 del 15 settembre 2010
Circolare INAIL n. 36 del 15 settembre 2010
Denuncia di malattia professionale per via telematica: modalita di acquisizione del certificato medico. Modifica dell'articolo 53 del Testo Unico approvata con Decreto Interministeriale del 30 luglio 2010.
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Circolare INAIL n. 34 del 27 giugno 2013
Testo unico assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali
Raccomandazione (UE) 2022/2337
Raccomandazione (UE) 2022/2337 / Elenco europeo delle malattie professionali
ID 18229 | 30.11.2022
Raccomandazione (UE) 2022/2337 della Commissione del 28 novembre 2022 sull’elenco europeo delle malattie professionali
(GU L 309/12 del 30.11.2022)
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La presente raccomandazione tiene conto del parere del comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (CCSS) ed inserisce la COVID-19 nell’allegato I della raccomandazione.
Il termine «assistenza sanitaria e sociale» dovrebbe essere inteso come riferito alle attività economiche di cui alla sezione Q della classificazione statistica NACE Rev. 2. Per quanto riguarda le attività economiche diverse da quelle che rientrano nella sezione Q della classificazione statistica NACE Rev. 2, le condizioni stabilite, vale a dire l’esistenza di un «contesto pandemico» e l’esistenza di un «focolaio nell’ambito di attività per le quali è stato provato un rischio di infezione», dovrebbero essere intese come stabilite cumulativamente. A tale riguardo, un «contesto pandemico» è da intendersi come tale quando gli organismi internazionali competenti, come l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dichiarano che alcuni focolai di una malattia costituiscono una pandemia mondiale. Ai sensi della nuova disposizione della raccomandazione è opportuno che gli Stati membri definiscano un «focolaio» conformemente alla legislazione o alle prassi nazionali. Esiste un rischio «provato» di infezione in attività per le quali, conformemente alla legislazione o alle prassi nazionali, è stato stabilito un nesso causale tra il lavoro svolto e l’aumento dell’esposizione al SARS-CoV-2.
La Commissione Europea raccomanda di introdurre al più presto nelle loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative alle malattie riconosciute scientificamente di origine professionale, che possono dar luogo ad indennizzo e che devono costituire oggetto di misure preventive, l’elenco europeo di cui all’allegato I.
408 COVID-19 provocata dal lavoro svolto nei settori della prevenzione delle malattie, dell’assistenza sanitaria e sociale e dell’assistenza domiciliare o, in un contesto pandemico, in settori in cui si registra un focolaio nell’ambito di attività per le quali è stato provato un rischio di infezione.
Il termine «assistenza sanitaria e sociale» dovrebbe essere inteso come riferito alle attività economiche di cui alla sezione Q della classificazione statistica NACE Rev. 2. Per quanto riguarda le attività economiche diverse da quelle che rientrano nella sezione Q della classificazione statistica NACE Rev. 2, le condizioni stabilite, vale a dire l’esistenza di un «contesto pandemico» e l’esistenza di un «focolaio nell’ambito di attività per le quali è stato provato un rischio di infezione», dovrebbero essere intese come stabilite cumulativamente. A tale riguardo, un «contesto pandemico» è da intendersi come tale quando gli organismi internazionali competenti, come l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dichiarano che alcuni focolai di una malattia costituiscono una pandemia mondiale. Ai sensi della nuova disposizione della raccomandazione è opportuno che gli Stati membri definiscano un «focolaio» conformemente alla legislazione o alle prassi nazionali. Esiste un rischio «provato» di infezione in attività per le quali, conformemente alla legislazione o alle prassi nazionali, è stato stabilito un nesso causale tra il lavoro svolto e l’aumento dell’esposizione al SARS-CoV-2.
Gli Stati membri sono invitati a informare la Commissione circa le misure adottate per dar seguito alla nuova voce 408 della presente raccomandazione entro e non oltre il 31 dicembre 2023.
Allegato I:
- elenco malattie descritte devono essere direttamente connesse con la professione esercitata. La Commissione fisserà i criteri di riconoscimento per ciascuna delle malattie professionali descritte, sono presenti 5 gruppi:
1. Malattie provocate dai seguenti agenti chimici
2. Malattie della pelle causate da sostanze e agenti non compresi sotto altre voci
3. Malattie provocate dall’inalazione di sostanze ed agenti non compresi sotto altre voci
4. Malattie infettive e parassitarie
5. Malattie provocate dai seguenti agenti fisici
Allegato II
- elenco complementare delle malattie di sospetta origine professionale che dovrebbero formare oggetto di una dichiarazione e che potrebbero essere inserite in futuro nell’allegato I dell’elenco europeo
2.1 Malattie provocate dai seguenti agenti chimici
...
Articolo 1
Fatte salve le disposizioni nazionali legislative o regolamentari più favorevoli, si raccomanda agli Stati membri:
1) di introdurre al più presto nelle loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative alle malattie riconosciute scientificamente di origine professionale, che possono dar luogo ad indennizzo e che devono costituire oggetto di misure preventive, l’elenco europeo di cui all’allegato I;
2) di fare in modo che venga introdotto nelle loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative il diritto all’indennizzo per malattia professionale al lavoratore che soffre di un’affezione non contenuta nell’elenco dell’allegato I ma di cui si possono determinare l’origine e la natura professionale, in particolare se tale malattia è contenuta nell’allegato II;
3) di sviluppare e di migliorare le varie misure di prevenzione efficace delle malattie professionali menzionate nell’elenco di cui all’allegato I, coinvolgendo attivamente tutti i soggetti interessati e ricorrendo, se del caso, a scambi di informazioni, di esperienze e di migliori prassi mediante l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro;
4) di stabilire obiettivi nazionali quantificati per la riduzione dei tassi delle malattie professionali riconosciute e, in via prioritaria, di quelle indicate all’elenco europeo di cui all’allegato I;
5) di garantire la dichiarazione di tutti i casi di malattie professionali, di rendere le loro statistiche sulle malattie professionali gradualmente compatibili con l’elenco europeo di cui all’allegato I e conformi ai lavori in corso sul sistema d’armonizzazione delle statistiche europee relative alle malattie professionali, in modo da disporre, per ogni caso di malattia professionale, di informazioni sull’agente o il fattore causale, la diagnosi medica e il sesso del paziente;
6) di istituire un sistema per la raccolta di informazioni o di dati riguardanti l’epidemiologia delle malattie indicate nell’allegato II, o di qualsiasi altra malattia di natura professionale;
7) di promuovere la ricerca nel settore delle affezioni legate a un’attività professionale, in particolare per le affezioni descritte all’allegato II e per i disturbi di natura psicosociale legati al lavoro;
8) di garantire un’ampia diffusione dei documenti di aiuto alla diagnosi delle malattie professionali incluse nei loro elenchi nazionali tenendo conto, in particolare, delle note di aiuto alla diagnosi delle malattie professionali pubblicate dalla Commissione;
9) di trasmettere alla Commissione e rendere accessibili agli ambienti interessati, in particolare attraverso la rete d’informazione stabilita dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, i dati statistici ed epidemiologici relativi alle malattie professionali riconosciute a livello nazionale;
10) di promuovere un contributo attivo dei sistemi sanitari nazionali alla prevenzione delle malattie professionali, in particolare mediante una maggiore sensibilizzazione del personale medico per migliorare la conoscenza e la diagnosi di queste malattie.
Articolo 2
Gli Stati membri stabiliscono i criteri di riconoscimento di ciascuna malattia professionale secondo la vigente legislazione o prassi nazionale.
Articolo 3
La presente raccomandazione sostituisce la raccomandazione 2003/670/CE.
Articolo 4
Gli Stati membri sono invitati a informare la Commissione circa le misure adottate per dar seguito alla nuova voce 408 della presente raccomandazione entro e non oltre il 31 dicembre 2023. Gli Stati membri sono invitati a informare la Commissione ogniqualvolta siano adottate nuove misure in relazione all’attuazione della presente raccomandazione.
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Elenco europeo delle malattie professionali
Le malattie descritte in questo elenco devono essere direttamente connesse con la professione esercitata. La Commissione fisserà i criteri di riconoscimento per ciascuna delle malattie professionali descritte qui di seguito.
1. Malattie provocate dai seguenti agenti chimici
100 Acrilonitrile
101 Arsenico o suoi composti
102 Berillio (glucinio) o suoi composti
103.01 Ossido di carbonio
103.02 Ossicloruro di carbonio
104.01 Acido cianidrico
104.02 Cianuro e suoi composti
104.03 Isocianati
105 Cadmio o suoi composti
106 Cromo o suoi composti
107 Mercurio o suoi composti
108 Manganese o suoi composti
109.01 Acido nitrico
109.02 Ossido di azoto
109.03 Ammoniaca
110 Nichel o suoi composti
111 Fosforo o suoi composti
112 Piombo o suoi composti
113.01 Ossidi di zolfo
113.02 Acido solforico
113.03 Solfuro di carbonio
114 Vanadio o suoi composti
115.01 Cloro
115.02 Bromo
115.04 Iodio
115.05 Fluoro o suoi composti
116 Idrocarburi alifatici o aliciclici costituenti dell’etere di petrolio e della benzina
117 Derivati alogenati degli idrocarburi alifatici o aliciclici
118 Alcool butilico, metilico e isopropilico
119 Glicole etilenico, glicole dietilenico, 1,4-butandiolo nonché i derivati nitrati dei glicoli e del glicerolo
120 Etere metilico, etere etilico, etere isopropilico, etere vinilico, etere dicloroisopropilico, guaiacolo, etere metilico e etere etilico del glicol-etilene
121 Acetone, cloroacetone, bromoacetone, esafluoroacetone, metilchetone, metil-n-butilchetone, metilisobutilchetone, diachetone, alcol, ossido di mesitilene, 2-metilcicloesanone
122 Esteri organofosforici
123 Acidi organici
124 Formaldeide
125 Nitroderivati alifatici
126.01 Benzene o suoi omologhi (gli omologhi del benzene sono definiti con la formula CnH2n-6)
126.02 Naftalene o suoi omologhi (l’omologo del naftalene è definito con la formula CnH2n-12)
126.03 Vinilbenzene e divinilbenzene
127 Derivati alogenati degli idrocarburi aromatici
128.01 Fenoli o omologhi o loro derivati alogenati
128.02 Naftoli o omologhi o loro derivati alogenati
128.03 Derivati alogenati degli alchilarilossidi
128.04 Derivati alogenati degli alchilarilsolfuri
128.05 Benzochinoni
129.01 Ammine aromatiche o idrazine aromatiche o loro derivati alogenati, fenolici, nitrosi, nitrati o solfonati
129.02 Ammine alifatiche e loro derivati alogenati
130.01 Nitroderivati degli idrocarburi aromatici
130.02 Nitroderivati dei fenoli o del loro omologhi
131 Antimonio e derivati
132 Esteri dell’acido nitrico
133 Acido solfidrico
135 Encefalopatie dovute a solventi organici non compresi sotto altre voci
136 Polineuropatie dovute a solventi organici non compresi sotto altre voci
2. Malattie della pelle causate da sostanze e agenti non compresi sotto altre voci
201 Affezioni cutanee e cancri cutanei dovuti:
201.01 Alla fuliggine
201.03 Al catrame
201.02 Al bitume
201.04 Alla pece
201.05 All’antracene o ai suoi composti
201.06 Agli oli e ai grassi minerali
201.07 Alla paraffina grezza
201.08 Al carbazolo o ai suoi composti
201.09 Ai sottoprodotti di distillazione del carbon fossile
202 Affezioni cutanee provocate nell’ambiente professionale da sostanze allergizzanti o irritanti, scientificamente riconosciute, non comprese sotto altre voci
3. Malattie provocate dall’inalazione di sostanze ed agenti non compresi sotto altre voci
301 Malattie dell’apparato respiratorio e cancri
301.11 Silicosi
301.12 Silicosi associata alla tubercolosi polmonare
301.21 Asbestosi
301.22 Mesotelioma consecutivo all’inalazione di polveri d’amianto
301.31 Pneumoconiosi dovute alle polveri di silicati
302 Complicazione dell’asbestosi da cancro bronchiale
303 Affezioni broncopolmonari provocate dalle polveri di metalli sinterizzati
304.01 Alveoliti allergiche estrinseche
304.02 Affezione polmonare provocata dall’inalazione di polveri e di fibre di cotone, di lino, di canapa, di iuta, di sisal e di bagassa
304.04 Affezioni respiratorie provocate dall’inalazione di polveri di cobalto, di stagno, di bario e di grafite
304.05 Siderosi
305.01 Affezioni cancerose delle vie respiratorie superiori provocate dalle polveri di legno
304.06 Asme di carattere allergico provocate dall’inalazione di sostanze allergizzanti riconosciute tali ogni volta e inerenti al tipo di lavoro
304.07 Riniti di carattere allergico provocate dall’inalazione di sostanze allergizzanti riconosciute tali ogni volta e inerenti al tipo di lavoro
306 Affezioni fibrotiche della pleura, con restrizione respiratoria, causate dall’amianto
307 Bronchite ostruttiva cronica o enfisema dei minatori di carbon fossile
308 Cancro al polmone causato dall’inalazione delle polveri d’amianto
309 Affezioni broncopolmonari dovute alle polveri o ai fumi di alluminio o dei suoi composti
310 Affezioni broncopolmonari causate dalle polveri di scorie di Thomas
4. Malattie infettive e parassitarie
401 Malattie infettive o parassitarie trasmesse all’uomo da animali o da resti di animali
402 Tetano
403 Brucellosi
404 Epatite virale
405 Tubercolosi
406 Amebiasi
407 Altre malattie infettive provocate dal lavoro svolto nei settori della prevenzione, delle cure sanitarie, dell’assistenza a domicilio e di altre attività assimilabili per le quali è stato provato un rischio di infezione
408 COVID-19 provocata dal lavoro svolto nei settori della prevenzione delle malattie, dell’assistenza sanitaria e sociale e dell’assistenza domiciliare o, in un contesto pandemico, in settori in cui si registra un focolaio nell’ambito di attività per le quali è stato provato un rischio di infezione
5. Malattie provocate dai seguenti agenti fisici
502.01 Cataratta provocata dalle radiazioni termiche
502.02 Affezioni congiuntivali provocate dall’esposizione ai raggi ultravioletti
503 Ipoacusia o sordità provocate dal rumore lesivo
504 Malattia provocata dalla compressione o decompressione atmosferiche
505.01 Malattie osteoarticolari delle mani e dei polsi provocate dalle vibrazioni meccaniche
505.02 Malattie angioneurotiche provocate dalle vibrazioni meccaniche
506.10 Malattie delle borse periarticolari dovute alla pressione
506.11 Borsite pre e sottorotulea
506.12 Borsite oleocranica
506.13 Borsite della spalla
506.21 Malattie provocate da superattività delle guaine tendinee
506.22 Malattie provocate da superattività del tessuto peritendineo
506.23 Malattie provocate da superattività delle inserzioni muscolari e tendinee
506.30 Lesioni del menisco provocate da lavori prolungati effettuati in posizione inginocchiata o accovacciata
506.40 Paralisi dei nervi dovute alla pressione
506.45 Sindrome del canale carpale
507 Nistagmo dei minatori
508 Malattie provocate dalle radiazioni ionizzanti
ALLEGATO II
Elenco complementare delle malattie di sospetta origine professionale che dovrebbero formare oggetto di una dichiarazione e che potrebbero essere inserite in futuro nell’allegato I dell’elenco europeo
2.1 Malattie provocate dai seguenti agenti chimici
2.101 Ozono
2.102 Idrocarburi alifatici diversi da quelli di cui alla voce 1.116 dell’allegato I
2.103 Difenile
2.104 Decalina
2.105 Acidi aromatici - Anidridi aromatiche o loro derivati alogenati
2.106 Ossido di difenile
2.107 Tetraidrofurano
2.108 Tiofene
2.109 Metacrilonitrile
2.110 Acetonitrile
2.111 Tioalcoli
2.112 Mercaptani e tioeteri
2.113 Tallio o suoi composti
2.114 Alcoli o loro derivati alogenati diversi da quelli di cui alla voce 1.118 dell’allegato I
2.115 Glicoli o loro derivati alogenati diversi da quelli di cui alla voce 1.119 dell’allegato I
2.116 Eteri o loro derivati alogenati diversi da quelli di cui alla voce 1.120 dell’allegato I
2.117 Chetoni o loro derivati alogenati diversi da quelli di cui alla voce 1.121 dell’allegato I
2.118 Esteri o loro derivati alogenati diversi da quelli di cui alla voce 1.122 dell’allegato I
2.119 Furfurolo
2.120 Tiofenoli o omologhi o loro derivati alogenati
2.121 Argento
2.122 Selenio
2.123 Rame
2.124 Zinco
2.125 Magnesio
2.126 Platino
2.127 Tantalio
2.128 Titanio
2.129 Terpeni
2.130 Borani
2.140 Malattie provocate dall’inalazione di polveri di madreperla
2.141 Malattie provocate da sostanze ormonali
2.150 Carie dentarie dovute ai lavori effettuati nelle industrie del cioccolato, dello zucchero e della farina
2.160 Ossido di silicio
2.170 Idrocarburi aromatici policiclici non compresi sotto altre voci
2.190 Dimetilformammide
2.2 Malattie della pelle causate da sostanze e agenti non compresi sotto altre voci
2.201 Affezioni cutanee allergiche e ortoergiche non riconosciute nell’allegato I
2.3 Malattie provocate dall’inalazione di sostanze non comprese sotto altre voci
2.301 Fibrosi polmonari dovute ai metalli non compresi nell’elenco europeo
2.303 Affezioni broncopolmonari e cancri broncopolmonari dovuti all’esposizione
- alla fuliggine
- al catrame
- al bitume
- alla pece
- all’antracene o suoi composti
- agli oli e grassi minerali
2.304 Affezioni broncopolmonari dovute alle fibre minerali artificiali
2.305 Affezioni broncopolmonari dovute alle fibre sintetiche
2.307 Affezioni respiratorie, in particolare l’asma, causate da sostanze irritanti non comprese nell’allegato I
2.308 Cancro della laringe causato dall’inalazione delle polveri d’amianto
2.4 Malattie infettive e parassitarie non descritte nell’allegato I
2.401 Malattie parassitarie
2.402 Malattie tropicali
2.5 Malattie provocate dagli agenti fisici
2.501 Avulsioni provocate da superattività delle apofisi spinose
2.502 Discopatie della colonna dorsolombare provocate da vibrazioni verticali ripetute dell’insieme del corpo
2.503 Noduli alle corde vocali provocati da sforzi prolungati della voce per ragioni professionali
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Diritto dell'Unione Europea in materia di sicurezza: Direttive Sociali
Esonero conduzione generatori di vapore / Note
Esonero conduzione generatori di vapore - I casi / Note 2022
Per specifiche caratteristiche di generatori vi vapore è previsto l'esonero dalla conduzione abilitata (Decreto Ministro 94 del 07.08.2020), l'esonero può essere richiesto sul Portale CIVA.
ID 18130 | 21.11.2022 / In allegato
Decreto Ministro 94 del 07.08.2020
Art. 1 (Patentino di abilitazione)
...
3. Per i generatori di vapore di cui all'allegato III, l'utilizzatore può richiedere l'esonero dalla conduzione abilitata secondo le modalità previste nel medesimo allegato.
4. I generatori di vapore di piccola potenzialità, per i quali ii prodotto della pressione ammissibile (PS) in bar per la capacita totale (V) in litri e tale che PS x V ≤ 300 bar x litri e PS ≤ 10 bar, nonché i generatori aventi V ≤ 25 litri e PS ≤ 32 bar, sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto, fermo restando che la loro conduzione deve in ogni caso essere affidata a persona che abbia compiuto ii diciottesimo anno di et e sia stata giudicata idonea alla mansione specifica ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo n. 81 del 2008.
...
Allegato III Disposizioni in materia di esonero dalla conduzione abilitata
1. Generatori per i quali non e richiesta l'abilitazione alla conduzione.
1.1 Sono esonerati dalla conduzione abilitata i seguenti generatori di vapore:
a) generatori ad attraversamento meccanico di limitata potenzialità aventi PS x V ≤ 3000 bar x litri e PS ≤ 12 bar;
b) generatori di vapore a bassa pressione aventi PS ≤n1 bar, Superficie di riscaldamento ≤ 100 m2 e Producibilità al carico massimo continua ≤ 2 t/h;
c) generatori di acqua surriscaldata a bassa pressione aventi PS ≤ 5 bar, Temperatura massima dell'acqua ≤ 120°C, Superficie di riscaldamento ≤ 100 m2 e Potenzialità ≤ 1380 kW, considerando convenzionalmente la potenza di 0,69 kW di acqua surriscaldata equivalente alla producibilità di 1 kg/h di vapore d'acqua;
d) generatori a sorgente termica diversa dal fuoco le cui membrature soggette a pressione, a contatto con ii fluido riscaldante, sono progettate per una temperatura uguale o maggiore di quella del fluido di riscaldamento.
2. Modalità per ii rilascio dell'esonero dalla conduzione abilitata.
2.1 Per i generatori di cui al punto 1, costruiti e messi in servizio successivamente all'entrata in vigore del decreto legislative n. 93 del 2000, l'utilizzatore può richiedere l'esonero dalla conduzione abilitata alla competente Unita operativa territoriale dell'INAIL. (attraverso portale CIVA / ndr)
a) Peri generatori esclusi dal controllo della messa in servizio di cui all'articolo 5 del decreto del Ministro delle attività produttive n. 329 del 2004, l'esonero potrà essere rilasciato sulla base della documentazione allegata in fase di dichiarazione di messa in servizio di cui all'articolo 6 del medesimo decreto.
b) Per i generatori soggetti a verifica obbligatoria di primo impianto ovvero della messa in servizio di cui all'articolo 4 del decreto del Ministro delle attività produttive n. 329 del 2004, l'esonero potra essere rilasciato a seguito della verifica prevista dal medesimo articolo 4.
2.2 Per i generatori di cui al punto 1, costruiti e messi in servizio in data antecedente all'entrata in vigore del decreto legislative n. 93 del 2000, gli utilizzatori beneficiano dell'esonero se permangono le condizioni originarie per le quali e stato concesso. Se le condizioni originarie vengono modificate, l'esonero deve essere concesso a seguito della verifica prevista dall'articolo 4 del decreto del Ministro delle attività produttive n. 329 del 2004.
3. Modalità di conduzione dei generatori di vapore oggetto di esonero.
3.1 La conduzione dei generatori per i quali e concesso l'esonero, deve in ogni caso essere affidata a persona di eta non inferiore agli anni diciotto e giudicata idonea alla mansione specifica ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislative 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.
Fig. 1 - Generatori per i quali non è richiesta l'abilitazione alla conduzione All. III Decreto 7 Agosto 2020
...
Regolamento recante norme per la messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 25 febbraio 2000 n. 93. (GU n.22 del 28-1-2005 - SO n. 10)
...
Art. 2. Esclusioni
...
Art. 3. Specifiche tecniche relative all’esercizio delle attrezzature e degli insiemi
1. Su richiesta del Ministero delle attivita' produttive le eventuali specifiche tecniche concernenti l’esercizio delle attrezzature e degli insiemi di cui all’articolo 1 sono elaborate in collaborazione con l’ISPESL e con l’Ente Nazionale Italiano di Unificazione (UNI), tenendo conto delle normative emanate dal Comitato europeo di normazione, sentite le associazioni di categoria interessate, e successivamente approvate dal Ministero delle attivita' produttive di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Art. 4. Verifica obbligatoria di primo impianto ovvero della messa in servizio
1. Le attrezzature o insiemi a pressione di cui all’articolo 1, solo se risultano installati ed assemblati dall’utilizzatore sull’impianto, sono soggetti a verifica per la messa in servizio.
2. La verifica, effettuata su richiesta dell’azienda utilizzatrice, riguarda l’accertamento della loro corretta installazione sull’impianto.
3. Al termine della verifica il soggetto verificatore consegna all’azienda un’attestazione dei risultati degli accertamenti effettuati. In caso di esito negativo della verifica, il documento indica espressamente il divieto di messa in servizio dell’attrezzatura a pressione esaminata.
4. Ai soli fini della verifica di primo impianto e' consentita la temporanea messa in funzione dell’attrezzatura o insieme.
Art. 5. Esclusioni dal controllo della messa in servizio
1. Non sono soggetti alla verifica della messa in servizio le seguenti categorie di attrezzature ed insiemi:
a) tutte le attrezzature ed insiemi gia' esclusi dall’articolo 2;
b) gli estintori portatili e le bombole portatili per apparecchi respiratori;
c) i recipienti semplici di cui al decreto legislativo n. 311/1991 (recipienti semplici a pressione / ndr) venti pressione minore o uguale a 12 bar e prodotto pressione per volume minore di 8000 bar x L;
d) gli insiemi per i quali da parte del competente organismo notificato o di un ispettorato degli utilizzatori risultano effettuate per quanto di propria competenza le verifiche di accessori di sicurezza o dei dispositivi di controllo. L’efficienza dei citati accessori o dispositivi devono risultare dalle documentazioni trasmesse all’atto della presentazione della dichiarazione di messa in servizio.
...
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Nuova Direttiva PED 2014/68/UE
D.Lgs 15 febbraio 2016, n. 26: Attuazione nuova Direttiva PED 2014/68/UE
Decreto 7 Agosto 2020
Decreto 1 dicembre 2004 n. 329
D.Lgs. 81/2008 Testo Unico Salute e Sicurezza Lavoro
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