Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 13320 | 22 Marzo 2018
ID 5884 | | Visite: 2950 | Cassazione Sicurezza lavoro | Permalink: https://www.certifico.com/id/5884 |
Infortunio con un trattore
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13320 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: TORNESI DANIELA RITA
Data Udienza: 26/01/2018
1. Con sentenza del 07 aprile 2017 la Corte di appello di Firenze confermava la pronuncia con la quale il Tribunale di Siena dichiarava E.M.G.A. responsabile del reato di cui all'art. 590, comma 3 cod. pen. e, ritenute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, la condannava alla pena di Euro 500,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. L'E.M.G.A. veniva altresì condannata al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile T.K. per la cui liquidazione rimetteva le parti dinanzi al giudice civile.
1.1. All'imputata veniva contestato, nella sua qualità di amministratore unico della società Agricola Lo Spugnaccio s.r.l., di avere, per colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia, omesso di adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, erano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori - in particolare per non avere dotato il trattore Fiat targato OMISSIS dell'idoneo sistema di ritenzione per il conducente - cagionando, così, al lavoratore T.K. lesioni colpose consistite nella «frattura branca ischio pubica» giudicate guaribili in giorni 138, cagionate dalla caduta a terra del lavoratore a seguito del ribaltamento del trattore che stava manovrando.
In Castelnuovo Berardenga l'il luglio 2008.
1.2. Secondo la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, il giorno 11 luglio 2008 T.K. veniva incaricato dal capo - operaio K.I. di spostare alcune botti contenenti trattamenti anticrittogamici da effettuare sui vigneti avvalendosi del trattore marca Fiat modello 82 - 86 tg. OMISSIS ma, a causa del non corretto uso dell'impianto frenante, perdeva il controllo del mezzo, urtava contro un muro di contenimento e precipitava nella scarpata sottostante che si trovava circa un metro e mezzo al di sotto del piazzale in cui stava effettuando la manovra. A causa del capovolgimento del trattore T.K. fuoriusciva dall'abitacolo e rimaneva schiacciato da detto veicolo che gli provocava l'inabilità al lavoro protrattasi per più di quattro mesi per «politrauma da schiacciamento, PNX bilaterale, versamento pleurico, fratture costali multiple bilaterali e di entrambe le clavicole, fratture multiple del bacino, trauma cranico non commotivo ».
I giudici ritenevano comprovato, in aderenza alle emergenze processuali, che l'infortunio si era verificato in quanto il trattore non risultava dotato di un adeguato sistema di ritenuta del conducente che, secondo la logica controffattuale, avrebbe impedito la realizzazione dell'evento lesivo.
Da tale accertamento in fatto discendeva la responsabilità penale dell'imputata per avere omesso, per colpa, nella qualità di datore di lavoro e di titolare di una posizione di garanzia, di ottemperare all'obbligo di adottare le misure protettive stabilite dalla normativa sui requisiti di sicurezza dei mezzi agricoli che imponeva la dotazione su di essi degli elementi accessori specificatamente diretti ad escludere i pericoli connessi alla loro utilizzazione.
In particolare veniva addebitata alla E.M.G.A. la violazione della normativa contemplata dal d.lgs. del 19 settembre 1994, n. 626 e recepita anche dal d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 che impone l'apposizione del basilare dispositivo delle cinture di sicurezza; accorgimento questo che avrebbe indubbiamente ridotto al minimo il rischio di infortuni, così previsto anche dalla circolare del Ministero del Lavoro n. 11 del 2005.
La Corte distrettuale ravvisava altresì, in capo aN'E.M.G.A., la violazione dell'ulteriore regola cautelare costituita dall'art. 18 del citato d.lgs. n. 81 del 2008 per non avere impedito, per colpa, la guida dei trattori alla persona offesa che non aveva ricevuto alcuna formazione al riguardo.
2. Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia, E.M.G.A. elevando i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce l'illogicità e la contraddittorietà della motivazione per travisamento della prova laddove sostiene - al fine di comprovare la sussistenza del nesso causale tra il mancato uso delle cinture di sicurezza e l'evento lesivo - che il telaio anti ribaltamento era rimasto integro, assumendo di evincere tale dato dalle fotografie scattate dalla P.G. subito dopo il fatto mentre, in realtà, esse erano state effettuate dopo la sistemazione del veicolo.
2.2. Con il secondo motivo assume che la sentenza impugnata è affetta dal vizio motivazionale con riferimento al nesso causale.
Sotto questo profilo la ricorrente assume che, contrariamente alle conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito, le emergenze processuali comprovano che, nel caso in cui T.K. avesse indossato le cinture di sicurezza, rimanendo seduto saldamente al sedile del trattore, sarebbe rimasto mortalmente incastrato nell’abitacolo deformato, tra lo sterzo ed il sedile.
2.3. Con il terzo motivo deduce la violazione del d.lgs. n. 626/94 e dell'allegato XV art. 1.3. del d.lgs. n. 81/2008, dell'allegato V, seconda parte, art. 2.4, della circolare ministeriale del 28/02/2007, n. 3 e delle linee guida dell'ISPELS attuative e, di conseguenza, del vizio motivazionale in relazione alla sussistenza dell'obbligo cautelare asseritamente violato.
La ricorrente deduce che la Corte di appello omette di considerare che le norme sulla sicurezza dei veicoli agricoli non comportano l'obbligo di installazione delle cinture di sicurezza sui trattori, ma richiedono che sia valutato, in base al veicolo, l'effettivo rischio di schiacciamento in caso di ribaltamento.
Peraltro l'imputata si è diligentemente operata per sottoporre il suo parco macchine al vaglio tecnico di una ditta specializzata (la Archimede S.r.l.) che ha rilevato la correttezza delle cautele adottate.
2.4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce l'abnormità della condotta della persona offesa in quanto si è posto volontariamente al di fuori dell’area di rischio, delimitata dalle mansioni allo stesso affidate, rispetto alle quali il datore è tenuto ad offrire il massimo della protezione.
E ciò ha fatto, non solo contravvenendo alle direttive ed agli ordini della datrice di lavoro, ma anche ponendo in essere una manovra assolutamente anomala, riuscendo a catapultarsi per due metri al di sotto del livello di marcia, errando nell’uso dei freni.
2.5. Con il quinto motivo la ricorrente deduce che la Corte distrettuale ha individuato un «ulteriore profilo di colpa» mai contestato né rilevato dal giudice di primo grado, costituito dalla «mancata vigilanza sull’effettiva osservanza da parte dei suoi dipendenti delle norme vigenti in materia di sicurezza, nella specie impedendo l’utilizzo dei trattori ai lavoratori non formati, come il K.IT, così come dispone l’art. 18 d.lgs, n. 81 cit.».
Secondo la ricorrente, l’estensione del novero delle violazioni poste a fondamento della conferma della decisione di condanna concretizza non solo una violazione del principio di correlazione tra accusa e condanna ex art. 521 cod. proc. pen. ma anche una violazione sostanziale del c.d. divieto di reformatio in peius ai sensi dell'art. 597, comma 3, cod. proc. pen.
In ogni caso la sentenza è sul punto del tutto illogica e contraddittoria.
2.6. Infine, viene consequenzialmente dedotto che la motivazione della sentenza è illogica anche in relazione alle statuizioni sulla responsabilità civile dell'imputata.
3. Alla odierna udienza la parte civile K.T. ha depositato una memoria con la quale ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile o comunque rigettato, con la conferma delle statuizioni civili e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di quelle di difesa relative al presente grado di giudizio.
1. Va preliminarmente rilevato che il reato per cui si procede risulta prescritto alla data del 14 luglio 2017, per decorso del termine massimo previsto dagli artt. 157 e segg. cod. pen. (anni sette e mesi sei) e dell'ulteriore periodo di sospensione, pari ad anni uno, mesi sei e giorni tre.
2. L'accertamento giudiziale del fatto di reato, seppur prescritto, va tuttavia effettuato - alla luce delle censure articolate nel ricorso per cassazione - in quanto residua la necessità di esaminare i profili di responsabilità ai fini delle statuizioni civili di cui all'art. 578 cod. proc. pen.
3. Il ricorso è infondato alla stregua delle considerazioni che vengono qui di seguito esposte.
La Corte distrettuale ha puntualmente rivalutato e valorizzato il medesimo compendio probatorio già sottoposto al vaglio del Tribunale di Siena e, dopo aver esaminato analiticamente le censure dell'appellante, è giunta, con motivazioni congrue e logiche, alle medesime conclusioni in ordine alla affermazione della responsabilità penale della E.M.G.A..
Le censure che si snodano per quasi tutto il ricorso cercano di offrire una diversa ricostruzione della vicenda processuale e tendono ad ottenere una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite e, dunque, apprezzamenti che sono riservati in via esclusiva al giudice di merito.
4. Ciò premesso, si procede, più in particolare, alla disamina dei singoli motivi di ricorso.
5. I primi due motivi, essendo strettamente connessi, vengono esaminati unitariamente.
5.1. Si osserva anzitutto che la valutazione dei giudici di merito non può ritenersi inficiata dal dedotto vizio di travisamento della prova che, come è noto, ricorre, qualora il giudice di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste o su un risultato dì prova incontestabilmente diverso da quello reale; oppure se si sia omesso di valutare una prova ai fini della pronuncia (ex plurìmis Sez.6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio e altri, Rv. 258774). Il mezzo di prova che si assume travisato od omesso deve avere, inoltre, carattere di decisività.
Tali circostanze non ricorrono nel caso in esame in quanto la Corte distrettuale ha desunto la prova della integrità del telaio metallico montato sul mezzo agricolo non solo dalla documentazione acquisita agli atti ( fotografia n. 4 a corredo degli accertamenti effettuati dalla Ausi n. 7 di Siena) ma dalle dichiarazioni rese nel dibattimento di primo grado dal meccanico sig. I. che aveva provveduto ad aggiustare il mezzo agricolo il quale aveva specificato che i danni erano costituiti dallo sterzo piegato, dal serbatoio rotto, dal cofano schiacciato, dai fanalini posteriori rotti e dal sedile «un po' piegato».
5.2. All'esito di tale accertamento in fatto risulta del tutto immune da vizi il consequenziale convincimento cui perviene la Corte in ordine alla evitabilità dell'evento ove il T.K. avesse indossato le cinture di sicurezza; ciò gli avrebbe evidentemente consentito di rimanere ben saldo al sedile del trattore, protetto dalla sovrastante struttura metallica.
5.3. Le predette conclusioni risultano, infatti, avvalorate dalla concreta dinamica dell'accadimento, da cui risulta che, a causa del capovolgimento del trattore, la persona offesa scivolava dal sedile e fuoriusciva dall'abitacolo cadendo a terra e rimaneva, poi, investito dal peso del trattore.
Peraltro, contrariamente a quanto affermato dalla difesa, il veicolo non si è ribaltato completamente sul terreno, rimanendo, invece, appoggiato lateralmente in bilico su di una ruota che andava ad urtare su un grosso masso, tant’è che l'infortunato rimaneva solo parzialmente schiacciato dal veicolo.
Alla stregua di quanto sopra esposto risulta del tutto indimostrata, ed anzi smentita dalle emergenze processuali puntualmente riportate nelle sentenze di merito, la prospettazione difensiva incentrata sull'assunto che l'alterazione degli spazi protetti dell'abitacolo sarebbe stata talmente rilevante che, se la persona offesa fosse rimasta legata al sedile, sarebbe rimasto fatalmente schiacciato per effetto del piegamento dello sterzo e del sedile.
6. Quanto al terzo motivo, risulta conclamata la violazione, da parte della E.M.G.A., delle regole cautelari previste dal dl.lg. n. 626 del 1994 e delle linee guida elaborate con la circolare del Ministero del lavoro del 28 marzo 2007, n. 3, in quanto il trattore condotto dalla persona offesa aveva un assetto diverso da quello regolamentare, così come certificato nella relazione della Ausl n. 7 di Siena e nella elevazione, a carico dell'imputata, del verbale di contravvenzione per violazione dell'art. 71, comma 1, del d.lgs. n. 81 del 2008.
Solo successivamente all'accaduto, si è provveduto alla apposizione dei dispositivi delle cinture di sicurezza sul trattore in questione.
6.1. Nelle sentenze di merito l'addebito mosso a carico delta E.M.G.A. si incentra nell'omesso adeguamento dei trattori acquistati in epoca risalenti e pur conformi alla normativa vigente alla data di immatricolazione, alle successive disposizioni previste dal d.lgs. n. 626 del 1994 che imponeva l'apposizione di un adeguato sistema di ritenuta del conducente, recepite nel sopravvenuto d.lgs. n. 81 del 2008; accorgimento questo che avrebbe indubbiamente ridotto al minimo il rischio di infortuni.
Del resto l'adozione del sistema in parola era diretto proprio ad evitare eventi del tipo di quello verificatosi in concreto, ovvero la caduta del lavoratore dal posto di guida dipendente dalle più disparate cause, tra cui quello riconducibile ad una improvvisa perdita del controllo del mezzo e al ribaltamento dello stesso.
6.2. Al riguardo si osserva che la Corte distrettuale fa buon governo dei principi di diritto applicabili in subiecta materia.
Si rammenta che, secondo la giurisprudenza di legittimità, incombe sul datore di lavoro l'obbligo di adottare le misure protettive stabilite dalla normativa vigente, non essendo consentito che vengano usate misure diverse da quelle stabilite specie quando esse non offrono garanzia (Sez. 4. N. 4491 del 05/12/1990 - dep. 1991 - Rv. 187198). In tal senso risulta irrilevante la circostanza che il trattore fosse dotato di una roll - bar antiribaltamento nonché di un telaio metallico con funzioni di sostegno della tettoria che proteggeva l'abitacolo.
Ed ancora, in tema di prevenzione degli infortuni, incombe sul datore di lavoro l'obbligo di verificare e garantire la persistenza nel tempo dei requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei propri dipendenti, ovvero di individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro. Ciò comporta il dovere di sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del d.lgs. n. 81 del 2008 (Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016, Rv. 267253).
6.3. I giudici di merito hanno correttamente ritenuto di non potere pervenire ad una valutazione liberatoria nei confronti della E.M.G.A. per il fatto che la stessa aveva demandato ad un soggetto terzo, la Archimede s.r.l., la valutazione dei rischi di cui art. 4 del d.lgs. n. 626 del 1994, a fronte delle accertate macroscopiche violazioni in materia antinfortunistica.
Al riguardo è sufficiente rammentare che costituisce ius receptum ( Sez. 4, n. 27295 del 02/12/2016 dep. 2017 Rv. 270355; Sez. 4, n. 22147 dell'11/02/2016, rv. 266859; Sez. 4, n. 27295 del 02/12/2016 dep. 2017 - Rv. 270355) il principio secondo cui il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione del documento di valutazione dei rischi non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi ai lavori in esecuzione e di fornire una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza.
7. In relazione al quarto motivo si osserva quanto segue.
7.1. Dalle considerazioni che precedono segue, infatti, l'assoluta correttezza sul piano logico - giuridico dell'affermazione della Corte territoriale secondo cui il comportamento imprudente e imperito del lavoratore nell'utilizzo del sistema frenante non ha spiegato alcuna efficacia interruttiva del nesso causale tra le gravi omissioni contestate all'imputata e l'evento lesivo alla stessa ascritto. Non risulta posta in essere, da parte dell'infortunato, alcuna condotta abnorme o eccentrica idonea ad incidere in termini giuridicamente rilevanti, ai sensi dell'art. 41, comma 2, cod. pen., sullo sviluppo del rapporto condizionalistico con l'evento ( Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 - dep. 2017- Rv. 269603; Sez. 4, n. 16397 del 05/03/2015, Rv. 263386).
Del resto tale condotta non era affatto imprevedibile posto che, come è stato evidenziato dai giudici di merito, T.K., pur assunto con le mansioni di operaio addetto alle lavorazioni manuali nel vigneto, era solito, all'occorrenza, guidare i trattori dell'azienda su disposizione del capo - operaio per far fronte alle specifiche esigenze dell'azienda avente vaste dimensioni (25 ettari di terreno e 44 ettari di bosco). Tale circostanza risultava nota anche alla E.M.G.A. e, in ogni caso, sarebbe stata ignorata per colpa in quanto la predetta aveva il dovere di vigilare sul rispetto della normativa di sicurezza da parte dei lavoratori.
8. Quanto al quinto motivo, l'ulteriore profilo di colpa addebitato alla ricorrente dalla Corte distrettuale, ovvero la violazione dell'art. 18 del d.lgs. n. 81 del 2008, per avere consentito o comunque tollerato che la persona offesa guidasse il trattore senza che le venissero impartite le istruzioni e le informazioni necessarie, non viola il principio di correlazione tra accusa e condanna ai sensi dell'alt. 521 cod. proc. pen.
Come è noto, nei procedimenti per reati colposi il riferimento alla colpa generica evidenzia che la contestazione riguarda la condotta dell'imputato globalmente considerata sicché questi è in grado di difendersi relativamente a tutti gli aspetti del comportamento tenuto in occasione dell'evento di cui è chiamato a rispondere, indipendentemente dalla specifica norma violata. L'aggiunta di particolari profili di colpa rispetto a quelli originariamente contestati non vale a realizzare diversità o immutazione del fatto, ai fini dell' obbligo di contestazione suppletiva, e della eventuale ravvisabilità del difetto di correlazione in quanto si deve tenere conto non solo del fatto descritto nella imputazione ma anche di tutte le risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione ( Sez. 4, n. 31968 del 19/05/2009, Rv. 245313; Sez. 4, n. 2393 del 17/11/2005 - dep. 2006 - Rv. 232973; Sez. 3, n. 15655 del 27/02/2008, Rv. 239866).
8.1. Ed ancora, manifestamente infondata è la dedotta violazione del divieto di reformatio in peius atteso che, ai sensi dell'art. 597, comma 3, cod. proc. pen., il giudice di appello, quando l'appellante è il solo imputato, può rivalutare liberamente i profili di colpa, nei limiti del devoluto purché non incida sulla pena che deve rimanere immutata nella specie e nella misura.
9. Alla stregua di quanto sopra esposto, la motivazione della sentenza impugnata risulta immune da vizi logici anche in relazione alle statuizioni sulla responsabilità civile dell'imputata.
10. La sentenza impugnata va, dunque, annullata senza rinvio agli effetti penali perché il reato è estinto per prescrizione, rimanendo ferme le statuizioni civili.
11. Ne consegue che la parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile T.K. che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre spese generali.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perché il reato è estinto per prescrizione, ferme le statuizioni civili.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile T.K. che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre spese generali nella misura del 15%, C.P.A. e I.V.A.
Così deciso il 26 gennaio 2018
Descrizione | Livello | Dimensione | Downloads | |
---|---|---|---|---|
Cassazione Penale Sez. 4 num. 13320 anno 2018.pdf |
454 kB | 4 |
Tags: Sicurezza lavoro Cassazione