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Protocollo Conferenza Episcopale Italiana ripresa celebrazioni con il popolo

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Protocollo Conferenza Episcopale Italiana ripresa delle celebrazioni con il popolo

CEI, 7 maggio 2020

Per la graduale ripresa delle celebrazioni liturgiche con il popolo, il presente Protocollo ha per oggetto le necessarie misure di sicurezza, cui ottemperare con cura nel rispetto della normativa sanitaria e delle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2.

Protocollo inserito nel D.P.C.M. 17 maggio 2020 (Allegato 1)

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Modalità ripresa attività didattiche AA 2020/21 Università

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Modalita  ripresa attivit  didattiche AA 2020 21 Universita

Modalità di ripresa delle attività didattiche AA 2020/21 nelle Università

Il presente documento riguarda la modalità di svolgimento delle attività didattiche delle università, per il primo semestre dell’anno accademico 2020/2021, secondo quanto previsto dalla nota del Ministero dell’Università e della Ricerca del 4 maggio 2020. Esso prevede le principale misure per l’erogazione della didattica nelle aule universitarie in condizioni di sicurezza. Le azioni suggerite in questo documento si basano su uno scenario plausibile per il primo semestre del prossimo anno accademico, presupponendo il protrarsi della pandemia a livello globale e nuovi episodi di contagio a livello locale in autunno-inverno. Escludiamo quindi sia scenari più positivi, con la scomparsa della pandemia a livello globale, per i quali sarebbe agevole ripristinare le prassi finora in uso, sia scenari più negativi, con la riproposizione del lock-down di marzo-maggio, che implicherebbero il blocco dei flussi in ingresso, rendendo vana qualsiasi azione da parte degli attori coinvolti nelle procedure di accoglienza. Si propongono, quindi, azioni e riflessioni da attuare.

CRUI, 26.06.2020

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D.Lgs 9 luglio 2003 n. 216

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D.Lgs 9 luglio 2003 n. 216

Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parita' di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. 

(GU n.187 del 13-08-2003)
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Testo allegato consolidato con le modifiche apportate dagli atti:

16/10/2004
DECRETO LEGISLATIVO 2 agosto 2004, n. 256 (in G.U. 16/10/2004, n.244)

09/04/2008
DECRETO-LEGGE 8 aprile 2008, n. 59 (in G.U. 09/04/2008, n.84) convertito con modificazioni dalla L. 6 giugno 2008, n. 101 (in G.U. 07/06/2008, n. 132)

21/09/2011
DECRETO LEGISLATIVO 1 settembre 2011, n. 150 (in G.U. 21/09/2011, n.220)

28/06/2013
DECRETO-LEGGE 28 giugno 2013, n. 76 (in G.U. 28/06/2013, n.150)

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Sentenza CC Sez. Lav. n. 27243 del 26 ottobre 2018

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Sentenza CC Sez  Lav  n  27243 del 26 ottobre 2018

Sentenza CC Sez. Lav. n. 27243 del 26 ottobre 2018

Licenziamento - Sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore - Impossibilità di ricollocamento nei reparti produttivi – Accertamento

Civile Sent. Sez. L Num. 27243 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: BOGHETICH ELENA
Data pubblicazione: 26/10/2018

Fatti di causa

1. La Corte di Appello di Milano ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto l’opposizione all’ordinanza ex art. 1, comma 49, della legge n. 92 del 2012 che aveva rigettato la domanda proposta da V. G. al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato il 14.11.2013 da F. G. Industria Casearia s.p.a. per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore (divenuto ipovedente) allo svolgimento delle mansioni di operaio di V livello.

2. La Corte – effettuato un breve excursus della normativa, di fonte nazionale ed europea, in materia di protezione dei disabili – dato atto dell’accertata sopravvenuta inidoneità del lavoratore alle mansioni assegnate di addetto al preconfezionamento e dell’assoluta impossibilità di ricollocamento nei reparti produttivi, ha ritenuto legittimo il licenziamento in considerazione dell’insussistenza di un obbligo del datore di lavoro di licenziare altro lavoratore al fine di liberare la posizione lavorativa compatibile o di creare ex novo un posto di lavoro ritagliato sulle residue capacità lavorative del dipendente.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso V. G. con due motivi, illustrati da memoria. Ha resistito la società con controricorso.

Ragioni della decisione

4. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 della Direttiva n. 78/2000/CE, 3, comma 3 bis del d.lgs. n. 216 del 2003, 3 e 5 della legge n. 604 del 1966 (ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.) costituendo, l’adibizione a mansioni equivalenti o inferiori solamente una tipizzazione dei possibili adattamenti che il datore di lavoro è tenuto a porre in essere in virtù dell’obbligo generale imposto dalle norme citate.

5. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 cod.proc.civ. e 118 disp.att. cod.proc.civ. (ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.) non avendo, il datore di lavoro, provato che gli adattamenti necessari per consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro a V. G. erano irragionevoli.

6. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente considerata la stretta connessione, non sono fondati.

La fattispecie in esame si colloca, ratione temporis, nell’alveo di applicazione dell’art. 3, comma 3bis del d.lgs. n. 216 del 2003 come integrato dal d.l. n. 76 del 2013 (convertito con modificazioni in legge n. 99 del 2013), disposizione tesa a recepire l’art. 5 della direttiva n. 78/2000/CE DEL 27.11.2000.

L’art. 5 della direttiva stabilisce che: “Per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previsti accomodamenti ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire alle persone con disabilità di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di aver una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l’onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore delle persone con disabilità”.

L’art. 3, comma 3-bis recita: «Al fine di garantire il rispetto del principio della parita1 di trattamento delle persone con disabilità, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli, come definiti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18, nei luoghi di lavoro, per garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori. I datori di lavoro pubblici devono provvedere all’attuazione del presente comma senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente».

La citata Convenzione delle Nazioni Unite considera quale accomodamento ragionevole “le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un carico sproporzionato ed eccessivo, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali” (art. 2).

La suddetta disposizione è stata introdotta a seguito della sentenza della Corte di Giustizia europea (causa C-312/11, Commissione contro Repubblica Italiana) che ha condannato lo Stato italiano per inadempimento all’obbligo di recepire, in maniera integrale, la direttiva citata. In particolare, i giudici di Strasburgo hanno respinto la tesi prospettata dalla difesa italiana secondo cui l’applicazione dell’art. 5 della Direttiva non poteva basarsi su un’unica modalità, fondata sugli obblighi imposti ai datori di lavoro, ma doveva avvenire anche mediante la predisposizione di un sistema pubblico – privato atto ad affiancare il datore e le persone con disabilità (un sistema di promozione dell’inclusione che sarebbe già in parte previsto dalla legge n. 68 del 1999, dalla legge n. 104 del 1992, dal T.U. n. 81 del 2008 e dalla normativa su cooperative e imprese sociali). Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione europea per trasporre correttamente l’art. 5 della Direttiva, letto alla luce dei considerando 20 e 21, non è sufficiente disporre misure pubbliche di incentivo e sostegno, ma è compito degli Stati membri imporre a tutti datori di lavoro l’obbligo di adottare provvedimenti efficaci e pratici, in funzione delle esigenze concrete, a favore di tutte le persone con disabilità, che riguardino i diversi aspetti dell’occupazione e delle condizioni di lavoro e che consentano ad essi di accedere ad un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione.

In particolare, il considerando 21 del Preambolo della Direttiva citata prevede che “per determinare se le misure in questione danno luogo a oneri finanziari sproporzionati, è necessario tener conto in particolare dei costi finanziari o di altro tipo che esse comportano, delle dimensioni e delle risorse finanziarie dell’organizzazione o dell’impresa e della possibilità di ottenere fondi pubblici o altre sovvenzioni”.

La Corte di Giustizia, in conformità dell’art. 2, co. 4, della Convenzione dell’ONU, ha definito gli “accomodamenti ragionevoli” come “le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo, adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali” (CGUE, 4 luglio 2013, Commissione c. Italia, punto 58). In tale decisione la Corte, dopo aver esaminato la legislazione italiana vigente in materia di protezione dei disabili (in specie, la legge n. 104 del 1992, la legge n. 381 del 1991, la legge n. 68 del 1999, il d.lgs. n. 81 del 2008), ha sottolineato che, dal testo dell’articolo 5 della Direttiva 78/2000, letto in combinato disposto con i considerando 20 e 21, risulta che gli Stati membri devono stabilire nella loro legislazione un obbligo per i datori di lavoro di adottare provvedimenti appropriati, cioè provvedimenti efficaci e pratici, ad esempio sistemando i locali, adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro o la ripartizione dei compiti in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, riducendo l’orario di lavoro, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione, con il solo limite di imporre al datore di lavoro un onere sproporzionato.

Successivamente, la Corte di Giustizia europea è nuovamente intervenuta con riguardo alla normativa danese (sentenza 11 aprile 2013, cause C-335/11 e C- 337/11) in ordine alla compatibilità dell’ambiente lavorativo con le funzionalità del disabile e ha rilevato che l’art. 5 della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che la riduzione dell’orario di lavoro può costituire uno dei provvedimenti di adattamento di cui a tale articolo, competendo al giudice nazionale valutare se la riduzione dell’orario di lavoro rappresenti un onere sproporzionato per il datore di lavoro.

Va notato che in altri paesi, come gli Stati Uniti e il Regno Unito, sono stati creati specifici enti volti ad attuare concretamente la disposizione della Direttiva (l’U.S. Equal Employment Opportunity Commission-ADA e il Job Accommodation Network, negli Stati Uniti; The Equality and Human Rights Commission, nel Regno Unito). In pratica, con riguardo alle esperienze consolidate in altri paesi, gli accomodamenti ragionevoli rappresentano molto spesso delle soluzioni di buon senso, non particolarmente dispendiose, quali la posizioni di strisce luminose nelle vetrate e/o di strisce antiscivolo nei gradini di marmo, l’utilizzo di hardware e/o software specifici, l’applicazione degli aspetti ergonomici della postazione, degli strumenti, degli aspetti psichico sociali.

7. Con riguardo all’orientamento giurisprudenziale nazionale sinora elaborato (alla luce della normativa precedente l’introduzione del comma 3-bis dell’art. 3. del d.lgs. n. 216 del 2003), le Sezioni Unite (n. 7755 del 1998, richiamate dalla sentenza impugnata) hanno affermato il seguente principio di diritto: “La sopravvenuta infermità permanente e la conseguente impossibilità della prestazione lavorativa, quale giustificato motivo di recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro subordinato, non è ravvisabile nella sola ineleggibilità dell’attività attualmente svolta dal prestatore, ma può essere esclusa dalla possibilità di altre attività riconducibile – alla stregua di un’interpretazione del contratto secondo buona fede – alle mansioni attualmente assegnate o a quelle equivalenti o, se ciò è impossibile, a mansioni inferiori, purché essa attività sia utilizzabile nell’impresa, secondo l’assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall’imprenditore”. Questo orientamento è stato confermato da numerose pronunce successive (ex multis Cass. n. 9624 del 2000, Cass. n. 7210 del 2001, Cass. n. 16141 del 2002, Cass. n. 8832 del 2011) che hanno ritenuto come solo l’inutilizzabiIita della prestazione del lavoratore divenuto inabile, con alterazione dell’assetto organizzativo della medesima, può costituire giustificato motivo di licenziamento.

Più recentemente, questa Corte (Cass. n. 6798 del 2018) – con specifico riferimento all’art. 3, comma 3 bis, del d.lgs. n. 216 del 2003 – ha confermato la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto appropriate e non eccessivamente sproporzionate le misure datoriali concernenti l’assegnazione di una determinata postazione di lavoro del lavoratore disabile e l’adozione di alcuni accorgimenti organizzativi (nella specie, svolgimento delle mansioni di saldatore nell’ambiente officina, piuttosto che nella cementeria, e spolveramento delle parti meccaniche provenienti dallo stabilimento di produzione, con ricovero presso zona dedicata).

8. Ebbene, nel caso di specie, la Corte territoriale, uniformandosi all’indirizzo giurisprudenziale consolidato, ha ritenuto assolto l’obbligo della società controricorrente di tutela del lavoratore disabile in considerazione dell’accertata insussistenza di mansioni equivalenti o inferiori da affidare al lavoratore stesso; ha aggiunto, inoltre, che le norme sovranazionali impongono la verifica della idoneità della legislazione di sostegno adottata in Italia ma che, nel caso di specie, detta verifica era irrilevante posto che lo stesso lavoratore aveva ritenuto di non attivare le specifiche misure di sostegno previste, a favore del disabile, dal legislatore, con particolare riferimento all’art. 4, comma 4, della legge n. 68 del 1999 che prevede, a richiesta, l’avvio presso altra azienda del lavoratore disabile assolutamente inidoneo a mansioni equivalenti ed a mansioni inferiori. In particolare, la Corte territoriale, anche a fronte dell’analitica indicazione dell’attività svolta dalla società e dell’organizzazione assunta, ha effettuato un’approfondita disamina istruttoria in ordine ad una serie di mansioni ritenute dallo stesso G. compatibili con la propria condizione di disabilità (addetto alle fotocopie, addetto alla reception-centralino, addetto alla mensa, addetto ai resi, addetti agli uffici) giungendo a ritenere, per un verso, tutti i suddetti compiti incompatibili con l’inabilità del lavoratore e, per l’altro, intangibile la posizione degli altri lavoratori.

Considerato, dunque, che la Corte di Giustizia ha rimarcato come la Direttiva n. 78/2000 impone al datore di lavoro di adottare – secondo il parametro (e con il limite) della ragionevolezza – provvedimenti efficaci e pratici, in funzione delle esigenze concrete, a favore di tutte le persone con disabilità, deve ritenersi che la Corte abbia proceduto – in maniera esaustiva in quanto ad ampio spettro – ad indagare la eventuale sussistenza, nell’ambito della struttura organizzativa assunta dall’impresa, di mansioni che potessero eventualmente adattarsi all’inabilità del lavoratore, e che sia correttamente giunta a ravvisare non solo la concreta inesistenza di accorgimenti pratici idonei a rendere utilizzabili le prestazioni lavorative dell’inabile ma altresì l’assoluta impossibilità di affidare allo stesso mansioni equivalenti e mansioni inferiori, tenuto conto, nel bilanciamento degli interessi costituzionalmente protetti, della protezione dei soggetti svantaggiati e dell’interesse del datore di lavoro ad una collocazione del lavoratore inabile nella realtà organizzativa unilateralmente delineata dall’imprenditore stesso; il criterio di ragionevolezza sopra citato implica, altresì, che nell’adozione delle misure sopra indicate debba tenersi conto del limite costituito dall’inviolabilità in peius (art. 2103 cod.civ.) delle posizioni lavorative degli altri prestatori di lavoro. Deve, pertanto, escludersi che le suddette misure organizzative possano incidere negativamente sulle mansioni e sulle altre condizioni di lavoro degli altri lavoratori (ad esempio, ambiente e luogo di lavoro, orario e tempi di lavoro).

Invero, la necessità di bilanciare la tutela degli interessi, costituzionalmente rilevanti (artt. 4, 32, 36 Cost.) del prestatore con la libertà di iniziativa economica dell’imprenditore (garantita dall’art. 41 Cost. e definita come diritto fondamentale dagli artt. 15 e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, la “Carta di Nizza”), comporta che l’assegnazione del lavoratore, divenuto fisicamente inidoneo all’attuale attività, ad attività diverse e riconducibili alla stessa mansione, o ad altra mansione equivalente, o anche a mansione inferiore, può essere rifiutata legittimamente dall’imprenditore se comporti (non meri aggravi organizzativi, come statuito da Cass. S.U. n. 7755 del 1998, bensì) oneri organizzativi eccessivi (da valutarsi in relazione alle peculiarità dell’azienda ed alle relative risorse finanziarie) e, in particolare, se derivi, a carico di singoli colleghi dell’invalido, la privazione o l’apprezzabile modificazione delle modalità di svolgimento della loro prestazione lavorativa che comportino l’alterazione della predisposta organizzazione aziendale.

Insomma, una interpretazione dell’art. 3, comma 3 bis della legge n. 216 del 2003 costituzionalmente orientata nonché valutata alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia europea porta a ritenere che il diritto del lavoratore disabile all’adozione di accorgimenti che consentano l’espletamento della prestazione lavorativa trova un limite nell’organizzazione interna dell’impresa e, in particolare, nel mantenimento degli equilibri finanziari dell’impresa stessa (cfr. già Corte Cost. n. 78 del 1958, Corte Cost. n. 316 del 1990, Corte Cost. n. 356 del 1993) nonché nel diritto degli altri lavoratori alla conservazione delle mansioni assegnate e, in ogni caso, di mansioni che ne valorizzino l’esperienza e la professionalità acquisita.

In conclusione, pacifica la situazione di disabilità di V. G., il datore di lavoro ha soddisfatto l’onere imposto dall’art. 5 della legge n. 604 del 1966 di provare il giustificato motivo di licenziamento dimostrando che, nell’ambito dell’organizzazione aziendale e del rispetto delle mansioni assegnate al restante personale in servizio, non vi era alcun accorgimento pratico – comportante un onere finanziario proporzionato alle dimensioni e alle caratteristiche dell’impresa e nel rispetto delle condizioni di lavoro dei colleghi dell’invalido – applicabile alla mansione (già assegnata o equivalente ovvero inferiore) svolta dal lavoratore ed appropriato alla disabilità.

9. Il ricorso va, pertanto, rigettato e le spese di lite, in considerazione della novità della questione di diritto, sono integralmente compensate tra le parti. Il ricorrente G., in quanto ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, non è tenuto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall’art. 13 comma 1 quater DPR 30.5.2002 n. 115 (Cass. n. 18523/2014).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

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Circolare n. 13 del 04.09.2020 | Chiarimenti lavoratori fragili

ID 11482 | | Visite: 47519 | Documenti Sicurezza Organi Istituzionali

Circolare n  13 del 04 09 2020

Circolare congiunta n. 13 del 04.09.2020 | Chiarimenti lavoratori fragili

OggettoCircolare del Ministero della salute del 29 aprile 2020 recante "Indicazioni operative relative alle attività del medico competente nel contesto delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro e nella collettività (Circolare lavoratori fragili).

Aggiornamenti e chiarimenti, con particolare riguardo ai lavoratori e alle lavoratrici "fragili".

Testo completo in Allegato

Con le indicazioni operative in oggetto, la scrivente Direzione Generale della prevenzione sanitaria ha inteso soffermarsi sul ruolo del medico competente, in particolare ai sensi dell'Articolo 25 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, rilevando l'opportunità che lo stesso, nel contesto generate di ripartenza delle attività lavorative in fase pandemica, andasse a supportare il datore di lavoro nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione già richiamate nel Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro del 24 aprile 2020, e quindi in ossequio a quanto previsto dall'articolo 28 riguardo alla valutazione dei rischi, nello specifico per quanto concerne l'integrazione del DVR.

Nell'attuale fase, continua a rilevarsi fondamentale la sorveglianza sanitaria, in particolare in riferimento alla opportunità di contestualizzare in tempo utile le diverse tipologie di misure di contenimento del rischio da SARS-CoV-2 rispetto alle singole realtà produttive, tenendo conto dei dati sull'andamento epidemiologico nel relativo contesto territoriale.

[...]

Lavoratori e lavoratrici fragili - Concetto di fragilità

In merito alle situazioni di particolare fragilità rilevate dal Protocollo condiviso del 24 aprile 2020 citato in Premessa, le "Indicazioni operative” del Ministero della salute del 29 aprile 2020 sottolineavano l'opportunità che ii medico competente fosse coinvolto nella identificazione dei soggetti con particolari situazioni di fragilità, raccomandando di porre particolare attenzione ai soggetti fragili anche in relazione all'età- All'epoca, in merito a tali situazioni di fragilità, i dati epidemiologici rilevavano una maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate della popolazione (>55 anni di età), nonché in presenza di co-morbilità tali da caratterizzare una condizione di maggiore rischio, come riportato nel Documento Tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione, approvato dal Comitato Tecnico Scientifico, di cui all'OCDPC n. 630 del 2020, e pubblicato dall'INAIL in data 23 aprile 2020.

I dati epidemiologici recenti hanno chiaramente mostrato una maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate della popolazione in presenza di alcune tipologie di malattie cronico degenerative (ad es. patologie cardiovascolari, respiratorie e dismetaboliche) che, in caso di comorbilità con l'infezione da SARS-CoV-2, possono influenzare negativamente la gravità e l'esito della patologia.

Nello specifico, i dati più consolidati prodotti dal sistema di sorveglianza epidemiologica gestito dall'Istituto Superiore di Sanità nonché quelli derivanti dall'analisi secondaria sulle cartelle sanitarie dei pazienti deceduti, hanno messo in evidenza i seguenti aspetti: il rischio di contagio da SARS-CoV-2 non è significativamente differente nelle differenti fasce di età lavorativa; il 96,1% dei soggetti deceduti presenta una o più comorbilità e precisamente: il 13,9% presentava una patologia, ii 20,4% due patologie, ii 61,8% presentava tre o più patologie; le patologie più frequenti  erano rappresentate  da malattie cronico-degenerative a  carico degli apparati cardiovascolare, respiratorio, renale e da malattie dismetaboliche; l'andamento crescente  dell'incidenza della mortalità all'aumentare  dell'età e correlabile alla prevalenza maggiore di tali patologie nelle fasce più elevate dell'età lavorativa; in aggiunta alle patologie sopra indicate, sono state riscontrate comorbilità di rilievo, quali quelle a carico del sistema immunitario e quelle oncologiche, non necessariamente correlabili all'aumentare dell'età.

Tali evidenze sono coerenti con la letteratura scientifica prevalente e con i pronunciamenti di alcune tra le più importanti Agenzie regolatorie internazionali.

Il concetto di fragilità va dunque individuate in quelle condizioni dello stato di salute de! lavoratore/lavoratrice rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinar e, in caso di infezione, un esito più grave o infausto e può evolversi sulla base di nuove conoscenze scientifiche sia di tipo epidemiologico sia di tipo clinico.

Con specifico riferimento all'età, va chiarito che tale parametro, da solo, anche sulla base delle evidenze scientifiche, non costituisce elemento sufficiente per definire uno stato di fragilità nelle fasce di età lavorative. Peraltro, se quale parametro venisse individuata la sola età, non sarebbe necessaria una  valutazione medica per accertare la condizione di fragilità: non è, infatti, rilevabile alcun automatismo fra le caratteristiche anagrafiche e di salute del lavoratore e la eventuale condizione di fragilità; in tale contesto, la "maggiore fragilità" nelle fasce di età più elevate della popolazione va intesa congiuntamente alla presenza di comorbilità che possono integrare una condizione di maggior rischio.

Tale evoluzione delle evidenze in tema di fragilità in caso di possibili infezioni da  SARS­ CoV-2 e stata altresì recepita nel Rapporto ISS COVID-19 n. 58 del 22 agosto 2020, pubblicato a cura di ISS, INAIL, Ministero della salute e Ministero dell'istruzione, in collaborazione con Regione Emilia-Romagna e Regione Veneto e la Fondazione Bruno Kessler, e approvato dalla Conferenza Unificata ai sensi dell'art. 9, comma 1, del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281 (Rep. Atti n. I 08/CU del 28 agosto 2020)

Indicazioni operative

Ai lavoratori e alle lavoratrici deve essere assicurata la possibilità di richiedere al datore di lavoro l'attivazione di adeguate misure di sorveglianza sanitaria, in ragione dell'esposizione al rischio da SARS-CoV-2, in presenza di patologie con scarso compenso clinico (a solo titolo esemplificativo, malattie cardiovascolari, respiratorie, metaboliche).

Le eventuali richieste di visita dovranno essere corredate della documentazione medica relativa alla patologia diagnosticata (con modalità che garantiscano la protezione della riservatezza), a supporto della valutazione del medico competente.

Anche nella ipotesi in cui i datori di lavoro, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 81/2008, non sono tenuti alla nomina del medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria (ad es., in alcuni casi, le scuole), dovrà essere assicurata al lavoratore/alla lavoratrice la possibiltà di richiedere al datore di lavoro l'attivazione di adeguate misure di sorveglianza sanitaria, in ragione dell'esposizione al rischio da SARS-CoV-2, in presenza di patologie con scarso compenso clinico.

In quest'ultimo caso, ferma restando la possibilità per ii datore di lavoro di nominare comunque il medico competente, in base alla valutazione del rischio, ai fini della massima tutela dei lavoratori fragili, su richiesta del lavoratore o della lavoratrice, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, della Legge 20 maggio 1970, n. 300, il datore di lavoro potrà inviare il lavoratore o la lavoratrice a visita presso enti pubblici e istituti specializzati di diritto pubblico, tra i quali:

- INAIL, che ha attivato una procedura specifica per tale tutela, avvalendosi delle proprie strutture territoriali:
- le Aziende sanitarie locali;
- i dipartimenti di medicina legale e di medicina del lavoro delle Università.

I predetti enti si conformeranno alle indicazioni operative di cui alla presente circolare.

Contenuti del giudizio medico-legale

Ai fini della valutazione della condizione di fragilità, il datore di lavoro dovrà fornire al medico incaricato di emettere il giudizio una dettagliata descrizione della mansione svolta dal lavoratore o dalla lavoratrice e della postazione/ambiente di lavoro dove presta l'attività, nonché le informazioni relative all'integrazione del documento di valutazione del rischio, in particolare con riferimento alle misure di prevenzione e protezione adottate per mitigare ii rischio da SARS-CoV-2, in attuazione de! Protocollo condiviso del 24 aprile 2020.

All'esito di tale valutazione, ii medico esprimerà il giudizio di idoneità fornendo, in via prioritaria, indicazioni per l'adozione di soluzioni maggiormente cautelative per la salute del lavoratore o della lavoratrice per fronteggiare il rischio da SARS-CoV-2, riservando ii giudizio di non idoneità temporanea solo ai casi che non consentano soluzioni alternative.

Resta ferma la necessità di ripetere periodicamente la visita anche alla luce dell'andamento epidemiologico e dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche in termini di prevenzione, diagnosi e cura.

Istanze ex art. 83 del decreto legge n. 34 del 2020 pendenti al 31.07.2020

L'articolo 83 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, ha introdotto - fino alla data di cessazione dello stato di emergenza per rischio sanitario sul territorio nazionale - la "sorveglianza sanitaria eccezionale", assicurata dai datori di lavoro pubblici e privati per i "lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell'età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia COVID-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da morbilità, che possono caratterizzare una maggiore rischiosità".

Il medesimo articolo ha altresì previsto, per i datori di lavoro che non sono tenuti alla nomina del medico competente (ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 81/2008), che "[. ..] ferma restando la possibilità, di nominarne uno per ii periodo emergenziale, la sorveglianza sanitaria eccezionale […] può essere richiesta ai servizi territoriali dell'INAIL che vi provvedono con propri medici del lavoro, su richiesta del datore di lavoro. [..]".

Il sopraggiunto decreto-legge 30 luglio 2020, n. 83, recante "Misure urgenti connesse con la scadenza de/la dichiarazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 deliberata il 31 gennaio 2020" non ha prorogato quanto disposto dall'articolo 83 de! decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77; la predetta disposizione cessa, pertanto, di produrre effetti dal 10 agosto 2020 ai sensi dell'art. 1, comma 4, del menzionato decreto­ legge 30 luglio 2020, n. 83.

Allo stato, in ragione dei mutamenti del quadro normativo, le visite mediche richieste dai lavoratori e dalle lavoratrici entro il 31 luglio 2020, ai sensi del menzionato articolo 83 saranno regolarmente svolte sulla base delle indicazioni operative illustrate nella presente circolare e secondo la disciplina speciale di cui al citato disposto normativo. Inoltre, l'accertamento medico-legale sulla idoneità alla mansione sarà svolto secondo i criteri indicati al paragrafo 3.

Modalità di espletamento delle visite

Nell'attuale fase, si ritiene opportune tendere al completo - seppur graduale - ripristino delle visite mediche previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, sempre a condizione che sia consentito operare nel rispetto delle misure igieniche raccomandate dal Ministero della salute e secondo quanto previsto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, nonché tenendo conto dell'andamento epidemiologico nel territorio di riferimento.

E' comunque opportuno, laddove possibile, che le visite mediche si svolgano in una infermeria aziendale o ambiente idoneo di metratura tale da consentire il necessario distanziamento fra ii medico e ii lavoratore/lavoratrice soggetto a visita, con sufficiente ricambio d'aria e che permetta un'adeguata igiene delle mani. In occasione delle visite mediche è opportuno che anche ii lavoratore indossi idonee protezioni (mascherina).

In particolare, la programmazione delle visite mediche dovrà continuare ad essere organizzata in modo tale da evitare l'assembramento, ad esempio nell' attesa di accedere alla visita stessa: un'adeguata informativa deve essere preventivamente impartita ai lavoratori e alle lavoratrici, affinché non si presentino alla visita con febbre e/o sintomi respiratori seppur lievi.

In linea generale, possono ancora essere differibili, previa valutazione del medico incaricato, anche in relazione all'andamento epidemiologico territoriale:

- la visita medica periodica (art. 41, comma 2, lett. b) del d.lgs. n. 81/2008):
- la visita medica alla cessazione de! rapporto di lavoro, nei casi previsti dalla normativa vigente (art. 41. comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 81/2008).

Andrebbe altresì valutata con cautela l'esecuzione di esami strumentali che possano esporre a contagio da SARS-CoV-2, quali, ad esempio, le spirometrie, gli accertamenti di cui all'articolo 41 comma 4, del d.lgs. n. 81/2008 e i controlli di cui all"articolo 15 legge n. 125/2001 qualora non possano essere effettuati in idonei ambienti e con adeguati dispositivi di protezione.

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Fonte: MLPS

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Nota INL n. 298 del 24 giugno 2020

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Nota INL n. 298 del 24 giugno 2020

Oggetto: sospensione procedure di licenziamento ex art. 46 D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 – ambito applicativo – licenziamento per inidoneità sopravvenuta alla mansione.

In ordine alla richiesta concernente l’oggetto, acquisito il parere dell’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si forniscono i seguenti chiarimenti. La questione attiene l’esatta individuazione dell’ambito applicativo dell’art. 46 del D.L. n. 18/2020 e cioè se possa o meno essere ricompresa l’ipotesi di licenziamento per sopravvenuta inidoneità alla mansione.

Deve preliminarmente essere evidenziato che il legislatore ha inteso conferire alla norma un carattere generale, con la conseguenza che devono ritenersi ricomprese nel suo alveo tutte le ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della L. n. 604/1966.

Così anche l’ipotesi in argomento deve essere ascritta alla fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, atteso che l’inidoneità sopravvenuta alla mansione impone al datore di lavoro la verifica in ordine alla possibilità di ricollocare il lavoratore in attività diverse riconducibili a mansioni equivalenti o inferiori, anche attraverso un adeguamento dell’organizzazione aziendale (cfr. Cass. Civ.,sez. lav., sent. n. 27243 del 26 ottobre 2018; Cass. Civ., sez. lav., sent. n. 13649 del 21 maggio 2019).

L’obbligo di repechage rende, pertanto, la fattispecie in esame del tutto assimilabile alle altre ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, atteso che la legittimità della procedura di licenziamento non può prescindere dalla verifica in ordine alla impossibilità di una ricollocazione in mansioni compatibili con l’inidoneità sopravvenuta. Pertanto, si ritiene che la disciplina prevista dagli articoli 46 e 103 del D.L. n. 18/2020 riguardi anche i licenziamenti per sopravvenuta inidoneità alla mansione.

Messaggio INPS n. 2584/2020

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Messaggio INPS n  2584 2020

Messaggio INPS n. 2584/2020

Indicazioni operative per il riconoscimento della tutela previdenziale della malattia, in attuazione dell’articolo 26 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020, rubricato “Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato”

1. Premessa

Con il presente messaggio, anche a fronte delle richieste di chiarimento avanzate dalle Strutture territoriali in merito all’attuazione dell’articolo 26 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in attesa della pubblicazione dell’apposita circolare al vaglio ministeriale, si forniscono istruzioni operative per la gestione delle certificazioni prodotte dai lavoratori aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia, ai fini del riconoscimento delle indennità di cui ai commi 1, 2 e 6 del medesimo articolo 26.

Preliminarmente, si precisa che, nell’ambito della categoria dei lavoratori privati aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia, l’articolo 26 è rivolto ai soli lavoratori dipendenti, con esclusione quindi dei lavoratori iscritti alla Gestione separata istituita presso l’Inps, ai sensi dell’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.

2. Equiparazione della quarantena a malattia (art. 26, comma 1)

Il comma 1 dell’articolo 26 dispone l’equiparazione della quarantena alla malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento.

In primo luogo, come appare chiaramente dalla lettura testuale della norma, si evidenzia che il periodo al quale si fa riferimento è quello della quarantena con sorveglianza attiva o permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva (definito ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettere h) e i), del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13) e della quarantena precauzionale (definito dall'articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35). Pertanto, la tutela viene riconosciuta a fronte di un procedimento di natura sanitaria dal quale non è possibile prescindere, stante sia l’equiparazione della stessa alla malattia sia l’obbligo per il lavoratore di produrre idonea certificazione sanitaria, come attestato dal comma 3 del medesimo articolo 26.

Sempre dall’interpretazione letterale della norma, risulta che nulla è innovato, sotto il profilo previdenziale e contrattuale, in merito alla specifica tutela prevista in caso di malattia comportante incapacità temporanea al lavoro per le diverse categorie di lavoratori, incluso l’eventuale diverso rischio specifico indennizzato a talune categorie di lavoratori.

Tale tutela, secondo il comma 1, si applica anche ai casi di quarantena, come sopra individuata.

Pertanto, ai lavoratori aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia a carico dell’Istituto, viene riconosciuta l’indennità economica previdenziale (con correlata contribuzione figurativa), sulla base del settore aziendale e della qualifica del lavoratore; a ciò si aggiunge l’eventuale integrazione retributiva, dovuta dal datore di lavoro, secondo gli specifici contratti di riferimento (con la conseguente copertura contributiva).

Il comma 1 dispone anche che tali periodi non sono da computare per il raggiungimento del limite massimo previsto per il comporto nell’ambito del rapporto di lavoro (periodo durante il quale il lavoratore assente dal lavoro ha diritto alla conservazione del posto). Nulla è invece innovato, come sopra già evidenziato, per quanto attiene alla tutela previdenziale, compresi i limiti temporalmente posti dal legislatore per le diverse categorie di lavoratori (lavoratori a tempo indeterminato, a tempo determinato, operai agricoli a tempo determinato, lavoratori dello spettacolo, lavoratori marittimi, etc.).

Certificazione sanitaria

Ai fini del riconoscimento della tutela di cui al comma 1, il lavoratore deve produrre il certificato di malattia attestante il periodo di quarantena nel quale il medico curante dovrà indicare gli estremi del provvedimento emesso dall’operatore di sanità pubblica (comma 3 dell’articolo 26).

Sulla base delle disposizioni vigenti in materia di tutela della malattia, il certificato deve essere redatto sin dal primo giorno di malattia in modalità telematica. Nei casi residuali di certificato emesso in modalità cartacea, lo stesso dovrà essere trasmesso all’Inps nel termine dei due giorni previsti dalla normativa di riferimento.

Per tale motivo, qualora al momento del rilascio del certificato, il medico non disponga delle informazioni relative al provvedimento, queste verranno acquisite direttamente dal lavoratore interessato presso l’operatore di sanità pubblica e comunicate successivamente all’Inps, mediante i consueti canali di comunicazione (posta ordinaria o PEC). Il lavoratore, in tal modo, comunicherà gli estremi del provvedimento (numero di protocollo, dati della Struttura di sanità pubblica che ha emesso il provvedimento, data di redazione e periodo di sorveglianza prescritto) e il PUC del certificato al quale si riferiscono, allegando, ove possibile, il provvedimento medesimo.

In attesa dell’integrazione da parte del lavoratore, il certificato pervenuto all’Istituto verrà considerato sospeso, mediante apposizione del codice di anomalia generica (anomalia A), come precisato nell’allegato al presente messaggio specificatamente riferito alla procedura “CDM”.

Naturalmente, in tutti i casi in cui l’anomalia sia da considerarsi sanata, sulla base delle indicazioni fornite con il citato allegato, dovrà essere inserito in procedura “CDM” l’apposito codice per poter proseguire con le attività finalizzate al riconoscimento della prestazione di malattia.

Per la specifica categoria di lavoratori marittimi, le relative istruzioni tecniche saranno fornite mediante il manuale tecnico presente nella procedura “Gestione malattia marittimi”.

3. Tutela per i lavoratori con patologie di particolare gravità (art. 26, comma 2)

Il comma 2 dell’articolo 26 dispone che per i lavoratori dei settori privato e pubblico in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità (art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992) o in possesso del riconoscimento di disabilità (art. 3, comma 1, della legge n. 104 del 1992), l’intero periodo di assenza dal servizio debitamente certificato, fino al termine del 31 luglio 2020, è equiparato a degenza ospedaliera.

In caso di disabilità di cui all’articolo 3, comma 1, della legge n. 104 del 1992, la tutela in argomento è prevista esclusivamente in presenza di immunodepressione, esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita. In assenza del verbale di riconoscimento della disabilità, la condizione di rischio, come precisato dal legislatore in sede di conversione, con modifiche, della norma in commento, può essere attestata dagli organi medico legali presso le Autorità sanitarie locali territorialmente competenti.

Per entrambe le ipotesi, il lavoratore deve farsi rilasciare la certificazione di malattia dal proprio medico curante nelle consuete modalità, garantendo, in tal modo, l’avvio del procedimento per il riconoscimento della prestazione equiparata alla degenza ospedaliera.

Si ricorda che in caso di degenza ospedaliera è prevista una decurtazione ai 2/5 della normale indennità qualora non vi siano familiari a carico e che il termine massimo previsto per la trasmissione della certificazione eventualmente prodotta in modalità cartacea è pari all’anno di prescrizionedella prestazione.

Certificazione sanitaria

Il medico curante è tenuto a precisare, nelle note di diagnosi, l’indicazione dettagliata della situazione clinica del suo paziente, tale da far emergere chiaramente la situazione di rischio in soggetto con anamnesi personale critica, riportando altresì, come precisato testualmente al comma 2, i riferimenti del verbale di riconoscimento dello stato di handicap ovvero della certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali delle Autorità sanitarie locali.

Gli Uffici medico legali dell’Inps territorialmente competenti verificano, come di prassi, la certificazione prodotta per i lavoratori aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia, acquisendo, ove se ne ravvisi l’opportunità, ulteriore documentazione dal lavoratore ai fini della definizione della pratica.

Anche in tali casi, in attesa dell’integrazione documentale, il certificato pervenuto all’Istituto verrà considerato sospeso in attesa di regolarizzazione, mediante apposizione del codice di anomalia generica (anomalia A), come precisato nell’allegato al presente messaggio specificatamente riferito alla procedura “CDM”.

Naturalmente, in tutti i casi in cui l’anomalia sia da considerarsi sanata, sulla base delle indicazioni fornite con il citato allegato, dovrà essere inserito in procedura “CDM” l’apposito codice per poter proseguire con le attività finalizzate al riconoscimento della prestazione di malattia.

Per la specifica categoria di lavoratori marittimi, le relative istruzioni tecniche saranno fornite mediante il manuale tecnico presente nella procedura “Gestione malattia marittimi”.

4. Malattia per COVID19 (art. 26, comma 6)

Il comma 6 dell’articolo 26 stabilisce che in caso di malattia conclamata da COVID-19 il lavoratore deve farsi rilasciare il certificato di malattia dal proprio medico curante senza necessità di alcun provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica.

Tale fattispecie rientra nella consueta gestione della malattia comune e viene riconosciuta, ovviamente, anche ai lavoratori iscritti alla Gestione separata, sulla base della specifica normativa di riferimento.

5. Periodo transitorio

Per tutelare i lavoratori nel periodo precedente all’entrata in vigore del decreto-legge n. 18 del 2020 (17 marzo 2020), il comma 4 dell’articolo 26 stabilisce, in deroga a quanto previsto al comma 3, che vengono considerati validi, per il riconoscimento dell’indennità di cui al comma 1, i certificati medici prodotti anche in assenza del prescritto provvedimento dell’operatore di sanità pubblica.

Ugualmente, sono da considerarsi accoglibili, sempre fino alla suddetta data di entrata in vigore del decreto, i provvedimenti emessi dall’operatore di sanità pubblica presentati dai lavoratori anche in assenza dei certificati di malattia redatti dai medici curanti.

In allegato, come sopra indicato, vengono fornite istruzioni di dettaglio per la gestione delle certificazioni prodotte e la regolarizzazione degli eventi dichiarati, ai fini del riconoscimento delle tutele in argomento.

Al riguardo, si evidenzia che sono in corso implementazioni informatiche nella procedura “CDM”, indicate nel citato allegato, al fine di consentire una parziale automatizzazione del processo, delle quali si darà opportuna descrizione in fase di rilascio delle medesime.

Si ribadisce che per la specifica categoria di lavoratori marittimi, ferma restando la trattazione amministrativa degli eventi sulla base delle medesime istruzioni valide per la generalità degli assicurati, le relative istruzioni tecniche saranno fornite mediante coerente implementazione del manuale tecnico rinvenibile nella specifica sezione della procedura “Gestione malattia marittimi”.

Per la tutela di cui al comma 2 dell’articolo, stante l’equiparazione del periodo a degenza ospedaliera, è considerato valido, come sopra già specificato, il certificato pervenuto entro l’anno di prescrizione.

Fonte: INPS

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Cassazione Penale Sent. Sez. Fer Num. 23947 | 14 Agosto 2020

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Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. Fer., 14 agosto 2020, n. 23947

Investito da un muletto durante le operazioni di spostamento di una saldatrice. Responsabilità del datore di lavoro di fatto

Penale Sent. Sez. F Num. 23947 Anno 2020
Presidente: BONI MONICA
Relatore: BASSI ALESSANDRA
Data Udienza: 06/08/2020

Ritenuto in fatto

1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d'appello di Venezia ha confermato la sentenza dell'11 aprile 2018, con la quale il Tribunale di Venezia ha condannato alla pena pecuniaria di legge F.P. in relazione al reato di cui agli artt. 40 e 590, commi primo e terzo, cod. pen., per avere, quale legale rappresentante della Fun Village s.r.l., cagionato per colpa - generica e specifica ex artt. 28, comma 2, 36, comma 1 lett. a), e 37, comma 1 lett. a), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 - al dipendente di fatto R.Z. lesioni personali gravi, da cui derivava una malattia o comunque un'incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni. Secondo la contestazione, R.Z. si infortunava nel mentre era intento ad eseguire delle operazioni di spostamento di una saldatrice, compiute unitamente a A.R. (dipendente della Fun Village s.r.l.), tramite un trattore muletto marca Manitoum, condotto da I.S. (dipendente di fatto della Fun Village s.r.l.), laddove perdeva l'equilibrio e cadeva a terra, venendo investito dal predetto mezzo.
2. Nel ricorso a firma del difensore di fiducia, F.P. chiede l'annullamento del provvedimento per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione al d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, per avere la Corte d'appello confermato il giudizio di penale responsabilità a carico di F.P. sebbene l'infortunio sia stato cagionato mediante un mezzo - il trattore Manitou - di proprietà, non della Fun Village s.r.l. di cui egli era legale rappresentante, bensì della Nettuno s.r.l., in relazione al quale non era pertanto imputabile al medesimo l'omessa formazione per la prevenzione antinfortunistica (informazioni sull'uso, formazione del personale e indicazioni sul DVR relative all'uso). Il ricorrente aggiunge, inoltre, che non risulta provata la circostanza - data invece per acquisita dai giudici di merito - circa l'impiego abituale di detto mezzo da parte dei dipendenti della Fun Village s.r.l.
2.2. Vizio di motivazione per travisamento della prova e per omessa acquisizione di prova decisiva, per avere il Collegio del gravame confermato la condanna dell'imputato sulla scorta di una erronea ricostruzione storico fattuale, frutto dell'omessa valutazione della testimonianza di A.R. e della non corretta lettura delle dichiarazioni di I.S.. Evidenzia la difesa come il fatto avvenne la mattina di domenica - dunque di un giorno festivo - e come F.P. avesse dato indicazioni al dipendente della ditta Fun Village s.r.l. A.R. di effettuare la riparazione di una cancellata mediante una saldatrice - fra l'altro munita di ruote -, ordinando a questi di riportarla nel ricovero attrezzi a fine lavoro, senza fare alcuna menzione all'impiego del muletto Manitou, né avvedersi della presenza sul posto di tale mezzo, nè dello R.Z.; rimarca altresì che fu quest'ultimo ad offrirsi spontaneamente di dare una mano al A.R. nelle operazioni di spostamento della saldatrice e che fu un'idea di I.S. di utilizzare il muletto Manitou della Nettuno s.r.l. Ad avviso del ricorrente, i giudici di merito avrebbero inoltre errato nella ricostruzione dei fatti quanto a diverse circostanze, segnatamente: a) quanto al fatto che l'area dello stabilimento balneare fosse chiusa al pubblico per lavori di manutenzione, quando invece era aperta, trovandosi la cancellata oggetto di riparazione su di un camminamento che conduce al mare I costeggiando la spiaggia e consente di raggiungere la sala bingo aperta tutto l'anno; b) quanto alla ritenuta presenza sul luogo del fatto del F.P. ed alla circostanza che questi avesse visto sul posto tutte e tre le persone coinvolte (il dipendente A.R. e gli ex dipendenti R.Z. e I.S.), sulla scorta dell'erroneo presupposto che il luogo fosse chiuso al pubblico per lavori di manutenzione; c) quanto alla circostanza che era stato lo stesso F.P. a portare sul luogo del fatto il muletto Manitou, avendo A.R. riferito che la saldatrice era stata trasportata a mano dallo stesso e dall'imputato, testimonianza invece radicalmente omessa da parte del Collegio veneziano; d) quanto alla presenza delle chiavi del muletto infilate nel quadro del mezzo, in effetti non riferita dal teste I.S..
2.3. Vizio di motivazione in ordine alla valutazione della condotta tenuta da R.Z., I.S. e A.R. nella causazione dell'infortunio ed all'omesso riconoscimento dell'abnormità della condotta tenuta dalla persona offesa. La difesa sottolinea come la Corte d'appello abbia escluso l'eccentricità del comportamento della persona offesa e degli altri due operai sulla scorta dell'erroneo presupposto di fatto che analogo comportamento fosse stato tenuto dallo stesso F.P. per portare la saldatrice sul luogo del fatto, circostanza invece smentita da quanto dichiarato da A.R.. Il ricorrente ribadisce che il trattore Manitou era di proprietà della Nettuno s.r.l. e che F.P. non era a conoscenza del fatto che sarebbe stato utilizzato da R.Z., I.S. e A.R. per riportare la saldatrice nel deposito attrezzi, in quanto frutto di una decisione autonoma - ed abnorme - di essi, e non era stato dunque messo in grado di impartire le necessarie informazioni antinfortunistiche. Aggiunge che lo stesso teste dello SPISAL ha dichiarato che costituisce fatto notorio che salire sulle forche del cofano del muletto è condotta imprudente, pericolosa e quindi vietata e che pertanto la condotta tenuta di R.Z., I.S. e A.R. deve ritenersi abnorme. Sottolinea, inoltre, come la Corte lagunare abbia omesso di valutare se la condotta tenuta dalla persona offesa fosse di per sé sola idonea e sufficiente a cagionare l'evento lesivo, incorrendo in un'evidente mancanza di motivazione sul punto. Rimarca che il comportamento di R.Z. era imprevedibile e dunque inevitabile da parte del datore di lavoro, essendosi egli volontariamente esposto al pericolo nel momento in cui si era offerto sua sponte di dare un aiuto a A.R. per riportare la saldatrice nel rimessaggio attrezzi.
2.4 . Vizio di motivazione in ordine all'individuazione dell'area di rischio governata dalle norme a tutela contro gli infortuni ed erronea delimitazione del luogo del sinistro.

Considerato in diritto

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per le ragioni illustrate nel prosieguo.
2. In linea generale, non può non essere rilevato come, con il ricorso dinanzi a questa Corte, il ricorrente abbia riproposto censure già sottoposte al vaglio del Collegio territoriale confrontandosi soltanto in parte con i passaggi argomentativi sviluppati in risposta nella sentenza impugnata. Il che rende aspecifiche le doglianze e conseguentemente inammissibile il ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Amone e altri, Rv. 243838).
2.1. D'altra parte, il ricorso risulta generico laddove viola il principio di autosufficienza, nella parte in cui, nel denunciare il vizio di travisamento delle prove testimoniali assunte nel processo (in particolare di quelle di A.R. e I.S.), omette di allegare la trascrizione delle testimonianze medesime (o delle parti ritenute d'interesse), in modo da consentire l'effettivo apprezzamento del vizio dedotto da parte di questo Giudice di legittimità.
Giova invero ribadire che, in forza della regola della "autosufficienza" del ricorso, operante anche in sede penale, il ricorrente che intenda dedurre in sede di legittimità il travisamento di una prova testimoniale ha l'onere di suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell'integrale contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone, non consentendo la citazione di alcuni brani delle medesime l'effettivo apprezzamento del vizio dedotto. (Sez. 4, n. 37982 del 26/06/2008, Buzi, Rv . 241023; Sez. 3, n. 19957 del 21/09/2016 - dep. 27/04/2017, Saccomanno, Rv. 269801).
3. Ad ogni buon conto, l'impugnazione si appalesa all'evidenza destituita di fondamento, laddove - tenuto conto del discorso giustificativo svolto dalla Corte d'appello come integrato dal corredo motivazionale della richiamata decisione di primo grado (v. da ultimo Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218) - i Giudici di merito risultano avere bene argomentato, con considerazioni aderenti alle emergenze dell'incartamento processuale, lineari e conformi a logica - pertanto incensurabili nella sede di legittimità -, le ragioni per le quali abbiano ritenuto provata al di là di ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità di F.P. per le lesioni personali colpose cagionate a R.Z., dipendente di fatto dell'azienda di cui l'imputato era legale rappresentante.
3.1. Nel confermare il giudizio di penale responsabilità a carico del ricorrente, la Corte d'appello lagunare ha convincentemente argomentato: che deve ritenersi pacificamente acquisito che il muletto Manitou, sebbene di proprietà della Nettuno s.r.l., fosse utilizzato nella pratica in maniera promiscua dalla Fun Village s.r.l. e dalla Nettuno s.r.l. (v. pagina 3 della sentenza impugnata); che la Nettuno s.r.l. non ha intentato alcuna azione avverso la Fun Village s.r.l. per lamentare l'indebito utilizzo del mezzo da parte dei dipendenti della stessa; che, come dato atto dal primo giudice, detto muletto era stato d'altronde incluso nel corso di aggiornamento, imposto da SPISAL ed effettuato nel maggio 2013 (v. pagina 3 della motivazione della sentenza di primo grado); che, il giorno del fatto, il mezzo era immediatamente reperibile sul luogo dell'infortunio con disponibilità delle chiavi; che il teste I.S. ha riferito di essere stato richiesto da A.R. di condurre il muletto Manitou per averlo guidato più volte, aggiungendo che "Manitou guidato tutti"; che rientrava pertanto nella responsabilità datoriale del F.P. l'obbligo di impartire le dovute istruzioni ai propri dipendenti dirette ad assicurare che l'uso del mezzo, normalmente utilizzato nell'ambito aziendale, avvenisse in modo tale da garantire, in ogni evenienza, la sicurezza sul luogo di lavoro (v. pagina 3 della sentenza impugnata); che, il giorno degli occorsi, lo stabilimento balneare era chiuso al pubblico, l'area ove era avvenuto il fatto era interdetta alla generalità delle persone e R.Z. e I.S. si trovavano sul posto, non per bere un caffè - come sostenuto dalla difesa -, ma per eseguire assieme a A.R. dei lavori di manutenzione; che risulta non credibile che F.P. - presente sull'area del cantiere come riferito dal I.S. - non sapesse della presenza, oltre che di A.R., anche degli stessi ex dipendenti R.Z. e I.S., come confermato anche dal fatto che, subito dopo l'infortunio, il ricorrente aveva provveduto all'immediata regolarizzazione degli ex dipendenti R.Z. e I.S. (v. pagine 4 e 5 della sentenza impugnata); che, quanto alle modalità dell'incidente, I.S. ha riferito che, quella mattina, era stato lo stesso F.P. ad utilizzare il muletto per portare la saldatrice sul posto, lasciando le chiavi sul quadro del mezzo; che, sebbene non vi sia prova del fatto che l'imputato abbia dato l'ordine di utilizzare quel mezzo per riportare la saldatrice a posto, la circostanza che F.P. potesse confidare sulla collaborazione di R.Z. e I.S. presenti sul posto si desume in via logica, in primo luogo, dal fatto che il ricorrente aveva lasciato sul posto il muletto e, in secondo luogo, dalla circostanza che egli non poteva fare affidamento sul fatto che la saldatrice potesse essere spostata dal solo A.R., atteso che il trattore Manitou e la pedana non potevano essere movimentati da una sola persona (v. pagina 5 della sentenza impugnata).
3.3. Non può omettersi di porre in rilievo come, ai fini della valutazione dell'accertamento della responsabilità colposa del F.P. per l'infortunio occorso sul luogo di lavoro, poco rilevi la circostanza che l'area nella quale si verificava l'incidente fosse chiusa o aperta al pubblico. Ed invero, secondo quanto non irragionevolmente ricostruito dai Giudici di merito, F.P. era consapevole del fatto che A.R. sarebbe stato aiutato nelle operazioni di movimentazione della saldatrice da I.S. e dalla persona offesa - non potendo (come già evidenziato) detta operazione essere eseguita da un solo operaio - ed era pertanto tenuto - in quanto datore di lavoro tenuto al controllo dei fattori di rischio anche nei riguardi di terzi non dipendenti e nonostante i comportamenti imprudenti di costoro - ad attuare le misure antinfortunistiche, ad assicurare la necessaria formazione professionale sull'utilizzo dei macchinari impiegati nelle lavorazioni (segnatamente del muletto Manitou) e sulle misure precauzionali da adottare (compreso il divieto di salire sui pallet per il rischio caduta e di investimento), a garantirne la loro rigorosa osservanza da parte del proprio dipendente A.R. nonché ad inibire a I.S. e R.Z. di fare accesso al luogo e di prendere parte alle lavorazioni affidate a A.R..
Nel riconoscere la responsabilità colposa dell'imputato, i Giudici di merito hanno fatto ineccepibile applicazione dei consolidati principi di diritto in materia, secondo cui il datore di lavoro - quale responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro - è tenuto a dare ai lavoratori una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, fornendo specifiche informazioni sulle modalità di svolgimento delle attività lavorative e sull'uso dei macchinari e quindi ad eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti, e risponde pertanto dell'infortunio occorso al dipendente a causa della mancanza di tali requisiti (Sez. 4, n. 5441 del 11/01/2019, Lanfranchi, Rv. 275020).
3.4. A fronte della precisione, completezza e intima coerenza dell'iter argomentativo sviluppato nonché della correttezza in diritto del ragionamento svolto dal Giudice del gravame in sentenza, le censure mosse dal ricorrente quanto alla valutazione delle prove acquisite al processo, alla ricostruzione della vicenda sotto il profilo storico-fattuale ed al conseguente inquadramento giuridico della fattispecie - con specifico riguardo alla ritenuta sussistenza dei profili di colpa generica e specifica in relazione alla normativa volta alla prevenzione degli infortuni sul lavoro - si risolvono, nella sostanza, nella sollecitazione ad una rilettura delle emergenze processuali in un senso ritenuto più plausibile e, dunque, ad una valutazione di aspetti squisitamente di merito, non consentita in questa Sede, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a verificare la completezza e l'insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
4. Immune da vizi di ordine logico o giuridico è pure la ritenuta assenza dei presupposti dell'eccentricità o abnormità della condotta tenuta dai tre cittadini lituani tale da renderla imprevedibile e pertanto esulante dall'orizzonte del rischio prevedibile e governabile dal datore di lavoro.
4.1. Al riguardo, la Corte distrettuale ha ineccepibilmente notato come l'abnormità del comportamento sia esclusa dal fatto che i tre operai si limitavano a replicare la condotta tenuta dal F.P. per portare la saldatrice sul luogo dei lavori nonché ad utilizzare un mezzo di cui avevano in quel momento la disponibilità e l'uso e che avevano anche in precedenza utilizzato per eseguire i lavori nell'area, senza peraltro ricevere la formazione antinfortunistica necessaria (v. pagine 5 e 6 della sentenza impugnata).
L'assunto difensivo contrario, che pretende non essere stato fatto uso del muletto da parte del ricorrente per il trasferimento della saldatrice prima dell'infortunio, non è ritualmente supportato dai necessari riscontri probatori perché possa essere apprezzato da questo Giudice di legittimità, risultando il ricorso privo di autosufficienza nei termini già sopra esposti.
4.2. Il ragionamento del Giudice del gravame risulta perfettamente allineato alla costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità in materia, secondo cui l'abnormità della condotta del lavoratore tale da escludere la responsabilità del datore di lavoro non coincide con la mera imprudenza o disattenzione nello svolgimento delle lavorazioni, ma postula che il comportamento si svolga al di fuori dell'ambito delle mansioni assegnate ovvero che, pur collocandosi nell'alveo di esse, risulti radicalmente avulso da un'avventatezza prevedibile - e dunque evitabile - nelle operazioni.
Sì è, in particolare, affermato che il comportamento del lavoratore può ritenersi "abnorme", e come tale non suscettibile dì controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, allorchè provochi l'infortunio ponendo in essere, colposamente, un'attività del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite, realizzando in tal modo un comportamento "esorbitante" rispetto al lavoro che gli è proprio, assolutamente imprevedibile (ed evitabile) per il datore di lavoro, come, ad esempio, nel caso che il lavoratore si dedichi ad un'altra macchina o ad un altro lavoro, magari esorbitando nelle competenze attribuite in esclusiva ad altro lavoratore (v. di recente Sez. 4 del 21/10/2008, n. 40821, Petrillo; Sez, 4 del 16/02/2012, n. 10712, Mastropietro). Tale comportamento è "interruttivo" non perché eccezionale, ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a "governare" (v. Sez. 4, del 23/11/2012, n. 49821, Lovison ed altri).
D'altra parte, si è giudicata abnorme quella condotta che, pur rientrando nelle mansioni lavorative proprie del lavoratore o comunque in attività con esse connesse, sia consistita in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell'esecuzione del lavoro.
In un caso assimilabile a quello di specie, questa Corte ha escluso che presenti le caratteristiche dell'abnormità il comportamento, pur imprudente, del lavoratore che non esorbiti completamente dalle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli e mentre vengono utilizzati gli strumenti di lavoro ai quali è addetto, essendo l'osservanza delle misure di prevenzione finalizzata anche a prevenire errori e violazioni da parte del lavoratore, trattandosi di comportamento "connesso" all'attività lavorativa o da essa non esorbitante e, pertanto, non imprevedibile (v. ex plurimis, Sez. 4, del 16/02/2012, n. 10712, Mastropietro; Sez. 4, n. 43846 del 26/06/2014, Colella).
5. La rilevata inammissibilità del ricorso rende irrilevante la questione - dedotta dalla difesa in udienza - circa la non applicabilità nel caso de quo della sospensione dei termini di prescrizione di cui all'art. 83 d.l. n. 18 del 17 marzo 2020 convertito con modificazioni dalla l. n. 24 aprile 2020, n. 27.
Costituisce difatti principio acquisito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen. (Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso) (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L, Rv. 217266).
6. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila euro.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 6 agosto 2020

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Polveri e fibre ambienti di lavoro: UNI EN 481

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EN 481

Polveri e fibre: UNI EN 481 Convenzioni di campionamento

ID 9877 | 15.01.2020

Il Documento (completo in allegato) illustra la UNI EN 481 metodica standardizzata (Allegato XLI) del D.Lgs. 81/2008 con la la definizione delle convenzioni dì campionamento (curve convenzionali) per le frazioni granulometriche delle particelle che devono essere utilizzate per valutare i possibili effetti sanitari derivanti dall'inalazione di particelle aerodisperse nell'ambiente di lavoro. Queste sono derivate da dati sperimentali ottenuti su adulti sani.

Vengono definite convenzioni per la frazione inalabile, toracica e respirabile; le convenzioni extratoracica e tracheobronchiale possono essere calcolate dalle convenzioni prima definite. Le convenzioni sono spesso utilizzate per specificare gli strumenti per campionare le particelle aerodisperse allo scopo di misurare le concentrazioni corrispondenti alle frazioni definite. Valori esempio per amianto, silice, poveri inerti, altri documenti allegati.

La scelta della convenzione dipenderà dalla regione di azione del componente di interesse nelle particelle aerodisperse.

Le convenzioni di campionamento ammettono che soltanto una frazione delle particelle aerodisperse in prossimità del naso e della bocca viene inalata. Questa frazione è chiamata frazione inalabile. Per alcune sostanze, le sotto-frazioni di questa che penetrano oltre la laringe o nelle vie respiratorie non ciliate sono di particolare importanza sanitaria.

Curve convenzionali EN 481

La UNI EN 481 propone curve convenzionali (Fig. 1) che approssimano la frazione inalata e le sotto-frazioni che penetrano oltre la laringe o nelle vie respiratorie non ciliate. Queste curve sono chiamate la convenzione inalabile, la convenzione toracica e la convenzione respirabile.

EN 481 metodica standardizzata

La EN 481 è una delle metodiche standardizzate per la misurazione degli agenti contenute nell’allegato ALLEGATO XLI del D.Lgs.81/08-Titolo IX art.225 c.2.
...
Art. 225 c.2
Salvo che possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono influire sull’esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute, con metodiche standardizzate di cui è riportato un elenco meramente indicativo nell'ALLEGATO XLI o in loro assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell’esposizione in termini spazio temporali.

ALLEGATO XLI: Metodiche standardizzate di misurazione degli agenti:

UNI EN 481:1994
UNI EN 482:1998
UNI EN 689:1998
UNI EN 1070:1999
UNI 1231:1999
UNI EN 1232:1999
UNI EN 1540:2001
UNI EN 1219:2001

Excursus

I rischi per la salute legati all’esposizione alle polveri disperse nell’atmosfera derivano sia dalle loro proprietà chimiche sia dalle loro caratteristiche aerodinamiche che ne influenzano il grado di penetrazione all’interno dell’apparato respiratorio. Nel caso delle particelle fini e ultrafini e delle nanoparticelle, la tossicità e la relazione dose-risposta possono essere influenzate anche da altri parametri quali il numero, la morfologia, la solubilità, l’area superficiale e la reattività chimica.

Sono numerose le tipologie di polveri note in igiene industriale per i loro effetti sulla salute, dalla silice libera cristallina alle polveri di legno duro, all’amianto, noto per la sua cancerogenicità, o all’enorme famiglia delle fibre artificiali.

In questa sezione vengono approfonditi rischi più “tradizionali” e noti per la salute dei lavoratori come ad esempio quelli legati all’esposizione ad amianto e a silice cristallina, ma anche quelli “emergenti” come quelli relativi all’esposizione a nanomateriali.

A oggi non è ancora chiaro l’impatto sulla salute dell’utilizzo e produzione di nuovi materiali, per cui è fondamentale essere costantemente aggiornati sui nuovi cicli lavorativi al fine di mettere a punto tutte le opportune misure di prevenzione e protezione a tutela dei lavoratori.

Esposizione professionale a polveri

L’accertamento dell’esposizione professionale a polveri può essere orientato alla conoscenza di diverse grandezze:

- la natura delle polveri da campionare
- la loro distribuzione granulometrica (cioè la distribuzione dell’aerosol in classi dimensionali, determinate dalla conoscenza del diametro aerodinamico*)
- la concentrazione in polveri totali aerodisperse (o delle polveri appartenenti a una particolare frazione granulometrica di interesse).

La concentrazione delle polveri aerodisperse è definita come numero o come massa di particelle presenti in un determinato volume di aria. Nel primo caso l’unità di misura è (numero di particelle)/cm3 e nel secondo mg/m3; ai fini della valutazione del rischio di esposizione professionale a polveri, i metodi di campionamento e di analisi più diffusi determinano la massa per unità di volume di aria. La misura della concentrazione delle polveri aerodisperse totali si effettua facendo passare un volume noto di aria attraverso un filtro e pesando il particolato raccolto. La norma UNI EN 481:1994 definisce le convenzioni per il campionamento di particelle caratterizzate da diverse frazioni granulometriche.

Si distinguono le convenzioni per:

- la frazione inalabile, che è frazione di massa delle particelle aerodisperse totali che viene inalata attraverso naso e bocca;
- la frazione toracica, la frazione in massa delle particelle inalate che penetra oltre la laringe;
- la frazione respirabile, definita come la frazione in massa delle particelle inalate che penetra nelle vie respiratorie non ciliate.

La selezione della frazione granulometrica di interesse (respirabile, toracica o inalabile) avviene attraverso la scelta di un opportuno selettore, consistente in un dispositivo avente precise caratteristiche costruttive e funzionante imponendo un flusso di aspirazione tale che venga garantito il rispetto della convenzione adottata.

* Il diametro aerodinamico è definito come il diametro di una particella sferica di densità unitaria avente la stessa velocità di sedimentazione della particella in questione.

Polveri inalabili / respirabili / toraciche / aerodisperse

Con il termine polveri si intendono tutte le particelle solide, con dimensioni diverse, disperse nell’aria e aventi la stessa composizione chimica dei materiali dai quali si originano. La pericolosità delle polveri è inversamente proporzionale alle loro dimensioni: al diminuire della loro dimensione la capacità di penetrare nei polmoni è maggiore.

Le polveri inalabili sono definite anche “totali” in quanto durante il loro campionamento non vengono in alcun modo frazionate. La norma UNI EN 481 differenzia tre tipologie di frazioni di polveri in base alla loro dimensione (curva convenzionale EN 481):

Curva Convenzione EN 481

Fig. 1 - Le convenzioni inalabile, toracica, respirabile come percentuali delle particelle aerodisperse totali

Le particelle di polveri vengono classificate, principalmente, in inalabili, respirabili e toraciche:

1. Frazione inalabile (UNI EN 481)
La frazione in massa delle particelle aerodisperse totali che viene inalata attraverso il naso e la bocca

La frazione inalabile è rappresentata da una sospensione di particelle di vario diametro (generalmente compreso tra i 10 e i 100 micron) le cui dimensioni sono tali da determinare l’interazione con l’apparato respiratorio umano. 

Convenzione Frazione inalabile polveri

Fig. 2 – Diametro particelle Frazione inalabile (curva convenzionale EN 481)

2. Frazione respirabile (UNI EN 481)
La frazione in massa delle particelle inalate che penetra nelle vie respiratorie non ciliate

La frazione respirabile è rappresentata da una sospensione di particelle con classe granulometrica (generalmente < 4 micron) tale da raggiungere, per effetto dei moti respiratori, la parte non ciliata del polmone (zona alveolare). 

Convenzione Frazione respirabile

Fig. 3 - Diametro particelle Frazione respirabile (curva convenzionale EN 481)

3. Frazione toracica (UNI EN 481)
La frazione in massa delle particelle inalate che penetra oltre la laringe.
...

Frazione toracica

Fig. 4 - Diametro particelle Frazione toracica (curva convenzionale EN 481)

Esempi
...

Fibre Amianto

L'amianto è una fibra minerale presente in natura e ampiamente utilizzata in Italia nel passato.

Materiale fibroso dalle caratteristiche molto interessanti per l'industria, l'amianto (o asbesto) veniva usato per realizzare migliaia di prodotti di uso industriale e civile. Le fibre di amianto sono resistenti alle temperature elevate, all'azione di agenti chimici e all'azione meccanica. E' flessibile al punto da poter essere filato ed è un ottimo fonoassorbente.

I minerali di amianto sono relativamente diffusi in natura e il loro basso costo, unito alle caratteristiche di cui sopra, ne ha favorito un'ampissima diffusione fin dall'antichità.

I minerali di amianto hanno la caratteristica di sfaldarsi e ridursi in fibre molto sottili che si disperdono in aria e possono essere inalate. Questo avviene anche se i materiali sono debolmente perturbati. Gli studi epidemiologici hanno confermato che l'amianto causa gravi patologie nei soggetti esposti all'inalazione delle fibre. Per questo motivo sono state introdotte limitazioni al suo uso che hanno determinato la messa al bando in Italia con la L. 257/1992.

I minerali interessati dalle limitazioni di cui sopra sono le varietà fibrose del:

- Crisotilo (tipo del Serpentino - amianto bianco - CAS 12001-29-5)
- Amosite (Anfibolo - amianto bruno - CAS 12172-73-5)
- Crocidolite (Anfibolo - amianto blu - CAS 12001-28-4)
- Tremolite (Anfibolo - CAS 14567-73-8)
- Antofillite (Anfibolo - CAS 77536-67-5)
- Actinolite (Anfibolo - CAS 12172-67-7).

Il crisotilo è la tipologia maggiormente utilizzata ma, in generale, sono le prime 3 tipologie quelle più diffuse e ancora utilizzate in diverse regioni del mondo.

La messa al bando dell'amianto ha determinato una proliferazione di norme che hanno regolato nel tempo vari aspetti quali le modalità per la gestione dei materiali in essere, la valutazione del rischio, i requisiti delle imprese dedite alla bonifica, le caratteristiche dei laboratori e la formazione professionale.

Modalità di campionamento fibre amianto

Decreto Ministeriale 6 settembre 1994, Ministero della Sanità (G.U. n.288, supplemento ordinario del 10 dicembre 1994) Normative e metodologie tecniche per la valutazione del rischio, la bonifica, il controllo e la manutenzione dei materiali contenenti amianto presenti negli edifici.

Questa sezione approfondisce i diversi aspetti relativi alla gestione e caratterizzazione di questo materiale che costituisce ancora un rilevante problema sanitario e ambientale a livello mondiale.

Polveri silice cristallina

Con il termine silice si fa riferimento a una delle sostanze minerali più comuni presenti in natura, formata da silicio (Si) e ossigeno (O) che, assieme, costituiscono circa il 74% in peso della crosta terrestre. Generalmente questi due elementi chimici si combinano con altri per formare i silicati, minerali costituenti di molte rocce. In particolari condizioni, tuttavia, possono legarsi tra loro dando origine al gruppo dei minerali della silice (SiO2).

In essi la disposizione interna degli atomi di silicio e di ossigeno può assumere un andamento regolare (silice libera cristallina) o disordinato (silice libera amorfa). In natura la silice si presenta in forme cristalline diverse (polimorfi). Il quarzo, costituente minerale primario di molte rocce vulcaniche, sedimentarie e metamorfiche è senza dubbio la forma più comune di silice libera cristallina (Slc) presente in natura. Cristobalite e tridimite, più rare, compaiono principalmente nelle rocce di natura vulcanica e nei prodotti impiegati dall’industria.

Le forme cristalline della silice sono quelle di maggiore interesse per la medicina del lavoro e per l’igiene industriale, perché responsabili di patologie a carattere invalidante. L’esposizione alle polveri contenenti Slc è, infatti, causa della silicosi, per lungo tempo la malattia professionale più importante registrata tra i lavoratori del nostro paese. La copertura assicurativa obbligatoria contro la silicosi venne istituita in Italia nel 1943, ritenendo già allora che questa specifica tecnopatia, proprio per le gravi conseguenze invalidanti, dovesse essere protetta da una tutela speciale.

La valutazione del rischio silicosi presenta ancora oggi diverse criticità dovute all’assenza di orientamenti istituzionali chiari riguardo ai sistemi da adottare per campionare le polveri, alla scarsa diffusione di programmi di controllo di qualità delle prestazioni dei laboratori nei quali si eseguono le analisi e, non ultima in ordine di importanza, alla mancanza di valori limite di esposizione professionale (Vle) riconosciuti per legge. Per quest’ultimo aspetto si fa spesso riferimento ai limiti consigliati dall’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) sia per le varietà cristalline sia per quelle amorfe.

Modalità di campionamento della silice libera cristallina nella frazione respirabile delle polveri

La determinazione di questo parametro si esegue sulla frazione respirabile delle polveri, campionata con le modalità sopra descritte, utilizzando l’analisi in difrattometria a raggi X (DRX). Il principio fisico su cui si basa la diffrattometria è la diffrazione dei raggi X ad opera delle sostanze cristalline, la quantificazione è basata su proporzionalità diretta tra l’intensità dei raggi X diffratti e la massa per unità di area della fase cristallina presente sul filtro di prelievo. (Metodo NIOSH 7500/03 Silice cristallina, tramite difrattometria a raggi X).
...

Polveri inerti (PNOR)

Le polveri inerti o fastidiose, contraddistinte dall’acronimo PNOR (Particulates not otherwise regulated) rispondono alle seguenti caratteristiche:

- sono insolubili o scarsamente solubili in acqua (o nei fluidi polmonari nel caso siano disponibili dati sperimentali);
- hanno bassa tossicità (cioè non sono citotossiche, genotossiche o altrimenti chimicamente reattive con i tessuti polmonari);
- non hanno un valore limite ponderale applicabile.

Tuttavia, anche se biologicamente inerti e non in grado di determinare l’insorgenza di malattie organiche significative, è ormai riconosciuto che tali particelle, siano esse di natura minerale o inorganica, possono esplicare effetti avversi in caso di esposizione per inalazione, contatto cutaneo o attraverso gli occhi.
...
 
Concentrazioni di polveri aerodisperse negli ambienti di lavoro

L’ACGIH raccomanda che le concentrazioni aerodisperse negli ambienti di lavoro siano mantenute al di sotto di 3 mg/m3 nel caso di frazione granulometrica respirabile e sotto 10 mg/m3 nel caso di frazione granulometrica inalabile.
 
Ai fini del confronto con i valori limite di esposizione in ambienti di lavoro, i livelli di concentrazione delle particelle aerodisperse devono essere rilevati facendo riferimento a metodiche standardizzate; oltre ad EN 481, sono noti diversi metodi sia in ambito nazionale (metodi Unichim) che a livello internazionale (metodi Hse e metodi Niosh).
 
Alcuni metodi analitici emessi dal Niosh (National institute for occupational safety and health) sono basati sul principio della deposizione della polvere aerodispersa su membrana filtrante cui segue la determinazione gravimetrica del particolato raccolto.
 
Ai fini del confronto dei livelli di inquinante aerodisperso misurabili con i valori limite di esposizione ACGIH, sono considerate PNOR anche alcune tipologie di polveri, quali le polveri di cuoio, la cui pericolosità intrinseca è accertata dalla Iarc (International agency for research on cancer).
...
EN 481
...

EN 481 Tabella 1

Prospetto I - Valori numerici delle convenzioni, espressi come percentuali della convenzione inalabile o delle particelle aerodisperse totali

Frazione inalabile sul totale

Fig. 5 - Tutte particelle della convenzioni inalabile (1-100 μm), rappresentano il 50% delle particelle aerodisperse totali (Convenzione EN 481)
...

segue in allegato
 
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DVR: Il Programma di miglioramento

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DVR Programma di miglioramento

DVR: Il Programma di miglioramento D.Lgs. 81/2008

ID 8559 | Rev. 1.0 del 20.06.2019

Con il Documento allegato e la nota a seguire si intende fornire un esempio di possibile metodologia per la strutturazione del Programma di miglioramento (programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza D.Lgs. 81/2008 Art. 28 c 2 lett. c).

In particolare il Programma di miglioramento è così definito ai sensi del D.Lgs. 81/2008 Art. 28 c. 2 lett. c:

"Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione...e contenere...c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;".

Il Programma di miglioramento è in effetti un "Documento dovuto" in un processo di "Valutazione dei Rischi" legato al concetto tipico dei Sistemi di gestione del miglioramento continuo.

Il Programma di adeguamento è invece il Programma delle misure di prevenzione e protezione da attuate (da attuare - ndr) per raggiungere la conformità legislativa/tecnica risultata mancante nella Valutazione dei Rischi. 

"Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della della valutazione...e contenere...b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a);...,".

Vedasi nota a seguire.

Entrambi i Programmi dovranno avere dei Livelli di priorità definiti.

Un Programma di misure di prevenzione e protezione, a fronte della VR, può essere quindi distinto in:

- Programma adeguamento

- Programma miglioramento

Per attuare le misure di prevenzione e protezione sarà previsto un Programma di adeguamento con Livelli di priorità e Pianificazione temporale (tempi di attuazione), inoltre la stessa misura potrà (dovrà) avere un Programma di miglioramento (Piano si miglioramento + Livello di priorità / tempi) (*):

Programma misure prevenzione e protezione

Rischio

Programma adeguamento

Programma miglioramento

Pericolo

Livello di
rischio

Misura

Livello
priorità

Misura

Livello
priorità

Pericolo 1

Livello

Misura 1A

PAXX

Misura 1M

PMXX

Pericolo 2

LIvello

Misura 2A

PAXX

Misura 2M

PMXX

 

 


Allegati
Codifica
n. X/ZZZZ

 


Allegati 
Codifica
n. X/ZZZZ

 

(*) E’ possibile anche separare il programma di adeguamento da quello di miglioramento

Programma adeguamento:
Occorre definire Livelli di Priorità per l’adeguamento delle misure alla Conformità legislativa/tecnica eventualmente carente dalla Valutazione dei Rischi.

Programma miglioramento:
Occorre inoltre definire dei Livelli di Priorità delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.

Nella scheda si fa riferimento ad Allegati pertinenti, quali relazioni, documenti, dichiarazioni, ecc, per l’attuazione del Programma di adeguamento e del Programma di miglioramento.

Livelli Priorità | Esempio

Livelli Priorità Programma adeguamento

Codice

Tempi

PA1 Immediato
PA2 30 giorni
PA3 60 giorni
PA4 90 giorni
PA5 180 giorni

Livelli Priorità Programma miglioramento

Codice

Tempi

PM1 60 giorni
PM2 180 giorni
PM3 360 giorni

Misure di adeguamento e Misure di miglioramento

Misure di adeguamento

Con la Valutazione dei Rischi e la successiva elaborazione del DVR, il DL da indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati.

Le misure di adeguamento sono quelle da attuare al momento in cui un rischio sia rilevato. Se esiste un rischio non accettabile, è necessario individuare un adeguamento immediato.

Per quanto riguarda il Programma di adeguamento, anche se la norma non parla in modo esplicito di "programmazione", è palese che sia possibile avere delle carenze di sicurezza nella Valutazione dei Rischi e che tali carenze non possano essere chiuse (adeguamento) con misure immediate. Chiaramente saranno quelle per il quale il livello di rischio individuato sia "basso" (dal metodo VR).

Sarà quindi possibile stabilire dei livelli di priorità sulle misure di sicurezza non immediate (da attuare) in quanto il rischio è valutato "basso". 

Si pensi, ad esempio, che nella Valutazione del Rischio incendio, si è individuata una manichetta antincendio non funzionante, ma con la presenza in prossimità di un'altra manichetta antincendio funzionante che garantisce comunque adeguata sicurezza di protezione antincendio (misura provvisoria/alternativa). In questo caso il livello di rischio potrà essere “basso” con priorità di adeguamento (riparazione Manichetta 05) non immediata (PA2):

Programma misure prevenzione e protezione

Rischio

Programma adeguamento

Programma miglioramento

Pericolo

Livello di rischio

Misura

Livello priorità

Misura

Livello priorità

Incendio

Basso

Riparazione manichetta 05

PA2

Prova periodica
mensile interna

PM1

 

 


Allegati
Report A. XX/YYYY
Registro antincendio

 


Allegati 
Report M. XX/YYYY
Registro antincendio

 

Il Programma di miglioramento potrà ad esempio consistere in una Prova periodica mensile interna attuata PM1 (dopo 60 giorni), oltre i termini previsti per la verifica periodica nella manutenzione antincendio (Registro).

Si pensi inoltre ad una carenza in merito all'assenza del CPI ma previsto in quanto attività soggetta per il quale sono previsti sia tempi tecnici per l'adeguamento dell'attività che tempi amministrativi per il suo rilascio. E' chiaro che in questo frangente dovranno essere attuate "misure provvisorie/alternative" per la non conformità legislativa.

Controlli Organi di Vigilanza / Misura di adeguamento da attuare

Eventuali controlli degli Organi di Vigilanza volti ad accertare il rispetto delle misure di sicurezza del D.Lgs. 81/2008, in questa fase, potrebbero dar luogo, a seconda del livello di rischio individuato dall'Organo di Vigilanza, a provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione delle carenze, con eventuale prescrizione di adeguamento entro un determinato termine. Porre particolare attenzione. 

Infortuni / Misura di adeguamento da attuare

Eventuali Infortuni dovuti a carenza nelle misure di sicurezza saranno oggetto di sanzione.

Porre particolare attenzione. 

DVR D Lgs  81 2008  Il Programma di miglioramento

Misure di miglioramento
Le misure di miglioramento sono, altresì, quelle misure che devono essere individuate per garantire nel tempo il miglioramento dei  livelli di sicurezza.

Esempio 1 (Limite agente chimico):

Nel VR chimico (Art.223), effettuata con il “metodo α” si è individuato per l’uso di un solvente una esposizione professionale ad agente riportato XXXVIII Toluene (EINECS203-625-9) al di sopra dei limiti previsti (> 192 mg/m3 (8h)), le misure potrebbero essere: (tabella Programma misure prevenzione e protezione così strutturata)

Programma misure prevenzione e protezione

Rischio

Programma adeguamento

Programma miglioramento

Pericolo

Livello
di rischio

Misura

Livello priorità

Misura

Livello priorità

Chimico
(Toluene)

Alto

Sostituzione del Prodotto (non possibile)

---

Rivalutazione della sostituzione del Prodotto (se possibile)

PM1

Riduzione dell’esposizione

PA1

Monitoraggio sul livello di esposizione

PM2

DPI

PA1

Valutazione altri DPI

PM3

Sorveglianza sanitaria

PA1

Sorveglianza sanitaria (se di nuovo necessaria)

PM3

 

 

Rivalutazione per eventuali modifiche ai limiti di esposizione professionale

PM3


Allegati
Codifica n. X/ZZZZ

 


Allegati
Codifica n. X/ZZZZ

 

Miglioramento (in giallo)

In particolare se al momento non è possibile la sostituzione del Prodotto come misura prioritaria di adeguamento, nel Programma di miglioramento (con Priorità PM1 = 60 gg) si effettuerà una rivalutazione sulla possibile sostituzione.

E’ possibile che i limiti di esposizione professionale possano nel tempo essere ridotti, anche in questo caso si potrà inserire tale controllo nelle misure di miglioramento (PM3).

Esempio 2 (Obblighi conosciuti ma differiti)

In una azienda si effettuano lavorazioni di legno duro. Nel VR chimico agenti cancerogeni (Art. 236.), per l’esposizione all’agente Polveri da legno duro (Allegato XLIII) è previsto il limite di (2,0 mg/m3 (8h)), ma esiste un periodo transitorio fino al 17 Gennaio 2023 il cui il valore limite è (3,0 mg/m3 (8h)). Il Programma di adeguamento e il Programma di miglioramento potrebbero essere così strutturati:

Programma misure prevenzione e protezione

Rischio

Programma adeguamento

Programma miglioramento

Pericolo

Livello

Misura

Livello priorità

Misura

Livello priorità

Chimico
Polveri di legno duro

Alto

Sostituzione del Prodotto (non possibile)

PM4

Rivalutazione della sostituzione del Prodotto (se possibile)

PM1

Riduzione dell’esposizione alla soglia limite di 3,0 mg/m3 (8h)

PA1

Riduzione dell’esposizione alla soglia limite di 2,0 mg/m3 (8h) entro il 17 Gennaio 2023

>PM3

DPI

PA1

DPI

PM1

   

Sorveglianza sanitaria

PM1

Allegati
Codifica n. X/ZZZZ
 

Allegati 
Codifica n. X/ZZZZ

 

Programma di Miglioramento (in giallo)

Nel Programma di miglioramento (mantenimento delle misure nel tempo) si potrà indicare la scadenza del 17 Luglio 2023 prevista per il nuovo limite (> PM3)

Esempio 3 (Obblighi conosciuti ma differiti)

....

In Programma di miglioramento deve essere efficace nel garantire il mantenimento / miglioramento dei livelli di sicurezza.

D.Lgs. 81/2008

Art. 28. Oggetto della valutazione dei rischi

2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione

e contenere:
a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l'idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione;
b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
...

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Elenco esplosivi impiego attivita' estrattive 2020

ID 11440 | | Visite: 2578 | Documenti Sicurezza Enti

Elenco esplosivi impiego attivita  estrattive 2020

Elenco esplosivi impiego attivita' estrattive / Ed. 2020

ID 11440 | 28.08.2020 / In allegato

L'elenco contiene prodotti esplodenti secondo la classifica prevista dal titolo VIII del Decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, a seguito delle prove o verifiche condotte dall'Amministrazione per la conformità ai requisiti previsti dal Decreto Ministeriale 6 febbraio 2018.

I prodotti sono iscritti nell'elenco a seguito del versamento del canone annuo di cui all'art. 32 della Legge 12 dicembre 2002, n. 273 da parte del fabbricante, di un suo rappresentante autorizzato o di un importatore.

Riferimenti normativi

Il titolo VIII del Decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128 disciplina l'impiego degli esplosivi nelle attività estrattive; in particolare l'art. 297 stabilisce che

"nelle miniere e nelle cave è vietato impiegare esplosivi da mina, accessori detonanti e mezzi di accensione non compresi tra quelli riconosciuti dal Ministero dell'Interno ai sensi dell'art. 53 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con Regio Decreto 18 giugno 1931 n. 773, e riconosciuti idonei per l'impiego minerario dal Ministero per l'industria ed il commercio".

L'art. 299 recita: "È istituito presso il Ministero dell'industria e del commercio l'elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione, riconosciuti idonei per l'impiego minerario dallo stesso Ministero [omissis] L'elenco è approvato con decreto da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale".

L'art. 303 stabilisce che "gli imprenditori sono tenuti a fornirsi degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione destinati alle lavorazioni minerarie, eventualmente tramite imprese commerciali, soltanto dalle ditte produttrici comprese nell'elenco di cui all'art. 299".

L'art. 687 stabilisce: "Quando per gli strumenti, apparecchi, dispositivi, macchinari, esplosivi o materiali vari è richiesta dalle norme del presente decreto una specifica idoneità, il Ministro per l'industria ed il commercio stabilisce i requisiti per il riconoscimento di tale idoneità e, accertata attraverso prove di controllo la rispondenza dei tipi ai requisiti previsti, li ammette all'impiego fissando il termine per l'adozione. Fino a quando non siano stati stabiliti i requisiti per il riconoscimento di idoneità previsto dal precedente comma, l'ingegnere capo prescrive le misure di sicurezza eventualmente necessarie. I controlli sono eseguiti a spese degli interessati presso la Stazione mineraria statale di prova del Corpo delle miniere e, se questa non sia costituita o non sia ancora attrezzata per particolari incombenze, presso laboratori, istituti, e servizi tecnici di riconosciuta competenza".

La Direttiva 2013/29/UE e la Direttiva 2014/28/UE, che hanno armonizzato le legislazioni degli Stati membri sulla messa a disposizione sul mercato di articoli pirotecnici ed esplosivi per uso civile, in particolare introducendo nei due settori figure di operatori economici fino ad ora non considerate, nel settore in questione definendone compiti e responsabilità, nonché dettando norme per l’immissione sul mercato dei prodotti de quo, hanno avuto impatto anche sulla regolazione dell’utilizzo di esplosivi nelle specifico settore estrattivo.

Il Decreto Ministeriale 6 febbraio 2018, al fine di recepire le sopra dette modificazioni, interviene pertanto ad aggiornare e sostituire il precedente Decreto Ministeriale 21 aprile 1979, dettando "norme per il rilascio dell'idoneità di prodotti esplodenti ed accessori di tiro all'impiego estrattivo”, ai sensi dell'art. 687 del Decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128".

MISE
Anno 2020
Aggiornamento del 06/07/2020

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Decreto 23 giugno 2020 n. 105

ID 11426 | | Visite: 2839 | News Prevenzioni Incendi

Decreto 23 giugno 2020 n  105

Decreto 23 giugno 2020 n. 105

Ministero dell'Interno

Regolamento recante modalita' di svolgimento dei concorsi straordinari per l'accesso alle qualifiche di direttore, di direttore logistico-gestionale e di direttore informatico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 259 del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217.

(GU Serie Generale n.212 del 26-08-2020)

Entrata in vigore del provvedimento: 10/09/2020

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Rapporto Istisan Cianobatteri

ID 11403 | | Visite: 1995 | Documenti Sicurezza Enti

Rapporti ISTISAN 08 6

Rapporto Istisan Cianobatteri

Cianobatteri potenzialmente tossici: aspetti ecologici, metodologici e valutazione del rischio 

ISS Rapporto 08/6

I cianobatteri sono un gruppo ubiquitario di procarioti in grado di fotosintetizzare, che possono raggiungere densità elevate e formare fioriture e schiume, soprattutto nelle acque superficiali interne eutrofiche. Molte specie di cianobatteri producono, come metaboliti secondari, alcune cianotossine, che rappresentano un potenziale rischio per la salute dell’uomo. Sulla base delle loro proprietà tossicologiche, le cianotossine vengono raggruppate in: epatotossine, neurotossine, citotossine, tossine con potenziale irritante, in grado di agire anche sul sistema gastrointestinale. L’uomo può essere esposto alle cianotossine attraverso la via orale, che è di gran lunga la più importante, a seguito dell’ingestione di acqua potabile, alimenti, alcuni supplementi alimentari o di acqua durante le attività di balneazione. L’esposizione ad elevati livelli di cianotossine nelle acque potabili e di balneazione è stata associata ad effetti acuti e a breve termine nell’uomo. L’esposizione cronica a bassi livelli di cianotossine rappresenta un motivo di preoccupazione per la salute umana, i cui possibili effetti rimangono un argomento critico da approfondire. Questo rapporto riassume le informazioni ecologiche, chimiche, tossicologiche, epidemiologiche disponibili su questa problematica, identifica gli scenari di esposizione a rischio e, ove possibile, fornisce valori di riferimento.

...

Fonte: ISS

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Radiazioni ionizzanti: quadro normativo

ID 2764 | | Visite: 76373 | Decreti Sicurezza lavoro

Radiazioni ionizzanti: quadro normativo

ID 2764 | 08.1.2023 / Normativa allegata

La nuova direttiva quadro 2013/59/EURATOM (occupational, medical, public exposure) dal 6 Febbraio 2018.

Attuazione IT Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 dal 27 Agosto 2020

Update 08.01.2023

Pubblicato nella GU n. 2 del 03.01.2022 il Decreto Legislativo 25 novembre 2022 n. 203 riguardante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, di attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117. Entrata in vigore: 18.01.2023

Update 13.08.2020

Pubblicato sulla GU n.201 del 12.08.2020 - SO n. 29 il Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117. Entrata in vigore: 27.08.2020

Art. 243 Abrogazioni
1. Alla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le seguenti disposizioni: 
a) gli articoli 3, 4 e 5, della legge 31 dicembre 1962 n. 1860
b) il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 cosi' come modificato dal decreto legislativo n. 241 del 2000, dal decreto legislativo n. 23 del 2009, dal decreto legislativo n. 100 del 2011, dal decreto legislativo n. 185 del 2011, dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 45 del 2014 e dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 137 del 2017; 
c) il decreto legislativo 26 maggio 2000, n.187
d) il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n.52
e) il decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 settembre 2011.

Art. 244 Modifiche 
1. L'articolo 180, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e' sostituito dal seguente:  «3. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti e' disciplinata, nel rispetto dei principi di cui al titolo I, dalle disposizioni speciali in materia».

_______

Update 18.12.2019

La Legge di delegazione europea 2018Legge 4 ottobre 2019 n. 117, "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2018" (GU n.245 del 18-10-2019), all'Art. 20 riporta delega al Governo ad introdurre le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva 2013/59/Euratom:

Art. 20 Principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom 

1. Nell’esercizio della delega per l’attuazione della direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, del 5 dicembre 2013, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:

a) introdurre le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva 2013/59/Euratom, anche attraverso l’emanazione di un nuovo testo normativo di riassetto e semplificazione della disciplina di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, ovvero di un testo unico volto al riordino e all’armonizzazione della normativa di settore, con abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili e, in particolare, del citato decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, del decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 187, e del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 52, assicurando altresì il necessario coordinamento tra le disposizioni oggetto di modifica o integrazione;

b) ferme restando le disposizioni dell’articolo 104 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, prevedere il rafforzamento e l’ottimizzazione della protezione dell’ambiente dagli effetti dannosi delle radiazioni ionizzanti tenendo conto, ai fini della protezione della salute umana nel lungo termine, di criteri ambientali basati su dati scientifici riconosciuti a livello internazionale e richiamati dalla direttiva 2013/59/Euratom;

c) prevedere, a carico degli utilizzatori, dei commercianti e importatori di sorgenti radioattive e dei produttori, detentori, trasportatori e gestori di rifiuti radioattivi, obblighi di registrazione e comunicazione dei dati relativi alla tipologia e quantità di tali sorgenti e rifiuti radioattivi all’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione;

d) provvedere alla razionalizzazione e alla semplificazione delle procedure di autorizzazione per la raccolta e il trasporto di sorgenti e rifiuti radioattivi, introducendo specifiche sanzioni in caso di violazione delle norme di sicurezza nucleare e radioprotezione per il trasporto;

e) prevedere il mantenimento, ove già previste dalla normativa nazionale vigente, delle misure di protezione dei lavoratori e della popolazione più rigorose rispetto alle norme minime stabilite dalla direttiva 2013/59/Euratom;

f) procedere alla revisione, con riferimento alle esposizioni mediche, dei requisiti riguardanti le informazioni ai pazienti, la registrazione e la comunicazione delle dosi dovute alle procedure mediche, l’adozione di livelli di riferimento diagnostici, la gestione delle apparecchiature nonché la disponibilità di dispositivi che segnalino la dose, introducendo altresì una chiara identificazione dei requisiti, dei compiti e delle responsabilità dei professionisti coinvolti, con particolare riferimento al medico, all’odontoiatra o ad altro professionista sanitario titolato a farsi carico della responsabilità clinica per le esposizioni mediche individuali in accordo con i requisiti nazionali;

g) prevedere l’aggiornamento dei requisiti, dei compiti e delle responsabilità delle figure professionali coinvolte nella protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione, anche garantendo coerenza e continuità con le disposizioni del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230;

h) provvedere alla razionalizzazione e alla semplificazione dei procedimenti autorizzativi;

i) nella predisposizione del sistema di controlli, di cui alla direttiva 2013/59/Euratom, garantire i più alti livelli di salute per il personale aeronavigante esposto a radiazioni ionizzanti, comprese quelle cosmiche;

l) provvedere alla revisione e alla razionalizzazione dell’apparato sanzionatorio amministrativo e penale al fine di definire sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive nonché di conseguire una maggior efficacia nella prevenzione delle violazioni;

m) destinare i proventi delle eventuali sanzioni amministrative di nuova istituzione al finanziamento delle attività connesse al miglioramento delle attività dirette alla protezione dell’ambiente, dei lavoratori e della popolazione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti;

n) adottare un nuovo Piano nazionale radon che, sulla base di quanto già attuato in Italia e tenendo conto delle altre esperienze di pianificazione in materia, anche realizzate da Stati esteri, recepisca le disposizioni della direttiva 2013/59/Euratom, preveda adeguati strumenti per la sua attuazione, attraverso il coordinamento tra le amministrazioni competenti in relazione ai diversi settori di interesse, e introduca indicatori di efficacia delle azioni pianificate.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati senza modificare l’assetto e la ripartizione delle competenze previste dalla disciplina vigente, previa acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta dei Ministri per gli affari europei, della salute, dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della giustizia, dell’economia e delle finanze, dell’interno e delle infrastrutture e dei trasporti.

Update: 07.04.2019

Nessun aggiornamento sul recepimento della Direttiva quadro generale 2013/59/EURATOM

Update: 07.04.2019

Aggiornato il Testo consolidato del Decreto legislativo n. 230 del 17 marzo 1995 alla Ed. 1.1 2019 (in allegato) Tutte le modifiche e aggiornamenti al D.Lgs. 230/1995 Radiazioni ionizzanti | Consolidato 2019.

Update: 24.03.2019

Nessun aggiornamento sul recepimento della Direttiva quadro generale 2013/59/EURATOM

Update: 05.02.2018

La Direttiva quadro generale 2013/59/EURATOM che modifica in modo rilevante l'assetto normativo della protezione contro il pericolo dall'esposizione radiazioni ionizzanti deve essere recepita dagli stati membri entro il 6 febbraio 2018 con un periodo di transizione di 4 anni dall'entrata in vigore il 6 febbraio 2014, alla data notizia, nessuno schema di recepimento pubblicato da parte dell'Italia.

Direttiva 2013/59/EURATOM
Direttiva 2013/59/EURATOM del Consiglio del 5 dicembre 2013 che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom.

La direttiva ha come oggetto la protezione congiunta alle esposizioni delle seguenti categorie di soggetti:

- Esposizione dei lavoratori (cap. VI) (occupational exposure)
- Esposizione pazienti e individui procedura diagnostica o terapia medica (cap. VII) (medical exposure)
- Esposizione esclusi dalle esposizioni occupazionali e mediche cap. VIII) (public exposure)

________

Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 
Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117. Entrata in vigore: 27.08.2020

(GU Serie Generale n.201 del 12-08-2020 - Suppl. Ordinario n. 29)

Il decreto è suddiviso in diciassette Titoli:

Il Titolo I “Campo di applicazione e principi generali di protezione delle radiazioni ionizzanti” ( da art. 1 a art. 6).

Gli articoli 1 e 4 declinano le finalità del decreto, riassumendo in modo sistematico le finalità e gli obiettivi della nuova direttiva 2013/59/Euratom e degli atti di recepimento delle direttive che non sono abrogate direttiva 2013/59/Euratom, nonché i principi di giustificazione, di ottimizzazione e di limitazione delle dosi. Con riferimento alla limitazione delle dosi sui luoghi di lavoro, sono previsti limiti in relazione all'età (in particolare, prevedendo che soggetti di età inferiore a 18 anni non possano essere adibiti a lavori che comportino esposizioni alle radiazioni ionizzanti), allo stato di gravidanza e di allattamento, all'esposizione di apprendisti e studenti. Importante novità è rappresentata dall’introduzione di un nuovo e più restrittivo limite di dose equivalente per l’esposizione del cristallino. Norme specifiche sono dettate anche in relazione all'esposizione della popolazione. In generale, con riferimento all'esposizione professionale e a quella della popolazione, i limiti si applicano alla somma delle esposizioni di un lavoratore - o dell'individuo della popolazione - considerando tutte le pratiche autorizzate. Particolare enfasi è attribuita alla giustificazione delle nuove pratiche mediche e nell’ambito dei programmi di screening. Inoltre, ai fini dell’ottimizzazione, gli articoli 5 e 6 disciplinano i vincoli di dose e i livelli di riferimento. Con riferimento nel caso delle alle esposizioni mediche dei pazienti, ai fini dell'ottimizzazione, c’è un rafforzamento del ruolo e responsabilità dello specialista in fisica medica e la definizione e utilizzo di livelli diagnostici di riferimento (LDR). Specifiche prescrizioni sono poi fissate in merito a vincoli di dose per l'esposizione professionale, per l'esposizione della popolazione e per quella medica di assistenti e accompagnatori.

TITOLO I CAMPO DI APPLICAZIONE PRINCIPI GENERALI DI PROTEZIONE DALLE RADIAZIONI IONIZZANTI

ART.1 Finalità e principi del sistema di radioprotezione (direttiva 2013/59/Euratom articoli 1 e 5)

1. Il presente decreto stabilisce norme di sicurezza al fine di proteggere le persone dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, e disciplina:
a) la protezione sanitaria delle persone soggette a qualsiasi tipo di esposizione;
b) il mantenimento e la promozione del continuo miglioramento della sicurezza nucleare degli impianti nucleari civili;
c) la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi;
d) la sorveglianza e il controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile esaurito e materie radioattive.
2. Le disposizioni del presente decreto fissano i requisiti e i regimi di controllo relativi alle diverse situazioni di esposizione.
3. Il sistema di radioprotezione si basa sui principi di giustificazione, ottimizzazione e limitazione delle dosi.
4. In attuazione dei principi di cui al comma 3:
a) gli atti giuridici che consentono lo svolgimento di una pratica garantiscono che il beneficio per i singoli individui o per la collettività sia prevalente rispetto al detrimento sanitario che essa potrebbe causare. Le determinazioni che introducono o modificano una via di esposizione e le determinazioni per le situazioni di esposizione esistenti e di emergenza devono apportare più benefici che svantaggi; 
b) la radioprotezione di individui soggetti a esposizione professionale e del pubblico è ottimizzata allo scopo di mantenere al minimo ragionevolmente ottenibile le dosi individuali, la probabilità dell'esposizione e il numero di individui esposti, tenendo conto dello stato delle conoscenze tecniche e dei fattori economici e sociali. L'ottimizzazione della protezione di individui soggetti a esposizione medica è riferita all'entità delle singole dosi, compatibilmente con il fine medico dell'esposizione. Questo principio si applica non solo in termini di dose efficace ma, ove appropriato, anche in termini di dose equivalente, come misura precauzionale destinata a mantenere le incertezze relative al detrimento sanitario al di sotto della soglia per le reazioni tissutali;
c) nelle situazioni di esposizione pianificata, la somma delle dosi cui è esposto un individuo non può superare i limiti fissati per l'esposizione professionale o del pubblico. Le esposizioni mediche non sono soggette ai limiti di dose prefissati dal presente decreto per i lavoratori e per la popolazione.

ART.2 Ambito di applicazione (direttiva 2013/59/Euratom, articolo 2; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 1, commi 1 e 2)

1. Le disposizioni del presente decreto si applicano a qualsiasi situazione di esposizione pianificata, esistente o di emergenza che comporti un rischio da esposizione a radiazioni ionizzanti che non può essere trascurato sia dal punto di vista della radioprotezione sia per quanto riguarda l'ambiente ai fini della protezione della salute umana a lungo termine.
2. In particolare le disposizioni del presente decreto si applicano:
a) alle spedizioni di rifiuti radioattivi, di combustibile esaurito e di materie radioattive, escluse le spedizioni transfrontaliere di rifiuti che contengono soltanto materiale radioattivo di origine naturale non proveniente da pratiche;
b) alla costruzione, all'esercizio e alla disattivazione degli impianti nucleari civili;
c) alla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi dalla generazione fino allo smaltimento;
d) alla fabbricazione, alla produzione, alla lavorazione, alla manipolazione, allo smaltimento, all'uso, allo stoccaggio, alla detenzione, al trasporto, all'importazione nell'Unione Europea e all'esportazione dall'Unione Europea di materie, materiali e sorgenti radioattivi;
e) alla fabbricazione e al funzionamento di apparecchiature elettriche che emettono radiazioni ionizzanti e contengono componenti funzionanti con una differenza di potenziale superiore a 5 chilovolt (kV);
f) alle attività umane che implicano la presenza di sorgenti di radiazioni naturali, che determinano un significativo aumento dell'esposizione dei lavoratori o di individui della popolazione, in particolare:
1) al funzionamento di aeromobili e veicoli spaziali, in relazione all'esposizione del personale navigante;
2) alla lavorazione di materiali contenenti radionuclidi naturali;
g) all'esposizione dei lavoratori o di individui della popolazione al radon in ambienti chiusi, all'esposizione esterna dovuta ai materiali da costruzione e ai casi di esposizione prolungata dovuta agli effetti di un'emergenza o di un'attività umana del passato;
h) alla preparazione, alla pianificazione della risposta e alla gestione di situazioni di esposizione di emergenza che giustificano misure volte a tutelare la salute di individui della popolazione o di lavoratori;
i) alle esposizioni mediche;
l) alle esposizioni con metodiche per immagini a scopo non medico.
3. Le condizioni per l'applicazione delle disposizioni del presente decreto sono definite negli allegati I e II.
4. Per quanto non diversamente previsto dal presente decreto si applicano le disposizioni del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

ART.3 Esclusione dall'ambito di applicazione (direttiva 2013/59/Euratom articolo 3; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 1, comma 1-bis)

1. Sono escluse dal campo di applicazione del presente decreto:
a) l'esposizione al livello di radiazione naturale, risultante dai radionuclidi presenti nell'organismo umano e dalla radiazione cosmica presente al livello del suolo;
b) le esposizioni alla radiazione cosmica durante attività di volo o missioni nello spazio a cui sono esposti gli individui della popolazione o lavoratori non facenti parte dell'equipaggio;
c) l'esposizione, al livello del suolo, ai radionuclidi presenti nella crosta terrestre non perturbata.
2. Ulteriori limiti al campo di applicazione del presente decreto sono stabiliti nei successivi Titoli con specifico riferimento a disposizioni in essi contenute.

ART.4 Giustificazione delle pratiche (direttiva 2013/59/Euratom, articolo 19;decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 2, commi 1 e 2)

1. Nuovi tipi o nuove classi di pratiche che comportano un'esposizione alle radiazioni ionizzanti debbono essere giustificati, prima di essere adottati.
2. I tipi o le classi di pratiche esistenti sono sottoposti a riesame per quanto concerne gli aspetti di giustificazione ogniqualvolta emergano nuove e importanti prove sulla loro efficacia o sulle loro potenziali conseguenze, ovvero nuove e importanti informazioni su altre tecniche e tecnologie; a tal fine il soggetto che svolge la pratica ne dà comunicazione all'autorità titolare del relativo procedimento.
3. I tipi o le classi di pratiche che comportano esposizioni professionali e del pubblico devono essere giustificate tenendo conto di entrambe le categorie di esposizione.
4. Le pratiche che compo1tano esposizioni mediche devono essere giustificate:
a) come tipo o classe di pratiche, tenendo conto delle esposizioni mediche e, ove pertinente, delle associate esposizioni professionali e del pubblico;
b) a livello di ciascuna esposizione medica individuale, secondo quanto stabilito nel Titolo XIII.

ART.5 Strumenti per l'ottimizzazione: vincoli di dose (direttiva 2013/59/Euratom articolo 6)

1. Ai fini dell'ottimizzazione della protezione sono stabiliti, con modalità specificate nei corrispondenti Titoli, i vincoli di dose.
2. Per l'esposizione professionale, il vincolo di dose è stabilito dall'esercente o dal datore di lavoro come strumento operativo per l'ottimizzazione, sotto la supervisione dell'autorità competente che ha emanato l'atto autorizzatorio o che ha ricevuto la notifica. Nel caso di lavoratori esterni, il vincolo di dose è stabilito congiuntamente dal datore di lavoro del lavoratore esterno e dal!' esercente.
3. Per l'esposizione del pubblico, è fissato il vincolo di dose individuale cui sono esposti gli individui della popolazione in seguito all'impiego pianificato di una specifica sorgente di radiazioni ionizzanti. L'autorità competente provvede affinché i vincoli di dose, considerando la somma delle dosi a cui è esposto il medesimo individuo da tutte le pratiche autorizzate, garantiscono il rispetto del limite di dose.
4. Per l'esposizione medica, i vincoli di dose si applicano solo per quanto riguarda la protezione di assistenti e accompagnatori nonché dei volontari che partecipano alla ricerca medica e biomedica.
5. I vincoli di dose sono stabiliti in termini di dosi individuali efficaci o di dosi equivalenti nell'arco di un determinato periodo di tempo appropriato.

ART.6 Strumenti per l'ottimizzazione: livelli di riferimento (direttiva 2013/59/Euratom articolo 7)

1. Ai fini della ottimizzazione della protezione per le situazioni di esposizione di emergenza e per le situazioni di esposizione esistenti sono utilizzati i livelli di riferimento. L'ottimizzazione della protezione riguarda in via prioritaria le esposizioni al di sopra del livello di riferimento e continua a essere messa in atto al di sotto di detto livello. 

Il Titolo II “Definizioni” ( art. 7)
Il Titolo III si compone di due norme (art. 8 a art. 9) si occupa delle autorità competenti (art. 8) e disciplina le funzioni di vigilanza, precisandone il campo d’azione e le attività (art. 9).
La previsione di cui all’articolo 8 non innova l’assetto ordinamentale delineato dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, che riconosce competenti in materia il Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, della salute, del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico. le Regioni e alle Province. Il suddetto assetto è completato dall’introduzione ad opera del decreto legislativo n 45 del 2014, di un’autorità di regolazione indipendente in materia di sicurezza nucleare e radioprotezione, individuata nell’ISIN.
Coerentemente alla natura di “autority” all’ISIN è riconosciuta una funzione di regolazione e di vigilanza del settore, che svolge in posizione di terzietà rispetto all’esercizio delle pratiche e autonomia e indipendenza di giudizio, mentre le Amministrazioni ministeriali e regionali svolgono compiti di amministrazione attiva, ciascuna nel proprio ambito di competenza.
In ogni caso queste <autorità competenti> per lo svolgimento dei compiti previsti dal decreto devono organizzarsi per garantire l’indipendenza funzionale dai propri uffici e dai privati che svolgono attività nel settore, devono dotarsi di adeguate competente e risorse umane e finanziarie, e non devono intrattenere rapporti di collaborazione o negoziale con soggetti privati che operano nel settore.
Il Titolo IV “Sorgenti naturali di radiazioni ionizzanti”, (da art. 10 a art. 29), reca, rispetto alla legislazione vigente, molteplici innovazioni che si possono riassumere nella previsione relativa all’istituzione del Piano di azione nazionale per il radon, nella determinazione dei nuovi livelli di riferimento per la concentrazione di attività di radon, nell’indicazione dei criteri per l’individuazione
delle aree prioritarie per l’intervento di risanamento da radon, oltre ad altre previsioni di carattere
generale finalizzate a dare una organicità e valenza nazionale alle disposizioni in materia.
Il Titolo IV, è suddiviso in quattro capi:
1. il Capo I, rubricata “Esposizione al Radon”, a sua volta è suddiviso in tre sezioni la Sezione I, rubricata “parte generale”, la Sezione II, rubricata “Esposizione al radon nei luoghi di lavoro” e la Sezione III, rubricata “Protezione dall'esposizione al radon nelle abitazioni”;
2. il Capo II rubricata “Pratiche che comportano l’impiego di materiali contenenti radionuclidi di origine naturale”;
3. il Capo III rubricata “Attività lavorative che comportano l’esposizione alla radiazione cosmica”;
4. il Capo IV ha per oggetto le radiazioni gamma emesse da materiali da costruzione.
Il Titolo V “Lavorazioni minerarie” (da art.30 a art. 35). La materia disciplinata nel presente Titolo non è stata interessata dalla direttiva 2013/59/EURATOM, e, pertanto, le disposizioni che lo compongono, sebbene oggetto di una revisione formale ai fini del loro coordinamento con le nuove previsioni, non sono state modificate nella sostanza, Si segnala, in particolare, che per ragioni di sistematicità la previsione recante la disciplina del titolo abilitativo è stata spostata nel pertinente 
Titolo VII e la previsioni in materia di esposizione dei minatori nel relativo Titolo XI.
Il Titolo VI “Regime giuridico per importazione, produzione, commercio trasporto e detenzione” di materie grezze, materiali o sorgenti radioattivi (da art. 36 a art 45)
Il Titolo VII “Regime autorizzatorio e disposizioni per i rifiuti radioattivi” ( da art. 46 a art. 61) . Il regime regolamentare consiste in qualsiasi forma di controllo o regolamentazione applicati alle attività umane per l'attuazione delle prescrizioni in materia di radioprotezione. Si è scelto di graduare il controllo in ragione della natura e delle caratteristiche delle diverse fattispecie prese in considerazione. In applicazione di questo principio, le pratiche che rientrano nel campo di applicazione del regime regolamentare non espressamente esonerate dallo stesso sono assoggettate a procedura di notifica, mentre per le pratiche che presentano maggiori rischi si richiede un’autorizzazione sotto forma di nulla osta o di registrazione; l’autorizzazione è prevista ad esempio, per la somministrazione intenzionale di sostanze radioattive, il funzionamento e disattivazione di impianti nucleari (attività queste ultime soggette anche a licenza di esercizio), le attività connesse alla gestione di residui radioattivi.
Il Titolo VIII “Particolari disposizioni per le sorgenti sigillate ad alta attività e le sorgenti orfane” ( da art. 62 a art. 75), ed è suddiviso in due Capi: il Capo I è dedicata al controllo delle sorgenti sigillate ad alta attività; e il Capo II che disciplina il controllo delle sorgenti orfane.
Il Titolo IX “Impianti” “( da art. 76 a art. 101) reca la disciplina il regime di autorizzazione e di controllo della sicurezza degli impianti; la materia disciplinata nel presente Titolo non è stata interessata dalla direttiva 2013/59/EURATOM, e, pertanto, le disposizioni che lo compongono, sebbene oggetto di una revisione formale ai fini del loro coordinamento con le nuove previsioni, non sono state modificate nella sostanza.
Il Titolo X “Sicurezza degli impianti nucleari e degli impianti di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi” ( da art. 102 a art. 105) reca la disciplina la sicurezza degli impianti nucleari e degli impianti di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. la materia disciplinata nel presente Titolo non è stata interessata dalla direttiva 2013/59/EURATOM, e, pertanto, le disposizioni che lo compongono, sebbene oggetto di una revisione formale ai fini del loro coordinamento con le nuove previsioni, non sono state modificate nella sostanza.
Il Titolo XI “Esposizione dei lavoratori” (da art. 106 a art. 146) disciplina le garanzie da assicurare ai lavoratori esposti a radiazioni ionizzanti, introducendo due aspetti di novità rispetto alla previgente disciplina: l’estensione dell’ambito di applicazione, che riguarda indistintamente tutti i lavoratori (il precedente articolo 59 conteneva il riferimento ai soli “lavoratori subordinati o ad essi equiparati”), la terzietà del soggetto che effettua i controlli rispetto alla parte che rilascia le autorizzazioni e all’esercente.
Il Titolo XII “Esposizione della popolazione” ( da art. 147 a art 155) riporta le disposizioni connesse con la protezione della popolazione dai rischi derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti derivanti dall’esercizio delle pratiche, in un’ottica di rafforzamento della tutela della salute pubblica.
Il Titolo XIII “Esposizioni mediche” ( da art 156 a art. 171), pur recando disposizioni specifiche sulle esposizioni mediche del tutto coerenti con la previgente disciplina, presenta alcuni elementi di novità ponendo maggiore attenzione su: giustificazione nei programmi di screening; informazione preventiva al paziente sui rischi e benefici dell’esposizione; responsabilità riguardo l’ottimizzazione; definizione di ruoli e responsabilità delle figure professionali; qualità e sicurezza delle attrezzature; sistema di registrazione delle dosi
Il Titolo XIV “Preparazione e risposta alle emergenze” (da art. 172 a art.197) reca disposizioni volte alla gestione dell’emergenza definendo le competenze della Presidenza del Consiglio dei ministri- Dipartimento della protezione civile.
Il Titolo XV “Particolari situazioni di esposizione esistente” ( da art. 198 ad art. 204) reca i principi e le previsioni da applicare in sede di adozione delle misure correttive e protettive da applicare a situazioni di esposizione esistente in circostanze puntualmente definite dalla normativa di riferimento.
Il Titolo XVI “Apparato sanzionatorio”, ( da art. 205 a art.231) si compone di due sezioni: la sezione I Illeciti penali e la Sezione II Illeciti amministrativi.
Il Titolo XVII “Norme transitorie e finali”, introduce un regime transitorio in costanza dell’entrata in vigore del presente decreto.

Direttiva 2013/59/EURATOM

Direttiva 2013/59/EURATOM del Consiglio del 5 dicembre 2013 che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom

Le Direttive di cui alla tabella sono abrogate:

Direttiva EURATOM  Descrizione breve Recepimento
Direttiva 89/618/Euratom Informazione alla popolazione in caso di emergenza D.Lgs. n. 230 del 17 marzo 1995 
Direttiva 90/641/Euratom Protezione dei lavoratori esterne D.Lgs. n. 230 del 17 marzo 1995 
Direttiva 96/29/Euratom Basic Safety Standards D.Lgs. 26 maggio 2000, n. 241
Direttiva 97/43/Euratom Protezione relativa alle esposizioni mediche D.Lgs. n. 187 del 26 maggio 2000 
Direttiva 2003/122/Euratom Controllo delle sorgenti sigillate ad alta attività
e delle sorgenti orfane
D.Lgs. n. 52 del 6 febbraio 2007

In attesa del recepimento della Direttiva 2013/59/EURATOM a seguire il quadro normativo generale per il rischio radiazioni ionizzanti.

NORMATIVA GENERALE NAZIONALE RADIAZIONI IONIZZANTI

Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101
Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.  (GU Serie Generale n.201 del 12-08-2020 - Suppl. Ordinario n. 29) Entrata in vigore del provvedimento: 27/08/2020

 

Pubblicato nella GU n. 2 del 03.01.2022 il Decreto Legislativo 25 novembre 2022 n. 203 riguardante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, di attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117. Entrata in vigore: 18.01.2023

Art. 243 Abrogazioni Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 

1. Alla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le seguenti disposizioni: 
a) gli articoli 3, 4 e 5, della legge 31 dicembre 1962 n. 1860
b) il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 cosi' come modificato dal decreto legislativo n. 241 del 2000, dal decreto legislativo n. 23 del 2009, dal decreto legislativo n. 100 del 2011, dal decreto legislativo n. 185 del 2011, dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 45 del 2014 e dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 137 del 2017; 
c) il decreto legislativo 26 maggio 2000, n.187
d) il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n.52
e) il decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 settembre 2011.

Decreto legislativo n. 230 del 17 marzo 1995 - Abrogato dall'art. 243 del Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 a far data dal 27.08.2020
Attuazione delle direttive Euratom 80/836, 84/467, 84/466, 89/618, 90/641 e 92/3 in materia di radiazioni ionizzanti. (la Direttiva 96/29/Euratom è abrogata dalla Direttiva 2013/59/Euratom dal 06.02.2018 - Data new non recepita)

Decreto legislativo n. 187 del 26 maggio 2000 Abrogato dall'art. 243 del Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 a far data dal 27.08.2020
Attuazione della Direttiva 97/43/Euratom in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche. (la Direttiva 96/29/Euratom è abrogata dalla Direttiva 2013/59/Euratom dal 06.02.2018 - Data new non recepita)

Decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 241 - Abrogato dall'art. 243 del Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 a far data dal 27.08.2020
Attuazione della Direttiva 96/29/Euratom in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti.  (la Direttiva 96/29/Euratom è abrogata dalla Direttiva 2013/59/Euratom dal 06.02.2018 - Data new non recepita)

Decreto 4 gennaio 2001
Attuazione dell'art. 62, comma 4, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, modificato dal decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 241, che stabilisce l'obbligo di notifica o di autorizzazione delle attivita' di datore di lavoro di imprese esterne.

Circolare n. 5/2001 del 08/01/01 del Ministero del lavoro, Direzione Generale Rapporti di lavoro - Div. III, Prot. n. 51/RI relativa all'applicazione del D. Lgs. 241/00. 

Decreto legislativo n. 257 del 9 maggio 2001
Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 241, recante attuazione della direttiva 96/29/Euratom in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti. (la Direttiva 96/29/Euratom è abrogata dalla Direttiva 2013/59/Euratom dal 06.02.2018 - Data new non recepita)

Decreto 3 ottobre 2001
Decreto di attuazione dell'art. 39, comma 2, del decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 241, che stabilisce l'ammontare della spesa per il rilascio dei libretti personali di radioprotezione di cui all'allegato XI del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, come modificato dal decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 241.

Decreto legislativo n. 52 del 6 febbraio 2007 - Abrogato dall'art. 243 del Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 a far data dal 27.08.2020
Attuazione della direttiva Direttiva 2003/122/Euratom sul controllo delle sorgenti radioattive sigillate ad alta attività e delle sorgenti orfane. (la Direttiva 2003/122/Euratom è abrogata dalla Direttiva 2013/59/Euratom dal 06.02.2018 - Data new non recepita)

Decreto Legislativo n. 23 del 20 febbraio 2009    
Attuazione della direttiva 2006/117/Euratom, relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito

Decreto legislativo n.100 del 1 giugno 2011
Disposizioni integrative e correttive del D.Lgs 20 febbraio 2009, n. 23, recante attuazione della direttiva 2006/117/Euratom, relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito - sorveglianza radiometrica su materiali o prodotti semilavorati mettalici.

Decreto legislativo n. 45 del 4 marzo 2014
Attuazione della direttiva 2011/70/Euratom, che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi.

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Legge 18 dicembre 1973 n. 877

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Legge 18 dicembre 1973 n  877

Legge 18 dicembre 1973 n. 877 

Nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio. 

(GU Serie Generale n.5 del 05-01-1974)

In allegato Testo consolidato 2020 con le modifiche apportate dagli atti:

20/12/1980
LEGGE 16 dicembre 1980, n. 858 (in G.U. 20/12/1980, n.348)

04/10/1994 
DECRETO LEGISLATIVO 9 settembre 1994, n. 566 (in G.U. 04/10/1994, n.232)

25/06/2008 
DECRETO-LEGGE 25 giugno 2008, n. 112 (in SO n.152, relativo alla G.U. 25/06/2008, n.147), convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133 (in S.O. n. 196/L relativo alla G.U. 21/08/2008, n. 195)

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Radiazioni ionizzanti | Disposizioni transitorie D.lgs 101/2020

ID 11495 | | Visite: 4054 | Documenti Riservati Sicurezza

Disposizioni transitorie

Radiazioni ionizzanti | Disposizioni transitorie D.lgs 101/2020

ID 11495 | 07.09.2020 - Documento completo in allegato

Il Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101, attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, pubblicato sulla GU Serie Generale n.201 del 12-08-2020 - Suppl. Ordinario n. 29, al Titolo XVII, si occupa delle disposizioni transitorie.

In particolare, per i rifiuti radioattivi (art. 239), entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (ovvero entro il 23 febbraio 2021), con decreto interministeriale del Ministro dell’ambiente e del Ministro dello sviluppo economico, il decreto interministeriale del 7 agosto 2015, di classificazione dei rifiuti radioattivi, emanato ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45 verrà adeguato alle disposizioni del nuovo testo.

Sino all’adozione del suddetto decreto, rimane valida la classificazione dei rifiuti di cui al decreto interministeriale del 7 agosto 2015, emanato ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45.

Per quanto attiene le disposizioni transitorie in materia di abilitazione di esperto di radioprotezione (art. 240), le norme relative all’abilitazione di terzo grado sanitario saranno applicabili decorsi diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento (ovvero dal 27.02.2022).

Per le disposizioni transitorie in materia di registrazione dei dati sulle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sui rifiuti radioattivi (art. 241), l’ISIN renderà operativo il sistema di registrazione dei dati sulle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sui rifiuti radioattivi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (ovvero entro il 23 febbraio 2021), dandone comunicazione mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. I detentori provvedono alla registrazione entro novanta giorni dalla data di pubblicazione della suddetta comunicazione.

______

TITOLO XVII DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 

 [...]

Art. 239.  Disposizioni transitorie per i rifiuti radioattivi

1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto interministeriale del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico, il decreto interministeriale del 7 agosto 2015, di classificazione dei rifiuti radioattivi, emanato ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45 è adeguato alle disposizioni del presente decreto.

2. Sino all’adozione delle disposizioni di cui al comma 1, rimane valida la classificazione dei rifiuti di cui al decreto interministeriale del 7 agosto 2015, emanato ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45.

Classificazione dei rifiuti radioattivi

Entro il 23.02.2021 il decreto interministeriale del 7 agosto 2015 dovrà essere adeguato alle disposizioni del Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 

Fino all’adozione del decreto ministeriale di adeguamento del  decreto interministeriale del 7 agosto 2015 rimane valida la classificazione dei rifiuti di cui al decreto interministeriale del 7 agosto 2015

Art. 240.  Disposizioni transitorie in materia di abilitazione di esperto di radioprotezione

1. La disposizione di cui all’articolo 129, comma 2, lettera c), relativa all’abilitazione di terzo grado sanitario è applicabile decorsi diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Art. 129, comma 2, lettera c)

c) abilitazione di terzo grado sanitario, per la sorveglianza fisica delle sorgenti di radiazioni diverse da quelle di cui alle lettere a) e b), esclusi gli impianti di cui all’articolo 7, numeri 16), 63), 66), 67), 68), 69) e 116), che siano utilizzate esclusivamente a fini medici all’interno di strutture sanitarie.

L’abilitazione di terzo grado sanitario è applicabile decorsi diciotto mesi dal 27.08.2020

Art. 241. Disposizioni transitorie in materia di registrazione dei dati sulle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sui rifiuti radioattivi.

1. L’ISIN rende operativo il sistema di registrazione dei dati sulle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sui rifiuti radioattivi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dandone comunicazione mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

2. I detentori provvedono alla registrazione entro novanta giorni dalla data di pubblicazione della comunicazione di cui al comma 1.

Registrazione dei dati sulle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sui rifiuti radioattivi

Entro il 23.02.2021

L’ISIN rende operativo il sistema di registrazione dei dati sulle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sui rifiuti radioattivi.

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Protocollo covid-19 aule universitarie

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Protocollo covid 19 aule universitarie

Protocollo per la gestione di casi confermati e sospetti di covid-19 nelle aule universitarie

28 agosto 2020

1. Il presente protocollo per la gestione di casi confermati e sospetti di COVID-19 nelle aule universitarie - proposto dalla CRUI e modificato per recepire il parere espresso dal Comitato Tecnico Scientifico di supporto al Capo del Dipartimento della protezione civile per l'emergenza di COVID-19 nella riunione del 28 agosto 2020, trasmesso dal Ministro della salute con nota del 3 settembre u.s. (prot. n. 63) - integra le linee guida per lo svolgimento delle attività didattiche e curriculari nelle università, applicabili in quanto compatibili anche alle istituzioni a.f.a.m., di cui all'allegato 18 del d.P.C.M. 7 agosto 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 198 dell'8 agosto 2020.

Tali linee guida - che a loro volta traggono origine dal documento CRUI "Modalità di ripresa delle attività didattiche AA 2020/21 nelle Universitàcon le allegate raccomandazioni del predetto Comitato Tecnico Scientifico, trasmesso dal Ministro dell'università della ricerca con nota prot. 0002833 del 30/07/2020 - descrivono, infatti, tutte le misure ed i comportamenti da tenere per la "prevenzione primaria" dell'infezione da SARS-CoV-2, atti cioè a ridurre l'esposizione al virus.

Il presente protocollo, invece, specifica una linea di attività (gestione dei casi confermati e sospetti di COVID-19 nelle aule universitarie) che rientra nella cosiddetta "prevenzione secondaria" dei focolai epidemici di COVID-19, attraverso l'individuazione dei casi confermati o sospetti di COVID- 19 e la gestione tempestiva dei relativi contatti stretti o casuali.

2. La procedura descritta nel presente protocollo richiede una collaborazione stretta tra gli Uffici della Sicurezza degli Atenei e l'Autorità Sanitaria Competente, rappresentata dai Servizi di Igiene e Sanità Pubblica dei Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende Sanitarie Locali, al fine di predisporre tempestivamente ed efficacemente le appropriate misure di prevenzione.

In proposito, in ciascun Ateneo deve essere identificato un referente (Referente Universitario per COVID-19) che svolga un ruolo di interfaccia con il Dipartimento di Prevenzione. Il Referente Universitario per COVID-19, di norma individuato tra il personale degli Uffici della Sicurezza dell'Ateneo ed eventualmente coadiuvato dal Gruppo di Lavoro/Task Force COVID-19 laddove costituita, rappresenta l'anello di congiunzione tra l'Ateneo e l'Autorità Sanitaria Competente sia per i protocolli di prevenzione e controllo in ambito universitario sia per le procedure di gestione dei casi COVID-19 sospetti e confermati. Il Referente Universitario per COVID-19 e il Delegato di Ateneo per la Disabilità mettono in atto, inoltre, quanto necessario per il supporto e la comunicazione a studenti con disabilità, eventualmente, ove necessario, disponendo procedure dedicate.

3. Presupposto importante per la gestione dei casi confermati e sospetti di COVID-19 è che gli Atenei si dotino di sistemi che consentano di conoscere il nominativo degli studenti iscritti a ogni corso o a ogni turno del corso, ove presenti (con riferimento all'aula e al giorno).

Tali elenchi devono essere predisposti e devono essere conservati per almeno 14 giorni dalla data di ogni lezione per essere messi a disposizione del Dipartimento di prevenzione che potrebbe richiederli per eventuali attività di contact tracing. Tali sistemi possono essere i sistemi informatizzati di prenotazione da parte degli studenti e/o la rilevazione fisica delle presenze (tramite lettura di codice a barre, appello nominale in aula da parte del docente, ... ) e/o infine l'elenco degli iscritti all'insegnamento o al turno. È importante infatti ricordare che le linee guida prevedono che nella fase 3 la didattica sia erogata con modalità mista, con il docente in aula e gli studenti in parte in aula e in parte collegati da casa. Ciò impone la suddivisione della classe degli studenti in gruppi, in modo da programmare le opportune turnazioni. Tale organizzazione dell'erogazione implica la conoscenza dell'elenco degli studenti ammessi a frequentare in presenza.

4. Nel caso in cui l'Ateneo venga a conoscenza, attraverso l'Autorità Sanitaria Competente, di un caso confermato di COVID-19 riferito a uno studente o a un docente presente in aula o al personale tecnico amministrativo preposto alle attività di supporto alla didattica, in un determinato giorno, collabora, attraverso gli Uffici della Sicurezza con l'autorità sanitaria competente (Dipartimento di Prevenzione) all'adozione delle misure necessarie. In particolare sempre in raccordo con il DdP dispongono la chiusura dell'aula e la disinfezione e sanificazione della stessa, secondo le procedure previste dai protocolli in vigore; supportano l'attività di contact tracing trasmettendo contestualmente all'Autorità Sanitaria Competente l'elenco dei docenti, del personale tecnico amministrativo e degli studenti iscritti all'insegnamento e/o al turno con il caso confermato nel periodo compreso tra i due giorni precedenti l'inizio dei sintomi o l'effettuazione del tampone e la data d'inizio dell'isolamento. Inoltre a tali studenti, docenti e personale tecnico amministrativo gli Uffici della Sicurezza inviano, sempre in accordo con DdP comunicazione raccomandando, in via cautelativa, di isolarsi a casa e la sorveglianza passiva dei sintomi e invitando a seguire pedissequamente le disposizioni dell'Autorità Sanitaria Competente. Spetta infatti all'Autorità Sanitaria Competente l'effettuazione dell'indagine epidemiologica e l'individuazione delle eventuali misure da attuare (ad es. quarantena, isolamento, sorveglianza attiva, etc). La ripresa delle attività didattiche in presenza sono subordinate all'esito dell'indagine epidemiologica e alle raccomandazioni del Dipartimento di Prevenzione. In ogni caso, fatte salve diverse comunicazioni e disposizioni da parte dell'Autorità Sanitaria Competente si consiglia per gli studenti, i docenti e il personale tecnico amministrativo a supporto della didattica la ripresa dell'attività in presenza solo al termine di un periodo di quindici giorni, anche in considerazione che l'attività didattica può proseguire on-line e non è quindi sospesa. La medesima procedura viene attivata anche per le attività curriculari (esami di profitto, esami di lauree, ... )

5. Nel caso in cui si identifichi in aula e/o durante attività curriculare (esami, lauree, ... ) un caso sospetto (cioè un soggetto con temperatura corporea al di sopra di 37,5°C, o sintomatologia compatibile con Covid-19), questo va immediatamente dotato di mascherina chirurgica (qualora non ne fosse già dotato) e adeguatamente isolato (in una stanza dedicata o in un'area di isolamento) dalle altre persone, se non quelle strettamente necessarie a una sua assistenza e che comunque dovranno indossare mascherine chirurgiche e cercare, nei limiti consentiti dalla situazione di stare ad almeno un metro di distanza. È necessario provvedere a che lo stesso possa ritornare al proprio domicilio al più presto possibile, invitandolo a contattare il proprio medico di base (MMG) o in sua assenza i'USCA o il DdP per la valutazione clinica necessaria e l'eventuale prescrizione del test diagnostico. L'area di isolamento e quella frequentata dal soggetto con la sintomatologia dovranno essere sanificate in via straordinaria.

Non è indicata, in questo caso, la sospensione dell'attività didattica in presenza, che ovviamente sarà disposta in caso di conferma del caso sospetto. Il caso, a questo punto confermato, innescherà la procedura di cui al precedente punto 4.

6. Al fine di facilitare il tracciamento e l'identificazione dei contatti stretti e di quelli casuali laddove si verificassero i casi di cui ai punti 4 e 5, gli studenti, i docenti e il personale tecnico amministrativo degli Atenei sono fortemente invitati a dotarsi della app IMMUNI tenendola attiva durante i periodi di presenza negli spazi dell'Ateneo.
...
segue in allegato

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Direttiva 2000/78/CE

ID 11492 | | Visite: 4739 | Legislazione Sicurezza UE

Direttiva 2000/78/CE

Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro

(GU L 303 del 2.12.2000)
______

Sintesi

La direttiva ha lo scopo di garantire che le persone con una determinata religione o convinzione personale, disabilità, età o orientamento sessuale non siano oggetto di discriminazioni e possano godere della parità di trattamento sul luogo di lavoro.

Questa direttiva stabilisce un quadro generale per garantire la parità di trattamento tra le persone sul luogo di lavoro nell'Unione europea (UE), indipendentemente dalla loro religione o convinzione personale, disabilità, età o orientamento sessuale.

A che tipo di discriminazione si riferisce la direttiva

La direttiva riguarda sia la discriminazione diretta (differenza di trattamento basata su una caratteristica precisa) sia la discriminazione indiretta (disposizione, criterio o pratica apparentemente neutra ma suscettibile di produrre un effetto sfavorevole per una o più persone determinate appartenenti alle categorie sopra citate, svantaggiate rispetto alle altre). Le molestie, che creano un clima ostile, sono considerate una discriminazione.

A chi si applicano le disposizioni della direttiva? E a chi non si applicano?

La direttiva si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, per quanto riguarda:

- le condizioni di accesso ad attività dipendenti o autonome, inclusi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, nonché la promozione;
- la formazione professionale;
- le condizioni di occupazione e di lavoro (comprese le condizioni di remunerazione e di licenziamento);
- l'affiliazione e l'implicazione in un'organizzazione di datori di lavoro o di lavoratori o qualsiasi altra organizzazione professionale.

La presente direttiva non si applica alle differenze di trattamento basate sulla nazionalità e nemmeno ai pagamenti di qualsiasi genere effettuati dallo Stato, inclusi i regimi di sicurezza sociale e di protezione sociale.

Cosa si può fare per fermare la discriminazione

I paesi dell'UE devono garantire che tutte le persone che si ritengono lese in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano accedere alle procedure giurisdizionali e/o amministrative, anche dopo la cessazione del rapporto che si lamenta affetto da discriminazione. Ulteriori dettagli su mezzi di ricorso ed esecuzione sono contenuti nel capo II della direttiva.

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DPCM 07 Settembre 2020

ID 11488 | | Visite: 38235 | News Sicurezza

 DPCM 07 09 2020

DPCM 07 Settembre 2020

ID 11488 | 06.09.2020

07.09.2020 - In allegato gazzetta DPCM 07.09.2020 (h. 23.30)
07.09.2020 - In allegato firmato DPCM 07.09.2020 (h. 21.30)
06.09.2020 - In allegato bozza DPCM 07.09.2020 (h. 19.00)

Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, recante ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Misure in vigore dall'8 settembre 2020 ed efficaci fino alla data del 15 ottobre 2020.

Vedi DPCM 7 Agosto 2020 Consolidato con il DPCM 07 Settembre 2020

Decreto-Legge 7 Ottobre 2020 n. 125 Misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 deliberata il 31 gennaio 2020 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020 (GU n.248 del 07.10.2020)

Art. 5 Ultrattività del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 settembre 2020
Nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 19 del 2020, e comunque non oltre il 15 ottobre 2020, continuano ad applicarsi le misure previste nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 settembre 2020,


________

ART. 1. (Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale)

1. Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sull'intero territorio nazionale, le misure di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020 sono prorogate sino al 7 ottobre 2020, salvo quanto previsto dal comma 4.

2. Sono altresì confermate e restano efficaci, sino al 7 ottobre 2020, le disposizioni contenute nelle ordinanze del Ministro della salute 12 agosto 2020 e 16 agosto 2020, salvo quanto previsto dal comma 3.

3. L'articolo 1, commi 1 e 2, dell'ordinanza del Ministro della salute 12 agosto 2020 non si applica nei casi previsti dall'articolo 6, commi 6 e 7, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020.

4. Al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, comma 6, lettera r), il primo periodo, è sostituito dal seguente: "r) ferma restando la ripresa delle attività dei servizi educativi e dell'attività didattica delle scuole di ogni ordine e grado secondo i rispettivi calendari, le istituzioni scolastiche continuano a predisporre ogni misura utile all'avvio nonché al regolare svolgimento dell'anno scolastico 2020/2021, anche sulla base delle indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-COV-2, elaborate dall'Istituto Superiore di Sanità di cui all'allegato 21"; al secondo periodo le parole "sono consentiti" sono sostituite dalle seguenti "sono altresì consentiti''; al terzo periodo la parola "altresì" è sostituita dalla seguente "parimenti";

b) all'articolo 1, comma 6, la lettera s) è sostituita dalla seguente: "s) nelle Università le attività didattiche e curriculari sono svolte nel rispetto delle linee guida del Ministero dell'università e della ricerca, di cui al!'allegato 18, nonché sulla base del protocollo per la gestione di casi confermati e sospetti di covid-19, di cui all'allegato 22. Le linee guida ed il protocollo di cui al precedente periodo si applicano, in quanto compatibili, anche alle Istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica".

c) all'articolo 4, comma 1, dopo la lettera i), è aggiunta la seguente: "i-bis) ingresso nel territorio nazionale per raggiungere il domicilio/abitazione/residenza di una persona di cui alle lettere f) e h), anche non convivente, con la quale vi sia una comprovata e stabile relazione affettiva";

d) all'articolo 6, comma 6, dopo la lettera d), è aggiunta la seguente: "d-bis) agli ingressi per ragioni non differibili, inclusa la partecipazione a manifestazioni sportive e fieristiche di livello internazionale, previa autorizzazione del Ministero della salute e con obbligo di presentare al vettore all'atto dell'imbarco, e a chiunque sia deputato ad effettuare i controlli, l'attestazione di essersi sottoposti, nelle 72 ore antecedenti all'ingresso nel territorio nazionale, un test molecolare o antigenico, effettuato per mezzo di tampone e risultato negativo";

e) all'articolo 6, comma 7, alla lettera g), dopo le parole "personale militare" sono inserite le seguenti "e personale della polizia di Stato";

f) l'allegato 15 (Linee guida per l'informazione agli utenti e le modalità organizzative per il contenimento della diffusione del COVID-19 in materia di trasporto pubblico) è sostituito dall' allegato 15 di cui all'allegato A al presente decreto;

g) l'allegato 16 (Linee guida per il trasporto scolastico dedicato) è sostituito dall'allegato 16 di cui all'allegato B al presente decreto;

h) l'allegato 20 (Spostamenti da e per l'estero) è sostituito dall'allegato 20 di cui all'allegato C al presente decreto;

i) dopo l'allegato 20 è aggiunto l'allegato 21 di cui all'allegato Dal presente decreto;

l) dopo l'allegato 21 è aggiunto l'allegato 22 di cui all'allegato E al presente decreto.

ART. 2. (Disposizioni finali)

1. Le disposizioni del presente decreto si applicano dalla data dell'8 settembre 2020 e sono efficaci fino alla data del 7 ottobre 2020.

2. Le disposizioni del presente decreto si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Il ministro della Salute - Speranza

Il Presidente del Consiglio dei Ministri - Conte

ALLEGATI

ALLEGATO A "Allegato 15"
Linee guida per l'informazione agli utenti e le modalità organizzative per il contenimento della diffusione del covid-19 in materia di trasporto pubblico

ALLEGATO B "Allegato 16"
Linee guida per il trasporto scolastico dedicato

ALLEGATO C "Allegato 20"
Spostamenti da e per l'estero

- Elenco A
Repubblica di San Marino, Stato della Città del Vaticano

- Elenco B
Austria, Belgio, Cipro, Croazia, Danimarca (incluse isole Faer Oer e Groenlandia), Estonia, Finlandia, Francia (esclusi i territori situati al di fuori del continente europeo), Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi (esclusi i territori situati al di fuori del continente europeo), Polonia, Portogallo (incluse Azzorre e Madeira), Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Spagna (inclusi territori situati nel continente africano), Svezia, Ungheria, Islanda, Liechtenstein, Norvegia (incluse isole Svalbard e Jan Mayen), Svizzera, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord (incluse Isole del Canale, Isola di Man, Gibilterra e basi britanniche nell'isola di Cipro ed esclusi i territori situati al di fuori del continente europeo per i quali il Regno ha la responsabilità delle relazioni internazionali), Andorra, Principato di Monaco.

- Elenco C
Bulgaria, Romania

- Elenco D
Australia, Canada, Georgia, Giappone, Nuova Zelanda, Ruanda, Repubblica di Corea, Tailandia, Tunisia, Uruguay

- Elenco E
Tutti gli Stati e territori non espressamente indicati in altro elenco.

- Elenco F
A decorrere dal 9 luglio 2020: Armenia, Bahrein, Bangladesh, Bosnia Erzegovina, Brasile, Cile, Kuwait, Macedonia del nord, Moldova, Oman, Panama, Perù, Repubblica dominicana

A decorrere dal 16 luglio 2020: Kosovo, Montenegro e Serbia A decorrere dal 13 agosto 2020: Colombia"
_______

ALLEGATO D "Allegato 21"
Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educati vi dell'infanzia

ALLEGATO E "Allegato 22"
Protocollo per la gestione di casi confermati e sospetti di covid-19 nelle aule universitarie

Lettura consolidata degli allegati DPCM 07.08.2020 / DPCM 07.09.2020

Allegato 1 Protocollo con la Conferenza Episcopale Italiana circa la ripresa delle celebrazioni con il popolo (DPCM 07.08.2020)
Allegato 2 Protocollo con le Comunità ebraiche italiane (DPCM 07.08.2020)
Allegato 3 Protocollo con le Chiese Protestanti, Evangeliche, Anglicane (DPCM 07.08.2020)
Allegato 4 Protocollo con le Comunità ortodosse (DPCM 07.08.2020)
Allegato 5 Protocollo con le Comunità Induista, Buddista (Unione Buddista e Soka Gakkai), Baha’i e Sikh (DPCM 07.08.2020)
Allegato 6 Protocollo con le Comunità Islamiche (DPCM 07.08.2020)
Allegato 7 Protocollo con la Comunità della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni (DPCM 07.08.2020)
Allegato 8 Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche della famiglia Linee guida per la gestione in sicurezza di opportunità organizzate di socialità e gioco per bambini ed adolescenti nella fase 2 dell’emergenza covid-19 (DPCM 07.08.2020)
Allegato 9 Linee guida per la riapertura delle attività economiche e produttive della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome dell’11 giugno 2020 (DPCM 07.08.2020)
Allegato 10 Criteri per Protocolli di settore elaborati dal Comitato tecnico-scientifico in data 15 maggio 2020 (DPCM 07.08.2020)
Allegato 11 Misure per gli esercizi commerciali (DPCM 07.08.2020)
Allegato 12 Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro fra il Governo e le parti sociali (DPCM 07.08.2020)
Allegato 13 Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri (DPCM 07.08.2020)
Allegato 14 Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nel settore del trasporto e della logistica (DPCM 07.08.2020)
Allegato 15 Linee guida per l’informazione agli utenti e le modalità organizzative per il contenimento della diffusione del covid-19 in materia di trasporto pubblico (DPCM 07.09.2020 - Allegato A)
Allegato 16 Linee guida per il trasporto scolastico dedicato (DPCM 07.09.2020 - Allegato B)
Allegato 17 Misure per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 a bordo delle navi da crociera
Allegato 18 Linee guida concernenti la completa ripresa delle ordinarie attività nelle istituzioni della formazione superiore per l’anno accademico 2020/21 (DPCM 07.08.2020)
Allegato 19 Misure igienico-sanitarie (DPCM 07.08.2020)
Allegato 20 Spostamenti da e per l’estero. (DPCM 07.09.2020 - Allegato C)
Allegato 21 Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educati vi dell'infanzia (DPCM 07.09.2020 - Allegato D)
Allegato 22 Protocollo per la gestione di casi confermati e sospetti di covid-19 nelle aule universitarie (DPCM 07.09.2020 - Allegato E)

...

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Le attività estrattive da cave e miniere

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Report attivita  estrattive da cave e miniere 2015 2016 ISTAT

Le attività estrattive da cave e miniere (2015/2016) - Ed. 2019

Report ISTAT Anni 2015, 2016 

Nel 2016 sono presenti in Italia 5.273 siti estrattivi attivi e non attivi nell’anno (5.137 cave e 136 miniere), il 6,2% in meno rispetto al 2015. Circa un quarto dei comuni italiani (2.013) ha almeno un sito estrattivo. I siti attivi produttivi nell’anno sono 2.295 (2.227 cave e 68 miniere) dai quali si estraggono complessivamente circa 167,8 milioni di tonnellate di minerali non energetici (-3,2% rispetto al 2015).

Le estrazioni nazionali, comprese le acque minerali, sono costituite per l’83,8% da minerali da cave, con 154 milioni di tonnellate (-3,2%% rispetto al 2015); l’aggregato “calcare, travertino, gesso e arenaria” è il più rappresentativo (48,6% del totale estratto dalle cave). Circa il 44% delle estrazioni nazionali da cave si concentra nel Nord del Paese (68 milioni di tonnellate); in testa la Lombardia, per numero di cave in produzione (273) ed estrazioni (14,4% dei prelievi totali).

Risultano tendenzialmente stabili rispetto al 2015 le estrazioni di minerali solidi da miniere, con 13,7 milioni di tonnellate. In prevalenza sono estratti “minerali ceramici e industriali” (5,7 milioni di tonnellate) e “marna da cemento” (5,5 milioni di tonnellate). Il 58,5% del totale nazionale proviene da Sardegna, Toscana e Umbria.

Figura 1

Figura 1 - Estrazione di minerali da cave e miniere a livello nazionale. Anno 2016, composizione percentuale

Fra i minerali da miniera, le estrazioni di acque minerali ammontano a 16,2 milioni di metri cubi, e sono concentrate per il 57% al Nord. Fra le regioni, la Lombardia ha i maggiori prelievi con quasi 3,3 milioni di metri cubi, seguono Piemonte e Veneto che insieme rappresentano il 50,7% del totale nazionale.

Gli indicatori di pressione ambientale Densità dei siti estrattivi attivi (DSE) e Intensità di estrazione (IE) mostrano a livello comunale, per il 2016, che il 40% dei comuni con siti estrattivi attivi registra una pressione medio-alta, per la presenza di più di 5 siti.
Nel 39,4% dei comuni con siti estrattivi attivi produttivi sono estratte fra 1.000 e 10 mila tonnellate per Kmq. Quasi la metà di tali comuni si trova al Nord.

Secondo gli indicatori di pressione territoriale - che misurano il fenomeno estrattivo in comuni costieri, con aree protette e con aree a rischio idrogeologico (alluvioni e frane) - il 19,6% delle estrazioni nazionali avviene in comuni costieri, con percentuali più alte nelle Isole (40%) e al Sud (37,7%). In numerose regioni si registra una rilevante presenza di attività estrattive in aree esposte a rischi naturali (Liguria, Molise, Umbria, Sicilia, Valle d'Aosta, Marche, Toscana).

 Figura 2

Figura 2 - Indicatore di densità dei siti estrattivi attivi (DSE) per comune. Anno 2016, siti estrattivi per Kmq

In lieve flessione i siti estrattivi nel territorio nazionale

Le attività estrattive di risorse minerali non energetiche da cave e miniere (1) sono molto diffuse nel Paese, legate ad una grande varietà geologica. Siti estrattivi sono presenti in tutte le regioni. Le implicazioni per l’ambiente naturale, in termini di “pressioni" , fenomeni riconducibili ad attività antropiche che alterano lo stato delle componenti ambientali, sono legate a numerosità di siti estrattivi, dimensione fisica dei prelievi e caratteristiche del territorio. Nel 2016 i siti estrattivi risultano complessivamente 5.273, in flessione del 6,2% rispetto al 2015 (Prospetto 1)(2)

Prospetto 1. Siti estrattivi per tipo e stato di attività, per regione. Anno 2016, valori assoluti e variazioni percentuali

 Figura 3

a) Dati stimati.
b) Dati provvisori.

Sono 5.137 i siti di seconda categoria (cave) e 136 quelli di prima categoria (miniere) dichiarati attivi o non attivi nell'anno osservato dalle Istituzioni pubbliche locali. Il 43,5% delle cave italiane si concentra al Nord, per lo più in Lombardia (9,8% del totale nazionale), Piemonte (8,9%) e Veneto (8,4%). Seguono il Sud e Isole con il 36,6% (in particolare in Sicilia e Puglia rispettivamente con 9,1% e 8,3% del totale nazionale). Al Centro si trova il 19,9% delle cave nazionali, presenti soprattutto in Toscana (7,9%) e Lazio (6,3%).

Le miniere si trovano solo in alcune aree del Paese, localizzate per lo più al Nord (58 siti). I siti di Sardegna (30) e Piemonte (25) insieme rappresentano circa il 40% del totale nazionale, seguite ad una certa distanza da Toscana (15), Lombardia (11) e Veneto (10).

A conferma della diffusione del fenomeno estrattivo nel territorio, sono 2.013 i comuni interessati dalla presenza di almeno un sito estrattivo (cava o miniera). In quasi il 40% di questi comuni sono presenti da 2 a 5 siti, dichiarati attivi o non attivi nell’anno osservato dalle Istituzioni pubbliche locali. In particolare, dei 46 comuni che hanno nel proprio territorio più di 10 siti, 19 sono localizzati nel Nord (soprattutto nelle province di Trento, Brescia, Verona, Vicenza), 10 nel Centro (con una concentrazione maggiore nelle province di Roma e Massa Carrara) e i restanti 17 comuni al Sud (prevalentemente nelle province di Sud Sardegna (3), Trapani, Barletta-Andria-Trani, Bari).

Nel 2016 i siti estrattivi attivi sono 4.679, in leggero calo rispetto all’anno precedente (-1,6%), soprattutto per effetto di una riduzione complessiva del numero delle cave attive, 74 in meno rispetto al 2015.

Le cave attive sono 4.568, delle quali 2.227 risultano produttive nell’anno considerato. Nel 2016 le cave in produzione sono concentrate in prevalenza in Lombardia, Toscana, Piemonte e Sicilia, rappresentando insieme poco meno del 45% del totale nazionale. Le miniere attive sono 111, di cui 68 interessate da attività di estrazione. Tali siti in produzione si trovano per lo più in Piemonte (17), Sardegna (16) e Toscana (11), regioni dove complessivamente si concentra il 64,7% delle miniere italiane produttive.

Rispetto al 2015, il numero delle cave attive produttive nel Paese segna una flessione del 5,3%, (125 cave in meno). Tale diminuzione appare superiore alla media nazionale in oltre la metà delle regioni. Modesto è invece il calo delle miniere (-1,4%) che passano da 69 nel 2015 a 68 nel 2016.

In riferimento al tipo di minerale, il 34% delle cave attive produttive nel Paese è impegnato nell’estrazione di “calcare, travertino, gesso e arenaria” e il 32% in quella di “sabbia e ghiaia”. Nel 66,2% delle miniere in produzione si estraggono “minerali ceramici e industriali”.

Nel 2016, risultano complessivamente 594 i siti estrattivi non attivi - cioè siti dichiarati sospesi e cessati nell’anno - e comprendono 569 cave e 25 miniere.

Prosegue la diminuzione delle estrazioni a livello nazionale

Nel 2016 sono stati estratti complessivamente 167,8 milioni di tonnellate di risorse minerali non energetiche solide da cave e miniere con una diminuzione del 3,2% rispetto al 2015 (pari a circa 5,5 milioni di tonnellate), proseguendo una tendenza flessiva rilevata a partire dal 2013 (Figura 1).

Nel 2016 l’Italia si posiziona al quinto posto per estrazione interna di minerali non energetici (4), dopo Germania, Romania, Francia e Polonia, confermandosi fra i Paesi Ue tradizionalmente rappresentativi del settore.

Il 92% dei prelievi nazionali è rappresentato da estrazioni di minerali da cave (circa 154 milioni di tonnellate), con una diminuzione del 3,2% rispetto al 2015 diffusa a tutti i macro-aggregati esaminati (5). Tendenzialmente stabili, le estrazioni da miniere si attestano intorno ai 13,7 milioni di tonnellate (-2,2%).

Nel 2016 l’aggregato “calcare, travertino, gesso e arenaria” si conferma il più rappresentativo in peso, con quasi 75 milioni di tonnellate estratte, vale a dire il 48,6% del totale nazionale di minerali provenienti da tutte le cave in produzione nel Paese. Fra i minerali che compongono l’aggregato, il calcare è il più estratto, con circa 65,5 milioni di tonnellate (770 mila tonnellate prelevate in più rispetto al 2015). Tale roccia sedimentaria, molto diffusa nel nostro territorio, caratterizza la morfologia di vaste aree con stratificazioni di notevole estensione. Il calcare ha numerosi utilizzi, quali produzione di calcestruzzo, costruzioni stradali, industria dell'acciaio e della chimica. In forte aumento anche l’estrazione del travertino (circa 1,8 milioni di tonnellate, +29,6% rispetto al 2015), largamente usato come materiale da costruzione e da rivestimento, per qualità estetica e notevole resistenza agli agenti meteorici.

Sebbene in calo rispetto al 2015 (circa il -3,1%), il secondo aggregato per quantità estratte si mantiene “sabbia e ghiaia” con 54,9 milioni di tonnellate (pari al 35,6% del totale nazionale dei prelievi da cave).

Le estrazioni di “porfido, basalto, tufo e altre rocce vulcaniche” sono complessivamente pari a quasi 8 milioni di tonnellate (-8,3% rispetto al 2015). In prevalenza sono stati prelevati quantitativi di basalto (circa 5,5 milioni di tonnellate, equivalenti al 68,5% dell’aggregato) e di porfido (963 migliaia di tonnellate), pietra ornamentale molto apprezzata per la bellezza dei cromatismi.

Figura 4
FIGURA 1. ESTRAZIONE DI MINERALI DA CAVE E MINIERE PER TIPO A LIVELLO NAZIONALE. Anni 2015 e 2016, milioni di tonnellate.

Altri materiali ornamentali si trovano nell’aggregato “granito e altre rocce intrusive, scisti e gneiss” per il quale le quantità estratte sono costituite in prevalenza da granito, con quasi 1 milione di tonnellate (pari al 32,4% dell’aggregato), roccia ignea intrusiva molto concentrata nelle Alpi, in Calabria ed in Sardegna. Nel 2016 le estrazioni dell’aggregato diminuiscono del -4,8% (circa 150 mila tonnellate). A tale diminuzione contribuiscono per lo più le minori estrazioni di granito, gneiss e serpentina (225 mila tonnellate in meno) mentre risultano in controtendenza le estrazioni di calcescisto e ardesia (rispettivamente +39,8% e +24,9%).

Nel 2016 le estrazioni di “marmo” (5,8 milioni di tonnellate) segnano una sensibile flessione (-8,1%) che corrisponde a minori prelievi per circa mezzo milione di tonnellate. Questa roccia metamorfica si presenta con varietà molto pregiate nei giacimenti dei territori di alcune regioni (6).

Ampliamente utilizzato a fini ornamentali per decorazioni e rivestimenti e in opere di valore artistico, il marmo italiano è molto apprezzato sui mercati internazionali e alimenta importanti flussi di esportazione - soprattutto verso paesi extra-Ue - di risorse grezze e prodotti lavorati.

Per quanto riguarda le estrazioni da miniere, nel 2016 in Italia sono stati estratti in prevalenza “minerali ceramici e industriali” (5,7 milioni di tonnellate) e “marna da cemento” (5,5).

Tali aggregati, entrambi in aumento, rappresentano rispettivamente il 41,7% ed il 40,5% del totale nazionale estratto da miniere. Il minerale prevalentemente estratto è costituito dai feldspati (quasi 3,2 milioni di tonnellate nel 2016), che rappresentano il 55,8% del primo dei due aggregati.

Restano stabili le estrazioni di “salgemma” che si attestano intorno a 2,1 milioni di tonnellate.

L’aggregato “talco, bauxite e fluorite”, modesto in peso nel panorama delle estrazioni minerarie, registra una flessione principalmente dovuta al forte calo dei prelievi di fluorite e all’assenza di estrazioni di bauxite nel 2016. 

(1) Attraverso la rilevazione dell’Istat Pressione antropica e rischi naturali sono stati acquisiti da archivi amministrativi di Istituzioni pubbliche locali (Regioni, Province, Province Autonome di Trento e Bolzano, Distretti Minerari della Sicilia) dati riferiti ai siti estrattivi di cave e miniere autorizzati e ad estrazioni di minerali di I categoria (miniere) e II categoria (cave), definite nel vigente Regio Decreto 1443/1927. Non sono oggetto della rilevazione Istat le estrazioni di minerali che producono energia.
(2) Non sono qui riportati i dati relativi alle acque minerali, presentati nel paragrafo dedicato a pag. 11.
(3) La provincia di Sud Sardegna è stata istituita a febbraio 2016.
(4) Fonte: Eurostat, National accounts - Environmental satellite accounts - Material flows accounts (Domestic extraction indicator).
(5) I dati raccolti sui circa cento litotipi di minerali di prima e seconda categoria - usando la nomenclatura internazionale dei minerali, codificata dall'International Mineralogical Association (IMA) - sono presentati in sei macro-aggregati per le cave e quattro per le miniere.
(6) Molto rinomati alcuni tipi di marmi estratti in aree di Toscana, Piemonte, Lombardia, Trentino, Veneto, Liguria e Sicilia

...segue in allegato

Fonte: ISTAT

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Allegato riservato Report attivit estrattive 2015-2016 ISTAT 2019.pdf
ISTAT 2019
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Indicazioni SARS-CoV-2 in strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali

ID 11481 | | Visite: 2476 | Documenti Sicurezza Enti

Indicazioni SARS CoV 2 in strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali

Indicazioni SARS-CoV-2 in strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali (RSA)

ISS, 3 settembre 2020 / 3a revisione

Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell’infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali. 

Oltre alla riapertura degli incontri con i pazienti, nel documento Rev. 2.0 del 24 agosto 2020 sono contenute indicazioni aggiornate per riprendere attività di gruppo, per riprendere in sicurezza le attività a regime delle strutture sociosanitarie e socioassistenziali nel rispetto del distanziamento fisico e le regole con le quali garantire nuovamente l’accesso alle strutture tramite i ricoveri finora bloccati e garantire procedure sicure nei reingressi dagli ospedali.

Rapporto ISS n. 4/2020 - Revisioni:

Rev. 2.0 - 24 Agosto 2020
Rev. 1.0 - 17 Aprile 2020
Rev. 0.0 - 16 Marzo 2020

Modifiche introdotte nell'ultima Rev. 2.0:

- Inclusione, tra le strutture residenziali, anche delle strutture socioassistenziali in ambito territoriale. 
- Indicazioni per la gestione della riapertura alle visite previste dagli aggiornamenti normativi. 
- Indicazione di uso delle mascherine chirurgiche da parte dello staff assistenziale in tutta la struttura. 
- Raccomandazioni per la ripresa delle attività di gruppo mantenendo un adeguato livello di sicurezza

Gli anziani e le persone affette da gravi patologie neurologiche, croniche e da disabilità sono una popolazione particolarmente fragile nello scenario epidemiologico attuale. In Italia l’età mediana dei deceduti e positivi a SARSCoV-2 è 82 anni (età media 80 anni) ed è più alta di 20 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione(1). Circa il 52% dei casi di COVID-19 segnalati dai servizi sanitari regionali ha un’età superiore a 60 anni. Inoltre, il 95% dei decessi avviene in persone con più di 60 anni e con patologie di base multiple (2).

Un’indagine effettuata dall’ISS dal 24 marzo al 5 maggio 2020 in strutture residenziali socioassistenziali ha descritto una ampia circolazione del virus in queste strutture: dai dati rilevati nelle 1356 strutture rispondenti (pari al 41,3% delle strutture contattate, per un totale di 97521 residenti), il 3,1% dei residenti deceduti aveva sintomi di COVID19, con punte di 6,5% in Lombardia.

In queste strutture nello stesso periodo sono stati rilevati 680 casi confermati di COVID-19(3). Pertanto, nell’ambito delle strategie di prevenzione e controllo dell’epidemia da SARS CoV-2 è necessaria la massima attenzione nei confronti di tali gruppi di popolazione. Tuttavia, nelle strutture residenziali sociosanitarie sono ospitati anche soggetti con patologie croniche, affetti da disabilità di varia natura o con altre problematiche di salute; anche queste persone sono da considerarsi fragili e potenzialmente a maggior rischio di evoluzione grave se colpite da COVID-19.

Inoltre, l'alta prevalenza di condizioni neurologiche come demenza e neuropatie tra i residenti delle RSA può determinare presentazioni cliniche atipiche di COVID-19 o assenza di segni o sintomi evidenti fino al peggioramento delle condizioni cliniche dei residenti. Tra le presentazioni atipiche negli anziani e nelle persone con comorbosità: anoressia, perdita di peso, apatia, disorientamento, letargia, sonnolenza.

Considerando l’elevato fabbisogno assistenziale dell’anziano fragile, il presente rapporto vuole fornire delle indicazioni che permettano alle strutture residenziali e socioassistenziali di fornire il servizio di assistenza riducendo il rischio di COVID-19 negli ospiti e negli operatori.

(1) Istituto Superiore di Sanità. Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia Dati al 22 luglio 2020.
(2) Istituto Superiore di Sanità. Epidemia COVID-19 Aggiornamento nazionale 14 luglio 2020 – ore 11:00. h
(3) Survey nazionale sul contagio COVID-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie
...
segue in allegato

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Cassazione Civile Sent. Sez. 6 n. 17656 | 25 Agosto 2020

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Sentenze cassazione civile

Cassazione Civile Sez. 6 del 25 agosto 2020 n. 17656

Inalazione di polveri di cuoio, coloranti e solventi e adenocarcinoma.

Ai fini della prescrizione rileva il momento in cui l'esistenza della malattia sia riconosciuta o riconoscibile dall'interessato

Civile Ord. Sez. 6 Num. 17656 Anno 2020
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: RIVERSO ROBERTO
Data pubblicazione: 25/08/2020

Ritenuto

la Corte d'appello di Ancona ha rigettato l'appello, proposto da C.G., avverso la sentenza che aveva respinto per intervenuta prescrizione triennale la sua domanda, presentata nel 2014, intesa ad ottenere la condanna dell'INAIL al pagamento delle prestazioni economiche di legge, previo riconoscimento della natura professionale della patologia ("adenocarcinoma") che aveva determinato il decesso del proprio coniuge il 23 ottobre 2010. A fondamento della sentenza la Corte sosteneva che sussistesse la conoscibilità della malattia professionale in questione in quanto, ancorchè l'attività lavorativa fosse stata svolta molti anni prima, al momento in cui venne formulata la diagnosi della malattia, fossero oramai maturate le conoscenze medico scientifiche sufficienti a ricollegare senz'altro la patologia tumorale in argomento, interessante le cavità nasali e le prime vie respiratorie, alla sistematica inalazione delle polveri di cuoio e delle sostanze coloranti e solventi (aldeide ed i suoi derivati) utilizzate presso il laboratorio di sfornatura cuoio e lavorazione delle suole, dove il coniuge dell'appellante aveva lavorato in giovante età per più di dieci anni come addetto alla fresatura. In particolare la tabella ministeriale emanata con DM 9 Aprile 2008 contempla i tumori del naso-faringe tra le malattie tabellate in quanto causate da aldeidi e derivati.
La Corte d'appello aggiungeva inoltre che fosse stata ritualmente acquisita agli atti di causa la relazione del 4 febbraio 2015, a firma dell'Ispettore Inail, in seno alla quale erano riportate le dichiarazioni rese dalla ricorrente in ordine alla circostanza che i medici dello ospedale Macchi, ossia della clinica universitaria che formulò nell'anno 2010 la diagnosi della malattia determinante il decesso del coniuge, le avessero riferito con certezza che la causa di tale decesso era da riconnettersi all'inalazione di polveri di cuoio e legno. Pertanto poteva essere disattesa, ad avviso della Corte territoriale, la CTU espletata nel grado di appello la quale era pervenuta a contrarie conclusioni.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione C.G. con tre motivi ai quali ha resistito l'INAIL con controricorso.
E' stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio.
Parte ricorrente ha depositato memoria.

Considerato

1.- col primo motivo si deduce l'erronea e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia, violazione degli artt. 2935 c.c. e 112 del DPR 1124/65, per avere la Corte d'appello affermato che ai fini della prescrizione rilevi la conoscibilità oggettiva della natura professionale della malattia sulla base della scienza medica e del DM 9 Aprile 2008, mentre secondo le norme indicate, per come applicate dalla giurisprudenza (ad es. Cass. sentenza n. 2842 del 2018), ai fini del dies a quo in questione conta il momento in cui l'esistenza della malattia professionale sia riconosciuta o riconoscibile come tale dall'interessato, senza che il giudice possa identificare la conoscenza dell'origine professionale con la diagnosi della malattia.
E nel caso di specie, come accertato dalla stessa CTU medico legale effettuata in grado di appello, la famiglia non sapeva e non poteva sapere che il sig. G. cinquanta anni prima fosse addetto alle suole ed a contatto con gli agenti tumorali indicati; e nulla sapeva comunque della natura professionale della malattia fino a quando l'ASL (Asur Marche) nel marzo del 2013 non comunicò alla famiglia che, a seguito di indagine, avevano ricondotto la patologia tra la malattie ascrivibili al Registro Nazionale dei Tumori Naso Sinusali. La Corte nulla aveva detto sul punto evidenziato nella medesima CTU, pur espletata in appello, in cui si osservava come nemmeno i sanitari che avevano avuto in cura il G. avessero effettuato la denuncia di malattia professionale prevista dalla legge; e come anche nella cartella clinica non risulti mai l'anamnesi lavorativa specifica e tanto meno la diagnosi di malattia professionale.
2.- Col secondo motivo si deduce omessa insufficiente e contraddittoria motivazione per non aver tenuto conto della CTU sopraindicata ed in particolare del fatto accertato che i sanitari che avevano avuto in cura il sig. G. non avevano effettuato all'autorità (p.m.) la prescritta denuncia di morte per malattia professionale. Questo confermava che l'eziologia professionale della malattia non fosse stata identificata neppure dai medici e che se i medici lo avessero detto alla famiglia lo avrebbero dovuto scrivere in cartella.
3.- Col terzo motivo viene dedotta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia per non aver concesso la prova per testi in merito al contenuto del verbale Inail del febbraio 2015 in cui si afferma che la ricorrente avrebbe dichiarato la circostanza che i medici dell'ospedale Macchi , ossia della clinica universitaria che formulò nell'anno 2010 la diagnosi della malattia determinante il decesso del coniuge, le avessero riferito con certezza che la causa di tale decesso era da riferire all'inalazione di polveri di cuoio e legno.
4.- Il collegio ritiene che il primo motivo di ricorso risulti fondato, alla stregua delle seguenti assorbenti considerazioni.
5.- In materia è necessario ricordare anzitutto che per l'art. 135, 2 comma del T.U, nell'ipotesi in cui "la malattia non abbia determinato astensione dal lavoro o la malattia si sia manifestata dopo che l'assicurato abbia cessato di prestare la sua opera nella lavorazione, la manifestazione della malattia si considera verificata nel giorno in cui è presentata all'istituto assicuratore la denuncia con il certificato medico " (contenente la diagnosi della malattia professionale) .
6.- Tale previsione, unitamente a quella correlata dell'art. 112 TU, sono state interessate però da alcune pronunce della Corte Cost. - che nell'ottica di una maggiore tutela dell'assicurato e degli eredi - hanno affermato l'incostituzionalità delle norme perché ponendo una presunzione legale assoluta (iuris et de iure) di verificazione della malattia professionale nel giorno in cui è presentata all'istituto assicuratore la denuncia con il certificato medico potevano provocare (contro la loro stessa ratio protettiva) un pregiudizio per il soggetto da tutelare. Come appunto, in particolare, nell'ipotesi in cui la soglia di indennizzabilità fosse stata raggiunta dopo il triennio dalla domanda (sentenza Corte Cost. n. 116/1969); oppure quando la diagnosi e la conseguente denuncia della malattia professionale, manifestatesi nei termini, fosse avvenuta oltre il periodo massimo di indennizzabilità dalla cessazione del lavoro secondo la tabella allegata al TU (sentenza Corte Cost. n. 206/1988).
7.- Ma il meccanismo normativo, regolatore del dies a quo della prescrizione, previsto nel combinato disposto degli artt. 112 e 135, 2 comma TU era ed è rimasto fondato sulla conoscenza da parte del soggetto tutelato (ed addirittura sulla certificazione e sulla domanda di prestazione). Esso è stato soltanto ampliato dalle sentenze della Corte Cost. per finalità di maggior tutela: Corte Cost. 20606/1988: "si tratta soltanto di escludere che una denunzia tardiva possa privare automaticamente dell'indennizzo il lavoratore la cui malattia si sia verificata nei termini tabellari":· Corte Cost. 116/1969 : " non può non riconoscersi la fondatezza della questione di legittimità nella parte in cui è prevista la prescrittibilità dell'azione per il conseguimento della rendita per inabilità permanente nonostante che entro il relativo termine l'inabilità permanente non abbia raggiunto il grado minimo indennizzabile".
8. In proposito questa Corte di Cassazione ha ricordato (Cass. n. 5090/2001 cit.) che, dopo le indicate pronunce della Corte Costituzionale, il fondamentale presupposto per la decorrenza della prescrizione (ovvero la conoscenza della natura professionale della malattia in una soglia indennizzabile), sia stato ricondotto dalla giurisprudenza di legittimità (dalla presunzione assoluta) alle presunzioni semplici recuperando valore alla domanda amministrativa ed alla relativa certificazione, anche se non più in chiave di presunzione assoluta, ma appunto sul terreno degli artt. 2727 e 2729 c.c.
9. Il punto di partenza della prescrizione è così rimasto, pur sempre, la manifestazione della malattia; ma tale momento non sarebbe più determinato sulla base di una presunzione legale assoluta, ma andrebbe individuato sulla base della conoscenza soggettiva dell'interessato da provarsi anche aliunde, attraverso fatti esterni costituenti presunzioni semplici, purchè gravi, precisi e concordanti ( e sempre che si riferiscano al soggetto interessato). E tali non sono per la giurisprudenza quelle presunzioni che si basano non già su un fatto noto, ma su un fatto la cui esistenza viene ricavata, attraverso ulteriori presunzioni, da un giudizio di sola probabilità o addirittura di mera possibilità (praesumptio de praesumpto) .
10.- Pertanto, a seguito delle indicate sentenze della Corte Cost., la manifestazione della malattia professionale, rilevante quale "dies a quo" per la decorrenza del termine triennale di prescrizione di cui all'art. 112 del d.P.R. n. 1124 del 1965, può ritenersi verificata quando la consapevolezza circa l'esistenza della malattia, la sua origine professionale e il suo grado invalidante siano desumibili da eventi obiettivi certi, esterni alla persona dell'assicurato, che debbono costituire oggetto di specifico accertamento da parte del giudice di merito, senza poter identificare la conoscenza dell'origine professionale e del grado di indennizzabilità con l'esistenza della stessa (Cass. ord. n. 2842 del 06/02/2018).
11. Venendo al caso in esame, occorre rilevare che la Corte d'appello ha affermato che la ricorrente, già al momento della diagnosi clinica della malattia, che aveva condotto al decesso del coniuge, potesse conoscerne la natura professionale (ancorchè non diagnosticata come tale dai medici, secondo quanto ha accertato la CTU) sulla base della scienza medica e delle tabelle ministeriali allegate al TU che ricollegano il nesso di causa della malattia alla sistematica inalazione delle polveri di cuoio e delle sostanze coloranti e solventi (aldeide ed i suoi derivati) utilizzate presso il laboratorio di sfornatura cuoio e lavorazione delle suole, dove il coniuge aveva lavorato 50 anni prima. Inoltre, e nella stessa direzione della conoscenza della natura professionale della malattia, la Corte territoriale ha dato rilievo, alla circostanza che i medici avessero riferito alla ricorrente che il tumore derivasse dall'esposizione a polveri di legno e cuoio.
12. Senonchè, per poter conoscere l'eziologia professionale di una malattia - tanto in base ad un criterio soggettivo quanto in base ad un criterio oggettivo - non è certo sufficiente sapere o poter sapere che una patologia sia stata cagionata da certe sostanze. Né è sufficiente sapere che essa sia prevista come tale dalla scienza medica o dalle tabelle del TU, se non si abbia altresì la conoscenza (o possibilità di conoscenza) della presenza dell'agente nocivo nell'ambito del processo lavorativo, ed inoltre dell'esposizione ad esso del lavoratore interessato con modalità tali da poter costituire un probabile fattore causale della malattia.
13.- Si consideri inoltre, a tale proposito, che l'art. 36 del d.lgs. 81/2008 prevede l'obbligo del datore di lavoro di fornire a ciascun lavoratore un'informazione adeguata dei rischi per la salute. Come già previsto, del resto, fin dall'art. 4 DPR n. 303/55, in materia di igiene sui luoghi di lavoro, il quale pone appunto a carico del datore di lavoro il fondamentale obbligo di "rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti e portare a loro conoscenza i modi di prevenire i danni derivanti dai rischi predetti".
14.- Nel caso di specie, invece, la sentenza impugnata, mentre asserisce che il coniuge del lavoratore deceduto potesse conoscere la natura professionale della malattia sulla scorta della scienza medica o della tabella allegata al TU, non afferma mai (e non individua nemmeno alcun fatto da cui evincere) che la stessa signora - prima di essere stata informata dall'ASL nel 2013 della natura professionale della malattia - avesse saputo effettivamente, o anche soltanto che potesse sapere (sulla base di dati di fatto certi), che il marito fosse stato esposto alle sostanze nocive indicate nel corso dell'attività lavorativa svolta 50 anni prima, e con modalità tali da risultare causali rispetto alla malattia in discorso.
15.- Per le medesime ragioni, anche la circostanza di cui si parla nel verbale dell'INAIL (l'aver cioè saputo dai medici che le polveri del legno e del cuoio fossero un fattore nocivo) non può essere ritenuta assorbente ai fini della decisione nella causa. In quanto nulla dice della conoscenza (o della conoscibilità) dell'ulteriore segmento fattuale - indispensabile per formulare in concreto il necessario giudizio di eziologia professionale della patologia - relativo all'esposizione del lavoratore interessato allo stesso fattore nocivo nell'ambito della concreta attività svolta (e con caratteristiche atte a cagionare la patologia). Conoscenza senza la quale non appare possibile formulare (tanto meno ad un soggetto estraneo all'ambiente di lavoro) nessun tipo di collegamento eziologico tra fattore nocivo e specifica attività lavorativa morbigena; né pertanto la diagnosi di malattia professionale necessaria ai sensi degli artt. 112 e 135, 2 comma del TU.
16.- Per le ragioni indicate quindi la sentenza si espone alle censure formulate nel primo motivo di ricorso, che va quindi accolto, assorbiti gli altri. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rimessa per la prosecuzione del giudizio alla Corte d'appello dell'Aquila la quale nella decisione della causa si atterrà ai principi di diritto sopra formulati (punti 12-16).
17.- Ai sensi dell'art. 384 c.p.c. la stessa Corte d'appello provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
18.- Avuto riguardo all'esito del giudizio non sussistono i presupposti processuali di cui all'art 13, comma 1 quater, dpr n. 115/2002.


P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello dell'Aquila, anche per le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell'art. 13 , comma 1 quater del dpr n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis , dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma all'adunanza camerale del 26/02/2020

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Indicazioni operative gestione casi e focolai di SARS-CoV-2 scuole

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Indicazioni SARS COV 2 scuola

Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia

ISS, 03.09.2020

La seguente versione del 28.08.2020 sostituisce la precedente del 21.08.2020, con le modifiche e integrazioni richieste dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e la relativa approvazione del documento in Conferenza Unificata, il 28 agosto 2020. 

Versioni allegate:

2. Rapporto 58 ISS, Rev. 28.08.2020
1. Rapporto 58 ISS, Rev. 21.08.2020

Questo documento, in previsione della prossima riapertura delle scuole (settembre 2020), vuole fornire un supporto operativo ai decisori e agli operatori nel settore scolastico e nei Dipartimenti di Prevenzione che sono a pieno titolo coinvolti nel monitoraggio e nella risposta a casi sospetti/probabili e confermati di COVID-19 nonché nell’attuare strategie di prevenzione a livello comunitario. Al suo interno si forniscono indicazioni pratiche per la gestione di eventuali casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia tramite l’utilizzo di scenari ipotetici, in assenza, per il momento, di modelli previsionali solidi.

Il presente rapporto è destinato alle istituzioni scolastiche e dei servizi educativi dell’infanzia nonché ai Dipartimenti di Prevenzione del Servizio Sanitario Nazionale e a tutti coloro che potrebbero essere coinvolti nella risposta a livello di salute pubblica ai possibili casi e focolai di COVID-19 in ambito scolastico e dei servizi educativi dell’infanzia.

Lo scopo del documento è fornire un supporto operativo per la gestione dei casi di bambini con segni/sintomi COVID-19 correlati e per la preparazione, il monitoraggio e la risposta a potenziali focolai da COVID-19 collegati all’ambito scolastico e dei servizi educativi dell’infanzia, adottando modalità basate su evidenze e/o buone pratiche di sanità pubblica, razionali, condivise e coerenti sul territorio nazionale, evitando così frammentazione e disomogeneità.

A questo documento saranno correlati:

- altri elementi/iniziative di tipo informativo/comunicativo/formativo rivolti a vari target;
- strumenti di indagine volti a fronteggiare la mancanza di evidenze scientifiche e la relativa difficoltà di stimare il reale ruolo che possono avere le attività in presenza nelle scuole nella trasmissione di SARS-CoV-2.

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Allegato 1: Schema riassuntivo

Schema riassuntivo

Immagine: Fonte ISS - Allegato 1: Schema riassuntivo

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Indice
Destinatari del Rapporto
Scopo del documento
Glossario
Introduzione
1. Preparazione alla riapertura delle scuole in relazione alla risposta ad eventuali casi/focolai di COVID-19
1.1 Peculiarità dei servizi educativi dell’infanzia (bambini 0-6 anni)
1.2 Bambini e studenti con fragilità
1.3 Interfacce e rispettivi compiti del SSN e del Sistema educativo ai vari livelli
1.3.1 Interfaccia nel SSN
1.3.2 Interfaccia nel sistema educativo
1.4 La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori della scuola
1.5 I test diagnostici a disposizione
2. Risposta a eventuali casi e focolai da COVID-19
2.1 Gli scenari .
2.1.1 Nel caso in cui un alunno presenti un aumento della temperatura corporea al di sopra di 37,5°C o un sintomo compatibile con COVID-19, in ambito scolastico
2.1.2 Nel caso in cui un alunno presenti un aumento della temperatura corporea al di sopra di 37,5°C o un sintomo compatibile con COVID-19, presso il proprio domicilio
2.1.3 Nel caso in cui un operatore scolastico presenti un aumento della temperatura corporea al di sopra di 37,5°C o un sintomo compatibile con COVID-19, in ambito scolastico
2.1.4 Nel caso in cui un operatore scolastico presenti un aumento della temperatura corporea al di sopra di 37.5°C o un sintomo compatibile con COVID-19, al proprio domicilio
2.1.5 Nel caso di un numero elevato di assenze in una classe
2.1.6 Catena di trasmissione non nota
2.1.7 Alunno o operatore scolastico convivente di un caso
2.2 Un alunno o un operatore scolastico risultano SARS-CoV-2 positivi
2.2.1 Effettuare una sanificazione straordinaria della scuola
2.2.2 Collaborare con il DdP
2.2.3 Elementi per la valutazione della quarantena dei contatti stretti e della chiusura di una parte o dell’intera scuola.
2.3 Alunno o operatore scolastico contatto stretto di un contatto stretto di un caso
2.4 Algoritmi decisionali
3. Formazione, informazione e comunicazione per operatori sanitari e operatori scolastici
3.1 Formazione 
3.2 Informazione e comunicazione.
3.2.1 Azioni di informazione e comunicazione raccomandate prima dell’inizio dell’anno scolastico
3.2.2 Azioni di informazione e comunicazione raccomandate dopo l’inizio dell’anno scolastico 
4. Monitoraggio e studi
4.1 Obiettivi specifici
4.2 Proposte per la sorveglianza e gli studi
5. Tempistica prevista di alcuni prodotti correlati a questa tematica 
6. Criticità 
Bibliografia 
Allegato 1: Schema riassuntivo

Fonte: ISS

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Allegato riservato Rapporto ISS COVID 58_Scuole_28_8_2020.pdf
Rapporto ISS 58/2020 Rev. 28.08.2020
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Allegato riservato Rapporto ISS COVID 58_Scuole_21_8_2020.pdf
Rapporto ISS 58/2020 Rev. 21.08.2020
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Documento di indirizzo valutazione del rischio amianto nel SNPA

ID 11435 | | Visite: 3913 | Documenti Sicurezza Enti

Delibera 84 2020

Delibera 84/2020: Documento di indirizzo per la valutazione del rischio amianto nel SNPA

SNPA, 28.07.2020

Il presente documento costituisce l’aggiornamento degli indirizzi contenuti nel manuale Operativo approvato dal Consiglio Federale in data 22 aprile 2015.

L’aggiornamento si è reso necessario per adeguare i criteri di valutazione e le conseguenti disposizioni di prevenzione e protezione a suo tempo individuati alla luce della più recente letteratura tecnico operativa relativa al personale ispettivo degli Enti.

Rimane inalterata la funzione del presente documento quale contributo per la definizione di un modello organizzativo efficace atto a tutelare la salute e la sicurezza sul lavoro degli operatori del Sistema Agenziale che intervengono nelle più diverse situazioni connesse alla presenza di amianto.

Lo scopo è quello di:

- esporre e trattare i rischi connessi alla presenza di amianto, fornendo indicazioni sulla loro individuazione, eliminazione o riduzione;
- dare sistematicità a metodi e strumenti di prevenzione individuati, a partire dall’analisi delle esperienze maturate nel Sistema Agenziale.

Le valutazioni tecniche sul rischio amianto presenti nelle attività di sopralluogo, campionamento ed analisi e le indicazioni di sicurezza esplicitate non devono però essere intese come vincolanti, ma piuttosto come orientamenti per le figure interessate e per tutti coloro che hanno una precisa responsabilità, ai sensi della normativa vigente, ovvero sono coinvolti nell’organizzazione, nel funzionamento e nella realizzazione delle attività.

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SOMMARIO
1. INTRODUZIONE
2. IL SISTEMA AGENZIALE ED IL RISCHIO AMIANTO
3. AMIANTO E NORMATIVA
3.1. GENERALITÀ SULL’AMIANTO
3.2. La normativa di riferimento
4. ATTIVITÀ DI SOPRALLUOGO E CAMPIONAMENTO SUL TERRITORIO
4.1. Misure comuni a tutte le attività di sopralluogo e campionamento
4.2. Attività di valutazione dello stato di conservazione di coperture in cemento amianto
4.2.1. Precauzioni per il campionamento
4.2.2. Rischi individuati
4.2.3. Dispositivi di protezione individuali
4.3. Attività in cantieri di bonifica di MCA friabili (cantieri confinati)
4.3.1. Accesso al cantiere di bonifica
4.3.2. Procedure di accesso (secondo D.M. 6 settembre 1994)
4.3.3. Precauzioni per il campionamento
4.3.4. Rischi individuati
4.3.5. Dispositivi di protezione individuali
4.4. Attività in cave di ofioliti e/o ex miniere di amianto
4.4.1. Accesso a cave e/o ex miniere di amianto
4.4.2. Precauzioni per il campionamento
4.4.3. Rischi individuati
4.4.4. Dispositivi di protezione individuali
4.5. Attività del settore impiantistico in presenza di amianto
4.5.1. Accesso a ditte/cantieri per verifiche impiantistiche
4.5.2. Rischi individuati
4.5.3. Dispositivi di protezione individuali
4.6. Sopralluogo e campionamento di materiale sospetto nelle attività del settore territoriale (materiali solidi, aerodispersi, acque)
4.6.1. Precauzioni per il campionamento
4.6.2. Rischi individuati
4.6.3. Dispositivi di protezione individuale
4.7. Trasferimento e trasporto campioni
4.7.1. Programmazione dell’attività
4.7.2. Rischi individuati
4.7.3. Misure generali di prevenzione e protezione
4.8. Le Emergenze Ambientali
4.8.1. Dispositivi di protezione individuale
5. ATTIVITÀ DI LABORATORIO
5.1. Requisiti dei laboratori

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Allegato riservato Delibera n. 84 2020.pdf
Documento di indirizzo per la valutazione del rischio amianto nel SNPA
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Decreto n. 787 del 18 agosto 2020

ID 11444 | | Visite: 3018 | News Sicurezza

Decreto 787 2020

Decreto n. 787 del 18 agosto 2020 

Approvazione dei programmi del corso di formazione per il conseguimento ed il rinnovo della certificazione di abilitazione all'attivita' di istruttore certificato in maritime security. (Decreto n. 787/2020).

(GU Serie Generale n.215 del 29-08-2020)

Art. 1. Finalità e campo di applicazione

1. Il presente decreto istituisce il programma e le modalità di erogazione e superamento dei corsi di formazione per il conseguimento ed il rinnovo del certificato di abilitazione per istruttore certificato in materia di maritime security , così come previsto ai punti 5.1.2 e 5.1.4. della Scheda 6 allegata al decreto dirigenziale n. 411 del 14 aprile 2015 del Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto.

Art. 2. Requisiti di ammissibilità

1. Possono essere ammessi al corso per istruttore certificato coloro che dimostrino di essere in possesso di almeno uno dei requisiti previsti al punto 5.1.1. della scheda 6.

Art. 3. Organizzazione dei corsi

1. I corsi di formazione per il conseguimento della certificazione di istruttore certificato possono essere svolti ai sensi rispettivamente dei punti 5.2 e 5.3 della scheda 6 presso:
a) centri di formazione istituzionali;
b) centri di formazione privati riconosciuti idonei dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto – previo parere favorevole espresso dal Ministero dell’interno.
2. I centri di formazione di cui al punto 1. lett. b), ai fini del riconoscimento di idoneità, devono essere dotati di strutture, equipaggiamenti e materiale didattico conformi a quelli riportati in allegato A al presente decreto e devono altresì stabilire, documentare, attuare e mantenere attivo un sistema di gestione della qualità, conforme ai requisiti di cui alla norma UNI/EN/ISO 9001 che identifichi tra l’altro, gli obiettivi dell’addestramento, i livelli di cognizione, di apprendimento e di capacità professionale da conseguire.
3. I corsi di formazione di cui al primo comma e per i quali è possibile presentare specifica domanda, sono così suddivisi:
a) corso per istruttore certificato in « ship security »;
b) corso per istruttore certificato in « port security »;
c) corso per istruttore certificato in « ship & port security ».
I singoli corsi di formazione di cui alle lettere a) e b) hanno una durata non inferiore alle trentadue ore, comprensive di lezioni teoriche ed esercitazioni pratiche, articolate su quattro giorni lavorativi consecutivi. Il corso di formazione di cui alla lettera c) ha una durata non inferiore alle quaranta ore, comprensive di lezioni teoriche ed esercitazioni pratiche, articolate su cinque giorni lavorativi consecutivi.
I programmi di base che costituiscono i moduli didattici da sviluppare e le competenze minime da acquisire ai fini del conseguimento delle rispettive certificazioni sono riportati in allegato B al presente decreto.
4. Ai corsi di formazione di cui al precedente punto 3. può essere ammesso un numero di candidati non superiore a 10 e, comunque, non superiore al numero massimo ammissibile in base alle dimensioni dell’aula a tale scopo autorizzata.
5. La consistenza del corpo istruttori ed i requisiti d’idoneità di ogni istruttore, sulla base dei profili professionali di ciascuno di essi, è stabilita secondo i criteri indicati nell’allegato C al presente decreto.

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Decreto 7 luglio 2020 n. 106

ID 11427 | | Visite: 3021 | News Prevenzioni Incendi

Decreto 7 luglio 2020 n  106

Decreto 7 luglio 2020 n. 106

Ministero dell'Interno

Regolamento recante modalita' di svolgimento dei concorsi straordinari per l'accesso alle qualifiche di primo dirigente logistico-gestionale, di primo dirigente informatico e di primo dirigente preposto alla comunicazione in emergenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 260 del Decreto Legislativo 13 ottobre 2005 n. 217.

(GU Serie Generale n.212 del 26-08-2020)

Entrata in vigore del provvedimento: 10/09/2020

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Linee guida per il trasporto scolastico dedicato “scuolabus”

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Linee guida per il trasporto scolastico dedicato

Linee guida per il trasporto scolastico dedicato “scuolabus”

Per gli alunni frequentanti fino alla scuola secondaria di primo grado

MIT, 25 agosto 2020 - Le linee guida contenute nel Dpcm del 7 agosto definiscono le misure omogenee di sicurezza per il trasporto degli alunni che frequentano fino alla scuola secondaria di primo grado, in vista della ripresa dell’attività didattica su tutto il territorio nazionale.

Misure di prevenzione generale di competenza dei genitori

Misurazione della febbre a casa degli studenti prima della salita sul mezzo di trasporto.

Divieto di far salire sul mezzo di trasporto per raggiungere la scuola gli studenti in caso di febbre o nel caso in cui gli stessi siano stati a contatto con persone affette Covid-19 nei quattordici giorni precedenti.

Misure specifiche per il trasporto scolastico

Igienizzazione, sanificazione e disinfezione dei mezzi di trasporto almeno una volta al giorno.

Areazione, possibilmente naturale e continua dei mezzi di trasporto, presenza dei detergenti per la sanificazione delle mani degli alunni.

Distanziamento di un metro alla salita degli alunni alle fermate, facendo salire il secondo passeggero dopo che il primo si sia seduto.

Evitare contatti ravvicinati anche alla discesa dal mezzo: i ragazzi avranno cura di non alzarsi dal proprio posto se non quando il passeggero precedente sia sceso.

Non va occupato il posto disponibile vicino al conducente (ove esistente).

Obbligo di indossare i dispositivi di protezione individuale per il conducente, al quale non è consentito avvicinarsi o di chiedere informazioni.

Obbligo per gli alunni trasportati di indossare la mascherina, per la protezione del naso e della bocca, disposizione che non si applica agli alunni di età inferiore ai sei anni, nonché agli studenti con forme di disabilità non compatibili con l’uso continuativo dei dispositivi di protezione delle vie aeree.

Agli operatori del trasporto scolastico addetti all’assistenza degli alunni disabili è raccomandato l’utilizzo di ulteriori dispositivi (oltre alla mascherina chirurgica, guanti in nitrile e dispositivi di protezione per occhi, viso e mucose) qualora non sia sempre possibile garantire il distanziamento fisico dallo studente.

La distribuzione degli alunni a bordo viene definita mediante marker segnaposto, per garantire il distanziamento di un metro all’interno dei mezzi, limitando così la capienza massima.

Deroghe al distanziamento di un metro nei seguenti casi:

- in caso sia possibile l'allineamento verticale degli alunni su posti singoli e sia escluso il posizionamento faccia a faccia;

- consentita la capienza massima del mezzo di trasporto scolastico nel caso in cui la permanenza degli alunni nel mezzo nella predetta modalità di riempimento non sia superiore ai 15 minuti;

- nel caso di alunni che vivono nella medesima unità abitativa.

Il Comune può determinare sulla base delle necessità una differenziazione delle fasce orarie del trasporto, non oltre le due ore antecedenti l’ingresso usuale a scuola e un’ora successiva all’orario di uscita previsto.

 Fonte: MIT

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D.Lgs. 26 maggio 2000 n. 187

ID 11365 | | Visite: 1842 | Legislazione Sicurezza

D Lgs  26 maggio 2000 n  187

D.Lgs. 26 maggio 2000 n. 187

Attuazione della direttiva 97/43/Euratom in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche. 

(GU n.157 del 07.07.2000 - Suppl. Ordinario n. 105)

Abrogato dal Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 (dal 27 Agosto 2020)

Testo consolidato allegato in vigore al 17.08.2020 - Abrogato dal Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 (dal 27 Agosto 2020)

26/03/2002
LEGGE 1 marzo 2002, n. 39 (in SO n.54, relativo alla G.U. 26/03/2002, n.72)
26/03/2002

15/11/2003
LEGGE 31 ottobre 2003, n. 306 (in SO n.173, relativo alla G.U. 15/11/2003, n.266)

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Allegato riservato D.Lgs. 26 maggio 2000 n. 187 Consolidato 08.2020.pdf
 
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Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101

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101 2020

Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101

Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117. 

(GU n.201 del 12-08-2020 - SO n. 29)

Entrata in vigore del provvedimento: 27/08/2020

Update 03.01.2022 / Pubblicato il correttivo 2022

Decreto Legislativo 25 novembre 2022 n. 203 - Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, di attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.

(GU n. 2 del 03.01.2023)

Entrata in vigore del provvedimento: 18/01/2023

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Il decreto è suddiviso in diciassette Titoli:

Il Titolo I “Campo di applicazione e principi generali di protezione delle radiazioni ionizzanti” (da art. 1 a art. 6).

Gli articoli 1 e 4 declinano le finalità del decreto, riassumendo in modo sistematico le finalità e gli obiettivi della nuova direttiva 2013/59/Euratom e degli atti di recepimento delle direttive che non sono abrogate direttiva 2013/59/Euratom, nonché i principi di giustificazione, di ottimizzazione e di limitazione delle dosi. Con riferimento alla limitazione delle dosi sui luoghi di lavoro, sono previsti limiti in relazione all'età (in particolare, prevedendo che soggetti di età inferiore a 18 anni non possano essere adibiti a lavori che comportino esposizioni alle radiazioni ionizzanti), allo stato di gravidanza e di allattamento, all'esposizione di apprendisti e studenti. Importante novità è rappresentata dall’introduzione di un nuovo e più restrittivo limite di dose equivalente per l’esposizione del cristallino. Norme specifiche sono dettate anche in relazione all'esposizione della popolazione. In generale, con riferimento all'esposizione professionale e a quella della popolazione, i limiti si applicano alla somma delle esposizioni di un lavoratore - o dell'individuo della popolazione - considerando tutte le pratiche autorizzate. Particolare enfasi è attribuita alla giustificazione delle nuove pratiche mediche e nell’ambito dei programmi di screening. Inoltre, ai fini dell’ottimizzazione, gli articoli 5 e 6 disciplinano i vincoli di dose e i livelli di riferimento. Con riferimento nel caso delle alle esposizioni mediche dei pazienti, ai fini dell'ottimizzazione, c’è un rafforzamento del ruolo e responsabilità dello specialista in fisica medica e la definizione e utilizzo di livelli diagnostici di riferimento (LDR). Specifiche prescrizioni sono poi fissate in merito a vincoli di dose per l'esposizione professionale, per l'esposizione della popolazione e per quella medica di assistenti e accompagnatori.

TITOLO I CAMPO DI APPLICAZIONE PRINCIPI GENERALI DI PROTEZIONE DALLE RADIAZIONI IONIZZANTI

ART.1 Finalità e principi del sistema di radioprotezione (direttiva 2013/59/Euratom articoli 1 e 5)

1. Il presente decreto stabilisce norme di sicurezza al fine di proteggere le persone dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, e disciplina:
a) la protezione sanitaria delle persone soggette a qualsiasi tipo di esposizione;
b) il mantenimento e la promozione del continuo miglioramento della sicurezza nucleare degli impianti nucleari civili;
c) la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi;
d) la sorveglianza e il controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile esaurito e materie radioattive.
2. Le disposizioni del presente decreto fissano i requisiti e i regimi di controllo relativi alle diverse situazioni di esposizione.
3. Il sistema di radioprotezione si basa sui principi di giustificazione, ottimizzazione e limitazione delle dosi.
4. In attuazione dei principi di cui al comma 3:
a) gli atti giuridici che consentono lo svolgimento di una pratica garantiscono che il beneficio per i singoli individui o per la collettività sia prevalente rispetto al detrimento sanitario che essa potrebbe causare. Le determinazioni che introducono o modificano una via di esposizione e le determinazioni per le situazioni di esposizione esistenti e di emergenza devono apportare più benefici che svantaggi; 
b) la radioprotezione di individui soggetti a esposizione professionale e del pubblico è ottimizzata allo scopo di mantenere al minimo ragionevolmente ottenibile le dosi individuali, la probabilità dell'esposizione e il numero di individui esposti, tenendo conto dello stato delle conoscenze tecniche e dei fattori economici e sociali. L'ottimizzazione della protezione di individui soggetti a esposizione medica è riferita all'entità delle singole dosi, compatibilmente con il fine medico dell'esposizione. Questo principio si applica non solo in termini di dose efficace ma, ove appropriato, anche in termini di dose equivalente, come misura precauzionale destinata a mantenere le incertezze relative al detrimento sanitario al di sotto della soglia per le reazioni tissutali;
c) nelle situazioni di esposizione pianificata, la somma delle dosi cui è esposto un individuo non può superare i limiti fissati per l'esposizione professionale o del pubblico. Le esposizioni mediche non sono soggette ai limiti di dose prefissati dal presente decreto per i lavoratori e per la popolazione.

ART.2 Ambito di applicazione (direttiva 2013/59/Euratom, articolo 2; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 1, commi 1 e 2)

1. Le disposizioni del presente decreto si applicano a qualsiasi situazione di esposizione pianificata, esistente o di emergenza che comporti un rischio da esposizione a radiazioni ionizzanti che non può essere trascurato sia dal punto di vista della radioprotezione sia per quanto riguarda l'ambiente ai fini della protezione della salute umana a lungo termine.
2. In particolare le disposizioni del presente decreto si applicano:
a) alle spedizioni di rifiuti radioattivi, di combustibile esaurito e di materie radioattive, escluse le spedizioni transfrontaliere di rifiuti che contengono soltanto materiale radioattivo di origine naturale non proveniente da pratiche;
b) alla costruzione, all'esercizio e alla disattivazione degli impianti nucleari civili;
c) alla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi dalla generazione fino allo smaltimento;
d) alla fabbricazione, alla produzione, alla lavorazione, alla manipolazione, allo smaltimento, all'uso, allo stoccaggio, alla detenzione, al trasporto, all'importazione nell'Unione Europea e all'esportazione dall'Unione Europea di materie, materiali e sorgenti radioattivi;
e) alla fabbricazione e al funzionamento di apparecchiature elettriche che emettono radiazioni ionizzanti e contengono componenti funzionanti con una differenza di potenziale superiore a 5 chilovolt (kV);
f) alle attività umane che implicano la presenza di sorgenti di radiazioni naturali, che determinano un significativo aumento dell'esposizione dei lavoratori o di individui della popolazione, in particolare:
1) al funzionamento di aeromobili e veicoli spaziali, in relazione all'esposizione del personale navigante;
2) alla lavorazione di materiali contenenti radionuclidi naturali;
g) all'esposizione dei lavoratori o di individui della popolazione al radon in ambienti chiusi, all'esposizione esterna dovuta ai materiali da costruzione e ai casi di esposizione prolungata dovuta agli effetti di un'emergenza o di un'attività umana del passato;
h) alla preparazione, alla pianificazione della risposta e alla gestione di situazioni di esposizione di emergenza che giustificano misure volte a tutelare la salute di individui della popolazione o di lavoratori;
i) alle esposizioni mediche;
l) alle esposizioni con metodiche per immagini a scopo non medico.
3. Le condizioni per l'applicazione delle disposizioni del presente decreto sono definite negli allegati I e II.
4. Per quanto non diversamente previsto dal presente decreto si applicano le disposizioni del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

ART.3 Esclusione dall'ambito di applicazione (direttiva 2013/59/Euratom articolo 3; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 1, comma 1-bis)

1. Sono escluse dal campo di applicazione del presente decreto:
a) l'esposizione al livello di radiazione naturale, risultante dai radionuclidi presenti nell'organismo umano e dalla radiazione cosmica presente al livello del suolo;
b) le esposizioni alla radiazione cosmica durante attività di volo o missioni nello spazio a cui sono esposti gli individui della popolazione o lavoratori non facenti parte dell'equipaggio;
c) l'esposizione, al livello del suolo, ai radionuclidi presenti nella crosta terrestre non perturbata.
2. Ulteriori limiti al campo di applicazione del presente decreto sono stabiliti nei successivi Titoli con specifico riferimento a disposizioni in essi contenute.

ART.4 Giustificazione delle pratiche (direttiva 2013/59/Euratom, articolo 19;decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 2, commi 1 e 2)

1. Nuovi tipi o nuove classi di pratiche che comportano un'esposizione alle radiazioni ionizzanti debbono essere giustificati, prima di essere adottati.
2. I tipi o le classi di pratiche esistenti sono sottoposti a riesame per quanto concerne gli aspetti di giustificazione ogniqualvolta emergano nuove e importanti prove sulla loro efficacia o sulle loro potenziali conseguenze, ovvero nuove e importanti informazioni su altre tecniche e tecnologie; a tal fine il soggetto che svolge la pratica ne dà comunicazione all'autorità titolare del relativo procedimento.
3. I tipi o le classi di pratiche che comportano esposizioni professionali e del pubblico devono essere giustificate tenendo conto di entrambe le categorie di esposizione.
4. Le pratiche che comportano esposizioni mediche devono essere giustificate:
a) come tipo o classe di pratiche, tenendo conto delle esposizioni mediche e, ove pertinente, delle associate esposizioni professionali e del pubblico;
b) a livello di ciascuna esposizione medica individuale, secondo quanto stabilito nel Titolo XIII.

ART.5 Strumenti per l'ottimizzazione: vincoli di dose (direttiva 2013/59/Euratom articolo 6)

1. Ai fini dell'ottimizzazione della protezione sono stabiliti, con modalità specificate nei corrispondenti Titoli, i vincoli di dose.
2. Per l'esposizione professionale, il vincolo di dose è stabilito dall'esercente o dal datore di lavoro come strumento operativo per l'ottimizzazione, sotto la supervisione dell'autorità competente che ha emanato l'atto autorizzatorio o che ha ricevuto la notifica. Nel caso di lavoratori esterni, il vincolo di dose è stabilito congiuntamente dal datore di lavoro del lavoratore esterno e dal!' esercente.
3. Per l'esposizione del pubblico, è fissato il vincolo di dose individuale cui sono esposti gli individui della popolazione in seguito all'impiego pianificato di una specifica sorgente di radiazioni ionizzanti. L'autorità competente provvede affinché i vincoli di dose, considerando la somma delle dosi a cui è esposto il medesimo individuo da tutte le pratiche autorizzate, garantiscono il rispetto del limite di dose.
4. Per l'esposizione medica, i vincoli di dose si applicano solo per quanto riguarda la protezione di assistenti e accompagnatori nonché dei volontari che partecipano alla ricerca medica e biomedica.
5. I vincoli di dose sono stabiliti in termini di dosi individuali efficaci o di dosi equivalenti nell'arco di un determinato periodo di tempo appropriato.

ART.6 Strumenti per l'ottimizzazione: livelli di riferimento (direttiva 2013/59/Euratom articolo 7)

1. Ai fini della ottimizzazione della protezione per le situazioni di esposizione di emergenza e per le situazioni di esposizione esistenti sono utilizzati i livelli di riferimento. L'ottimizzazione della protezione riguarda in via prioritaria le esposizioni al di sopra del livello di riferimento e continua a essere messa in atto al di sotto di detto livello.

Il Titolo II “Definizioni” ( art. 7)
Il Titolo III si compone di due norme (art. 8 a art. 9) si occupa delle autorità competenti (art. 8) e disciplina le funzioni di vigilanza, precisandone il campo d’azione e le attività (art. 9).
La previsione di cui all’articolo 8 non innova l’assetto ordinamentale delineato dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, che riconosce competenti in materia il Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, della salute, del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico. le Regioni e alle Province. Il suddetto assetto è completato dall’introduzione ad opera del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, di un’autorità di regolazione indipendente in materia di sicurezza nucleare e radioprotezione, individuata nell’ISIN.
Coerentemente alla natura di “autority” all’ISIN è riconosciuta una funzione di regolazione e di vigilanza del settore, che svolge in posizione di terzietà rispetto all’esercizio delle pratiche e autonomia e indipendenza di giudizio, mentre le Amministrazioni ministeriali e regionali svolgono compiti di amministrazione attiva, ciascuna nel proprio ambito di competenza.
In ogni caso queste <autorità competenti> per lo svolgimento dei compiti previsti dal decreto devono organizzarsi per garantire l’indipendenza funzionale dai propri uffici e dai privati che svolgono attività nel settore, devono dotarsi di adeguate competente e risorse umane e finanziarie, e non devono intrattenere rapporti di collaborazione o negoziale con soggetti privati che operano nel settore.
Il Titolo IV “Sorgenti naturali di radiazioni ionizzanti”, (da art. 10 a art. 29), reca, rispetto alla legislazione vigente, molteplici innovazioni che si possono riassumere nella previsione relativa all’istituzione del Piano di azione nazionale per il radon, nella determinazione dei nuovi livelli di riferimento per la concentrazione di attività di radon, nell’indicazione dei criteri per l’individuazione
delle aree prioritarie per l’intervento di risanamento da radon, oltre ad altre previsioni di carattere
generale finalizzate a dare una organicità e valenza nazionale alle disposizioni in materia.
Il Titolo IV, è suddiviso in quattro capi:
1. il Capo I, rubricata “Esposizione al Radon”, a sua volta è suddiviso in tre sezioni la Sezione I, rubricata “parte generale”, la Sezione II, rubricata “Esposizione al radon nei luoghi di lavoro” e la Sezione III, rubricata “Protezione dall'esposizione al radon nelle abitazioni”;
2. il Capo II rubricata “Pratiche che comportano l’impiego di materiali contenenti radionuclidi di origine naturale”;
3. il Capo III rubricata “Attività lavorative che comportano l’esposizione alla radiazione cosmica”;
4. il Capo IV ha per oggetto le radiazioni gamma emesse da materiali da costruzione.
Il Titolo V “Lavorazioni minerarie” (da art.30 a art. 35). La materia disciplinata nel presente Titolo non è stata interessata dalla direttiva 2013/59/EURATOM, e, pertanto, le disposizioni che lo compongono, sebbene oggetto di una revisione formale ai fini del loro coordinamento con le nuove previsioni, non sono state modificate nella sostanza, Si segnala, in particolare, che per ragioni di sistematicità la previsione recante la disciplina del titolo abilitativo è stata spostata nel pertinente 
Titolo VII e la previsioni in materia di esposizione dei minatori nel relativo Titolo XI.
Il Titolo VI “Regime giuridico per importazione, produzione, commercio trasporto e detenzione” di materie grezze, materiali o sorgenti radioattivi (da art. 36 a art 45)
Il Titolo VII “Regime autorizzatorio e disposizioni per i rifiuti radioattivi” (da art. 46 a art. 61). Il regime regolamentare consiste in qualsiasi forma di controllo o regolamentazione applicati alle attività umane per l'attuazione delle prescrizioni in materia di radioprotezione. Si è scelto di graduare il controllo in ragione della natura e delle caratteristiche delle diverse fattispecie prese in considerazione. In applicazione di questo principio, le pratiche che rientrano nel campo di applicazione del regime regolamentare non espressamente esonerate dallo stesso sono assoggettate a procedura di notifica, mentre per le pratiche che presentano maggiori rischi si richiede un’autorizzazione sotto forma di nulla osta o di registrazione; l’autorizzazione è prevista ad esempio, per la somministrazione intenzionale di sostanze radioattive, il funzionamento e disattivazione di impianti nucleari (attività queste ultime soggette anche a licenza di esercizio), le attività connesse alla gestione di residui radioattivi.
Il Titolo VIII “Particolari disposizioni per le sorgenti sigillate ad alta attività e le sorgenti orfane” (da art. 62 a art. 75), ed è suddiviso in due Capi: il Capo I è dedicata al controllo delle sorgenti sigillate ad alta attività; e il Capo II che disciplina il controllo delle sorgenti orfane.
Il Titolo IX “Impianti” “(da art. 76 a art. 101) reca la disciplina il regime di autorizzazione e di controllo della sicurezza degli impianti; la materia disciplinata nel presente Titolo non è stata interessata dalla direttiva 2013/59/EURATOM, e, pertanto, le disposizioni che lo compongono, sebbene oggetto di una revisione formale ai fini del loro coordinamento con le nuove previsioni, non sono state modificate nella sostanza.
Il Titolo X “Sicurezza degli impianti nucleari e degli impianti di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi” (da art. 102 a art. 105) reca la disciplina la sicurezza degli impianti nucleari e degli impianti di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. la materia disciplinata nel presente Titolo non è stata interessata dalla direttiva 2013/59/EURATOM, e, pertanto, le disposizioni che lo compongono, sebbene oggetto di una revisione formale ai fini del loro coordinamento con le nuove previsioni, non sono state modificate nella sostanza.
Il Titolo XI “Esposizione dei lavoratori” (da art. 106 a art. 146) disciplina le garanzie da assicurare ai lavoratori esposti a radiazioni ionizzanti, introducendo due aspetti di novità rispetto alla previgente disciplina: l’estensione dell’ambito di applicazione, che riguarda indistintamente tutti i lavoratori (il precedente articolo 59 conteneva il riferimento ai soli “lavoratori subordinati o ad essi equiparati”), la terzietà del soggetto che effettua i controlli rispetto alla parte che rilascia le autorizzazioni e all’esercente.
Il Titolo XII “Esposizione della popolazione” (da art. 147 a art 155) riporta le disposizioni connesse con la protezione della popolazione dai rischi derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti derivanti dall’esercizio delle pratiche, in un’ottica di rafforzamento della tutela della salute pubblica.
Il Titolo XIII “Esposizioni mediche” (da art 156 a art. 171), pur recando disposizioni specifiche sulle esposizioni mediche del tutto coerenti con la previgente disciplina, presenta alcuni elementi di novità ponendo maggiore attenzione su: giustificazione nei programmi di screening; informazione preventiva al paziente sui rischi e benefici dell’esposizione; responsabilità riguardo l’ottimizzazione; definizione di ruoli e responsabilità delle figure professionali; qualità e sicurezza delle attrezzature; sistema di registrazione delle dosi
Il Titolo XIV “Preparazione e risposta alle emergenze” (da art. 172 a art.197) reca disposizioni volte alla gestione dell’emergenza definendo le competenze della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile.
Il Titolo XV “Particolari situazioni di esposizione esistente” (da art. 198 ad art. 204) reca i principi e le previsioni da applicare in sede di adozione delle misure correttive e protettive da applicare a situazioni di esposizione esistente in circostanze puntualmente definite dalla normativa di riferimento.
Il Titolo XVI “Apparato sanzionatorio”, (da art. 205 a art.231) si compone di due sezioni: la sezione I Illeciti penali e la Sezione II Illeciti amministrativi.
Il Titolo XVII “Norme transitorie e finali”, introduce un regime transitorio in costanza dell’entrata in vigore del presente decreto.

TITOLO XVII DISPOSIZIONI

TRANSITORIE E FINALI

Art. 232. Provvedimenti autorizzativi di cui al Titolo IX del presente decreto (decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 147).
1. I provvedimenti autorizzativi, le approvazioni, i certificati nonché tutti gli atti già emanati per gli impianti di cui al Titolo VII del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, conservano a tutti gli effetti la loro efficacia.
2. I provvedimenti autorizzativi, le approvazioni, i certificati, nonché tutti gli atti già emanati per gli impianti di cui al Titolo VII del decreto del Presidente della Repubblica del 13 febbraio 1964, n. 185, conservano a tutti gli effetti la loro efficacia.

Art. 233. Regime transitorio per i procedimenti autorizzativi in corso (decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 148).
1. Per gli impianti nucleari per i quali sia stata inoltrata istanza di disattivazione ai sensi dell’articolo 55, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, in attesa della relativa autorizzazione, possono essere autorizzati, ai sensi delle previgenti disposizioni, particolari operazioni e specifici interventi, ancorché attinenti alla disattivazione, atti a garantire nel modo più efficace la radioprotezione dei lavoratori e della popolazione.

Art. 234. Particolari disposizioni concernenti le comunicazioni preventive di pratiche (decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 144 -bis).
1. Ferme restando le disposizioni di esonero di cui all’articolo 47, le comunicazioni preventive di pratica effettuate ai sensi dell’articolo 22 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 sono considerate, a tutti gli effetti, come notifica di pratica di cui all’articolo 46.
2. Coloro che, al momento dell’entrata in vigore del presente decreto, eserciscono una pratica sottoposta a comunicazione preventiva a cui si applicano le previsioni per lo smaltimento in esenzione stabilite ai sensi delle disposizioni precedentemente vigenti, presentano alle amministrazioni procedenti, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, istanza di autorizzazione all’allontanamento secondo le disposizioni di cui all’articolo 54.
3. Fino all’emanazione del provvedimento di autorizzazione di cui al comma 2, l’allontanamento dei materiali ed effluenti è consentito nelle modalità e condizioni previste all’articolo 30, comma 1, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230.
4. Coloro che, alla data dell’entrata in vigore del presente decreto, svolgono un’attività per la quale è già stata effettuata la comunicazione preventiva di cui all’articolo 22 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, provvedono, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, a far effettuare e registrare le valutazioni preventive e in corso di esercizio alle Amministrazioni procedenti, secondo le previsioni di cui all’articolo 151.

Art. 235. Provvedimenti autorizzativi di cui al Titolo VII del presente decreto
1. Coloro che, al momento dell’entrata in vigore del presente decreto sono già in possesso di provvedimenti autorizzativi presentano alle amministrazioni procedenti, entro due anni dall’entrata in vigore del presente decreto, istanza di aggiornamento secondo le norme del presente decreto dei provvedimenti medesimi.
2. Ove i provvedimenti autorizzativi in possesso dei soggetti di cui al comma 1 prevedono il rinnovo, la richiesta di aggiornamento deve essere presentata nei termini previsti per il rinnovo.
3. Le autorità competenti al rilascio dei provvedimenti autorizzativi aggiornati inviano all’ISIN, secondo le modalità indicate nei provvedimenti applicativi di cui all’articolo 52, copia di tali provvedimenti.
4. Fino all’emanazione dei provvedimenti di aggiornamento è consentita la prosecuzione dell’esercizio della pratica, incluso l’allontanamento dei materiali ed effluenti nel rispetto delle modalità, limiti e condizioni stabiliti nel provvedimento autorizzativo rilasciato in precedenza.
5. Coloro che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, svolgono un’attività per la quale è già in corso di validità un provvedimento autorizzativo emesso ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, provvedono, entro due anni dall’entrata in vigore del presente decreto, ad inoltrare istanza di aggiornamento secondo le previsioni di cui all’articolo 151.

Art. 236. Guide tecniche (decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 153)
1. L’ISIN, sentiti gli altri enti ed organismi interessati, può elaborare e diffondere, a mezzo di guide, anche in relazione agli standard internazionali, norme di buona tecnica in materia di sicurezza nucleare e protezione sanitaria.

Art. 237. Specifiche modalità applicative per il trasporto (decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 156)
1. Fermo restando quanto stabilito all’articolo 1, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell’ambiente, della tutela del mare e del territorio, dello sviluppo economico, della salute e dell’interno, sentito l’ISIN, possono essere indicate specifiche modalità di applicazione delle disposizioni del presente decreto alla attività di trasporto di materie radioattive, anche al fine di un’armonizzazione con le norme internazionali in materia.

Art. 238. Specifiche disposizioni per particolari sostanze radioattive (decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 156 bis)
1. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 5 della legge 28 aprile 2015, n. 58, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell’interno, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN), anche ai fini della prevenzione di atti di terrorismo nucleare, sono stabilite le sostanze radioattive e le opportune misure di protezione delle stesse, da adottare nelle pratiche comportanti l’impiego di dette sostanze, tenendo conto delle raccomandazioni formulate dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica.

Art. 239. Disposizioni transitorie per i rifiuti radioattivi
1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto interministeriale del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico, il decreto interministeriale del 7 agosto 2015, di classificazione dei rifiuti radioattivi, emanato ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45 è adeguato alle disposizioni del presente decreto.
2. Sino all’adozione delle disposizioni di cui al comma 1, rimane valida la classificazione dei rifiuti di cui al decreto interministeriale del 7 agosto 2015, emanato ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45.

Art. 240. Disposizioni transitorie in materia di abilitazione di esperto di radioprotezione
1. La disposizione di cui all’articolo 129, comma 2, lettera c), relativa all’abilitazione di terzo grado sanitario è applicabile decorsi diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Art. 241. Disposizioni transitorie in materia di registrazione dei dati sulle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sui rifiuti radioattivi.
1. L’ISIN rende operativo il sistema di registrazione dei dati sulle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sui rifiuti radioattivi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dandone comunicazione mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
2. I detentori provvedono alla registrazione entro novanta giorni dalla data di pubblicazione della comunicazione di cui al comma 1.

Art. 242. Disposizioni particolari per il Ministero della difesa (direttiva 2013/59/EURATOM, articoli. 1, 2; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 162).
1. Per particolari esigenze connesse con i compiti istituzionali delle Forze armate in tempo di pace, le disposizioni del presente decreto si applicano alle attività dell’Amministrazione della difesa, secondo quanto previsto dall’articolo 185 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, dagli articoli da 265 a 271 del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90 e dalla disciplina tecnica ivi richiamata. I rinvii alle disposizioni del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 contenuti nelle disposizioni di cui al precedente periodo s’intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto.
2. Entro 120 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto sono emanate le disposizioni necessarie ad adeguare il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90 e la disciplina tecnica ivi richiamata alle norme del presente decreto.
3. I rifiuti radioattivi, a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, dei comandi e degli enti dell’Amministrazione della difesa confluiscono, a titolo definitivo, nel deposito nazionale secondo le modalità previste dalle norme vigenti. Le funzioni ispettive sul processo di trattamento, di condizionamento e di stoccaggio sono eseguite presso la dedicata area del Centro interforze per gli studi e le applicazioni militari (CISAM), dall’ISIN secondo le modalità di cui all’articolo 9. 

Abrogazioni

Art. 243 Abrogazioni

1. Alla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le seguenti disposizioni: 
a) gli articoli 3, 4 e 5, della legge 31 dicembre 1962 n. 1860
b) il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 cosi' come modificato dal decreto legislativo n. 241 del 2000, dal decreto legislativo n. 23 del 2009, dal decreto legislativo n. 100 del 2011, dal decreto legislativo n. 185 del 2011, dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 45 del 2014 e dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 137 del 2017; 
c) il decreto legislativo 26 maggio 2000, n.187
d) il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n.52
e) il decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 settembre 2011.

Art. 244 Modifiche 
1. L'articolo 180, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e' sostituito dal seguente:  «3. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti e' disciplinata, nel rispetto dei principi di cui al titolo I, dalle disposizioni speciali in materia».

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