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Medico competente: comunicazioni dati allegato 3B | 2019

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Medico competente: comunicazioni dati allegato 3B

INAIL, 29.10.2018

Dal 1° novembre è possibile inserire attraverso il portale le informazioni relative all’Allegato 3B, sui dati collettivi aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria nell’anno 2018.

I medici competenti dal 1° novembre 2018 possono avviare l'inserimento, nel portale Inail, delle comunicazioni relative all’allegato 3B (obbligo previsto dall’art. 40 del d.lgs. 81/2008 e s.m.) riguardanti i dati collettivi aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria nell'anno 2018. Le suddette comunicazioni saranno conservate nelle pratiche in lavorazione per eventuali modifiche e rese disponibili per l’invio alle Aziende sanitarie locali competenti per territorio a decorrere dal 1° gennaio 2019.

Resta l’obbligo, dal 1° gennaio e fino al 31 marzo 2019, di inviare i suddetti dati esclusivamente per via telematica, tramite l’utilizzo della piattaforma informatica Inail, in applicazione dell’art. 4, co. 1 del d.m. 9 luglio 2012, come modificato dal d.m. 6 agosto 2013 e dal successivo d.m. 12 luglio 2016.

....

Il medico competente ha l’obbligo di trasmettere ai servizi competenti per territorio i dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria (art. 40, decreto legislativo 81/2008 e s.m.i., all. 3B).

Le informazioni, elaborate evidenziando le differenze di genere, devono essere inviate esclusivamente per via telematica entro il primo trimestre dell’anno successivo a quello di riferimento.

I contenuti e le modalità di trasmissione delle informazioni sono stati definiti con il decreto interministeriale del 9 luglio 2012 (pubblicato in Gazzetta ufficiale il 26 luglio 2012 e modificato dal decreto interministeriale del 6 agosto 2013 pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 212 del 10 settembre 2013).

L’Istituto ha predisposto un applicativo web, in base all’intesa in Conferenza unificata del 20 dicembre 2012 (atto n. 153/CU), strutturato secondo modalità semplificate e standardizzate in modo tale da consentire l'inserimento dei dati così come previsto dall’allegato II (all. 3B del d.lgs. 81/2008) del decreto interministeriale del 9 luglio 2012.

Con decreto ministeriale 12 luglio 2016, il Ministero della salute ha approvato le "Modifiche relative ai contenuti degli allegati 3A e 3B previsti dall’art. 40 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e s.m. e alle modalità di trasmissione dei dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori".

Il Ministero ha fornito indicazioni interpretative riguardanti l’effettiva decorrenza del richiamato nuovo allegato 3B, di cui l’INAIL gestisce l’applicativo informatico "Comunicazione medico competente".

Il medico competente ha l’obbligo di trasmettere ai servizi competenti per territorio i dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria (art. 40, decreto legislativo 81/2008 e s.m.i., all. 3B).

Le informazioni, elaborate evidenziando le differenze di genere, devono essere inviate esclusivamente per via telematica entro il primo trimestre dell’anno successivo a quello di riferimento.

I contenuti e le modalità di trasmissione delle informazioni sono stati definiti con il decreto interministeriale del 9 luglio 2012 (pubblicato in Gazzetta ufficiale il 26 luglio 2012 e modificato dal decreto interministeriale del 6 agosto 2013 pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 212 del 10 settembre 2013).

L’Istituto ha predisposto un applicativo web, in base all’intesa in Conferenza unificata del 20 dicembre 2012 (atto n. 153/CU), strutturato secondo modalità semplificate e standardizzate in modo tale da consentire l'inserimento dei dati così come previsto dall’allegato II (all. 3B del d.lgs. 81/2008) del decreto interministeriale del 9 luglio 2012.

Con decreto ministeriale 12 luglio 2016, il Ministero della salute ha approvato le "Modifiche relative ai contenuti degli allegati 3A e 3B previsti dall’art. 40 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e s.m. e alle modalità di trasmissione dei dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori".

Il Ministero ha fornito indicazioni interpretative riguardanti l’effettiva decorrenza del richiamato nuovo allegato 3B, di cui l’INAIL gestisce l’applicativo informatico "Comunicazione medico competente".

Il medico competente ha l’obbligo di trasmettere ai servizi competenti per territorio i dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria (art. 40, decreto legislativo 81/2008 e s.m.i., all. 3B).

Le informazioni, elaborate evidenziando le differenze di genere, devono essere inviate esclusivamente per via telematica entro il primo trimestre dell’anno successivo a quello di riferimento.

I contenuti e le modalità di trasmissione delle informazioni sono stati definiti con il decreto interministeriale del 9 luglio 2012 (pubblicato in Gazzetta ufficiale il 26 luglio 2012 e modificato dal decreto interministeriale del 6 agosto 2013 pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 212 del 10 settembre 2013).

L’Istituto ha predisposto un applicativo web, in base all’intesa in Conferenza unificata del 20 dicembre 2012 (atto n. 153/CU), strutturato secondo modalità semplificate e standardizzate in modo tale da consentire l'inserimento dei dati così come previsto dall’allegato II (all. 3B del d.lgs. 81/2008) del decreto interministeriale del 9 luglio 2012.

Con decreto ministeriale 12 luglio 2016, il Ministero della salute ha approvato le "Modifiche relative ai contenuti degli allegati 3A e 3B previsti dall’art. 40 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e s.m. e alle modalità di trasmissione dei dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori".

Il Ministero ha fornito indicazioni interpretative riguardanti l’effettiva decorrenza del richiamato nuovo allegato 3B, di cui l’INAIL gestisce l’applicativo informatico "Comunicazione medico competente".

Art. 40  d.lgs. 81/2008 -  Rapporti del medico competente con il Servizio sanitario nazionale
1. Entro il primo trimestre dell'anno successivo all'anno di riferimento il medico competente trasmette,  esclusivamente per via telematica, ai servizi competenti per territorio le informazioni, elaborate evidenziando le differenze di genere, relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori, sottoposti a sorveglianza sanitaria secondo il modello in allegato 3B.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono le informazioni di cui al comma 1, aggregate dalle aziende sanitarie locali, all'ISPESL.
2-bis. Entro il 31 dicembre 2009, con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti, secondo criteri di semplicità e certezza, i contenuti degli Allegati 3A e 3B e le modalità di trasmissione delle informazioni di cui al comma 1. Gli obblighi di redazione e trasmissione relativi alle informazioni di cui al comma 1 decorrono dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al primo periodo.

Fonte: INAIL

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L'Attività è la n. 43 del DPR 151/2011 (ex 54, 55, 56 del DM 16/02/82):

Stabilimenti ed impianti per la produzione, lavorazione e rigenerazione della gomma e/o laboratori di vulcanizzazione di oggetti di gomma, con quantitativi in massa superiori a 5.000 kg; depositi di prodotti della gomma, pneumatici e simili, con quantitativi in massa superiori a 10.000 kg.

N.

ATTIVITÀ

(DPR 151/2011)

CATEGORIA

A

B

C

43

Stabilimenti ed impianti per la produzione, lavorazione e rigenerazione della gomma e/o laboratori di vulcanizzazione di oggetti di gomma, con quantitativi in massa superiori a 5.000 kg;

depositi di prodotti della gomma, pneumatici e simili, con quantitativi in massa superiori a 10.000 kg

 

Depositi fino a 50.000 kg

- Stabilimenti ed impianti  per la produzione, lavorazione e rigenerazione e/o laboratori;

- Depositi oltre 50.000 kg

Equiparazione con le attività di cui all’allegato ex DM 16/02/82

54

Stabilimenti ed impianti per la produzione, lavorazione e rigenerazione della gomma con quantitativi superiori a 50 q.li

55

Depositi di prodotti della gomma, pneumatici e simili con oltre 100 q.li

56

Laboratori di vulcanizzazione di oggetti di gomma con più di 50 q.li in lavorazione o in deposito

Principali differenze fra le attività di equiparazione
La nuova attività sostanzialmente unifica quelle precedenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Attività non normata

La procedura prevista per le attività non normate è alla lettera A dell’allegato I al DM 07/08/2012.

Le norme tecniche da applicare possono essere quelle di cui alle specifiche disposizioni di prevenzione incendi di cui ai decreti del Ministro dell’interno di seguito indicati, ovvero ai vigenti criteri tecnici di prevenzione incendi di cui all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, fra i quali il DM 10/03/1998, o, in alternativa, quelle riportate nel DM 03/08/2015, Codice di Prevenzione Incendi.

Chiarimenti

DATA

Rif.

Descrizione

27/03/2001

CHIARIMENTO 27/03/01, n° P178/4108 sott. 22/24

Attività di “demolizioni auto”. (Chiarisce alla lett. b) le condizioni per l’assoggettabilità in un autodemolitore dell’attività 55 che potrebbe essere presente nello stesso. N.d.R.)

 

 

 

 

 

Codice Prevenzione Incendi

DM 03/08/2015

Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi
dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.

 Legislazione applicabile

DM 30/11/1983  

Termini,  definizioni  generali  e  simboli grafici di prevenzione incendi.

DM 10/03/1998 

Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro.

DM 31/03/2003

Requisiti di reazione al fuoco dei materiali costituenti le condotte di distribuzione e ripresa dell’aria degli impianti di condizionamento e ventilazione.

DM 03/11/2004

Disposizioni  relative  all’installazione  ed  alla  manutenzione dei dispositivi  per l’apertura  delle  porte installate lungo le vie di esodo, relativamente alla sicurezza in caso d’incendio.

DM 15/03/2005

Requisiti di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione installati in  attività  disciplinate  da  specifiche  disposizioni tecniche di prevenzione incendi in base al sistema di classificazione europeo.

DM 15/09/2005

Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per i vani degli impianti di sollevamento ubicati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.

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Classificazione  di  resistenza  al  fuoco  di  prodotti  ed elementi costruttivi di opere da costruzione.

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Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 97, riguardante «Disposizioni recanti modifiche al decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, concernente le funzioni e i compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonche' al decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, concernente l'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e altre norme per l'ottimizzazione delle funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», al decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, recante «Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229» e al decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, recante «Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell'articolo 2 della legge 30 settembre 2004, n. 252».

(GU Serie Generale n.258 del 06-11-2018 - Suppl. Ordinario n. 52)

Entrata in vigore del provvedimento: 21/11/2018

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Quesiti di prevenzione incendi relativi a impianti distribuzioni carburanti (liquidi, GPL, metano) per autotrazione, modifiche sostanziali e non sostanziali, durata del Certificato di Prevenzione Incendi, depositi e rivendite olii lubrificanti e di GPL in bombole presso l’impianto di distribuzione carburanti, titolare dell'attività e gestore, distributori presso linee ferroviarie, distributore di gasolio agricolo, locali vendita di merci varie, distanze di sicurezza, ecc

Con l'entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di prevenzione incendi di cui al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, gli “impianti di distribuzione carburanti”, a liquidi che gassosi e di tipo misto, sono ricompresi al punto 13 dell’allegato I al decreto, come di seguito riportato:

n. ATTIVITÀ Categoria

13

A B C
Impianti fissi di distribuzione carburanti per l’autotrazione,
la nautica e l’aeronautica; contenitori – distributori rimovibilidi
carburanti liquidi
     
a) Impianti di distribuzione carburanti liquidi Contenitori distributori
rimovibili e non di
carburanti liquidi fino
a 9 mc con punto di
infiammabilità superiore
a 65 °C
Solo liquidi
combustibili
Tutti gli altri
b) Impianti fissi di distribuzione carburanti gassosi e di tipo misto
(liquidi e gassosi)
-- -- tutti


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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 49373 | 29 Ottobre 2018

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Sentenze cassazione penale

Operazioni di pulizia di una cisterna contenente vernice: incendio del gas in evaporazione.

Responsabilità del datore di lavoro e del preposto

Penale Sent. Sez. 4 Num. 49373 Anno 2018

Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: FERRANTI DONATELLA
Data Udienza: 05/10/2018

Ritenuto in fatto

l. Con sentenza del 16.11.2016 la Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Alessandria pronunciata il 5.05.2015, riduceva la pena applicata a ciascuno degli imputati, B.N. e S.M., a giorni 20 di reclusione confermando nel resto le statuizioni civili (condanna al risarcimento dei danni e ai pagamento di una provvisionale di euro 10.000,00) in favore della persona offesa costituita, M.A..
B.N. e S.M. sono imputati del reato di cui all'art. 590 1,2,3, comma cod pen in relazione agli artt. 2087 cod.civ., 19 e 71 D.Lvo n.81/08 perché, nella rispettiva qualità di datore di lavoro della C.S.N s.r.l. e di preposto, cagionavano per colpa al lavoratore M.A., dipendente della G.S.I. soc.coop, appaltatrice del servizio di pulizia e riordino del capannone industriale, lesioni personali consistenti in ustioni di 2° e 3° estese al collo, tronco e arti superiori, da cui derivava una malattia e un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per complessivi giorni 186. Si contesta la colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia e violazione delle norme di prevenzione e in particolare per aver il B.N. messo a disposizione dei lavoratori una frusta elettrica non idonea al lavoro di pulitura di una cisterna contenente vernice antiruggine e il S.M. per aver omesso di controllare e vigilare l'osservanza delle normative antinfortunistiche, cosicché il lavoratore, mentre effettuava la pulizia della cisterna con la frusta meccanica, dopo aver utilizzato un solvente, cagionava l'innesco di un incendio del gas in evaporazione, procurandosi le ustioni sopra descritte. Fatti accaduti in Novi Ligure il 5.06.2009.
L'infortunio, secondo la ricostruzione della Corte territoriale che riporta puntualmente le risultanze dibattimentali del giudizio di primo grado, avveniva con le seguenti modalità: M.A. dipendente della cooperativa G.S.I, ma che che già da un anno svolgeva quotidianamente la sua attività lavorativa presso la Ditta C.S.N., inizialmente addetto alle pulizie e poi successivamente adibito come operaio al settore produttivo, dove guidava il carroponte ( fol.l sentenza primo grado), la mattina del 5.06.2009, fu incaricato dal preposto della C.S.N, S.M. capo reparto, di coadiuvare un altro operaio nel pulire la cisterna trasportata su un camion; poiché la cisterna presentava incrostazioni di vernice e il camion doveva ripartire con urgenza, fu utilizzato un solvente; allorché il M.A., come gli era stato indicato, utilizzò una frusta elettrica, che invece normalmente serviva solo a miscelare le vernici, ma che si trovava nella sua diretta disponibilità a pochi metri di distanza, fu investito da una fiammata che lo colpì al volto e al busto. E' risultato dall'istruttoria che la frusta elettrica non era uno strumento idoneo all'uso poiché generava scintille e, venendo in contatto con materiale infiammabile, quale era il vapore creato dall'uso del solvente, poteva provocare l'innesco di un incendio dei gas in evaporazione.
I giudici di merito individuavano le posizioni di garanzia a carico degli imputati, avendo accertato che la C.S.N si ingeriva nell'attività svolta dai lavoratori della cooperativa, il B.N. era responsabile dell'unità produttiva e, il capo reparto S.M., impartiva disposizioni direttamente anche (fol.ll e 12)ai dipendenti della cooperativa di servizi di pulizia. Il M.A., infatti, svolgeva quotidianamente la sua attività lavorativa nell'ambiente di lavoro della C.S.N, nella quale peraltro era utilizzato da ultimo nel settore produzione. B.N. era responsabile dell'unità produttiva di realizzazione e verniciatura di lamiere e S.M. era il preposto; che dava istruzioni anche agli operai della cooperativa (fol 2 sentenza primo grado e fol9 sentenza secondo grado). Il giorno dell'incidente non era presente sul posto di lavoro nessun responsabile incaricato della G.S.I coop e M.A., fu comandato dal preposto S.M. di coadiuvare un altro operaio, M., nella pulizia del camion che aveva trasportato le vernici e doveva essere svuotato con urgenza.
I Giudici di merito con una doppia pronuncia conforme hanno individuato la responsabilità del B.N. datore di lavoro nell'aver lasciato a disposizione del lavoratore, in prossimità di materiale infiammabile, uno strumento elettrico e potenzialmente pericoloso, senza utilizzare gli accorgimenti necessari affinchè solo chi era adibito alle funzioni di mescita delle vernici utilizzasse la frusta elettrica o comunque vietarne l’uso a chi svolgeva altre mansioni. Hanno addebitato al S.M., in qualità di preposto, l'attività di vigilanza in ordine all'uso della frusta elettrica da parte del M.A. per pulire la cisterna in cui era stato versato un solvente infiammabile. Tanto più che la Corte ha evidenziato a fol 12 che M.A. era stato adibito ad una mansione non propria, che non aveva mai fatto, e, quindi, doveva essere specificatamente informato sui rischi e le modalità di sicurezza necessarie allo svolgimento dell'operazione di ripulitura che gli era stata affidata.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati B.N. e S.M., a mezzo dei difensori, deducendo i seguenti motivi: violazione di legge, mancanza e contraddittorietà della motivazione sotto il profilo della responsabilità. Deducono in particolare che nessuna ingerenza della C.S.N era stata accertata nel coordinamento degli addetti alle pulizie di cui faceva parte il M.A. e che pertanto è viziata la motivazione della Corte d'appello nel momento in cui ha ravvisato e individuato la qualifica di datori di lavoro e di preposti a carico degli imputati e la violazione degli obblighi di coordinamento e sinergia previsti dall'art. 26 D.lgs n.81/2008, peraltro mai contestato. La norma in questione ad avviso della difesa prevede obblighi di informazione e coordinamento, non obblighi di formazione e prevenzione del personale dipendente di altra ditta. Gli addetti alle pulizie prendevano ordini dal loro preposto, certo A., che coordinava le operazioni di pulizia che, a sua volta, il S.M. riteneva necessarie.
2) violazione di legge e vizio e contraddittorietà della motivazione in relazione all'art.41 cod.pen. Deduce la difesa che la frusta elettrica era stata prelevata dal M.A. di sua iniziativa, era in una posizione distante dal luogo della pulizia della cisterna di circa 10 metri; non era di norma utilizzata per la pulizia delle cisterne proprio per la sua pericolosità: l'imprevedibile ed eccezionale uso dello strumento, la frusta elettrica, pericoloso e inidoneo, costituisce un fatto interruttivo del nesso causale sia con riferimento al datore di lavoro che al preposto.
3) Violazione della legge con riferimento all'eccessività della pena che doveva essere contenuta nell'ambito di quella pecuniaria

Considerato in diritto

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto il vizio di legittimità è solo apparente; in maniera generica e inconferente si contesta, infatti, il valore probatorio degli elementi utilizzati dalla Corte di appello per pervenire al convincimento di responsabilità e non si tiene conto degli argomenti e delle indicazioni probatorie puntuali acquisite e risultanti dai due gradi di merito.
I giudici di merito (fogli da 1 a 4 sentenza di primo grado e 14 ,15 sentenza impugnata) hanno accertato, attraverso dichiarazioni testimoniali, che il committente si ingeriva nell'attività svolta dai lavoratori della cooperativa appaltatrice del servizio di pulizie, dando disposizioni, direttive, intervenendo costantemente nella loro esecuzione, mettendo a disposizione le attrezzature, curando l'organizzazione del lavoro, proprio attraverso il capo reparto S.M. (il M.A., nella specie, lavorava da circa un anno presso la C.S.N, inizialmente era stato utilizzato per le pulizie poi era stato adibito addirittura al settore produttivo e guidava il carroponte fol 1 sentenza primo grado; fol. 12 sentenza secondo grado).
Riguardo quindi alle posizioni di garanzia quali datore di lavoro e di preposto, di fatto ricoperte dagli imputati, la decisione impugnata non presenta nessuno dei vizi dedotti. La Corte territoriale ha legittimamente ritenuto alla stregua della ricostruzione dei fatti, acquista dal complesso delle risultanze probatorie e solo genericamente contestata, che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, anche se formalmente ha appaltato a terzi le opere che hanno dato origine all'infortunio (Sez. 4, n. 50037 del 10/10/2017, Rv. 271327; Sez.4.n. 7954 del 10/10/2013 Rv. 259274). La Corte territoriale ha poi logicamente e coerentemente argomentato la responsabilità penale degli imputati, oltre ogni ragionevole dubbio, richiamando anche la disposizione di cui all'art. 26 comma 1 lett. b) D.Lgs. n.81/2008 e traendo ulteriori elementi di convincimento proprio dalla interferenza di più organizzazioni di impresa nel medesimo luogo di lavoro -come descritta nella contestazione del fatto contenuta nel capo di imputazione- in cui erano presenti, da un lat, la CSN s.r.l., titolare di attività di produzione realizzazione e verniciatura di lamiere, dall'altro, la cooperativa GSI cui era stato appaltato il servizio di pulizie e da cui formalmente dipendeva la persona offesa. Tale norma infatti trova il suo presupposto applicativo qualora il datore di lavoro abbia affidato lavori o servizi a soggetti terzi (imprese o lavoratori autonomi) "all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto». La ratio della norma è evidente: solo la disponibilità effettiva, nel senso di disponibilità giuridico/operativa, dei luoghi in cui si svolgono i lavori consente al datore di lavoro/committente di avere (o comunque di essere tenuto ad avere) compiuta conoscenza delle specifiche caratteristiche degli stessi e quindi dei rischi ad essi connessi. Da ciò consegue l'obbligo di cui alla lett. b) dell'art. 26 cit. di fornire ai soggetti terzi (operanti nei propri "spazi" di lavoro) «dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività». Informazioni che come la Corte territoriale afferma coerentemente non potevano che essere fornite, nel caso di specie, dal Semerari, preposto al controllo e all'organizzazione tanto dei lavoratori della cooperativa che dei lavoratori della C.S.N (fol 14) e dal B.N., responsabile dell'unità produttiva.
2.Ugualmente non deducibile nella sede di legittimità e perciò inammissibile il secondo motivo, in quanto il ricorrente svolge considerazioni di mero fatto allorché riconsidera le modalità dell'incidente ed in particolare i comportamenti posti in essere dalla persona offesa e dà per accertate situazioni di fatto smentite dalle puntuali ricostruzioni probatorie dibattimentali.
Va ricordato peraltro che la interruzione del nesso di condizionamento, a causa del comportamento imprudente del lavoratore, da solo sufficiente a determinare l’evento, secondo i principi giuridici enucleati dalla dottrina e dalla giurisprudenza (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv.261106, in motivazione; Sez. 4, n. 33329 del 05/05/2015, Rv.264365; Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Rv. 25409) richiede che la condotta del lavoratore si collochi in qualche guisa al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è «interruttivo» non perché «eccezionale» ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (Sez.4 n.15124 del 13.12.2016,Rv.269503).
La giurisprudenza di legittimità è ferma nel sostenere che non possa discutersi di responsabilità (o anche solo di corresponsabilità) del lavoratore per l'infortunio quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle criticità (Sez.4, n.22044 del 2.05.2012,n.m; Sez.4,n. 16888,del 7/02/2012,Rv.252373).
Le disposizioni antinfortunistiche perseguono, infatti, il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l'area di rischio da gestire include il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli (Sez.4, n.4114 del 13/01/2011, n.m.; Sez.F, n. 32357 del 12/08/2010, Rv. 2479962).
La Corte territoriale ha fatto corretta e coerente applicazione dei principi giuridici sopra esposti, poiché ha ritenuto accertato da parte dei lavoratori addetti alla pulizia delle cisterne l'abituale e reiterato utilizzo, del tutto improprio, della frusta elettrica quando il contenuto della cisterna stessa era indurito e la frusta di saggina non era quindi sufficiente (tanto che dopo l'incidente la ditta sostituì la frusta elettrica con quella ad aria che non provocava scintille ); ha evidenziato che la condotta imprudente del M.A. non era stata pertanto né imprevedibile nè esorbitante e non poteva perciò fornire alcuna giustificazione né al datore di lavoro né al preposto che, titolari della posizioni di garanzia, avevano omesso di svolgere i compiti che tale posizione impone di adeguata informazione e formazione oltre che di verifica puntuale del rispetto delle norme di prevenzioni degli infortuni(foll4 ). Tanto più che il M.A. da oltre un anno era stato addetto all'unità di produzione e che l'incarico di coadiuvare nelle pulizie della cisterna gli venne dato in via di urgenza, non aveva mai svolto quel compito e la scopa elettrica, utilizzata normalmente per la miscela delle vernici, si trovava nelle immediate vicinanze del luogo ove avveniva la pulitura delle cisterne e comunque era nella disponibilità del lavoratore, che non era stato informato dei rischi e della pericolosità del suo utilizzo, laddove nella cisterna fosse stato versato un solvente facilmente infiammabile.
3. Manifestamente infondato e perciò inammissibile è il terzo motivo in quanto i giudici di appello hanno legittimamente valutato tutti gli elementi di cui all'art.133 cod. pen e ritenendo il fatto di una certa gravità in considerazione del grado della colpa hanno applicato la pena della reclusione, sia pure ridotta rispetto alla sentenza di primo grado e sostanzialmente corrispondente al minimo edittale. 
4. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 a favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 5 ottobre 2018

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Circolare Inail n. 40 del 25 ottobre 2018

ID 7110 | | Visite: 2318 | News Sicurezza

Circolare Inail n. 40 del 25 ottobre 2018

Oggetto: Prestazioni economiche per infortunio sul lavoro e malattia professionale: settore industria, compreso il settore marittimo, agricoltura, medici esposti a radiazioni ionizzanti e tecnici sanitari di radiologia autonomi. Rivalutazione annuale con decorrenza 1° luglio 2018.

Con effetto dall'anno 2000 e a decorrere dal 1° luglio di ciascun anno, la retribuzione di riferimento per la liquidazione delle rendite corrisposte dall'Inail ai mutilati e agli invalidi del lavoro, relativamente a tutte le gestioni di appartenenza dei medesimi, è rivalutata annualmente sulla base della variazione effettiva dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertata dall’Istat intervenuta rispetto all'anno precedente.

Secondo quanto disposto dalla normativa sopra richiamata, gli incrementi annuali, come sopra determinati, verranno riassorbiti nell'anno in cui scatterà la variazione retributiva minima non inferiore al 10% rispetto alla retribuzione presa a base per l'ultima rivalutazione effettuata ai sensi dell’articolo 20, commi 3 e 4, della legge 28 febbraio 1986, n. 4118.

Per gli anni 2016 e 2017 non è intervenuta la variazione retributiva minima fissata dal citato articolo 20, commi 3 e 4, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, pertanto i decreti Ministro del lavoro e delle politiche sociali 29 luglio 2016 e 19 luglio 2017 hanno confermato, a decorrere dal 1° luglio 2016 e dal 1° luglio 2017, gli importi delle prestazioni economiche per infortunio sul lavoro e malattia professionale - nel settore industriale, compreso il settore marittimo, agricolo, medici radiologi e tecnici sanitari di radiologia autonomi - approvati dai precedenti decreti ministeriali del 15 giugno 2015 con decorrenza 1° luglio 2015.

Per l’anno 2018 l’Istat ha registrato una variazione percentuale del predetto indice dei prezzi al consumo pari a 1,10%, che comporta la necessità di adeguare le prestazioni in questione.

Con determina del Presidente Inail 29 maggio 2018, n. 253, è stata di conseguenza approvata la proposta di rivalutazione, con decorrenza dal 1° luglio 2018, delle prestazioni economiche per infortunio sul lavoro e malattia professionale per i settori industria, agricoltura, navigazione, medici radiologi e tecnici sanitari di radiologia autonomi.

Tale determina è stata approvata con i quattro decreti ministeriali del 19 luglio 2018, citati nel quadro normativo, relativi, rispettivamente, al settore industriale, compreso il settore marittimo, al settore agricolo, ai medici radiologi e ai tecnici sanitari di radiologia autonomi a decorrere dal 1° luglio 2018.

Con la presente circolare vengono illustrati, come negli anni passati, i riferimenti retributivi per procedere alla prima liquidazione delle prestazioni, alla riliquidazione delle prestazioni in corso, nonché gli indirizzi operativi alle Strutture territoriali ai fini della riliquidazione.

[...]

Fonte: INAIL

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 47793 |19 Ottobre 2018

ID 7108 | | Visite: 2381 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Mancata valutazione del rischio specifico connesso all'operazione di spurgo

Penale Sent. Sez. 4 Num. 47793 Anno 2018

Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: PAVICH GIUSEPPE
Data Udienza: 05/10/2018

Ritenuto in fatto

1. La Corte d'appello di Brescia, in data 22 settembre 2017, ha parzialmente riformato mediante concessione della non menzione della condanna, confermandola nel resto, la sentenza con la quale il Tribunale di Brescia aveva condannato P.R. alla pena ritenuta di giustizia in relazione ad imputazione per delitto di lesioni colpose in danno dei dipendenti S.B. e F.B., con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (reato contestato come commesso in Brescia il 22 luglio 2010).
L'infortunio era avvenuto durante le operazioni di installazione di un contatore del gas presso un distributore di carburante ove era installato un impianto di trasporto di gas metano che dalla rete principale, di proprietà della A2A SED (di cui il P.R. era amministratore unico), aveva una derivazione per l'allacciamento al distributore, la quale terminava con un primo pozzetto ove era collocata una valvola di intercettazione (di proprietà della A2A SED) e che poi proseguiva per via sotterranea fino a un secondo pozzetto, di proprietà del distributore, cui era allacciata una tubazione interrata di trasporto del gas, che giungeva fino alla valvola a farfalla installata in un'apposita cabina; di qui si dipartiva all'esterno un primo tronco di tubazione, che nella parte bassa era intramezzato da un giunto dielettrico, e che poi saliva verso l'alto culminando nella prima flangia di attacco al contatore (oltre la quale, in attesa dell'installazione del contatore che doveva avvenire il giorno dell'infortunio, vi era un giunto di raccordo) seguita da una seconda flangia di attacco e dalla correlativa tubazione, che scendeva in verticale proseguendo nel terreno.
Riassumendo brevemente i fatti, il S.B. e il F.B. - ambedue dipendenti dalla A2A SED - avevano rimosso il giunto di raccordo al posto del quale doveva essere installato il contatore, indi avevano agito sulla valvola di intercettazione per verificarne il funzionamento e, a tal fine, dovevano eseguire un'operazione preliminare di spurgo delle tubazioni: operazione che era prassi effettuare in casi simili onde evitare che il contatore venisse danneggiato da eventuali detriti. Nel procedere all'operazione, i due operai constatavano che il gas non fuoriusciva e, perciò, contattavano in sede l'assistente R., che segnalava che le valvole esterne alla cabina erano state chiuse per ragioni di sicurezza; aperte le valvole, i due operai provavano nuovamente a effettuare l'operazione di spurgo, ma si accorgevano di un'anomala fuoriuscita di detriti, tale da formare una nube; ripetevano allora per una terza volta l'operazione di spurgo, ma a quel punto si levava una fiammata - che secondo periti e consulenti era dovuta all'interazione della miscela di gas e aria con una qualche fonte d'innesco - che investiva i due operai, provocando loro le gravi ustioni meglio descritte in atti.
L'addebito, in relazione al quale il P.R. (nella sopra citata qualità) é stato riconosciuto colpevole, si fonda essenzialmente sul non avere egli ottemperato all'obbligo, non delegabile, di valutazione dei rischi, relativo a un'operazione, come quella di spurgo, che era sicuramente abituale nell'ambito dell'installazione di contatori del gas. A fronte delle doglianze rassegnate con l'appello, tese a dimostrare la non prevedibilità dell'accaduto e a evidenziare che i rischi connessi a possibili inneschi durante le operazioni di installazione dei contatori erano stati inseriti nel documento di valutazione dei rischi già prima dell'incidente, la Corte ha osservato che in realtà tali rischi erano stati qualificati come irrilevanti (valutazione, questa, dimostratasi errata), mentre la procedura di spurgo, lo specifico rischio connesso all'operazione e le modalità e accortezze da impiegare nel corso della stessa non avevano formato né oggetto di indicazioni per iscritto, né di inserimento nel documento di valutazione dei rischi. L'operazione, così come effettuata, comportava comunque un rischio tangibile connesso all'intrinseca infiammabilità della miscela aria-gas; ma essa poteva in realtà essere eseguita in modo diverso e in sicurezza utilizzando, per la pulitura delle tubazioni, aria compressa, o vapore, o azoto anziché gas naturale, come da indicazioni fornite in dibattimento dal consulente del pubblico ministero.
2. Avverso la prefata sentenza ricorre il P.R.; il ricorso si articola in due motivi.
2.1. Con il primo l'esponente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza d'appello, nella parte in cui essa, contraddittoriamente, assume a pag. 8 che non sia condivisibile il parere del consulente tecnico del pubblico ministero laddove questi sostiene che il P.R. avrebbe dovuto inserire nel documento di valutazione dei rischi (D.V.R.) la previsione di modalità esecutive delle operazioni di spurgo con criteri di sicurezza, ossia mediante l'impiego di aria compressa o di altro gas non infiammabile (accorgimenti che nel 2010 non erano raccomandati neppure a livello internazionale), mentre alle pagine 19 e 20 afferma che l'evento era prevedibile ed evitabile, appunto, usando per le operazioni di spurgo un mezzo non infiammabile. Oltretutto, lamenta ancora il ricorrente, si pretende tale capacità predittiva da un soggetto al vertice di una società caratterizzata da organizzazione complessa e da articolata struttura dirigenziale.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, pur ricorrendo, nella specie, tutte le condizioni per l'applicazione dell'istituto.

Considerato in diritto

1. Va premesso che, a fronte di un ricorso non manifestamente infondato e in assenza di motivi di proscioglimento nel merito, il reato é stato commesso il 22 luglio 2010 e che pertanto - restando esclusa la presenza di periodi sospensivi decisivi - esso deve considerarsi estinto per maturata prescrizione.
1.1. Tanto osservato, il primo motivo di ricorso é infondato. L'apparente contraddizione fra il dissenso rispetto al parere del consulente tecnico del P.M. e il giudizio di prevedibilità dell'evento basato proprio su quel parere si spiega con il fatto che, a pagina 8 della sentenza (e, per esteso, alle pagine da 3 a 11), viene richiamata la motivazione resa dal Tribunale di Brescia: che peraltro a pagina 9 ravvisa ugualmente profili di evitabilità del sinistro, bastando che "l'operazione di spurgo avvenisse con gli operai a distanza di sicurezza") e profili di prevedibilità riferiti in particolare all'operazione di spurgo, in ordine alla quale viene censurato il mancato inserimento della stessa nel D.V.R.. Tale valutazione é condivisa dalla Corte di merito, che - nel motivare il rigetto dell'appello (pagg. da 12 a 20) - non si limita a fare proprie le considerazioni svolte dal consulente tecnico del P.M. in ordine a una possibile procedura alternativa e in sicurezza di spurgo delle tubazioni, ma denuncia - al pari di quanto fatto dal Tribunale - la mancata valutazione del rischio specifico connesso all'operazione e il grave errore commesso, in generale, con la sottovalutazione dei rischi connessi ai possibili inneschi nella procedura di installazione dei contatori.
Poco é a dirsi, poi, in ordine all'attribuzione al P.R., nella sua posizione di amministratore unico, della responsabilità per la mancata valutazione del rischio d'incendio correlato all'operazione, trattandosi di obbligo datoriale non delegabile, a mente dell'art. 17, d.lgs. n. 81/2008, neanche nell'ambito d'imprese di grandi dimensioni (come affermato già da Sez. 4, n. 4123 del 10/12/2008 - dep. 2009, Vespasiani, Rv. 242480); peraltro é noto che il soggetto apicale può adempiere a tale obbligo anche avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (cfr. Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261109).
1.2. E' infondato, rasentando anzi la manifesta infondatezza, anche il secondo motivo. Tra i parametri di valutazione per il riconoscimento della particolare tenuità del fatto, vi é anche quello dell'esiguità del danno; nella specie, sicuramente non può affermarsi che il danno cagionato alle persone offese (in termini di gravità delle lesioni da esse riportate) sia stato esiguo. 
2. Ciò posto tuttavia, come si é detto, in relazione alla data di commissione del reato, lo stesso é ad oggi prescritto.
Conseguentemente la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il reato é estinto per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato é estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma il 5 ottobre 2018.

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Allegato riservato Cassazione Penale Sez. 4 19 ottobre 2018 n. 47793.pdf
 
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Decreto 213 del 13 Settembre 2018

ID 7091 | | Visite: 5908 | Prevenzione Incendi

Decreto Ministero dell Interno  213 del 13 Settembre 2018

Decreto Ministero dell'Interno  213 del 13 Settembre 2018

Formazione personale addetto alle operazioni di carico e scarico di gas naturale

Approvazione dei requisiti degli organismi formatori, del programma e delle modalità di effettuazione dei corsi di addestramento rivolti al personale addetto alle operazioni di carico e scarico di gas naturale con densità non superiore a 0, 8 e di biogas, ai sensi del paragrafo 6.1, della sezione VI dell'allegato al decreto del Ministro dell'interno 3 febbraio 2016 

...

GU Serie Generale n.269 del 19-11-2018

_____

Art. 1 Soggetti formatori

1. A norma del punto 6.1 dell'al legato al decreto del Ministro dell'interno 3 febbraio 2016 sono soggetti formatori. abilitati ad effettuare corsi di addestramento, per quanto attiene la sicurezza antincendio, al personale addetto alle operazioni di carico e scarico di gas naturale e di biogas:

a) il Corpo nazionale dei vigili del fuoco
b) i privati, gli enti o le società, di seguito denominati "organismi formatori", in possesso dei requisiti di cui all'articolo 2.

Art. 2 Requisiti degli organismi formatori

1. Gli organismi formatori devono disporre di un corpo docente formato da unità in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti:

a) laurea magistrale o triennale ad indirizzo tecnico o diploma di scuola secondaria di secondo grado ad indirizzo tecnico, propedeutici all'esercizio di una professione, unitamente ad una comprovata esperienza, almeno biennale, nel settore del gas naturale o biogas, maturata attraverso lo svolgimento di prestazioni tecniche presso enti, società o studi professionali;

b) iscrizione nell'elenco del Ministero dell'lnterno ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139;

c) certificato di formazione professionale rilasciato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ai sensi del decreto legislativo 4 Febbraio 2000, n. 40 con specifico riferimento alla gestione delle operazioni di carico, scarico e trasporto delle merci pericolose.
2. Gli organismi formatori devono, altresì, disporre di un'adeguata struttura logistica e gestionale per garantire lo svolgimento delle esercitazioni pratiche e per assicurare l'espletamento dei compiti previsti dal presente decreto.

Art. 3 Programmi e modalità di svolgimento dei corsi di addestramento

1. Per ogni corso l'organismo formatore nomina un direttore del corso, che cura ii corretto svolgimento del programma didattico, i cui contenuti minimi sono indicati nell'allegato I che costituisce parte integrante del presente decreto, e provvede alla tenuta del registro delle presenze, verificando la regolare partecipazione dei discenti.
2. Il corso, delta durata di almeno sedici ore è costituito da una parte teorica ed una pratica e si conclude con una verifica finale.
3. A ciascun corso non può partecipare un numero di discenti superiore a venti.
4. Il soggetto formatore fornisce ai discenti il materiale didattico inerente gli argomenti trattati.
5. Per i discenti in possesso del certificato di formazione professionale ADR in corso di validità per il trasporto di merci pericolose in cisterna, il corso potrà avere durata ridotta ad otto ore e ii relativo programma include i contenuti minimi di cui all'allegato I.
6. Al fine di consentire gli eventuali controlli, l'organismo formatore comunica, almeno 15 giorni prima di dare inizio all'attività di formazione. ii possesso dei requisiti previsti all'articolo 2 e le informazioni relative al corso di addestramento, alla Direzione regionale dei vigili del fuoco competente per territorio in relazione alla sede di svolgimento del corso. Detta comunicazione deve contenere:
a) dati identificativi dell'organismo formatore;
b) dichiarazione sostitutiva, resa ai sensi di legge, attestante il possesso dei requisiti di cui all'articolo 2;
c) il programma del corso;
d) il nominativo e i recapiti del direttore del corso;
e) il calendario delle lezioni, la sede di svolgimento e i relativi docenti;
t) i nominativi dei componenti della commissione esaminatrice, la sede e la data di svolgimento della verifica finale;
g) l'elenco nominativo dei discenti.
7. La Direzione regionale dei vigili del Fuoco, può comunicare eventuali elementi ostativi e può disporre, per il tramite del Comando dei vigili del fuoco competente per territorio, eventuali controlli, anche con metodo a campione, delta regolare esecuzione dci corsi di addestramento.
8. Al termine del corso, l'organismo formatore comunica alla stessa Direzione regionale dei vigili del fuoco l'elenco nominativo degli attestati di proficua frequenza, di cui all'articolo 4, rilasciati.

... segue in allegato

_______

6.1. Requisiti del personale decreto 3 Febbraio 2016

Il personale addetto alle operazioni di carico/scarico deve essere di provata capacita' e possedere le cognizioni necessarie per una corretta e sicura esecuzione di tutte le operazioni connesse.

A tal fine il suddetto personale deve aver frequentato uno specifico corso di addestramento. L'organizzazione del corso e' affidata ad organismi qualificati. I requisiti degli organismi, le modalita' di effettuazione dei corsi ed i relativi programmi sono stabiliti dal Ministero dell'Interno ‐ Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.

Al termine di ciascun corso, che comprende una parte teorica e una parte pratica, viene rilasciato ai partecipanti un attestato di proficua frequenza.

Da questo specifico corso di addestramento possono essere esentati:

a) gli iscritti negli elenchi del Ministero dell'interno di cui all'art 16 del D.lgs. n. 139/2006;
b) il personale che all'atto della pubblicazione del presente decreto abbia gia' maturato una comprovata esperienza di almeno 5 anni nelle forniture nello specifico settore e cio' sia attestato da apposita dichiarazione del Titolare dell'Impresa, che ne dichiara sotto la propria responsabilita' l'idoneita' a svolgere questa attivita';
c) i tecnici abilitati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti secondo il D.lgs n. 40/2000 e integrazione del D.lgs. 35 del 27 gennaio 2010, specificatamente formati alla gestione delle operazioni di carico, scarico e trasporto delle merci pericolose ADR.

Le operazioni di carico/scarico devono essere effettuate sotto la diretta responsabilita' del personale incaricato nel rispetto della normativa vigente.

Per le forniture di emergenza, la verifica dell'idoneita' del sito ai sensi del presente decreto ed in generale per il sicuro avvio e svolgimento delle operazioni di carico/scarico, deve essere stabilita da parte di Professionista abilitato iscritto nell'elenco del Ministero dell'Interno ai sensi dell'art. 16 del D.lgs. n. 139/2006.

Nel caso di forniture di emergenza inferiori a 20.000 Sm3, ad attivita' non comprese nell'allegato I al DPR n. 151/2011, la verifica dell'idoneita' del sito puo' essere effettuata dal responsabile tecnico dell'azienda fornitrice del gas.

Fonte: VVF

Collegati:

Decreto 28 ottobre 2005

ID 7081 | | Visite: 9262 | Prevenzione Incendi

Decreto 28 ottobre 2005

Decreto 28 ottobre 2005 

Sicurezza nelle gallerie ferroviarie. 

(GU n.83 del 08-04-2006 - SO n. 89)

Entrata in vigore: 08 aprile 2006
_________

Art. 2. Campo di applicazione

1. Il presente decreto si applica a tutte le gallerie ferroviarie di lunghezza superiore a 1000 m, siano esse gia' in esercizio, in fase di costruzione o allo stato di progettazione, ubicate sull’infrastruttura ferroviaria e sulle reti regionali non isolate, di cui al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, fatto salvo quanto specificato nell’Allegato II per le gallerie da 500 m a 1000 m.

2. Le presenti norme non si applicano alle metropolitane e alle stazioni/fermate ferroviarie in sotterraneo
...
Art. 6. Responsabile di galleria

1. Per ciascuna galleria il Gestore della infrastruttura nomina il responsabile di galleria ed il suo sostituto, e ne comunica il nominativo al Ministero;

2. Il responsabile di galleria esercita le seguenti funzioni:

a) attua le procedure di cui all’Allegato IV per la messa in servizio della galleria;
b) dispone la messa fuori servizio della galleria in caso di emergenza, secondo quanto previsto nell’Allegato IV;
c) garantisce il mantenimento di efficienza dell’infrastruttura e dei dispositivi di sicurezza;
d) organizza e garantisce che vengano effettuate le esercitazioni, come previsto dall’Allegato II;
e) redige annualmente un rapporto di sintesi sulla sicurezza della galleria in collaborazione con il responsabile della sicurezza e lo trasmette al Gestore dell’Infrastruttura;
f) mantiene aggiornato il registro delle esercitazioni di sicurezza di cui all’Allegato IV;
g) garantisce, durante lo svolgimento di lavori in presenza di esercizio, il mantenimento di condizioni di sicurezza adeguate nelle gallerie.

3. Per tutti gli incidenti o eventi di rilievo che si verifichino.

4. In una galleria, il responsabile della galleria redige e trasmette al Gestore un rapporto informativo sugli inconvenienti entro le 48 ore successive.

5. Il responsabile di galleria puo' esercitare le sue funzioni per piu' gallerie di una o piu' tratte ferroviarie.

Art. 7. Responsabile della sicurezza

1. Per ogni galleria il Gestore dell’infrastruttura nomina un responsabile della sicurezza ed il suo sostituto e ne comunica il nominativo al Ministero.
Il responsabile della sicurezza, puo' coincidere con il responsabile della galleria.

2. Il responsabile della sicurezza coordina tutte le misure di prevenzione e di salvaguardia dirette a garantire la sicurezza degli utenti e del personale di esercizio. Egli gode di piena autonomia ed indipendenza per tutte le questioni attinenti alla sicurezza nella galleria ferroviaria. Un solo responsabile della sicurezza puo' esercitare le sue funzioni per piu' gallerie appartenenti ad una o piu' tratte ferroviarie.

3. Il responsabile della sicurezza esercita inoltre le seguenti funzioni:

a) assicura il coordinamento con i servizi di pronto intervento e partecipa alla preparazione dei piani operativi;
b) partecipa alla pianificazione, all’attuazione e alla valutazione degli interventi di emergenza, inclusi i piani ed i programmi di formazione del personale interno per l’emergenza esterna ed il soccorso;
c) partecipa alla definizione dei piani di sicurezza e degli eventuali adeguamenti delle misure di sicurezza da apportare alle gallerie in esercizio;
d) verifica che il personale di esercizio, i servizi di pronto intervento interni del Gestore e delle imprese ferroviarie vengano formati e partecipa all’organizzazione di esercitazioni svolte a intervalli regolari;
e) prima della messa in esercizio della galleria, esprime un parere secondo quanto previsto nell’Allegato IV;
...

Art. 11. Gallerie in esercizio
...
4. I lavori di adeguamento delle gallerie, in base agli interventi approvati di cui ai commi precedenti, devono essere realizzati entro quindici anni dall’entrata in vigore del presente decreto (08 aprile 2024-ndr).

Vedi Documento proroghe

segue in allegato

Collegati

Circolare 18 novembre 2010 rischio da stress lavoro-correlato - Indicazioni CCP

ID 7077 | | Visite: 82345 | Circolari Sicurezza lavoro

Circolare 18 novembre 2010

Circolare 18 novembre 2010 rischio da stress lavoro-correlato - Indicazioni CCP 

Approvazione delle indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato di cui all'articolo 28, comma 1- bis, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81

MLPS 2010

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Direzione Generale della tutela delle condizioni di lavoro

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Partenza - Roma, 18/11/2010
Prot. 15 /SEGR / 0023692

Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le pari opportunità
Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ministero per la pubblica amministrazione e innovazione
Al Ministero dello sviluppo economico
Al Ministero dell'interno
Al Ministero della difesa
Al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
Al Ministero della politiche agricole, alimentari e forestali
All’Ufficio della Consigliera Nazionale di parità
Alle Direzioni regionali e provinciali del lavoro
All’ispettorato regionale del lavoro di Palermo
All’ispettorato regionale del lavoro di Catania
Al Comando Carabinieri per la tutela del lavoro
Agli assessorati regionali alla salute Alla provincia autonoma di Trento
Alla provincia autonoma di Bolzano
Alla CGIL
Alla CISL
Alla UIL
Alla UGL
Alla CISAL
Alla CONFSAL
Alla CIU
Alla CIDA
Alla CONFINDUSTRIA
Alla CONFCOMMERCIO
Alla CONFAGRICOLTURA
Alla CONFARTIGIANATO
Alta CNA
Alla CONFESERCENTI
Alla CONFAPI
Alla CONFCOOPERATIVE
All'ABI

LORO SEDI

Oggetto: lettera circolare in ordine alla approvazione delle indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato di cui all'articolo 28, comma l-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modifiche e integrazioni.

In attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 6, comma 8, lettera m-quater, e all'articolo 28, comma 1-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni e integrazioni, la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro di cui all'articolo 6 del medesimo provvedimento ha approvato, alla riunione del 17 novembre, le seguenti indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato.

Indicazioni della Commissione consultiva per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articoli 6, comma 8, lettera m-quater, e 28, comma 1 bis, d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni e integrazioni)

Quadro normativo di riferimento, finalità e struttura del documento

L’articolo 28, comma 1, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, di seguito d.lgs. n. 81/2008, prevede che la valutazione dei rischi debba essere effettuata tenendo conto, tra l’altro, dei rischi da stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004. In ragione delle difficoltà operative ripetutamente segnalate in ordine alla individuazione delle corrette modalità di attuazione di tale previsione legislativa, in sede di adozione delle disposizioni integrative e correttive al citato d.lgs. n. 81/2008, è stato introdotto all’articolo 28 il comma 1-bis, con il quale si è attribuito alla Commissione consultiva il compito di formulare indicazioni metodologiche in ordine al corretto adempimento dell’obbligo, finalizzate a indirizzare le attività dei datori di lavoro, dei loro consulenti e degli organi di vigilanza. Al fine di rispettare, entro il termine del 31 dicembre 2010, la previsione di cui all’articolo 28, commi 1 e 1-bis, del d.lgs. n. 81/2008, e successive modificazioni e integrazioni, la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha costituito un proprio comitato a composizione tripartita il quale, a seguito di ampio confronto tra i propri componenti, ha elaborato il presente documento, licenziato dalla Commissione consultiva nella propria riunione del 17 novembre 2010.

Le indicazioni metodologiche sono state elaborate nei limiti e per le finalità puntualmente individuati dalla Legge tenendo conto della ampia produzione scientifica disponibile sul tema e delle proposte pervenute all’interno alla Commissione consultiva e sono state redatte secondo criteri di semplicità, brevità e comprensibilità.

Il documento indica un percorso metodologico che rappresenta il livello minimo di attuazione dell’obbligo di valutazione del rischio da stress lavoro-correlato per tutti i datori di lavoro pubblici e privati.

Definizioni e indicazioni generali

Lo stress lavoro-correlato viene descritto all’articolo 3 dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004 - così come recepito dall’Accordo Interconfederale del 9 giugno 2008 - quale “condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro” (art. 3, comma 1). Nell’ambito del lavoro tale squilibrio si può verificare quando il lavoratore non si sente in grado di corrispondere alle richieste lavorative. Tuttavia non tutte le manifestazioni di stress sul lavoro possono essere considerate come stress lavoro-correlato. Lo stress lavoro-correlato è quello causato da vari fattori propri del contesto e del contenuto del lavoro.

La valutazione del rischio da stress lavoro-correlato è parte integrante della valutazione dei rischi e viene effettuata (come per tutti gli altri fattori di rischio) dal datore di lavoro avvalendosi del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) con il coinvolgimento del medico competente, ove nominato, e previa consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS/RLST).

È, quindi, necessario preliminarmente indicare il percorso metodologico che permetta una corretta identificazione dei fattori di rischio da stress lavoro-correlato, in modo che da tale identificazione discenda la pianificazione e realizzazione di misure di eliminazione o, quando essa non sia possibile, riduzione al minimo di tale fattore di rischio.

A tale scopo, va chiarito che le necessarie attività devono essere compiute con riferimento a tutti i lavoratori, compresi dirigenti e preposti. La valutazione prende in esame non singoli ma gruppi omogenei di lavoratori (per esempio per mansioni o partizioni organizzative) che risultino esposti a rischi dello stesso tipo secondo una individuazione che ogni datore di lavoro può autonomamente effettuare in ragione della effettiva organizzazione aziendale (potrebbero essere, ad esempio, i turnisti, i dipendenti di un determinato settore oppure chi svolge la medesima mansione, etc).

Metodologia

La valutazione si articola in due fasi: una necessaria (la valutazione preliminare); l’altra eventuale, da attivare nel caso in cui la valutazione preliminare riveli elementi di rischio da stress lavoro-correlato e le misure di correzione adottate a seguito della stessa, dal datore di lavoro, si rivelino inefficaci.

La valutazione preliminare consiste nella rilevazione di indicatori oggettivi e verificabili, ove possibile numericamente apprezzabili, appartenenti quanto meno a tre distinte famiglie:

Eventi sentinella quali ad esempio: indici infortunistici; assenze per malattia; turnover; procedimenti e sanzioni e segnalazioni del medico competente; specifiche e frequenti lamentele formalizzate da parte dei lavoratori. I predetti eventi sono da valutarsi sulla base di parametri omogenei individuati internamente alla azienda (es. andamento nel tempo degli indici infortunistici rilevati in azienda).

Fattori di contenuto del lavoro quali ad esempio: ambiente di lavoro e attrezzature; carichi e ritmi di lavoro; orario di lavoro e turni; corrispondenza tra le competenze dei lavoratori e i requisiti professionali richiesti.

Fattori di contesto del lavoro quali ad esempio: ruolo nell’ambito dell’organizzazione, autonomia decisionale e controllo; conflitti interpersonali al lavoro; evoluzione e sviluppo di carriera; comunicazione (es. incertezza in ordine alle prestazioni richieste).

In questa prima fase possono essere utilizzate liste di controllo applicabili anche dai soggetti aziendali della prevenzione che consentano una valutazione oggettiva, complessiva e, quando possibile, parametrica dei fattori di cui ai punti I, II e III che precedono.

In relazione alla valutazione dei fattori di contesto e di contenuto di cui sopra (punti II e III dell’elenco) occorre sentire i lavoratori e/o i RLS/RLST. Nelle aziende di maggiori dimensioni è possibile sentire un campione rappresentativo di lavoratori. La scelta delle modalità tramite cui sentire i lavoratori è rimessa al datore di lavoro anche in relazione alla metodologia di valutazione adottata.

Ove dalla valutazione preliminare non emergano elementi di rischio da stress lavoro-correlato tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive, il datore di lavoro sarà unicamente tenuto a darne conto nel Documento di Valutazione del Rischio (DVR) e a prevedere un piano di monitoraggio.
Diversamente, nel caso in cui si rilevino elementi di rischio da stress lavoro-correlato tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive, si procede alla pianificazione ed alla adozione degli opportuni interventi correttivi (ad esempio, interventi organizzativi, tecnici, procedurali, comunicativi, formativi, etc). Ove gli interventi correttivi risultino inefficaci, si procede, nei tempi che la stessa impresa definisce nella pianificazione degli interventi, alla fase di valutazione successiva (c.d. valutazione approfondita).

La valutazione approfondita prevede la valutazione della percezione soggettiva dei lavoratori, ad esempio attraverso differenti strumenti quali questionari, focus group, interviste semi-strutturate, sulle famiglie di fattori/indicatori di cui all'elenco sopra riportato. Tale fase fa riferimento ovviamente ai gruppi omogenei di lavoratori rispetto ai quali sono state rilevate le problematiche. Nelle aziende di maggiori dimensioni è possibile che tale fase di indagine venga realizzata tramite un campione rappresentativo di lavoratori.

Nelle imprese che occupano fino a 5 lavoratori, in luogo dei predetti strumenti di valutazione approfondita, il datore di lavoro può scegliere di utilizzare modalità di valutazione (es. riunioni) che garantiscano il coinvolgimento diretto dei lavoratori nella ricerca delle soluzioni e nella verifica della loro efficacia.

Disposizioni transitorie e finali

La data del 31 dicembre 2010, di decorrenza dell’obbligo previsto dall’articolo 28, comma 1-bis, del d.lgs. n. 81/2008, deve essere intesa come data di avvio delle attività di valutazione ai sensi delle presenti indicazioni metodologiche. La programmazione temporale delle suddette attività di valutazione e l’indicazione del termine finale di espletamento delle stesse devono essere riportate nel documento di valutazione dei rischi. Gli organi di vigilanza, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di propria competenza, terranno conto della decorrenza e della programmazione temporale di cui al precedente periodo.

Allo scopo di verificare l’efficacia della metodologia qui indicata, anche per valutare l’opportunità di integrazioni alla medesima, la Commissione Consultiva provvederà ad elaborare una relazione entro 24 mesi dalla pubblicazione delle presenti indicazioni metodologiche, a seguito dello svolgimento del monitoraggio sulle attività realizzate. Le modalità di effettuazione di tale monitoraggio saranno definite dalla Commissione consultiva.

I datori di lavoro che, alla data di approvazione delle presenti indicazioni metodologiche, abbiano già effettuato la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato coerentemente ai contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004 - così come recepito dall’Accordo Interconfederale del 9 giugno 2008 - non debbono ripetere l’indagine ma sono unicamente tenuti all’aggiornamento della medesima nelle ipotesi previste dall’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 81/2008, secondo quanto indicato nel presente documento.

Tanto si segnala, anche tenendo conto della rilevanza del documento ai fini degli adempimenti relativi alla valutazione dei rischi da lavoro, con invito a garantire la massima divulgazione delle indicazioni di cui all’oggetto.

Il Direttore Generale
Della tutela delle condizioni di lavoro
(Dott. Giuseppe Umberto Mastropietro)

Piano di monitoraggio gestione dello stress lavoro-correlato

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Piano di monitoraggio gestione dello stress lavoro-correlato

Piano di monitoraggio e d’intervento per l’ottimizzazione della valutazione e gestione dello stress lavoro-correlato

Descrizione ed analisi del problema I mutamenti socio-economici e i cambiamenti nelle caratteristiche della forza lavoro delle ultime decadi hanno avuto un impatto sul mondo del lavoro, modificandone la natura stessa anche in risposta ad esigenze di competitività e aumento della produttività, e hanno portato alla luce nuovi rischi su cui porre attenzione nell’ambito della salute e sicurezza sul lavoro.

Tali cambiamenti hanno aumentato l’impatto del fenomeno dello stress lavoro-correlato (SLC), che si è collocato al secondo posto in Europa tra i problemi di salute dovuti al lavoro, dopo i disturbi muscolo-scheletrici, con evidenti ripercussioni al livello di produttività delle aziende e al livello economico. In Italia l’attuale quadro normativo di tutela della salute e sicurezza sul lavoro (D.Lgs 81/2008 e s.m.i.) ha individuato lo SLC come uno dei rischi oggetto di valutazione e di conseguente adeguata gestione da parte delle aziende (in recepimento dei contenuti dell’Accordo europeo sullo stress lavorocorrelato del 2004) e la Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza del Lavoro ha elaborato - Lettera Circolare del Ministero del Lavoro del 18 novembre 2010 - le indicazioni procedurali minime utili a condurre la valutazione di tale rischio.

Nella suddetta Lettera Circolare è altresì prevista - al fine di verificare l’efficacia della metodologia proposta e di valutare l’opportunità di integrarla - una relazione entro due anni a seguito dello svolgimento del monitoraggio sulle attività realizzate, previsione peraltro ribadita anche nel documento del 29 maggio 2013 “Proposte della Commissione Consultiva Permanente per una strategia nazionale di prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali”. La collaborazione proficua con il Coordinamento Tecnico Interregionale per la Prevenzione nei Luoghi di Lavoro ha permesso all’INAIL, quale polo della salute e sicurezza a seguito della Legge n.122 del 2010, di elaborare un percorso metodologico per la valutazione e gestione del rischio SLC sostenibile e di facile utilizzo per le aziende, basato su approcci e procedure scientificamente fondati e validati. 
...
segue in allegato

INAIL- Settore Ricerca, Dipartimento di Medicina del Lavoro

Agenti chimici pericolosi e SDS

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agenti chimici pericolosi

Agenti chimici pericolosi e SDS

INAIL - Ottobre 2018

L’opuscolo, a carattere divulgativo e generale, è indirizzato sia ai lavoratori sia ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS).

Si propone di illustrare i pericoli e i rischi derivanti dall’utilizzo di agenti chimici alla luce delle recenti normative europee e nazionali (Regolamento europeo 1907/2006 – Reach) anche in tema di classificazione, etichettatura e imballaggio di sostanze e miscele chimiche (Regolamento europeo 1272/2008 – CLP).

Esso contiene una semplice sintesi dei regolamenti REACH, CLP, UE n. 830/2015 e fa riferimento al Titolo IX, Capo I del d.lgs. 81/2008 e s.m.i.

Questo lavoro si prefigge di costituire materiale informativo da utilizzare per l’informazione e la formazione dei lavoratori e dei RLs sul tema del rischio chimico, delle schede dati di sicurezza e della classificazione ed etichettatura delle sostanze e delle miscele pericolose in base al regolamento CLP.

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Indice - Agenti chimici pericolosi: 

Introduzione 
La diffusione del rischio chimico 
Agenti chimici e possibili danni per i lavoratori 
Gli agenti chimici pericolosi nei luoghi di lavoro 
La valutazione del rischio da agenti chimici 
Misure di prevenzione e protezione
Valori limite di esposizione professionale 
DPI 
Segnaletica di sicurezza 
Informazione e formazione 
Sorveglianza sanitaria 
Il regolamento REACH e la circolazione di sostanze chimiche in Unione europea (UE) 
Descrizione del regolamento REACH 
Autorizzazione delle sostanze altamente preoccupanti 
La partecipazione di tutti: importanza della comunicazione delle informazioni 
Il regolamento CLP 
Come si legge un’etichetta 
La classificazione delle sostanze chimiche pericolose secondo il regolamento CLP 
Scheda dati di sicurezza 
Schede di sicurezza 
Elenco delle indicazioni di pericolo 
Elenco dei consigli di prudenza

Sostanze pericolose - INAIL Ottobre 2018

Il presente lavoro consta in una serie di schede informative sulle corrette modalità di gestione delle sostanze pericolose ed è indirizzato ai lavoratori dei diversi comparti produttivi.

Esso contiene, sotto forma di brevi istruzioni, una sintesi delle principali misure di prevenzione ed igieniche da seguire nella manipolazione, stoccaggio e smaltimento degli agenti chimici pericolosi e nella gestione dei DPI.

Ciascuna istruzione è accompagnata da un breve commento che cerca di sintetizzare in maniera simpaticamente sfumata le motivazioni per le quali è necessario tenere un corretto comportamento.

Le aree tematiche affrontate sono le seguenti:

- Etichettatura
- Schede dati di sicurezza
- Modalità operative
- Misure di protezione collettiva
- DPI
- Stoccaggio
- Procedure di emergenza
- Igiene del Lavoro
- Informazione e Formazione
- Segnaletica di sicurezza
- Rifiuti

Le istruzioni possono essere usate sia come materiale informativo e divulgativo sia come materiale di supporto a un momento formativo e di discussione. Esse possono, inoltre, essere usate come schede separate e affisse in punti strategici dell’area produttiva per ricordare al lavoratore le principali misure di prevenzione ed igieniche da adottare quando si lavora con sostanze pericolose.

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Fonte: INAIL

Collegati:

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 46401 | 12 Ottobre 2018

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Sentenze cassazione penale

Infortunio mortale durante il montaggio in opera di torri metalliche anemometriche: DUVRI

Penale Sent. Sez. 4 Num. 46401 Anno 2018

Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: BELLINI UGO
Data Udienza: 13/06/2018

Ritenuto in fatto 

1. La Corte di Appello di Bologna con sentenza in data 1.6.2017, sull'appello degli imputati, confermava la sentenza del Tribunale di Piacenza che aveva riconosciuto M.P. e V.M. colpevoli del reato di omicidio colposo e, con il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art.62 n.6 cod.pen. ritenuta equivalente sulla circostanza aggravante della inosservanza delle norme antinfortunistiche e con la riduzione per la scelta del rito, li aveva condannati alla pena mesi otto di reclusione ciascuno. Il giudice riconosceva anche al V.M. il beneficio della sospensione condizionale della pena.
2. A entrambi gli imputati, quali titolari rispettivamente della EAFIN s.p.a. azienda committente le opere (V.M.) e Industrial Service s.r.l. appaltatrice del montaggio in opera di tre torri metalliche anemometriche, era contestato di non avere promosso la cooperazione e il coordinamento dei lavori, mediante la elaborazione di un unico documento di valutazione dei rischi, così da comprendere le misure adottate per ridurre o eliminare i rischi interferenziali ai sensi dell'art. 26 DLgs. 81/08.
Al M.P., quale titolare della ditta esecutrice dei lavori veniva altresì ascritto di avere omesso di adottare le misure necessarie affinchè le attrezzature di lavoro fossero installate in conformità alle istruzioni di uso, in violazione dell'art.71 D.Lgs 81/2008.
Si contestava che, in ragione di tali violazioni, era occorso che, mentre gli operai della ditta appaltatrice erano intenti al tiraggio delle funi per l'innalzamento di una torre anemometrica, in assenza di prescrizioni di divieto di sostare nell'area in questione, P.L., cui erano stati sub appaltati alcuni interventi collegati al funzionamento della torre, era andato a posizionarsi alla base della stessa che, a causa della non corretta esecuzione delle opere di montaggio, era collassata, finendo per colpire e schiacciare la persona offesa provocandone il decesso.
3.Il giudice distrettuale riconosceva a carico degli imputati i profili di colpa sopra indicati, assumendo in primo luogo che le aziende erano tenute a predisporre un documento unico per la valutazione dei rischi in relazione ad opere da eseguirsi senza soluzione di continuità nel medesimo comune e con pagamento di un prezzo complessivo, di talché non era applicabile la deroga prevista dall'art.3 bis dell'art.26 D.Lgs.81/2008 con riferimento a lavori che non comportino un impiego di persone e mezzi superiore a due giorni lavorativi e comunque erano tenuti a informatore appaltatore e lavoratori autonomi dei rischi specifici presenti nell'ambiente in cui erano chiamati ad operare.
3.1 Riconosceva altresì l'ulteriore profilo di colpa nei confronti del M.P. e cioè di non essersi fatto carico, quale titolare della ditta appaltatrice nella realizzazione della torre e committente di ulteriori opere al P.L. di evitare di sostare nell'area interessata al tiraggio del palo per evitare i rischi derivanti da tale pericolosa attività, escludendo al contempo che la eventuale inosservanza di regole cautelari da parte dell'infortunato potesse valere ad escludere la relazione causale tra il comportamento dovuto, ma omesso, e l'evento, laddove la condotta del P.L. non solo non poteva ritenersi eccentrica ed esorbitante rispetto al perimetro del rischio tutelato ma, in ragione delle lavorazioni allo stesso demandate e della esigenza di circoscrivere e isolare la presenza di estranei alla lavorazione nell'area de quo, rientrava appieno nella sfera di rischio governata dalla impresa appaltatrice.
3. Avverso la sentenza interponevano ricorso per Cassazione le difese di entrambi gli imputati.
3.1 Con un primo motivo di ricorso il ricorrente V.M. deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con particolare riferimento all'art.26 del D.Lgs 81/2008 in relazione all'art.41 c.p. evidenziando come era incorso in palese errore di diritto il giudice distrettuale nell'eludere la disciplina di cui all'art.26 comma III bis D.Lgs. 81/2008 che escludeva l'obbligo di predisporre il DUVRI per lavori di durata inferiore a due giorni, come era quello relativo al montaggio delle struttura de quo, risultando del tutto irrilevante che il contratto di appalto si riferisse ad una prestazione più complessa (montaggio di tre torri anenometriche) laddove tutta la disciplina prevenzional lavoristica è diretta a tutelare la sicurezza del lavoro nell'ambito del singolo cantiere e con riferimento alla prestazione lavorativa che ivi si svolge e non è condizionata dal contenuto e dalla proiezione al futuro del programma contrattuale, che può avere come oggetto prestazioni cumulative o periodiche, risultando al contrario valorizzato il principio della effettività dei rischi e delle tutele a fronte di una concreta prestazione lavorativa. Chiedeva pertanto l'annullamento della sentenza sul presupposto della inesigibilità della condotta asseritamente omessa, laddove prendendo atto della effettiva durata del lavoro commissionato e della non complessità dello stesso, non era necessaria la predisposizione del DUVRI.
3.2 Con una seconda articolazione deduceva violazione dell'art.41 cod.pen. atteso che il giudice di appello non aveva considerato la circostanza che dal manuale di istruzioni di montaggio del palo anemometrico emergeva testualmente il rischio collegato allo stazionamento sotto il palo in sollevamento, evenienza cautelata rispetto alla quale il DUVRI sarebbe risultato meramente reiterativo, di talché la azienda affidataria dell'appalto avrebbe dovuto comportarsi di conseguenza a prescindere dalla ricorrenza di un documento ufficiale.
3.2 La difesa del M.P. articolava tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduceva violazione della legge penale e vizio motivazionale in relazione alla mancata predisposizione di cautele nel montaggio della torre anemometrica (art.71 D.Lgs.81/2008), assumendo che il giudice di appello aveva omesso di provvedere su motivo di impugnazione sottoposto laddove la violazione del precetto doveva essere ascritta non alla ditta appaltatrice ma allo stesso P.L., titolare della ditta sub appaltatrice che era tenuto alla predisposizione del POS nello svolgimento della prestazione da eseguire e di attenersi alle regole cautelari in esso inserite.
3.3 Con una seconda articolazione deduceva violazione della legge penale in punto di corretta applicazione dell'art. 26 D.Lgs. 81/2008 articolando ragioni di doglianza del tutto sovrapponibili a quelle indicate dalla difesa del V.M. nel primo motivo di ricorso.
Con un terzo motivo evidenziava poi che la norma di riferimento, di cui si assumeva la violazione (art.26 comma III bis D.Lgs. 81/2008) era stata modificata nel corso dell'anno 2013, escludendo la necessità di prediporre il documento di valutazione dei rischi ai lavori "inferiori a 5 uomini-giorno", criterio interpretativo secondo il quale neppure considerando il complesso degli interventi sub appaltati alla ditta del P.L. in relazione alla tre torri anemometriche sarebbe sorto l'obbligo di predisporre il DVR, con conseguente carenza del profilo di colpa ascritto.

 

Considerato in diritto

 

1. Il primo motivo di ricorso proposto dalla difesa del V.M. e l'analoga censura mossa dal M.P. attraverso il secondo motivo di ricorso si presentano infondati laddove, a prescindere dalla formale declinazione delle doglianze sub specie di violazione di legge, le stesse aggrediscono la motivazione dei giudici di merito, nel proprio tessuto argomentativo, nella parte in cui viene riconosciuta rilevanza, ai fini del rispetto degli obblighi prevenzionistici e in particolare in relazione all'obbligo di predisposizione di un unico documento di valutazione dei rischi, al complessivo programma negoziale del contratto di appalto stipulato tra la ditta committente (Eafin) e l'appaltatore, con particolare riferimento ai profili di mancata previsione del rischio inferenziale tra lavorazioni, oggetto di contestazione.
2. Invero il giudice distrettuale, analogamente a quanto argomentato dal primo giudice, con un costrutto esente da contraddizioni o vizi logici, ha rappresentato come le prestazioni oggetto del contratto di appalto, anche in ragione della complessità organizzativa e della articolazione sul territorio, necessitassero della cooperazione e del coordinamento tra ditta committente e la ditta appaltatrice e comportassero un impegno esecutivo ben superiore alle due giornate lavorative, che rappresentava il termine minimo per escludere la predisposizione del documento di valutazione dei rischi.
2.1 In sostanza la motivazione appare coerente con il contenuto delle emergenze istruttorie, come richiamate nei motivi di ricorso e nella sentenza impugnata con particolare riferimento al contratto di appalto, e del tutto conforme al contenuto degli obblighi gravanti sul committente, come evidenziati dalla giurisprudenza del S.C. in presenza di rischio connesso alla lavorazione di diverse imprese sullo stesso luogo di lavoro (sez.IV, 23.1.2014, Ramunno, Rv.259286; 28.11.2013, Schiano Rv.259086; sez.III, 25.2.2015, Cicuto Rv.262757; 7.6.2016, PC e altri in proc.Carfì ed altri).
2.2 In base ai principi ripetutamente affermati da questa Corte, che, in punto di vizio motivazionale, compito del giudice di legittimità, allo stato della normativa vigente, è quello di accertare (oltre che la presenza fisica della motivazione) la coerenza logica delle argomentazioni poste dal giudice di merito a sostegno della propria decisione, non già quello di stabilire se la stessa proponga la migliore ricostruzione dei fatti. Neppure il giudice di legittimità è tenuto a condividerne la giustificazione, dovendo invece egli limitarsi a verificare se questa sia coerente con una valutazione di logicità giuridica della fattispecie nell'ambito di una plausibile opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto l'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) non consente alla Corte di Cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, essendo estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (ex pluribus: Cass. n. 12496/99, 2.12.03 n. 4842, rv 229369, n. 24201/06); pertanto non può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali.
3. Orbene, alla stregua di tali principi, deve prendersi atto del fatto che la sentenza impugnata non presenta alcuno dei vizi dedotti dai ricorrenti, atteso che l'articolata valutazione, da parte dei giudici di merito, degli elementi probatori acquisiti, rende ampio conto delle ragioni che hanno indotto gli stessi giudici a ritenere la responsabilità dei ricorrenti, mentre le censure da questi proposte in ordine alla verosimile durata della prestazione e ai modi e ai tempi in cui la stessa doveva essere calcolata, finiscono sostanzialmente per riproporre, argomenti già esposti in sede di appello, che tuttavia risultano ampiamente vagliati e correttamente disattesi dalla Corte territoriale, ovvero a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali, fondata su una valutazione alternativa delle fonti di prova, in tal modo richiedendo uno scrutinio improponibile in questa sede.
4. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso proposto dalla difesa del V.M. atteso che il giudice distrettuale ha adeguatamente rappresentato come la mancata predisposizione del DVR si pose come antecedente causale dell'Infortunio occorso alla persona offesa, laddove la mera fornitura del materiale necessario per la realizzazione della torre anemometrica corredato da istruzioni che ammonivano a non operare sotto il palo, non poteva costituire sufficiente adempimento agli obblighi gravanti sul committente soprattutto riguardo allo svolgimento delle lavorazioni interferenti o alla prevenzione di infortuni non direttamente collegati al montaggio della installazione.
Se da un lato gli interventi di installazione della torre costituivano l'epicentro del rischio sottoposto al diretto controllo e quindi alla garanzia del responsabile della ditta appaltatrice, le cautele indicate nelle istruzioni non esaurivano l'ambito del rischio garantito quando, come nel caso in specie, all'Interno dell'area di lavorazione presidiata dalla disciplina cautelare, venivano a confluire figure professionali terze, pure presenti nel cantiere in quanto prestatori di opera espressamente autorizzati ad operare sulla base dello stesso contratto di appalto che regolava i rapporti dell'appaltatore con la ditta committente, e pertanto per tali ipotesi avrebbero dovuto trovare espansione gli oneri di cooperazione e di coordinamento richiamati dalla disciplina normativa di cui in imputazione.
5. Infondato è altresì il primo motivo di ricorso della difesa del M.P. rivolto a censurare la motivazione del giudice di merito in relazione all'addebito della omessa predisposizione di cautele in fase esecutiva nel montaggio della torre anemometrica, sul presupposto che tali cautele avrebbero dovuto essere osservate primariamente dalla ditta facente capo alla persona offesa. 
Sul punto invero il giudice distrettuale ha dato ampio e logico conto del fatto che la condotta del P.L. fu tutt'altro che eccentrica ed esorbitante rispetto alle lavorazioni che la persona offesa era stata chiamata a svolgere ma che, al contrario, la fase di interdizione alla zona interessata al tiraggio dei cavi che dovevano sostenere la struttura anemometrica, rientrava appieno nella area di rischio presidiata dalla ditta appaltatrice e per essa all'imputato M.P..
5.1 Invero ai fini della operatività degli obblighi di coordinamento e di cooperazione connessi all'esistenza di un rischio interferenziale, dettati dall'art. 26 D.Lgs.vo 9.4.2008 n.81, occorre avere riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra imprese che cooperano tra loro, quali il contratto di appalto, di opera o di somministrazione, ma all'effetto che tale rapporto origina, ovvero alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano nel medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per la incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte (sez.IV, 7.6.2016, P.C. in proc. Carfì e altri, Rv. 267687; 17.6.2015, Mancini, Rv. 264957). Invero con riferimento alla posizione del subappaltatore il S.C. ha affermato che in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro il sub committente è sollevato dai relativi obblighi solo ove i lavori siano subappaltati per intero, cosicché non possa più esservi alcuna ingerenza da parte dello stesso nei confronti del subappaltatore (sez.IV, 5.6.2008, Riva e altro, Rv. 240314; sez.IV 20.11.2009, Fumagalli e altri, Rv.246302).
5.2 Nel caso in esame invero la persona offesa, come correttamente rappresentato dal giudice di appello, non era intenta nella propria prestazione lavorativa, che era terminata, ma nondimeno aveva interferito con la fase esecutiva del montaggio della torre, interferenza che rientrava appieno all'interno della sfera del rischio governata dai soggetto titolare del rapporto di garanzia. Orbene la motivazione risulta del tutto corretta ed è altresì coerente con l'orientamento del giudice di legittimità che ha precisato che è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale è il comportamento eccentrico ed esorbitante le proprie mansioni (vedi sez.IV, 28.4.2011, Millo e altri, Rv. 250710; 10.10.2013, Rovaldi, Rv.259313; 23292; 5.3.2015, Guida, Rv.263386).
6. I ricorsi vanno pertanto rigettati e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il giorno 13 Giugno 2018.

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Ricostituzione Comitato di gestione Casellario centrale infortuni

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cassellario infortuni INAL

Decreto Ministeriale del 12/10/2018

Ricostituzione del Comitato di gestione del Casellario centrale infortuni, presso l’INAIL

Il Casellario Centrale Infortuni è una banca dati pubblica che raccoglie tutti gli infortuni che hanno prodotto invalidità permanente o morte e sono stati accertati da un Istituto Assicuratore (Decreto legislativo n. 38 del 23 febbraio 2000 - Capo IV).

La funzione pubblica riconosciuta al Casellario è svolta sotto la vigilanza del Ministero del Lavoro, avvalendosi delle strutture e delle risorse organizzative poste a disposizione dall'INAIL.

La banca dati è alimentata dagli Utenti del Casellario (INAIL, ENPAIA, INPGI e Imprese di assicurazione) che gestiscono assicurazioni obbligatorie e facoltative. L'INAIL e le imprese assicuratrici sono i principali fornitori di dati: l'INAIL per gli infortuni e le malattie professionali, le imprese per gli infortuni da Responsabilità Civile Auto e per quelli da assicurazioni facoltative.

A ciascun nominativo di infortunato il Casellario è in grado di associare la storia di tutti gli infortuni accertati, sia lavorativi che non lavorativi, e delle malattie professionali.

La banca dati è al servizio degli stessi Utenti che la alimentano: la conoscenza analitica dei precedenti infortunistici supporta le attività antifrode; la conoscenza aggregata dei dati infortunistici consente invece analisi di tipo più strettamente statistico.

Ad oggi quindi il Casellario rappresenta la Banca dati nazionale del fenomeno infortunistico.

Il Casellario elabora le informazioni presenti nei propri archivi per mettere in luce vari aspetti significativi del fenomeno infortunistico. Le elaborazioni sono rese disponibili in forma aggregata per studi e ricerche, anche attraverso la pubblicazione e la diffusione del proprio Rapporto Statistico annuale.

https://casellario.inail.it/cs/cci/home.html

____________

Articolo 1 D.M. 12.10.2018 (Composizione del Comitato)

1. A decorrere dalla data del presente decreto, e per la durata di un quadriennio, è ricostituito, presso l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, il Comitato di gestione del Casellario centrale infortuni, composto dai seguenti membri:

- Dott.ssa Maria Teresa PALATUCCI in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con funzioni di Presidente
- Dott. Stefano TOMASINI in rappresentanza dell’INAIL
- Dott. Alfredo NICIFERO in rappresentanza dell’INAIL (settore marittimo ex IPSEMA)
- Dott. Amedeo BOGLIACCINO in rappresentanza dell’INPS (utenza pubblica diversa dall’INAIL)
- Dott. Valerio Maria PUNZI in rappresentanza dell’ENPAIA
- Dott. Umberto GUIDONI in rappresentanza dell’ANIA
- Dott. Sergio GERMANO dirigente responsabile del Casellario Centrale infortuni
- Dott. Stefano RICCI esperto

Fonte: MLPS

Circolare CNI 296/2018 - Accordo Stato Regioni 128/2016

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Circolare 296

Circolare CNI 296/2018 - Accordo Stato Regioni 128/2016 Formazione RSPP e CSP/CSE

CNI- 16 Ottobre 2018

Oggetto: Le modifiche dell'Accordo Stato Regioni n° 128 del 7 luglio 2016 inerenti la formazione e l'aggiornamento per RSPP e CSP/CSE.

- Assolvimento dell'aggiornamento per ii tramite di convegni e seminari.

- Il quinquennio di aggiornamento.

- Tabelle riepilogative criteri dei corsi di formazione/aggiornamento per RSPP/ASPP e Coordinatori.

...

ACCORDO FORMAZIONE RSPP 2016

Accordo finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.
Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281

Conferenza Stato-Regioni 
Repertorio atti n. 128/CSR del 7 luglio 2016

Entrata in vigore: 3 Settembre 2016 (15 gg dalla data di pubblicazione in Gazzetta n. 193 del 19 Agosto 2016 - Art. 13)
Periodo transitorio: 2 Settembre 2017 (dodici mesi dall'entrata in vigore possono essere attivati Corsi secondo Accordo 20.01.2006 - Art. 14)

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Fonte: CNI

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Provvedimento 17 settembre 2008

ID 7040 | | Visite: 5893 | Conferenza Stato-Regioni

Sicurezza lavoro accertamento di assenza di tossicodipendenza

Provvedimento della Conferenza Stato-Regioni del 17 settembre 2008

Accordo, ai sensi dell'articolo 8, comma 2 dell'Intesa in materia di accertamento di assenza di tossicodipendenza, perfezionata nella seduta della Conferenza Unificata del 30 ottobre 2007 (Rep. Atti n. 99/CU), sul documento recante «Procedure per gli accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope in lavoratori addetti a mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l'incolumita' e la salute di terzi». (Rep. Atti n. 178/CSR)

(GU n.236 del 08-10-2008)
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Accordo CSR del 13/07/2017 (rinvio intesa CSR alla data del 21.08.2023)

Individuazione delle attività lavorative che comportano, in caso di infortunio nell'espletamento delle relative mansioni, un elevato rischio per la sicurezza, l'incolumità e la salute per i lavoratori e per i terzi

Ritenuto necessario sotto tale profilo superare l'attuale condizione dì individuazione dì mansioni diverse per l'alcol e per le sostanze stupefacenti e psicotrope, previste rispettivamente nell'intesa del 16 marzo 2006 e nell'intesa del 30 ottobre 2007, con l'individuazione di una unica tabella delle le mansioni a rischio per le quali sia prevista la sorveglianza sanitaria a tutela del lavoratore e dei terzi.

Schema Accordo CSR del 13 luglio 2017


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Linee guida sicurezza volontari di protezione civile

ID 7177 | | Visite: 7540 | Documenti Sicurezza Enti

Linee guida protezione civile

Linee guida sicurezza volontari di protezione civile

Sicurezza volontari di protezione civile: linee guida con proposte di standard su DPI, attività formative e addestrative e per il controllo sanitario

6 novembre 2018

I settori operativi interessati dalle linee guida riguardano logistica, rischio idraulico, preparazione e somministrazione dei pasti.

Definire indicazioni di massima in materia di dispositivi di protezione individuale, attività formative e addestrative e controllo sanitario per i volontari impegnati in compiti legati alla logistica, al rischio idraulico, alla preparazione e alla somministrazione dei pasti: è questo l’obiettivo delle linee guida.

Questi documenti sono frutto di un lavoro condiviso - sui tre ambiti operativi - da parte di tre specifici gruppi di lavoro, costituiti su richiesta della Consulta Nazionale del volontariato.

I gruppi di lavoro tematici, formati da volontari individuati dalle Regioni, dalle Organizzazioni di rilievo nazionale e da funzionari esperti appartenenti ad alcune strutture regionali di protezione civile e al Dipartimento, hanno realizzato le linee guida con l’obiettivo di fornire utili suggerimenti finalizzati a perseguire, con azioni concrete, migliori livelli di sicurezza per gli operatori e per le persone a cui viene prestato soccorso. Nella stesura delle linee guida si è tenuto conto di quanto previsto nel documento sui Dispositivi di Protezione Individuale, redatto dal Tavolo Tecnico delle Regioni.

Le proposte elaborate dai tre tavoli hanno riscontrato il parere favorevole sia della Consulta Nazionale del Volontariato sia della Commissione Speciale Protezione Civile delle Regioni e delle Province Autonome e definiscono gli standard minimi per le attività formative, i protocolli sanitari e la dotazione dei Dispositivi di protezione individuale per i volontari che si trovano ad operare in uno dei settori presi in esame.

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In allegato:

- Linee guida rischio idraulico
- Scheda sorveglianza arginale
- Scheda svuotamento livelli allagati
- Scheda uso barche e gommoni
- Scheda opere provvisionali
- Commenti e sintesi linee guida rischio idraulico
- Linee guida logistica
- Scheda conduzione mezzi speciali
- Scheda conduzione veicoli
- Scheda Gestione Impianti Elettrici
- Scheda gestione impianti igienico-sanitari
- Scheda gestione impianti termici
- Scheda Uso di attrezzature speciali
- Scheda montaggio strutture leggere
- Scheda supporto operativo alle operazioni di sollevamento
- Scheda movimentazione materiali di carico
- Linee guida somministrazione pasti
- Scheda lavaggio utensili, pulizia, igienizzazione e smaltimento
- Scheda lavorazione materia prima
- Scheda preparazione e somministrazione pasti
- Scheda somministrazione
- Scheda ricezione, scarico e stoccaggio delle merci

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Fonte: Protezione Civile

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Allegato riservato Scheda Uso di attrezzature speciali.pdf
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Allegato riservato Scheda supporto operativo alle operazioni di sollevamento.pdf
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Allegato riservato Scheda sorveglianza arginale.pdf
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Allegato riservato Scheda somministrazione.pdf
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Allegato riservato Scheda ricezione, scarico e stoccaggio delle merci.pdf
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Allegato riservato Scheda preparazione e somministrazione pasti.pdf
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Allegato riservato Scheda movimentazione materiali di carico.pdf
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Allegato riservato Scheda montaggio strutture leggere.pdf
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76 kB 37
Allegato riservato Scheda lavorazione materia prima.pdf
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Allegato riservato Scheda lavaggio utensili, pulizia, igienizzazione e smaltimento.pdf
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Allegato riservato Scheda gestione impianti termici.pdf
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Allegato riservato Scheda gestione impianti igienico-sanitari.pdf
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Allegato riservato Scheda Gestione Impianti Elettrici.pdf
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Allegato riservato Scheda conduzione veicoli.pdf
Scheda conduzione veicoli
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Allegato riservato Scheda conduzione mezzi speciali.pdf
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Allegato riservato Linee guida somministrazione pasti.pdf
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Allegato riservato Linee guida logistica.pdf
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Allegato riservato Commenti e sintesi linee guida rischio idraulico.pdf
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Decreto 31 agosto 2006

ID 7174 | | Visite: 4452 | Prevenzione Incendi

Decreto 31 agosto 2006 

Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione.
(GU  n.213 del 13-09-2006)

Il presente Decreto è abrogato da:

Decreto 23 ottobre 2018
Regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione.
(GU Serie Generale n.257 del 05-11-2018)

Decreto 23 ottobre 2018

ID 7162 | | Visite: 9258 | Prevenzione Incendi

RT impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione

Decreto 23 ottobre 2018 | RT impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione

Regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione.

(GU Serie Generale n.257 del 05-11-2018)

Entrata in vigore: 05 dicembre 2018

Art. 1. Scopo e campo di applicazione

1. Il presente decreto disciplina, ai fini della prevenzione incendi, la progettazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione.

Art. 2. Obiettivi

1. Ai fini della prevenzione incendi, allo scopo di raggiungere i primari obiettivi di sicurezza relativi alla salvaguardia delle persone e alla tutela dei beni contro i rischi di incendio, le attività di cui all’art. 1 sono realizzate e gestite in modo da:
a) minimizzare le cause di incendio e di esplosione;
b) limitare, in caso di evento incidentale, danni alle persone;
c) limitare, in caso di evento incidentale, danni ad edifici o locali contigui;
d) permettere ai soccorritori di operare in condizioni di sicurezza.

Art. 3. Disposizioni tecniche

1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di cui all’art. 2, è approvata la regola tecnica di cui all’allegato 1 che costituisce parte integrante del presente decreto.

Art. 4. Applicazione delle disposizioni tecniche

1. Le disposizioni del presente decreto si applicano agli impianti di distribuzione stradale di idrogeno gassoso di nuova realizzazione e agli impianti esistenti in caso di modifiche previste a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Nel caso in cui ricorrono le condizioni previste dall’art. 7, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, è possibile progettare gli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione secondo norme tecniche internazionali riconosciute, quale la norma ISO 19880-1, fatte salve le ulteriori disposizioni normative comunque applicabili.
3. Le procedure previste dall’art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, si applicano, altresì, anche nei casi riportati al punto 3.2 e al punto 6.2 della regola tecnica allegata al presente decreto.

Art. 5. Ubicazione

1. Gli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione non possono sorgere:
a) nella zona territoriale omogenea totalmente edificata, individuata come zona A nel piano regolatore generale o nel programma di fabbricazione, ai sensi dell’art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 e, nei comuni sprovvisti dei predetti strumenti urbanistici, all’interno del perimetro del centro abitato, delimitato a norma dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, quando, nell’uno e nell’altro caso, la densità media dell’edificazione esistente nel raggio di 200 m dal perimetro degli elementi pericolosi dell’impianto, come definiti al punto 1.2.3 dell’allegato al presente decreto, risulti superiore a 3 m³ per m²;
b) nelle zone di completamento e di espansione dell’aggregato urbano indicato nel piano regolatore generale o nel programma di fabbricazione, nelle quali sia previsto un indice di edificabilità superiore a 3 m³ per m²;
c) nelle aree, ovunque ubicate, destinate a verde pubblico.
2. Il divieto di cui al comma 1, lettera b) , non si applica agli impianti di distribuzione alimentati da condotta che siano dotati di capacità di smorzamento/accumulo non superiore a 500 Nm³ di gas; in tali impianti non è consentita la produzione in sito superiore alla capacità di 50 Nm³/h né l’uso dei carri bombolai, neanche per l’alimentazione di emergenza.
3. Il divieto di cui al comma 1, lettera c) , non si applica agli impianti di distribuzione alimentati da condotta che siano dotati di capacità di smorzamento/accumulo non superiore a 500 Nm³ di gas nel caso in cui gli strumenti urbanistici comunali ammettano la presenza di distributori di carburanti nelle aree destinate a verde pubblico; in tali impianti non è consentita la produzione in sito superiore alla capacità di 50 Nm³/h né l’uso dei carri bombolai, neanche per l’alimentazione di emergenza.
4. L’attestazione che l’area prescelta per l’installazione dell’impianto non ricada in alcuna delle zone o aree precedentemente indicate è rilasciata dal competente ufficio dell’amministrazione comunale.
5. Qualora dovessero mutare i requisiti urbanistici di cui al presente articolo che consentivano l’esercizio dell’attività, vengono meno i requisiti e i presupposti per l’esercizio dell’attività ai fini antincendio.

Art. 6. Prodotti antincendio

1. I prodotti per uso antincendio, impiegati nel campo di applicazione del presente decreto, devono essere:
a) identificati univocamente sotto la responsabilità del produttore, secondo le procedure applicabili;
b) qualificati in relazione alle prestazioni richieste e all’uso previsto;
c) accettati dal responsabile dell’attività, ovvero dal responsabile dell’esecuzione dei lavori mediante acquisizione e verifica della documentazione di identificazione e qualificazione.
2. L’impiego dei prodotti per uso antincendio è consentito se: gli stessi sono utilizzati conformemente all’uso previsto, se sono rispondenti alle prestazioni richieste dal presente decreto e se:
a) sono conformi alle disposizioni comunitarie applicabili;
b) sono conformi, qualora non ricadenti nel campo di applicazione di disposizioni comunitarie, alle apposite disposizioni nazionali applicabili, già sottoposte con esito positivo alla procedura di informazione di cui alla direttiva 98/34/CE e successive modifiche, che prevedono apposita omologazione per la commercializzazione sul territorio italiano e a tal fine il mutuo riconoscimento;
c) qualora non contemplati nelle lettere a) e b) , sono legittimamente commercializzati in uno degli Stati della Unione europea o in Turchia in virtù di specifici accordi internazionali stipulati con l’Unione europea, ovvero legalmente
fabbricati in uno degli Stati firmatari dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA), parte contraente dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), per l’impiego nelle stesse condizioni che permettono di garantire un livello di protezione, ai fini della sicurezza dall’incendio, equivalente a quello previsto nelle norme tecniche allegate al presente decreto.
3. L’equivalenza del livello di protezione, garantito dai prodotti per uso antincendio di cui al comma 2, è valutata, ove necessario, dal Ministero dell’interno applicando le procedure previste dal regolamento (CE) n. 764/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008.

Art. 7. Disposizioni finali

1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato il decreto del Ministro dell’interno 31 agosto 2006, recante: «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione.».
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Cassazione Civile Sent. Sez. L n. 27653 | 30 Ottobre 2018

ID 7145 | | Visite: 2353 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione civile

Indennità di rischio da esposizione a radiazioni ionizzanti

Civile Ord. Sez. L Num. 27653 Anno 2018

Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: DE FELICE ALFONSINA
Data pubblicazione: 30/10/2018

Ritenuto che:

la Corte d'Appello di Roma, a conferma della pronuncia del Tribunale, ha accertato il diritto di F.B., dipendente Ispesl (ora Inail), addetto al compito di eseguire radiografie e raggi X presso la "XII l'Unità - Controlli non Distruttivi" del Dipartimento Tecnologie di Sicurezza dell'Ente, a vedersi riconosciuta l'indennità di rischio da esposizione a radiazioni ionizzanti a far data dal 2/7/1998, ai sensi dell'art. 47 c.c.n.l. per il personale del comparto istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione, per rientrare lo stesso nella categoria A) di cui al d.lgs. n.230/1995. La Corte territoriale ha accertato che, non essendo stata contestata nel corso del giudizio l'appartenenza alla categoria A) dell'appellato, essa spiegasse i suoi effetti fin dal 1998, e non dal 2008, data in cui la Commissione tecnica nominata dall'Ente ai sensi dell'art. 26 del d.P.R. n. 171/1991, e richiamata anche dai successivi contratti collettivi nazionali per il personale delle Istituzioni e degli Enti di Ricerca e Sperimentazione (1994/1997 e 1998/2001), aveva operato la verifica della categoria di appartenenza del lavoratore. A tanto era giunta la Corte di merito ritenendo che la predetta classificazione derivasse da classificazioni oggettive del personale e non necessitasse, quindi, di una verifica ex post ad opera dell'organismo di valutazione;
avverso tale pronuncia ricorre per cassazione l'Inail con un'unica censura, cui resiste con tempestivo controricorso, illustrato da memoria, F.B..

Considerato che:

con l'unica censura, formulata ai sensi dell'art. 360, co.l, n.3 cod. proc. civ., il ricorrente Istituto contesta "Violazione degli art. 1362 cod. civ. e ss., in relazione all'art. 54 del c.c.n.l. 1994/1997, all'art. 47 del c.c.n.l. 1998/2001 ed all'art. 42 del c.c.n.l. 2002/2005 del comparto della ricerca; violazione dell'art. 26 del d.P.R.n.171/1991 e della disciplina introdotta dal d.lgs. n.230/1995". Che l'interpretazione della Corte territoriale non sarebbe coerente con l'impianto normativo e giurisprudenziale consolidato in materia di indennità di rischio da radiazioni, nel tempo oggetto di una serie di interventi non sempre facilmente ricostruibili. Sebbene con l'emanazione del d.lgs. n.230/1995, il legislatore abbia introdotto puntuali definizioni degli indicatori da esposizione professionale al rischio di radiazioni, ciò non sarebbe sufficiente a far ritenere il diritto all'indennità sorto automaticamente, in quanto il richiamo da parte dei contratti collettivi sia all'art. 26 del d.P.R. n.171/1991, sia al d.Lgs. n.230/1995, confermerebbe che le parti sociali abbiano voluto mantenere inalterato il meccanismo previsto dall'art. 26 del d.P.R. n.171/1991, che subordina la corresponsione dell'indennità di rischio alla verifica da parte dell'apposita Commissione di valutazione. Pertanto, poiché la Commissione tecnica nominata dall'lspesl (delib. dir. n. A0015/0001424 del 17/4/2008) aveva accertato l'appartenenza alla categoria A) dell'appellato solo nella seduta del 6/10/2008, nessuna indennità avrebbe dovuto essere riconosciuta per il periodo precedente, dovendo escludersi che la valutazione potesse essere ricondotta - come erroneamente ha ritenuto la Corte d'Appello - a "classificazioni assolutamente oggettive del personale" (p.5 sent.); la censura presenta profili di inammissibilità e di infondatezza;
Sotto il primo aspetto, questa Corte in controversia sovrapponibile ha già evidenziato come la difesa dell'Inail si limiti a censurare genericamente la ratio deciderteli riguardante l'affermato diritto dell'appellato a vedersi riconoscere l'indennità di rischio ex iurte, affermando in modo apodittico che nessuna indennità potrebbe essere riconosciuta per il periodo antecedente al 6 ottobre 2008 (p. 12 sent.) (Cass. n.31081/2017);
l'inammissibilità della censura consegue anche dal non avere, parte ricorrente, formulato specifiche doglianze rispetto all'altra ratio decidendi concernente l'accertamento della natura dichiarativa dell'attività della Commissione tecnica di valutazione da cui viene fatta discendere la decorrenza ex iure del beneficio in capo all'appellato. La difesa di parte ricorrente lascia presumere di propendere per la tesi della natura costitutiva dell'accertamento dell'organo di valutazione e dell'efficacia ex nunc della classificazione in categoria A), ai fini dell'attribuzione dell'indennità nella misura prevista per la fascia più alta di valutazione del rischio da radiazioni ionizzanti, secondo i criteri di cui al d.lgs. n.230/1995, ma non contesta, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione, la conclusione raggiunta dal Giudice dell'Appello. (Sez. Un. n.7931/2013); trova applicazione, di conseguenza, il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui, quando una sentenza è sorretta da una pluralità di ragioni distinte ed autonome, ciascuna delle quali da una pluralità di ragioni distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l'omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l'annullamento della sentenza (da ultimo Cass. n.9752/2017, richiamata anche da Cass n.31081/2017 cit.);
la censura è, altresì infondata nel merito, avendo la giurisprudenza di questa Corte già ritenuto che l'interpretazione delle norme in materia di indennità di rischio operata dai giudici del merito non solo non viola alcun canone interpretativo, così come vorrebbe la difesa dell'Inail, ma produce l'effetto di valorizzare interamente il sistema scaturito dalle progressive riforme che hanno interessato la materia. Quanto alla misura dell'indennità, essa risulta sempre disciplinata dall'art. 26 del d.P.R. n.171/1991, mentre, quanto all'individuazione dei beneficiari vale la nuova classificazione operata dal successivo d.lgs. n.230/1995, così che, per effetto della lettura combinata delle due normative, nel nuovo sistema, ai lavoratori maggiormente esposti (Categoria A) spetta l'indennità di rischio nella misura massima, mentre ai lavoratori esposti in misura inferiore (Categoria B) spetta l'indennità in misura minore (in tal senso, da ultimo cfr. Cass. n. 21666/2017);
siffatta conclusione legittima, pertanto, l'affermazione della Corte territoriale circa la natura dichiarativa dell'accertamento tecnico, in quanto la legge ha inteso affidare il nuovo sistema di classificazione "...a criteri assolutamente oggettivi" e, pertanto, esso spiega effetti anche per il periodo antecedente all'accertamento tecnico di natura di dichiarativa;
in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.



P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, nei confronti del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 4.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell'art. 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso nell'Adunanza Camerale del 21 febbraio 201/

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Allegato riservato Civile Ord. Sez. L Num. 27653 Anno 2018.pdf
 
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Circ. CNI n. 296/XIX del 16/10/2018

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Circ. CNI n. 296/XI del 16/10/2018

Le modifiche dell'Accordo State Regioni n° 128 del 7 luglio 2016 inerenti la formazione e l'aggiornamento per RSPP e CSP/CSE.

Assolvimento dell'aggiomamento per ii tramite di convegni e seminari.

II quinquennio di aggiornamento.
Tabelle riepilogative criteri dei corsi di formazione/aggiornamento per RSPP/ASPP e Coordinatori.

Chiarimenti

Oggetto chiarimenti Soggetti interessati dalla circolare ed
obblighi formativi di aggiornamento professionale
Riferimento 
Normativo
  RSPP/ASPP CSE/CSP  
Numero di partecipanti al corso di aggiornamento 35 35 D.Lgs. 6 mazo 2013
Docenti che possono tenere i corsi di aggiornamento D.Lgs. 6 marzo 2013
Art. 6, comma 8 m-bis
Possibilità di apprendimento tramite e-learning? Si Si Allegato II accordo n. 128
7 luglio 2013
C’è la possibilità del riconoscimento dei CFP con contenuti sovrapposti? Si Si Legge n. 98/2013
Allegato III accordo
E’ possibile l’aggiornamento tramite convegni/seminari Si Si Punto n. 9
Accordo n. 128 del 7 luglio 2013
% ore convegni/seminari a fronte del monte ore totale di aggiornamento 50%
Ovvero
10 ore ASPP
20 ore RSPP
100%
Ovvero
40 ore
Occorre seguire ESCLUSIVAMENTE i corsi di aggiornamenti corrispondenti alla propria competenza? NO
Anche corsi per CSE/CSP
NO
Anche corsi per RSPP/ASPP
Tabb. 1.3 – 1.4
Circolare Cni
+
All. XIV D.Lgs. n. 81/2008
Quinquennio di formazione/aggiornamento – Dimostrazione di aver partecipato a corsi di aggiornamento nel quinquennio precedente;
– Vita lavorativa attiva
– Partecipazione a corsi rivolti a RSPP/ASPP da parte dei CS e viceversa
Punto n. 10
Accordo n. 128 del  luglio 2013


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Cassazione Civile Sent. Sez. L n. 26497 | 19 Ottobre 2018

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Sentenze cassazione civile

Infortunio durante l'attraversamento di una zona di pericolo

Mancata segnalazione e responsabilità del datore di lavoro

Civile Sent. Sez. L Num. 26497 Anno 2018

Presidente: BERRINO UMBERTO
Relatore: RIVERSO ROBERTO
Data pubblicazione: 19/10/2018

Ritenuto

La Corte d'Appello di L'Aquila con sentenza n. 508/2013 rigettava l'appello proposto dalla W.T. S.p.A. avverso la sentenza che in accoglimento dell'azione di regresso ex artt. 10 e 11 d.p.r. 1124/65 proposta dall'Inail, aveva condannato l'appellante al pagamento in favore del predetto Istituto della complessiva somma di euro 36.993,39 oltre accessori, a titolo di prestazioni assicurative erogate in favore del lavoratore DM.M. in seguito all'infortunio sul lavoro occorsogli in data 21 giugno 1996 presso il reparto W.T. 2 (lavorazione acciaio inox) all'interno dello stabilimento della società appellante mentre attraversava una zona di pericolo e nello stesso momento in cui venivano movimentati carichi pesanti, di per sé potenzialmente pericolosi.
A fondamento della sentenza la Corte d'Appello rigettava l'eccezione di decadenza triennale sollevata dall'appellante; rigettava inoltre la censura in ordine alla carenza di prova della responsabilità della società appellante ex articolo 2087 c.c. e per illegittima inversione dell'onere probatorio, atteso che la società non aveva allegato alcuna concreta circostanza di fatto in ordine all'adozione di misure di sicurezza ed all'avvenuta "segnalazione in modo chiaramente visibile di tali zone"; come aveva confermato il medico funzionario dell'Asl dott. M. che aveva effettuato l'accesso in loco a seguito dell'incidente, il quale - a prescindere dalle generiche ed ininfluenti affermazioni in ordine al mancato riscontro di violazioni della normativa antinfortunistica ed al carattere episodico dell'incidente - aveva pure dichiarato che l'accaduto fosse ascrivibile alla non stretta osservanza punti 7 e 8 dell'articolo 8 del d.p.r. 547/55; pertanto non avendo il datore di lavoro assolto all'onere probatorio su di lui gravante doveva ritenersi dimostrata la violazione delle norme indicate e sussistente quindi la responsabilità civile ex artt. 10 e 11 del d.p.r. 1124/65 nei confronti dell'Inail che agiva in regresso.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la W.T. S.p.A. con un motivo illustrato da memoria, al quale ha resistito l'Inail con controricorso.

Considerato

1. - Con l'unico motivo di ricorso la W.T. S.p.A denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 2087 c.c. e dell'articolo 8, punti 7-8 del D.P.R. 547/55; illegittima inversione dell'onere probatorio; insufficienza e/o contraddittorietà e/o illogicità della motivazione in ordine ai risultati dell'istruzione probatoria. Ultra petizione. Ad illustrazione delle censure la ricorrente sosteneva che la Corte territoriale fosse giunta a confermare la sussistenza della responsabilità in capo alla società ricorrente sulla base della asserita violazione degli obblighi di cui al combinato disposto delle norme sopraindicate incorrendo nell'errore di ritenere che il nesso eziologico, la cui prova incombe sul lavoratore, fosse quello tra la prestazione lavorativa e danno, mentre l'onere gravante sul lavoratore è quello di dimostrare, in via prioritaria e logicamente antecedente, il nesso causale tra l'infortunio subito e l'ambiente di lavoro; la Corte aveva inoltre affermato la responsabilità datoriale nella produzione dell'incidente prescindendo completamente dal dato emerso in istruttoria dalla quale si evinceva che l'incidente avesse avuto una causa meramente accidentale, non prevedibile né altrimenti evitabile; tanto più che sulla base degli stessi elementi istruttori il procedimento penale era stato archiviato. La Corte d'Appello aveva pure inteso in modo parziale e fuorviante il resoconto tecnico del funzionario dell'Asl Dottor M. sull'intera dinamica del sinistro, nonché sul relativo stato dei luoghi. La valutazione del consulente sulla genesi fortuita dell'incidente era stata infatti relegata a fattore irrilevante e generico, sicché l'interpretazione adottata nella sentenza finiva per affermare che il datore fosse tenuto ad adottare misure di prevenzione che - considerata la natura fortuita dell'evento - non avrebbero comunque potuto evitarne il verificarsi. In definitiva, secondo la ricorrente, i giudici avevano imposto un comportamento professionale di contenuto indefinibile ed approssimativo, in quanto diretto a prevenire un rischio che si era accertato avere avuto una causa del tutto accidentale, finendo per configurare una vera e propria responsabilità oggettiva a carico del datore, violando così la consolidata giurisprudenza secondo cui l'articolo 2087 c.c. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva^on potendosi desumere dalla stessa norma la prescrizione di un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile ed innominata diretta ad evitare un qualsiasi danno, con la conseguenza di ritenere automatica la responsabilità del datore di lavoro ogniqualvolta un evento dannoso si sia comunque verificato.
2. - Va anzitutto respinta anzitutto l'eccezione preliminare di inammissibilità sollevata dall'Inail dato che, al contrario di quanto ritenuto dall'Istituto, le censure sollevate in ricorso possono essere individuate specificamente, ancorché siano stati allegati alcuni stralci di copia dei provvedimenti di primo e di secondo grado, e l'annullamento della sentenza d'appello sia stato richiesto con un unico motivo comprensivo della violazione di legge, del vizio di motivazione e di quello di ultrapetizione.
3. - Tanto premesso, il ricorso deve essere disatteso nel merito.
E' noto infatti che, in base all'attuale configurazione dell'ordinamento, ai fini dell'azione di regresso esercitabile dall'INAIL nei confronti del datore di lavoro o degli altri corresponsabili del fatto reato (Cass. n. 12561/2017) in seguito ad infortunio o malattia professionale, come ai fini dell'azione di danno differenziale promossa dal lavoratore - entrambe assoggettate allo stesso regime normativo ai sensi degli artt.10 e 11 DPR 1124/65 - occorre che venga dedotta in giudizio l'illiceità penale del fatto, accertabile incidenter tantum anche in sede civile, per un reato perseguibile d'ufficio. E' necessario quindi, quantomeno, che sia stato allegato che in seguito ad infortunio o a malattia professionale sia sopravvenuto un periodo di inabilità superiore a 40 giorni con violazione dell'art 2087 c.c. o di altre norme dettate per la prevenzione infortuni e malattie professionali .
Nel caso in esame la Corte d'Appello, premesso correttamente che la fattispecie configurasse un caso di responsabilità contrattuale e che la ripartizione dell'onere della prova fosse regolato secondo il regime degli artt. 1218 e 2087 c.c., ha affermato anzitutto, in fatto, che l'infortunio fosse avvenuto mentre il lavoratore attraversava una zona di pericolo ovvero nello stesso momento in cui venivano movimentati carichi pesanti, potenzialmente pericolosi; e che, in diritto, la responsabilità datoriale discendesse dalla violazione degli obblighi di prevenzione posti a carico del datore dagli artt. 2087 c.c. e dall'articolo 8, punti 7 e 8 del D.p.R. 547/55, dal momento che la società non aveva allegato alcuna concreta circostanza di fatto in ordine all'adozione di misure di sicurezza ed all'avvenuta "segnalazione in modo chiaramente visibile di tali zone". Era rimasto anzi positivamente acclarato che la stessa zona non fosse protetta e segnalata come avrebbe dovuto essere a norma di legge per evitare il pericolo per i lavoratori che vi transitavano di subire incidenti per la caduta di corpi dall'alto.
4. - Essendo state quindi commesse violazioni di natura prevenzionale, da porsi in relazione causale con l'infortunio subito dal lavoratore W.T., tutti i presupposti previsti dall'ordinamento per affermare la responsabilità civile del datore di lavoro nei confronti dell'Inail risultano integrati; e non può certo parlarsi di natura fortuita del fatto.
Pertanto la censura relativa alla violazione dell'onere della prova dell'Inail, o in ipotesi del lavoratore, sui quali in realtà - ferma l'allegazione dell'illiceità penale del fatto - incombe soltanto la prova del nesso causale tra infortunio e fatto, secondo lo schema della responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., è priva di fondamento essendo pure pacificamente accertato che nella fattispecie l'infortunio fosse avvenuto nel corso del lavoro e nell'ambiente di lavoro.
5. - Va poi chiarito che in proposito i giudici di merito non hanno affatto preteso che il datore dovesse adottare misure di sicurezza innominate, avendo bensì accertato il mancato rispetto di precise norme di sicurezza, puntualmente previste dalla legge ovvero la mancata adozione delle tipiche cautele dettate nei richiamati punti 7 e 8 dell'articolo 8 del d.p.r. 547/55, i quali prevedono appunto che il datore di lavoro obbligato debba prendere "misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo" ed inoltre che "le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile".
6. - Ovviamente, essendo venuta meno qualsiasi ipotesi di pregiudizialità penale, nessuna efficacia può avere in sede civile il fatto che in quella penale si fosse proceduto all'archiviazione del fatto, dovendo il giudice civile procedere ad una autonoma valutazione dell'esistenza del fatto reato e di tutti gli altri presupposti dell'azione civile esercitata dal lavoratore per il danno differenziale o dall'INAIL ai fini del regresso.
Nessuna inversione dell'onere della prova è stata dunque operata dai giudici di merito, così come nessun vizio di ultrapetizione risulta commesso. Del pari non risulta avvenuta alcuna violazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c., posto che le critiche sollevate in proposito, sotto il profilo motivazionale, nel ricorso sono del tutto generiche ed investono il fatto e l'accertamento spettante su di esso ai giudici deputati alla valutazione del merito. Nessuna omissione di un fatto decisivo rilevante è stata neppure prospettata, posto che, al contrario, anche la testimonianza del dott. M. dell'ASL è stata presa in considerazione in toto, valutata e valorizzata dalla Corte d'Appello in funzione probatoria secondo il proprio insindacabile giudizio, che risulta pure scevro da qualsiasi vizio di natura logica o giuridica.
7. In conclusione, per le esposte ragioni la sentenza impugnata si sottrae alle censure sollevate con il ricorso che va dunque rigettato. Le spese seguono la soccombenza come in dispositivo. Deve darsi atto inoltre che sussistono le condizioni richieste dall'art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.



P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in € 4200,00, di cui € 4000,00 per compensi professionali, oltre al 15% per spese generali ed oneri accessori. Ai sensi dell'art.13 comma 1 quater del Dpr 115 del 2002 da atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma Ibis dello stesso art. 13.
Roma, così deciso il 3.7.2018

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Sfide e cambiamenti SSL nell’era digitale

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Sfide e cambiamenti SSL era digitale

Sfide e cambiamenti per la salute e la sicurezza sul lavoro nell’era digitale

INAIL 2018

Seminario di aggiornamento dei professionisti Contarp, Csa, Cit

La quarta rivoluzione industriale è in pieno svolgimento, sono in atto rapidi cambiamenti nell’intero contesto sociale e sono in via di sviluppo paradigmi che stanno introducendo un nuovo concetto di “lavoro” nell’ambito della cosiddetta GIG economy.

Gli Atti del Seminario, che testimoniano l’interazione e la collaborazione dei professionisti della Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione, della Consulenza statistico attuariale e della Consulenza per l’innovazione tecnologica dell’Inail, racchiudono esempi concreti di approccio e di risoluzione di problematiche legate alla salute e sicurezza sul lavoro nell’era digitale e alle nuove modalità di lavoro.

Il seminario vuole stimolare momenti di riflessione sul contributo che le diverse professionalità dell’Inail possono fornire in merito a servizi innovativi e prodotti all’avanguardia nell’ottica di un sistema integrato a tutela del lavoratore.

Infatti, la quarta rivoluzione industriale è in pieno svolgimento, sono in atto rapidi cambiamenti nell’intero contesto sociale e sono in via di sviluppo paradigmi che stanno introducendo un nuovo concetto di “lavoro” nell’ambito della cosiddetta GIG economy.

Mentre si sta ragionando sugli impatti di tali profondi cambiamenti e sulle eventuali regolamentazioni da introdurre, lo scenario sta già nuovamente evolvendo.

Occorre affrontare con tempestività, in un percorso multi-disciplinare, i diversi temi economici e sociali che si presentano quali, in primo luogo, gli aspetti di salute e sicurezza sul lavoro, gli aspetti legali e finanziari, lo sviluppo delle competenze professionali, le questioni di tutela ambientale, di normazione e certificazione e non ultima la dimensione etica.

Inoltre, nonostante l’esplosione dell’Impresa 4.0, sono ancora diffusissimi i contesti produttivi non così evoluti e dinamici che ancora richiedono interventi per migliorare le condizioni di base di salute e sicurezza se non, addirittura per garantire la legalità del lavoro.

Inoltre, il seminario evidenzia sia i contributi con riflessi sul sistema produttivo e istituzionale sia quelli per il miglioramento e l’evoluzione dei processi interni, considerando che la partecipazione delle tre Consulenze alle attività Inail è tale da interessare ogni ambito della mission istituzionale dell’ente.

Queste giornate di approfondimento non solo tracciano una sintesi del lavoro svolto, ma vogliono proporre, facendo tesoro delle esperienze fatte, una riflessione sulle modalità tecniche di azione da mettere in campo per il miglioramento della tutela assicurativa, della prevenzione sul lavoro, delle attività di reinserimento socio-lavorativo, delle collaborazioni e delle relazioni istituzionali interne ed esterne all’Inail.

In linea con la strategia europea di “Vision zero” è giusto lavorare per coltivare il sogno di “zero infortuni” per essere attori del cambiamento e dell’innovazione nella quarta rivoluzione industriale.

Fonte: INAIL

Bozza RT gallerie stradali non appartenenti rete stradale transeuropea

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Bozza RT gallerie stradali non appartenenti rete stradale transeuropea

Bozza RT prevenzione incendi gallerie stradali non appartenenti alla rete stradale transeuropea

VVF Versione 09 Ottobre 2018

Regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio di gallerie stradali non appartenenti alla rete stradale transeuropea

...

0. Termini e definizioni
I termini utilizzati nella presente regola tecnica fanno riferimento alle definizioni riportate nel D. Lgs. 264/06 e nel DM 30.11.1983 nonché alle ulteriori seguenti definizioni: Accesso - passaggio dall'ambiente aperto al tracciato in sotterraneo della strada.

Area urbanizzata: zona territoriale omogenea totalmente edificata individuata come zona A nel piano regolatore generale o nel programma di fabbricazione ai sensi dell'art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444. Nei comuni sprovvisti dei predetti strumenti urbanistici, tale area coincide con quella situata all'interno del perimetro del centro abitato, delimitato a norma dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, quando la densità della edificazione esistente, nel raggio di duecento metri dagli accessi della galleria, risulti superiore a tre metri cubi per metro quadrato.

Attivazione - situazione nella quale un impianto di emergenza passa dalla modalità di funzionamento ordinario alla modalità di gestione dell'emergenza. L’attivazione può essere di tipo:

manuale - l'impianto è attivato da un operatore sulla base delle informazioni ricevute da altri sistemi;

automatica - l'impianto si attiva in automatico sulla base delle informazioni ricevute da altri sistemi;

semiautomatica - l'impianto viene attivato da parte di un operatore con l'aiuto di un sistema computerizzato, al quale l'operatore stesso fornisce alcune informazioni come dato di input. L'operatore potrebbe anche rifiutare l'attivazione.

Backlayering- fenomeno per cui uno strato di fumo fluisce in direzione contraria al flusso prevalente dell'aria all'interno di un tunnel.

Compartimento antincendio (o compartimento) - parte di un’opera da costruzione organizzata per rispondere alle esigenze della sicurezza in caso di incendio e delimitata da elementi costruttivi idonei a garantire, sotto l’azione del fuoco e per un dato intervallo di tempo, le caratteristiche di resistenza al fuoco. Qualora non sia prevista alcuna compartimentazione, si intende che il compartimento coincida con l'intera opera da costruzione.

di tipo protetto (o protetto): qualificazione di un volume all'interno della galleria costituente un compartimento antincendio.

Controllo - capacità di un impianto di emergenza di raggiungere determinati regimi di funzionamento (ad esempio velocità longitudinale). Il controllo può essere di tipo:

Automatico - un operatore sceglie i valori ed i parametri di riferimento dell'impianto di emergenza (ad esempio in funzione della localizzazione dell'incendio, delle condizioni di traffico) ed il valore viene inserito in un sistema di controllo a circuito chiuso.

A circuito aperto - il controllo dell'impianto è realizzato mediante regimi prefissati sulla base di scenari predefiniti (ad esempio posizione dell'incendio e situazione di traffico).

A circuito chiuso o in retroazione - il controllo dell'impianto è realizzato tramite un algoritmo che, sulla base di parametri misurati in tempo reale, modifica i regimi di funzionamento in maniera conseguente.

Manuale - il regime di funzionamento dell'impianto viene scelto da un operatore incaricato in un contesto logico di controllo a circuito aperto.

Semiautomatico - un operatore fornisce un dato di input ad un sistema computerizzato. Tale sistema, a sua volta, determina il regime di funzionamento dell'impianto.

[...] Segue in allegato

...

Fonte: CNI

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Circolare 2 marzo 2015

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Valutazione rischio stress lavoro correlato Personale PS

Circolare 2 marzo 2015

Valutazione del rischio stress lavoro-correlato nel personale che presta servizio nelle strutture centrali e periferiche dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza

MLPS
________

La valutazione del rischlo stress lavoro-correlato è parte integrante della valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro – prevista e disciplinata dal Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81 e ss.mm. (recante” Attuazione dell’articolo 1 della Legge 3 agosto 2007 n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”) – che la norma, come per tutti gli altri rischi, pone a carico del datore di lavoro, il quale la effettua avvalendosi del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e coinvolgendo il medico competente.

La Commissione Consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro – istituita dal predetto Decreto presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – il 17 /11/2010 ha approvato in proposito delle indicazioni metodologiche per la valutazione del rischio stress lavoro-correlato, diffuse il giorno successivo con circolare del predetto dicastero, pubblicata nella G.U. n. 304 del 30.12.2010.

Dette indicazioni hanno costituito la base dell’attività del Gruppo di lavoro nominato dal Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza con l’incarico di procedere alla individuazione, secondo criteri di omogeneità ed uniformità, delle procedure più idonee per la valutazione del rischio in argomento nel personale in servizio presso le strutture centrali e periferiche dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza, tenuto conto delle diverse attività afferenti ai compiti istituzionali svolti dai dipendenti.

Il Gruppo di lavoro ha elaborato le unite Linee Guida, che costituiscono la procedura operativa raccomandata per la valutazione del rischio stress lavoro-correlato nello specifico ambito applicativo in oggetto e rappresentano un solido punto di riferimento per tutti i soggetti che – con le responsabilità ed i compiti propri di ciascuno, secondo quanto previsto dalla specifica normativa – si occupano di salute e sicurezza nei luoglù di lavoro.

Nella consapevolezza della complessità della valutazione del rischio stress lavoro correlato – ancora oggetto di un vivace dibattito in ambito scientifico ed applicativo – si rappresenta che presso questa Direzione Centrale sarà costituito un Gruppo di Lavoro permanente sulla specifica materia, che potrà fungere da referente per la risoluzione di eventuali problematiche e per l’inoltro di quesiti relativi all’applicazione della procedura.

Si confida nel consueto impegno e nel senso di responsabilità già dimostrati nello specifico settore, facendo riserva di dotare codesti Uffici di un’applicazione informatica, in fase di realizzazione, per l’inserimento dei dati necessari ai fini della valutazione del rischio stress lavoro-correlato.

Accordo quadro europeo sullo stress nei luoghi di lavoro

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Accordo quadro europeo sullo stress nei luoghi di lavoro

Accordo quadro europeo sullo stress nei luoghi di lavoro

ID 7076 | 21.10.2018

Lo stress da lavoro è stato identificato a livello europeo, nazionale ed internazionale come elemento di preoccupazione sia per gli imprenditori che per i lavoratori. Avendo individuato la necessità di una specifica azione congiunta su questo tema e anticipando una consultazione della Commissione sullo stress, le parti sociali europee hanno incluso l’argomento nel programma di lavoro 2003-2005 del dialogo sociale.

Lo stress può potenzialmente colpire qualsiasi posto di lavoro e qualunque lavoratore, indipendentemente dalla grandezza dell’impresa, dal settore di attività o dal tipo di relazione contrattuale o di lavoro. In pratica, tuttavia, non tutti i posti di lavoro e non tutti i lavoratori ne possono essere necessariamente colpiti. Affrontare il problema dello stress da lavoro può portare ad una maggiore efficienza e ad una migliore salute e sicurezza sul lavoro, con il conseguente beneficio economico e sociale per le imprese, per i lavoratori e per l’intera società. La diversità all’interno della forza lavoro è un’importante elemento da considerare nell’affrontare i problemi legati allo stress da lavoro. 

Obiettivo Lo scopo del presente accordo è:

- aumentare la consapevolezza e la comprensione degli imprenditori, dei lavoratori e dei loro rappresentanti sullo stress da lavoro;
- portare la loro attenzione sui segnali che possono indicare problemi relativi allo stress da lavoro.

Obiettivo di questo accordo è fornire agli imprenditori e ai lavoratori una guida per identificare e prevenire o gestire i problemi derivanti dallo stress da lavoro. Non si vuole colpevolizzare il singolo individuo a causa dello stress.

Pur riconoscendo che le molestie psicologiche nei posti di lavoro sono potenziali elementi di stress legati al lavoro e che le parti sociali dell’UE, nel programma di lavoro 2003-2005 del dialogo sociale, esploreranno la possibilità di negoziare uno speciale accordo su tali temi, questo accordo non tratta di violenza, mobbing e stress post-traumatico.

UNICE/UEAPME, CEEP e CES (ed il comitato EUROCADRES/CEC) 2004

Recepimento Accordo

Il 09 giugno 2008 è signalto l’Accordo interconfederale per il recepimento dell’Accordo quadro europeo sullo stress lavoro-correlato concluso l’8 ottobre 2004 tra Unice-Ueapme, Ceep e Ces.

Manuale valutazione del rischio chimico attività portuale

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Manuale rischio chimico porto

Manuale per la valutazione del rischio chimico correlato alle merci sbarcate in ambito portuale

INAIL 2018

Il manuale ha le sue premesse nel progetto cofinaziato dall’Inail e l’Autorità Portuale di Ravenna e realizzato con la collaborazione dell’Università di Bologna, dello SPSAL di Ravenna, di tutte le aziende portuali, del Coordinamento RSPP e degli RLS di sito e dei Chimici del Porto di Ravenna.

L’intendimento è stato quello di fornire un significativo contributo alla conoscenza del rischio chimico, attraverso una migliore valutazione dei rischi associati alle operazioni di sbarco delle merci, in modo da prevenire gli incidenti che in questi casi possono essere molto pericolosi. Con la pubblicazione si intende mettere il modello a disposizione delle realtà portuali che svolgono attività analoghe, nella convinzione che la diffusione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro anche in queste ambito possa contribuire all’incremento dei livelli di salute e sicurezza a garanzia dei lavoratori.

Il manuale si propone di fornire un supporto a quanti si trovano a dover operare o gestire la sicurezza in ambito portuale (in primis datori di lavoro e lavoratori e loro rappresentanti e collaboratori, per esempio RLS, RSPP ecc.) con particolare riferimento alla valutazione del rischio chimico derivante dalle operazioni di sbarco delle merci di rinfusa solide.

Le proprietà delle merci movimentate, eventualmente modificate e/o combinate con le diverse condizioni microclimatiche possibili e con l’effetto degli agenti atmosferici durante il trasporto in mare e prima delle fasi di sbarco, possono modificare e ampliare il pericolo di intossicazione, di asfissia o esplosione, la cui sottovalutazione può essere causa di infortuni, anche mortali.

A fronte di quanto detto, appare molto importante effettuare un’analisi delle cause e delle dinamiche di tali incidenti. Pertanto, l’obiettivo del manuale è quello di approfondire il rischio chimico e indicare le eventuali misure da predisporre per la sua prevenzione, in relazione alle operazioni di sbarco e imbarco delle merci e pulizia delle stive effettuate dagli operatori portuali. Ciò in modo da poter prevenire tali incidenti e promuovere la diffusione di una cultura della prevenzione tra gli addetti del settore portuale, che possa anche essere da riferimento ed essere esportabile anche per altre realtà diverse da quelle qui considerate.

Dopo aver presentato un quadro generale sugli aspetti normativi e sulla letteratura scientifica relativa ai rischi per la salute e sicurezza nel lavoro portuale, si entra nel merito della valutazione del rischio, legata alle caratteristiche di pericolosità legate sia alle merci, sia alle condizioni ambientali in cui tali merci sono conservate nelle stive, proponendo per ogni situazione studiata anche le misure di prevenzione e protezione più appropriate. Infine, vengono proposte alcune indicazioni più specifiche e raccomandazioni volte a prevenire le intossicazioni legate alla presenza di due degli inquinanti più pericolosi potenzialmente presenti nelle merci solide movimentate, cioè la fosfina e l’arsina.

____________

Indice:

Premessa
Scopo
Introduzione 9
1. Quadro di riferimento 
1.1 Aspetti generali 
1.2 Stive come ambienti confinati? 
2. Revisione della letteratura scientifica: “I rischi per la salute e la sicurezza nel lavoro portuale: revisione meta-narrativa secondo lo standard Rameses” 
2.1 Aspetti metodologici 
2.2 Salute e sicurezza nel lavoro portuale
2.3 Rischi connessi alla movimentazione di merci 
2.4 Considerazioni generali 
3. VALUTAZIONE DEI RISCHI 
3.1 Definizione del sistema di classificazione delle merci
3.2 Censimento delle merci 
4. CREAZIONE DELLA MATRICE MERCI-RISCHI E DISCUSSIONE DEI RISULTATI 
4.1 Matrice merci-rischi 
4.2 Rischi professionali 
4.2.1 Rischi di asfissia e di intossicazione
4.2.1.1 Anidride Carbonica (CO2) 
4.2.1.2 Monossido di Carbonio (CO) 
4.2.1.3 Acido solfidrico (H2S) 
4.2.1.4 Anidride Solforosa (SO2) 
4.2.1.5 Fosfina (PH3) 
4.2.1.6 Arsina (AsH3) 
4.2.2 Rischi di incendio e di esplosione 
5. APPROFONDIMENTI PER LA FOSFINA E L’ARSINA 
5.1 Premessa 
5.2 Procedure di sicurezza per la fosfina
5.3 Procedure di sicurezza per l’arsina 
CONCLUSIONI 
RINGRAZIAMENTI 
6. APPENDICI 
6.1 Inquadramento normativo 
6.1.1 Norme riguardanti la sicurezza delle operazioni portuali
relative alle merci solide alla rinfusa 
6.1.2 Norme riguardanti gli ambienti confinati 
6.2 Documento sui criteri minimi ex Comitato art. 7 d.lgs. 272/99 (cosiddetto documento CMVP)
6.3 Aggiornamento sulla fosfina del documento sui criteri minimi ex Comitato art. 7 d.lgs. 272/99
6.4 Aggiornamento sull’arsina del documento sui criteri minimi ex Comitato art. 7 d.lgs. 272/99
7. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E NOTE

Fonte: INAIL

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Bozza Linee guida installazione infrastrutture ricarica dei veicoli elettrici

ID 7061 | | Visite: 6875 | News Prevenzioni Incendi

Bozza Linee guida  ric  veicoli elettrici

Bozza Linee guida installazione di infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici

VVF Ottobre 2018

Il progressivo aumento del numero di veicoli elettrici ed il previsto aumento delle infrastrutture di ricarica di tali veicoli, installate sia in ambito pubblico che in ambito privato, rendono necessaria la valutazione del possibile rischio di incendio e/o di esplosione connesso a tali infrastrutture, a maggior ragione se installate nell’ambito di attività soggette al controllo dei vigili del fuoco.

Tale valutazione è attualmente limitata dal fatto che i veicoli elettrici hanno iniziato a diffondersi solo di recente e, pertanto, i dati statistici a disposizione sono ancora scarsamente significativi. Un apposito gruppo di lavoro, costituito da tecnici dei vigili del fuoco, rappresentanti di aziende elettriche installatrici di infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici, rappresentanti delle case automobilistiche costruttrici di veicoli elettrici e/o ibridi (CUNA), rappresentanti del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI), ricercatori e studiosi (ENEA, Università) e professionisti antincendio, ha raccolto i dati disponibili a livello nazionale ed internazionale ed ha concluso che, allo stato attuale, non risulta che i veicoli elettrici presentino un livello di rischio di incendio e/o esplosione maggiore rispetto ai veicoli tradizionali; inoltre, le stazioni di ricarica delle batterie dei veicoli elettrici, allo stato attuale, risultano presentare rischi di natura prettamente elettrica.

Non si esclude che eventuali nuove ricerche, soprattutto a seguito dall’attività sperimentale condotta sul comportamento delle batterie a ioni di litio sottoposte ad abuso termico, abuso elettrico ed urto, possano rendere opportuno la revisione delle Linee guida.

Pertanto, esse possono costituire un utile riferimento progettuale ai fini antincendio per le infrastrutture per la ricarica conduttiva dei veicoli elettrici installate nell’ambito di un’attività, nuova od esistente, soggetta ai controlli di prevenzione incendi.

Le infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici non rientrano fra le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi ai sensi dell’Allegato I del D.P.R. n. 151 del 1 agosto 2011 "Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell'articolo 49 comma 4-quater, decretolegge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122".

Qualora l'installazione di un’infrastruttura di ricarica per veicoli elettrici avvenga in una attività soggetta al controllo, essa comporta una modifica da considerarsi di tipo rilevante ai fini della sicurezza antincendio, ai sensi dell’art. 4, comma 6, del D.P.R. 151/2011, in termini di:

- rischio elettrico connesso al sistema di alimentazione per la ricarica;
- rischio di incendio e di esplosione connesso al sistema di accumulo elettrochimico del tipo ione – litio o polimeri litio o anche altro;
- rischio di elettrocuzione per gli operatori in fase di ricarica ovvero per i soccorritori nell’espletamento delle operazioni di soccorso;
- ostacolo alle operazioni di raffreddamento/estinzione incendi;
- rischio di propagazione delle fiamme all'esterno o verso l'interno di un eventuale fabbricato.

Pertanto in attività soggette ai controlli di prevenzione incendi:

1. le infrastrutture nuove realizzate secondo le indicazioni riportate nell’Allegato alle Linee guida, nonché le infrastrutture poste in funzione prima della pubblicazione delle stesse Linee guida e realizzate secondo la regola dell’arte ed adeguate alle misure riportate nella sezione 5 del successivo Allegato, potranno essere considerate modifiche ad attività esistenti che non comportano un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendi e quindi, per la regolarizzazione di tali attività, si potrà procedere ai sensi dell'articolo 4, comma 7 del D.M. 7 agosto 2012;

2. le infrastrutture non realizzate secondo le indicazioni di cui al precedente punto 1, dovranno essere considerate modifiche ad attività esistenti che comportano un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendi e quindi, per la regolarizzazione di tali attività, si dovrà procedere ai sensi dell'articolo 4, comma 6 del D.M. 7 agosto 2012 e, per quelle installate nell’ambito di attività di categoria B e C soggette al controllo dei vigili del fuoco, sarà necessario attivare le procedure di cui all’art. 3 del DPR n. 151 del 1° agosto 2011.

...

CAMPO DI APPLICAZIONE

Costituiscono oggetto delle seguenti Linee guida le infrastrutture per la ricarica conduttiva dei veicoli elettrici targati installate nell’ambito di attività, nuove o esistenti, soggette al controllo dei VVF, ai sensi del DPR 151 del 1° agosto 2011.

2. TERMINI E DEFINIZIONI
Le seguenti definizioni sono desunte, in generale, dalle vigenti norme e guide di settore, cui si farà riferimento ai fini delle presenti Linee guida.

2.1 Veicolo Elettrico
Veicolo la cui propulsione è fornita anche o solo da un motore elettrico che assorbe corrente da una batteria ricaricabile utilizzando l’energia fornita da una sorgente esterna al veicolo, quale la rete elettrica domestica o pubblica, costruito principalmente per l’impiego sulla pubblica via, su strade o autostrade
Nella definizione di veicolo elettrico sono compresi i veicoli elettrici leggeri ma comunque targati.

2.2 Punto di connessione
Il punto in cui un veicolo elettrico viene collegato all’impianto fisso.
Il punto di connessione è una presa fissa oppure un connettore mobile.

2.3. Ricarica conduttiva
Trasferimento di energia a un veicolo elettrico tramite la connessione elettrica a una rete di alimentazione pubblica o privata.

2.4 Connettore mobile
Dispositivo di accoppiamento del veicolo che è integrato a un cavo flessibile.

2.5 Connettore fisso del veicolo
Dispositivo di accoppiamento del veicolo che è incorporato o fissato al veicolo elettrico.

2.6 Presa fissa
Elemento installato nell’impianto fisso per la connessione all’impianto di un cavo flessibile dotato di spina.

...segue in allegato

Fonte: CNI

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 46411 | 12 Ottobre 2018

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Sentenze cassazione penale

Macchinario privo di certificazione e di dispositivi di emergenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 46411 Anno 2018

Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: DI SALVO EMANUELE
Data Udienza: 22/06/2018

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. V.G. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui all'art. 590 cod.pen. perché, in qualità di datore di lavoro di O.T., per negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza dell'art. 70 d.lgs n. 81 del 2008, omettendo di vigilare sull'impiego dell'apparecchiatura utilizzata dalla dipendente, priva di certificazione e di dispositivi di emergenza attivabili dal lavoratore, faceva sì che la manica della O.T. si impigliasse e venisse trascinata dentro gli ingranaggi, senza possibilità di bloccare i movimenti, a causa dell'assenza di un raggiungibile dispositivo di blocco, con conseguente subamputazione del polso sinistro, malattia durata oltre 40 giorni.
2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché, nel caso di specie, si trattava di un macchinario in fase di collaudo e quindi non impiegato nell' ordinario ciclo produttivo ma sottoposto a test funzionali che simulavano l'attività produttiva, al fine di mettere a punto l'apparecchiatura. Non trova dunque applicazione l'art. 70 d.lgs n. 81 del 2008, dovendosi contemperare le esigenze di tutela del lavoratore con quelle legate allo svolgimento dell'attività di collaudo.
2.1.Sussiste vizio di correlazione tra accusa e sentenza, poiché l'addebito relativo alla mancanza di protezioni in grado di isolare le parti in movimento era estraneo all'imputazione, incentrata su una culpa in vigilando e sulla mancanza di certificazioni e di dispositivi di blocco del macchinario. Su tale questione è mancato un contraddittorio, tant'è che nessuna delle parti ha formulato, in primo grado, istanze istruttorie sulla problematica relativa alla presenza o meno di protezioni e il pubblico ministero non ha prodotto neppure il verbale di prescrizioni rilasciato dai competenti organi, in seguito all'infortunio. Tale documento, acquisito dal giudice al termine dell'esame del verbalizzante, non conteneva, peraltro, specifici riferimenti alle protezioni della macchina, impartendo solo prescrizioni di carattere generale. Nemmeno la relazione del consulente tecnico della difesa trattava la problematica relativa alle protezioni né il Tribunale ha promosso un ampliamento della verifica dibattimentale.
2.2. L'imputato aveva conferito una delega di funzioni in materia di sicurezza sul lavoro all'ing. G.G.. La data certa è attribuibile a tale atto sulla base del verbale del Consiglio d'amministrazione dell'11 settembre 2008, in cui si fa espresso riferimento alla delega. La pubblicità dell'atto di delega non è, d'altronde, una condizione di validità di quest'ultimo. E, infatti, l'art. 16, comma 2, d.lgs n. 81 del 2008 non indica affatto le modalità con cui la delega deve essere pubblicizzata nè commina alcuna sanzione in caso di inosservanza. E, comunque, l'esistenza del predetto verbale del Consiglio d'amministrazione dimostra che non si è trattato di un atto meramente interno tra delegante e delegato. Non vi è, del resto, alcun dato probatorio dal quale inferire che la delega non sia stata resa nota in azienda pure in altri modi, considerato anche che era ben conosciuta l'attinenza dell'attività dell'ing. G.G. alla materia della sicurezza. Comunque, nessuna norma richiede che ogni lavoratore abbia piena contezza di chi sia legalmente titolare delle funzioni in materia di sicurezza nè che il delegato diventi l'interlocutore diretto e immediato dei singoli lavoratori.
3. Con atto in data 4 giugno 2008, O.T. ha revocato la costituzione di parte civile.
4. Risalendo il fatto al 12-1-2010, è maturato il termine prescrizionale, di anni 7 e mesi 6, onde il reato è estinto per prescrizione. Il ricorrere di una causa di estinzione del reato preclude la disamina della questione relativa alla fondatezza o meno dei motivi di ricorso. Quand'anche, infatti, dovesse addivenirsi, al riguardo, ad una valutazione in senso positivo, essa comporterebbe l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, con conseguente prosecuzione del processo dinanzi al giudice del rinvio. Ma la prosecuzione del processo è incompatibile con l'obbligo di immediata declaratoria della causa estintiva del reato (Sez. U., 21-10-1992, Marino; Cass., 23-1-1997, Bornigia, Rv. 208673; Cass., 24 -6- 1996, Battaglia, Rv.205548). Né, d'altronde, è possibile, in questa sede, fare applicazione del disposto dell'art. 129 cpv. cod. proc. pen., non risultando evidente il ricorrere di una delle cause di non punibilità di cui alla predetta norma, in considerazione delle ragioni espresse nella motivazione della decisione impugnata.
5. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione. In considerazione della revoca della costituzione di parte civile, vanno revocate le statuizioni civili della sentenza impugnata.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione. Revoca le statuizioni civili. Così deciso in Roma il 22 giugno 2018

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Prevenzione incendi Ospedali: Testo coordinato

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Prevenzione incendi Ospedali Testo coordinato

Prevenzione incendi Ospedali: Testo coordinato

Con l'entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di prevenzione incendi di cui al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, gli “ospedali” (e simili) sono ricompresi al punto 68 dell’allegato I al decreto che, a differenza di quanto previsto dal vecchio elenco del D.M. 16/2/1982, comprende anche attività prima non soggette (Strutture sanitarie che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio).

D.M. 18 settembre 2002 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private. (GU n. 227 del 27 settembre 2002)

Testo commentato e coordinato con le modifiche introdotte dal D.M.19 marzo 2015 “Aggiornamento della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private di cui al D.M. 18 settembre 2002” (GU n. 70 del 25/3/2015) e dal DM 15 settembre 2005 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per i vani degli impianti di sollevamento ubicati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi (G.U. n. 232 del 5/10/2005). In corsivo rosso sono riportati vari chiarimenti e commenti dell’autore, tratti anche da documentazione ministeriale.

Con l'entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di prevenzione incendi di cui al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, gli “ospedali” (e simili) sono ricompresi al punto 68 dell’allegato I al decreto, che, a differenza di quanto previsto dal vecchio elenco del D.M. 16/2/1982, comprende anche attività prima non soggette (Strutture sanitarie che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio). I riferimenti (presenti nel testo) al vecchio regolamento (D.P.R. n. 37/98 e D.M. 16/2/1982), devono intendersi aggiornati secondo l’equiparazione con il nuovo regolamento.

N. ATTIVITÀ  CATEGORIA
A B C
68

Strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero e/o residenziale a ciclo continuativo e/o diurno, case di riposo per anziani con oltre 25 posti letto; fino a 50 posti letto; Strutture fino a 100 posti letto; oltre 100 posti letto
Strutture sanitarie che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, di superficie complessiva superiore a 500 m2. Strutture riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio fino a 1.000 m2 Strutture riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio oltre 1.000 m2  


Circolare prot. n. 12580 del 28-10-2015 D.M.19 marzo 2015 in materia di strutture sanitarie - Indirizzi applicativi.

Con il D.M.19 marzo 2015 recante “Aggiornamento della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private di cui al decreto 18 settembre 2002”, pubblicato nella G.U. n.70 del 25 marzo 2015, sono stati introdotti aggiornamenti alla vigente regola tecnica di prevenzione incendi per tali strutture.

Si tratta di aggiornamenti scaturiti dalla previsione dell’art. 6 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189 recante “Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute” e riguardano:

- strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero e/o in regime residenziale a ciclo continuativo e/o diurno, con oltre i 25 posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell’Interno 18 settembre 2002;

- strutture, nuove ed esistenti, che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, aventi superficie maggiore di 500 m2;

- strutture sanitarie che, per minore superficie o minor numero di posti letto, non sono soggette ai controlli dei Vigili del Fuoco ai sensi dell’allegato I del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151.

La nuova regola tecnica DM 19 marzo 2015

DM 19 marzo 2015
Nello specifico, gli Allegati I e II sostituiscono integralmente i titoli III e IV della regola tecnica di prevenzione incendi del decreto del Ministro dell’Interno 18 settembre 2002, mentre l’Allegato III aggiunge il titolo V concernente il sistema di gestione della sicurezza finalizzato all’adeguamento antincendio delle strutture sanitarie esistenti che non abbiano ancora completato l'adeguamento antincendio nel previsto termine del 28 dicembre 2007.

Per assicurare la continuità di esercizio di tali strutture è stato individuato un percorso con scadenze differenziate in relazione alla tipologia di struttura da adeguare, con i termini di seguito esplicitati:

A- strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, aventi superficie maggiore di 500 m2 e fino a 1000 m2:
I° scadenza II° scadenza III° scadenza
24 ottobre 2015 24 ottobre 2018 24 ottobre 2021

 

B- strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, aventi superficie maggiore di 1000 m2:
I° scadenza II° scadenza III° scadenza
24 aprile 2016 24 aprile 2019 24 aprile 2022

 

C- strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero e/o in regime residenziale a ciclo continuativo e/o diurno, con oltre i 25 posti letto:
I° scadenza II° scadenza III° scadenza
24 aprile 2016 24 aprile 2019 24 aprile 2022

Ferme restando le scadenze temporali sopra richiamate, per le attività di cui al punto C, l’adeguamento può essere, altresì, realizzato procedendo per singoli lotti di lavori caratterizzati, ciascuno, dagli elementi indicati nel decreto in argomento. Si introduce in tal modo un elemento di flessibilità che, senza rinunciare agli obiettivi di sicurezza, consentirà di poter meglio pianificare l’impiego delle risorse.

Per quanto riguarda l’allegato III, che come già precisato introduce il nuovo titolo V al decreto 18 settembre 2002 e detta le specifiche indicazioni sul sistema di gestione della sicurezza finalizzato all’adeguamento antincendio della intera struttura sanitaria o di parte di essa (padiglione, lotto, reparto) ancora da adeguare, si evidenzia che la predisposizione e l’adozione di tale sistema deve definire e attuare i divieti, le limitazioni e le condizioni di esercizio, ordinarie ed in emergenza, per ciascuna delle fasi del programma di adeguamento, seguendo in modo dinamico l’intero processo.

Si evidenzia, altresì, che anche i responsabili di strutture esistenti per le quali siano stati pianificati o siano in corso lavori di adeguamento al decreto 18 settembre 2002 sulla base di un progetto approvato dal competente Comando, ovvero sulla base di un progetto approvato in data antecedente all’entrata in vigore del decreto 18 settembre 2002, che non intendano optare per l’applicazione del DM 19 marzo 2015, sono tenuti ad aggiornare sotto la propria responsabilità il documento relativo al sistema di gestione della sicurezza per ogni fase di adeguamento, riconsiderando la consistenza numerica degli addetti antincendio

segue in allegato

____________

Tabelle scadenza adeguamento Prevenzione incendi ospeadli

Prevenzione incendi ospedali | Scadenze adeguamento

Doc. 18.10.2018 - Rev. 0.0 2019

Tabelle di dettaglio scadenze adeguamento normativa antincendio ospedali (RTV - D.M. 18 settembre 2002 come modificato dal D.M.19 marzo 2015) ovvero delle categorie A, B e C dell'attività n. 68 di cui al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151.

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Valori limite sul posto di lavoro - Fondamenti e utilizzo

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Valori limite sul posto di lavoro

Valori limite sul posto di lavoro - Fondamenti e utilizzo | SUVA

La funzione dei valori limite è quella di proteggere i lavoratori dall'eccessiva esposizione a sostanze pericolose e da un possibile danno alla salute.
Calcolando i valori limite si stabiliscono i limiti dell'esposizione mantenendo la quale si può ritenere che il lavoratore non sia esposto ad alcun rischio oppure al rischio più basso possibile.

Valore più basso possibile

Un valore limite che sia stabilito a un livello troppo alto costa in termini di vite umane, un valore limite che sia stabilito a un livello troppo basso costa in termini di posti di lavoro. La perdita di posti di lavoro non ha solo conseguenze negative di tipo economico, ma si ripercuote nuovamente sulla salute. In Svizzera è stato affidato alla Suva il compito di redigere delle linee guida sui valori limite sul posto di lavoro, a norma dell'art. 50 cpv. 3, dell'Ordinanza sulla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali (OPI).

La Suva ha pubblicato per la prima volta una lista con i valori limite nel 1968. La lista "Valori limite sul posto di lavoro" viene aggiornata ogni anno:

Valeurs limites d’exposition aux postes de travail (FR)

Grenzwerte am Arbeitsplatz (DE) 

Calcolo dei valori limite

Aspetti generali

La determinazione dei valori limite è complessa. Per esempio, nel competente gruppo di ricerca tedesco (DFG, Deutschen Forschungsgemeinschaft) vi sono 30 scienziati che si occupano di questo argomento. In linea di massima il principio di base è simile a livello internazionale (vedi figura 1), anche se esistono differenze nei particolari a seconda della nazione e della linea guida [3-11].

Valori limite
...

In Tabella 1 sono elencate diverse definizioni di valore limite, le loro abbreviazioni e la nazione in cui questi valori limite sono in uso.

Valori limite sul posto di lavoro 00
Valori limite sul posto di lavoro 01

Tabella 1 Elenco di diverse definizioni di valore limite

ACGIH = American Conference of Governmental Industrial Hygienists
AGS = Ausschuss für Gefahrstoffe (Commissione per le sostanze pericolose)
DFG = Deutsche Forschungsgemeinschaft (Gruppo di ricerca tedesco)
NIOSH =National Institute for Occupational Safety and Health
OSHA = Occupational Safety and Health Administration
REACH = Registration, Evaluation and Authorisation of Chemicals
SCOEL = Scientific Committee for Occupational Exposure Limits to Chemical Agents
....

Valore BAT e monitoraggio biologico

Il valore BAT (valore biologico tollerabile di una sostanza di lavoro) descrive la concentrazione derivata in ambito tossicologico e di medicina del lavoro di una sostanza, dei suoi metaboliti o di un indicatore di effetto in un materiale biologico per la quale, in generale, la salute del personale non viene danneggiata anche in caso di esposizione ripetuta e per lungo tempo.

I valori BAT si basano su una relazione tra l'esposizione esterna e interna o tra l'esposizione interna e l'effetto della sostanza di lavoro in tal modo causato. Il valore BAT è considerato superato quando, dopo visite ripetute di un lavoratore, la concentrazione media del parametro si trova al di sopra del valore BAT stesso. Le misurazioni con risultati superiori al valore BAT devono essere valutate dal punto di vista tossicologico e della medicina del lavoro.

Di regola, dopo un unico superamento del valore BAT, non si può concludere che si sia verificato un danno alla salute. Per alcune sostanze di lavoro, tuttavia, in base alla situazione tossicologica, il valore BAT indica il valore massimo in casi particolari; questo vale per esempio per gli inibitori della colinesterasi o per il monossido di carbonio.
...
Segue in allegato

Michael Koller, Claudia Pletscher, Marcel Jost
SUVA Factsheet Aprile 2012 

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 40922 | 24 Settembre 2018

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Sentenze cassazione penale

Assenza del DVR o di un responsabile dei lavori : Responsabilità del committente anche per lavori domestici

Penale Sent. Sez. 4 Num. 40922 Anno 2018

Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: NARDIN MAURA
Data Udienza: 23/05/2018

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 20 aprile 2017 la Corte d'Appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza del tribunale di Caltanissetta con cui A.B. è stata ritenuta responsabile- e condannata alla pena ritenuta di giustizia- del reato di cui all'art. 589 cod. pen., perché in qualità di committente dei lavori di pitturazione degli esterni di un villino di sua proprietà, assumendo di fatto la veste di datore di lavoro, impartendo direttive, mettendo a disposizione attrezzature e materiali, ometteva di procedere alla valutazione dei rischi ed all'organizzazione delle opere eseguite nel cantiere e di adottare le misure protettive atte a prevenire situazioni di pericolo, quali quelle della caduta nel vuoto, nonché di provvedere alla verifica al controllo dell'osservanza degli obblighi di prevenzione, chiudere cagionando la morte di S.LB., appaltatore del lavori, il quale intento completare la pittura della parte esterna dell'immobile, trovandosi a lavorare sul pavimento esterno, che costituiva solaio di copertura di uno scantinato, provvisto di una luce precariamente coperta con un pannello di polipan (polistirolo), precipitava nel vuoto procurandosi ferite mortali.
2. Il fatto nella sua materialità può essere così descritto: A.B. commissionava all'impresa di S.LB. lavori di pitturazione delle pareti esterne di un villino di sua proprietà, questi, il giorno dell'infortunio, mentre attendeva ai lavori di tinteggiatura precipitava da un'apertura, posta sulla pavimentazione esterna, che costituiva la luce di uno scantinato, coperta, in quel momento, solo da un pannello in polistirolo, poiché le tavole - non ancorate a terra- che in precedenza la coprivano, erano state rimosse da un operaio, al fine di chiudere il varco di un recinto, nel quale si trovava il cane della proprietaria.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputata, a mezzo del suo difensore, affidandolo ad un unico motivo, con il quale si duole che sia la Corte territoriale, che il giudice di primo grado, pur muovendo dalla condivisibile enunciazione del dovere del committente di assicurare, in qualità di committente dei lavori, l'adeguata previsione e valutazione dei rischi in cantiere, nondimeno, omettono di valutare l'abnormità del comportamento tenuto dai prestatori d'opera interessati e dallo stesso S.LB., consistito nella rimozione delle robuste tavole di legno che presidiavano l'apertura nella quale il medesimo cadde. Non poteva, infatti, la committente dei lavori, che non era presente, neppure immaginare una tanto sconsiderata condotta, del tutto estranea a disposizione anche implicite della committente. Osserva che, d'altro canto, era stato proprio il S.LB. ad allestire la tutela della botola, apponendovi le assi in legno e predisponendo un ponteggio che impediva l'accesso all'area. La scelta scellerata di rimuovere le protezioni per proteggere il recinto del cane, dunque, costituiva un'iniziativa inimmaginabile da parte del committente, trattandosi di scelta autonoma totalmente estranea alla sfera di pertinenza strettamente lavorativa, integrante un comportamento senz'altro abnorme, idoneo ad interrompere il nesso causale tra l'agire della A.B. e l'evento. Ritiene un simile antefatto del tutto ignorato dalla Corte, seppure ampiamente provato in giudizio, destinato ad incidere sulla responsabilità personale di altri soggetti, escludendo quella della A.B.

Considerato in diritto

1. Il ricorso va rigettato.
2. Va, preliminarmente, osservato che la doglianza muove dalla condivisione dell'astratta sussistenza di una posizione di garanzia in capo alla committente, con assunzione dei relativi oneri di previsione e valutazione dei rischi, soffermandosi tuttavia sull'abnormità, interruttiva del nesso causale, del comportamento tenuto da soggetti diversi ed in particolare da parte di uno o più operai che lavoravano in cantiere. Si sostiene, infatti, che la gravissima negligenza ed imprudenza consistita nel togliere la copertura in legno posta al di sopra dell'apertura, non poteva essere prevista, né quindi evitata, da parte della A.B., non presente in cantiere, non potendosi esigersi dalla medesima un controllo continuo sui lavori.
3. La sentenza, invero, parte dall'assunto secondo cui sul committente grava il dovere di sicurezza in relazione all'esecuzione del contratto di appalto, sicché nel caso di specie la sua responsabilità viene individuata: nella mancata predisposizione di un piano di valutazione dei rischi; nel mantenimento dell'apertura sul piano di calpestio del camminamento intorno al villino, senza efficace protezione dal rischio di caduta; nella mancata vigilanza dello stato di fatto esistente in cantiere; nella mancata informazione delle maestranze presenti sui luoghi. Tutti obblighi non ottemperati dalla A.B. che, dunque, non può, secondo la decisione, dirsi esente per il fatto che il lavoro commissionato attenesse ad una realtà lavorativa di natura domestica, essendo la medesima titolare ex lege di una posizione di garanzia, ed essendosi il sinistro prodotto in assenza della designazione di un responsabile dei lavori. Inoltre, l'omessa adeguata valutazione del rischio avrebbe di per sé rivelato la situazione di pericolo, peraltro del tutto generico, inerente, da un lato, alla caduta dall'alto, facilmente prevedibile, e dall'altro allo stato dei luoghi conosciuto dalla proprietaria-committente. La sentenza osserva ancora come l'infortunio occorso al S.LB. non possa essere ascritto all'inesperienza della vittima, né essere dipeso dall'esecuzione di mansioni richiedenti un elevato profilo di professionalità o di capacità cognitive e tecniche, essendo invece ascrivibile ad un pericolo esistente in loco, non determinato dalle prestazioni richieste alla persona offesa, ma evitabile attraverso l'esercizio della diligenza qualificata richiesta all'imputata in ragione dell'assunta committenza dei lavori. 
4. Per dare soluzione al quesito posto dalla censura occorre riprendere l'elaborazione di questa sezione in relazione alle ipotesi di appalto di lavori affidati ad imprese esecutrici da una committenza non qualificata, calando detti principi nell'ipotesi di conferimento di opere di manutenzione o ristrutturazione di immobili destinati ad abitazione o a sue pertinenze, rispetto alle quali il committente assume decisioni circa la natura delle opere da svolgere, ma è privo di competenze specifiche sulla loro esecuzione.
4.1 L'evolversi della giurisprudenza sul punto è stata riassunta da una pronuncia -qui integralmente richiamata- che si è soffermata sull'affinamento del concetto di governo del rischio, di fronte ai progressivi mutamenti normativi. Si è là ricordato che il legislatore non ha disciplinato la figura del committente né con il d.P.R. 547/1955, né con successivi 302/1956 303/1956 e neppure con il d.lgs. 626/1994 il . (Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2015 - dep. 02/11/2015, Heqimi ed altri, Rv. 26497401). Quest'ultimo provvedimento normativo con l'art. 7 prendeva, infatti, in considerazione la sola figura del datore di lavoro quale referente soggettivo degli obblighi previsti dalla medesima disposizione, in relazione all'affidamento dei lavori ad imprese appaltataci anche artigiane, nella propria azienda o nell'ambito del ciclo produttivo, così regolando il rischio interferenziale fra le imprese ivi operanti.
4.2 L'estensione di quella disciplina al committente, in un primo tempo, era stata giustificata dalla giurisprudenza solo quando il medesimo travalicava il ruolo di semplice conferimento delle opere, ingerendosi nell'organizzazione per la loro esecuzione (cfr. Sez. 6, n. 5393 del 09/03/1973 - dep. 13/07/1973, Gigliarelli, Rv. 12460001; ; Sez. 6, n. 2488 del 07/07/1975 - dep. 26/02/1976, Lambertini, Rv. 13249501; Sez. 4, n. 4862 del 04/03/1982 - dep. 11/05/1982, Venturella, Rv. 15361101Sez. 4, n. 1119 del 30/10/1981 - dep. 06/02/1982, BELLUCCO, Rv. 15201601Sez. 3, n. 11513 del 05/07/1985 - dep. 27/11/1985, Catavolo, Rv. 17123901; Sez. 4, n. 2731 del 12/01/1990 - dep. 02/03/1990, Bovienzo, Rv. 18350701).
4.3 Successivamente la corresponsabilità del committente, affiancante quella del datore di lavoro e del direttore dei lavori, è stata posta in relazione alla diretta impartizione di direttive od al diretto conferimento di progetti che essi stessi siano fonte di pericolo "ovvero quando egli abbia commissionato o consentito l’inizio dei lavori, pur in presenza di situazioni di fatto parimenti pericolose" (Sez. 3, n. 8134 del 24/04/1992 - dep. 21/07/1992, p.c. in proc. Togni, Rv. 19138701) od ancora quando allo svolgimento di opere in un cantiere gestito dall'appagante o su strutture o con strumentazioni che gli appartengono e che il medesimo abbia l'obbligo di mantenere in efficienza (cfr. Sez. 4, n. 2800 del 15/12/1998 - dep. 02/03/1999, Breccia A ed altro, Rv. 21322601). 
4.4 Il mutamento della disciplina interviene con l'introduzione del d.lgs. 494/1996, che definisce la figura del committente come colui che per conto del quale l'Intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione (art. 2 comma 1A, lett. b) prima parte, richiamando anche l'art. 3 del d.lgs. 626/1994) e precisa le responsabilità su di lui incombenti, che derivano sostanzialmente dalla violazione degli obblighi sull'informazione sui rischi dell'ambiente di lavoro e da quelli inerenti alla cooperazione nell'apprestamento delle misure di protezione e prevenzione (art. 7 d. Igs. 626/1994, ora art. 26 d.lgs. 81/2008) (cfr. In tema di prevenzione degli infortuni sui lavoro, nel caso di prestazione lavorativa in esecuzione di un contratto d'appalto, il committente è costituito come corresponsabile con l'appaltatore per le violazioni delle misure prevenzionali e protettive sulla base degli obblighi sullo stesso incombenti ex art. 7 D.Lgs. n. 626 del 1994. (Sez. 3, n. 1825 del 04/11/2008 - dep. 19/01/2009, Pellegrino e altro, Rv. 24234501).
5. Sulla scorta del quadro chiaramente delineato dalla pronuncia supra richiamata (Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2015), che ha ben sintetizzato la trasformazione della figura del committente nella normativa e nella giurisprudenza da soggetto privo di autonoma responsabilità a soggetto che riveste responsabilità proprie (oggi descritte dall'art. 90 d.lgs. 81/2008), la giurisprudenza più recente ha ritenuto che il principio generale, secondo cui il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, debba essere precisato nel senso che dal committente non può esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull'andamento dei lavori" con la conseguenza che "ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo. (Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012 - dep. 30/01/2012, Marangio e altri, Rv. 25267201; nel medesimo senso Sez. 4, Sentenza n. 44131 del 15/07/2015 Ud. (dep. 02/11/2015 ) Rv. 26497; Sez. 4, n. 27296 del 02/12/2016 - dep. 31/05/2017, Vettor, Rv. 27010001).
6. Questa premessa generale sugli oneri gravanti sul committente e sulle responsabilità che derivano dalla loro violazione appare necessaria per affrontare l'unico motivo di impugnazione proposto inerente la pretesa abnormità del comportamento della persona offesa e degli operai presenti in cantiere.
7. Ed invero, il comportamento inopinato ed esorbitante che interrompe il nesso causale fra la condotta dovuta ed omessa e l'evento, non può che avere quale riferimento la stessa norma precauzionale violata. E cioè quella norma che imponendo un comportamento doveroso idoneo ad evitare un pericolo è tuttavia inidonea a preservare dall'evento concreto, in quanto esso deriva causalmente da un fattore riconducibile ad un soggetto o ad un fatto eccedente la norma di condotta, eccentrico rispetto al rischio regolato, radicalmente lontano dalle ipotizzabili, ancorché imprudenti, scelte altrui, estraneo al concetto stesso di prevedibilità, sotteso ad ogni prescrizione cautelare, quantunque generica.
8. Ora, nell'esaminare la fattispecie la Corte territoriale individua in capo all'imputata tre distinti profili di colpa, cui si è accennato sopra (par. 3) tutti desumibili dalla violazione di specifiche norme gravanti sul committente ex art. 90 d.lgs 81/2008, nonché un profilo di colpa generica consistito nella consegna dei luoghi per l'effettuazione delle opere, senza previa messa in sicurezza delle fonti di pericolo.
9. Ebbene, pur dovendosi escludere che incomba sul committente -ed ancor di più su un committente che può, in qualche modo, definirsi 'non professionale', come quello che appalta lavori di tipo domestico, quali ristrutturazioni, pitturazione, ecc.- un onere di vigilanza continua sullo svolgimento delle opere, deve affermarsi che il medesimo, in assenza della redazione di un documento di valutazione dei rischi o della nomina di un responsabile dei lavori, cui sia conferito anche il compito di realizzare la sicurezza del cantiere prima della realizzazione delle opere, ha l'onere generalissimo di mettere l'appaltatore nella condizione di operare in sicurezza. E ciò, non solo segnalando i pericoli, ma provvedendo alla loro eliminazione prima dell'inizio dell'attività, così da consentire a colui al quale siano affidati i lavori di assumere, anche in qualità di datore di lavoro (quando non operi come artigiano) i rischi propri delle lavorazioni e non i rischi derivanti dalla conformazione dei luoghi. Solo, infatti, nell'ipotesi in cui l'oggetto dell'incarico -dei pur minimi interventi consistenti nella pitturazione di un'abitazione- includa la messa in sicurezza dei luoghi sui quali insisterà il cantiere, così da consegnarlo agli esecutori scevro da ogni pericolo, è possibile per il committente andare esente da responsabilità, che, al contrario, resta in capo a lui quando l'incarico o gli incarichi siano conferiti per la sola esecuzione delle opere, non estendendosi espressamente all'eliminazione dei rischi preesistenti, al fine della consegna dei luoghi in piena sicurezza.
10. In altri termini, nel caso di specie, A.B. non provvide a chiudere il lucernaio, posto sul camminamento, in modo tale da non consentire la rimozione della protezione e così la caduta dall'alto, prima di consegnare i luoghi all'appaltatore, né conferì espressamente a M.LB., cui aveva affidato le opere di imbiancatura degli esterni del villino, l'incarico di provvedere a tutti gli
incombenti necessari per la piena messa in sicurezza dei luoghi, prima dell'inizio dei lavori.
11. Chiarita la condotta omessa dall'imputata va, a questo punto, analizzato, da un lato, il comportamento tenuto dal lavoratore che tolse le tavole poste a copertura del lucernaio per chiudere il recinto del cane, dall'altro quello dello stesso DB., che avendo in precedenza posto a chiusura della botola delle tavole in legno, non ancorate a terra, si mise a lavorare su pannelli in plolicarbonato, con cui le medesime erano state sostituite, evidentemente inidonei a reggere il peso di una persona.
12. Va escluso, come ritenuto dalla decisione oggetto di ricorso, che si tratti di comportamenti esorbitanti il rischio coperto dalla norma precauzionale. Le condotte tenute sia da colui che toglie le tavole non ancorate a terra per farne un qualsiasi altro uso, proprio od improprio, e quella del soggetto che sale su una copertura chiaramente inadeguata a reggere il suo peso, sono sviluppi del tutto prevedibili delle operazioni di cantiere, rientranti in quelle scelte imprudenti del lavoratore nell'esecuzione del lavoro che la norma cautelare mira proprio ad evitare (cfr. (Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018 - dep. 14/02/2018, Bozzi, Rv. 27222201; Sez. 4, Sentenza n. 15124 del 13/12/2016 Ud. (dep. 27/03/2017 ) Rv. 269603; Sez. 4, Sentenza n. 16397 del 05/03/2015 Ud. (dep. 20/04/2015 ) Rv. 263386). La gravissima imprudenza del lavoratore, infatti, non esclude la sua prevedibilità. Ed è pacifico che la chiusura del lucernaio -anche solo con una copertura in alcun modo rimovibile- avrebbe evitato l'evento.
13. Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili S.LB. Michele e S.LB. Ida da liquidare in complessivi euro tremila oltre spese generali al 15% CPA e IVA.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili OMISSIS e OMISSIS che liquida in complessivi euro tremila oltre spese generali al 15% CPA e IVA.
Così deciso il 23/5/2018

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Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 40922 Anno 2018.pdf
 
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