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D.P.R n. 340 del 24 ottobre 2003

ID 6088 | | Visite: 9369 | Prevenzione Incendi

DPR 340 2003

D.P.R n. 340 del 24 ottobre 2003

Regolamento recante disciplina per la sicurezza degli impianti di distribuzione stradale di G.P.L. per autotrazione

(GU n.282 del 4-12-2003)
_______

Art. 1 Campo di applicazione

1. Il presente regolamento si applica agli impianti di nuova realizzazione, disciplinati al Titolo II dell'allegato A che forma parte integrante del presente regolamento. Sono equiparati a questi ultimi gli impianti esistenti in caso di potenziamento della capacita' complessiva oltre 30 m³.

2. Gli impianti esistenti, la cui capacita' complessiva resti limitata fino a 30 m³, devono essere adeguati a quanto previsto al Titolo III dell'allegato entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento. Qualora detti impianti siano oggetto di potenziamenti e/o ristrutturazioni, gli adeguamenti di cui al Titolo III dovranno essere realizzati contestualmente ai suddetti lavori di modifica. Le disposizioni di esercizio, di cui al punto 15 dell'allegato A, devono essere rispettate dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.

Art. 2. Obiettivi

1. Ai fini della prevenzione degli incendi, allo scopo di garantire le esigenze di sicurezza per la salvaguardia delle persone e la tutela dei beni contro i rischi di incendio, gli impianti di distribuzione stradale di G.P.L. per autotrazione sono realizzati e gestiti secondo la regola tecnica di cui all'allegato A, in modo da garantire i seguenti obiettivi:

a) minimizzare le cause di rilascio accidentale di G.P.L., di incendio e di esplosione;
b) limitare, in caso di evento incidentale, danni alle persone;
c) limitare, in caso di evento incidentale, danni ad edifici e/o locali contigui all'impianto;
d) ridurre la frequenza delle operazioni di riempimento dei serbatoi fissi, contribuendo in tal modo a ridurre il traffico stradale di merci pericolose;
e) permettere ai soccorritori di operare in condizioni di sicurezza.

Art. 3. Ubicazione dell'impianto

1. Gli impianti di distribuzione stradale di gas di petrolio liquefatto per autotrazione non possono sorgere:

a) nella zona territoriale omogenea totalmente edificata, individuata come zona A nel piano regolatore generale o nel programma di fabbricazione ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, e nei comuni sprovvisti dei predetti strumenti urbanistici, all'interno del perimetro del centro abitato, delimitato a norma dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, quando, nell'uno e nell'altro caso, la densita' della edificazione esistente, nel raggio di duecento metri dal perimetro degli elementi pericolosi dell'impianto, come definiti al punto 3 dell'allegato al presente decreto, e dall'area di sosta dell'autocisterna, risulti superiore a tre metri cubi per metro quadrato;

b) nelle zone di completamento e di espansione dell'aggregato urbano indicate nel piano regolatore generale o nel programma di fabbricazione, nelle quali sia previsto un indice di edificabilita' superiore a tre metri cubi per metro quadrato;

c) nelle aree, ovunque ubicate, destinate a verde pubblico.

2. La rispondenza dell'area prescelta per l'installazione dell'impianto alle caratteristiche urbanistiche della zona deve essere attestata dal sindaco o comprovata da perizia giurata a firma di professionista, iscritto al relativo albo professionale, competente per la sottoscrizione del progetto dell'impianto medesimo.

...

Allegato A

REGOLA TECNICA IN MATERIA DI SICUREZZA ANTINCENDIO DEGLI IMPIANTI DI DISTRIBUZIONE STRADALE DI GAS DI PETROLIO LIQUEFATTO PER AUTOTRAZIONE (art. 1, comma 1).

[...]

Disponibile in allegato:

1. Testo consolidato 2018

2. Testo commentato e coordinato VVF v4 

Modifiche e abrogazioni:

27/04/2007
DECRETO 3 aprile 2007, (in G.U. 27/04/2007, n.97)
03/10/2008
DECRETO 23 settembre 2008, (in G.U. 03/10/2008, n.232) 
31/12/2008
DECRETO-LEGGE 30 dicembre 2008, n. 207 (in G.U. 31/12/2008, n.304) , convertito con modificazioni dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14 (in SO n.28, relativo alla G.U. 28/02/2009, n.49), ha disposto (con l'art. 21, comma 1) 
09/04/2014
DECRETO 31 marzo 2014, (in G.U. 09/04/2014, n.83)
03/06/2018
Decreto Ministero dell'Interno 20 Aprile 2018 (in  in G.U. 04/05/2018, n.102)
________

Con l'entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di prevenzione incendi di cui al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, gli “impianti di distribuzione carburanti”, sia liquidi che gassosi e di tipo misto, sono ricompresi al punto 13.

 

N.  

 

ATTIVITÀ (DPR 151/2011)

CATEGORIA

A

B

C

13

Impianti fissi di distribuzione carburanti per l’autotrazione, la nautica e l’aeronautica; contenitori-distributori rimovibili di carburanti

liquidi.

 

 

 

 

a) Impianti di distribuzione carburanti liquidi

Contenitori distributori

rimovibili e non di carburanti liquidi fino a 9 mc con punto di infiammabilità superiore a

65 °C

 

Solo liquidi combustibili,

 

Tutti gli altri

b) Impianti fissi di distribuzione carburanti gassosi e di tipo misto (liquidi e gassosi)

 

 

 

Tutti

Equiparazione con le attività di cui all’allegato ex DM 16/02/82

7

Impianti di distribuzione di gas combustibili per autotrazione

18

Impianti fissi di distribuzione di benzina, gasolio e miscele per autotrazione ad uso pubblico e privato con o senza stazione di servizio

Principali differenze fra le attività di equiparazione

La nuova attività unifica sostanzialmente le precedenti, vengono però distinti due gruppi:
- distributori di soli carburanti liquidi - gruppo a)
- distributori gassosi e di tipo misti - gruppo b)

La nuova attività fa esplicitamente riferimento anche ai distributori fissi per la nautica e l’aeronautica. La nuova attività richiama esplicitamente anche i contenitori-distributori rimovibili di carburanti liquidi.

 

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Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 10273 | 27 Aprile 2018

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Sentenze cassazione civile

Riconoscimento della derivazione professionale della malattia tumorale del lavoratore portuale all'esposizione ad amianto

Cassazione Civile Ord. Sez. L Num. 10273 Anno 2018

Civile Ord. Sez. L Num. 10273 Anno 2018
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: BERRINO UMBERTO
Data pubblicazione: 27/04/2018

Ritenuto
che M.S., lavoratore portuale, chiese il riconoscimento della derivazione professionale della malattia tumorale al retto per esposizione a polvere di amianto;
che riconosciuta, all'esito di consulenza d'ufficio, la derivazione professionale della suddetta malattia ad opera del Tribunale di Ravenna, la Corte d'appello di Bologna (sentenza del 9.7.2012), investita dall'impugnazione dell'Inail avverso la predetta decisione, rinnovò l'accertamento tecnico e, conformemente alle conclusioni del perito d'ufficio, ritenne non sufficientemente provata sul piano scientifico la correlazione tra la malattia denunziata e l'esposizione all'amianto; che per la cassazione della sentenza propone ricorso M.S. con un motivo;
che resiste con controricorso l'Inail;

Considerato

che con un solo motivo, formulato per vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Bologna non ha dato alcuna adeguata e specifica giustificazione della preferenza accordata alla seconda consulenza tecnica d'ufficio, il cui esito è stato acquisito senza l'indicazione delle ragioni per le quali la stessa Corte ha inteso disattendere le conclusioni rassegnate dal perito d'ufficio di primo grado e ad onta delle circostanziate critiche mosse dal consulente di parte alle risultanze della perizia espletata in seconde cure; che il ricorso è fondato;
che, in effetti, a fronte della discordanza tra gli esiti delle perizie svolte nei due gradi di giudizio la Corte bolognese ha deciso di condividere le risultanze cui è pervenuto il perito d'ufficio di seconde cure, sfavorevoli all'assicurato, limitandosi semplicemente ad affermare che le critiche mosse al suo operato dal consulente di parte dovevano essere disattese in quanto si trattava di una contrapposta valutazione nell'ambito delle varie posizioni offerte dalla letteratura epidemiologica in materia e non già di carenze o erroneità riscontrabili nell'operato del c.t.u. officiato;
che da tale motivazione non emergono, tuttavia, a fronte delle circostanziate critiche del consulente di parte, le reali ragioni del dissenso scientifico rispetto alle conclusioni cui era pervenuto il perito di prime cure e che erano state, invece, condivise dal primo giudice nel momento in cui perveniva all'accoglimento della domanda, per cui si rivelano fondate le doglianze prospettate dall'odierno ricorrente;
che, invero, si è statuito (Cass. Sez. L, n. 19572 del 26/8/2013) che "in tema di consulenza tecnica di ufficio, se lo svolgimento di una prima consulenza non preclude l'affidamento di un'ulteriore indagine a professionista qualificato nella materia al fine di fornire al giudice un ulteriore mezzo volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti, è tuttavia necessario che il giudice che intenda uniformasi alle risultanze della seconda consulenza tecnica di ufficio non si limiti ad un'adesione acritica ad esse ma giustifichi la propria preferenza, specificando la ragione per la quale ritiene di discostarsi dalle conclusioni del primo consulente, salvo che queste abbiano formato oggetto di esame critico nell'ambito della nuova relazione peritale con considerazioni non specificamente contestaste dalle parti." (conf. a Cass. Sez. 2, n. 23063 del 30.10.2009; in senso conf. v. anche Cass. sez. lav. n. 17105/2016);
che si è, altresì, affermato (Cass. Sez. L, n. 4657 del 25/2/2011) che "in sede di giudizio di appello, allorché venga disposta una nuova (rispetto a quella eseguita in prime cure) consulenza tecnica d'ufficio (nella specie, per accertare il diritto dell'assicurato all'assegno di invalidità ed all'indennità di accompagnamento), l'eventuale accoglimento, da parte del giudice del gravame, della tesi del secondo consulente d'ufficio non necessita di una confutazione particolareggiata delle diverse risultanze e valutazioni della prima consulenza, essendo necessario soltanto che detto giudice non si limiti ad una acritica adesione al parere del secondo ausiliario, ma valuti le eventuali censure di parte, indicando le ragioni per cui ritiene di dover disattendere le conclusioni del primo consulente." (in senso ccnf. v. anche Cass. Sez. 1, n. 5148 del 3/3/2011);
che, in definitiva, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione dell'impugnata sentenza e con rinvio della causa, anche per le spese, alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione, la quale nel riesaminare il merito della questione si atterrà ai suddetti principi.



P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Bologna in diversa composizione. Così deciso in Roma il 19 dicembre 2017

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Allegato riservato Cassazione Civile Ord. Sez. L Num. 10273 Anno 2018.pdf
 
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ISO/IEC TS 17021-10:2018

ID 6074 | | Visite: 6898 | News Sicurezza

ISO TS  17021 10 2018

ISO/IEC TS 17021-10:2018 Specifica tecnica ISO 45001

ISO 03 Maggio 2018

ISO/IEC TS 17021-10:2018  Conformity assessment -- Requirements for bodies providing audit and certification of management systems - Part 10: Competence requirements for auditing and certification of occupational health and safety management systems

ISO 03 Maggio 2018

Dopo la pubblicazione del primo standard internazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro viene fornita una specifica tecnica per garantire che l'auditing sia all'altezza.

ISO 45001, Sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro - Requisiti con guida per l'uso, è stato pubblicato nel marzo di quest'anno. Ora, una nuova specifica tecnica complementare - ISO/IEC TS 17021-10 - è stata appena pubblicata, definendo le competenze e le conoscenze richieste di quegli organismi che controllano le organizzazioni che hanno implementato lo standard di salute e sicurezza.

ISO/IEC TS 17021-10, Valutazione di conformità - Requisiti per gli organismi che forniscono audit e certificazione dei sistemi di gestione - Parte 10: Requisiti di competenza per l'audit e la certificazione dei sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro , è intesa a garantire un approccio armonizzato all'accreditamento una certificazione ISO 45001.

Le nuove specifiche tecniche sono rivolte ai revisori, o a chiunque prenda decisioni di certificazione relative alla ISO 45001.

Download Preview ISO/IEC TS 17021-10:2018

ISO/IEC TS 17021-10:2018

Conformity assessment -- Requirements for bodies providing audit and certification of management systems - Part 10: Competence requirements for auditing and certification of occupational health and safety management systems

ISO/IEC TS 17021-10:2018 specifies additional competence requirements for personnel involved in the audit and certification process for an occupational health and safety (OH&S) management system and complements the existing requirements of ISO/IEC 17021-1.

Three types of personnel and certification functions are defined:

- auditors;
- personnel reviewing audit reports and making certification decisions;
- other personnel.
...

Fonte ISO

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Tutela della salute delle lavoratrici madri Linee di indirizzo per l’applicazione del D.Lgs. 151/01 - artt. 7-8-11 e 12

Il documento presenta le linee guida relativamente agli aspetti di tutela della salute della lavoratrice madre e del nascituro. In esso vengono ripresi i riferimenti normativi in materia di tutela della lavoratrice ed illustrati i principali fattori di rischio per la salute della donna e del bambino presenti nei luoghi di lavoro.

Il documento rappresenta una utile guida per il datore di lavoro che deve adempiere agli obblighi di tutela nei confronti delle dipendenti in stato di gravidanza ed un valido mezzo di informazione per le lavoratrici che devono conoscere i propri diritti.

Il documento già approvato con DGR 3136 del 20.10.2009 viene riformulato alla luce delle modifiche apportate all’art. 17 del DLgs 151/01 dall’art. 15 del DL 5/2012 convertito in L 35/2012 (Misure di semplificazione in relazione all’astensione anticipata dal lavoro delle lavoratrici in gravidanza – vedi pag 6) ed integrato da elementi utili alla formulazione della segnalazione del datore di lavoro alle DTL.

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...

Update: 22.03.2020

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DM Interno 24 maggio 2002
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Circolare 05 novembre 2018 n. 2, prot. n. 15000
Linee guida per l’installazione di infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici.

Con l'entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di prevenzione incendi di cui al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, gli “impianti di distribuzione carburanti”, sia liquidi che gassosi e di tipo misto, sono ricompresi al punto 13:

N ATTIVITÀ CATEGORIA
13   Impianti fissi di distribuzione carburanti per l’autotrazione, la nautica e l’aeronautica;
contenitori – distributori rimovibili di carburanti liquidi
A B C
a) Impianti di distribuzione carburanti liquidi

Contenitori distributori rimovibili e non di carburanti liquidi fino a 9 mc con punto di infiammabilità superiore a 65 °C 

Solo liquidi combustibili

tutti gli altri 

b) Impianti fissi di distribuzione carburanti gassosi e di tipo misto (liquidi e gassosi) 

--- ---  

tutti 

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 16715 | 16 Aprile 2018

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La Corte di Cassazione, con sentenza 16 aprile 2018, n. 16715 ha stabilito che, in un processo riguardante lavoratori morti per mesotelioma pleurico (patologia asbesto-correlata), sebbene non sia in discussione che l'amianto sia causa di mesotelioma e che esista una correlazione tra entità dell'esposizione e rischio di ammalarsi, il nesso causale va risolto distinguendo il subperiodo in  cui si è determinata l'insorgenza della malattia. Pertanto è necessario al fine di individuare il garante responsabile ex articolo 589, Codice penale, di distinguere non solo l'arco temporale di esposizione, ma i singoli sub-periodi di insorgenza nel caso specifico.

...

Indice della Sentenza

RITENUTO IN FATTO
1. Le imputazioni
2. La sentenza di primo grado
3. La sentenza di secondo grado
4. I fatti accertati dalle sentenze di merito
4.1. Esposizione al benzene
4.2. Esposizione alle fibre di amianto
4.3. Il delitto contro l'incolumità pubblica
5. Il ricorso del P.G
6. I ricorsi degli imputati e del responsabile civile Edison s.p.a
7. Ricorso per Piergiorgio G.PG. a firma degli avv. Alberto Alessandri e Fabio Cagnola
8. Ricorso nell'interesse di Gaetano F.G. a firma dell'avv. Carlo Sassi
9. Ricorso proposto nell'interesse di C.A. e di P.G. Gianni, a firma degli avvocati Sergio Genovesi e Carlo Sassi
10. Ricorso proposto nell'interesse di Francesco Z.F. a firma degli avv. Angelo Giarda e Carlo Sassi
11. Ricorso proposto nell'interesse esclusivo di D.G., a firma degli avv. Carlo Baccaredda Boy e Francesco Centonze
12. Memoria per il Comune di Mantova
13. Memoria per l'Inail
14. Memoria per Versalis s.p.a
15. Memoria per Syndial Attività Diversificate s.p.a
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Indicazioni preliminari all'esame dei ricorsi
2. I ricorsi degli imputati. Le questioni processuali. Motivi XII, XIII, XIV, XV, XVI
2.1. La nullità del decreto di citazione per indeterminatezza della contestazione
2.2. La nullità della contestazione suppletiva
2.3. La violazione di legge ed il vizio della motivazione in relazione al rigetto delle istanze istruttorie
2.4. I vizi concernenti l'escussione del R.
2.5. La nullità dell'ordinanza che dispose la perizia a cura del Prof. B.
3. La spiegazione causale. Motivi I e III
3.1. Il giudice, le parti e il sapere esperto
3.2. La rilevanza causale dell'esposizione all'amianto rispetto ai decessi determinati da mesotelioma pleurico e peritoneale
3.3. La causalità individuale nei casi di mesotelioma. Motivo III
decessi determinati da tumore polmonare. Motivo II
3.5. La causalità individuale nei casi di tumore polmonare: le cause alternative all'esposizione all'asbesto. Motivo IV e V
4. I decessi provocati da leucemia mieloide acuta
4.1. La struttura della presente motivazione
4.2. La spiegazione causale della leucemia mieloide acuta. Motivo VI
4.3. La prova dell'esposizione del Omissis al benzene. Motivo II.1-II.2.2
4.4. La causalità individuale in rapporto alla morte del Omissis....
5. Le posizioni di garanzia. I ricorsi individuali
5.1. Generalità
5.2. I rilievi concernenti le singole posizioni
6. Il ricorso Z.F.
7. La colpa. Motivo VII dei ricorsi congiunti e ricorso Z.F.
8. Le censure concernenti il capo 3. Motivo VIII dei ricorsi congiunti
9. Le censure alle statuizioni concernenti il trattamento Comune di Mantova e Medicina difensiva. Motivo X dei ricorsi congiunti
10. La legittimazione ad agire delle parti civili Syndial s.p.a., Polimeri Europa s.p.a., Regione Lombardia, Provincia di Mantova, Comune di Mantova e Medicina difensiva. Motivo X dei ricorsi congiunti.
11. La condanna al risarcimento dei danni in favore delle parti civili e la condanna al pagamento delle spese di giudizio. Motivo XI dei ricorsi congiunti e motivo 6 del ricorso individuale Z.F.
12. Il ricorso del P.G
13. Sinossi delle statuizioni
14. Dispositivo

Ritenuto in fatto

1. Le imputazioni
PO.G., C.A., F.G., P.G., Z.F., S.S., P.G., G.PG., M.P., R.R., M.A. e D.G. venivano tratti a giudizio dinanzi al Tribunale di Mantova per rispondere dei delitti di omicidio colposo plurimo aggravato, di lesioni personali colpose e di omessa collocazione di impianti, apparecchi e segnali diretti a prevenire infortuni sul lavoro, aggravato dalla verificazione dell'infortunio, in relazione alla prolungata esposizione professionale dei lavoratori dello stabilimento petrolchimico di Mantova (in proprietà di differenti soggetti giuridici nel corso del periodo considerato dalle contestazioni) a sostanze nocive per l'uomo e alle conseguenze della stessa su taluni degli esposti.
In particolare, le contestazioni mosse agli imputati, alcuni dei quali indicati come amministratori delegati della società proprietaria, altri come direttori dello stabilimento, succedutisi nelle cariche durante l'ampio arco temporale assunto dagli addebiti, sono state distinte in tre capi:
- nel capo 1) sono state descritte le trasgressioni cautelari che, perché determinanti l'esposizione dei lavoratori dello stabilimento a benzene, stirene, acrilonitrile, dicloretano, sono state ritenute causative delle morti dei lavoratori OMISSIS, esitate da patologie a carico del sistema emolinfopoietico (i primi quattro) o del pancreas (i restanti), venendo quindi contestati i delitti di cui agli artt. 81 cpv. e 113 cpv., in relazione all'art. 112 n. 3, 61 n.3, 589 co. 2 e 3 cod. pen., commessi in Mantova dal 1970 al 9.5.1989;
- nel capo 2) sono state descritte le trasgressioni cautelari che, perché determinanti l'esposizione dei lavoratori dello stabilimento a fibre di amianto aerodisperse, sono state ritenute causative delle morti dei lavoratori OMISSIS e delle lesioni personali patite da OMISSIS, nonché delle morti dei lavoratori OMISSIS esitate per i primi otto da mesotelioma pleurico e per gli ultimi tredici da tumore polmonare, venendo quindi contestati i delitti di cui agli artt. 81 cpv. e 113 cpv. in relazione all'art. 112 n. 3, 61 n.3, 589 co. 2 e 3, 590, co. 1, 2, 3, 4 cod. pen., commessi in Mantova dal 1970 al 9.5.1989;
- nel capo 3) sono state descritte le plurime condotte che, concretizzando l'omessa adozione di impianti, apparecchi e cautele destinate a prevenire "le malattie - infortunio professionali" patite dai lavoratori presi in considerazione dai precedenti capi ed altresì l'insorgenza delle patologie negli ulteriori lavoratori indicati in separato elenco (All. D), hanno dato luogo alla contestazione del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110, 112 n. 1 e 3, 437, co. 1 e 2 cod. pen.

[...]

Considerato in diritto

1. Indicazioni preliminari all'esame dei ricorsi
Il particolare contenuto di larga parte dei ricorsi congiunti e di pressoché tutti i ricorsi singoli, ivi compreso quello del P.G., impone di soffermarsi, sia pur brevemente, sui caratteri che necessariamente deve presentare il ricorso di cassazione se vuole sfuggire alla sanzione della inammissibilità. In specie appare opportuno indugiare sul connotato della specificità del motivo, previsto e prescritto dall'art. 581 lett. c) cod. proc. pen., il quale ove assente imPO.G., a norma dell'art. 591 lett. c) cod. proc. pen., l'inammissibilità dello stesso.
In questa sede appare opportuno rammentare che la aspecificità del motivo può risultare per aspetti diversi: perché la censura costituisce mera ripetizione di quella già sottoposta al giudice impugnato, il quale - non essendo la doglianza inammissibile - l'abbia esaminata e quindi abbia ad essa replicato; dovendosi al proposito tener conto che la replica va rintracciata nella complessiva trama motivazionale, non assumendo rilievo la mancata esplicazione della valutazione parcellare di singoli rilievi.
Può, la aspecificità del motivo, esser data dalla mancanza di pertinenza della censura rispetto alla ratio decidendi. Ancora, si coglie l'aspecificità nel motivo quando esso sia privo di riferimenti concreti alla peculiare vicenda oggetto di decisione, e quindi alla scansione argomentativa del provvedimento impugnato.
In tutte queste ipotesi in definitiva l'aspecificità emerge dalla assenza di connessione logica-argomentativa tra la censura e la decisione impugnata.
Una ricognizione della giurisprudenza di legittimità lascia emergere un notevole affinamento della nozione di aspecificità, che andrebbe ripercorsa alla luce della notevole casistica. Ma ciò costituirebbe un fuor d'opera nella presente sede (ove ci si può limitare a rammentare la ricognizione operata da Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 - dep. 22/02/2017, Galtelli, Rv. 268823); nella quale si avverte comunque, a conclusione di queste osservazioni preliminari, la necessità di rappresentare la piena consapevolezza che il diritto di accesso alla tutela giurisdizionale, garantito delfart. 6, p. 1, della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali del 1950 (ratificata dall'Italia con la legge n. 848 del 4.8.1955), impone di abbandonare le limitazioni apposte dalla Corte di cassazione al diritto di accesso al sindacato di legittimità che risultino non proporzionate al fine di garantire la certezza del diritto e la buona amministrazione della giustizia (tra le pronunce della Corte edu si veda, tra le altre, Sez. 1, 24 aprile 2008, K. ed altri c. Lussemburgo). Tanto implica - come scandito dalle Sezioni unite civili di questa Corte (sentenza n. 17931 del 2013, CED Cass. n. 627268) - di dover evitare gli eccessi di formalismo, segnatamente in punto di ammissibilità o ricevibilità dei ricorsi,  consentendo per quanto possibile, la concreta esplicazione di quel diritto di accesso ad un tribunale previsto e garantito dall'art. 6 p. 1 della Convenzione EDU". Ma non preclude agli Stati aderenti "la facoltà di circoscrivere, per evidenti esigenze di opportunità selettiva, a casistiche tassative, in relazione alle ipotesi ritenute astrattamente meritevoli di essere esaminate ai massimi livelli della giurisdizione, le relative facoltà di impugnazione, con la conseguenza che non si ravvisa contrasto allorquando le disposizioni risultino di chiara evidenza senza lasciare adito a dubbi". Quel principio, peraltro, "costituisce, nei diversi casi in cui le norme si prestino a diverse accezioni ed applicazioni, un canone direttivo nella relativa interpretazione, che deve in siffatti ultimi casi propendere per la tesi meno formalistica e restrittiva".
Come ben colto nella pronuncia dalla quale si sono tratte le citazioni appena fatte (Sez. 2, n. 25741 del 20/03/2015 - dep. 18/06/2015, Calistri, Rv. 264132), il requisito della specificità è imposto dall'art. 581 cod. proc. pen. in termini certamente chiari e non equivocabili; specie se si consideri che esso viene connesso all'esplicitazione delle ragioni di diritto e di fatto sulle quali si fonda.
Orbene, nel caso dei ricorsi che ci si appresta ad esaminare, i profili di aspecificità appena rammentati sono particolarmente frequenti. Nell'insieme - e ferma restando l'esistenza di un nucleo di questioni che sono legittimamente (ri)proposte, perché indirizzate alla interpretazione e alla applicazione della legge o perché prospettate in termini consentiti per il ricorso per cassazione - essi si concretano nella mera veicolazione nel grado successivo delle argomentazioni e dei rilievi critici contenuti negli atti di appello e nelle successive esplicazioni e precisazioni degli stessi. Né l'inserzione nel sovente pletorico periodare di strumentali riferimenti al giudizio della Corte di Appello può fare ombra alla struttura portante dei ricorsi, come meglio si evidenzierà nel prosieguo.
Quanto sin qui esposto non ha la funzione di sostenere un complessivo giudizio di inammissibilità dei ricorsi: si è già accennato ad un nucleo di motivi meritevoli di avere accesso al campo dell'esame nel merito. Piuttosto ha lo scopo di rendere espliciti in via generale i criteri ai quali questa Corte si atterrà per selezionare tra le censure, non di rado affastellate, quelle che potranno essere con breve argomentazione dichiarate inammissibili e quelle che richiederanno una più estesa trattazione.

[...]

P.Q.M.

A)
Annulla la sentenza impugnata, nei confronti di:
M.G. in relazione ai reati di omicidio colposo in danno di OMISSIS;
G.PG. in relazione ai reati di omicidio colposo in danno di OMISSIS;
M.P., in relazione ai reati di omicidio colposo in danno di OMISSIS;
M.A., in relazione ai reati di omicidio colposo in danno di OMISSIS;
D.G., in relazione ai reati di omicidio colposo in danno di OMISSIS;
C.A., in relazione ai reati di omicidio colposo in danno di OMISSIS;
F.G., in relazione ai reati di omicidio colposo in danno di OMISSIS;
P.G., in relazione ai reati di omicidio colposo in danno di OMISSIS;
Z.F., in relazione ai reati di omicidio colposo in danno di OMISSIS;
rinvia in relazione a tali imputazioni ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia per nuovo esame.
B)
Annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata nei confronti di tutti gli imputati limitatamente all'omicidio colposo in danno di OMISSIS, perché il reato è estinto per prescrizione; annulla la medesima sentenza, agli effetti civili, in relazione a tale reato, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia.
C)
Annulla agli effetti civili la ridetta sentenza nei confronti di:
M.G., G.PG., C.A. con riferimento all'omicidio colposo in danno di OMISSIS e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia per nuovo esame.
D)
Annulla la sentenza in esame nei confronti dei ricorrenti M.G., G.PG., M.P., D.G., C.A., M.A., F.G. e P.G. in relazione all'omicidio in danno di OMISSIS perché il reato è estinto per prescrizione.
Rigetta i ricorsi agli effetti civili. 
Rigetta agli effetti civili i ricorsi di M.G., G.PG., M.P., D.G. C.A., F.G. e P.G. in ordine al reato di omicidio colposo in danno di OMISSIS.
F)
Rigetta nel resto i ricorsi degli imputati e del responsabile civile.
G)
Rigetta il ricorso del Procuratore Generale della Corte di Appello di Brescia.
Condanna in solido gli imputati sub D) ed il responsabile civile al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili Versalis s.p.a. (già Polimeri Europa s.p.a.), Syndial Attività Diversificate s.p.a., Comune di Mantova, Provincia di Mantova, Inail e Medicina Democratica, liquidate in euro 3.000,00 per ciascuna di esse, oltre ad accessori di legge.
Condanna in solido gli imputati sub E) ed il responsabile civile al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili Versalis s.p.a. (già Polimeri Europa s.p.a.), Syndial Attività Diversificate s.p.a., Comune di Mantova, Provincia di Mantova, Inail e Medicina Democratica, liquidate in euro 3.000,00 per ciascuna di esse, oltre ad accessori di legge.
Condanna in solido gli imputati G.PG., M.P., D.G., C.A. e F.G. ed ed il responsabile civile al risarcimento del danni in relazione all'omicidio colposo in danno di Omissis (F) nei confronti delle parti civili Versalis s.p.a. (già Polimeri Europa s.p.a.), Syndial Attività Diversificate s.p.a., Comune di Mantova, Provincia di Mantova, Inail e Medicina Democratica, liquidate in euro 3.000,00 per ciascuna di esse, oltre ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre 2017.

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Allegato riservato Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 16715 anno 2018.pdf
 
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D.M. 16 maggio 1987 n. 246

ID 6039 | | Visite: 14873 | Prevenzione Incendi

D M  16 maggio 1987 n  246

D.M. 16 maggio 1987 n. 246 

Norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione 

G.U. n. 148 del 27 giugno 1987

Update 27.10.2021

In allegato DM 16 maggio 1987 testo coordinato VVF Ottobre 2020

Update 05 Febbraio 2019

Pubblicato in GU n.30 del 05-02-2019 il Decreto:

D.M. 25 gennaio 2019 | Norme sicurezza antincendi edifici di civile abitazione

Modifiche ed integrazioni all'allegato del decreto 16 maggio 1987, n. 246 concernente norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione

Testo commentato e coordinato(1) con le modifiche e le integrazioni introdotte dal DM 15/9/2005 in ‘grassetto blu’. In corsivo rosso sono riportati vari chiarimenti e commenti dell’autore, tratti anche da documentazione ministeriale. 

Con l'entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di prevenzione incendi di cui al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, gli “edifici civili” (e simili) sono ricompresi al punto 77 dell’allegato I al decreto, con una diversa formulazione rispetto a quanto previsto dal vecchio elenco del D.M. 16/2/1982, ove l'assoggettabilità era legata al parametro di “altezza in gronda”.
Il parametro adottato per determinare l'assoggettabilità degli edifici civili è ora quello della “altezza antincendio”, in linea con la relativa regola tecnica di prevenzione incendi di cui al D.M. 16 maggio 1987 n. 246.
Inoltre con la nuova formulazione l’assoggettabilità è stata estesa agli edifici destinati ad uso civile (non solo civile abitazione). I riferimenti, ove presenti nel testo, al vecchio regolamento (D.P.R. n. 37/98 e D.M. 16 febbraio 1982), devono intendersi aggiornati secondo l’equiparazione con il nuovo regolamento.


Le presenti norme hanno per oggetto i criteri di sicurezza antincendi da applicare agli edifici destinati a civile abitazione, con altezza antincendi uguale o superiore a 12 m. 

Prima dell’entrata in vigore del DPR n. 151/2011, ai fini dell'assoggettabilità ai controlli di prevenzione incendi di cui al punto 94 del DM 16/2/1982, si doveva fare riferimento all'altezza in gronda (“l'altezza massima misurata dal piano esterno accessibile ai mezzi di soccorso dei vigili del fuoco all'intradosso del soffitto del più elevato locale abitabile”) come definita al punto 2.b), penultimo comma, della circolare n. 25 del 2/6/1982, e non all’altezza antincendi (Lettera circolare prot. n. 6140/4122 del 28/3/1987). 

 D.M. 16 maggio 1987 n. 246 
...
1.1 "Altezza ai fini antincendi degli edifici civili": Altezza massima misurata dal livello inferiore dell'apertura più alta dell'ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano esterno più basso.

Ing. M. Malizia - VVF

D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151

N. 

ATTIVITÀ 

CATEGORIA 

77 

Edifici destinati ad uso civile(2) 
con altezza antincendio(3) superiore a 24 m

A              

C

fino a 32m

oltre 32 m 
e fino a 54 m

oltre 54 m 

(1) Il testo non ha carattere di ufficialità. I testi ufficiali sono pubblicati nelle Gazzette Ufficiali della R.I. 

(2) Non rientrano nel punto n. 73 del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 (Edifici e/o complessi edilizi a uso terziario e/o industriale caratterizzati da promiscuità strutturale e/o dei sistemi delle vie di esodo e/o impiantistica con presenza di persone > 300 unità, ovvero di superficie complessiva > 5.000 m2, indipendentemente dal numero di attività costituenti e dalla relativa diversa titolarità) le aree destinate a civile abitazione le quali, anche se parzialmente presenti nell'edificio o complesso di edifici, non concorrono nel computo dei parametri fissati per determinare l'assoggettamento o meno agli obblighi del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151

(3) Con l'entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di prevenzione incendi di cui al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, gli edifici di civile abitazione sono ricompresi al punto 77 dell’allegato I al decreto: Edifici destinati ad uso civile con altezza antincendio superiore a 24 m, che, a differenza di quanto previsto dal vecchio elenco del D.M. 16/2/1982, comprende gli edifici destinati ad uso civile (non solo civile abitazione), avendo come parametro l’altezza antincendio e non l’altezza in gronda.

_________

Decreto 16 maggio 1987 n. 246 | Consolidato 2019

Cover 246 1987 small

Decreto 16 maggio 1987 n. 246 | Consolidato 2019

Ed. 1.0 Febbraio 2019

Riservato Abbonati: Sicurezza, 2X, 3X, 4X, Full, il Testo Consolidato 2019 del DM 246/1987 pdf in Allegato.

 D.M. 16 maggio 1987 n. 246  Norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione (G.U. n. 148 del 27 giugno 1987)

Testo consolidato 2019 tiene conto della modifica di cui al:

D.M. 25 gennaio 2019 | Norme sicurezza antincendi edifici di civile abitazione - Modifiche ed integrazioni all'allegato del decreto 16 maggio 1987, n. 246 concernente norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione (GU n. 30 del 05-02-2019).

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Collegati:

D.D. 19.04.2018 Proroga Organismi abilitati alle verifiche DPR 462/01

ID 6033 | | Visite: 3979 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto 28 02 2018

D.D. 19.04.2018 Proroga Organismi abilitati alle verifiche DPR 462/01

Il decreto direttoriale del 19 Aprile 2018 abilita 13 organismi di ispezione ad operare in regime di proroga dal 19 aprile al 31 dicembre 2018.

Art. 1

1. Gli Organismi di ispezione indicati nell’elenco allegato, come parte integrante del presente decreto, sono abilitati ad operare in regime di proroga, dalla data del presente decreto alla data del 31 dicembre 2018.

Art. 2

1. Qualora venisse accertato, anche a seguito di visita di controllo, il mancato possesso o venir meno dei requisiti di imparzialità, di indipendenza e di integrità, si procede, previa contestazione degli addebiti, alla revoca della proroga secondo quanto stabilito dalla Direttiva 11 marzo 2002.

2. In caso di accertata violazione degli altri criteri generali per il funzionamento previsti dalla citata norma tecnica UNI CEI EN ISO-IEC 17020:2012 si procede, previa contestazione degli addebiti, alla sospensione della proroga per un periodo massimo di trenta giorni. In caso di recidiva si procede alla revoca della proroga, secondo quanto stabilito dalla Direttiva 11 marzo 2002.

3. Qualsiasi variazione nello stato di diritto dell’Organismo di Ispezione, rilevante ai fini del presente decreto, è soggetta a tempestiva comunicazione da inoltrare al Ministero dello sviluppo economico – Direzione Generale per il Mercato, la Concorrenza, il Consumatore, la Vigilanza e la Normativa Tecnica - Divisione XIII – Normativa tecnica.

4. Qualsiasi variazione dello stato di fatto dell’Organismo di Ispezione, rilevante ai fini del presente decreto, è soggetta a tempestiva comunicazione da inoltrare ad Accredia.

...

Fonte: MISE

Normativa di riferimento:

Cassazione Civile Sent. Sez. L n. 9240 | 13 Aprile 2018

ID 6003 | | Visite: 2695 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione civile

Infortunio mortale a seguito di caduta dal tetto nella rimozione di amianto

Cassazione Civile, Sez. Lav., 13 aprile 2018, n. 9240 

Presidente: D'ANTONIO ENRICA
Relatore: BOGHETICH ELENA
Data pubblicazione: 13/04/2018

Ritenuto

che con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Venezia, con sentenza depositata il 4.6.2012, ha confermato la statuizione di primo grado la quale aveva accolto l'azione di regresso proposta dall'Inail, ex artt. 10 e 11 del T.U. n. 1124 del 1965, nei confronti di G.S. con riguardo all'infortunio mortale occorso al dipendente R.G., rinvenendo un pari concorso di responsabilità tra datore di lavoro e lavoratore;
che avverso detta sentenza il G.S. propone ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria (nonché procura a nuovo difensore, a seguito di decesso del legale originariamente delegato), e l'Inail oppone difese depositando controricorso;

Considerato

che con entrambi i motivi il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 1124 del 1965, dell'art. 2697 cod.civ., degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. nonché vizio di motivazione (in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, ritenuto "generiche e contrastanti" le risultanze probatorie testimoniali raccolte (nonostante la loro conferma anche in sede penale, con assoluzione dal reato di cui all'art. 589 cod.pen.), avendo sminuito la deposizione resa dal teste M.R. e, in genere, le dichiarazioni rese dai testimoni citati dal G.S. stesso, e cadendo nella contraddizione di riconoscere, da una parte, estranea all'obbligazione lavorativa la condotta che aveva determinato l'infortunio e irrazionale il comportamento tenuto dal lavoratore ma, dall'altra, riconoscendo, a carico del datore di lavoro, una percentuale di responsabilità nella causazione dell'evento pari al 50%;
[...]
che in ordine alla lamentata incongruità della motivazione della sentenza impugnata, è stato più volte ribadito che la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle fra esse ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati in via esclusiva al giudice di merito, il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva (cfr. Cass. SS.UU. n. 24148/2013, Cass. n. 8008/2014);
che la sentenza si presenta comunque immune da vizi logico-formali, essendosi dato ampiamente ed esaustivamente conto sia della minor attendibilità delle deposizioni rese dai testimoni legati da vincoli familiari sia della deposizione de relato resa dal teste M.R. (sulla irrilevanza delle deposizioni "de relato actoris" e, in genere, sull'attenuata rilevanza di quelle "de relato" in genere, cfr. da ultimo Cass. n. 569 del 2015) sia, infine, della correttezza della ricostruzione (effettuata in primo grado e confermata dalla Corte distrettuale) dell'Infortunio quale esecuzione di un incarico affidato dal datore di lavoro (piuttosto che effettuata per motivi personali dell'infortunato) in considerazione dell'improbabile interesse personale del dipendente infortunato al materiale (di amianto) da rimuovere sul tetto del capannone dal quale è precipitato, dei frequenti rapporti di lavoro che intercorrevano tra il datore di lavoro e la ditta proprietaria del capannone, della circostanza che entrambi (datore di lavoro e dipendente) erano sul tetto del capannone, dell'interessamento al materiale di amianto dichiarato dal datore di lavoro in sede di indagini ispettive (ultime due pagine della sentenza impugnata);
che in conclusione i motivi di ricorso vanno respinti e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall'art. 91 cod.proc.civ.;



P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Così deciso nell'Adunanza camerale del 30 gennaio 2018.

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Allegato riservato Cassazione Civile Sez. L Sentenza 9240 anno 2018.pdf
 
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Depositi GPL: Quadro normativo Prevenzione Incendi

ID 5985 | | Visite: 102809 | Prevenzione Incendi

Depositi GPL prevenzione incendi

Depositi di GPL: RTV e chiarimenti (cap < 13 m3) e (cap > 13 m3)

ID 5985 | 05.11.2019

RTV Prevenzione Incendi depositi GPL: Testo commentato e coordinato VVF con le le modifiche apportate da:

D.M. 14 Maggio 2004
D.M. 4 marzo 2014
-
 D.M 13 ottobre 1994 (1)
Circolare n. 74 del 20 settembre 1956 (Depositi bombole GPL)

D.M. 14 Maggio 2004
Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per l'installazione e l'esercizio dei depositi di gas di petrolio liquefatto con capacità complessiva non superiore a 13 m3
(GU n. 120 del 24 maggio 2004)

D.M 4 marzo 2014
Modifiche ed integrazioni all’allegato al decreto 14 maggio 2004, recante approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per l’installazione e l’esercizio dei depositi di gas di petrolio liquefatto con capacità complessiva non superiore a 13 m3.
(GU n. 62 del 15 marzo 2014)

D.M 13 ottobre 1994 (1)
Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione, l'installazione e l'esercizio dei depositi di G.P.L. in serbatoi fissi di capacità complessiva superiore a 5 mc e/o in recipienti mobili di capacità complessiva superiore a 5.000 kg.
(GU n. 265 del 12 novembre 1994 - S.O. n. 142)

Circolare n. 74 del 20 settembre 1956
Decreto del Presidente della Repubblica 28 giugno 1955, n. 620 Decentramento competenze al rilascio di concessioni per depositi di olii minerali e gas di petrolio liquefatti - Norme di sicurezza. (G.U. 5 agosto 1955, n. 179)

(1) Il presente D.M. 13 ottobre 1994 è stato abrogato (con art. 6 del D.M. 14 maggio 2004) per le parti inerenti i depositi di G.P.L. in serbatoi fissi di capacità complessiva fino a 13 m3 non adibiti ad uso commerciale. Per questi si applica il D.M. 14 maggio 2004 “Regola tecnica di prevenzione incendi per l'installazione e l'esercizio dei depositi di GPL con capacità non superiore a 13 mc”.
________

Con l'entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di prevenzione incendi di cui al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, i “depositi di GPL” sono ricompresi al punto 4B dell’allegato I al decreto, come di seguito riportato.

L'’installazione dei serbatoi GPL con capienza inferiore ai 13 mc può essere effettuata come "attività libera" ai sensi dell’art. 6 del DPR 380/2001 e quindi non sono necessari autorizzazioni amministrative. Sono invece applicabili precise disposizioni antincendio dettate dal D.M. 14 Maggio 2004 modificato dal D.M. 4 marzo 2014 e numerosi chiarimenti.

I serbatoi GPL sono installazioni particolarmente pericolose in quanto il gas è portato a pressioni elevate tra 2 e 8 bar tali da mantenerlo allo stato liquido.

Depositi di gas infiammabili in serbatoi fissi

Attività N 4 del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 depositi di gas infiammabili in serbatoi fissi:

a) gas compressi
b) gas disciolti o liquefatti

N. ATTIVITÀ 

CATEGORIA 




4

Depositi di gas infiammabili in serbatoi fissi: 

B

a) compressi per capacità geometrica complessiva superiore o uguale a 0,75 m3 

 

fino a 2 m3

oltre i 2 m3

b) disciolti o liquefatti per capacità geometrica complessiva superiore o uguale a 0,3 m

Depositi di GPL fino a 5 m3

 

Depositi di gas diversi dal GPL fino a 5 m3 

Depositi di GPL da 5 m3 fino a 13 m3 

Depositi di gas diversi dal GPL oltre i 5 m

Depositi di GPL oltre i 13 m3 

1. Per i depositi GPL che rientrano nella categoria, a basso rischio di incendio, non è necessario chiedere il parere preventivo dei vigili del fuoco prima di realizzare i lavori, ma è sufficiente presentare la SCIA per iniziare l'attività.
2. Per i depositi GPL che rientrano nella categoria B, attività a medio rischio di incendio, oltre alla SCIA è necessario chiedere il parere di conformità al Comando presentando il progetto.
3. Per i depositi GPL che rientrano nella categoria C, con oltre 13 m3 di capacità, attività ad elevato rischio di incendio, oltre alla SCIA deve essere rilasciato il certificato prevenzione incendi (CPI), con sopralluogo VVF entro 60 giorni e ad esito positivo rilascio CPI.

Quesiti e Chiarimenti allegati VVF
 relativi a depositi di G.P.L., distanza da confini, distanze di sicurezza, distanza da autorimessa, recinzione, delimitazione della proprietà, idonea protezione del serbatoio interrato di GPL, alberi ad alto fusto o a radici profonde, installazione in cortili, sosta dell'autocisterna, installazione su terreno in pendenza, semplificazione delle procedure, intestazione del Certificato di prevenzione incendi, alimentazione di "multiutenze", ecc.

Distanze

Particolare attenzione è posta alle distanze del serbatoio GPL, come schematizzato:
Distanze depositi serbatoi GPL

Distanze da mantenere da un serbatoio GPL a raso. 

Legenda: 
1 = serbatoio;
2 = confine di proprietà;
3 = linea ferroviaria tramvia;
4 = autobotte;
5 = palazzo uffici;
6 = apertura di fogna o cunicolo chiuso;
7 = intercapedine;
8 = fabbricato industriale;
9 = deposito infiammabile;
10 = luogo di culto;
11 = elettrodotto;
12 = fabbricato con locali anche in parte destinati a esercizio pubblico;
13 = cinema;
14 = albergo;
15 = scuola;
16 = recinzione protettiva

Depositi di bombole GPL

Circolare n. 74 del 20 settembre 1956
D.P.R. 28 giugno 1955, n. 620 - Decentramento competenze al rilascio di concessioni per depositi di oli minerali e gas di petrolio liquefatti - Norme di sicurezza.

Con l'entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di prevenzione incendi di cui al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 i depositi e rivendite in “bombole di GPL” sono ricompresi al punto 3b dell’allegato I al decreto, come di seguito riportato.

Depositi bombole GPL

Attività N 3 del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 depositi di gas infiammabili in serbatoi fissi:

Impianti di riempimento, depositi, rivendite di gas infiammabili in recipienti mobili:

a) compressi con capacità geometrica complessiva superiore o uguale a 0,75 m3
b) disciolti o liquefatti per quantitativi in massa complessivi superiori o uguali a 75 kg

N. ATTIVITÀ 

CATEGORIA 




3

Impianti di riempimento, depositi, rivendite di gas infiammabili in recipienti mobili:

B

a) compressi con capacità geometrica complessiva superiore o uguale a 0,75 m3 

 

rivendite, depositi fino a 10 m3

Impianti di riempimento, depositi oltre 10 m3

b) disciolti o liquefatti per quantitativi in massa complessivi superiori o uguali a 75 kg

Depositi di GPL fino a 300 kg

rivendite, depositi di GPL oltre 300 kg e fino a 1.000 kg, depositi di gas infiammabili diversi dal GPL fino a 1.000 kg

Impianti di riempimento, depositi oltre 1.000 kg


Circolare n. 74 del 20 settembre 1956

Il D.M 13 ottobre 1994 ha abrogato le parti prima e quarta dell'allegato 1 alla Circolare n. 74 del 20 settembre 1956 per quello che attiene ai depositi con serbatoio fisso.

Quesiti e Chiarimenti

- Circolare prot. n. 13818 del 21-11-2014 Depositi di GPL fino a 13 m3. Indicazioni applicative del DM 4 marzo 2014 di modifica del DM 14 maggio 2004. 

- Nota DCPREV prot. n. 7995 del 06-06-2013 Attività di rivendita in bombole di G.P.L. presso impianti stradali di distribuzione carburanti - Riscontro.

- Lettera Circolare prot. n. 8660 del 27-06-2012 Attuazione del DPR 1° agosto 2011, n° 151. Depositi di GPL in serbatoi fissi di capacità complessiva non superiore a 5 metri cubi ed attività inerenti il settore del GPL - Indirizzi applicativi e chiarimenti. 

- Nota DCPREV prot. n. 10029 del 22-07-2011 Deposito di gas GPL …, Richiesta di chiarimenti. 

- Nota DCPREV prot. n. 2177 del 17-02-2011. D.M. 13.10.1994. Deposito di GPL. Determinazione della capacità. 

- Nota DCPREV prot. n. 18066 del 17-12-2010. Quesito di prevenzione incendi - D.M. 14 maggio 2004 … Sistemi di protezione dei serbatoi interrati. 

- Circolare prot. n. 15049 del 26-10-2010 Applicazione art. 10, comma 4 del D.Lvo 11 febbraio 1998, n° 32. 

- Nota DCPREV prot. n. 12026 del 05-08-2010. Rimozione di depositi di GPL in serbatoi fissi interrati da parte di ditte terze. - Considerazioni sulla bonifica dei serbatoi rimossi. 

- Nota DCPREV prot. n. 7589 del 06-05-2010. Rimozione di depositi di g.p.l. in serbatoi fissi interrati da parte di ditte terze

- Lettera-Circolare prot. n. P1214/4106 sott. 40/A del 26-09-2008. D.M. 14 maggio 2004 …- Chiarimenti in ordine all'intestazione del certificato di pre-venzione incendi nei casi di alimentazione di "multiutenze".

- Nota prot. n. P685/4106 sott. 40/DI del 11-08-2008. D.M. 14 maggio 2004 e D.P.R. 12 aprile 2006, n. 214 - Serbatoi di gas di petrolio liquefatto (GPL) destinati a multiutenze. Intestazione del certificato di prevenzione in-cendi (C.P.I.). Quesito. 

- Nota prot. n. P1230/4115/3 sott. 1 del 30-01-2008. Prevenzione incendi. ... Rimozione estintori in luoghi non presidiati. 

- Nota prot. n. P235/4106 sott. 40/DI del 23-04-2007. Deposito di gas G.P.L. ad uso civile, in serbatoio fisso interrato da 2,750 mc con rive-stimento epossidico e protezione catodica. 

- Nota prot. n. P480/4106 sott. 40/DI del 06-09-2006. D.M. 14 maggio 2004 Quesito - Installazione di serbatoi di g.p.l. in corrispondenza di terrazzamenti. 

- Lettera circolare prot. n. P572/4106 sott. 55/B del 17-05-2006. Attuazione degli articoli 8 e 13 del D.Lgs n. 128/2006. Chiarimenti sugli aspetti procedurali di prevenzione incendi 

- Nota prot. n. P769-967/4106 sott. 40/DI del 04-08-2005. … Chiarimenti al punto 10, comma 2, dell'Allegato al D.M. 14 maggio 2004: idonea protezione del serbatoio interrato di GPL per la presenza di alberi ad alto fusto. 

- Nota prot. n. P570/4106 sott. 40/DI del 09-06-2005. Quesito in merito all'interpretazione dell'art. 7 comma 1 lett. b) del D.M. 14 maggio 2004 - Depositi g.p.l. 

- Lettera-Circolare prot. n. P1363/4106 sott. 40/A del 24-08-2004. D.M. 14 maggio 2004 …- Chiarimenti al punto 9 “Recinzione” dell’allegato. 

- Nota prot. n. P552/4106 sott. 55 del 14-05-2003. Depositi di g.p.l. in serbatoi fissi di capacità complessiva > 5 mc e/o recipienti mobili di capacità complessiva > 5000 Kg. - D.M. 13 ottobre 1994. 

- Nota prot. n. P502/4106 sott. 55/A del 06-05-2003 D.M. 13 ottobre 1994 – Serbatoio di G.P.L. da 25 mc con scambiatore termico incorporato. 

- Nota prot. n. P981/4106 sott. 40/DI del 05-04-2002. D.M. 31 marzo 1984 - Serbatoio di G.P.L. interrato, ubicato su terrazza prospiciente un fossato aperto per la raccolta di acque meteoriche - Quesito.-

- Nota prot. n. P904/4106 sott. 40/DI del 10-10-2000. DM 31 marzo 1984, distanza da confini.

- Nota prot. n. P429/4106 sott. 40/B del 2-06-2000. Quesito. - Attività 4/b D.M. 16 febbraio 1982. - Sosta dell'autocisterna. 

- Nota prot. n. P1182/4106 sott. 40/DI del 30-09-1999. D.M. 31 marzo 1984 - Richiesta di chiarimenti al punto 2.2 (installazione in cortili) e al punto 2.3 (installazione su terreno in pendenza).

- Nota prot. n. P374/4106 sott. 40/DI del 19-03-1999. Installazione di un serbatoio di G.P.L. di capacità inferiore a 5 m3 in area golenale … - Quesito. 

- Nota prot. n. P11/4106 sott. 40/DI del 01-02-1999. D.M. 31 marzo 1984 - Depositi di GPL di capacità inferiore a 5 m3 intestati a ditte distinte - Richiesta chiarimenti. 

- Nota prot. n. P1178/4106 sott. 40/D del 18-06-1997… Alberi a radici profonde. 
....
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Circolare INAIL n. 90 del 29 dicembre 2004

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Circolare INAIL n. 90 del 29 dicembre 2004

Nuova disciplina in materia di benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto.

Organo: INAIL - DIREZIONE GENERALE - DIREZIONE CENTRALE PRESTAZIONI
Documento: Circolare n. 90 del 29 dicembre 2004.
Oggetto:Nuova disciplina in materia di benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto.

Quadro Normativo

Legge 27 marzo 1992, n. 257, articolo 13, comma 8, come modificato dalla legge 4 agosto 1993, n. 271
Decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modifiche dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, articolo 47
Legge 24 dicembre 2003, n. 350, articolo 3, comma 132
Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 27 ottobre 2004, di attuazione dell'art. 47 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modifiche dalla legge 24 novembre 2003, n. 326
Nella Gazzetta Ufficiale n. 295 del 17 dicembre 2004 è stato pubblicato il Decreto interministeriale del 27 ottobre 2004, il quale, nel dettare le modalità di attuazione dell'art. 47 della legge n. 326/2003, opera anche un sistematico coordinamento tra lo stesso art. 47 e l'art. 3, comma 132, della legge n. 350/2003 e rappresenta, quindi, il nuovo quadro di riferimento normativo in materia di benefici previdenziali per lavoratori esposti all'amianto.

In particolare, il Decreto:

prevede due diversi regimi - sia sostanziali che procedurali - a seconda che il periodo lavorativo di esposizione all'amianto fosse soggetto o non soggetto all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali gestita dall'INAIL;
stabilisce, per tutti indistintamente i lavoratori, il 2 ottobre 2003 come data ultima di esposizione all'amianto utile per la maturazione del diritto ai benefici previdenziali;
fissa, per tutti indistintamente i lavoratori, il 15 giugno 20051 come data ultima per la presentazione all'INAIL della domanda di rilascio del certificato di esposizione all'amianto2 , pena la decadenza dal diritto ai benefici previdenziali.

1. Lavoratori che sono stati esposti all'amianto per periodi lavorativi soggetti all'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL

Sulla base dell'art. 1, comma 2, del Decreto interministeriale, ai lavoratori che:

sono stati esposti all'amianto per periodi lavorativi soggetti all'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL;
hanno già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art. 13, comma 8, della legge n. 257/1992, e successive modificazioni;
presentino la domanda di certificazione all'INAIL, se non vi hanno già provveduto, entro il termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso e cioè entro il 15 giugno 2005;
si applica la disciplina previgente al 2 ottobre 2003.


Da ciò discende che la maturazione del diritto ai benefici previsti dal previgente regime avviene esclusivamente con l'accertata esposizione ultradecennale all'amianto verificatasi entro il 2 ottobre 2003, a prescindere dal momento di presentazione della domanda all'INAIL - che può anche essere successivo al 2 ottobre 2003 purchè, ovviamente, non successivo al 15 giugno 2005 - e, a maggior ragione, a prescindere dalla data di rilascio del certificato di esposizione.

Pertanto, i lavoratori che hanno presentato, o presenteranno entro il 15 giugno 2005, domanda di certificazione all'INAIL - e ai quali l'INAIL ha certificato o certificherà l'esposizione ultradecennale all'amianto verificatasi entro il 2 ottobre 2003 per periodi lavorativi soggetti all'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL stesso - continueranno a fruire del coefficiente moltiplicativo di 1,5 del periodo di esposizione, ai fini sia della determinazione delle prestazioni pensionistiche sia della maturazione del diritto di accesso alle medesime.

1.1. Presentazione della domanda.

Ai sensi dell'art. 3, comma 9, del Decreto interministeriale, questi lavoratori sono tenuti a presentare la domanda all'INAIL entro il 15 giugno 2005 soltanto se, alla data di emanazione del Decreto stesso, non vi avevano già provveduto.

Le domande devono essere predisposte secondo lo schema di cui all'allegato n. 1 del Decreto; si ritiene, però, che l'eventuale discordanza dallo schema non possa considerarsi elemento sufficiente per respingere la domanda. Le Sedi, quindi, in caso di domande carenti delle necessarie informazioni, provvederanno a richiederne l'integrazione al lavoratore e, una volta acquisite le notizie mancanti, procederanno ad istruire la pratica.

1.2. Procedure di accertamento e di certificazione dell'esposizione all'amianto.

L'art. 3, comma 9, del Decreto interministeriale stabilisce che per i lavoratori di cui si tratta "continuano a trovare applicazione le procedure di riconoscimento dell'esposizione all'amianto seguite in attuazione della previgente disciplina".

Pertanto, allorché dalla storia lavorativa presente nella domanda avanzata dal lavoratore risulti che tutti i periodi lavorativi con asserita esposizione all'amianto erano soggetti all'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL, la pratica dovrà essere istruita seguendo le istruzioni in vigore. Al riguardo, si ricorda che la raccolta delle principali disposizioni emanate in materia è stata consegnata agli esperti regionali in occasione del corso tenutosi a Roma il 22 ottobre 2003.

Si richiamano in particolare:

il flusso procedurale definito con le lettere del 23 novembre 1995 e del 2 aprile 1996, riguardanti i lavoratori dipendenti sia da aziende che non hanno pagato il premio supplementare sia da aziende che lo hanno pagato.
Per quanto riguarda questi ultimi, ribadito che l'INAIL può rilasciare attestati di avvenuto pagamento del premio supplementare asbestosi solo se il lavoratore richiedente ha preliminarmente presentato in Sede la dichiarazione dell'azienda sull'avvenuto pagamento, proprio per quel lavoratore, del premio supplementare, si sottolinea l'esigenza di acquisire il parere CON.T.A.R.P. in ogni situazione di incertezza ovvero di rilevate inesattezze o incongruenze nella dichiarazione aziendale;
la procedura speciale definita con la lettera del 16 aprile 1997, e con la nota del Ministero del lavoro del 4 aprile dello stesso anno, per i lavoratori ex dipendenti di imprese cessate o fallite e irreperibili. Va confermato, a tale riguardo, il ruolo prioritario che in questa particolare procedura fu a suo tempo affidato alle Direzioni regionali e provinciali del lavoro dallo stesso Ministero, ruolo che oggi viene ulteriormente rafforzato dall'art. 3, comma 5, del Decreto interministeriale che - relativamente ai soggetti non assicurati INAIL - affida esclusivamente alle Direzioni provinciali del lavoro, previe apposite indagini, il rilascio del curriculum lavorativo del richiedente;
la necessità di attenersi scrupolosamente agli Atti di indirizzo ministeriale, senza possibilità di interpretazioni estensive o analogiche.
Si fa presente infine che i certificati di riconoscimento dell'esposizione all'amianto per la tipologia di lavoratori trattata in questo paragrafo conterranno sia il riferimento legislativo al precedente regime (e cioè all'art. 13, comma 8, della legge n. 257/1992 e successive modifiche ed integrazioni) sia l'esplicita indicazione che si tratta di periodi lavorativi soggetti all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gestita dall'INAIL.

Ciò allo scopo di consentire ai competenti Enti Previdenziali ogni decisione sulla ricorrenza del presupposto di legge (e cioè, ripetesi, esposizione ultradecennale all'amianto verificatasi entro il 2 ottobre 2003 in attività lavorativa soggetta all'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL) previsto per l'applicazione a questi lavoratori della disciplina dei benefici previdenziali previgente al 2 ottobre 2003.

2. Lavoratori che sono stati esposti all'amianto per periodi lavorativi non soggetti all'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL

Sulla base del combinato disposto degli articoli 1, comma 1, e 2, commi 1 e 2, del Decreto interministeriale, la nuova disciplina si applica ai lavoratori che, alla data del 2 ottobre 2003:

sono stati esposti all'amianto in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno, e comunque sulla durata oraria giornaliera prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro;
svolgendo una o più attività lavorative comportanti l'esposizione all'amianto che vengono specificamente elencate nel Decreto;
per periodi lavorativi non inferiori a dieci anni e non soggetti all'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL.
I benefici previdenziali riconosciuti a questi lavoratori consistono nell'applicazione del coefficiente moltiplicativo di 1,25 del periodo lavorativo non inferiore a dieci anni con esposizione all'amianto, ai fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche e non già della maturazione del diritto di accesso alle medesime.

Rientrano nell'ambito di applicazione delle nuove disposizioni i lavoratori che hanno svolto attività lavorativa che:

non era, e tuttora non è, soggetta all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali ai sensi del D.P.R. n. 1124/1965, come i vigili del fuoco, il personale di volo della navigazione aerea, ecc.
è stata in passato, ed è tuttora, soggetta all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali ai sensi del D.P.R. n. 1124/1965 ma presso un Ente assicuratore diverso dall'INAIL, e cioè i marittimi e i dipendenti, civili e militari, dello Stato.
Allorché dalla storia lavorativa presente nella domanda avanzata dal lavoratore risulti che tutti i periodi lavorativi con asserita esposizione all'amianto non erano soggetti all'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL, la pratica dovrà essere istruita sulla base delle seguenti istruzioni.

Separata trattazione è effettuata per i lavoratori che, come i ferrovieri ed i postali, hanno svolto attività lavorativa "mista", e cioè in parte soggetta, ed in parte non soggetta, all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gestita dall'INAIL; per questi lavoratori si fa rinvio al successivo punto 3.

2.1. Presentazione della domanda.

Ai sensi dell'art. 3, comma 2, del Decreto interministeriale, i lavoratori di cui si tratta devono presentare la domanda di certificazione dell'esposizione all'amianto all'INAIL entro il 15 giugno 2005, a pena di decadenza dal diritto ai benefici3 .

Si richiama l'attenzione, tuttavia, sul fatto che, diversamente dai lavoratori di cui al precedente punto 1., per questi lavoratori sussiste l'obbligo di ripresentare le domande eventualmente già inoltrate prima del 2 ottobre 2003. Pertanto, le richieste presentate fino a tale data non sono valide e non devono essere istruite.
Le domande, inoltre, devono essere predisposte secondo lo schema di cui all'allegato n. 1 del Decreto; si ritiene, però, che l'eventuale discordanza dallo schema non possa considerarsi elemento sufficiente per respingere la domanda. Le Sedi, quindi, in caso di domande carenti delle necessarie informazioni, provvederanno a richiederne l'integrazione al lavoratore e, una volta acquisite le notizie mancanti, procederanno ad istruire la pratica.

2.2. Presentazione del curriculum lavorativo.

Si è già detto, al precedente punto 2, che i lavoratori di cui si tratta, per fruire dei benefici previdenziali, devono - tra le altre condizioni - aver svolto una o più attività lavorative comportanti esposizione all'amianto elencate nell'art. 2, comma 2, del Decreto.

L'attestazione della ricorrenza di questo presupposto è di competenza del datore di lavoro.

Infatti, l'art. 3, comma 3, del Decreto stabilisce che il curriculum lavorativo rilasciato dal datore di lavoro dovrà contenere non solo l'indicazione delle mansioni, reparti e periodi lavorativi del lavoratore richiedente, ma anche l'espressa dichiarazione che il lavoratore è stato adibito, in modo diretto ed abituale, a una o più attività lavorative comportanti l'esposizione all'amianto di cui al predetto art. 2, comma 2.

La presentazione da parte del lavoratore del curriculum, da redigere secondo lo schema di cui all'allegato 2 del Decreto, costituisce la condizione al verificarsi della quale è subordinato l'avvio del procedimento di accertamento e certificazione dell'esposizione da parte dell'INAIL.

Pertanto, la non conformità del curriculum allo schema di cui all'allegato 2 del Decreto comporta la reiezione della domanda senza ulteriore istruttoria. Resta inteso, peraltro, che devono considerasi validi curricula lavorativi contenenti tutte le informazioni previste nello "schema" allegato al Decreto, pure se redatti su modelli formalmente non conformi.

Si richiama l'attenzione sul comma 4 dell'art. 3, che demanda alle Direzioni provinciali del lavoro l'esclusiva competenza in materia di controversie relative al rilascio e al contenuto dei curricula, senza alcun coinvolgimento dell'INAIL.

Si osserva, inoltre, che la normativa non prevede un termine ultimo per la presentazione dei curricula. Nondimeno, è da definire una linea di condotta per le domande che, dopo un ragionevole periodo di tempo, continueranno a restare prive del successivo curriculum. Si fa riserva, al riguardo, di fornire istruzioni allorché si avranno le informazioni necessarie per valutare le dimensioni del fenomeno. Nel frattempo, resta inteso che le domande prive di curricula non dovranno in alcun modo essere istruite.

2.3. Procedura di accertamento e certificazione dell'esposizione all'amianto.

Una volta pervenuto il curriculum lavorativo conforme alle disposizioni, prende avvio la procedura di accertamento tecnico della esposizione all'amianto che è stabilita dagli articoli 2, comma 1, e 3 del Decreto interministeriale.

Si richiama, in particolare, l'attenzione sui seguenti aspetti:

l'adibizione, in modo diretto ed abituale, ad una delle attività elencate dall'art. 2, comma 2, del Decreto interministeriale costituisce condizione necessaria ma non sufficiente per il riconoscimento dell'esposizione. Tale condizione, come già detto, deve essere attestata dal datore di lavoro nel curriculum, ma può essere oggetto di verifica da parte delle CONTARP nel corso degli accertamenti tecnici;
per fruire dei benefici previsti dalla nuova disciplina è altresì necessario essere stati esposti, per un periodo non inferiore a dieci anni, ad una concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno e, comunque, sulla durata oraria giornaliera prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro;
la durata e l'intensità dell'esposizione sono accertate dalle CONTARP regionali, che, ai sensi dell'art. 3, comma 7, potranno formulare giudizi fondati su ragionevole verosimiglianza, utilizzando non solo le indagini mirate di igiene industriale - laddove esistenti - ma anche i dati della letteratura scientifica, le informazioni ricavabili da situazioni lavorative con caratteristiche analoghe e ogni altra documentazione e conoscenza utile;
ai sensi dell'art. 3, comma 6, il datore di lavoro è tenuto a fornire all'INAIL tutti i documenti e le notizie ritenute utili dall'Istituto stesso. Viene così resa più cogente la partecipazione dei datori di lavoro alla ricostruzione degli elementi di valutazione dell'esposizione;
ai sensi dell'art. 3, comma 5, nel caso di aziende cessate o fallite con datore di lavoro irreperibile, l'incarico di effettuare le indagini e di rilasciare i curricula lavorativi è affidato esclusivamente alle Direzioni provinciali del lavoro. I curricula devono essere comunque conformi allo schema allegato n. 2 al Decreto.
Circa le concrete modalità di effettuazione degli accertamenti tecnici e di elaborazione dei pareri, si ritiene, al momento, di dover confermare le procedure già positivamente seguite in passato per i lavoratori assicurati INAIL.

In particolare, le CONTARP regionali restano titolari dei pareri riguardanti gli ambienti di lavori rientranti nella loro sfera di competenza territoriale, con l'avvertenza che:

per i lavoratori marittimi, la competenza viene individuata con riferimento al territorio ove è situata la sede dell'armatore;
per il personale viaggiante delle ex FF.SS., nonché per il personale di volo (piloti ed assistenti), la competenza viene individuata con riferimento al territorio ove è situata la struttura da cui dipendeva (o dipende) il lavoratore richiedente, come indicata nel curriculum lavorativo.

A supporto dei pareri che saranno resi dalle CONTARP regionali e fermo restando l'autonomo giudizio di queste ultime, si sta esaminando la possibilità di elaborare, a cura di appositi Gruppi di lavoro da costituire presso la CONTARP Centrale, linee guida riguardanti:

il personale delle Compagnie di navigazione;
il personale delle ex FF.SS diverso da quello occupato nelle "Officine di grandi riparazioni" (personale di stazione, personale viaggiante, binaristi, ecc.);
altre categorie di lavoratori che hanno svolto o svolgono attività lavorative con connotati organizzativi e tecnologici sostanzialmente analoghi a livello nazionale (piloti e assistenti di volo, personale della scuola e altri dipendenti dello Stato, vigili del fuoco, ecc.).

Si fa presente, infine, che i certificati di riconoscimento dell'esposizione all'amianto per la tipologia di lavoratori trattata in questo paragrafo conterranno sia il riferimento legislativo al nuovo regime (e cioè all'art. 47 del decreto legge n. 269/2003 convertito, con modifiche, dalla legge n. 326/2003 e relative norme di attuazione) sia l'esplicita indicazione che si tratta di periodi lavorativi non soggetti all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gestita dall'INAIL.

Ciò allo scopo di consentire ai competenti Enti Previdenziali ogni decisione sulla ricorrenza del presupposto di legge (e cioè, ripetesi, esposizione non inferiore a dieci anni all'amianto verificatasi entro il 2 ottobre 2003 in attività lavorativa non soggetta all'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL) previsto per l'applicazione a questi lavoratori della nuova disciplina dei benefici previdenziali in vigore dal 2 ottobre 2003.

3. Lavoratori che sono stati esposti all'amianto per periodi lavorativi "misti", e cioè in parte soggetti e in parte non soggetti all'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL

Rientrano in questa categoria non solo i ferrovieri (assicurati presso l'INAIL dal 1° gennaio 1996) e i postali (assicurati presso l'INAIL dal 1° gennaio 1999) ma, in generale, tutti i lavoratori che hanno svolto più attività lavorative , alcune soggette ed altre non soggette alla assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL, come, in ipotesi, potrebbe essere accaduto a marittimi o a dipendenti, civili e militari, dello Stato che in passato avessero lavorato nel settore industria o viceversa.

Pertanto, allorché dalla storia lavorativa presente nella domanda avanzata dal lavoratore risulti che i periodi lavorativi con asserita esposizione all'amianto erano in parte soggetti e in parte non soggetti all'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL, la pratica dovrà essere "sdoppiata" e istruita separatamente, seguendo, per i periodi "INAIL", le procedure descritte ai precedenti punti 1.1. e 1.2. e, per i periodi "non INAIL", le procedure descritte ai precedenti punti 2.1., 2.2. e 2.3.

Il lavoratore, quindi, in caso di riconoscimento dell'esposizione riceverà due (o più) certificati distinti, ciascuno riportante i pertinenti riferimenti legislativi e l'indicazione circa la copertura, o non copertura, dell'assicurazione obbligatoria INAIL.

Spetterà, poi, al competente Ente Previdenziale decidere, in relazione a quanto certificato dall'INAIL, il tipo di disciplina di benefici previdenziali da applicare.

4. Domanda di riconoscimento dei periodi di esposizione all'amianto da parte di lavoratori affetti da malattia professionale da amianto riconosciuta dall'INAIL (art. 13, comma 7, della legge n. 257/1992 e successive modifiche)

Poiché il Decreto interministeriale non detta disposizioni al riguardo, nulla cambia rispetto alle istruzioni impartite in passato sull'argomento.

Pertanto, l'Istituto continuerà a certificare periodi di esposizione all'amianto soltanto a lavoratori la cui malattia professionale è stata riconosciuta dall'Istituto stesso, con l'avvertenza che dovranno essere certificati anche i periodi lavorativi di rischio non soggetti all'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL se quei periodi sono stati considerati rilevanti ai fini del riconoscimento della tecnopatia da amianto.

Si osserva, inoltre, che per questa tipologia di richieste non è previsto un termine ultimo di presentazione.

5. Prime istruzioni operative.

Il nuovo quadro normativo richiede alcuni interventi di modifica ed implementazione della procedura informatica "NPRA", che si presume di completare entro il prossimo mese di febbraio.

Nel frattempo, si forniscono le seguenti direttive con effetto immediato:
per quanto riguarda i lavoratori assicurati INAIL che hanno presentato domanda dopo il 2 ottobre 2003, e limitatamente ai periodi soggetti all'assicurazione INAIL, devono essere riattivate tutte le funzioni istruttorie e certificative di competenza dell'Istituto che erano state sospese con lettera del 12 gennaio 2004, dando precedenza ai casi con esposizione riconosciuta. A tale riguardo, si fa presente che si sta provvedendo a modificare, in "NPRA", il testo dei certificati con definizione positiva riguardanti questa tipologia di lavoratori;
per quanto riguarda i lavoratori non assicurati INAIL, oppure assicurati INAIL che richiedono il riconoscimento dell'esposizione per periodi non soggetti all'assicurazione INAIL, si deve continuare ad inserire in procedura esclusivamente i dati anagrafici e i dati relativi alla domanda, onde generare il numero del Protocollo Unico Nazionale. Peraltro, qualora dovessero pervenire anche i primi curricula professionali conformi allo schema allegato n. 2 del Decreto interministeriale, gli stessi curricula non dovranno essere al momento inseriti in procedura ma dovranno essere inviati, in copia e corredati dalla documentazione eventualmente prodotta dai lavoratori, alle CONTARP regionali per l'avvio della istruttoria tecnica di loro competenza;
allo scopo di tenere l'evidenza statistica delle categorie di lavoratori che presentano domande all'INAIL, si sta provvedendo ad inserire, in "NPRA", un apposito indicatore che consente di individuare se se si tratta di lavoratori che hanno svolto attività lavorativa soggetta all'assicurazione INAIL, non soggetta all'assicurazione INAIL oppure "mista". Tale indicatore deve essere obbligatoriamente digitato per tutte indistintamente le domande.
Si fa presente, infine, che sono state programmate per i prossimi mesi di gennaio e febbraio videoconferenze e corsi di formazione per affrontare le problematiche poste dalla nuova normativa.

______________________________
1.Il 15 giugno 2005 è il 180° giorno dalla data di pubblicazione del Decreto interministeriale nella Gazzetta Ufficiale.
2.Per data di presentazione della domanda si intende la data di arrivo alla Sede INAIL o la data del timbro postale di invio nel caso di raccomandata (art. 3, comma 2, del Decreto interministeriale)..
3.Vedi note nn. 1 e 2.

Fonte:INAIL

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Decreto 12 marzo 2008

Mnistero del Lavoro e della previdenza sociale 

Modalita' attuative dei commi 20 e 21 dell’articolo 1 della Legge 24 dicembre 2007 n. 247, concernente la certificazione di esposizione all’amianto di lavoratori occupati in aziende interessate agli atti di indirizzo ministeriale.

GU Serie Generale n.110 del 12-05-2008

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Guida per l'installazione degli impianti fotovoltaici - VVF

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Guida per l'installazione degli impianti fotovoltaici

La nuova guida per l'installazione degli impianti fotovoltaici nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.

In linea l'aggiornamento della guida per l'installazione degli impianti fotovoltaici nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, redatta da un apposito gruppo di lavoro, costituito da esperti del settore elettrico ed approvata recentemente dal C.C.T.S. 

La guida recepisce i contenuti del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 e tiene conto delle varie problematiche emerse in sede periferica a seguito delle installazioni di impianti fotovoltaici e sostituisce quella emanata con nota prot. n. 5158 del 26 marzo 2010.

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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 2/2018

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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 2 del 05 Aprile 2018

Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011
Con Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011 è stata istituita la Commissione per gli interpelli prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro (Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81) ed è stato attivato l’indirizzo di posta elettronica Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

I quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro possono essere inoltrati alla Commissione per gli interpelli, esclusivamente tramite posta elettronica, dagli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.

Le istanze di interpello trasmesse da soggetti non appartenenti alle categorie indicate o privi dei requisiti di generalità non potranno essere istruite. Non saranno pertanto istruiti i quesiti trasmessi, ad esempio, da studi professionali, associazioni territoriali dei lavoratori o dei datori di lavoro, Regioni, Province e Comuni.

Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza. Prima di inoltrare l’istanza si prega di verificare:

- che il quesito, concernente l’interpretazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro sia di carattere generale e non attenga a problematiche aziendali specifiche;
- che il soggetto firmatario rientri nelle categorie indicate. 

Nuovo Interpello del 05 Aprile 2018 (n. 2/2018):

05/04/2018- n. 02/2018 Destinatario: Regione Lazio
Art. 12, d.lgs. n. 81/2008 e smi - risposta al quesito inerente l'interpretazione dell'articolo 39, comma 3, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.

Oggetto: art. 12, d.gs. n. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni - risposta al quesito inerente l'interpretazione dell'articolo 39, comma 3, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.

La Regione Lazio, tramite la Direzione Regionale Salute e Politiche Sociali, ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 39, comma 3, del decreto legislativo n. 81/2008, il quale dispone che: “Il dipendente di una struttura pubblica, assegnato agli uffici che svolgono attività di vigilanza, non può prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di medico competente”.

In particolare l’Ente chiede di conoscere “se tale disposizione è da intendersi rivolta a tutte le strutture del Dipartimento di prevenzione delle aziende sanitarie locali o solo a quelle che svolgono attività ispettiva e se sia applicabile a tutto il personale con qualifica ispettiva afferente all’azienda sanitaria”.*
...

Art. 39. Svolgimento dell'attivita' di medico competente 

[...]3. Il dipendente di una struttura pubblica, assegnato agli uffici che svolgono attivita' di vigilanza, non puo' prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attivita' di medico competente.

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Accordo 20 gennaio 2016, rep. atti 5/CU

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Accordo 20 gennaio 2016, rep. atti 5/CU

Accordo, ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, Regioni, Province, Comuni e Comunità Montane, finalizzato alla completa informatizzazione degli adempimenti previsti dall’articolo 9, della legge 27 marzo 1992, n. 257 e dagli articoli 250 e 256, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, concernente le imprese che utilizzano amianto nei processi produttivi o che svolgono attività di smaltimento o di bonifica dell’amianto.

Cassazione Civile Sent. Sez. 3 n. 7940 | 30 Marzo 2018

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Sentenze cassazione civile

Cassazione Civile Sent. Sez. 3 30 Marzo 2018 n. 7940

Infortunio lavoratore autonomo durante la revisione di un macchinario

Ricorso inammissibile per carenza di procura speciale

Civile Ord. Sez. 3 Num. 7940 Anno 2018
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: SCODITTI ENRICO
Data pubblicazione: 30/03/2018

Rilevato che

F.L. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Monza Officine Meccaniche F.lli R. s.r.l. chiedendo il risarcimento del danno nella misura di Euro 322.783,94. Espose l'attore che, mentre procedeva alla revisione di un macchinario di proprietà della ditta convenuta, affiancato nell'esecuzione del lavoro da un dipendente della convenuta, S.F., quest'ultimo aveva collegato la macchina alla presa di alimentazione elettrica, che si trovava in locale diverso da quello ove si trovava il macchinario, e che in conseguenza della rimessa in funzione della macchina la mano destra del F.L. era rimasta nell'ingranaggio subendo una grave menomazione. Il Tribunale adito dichiarò sia la responsabilità della società convenuta ai sensi dell'art. 2049 cod. civ. che il concorso di colpa dell'attore nella misura del 50%. Avverso detta sentenza proposero appello principale il F.L. ed incidentale la società. Con sentenza di data 20 luglio 2015 la Corte d'appello di Milano accolse l'appello incidentale e rigettò la domanda risarcitoria.

Osservò la corte territoriale che, presupponendo la responsabilità ai sensi dell'art. 2049 la colpa (o il dolo) del commesso autore del fatto dannoso, tale prova, di cui era onerato il danneggiato, mancava in quanto dalla testimonianza del S.F. non erano emersi elementi ammissivi di una sua colpa (aveva anzi costui dichiarato di avere avvisato il F.L. della riattivazione del collegamento elettrico) e, anche a voler prescindere da tale testimonianza in quanto proveniente dall'ipotetico autore materiale dell'illecito, non vi erano prove o indizi che consentissero di ritenere l'incidente come dovuto, in tutto o in parte, ad un errore del dipendente. Aggiunse che la responsabilità del coordinamento fra i due operatori, la cui mancanza era stata rilevata dal Tribunale, spettava interamente al F.L., titolare della prestazione d'opera in piena autonomia, e dunque onerato di organizzarla in base alla propria competenza professionale secondo le specifiche necessità della situazione locale. Concluse nel senso che inconferenti erano le inammissibili (perché nuove e tardive rispetto alla prospettazione introduttiva) allegazioni di profili diversi di responsabilità (diretta) della convenuta, per non avere predisposto una presa di corrente adatta nel locale del macchinario o per non averlo spostato con un muletto (ciò che peraltro il F.L. non aveva richiesto), posto che non era stata neppure indicata una qualche norma anti-infortunistica violata.

Ha proposto ricorso per cassazione F.L. sulla base di quattro motivi. E' stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell'art. 375, comma 2, cod. proc. civ.

Considerato che

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2087 cod. civ.. Osserva il ricorrente che gli obblighi antinfortunistici del datore di lavoro non possono attenuarsi o ritenersi inesistenti per il sol fatto che trattasi di prestazione di lavoratore autonomo dovendosi la tutela della salute considerare clausola del contratto di lavoro parasubordinato.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2049 cod. civ.. Osserva il ricorrente che il danneggiante risponde del danno cagionato ai sensi dell'art. 2049 a prescindere dall'elemento soggettivo del dolo o della colpa a titolo responsabilità oggettiva.

Con il terzo motivo si denuncia violazione del d.lgs. n. 81 del 2008. Osserva il ricorrente che in base all'art. 11 della citata disciplina il ripristino dell'alimentazione di ogni attrezzatura di lavoro deve essere possibile solo in assenza di pericolo per i lavoratori interessati.

Con il quarto motivo si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo. Osserva il ricorrente che l'eventuale colpa del lavoratore non elimina quella del datore di lavoro, che è sempre responsabile dell'Infortunio occorso al lavoratore e che l'evento dannoso si sarebbe potuto evitare qualora il responsabile della società intimata avesse fatto disporre il macchinario mobile nel locale ove era alloggiata la leva dell'alimentazione elettrica o almeno avesse disposto l'intervento di altro operaio.

Il ricorso è inammissibile per carenza di procura speciale ai sensi dell'art. 365 cod. proc. civ.. La procura risulta apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso e contiene espressioni incompatibili con la proposizione del ricorso per cassazione quali il chiamare in causa terzi, riassumere il giudizio e nominare consulenti (Cass. 24 luglio 2017, n. 18257; 21 marzo 2005, n. 6070).

Nulla per le spese in mancanza di partecipazione al giudizio di cassazione della parte intimata.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 - quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.



P.Q.M.

Dichiara l'inammissibilità del ricorso.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis, dello stesso articolo 13.

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Nota VVF Adeguamento antincendio scuole e asili nido

ID 6083 | | Visite: 19407 | Prevenzione Incendi

Nota VVF Adeguamento antincendio scuole e asili nido

Nota VVF Adeguamento antincendio scuole e asili nido

Misure integrative in merito attuazione Decreto Min. Interno 21/03/2018

18 Aprile 2018, Nota n. 5264 

Come noto il 31 dicembre 2017 è scaduto il termine di adeguamento alla normativa antincendio degli edifici e dei locali adibiti ad asili nido ed a scuole di qualsiasi tipo, ordine e grado, il Decreto 21 marzo 2018 ha definito le indicazioni programmatiche prioritarie per l’adeguamento alla normativa antincendio dei suddetti edifici e locali.

Con la Nota Min. Interno 18/04/2018, n. 5264, Il Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Ministero dell'interno indica misure integrative in merito all’attuazione del suddetto Decreto 21 marzo 2018 e indica che il personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nel caso in cui nell'attività di vigilanza ispettiva svolta sul territorio riscontri la presenza di attività scolastiche e di asili nido in esercizio senza SCIA o senza il completo adeguamento alle disposizioni normative, dovrebbe attivare le procedure previste dal D.lgs 09/12/1994, n. 758 per le contravvenzioni rilevate.

Qualora inoltre venissero accertate violazioni, dovranno essere valutate le condizioni di rischio, la rilevanza dell'inosservanza alla normativa di prevenzione incendi ovvero dell'inadempimento di prescrizioni e di obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attività, al fine di adottare i provvedimenti di urgenza per la messa in sicurezza dell'ambiente di lavoro e di individuare le specifiche prescrizioni da imporre.

Il provvedimento fornisce inoltre, a titolo esemplificativo, alcune indicazioni di misure integrative che possono essere prescritte alternativamente o congiuntamente, nelle situazioni sopra descritta:

a) Il numero di lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione del piano di emergenza deve essere potenziato coerentemente alla valutazione del rischio connessa al mancato adeguamento antincendio dell’attività;

b) Il datore di lavoro deve provvedere all’attuazione dell’informazione di lavoratori sui rischi specifici derivanti dal mancato adeguamento antincendio dell’attività;

c) Tutti i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione del piano di emergenza devono aver frequentato il corso di tipo C di cui all’allegato IX del D.M. 10 marzo 1998 e avere conseguito l’attestato di idoneità tecnica previsto dall’art. 3 della legge 28 dicembre 1996, n. 609;

d) Devono essere svolte almeno due esercitazioni antincendio all’anno in linea con gli scenari individuati nel documento di valutazione dei rischi, in aggiunta alle prove di evacuazione previste al punto 12.0 del D.M. 26 agosto 1992;

e) Deve essere pianificata ed attuata una costante attività di sorveglianza volta ad accertare, visivamente, la permanenza delle normali condizioni operative, della facile accessibilità e dell’assenza di danni materiali, con cadenza giornaliera sui dispositivi di apertura delle porte poste lungo le vie d’esodo e sul sistema di vie d’esodo, e con cadenza settimanale su estintori, apparecchi d’illuminazione e impianti diffusione sonora e/o impianti di allarme.

L’attuazione delle misure di cui alle lettere d) e e) deve essere riportata nel registro dei controlli, adottato nel rispetto della normativa vigente.

Si rammenta che, ai sensi dell’art. 14 del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività sono esclusivamente quelle individuate nell’allegato I del decreto medesimo.

Si evidenzia infine che i Comandi potranno procedere analogamente anche a seguito di attività di vigilanza ispettiva svolta in luoghi di lavoro esistenti di diversa tipologia, in particolare nelle attività non soggette ai controlli di prevenzione incendi prima dell’entrata in vigore del DPR 151/2011 per le quali risultino scaduti i termini per la presentazione della SCIA.

Il Capo Nazionale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco

GIOMI

TL DP AV

Fonte: VVF

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 18663 | 30 Aprile 2018

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Sentenze cassazione penale

Trattamento di rifiuti pericolosi bombole metalliche di ossigeno

Infortunio mortale durante le operazioni di trattamento rifiuti pericolosi 

Penale Sent. Sez. 4 Num. 18663 Anno 2018

Penale Sent. Sez. 4 Num. 18663 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 07/03/2018

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 17.2.2016 la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Foggia - emessa in sede di giudizio abbreviato -, ha riconosciuto le attenuanti generiche e rideterminato la pena inflitta ad A.P. in anni due di reclusione, con pena sospesa, confermando nel resto la declaratoria di penale responsabilità dell'imputato in relazione all'omicidio colposo avvenuto il 6.7.2010 in danno del lavoratore D.C., dipendente dell'imputato.
Si addebita ad A.P., quale titolare della omonima impresa individuale, di non aver impedito che i dipendenti F.F. e D.C. effettuassero operazioni di trattamento di rifiuti pericolosi consistiti in bombole metalliche contenenti ossigeno, sebbene l'impresa fosse autorizzata ad eseguire unicamente l'attività di messa in riserva finalizzata al recupero di rifiuti non pericolosi. Per effetto di ciò, l'infortunio sul lavoro in disamina avveniva secondo le seguenti modalità: il F.F., nell'eseguire l'operazione di svitamento della valvola di testa di una bombola di ossigeno, avvalendosi di un martello, provocava l'esplosione della bombola che veniva proiettata ad elevata velocità e colpiva il D.C., che si trovava poco distante intento al sezionamento di altra bombola metallica, provocandogli imponenti lesioni cranio-encefaliche che ne determinavano il decesso.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, articolando tre motivi, di seguito sinteticamente illustrati.
I) Violazione di legge e illogicità della motivazione in relazione all'accertamento della penale responsabilità dell'imputato.
Deduce che le argomentazioni della sentenza impugnata mal si conciliano con gli elementi probatori acquisiti in fase processuale, non considerando l'imprevedibilità dell'evento sulla scorta della corretta applicazione del principio di affidamento. In tale prospettiva sottolinea come dal "documento di trasporto" relativo alle bombole di ossigeno trattate dai due dipendenti si evinca che le stesse fossero state precedentemente bonificate, tanto da divenire materiale ferroso che ben avrebbe potuto essere lavorato per la messa in riserva dei rifiuti in questione.
Denuncia l'illogicità motivazionale della sentenza laddove attribuisce attendibilità alle dichiarazioni del teste N., secondo cui le bombole alienate all'imputato non erano state bonificate e al momento di consegna delle stesse la bolla di accompagnamento non era stata compilata.
Rileva che dal compendio probatorio manchi la prova certa che l'attività di sezionamento delle bombole, eseguita impropriamente con un cannello ossiacetilenico e con un rudimentale martello, fossero state effettivamente disposte dal datore di lavoro. Al riguardo segnala come il D.C. svolgesse la sola attività di messa in riserva del materiale ed il F.F. la funzione di autista, e che risulta accertato che quest'ultimo si sia adoperato nell'attività di smontaggio delle bombole a seguito di una espressa richiesta di ausilio proveniente (non dall'imputato ma) dal D.C.. Ritiene che si trattò di comportamenti del tutto avventati, esorbitanti dal procedimento di lavoro, compiuti con modalità del tutto anomale ed estranee ai normali schemi lavorativi, come tali interruttivi del nesso causale rispetto alla ritenuta condotta omissiva addebitata al A.P..
II) Mancanza di motivazione in ordine alla pena irrogata.
Lamenta che la Corte territoriale, nel calcolo della pena, sia immotivatamente partita da una pena base di quattro anni di reclusione, ben al di sopra del minimo edittale.
III) Violazione di legge nella determinazione della pena e nel computo del termine prescrizionale.
Osserva che il giudice di merito non ha tenuto conto dell'intervenuta prescrizione delle contravvenzioni di cui ai capi 2) e 3), le cui date di commissione riportate in rubrica sono erroneamente quelle, rispettivamente, del 9.7.2012 e 6.7.2012, mentre dall'incarto processuale è pacifico che tali violazioni ebbero ad essere contestate nell'immediatezza dell'accertamento del reato di omicidio colposo, ossia il 6.7.2010. Pertanto il giudice non avrebbe dovuto tenere conto, nella determinazione della pena, dei reati in questione, per i quali al momento della decisione era già decorso il termine quinquennale di prescrizione.

Considerato in diritto

1. Il primo motivo è inammissibile in quanto svolge censure non consentite in sede di legittimità e comunque manifestamente infondate.
Va rammentato che nel caso di specie la Corte di appello ha confermato il giudizio di primo grado in ordine alla responsabilità del prevenuto per il reato di omicidio colposo in contestazione. Ne deriva che ci si trova di fronte ad una cd. "doppia conforme", nel senso che le motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado si integrano a vicenda, formando un unico percorso logico-argomentativo che, nel caso in esame, appare certamente congruo, logico e adeguato, oltre che giuridicamente corretto. 
I rilievi della difesa svolgono prevalentemente censure in punto di mero fatto, che non sono consentite in questa sede, non potendo la cassazione rivalutare il compendio probatorio in senso alternativo o diverso rispetto a quanto effettuato dai giudici di merito; lo scrutinio del giudice di legittimità è limitato a compiere una valutazione di adeguatezza logico-giuridica del percorso argomentativo adottato nella sentenza impugnata, e sotto questo profilo si ritiene che il provvedimento di cui si discute vada esente dalle critiche sollevate dall'imputato.
Il corpo motivazionale della sentenza impugnata, infatti, analizza in maniera esauriente, corretta e plausibile i fatti, la posizione di garanzia dell'imputato e le sue manchevolezze sul piano cautelare, con particolare riguardo alla pacifica mancanza di autorizzazione della ditta del A.P. in ordine al trattamento di bombole: la ditta del ricorrente era abilitata solo alla messa in riserva di materiale ferroso, e non poteva perciò ricevere nel proprio deposito bombole o comunque contenitori di gas compressi di qualsivoglia natura, trattandosi in ogni caso di rifiuti pericolosi che devono essere necessariamente trattati da ditte specializzate, che utilizzano specifici macchinari di cui la ditta dell'imputato non era dotata, nonché di personale con specifica formazione, nel caso pacificamente assente (vedi pagg. 11-12 della sentenza di appello).
Anche sul nesso causale la sentenza osserva, plausibilmente, che se le bombole non fossero state acquisite dalla ditta del prevenuto l'evento non si sarebbe verificato: i due dipendenti non erano dotati delle attrezzature necessarie per trattare le bombole, in quanto il taglio con la cesoia non garantiva dalla esposizione a rischio; il contesto lavorativo era tale da comportare l'uso di attrezzi inadeguati quali il martello ed il cannello; il A.P. era sul posto al momento dell'infortunio e non poteva essergli sfuggito il carico di bombole, né risulta che abbia dato indicazioni adeguate al personale per il loro trattamento.
In definitiva, la tenuta logico-giuridica delle argomentazioni addotte dai giudici di merito per affermare la responsabilità colposa del ricorrente in ordine all'evento in disamina le rende insindacabili nella presente sede di legittimità.
2. Anche il secondo motivo è inammissibile, siccome manifestamente infondato.
In proposito è appena il caso di rilevare che la pena base irrogata (4 anni di reclusione) non supera la media edittale (pari a 4 anni e 6 mesi di reclusione, trattandosi di reato che prevede la pena edittale da 2 a 7 anni di reclusione), per cui nel caso trova applicazione il costante principio affermato da questa Corte di legittimità secondo cui la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro e altro, Rv. 27124301).
Nella specie è certamente adeguata la motivazione contenuta nella sentenza di primo grado, nella parte in cui, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio, si fa riferimento sia alle accertate gravi violazioni della normativa in tema di sicurezza sul lavoro, sia al riempimento «postumo e prò domo sua» da parte del prevenuto del documento di trasporto delle bombole in questione (contenente la falsa attestazione che le stesse erano state bonificate), funzionale a precostituire la prova della estraneità del medesimo ai fatti di causa.
3. E' invece fondato il terzo motivo di doglianza, dovendosi sicuramente ritenere, alla luce dei fatti accertati e delle violazioni riscontrate, che le contravvenzioni di cui ai capi 2 e 3 di rubrica siano state commesse in epoca coeva all'infortunio sul lavoro in disamina, avvenuto nel luglio del 2010. Pertanto, essendo certamente decorso il termine prescrizionale massimo di cinque anni, e non ricorrendo i presupposti per un proscioglimento nel merito ai sensi dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., non potendosi constatare con evidenza dagli atti l'insussistenza dei fatti-reato in questione, gli stessi vanno dichiarati estinti per prescrizione, con conseguente annullamento in parte qua della sentenza impugnata, anche con riferimento alla relativa pena, come determinata a titolo di continuazione, di mesi 2 e giorni 20 di reclusione, che va eliminata. Il ricorso va dichiarato inammissibile nel resto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle contravvenzioni di cui ai capi 2 e 3 perché estinte per prescrizione ed elimina la relativa pena come determinata a titolo di continuazione di mesi 2 e giorni 20 di reclusione. Dichiara inammissibile nel resto.
Cosi deciso il 7 marzo 2018

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Allegato riservato Cassazione Penale Sez. 4 del 30 aprile 2018 n. 18663.pdf
 
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Green jobs: impatto sulla salute e sicurezza dei lavoratori

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 Green Jobs

Green jobs: impatto sulla salute e sicurezza dei lavoratori

INAIL, 3 maggio 2018

Il presente factsheet affronta l’aspetto emergente della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori impiegati in settori strategici per la green economy, quali ad esempio quello delle energie rinnovabili, caratterizzati da processi produttivi e prodotti più sostenibili.

L’innovatività delle tecnologie e dei materiali utilizzati e dei processi produttivi adottati nella eco-industria possono, infatti, determinare l’emersione di nuovi profili di rischio per la salute e sicurezza dei lavoratori, che per essere affrontati in modo adeguato richiedono l’adozione di misure mirate partendo dalla costruzione di un quadro conoscitivo approfondito ed esaustivo dei rischi lavoro-correlati riferibili ai cosiddetti “lavori verdi”.

...

Il cambiamento climatico sta seriamente compromettendo la futura sostenibilità ambientale ed economica a livello globale, comportando, allo stesso tempo, variazioni nel mercato del lavoro.

Il ricorso ai cosiddetti green jobs o ‘lavori verdi’, ovvero tutti quei lavori ‘che contribuiscono in maniera incisiva a preservare o restaurare la qualità ambientale’, rappresenta una strategia fondamentale per superare la crisi economica ed ecologica.

La Strategia UE 2020 punta, infatti, a fare del binomio sostenibilità-occupazione la carta vincente dell’economia europea del prossimo decennio, prevedendo importanti obiettivi in materia di clima ed energia: riduzione del 20% delle emissioni di gas a effetto serra, aumento fino al 20% del risparmio energetico e aumento del 20% del consumo di energia da fonti rinnovabili.

Mentre, a livello globale, sono stati realizzati numerosi studi che hanno preso in considerazione vari aspetti della tematica dei green jobs (es. definizione, quantificazione, impatto economico ed occupazionale) persiste, invece, una certa ambiguità riguardo l’impatto di tale tipologia di lavori sulle condizioni e standard lavorativi.

Fonte: INAIL

MOVARISCH - Valutazione Rischio Chimico 2018

ID 6041 | | Visite: 21996 | Documenti Sicurezza ASL

Movarisch 2018

MOVARISCH - Valutazione Rischio Chimico 2018

Modello di valutazione del rischio da agenti chimici pericolosi per la salute ad uso delle piccole e medie imprese - Titolo IX Capo I - D.Lgs. 81/08

Il Modello di Valutazione del Rischio Chimico denominato con un semplice acronimo "MoVaRisCh" è stato approvato dai gruppi tecnici delle Regioni Emilia-Romagna,Toscana e Lombardia in applicazione alle Linee Guida del Titolo VII-bis D.Lgs. 626/94, ora Titolo IX Capo I Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (D.Lgs. 81/08), proposte dal Coordinamento Tecnico per la Sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province autonome.

E' una modalità di analisi che attraverso un percorso informatico semplice consente di effettuare la valutazione del rischio chimico per la salute dei lavoratori secondo quanto previsto dall'articolo 223 del D.Lgs. 81/08.

Nel modello è infatti prevista l'identificazione e il peso da assegnare ai parametri indicati dall'articolo di legge, e dai quali non è possibile prescindere, per effettuare la valutazione del rischio chimico per la salute da parte delle imprese Artigiane, Industriali, del Commercio e dei Servizi.

Il modello, che va inteso come un percorso di "facilitazione", rende possibile classificare ogni lavoratore esposto ad agenti chimici pericolosi in rischio irrilevante per la salute o non irrilevante per la salute in considerazione agli adempimenti del Titolo IX Capo I D.Lgs .81/08 per quanto riguarda il rischio chimico per la salute dei lavoratori.

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Movarish 2018 dell'11 Gennaio 2018
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PAF: Valutazione rischio vascolare vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio

ID 6034 | | Visite: 5268 | Documenti Sicurezza Enti

Nuovi criteri valutazione rischio vascolare vibrazioni meccaniche

PAF: Valutazione rischio vascolare vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio standard ISO/TR 18570:2017

Nuovi criteri per la valutazione del rischio vascolare derivante da esposizione a vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio secondo lo standard ISO/TR 18570:2017

Portale Agenti Fisici, 23 Aprile 2018

Il Report 1/18 descrive in maniera sintetica il metodo supplementare di valutazione del rischio vascolare associato all’esposizione a vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio contenuto nel nuovo ISO/TR 18570:2017.

Viene presentato un esempio applicativo nel caso di motoseghe e decespugliatori, da cui emerge la necessità di adottare specifiche misure di prevenzione in relazione all'insorgenza di possibili patologie vascolari, anche nei casi in cui si riscontrino valori di esposizione a vibrazioni inferiori ai livelli di azione prescritti dalla vigente normativa.

Rapporto 1/18

Nuovi criteri per la valutazione del rischio vascolare associato ad esposizione a vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio: ISO/TR 18570:2017

Questo documento descrive in maniera sintetica il metodo supplementare di valutazione del rischio vascolare associato all’esposizione a vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio contenuto nel nuovo ISO/TR 18570:2017.

Viene presentato un esempio applicativo nel caso di motoseghe e decespugliatori, da cui emerge la necessità di adottare specifiche misure prevenzione in relazione all'insorgenza di possibili patologie vascolari, anche nei casi in cui si riscontrino valori di esposizione a vibrazioni inferiori ai livelli di azione prescritti dalla vigente normativa. 

Recenti evidenze epidemiologiche, e studi biomeccanici, hanno mostrato che l'utilizzo della curva di pesatura riportata nella UNI EN ISO 5349 parte 1 per particolari tipi di esposizione (frequenze comprese nell’intervallo 20 Hz -400 Hz) può portare ad una sottostima o sovrastima del rischio vascolare per l’insorgenza dei sintomi del fenomeno di Raynaud (dito bianco)[1,2].

Per tale motivo è stato pubblicato recentemente lo standard ISO/TR 18570:2017 che presenta una nuova curva di ponderazione, denominata Wp e un nuovo parametro, Ep,d (m/s1,5), per la valutazione del rischio da usare come indice supplementare e non sostitutivo rispetto a quelli descritti nella ISO 5349 parte 1.

La curva Wp è stata definita sulla base delle evidenze degli studi sperimentali ed epidemiologici pubblicati, e rappresenta il migliore strumento attualmente disponibile per valutare il rischio vascolare derivate dall’esposizione a vibrazioni del sistema mano -braccio.

Rapporto 2/18

Comparazione tra metodi di valutazione del rischio da esposizione a vibrazione descritti nelle norme ISO 5349 e ISO/TR 18570:2017

Caso Studio: Pulimentatura metalli

...

Fonte: PAF

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Edifici civili: raccolta di quesiti e chiarimenti VFF

ID 6040 | | Visite: 9579 | Prevenzione Incendi

Edifici civili: raccolta di quesiti e chiarimenti

Ing. M. Malizia - VVF

Quesiti di prevenzione incendi relativi ad assoggettabilità, altezza in gronda, altezza antincendi, accostamento autoscala VV.F., condutture principali dei gas, impianti di produzione di calore, norme transitorie, interventi di recupero dei sottotetti, larghezza minima delle scale, installa-zione ascensori in edifici esistenti, edifici di civile abitazione con presenza di attività lavorative, sistema di apertura dei portoni condominiali, passaggio dal N.O.P. al C.P.I., ecc.

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I segnali UNI e UNI EN ISO per gli ambienti confinati

ID 4383 | | Visite: 22602 | Documenti Riservati Sicurezza

I nuovi segnali UNI e UNI EN ISO sugli ambienti confinati

Update 20 Luglio 2017

Oltre al segnale UNI 7545-32-10 sugli ambienti confinatipubblicato da UNI l'emendamento A7 della EN ISO 7010:2017, che introduce tra l'altro, a livello internazionale il segnale per gli Ambienti confinati W041, in allegato la scheda dettaglio.

____

I riferimenti normativi e tecnici nazionali per gli ambienti confinati sono:

D.Lgs. 81/2008 Art. 66

D.P.R. 177/2011
Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti, a norma dell’articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

- INAIL: Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’Art. 3 Comma 3 del D.P.R. 177/2011

In relazione all'uso della segnaletica di sicurezza di cui all'Allegato D.Lgs n. 81/2008 e s.m.i, che non è aggiornata e armonizzata rispetto alla segnaletica EN ISO 7010 si è espresso il MLPS con la:

Circolare n. 30 del 16.07.2013
Segnaletica di sicurezza - D.Lgs n. 81/2008 e s.m.mi. allegato XXV - Prescrizioni generali. Uso e rispondenza dei pittogrammi con la Norma UNI EN ISO 7010:2012 - Chiarimenti.

La segnalazione degli ambienti confinati può essere effettuata con i segnali grafici di UNI (solo UNI) e ISO (UNI EN ISO 7010:2017) di cui sotto.

UNI 7545-32:2016
Segni grafici per segnali di pericolo - Parte 32: Ambienti confinati

EN ISO 7010:2017

- ISO 7010:2011 Amd 7 (15.10.2016)
- UNI EN ISO 7010:2017 + Amd 7 (20.07.2017)


Safety sign W041: Warning; Asphyxiating atmosphere

Hazard
Asphyxiation due to exposure to asphyxiating atmosphere

Human behaviour that is intended to be caused after understanding the safety sign’s meaning
Taking care to avoid exposure to asphyxiating atmosphere

Related referents
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Additional information
Test data obtained according to ISO 9186-1:2014 are not available.
Consequently, a supplementary text sign shall be used to increase comprehension except when the safety sign is supplemented by manuals, instructions or training.

UNI
http://store.uni.com/magento-1.4.0.1/index.php/en-iso-7010-2012-a7-2017.html

ISO
http://store.uni.com/magento-1.4.0.1/index.php/iso-7010-2011-amd-7-2016.html 

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Allegato riservato ISO 7010 Amd 7 2016 W041.zip
Scheda Segnale W041
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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 17404 | 18 Aprile 2018

ID 6002 | | Visite: 2928 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Macchinario non conforme ai requisiti di sicurezza

Infortunio con una rulliera in acciaio per la movimentazione di bancali

Penale Sent. Sez. 4 Num. 17404 18 Aprile  2018

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: PAVICH GIUSEPPE
Data Udienza: 20/03/2018

Ritenuto in fatto

1. La Corte d'appello di Bologna, in data 24 febbraio 2017, ha confermato la sentenza con la quale, in data 16 giugno 2014, il Tribunale di Ravenna in composizione monocratica aveva condannato G.B. alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di lesioni colpose, con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, in danno del dipendente F.M., contestato come commesso in Cotignola il 16 settembre 2009.
L'addebito mosso al G.B., nella sua qualità di presidente del Consiglio d'amministrazione e legale rappresentante della Vulcanflex s.p.a., si riferisce all'avere messo a disposizione dei dipendenti un macchinario non conforme ai requisiti di sicurezza di cui all'art. 70 del d.Lgs. n. 81/2008 e, segnatamente, una rulliera in acciaio per la movimentazione di bancali carichi di bobine. Nella specie il F.M., durante le operazioni di movimentazione, nel sollevare un bancale per posizionarlo sulla rulliera, perdeva l'equilibrio e, per arrestare la caduta, si appoggiava con la mano sinistra sul nastro trasportatore; conseguentemente, si procurava un trauma da schiacciamento della mano, con le conseguenze lesive di cui in rubrica.
La Corte di merito, disattendendo le lagnanze dell'Imputato appellante e premettendo che il G.B. non risultava avere conferito specifica delega a terzi in materia di sicurezza dei dipendenti, ha constatato l'irregolarità del macchinario (in quanto non conforme alla normativa antinfortunistica), ed ha negato qualsiasi valenza interruttiva del comportamento del lavoratore.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre il G.B., per il tramite dei suoi difensori di fiducia. Il ricorso consta di tre motivi, in larga parte ripropositivi di questioni già sottoposte alla Corte di merito con l'atto d'appello.
2.1. Con il primo motivo l'esponente denuncia violazione di norme processuali in riferimento alla mancata trascrizione della deposizione dell'ing. A.; contesta in particolare l'assunto sostenuto dalla Corte territoriale, in base al quale non potrebbe parlarsi di nullità qualora la deposizione non trascritta non sia stata posta a base delle motivazioni della condanna. Tale assunto, secondo il ricorrente, integra una lesione del diritto di difesa, soprattutto se si considera che l'ing. A. ricopriva l'importante ruolo di RSPP all'interno della società.
2.2. Con il secondo motivo di doglianza l'esponente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'esclusione dell'abnormità del comportamento del lavoratore, che secondo il ricorrente é stata negata in contrasto con la giurisprudenza di legittimità: la condotta tenuta dal F.M., invece, fu eccentrica rispetto al rischio governato dal G.B. nella sua qualità, di tal che essa esulava dalla sua prevedibilità; ciò anche perché l'infortunio non poteva verificarsi se non ponendo la mano all'altezza del rullino, mentre quando il bancale vi passava sopra esso si arrestava.
2.3. Con il terzo motivo si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla riferibilità soggettiva all'imputato della condotta omissiva a lui ascritta e in specie del dovere di intervenire per eliminare le criticità rilevate sul macchinario: al riguardo l'esponente evoca una particolare procedura (la QSA.II09.02) in base alla quale la responsabilità in tema di manutenzione degli impianti era demandata a un gruppo composto dal Responsabile di progetto per la direzione impianti, dal Responsabile di processo per la direzione tecnica, dal RSPP; mentre, nel caso di interventi che richiedessero una spesa inferiore a € 8.000,00, l'intervento manutentivo doveva essere autorizzato dall'ufficio tecnico. Perciò l'imputato non ricopriva alcuna posizione di garanzia, non avendo obblighi di intervenire in materia di manutenzione.

Considerato in diritto

1. Il primo motivo di ricorso é infondato.
Come correttamente osservato dalla Corte territoriale, la mancanza di trascrizione delle dichiarazioni testimoniali rese dall'ing. A. non integra alcuna nullità, atteso che la motivazione della sentenza di condanna non si é fondata sul contenuto di dette dichiarazioni; perciò non sussiste nella specie alcuna lesione del diritto di difesa e di assistenza tecnica dell'Imputato, in funzione del quale é assicurata la possibilità di controllare, mediante la verbalizzazione, il contenuto delle prove assunte in dibattimento. La giurisprudenza richiamata dalla Corte di merito (Sez. 3, Sentenza n. 42505 del 11/11/2010, Biava, Rv. 249153; Sez. 3, Sentenza n. 37463 del 26/06/2008, Rossi, Rv. 241095) depone chiaramente in tal senso, ravvisando un'ipotesi di nullità di ordine generale laddove gli atti non documentati riguardino prove poste a fondamento della decisione, o nel caso di totale assenza di documentazione degli atti dibattimentali di raccolta della prova. Del resto, tale assunto é in linea con il fondamentale principio di tassatività delle nullità (art. 177 cod.proc.pen.) e con l'ulteriore principio in base al quale la valutazione delle prove acquisite compete in via esclusiva al giudice, il quale la esercita secondo il principio del libero convincimento e può quindi individuare, all'interno del materiale probatorio raccolto, gli elementi da porre a base della sua decisione e della relativa motivazione, restando ferma la soggezione di quest'ultima al controllo delle parti; all'evidenza tale principio non può estendersi fino al punto di invalidare l'intero giudizio nel caso di mancata documentazione di una singola prova sulla quale non si é fondata la decisione.
2. Il secondo motivo di ricorso é a sua volta infondato, rasentando anzi la manifesta infondatezza.
La condotta tenuta dal F.M., diversamente da quanto asserito dal ricorrente, non risulta caratterizzata dalla c.d. abnormità, ossia da quel comportamento del lavoratore che assume valenza interruttiva del nesso di causalità fra la condotta del garante in tema di sicurezza e l'evento dannoso verificatosi a suo danno: tale condizione, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza apicale della Corte regolatrice, si verifica non perché il comportamento del lavoratore qualificato come abnorme sia "eccezionale", ma perché esso risulta eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante é chiamato a governare (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, non massimata sul punto).
Invero il ricorrente nega che, nella specie, il rischio concretizzatosi a carico del dipendente fosse governato dal datore di lavoro; ma ciò non risponde a verità, perché nella specie si versa in un'ipotesi disciplinata dall'art. 71, comma 1, d.lgs. n. 81/2008: norma che, come noto, pone a carico del datore di lavoro l'obbligo di mettere «a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo 70, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate ai lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie».
Orbene, é di tutta evidenza che nel caso di specie il macchinario non rispondeva a tali requisiti: nel percorso argomentativo della sentenza impugnata si fa espresso richiamo al fatto che la rulliera ove avvenne l'infortunio era priva della marcatura CE ed era stata assemblata dalla stessa ditta utilizzatrice, ossia la Vulcanflex; e si evidenzia che, come dichiarato in sede testimoniale dal dott. M. (funzionario del Servizio di Prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell'ASL di Ravenna), la macchina presentava, in mezzo ai rulli, un rullino più sottile, con funzioni di sensore di posizione, che non ruotava nello stesso senso degli altri; e che fra tale rullino e il sesto rullo motorizzato rimaneva una "zona di imbocco accessibile e pericolosa, non idonea ai fini della salute e della sicurezza", ove era possibile che i lavoratori finissero accidentalmente con le mani fra i due rulli, con conseguente pericolo di schiacciamento: ossia proprio la tipologia di rischio che si concretizzò in occasione del sinistro occorso al F.M.. Sul punto é sufficiente richiamare la giurisprudenza di legittimità in base alla quale il datore di lavoro é responsabile delle lesioni occorse all'operaio in conseguenza dell'uso del macchinario, il quale, pur non presentando alcun difetto di costruzione o di montaggio, per come in concreto utilizzato ha comunque esposto i lavoratori a rischi del tipo di quello in concreto realizzatosi (Sez. 4, Sentenza n. 22819 del 23/04/2015, Baiguini e altri, Rv. 263498; Sez. 4, Sentenza n. 49670 del 23/10/2014, Fagnani e altro, Rv. 261175).
3. E', infine, infondato anche il terzo motivo di doglianza. E' del tutto inconferente il richiamo alla speciale procedura in tema di manutenzione degli impianti e alle relative competenze, atteso che nel caso di specie non si fa questione di un difetto di manutenzione della rulliera, ma del fatto che, a provocare il sinistro, furono le caratteristiche strutturali e costruttive del macchinario, affatto inidonee ad assicurare lo svolgimento in sicurezza delle operazioni di caricamento dei pancali. Al riguardo non può che riaffermarsi la sussistenza in capo al datore di lavoro della posizione di garanzia relativa ai macchinari messi a disposizione dei lavoratori, e alla riferibilità soggettiva al medesimo dell'evento dannoso che sia provocato dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, atteso che su di lui grava l'obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare la predetta macchina e di adottare nell'Impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 22249 del 14/03/2014, Enne e altro, Rv. 259229).
4. A fronte di quanto precede, avuto riguardo alla data di commissione del reato e valutati anche i fatti sospensivi, deve constatarsi che il reato stesso é oggi prescritto.
Ne discende che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, essendo il reato estinto per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato é estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma il 20 marzo 2018.

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Decreto Direttoriale n. 35 del 13/04/2018

ID 5976 | | Visite: 3522 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto 35 2018

Gruppo di lavoro rilascio autorizzazioni ponteggi

Decreto Direttoriale n. 35 del 13/04/2018

Aggiornamento della composizione del Gruppo di lavoro per l’esame della documentazione relativa al rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 131 D.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 e s.m.i., costituito con Decreto direttoriale n. 13/2017

...

VISTO l’articolo 131 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, concernente l’autorizzazione da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali alla costruzione ed all’impiego di ponteggi fissi;
VISTO l’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni;
VISTO l’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che ha disposto la soppressione dell’ISPESL a decorrere dal 31 maggio 2010 e l’attribuzione, con effetto dalla medesima data, delle relative funzioni all’INAIL - Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro;
VISTO l’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 riguardante: “Obblighi di pubblicazione concernenti gli atti di carattere normativo e amministrativo generale”;
VISTO il decreto del Direttore Generale della tutela delle condizioni di lavoro e delle relazioni industriali n. 13 del 16 marzo 2017, con il quale è stato ricostituito il Gruppo di lavoro tecnico con funzioni consultive per l’esame della documentazione relativa al rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 131 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni;
VISTO il d.P.C.M. 1° giugno 2017, con il quale è stato conferito al dott. Romolo de Camillis l'incarico di titolare della Direzione Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali, registrato dalla Corte dei conti in data 27 luglio 2017, al n. 1739;
CONSIDERATA la necessità di integrare la composizione del citato Gruppo di lavoro, operando nel contempo anche la sostituzione dell’ing. Aldo Chirianni, rientrato alla propria Amministrazione;
ACQUISITE le dichiarazioni di insussistenza di conflitto di interesse, anche potenziale, rilasciate dai funzionari designati;

DECRETA

1. La composizione del Gruppo di lavoro tecnico con funzioni consultive per l’esame della documentazione relativa al rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 131 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, costituito con decreto direttoriale n. 13 del 16 marzo 2017, è aggiornata come segue:
- l’Ing. Abdul Ghani Ahmad è designato, in sostituzione dell’ing. Aldo Chirianni, quale componente del Gruppo di lavoro tecnico con funzioni di “coordinatore”, in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
- l’ing. Giuseppe Busano, l’ing. Giuseppina Conti e l’ing. Ludovica Massaccesi sono designati quali componenti del Gruppo di lavoro tecnico, in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Fonte: MPLS

__________

Dlgs 81/08 Titolo IV - CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI

Capo II - Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota

Sezione V - Ponteggi fissi

Art. 131. Dlgs 81/08 Autorizzazione alla costruzione ed all'impiego

1. La costruzione e l'impiego dei ponteggi realizzati con elementi portanti prefabbricati, metallici o non, sono disciplinati dalle norme della presente sezione.

2. Per ciascun tipo di ponteggio, il fabbricante chiede al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali l'autorizzazione alla costruzione ed all'impiego, corredando la domanda di una relazione nella quale devono essere specificati gli elementi di cui all'articolo seguente.

3. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in aggiunta all'autorizzazione di cui al comma 2 attesta, a richiesta e a seguito di esame della documentazione tecnica, la rispondenza del ponteggio gia' autorizzato anche alle norme UNI EN 12810 e UNI EN 12811 o per i giunti alla norma UNI EN 74.

4. Possono essere autorizzati alla costruzione ed all'impiego ponteggi aventi interasse qualsiasi tra i montanti della stessa fila a condizione che i risultati adeguatamente verificati delle prove di carico condotte su prototipi significativi degli schemi funzionali garantiscano la sussistenza dei gradi di sicurezza previsti dalle norme di buona tecnica.

5. L'autorizzazione e' soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verificare l'adeguatezza del ponteggio all'evoluzione del progresso tecnico.

6. Chiunque intende impiegare ponteggi deve farsi rilasciare dal fabbricante copia della autorizzazione di cui al comma 2 e delle istruzioni e schemi elencati al comma 1, lettere d), e), f) e g) dell'articolo 132.

7. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali si avvale anche dell'ISPESL per il controllo delle caratteristiche tecniche dei ponteggi dichiarate dal titolare dell'autorizzazione, attraverso controlli a campione presso le sedi di produzione.


Art. 132. Dlgs 81/08 Relazione tecnica 

1. La relazione di cui all'articolo 131 deve contenere:

a) descrizione degli elementi che costituiscono il ponteggio, loro dimensioni con le tolleranze ammissibili e schema dell'insieme;
b) caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati e coefficienti di sicurezza adottati per i singoli materiali;
c) indicazione delle prove di carico, a cui sono stati sottoposti i vari elementi;
d) calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di impiego;
e) istruzioni per le prove di carico del ponteggio;
f) istruzioni per il montaggio, impiego e smontaggio del ponteggio;
g) schemi-tipo di ponteggio con l'indicazione dei massimi ammessi di sovraccarico, di altezza dei ponteggi e di larghezza degli impalcati per i quali non sussiste l'obbligo del calcolo per ogni singola applicazione.


Art. 133. Progetto

1. I ponteggi di altezza superiore a 20 metri e quelli per i quali nella relazione di calcolo non sono disponibili le specifiche configurazioni strutturali utilizzate con i relativi schemi di impiego, nonché le altre opere provvisionali, costituite da elementi metallici o non, oppure di notevole importanza e complessità in rapporto alle loro dimensioni ed ai sovraccarichi, devono essere eretti in base ad un progetto comprendente:

a) calcolo di resistenza e stabilità eseguito secondo le istruzioni approvate nell'autorizzazione ministeriale;
b) disegno esecutivo.

2. Dal progetto, che deve essere firmato da un ingegnere o architetto abilitato a norma di legge all'esercizio della professione, deve risultare quanto occorre per definire il ponteggio nei riguardi dei carichi, delle sollecitazioni e dell'esecuzione.

3. Copia dell'autorizzazione ministeriale di cui all'articolo 131 e copia del progetto e dei disegni esecutivi devono essere tenute ed esibite, a richiesta degli organi di vigilanza, nei cantieri in cui vengono usati i ponteggi e le opere provvisionali di cui al comma 1.

 
 Art. 134. Documentazione

1. Nei cantieri in cui vengono usati ponteggi deve essere tenuta ed esibita, a richiesta degli organi di vigilanza, copia della documentazione di cui al comma 6 dell'articolo 131 e copia del piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in caso di lavori in quota, i cui contenuti sono riportati nell'allegato XXII del presente Titolo.

2. Le eventuali modifiche al ponteggio, che devono essere subito riportate sul disegno, devono restare nell'ambito dello schema-tipo che ha giustificato l'esenzione dall'obbligo del calcolo.

 
Art. 135. Marchio del fabbricante

1. Gli elementi dei ponteggi devono portare impressi, a rilievo o ad incisione, e comunque in modo visibile ed indelebile il marchio del fabbricante.


Art. 136. Montaggio e smontaggio

1. Nei lavori in quota il datore di lavoro provvede a redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in funzione della complessità del ponteggio scelto, con la valutazione delle condizioni di sicurezza realizzate attraverso l'adozione degli specifici sistemi utilizzati nella particolare realizzazione e in ciascuna fase di lavoro prevista. Tale piano può assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato da istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio, ed è messo a disposizione del preposto addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati.

2. Nel serraggio di più aste concorrenti in un nodo i giunti devono essere collocati strettamente l'uno vicino all'altro.

3. Per ogni piano di ponte devono essere applicati due correnti, di cui uno può fare parte del parapetto.

4. Il datore di lavoro assicura che:

a) lo scivolamento degli elementi di appoggio di un ponteggio è impedito tramite fissaggio su una superficie di appoggio, o con un dispositivo antiscivolo, oppure con qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;
b) i piani di posa dei predetti elementi di appoggio hanno una capacità portante sufficiente;
c) il ponteggio è stabile;
d) (lettera soppressa dall'art. 80 del d.lgs. n. 106 del 2009)
e) le dimensioni, la forma e la disposizione degli impalcati di un ponteggio sono idonee alla natura del lavoro da eseguire, adeguate ai carichi da sopportare e tali da consentire un'esecuzione dei lavori e una circolazione sicure;
f) il montaggio degli impalcati dei ponteggi è tale da impedire lo spostamento degli elementi componenti durante l'uso, nonché la presenza di spazi vuoti pericolosi fra gli elementi che costituiscono gli impalcati e i dispositivi verticali di protezione collettiva contro le cadute.

5. Il datore di lavoro provvede ad evidenziare le parti di ponteggio non pronte per l'uso, in particolare durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione, mediante segnaletica di avvertimento di pericolo generico e delimitandole con elementi materiali che impediscono l'accesso alla zona di pericolo, ai sensi del titolo V.

6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d'arte e conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste.

7. La formazione di cui al comma 6 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:

a) la comprensione del piano di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio;
b) la sicurezza durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio con riferimento alla legislazione vigente;
c) le misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone o di oggetti;
d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle condizioni meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;
e) le condizioni di carico ammissibile;
f) qualsiasi altro rischio che le suddette operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione possono comportare.

8. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.


Art. 137. Manutenzione e revisione

1. Il preposto, ad intervalli periodici o dopo violente perturbazioni atmosferiche o prolungata interruzione di lavoro deve assicurarsi della verticalità dei montanti, del giusto serraggio dei giunti, della efficienza degli ancoraggi e dei controventi, curando l'eventuale sostituzione o il rinforzo di elementi inefficienti.

2. I vari elementi metallici devono essere difesi dagli agenti nocivi esterni con idonei sistemi di protezione.


UNI EN 12810-1:2004
Ponteggi di facciata realizzati con componenti prefabbricati - Parte 1: Specifiche di prodotto
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 12810-1 (edizione dicembre 2003). La norma specifica i requisiti prestazionali e i requisiti generali per la progettazione costruttiva e valutazione per i sistemi di ponteggi di facciata prefabbricati.

UNI EN 12810-2:2004
Ponteggi di facciata realizzati con componenti prefabbricati - Parte 2: Metodi particolari di progettazione strutturale 
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 12810-2 (edizione dicembre 2003). La norma definisce le regole per la progettazione e l analisi strutturale dei sistemi di ponteggi di facciata attraverso calcoli e prove in conformità con la UNI EN 12810-1.

UNI EN 12811-1:2004
Attrezzature provvisionali di lavoro - Parte 1: Ponteggi - Requisiti prestazionali e progettazione generale
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 12811-1 (edizione dicembre 2003). La norma specifica i requisiti prestazionali e i metodi di progettazione strutturale e generale per ponteggi di accesso e di lavoro.

UNI EN 12811-2:2004
Attrezzature provvisionali di lavoro - Parte 2: Informazioni sui materiali 
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 12811-2 (edizione febbraio 2004). La norma fornisce una guida su dove trovare le informazioni sui materiali usati di solito nei lavori temporanei.

UNI EN 12811-3:2005
Attrezzature provvisionali di lavoro - Parte 3: Prove di carico
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese e italiana della norma europea EN 12811-3 (edizione novembre 2002). La norma specifica le regole per le prove di carico, la documentazione e la valutazione dei risultati di prova nel campo delle attrezzature di lavoro provvisionali ad azionamento non meccanico

UNI EN 74-1:2007
Giunti, spinotti e basette per l utilizzo in strutture di sostegno per opere permanenti e ponteggi - Parte 1: Giunti per tubi - Requisiti e procedimenti di prova
La presente norma è la versione ufficiale in lingua italiana della norma europea EN 74-1 (edizione ottobre 2005). La norma specifica per i giunti ortogonali, i giunti girevoli, i giunti a manicotto e i giunti paralleli:- i materiali;- i requisiti di progetto;- le classi di resistenza con differenti parametri strutturali inclusi valori di resistenza e di rigidezza;- i procedimenti di prova;- la verificae fornisce- le raccomandazioni per il controllo durante la produzione.Ai fini delle prove i giunti bullonati sono serrati con un momento torcente di 50 Nm e i giunti a cuneo sono bloccate utilizzando un martello di 500 g fino a rifiuto del cuneo

UNI EN 74-2:2009
Giunti, spinotti e basette per l utilizzo in strutture di sostegno per opere permanenti e ponteggi - Parte 2: Giunti speciali - Requisiti e procedimenti di prova
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 74-2 (edizione settembre 2008). La norma specifica:- i materiali,- i requisiti di progetto,- i valori specificati di resistenza e di rigidezza che un giunto deve ottenere quando sottoposto a prova,- i procedimenti di prova e verifica,per i seguenti giunti speciali:- mezzi giunti a vite e a cuneo, giunti a manicotto con perni a taglio, giunti di riduzione ortogonali e giunti di riduzione girevoli.Essa fornisce raccomandazioni per il controllo durante la produzione.

UNI EN 74-3:2007
Giunti, spinotti e basette per l utilizzo in strutture di sostegno per opere permanenti e ponteggi - Parte 3: Basette piane e spinotti - Requisiti e procedimenti di prova
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 74-3 (edizione aprile 2007). La norma specifica per basette piane e sagomate e spinotti sciolti da utilizzare con tubi con diametro di 48,3 mm in ponteggi e strutture di sostegno per opere permanenti:- materiali,- requisiti di progetto,- procedimenti di prova,- verifica.

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Osservatorio Amianto

ID 5968 | | Visite: 9196 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Osservatorio amianto
Osservatorio Amianto

Update 25 Settembre 2018

L'Osservatorio amianto, è un pagina del sito, dove è possibile consultare informazioni sull'amianto e il rischio relativo: Documenti, Normativa, News, ecc. La pagina sarà aggiornata periodicamente (Fonti INAIL, altre).

Cosa è, dove e stato utilizzato e in quali lavorazioni, come conoscere i rischi e bonificare il territorio, le armi della ricerca scientifica e il sistema di sorveglianza epidemiologica: una pagina dedicata all'amianto, aggiornata con i dati della VI Relazione annuale 2018.

Pubblicato il VI Rapporto del Registro nazionale dei mesoteliomi

Il VI Rapporto del Registro nazionale dei mesoteliomi 2018 riporta i dati di incidenza e di esposizione ad amianto per i casi di mesotelioma maligno rilevati dalla rete dei Centri Operativi Regionali (Cor).

Sono descritte le misure epidemiologiche di incidenza, età media alla diagnosi, rapporto di genere, distribuzione territoriale per oltre 25.000 casi di mesotelioma con diagnosi dal 1993 al 2015.

I settori di attività economica e le mansioni maggiormente coinvolte nell’esposizione ad amianto sono discussi a partire dai dati epidemiologici ottenuti dalle interviste anamnestiche retrospettive ai soggetti ammalati.

Amianto, il killer silenzioso. Resistenza, flessibilità e versatilità.

Sono queste proprietà ad aver reso l’amianto uno tra i materiali fibrosi più usati nella produzione industriale e civile, nella costruzione degli edifici, nelle coibentazioni di treni, autobus e navi, nelle vernici, negli elettrodomestici, nei rivestimenti delle condutture, nei cassoni dell’acqua. L’utilizzo massiccio, avvenuto in Italia soprattutto tra gli anni ’50 e la fine degli anni ’70, ha trasformato l’esposizione all’amianto in un dramma dalle forti ripercussioni sociali. Malgrado sia stato messo al bando nel 1992 (con la legge 257), studi scientifici ed epidemiologici sostengono che nei prossimi 15 anni assisteremo a un forte incremento delle malattie correlate alla fibra killer, quali l’asbestosi, il tumore della pleura (mesotelioma pleurico) e il carcinoma polmonare.


Mappatura del territorio italiano: da Monfalcone a Siracusa, la geografia del rischio nel nostro Paese.

Sono ben 34mila i siti contaminati da amianto in Italia, una cifra destinata a crescere perché frutto di una mappatura ancora in corso da parte di Inail, ministero dell'Ambiente e Regioni. Le zone con mortalità da amianto più elevata sono quasi tutte costiere, per la presenza di cantieri navali e porti, e sono concentrate a Monfalcone (in provincia di Gorizia) e Trieste nel nord est; a Genova e La Spezia nel nord ovest e Taranto al sud. Fra le altre province interessate da altre lavorazioni figurano, invece, Casale Monferrato (in provincia di Alessandria) sede, per circa 80 anni, della più grande fabbrica di cemento-amianto della Eternit; Bari e Pavia con Fibronit, Bagnoli con Eternit e Italsider, Siracusa (Eternit), Milazzo – ex Sacelit e Pistoia, sede di Breda Costruzioni Ferroviarie, Emarese – miniere da amianto.

Mappatura delle discariche presenti sul territorio nazionale.

I ricercatori del Gruppo amianto e aree ex-estrattive minerarie del DIT – Inail (Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici) da anni affrontano le problematiche legate alla fase di fine ciclo dei rifiuti contenenti amianto (RCA). Le attività di ricerca svolte a livello nazionale e regionale hanno consentito agli esperti di disegnare la mappa delle discariche presenti sul territorio nazionale (in esercizio, sospese e in attesa di autorizzazione, chiuse) e di monitorare i volumi dei rifiuti (smaltiti, residui e futuri). Il lavoro del Gruppo - finalizzato, tra gli altri, a migliorare i livelli di sicurezza tutelando anche gli ambienti di vita - è stato raccolto nel volume “Mappatura delle discariche che accettano in Italia i rifiuti contenenti amianto e loro capacità di smaltimento passate, presenti e future”, disponibile sul sito web Inail.

Classificazione e gestione dei rifiuti contenenti amianto.

A distanza di un anno, i ricercatori dello stesso Gruppo hanno pubblicato il volume “Classificazione e gestione dei rifiuti contenenti amianto – istruzioni operative Inail ai fini della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e degli ambienti di vita”, focalizzato sulla classificazione dei rifiuti pericolosi contenenti amianto e sul successivo corretto smaltimento. Di grande interesse, nell’apertura della pubblicazione, l’individuazione dei principali prodotti contenenti amianto, classificati per settore d’impiego e per categorie di riferimento, con evidenza, per ciascuna attività economica, dei più frequenti utilizzi dei prodotti stessi e dei luoghi in cui possono essere rinvenuti.

Gli esperti del DIT - Inail hanno poi identificato ben 100 tipologie di rifiuti gestite durante le operazioni di bonifica e smaltimento, e hanno attribuito loro uno dei codici di classificazione previsti dal Catalogo europeo dei rifiuti – CER (solo 8 codici per l’amianto), individuando anche la tipologia di discarica più idonea. Da un attento esame del Catalogo, sono stati individuati altri 21 codici CER (riferiti a ‘sostanze pericolose’) applicabili ai rifiuti contenenti amianto, confermati anche dai dati forniti dai gestori delle discariche presenti sul territorio nazionale e da alcune società di bonifica.

La corretta attribuzione del codice di riferimento al rifiuto contenente amianto è fondamentale per migliorare la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori addetti (che debbono acquisire maggiore consapevolezza dei rischi durante le attività di bonifica e di gestione dei rifiuti negli impianti di smaltimento definitivo) e la tutela degli ambienti di vita per evitare che smaltimenti impropri o volutamente illegali in siti non idonei possano contaminare il territorio e la popolazione residente.
In conclusione, la pubblicazione riporta una sezione documentale con un compendio dei principali documenti elaborati dal DIT – Inail sulla materia.

Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM): i risultati del IV Rapporto.

Nel 2011 si sono avute 2.312 denunce di nuovi casi di patologie legate all’amianto rispetto alle 2.326 dell'anno precedente (-0,6%) e alle 2.244 del 2009 e il rapporto tra i casi riconosciuti dall'Inail rispetto a quelli denunciati - nel 2009 e nel 2010 - è stato del 70 per cento circa (nel 2011 è stato del 65%, ma il dato è da ritenersi ancora provvisorio per difetto). I decessi dovuti all'amianto nel 2011 (rilevazione al 30 settembre) sono stati 692, a fronte degli 837 del 2010 e degli 853 nel 2009 (anno in cui si è registrato il picco del quinquennio 2007-2011). In media, l'87% dei casi mortali è stato causato da neoplasie da asbesto.

Sono, invece, 15.845 i mesoteliomi maligni - cioè i tumori dovuti all'esposizione all'amianto - rilevati in Italia tra il 1993 e il 2008. I dati sono frutto del quarto rapporto del ReNaM, presentato nel corso della II Conferenza governativa sulle malattie asbesto-correlate (Venezia, 22-24 novembre 2012).



I casi di mesotelioma attraverso un innovativo lavoro di analisi territoriale.

Per la prima volta la patologia asbesto-correlata è stata interpretata sulla base dei risultati dell’analisi territoriale - incentrata sulle modalità di esposizione all’amianto (e non sui decessi) - svolta dai Centri operativi regionali del ReNaM (Cor) che hanno raccolto le storie occupazionali, residenziali e familiari di 11.852 lavoratori intervistati. Lo studio, effettuato dai Cor con i ricercatori Inail del laboratorio di epidemiologia del Dimelia (dip. di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale), è stato pubblicato di recente sulla rivista scientifica open access BMC Cancer.

Patologie asbesto-correlate: la situazione nei dati della Relazione annuale 2014

Sono 1.736 le malattie professionali riconosciute, di cui 414 con esito mortale. Questi i dati riportati, tra gli altri, dalla Relazione annuale 2014 (presentata a Montecitorio il 9 luglio 2015 da Massimo De Felice, Presidente Inail). La gestione Industria e Servizi conta il maggior numero di casi 1.708 (di cui 408 mortali), a seguire l’Agricoltura (8, di cui 1 mortale) e per conto dello Stato (20, di cui 5 mortali). Tra i lavoratori, i più colpiti sono gli italiani: 1.725 (1.647 maschi e 78 femmine), di cui 411 casi mortali (rispettivamente 391 e 20) e, tra le aree geografiche, il nord. Sul totale dei casi di malattia professionale riconosciuta con esito mortale (1.488), se ne contano 490 per silicosi e asbestosi.



Il ruolo dell'Istituto nella sfida all'amianto.

L’Inail è al fianco delle imprese e dei lavoratori e svolge un ruolo diversificato per contrastare l’esposizione all’amianto tramite le azioni di prevenzione (che passano per la conoscenza dei rischi e gli incentivi), le azioni di bonifica e le prestazioni erogate.

Sul fronte della sicurezza sul lavoro, i Dipartimenti e le Consulenze dell’Istituto portano avanti progetti di ricerca che mirano a individuare i rischi emergenti e le strategie di contrasto e prevenzione; mentre, tramite l’”Operazione incentivi alle imprese” (sistema di finanziamenti per la sicurezza nei luoghi di lavoro che conta anche la voce “bonifica amianto” tra le 11 censite per classificare i progetti presentati), nel 2012 (bando 2011), sono stati ammessi a finanziamento 432 progetti (su un totale di 4.316) per un importo di circa 25 milioni di euro e, nel 2013 (bando 2012), 374 progetti (su un totale di 3690), per un importo di circa 20 milioni di euro.

Sul fronte della tutela dei lavoratori nel 2013, oltre agli indennizzi in rendita, sono state erogate più di 16.400 prestazioni aggiuntive a carico del Fondo per le vittime dell’amianto (istituito nel 2008), destinate ai titolari di rendita per malattia asbesto-correlata. Va ricordato che, se il lavoratore risulta essere affetto da una malattia causata dall’esposizione all’amianto (contratta nell’esercizio e a causa di una lavorazione rischiosa), può presentare denuncia all’Inail per ottenere un indennizzo dei danni (prestazioni economiche, sanitarie e riabilitative). Se, invece, risulta malato di asbestosi, patologia grave e irreversibile dell’apparato respiratorio contratta a causa di una delle lavorazioni tassativamente previste per legge (tabella Allegato 8 del Testo Unico della sicurezza sul lavoro, D.P.R 1124/1965), viene applicata una disciplina speciale che, tra le altre, prevede la possibilità anche di erogare una "rendita di passaggio”, per prevenire l’aggravamento della malattia e incentivare il lavoratore ad abbandonare la lavorazione nociva.

Infine, sotto il profilo previdenziale, la normativa prevede l’applicazione di benefici pensionistici per i lavoratori che, entro il termine del 2 ottobre 2003, siano stati adibiti a lavorazioni con esposizione alle fibre di amianto per più di dieci anni (certificata dall’Inail).



Piano nazionale amianto. Tutela della salute, tutela dell’ambiente, aspetti di sicurezza del lavoro e previdenziali.

Sono tre le macro aree intorno alle quali ruotano obiettivi e azioni del "Piano nazionale amianto. Linee di intervento per un’azione coordinata delle amministrazioni statali e territoriali” presentato ad aprile 2013 a Casale Monferrato. Strumento organico elaborato dai ministeri della Salute, dell’Ambiente e del Lavoro, il documento è frutto del confronto tra giuristi, scienziati, esperti epidemiologici e clinici aperto dalla II Conferenza governativa sulle malattie asbesto-correlate (Venezia, 22-24 novembre 2012). Gli obiettivi di medio-lungo periodo previsti dal piano abbracciano ambiti e competenze diversificate: dalla sanità all’ambiente, dall’economia alla previdenza. Nel mese di giugno 2014, il Piano è stato oggetto di una mozione unitaria approvata dalla Camera dei deputati finalizzata a impegnare il governo ad approvarlo definitivamente, prevedendo, tra le altre iniziative, gli stanziamenti necessari alla sua completa attuazione.

Archivio News

Bonifica dell’amianto, allo studio del governo un programma di finanziamenti straordinari
13 febbraio 2015
Il provvedimento – contenuto in una bozza del decreto ora al vaglio del ministero dell’Ambiente e presto all’esame dell’esecutivo – consente ai presidenti delle Regioni di contrarre mutui ventennali per sostenere gli interventi. La copertura delle rate di ammortamento, per il triennio 2015-2017, è pari a circa 5 milioni annui

Amianto, terza Consensus Conference: per completare le bonifiche necessari 85 anni
6 febbraio 2015
Il tema dello smaltimento della fibra killer ha avuto un ruolo centrale nei lavori della due giorni dedicata al controllo del mesotelioma maligno della pleura, che ha riunito a Bari i maggiori esperti della patologia insieme a giuristi, giornalisti e rappresentanti di istituzioni e associazioni delle vittime

La Cassazione annulla la sentenza Eternit: Il reato è prescritto
20 novembre 2014
La Suprema Corte ha cancellato il verdetto di colpevolezza nei confronti del magnate elvetico Schmidheiny già dal primo grado di giudizio. Lo sgomento dei familiari delle vittime: “Vergogna, ingiustizia è fatta”. Per il pm Guariniello “non bisogna demordere”. Il presidente del Consiglio Renzi: “Necessario cambiare le regole”

Processo Eternit. Lucibello: Attendiamo le motivazioni della sentenza
20 novembre 2014
Il direttore generale dell’Inail interviene dopo la decisione della Corte di Cassazione di azzerare condanne e risarcimenti: “In caso di ulteriori giudizi, valuteremo cosa fare per tutelare l'Istituto e garantire al meglio le prestazioni”. Intanto il sindaco di Casale Monferrato chiede un incontro col governo: “Continueremo a lottare”

Morti per amianto: in Europa oltre la metà dei casi di tutto il mondo
10 novembre 2014

Ad affermarlo è un recente studio dell’Oms: il 56% dei decessi per mesotelioma e il 41% di quelli per asbestosi – pari, nel complesso, a 7.500 vittime – sono legati al Vecchio Continente: un andamento dovuto al ruolo storico di quest’area geografica quale centro globale di utilizzo della fibra killer

Amianto alla Olivetti, la procura di Ivrea indaga su almeno altre sei morti sospette
1 ottobre 2014

I casi del fascicolo bis si aggiungono ai 15 per i quali la scorsa settimana è stato notificato a 39 persone l’avviso di chiusura delle indagini. Secondo i pm i vertici della storica fabbrica di macchine da scrivere, poi diventata pioniera nell’informatica, sarebbero intervenuti in ritardo per tutelare i lavoratori

Amianto, gli ex vertici dell’Ilva colpevoli di una consapevole e lucida omissione
10 settembre 2014

Depositate le 286 pagine di motivazioni della sentenza di primo grado con la quale lo scorso maggio 27 manager del polo siderurgico di Taranto sono stati condannati per la morte degli operai affetti da mesotelioma pleurico, contratto a causa dell’esposizione alla fibra killer presente all’interno dello stabilimento

Amianto: rinviati a giudizio sei ex manager di Fiat Auto e Alfa Romeo
24 luglio 2014

Comincerà il prossimo 5 novembre, a Milano, il dibattimento relativo alla morte di 15 lavoratori dello stabilimento di Arese per forme tumorali legate all’esposizione alla fibra killer. Secondo l’accusa gli operai avrebbero respirato fibre della sostanza, negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, senza adeguate misure di sicurezza

Amianto: al via il maxi-processo sul petrolchimico di Ravenna
26 giugno 2014

Alla prima udienza del procedimento l’ammissione di una dozzina di nuove parti civili e l’unificazione di un fascicolo bis relativo alla morte di un lavoratore e alla malattia di altri due. Salgono a 78 le parti offese, tra personale del polo industriale e familiari colpiti dall’esposizione alla fibra killer. Venti dirigenti e manager alla sbarra

Amianto, la Camera vota all’unanimità una mozione per l’attuazione del Piano nazionale
25 giugno 2014
A poco più di un anno dalla presentazione nella città-simbolo di Casale Monferrato, il testo impegna il governo ad approvarlo definitivamente, prevedendo i finanziamenti necessari, e ad assumere iniziative per incrementare le prestazioni a favore delle vittime di patologie asbesto-correlate e dei loro familiari

Amianto: un nuovo libro Inail sullo smaltimento e la mappatura delle discariche
11 dicembre 2013
I ricercatori del Dipartimento installazioni di produzione e insediamenti antropici dell’Istituto (Dipia) hanno realizzato un volume – aggiornato al 30 giugno 2013 – che offre una visione complessiva della situazione sul territorio italiano e un’analisi approfondita delle problematiche nella gestione di questa tipologia di rifiuti

Amianto, l’attività di ricerca Inail per la bonifica dei siti contaminati
24 giugno 2013

Su tutti l’esempio di Casale Monferrato, città simbolo della tragedia che ha colpito migliaia di lavoratori e le loro famiglie. Nella difficile battaglia contro la fibra killer gli esperti dell’Istituto contribuiscono con l’elaborazione di pareri tecnico-scientifici, sopralluoghi sul campo e la redazione di linee guida

Appello Eternit, Schmidheiny condannato a 18 anni per disastro doloso
3 giugno 2013

La sentenza aumenta di due anni la pena inflitta in primo grado al manager svizzero della multinazionale dell’amianto, ritenuto responsabile non solo per le morti e le malattie legate agli stabilimenti di Cavagnolo e Casale, ma anche per i casi di Bagnoli e Rubiera, che nel primo processo erano stati considerati prescritti

Amianto, una strategia nazionale per fronteggiare l’emergenza
8 aprile 201
3
Presentato nella città-simbolo di Casale Monferrato il piano elaborato dai ministeri della Salute, dell’Ambiente e del Lavoro per la lotta alla fibra killer, che a più di vent’anni dalla messa al bando continua a rappresentare una grave minaccia. Balduzzi: “Risposta operativa a una vicenda sulla quale era sceso l’oblio”

L’Europarlamento contro l’amianto: Smaltimento definitivo entro il 2028
14 marzo 2013

Nella sessione plenaria di Strasburgo, approvata a larga maggioranza una risoluzione che propone di adottare una strategia comune per l’eliminazione totale della fibra killer, ancora presente in un gran numero di edifici, macchinari, tubature, treni e navi del continente. Il relatore Stephen Hughes: “È un messaggio forte alla Commissione, che ora deve agire”

Selezione delle news pubblicate dal 2010 al 2012

Assistenza, prevenzione e ricerca: il ruolo dell'Inail nella sfida all'amianto
22 novembre 2012 

Il presidente, Massimo De Felice, in occasione dell'apertura dei lavori della seconda Conferenza governativa di Venezia sulle patologie asbesto-correlate, ha presentato una lettura dell'evoluzione e dello stato del fenomeno, ribadendo la volontà dell'Istituto di svolgere un ruolo importante nella promozione delle strategie di contrasto

Mesoteliomi: in 15 anni quasi 16mila casi. Ma dal 2015 previsto l'assestamento
22 novembre 2012

Presentati a Venezia nella seconda Conferenza governativa sull'amianto e le patologie correlate i dati dell'ultimo Rapporto del ReNaM: dal 2005 al 2008 circa 6mila i soggetti ammalati a causa dell'esposizione all'asbesto. Ma la fase di crescita della patologia si sta attenuando. L'edilizia è il settore più colpito

Inail al processo Eternit: un contributo all'accertamento della verità
23 novembre 2012

Una sentenza di grande rilievo giuridico: alla Conferenza governativa di Venezia l'avvocato generale, Luigi La Peccerella, ha analizzato i punti nodali di un verdetto che ha dato un contributo importante alla cultura della sicurezza sul lavoro e che si è avvalso del patrimonio informativo e dell'esperienza medico-legale dell'Istituto

Amianto. Depositata la sentenza Eternit: "Dolo di elevatissima intensità"
14 maggio 2012
In oltre 700 pagine la motivazione della condanna a 16 anni di carcere per i due ex manager della multinazionale, Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier. Secondo i giudici hanno cercato di nascondere e di minimizzare gli effetti nocivi derivanti dalla lavorazione dell’asbesto “pur di proseguire nella condotta criminosa”

Al via il fondo per le vittime dell'amianto
13 aprile 2011
Entra in vigore oggi il decreto che stabilisce l’organizzazione, il finanziamento e le modalità di erogazione della prestazione aggiuntiva ai lavoratori titolari di rendita a seguito di una patologia asbesto-correlata

Cassazione. Morti per asbestosi: l'azienda è sempre colpevole
5 novembre 2010
Dall’amministratore delegato al cda, al direttore di stabilimento: così la sentenza della Suprema Corte, motivata dal parere unanime della letteratura scientifica secondo cui questa patologia è sempre determinata da condotte omissive sulla sicurezza 

Collegamenti

Pubblicazioni

Normativa e documentazione Normativa europea

Una sintesi della legislazione dell'Unione europea sui rischi legati all'esposizione dei lavoratori all'amianto e le norme di protezione e di prevenzione

Normativa nazionale

Legge 257/1992: Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto
Legge 271/1993: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 169/1993, recante disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell'amianto
Legge 24 novembre 2003 n. 326: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 269/2003, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici
Circolare INAIL n. 90 del 29 dicembre 2004: Nuova disciplina in materia di benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto
Legge 266/2005: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
Legge 247/2007: Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale
Decreto del ministero del Lavoro e della previdenza sociale del 12 marzo 2008: Modalità attuative dei commi 20 e 21 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, concernente la certificazione di esposizione all'amianto di lavoratori occupati in aziende interessate agli atti di indirizzo ministeriale

Fonte: INAIL

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 16092 | 11 Aprile 2018

ID 5966 | | Visite: 2883 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Infortunio durante le operazione di scarico di billette di acciaio

Procedura di movimentazione della gru

Penale Sent. Sez. 4 Num. 16092 Anno 2018

Penale Sent. Sez. 4 Num. 16092 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 15/02/2018

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 10.5.2017 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado, che ha dichiarato G.G. responsabile in ordine all'infortunio sul lavoro avvenuto nella sede della società Stamperia C.G. e Figli ai danni di C.S., che riportava lesioni personali secondo le seguenti modalità ritenute in sentenza: durante l'operazione di scarico da un camion di billette di acciaio, il G.G., alla guida dell'autogrù deputata al sollevamento del materiale, azionava la gru quando la persona offesa (addetta all'imbragatura del materiale) si trovava ancora sul camion, in palese violazione della procedura operativa che prevedeva l'allontanamento del C.S. prima della movimentazione della gru, ed in tal modo la caviglia del medesimo rimaneva schiacciata fra due fasci di billette (fatto del 29.3.2011).

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione G.G., a mezzo dei propri difensori, lamentando quanto segue.

I) Manifesta illogicità della motivazione della sentenza.

Deduce che erroneamente la Corte di appello, nella procedura di scarico delle sbarre di acciaio, ha escluso l'esistenza di un momento intermedio di pretensionamento delle catene, o meglio di controllo della stabilità e tenuta del carico, durante il quale le billette non vengono sollevate, ma si mettono in tensione solamente le catene, alla presenza dell'autista, verificando che le billette non si stacchino dai ganci. Sul punto ritiene che la sentenza abbia travisato quanto processualmente emerso, disarticolando l'intero ragionamento probatorio e rendendo la motivazione illogica, anche per non aver tenuto conto delle deposizioni testimoniali.
Sostiene che il lavoratore non si faceva male durante la fase di sollevamento delle catene, ma durante l'operazione di aggancio, lasciando per distrazione il piede tra i fasci.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile, in quanto svolge essenzialmente censure in fatto, pretendendo che la Corte di cassazione rivaluti nel merito la responsabilità del prevenuto, asseritamente insussistente in quanto l'infortunio non sarebbe riconducibile ad una condotta colposa del gruista ma ad una "distrazione" del lavoratore durante l'operazione di scarico delle merci dianzi descritta.

2. Giova qui ribadire che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità «deve essere limitato soltanto a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l'adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali» (in tal senso, ex plurimis, Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 1996, Rv. 203272).

Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite, le quali hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207945). La Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell'art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasta preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del 23/03/2006, Rv. 234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 1, n. 1769 del 23/03/1995, Rv. 201177; Sez. 6, n. 22445 in data 8.05.2009, Rv. 244181).

3. Nel caso in disamina la Corte territoriale ha congruamente e logicamente motivato la conferma dell'affermazione di responsabilità del G.G. in ordine al reato di lesioni colpose cagionate al C.S., fondandosi su un dato su cui entrambi i giudici di merito hanno convenuto (si tratta infatti di una "doppia conforme"): la movimentazione anzitempo della gru da parte del prevenuto, durante una fase in cui il lavoratore non si era ancora allontanato dal carico da movimentare, collocato sul cassone del camion. In sostanza, è stato appurato che l'imputato azionò la gru quando la persona offesa si trovava ancora sul camion all'interno dell'area di manovra, in palese violazione della procedura operativa prevista per le aziende coinvolte, secondo cui l'autista del camion, dopo avere imbracato il materiale da scaricare, doveva allontanarsi dall'area di manovra della gru; ciò che certamente avrebbe impedito il verificarsi dell'evento lesivo in riferimento.

In questa prospettiva, la tesi difensiva in ordine ad una fase intermedia di "pretensionamento" delle catene, estranea alla condotta dell'imputato, durante la quale si sarebbe verificato l'infortunio per una "disattenzione" dell'autista, non è sostenibile in cassazione - che non è giudice del fatto -, posto che la diversa spiegazione, concordemente fornita dai giudici di merito, è comunque logica e plausibile, come tale insindacabile in sede di legittimità.

In tale motivazione sono esplicitamente disattese le doglianze svolte nei motivi di appello ed in essa non si ravvisa alcuna contraddittorietà o manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999, dep. 2000, Rv. 215745; Sez. 2, n. 2436 del 21/12/1993, dep. 1994, Rv. 196955).

4. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 15 febbraio 2018

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Guida alle prestazioni

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Guida alle prestazioni INAIL 2018

Guida alle prestazioni assicurative

INAIL Edizione 2018

Questa guida si propone di delineare, nei tratti essenziali, il contesto previdenziale nel quale è inserito l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro - Inail e la più recente evoluzione normativa che ha riguardato l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali.

La guida indica le modalità di accesso alle prestazioni assicurative.

A queste ultime sono dedicate specifiche schede illustrative che ne evidenziano le diverse tipologie, economiche, sanitarie e socio-sanitarie.

Le informazioni di carattere personale, riguardanti singoli casi di infortunio o di malattia professionale, vanno richieste alle Sedi operative dell’Istituto; tra queste, competente a trattare il caso è quella nel cui territorio si trova il domicilio del lavoratore interessato.

...

La Costituzione italiana garantisce a tutti i cittadini il diritto alla salute sui luoghi di lavoro. Lo Stato stabilisce l’obbligo per i datori di lavoro di assicurare i lavoratori addetti ad attività pericolose dal rischio di possibili infortuni sul lavoro e di malattie professionali, causate cioè dalla stessa attività lavorativa.

La legge, nell’individuare le attività lavorative rischiose, le suddivide in due grandi gruppi: quelle svolte mediante l’uso di macchine, apparecchi o impianti e altre che sono tassativamente indicate in specifici elenchi. L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro - Inail, è un ente pubblico non economico erogatore di servizi a carattere nazionale, con personalità giuridica e autonomia di gestione. L’Ente eroga prestazioni ai lavoratori che subiscono infortuni sul lavoro o contraggono malattie causate dall’attività lavorativa.

L’Inail, insieme all’Inps, è inserito nel sistema di welfare1 a cui lo Stato delega in via esclusiva gli interventi di assicurazione sociale. Per questo motivo, gli Enti indicati sono sottoposti alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze. Anche a seguito di recenti innovazioni normative, la tutela ha assunto sempre più le caratteristiche di un sistema ‘globale e integrato’ che va dagli interventi di prevenzione nei luoghi di lavoro alle prestazioni economiche e sanitarie, alle cure, alla riabilitazione e al reinserimento nella vita sociale e lavorativa. Nell’ambito, poi, di un più ampio sistema di prevenzione l’Istituto collabora con gli enti assicuratori di altri Paesi, europei ed extraeuropei, e coopera con le principali organizzazioni internazionali che si occupano della tutela del lavoro.

Oggetto dell’assicurazione sono l’infortunio sul lavoro e la malattia professionale.

È infortunio sul lavoro l’infortunio che avviene per causa violenta - concentrata nel tempo ed esterna all’organismo del lavoratore - in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o una inabilità permanente al lavoro/un danno biologico permanente o una inabilità temporanea assoluta che comporti l’astensione dal lavoro per più di tre giorni. La malattia professionale si differenzia dall’infortunio per la natura del suo rapporto con il lavoro, in quanto contratta nell’esercizio - protratto nel tempo - e a causa delle lavorazioni esercitate. L’assicurazione contro le malattie professionali opera nei confronti delle stesse persone per le quali è previsto l’obbligo assicurativo contro gli infortuni sul lavoro.

La tutela e l’automaticità delle prestazioni

L’assicurazione è obbligatoria per tutti i datori di lavoro che occupano lavoratori dipendenti e/o parasubordinati nelle attività individuate dalla legge come rischiose. L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è un’assicurazione sociale con funzione indennitaria: l’indennizzo dovuto dall’Ente assicuratore non può mai superare l’importo del danno sofferto dall’assicurato. Una delle caratteristiche sostanziali che differenziano l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dalle assicurazioni private è l’automaticità delle prestazioni.

Per il principio di automaticità delle prestazioni, infatti, la tutela assicurativa comprende anche i casi in cui il datore di lavoro non abbia regolarmente versato il premio assicurativo. Nel caso dei lavoratori autonomi, che hanno la duplice veste di assicurante e di assicurato, il diritto alle prestazioni resta sospeso - per le sole prestazioni economiche - fino al versamento del premio dovuto.

Il principio di automaticità delle prestazioni non si applica agli infortuni in ambito domestico, per i quali il diritto alla rendita decorre dal giorno successivo alla data del pagamento del premio. L’assicurazione, inoltre, esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile conseguente ai danni subiti dai propri dipendenti, salvo i casi in cui abbia commesso reati in violazione delle norme sulla prevenzione.

________

Indice:

Presentazione
Premessa
L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali
Oggetto dell’assicurazione
La tutela e l’automaticità delle prestazioni
Evoluzione delle norme di tutela
Le prestazioni
Economiche
Sanitarie e Socio-sanitarie
Integrative
Modalità d’accesso
In caso di infortunio
In caso di malattia professionale
L’accertamento del danno permanente
La revisione del danno permanente
In caso di infortunio
In caso di malattia professionale
Tutela degli infortuni e delle malattie professionali in ambito internazionale
Normativa comunitaria
Normativa extracomunitaria
Schede sintetiche delle prestazioni

Contenzioso

Fonte: INAIL

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Deliberazione GR Piemonte 16 marzo 2018 n. 34-6629

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PDL amianto Regione Piemonte 2016 2020

Deliberazione GR Piemonte 16 marzo 2018, n. 34-6629

Deliberazione della Giunta Regionale 16 marzo 2018, n. 34-6629 D.C.R. n. 124-7279 del 1 marzo 2016

Piano Regionale Amianto per gli anni 2016-2020.
Linee di indirizzo e indicazioni operative per la redazione dei Piani di Lavoro di demolizione/rimozione amianto ai sensi dell' art. 256 del D.Lgs. 81/08.
________

Le presenti Linee di indirizzo contengono le indicazioni per la redazione dei Piani di lavoro (PDL) per la rimozione dell’amianto o di materiali contenenti amianto in matrice compatta e friabile, sulla base di quanto stabilito dall’art. 256 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i. La scheda relativa all’amianto in matrice compatta riguarda le coperture e le tubazioni in cementoamianto; per quanto riguarda le tubazioni, non sono comprese quelle interrate. Nella scheda relativa all’amianto in matrice friabile non è compresa la bonifica di amianto in matrice minerale, ballast e materiali dispersi nel terreno, nonché di materiali contenenti amianto utilizzati impropriamente (esempio polverino).

La finalità delle Linee di indirizzo è duplice: fornire alle imprese che devono eseguire questa tipologia di lavori indicazioni chiare per la redazione dei Piani di lavoro, omogeneizzare le valutazioni dei Piani che le Strutture S.Pre.S.A.L. delle ASL della Regione Piemonte devono effettuare, nel rispetto della normativa vigente e dell’obiettivo di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori occupati nei lavori di bonifica e la protezione dell’ambiente esterno. Prima di entrare nel merito della valutazione dei Piani di lavoro, sono di seguito riportati alcuni principi generali e richiami alla norma, sempre nell’ottica di uniformare l’attività dei Servizi e agevolare la redazione dei Piani.

Gli aspetti che il PDL deve contenere sono definiti dal comma 4 dell’art. 256 del D.Lgs. 81/08. Il presente documento entra nel merito di questi aspetti, definendo i contenuti minimi, irrinunciabili, del PDL. Il Piano dovrà essere redatto dal Datore di Lavoro della ditta esecutrice dei lavori (DL) secondo il contenuto delle schede allegate, che sostituiscono le disposizioni contenute nelle Circolari n. 151/48 del 08/01/1993 e n. 2794/48/768 del 26/04/1996 della Regione Piemonte. Anche i datori di lavoro che eseguono direttamente i lavori di rimozione, senza ausilio dei propri dipendenti, hanno l’obbligo di redigere il Piano di lavoro. Copia del PDL deve essere inviato dal DL alla Struttura S.Pre.S.A.L. competente per territorio almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori.

Nelle more della predisposizione del sistema di invio telematico il PDL dovrà essere inviato privilegiando il formato digitale. La trasmissione del PDL alla Struttura S.Pre.S.A.L. non comporta per il Datore di lavoro alcun onere economico. Nei casi di rimozione di materiali contenenti amianto per i quali è prevista la certificazione di restituibilità, si dovrà prevedere il pagamento alla predetta Struttura delle tariffe stabilite dalla DGR n. 42-12939 del 5 luglio 2004. Visto che l’art. 256 c. 4 lett. g) del D.Lgs. 81/08 prevede l’obbligo di comunicare all’organo di vigilanza anche la data di inizio dei lavori e la loro durata presumibile, il DL deve indicare nel PDL la data di inizio e il programma dei lavori, con il cronoprogramma dell'effettiva attività di bonifica.

Qualora la data di inizio lavori o il cronoprogramma indicati nel PDL non siano rispettati, deve essere inviata comunicazione alla Struttura S.Pre.S.A.L. almeno 3 giorni lavorativi prima delle modifiche che interverranno. Tutti i Piani di Lavoro che pervengono alle Strutture S.Pre.S.A.L, di norma, devono essere valutati entro 30 giorni dalla data di arrivo. Se entro tale periodo la Struttura non formula motivata richiesta di integrazione o modifica del Piano e non rilascia prescrizione operativa, il DL può eseguire i lavori e le Strutture SPreSAL non devono comunicare l’adeguatezza del PDL. Se, invece, la Struttura formula motivata richiesta di integrazione/modifica del PDL o rilascia prescrizioni operative, il DL non può eseguire i lavori. 

La presentazione da parte del DL delle integrazioni richieste o del PDL modificato, fanno ripartire l’iter di cui sopra e pertanto l’organo di vigilanza avrà nuovamente 30 gg. di tempo per valutare i nuovi documenti ed eventualmente formulare una nuova richiesta di integrazione o modifica del PDL nonché rilasciare prescrizioni operative. Qualora la valutazione dell’organo di vigilanza dia esito positivo prima della nuova scadenza, si procederà ad informare per iscritto il DL della possibilità di iniziare i lavori, con le modalità sopra indicate (comunicazione almeno 3 giorni lavorativi prima dell’inizio dei lavori). L’obbligo del preavviso di 30 giorni prima dell’inizio dei lavori non si applica nei casi di urgenza.

Nel Piano di lavoro, in questo caso, oltre alla data di inizio, deve essere fornita dal DL l’indicazione dell’orario di inizio delle attività. I casi di urgenza sono rappresentati da lavori la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti imminenti in presenza di materiale pericolante o altri fattori di rischio, per organizzare urgenti misure di salvataggio o per garantire la continuità, in condizioni di emergenza, dell'erogazione di servizi essenziali per la popolazione, quali corrente elettrica, acqua, gas, reti di comunicazione. Al fine di evitare fraintendimenti, la committenza o l’impresa incaricata possono contattare la Struttura S.Pre.S.A.L. territorialmente competente per verificare se sussistano gli effettivi presupposti dell’intervento in urgenza.

REQUISITI DELLE IMPRESE
Come previsto dall’art. 256 c. 1 del D.Lgs. 81/08, i lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto possono essere effettuati solo dalle imprese rispondenti ai requisiti previsti dall’art. 212 commi 5 e 6 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Tutte le imprese, anche quelle individuali, devono quindi essere iscritte all'Albo Gestori Ambientali nella Categoria 10 – bonifica dei beni contenenti amianto (cfr. Deliberazione 30.03.2004 n. 1 del Comitato Nazionale dell’Albo Nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti).

FORMAZIONE DEI LAVORATORI
I lavoratori possono essere adibiti alle attività di bonifica amianto solo se in possesso di specifica abilitazione rilasciata a seguito della frequenza dei corsi di formazione professionale previsti dall’art. 10 c. 2 lett. h) della Legge n. 257/92. La Deliberazione della Giunta Regionale 12 dicembre 2016, n. 13-4341 “DCR n. 124-7279 del 1 marzo 2016. Attuazione del Piano Regionale Amianto per quanto riguarda i programmi formativi e le modalità di svolgimento dei corsi degli operatori che effettuano attività di bonifica, smaltimento dell'amianto, controllo e manutenzione” indica i contenuti della formazione per gli addetti alle attività di rimozione e di smaltimento dell’amianto e per i responsabili tecnici di gestione rimozione bonifica e smaltimento materiali contenenti amianto. Gli oneri per la formazione, l’informazione e l’addestramento dei lavoratori sono a carico del DL.

RESTITUIBILITÀ DELLE AREE BONIFICATE
L’art. 256 c. 4 lett. c) del D.Lgs. 81/08 stabilisce espressamente che il PDL contenga informazioni sulla “verifica dell'assenza di rischi dovuti all'esposizione all'amianto sul luogo di lavoro, al termine dei lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto”. Tale verifica consiste nel visionare accuratamente l’area di cantiere per accertare l’assenza di residui di materiale contenente amianto. Ferma restando tale verifica, che deve essere condotta in tutti i casi dall’impresa esecutrice dei lavori, si dovrà richiedere alla Struttura S.Pre.S.A.L. la certificazione di restituibilità nei seguenti casi:

- rimozione amianto in matrice compatta in ambienti confinati;
- rimozione amianto in matrice friabile;
- rimozione amianto con tecnica del glove-bag se questa avviene in ambienti confinati

Alla richiesta della certificazione di restituibilità è necessario allegare copia del pagamento della tariffa prevista dalla DGR n. 42-12939 del 5 luglio 2004. La procedura di restituibilità si svolge in due fasi:

1) la Struttura S.Pre.S.A.L. effettua l'ispezione visuale degli ambienti secondo il D.M. 6/9/94; in caso di ispezione visuale con esito negativo saranno formulate prescrizioni operative e concordata una nuova ispezione visuale, da effettuare quando le prescrizioni operative saranno state realizzate;
2) se l’ispezione visuale ha dato esito positivo, saranno effettuati i campionamenti e l’analisi dell’aria con metodologia SEM (microscopia elettronica a scansione), secondo il D.M. 6/9/94.
I costi del campionamento e delle analisi sono a carico del committente.

D.Lgs. 81/2008

Art. 256 (1). Lavori di demolizione o rimozione dell'amianto

1. I lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto possono essere effettuati solo da imprese rispondenti ai requisiti di cui all'articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

2. Il datore di lavoro, prima dell'inizio di lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto o di materiali contenenti amianto da edifici, strutture, apparecchi e impianti, nonché dai mezzi di trasporto, predispone un piano di lavoro.

3. Il piano di cui al comma 2 prevede le misure necessarie per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro e la protezione dell'ambiente esterno.

4. Il piano, in particolare, prevede e contiene informazioni sui seguenti punti:

a) rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto prima dell'applicazione delle tecniche di demolizione, a meno che tale rimozione non possa costituire per i lavoratori un rischio maggiore di quello rappresentato dal fatto che l'amianto o i materiali contenenti amianto vengano lasciati sul posto;

b) fornitura ai lavoratori di idonei dispositivi di protezione individuale;

c) verifica dell'assenza di rischi dovuti all'esposizione all'amianto sul luogo di lavoro, al termine dei lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto;

d) adeguate misure per la protezione e la decontaminazione del personale incaricato dei lavori;

e) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la raccolta e lo smaltimento dei materiali;

f) adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento dei valori limite di cui all'articolo 254, delle misure di cui all'articolo 255, adattandole alle particolari esigenze del lavoro specifico;

g) natura dei lavori, data di inizio e loro durata presumibile;

h) luogo ove i lavori verranno effettuati;

i) tecniche lavorative adottate per la rimozione dell'amianto;

l) caratteristiche delle attrezzature o dispositivi che si intendono utilizzare per attuare quanto previsto dalle lettere d) ed e).

5. Copia del piano di lavoro è inviata all'organo di vigilanza, almeno 30 giorni prima dell'inizio dei lavori. Se entro il periodo di cui al precedente capoverso l'organo di vigilanza non formula motivata richiesta di integrazione o modifica del piano di lavoro e non rilascia prescrizione operativa, il datore di lavoro può eseguire i lavori. L'obbligo del preavviso di trenta giorni prima dell'inizio dei lavori non si applica nei casi di urgenza. In tale ultima ipotesi, oltre alla data di inizio, deve essere fornita dal datore di lavoro indicazione dell'orario di inizio delle attività.

6. L'invio della documentazione di cui al comma 5 sostituisce gli adempimenti di cui all'articolo 250.

7. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori o i loro rappresentanti abbiano accesso alla documentazione di cui al comma 4. 


______

(1) Accordo 20 gennaio 2016, rep. atti 5/CU - Accordo, ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, Regioni, Province, Comuni e Comunità Montane, finalizzato alla completa informatizzazione degli adempimenti previsti dall’articolo 9, della legge 27 marzo 1992, n. 257 e dagli articoli 250 e 256, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, concernente le imprese che utilizzano amianto nei processi produttivi o che svolgono attività di smaltimento o di bonifica dell’amianto.

Cassazione Penale Sent. Sez. 3 n. 14352 | 28 Marzo 2018

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Sentenze cassazione penale

Delega di funzioni: onere della prova

Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 14352 Anno 2018

Penale Sent. Sez. 3 Num. 14352 Anno 2018
Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: GAI EMANUELA
Data Udienza: 10/01/2018

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 13 gennaio 2017, la Corte d'appello di Reggio Calabria, giudicando in sede di rinvio a seguito di sentenza di annullamento pronunciata dalla Corte di cassazione n. 33630/2016, in riforma della sentenza del Giudice dell'Udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria di condanna di B.G.M., previa dichiarazione di non doversi procedere in relazione alle violazioni in materia antinfortunistica di cui ai capi B) e C) perché estinte per prescrizione, ha ridotto la pena inflitta al predetto B.G.M., a mesi otto di reclusione, in relazione al reato di cui agli artt. 113, 40, 589 comma 1 e 2 cod. pen. per avere, in concorso con T.D., quale datore di lavoro responsabile e direttore di cantiere, per colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e violazioni delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (art. 13 comma 1, 77 del d.P.R. 164 del 1956, artt. 14 e 77 del d.P.R. 164 del 1956, art. 4 lett. c) e 289 lett. C) del d.P.R. n. 547 del 1955) cagionato la morte del lavoratore B.G. il quale, collocato sul fondo dello scavo in qualità di addetto al controllo delle fasi di scavo per individuare la quota della falda di acqua, in assenza delle prescritte armature di sostegno dello scavo, privo di casco e ogni dispositivo di sicurezza e di adeguata formazione, per un franamento di una porzione di parete dello scavo veniva travolto e decedeva in conseguenza di uno schiacciamento toracico con emorragia addominale. In Bova Marina il 15 gennaio 2004.

2. Nel ripercorrere brevemente la vicenda processuale, deve darsi atto che il Giudice dell'Udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria, con sentenza in data 29 marzo 2007, all'esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato gli imputati B.G.M. , datore di lavoro responsabile e direttore del cantiere e T.D., direttore di cantiere e preposto, responsabili del reato di omicidio colposo per aver cagionato, con condotte indipendenti e per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia e violazione di legge (vedi supra par.l), la morte del lavoratore B.G. (capo A) e delle contravvenzioni sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui all'art. 4 co. 5 punto d) D.Lgs n. 626/94, perché non forniva al lavoratore B.G. i necessari dispositivi di protezione individuali (capo B) e di cui all'art. 4 co. 5 punto e) D.Lgs n. 626/94, perché non prendeva le misure appropriate affinché il lavoratore B.G., che non aveva ricevuto le adeguate istruzioni, non accedesse alla zona dello scavo che lo esponeva ad un rischio grave e specifico e, riconosciute in favore di entrambi le attenuanti generiche, ritenute equivalenti alla aggravante contestata al capo A), unificati sotto il vincolo della continuazione i fatti — reato di cui ai capi B) e C), applicata la diminuente di cui al secondo comma dell'art. 442 cod.proc.pen., condannava B.G.M. alla pena di anni uno di reclusione per il capo A) e di complessivi € 2.500,00 per i reati di cui ai capi B) e C); T.D. alla pena di mesi otto di reclusione, con condanna per entrambi gli imputati al pagamento, In solido, delle spese processuali con concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. La Corte d'appello di Reggio Calabria, pronunciandosi sull'appello degli imputati, con sentenza in data 16 giugno 2015, confermava la sentenza del Giudice dell'Udienza preliminare del locale Tribunale.

3. Investita dell'impugnazione del solo imputato B.G.M., la pronuncia di condanna è stata oggetto di annullamento da parte della Corte di cassazione che ne ha censurato l'iter logico argomentativo sull'imputazione soggettiva, avendo la sentenza impugnata fatto confusione sulle diverse figure del delegato e del preposto, con rinvio per un nuovo giudizio al fine di chiarire: "senza equivoci qual era il ruolo ricoperto dal B.G.M. (era anche direttore di cantiere, come si legge in imputazione?) e quali erano i rapporti sul piano organizzativo dell'azienda con il T.D.. Dovrà dare conto se esistesse un formale atto di delega rispondente ai criteri sopra ricordati. Dovrà, soprattutto, chiarire, se il T.D. fosse un delegato ex art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 o un mero preposto, non dovendosi trascurare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, il preposto e il datore di lavoro hanno due posizioni di garanzia distinte e concorrenti. E qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione (cfr. ex multis Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, Pezzo, Rv. 253850, in una fattispecie in cui questa Corte ha ritenuto la responsabilità del datore di lavoro per il reato di lesioni colpose nonostante fosse stata dedotta l'esistenza di un preposto di fatto)".

4. La Corte d'appello di Reggio Calabria, all'esito del giudizio di rinvio, previa declaratoria di estinzione delle contravvenzioni di cui ai capi B) e C) per prescrizione, ha ridotto la pena inflitta al B.G.M. a mesi otto di reclusione, confermando nel resto la sentenza.
In tale ambito, nei limiti del devoluto (cfr par. 3), la corte territoriale, in risposta al quesito oggetto del giudizio di rinvio in merito all'accertamento del ruolo ricoperto dal B.G.M. e dei rapporti, sul piano organizzativo, con il T.D., ha escluso l'esistenza di una delega di funzioni dal datore di lavoro al preposto T.D.. Tale conclusione è stata argomentata muovendo dalle risultanze della consulenza dell'ing. V., le cui conclusioni non sono state messe in dubbio dalla difesa. Ha riportato, la corte territoriale, nella parte motiva della sentenza, il passo della consulenza tecnica in atti (trattasi di giudizio abbreviato) nella quale il consulente dava atto di aver individuato nel B.G.M. il datore di lavoro, e di aver richiesto alla società se esistessero deleghe in capo ai preposti non ottenendo alcuna risposta. Da tale circostanza fattuale non contestata, la Corte d'appello reggina ha tratto la conclusione dell'assenza di delega di funzioni in capo a terzi da parte del B.G.M. e la sua conseguente responsabilità quale datore di lavoro. Ma ancora, la corte territoriale, nel riportare le conclusioni dell'ing. V., ha rilevato che il datore di lavoro aveva omesso di adottare quanto previsto nel piano di sicurezza e quanto previsto nella normativa vigente e, in particolare, quanto previsto al punto P18 del Piano operativo di sicurezza e ha concluso che alcuna delega, ex art. 16 D.lvo del 9 aprile 2008, n. 81, era stata conferita al T.D., che neppure il POS conteneva alcuna delega e che, conclusivamente, il B.G.M., quale datore di lavoro, era responsabile della morte del lavoratore B.G., essendo soggetto dotato del potere di vigilanza e di garanzia, la cui posizione di garanzia si affiancava a quella del preposto, essendo entrambi titolari per intero dell'obbligo di tutela imposto dalla legge per cui l'omessa applicazione delle cautele antinfortunistiche era al medesimo addebitabile al pari dell'omicidio colposo conseguente alla violazione degli obblighi antinfortunistiche.
Ha evidenziato, ancora la Corte d'appello, che il POS, nell'aggiornamento nell'ottobre 2003, conteneva l'indicazione a pagina 4 della ulteriore qualifica del B.G.M. quale direttore di cantiere, sicché aggiungeva alla qualifica di datore di lavoro anche quella di direttore di cantiere. Infine, una notazione: la fotografia della cartellonistica segnaletica dei lavori indicava il solo geom. T.D. quale direttore di cantiere e il geom. B.G.M. quale direttore tecnico di impresa, a sottolineare la particolare competenza tecnica del legale rappresentante dell'impresa, sicché la circostanza che egli non fosse presente sul luogo al momento del fatto non era, secondo i giudici del merito, circostanza idonea e sufficiente ad escludere la sua responsabilità per le scelte adottate in sua assenza dal T.D., in presenza di carenze registrate e ripetute violazioni alle disposizioni in tema di prevenzione degli infortuni sul luoghi di lavoro (non da ultima la circostanza che il lavoratore risultava assunto il giorno dell'incidente a fronte di un testimoniale che indicava la sua presenza anche in epoca precedente).

5. Avverso la sentenza hanno presentato ricorso per cassazione i difensori di fiducia di B.G.M., e ne hanno chiesto l'annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
Con un unico articolato motivo deducono la nullità della sentenza per mancanza di motivazione ex art 606 comma 1 lett. e) cod.proc.pen.
La Corte d'appello, nel rispondere al quesito della sentenza della Corte di cassazione, avrebbe escluso l'esistenza di una delega di funzioni del datore di lavoro in materia di prevenzione sugli infortuni sul lavoro per mancanza di un documento scritto, ritenendo di affermare, sulla scorta della consulenza dell'ing. V., l'assenza di qualsivoglia delega dal B.G.M. al preposto T.D.. 
Dalla lettura della sentenza non si comprenderebbe la ragione per la quale il giudice dell'impugnazione fosse pervenuto a tale conclusione considerato che, ad oggi, la lettera dell'articolo 16 d.lvo n. 81 del 2008, e l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, non impongono la forma scritta alla delega di funzioni, posto che l'efficacia dell'atto di delega è subordinata unicamente all'esistenza dei requisiti di certezza, precisione, specificità, giusta causa, idoneità e consenso del delegato, a prescindere dalla forma impiegata. A fronte di un quadro giurisprudenziale come quello appena citato, la sentenza avrebbe dovuto offrire una motivazione sulle ragioni per le quali, nel caso concreto, aveva ritenuto di sposare la relazione del consulente del pubblico ministero e partire dal presupposto che la delega di funzioni, per pervenire a giuridica esistenza, dovesse essere sviluppata in un documento scritto.
La sentenza impugnata sarebbe caduta in un ulteriore errore.
Come noto, infatti la giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che in tema di individuazione della responsabilità penale nelle strutture complesse, la necessità che la delega di funzioni da parte dei vertici aziendali ai soggetti preposti debba avere forme espresse e chiaro contenuto non comporta la necessità della forma scritta, richiesta nel solo settore pubblico, atteso che solo in campo amministrativo sussiste l'esigenza di una formalizzazione dei rapporti organizzativi al fine di predicare all'esterno la posizione assunta all'interno della struttura. A nulla rileverebbe, così, la circostanza descritta dal consulente del pubblico ministero della mancata individuazione di una delega scritta e la sentenza che ne recepisce le conclusioni avrebbe offerto una motivazione solo apparentemente esistente, così da integrare il denunciato vizio di cui all'art. 606 lett. e) cod.proc.pen.
Sotto altro profilo la sentenza impugnata non avrebbe stabilito con certezza se il B.G.M. avesse ricoperto la carica di direttore di cantiere, così come indicato nel capo d'imputazione, concludendo, la sentenza, in senso affermativo mediante mero rinvio al POS. In tale ambito la sentenza impugnata avrebbe omesso di tener conto di un elemento significativo, emerso nel corso dell'istruttoria dibattimentale, ovvero che la circostanza che la vittima era stata assunta alle dipendenze dalla ditta la stessa mattina deN'infortunio, sicché non avrebbe potuto, il B.G.M., adempiere agli obblighi di informazione e formazione previsti delle normative antinfortunistiche. Per questi motivi chiedono l'annullamento della sentenza.

6. Il Procuratore Generale ha chiesto, in udienza, che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

Considerato in diritto

1. Il ricorso non è fondato per quanto qui di seguito esposto.

2. La sentenza impugnata poggia su una ratio decidendi adeguatamente motivata e corretta in diritto.
Secondo giurisprudenza costante di questa Corte, a partire da S.U. 14 ottobre 1992 n. 9874, Giuliani Rv. 191185, l'individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e sull'Igiene del lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto (ossia alla sua funzione formale). Sotto altro profilo, la più recente giurisprudenza di legittimità, come ricordato dal ricorrente, ritiene che in materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti ad altri soggetti a condizione che il relativo atto di delega, ex art. 16 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, riguardi un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa, fermo restando, comunque, l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (cfr. S.U., n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261108; Sez. 4, n. 4350 del 16/12/2015, Raccuglia, Rv 265947; Sez. 4, n. 39158 del 18/01/2013, Zugno, Rv. 256878) e, quanto alla forma della stessa, all'esito di una elaborazione giurisprudenziale formatasi nel corso degli anni, l'efficacia devolutiva della delega di funzioni è subordinata all’esistenza di un atto traslativo dei compiti connessi alla posizione di garanzia del titolare, che sia connotato dai requisiti della chiarezza e della certezza, I quali possono sussistere a prescindere dalla forma Impiegata, non essendo richiesta per la sua validità la forma scritta né "ad substantiam" né "ad probationem" ( Sez. 3, n. 3107 del 02/10/2013, Caruso, Rv 259091; Sez. 4, n. 2592 del 28/09/2006, Di Lorenzo, Rv. 235564; Sez. 4, n. 36774 del 30/06/2004, Capaldo, Rv. 229694, Sez, 4, n. 22345 del 21/05/2003, Ribaldi ed altri, nella quale espressamente si ritiene necessario "che sia rigorosamente provata l'esistenza di una delega espressamente e formalmente conferita", dove il secondo avverbio viene riferito ad una delega in forma scritta, però, "ad probationem", ed ancora sulla necessità di un atto "espresso, inequívoco e certo", Sez. 3, 18 giugno 2003 n. 26189, Piombini; Sez. 4, 1 luglio 2003 n. 27939, Benedetti; Sez. 3, 26 maggio 2003 n. 22931, Conci). 

3. La sentenza impugnata ha ritenuto che non vi fosse una delega di funzioni al preposto e ciò sulla scorta dell'accertamento compiuto dal consulente del P.M. che, non avendo trovato alcuno scritto contenente una delega di funzioni, aveva chiesto espressamente dell'esistenza dell'atto alla società di cui l'imputato è legale rappresentante, non ottenendo da questi alcuna risposta, circostanza fattuale non contestata dalla difesa, sulla scorta della quale, in ragione di un corretto sillogismo, immune da profili di illogicità, ha ritenuto l'assenza di delega di funzioni da parte del B.G.M. in capo al preposto T.D..
In altri termini, la corte territoriale ha tratto il convincimento dell'assenza di conferimento di una delega di funzioni in materia di prevenzioni di infortuni sul lavoro al preposto, dal mancato rinvenimento di un atto scritto di delega e dall'assenza di risposta da parte del datore di lavoro circa l'esistenza di un conferimento di delega di funzioni a prescindere dalla forma dello stesso. La circostanza che all'espressa richiesta avanzata dal consulente del P.M., il datore di lavoro alcun riscontro alla stessa avesse offerto, è stata ritenuta prova dell'inesistenza di un conferimento di una delega di funzioni tout court.
Sul punto il ricorrente cade in un equivoco: la Corte d'appello non ha escluso l'esistenza di una delega di funzioni per l'assenza di un atto di delega avente forma scritta e, dunque, non ha ritenuto la necessità che delega di funzioni debba essere conferita con la forma scritta e provata con la medesima forma, ma ha escluso il conferimento di una delega di funzioni perché non provata in alcun modo e, dunque, non esistente.
Di fronte all'esplicita richiesta avanzata dal consulente del P.M. rivolta al datore di lavoro, questi, che non contesta di aver ricevuto la richiesta, nulla ha osservato e dedotto; non ha neppure asserito, a sua discolpa, di aver delegato terzi, circostanza questa che, se provata, avrebbe comportato, poi, il vaglio sui requisiti per esonerare dalla responsabilità il delegante come individuati dalla giurisprudenza di legittimità.
A tal ultimo proposito, va ricordato che i nodi problematici che riguardano l'onere della prova della delega ed i requisiti di forma sono stati risolti nella giurisprudenza di legittimità e, quanto al primo profilo, dai principi generali secondo cui la prova del fatto costituente reato deve essere fornita dalla pubblica accusa, mentre la delega di funzioni, trattandosi di una causa di esclusione di responsabilità, deve essere dimostrata da chi l'allega (Sez. 4, n. 39158 del 18/01/2013, Zugno, Rv. 256878; Sez. 3, n. 19642 del 06/03/2003, Rossetto, Rv. 224848; Sez. 4, n. 37470 del 02/10/2003, Rv. 226228). Quanto al secondo profilo inerente ai requisiti della delega, secondo la prevalente giurisprudenza, richiamata al par. 2, la stessa deve riguardare un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa, fermo restando, comunque, l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive.

4. Nel caso in scrutinio, l'imputato non ha dimostrato in alcun modo di aver conferito una delega di funzioni al preposto. E' mancata la prova della delega di funzioni sia essa mediante produzione di documento scritto, sia provata aliunde, sicché correttamente la Corte d'appello ha ritenuto che essa non fosse mai stata conferita dal B.G.M. al preposto. Il riferimento alla giurisprudenza in tema di forma della delega di funzioni, richiamate nel ricorso dalla difesa dell'imputato, e le conclusioni che ne trae non sono pertinenti e non colgono il fulcro della corretta decisione dei giudici del merito secondo cui alcuna delega di funzioni venne conferita dal datore di lavoro al preposto.

5. Né è pertinente il richiamo alla forma scritta necessaria nel settore pubblico. La necessità di delega scritta è richiesta, come affermato da Sez. 3, n. 39268 del 13/07/2004, Beltrami, Rv. 230088, solo in campo amministrativo, in presenza di datore di lavoro ente pubblico, poiché sussiste l’esigenza di una formalizzazione dei rapporti giuridici all'esterno, situazione tutt'affatto diversa da quella in esame in cui se è ben vero che erano svolti lavori affidati con contratto di appalto per conto dell'ANAS, il datore di lavoro era una impresa privata, sicché il richiamo giurisprudenziale è inconferente.

6. Conclusivamente deve essere affermato il principio di diritto secondo cui è onere di colui il quale invoca la delega di funzioni, la prova rigorosa della sua esistenza a prescindere da un atto formale scritto di delega.

7. Quanto al secondo profilo la sentenza impugnata è immune da censura di difetto di motivazione sotto il profilo della prova della carica di direttore di cantiere, risultando questo dal documento POS e anche dal cartellone esposto. Infine, priva di pregio l'ulteriore deduzione secondo cui la circostanza che il lavoratore era stato assunto la mattina dell'infortunio mortale (pur in presenza di dati testimoniali che indicavano una presenza anche nei giorni precedenti) non avrebbe consentito all'adempimento degli obblighi di informazione e formazioni, derivanti dalla normativa antinfortunistica, al contrario tale circostanza, lungi dall'escludere la responsabilità in capo al ricorrente, a ben vedere, ne aggravavano la posizione dimostrando, prima di tutto, l'inosservanza delle prescrizioni che impongono al datore di lavoro di informare i lavoratori dei rischi connessi ai lavori in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni.

8. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 10/01/2018

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