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Nota Ministero dell’Interno VVF n. 16761 del 10 agosto 2022

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Nota Ministero dell’Interno VVF n. 16761 del 10 agosto 2022

Oggetto: Fabbisogni per integratori a favore del personale operativo impegnato in particolari condizioni di lavoro per interventi di lunga durata ed esposizione ad alte temperature.

In riferimento alla tematica in oggetto, in aggiornamento a quanto indicato nella circolare dell’Ufficio Sanitario prot. 1480/5601 del 05/05/2008, considerati i contenuti di alcune note di pari argomento emanate dalle Direzioni regionali, si forniscono le seguenti linee guida informative e procedurali al fine di attuare l’adeguata pianificazione e la tutela dei fabbisogni derivanti dall’impiego del personale operativo in scenari di soccorso tecnico urgente caratterizzati da esposizione prolungata ad alte temperature.

L’attuale abnorme rialzo delle temperature di questa stagione estiva, verosimilmente destinato a ripetersi negli anni a seguire, combinato all’elevato numero di incendi boschivi che insistono nella stessa stagione, rende perentoria la stima dell’impatto che lo stress termico può determinare sulle condizioni di salute dei vigili del fuoco, laddove siano chiamati a svolgere l’attività lavorativa in condizioni climatiche estreme, utilizzando dispositivi di protezione individuale che non consentono un’adeguata traspirazione e dispersione del calore.

Occorre pertanto estendere, in primo luogo, una adeguata informazione e formazione del personale sulle conseguenze anche gravi per la salute che possono derivare dall’attività fisica intensa e prolungata in condizioni di temperature elevate, senza attuare adeguate misure di prevenzione. Dal punto di vista fisiopatologico, questo tipo di attività può condizionare uno squilibrio idroelettrolitico i cui segni e sintomi sono molteplici e possono condurre, in abbinamento all’ipertermia, ad una vera e propria urgenza medica, il colpo di calore.

I primi segnali della disidratazione si manifestano con senso di sete, secchezza della bocca e delle mucose, contrazione della diuresi (urine concentrate). Quando il grado di disidratazione progredisce, insorge tachicardia (aumento della frequenza dei battiti cardiaci), ipotensione (riduzione della pressione arteriosa), riduzione della performance muscolare e insorgenza di crampi muscolari, letargia. Nel colpo di calore conclamato si verifica grave ipertermia (elevazione della temperatura corporea prossima ai 40-42°C), riduzione della pressione arteriosa (con sintomi di spossatezza, senso di svenimento e giramenti di testa), nausea e vomito, crampi muscolari, alterazione dello stato mentale (iniziale confusione, letargia sino alla perdita di coscienza, alle convulsioni e al coma).

L’amministrazione persegue le finalità di tutela della salute del personale e svolge pertanto un’attività di sorveglianza sanitaria periodica, finalizzata ad escludere la sussistenza di controindicazioni in atto allo svolgimento dell’attività di soccorso tecnico urgente del personale operativo vigile del fuoco; tuttavia, considerato l’aumento dell’età media del personale, non si può escludere la coesistenza di patologie che di per sé non sono ostative all’attività di soccorso tecnico urgente in modo assoluto ma che, anche in relazione alla terapia assunta, possono aggravare le conseguenze sulla salute a seguito di lavoro in ambienti surriscaldati. Tra queste, le più comuni sono le patologie della tiroide in trattamento sostitutivo con ormoni tiroidei, il diabete mellito in trattamento, l’ipertensione arteriosa in trattamento; per tale motivo, è importante che il singolo operatore nel contesto della sorveglianza sanitaria renda nota la sussistenza di tali condizioni alla componente sanitaria, che dovrà attentamente valutare la compatibilità del rischio clinico con le peculiarità del servizio d’istituto e, in caso di idoneità, dispensare le adeguate misure informative e preventive sul rischio specifico in argomento.

È prassi consolidata nell’ambito extralavorativo, a seguito di attività fisica condotta in condizioni climatiche caratterizzate da caldo eccessivo, l’assunzione di bevande energetiche di uso sportivo. Al riguardo, si informa che è controindicato l’utilizzo in condizioni di stress termico delle bevande energetiche di uso comune, considerato il contenuto di edulcoranti (la cui azione iperinsulinemica può correlarsi a rischio ipoglicemico), l’apporto di calorie in eccesso, il contenuto di sostanze eccitanti come caffeina in quantità elevata (possibile interferenza sul sistema nervoso con irritabilità, agitazione, irrequietezza, tachicardia) e, nel complesso, la non corretta gestione dello stato di idratazione.

Anche gli integratori idrosalini non vanno considerati semplici bevande, né possono sostituire l’integrazione con acqua minerale, che resta il cardine della reidratazione corporea; pertanto, anche il loro consumo deve essere limitato a casi di effettiva necessità.

In condizioni non estreme, per il reintegro dei sali minerali persi nel meccanismo di acclimatazione, è sufficiente quindi assicurare l’apporto di una dieta varia (con il corretto contributo alimentare di frutta e verdura) e l’adeguata idratazione.

Difatti, il caposaldo della prevenzione delle patologie da calore è rappresentato dalla idratazione con acqua minerale, non addizionata di CO2, da assumere in quantità adeguate già prima di iniziare il lavoro, al fine di evitare uno stress precoce del sistema cardiovascolare e assicurare il mantenimento dell’idratazione in costanza di attività.

L’utilizzo degli integratori idrosalini è giustificato laddove lo scenario operativo, peculiarmente assimilabile ad intervento antincendio, per la complessità e vastità necessiti di un prolungato intervento in condizioni avverse, con sforzo intenso perdurante più ore correlato ad abnorme sudorazione dell’operatore.

Si elencano di seguito, in sintesi, le misure preventive più opportune per evitare la disidratazione e l’insorgenza della patologia da calore:

- Prima dell’inizio del turno di lavoro evitare sforzi fisici, permanere in ambiente fresco (climatizzato) e assumere bevande fresche in quantità sufficiente, comunque mai inferiore a 1,5-2 litri di acqua al giorno.
- Consumare pasti leggeri ad intervalli regolari con adeguato introito di frutta e verdura fresca e limitando l’assunzione di caffè che, in quantità elevate, aumenta la disidratazione.
- Evitare il consumo di bevande energetiche.
- Durante lo sforzo fisico in condizioni di elevato stress termico aumentare l’apporto idrico assumendo 250 ml di acqua ogni 15/20 minuti, per un totale di 1.000 ml (1 litro) di acqua ogni ora; non superare mai la quantità di 1,5 litri di acqua l’ora perché questo provocherebbe una diluizione del sodio corporeo. Garantire, nel contesto ordinario, un approvvigionamento medio di acqua di 2.500 ml (2,5 litri) al giorno per persona e, per il personale operante in specifici interventi caratterizzati da temperature molto elevate e sforzo fisico intenso e prolungato nel tempo, adeguare l’approvvigionamento idrico alle prescrizioni sopracitate, fino a 10 litri al giorno per persona.
- Assumere integratori salini (potassio aspartato e magnesio aspartato - Polase ® o altro equivalente), osservando la corretta posologia e diluizione, anche in relazione a possibili controindicazioni correlate allo stato di salute, solo a seguito di sudorazione profusa e protratta, sforzo fisico intenso e segni clinici di disidratazione, sempre e comunque in abbinamento al reintegro corporeo di acqua minerale.
- Prevedere, ove il contesto di intervento lo consenta, pause di 10/15 minuti lontano dalla zona ad elevato stress termico ogni 45 minuti circa di attività.
- Nell’ipotesi di lavoratori che osservano una restrizione idrica per motivi religiosi, laddove la mansione di lavoro non consenta di evitare l’eccessiva esposizione al calore, dovrà essere assicurato l’apporto idrico fino a due litri di acqua prima dell’alba e due litri di acqua dopo il tramonto.

Tutto ciò descritto a titolo informativo e formativo, si rappresenta alle SS.LL. la necessità di adottare le necessarie attività di programmazione della spesa e razionalizzazione del fabbisogno, che per quanto riguarda l’approvvigionamento di acqua minerale ed integratori di sali minerali è da ascrivere al capitolo di spesa 1951 p.g., denominato “Viveri occorrenti alle mense obbligatorie di servizio per il personale di ruolo e volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Acquisto di generi d’integrazione e conforto per il personale predetto che si trovi in speciali condizioni di servizio. Spese per i servizi di mensa”.

Si precisa, al riguardo, che la spesa per l’acquisto di tali generi d’integrazione non può essere ascritta al capitolo di spesa 1982 p.g. 1, denominato “Spese per il funzionamento delle sale mediche del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, specificamente destinato alle spese per il funzionamento delle sale mediche.

Si confida nella più ampia diramazione dei contenuti delle presenti disposizioni a tutto il personale e nella corretta ed omogenea dispensazione dei generi di integrazione al personale effettivamente operante in scenari di intervento di lunga durata e con esposizione ad alte temperature.

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Fonte: VVF

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Circolare MLPS n.30 del 24 Dicembre 2012

ID 17408 | | Visite: 1971 | Circolari Sicurezza lavoro

Circolare MLPS n.30 del 24 Dicembre 2012

Oggetto: Problematiche di sicurezza delle macchine - Requisiti di sicurezza delle prolunghe applicate alle forche dei carrelli elevatori cosiddette" bracci gru".

A seguito delle varie segnalazioni pervenute dalle autorità territoriali di vigilanza all'autorità nazionale del controllo del mercato nonché alcuni quesiti inerenti la tematica e al fine di eliminare possibili disomogeneità di comportamento nella valutazione circa la conformità o meno, delle attrezzature in oggetto, alla direttiva macchine e di garantire ii rispetto delle vigenti disposizioni, si ritiene necessaria, sentita la divisione competente della Direzione Generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica del Ministero delle sviluppo economico, fornire una serie di precisazioni.

Nella esecuzione delle attività vivaistica e più in generale nei capannoni, vengono utilizzate macchine che permettono la movimentazione, il sollevamento ed ii trasporto dei materiali. In particolare, per lo spostamento dei materiali, sono normalmente adoperate delle macchine la cui struttura di base può accogliere attrezzature di tipo diverso permettendo cosi di effettuare lavorazioni specifiche e differenti fra loro.

Preliminarmente occorre sottolineare, al fine di garantire la tutela delle condizioni di lavoro e valorizzare la disciplina dell 'uso sicuro delle attrezzature di lavoro oggetto della presente circolare, che gli utilizzatori devono, nell'uso delle attrezzature di lavoro, attenersi a quanta previsto dal decreta legislative 9 aprile 2008, n. 81, in modo particolare alle previsioni contenute nel Titolo I e nel Titolo III, tenere conto che l'attrezzatura di lavoro dovrà risultare adeguata allo scopo per cui viene utilizzata ed idonea ai fini della sicurezza e della salute e verificare che l'attrezzatura sia utilizzata conformemente alle indicazioni del fabbricante.

Alcuni costruttori nonché alcuni utilizzatori di attrezzature di lavoro hanno fabbricato ovvero modificato carrelli elevatori, inserendo sugli stessi una attrezzatura, chiamata comunemente "braccio gru", da applicarsi sulle forche del carrello allo scopo di adoperarlo in operazioni di movimentazioni e di sollevamento materiali altrimenti non consentite dalle funzioni originarie del carrello stesso.

La questione e stata affrontata dal gruppo lavoro macchine presso la suddetta autorità nazionali di sorveglianza del mercato, che allo scopo di dare maggior eco alle sue conclusioni, anche a livello europeo, ha interessato della problematica il gruppo lavoro macchine in sede europea.

Il gruppo di lavoro macchine (doc. WG-2011.13), chiamato in causa dall'autorità di sorveglianza del mercato italiana, ha affrontato il problema nella riunione del 15 febbraio 2012, giungendo alla seguente conclusione: "Un braccio telescopico di sollevamento progettato per essere assemblato da parte dell'utente con il carrello elevatore per sollevare carichi sospesi e un'attrezzatura intercambiabile a norma dell'articolo 1 (1) (b) e 2 (b), della Direttiva Macchine.

II produttore di attrezzature intercambiabili deve garantire che la combinazione di attrezzature intercambiabili con il carrello elevatore o trattore con cui sono destinati ad essere assemblati soddisfa tutti i pertinenti requisiti essenziali di sicurezza di cui all'allegato I, compresi i requisiti pertinenti della parte 4 tale allegato, e deve espletare la relativa procedura di valutazione della conformità.

Le attrezzature intercambiabili devono essere fornite con le istruzioni che specificano il tipo o i tipi di carrello elevatore con il quale è destinato l'apparecchio da montare, sia con riferimento alle caratteristiche tecniche dei trattori o, se necessario, facendo riferimento a modelli specifici.

Queste istruzioni devono comprendere tutte le informazioni necessarie relative alla sicurezza di montaggio e utilizzo delle attrezzature intercambiabili e, in particolare, deve specificare il carico massimo che può essere sollevato in modo sicuro da un carrello elevatore munito di attrezzature per ogni posizione del carico".

In base al sopraindicato parere, che viene a coincidere con la posizione delle Autorità italiane, considerata la valenza generale della questione e la necessita di garantire uniformità di comportamento sui territorio nazionale, si ritiene opportune fornire le seguenti linee di indirizzo.

Si distinguono i seguenti casi:

I - il fabbricante del carrello immette sul mercato anche la prolunga - braccio gru- e dichiara che l'uso della stessa rientra nelle destinazioni d'uso del carrello. ad esempio a tutti gli obblighi dal decreto legislativo n. 17/2010 (direttiva macchine);

II - Il fabbricante della prolunga - braccio gru- e diverse da quello del carrello oppure la prolunga - braccio gru e il carrello sono immessi sui mercato dallo stesso soggetto, ma l'uso della prolunga - braccio gru- non rientra nelle destinazioni d 'uso del carrello. In questa caso la prolunga - braccio gru - e un'attrezzatura intercambiabile, in quanta conferisce una nuova funzione al carrello, quella di sollevare in modo indifferenziato materiali. Pertanto, conformemente a quanto riportato nel parere sopra citato, la prolunga - braccio gru- dovrà recare la marcatura CE, essere accompagnata da una dichiarazione CE e la conformità propria, contenente le informazioni sui requisiti concernenti la valutazione di conformità della combinazione dell'attrezzatura intercambiabile con la macchina di base, ed essere fornita di istruzioni che devono, inoltre, specificare il tipo o i tipi di macchina di base con cui si intende assemblare l'attrezzatura e includere le necessarie istruzioni di montaggio;

III - L'utilizzatore mette in servizio la prolunga - il braccio gru- e la assembla al carrello in suo possesso. In questa caso l'utilizzatore diviene il fabbricante della prolunga - braccio gru -, che si configura come un'attrezzatura intercambiabile, ed in quanta tale, prima della messa in servizio della stessa , dovrà rispettare le disposizioni previste dalla Direttiva Macchine ( costituzione del fascicolo tecnico, redazione della dichiarazione CE, apposizione della marcatura CE, predisposizione delle istruzioni).

Infine, si richiama l'attenzione che tale tipologia di utilizzo fa rientrare il carrello nel novero delle attrezzature elencate nell'allegato VII al D.lgs. n.81/2008, quale attrezzatura di sollevamento, e conseguentemente il carrello stesso debba essere sottoposto alla disciplina delle verifiche periodiche ex articolo 71, comma II del citato decreto legislativo con le modalità previste dal decreto interministeriale 11.04.2011.

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 30832 | 09 Agosto 2022

ID 17390 | | Visite: 1187 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 09 agosto 2022 n. 30832

Infortunio mortale durante la manovra di discesa del cestello di un autoelevatore. Responsabilità del capocantiere

Penale Sent. Sez. 4 Num. 30832 Anno 2022
Presidente: DOVERE SALVATORE
Relatore: VIGNALE LUCIA
Data Udienza: 13/07/2022

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 20 luglio 2020, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale della stessa città del 29 marzo 2017 quanto alla affermazione della penale responsabilità di P.G., che è stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di anni due di reclusione per aver cagionato la morte di R.N., dipendente della medesima società, per colpa consistita in violazione di norme in materia di prevenzione infortuni sul lavoro ed in specie dell'art. 19 comma 1 lettere a) ed f) d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81.

2. Il procedimento ha ad oggetto un infortunio sul lavoro verificatosi a Monreale il 3 novembre 2008. Secondo la ricostruzione compiuta dai giudici di merito, P.G. aveva funzioni di capocantiere e responsabile della sicurezza per la «****» che aveva ricevuto in appalto da «Enel S.p.A» interventi sulla rete elettrica territoriale di Palermo e, il giorno dei fatti, stava lavorando al potenziamento della linea a bassa tensione cH via M12 (una traversa di Via Linea Ferrata). Non è controverso che l'infortunio si sia verificato alle 15:45 e che, intorno alle 14:30, la linea interessata ai lavori fosse stata «riconsegnata» all'Enel per la riattivazione dell'energia elettrica. Neppure è controversa la dinamica dell'incidente: R.N. - che rivestiva qualifica di capo squadra - stava eseguendo un lavoro a circa quattro metri dal suolo, ove si era portato utilizzando il cestello di un autoelevatore. Durante la manovra di discesa del cestello, a causa della pendenza e della pioggia che aveva reso scivolosa la strada, il veicolo si mise in movimento e prese velocità concludendo la corsa in una scarpata a margine della strada. Di conseguenza, R.N. fu sbalzato fuori dal cestello e morì sul colpo.

3. Contro la sentenza ha proposto tempestivo ricorso il difensore dell'imputato articolandolo in cinque motivi che di seguito si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dall'art. 173 comma 1 d.lgs. 28 luglio 1989 n. 271.
3.1. Col primo motivo, la difesa del ricorrente- lamenta vizio di motivazione essendo stata omessa la valutazione della prova acquisita grazie alle deposizioni testimoniali di R.S. e V.N. dalle quali emerge che, nel momento in cui l'infortunio si verificò, P.G. non era presente in cantiere, ma lo era, invece, alle 14:30, quando la linea elettrica era stata riconsegnata all'Enel e i lavori erano terminati. Sostiene che, quale capocantiere e responsabile della sicurezza, P.G. non potrebbe essere chiamato a rispondere di una attività successiva al termine dei lavori.
3.2. Col secondo motivo, il ricorrente si duole che non sia stata valutata la circostanza che R.N. era «capo squadra». Osserva che, secondo quanto stabilito dal Piano Operativo di Sicurezza, era compito del capo squadra verificare che il personale fosse dotato di dispositivi di protezione individuale e ne facesse uso, sicché era lui a dover compiere le condotte doverose la cui omissione è stata invece- ascritta a P.G..
3.3. Col terzo motivo, il ricorrente lamenta erronea applicazione della legge penale. Osserva che, come la sentenza impugnata riconosce (pag. 11 della motivazione), «R.N. era dotato di tutti i dispositivi di protezione individuale necessari per svolgere le mansioni cui era deputato in totale sicurezza (casco protettivo, cinture di sicurezza e scale)» sicché la condotta a lui ascritta - «avere omesso di segnalare al datore di lavoro e al dirigente le deficienze della attrezzatura utilizzata da R.N. e la mancanza delle cinture di sicurezza nonché le condizioni legate alla forte pendenza della strada ove si stavano effettuando i lavori» (così testualmente il capo di imputazione) - non può avere avuto rilevanza causale nel verificarsi dell'evento. Osserva inoltre che, alle 14: 30, quando la linea elettrica fu consegnata all'Enel e P.G. era presente in loco, l'autoelevatore si trovava fuori dall'area di cantiere sicché la Corte territoriale ha errato nel rimproverare all'imputato di non aver adempiuto ai propri obblighi di vigilanza circa «l'utilizzo della scale in luogo del cestello», utilizzo che, nel momento in cui si verificò l'infortunio, egli non aveva il potere di impedire.
3.4. Col quarto e col quinto motivo, il ricorrente lamenta vizio di motivazione in relazione alla concreta esigibilità della condotta di controllo e vigilanza, alla rimproverabilità soggettiva dell'agente, all'esistenza di una posizione di garanzia tale da rendere doverosa l'ipotizzata condotta alternativa lecita. Sostiene che, poiché l'infortunio si verificò a lavori ulttmati, P.G. non poteva prevedere l'evento e non poteva neppure concretamente evitarlo. Osserva che la linea era stata consegnata all'Enel, sicché, nel portarsi in quota, R.N. decise, in autonomia, di proseguire i lavori utilizzando il cestello dell'autoelevatore e, così facendo, creò una situazione di pericolo esorbitante dalla sfera di rischio governata dal capocantiere.

Considerato in diritto

1. I motivi di ricorso sono infondati.

2. Le sentenze di merito non sono del tutto coincidenti quanto all'individuazione dei profili di colpa ritenuti esistenti in capo al ricorrente, e tuttavia possono essere lette congiuntamente, per quanto riguarda la ricostruzione della vicenda, in virtù dei richiami che la sentenza d'appello opera alla sentenza di primo grado (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595). A differenza di quanto sostenuto dal ricorrente i giudici di merito non hanno trascurato la circostanza di fatto che l'infortunio si sia verificato in un momento successivo alla riconsegna della linea elettrica all'Enel. Al contrario, la sentenza di primo grado sottolinea che quel giorno era stata concordata la sospensione dell'energia elettrica dalle ore 9:00 alle ore 15:00 e la riconsegna della linea, che consentiva all'Enel di riattivare la corrente, avvenne poco dopo le 14:20. I giudici di merito osservano però che, non per questo, i lavoratori avevano terminato la propria attività e che R.N. non avrebbe avuto altra ragione di portarsi in quota, in corrispondenza di un palo della luce, se non quella di completare il lavoro. La Corte territoriale, sottolinea che, secondo alcuni testimoni, dopo la riconsegna della linea elettrica, si doveva «sistemare il posto di lavoro», e che, a detta dei figli e del fratello della vittima, R.N. si era portato in quota per «sostituire gli elementi di bloccaggio dell'ultimo palo della luce interessato ai lavori programmati». Il ricorrente obietta che, secondo altri testimoni, H lavoro era finito e i sistemi di bloccaggio (id est: le carrucole) erano già sul camion. È evidente, tuttavia, che tra queste dichiarazioni non vi è alcuna insanabile contraddizione e pertanto non è sostenibile che, nelccaso di specie, vi sia stato un travisamento della prova. Questo vizio, infatti, è configurabile solo quando si introduce nella motivazione un'informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia (Sez. 2, n. 27929 del 12/06/2019, Borriello, Rv. 276567; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499). Nel caso in esame, invece, il ricorrente propone una diversa valutazione degli elementi di prova; valutazione che esula dai poteri del giudice di legittimità il quale non può optare per la soluzione che ritiene più adeguata alla ricostruzione dei fatti, valutando l'attendibilità dei testi e le conclusioni dei periti e consulenti tecnici, ma può solo verificare, negli stretti limiti della censura dedotta, se un mezzo di prova esista e se il risultato della prova sia quello indicato dal giudice di merito, sempre che questa verifica non si risolva in una valutazione della prova (Sez. 4, Sentenza n. 36769 del 09/06/2004, Cricchi, Rv. 229690).
Tanto premesso si deve osservare che, secondo i giudici di merito, l'avvenuta riconsegna della linea, necessaria alla riattivazione dell'energia elettrica da parte dell'Enel, non comportava che i lavori fossero del tutto terminati, essendovi necessità di compiere ulteriori attività, volte alla sistemazione del posto di lavoro, oppure (come si legge nella sentenza di primo grado) necessarie a preparare il terreno per le attività che sarebbero state compiute il giorno dopo, previa nuova sospensione dell'erogazione di energia elettrica. Secondo i giudici di merito, queste attività erano necessarie o, comunque-, non estranee- al lavoro programmato, ma pertinenti ad esso e tali argomentazioni non presentano profili di contraddittorietà o manifesta illogicità. La sentenza impugnata sottolinea che la vittima non avrebbe avuto ragione alcuna di recarsi in quota e raggiungere un palo della luce se non per compiere una attività pertinente a quella della quale era stato incaricato. Dalla sentenza di primo grado risulta poi: che la «**** » doveva sostituire cavi elettrici "nudi" con cavi elettrici "inguainati" passando attraverso pali in cemento armato dell'altezza di otto metri; che, a detta dello stesso imputato, i lavori dovevano proseguire il giorno dopo lungo la medesima strada (con elevato grado di pendenza); che, a tal fine, era già stato pubblicato un avviso per una nuova sospensione dell'erogazione dell'energia elettrica nella zona interessata.

3. Avendo valutato - con motivazione congrua e coerente - che l'attività svolta al momento dell'infortunio rientrava tra le mansioni cui i lavoratori erano stati destinati, la Corte territoriale ha sottolineato:
- che i lavori programmati dovevano essere eseguiti in quota;
- che nel tratto di strada luogo del sinistro era presente uno dei pali della luce interessati dal lavoro;
- che quel tratto di strada aveva una pendenza media del 19,88% (accertata in grado di appello, con indagine peritale, su richiesta della difesa);
- che il cestello autoelevatore del quale R.N. si servì per portarsi in quota «non poteva essere utilizzato in quella strada» perché, come risulta dal manuale di uso e manutenzione, poteva operare in condizioni di sicurezza soltanto se la pendenza del suolo non era superiore al 10%;
- che, di conseguenza, (e a maggior ragione perché quel giorno aveva piovuto) per portarsi in quota in condizioni di sicurezza era necessario avvalersi di «scale all'italiana» che erano «indicate come in dotazione all'impresa», ma non furono «rinvenute dai tecnici della prevenzione al momento del sopralluogo» successivo all'incidente e, secondo quanto riferito dai testimoni, non furono «mai utilizzate» quel giorno.
Muovendo da queste premesse, i giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto che al capocantiere P.G. dovesse essere attribuito un profilo di colpa ulteriore e parzialmente diverso rispetto a quello contestato nel capo dl imputazione, consistito nel non aver impartito precise direttive alla squadra affinché, per portarsi in quota, non fosse adoperato il cestello e fossero impiegate invece le scale in dotazione. La sentenza del Tribunale e quella della Corte di appello sottolineano che lo stesso P.G. ha dichiarato in giudizio: di essere consapevole che non tutti i lavori possono essere fatti con l'autocestello e ci sono pali che possono essere raggiunti solo con la scala all'italiana; di aver constatato, quando si era recato in cantiere, che tra i mezzi a disposizione dei dipendenti c'era l'autocestello; di non aver ritenuto di dover impartire disposizioni sulla necessità di avvalersi di scale in ragione dell'elevata esperienza di R.N..
Come sottolineato nel ricorso, a differenza del Tribunale, la Corte territoriale ha ritenuto questo profilo di colpa assorbente. Ha sostenuto, infatti, «che R.N. era dotato di tutti i dispositivi di protezione individuale necessari per svolgere le mansioni cui era deputato in totale sicurezza (casco protettivo, cinture di sicurezza e scale)» (pag. 11 della motivazione) e «per sua libera scelta» non utilizzò correttamente le attrezzature (pag. 5 della motivazione). Ha ritenuto, però, che P.G. fosse responsabile dell'infortunio, a prescindere «dalla qualifica di capo squadra rivestita dal R.N. e dalla sua rinomata esperienza sul campo», perché rivestiva le qualifiche di capocantiere e responsabile per la sicurezza e, di conseguenza, aveva l'obbligo giuridico di vigilare sul comportamento del personale addetto ai lavori, verificare l'attuazione delle direttive antinfortunistiche, fornire le istruzioni necessarie per tutelare l'integrità fisica dei lavoratori, accertarsi dell'uso dei dispositivi di protezione individuale; obblighi ai quali si rese inadempiente consentendo così il verificarsi dell'evento.

4. Il ricorrente sostiene che gli obblighi attribuiti al capocantiere dalla sentenza impugnata gravavano in realtà proprio sul caposquadra R.N. e, poiché l'infortunio si verificò in orario successivo alla consegna della linea, rappresentò la concretizzazione. di un rischio non governabile da parte del capocantiere. Dalle sentenze di merito risulta, tuttavia, che P.G. rivestiva la qualità di responsabile della sicurezza e quel giorno si recò nel cantiere verso le 8:30, vi rimase fino alle 10:20 e vi tornò alle 14:20 (pag. 20 della sentenza di primo grado); poté dunque rendersi conto che sul posto era presente l'autocestello, ma non impartì precise direttive alla squadra affinché quel mezzo non fosse utilizzato, né si assicurò che fossero adoperate - e quindi portate in cantiere - le scale, indicate come in dotazione all'impresa, ma non rinvenute dai tecnici della prevenzione sul luogo dell'infortunio.
Da questa constatazione la sentenza impugnata desume: che P.G. era titolare di una posizione di garanzia ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. n. 81/08; che tale posizione di garanzia non era venuta meno sol perché, intorno alle 14:30, la linea elettrica era stata riconsegnata all'Enel consentendole di riprendere l'erogazione di energia; che nel cantiere dovevano essere eseguiti lavori in quota, sicché P.G. avrebbe dovuto impartire istruzioni riguardo all'uso delle attrezzature da lavoro idonee a tal fine, imponendo l'uso delle scale e vietando l'uso dell'autocestello per raggiungere i pali posti in corrispondenza di strade con pendenza superiore al 10% (quale era la strada che fu teatro dell'infortunio); che l'omissione di tale doverosa attività rese possibile il verificarsi dell'evento; che H rischio così concretizzatosi era prevedibile ed evitabile e in concreto l'imputato aveva il potere e il dovere di governarlo.

5. Si tratta di conclusioni non contraddittorie né manifestamente illogiche e conformi ai principi di diritto che regolano la materia della colpa e, specificamente, della responsabilità colposa in materia di infortuni sul lavoro.
Il capocantiere, infatti, ha l'obbligo di vigilare affinché i lavori siano eseguiti nel rispetto delle norme per la prevenzione degH infortuni, e la «rinomata esperienza sul campo» di R.N. non esimeva il ricorrente da tale obbligo di vigilanza. P.G. non poteva fare affidamento sull'esperienza di R.N. perché non aveva impartito istruzioni al caposquadra in ordine alla necessità di portarsi in quota utilizzando le scale e non l'autocestello e perché non si era assicurato che scale idonee allo scopo fossero state effettivamente portate in cantiere. Il principio di affidamento non può essere invocato, infatti, «da parte di chi sia già in colpa per avere violato norme precauzionali o avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che colui che gli succede nella posizione di garanzia elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione, in quanto la seconda condotta non si configura come fatto eccezionale sopravvenuto, da solo sufficiente a produrre l'evento» (Sez. 4, n. 35827 del 27/06/2013, Zanon, Rv. 258124).
Come noto, peraltro, in tema di reati colposi omissivi impropri, l'effetto interruttivo del nesso causale può essere dovuto solo a circostanze che introducano un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare e tale non è certamente quello relativo all'utilizzo non corretto delle attrezzature di lavoro nel caso in cui sia stata omessa la doverosa vigilanza in proposito (sul concetto di rischio nuovo o radicalmente esorbitante cfr. Sez. 4, n. 123 del 11/12/2018, dep. 2019, Nastasi, Rv. 274829; Sez. 4, n. 20270 del 06/03/2019, Palmeri, Rv. 276238; Sez. 4, n. 22691 del 25/02/2020, Romagnolo, Rv. 279513).
Nel caso di specie, il rischio verificatosi rientrava esattamente nella sfera di controllo del capocantiere, diretto superiore gerarchico di R.N. e perciò preposto, ai sensi dell'art. 19 d.lgs. n 81/08, alla vigilanza sulle modalità di organizzazione del lavoro. Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, non può rilevare in contrario che l'infortunio si sia verificato circa un'ora dopo la riconsegna della linea elettrica all'Enel. Come chiarito dalle sentenze di merito, infatti, l'attività che R.N. stava svolgendo (consistita nel sistemare il posto di lavoro per portare via le carrucole oppure - come parrebbe emergere dalla sentenza di primo grado - per preparare le attività che avrebbero dovuto essere svolte il giorno dopo) non era affatto estranea all'appalto ricevuto dalla CEIT. Non si può ignorare, poi, che i lavori ricevuti in appalto dalla società dovevano svolgersi in quota, sicché il capocantiere aveva l'obbligo di vigilare sulla concreta idoneità delle attrezzature utilizzate a tal fine. A ciò deve aggiungersi che, in caso di mancata adozione delle cautele volte a governare il rischio di imprudente esecuzione dei compiti assegnati ai lavoratori, tale imprudente esecuzione non si configura certamente come un rischio «eccentrico» rispetto a quelli che l'adozione delle cautele omesse era destinata a prevenire (sul tema: Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242; Sez. 4, n. 7364 del 14/01/2014, Scarselli, Rv. 259321).

6. La decisione assunta non è dunque censurabile né sotto il profilo dell'identificazione del rischio concretizzatosi, né per quanto riguarda le regole cautelari applicabili. Neppure è censurabile, perché coerente con le emergenze istruttorie, l'identificazione della condotta alternativa doverosa, individuata dalle sentenze di merito nella vigilanza sull'utilizzo delle scale che non furono neppure rinvenute in cantiere dalla polizia giudiziaria intervenuta dopo l'infortunio.
Anche se il tema non costituisce oggetto di ricorso è opportuno ricordare che, nei procedimenti per reati colposi, la sostituzione o l'aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure specifica, al profilo di colpa originariamente contestato, non vale a realizzare diversità o immutazione del fatto ai fini dell'obbligo di contestazione suppletiva di cui all'art. 516 cod. proc. pen. e dell'eventuale ravvisabilità, in carenza di valida contestazione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell'art. 521 stesso codice (fra le tante: Sez. 4, n. 18390 del 15/02/2018, P.C. in proc. Di Landa, Rv. 273265; Sez. 4, n. 51516 del 21/06/2013, Miniscalco, Rv. 257902). Un principio che è indubbiamente applicabile nel caso di specie, atteso che l'imputato ha avuto la concreta possibilità di apprestare in modo completo la sua difesa in relazione al profilo di addebito in concreto ritenuto sussistente (cfr.: Sez. 4, n. 27389 del 08/03/2018, Siani, Rv. 273588; Sez. 4, n. 53455 del 15/11/2018, Galdino De Lima, Rv. 274500; Sez. 4, n. 36778 del 03/12/2020, Celli, Rv. 280084).

7. Per quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13 luglio 2022

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Valutazione rischi incendio luoghi di lavoro 2022: Documento di transizione

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Valutazione rischi incendio luoghi di lavoro 2022   Documento transizione

Valutazione rischio incendio luoghi di lavoro 2022: Documento di transizione

ID 17064 | 11.07.2022 / Documento allegato

In allegato "Documento di transizione" che può essere redatto ai fini dell'applicazione del Decreto 3 settembre 2021 Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, di cui all'articolo 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (GU n.259 del 29.10.2021), in merito all'analisi dei possibili scenari di applicazione dello stesso.

Il Documento di transizione consente un primo screening, relativo all'attività dell'azienda, sull'effettuazione o meno di una nuova valutazione dei rischi d'incendio ai sensi del Decreto 3 settembre 2021.

Valutazione rischio incendio luoghi di lavoro 2022 Documento transizione Fig 1
...
B. Presenza RT
...
C. Luogo non BRI e assenza RT

...

Decreto 3 settembre 2021

Art. 4. Disposizioni transitorie e finali

1. Per i luoghi di lavoro esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, l’adeguamento alle disposizioni di cui al presente decreto viene attuato nei casi indicati nell’art. 29, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

D.Lgs. 81/2008

Art. 29 - Modalita' di effettuazione della valutazione dei rischi


3. La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali.

Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

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Valutazione rischi incendio luoghi di lavoro 2022

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Circolare 25 novembre 1969 n. 68

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Circolare 25 novembre 1969 n. 68

Norme di sicurezza per impianti termici a gas di rete.

Aggiornata da:

- Circolare 23.3.1970 n. 26;
- Circolare 31.7.1970 n. 59;
- Lettera circolare 24.6.1974 n. 14023/4183
- Lettera circolare 9.11.1974 n. 26706/4183
______

Abrogata (e circolari elencate) dall’art. 7 del D.M. 12 aprile 1996.

D.M. 12 aprile 1996
.
..

Art. 7 - Disposizioni finali Fatto salvo quanto previsto nell’art. 6, del presente decreto, sono abrogate tutte le precedenti disposizioni impartite in materia dal Ministero dell'Interno.

 

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Decreto 29 dicembre 2005

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Decreto 29 dicembre 2005

Decreto 29 dicembre 2005 / Termine del regime del Nullaosta provvisorio (NOP)

Direttive per il superamento del regime del nulla osta provvisorio, ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37

(GU n.26 del 01-02-2006)

Termine del regime del Nullaosta provvisorio (NOP) il 01.06.2009

Decorso il termine di tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (in vigore dal 01.06.2006 / ndr), i nulla osta rilasciati dai Comandi provinciali dei Vigili del fuoco, ai sensi dell'art. 2 della legge 7 dicembre 1984, n. 818, decadono e la prosecuzione dell'esercizio delle attivita', ai fini antincendio, e' consentita solo se gli interessati abbiano ottenuto, entro il medesimo termine, il certificato di prevenzione incendi 

_______

Art. 1. Oggetto e campo di applicazione

Il presente decreto e' emanato in attuazione dell'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37, che demanda al Ministero dell'interno l'adozione di specifiche direttive in ordine agli adempimenti che devono essere messi in atto dai titolari delle singole attivita' o di gruppi di attivita', di cui al decreto ministeriale 16 febbraio 1982, in possesso di nulla osta provvisorio in corso di validita', per le quali non siano state gia' emanate altre direttive, al fine di adeguarsi alla normativa di prevenzione incendi e conseguire il certificato di prevenzione incendi.

Art. 2. Obblighi dei titolari delle attivita'

1. I titolari delle attivita' di cui all'art. 1 del presente decreto sono tenuti a presentare al Comando provinciale dei Vigili del fuoco competente per territorio domanda di parere di conformita' sui progetti e domanda di sopralluogo ai fini del rilascio del certificato di prevenzione incendi, secondo le procedure stabilite dagli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37, e dagli articoli 1 e 2 del decreto del Ministro dell'interno 4 maggio 1998.

2. In conformita' alle indicazioni contenute nell'allegato I al decreto del Ministro dell'interno 4 maggio 1998, la documentazione progettuale allegata alla domanda di parere di conformita' deve consentire di accertare la rispondenza delle attivita' alle vigenti disposizioni in materia di sicurezza antincendio, ovvero, in mancanza, ai criteri generali di prevenzione incendi, ivi compresi quelli stabiliti dal decreto del Ministro dell'interno 10 marzo 1998. Nell'allegato A, che fa parte integrante del presente decreto, sono riportate le direttive per l'applicazione delle disposizioni tecniche di prevenzione incendi alle autorimesse ed agli impianti per la produzione di calore alimentati a gas.

3. Previa acquisizione del parere di conformita' sul progetto, le domande di sopralluogo ai fini del rilascio del certificato di prevenzione incendi, corredate della documentazione tecnica di cui all'allegato II al decreto del Ministro dell'interno 4 maggio 1998, devono essere presentate al Comando provinciale dei Vigili del fuoco competente per territorio entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Art. 3. Norme transitorie

1. Decorso il termine di tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i nulla osta rilasciati dai Comandi provinciali dei Vigili del fuoco, ai sensi dell'art. 2 della legge 7 dicembre 1984, n. 818, decadono e la prosecuzione dell'esercizio delle attivita', ai fini antincendio, e' consentita solo se gli interessati abbiano ottenuto, entro il medesimo termine, il certificato di prevenzione incendi ovvero abbiano provveduto alla presentazione della dichiarazione di cui all'art. 3, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37 che costituisce, ai soli fini antincendio, autorizzazione provvisoria all'esercizio dell'attivita'.

Art. 4. Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il centoventesimo giorno successivo alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 29 dicembre 2005
Il Ministro: Pisanu

Allegato A
DIRETTIVE PER L'APPLICAZIONE DELLE DISPOSIZIONI TECNICHE DI PREVENZIONE INCENDI ALLE AUTORIMESSE ED AGLI IMPIANTI PER LA PRODUZIONE DI CALORE ALIMENTATI A GAS, IN POSSESSO DI NULLA OSTA PROVVISORIO IN CORSO DI VALIDITA'.

1. Autorimesse

Le autorimesse individuate al punto 92 dell'elenco allegato al decreto interministeriale 16 febbraio 1982, devono essere rese conformi alle disposizioni di prevenzione incendi di cui al decreto del Ministro dell'interno 1° febbraio 1986, e successive modifiche ed integrazioni, fatta eccezione per i seguenti punti dell'allegato:

0., limitatamente alla definizione di «box»;
3.1, 2° comma;
3.2, 1° comma, in quanto e' ammesso che l'altezza minima sia pari almeno a 2,00 m a condizione che:
a) l'autorimessa sia dotata di un sistema di ventilazione naturale con aperture di aerazione prive di serramenti e di superficie non inferiore a 1/20 della superficie in pianta della stessa autorimessa;
b) l'altezza minima di 2,00 m sia rispettata nei confronti di qualsiasi sporgenza dall'intradosso del solaio di copertura, compresi eventuali impianti e tubazioni a soffitto; c) il percorso massimo per raggiungere le uscite sia non superiore a 30 m. 3.6.3; 3.7.2; 3.8.0;
il punto 11 si applica alle autorimesse esistenti al 10 dicembre 1984.

E' inoltre ammesso che le caratteristiche di resistenza al fuoco degli elementi costruttivi e delle porte siano inferiori di una classe (cosi' come definite all'art. 3 della circolare del Ministero dell'interno 14 settembre 1961, n. 91) rispetto ai valori richiesti dal decreto del Ministro dell'interno 1° febbraio 1986, con un minimo di R e REI/EI 30.

2. Impianti per la produzione di calore alimentati a gas

Per gli impianti per la produzione di calore alimentati a combustibile gassoso di cui al punto 91 dell'elenco allegato al decreto interministeriale 16 febbraio 1982, il titolare dell'attivita' puo' scegliere tra le due seguenti opzioni alternative:

a) osservanza delle specifiche disposizioni di prevenzione incendi vigenti alla data del rilascio del nulla osta provvisorio (circolare del Ministero dell'interno 25 novembre 1969, n. 68, e successive modifiche ed integrazioni, ad eccezione del punto 2.4 dell'allegato A).

L'altezza minima dei locali di installazione degli apparecchi deve essere conforme a quanto previsto all'ultimo comma del punto 7.1 dell'allegato al decreto del Ministro dell'interno 12 aprile 1996.

Per gli elementi costruttivi e per le porte, laddove sono prescritti requisiti di resistenza al fuoco superiori a R/REI 60, sono ammesse caratteristiche R e REI/EI 60;

b) osservanza del Titolo VII dell'allegato al decreto del Ministro dell'interno 12 aprile 1996. Per gli elementi costruttivi e per le porte, laddove sono prescritti requisiti di resistenza al fuoco superiori a R/REI 60, sono ammesse caratteristiche R e REI/EI 60.

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D.P.R.1 giugno 1979 n. 469

ID 17355 | | Visite: 1571 | Decreti Sicurezza lavoro

D.P.R.1 giugno 1979 n. 469 

Regolamento di attuazione della legge 26 aprile 1974, n. 191, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestiti dall'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato. 

(GU n.264 del 26.09.1979)

Abrogato da: D.L. 9 febbraio 2012, n.  5 (GU n. 33 del 09-02-2012 - S.O. n. 27) convertito con modificazioni dalla L. 4 aprile 2012, n. 35 (G.U. n. 82 del 06.04.2012 - S.O. n. 69)
_______

Aggiornamenti all'atto

02/07/1980
La Corte costituzionale, con sentenza 19 giugno 1980, n. 100 (in G.U. 02/07/1980 n. 180) ha annullato parzialmente l'art. 1, comma 1 dell'Accordo allegato.

09/02/2012
DECRETO-LEGGE 9 febbraio 2012, n. 5 (in SO n.27, relativo alla G.U. 09/02/2012, n.33) convertito con modificazioni dalla L. 4 aprile 2012, n. 35 (in SO n. 69, relativo alla G.U. 06/04/2012, n. 82)

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Protocollo INAIL-FS Salute e la Sicurezza sul Lavoro 2022

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Protocollo INAIL FS Salute e Sicurezza lavoro

Protocollo INAIL-FS Salute e la Sicurezza sul Lavoro 2022

ID 17351 | 07.04.2022 / In allegato

Pnrr, sottoscritto protocollo Inail-FS per la salute e la sicurezza sul lavoro

L’intesa, che farà da modello a ulteriori accordi tra l’Istituto e altri grandi gruppi industriali, prevede iniziative congiunte per la progettazione di azioni finalizzate alla prevenzione degli infortuni, anche attraverso la sperimentazione di soluzioni di valore tecnologico innovativo. La collaborazione avrà durata quinquennale, in coerenza con la scadenza del Piano nazionale di ripresa e resilienza nel 2026

ROMA - Inail e Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane hanno sottoscritto oggi un protocollo d’intesa finalizzato ad avviare una collaborazione strutturata e permanente per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. L’intesa è stata siglata alla presenza del ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, e del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando.

La rilevante dimensione del coinvolgimento del Gruppo FS nella realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e la stringente tempistica fissata per il completamento delle opere previste rendono necessario, infatti, rafforzare le iniziative che il Gruppo FS, anche attraverso le sue società controllate, sta già adottando per proseguire nel miglioramento dei livelli di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro, principi fondanti dell’identità sociale e industriale di FS.

“L’impegno delle Ferrovie dello Stato Italiane nella tutela della salute e della sicurezza sul lavoro – spiega l’amministratore delegato del Gruppo FS, Luigi Ferraris – comprende un pieno coinvolgimento di tutti gli stakeholder, iniziando dai lavoratori e dalle loro rappresentanze sindacali,  con cui proseguiremo su questo percorso, nonché un investimento continuo sul benessere, sulla formazione e sulla consapevolezza delle persone. Muove da questi presupposti il protocollo siglato oggi con Inail che ha l’obiettivo di elevare il livello di consapevolezza e la cultura della sicurezza in tutti gli ambienti di lavoro, a iniziare da quelli più coinvolti nella messa a terra dei progetti del Pnrr”.  

Come sottolineato dal presidente dell’Inail, Franco Bettoni, “quello firmato oggi con il Gruppo FS è un accordo pilota innovativo, destinato a fare da modello a ulteriori collaborazioni con altri grandi gruppi industriali del Paese. L’obiettivo è di garantire che la salute e la sicurezza sul lavoro siano centrali anche nella fase di ripresa trainata dal Pnrr. Dopo il rallentamento causato dalla pandemia, infatti, stiamo assistendo a una drammatica recrudescenza degli infortuni e delle morti sul lavoro, che deve essere affrontata insieme a tutti gli attori del sistema produttivo con azioni di prevenzione, ricerca e formazione tarate sulla realtà attuale”.

La mole delle opere che dovranno essere realizzate nel campo delle infrastrutture e dell’ammodernamento dei processi produttivi, verso le nuove frontiere energetiche, tecnologiche e di sostenibilità sociale, richiederà quindi di moltiplicare le iniziative di prevenzione degli infortuni. A questo scopo Inail promuoverà azioni mirate per supportare le aziende e i grandi gruppi destinatari delle risorse del Pnrr, a partire dalla progettazione della fase operativa degli investimenti. Questa modalità di intervento diventerà strutturale per l’Istituto, che promuoverà appositi protocolli d’intesa.

L’accordo sottoscritto oggi avrà durata quinquennale, in coerenza con la scadenza del Pnrr nel 2026, e prevede l’esecuzione di attività congiunte volte alla diffusione della cultura della prevenzione e al miglioramento della gestione di salute e sicurezza, anche attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei soggetti istituzionali competenti. Gli ambiti di collaborazione definiti dal protocollo comprendono iniziative di comunicazione e promozione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e della sostenibilità sociale, la progettazione di programmi di formazione rivolti a tutti i ruoli aziendali e al personale coinvolto nella realizzazione delle grandi opere infrastrutturali e la ricerca e sperimentazione di soluzioni tecnologiche innovative per il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza.

Tra queste ultime potranno avere un ruolo centrale i progetti di ricerca Inail nel campo della robotica, della realtà aumentata attraverso la visione immersiva, della sensoristica per il monitoraggio degli ambienti di lavoro, dello studio di materiali innovativi per l’abbigliamento lavorativo e dei dispositivi per la prevenzione di infortuni e malattie professionali, quali ad esempio gli esoscheletri collaborativi. Sono previsti, inoltre, la progettazione di modelli di organizzazione e gestione dei rischi per la prevenzione degli infortuni e la promozione del benessere organizzativo, l’analisi dei flussi informativi in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali nei comparti di interesse aziendali e nella realizzazione di grandi opere, e lo studio dei fattori di rischio per prevenire le patologie lavoro-correlate.

I compiti di indirizzo, programmazione e monitoraggio delle attività oggetto della collaborazione, che saranno regolate attraverso la stipula di specifici accordi attuativi, sono affidati a un Comitato di coordinamento composto da sei referenti, di cui tre individuati dall’Inail e tre dal Gruppo FS.

Fonte INAIL

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Piano di emergenza: Comparazione contenuti Decreti 1998/2021

ID 16802 | | Visite: 9377 | Documenti Riservati Sicurezza

Piano di emergenza   comparazione contenuti

Piano di emergenza: Comparazione contenuti Decreto 10 Marzo 1998 / Decreto 2 Settembre 2021

ID 16802 | 08.06.2022 / Documento completo allegato

In allegato Documento sull'elaborazione dei Piano di emergenza nei luoghi di lavoro, note e tabella comparativa sui contenuti previsti dal DM 10 Marzo 1998 e DM 02 settembre 2021 che sostituirà lo stesso (per gli Articoli d'interesse / vedi a seguire) dal 04.10.2022.

1. Elaborazione Piano di emergenza

Elaborazione Piano di emergenza ai sensi del DM 10 Marzo 1998 e nuovo DM 02 settembre 2021 (Decreto GSA / Gestione Sicurezza Antincendio luoghi di lavoro), che abroga dal 04.10.2022 l’art. 3, comma 1, lettera f) e gli articoli 5, 6 e 7 del DM 10 Marzo 1998.

Abrogazione completa DM 10 Marzo 1998 dal 29 Ottobre 2022:

Il Decreto 3 settembre 2021 "Decreto Minicodice", all. 4 c. 2 abroga il DM 10 Marzo 1998 dalla data della sua entrata in vigore il 29 Ottobre 2022.

2. Quando deve essere elaborato

Il DM 10 Marzo 1998 all’Articolo 5, prevede l'elaborazione del Piano di emergenza nei seguenti casi:

Piano di emergenza   comparazione contenuti   Fig  1

(*) Per i luoghi di lavoro ove sono occupati meno di 10 dipendenti, il datore di lavoro non è tenuto alla redazione del piano di emergenza, ferma restando l’adozione delle necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio.

DM 10 Marzo 1998

Art. 3 Misure preventive, protettive e precauzionali di esercizio.

1. All’esito della valutazione dei rischi di incendio, il datore di lavoro adotta le misure finalizzate a:

a) ridurre la probabilità di insorgenza di un incendio secondo i criteri di cui all’allegato II;
b) realizzare le vie e le uscite di emergenza previste dall’art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, di seguito denominato decreto del Presidente della Repubblica n. 547/1955, così come modificato dall’art. 33 del decreto legislativo n. 626/ 1994, per garantire l’esodo delle persone in sicurezza in caso di incendio, in conformità ai requisiti di cui all’allegato III;
c) realizzare le misure per una rapida segnalazione dell’incendio al fine di garantire l’attivazione dei sistemi di allarme e delle procedure di intervento, in conformità ai criteri di cui all’allegato IV;
d) assicurare l’estinzione di un incendio in conformità ai criteri di cui all’allegato V;
e) garantire l’efficienza dei sistemi di protezione antincendio secondo i criteri di cui all’allegato VI;
f) fornire ai lavoratori una adeguata informazione e formazione sui rischi di incendio secondo i criteri di cui all’allegato VII.

2. Per le attività soggette al controllo da parte dei Comandi provinciali dei vigili del fuoco ai sensi dal decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, le disposizioni del presente articolo si applicano limitatamente al comma 1, lettere a), e) ed f).
...

Art. 5. Gestione dell’emergenza in caso di incendio.

1. All’esito della valutazione dei rischi d’incendio, il datore di lavoro adotta le necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio riportandole in un piano di emergenza elaborato in conformità ai criteri di cui all’allegato VIII.

Ad eccezione delle aziende di cui all’art. 3, comma 2, del presente decreto, per i luoghi di lavoro ove sono occupati meno di 10 dipendenti, il datore di lavoro non è tenuto alla redazione del piano di emergenza, ferma restando l’adozione delle necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio.

Il DM 02 settembre 2021 all'Art. 2, prevede l'elaborazione del Piano di emergenza nei seguenti casi:

Piano di emergenza   comparazione contenuti   Fig  2

(*) Indipendentemente dal numero dei lavoratori

DM 02 settembre 2021

Art. 2. Gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza

1. Il datore di lavoro adotta le misure di gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza, in funzione dei fattori di rischio incendio presenti presso la propria attività, secondo i criteri indicati negli allegati I e II, che costituiscono parte integrante del presente decreto.

2. Nei casi sottoelencati il datore di lavoro predispone un piano di emergenza in cui sono riportate le misure di gestione della sicurezza antincendio in emergenza di cui al comma 1:

- luoghi di lavoro ove sono occupati almeno dieci lavoratori;
- luoghi di lavoro aperti al pubblico caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di cinquanta persone, indipendentemente dal numero dei lavoratori;
- luoghi di lavoro che rientrano nell’allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.

3. Nel piano di emergenza sono, altresì, riportati i nominativi dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e di gestione delle emergenze, o quello del datore di lavoro, nei casi di cui all’art. 34 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

4. Per i luoghi di lavoro che non rientrano in nessuno dei casi indicati al comma 2, il datore di lavoro non è obbligato a redigere il piano di emergenza, ferma restando la necessità di adottare misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio; tali misure sono riportate nel documento di valutazione dei rischi o nel documento redatto sulla base delle procedure standardizzate di cui all’art. 29, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

3. Modalità di elaborazione
...
4. Comparazione contenuti Decreto 10 Marzo 1998 / Decreto 2 Settembre 2021

Piano di emergenza   comparazione contenuti   Fig  3

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Verifica funi acciaio: Metodo Magnetico Induttivo (MRT)

ID 10491 | | Visite: 17219 | Documenti Riservati Sicurezza

ID 10491 Verifica MRT

Verifica funi acciaio: Metodo Magnetico Induttivo (MRT)

ID 10491 | 21.06.2022 / Documento di approfondimento e moduli per ispezioni (formato .docx) in allegato

Il Documento allegato, illustra il Metodo Magnetico Induttivo MRT (Magnetic Rope Test) previsto "in rilievo" dalla norma ISO 4309:2017 (rispetto alla precedente ISO 4309:2010) per esaminare lo stato di conservazione di funi di acciaio. Il metodo è una tecnica di controllo non distruttivo (NPD). In allegato un esempio di un report MRT estratto della ISO 4309:2017.

Rev. 1.0 2022 Novità

- Aggiornamento in lingua italiana del testo.
- Aggiornamento normativo.
- Aggiunta nuovi moduli per la registrazione delle ispezioni in formato .docx (in allegato).

Il metodo magneto-induttivo nasce nei primi anni del 1900 ed inizialmente è impiegato nel solo ambiente funiviario, laddove i livelli di sicurezza sono naturalmente molto alti. Nel corso degli anni la tecnologia evolve, i dispositivi diventano più piccoli e meno costosi e a partire dagli anni '80 del secolo scorso si inizia ad osservare un impiego di questa tecnologia anche nel settore del sollevamento merci.

A partire dai primi anni 2000 la metodologia inizia ad essere impiegata in maniera sempre più importante, in special modo nel settore offshore, dove le funi operano in ambienti molto gravosi.

L'utilità del metodo è rilevante, ed è inserito nelle nella versione della norma ISO 4309 (2010) nella quale è riportato che esso rappresenta un valido aiuto all'ispezione visiva (capitolo 5.6).

5.6 Prova non distruttiva (ISO 4309:2010)

La prova non distruttiva tramite mezzi elettromagnetici può essere utilizzata come un aiuto nell’ispezione visiva per determinare la posizione delle sezioni di fune che potrebbe aver sofferto di deterioramento. Se si è intenzionati a eseguire questa prova ad un certo punto della vita della fune, questa dovrebbe essere soggetta a un esame iniziale il prima possibile/praticabile nella vita della fune (può essere eseguito dal fabbricante della fune, durante, o, preferibilmente, dopo l’installazione), per essere preso come punto di riferimento (a volte detto anche “firma della fune”) per paragoni futuri.

5.6 Ispezione mediante il metodo della prova magneto-induttivo sulla fune (ISO 4309:2017)

Una MRT può essere utilizzata come un aiuto nell’ispezione periodica per determinare la posizione di quelle sezioni di fune che potrebbero essere state soggette a deterioramento.

Se si prevede di eseguire una MRT come parte dell’ispezione periodica, la fune dovrebbe essere sottoposta, il prima possibile nella vita della fune stessa, ad un esame iniziale (traccia di base) da utilizzare come punto di riferimento “dato” (a volte detto “firma della fune”) per paragoni futuri.

Si dovrebbe utilizzare una MRT dove potrebbero esistere difetti che potrebbero non essere identificati mediante il solo esame visivo e deve essere eseguita unitamente ad un esame visivo.

Quando non vi sia una norma internazionale specifica disponibile per la certificazione degli stessi dispositivi MRT, si dovrebbe prendere come riferimento le norme che trattano gli argomenti strumentazione verifica degli strumenti, per esempio EN 12927 o ASTM E157-11(2016)e1.

Nota Alcune limitazioni della MRT sono:

- può essere utilizzata solo per funi di acciaio ferromagnetiche;
- se lo spazio tra le estremità dei fili rotti è più piccolo della sensibilità dello strumento; e
- difficoltà di posizionamento della testa di misura sulla fune, per esempio vicino alle estremità o alle pulegge di bilanciamento.

Con la pubblicazione della norma ISO 4309:2017, che viene introdotta una descrizione più particolareggiata della metodologia magneto-induttiva, (MRT) entra nella tabella dei metodi di valutazione di una fune. Vengono definiti nuovi criteri di scarto da utilizzare con questo metodo e viene posta l'attenzione sul fatto che, oltre ad un aiuto all'ispezione visiva, il MRT è anche la soluzione principale da utilizzare quando si deve operare una ispezione interna della fune (Annex D: 'Quando il tecnico decide che è necessaria una ispezione interna della fune e il metodo magneto-induttivo non può essere applicato, è possibile aprire localmente la fune con le apposite morse').

Appendice C Criteri di scarto per la MRT

C.1 Difetto localizzato (LF)

Per il calcolo della perdita di area metallica risultante da rotture dei fili, si dovrebbe determinare il diametro effettivo dei fili rotti. Se ciò non è possibile, si può considerare per il calcolo il diametro massimo dei fili della fune, escludendo i filler. La perdita di area metallica risultante dall'LF è determinata indipendentemente dalla formazione della fune.

I valori di scarto per la perdita di area metallica possono essere letti su una lunghezza di 6d o su una lunghezza di 30d nel prospetto C.1. [...]

Appendice D Ispezione interna di una fune mediante l’utilizzo di morsetti

D.1 Generalità

Quando la persona competente decide che è necessaria un’ispezione interna in servizio, e una MRT non è possibile, l'ispezione dovrebbe essere eseguita con estrema cura, così da evitare danneggiamenti permanenti e/o deformazioni della fune. Nella pratica, quest’operazione è più agevole quando la fune è stesa per terra piuttosto che in servizio.

Non tutti i tipi e/o dimensioni di fune possono essere aperte abbastanza da permetterne una valutazione delle condizioni interne.

Se eseguita, generalmente è limitata ai punti in cui un esame visivo crea dei dubbi sulle condizioni interne della fune e dovrebbe essere eseguita senza alcuna tensione sulla fune.

Nota Si può acquisire esperienza sul deterioramento di una fune sottoponendo la fune scartata a un’ispezione dettagliata dopo averla posta fuori servizio, svolgendo la fune ed esponendo gli elementi interni, che altrimenti non sarebbero visibili con la fune in servizio. Questo ha occasionalmente rivelato una condizione della fune peggiore di quella presunta durante l'esame visivo periodico di routine, persino vicina alla rottura.

D.2 Procedura

D.2.1 Esame generale della fune

Attaccare saldamente due morsetti alla fune [vedere figura D.1a)] e notare la loro posizione. Le ganasce dovrebbero essere:

a) di una dimensione in grado di stringere la fune senza distorcerla, e
b) fatte di un materiale che consenta l’apertura della fune senza scivolare, danneggiandola.

Per favorire il procedimento, le ganasce possono essere dotate di inserti, come quelli di cuoio.

Girare i morsetti nella direzione opposta rispetto all’avvolgimento della fune, cosicché i trefoli esterni si separino e si spostino lontano dall’anima o dal centro della fune, aprendola. Assicurarsi che i trefoli non siano spostati eccessivamente.

Quando la fune si apre leggermente, può essere utilizzata una piccola sonda, come un ago a “T” (cacciavite modificato) per rimuovere grasso o detriti, che potrebbero altrimenti ostacolare l’osservazione dell’interno della fune.

Dovrebbe essere osservato quanto segue:

- il livello di ogni la corrosione;
- ogni intaccatura dei fili (a causa di pressione o usura);
- la presenza di fili rotti nei trefoli esterni e nell’anima o centro della fune (questi potrebbero non essere facilmente visibili);

- lo stato di lubrificazione interna.

Uno strato di lubrificante dovrebbe essere applicato sulla sezione aperta della fune prima di richiuderla.

I morsetti dovrebbero essere ruotati con forza moderata per richiudere la fune e per assicurarsi il corretto riposizionamento dei trefoli esterni intorno all’anima o centro della fune. Per fare ciò, spesso è necessario spostare i morsetti oltre la posizione iniziale originale.

Dopo aver rimosso le ganasce, ma prima di rimettere in funzione la gru, la fune dovrebbe essere lubrificata in prossimità del punto dove è stato eseguito l'esame.

D.2.2 Esame della fune vicino a una terminazione

In questa posizione è sufficiente usare un solo morsetto dal momento che il sistema di ancoraggio terminale, oppure una barra opportunamente posta attraverso la parte finale della terminazione, generalmente assicura l’immobilizzazione dell’estremità [vedere figura D.1b)].

L’esame dovrebbe essere condotto come descritto nel punto D.2.1.

Figura D 1 Esame interno a

Figura D.1 Esame interno a) Sezione di fune continua (tensione zero)

Figura D 1 Esame interno b

Figura D.1 Esame interno b) Un'estremità della fune, vicino al terminale (tensione zero)

________

I controlli previsti ISO 4309:2017

La tabella 1 definisce infatti i "modi di deterioramento" che sono nell'ordine: 

1. Fili rotti visibili 
2. Perdita di materiale metallico dovuta alla presenza di fili rotti 
3. Decremento del diametro 
4. Perdita di materiale metallico dovuta a fenomeni diversi rispetto a fili rotti (usura, corrosione, etc.) 
5. Rottura dei trefoli 
6. Corrosione (esterna, interna e fretting) 
7. Deformazioni 
8. Danni meccanici 
9. Danni dovuti a sovratemperature (ad esempio fulminazioni)

Per tutti questi modi di deterioramento il tecnico deve dare una valutazione, espressa da un 'severtity rating' che esprime il grado di usura relativo al singolo danneggiamento. La norma definisce poi i cosiddetti 'assessment methods' e cioè i metodi di valutazione per ciascuno dei modi di deterioramento.

Tabella 1 ISO 4309

Nota - In rosso, i modi di deterioramento che prevedono oltre alla Ispezione visiva l'MRT.

Tabella 1 della ISO 4309:2017

Tabella 1 ISO 4309 2011

Tabella 1 della ISO 4309:2011

Dal confronto tra i metodi riportati nella tabella 1 della ISO 4309:2011 con quelli della tabella 1 della ISO 4309:2017, si evince la nuova introduzione del metodo MRT nella versione più recente della norma. Nella versione precedente il metodo veiene solo consigliato, al punto 5.6 (ISO 4309:2011), come un aiuto nell’ispezione visiva per determinare la posizione delle sezioni di fune che potrebbe aver sofferto di deterioramento.

_______

La tecnica MRT

La tecnica magneto induttiva (MRT) per l’esame di funi metalliche è un metodo di controllo non distruttivo che può essere applicato sulla maggior parte delle funi in esercizio, sia negli impianti di trasporto pubblico e privato, che nell’impiantistica di cantiere e industriale.

Questa tecnica consiste nel far scorrere la fune metallica attraverso un'apparecchiatura magneto-induttiva che genera un campo al suo interno. L’apparecchiatura è collegata a un registratore, il quale registra il flusso magnetico che attraversa la fune stessa.

Un qualsiasi difetto (normalmente tradotto come diminuzione di sezione, in quanto si ricercano fili dei trefoli rotti, schiacciamenti, interruzioni locali, ecc.) provoca una variazione locale e totale del campo originariamente indotto.

In termini di acquisizione, qualora si registri un segnale anomalo (picco) dovuto a un difetto, se ne potrà confrontare qualitativamente l’ampiezza con un segnale di riferimento dovuto a fili di test (posti su di un tratto della fune, per simulare un aumento di sezione).

Novità ISO 4309:2017

La quinta edizione della ISO 4309:2017 abroga e sostituisce la quarta edizione (ISO 4309:2010), l'Ed. 2017 è stata tecnicamente revisionata e contiene numerose modifiche riportate di seguito.

1. Introduzione del controllo MRT (Magnetic Rope Test – Controllo Elettromagnetico delle Funi) e i criteri di scarto, come un aiuto nell’ispezione interna delle funi metalliche. Sono date indicazioni su quando usare il controllo elettromagnetico delle funi e come combinare i risultati con quelli di altre ispezioni ed è fornito un esempio di report MRT.

2. Oltre a comprendere la guida allo stoccaggio, maneggio, installazione e manutenzione, questo documento fornisce i criteri di scarto per quelle funi che sono soggette ad avvolgimenti multi-strato, caso in cui sia l’esperienza sia le prove dimostrano che il deterioramento è significativamente maggiore nelle zone di inversione sul tamburo rispetto alle altre parti della fune nel sistema.

3. La normativa indica le principali cause di deterioramento della fune, indicando come metodo di valutazione per quelle esterne il metodo visivo, per quelle interne (perdita di sezione metallica causata da fili rotti, corrosione, logoramento, deterioramento dell'anima e sfregamento) il metodo visivo e il controllo magneto induttivo MRT.

4. Al punto 5.6 che il controllo MRT dovrebbe essere usato laddove potrebbero esistere difetti che potrebbero non essere identificati mediante la sola ispezione visiva (difetti precedentemente indicati).

5. Nell'allegato F si aggiunge che nel caso di funi antigirevoli, vi è la possibilità che la maggior parte delle rotture dei fili si verifichi all’interno e sia dunque di difficile individuazione durante l’ispezione visiva.

Immagini

MRT 01

Figura 1 - Tester MRT: Rivelatore/Sensore/Sistema di acquisizione

MRT 02

Figura 2 - Tester MRT: Rivelatore/Sensore

MRT 03

Figura 3 - Tester MRT sistema compatto

MRT scheme

Figura 4 - Tester MRT schema funzionamento

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E.3 Prova magneto / induttiva - Rapporto (ISO 4309:2017)

E3 Prova magneto induttiva

[...] segue in allegato documento di approfondimento e moduli per ispezioni (formato .docx)

Fonti
UNI ISO 4309:2019
UNI ISO 4309:2011

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Matrice Revisioni

Rev. Data Oggetto Autore
1.0 21.06.2022 Aggiornamento testo in lingua italiana.
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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 30789 | 09 Agosto 2022

ID 17331 | | Visite: 1484 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 09 Agosto 2022 n. 30789

Ipertermia da colpo di calore del lavoratore irregolare

Penale Sent. Sez. 4 Num. 30789 Anno 2022
Presidente: DOVERE SALVATORE
Relatore: DAWAN DANIELA
Data Udienza: 08/02/2022

Ritenuto in fatto

1. La Corte di appello di Ancona, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Ancona per aver ritenuto, per entrambi gli imputati, la prevalenza delle attenuanti generiche sulla concorrente aggravante ed avere in conseguenza ridotto la pena agli stessi inflitta, ha confermato la penale responsabilità di DR.L. e A.V. e la responsabilità amministrativa della MMA Costruzioni s.r.l. in ordine all'illecito amministrativo di cui all'art. 25-septies d.lgs 231/2001, nonché le statuizioni civili in favore della parte civile INAIL.
2. Gli imputati sono stati chiamati a rispondere del reato di cui all'art. 589, commi 1 e 2, cod. pen., perché, DR.L. quale legale rappresentante e datore di lavoro della citata ditta, A.V. quale socio lavoratore, amministratore di fatto e datore di lavoro di fatto della medesima società, cagionavano, per colpa generica e per la violazione dell'art. 96, comma 1, lett. d), d.lgs. 81/2008, la morte del lavoratore B.A., assunto irregolarmente, il quale, durante il montaggio di una copertina di cemento presso un cantiere edile, accusava, intorno alle 16.30 un malore e poi decedeva presso l'Ospedale di Ancona per ipertermia da colpo di calore. Agli imputati, nelle loro qualità di datori di lavoro, è stato rimproverato di non avere preso precauzioni contro le influenze atmosferiche che potevano compromettere la salute del lavoratore, in particolare non disponendo la sospensione dell'attività lavorativa nelle ore più calde (in quei giorni le temperature massime erano di circa 37 gradi, superiori alla temperatura massima media del periodo). Ad A.V. viene altresì mosso il rimprovero di aver ritardato l'intervento dei sanitari, trasportando l'infortunato mediante automobile, anziché facendo tempestivamente intervenire l'ambulanza, e comunque chiamando in ritardo il soccorso mediante il 118 (in Ancona, il 07/08/2013).
3. Avverso la prefata sentenza ricorre, con un unico atto, il difensore di fiducia di entrambi gli imputati e della menzionata società, mediante l'articolazione di due motivi trattati congiuntamente:
3.1. Erronea applicazione ed interpretazione della legge penale e dell'art. 96, comma 1, lett. d), d.lgs. 81/2008.
3.2. Carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in rapporto alla ricostruzione dell'organizzazione dell'attività lavorativa emersa dall'esame dell'imputato A.V.. Sbaglia la Corte di appello a riferirsi alla mancata previsione di adeguate misure di prevenzione "a monte" ovvero in quello che viene genericamente chiamato "documento", con ciò probabilmente intendendo la documentazione della ditta relativa ai piani di sicurezza e prevenzione. Invero, tale documentazione, così come tutte le misure di sicurezza che dovevano essere predisposte all'interno del cantiere, sono risultate pienamente in regola. Altro doveva essere il tema dell'accertamento e cioè la condotta tenuta dal datore di lavoro alla luce degli obblighi imposti dall'art. 96, comma 1, lett. d), d.lgs. 81/2008, occorrendo rispondere alla domanda se, nella giornata del 7 agosto 2013, in costanza delle anzidette condizioni atmosferiche, il lavoratore sia stato esposto, per la mancata adozione di misure idonee a contenere l'impatto atmosferico, ad un rischio prevedibile ed evitabile. Sul punto, la sentenza impugnata offre una risposta illogica, astratta e priva di continuità con le risultanze istruttorie. Nel caso concreto, le precauzioni esemplificate dalla Corte territoriale (p. 5 sent.) per fronteggiare il caldo hanno trovato applicazione, giacché lo stesso A.V., compagno di lavoro della vittima e sulla cui credibilità non è sorto alcun dubbio, ha dichiarato che l'B.A. ha svolto la propria prestazione - volutamente rivolta ad attività che non comportavano particolari sforzi fisici - in gran parte all'interno di aree riparate e che l'esposizione al sole è stata costantemente intervallata. Né può accettarsi la conseguenza cui condurrebbe la mera ipotesi, formulata in sentenza, per la quale - essendosi la vittima resa disponibile ad aiutare l'A.V., con il quale aveva in programma di ripartire il lunedì verso il paese di origine, per completare i lavori entro quella settimana - vi fosse una "premeditata" esclusione di pause o interruzioni. Contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello, l'assenza di indicatori specifici tali da far ritenere che la vittima fosse inidonea al lavoro di muratore è circostanza assolutamente rilevante sotto il profilo della causalità in quanto induce ad affermare che anche eventuali visite mediche preventive, finalizzate alla regolare assunzione del lavoratore non avrebbero di certo escluso l'idoneità del lavoratore allo svolgimento delle mansioni a cui era stato adibito. Essendo il citato art. 96 una norma "aperta" - che lascia al destinatario del precetto la scelta del comportamento da adottare al fine di prevenire il pericolo, deve essere sempre individuato sia il margine di prevedibilità dell'evento sia il nesso causale tra esso e le opzioni concretamente percorribili prima del suo verificarsi. Nella sentenza impugnata tale piano valutativo è stato soppiantato da una visione astratta che configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva. Anche in riferimento alla fase di soccorso, la motivazione risulta carente. Il fatto che l'attività istruttoria non sia approdata alla certezza provata di un intervento di pronto soccorso inidoneo deve portare, in forza della presunzione di non colpevolezza, ad escludere la responsabilità penale dell'imputato.
Di qui la richiesta di annullamento della sentenza.
4. Il Procuratore Generale in sede ha concluso per la inammissibilità dei ricorsi.
5. L'Inail ha presentato memoria difensiva.

Considerato in diritto

1. I ricorsi impongono le considerazioni che seguono.
2. Accertate dai giudici di merito e non contestate le posizioni di garanzia, gli imputati ricorrenti lamentano l'inesistenza della violazione di una regola cautelare, in particolare di quella indicata nell'incolpazione, dell'obbligo di non aver ottemperato all'art.96, comma 1, lett. d), d.lgs. n.81/2008, di curare la protezione dei lavoratori contro le influenze atmosferiche che possono compromettere la loro sicurezza e la loro salute.
Tale obbligo - come ben rimarcato nella sentenza impugnata - è posto in generale a carico del datore di lavoro quale garante della incolumità degli addetti che svolgono attività all'aperto, e tra questo gli addetti all'edilizia, attraverso la indicazione del fattore di pericolo legato ad agenti atmosferici, rientranti ex art.180 d.lgs.n.81/08, tra gli agenti fisici da valutare al fine di approntamento delle misure precauzionali necessarie a fronteggiare la incidenza sulle condizioni di sicurezza.
Quanto al profilo di colpa generica, del pari ravvisato nella condotta degli imputati, si ricorda che tema di infortuni sul lavoro non occorre, per configurare la responsabilità del datore di lavoro, che sia integrata la violazione di specifiche norme dettate per la prevenzione degli infortuni stessi, essendo sufficiente che l'evento dannoso si sia verificato a causa dell'omessa adozione di quelle misure ed accorgimenti imposti all'imprenditore dall'art. 2087 cod. civ. ai fini della più efficace tutela dell'integrità fisica del lavoratore (Sez. 4, n. 9745 del 12/11/2020, dep. 2021, Dutu Costantin, Rv. 280696; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265052).
3. Tanto premesso in punto di diritto, è stato acclarato dalla istruttoria dibattimentale che il lavoratore B.A. si stava occupando del posizionamento di una copertina di cemento su un muretto esterno ad una villetta, esposto al sole in una giornata particolarmente calda, in un orario (immediatamente successivo alla pausa pranzo) in cui i valori termici progrediscono verso il massimo, con rischio di ipertermia da colpo di calore, dovuto anche allo sforzo fisico impiegato nell'attività. Appare perciò immune da vizi logici e giuridici l'argomentare della Corte territoriale, la quale, in base alla consulenza tecnica, ha affermato che, in situazioni del genere, vanno previste ed applicate regole precauzionali capaci di prevenire la concretizzazione del rischio, evitando di sottoporre il lavoratore ad attività all'esterno faticose in ore calde, prevedendo pause di riposo frequenti, predisponendo ripari ombreggiati, oltre ad accorgimenti sul vestiario, nonché sulla alimentazione e idratazione.
Ciò perché l'ipertermia da colpo di calore è una "sindrome generale che si manifesta quando la temperatura interna del corpo si innalza notevolmente perché l'organismo non è più capace di mantenere il proprio equilibrio termico di fronte all'elevarsi della temperatura ambientale per difetto dei processi di termolisi, che si verifica quando la vasodilatazione periferica, la sudorazione, la termodispersione attraverso la cute, l'iperventilazione polmonare non sono più capaci di ridurre la termogenesi interna" (così la consulenza citata in sentenza).
Nel caso di specie, pur in presenza di una norma "aperta", nessun tipo di accorgimento era stato adottato per proteggere il lavoratore dal rischio di un danno alla salute come conseguenza di una prolungata esposizione al sole, in costanza di temperature assai elevate, durante lo svolgimento di mansioni lavorative pesanti e faticose.
Nessun dubbio - rimarca ancora la Corte condividendo le valutazioni del primo giudice - che, pacifica l'individuazione della causa del decesso nel "colpo di calore", appariva evidente il nesso di causalità con l'attività lavorativa che la vittima stava svolgendo, così come evidente l'esito del giudizio controfattuale che l'evento mortale non si sarebbe verificato se i datori di lavoro avessero adottato le precauzioni contro le influenze atmosferiche, anche sospendendo i lavori nelle ore più calde.
Di contro, l'A.V., presente sul posto, aveva fatto riprendere l'attività lavorativa subito dopo la pausa pranzo, quindi in orario molto caldo (alle 14.30 circa), con la digestione in corso, inviando l'B.A., da solo, sotto il sole e senza alcuna protezione, a caricare e trasportare una carriola di impasto, attività che ha richiesto una decina di minuti e proprio in seguito alla quale (come riferito dall'imputato) l'B.A. aveva cominciato a barcollare e a stare male (così la sentenza di primo grado, fatta propria dai giudici del gravame).
4. Di qui l'infondatezza del ricorso del DR.L. e dell'A.V., per quest'ultimo relativamente a tale profilo di colpa.
5. A diverse conclusioni deve pervenirsi con riguardo al secondo profilo di colpa contestato al solo A.V. di aver ritardato "l'intervento dei sanitari, trasportando l'B.A. mediante automobile anziché facendo intervenire tempestivamente l'ambulanza, nonché chiamando in ritardo il soccorso mediante il numero 118".
Sul punto il Tribunale ha ritenuto che l'imputato avesse ritardato "colpevolmente" i soccorsi in vario modo, dapprima, dicendo di soprassedere dal chiamare il 118 in quanto l'B.A., che già aveva accusato un malore, sembrava essersi ripreso; quindi, caricando il lavoratore, già in ipetermia, sulla propria auto "evidentemente per evitare che venisse soccorso sul luogo di lavoro", esponendolo così al calore dell'autovettura e ritardando ulteriormente i soccorsi non avendo una cognizione di dove fosse l'ospedale da raggiungere.
La Corte territoriale riprende tale considerazione del primo giudice rimarcando che la condotta tenuta dall'imputato nella fase di soccorso ha dimostrato un livello di forte approssimazione, connesso alla mancanza di conoscenza e formazione sul da farsi e della importanza dei sintomi del colpo di calore poco prima manifestatisi (vomito, perdita di sensi, rialzo termico), marginalizzati rispetto al verosimile timore di determinare un intervento diretto del 118 sul cantiere ove l'operaio lavorava in nero, così da improntare un soccorso "che non è dato sapere se conforme alle regole di primo intervento prescritte dai protocolli e da adottarsi nella immediatezza (spugnature e simili, piuttosto che idratazione diretta con acqua) poi un ritardo più o meno consistente nell'intervento medico".
La motivazione è carente e inadeguata, perché la Corte non spiega in maniera sufficientemente approfondita né la consapevolezza dell'imputato di porre in essere un comportamento non adeguato alla situazione concreta, né la evitabilità dell'evento mortale in caso di un intervento più tempestivo del 118.
Di qui l'annullamento con rinvio della sentenza sul punto per una nuova valutazione di detto profilo di colpa.
6. Da rigettare il ricorso della MMA Costruzioni S.r.l. che, in realtà, non svolge alcun autonomo motivo riguardante la propria posizione processuale, ma si limita a chiedere l'annullamento della sentenza come conseguenza della esclusione della responsabilità degli imputati/datori di lavoro, responsabilità che va invece confermata per quanto sopra detto e nei limiti indicati per il solo A.V..
6. Le spese processuali e quelle nei confronti della parte civile, liquidate come da dispositivo, seguono al rigetto dei ricorsi.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata quanto a A.V. limitatamente al profilo di colpa consistito nel ritardato intervento dei sanitari e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Perugia, cui demanda anche la regolamentazione tra il suddetto e l'Inail delle spese di questo giudizio. Ne rigetta nel resto il ricorso. Rigetta i ricorsi di DR.L. e della MMA Costruzioni S.r.l. che condanna al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di questo giudizio a favore dell'Inail, che liquida in euro mille, oltre accessori di legge, per ciascuno di essi.
Roma, 8 febbraio 2022

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Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 30789 Anno 2022.pdf
 
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Circolare INL n. 4 del 10 agosto 2022

ID 17325 | | Visite: 2866 | Documenti Sicurezza Enti

Circolare INL n  4 del 10 agosto 2022

Circolare INL n. 4 del 10 agosto 2022 / Prime indicazioni di lavoro trasparenti e prevedibili UE - D.Lgs. n. 104/2022

ID 17325 | 11.08.2022 / In allegato Circolare

Con la circolare n. 4 del 10 agosto 2022 l'Ispettorato Nazionale del Lavoro, d'intesa con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha fornito le prime indicazioni di carattere interpretativo sul D.Lgs. n. 104/2022 – c.d. decreto "trasparenza" – recante "Attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione europea".

La circolare si sofferma principalmente sulle disposizioni del decreto, in vigore dal 13 agosto p.v., che introducono alcune importanti modifiche al D.Lgs. n. 152/1997, integrando gli obblighi informativi connessi alla instaurazione del rapporto di lavoro, anche con riferimento ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di collaborazione c.d. etero-organizzata.

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Allegato riservato Circolare INL n. 4 del 10 agosto 2022.pdf
 
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Schema D.Lgs disposizioni integrative e correttive D.Lgs 31 luglio 2020 n. 101

ID 17311 | | Visite: 2709 | Legislazione Sicurezza

Schema D Lgs modifica D lgs 101 2020

Schema D.Lgs disposizioni integrative e correttive D.Lgs 31 luglio 2020 n. 101

ID 17311 | 09.08.2022 / In allegato Schema di D.lgs Atto n. 412

Update 03.01.2022 / Decreto pubblicato

Decreto Legislativo 25 novembre 2022 n. 203 - Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, di attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.

(GU n. 2 del 03.01.2023)

Entrata in vigore del provvedimento: 18/01/2023

Update 09.08.2022 / Schema

Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, di attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom97/43/Euratom e 2003/122/Euratom, e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.
________

Atto del Governo n. 412

Stato iter: In corso di esame
Trasmissione: Trasmesso ai sensi dell' Articolo 20 della legge 4 ottobre 2019, n. 117
Annuncio all'Assemblea: 9 agosto 2022
Assegnazione ed esito:
XII Affari Sociali (Assegnato il 9 agosto 2022 - Termine il 18 settembre 2022)
XIV Politiche dell'Unione Europea (Assegnato il 9 agosto 2022 ai sensi ex art.126,co.2 - Termine il 18 settembre 2022)
V Bilancio (Assegnato il 9 agosto 2022 ai sensi ex art. 96-ter,co.2 - Termine l'8 settembre 2022)
...

Il decreto legislativo reca disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, con cui è stata data attuazione alla direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti e che ha comportato, a decorrere dal 27 agosto 2020, l’abrogazione del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230.

Le modifiche sono volte a recepire specifiche osservazioni formulate dalla Commissione europea nella nota Ares (2021)2442716 del 9 aprile 2021, nonché a risolvere situazioni di criticità che si sono verificate nella prima fase di attuazione del d.lgs.101/2020 e a correggere refusi e incongruenze editoriali della prima stesura.

L’adozione del decreto legislativo, inoltre, introduce chiarimenti, precisazioni ed integrazioni utili a garantire la piena conformità dell’ordinamento nazionale alla direttiva 2013/59/Euratom e chiudere la procedura di infrazione n. 2018/2044, avviata a suo tempo dalla Commissione europea per il mancato recepimento della direttiva 2013/59/Euratom ed attualmente allo stadio di messa in mora ex art. 260 TFUE.

...

Fonte: Camera dei Deputati

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Safe Use of Ladders and Stepladders: A brief guide

ID 17427 | | Visite: 1321 | Documenti Riservati Sicurezza

ID 17427 Safe Use of Ladders and Stepladders A brief guide

Safe Use of Ladders and Stepladders: A brief guide

ID 17427 | 23.08.2022

This guidance is for employers on the simple, sensible precautions they should take to keep people safe when using portable leaning ladders and stepladders in the workplace.

It will also be useful for employees and their representatives. Following this guidance helps you to comply with health and safety law, but you are free to take other action.

The law calls for a sensible, proportionate approach to managing risk. Further guidance on how to decide whether a ladder is the right type of equipment for a particular task is also provided in Working at height: A brief guide (see Further reading).

References to ladders in this leaflet, unless otherwise indicated, are to types of portable leaning ladders and stepladders, and the guidance applies to both. More specific requirements that apply only to a certain type of ladder are covered in detail under the relevant headings.

Guidance document LA455

[...]

Leaning ladders

When using a leaning ladder to carry out a task:

- only carry light materials and tools – read the manufacturer’s labels on the ladder and assess the risks;
- don’t overreach – make sure your belt buckle (or navel) stays within the stiles;
- make sure the ladder is long enough or high enough for the task;
- don’t overload the ladder – consider your weight and the equipment or materials you are carrying before working at height;
- check the pictogram or label on the ladder for any advisory information;
- make sure the ladder angle is at 75° – you should use the 1-in-4 rule (ie one unit out for every four units up – see Figure 1).

ID 17427 Figure 1

Figure 1 Ladder showing the correct 1 in 4 angle

- always grip the ladder and face the ladder rungs while climbing or descending – don’t slide down the stiles;
- don’t try to move or extend the ladder while standing on the rungs;
- don’t work off the top three rungs, and try to make sure that the ladder extends at least 1 m (three rungs) above where you are working;
- don’t stand ladders on movable objects, such as pallets, bricks, lift trucks, tower scaffolds, excavator buckets, vans or mobile elevating work platforms;
- avoid holding items when climbing (consider using a tool belt);
- don’t work within 6 m horizontally of any overhead power line, unless it has been made dead or it is protected with insulation. Use a non-conductive ladder (eg fibreglass or timber) for any electrical work;
- maintain three points of contact when climbing and wherever possible at the work position – see Figures 2 and 3.

ID 17427 Figure 2

Figure 2 Correct – user maintaining three points of contact

ID 17427 Figure 3

Figure 3 Incorrect – overreaching and not maintaining three points of contact

[...] segue in allegato

Fonte: HSE Health and Safety Executive
Ladder Association

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Allegato riservato LA455 Safe Use of Ladders and Stepladders A brief guide.pdf
Ladder association July 2021
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Circolare VVF Prot. 17161 del 18 agosto 2022

ID 17420 | | Visite: 2260 | Prevenzione Incendi

Circolare VVF Prot. 17161 del 18 agosto 2022 / Circolare illustrativa elmo Elmo Operativo Multifunzione (EOM)

ID 17420 | 22.08.2022

Trasmissione nota della Direzione Centrale per l’Emergenza, il Soccorso Tecnico e l'Antincendio Boschivo del 18 agosto 2022. - Circolare illustrativa elmo EOM.
________

Tra i dispositivi di protezione individuale in uso al personale operativo, l’elmo assume una grande rilevanza, sia per la vasta gamma di rischi che copre (cadute, colpi, urti, schermatura, ecc.), sia per il forte potere simbolico ed evocativo che riveste nell’immaginario comune.

Focalizzando l’attenzione sugli aspetti di carattere tecnico e funzionale propri dell’elmo, si sottolinea come la protezione della testa rappresenti una delle parti del corpo più esposte e vulnerabili.

Vista l’esposizione e la vulnerabilità di questa parte del corpo l’impianto normativo e regolamentare, in gran parte costituito da norme comunitarie in continua evoluzione, pone in maniera puntuale l’attenzione su questo specifico DPI anche perché spesso deve integrarsi perfettamente con altri dispositivi di protezione come: maschere pieno facciali, cuffie, visiere, sistemi di comunicazione integrati, ecc.

In generale, i requisiti prestazionali richiesti ad un elmo da intervento per VV.F. sono il frutto di una valutazione del rischio che tenga conto dei pericoli reali e potenziali presenti e dell’esposizione a questi ultimi nel tempo e nello spazio. Pertanto, in ragione dell’esistenza di rischi diversificati, è possibile disporre di più tipologie di elmi per i VV.F. indicati, ad esempio, per:
- lotta all’incendio;
- servizi tecnici;
- interventi speleo alpino fluviali;
- interventi in ambienti acquatici.

In determinati casi alcuni dei rischi presenti possono essere contenuti contemporaneamente con il medesimo DPI e, nel caso del CNVVF, l’utilizzo dell’elmo VFR EVO e delle sue precedenti versioni ha dato modo di poter affrontare in generale tutte le tipologie di rischio sopra elencate ed in modo particolarmente efficiente almeno le prime due. Questo può avvenire perché le caratteristiche tecniche e funzionali richieste ad un elmo VF, come ad esempio la resistenza meccanica, la resistenza termica la confortevolezza, permettono di assicurare una buona risposta nei confronti di più rischi.

Ad oggi, l’evoluzione ed ulteriore specializzazione del Corpo in settori e contesti operativi diversificati, ha suggerito e consentito di conformare, in maniera specifica, l’elmo ai pericoli e ai rischi presenti, mantenendo un’adeguata attenzione alla confortevolezza del DPI, così come alla resistenza meccanica e termica.

L’elmo multifunzione EOM, di recente assegnazione a tutto il personale operativo del CNVVF, tiene conto dell’esigenza/richiesta di “modellazione” del DPI “elmo” sul rischio specifico individuato.

Come meglio evidenziato di seguito, l’elmo EOM mutua la tecnologia e la filosofia progettuale dell’elmo VFR EVO, tenendo in debito conto, grazie ad una maggiore leggerezza, oltre alle esigenze di sicurezza, anche di quelle ergonomiche e di salute del lavoratore (rif. Art. 76, c.2a del TUSL); naturalmente tale approccio progettuale comporta la riduzione di alcune prestazioni che ne precludono l’idoneità ad una serie di rischi, pur mantenendo la conformità al disposto normativo vigente in quanto “… adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità” (rif. Art. 76, c.2d del TUSL).
...
segue in allegato

Manuale Operatore VVF | Tecniche di soccorso sanitario

ID 14337 | | Visite: 5481 | Documenti Riservati Sicurezza

Tecniche di primo soccorso VVF

Manuale Operatore VVF | Tecniche di soccorso sanitario

Edizione 2012

Questo manuale riporta le linee guida ILCOR 2010 (International Liaison Committee on Resuscitation), tenendo in considerazione, al contempo, le particolari condizioni operative e le peculiarità degli interventi attuati dal personale del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile.

I contenuti di questo manuale sono stati approvati dalla “Commissione Tecnica Nazionale TPSS”.

______

Indice

1 OBIETTIVI DEL CORSO “ESECUTORE T.P.S.S.”
2 SUPPORTO DI BASE DELLE FUNZIONI VITALI
2.1 DANNO ANOSSICO CEREBRALE
2.2 LA CATENA DELLA SOPRAVVIVENZA
2.3 LA MORTE CARDIACA IMPROVVISA
2.4 CAUSE DI ARRESTO CARDIACO
3 LA DEFIBRILLAZIONE (D) CON IL DEFIBRILLATORE SEMIAUTOMATICO ESTERNO (DAE)
3.1 LA SEQUENZA DEL BLS-D
3.1.1 VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA DELLO SCENARIO
3.1.2 FASE A
3.1.3 FASE B - C
3.2 ASPETTI MEDICO LEGALI
3.3 BLSD IN SITUAZIONE PARTICOLARI
3.4 LIMITAZIONI DELLA PROCEDURA BLSD IN CASO DI TRAUMA
3.5 LA DEFIBRILLAZIONE
3.6 I DEFIBRILLATORI SEMIAUTOMATICI ESTERNI (DAE)
3.7 PROCEDURA OPERATIVA STANDARD CON DAE
3.7.1 LE FASI FONDAMENTALI NELL’UTILIZZO DEL DAE
3.7.2 LA SICUREZZA
3.7.3 REFIBRILLAZIONE
3.7.4 SHOCK NON INDICATO
3.7.5 ALLARME ALLA CENTRALE OPERATIVA 118
3.7.6 SITUAZIONI PARTICOLARI
3.7.7 POST-RIANIMAZIONE
3.7.8 ALGORITMO DEL DAE
3.8 MANTENIMENTO DEL DEFIBRILLATORE IN STATO DI OPERATIVITA’
4 OSTRUZIONE DELLE VIE AEREE DA CORPO ESTRANEO
4.1 PROCEDURA DI DISOSTRUZIONE DELLE VIE AEREE DA CORPO ESTARNEO
5 ASPETTI ORGANIZZATIVI E RELAZIONALI
6 IL SUPPORTO VITALE DI BASE ALLA VITTIMA DI EVENTO TRAUMATICO
6.1 LA CATENA DELLA SOPRAVVIVENZA NEL TRAUMA
6.2 IL POLITRAUMATIZZATO
6.3 DINAMICHE A RISCHIO DI LESIONI MAGGIORI
6.4 LA VALUTAZIONE PRIMARIA
6.4.1 FASE A
6.4.2 FASE B
6.4.3 FASE C
6.4.4 FASE D
6.4.5 FASE E
6.4.6 ALGORITMO DELLA VALUTAZIONE PRIMARIA
7 SITUAZIONI PARTICOLARI
7.1 LE FERITE
7.2 LE EMORRAGIE
7.3 LE FRATTURE
7.4 LE USTIONI
7.4.1 Ustioni Termiche
7.4.2 Ustioni Chimiche
7.4.3 Ustioni elettriche e elettrocuzione
7.5 CASI PARTICOLARI
7.5.1 SITUAZIONI IN CUI È NECESSARIA UNA RAPIDA EVACUAZIONE
7.5.2 VITTIMA DI TRAUMA IN STATO DI GRAVIDANZA
8 IGIENE E AUTOPROTEZIONE
8.1 DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
8.2 TRASMISSIONE EMATICA
8.3 TRASMISSIONE AEREA
8.4 TRASMISSIONE ENTERICA
9 LA MACRO EMERGENZA
9.1 IL TRIAGE
10 SUPPORTO DI BASE DELLE FUNZIONI VITALI IN ETA’ PEDIATRICA & DEFIBRILLATION (PBLSD)
10.1 IL SOGGETTO IN ETÀ PEDIATRICA E L’EMERGENZA SANITARIA
10.2 COME SI ARRIVA ALL’ARRESTO CARDIOCIRCOLATORIO NEL LATTANTE - BAMBINO
10.3 GLI OBIETTIVI DEL PBLSD
10.3.1 LA CATENA DELLA SOPRAVVIVENZA
10.3.2 I SOGGETTI DEL PBLS-D
10.4 LA SEQUENZA DEL PBLS
10.4.1 VALUTAZIONE DEL RISCHIO AMBIENTALE
10.4.2 FASE A
10.4.3 FASE B NEL LATTANTE - BAMBINO
10.4.4 FASE C NEL LATTANTE
10.4.5 FASE C NEL BAMBINO
10.4.6 ALGORITMO DEL PBLS LATTANTE - BAMBINO
10.4.7 RIVALUTAZIONI NEL LATTANTE - BAMBINO
10.5 LA SEQUENZA OPERATIVA DEL PBLS-D
11 OSTRUZIONE DELLE VIE AEREE DA CORPO ESTRANEO NEL LATTANTE
11.1 TECNICHE DI DISOSTRUZIONE NEL LATTANTE- BAMBINO
12 IMMOBILIZZAZIONE DEL TRAUMATIZZATO
12.1 LA POSIZIONE NEUTRA
12.2 IL COORDINAMENTO FRA I SOCCORRITORI
12.3 DISPOSITIVI PER L’IMMOBILIZZAZIONE PARZIALE
12.3.1 COLLARI CERVICALI
12.3.2 STECCOBENDE A DEPRESSIONE
12.3.3 CORSETTI ESTRICATORI
12.4 DISPOSITIVI PER LA RACCOLTA, L’IMMOBILIZZAZIONE TOTALE E IL TRASPORTO
12.4.1 TAVOLA SPINALE
12.4.2 BARELLA A CUCCHIAIO (scoop –bi/valva)
12.4.3 MATERASSO A DEPRESSIONE
12.4.4 BARELLA DA TRASPORTO (toboga)

...

Fonte: VVF

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Edizione 2012
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Classificazione rischio di incendio luoghi di lavoro

ID 6223 | | Visite: 109098 | Documenti Riservati Sicurezza

Classificazione rischio incendio luoghi di lavoro

Classificazione rischio di incendio luoghi di lavoro

ID 6223 | 25.05.2019

In allegato Documento/Note sulla classificazione del rischio di incendio luoghi di lavoro A / B / C con indicazioni VVF e altre Note.

Nuovi livelli di rischio Decreto 2 settembre 2021

Pubblicato in GU n.237 del 04.10.2021 il Decreto 2 settembre 2021 (Decreto GSA Gestione Sicurezza Antincendio luoghi di lavoro), che stabilisce i nuovi criteri per la formazione degli addetti antincendio, in relazione a 3 livelli di attività individuati come:

- Attività di livello 3 
- Attività di livello 2 
- Attività di livello 1

La classificazione in Rischio di incendio basso, alto e medio del DM 10 Marzo 1998 non è più prevista.

Vedi Documento

Sintesi dei criteri di classificazione

Livelli di rischio non univoci
1. Uno stesso luogo di lavoro può avere livelli di rischio incendio differenti: B / C (salvo 9.2) e A solamente

Rischio elevato
2. Le attività (elenco non esaustivo) di cui al 9.2 dell'ALLEGATO IX (non esaustivo) sono sempre a rischio di incendio elevato.
3. Sono come luoghi a rischio di incendio elevato quei locali ove, indipendentemente dalla presenza di sostanze infiammabili e dalla facilità di propagazione delle fiamme, l'affollamento degli ambienti, lo stato dei luoghi o le limitazioni motorie delle persone presenti, rendono difficoltosa l'evacuazione in caso di incendio. 

Rischio incendio medio
4. I luoghi di lavoro le cui attività sono comprese nell'allegato al D.P.R. 151/2011, salvo attività considerate a rischio elevato, sono a rischio di incendio medio.
5. I cantieri, non all'aperto, ove si detengono ed impiegano sostanze infiammabili e si fa uso di fiamme libere sono a rischio di incendio medio.

Rischio basso
6. I luoghi di lavoro a rischio di incendio basso sono quelli che non hanno attività non classificabili a rischio medio o elevato e in generale dove non sussistono rischi di svilupparsi un'incendio (criterio di esclusione)

Riduzione del livello di rischio elevato
7. Una categoria di rischio elevata può essere ridotta se il processo di lavoro è gestito accuratamente e le vie di esodo sono protette contro l'incendio (con esclusione attività di cui 9.2)

8. Nei luoghi di lavoro grandi o complessi a rischio elevato, è possibile ridurre il livello di rischio attraverso misure di protezione attiva di tipo automatico quali impianti automatici di spegnimento, impianti automatici di rivelazione incendi o impianti di estrazione fumi.(con esclusione attività di cui 9.2)

Aggiornamento classificazione del livello di rischio incendio
9. Se è stata fatta una classificazione del livello di rischio incendio secondo il D.M. 16 febbraio 1982 occorre effettuare un aggiornamento/controllo al D.P.R. 151/2011 che ha lo stesso.
10. La valutazione del rischio deve essere oggetto di revisione se c'è un significativo cambiamento nell'attività, nei materiali utilizzati o depositati, o quando l'edificio è oggetto di ristrutturazioni o ampliamenti.

 

DM 10 Marzo 1998 

...
Art. 2 - Valutazione dei rischi di incendio

1. La valutazione dei rischi di incendio e le conseguenti misure di prevenzione e protezione, costituiscono parte specifica del documento di cui all'art. 4, comma 2, del decreto legislativo n. 626/1994.

2. Nel documento di cui al comma 1 sono altresì riportati i nominativi dei lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e di gestione delle emergenze, o quello del datore di lavoro, nei casi di cui all'art. 10, comma 1, del decreto legislativo n. 626/1994.

3. La valutazione dei rischi di incendio può essere effettuata in conformità ai criteri di cui all'allegato I.

4. Nel documento di valutazione dei rischi il datore di lavoro valuta il livello di rischio di incendio del luogo di lavoro e, se del caso, di singole parti del luogo medesimo, classificando tale livello in una delle seguenti categorie, in conformità ai criteri di cui all'allegato I:

a) livello di rischio elevato;
b) livello di rischio medio;
c) livello di rischio basso.
...

ALLEGATO I LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE DEI RISCHI DI INCENDIO NEI LUOGHI DI LAVORO
...
1.4.4 - Classificazione del livello di rischio di incendio

Sulla base della valutazione dei rischi è possibile classificare il livello di rischio di incendio dell'intero luogo di lavoro o di ogni parte di esso: tale livello può essere basso, medio o elevato.

A) Luoghi di lavoro a rischio di incendio basso

Si intendono a rischio di incendio basso i luoghi di lavoro o parte di essi, in cui sono presenti sostanze a basso tasso di infiammabilità e le condizioni locali e di esercizio offrono scarse possibilità di sviluppo di principi di incendio ed in cui, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata.

B) Luoghi di lavoro a rischio di incendio medio

Si intendono a rischio di incendio medio i luoghi di lavoro o parte di essi, in cui sono presenti sostanze infiammabili e/o condizioni locali e/o di esercizio che possono favorire lo sviluppo di incendi, ma nei quali, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata. Si riportano in allegato IX, esempi di luoghi di lavoro a rischio di incendio medio.

C) Luoghi di lavoro a rischio di incendio elevato(a)

Si intendono a rischio di incendio elevato i luoghi di lavoro o parte di essi, in cui:

- per presenza di sostanze altamente infiammabili e/o per le condizioni locali e/o di esercizio sussistono notevoli probabilità di sviluppo di incendi e nella fase iniziale sussistono forti probabilità di propagazione delle fiamme, ovvero non è possibile la classificazione come luogo a rischio di incendio basso o medio.

Tali luoghi comprendono:
1. aree dove i processi lavorativi comportano l'utilizzo di sostanze altamente infiammabili (p.e. impianti di verniciatura), o di fiamme libere, o la produzione di notevole calore in presenza di materiali combustibili;
2. aree dove c'è deposito o manipolazione di sostanze chimiche che possono, in determinate circostanze, produrre reazioni esotermiche, emanare gas o vapori infiammabili, o reagire con altre sostanze combustibili;
3. aree dove vengono depositate o manipolate sostanze esplosive o altamente infiammabili;
4. aree dove c'è una notevole quantità di materiali combustibili che sono facilmente incendiabili;
5. edifici interamente realizzati con strutture in legno. 

Al fine di classificare un luogo di lavoro o una parte di esso come avente rischio di incendio elevato occorre inoltre tenere presente che:

a) molti luoghi di lavoro si classificano della stessa categoria di rischio in ogni parte. Ma una qualunque area a rischio elevato può elevare il livello di rischio dell'intero luogo di lavoro, salvo che l'area interessata sia separata dal resto del luogo attraverso elementi separanti resistenti al fuoco; (Fig. 1 e Fig. 2)

b) una categoria di rischio elevata può essere ridotta se il processo di lavoro è gestito accuratamente e le vie di esodo sono protette contro l'incendio;

c) nei luoghi di lavoro grandi o complessi, è possibile ridurre il livello di rischio attraverso misure di protezione attiva di tipo automatico quali impianti automatici di spegnimento, impianti automatici di rivelazione incendi o impianti di estrazione fumi. Vanno inoltre classificati come luoghi a rischio di incendio elevato quei locali ove, indipendentemente dalla presenza di sostanze infiammabili e dalla facilità di propagazione delle fiamme, l'affollamento degli ambienti, lo stato dei luoghi o le limitazioni motorie delle persone presenti, rendono difficoltosa l'evacuazione in caso di incendio.

Si riportano in allegato IX, esempi di luoghi di lavoro a rischio di incendio elevato.

(a) I luoghi di lavoro ove la lavorazione ed i materiali comportano pericoli di esplosione o specifici rischi di incendi possono essere individuati tra quelli a rischio di incendio elevato secondo i criteri stabiliti nel DM 10 Marzo 1998 (Nota prot. n. P118/4179 sott. 5 del 24/02/2000).

Nota prot. n. P118/4179 sott. 5 del 24-02-2000
Pericoli di esplosione o specifici rischi di incendio
Si concorda con il parere espresso dal Comando … nel ritenere che i luoghi di lavoro ove la lavorazione ed i materiali comportano pericoli di esplosione o specifici rischi di incendi sono quelli a rischio di incendio elevato secondo i criteri stabiliti nel DM 10 Marzo 1998.

Per punti 1, 2 e 3, è possibile una verifica anche da SDS delle sostanze presenti di cui al Regolamento (CE) n. 1272/2008 (CLP) e Regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH):

Sostanze altamente infiammabili: 
Es.
H220 - Gas altamente infiammabile.
H222 - Aerosol altamente infiammabile
H224 - Liquido e vapori altamente infiammabili

Sostanze che possono produrre reazioni esotermiche, emanare gas o vapori infiammabili, o reagire con altre sostanze combustibili:
H270 - Può provocare o aggravare un incendio; comburente.
H271 - Può provocare un incendio o un'esplosione; molto comburente.
H272 - Può aggravare un incendio; comburente.
H260 - A contatto con l'acqua libera gas infiammabili che possono infiammarsi spontaneamente
H261 - A contatto con l'acqua libera gas infiammabili

Sostanze esplosive o altamente infiammabili:
H205 – Pericolo di esplosione di massa in caso d'incendio.
H240 - Rischio di esplosione per riscaldamento.
H241 - Rischio d'incendio o di esplosione per riscaldamento.

Rischio incendio luogo lavoro 00
Fig. 1. Il luogo di lavoro è classificato rischio di incendio elevato poichè è presente area a rischio di incendio elevato


Rischio incendio luogo lavoro 01
Fig. 2. Il luogo di lavoro è classificato a rischio di incendio medio e limitatamente ad un area a rischio di incendio elevato, in quanto la stessa separata REI, non eleva il luogo di lavoro a rischio  di incendio elevato per tutto il luogo di lavoro.

DM 10 Marzo 1998 
...
ALLEGATO IX

CONTENUTI MINIMI DEI CORSI DI FORMAZIONE PER ADDETTI ALLA PREVENZIONE INCENDI, LOTTA ANTINCENDIO E GESTIONE DELLE EMERGENZE, IN RELAZIONE AL LIVELLO DI RISCHIO DELL'ATTIVITÀ.
...

9.2 ATTIVITÀ A RISCHIO DI INCENDIO ELEVATO

La classificazione di tali luoghi avviene secondo i criteri di cui all'allegato I al presente decreto. A titolo esemplificativo e non esaustivo si riporta un elenco di attività da considerare ad elevato rischio di incendio:

a) industrie e depositi di cui agli articoli 4 e 6 del DPR n. 175/1988, e successive modifiche ed integrazioni;
b) fabbriche e depositi di esplosivi;
c) centrali termoelettriche;
d) impianti di estrazione di oli minerali e gas combustibili;
e) impianti e laboratori nucleari;
f) depositi al chiuso di materiali combustibili aventi superficie superiore a 20.000 m2;
g) attività commerciali ed espositive con superficie aperta al pubblico superiore a 10.000 m2;
h) scali aeroportuali, stazioni ferroviarie con superficie, al chiuso, aperta al pubblico, superiore a 5000 mq(25) e metropolitane;
i) alberghi con oltre 200 posti letto;
l) ospedali, case di cura e case di ricovero per anziani;
m) scuole di ogni ordine e grado con oltre 1000 persone presenti;
n) uffici con oltre 1000 dipendenti;
o) cantieri temporanei o mobili in sotterraneo per la costruzione, manutenzione e riparazione di gallerie, caverne, pozzi ed opere simili di lunghezza superiore a 50 m;
p) cantieri temporanei o mobili ove si impiegano esplosivi. I corsi di formazione per gli addetti nelle sovrariportate attività devono essere basati sui contenuti e durate riportate nel corso C.

9.3 ATTIVITÀ A RISCHIO DI INCENDIO MEDIO
A titolo esemplificativo e non esaustivo rientrano in tale categoria di attività:

a) i luoghi di lavoro compresi nell'allegato al D.M. 16 febbraio 1982(*) e nelle tabelle A e B annesse al DPR n. 689 del 1959 (*), con esclusione delle attività considerate a rischio elevato;
b) i cantieri temporanei e mobili ove si detengono ed impiegano sostanze infiammabili e si fa uso di fiamme libere, esclusi quelli interamente all'aperto.

(*) Provvedimenti abrogati, leggasi: luoghi di lavoro compresi nell'allegato al D.P.R. 151/2011 - ndr

La formazione dei lavoratori addetti in tali attività deve essere basata sui contenuti del corso B.

9.4 ATTIVITÀ A RISCHIO DI INCENDIO BASSO

Rientrano in tale categoria di attività quelle non classificabili a medio ed elevato rischio e dove, in generale, sono presenti sostanze scarsamente infiammabili, dove le condizioni di esercizio offrono scarsa possibilità di sviluppo di focolai e ove non sussistono probabilità di propagazione delle fiamme. La formazione dei lavoratori addetti in tali attività deve essere basata sui contenuti del corso A.

Luoghi di lavoro classificazione rischio incendio

D.Lgs. n. 81/2008
.
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Art. 28. Oggetto della valutazione dei rischi

1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei miscele chimiche impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro e i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall'articolo 89, comma 1, lettera a), del presente decreto, interessati da attività di scavo.
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Art. 46. Prevenzione incendi

1. La prevenzione incendi è la funzione di preminente interesse pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente.
2. Nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto legislativo devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l'incolumità dei lavoratori.
3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 e dalle disposizioni concernenti la prevenzione incendi di cui al presente decreto, i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti atti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione1.
4. Fino all'adozione dei decreti di cui al comma 3, continuano ad applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998.
5. Al fine di favorire il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro, ed ai sensi dell'articolo 14, comma 2, lettera h), del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, con decreto del Ministro dell'interno sono istituiti, presso ogni direzione regionale dei vigili del fuoco, dei nuclei specialistici per l'effettuazione di una specifica attività di assistenza alle aziende. Il medesimo decreto contiene le procedure per l'espletamento della attività di assistenza.
6. In relazione ai principi di cui ai commi precedenti, ogni disposizione contenuta nel presente decreto legislativo, concernente aspetti di prevenzione incendi, sia per l'attività di disciplina che di controllo, deve essere riferita agli organi centrali e periferici del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. Restano ferme le rispettive competenze di cui all'articolo 13.
7. Le maggiori risorse derivanti dall'espletamento della funzione di controllo di cui al presente articolo, sono rassegnate al Corpo nazionale dei vigili per il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro.
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Art. 62. Definizioni

1. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, si intendono per luoghi di lavoro, unicamente ai fini della applicazione del presente titolo, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda o dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unità produttiva accessibile al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro.

2. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano:

a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci.
d-bis): ai campi, ai boschi e agli altri terreni facenti parte di un'azienda agricola o forestale. 


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Modello Riduzione tasso medio prevenzione INAIL anno 2023 | OT23

ID 17372 | | Visite: 4685 | News Sicurezza

Modello OT23   anno 2023

Modello Riduzione tasso medio prevenzione INAIL anno 2023 | OT23 / Entro il 28 Febbraio 2023

ID 17372 | 18.08.2022 / Documenti allegati

È in corso di pubblicazione nel sito istituzionale il Modello di domanda per la riduzione del tasso medio di tariffa per prevenzione per l’anno 2023 (all.1), in relazione agli interventi per la prevenzione e la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro adottati dalle aziende nel corso del 2022, ai sensi dell’articolo 23 delle Modalità per l’applicazione delle Tariffe dei premi, di cui al decreto interministeriale 27 febbraio 2019.

Allegati:
- Istruzione operativa del 1° Agosto 2022
- Modello Riduzione tasso medio prevenzione INAIL anno 2023 - Agg. 03.08.2022
- Modello OT23 2023 Guida alla compilazione

Il modulo riguarda gli interventi per la prevenzione e la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro adottati dalle aziende nel corso del 2022.

Le novità riguardano:

- l’attribuzione di un punteggio maggiore pari a 70 punti per gli interventi A-1.2 e A-1.4, della sezione “prevenzione degli infortuni mortali (non stradali), rispetto al punteggio di 50 previsto nel modello OT23 per l’anno 2022;
- la riformulazione dell’intervento A-3.2 della sezione “sicurezza macchine e trattori” che è stato circoscritto all’acquisto o al leasing di macchine che sostituiscono macchine obsolete eliminando, rispetto al precedente modello OT23 per l’anno 2022, il ricorso al noleggio di macchine sostitutive; è stato precisato inoltre che, al fine di evitare che le macchine obsolete sostituite possano essere reimmesse sul mercato, l’alienazione delle macchine deve intervenire esclusivamente tramite rottamazione;
- la riformulazione dell’intervento C-4.2 della sezione “prevenzione dei disturbi muscolo-scheletrici”, non prevedendo più il noleggio, ma solo l’acquisto o il contratto di leasing di macchine che effettuano fasi operative che comportano la movimentazione manuale dei carichi o la movimentazione di bassi carichi ad alta frequenza;
- la riformulazione dell’intervento B1 prevedendo, in particolare per i veicoli aventi una massa massima superiore a 35 q.li, destinati al trasporto di merci e per i veicoli destinati al trasporto di più di nove persone, che la prova pratica può essere effettuata anche solo con simulatori di guida, senza la prova su strada o su pista necessaria per i veicoli aventi una massa massima uguale o inferiore a 35 q.li;
- la riformulazione dell’intervento E17 relativo all’adozione di un sistema di rilevazione dei quasi infortuni per il quale è stato precisato che gli interventi di miglioramento, idonei a impedire il ripetersi degli eventi rilevati, devono essere attuati negli ambienti e sulle attrezzature di lavoro;
- l’inserimento dell’intervento E-19 (L’azienda ha adottato o mantenuto un modello organizzativo e gestionale di cui all’art.30 del d.lgs. 81/08 e s.m.i. asseverato in conformità alla norma UNI 11857-1 "Adozione ed efficace attuazione dei Modelli di Organizzazione e Gestione della salute e sicurezza sul lavoro - Agenzie di viaggio, servizi di pulizia e disinfestazione, società di formazione, consulenza, servizi al lavoro e servizi di investigazione privata e di informazione commerciale - Parte 1:
Modalità di asseverazione da parte di Organismi Paritetici”);
- la riformulazione dell’intervento F2, previsto per aziende per le quali non è obbligatoria l’adozione di un defibrillatore, estendendo la validità dei corsi di formazione BLSD sull’utilizzo dell’apparecchio ad un biennio (2021 -2022);
- la modifica dell’intervento F-3 prevedendo l’attuazione di almeno due delle misure di protezione per i dipendenti dal rischio rapine elencate nell’intervento medesimo.

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L’art. 23 delle Modalità per l’applicazione delle Tariffe, approvate con decreto interministeriale del 27.02.2019, prevede una riduzione del tasso medio di tariffa per le aziende che abbiano effettuato interventi per il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli previsti dalla normativa in materia.

Per accedere alla riduzione, l’azienda deve presentare un’apposita istanza (Modulo per la riduzione del tasso medio per prevenzione), esclusivamente in modalità telematica, attraverso la sezione Servizi Online presente sul sito www.inail.it, entro il termine del 28 febbraio 2023, unitamente alla documentazione probante richiesta dall’Istituto.

La domanda può essere presentata a prescindere dall’anzianità dell’attività (minore, uguale o maggiore di un biennio) assicurata nella posizione assicurativa territoriale (PAT), sempreché gli interventi migliorativi siano stati realizzati nell’anno precedente quello di presentazione della domanda.

1. INTERVENTI MIGLIORATIVI

L’Inail predefinisce gli interventi che sono considerati validi ai fini della concessione del beneficio in ragione della loro valenza prevenzionale.

L’azienda indica sul modulo di domanda per la riduzione del tasso medio per prevenzione gli interventi che ha attuato nell’anno solare precedente quello di presentazione della domanda (2022).

Il modulo di domanda articola gli interventi nelle seguenti sezioni:

A: PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI MORTALI (NON STRADALI)
A-1: AMBIENTI CONFINATI E/O SOSPETTI DI INQUINAMENTO
A-2: PREVENZIONE DEL RISCHIO DI CADUTA DALL’ALTO
A-3: SICUREZZA MACCHINE E TRATTORI
A-4: PREVENZIONE DEL RISCHIO ELETTRICO
A-5: PREVENZIONE DEI RISCHI DA PUNTURE DI INSETTO

B: PREVENZIONE DEL RISCHIO STRADALE

C: PREVENZIONE DELLE MALATTIE PROFESSIONALI
C-1: PREVENZIONE DEL RISCHIO RUMORE
C-2: PREVENZIONE DEL RISCHIO CHIMICO
C-3: PREVENZIONE DEL RISCHIO RADON
C-4: PREVENZIONE DEI DISTURBI MUSCOLO-SCHELETRICI
C-5: PROMOZIONE DELLA SALUTE
C-6: PREVENZIONE DEL RISCHIO MICROCLIMATICO

D: FORMAZIONE, ADDESTRAMENTO, INFORMAZIONE

E: GESTIONE DELLA SALUTE E SICUREZZA: MISURE ORGANIZZATIVE

F: GESTIONE DELLE EMERGENZE E DPI

Gli interventi migliorativi possono essere realizzati su una o più PAT dell’azienda.

Per la sezione E, che riguarda le misure organizzative per la gestione della salute e sicurezza sul lavoro, e per l’intervento F-6, riguardante il piano per la gestione dell’emergenza in caso di incendio, è richiesta l’attuazione degli interventi su tutte le PAT in quanto, per garantire la massima efficacia prevenzionale, tali interventi devono essere applicati nell’azienda nel suo complesso.

Gli interventi contrassegnati dalla lettera (P) hanno valenza pluriennale, ossia l’arco di validità dell’intervento è esteso a più annualità.

In caso di attuazione di tali interventi, il Modulo deve essere ripresentato ogni anno con idonea documentazione probante da cui risulti non solo la realizzazione degli stessi, ma anche il mantenimento e la continuità di attuazione di tali interventi nell’anno precedente quello di presentazione della domanda.

In particolare, per gli interventi A-1.1, A-1.2, A-1.5, F-4 ed F-7 la pluriennalità consiste nella possibilità di inviare le fatture di acquisto dei beni oggetto dell’intervento, datate anche nei 3 anni precedenti l’anno di riferimento, ossia nei 4 anni precedenti quello di presentazione della domanda.

Per l’intervento A-5.1 invece la pluriennalità si esplica nella possibilità di inviare la relazione complessiva sulle valutazioni dei lavoratori svolte anche nei 3 anni precedenti quello della domanda, ossia, anche in questo caso, nei 4 anni precedenti quello di presentazione della domanda.

In linea generale, gli interventi possono essere realizzati in tutti i settori produttivi, tranne alcuni interventi che sono specifici di determinati comparti e possono essere selezionati solo se nella PAT, su cui è stato realizzato l’intervento, è presente il riferimento tariffario dello specifico settore produttivo.

Ad esempio, l’intervento B-7 relativo all’adozione di un codice di pratica dei sistemi di gestione della sicurezza e dell’autotrasporto, è selezionabile solo per PAT che abbiano un riferimento tariffario del Grande Gruppo 9 delle Tariffe dei premi.

Si precisa che per gli interventi della sezione E, che devono essere realizzati su tutte le PAT del cliente, il settore produttivo deve essere presente su almeno una PAT del cliente.

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Fonte: INAIL

Linee guida MLPS percorsi IeFP e IFTS in modalità duale

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Linee guida MLPS Percorsi IeFP e IFTS

Linee guida MLPS percorsi IeFP e IFTS in modalità duale

ID 17371 | 18.08.2022 / Pubblicazione decreto atteso

Con la firma del ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando, al Decreto n. 139 del 2 agosto 2022 sono state adottate le “Linee Guida per la programmazione e attuazione dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) e di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) in modalità duale”, in recepimento dell'Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano del 27 luglio scorso.

Le Linee Guida definiscono il quadro nel quale programmare e realizzare le attività previste dal PNRR per la Missione 5 - Componente 1 - Investimento 1.4 "Sistema duale", delineandone le caratteristiche generali, identificando i destinatari e gli erogatori delle misure, nonché la programmazione degli interventi e i criteri di determinazione delle opzioni di costo semplificate.

Il Target quantitativo è articolato in 39mila percorsi di Baseline (percorsi individuali svolti), realizzati a valere esclusivamente su risorse diverse da quelle PNRR e 135mila percorsi aggiuntivi PNRR da realizzare nell'arco di tempo pari a 3 anni formativi, dal 2022/2023 al 2024/2025; per un totale di 174mila percorsi, quale obiettivo finale del Piano Nazionale.

Tipologie di percorsi

Gli “erogabili” nell'ambito dell'Investimento 1.4 del PNRR "Sistema duale" riguardano:

- Percorsi duali aggiuntivi rispetto all'offerta di IeFP duale finanziata con risorse ordinarie
- Percorsi di conversione in duale dell'offerta di IeFP ordinamentale finanziata con risorse ordinarie
- Percorsi extra diritto-dovere, organizzati in modalità duale (apprendistato o alternanza rafforzata) finalizzati all'acquisizione di una qualificazione di IeFP o di IFTS o di una certificazione di singole unità di competenza delle suddette qualificazioni
- Percorsi duali in sussidiarietà attuati negli Istituti Professionali ai sensi del D.Lgs. n. 61/2017.

Inoltre, le Regioni e le Province Autonome potranno attivare interventi integrativi individuali o individualizzati di orientamento o di formazione allo scopo di favorire l’accessibilità all'offerta formativa e la personalizzazione dei percorsi, potenziare l’individuazione di destinatari con specifiche caratteristiche, sostenere interventi di contrasto all'insuccesso formativo.

Destinatari

Sulla base delle norme che regolano il Sistema duale lo sono:

- giovani soggetti al diritto-dovere all'istruzione e formazione, compresi coloro che, in continuità di studio, frequentano percorsi anche oltre al compimento del 18esimo anno di età;
- giovani che hanno assolto o sono prosciolti dal diritto-dovere e si iscrivono al IV anno dei percorsi di IeFP o proseguono gli studi per acquisire il diploma di istruzione secondaria superiore di secondo grado o il certificato di specializzazione tecnica superiore, ai sensi dell’art. 43 del D.Lgs. n. 81/2015;
- giovani da 17 a 25 anni che hanno assolto o sono stati prosciolti dal diritto-dovere all'istruzione, privi di titolo di studio di istruzione secondaria di secondo grado e che, anche a seguito di eventuali interventi di riconoscimento di crediti formativi in ingresso, si iscrivono ai percorsi duali, anche con contratto di apprendistato di I livello, volti al conseguimento di una qualificazione di IeFP o di IFTS e con esclusione del contratto di apprendistato di I livello, di una certificazione di singole unità di competenza delle suddette qualificazioni, in coerenza con quanto previsto dal Piano Nazionale Nuove Competenze;
- over 17 che hanno assolto o sono stati prosciolti dal diritto-dovere all'istruzione, privi di titolo di studio di istruzione secondaria di primo o di secondo grado che, anche a seguito di interventi di riconoscimento di crediti formativi in ingresso, si iscrivono ai percorsi duali volti al conseguimento di una qualificazione di IeFP o di IFTS o di una certificazione di singole unità di competenza delle suddette qualificazioni.

Soggetti erogatori

Le Linee Guida li individuano come segue:

- i soggetti accreditati dalle Regioni per l’erogazione dei percorsi di IeFP, dei percorsi di IFTS e dei percorsi di formazione superiore;
- le istituzioni formative o le scuole professionali provinciali delle Province Autonome di Trento e Bolzano che erogano percorsi di IeFP;
- le Fondazioni ITS, se erogatori di percorsi IFTS;
- gli istituti scolastici e i CPIA che erogano percorsi di IeFP in regime di sussidiarietà.

Modalità di erogazione della formazione in contesto lavorativo

Può avvenire tramite le modalità didattiche così individuate:

- Alternanza simulata, percorsi di apprendimento e/o orientamento in assetto esperienziale simulato presso l’istituzione formativa o nell'ambito di visite in contesti produttivi aziendali, di regola, rivolti ad allievi di età inferiore ai 15 anni, definiti a partire dalle prassi consolidate con la sperimentazione duale
- Alternanza rafforzata, percorsi di apprendimento in assetto esperienziale in impresa, definiti a partire dalle prassi consolidate con la sperimentazione duale nella prospettiva di una progressiva modellizzazione dei percorsi
- Apprendistato duale, percorsi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificate di specializzazione tecnica superiore di cui all'art. 43 del D.Lgs. n. 81/2015.

Percorsi Sperimentali

Ai fini dell’ampliamento dell’offerta formativa e per il raggiungimento del Target finale PNRR, le Linee Guida consentono di individuare ulteriori misure di carattere sperimentale: “Imprenditorialità e transizione digitale”; “Mobilità transnazionale finalizzata all’apprendimento nel contesto di lavoro” e Misure “extra Target”.

Azioni di supporto e monitoraggio

Viene disposta la costituzione di un “Osservatorio del Programma Duale” mediante DM, composto in via paritetica dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dalle Regioni e Provincie Autonome e dal Coordinamento delle Regioni e Province Autonome, che avrà cura di fare sintesi delle posizioni regionali. In particolare, l’Osservatorio è finalizzato a seguire l’implementazione dell’Investimento e prevenire e fronteggiare le eventuali criticità. Quanto all’attività di monitoraggio, Regioni e Province Autonome sono tenute a registrare sui sistemi informativi locali e nel ReGiS, tutti i dati richiesti ed entro il 31 ottobre di ciascun anno dovranno trasmettere il Rapporto annuale che individui con quale modalità si concorre a realizzare l’Obiettivo della Missione 5 - Investimento 1.4 del PNRR.

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Fonte: MLPS

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Decreto Ministeriale 27 settembre 1965

ID 17365 | | Visite: 2586 | Prevenzione Incendi

Decreto Ministeriale 27 settembre 1965 / 1° Elenco attività soggette visite VVF

Determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione incendi.

(GU n. 278 del 8 novembre 1965)

Non più in vigore
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Articolo 1
Articolo unico.

I depositi e le industrie pericolose soggetti alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi, nonchè la periodicità delle visite, sono determinati come dall'allegato elenco che, controfirmato dal Ministro per l'interno e dal Ministro per l'industria e commercio, forma parte integrante del presente decreto.
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Luoghi a basso rischio in caso di incendio / Classificazione

ID 14852 | | Visite: 11970 | Prevenzione Incendi

Luoghi a basso rischio in caso di incendio Decreto 3 Settembre 2021   Classificazione

Luoghi a basso rischio in caso di incendio | Decreto 3 Settembre 2021 (Minicodice) Allegato I - Classificazione 2021/2022

ID 14852 | 30.10.2021 / Schema sintesi allegata

Scheda di classificazione Luoghi a basso rischio in caso di incendio secondo il Decreto 3 Settembre 2021 Allegato I (Decreto minicodice PI) in GU del 29 ottobre 2021 n. 259. Previsti aggiornamenti ed esempi.
_______

Decreto 3 settembre 2021
Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
(GU n.259 del 29.10.2021)
Entrata in vigore: 29.10.2022

Il decreto del Ministro dell’interno del 10 marzo 1998 è abrogato dal 29 Ottobre 2022.

Allegato I

1. Campo di applicazione

1. Il presente allegato stabilisce criteri semplificati per la valutazione del rischio di incendio ed indica le misure di prevenzione, protezione e gestionali antincendio da adottare nei luoghi di lavoro a basso rischio d’incendio.
2. Ai fini dell’applicazione del presente allegato, sono considerati luoghi di lavoro a basso rischio d’incendio quelli ubicati in attività non soggette e non dotate di specifica regola tecnica verticale, aventi tutti i seguenti requisiti aggiuntivi:

a) con affollamento complessivo ≤100 occupanti;

Nota - Per attività non soggette si intendono quelle attività non ricomprese nell’elenco dell’Allegato I al decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011.
Nota - Per occupanti si intendono le persone presenti a qualsiasi titolo all’interno dell’attività.

b) con superficie lorda complessiva ≤1000 m2;
c) con piani situati a quota compresa tra -5 m e 24 m;
d) ove non si detengono o trattano materiali combustibili in quantità significative;

Nota - Generalmente, per quantità significative di materiali combustibili si intende qf > 900 MJ/m2. (*)

e) ove non si detengono o trattano sostanze o miscele pericolose in quantità significative;
f) ove non si effettuano lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio.

Luoghi basso rischio di incendio Decreto 3 Settembre 2021   Schema classificazione

(*) q= Carico d'incendio specifico [MJ/m2]

qf è il valore nominale del carico d’incendio specifico da determinarsi secondo la formula: [MJ/m2]

Valore nominale carico d incendio   Formula

dove:

g= massa dell’i-esimo materiale combustibile [kg];
Hipotere calorifico inferiore dell’i-esimo materiale combustibile [MJ/kg], i valori di Hi dei materiali combustibili possono essere determinati per via sperimentale in accordo con UNI EN ISO 1716:2002 ovvero essere mutuati dalla letteratura tecnica;
mi = fattore di partecipazione alla combustione dell’i-esimo materiale combustibile pari a 0,80 per il legno e altri materiali di natura cellulosica e 1,00 per tutti gli altri materiali combustibili;
ψi = fattore di limitazione della partecipazione alla combustione dell’i-esimo materiale combustibile pari a 0 per i materiali contenuti in contenitori appositamente progettati per resistere al fuoco; 0,85 per i materiali contenuti in contenitori non combustibili e non appositamente progettati per resistere al fuoco; 1 in tutti gli altri casi;
A = superficie in pianta lorda del compartimento [m2].
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Accordo MIMS ANAS RFI e Sindacati

ID 17352 | | Visite: 1466 | News Sicurezza

Accordo MIMS ANAS RFI e Sindacati

Accordo MIMS ANAS RFI e Sindacati

ID 17352 | 04.08.2022 / Verbale in allegato

È stato sottoscritto dal Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (Mims), Enrico Giovannini, un accordo con le organizzazioni sindacali e le società del Gruppo FS, ANAS e Rete Ferroviaria Italiana (RFI), per tutelare i lavoratori che operano nei cantieri, sulla base dell’Atto di Indirizzo in materia di applicazione della disciplina del subappalto, firmato dal Ministro nel mese di gennaio. 

L’accordo, firmato dal Ministro, dall’AD di RFI, Vera Fiorani, dall’AD di ANAS, Aldo Isi, e dai Segretari Generali Vito Panzarella (FENEAL-UIL), Enzo Pelle (FILCA-CISL) e Alessandro Genovesi (FILLEA-CGIL), prevede che venga specificato nella determina a contrarre e nei documenti di gara che il rispetto della normativa in materia di tutela del lavoro e della sicurezza nei cantieri è una condizione essenziale per l’esecuzione del contratto. Inoltre, ANAS e RFI, cui spetta il compito di realizzare ingenti investimenti stradali e ferroviari indispensabili per dotare di infrastrutture moderne il nostro Paese, si impegnano a verificare il rispetto della normativa in materia di parità di trattamento economico e normativo e l’applicazione dei relativi Contratti Collettivi Nazionali prima del ricorso al subappalto. 

“Una delle nostre priorità è sempre stata quella di tutelare il lavoro e la sicurezza nei cantieri”, ha ricordato il Ministro Giovannini. “Non posso che esprimere soddisfazione per questo accordo, con cui anche ANAS e RFI si uniscono al Mims nello sforzo di assicurare che i diritti dei lavoratori, e in particolare di chi opera nei cantieri, siano sempre messi al primo posto – ha aggiunto - soprattutto in un contesto di forte accelerazione delle tempistiche dettato dalle esigenze di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.
“Siamo costantemente impegnati nel miglioramento della sicurezza dei lavoratori, attraverso un approccio proattivo che prevede progetti culturali, di formazione e tecnologici innovativi”, ha dichiarato Vera Fiorani, Amministratrice Delegata di RFI. “Un obiettivo del Gruppo FS e che, con il Polo Infrastrutture, vedrà una sinergia sempre maggiore mettendo a fattor comune le best practice delle società coinvolte. Dobbiamo essere attenti a tutti i nostri colleghi che ogni giorno e ogni notte lavorano nei cantieri e lo devono fare in modo sicuro”.

Per l’AD di Anas, Aldo Isi, “si tratta di un importante passo avanti nel consolidamento delle attività di gestione per la realizzazione di opere infrastrutturali, volto a tutelare la qualità del lavoro degli addetti alla filiera degli appalti, in una fase di rilancio che vede l’impiego di una straordinaria mole di investimenti”.
Soddisfazione espressa anche da parte dei sindacati degli edili, FenealUil - Filca Cisl - Fillea Cgil. “Si conferma l'impegno di tutti a rafforzare le tutele del Codice Appalti previste da ultimo dal DL 77/2021 dimostrando che si può fare presto e bene, nel rispetto dei tempi prefissati per la chiusura dei cantieri ed insieme, tutelando il lavoro, le professionalità, i diritti, la salute e la sicurezza. Così il settore può crescere sano e dare quell’impulso alla ripresa nella direzione della qualità”.

Con l’accordo firmato oggi le parti si impegnano, al fine di rafforzare l’attività di monitoraggio sull’andamento degli appalti relativi alle cosiddette opere commissariate e alle opere previste dal PNRR e dal Piano Nazionale Complementare, a incontrarsi semestralmente per condividere gli esiti delle attività svolte dalle Cabine di Regia attivate sulla base dei protocolli di legalità per le singole opere.

Fonte MIMS

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Linee guida ad interim indicazioni anti covid servizi educativi per l’infanzia 2022/2023

ID 17349 | | Visite: 2005 | News Sicurezza

Linee guida servizi educativi per l infanzia 2022 2023

Linee guida ad interim indicazioni anti covid servizi educativi per l’infanzia 2022/2023 

ID 17349 | 16.08.2022 / Documento allegato

Indicazioni strategiche ad interim per preparedness e readiness ai fini di mitigazione delle infezioni da SARS-CoV-2 nell’ambito dei servizi educativi per l’infanzia gestiti dagli Enti locali, da altri enti pubblici e dai privati, e delle scuole dell’infanzia statali e paritarie a gestione pubblica o privata per l’anno scolastico 2022 -2023 - Versione 11 agosto 2022

Scopo del documento

Presentare le possibili misure di mitigazione e contenimento della circolazione virale adottabili nell’anno scolastico 2022-2023 fornendo elementi utili di preparedness e readiness.

Destinatari

Servizi educativi per l’infanzia gestiti dagli Enti locali, da altri enti pubblici o dai privati e scuole dell’infanzia statali e paritarie a gestione pubblica o privata.

Le Indicazioni sono uno strumento utile per pianificare le attività dei prossimi mesi e propongono, da un lato, misure standard di prevenzione per l’inizio dell’anno scolastico che tengono conto del quadro attuale, dall’altro, ulteriori interventi da modulare progressivamente e attivare in base alla valutazione del rischio, al possibile cambiamento del quadro epidemiologico.


Misure di prevenzione di base attive al momento della ripresa scolastica

Il documento individua come possibili misure di prevenzione di base per la ripresa scolastica:

- Permanenza a scuola consentita solo senza sintomi/febbre e senza test diagnostico per la ricerca di SARS-CoV-2 positivo;
- Igiene delle mani ed etichetta respiratoria;
- Utilizzo di dispositivi di protezione respiratoria (FFP2) per personale a rischio di sviluppare forme severe di COVID-19;
- Sanificazione ordinaria (periodica) e straordinaria in presenza di uno o più casi confermati;
- Strumenti per gestione casi sospetti/confermati e contatti;
- Ricambi d’aria frequenti.

Possibili misure ulteriori, da implementare singolarmente o in combinazione

Il documento individua come possibili ulteriori misure di prevenzione sulla base di eventuali esigenze di sanità pubblica e di cambiamenti del quadro epidemiologico:

- Distanziamento di almeno 1 metro tra gli adulti;
- Attività educative da svolgersi prevedendo gruppi stabili di bambini, compatibilmente con gli spazi disponibili e le potenzialità organizzative, per ridurre al minimo le occasioni di contatto tra bambini appartenenti a gruppi diversi;
- Utilizzo dei bagni da parte dei bambini controllato in modo tale da evitare affollamenti e l’intersezione tra gruppi diversi;
- Evitare l’uso promiscuo di giocattoli tra bambini appartenenti a gruppi diversi. Non è consentito portare negli spazi delle attività oggetti o giochi da casa;
- Accoglienza e ricongiungimento: ove possibile, organizzare la zona di accoglienza all’esterno; qualora in ambiente chiuso, si provvede con particolare attenzione alla pulizia
approfondita e all’aerazione frequente e adeguata dello spazio. Può accedere alla struttura un solo adulto accompagnatore;
- Sanificazione periodica di tutti gli ambienti predisponendo un cronoprogramma ben definito, da documentare attraverso un registro regolarmente aggiornato. Le superfici toccate più frequentemente andranno disinfettate almeno una volta al giorno;
- Uscite e attività didattiche esterne sospese;
- Utilizzo di mascherine chirurgiche, o di dispositivi di protezione respiratoria di tipo FFP2, in posizione statica e/o dinamica per chiunque acceda o permanga nei locali scolastici (da modulare nei diversi contesti e fasi della presenza scolastica), fatta eccezione per i bambini;
- Utilizzo di dispositivi di protezione respiratoria di tipo FFP2 per tutto il personale scolastico (da modulare nei diversi contesti e fasi della presenza scolastica);
- Concessione palestre/locali a terzi con obbligo di sanificazione non a carico del personale della scuola e a conclusione delle attività nel giorno di utilizzo;
- Somministrazione dei pasti nelle mense limitando il più possibile la promiscuità tra bambini di gruppi diversi;
- Consumo delle merende nello stesso spazio di esperienza dedicato al gruppo dei bambini.

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Nel corso del 2022, a fronte dell’elevata copertura vaccinale raggiunta sia in termini di ciclo di base che di dosi booster, l’impatto sulle strutture sanitarie dei soggetti con COVID-19 si è mantenuto limitato nonostante la circolazione di una variante altamente trasmissibile come Omicron e relativi sottolignaggi. In ambito comunitario, inoltre, è stato attuato un progressivo passaggio da una strategia di controllo dell’infezione da SARS-CoV-2, incentrata sul tentativo di interrompere per quanto possibile le catene di trasmissione del virus, ad una strategia di mitigazione finalizzata a contenere l’impatto negativo dell’epidemia sulla salute pubblica.

In questo contesto, ad esempio, è stata sospesa la quarantena dei contatti stretti di casi COVID-191 e progressivamente eliminato l’obbligo di utilizzo delle mascherine nella maggior parte dei luoghi pubblici. La scuola rappresenta uno dei setting in cui la circolazione di un virus a caratteristiche pandemiche richiede particolare attenzione, a causa dell’elevata possibilità di trasmissione e della necessità di implementare e modulare le misure di prevenzione e controllo in base alla situazione epidemiologica.

Tuttavia, nonostante gli interventi nel setting scolastico possano essere specifici, è necessario sottolineare che la scuola si inserisce nel contesto più ampio della comunità, per cui le misure applicate in ambito scolastico, affinché possano essere effettivamente efficaci, devono tenere conto ed essere preferibilmente omogenee con le misure previste in ambito comunitario.

I presupposti da tenere in considerazione per i futuri interventi nel setting scolastico in relazione al quadro epidemiologico ed alle evidenze progressivamente disponibili consistono nella necessità di garantire la continuità scolastica in presenza e di prevedere il minimo impatto delle misure di mitigazione sulle attività scolastiche.

Sebbene la situazione epidemiologica sia diversa da quella del 2021 e si caratterizzi attualmente per un impatto clinico dell’epidemia contenuto, attribuibile all’aumento progressivo dell’immunità indotta da vaccinazione/pregressa infezione oltre che alle caratteristiche della variante Omicron, non è possibile prevedere quale sarà la situazione alla ripresa delle attività scolastiche; pertanto, non è possibile decidere fin d’ora se e quali misure implementare.

È necessario tenere conto della possibilità di variazioni del contesto epidemiologico e attuare un’azione di preparedness e readiness che possa garantire la risposta degli Istituti Scolastici ad un eventuale aumento della circolazione virale o alla comparsa di nuove varianti in grado di determinare un aumento di forme gravi di malattia, in assenza di vaccini che possano mitigarne l’impatto.

Fattori determinanti da tenere in considerazione nella definizione delle misure sono rappresentati, in sintesi, dall’intensità della circolazione virale, dalle caratteristiche delle varianti virali circolanti, dalle forme cliniche che esse possono determinare in età scolare e non, dalla copertura vaccinale anti COVID-19 e dal grado di protezione nei confronti delle infezioni, delle forme severe di malattia e dei decessi conferito dalle vaccinazioni e dalla protezione indotta dalle pregresse infezioni, dalla necessità di proteggere soggetti fragili a maggior rischio di malattia severa.

Risulta pertanto opportuno, nell’identificazione delle misure di mitigazione e controllo che possono essere implementate in ambito scolastico, attuare una pianificazione di possibili interventi da modulare progressivamente in base alla valutazione del rischio, prevedendo un’adeguata preparazione degli istituti scolastici.

Allo stato attuale delle conoscenze e della situazione epidemiologica si prevedono quindi misure standard di prevenzione da garantire per l’inizio dell’anno scolastico e possibili ulteriori interventi da modulare progressivamente in base alla valutazione del rischio, prevedendo un’adeguata preparazione degli istituti scolastici che renda possibile un’attivazione rapida delle misure al bisogno.

I servizi educativi dell’infanzia presentano delle peculiarità didattiche ed educative che non rendono possibile l’applicazione di alcune misure di prevenzione invece possibili per studenti di età maggiore, sia di tipo non farmacologico (ad esempio, mantenimento del distanziamento fisico e utilizzo delle mascherine) che farmacologico (la vaccinazione anti COVID-19 è autorizzata per i bambini a partire dai 5 anni di età).

Per questo motivo, le possibili misure attuali all’inizio dell’A.S. 2022-2023 e le ulteriori misure di prevenzione aggiuntive singole o associate da valutare in relazione al contesto epidemiologico e alle disposizioni nazionali sono qui adattate al contesto dei servizi educativi dell’infanzia. Questo documento è stato redatto sentito il parere dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI).

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Lavoratrici madri: divieti e Interdizione anticipata/post partum

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Lavoratrici madri   Divieti e interdizione anticipata post partum

Lavoratrici madri: divieti e Interdizione anticipata/post partum / Update D.Lgs. 151/2001 Maggio 2022

ID 16679 | 20.05.2022 / Documento completo e Modelli Istanza allegati DL/Lavoratore

In allegato Documento normativo sui lavori vietati alle lavoratrici madri e sulla richiesta di interdizione anticipata/post partum dal lavoro per lavoratrici madri addette a lavori vietati o pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino ai sensi dell'Art. 17  c.2 lett a) o b) del D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151.

Il divieto di adibire al lavoro le donne di cui all'Art. 16 del D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151 e' anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli ai sensi dell'Art. 16 del D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151.

L'Art. 7 del D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151 riporta i riferimenti per i lavori vietati tra i quali quelli pericolosi, faticosi ed insalubri (allegato A e B dello stesso).

In allegato modelli di Istanza INL:

1. Istanza del datore INL
Richiesta di interdizione anticipata/post partum dal lavoro per lavoratrici madri addette a lavori vietati o pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151 - art. 17, comma 2, lett. b) e c) (istanza del datore)

2. Istanza lavoratrice INL
Richiesta di interdizione anticipata/post partum dal lavoro per lavoratrici madri addette a lavori vietati o pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151 - art. 17, comma 2, lett. b) e c) (istanza lavoratrice)

Il divieto di adibire al lavoro le lavoratrici madri può essere così temporalmente schematizzato (caso generale, salvo specifici):

Fig. 1 - Divieto di adibire al lavoro le donne (Art. 16) Congedo di maternità

Divieti e interdizione anticipata post partum Fig 1

(*) Secondo disposizioni medico specialista del SSN o medico competente (Art. 16 c. 1.1) in alternativa a (Art. 16 c.1) previa attestazione

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Fig. 2 - Estensioni su Comunicazione / Istanza lavoratrice / Datore di lavoro / d’ufficio

Divieti e interdizione anticipata post partum Figura 2

(*) Secondo disposizioni medico specialista del SSN o medico competente (Art. 16 c. 1.1) in alternativa a (Art. 16 c.1) previa attestazione

(**)
Estensione divieto per lavori gravosi o pregiudizievoli (Art. 17. c.1) 

(***) Estensione interdizione post parto fino a 7 mesi (Art. 6. c.1) ai sensi (Art. 12 c.1 e 2) / Valutazione dei rischi

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D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151
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Art. 6. Tutela della sicurezza e della salute (Decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 1; legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 9)

1. Il presente Capo prescrive misure per la tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di eta' del figlio, che hanno informato il datore di lavoro del proprio stato, conformemente alle disposizioni vigenti, fatto salvo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 8.

2. La tutela si applica, altresi', alle lavoratrici che hanno ricevuto bambini in adozione o in affidamento, fino al compimento dei sette mesi di eta'.

3. Salva l'ordinaria assistenza sanitaria e ospedaliera a carico del Servizio sanitario nazionale, le lavoratrici, durante la gravidanza, possono fruire presso le strutture sanitarie pubbliche o private  accreditate,  con  esclusione dal costo delle prestazioni erogate, oltre che delle periodiche visite ostetrico-ginecologiche, delle prestazioni specialistiche per la tutela della maternita', in funzione preconcezionale e di prevenzione del rischio fetale, previste  dal  decreto del Ministro della sanita' di cui all'articolo 1, comma  5, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, purche' prescritte secondo le modalita' ivi indicate.

Art. 7. Lavori vietati (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 3, 30, comma 8, e 31, comma 1; decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 3; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 12, comma 3)

1. E' vietato adibire le lavoratrici al trasporto e al sollevamento di pesi, nonche' ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri. I lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono indicati dall'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, riportato nell'allegato A del presente testo unico. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanita' e per la solidarieta' sociale, sentite le parti sociali, provvede ad aggiornare l'elenco di cui all'allegato A.

2. Tra i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono inclusi quelli che comportano il rischio di esposizione agli agenti ed alle condizioni di lavoro, indicati nell'elenco di cui all'allegato B.

3. La lavoratrice e' addetta ad altre mansioni per il periodo per il quale e' previsto il divieto.

4. La lavoratrice e', altresi', spostata ad altre mansioni nei casi in cui i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, accertino che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna.

5. La lavoratrice adibita a mansioni inferiori a quelle abituali conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonche' la qualifica originale. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, qualora la lavoratrice sia adibita a mansioni equivalenti o superiori.

6. Quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, il servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio, puo' disporre l'interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui al presente Capo, in attuazione di quanto previsto all'articolo 17.

7. L'inosservanza delle disposizioni contenute nei commi 1, 2, 3 e 4 e' punita con l'arresto fino a sei mesi.

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D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151
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Art. 11. Valutazione dei rischi (decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 4)

1. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 7, commi 1 e 2, il datore di lavoro, nell'ambito ed agli effetti della valutazione di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, valuta i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, in particolare i rischi di esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici, processi o condizioni di lavoro di cui all'allegato C, nel rispetto delle linee direttrici elaborate dalla Commissione dell'Unione europea, individuando le misure di prevenzione e protezione da adottare.

2. L'obbligo di informazione stabilito dall'articolo 21 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, comprende quello di informare le lavoratrici ed i loro rappresentati per la sicurezza sui risultati della valutazione e sulle conseguenti misure di protezione e di prevenzione adottate.

Art. 12. Conseguenze della valutazione (decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 5)

1. Qualora i risultati della valutazione di cui all'articolo 11, comma 1, rivelino un rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, il datore di lavoro adotta le misure necessarie affinche' l'esposizione al rischio delle lavoratrici sia evitata, modificandone temporaneamente le condizioni o l'orario di lavoro.

2. Ove la modifica delle condizioni o dell'orario di lavoro non sia possibile per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro applica quanto stabilito dall'articolo 7, commi 3, 4 e 5, dandone contestuale informazione scritta al servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio, che puo' disporre l'interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui all'articolo 6, comma 1, in attuazione di quanto previsto all'articolo 17.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 trovano applicazione al di fuori dei casi di divieto sanciti dall'articolo 7, commi 1 e 2.

4. L'inosservanza della disposizione di cui al comma 1 e' punita con la sanzione di cui all'articolo 7, comma 7.

Art. 13. Adeguamento alla disciplina comunitaria (decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, articoli 2 e 8)

1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanita', sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, sono recepite le linee direttrici elaborate dalla Commissione dell'Unione europea, concernenti la valutazione degli agenti chimici, fisici e biologici, nonche' dei processi industriali ritenuti pericolosi per la sicurezza o la salute delle lavoratrici e riguardanti anche i movimenti, le posizioni di lavoro, la fatica mentale e fisica e gli altri disagi fisici e mentali connessi con l'attivita' svolta dalle predette lavoratrici.

2. Con la stessa procedura di cui al comma 1, si provvede ad adeguare ed integrare la disciplina contenuta nel decreto di cui al comma 1, nonche' a modificare ed integrare gli elenchi di cui agli allegati B e C, in conformita' alle modifiche alle linee direttrici e alle altre modifiche adottate in sede comunitaria.

Art. 14. Controlli prenatali (decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 7)

1. Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l'effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbono essere eseguiti durante l'orario di lavoro.

2. Per la fruizione dei permessi di cui al comma 1 le lavoratrici presentano al datore di lavoro apposita istanza e successivamente presentano la relativa documentazione giustificativa attestante la data e l'orario di effettuazione degli esami.

Art. 15. Disposizioni applicabili (decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 9)

1. Per quanto non diversamente previsto dal presente Capo, restano ferme le disposizioni recate dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, nonche' da ogni altra disposizione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.

Capo III Congedo di maternita'

Art. 16 Divieto di adibire al lavoro le donne (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, comma 1 e 4)

1. E' vietato adibire al lavoro le donne:

a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all'articolo 20;
b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
c) durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'articolo 20; (1)
d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternita' dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi. (2) (3)

1.1. In alternativa a quanto disposto dal comma 1, e' riconosciuta alle lavoratrici la facolta' di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l'evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.

1-bis. Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall'inizio della gestazione, nonche' in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternita', le lavoratrici hanno facolta' di riprendere in qualunque momento l'attivita' lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute.

Art. 16-bis (Rinvio e sospensione del congedo di maternita').

1. In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternita' per il periodo di cui all'articolo 16, comma 1, lettere c) e d), e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino.

2. Il diritto di cui al comma 1 puo' essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed e' subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilita' dello stato di salute della donna con la ripresa dell'attivita' lavorativa. (2)(3)

Art. 17 Estensione del divieto (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, commi 2 e 3, 5, e 30, commi 6, 7, 9 e 10)

1. Il divieto e' anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Fino all'emanazione del primo decreto ministeriale, l'anticipazione del divieto di lavoro e' disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio.

2. La Direzione territoriale del lavoro e la ASL dispongono, secondo quanto previsto dai commi 3 e 4, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza fino al periodo di astensione di cui alla lettera a), comma 1, dell'articolo 16 o fino ai periodi di astensione di cui all'articolo 7, comma 6, e all'articolo 12, comma 2, per uno o piu' periodi, la cui durata sara' determinata dalla Direzione territoriale del lavoro o dalla ASL per i seguenti motivi:

a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;
c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7 e 12. (4)

3. L'astensione dal lavoro di cui alla lettera a) del comma 2 e' disposta dall'azienda sanitaria locale, con modalita' definite con Accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, secondo le risultanze dell'accertamento medico ivi previsto. In ogni caso il provvedimento dovra' essere emanato entro sette giorni dalla ricezione dell'istanza della lavoratrice. (4)

4. L'astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) del comma 2 e' disposta dalla Direzione territoriale del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, qualora nel corso della propria attivita' di vigilanza emerga l'esistenza delle condizioni che danno luogo all'astensione medesima. (4)

5. I provvedimenti previsti dal presente articolo sono definitivi. (4)

Art. 18. Sanzioni (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 1)

1. L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 16 e 17 e' punita con l'arresto fino a sei mesi
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Nota (1)
La Corte Costituzionale, con sentenza 4 - 7 aprile 2011, n. 116 (in G.U. 1a s.s. 13/4/2011, n. 16), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 16, lettera c), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non consente, nell'ipotesi di parto prematuro con ricovero del neonato in una struttura sanitaria pubblica o privata, che la madre lavoratrice possa fruire, a sua richiesta e compatibilmente con le sue condizioni di salute attestate da documentazione medica, del congedo obbligatorio che le spetta, o di parte di esso, a far tempo dalla data d'ingresso del bambino nella casa familiare". 
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Nota (2)
Il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80 ha disposto: - (con l'art. 26, comma 2) che la presente modifica si applica in via sperimentale esclusivamente per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nell'anno 2015 medesimo; - (con l'art. 26, comma 3) che "Il riconoscimento dei benefici per gli anni successivi al 2015 e' condizionato alla entrata in vigore di decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183, che individuino adeguata copertura finanziaria"; - (con l'art. 26, comma 4) che "Nel caso in cui non entrino in vigore i provvedimenti di cui al comma 3, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e con riferimento alle giornate di astensione riconosciute a decorrere dall'anno 2016, le disposizioni modificate dagli articoli 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15 e 16 si applicano nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del presente decreto".
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Nota (3)
Il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148 nel modificare l'art. 26, comma 2 del D.Lgs. 15 giugmo 2015, n. 80 ha conseguentemente disposto (con l'art. 43, comma 2) che "I benefici di cui agli articoli dal 2 al 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, sono riconosciuti anche per gli anni successivi al 2015, in relazione ai quali continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui all'articolo 27 del predetto decreto legislativo".
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Nota (4)
Il D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, ha disposto (con l'art. 15, comma 1, alinea) che le modifiche di cui al presente articolo decorrono dal 1° aprile 2012.

Allegato A (Articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026)

Allegato A
ELENCO DEI LAVORI FATICOSI, PERICOLOSI E INSALUBRI DI CUI ALL'Art. 7

Il divieto di cui all'art. 7, primo comma, del testo unico si intende riferito al trasporto, sia a braccia e a spalle, sia con carretti a ruote su strada o su guida, e al sollevamento dei pesi, compreso il carico e scarico e ogni altra operazione connessa.

I lavori faticosi, pericolosi ed insalubri, vietati ai sensi dello stesso articolo, sono i seguenti:

A) quelli previsti dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345 e dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 262;
B) quelli indicati nella tabella allegata al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, per i quali vige l'obbligo delle visite mediche preventive e periodiche: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
C) quelli che espongono alla silicosi e all'asbestosi, nonche' alle altre malattie professionali di cui agli allegati 4 e 5 al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni: durante la gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto;
D) i lavori che comportano l'esposizione alle radiazioni ionizzanti: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
E) i lavori su scale ed impalcature mobili e fisse: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
F) i lavori di manovalanza pesante: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
G) i lavori che comportano una stazione in piedi per piu' di meta' dell'orario o che obbligano ad una posizione particolarmente affaticante, durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
H) i lavori con macchina mossa a pedale, o comandata a pedale, quando il ritmo del movimento sia frequente, o esiga un notevole sforzo: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
I) i lavori con macchine scuotenti o con utensili che trasmettono intense vibrazioni: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
L) i lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per malattie infettive e per malattie nervose e mentali: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
M) i lavori agricoli che implicano la manipolazione e l'uso di sostanze tossiche o altrimenti nocive nella concimazione del terreno e nella cura del bestiame: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
N) i lavori di monda e trapianto del riso: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
O) i lavori a bordo delle navi, degli aerei, dei treni, dei pullman e di ogni altro mezzo di comunicazione in moto: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro.

Allegato B (Decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, allegato 2)
ELENCO NON ESAURIENTE DI AGENTI E CONDIZIONI DI LAVORO DI CUI ALL'Art. 7

A. Lavoratrici gestanti di cui all'art. 6 del testo unico.

1. Agenti:
a) agenti fisici: lavoro in atmosfera di sovrapressione elevata, ad esempio in camere sotto pressione, immersione subacquea;
b) agenti biologici: toxoplasma; virus della rosolia, a meno che sussista la prova che la lavoratrice e' sufficientemente protetta contro questi agenti dal suo stato di immunizzazione;
c) agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui questi agenti possono essere assorbiti dall'organismo umano.

2. Condizioni di lavoro: lavori sotterranei di carattere minerario.

B. Lavoratrici in periodo successivo al parto di cui all'art. 6 del testo unico.

1. Agenti:
a) agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui tali agenti possono essere assorbiti dall'organismo umano.

2. Condizioni di lavoro: lavori sotterranei di carattere minerario.

Allegato C (Decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, allegato 1)
ELENCO NON ESAURIENTE DI AGENTI PROCESSI E CONDIZIONI DI LAVORO DI CUI ALL'Art. 11

A. Agenti.

1. Agenti fisici, allorche' vengono considerati come agenti che comportano lesioni del feto e/o rischiano di provocare il distacco della placenta, in particolare:
a) colpi, vibrazioni meccaniche o movimenti;
b) movimentazione manuale di carichi pesanti che comportano rischi, soprattutto dorsolombari;
c) rumore;
d) radiazioni ionizzanti;
e) radiazioni non ionizzanti;
f) sollecitazioni termiche;
g) movimenti e posizioni di lavoro, spostamenti, sia all'interno sia all'esterno dello stabilimento, fatica mentale e fisica e altri disagi fisici connessi all'attivita' svolta dalle lavoratrici di cui all'art. 1.

2. Agenti biologici

Agenti biologici dei gruppi di rischio 2, 3 e 4 ai sensi dell'articolo 268, nonche' dell'Allegato XLVI del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nella misura in cui sia noto che tali agenti o le terapie che essi rendono necessarie mettono in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro, sempreche' non figurino nell'Allegato B della presente legge.

3. Agenti chimici.

Gli agenti chimici seguenti, nella misura in cui sia noto che mettono in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro, sempreche' non figurino ancora nell'allegato II:

a) sostanze e miscele che soddisfano i criteri di classificazione del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio in una o piu' delle seguenti classi di pericolo e categorie di pericolo con una o piu' delle seguenti indicazioni di pericolo, sempreche' non figurino ancora nell'Allegato B della presente legge:
- mutagenicita' sulle cellule germinali, categorie 1 A, 1 B o 2 (H340, H341),
- cancerogenicita', categorie 1 A, 1 B o 2 (H350, H350i, H351),
- tossicita' per la riproduzione, categorie 1 A, 1 B o 2 o la categoria aggiuntiva per gli effetti sull'allattamento o attraverso di essa (H360, H360D, H360FD, H360Fd, H360Df, H361, H361d, H361fd, H362),
- tossicita' specifica per organi bersaglio dopo esposizione singola, categorie 1 o 2 (H370, H371);

b) agenti chimici che figurano nell'allegato XLII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;
c) mercurio e suoi derivati;
d) medicamenti antimitotici;
e) monossido di carbonio;
f) agenti chimici pericolosi di comprovato assorbimento cutaneo.

B. Processi

Processi industriali che figurano nell'allegato XLII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

C. Condizioni di lavoro.

Lavori sotterranei di carattere minerario

Vedi Documento quadro normativo lavoratrici madri

...
segue in allegato

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Check list Documenti sicurezza da tenere in azienda

ID 16489 | | Visite: 8496 | Documenti Sicurezza ASL

Check list Documenti sicurezza da tenere in azienda

Check list Documenti sicurezza da tenere in azienda

ID 16489 | 27.04.2022 / Check list allegate

Disponibili da ATS Brianza 2 check list per i Documenti sicurezza da tenere in azienda ed in cantiere.

DOCUMENTO 1 - DOCUMENTI AZIENDALI RELATIVI ALLA SICUREZZA SUL LAVORO

PREMESSA:
Questo documento è stato prodotto dal Comitato Territoriale di Coordinamento ex art. 7 del DLgs 81/08 della ATS della Brianza allo scopo di agevolare le aziende nell'effettuazione degli adempimenti a loro
carico pur senza avere la pretesa di essere esaustivo.
Anche se l'elenco tratta di documenti da produrre, l'intento non è "burocratico" in quanto lo scopo è quello di ricordare l'effettuazione delle valutazioni dei rischi e dell'adozione delle conseguenti misure concrete
di prevenzione di cui i documenti sono soltanto la testimonianza.
Trattandosi di un documento sintetico, il Comitato raccomanda la lettura delle norme di riferimento per avere il quadro completo delle misure preventive da adottare.
Istruzioni per la versione Excel: La colonna numerica, in cui il numero rappresenta la periodicità di revisione, è compilata soltanto quando la periodicità è fissata e non dipende da valutazioni da effettuare caso
per caso; per queste situazioni si deve consultare la colonna testuale che precede quella numerica.
La parte destra del documento è liberamente compilabile da parte dell'azienda e può essere usata per tenere sotto controllo la propria documentazione (evenualmente automatizzando il controllo delle scadenze
usando la colonna numerica delle periodicità). La check list è per uso interno aziendale e non deve essere inviata alla ATS.

VALUTAZIONE DEI RISCHI:
Il DLgs 81/08 prevede che il datore di lavoro debba valutare TUTTI I RISCHI. Ciò implica che venga almeno presa in considerazione la presenza o l'assenza di ciascuno dei fattori di rischio oggetto della
normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e il risultato di tale valutazione sia esplicitato nel documento (Voce n° 1 della tabella); questa indicazione è coerente con lo schema di documento standardizzato di
cui al decreto interministeriale del 30-11-2012 "Procedure Standardizzate per la Valutazione dei Rischi" e, a maggior ragione, deve essere applicata anche nei documenti in formato non standardizzato.
Se il fattore di rischio è presente, devono essere esplicitati i PERICOLI conseguenti ed effettuata la valutazione e la gestione del rischio redigendo conseguentemente il documento e l'eventuale rapporto di
misura (questi documenti nella colonna "Obbligatorietà" della check list non riportano il simbolo (!) perchè non sono obbligatori per tutti i tipi di attività ma soltanto per quelle che rientrano nei criteri).
Nei casi esplicitamente previsti dalla norma, possono essere indicati i cosiddetti Livelli di Azione che fanno dipendere il tipo di adempimento necessario dalla graduazione del rischio (in alcuni casi a seguito di
effettuazione di misure strumentali).
La conservazione presso la sede aziendale è obbligatoria soltanto per i documenti individuati con questo simbolo (*) .

DOCUMENTO 2 - CANTIERI

Questo documento è stato prodotto dal Comitato Territoriale di Coordinamento ex art. 7 del DLgs 81/08 della ATS della Brianza allo scopo di agevolare le aziende nell'effettuazione degli adempimenti a loro carico pur senza avere la pretesa di essere esaustivo. Anche se l'elenco tratta di documenti da produrre, l'intento non è "burocratico" in quanto lo scopo è quello di ricordare l'effettuazione delle valutazioni dei rischi e dell'adozione delle conseguenti misure concrete di prevenzione di cui i documenti sono soltanto la testimonianza. Trattandosi di un documento sintetico, il Comitato raccomanda la letture delle norme di riferimento per avere il quadro completo delle misure preventive da adottare.

ISTRUZIONI PER LA VERSIONE EXCEL:
La colonna numerica, in cui il numero rappresenta la periodicità di revisione, è compilata soltanto quando la periodicità è fissata e non dipende da valutazioni da effettuare caso per caso; per queste situazioni si deve consultare la colonna testuale che precede quella numerica. La parte destra del documento è liberamente compilabile da parte dell'azienda e può essere usata per tenere sotto controllo la propria documentazione (evenualmente automatizzando il controllo delle scadenze usando la colonna numerico delle periodicità). La check list è per uso interno aziendale e non deve essere inviata alla ATS.

COSA CONTIENE: Questo documento tratta esclusivamente la documentazione tipica e specifica dei cantieri temporanei e mobili e delle figure della sicurezza operanti in cantiere. Per tutto ciò che riguarda formazione, attrezzature, verifiche periodiche relative all'azienda e di competenza del datore di lavoro, si rimanda al documento n° 1 relativo agli obblighi delle aziende.
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Segue in allegato

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Rapporto annuale ispettorato nazionale del lavoro 2021

ID 17332 | | Visite: 1310 | Documenti Sicurezza Enti

Rapporto annuale ispettorato nazionale del lavoro 2021

Rapporto annuale ispettorato nazionale del lavoro 2021

INL, 12 Agosto 2022

La relazione annuale sull'attività dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro - già trasmessa a fine giugno al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando, per il successivo invio al Parlamento - è stata oggetto, ieri, di un confronto tra il direttore dell'Ispettorato, Bruno Giordano, e il Ministro Orlando, al termine del quale è stata pubblicata sul sito INL.

Questi, in sintesi, i dati maggiormente rilevanti.

La percentuale dei controlli sulle aziende da parte dell'INL raggiunge il 78% dei controlli complessivamente svolti; l'aumento di tali controlli (+ 9,7%) ha avuto un notevole effetto di trascinamento verso l'alto delle ispezioni definite in materia previdenziale (+ 14%) e in materia assicurativa (+ 33%).

Il rapporto tra numero di ispezioni e irregolarità riscontrate evidenzia un tasso elevato ma, al contempo, anche la crescente efficienza dei controlli: su 62.710 ispezioni definite soltanto da INL nell'anno 2021, oltre il 62% è risultato irregolare: 39.052 (numero totale nei settori terziario, edilizia, industria e agricoltura) hanno comportato l'adozione di un verbale di contestazione di illeciti. Su 84.679 ispezioni definite complessivamente da INL-INPS-INAIL, il 69% è risultato complessivamente irregolare, con un incremento in materia previdenziale (+ 17%) e assicurativa (+42%).

Gli indici di irregolarità più elevati si riscontrano nell'edilizia e nel terziario laddove, in particolare, si rileva un tasso di irregolarità notevole nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione, trasporto e magazzinaggio, ma soprattutto nei servizi a supporto delle imprese, dove gli indici di irregolarità sono riconducibili, in primo luogo, ad esternalizzazioni e interposizioni illecite.

Il totale dei lavoratori tutelati da INL (151.742) comprende, oltre ai 59.362 lavoratori tutelati a seguito di illeciti contestati, anche quelli tutelati con l'adozione di provvedimenti come la diffida accertativa (12.720), la disposizione (74. 705) o l'esito positivo di conciliazioni monocratiche (4.955). La presenza di lavoratori occupati "in nero" costituisce circa il 26% (15.150) dei 59.362 lavoratori irregolari tutelati da INL ed è stata rilevata nel 39% delle 39.052 ispezioni con esito irregolare.

Altra importante costante riguarda il quadro geografico dei controlli avviati sul territorio nazionale, che sono stati distribuiti interessando in particolare il sud (con il 30%) – ad esclusione della Sicilia che, per lo Statuto regionale, si avvale di un proprio autonomo Ispettorato - il centro (con il 29%) e a seguire il nord ovest e nordest (con il 21% e 20%), con l'eccezione, in quest'ultima area geografica, delle province autonome di Trento e Bolzano, che si avvalgono di propri Ispettorati in ragione della loro autonomia speciale.

A fronte di tale omogeneità di controlli sul territorio nazionale appare significativa la distribuzione dei tassi di irregolarità su base interregionale: nel nord est si registra il tasso massimo di irregolarità di oltre il 70%, che scende al 61,48% circa nel nord ovest, a quasi il 60 % al centro e al sud.

Nel rapporto tra il numero lavoratori in nero e quello delle ispezioni con esito irregolare, le percentuali più elevate a livello regionale sono state rilevate in Campania (60 lavoratori in nero per 100 ispezioni con esito irregolare), seguita da Toscana (52%) e Calabria (48%).

Si conferma la tendenza a una diminuzione generale del lavoro nero per le donne, determinando una riduzione della quota femminile che dal 40% del 2019 passa al 30% del 2021, e si assiste conseguentemente ad una crescita della quota maschile di lavoro nero, che va dal 60% del 2019 al 70% nel 2021.

Su 3.971 provvedimenti di sospensione dell'attività imprenditoriale, 3641 sono per lavoratori "in nero" e 330 per violazioni sulla salute e sicurezza. Ciò prima dell'entrata in vigore del d.l. 146/2021.

Nella tutela dei lavoratori vittime di caporalato e sfruttamento lavorativo è stato confermato, con 2.192 vittime di sfruttamento, l'incremento del 18% rispetto al 2020.

"A margine della relazione – dichiara il direttore Giordano – ritengo doveroso trarre alcune brevi considerazioni. Sebbene in un'accezione non meramente tecnica, il tema del lavoro sommerso, della sicurezza del lavoro, delle tutele del lavoro costituisce il principale campo di attività dell'Ispettorato, che ha portato a una diminuzione del lavoro sommerso dell'8 % in presenza dell'incremento dell'attività ispettiva. Più ispezioni, meno lavoro nero. Meno lavoro nero, meno concorrenza sleale.

Laddove si tutela la legalità del lavoro, si tutelano diritti individuali e collettivi, la legalità del mercato, la buona impresa. Con il massivo inserimento delle nuove forze ispettive e con la sinergia di tutte le istituzioni si può prevedere un più efficace contrasto al lavoro sommerso, irregolare, illegale, insicuro. Per la prima volta l'organico ispettivo rispetta ampiamente, per l'Italia, il rapporto tra numero di ispettori e imprese indicato dall'OIL e dal Parlamento Europeo.

Le ispezioni devono essere organiche e sistematiche su tutti profili del rapporto di lavoro: regolarità, sicurezza, emersione, tutele individuali e collettive. L'attività ispettiva incentrata su un'Agenzia unica produce un notevole effetto moltiplicatore, risolutivo, con un rilevante incremento quantitativo e qualitativo della tutela dello Stato sociale.

Tali prospettive possono essere perseguite soltanto con il giusto riconoscimento dell'identità professionale e del ruolo sociale svolto dal personale dell'Ispettorato, che merita anche sul piano economico e dell'inquadramento ordinamentale una più alta considerazione e rivalutazione".

 ...

Fonte: INL

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Intelligenza artificiale per la gestione del personale: implicazioni per la SSL

ID 17326 | | Visite: 1457 | Documenti Sicurezza UE

Intelligenza artificiale per la gestione del personale

Intelligenza artificiale per la gestione del personale: implicazioni per la SSL

ID 17326 | 11.08.2022

La presente relazione evidenzia i rischi e le opportunità legati alla salute e sicurezza sul lavoro dei sistemi di gestione del personale basati sull’IA. La ricerca e i risultati sono supportati dall’analisi dei dati della terza indagine europea tra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti e da interviste approfondite ad esperti.

Lo studio esamina, inoltre, possibili misure di prevenzione, sottolineando la necessità di approcci incentrati sull’uomo e sulla «prevenzione attraverso la progettazione» per garantire la salute, la sicurezza e il benessere dei lavoratori. Viene presentata una serie di raccomandazioni per affrontare i rischi connessi all’uso dei sistemi di gestione del personale basati su IA nel luogo di lavoro.

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Fonte: EU OSHA

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DPCM 26 luglio 2022

ID 17262 | | Visite: 4779 | News Sicurezza

Linee guida dispositivi purificazione aerazione ambienti scolastici

DPCM 26 luglio 2022 | Linee guida aerazione ambienti scolastici

ID 17262 | 03.08.2022

Linee guida sulle specifiche tecniche in merito all'adozione di dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di aerazione e agli standard minimi di qualita' dell'aria negli ambienti scolastici e in quelli confinati degli stessi edifici.

(GU n.180 del 03.08.2022)

...

Art. 1.

1. Ai sensi dell’art. 13 -bis , comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2022, n. 11, sono definiti le linee guida sulle specifiche tecniche in merito all’adozione di dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di aerazione e gli standard minimi di qualità dell’aria negli ambienti scolastici e in quelli confinati degli stessi edifici, contenuti nel documento recante «Linee guida sulle specifiche tecniche in merito all’adozione di dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di aerazione e agli standard minimi di qualità dell’aria negli ambienti scolastici e in quelli confinati degli stessi edifici», allegato al presente decreto, che ne costituisce parte integrante.

...

ALLEGATO

LINEE GUIDA SULLE SPECIFICHE TECNICHE IN MERITO ALL’ADOZIONE DI DISPOSITIVI MOBILI DI PURIFICAZIONE E IMPIANTI FISSI DI AERAZIONE E AGLI STANDARD MINIMI DI QUALITÀ DELL’ARIA NEGLI AMBIENTI SCOLASTICI E IN QUELLI CONFINATI DEGLI STESSI EDIFICI.

Le presenti linee guida, redatte sulla base del parere dell’Istituto superiore di sanità (AOO-ISS PRE16 n. 25450 del 30 giugno 2022) contengono raccomandazioni operative, ai sensi dell’art. 13 -bis , comma 2 del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, così come introdotto dalla legge di conversione 18 febbraio 2022, n. 11, relative a: specifiche tecniche in merito all’adozione di dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di aerazione; standard minimi di qualità dell’aria negli ambienti scolastici e in quelli confinati degli stessi edifici.

1. PREMESSA

La qualità dell’aria indoor, sia dal punto di vista degli inquinanti che della carica microbica, è un requisito essenziale per il mantenimento della buona salute della popolazione scolastica e per il suo sviluppo conoscitivo.

Solide evidenze, disponibili sugli effetti e gli impatti sulla salute di numerosi inquinanti dell’aria, hanno permesso l’identificazione di standard e valori soglia, raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e adottati in molte legislazioni nazionali.

La pandemia COVID-19 ha anche generato una grande attenzione verso gli agenti microbiologici aerodispersi, per i quali tuttavia non esistono standard.

Per migliorare la gestione degli ambienti scolatici e contenere i possibili rischi per la salute è importante garantire una buona qualità dell’aria negli ambienti scolastici, prestando attenzione alle fonti degli inquinanti chimici e dei patogeni, sia interne che esterne, alla gestione delle attività, al numero di occupanti, alla natura e configurazione degli spazi, alle misure preventive in atto, ecc.

Tutte queste variabili possono influire sensibilmente sulla qualità dell’aria di una classe, così come l’utilizzo di dispositivi di sanificazione, purificazione/ventilazione. L’utilizzo dei suddetti dispositivi è di giovamento solo se comporta un miglioramento dell’aria indoor.

È possibile, ad esempio, che la semplice ventilazione delle aule attraverso l’apertura delle finestre possa migliorare sensibilmente la qualità dell’aria, favorendo la diluizione e la riduzione sia di agenti chimici liberati all’interno (es. da materiali, arredi e finiture, attrezzatture didattiche, prodotti per la pulizia, ecc.), sia di virus e batteri rilasciati dagli occupanti. Le fonti esterne di inquinanti in prossimità delle aule (es. parcheggi di mezzi a motore in prossimità delle finestre) sono ulteriori elementi da considerare.

Allo stesso modo, l’osservanza di semplici norme quali il divieto di fumo in tutto il perimetro scolastico, l’assenza di arredi e materiali inquinanti, l’igiene e trattamento di pavimenti e superfici, ecc., è un prerequisito importante in questo contesto.

In altre parole, si raccomanda che l’utilizzo di dispositivi aggiuntivi di sanificazione, purificazione e ventilazione sia preso in considerazione solo una volta che le misure sopra indicate in modo esemplificativo siano state identificate e intraprese, e ciononostante, sia dimostrato che la qualità dell’aria non sia adeguata.

La qualità dell’aria indoor , viene valutata attraverso attività di monitoraggio di alcuni parametri di base (ad es. CO 2, formaldeide, benzene, PM 10 , PM 2,5 , temperatura, umidità relativa-UR%), per promuovere le azioni di miglioramento degli impatti sulla salute, quale attività propedeutica di competenza di enti o personale preposto o comunque qualificato.

Qualora le valutazioni tecniche individuassero la necessità di ricorrere a dispositivi/apparecchi specifici per la purificazione/sanificazione degli ambienti, ad integrazione delle altre azioni di prevenzione e riduzione del rischio, tra le quali anche l’ottimizzazione dei ricambi dell’aria mediante l’apertura delle finestre, i dispositivi dovranno essere selezionati sulla base delle specifiche tecniche (di seguito riportate come raccomandazioni generali e requisiti del sistema) descritte genericamente nel presente documento.

La scelta della soluzione tecnica più idonea, a cura di personale qualificato, deve tenere conto anche degli obiettivi che si intendono raggiungere con l’utilizzo di tali dispositivi. Occorre, inoltre, considerare possibili controindicazioni dei dispositivi, quali emissioni, rumori, rischi per la sicurezza, costi di acquisto e di esercizio, eventuali emissioni e consumi energetici.

È importante sottolineare che l’utilizzo di apparecchi di sanificazione, igienizzazione e purificazione dell’aria provvisti di sistemi di filtraggio delle particelle e di distruzione di microrganismi presenti nell’aria e sulle superfici negli ambienti indoor per il contrasto alla pandemia deve essere finalizzato a integrare, e non sostituire, le principali misure anti-contagio e non può prescindere da o escludere la valutazione delle condizioni microclimatiche e della qualità dell’aria indoor e outdoor , i materiali, i prodotti e le tecnologie di costruzione, le conoscenze e i modelli di comportamento degli occupanti che tengano conto delle misure di prevenzione vigenti e verifica della loro attuazione, la gestione dei rifiuti, le politiche di sostenibilità, e altre soluzioni già presenti o pianificate per il miglioramento della qualità dell’aria indoor e delle superfici.

L’utilizzo dei predetti apparecchi, quindi, non comporta, di per sé e in via automatica, l’adozione di ulteriori misure sanitarie anti-contagio (quali dispositivi di protezione delle vie aeree, distanziamento, ecc...), la cui previsione rimane demandata ad espresse disposizioni da parte delle autorità competenti, in relazione all’andamento del quadro epidemiologico.

2. FINALITÀ

Il presente documento, alla luce della complessità dei problemi e sulla base di quanto previsto alla legge 18 febbraio 2022, n. 11 (Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 41 del 18 febbraio 2022), è finalizzato a fornire indicazioni sugli «apparecchi di sanificazione, igienizzazione e purificazione dell’aria negli ambienti provvisti di sistemi di filtraggio delle particelle e di distruzione di microrganismi presenti nell’aria» come richiamati nella stessa legge.

Inoltre, come specificatamente richiesto dalla stessa disposizione, il documento riporta alcune indicazioni sugli « standard minimi di qualità dell’aria negli ambienti scolastici e in quelli confinati degli stessi edifici» «in relazione al presente quadro epidemiologico e alle conoscenze sulla dinamica dei contagi da virus aerei».

[...]

3. QUALITÀ DELL’ARIA INDOOR
4. VENTILAZIONE NATURALE E MECCANICA
5. CONSIDERAZIONI GENERALI PER LA SCELTA DEI DISPOSITIVI
5.1 RACCOMANDAZIONI PER GLI UTILIZZATORI DEI DISPOSITIVI
6. REQUISITI DI SISTEMA (sezione destinata ai fabbricanti/ responsabili dell’immissione sul mercato)
6.1 DATI IDENTIFICATIVI E INFORMAZIONI SUL SISTEMA
6.2 RICAMBIO D’ARIA
6.3 CONSIDERAZIONI SULLA SICUREZZA DEI SISTEMI CHE SI BASANO SULL’AZIONE DI AGENTI CHIMICI
6.4 SICUREZZA DEI SISTEMI CHE SI BASANO SULL’AZIONE DI AGENTI FISICI
6.5 MISURE DI GESTIONE DEL RISCHIO
6.6 EFFICACIA MICROBIOLOGICA
6.7 SISTEMI DI PURIFICAZIONE DELL’ARIA CHE VANTANO LA CAPACITÀ DI RIMUOVERE IL PARTICOLATO PER MEZZO DI FILTRI
6.8 SCHEDA TECNICA DELL’APPARECCHIO
6.9 MANUALE D’USO E MANUTENZIONE
6.10 CERTIFICAZIONI
DEFINIZIONI

ALLEGATO A
Esempio di documentazione (da prodursi a cura dei fabbricanti/responsabili della immissione sul mercato) utile ai fini della valutazione/selezione

ALLEGATO B - SCHEDA TECNICA (Schema esemplificativo)

...

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