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Dossier scuola Inail 2019

ID 9542 | | Visite: 2890 | News Sicurezza

Dossier scuola Inail 2019

Dossier scuola Inail 2019

Il volume presenta una selezione dei migliori progetti formativi realizzati dall’Inail, a livello locale, nazionale ed europeo, attraverso l’impiego di metodologie didattiche innovative e l’uso di strumenti multimediali interattivi volti a favorire il coinvolgimento e la sensibilizzazione di studenti e insegnanti ai valori della salute e della sicurezza nei luoghi di studio, di lavoro e di vita quotidiana. Tra le iniziative citate “Napo”, il divertente personaggio nato dalla collaborazione di numerose realtà europee per stimolare riflessioni sulla sicurezza sul lavoro.

La pubblicazione include anche una sezione dedicata alle risorse stanziate per l’edilizia scolastica e un focus sui dati relativi agli infortuni occorsi a personale scolastico, studenti e docenti, nel triennio 2016-2018.

A chiusura del dossier una piccola rassegna di film e serie tv che affrontano i temi della legalità e della sicurezza e una sezione dedicata alle pubblicazioni Inail sul tema della prevenzione in ambito scolastico.

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Sommario

INAIL PER LA SCUOLA: TRA CENTRO E TERRITORIO
Ambiente sicuro infanzia
Sicuri e tranquilli a casa, per la strada e a scuola
Portolab
Diario di SicurEnza
Lo spettacolo della sicurezza – fase 2
La giusta strada – on the road again
E adesso
Agrisicura
Ahm… abili cuochi
Scuola sicura
Progetto ISSA. Informazione sensibilizzazione sicurezza antincendio
La scuola sicura – fase 2
Trasporto a casa la sicurezza
A viva voce
Speaker per un giorno
Gli Scacciarischi e le Olimpiadi della prevenzione
Diffondere la conoscenza e la consapevolezza dei rischi idrogeologici
Crescere in sicurezza
Informazione in-sicurezza? Take it easy, il futuro è nelle tue mani
Formazione per studenti inseriti nei Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento: corso di formazione e-learning “Studiare il lavoro”
Formazione per i dirigenti scolastici:
seminario “Salute e sicurezza sul lavoro nelle scuole”
IL PROGETTO EUROPEE
Con Napo tutti a scuola di sicurezza
SICUREZZA NELLE SCUOLE
Nasce la Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole
DDL Buona Scuola - Edilizia scolastica
edilizia sicura
la sicurezza a scuola attraverso i numeri
Scuola, sicurezza e legalità nel cinema e in tv
PUBBLICAZIONI

Fonte: INAIL

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D.P.C.M. 28 novembre 2011 n. 231

ID 9526 | | Visite: 4977 | Decreti Sicurezza lavoro

D.P.C.M. 28 novembre 2011 n. 231 

Regolamento di attuazione dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante "Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro", relativamente all'individuazione delle particolari esigenze connesse all'espletamento delle attivita' del Dipartimento della protezione civile, nel conseguimento delle finalita' proprie dei servizi di protezione civile.

(GU n.32 del 08-02-2012)

Art. 1 Definizioni

1.Ai fini del presente regolamento si intende per:

a) «datore di lavoro»: il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attivita', e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo. Nel caso di specie il datore di lavoro e' individuato nella figura del Capo del Dipartimento ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 luglio 2003;

b) «personale del Dipartimento della Protezione Civile»: le unita' inquadrate nel ruolo speciale della protezione civile di cui all'articolo 9-ter del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 e successive modificazioni ed integrazioni; il personale di ruolo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di cui all'articolo 9-bis del decreto legislativo n. 303 del 1999 e successive modificazioni ed integrazioni, in servizio presso il Dipartimento della protezione civile; il personale in posizione di distacco, comando o di fuori ruolo in servizio presso il Dipartimento medesimo; il personale in possesso di contratto a tempo determinato o di collaborazione coordinata e continuativa;

c) «formazione»: processo educativo mediante il quale trasferire ai lavoratori conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti all'interno del Dipartimento e alla identificazione, alla riduzione ed alla gestione dei rischi;

d) «attivita' divulgativa e informativa» complesso delle attivita' dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione ed alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro;

e) «sorveglianza sanitaria» insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all'ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali ed alle modalita' di svolgimento dell'attivita' lavorativa.

Art. 2 Campo di applicazione

1. Il presente regolamento si applica al personale cosi' come definito all'articolo 1, comma 1, lett. b), nei casi in cui lo stesso personale sia impegnato in attivita' di protezione civile ai sensi dell'articolo 3 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e successive modificazioni ed integrazioni, prestate fuori dall'ordinaria sede di servizio e poste in essere per fronteggiare eventi di cui all'articolo 2 della medesima legge ovvero di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401.

Art. 3 Particolari esigenze

1. Le peculiarita' che caratterizzano le attivita' del personale del Dipartimento della Protezione Civile impegnato, ai sensi dell'articolo 3 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, in particolare negli eventi di cui all'articolo 2 della legge n.225 del 1992 e all'articolo 5-bis, comma 5 del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, sono individuate principalmente, nei seguenti elementi ed aspetti:

tempestivita' dell'intervento al fine di tutelare l'integrita' della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni;

possibilita' di intervento in contesti di rischio prevedibili e dalle conseguenze preventivamente valutabili;

possibilita' di intervento immediato anche in contesti di rischio non prevedibili e dalle conseguenze non preventivamente valutabili;

flessibilita' di impiego in ragione alle esigenze di immediatezza e all'utilizzo delle risorse disponibili, a fronte di una possibile contestuale esiguita' dei tempi disponibili per l'adeguamento e l'ottimizzazione delle risorse necessarie a fronteggiare la situazione in atto;

esigenza di operare con la necessaria flessibilita' in ordine alle procedure ed agli adempimenti riguardanti le scelte da operare in materia di prevenzione e protezione, pur osservando ed adottando sostanziali e concreti criteri operativi in grado di garantire l'adozione di appropriate misure di autotutela.
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Entrata in vigore del provvedimento: 23/02/2012

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DVR ATEX Polveri: Guida CEI 31-56 a EN 60079-10-2

ID 5607 | | Visite: 33690 | Documenti Riservati Sicurezza

DVR ATEX Polveri EN 60079 10 2

DVR ATEX Polveri 

ID 5607 | Rev. 1.0 del 15.02.2019

Struttura | Esempi Guida CEI 31-56 alla EN 60079-10-2

Il Documento, estratto dalla Guida CEI 31-56 che è la guida per l'applicazione della Norma CEI EN 60079-10-2:2010, vuole essere un aiuto per i tecnici incaricati della classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione per la presenza di polveri combustibili, per i costruttori di Prodotti, per i datori di lavoro, per i progettisti degli impianti elettrici e non elettrici, per gli addetti alla sicurezza, per i verificatori e per quanti altri siano interessati alla salvaguardia e al miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori che possono essere esposti al rischio d’esplosione, nonché alla salvaguardia delle opere; essa deve essere utilizzata congiuntamente alla Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88).

Attenzione: La Guida CEI 31-56 (V1) è allineata alla EN 60079-10-2:2010 è abrogata (Vedi Fascicolo CE-I 31-56;Ab (Ottobre 2018), in vigore la EN 60079-10-2:2016.

CE-I 31-56;Ab (Ottobre 2018)
Il presente fascicolo informa che la Guida CEI 31-56:2007-10 "Atmosfere esplosive - Guida alla classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di polveri combustibili in applicazione della Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88)" e la relativa Variante CEI 31-56;V1:2012-09 sono abrogate dal 14 ottobre 2018 in quanto la Norma di riferimento CEI EN 60079-10-2:2010-01 (CEI 31-88) è superata da edizione successiva.

Il Sotto Comitato CEI SC 31J "Impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione" ritiene che i contenuti tecnici della Guida CEI 31-56:2007-10 e della relativa Variante CEI 31-56;V1:2012-09, abrogate, rappresentino un utile riferimento, per le metodologie scientifiche in esse contenute, relativamente alle parti non in contrasto con la nuova edizione della Norma CEI EN 60079-10-2:2016-10 (31-88), nell’ambito delle scelte affidate al valutatore/classificatore
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Fonte CEI. 

Excursus

Norme del TUS per il rischio atmosfere esplosive ATEX: CEI EN 60079-10-1 e 2

Si ricorda che la Norma CEI EN 61241-10 (CEI 31-66) per le polveri combustibili e la Norma CEI EN 60079-10 (CEI 31-30) per i gas, i vapori e le nebbie infiammabili sono indicate come riferimento per la classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione dal D.Lgs.81/08, nella Nota 3 dell’Allegato XLIX; dette norme sono ora sostituite rispettivamente dalla Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88) e dalla Norma CEI EN 60079-10-1 (CEI 31-87), che  devono essere intese come loro sostitute alla luce dell’evoluzione della Regola dell’arte (vedi  art.28, comma 3 del D.Lgs. n. 81/08.).

La classificazione dei luoghi deve essere eseguita in linea con il dettato della Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88), prima edizione e per questo è possibile utilizzare tutti gli strumenti informativi che il progettista ritenga utili, purché siano idonei, applicabili al caso specifico ed in sintonia con la norma stessa; la presente Guida deve quindi essere intesa come uno di detti strumenti informativi.

Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008

Nel D.Lgs. n. 81/08., artt. 17 e 28, è detto tra l’altro quanto segue.

Il datore di lavoro non può delegare la valutazione dei rischi con la conseguenza che spetta a lui il compito di elaborare il documento sulla valutazione dei rischi.

La valutazione dei rischi, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze e o preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.

Nel D.Lgs. n. 81/08., art. 293, è detto anche:

1) Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell’allegato XLIX, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.

n.d.r - classificate in base alla frequenza e alla durata della presenza di atmosfera esplosiva:

- Zone 0, 1, 2 per gas, vapori o nebbie infiammabili;

- Zone 20, 21, 22 per le polveri combustibili.

NOTA
Le definizioni di zone riportate nell’allegato XLIX del D.Lgs. n. 81/08 sono derivate dalla Norma CEI EN 61241-10 (CEI 31-66). Nell’ambito della presente Guida si fa riferimento alle definizioni della Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88) in quanto essa costituisce la naturale evoluzione della prima nell’ambito della Regola dell’arte. 

2)  Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui al comma 1 siano applicate le prescrizioni minime di cui all’allegato L (prescrizioni minime per il miglioramento della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive).

3)  Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive in quantità tali da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori sono segnalate nei punti di accesso a norma dell’allegato LI (n.d.r - vedi Fig. 2.3-A) e provviste di allarmi ottico/acustici che segnalino l’avvio e la fermata dell’impianto, sia durante il normale ciclo, sia nell’eventualità di un’emergenza in atto.
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La necessità o meno e la disposizione dei segnali e degli allarmi rientra tra i compiti del tecnico incaricato della valutazione del rischio di esplosione (non di chi esegue la classificazione dei luoghi). 

L’uso potrebbe essere dettato dalla necessità di avvertire di non introdurre in dette aree sorgenti d’innesco di qualunque tipo (es. attrezzi di lavoro) o di introdurle applicando specifiche procedure di lavoro; inoltre, potrebbe essere dettato dalla necessità di avvertire i lavoratori del pericolo, particolarmente nei luoghi dove non ci si aspetta la presenza di aree con pericolo di esplosione, es. un deposito di sostanze infiammabili, lo sfiato di una singola valvola di sicurezza del sistema di contenimento di una sostanza infiammabile, ecc. 

Il segnale di pericolo deve essere realizzato con lettere in nero su sfondo giallo, bordo nero (il colore giallo deve costituire almeno il 50% della superficie del segnale)

DVR ATEX Polveri EN 60079 10 2 01
Figura 2.3-A – Segnale per indicare le zone con pericolo di esplosione
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DVR ATEX Polveri EN 60079 10 2 02

5.2 Procedimento di classificazione dei luoghi pericolosi

La classificazione dei luoghi è un metodo di analisi e di suddivisione convenzionale del luogo considerato in zone pericolose e zone non pericolose in relazione alla provenienza del pericolo d’esplosione e alla probabilità di presenza del pericolo.

Il procedimento di classificazione dei luoghi è il seguente, analogo a quello previsto per i luoghi con pericolo d’esplosione per la presenza di gas, vapori o nebbie infiammabili. 

a. Raccolta dati del luogo
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b. Raccolta dati ambiente
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c. Definizione zone pericolose ed estensioni
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d. Preparazione documentazione
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5.3 Dati generali di progetto

Le seguenti informazioni di carattere generale, necessarie per classificare i luoghi con pericolo di esplosione, devono essere reperite con il contributo del committente, delle figure professionali che agiscono nell’ambito della sicurezza sul lavoro e del datore di lavoro. 

Si segnala l’opportunità di reperire i dati generali di progetto prima di dare inizio all’attività di classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione, per evitare errori e/o omissioni.   

a) Dati del committente
b) Dati del cliente finale o datore di lavoro
c) Denominazione dell’opera oggetto della classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione (stabilimento, impianto, unità d’impianto, ecc.), sua destinazione d’uso (mangimificio, deposito di carbone, ecc.), indicazione della presenza di luoghi particolari con destinazione d’uso diversa.
d) Ubicazione, indicare l’indirizzo relativo all’ubicazione dell’opera (Via, numero civico, Comune, CAP, Provincia). 
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5.4 Verifica di applicabilità della Norma CEI EN 60079-10-2:2010 (CEI 31-88)

Occorre accertarsi che il luogo rientri nel campo di applicazione della Norma, v.1.2. 
Quando il luogo non rientra nel campo di applicazione della Norma non significa che non presenti pericoli di esplosione, ma che l’identificazione del pericolo, la determinazione della quantità e probabilità di presenza dell’atmosfera esplosiva (ripartizione in zone), l’estensione delle zone pericolose, nonché la valutazione del rischio d’esplosione, possono essere eseguiti con procedimenti diversi non considerati nella Norma e nella presente Guida; tuttavia, con le dovute cautele e per analogia, potrebbero essere adottati i procedimenti della Norma e della presente Guida.

5.5 Polveri combustibili e particelle solide combustibili volanti

Le sostanze possono presentare diverse tipologie di pericolo per le quali si rimanda alle schede di sicurezza e ambiente (es. pericolo di esplosione, pericolo d’incendio, pericolo da agenti cancerogeni).

Nel D.Lgs. 19 maggio 2016, n. 85, le polveri combustibili appartengono al Gruppo II come i gas, anche se con categoria assegnata differente: II G per i gas e II D per le polveri; invece nella Norma CEI EN 60079-10-2 (vedi art. 4.2.a) le polveri appartengono al Gruppo III; inoltre esse sono suddivise in SOTTOGRUPPI come segue (vedi 3.23):

- IIIA: fibre e particelle solide volanti combustibili;
- IIIB: polveri non conduttrici (resistività elettrica ³ 103Wm); 
- IIIC: polveri conduttrici (resistività elettrica < 103Wm). 

Nel D.Lgs. 19 maggio 2016, n. 85 tale distinzione non è fatta.

Devono essere individuate le sostanze in qualunque stato fisico che, sotto forma di polvere combustibile, o di particelle solide combustibili volanti possono formare con l’aria atmosfere esplosive.

Nel seguito della presente guida sono considerate solo le polveri combustibili; tuttavia, come indicato nella Norma, i principi espressi e le indicazioni della presente guida possono essere seguiti nei casi in cui particelle solide combustibili volanti possono causare un pericolo.

Si individuano quindi le polveri combustibili presenti con le loro caratteristiche significative e se ne prepara un elenco.

Particolarmente quando le polveri combustibili sono molte, l’elenco dovrebbe essere preparato utilizzando appositi Fogli Dati.

Le caratteristiche più significative delle polveri combustibili sono:

- combustibilità, v. 5.5.1;
- esplodibilità, v. 5.5.2;
- grandezza media delle particelle di polvere e granulometria, v. 5.5.3;
- il contenuto di umidità e di altre sostanze inertizzanti, v. 5.5.4;
- campo di esplodibilità (LEL - UEL), v. 5.5.5;
- temperatura di accensione della nube e dello strato, v. 5.5.6;
- energia minima di accensione, v. 5.5.7;
- resistività elettrica, v. 5.5.8;
- densità (massa volumica) e densità apparente, v. 5.5.9;

Oltre alle caratteristiche di cui sopra, di volta in volta devono essere individuate anche le seguenti caratteristiche relative alla manipolazione o al deposito delle polveri stesse:

- concentrazione limite di ossigeno nell’atmosfera, v. 5.5.10;
- pressione nel punto di emissione, v. 5.5.11;
- altre caratteristiche, v. 5.5.12.
....

5.5.1 Combustibilità

L’attitudine di una polvere a bruciare in strato (combustibilità) viene verificata mediante esami a vista in laboratorio e, se la polvere non è combustibile lo strato di polvere non presenta pericoli d’incendio. 
...

5.5.2 Esplodibilità

La seconda proprietà da verificare per individuare una polvere combustibile, oltre la combustibilità in strato, è la sua esplodibilità in nube.

L’esplodibilità è verificata mediante prove di laboratorio. 
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5.5.3 Grandezza media delle particelle di polvere e granulometria

La grandezza media delle particelle è quella nominale che si assegna ad una polvere per una sua caratterizzazione, attraverso una prova specifica (es. utilizzando un setaccio con la dimensione delle maglie del setaccio attraverso cui si separa il 50% in massa del materiale vagliato, microscopia, sedimentazione in liquidi, ecc.). 

La granulometria è la distribuzione percentuale statistica della grandezza delle particelle di una polvere data, detta anche distribuzione granulometrica. 

La granulometria può essere rappresentata fornendo le percentuali in massa di particelle di determinata grandezza o campi di grandezze, sotto forma tabellare come in Fig. 5.5-1 o con un diagramma come da Fig. 5.5-2.
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DVR ATEX Polveri EN 60079 10 2 04
Fig. 5.5-2 – Granulometria di un campione di polvere - Indicazione in forma di diagramma

La grandezza delle particelle di una polvere è determinante per l’esplodibilità della polvere e per la possibilità di formare la nube esplosiva e per la persistenza di questa, prima che tutta la polvere sia depositata.  

Per la grandezza massima delle particelle vedere la definizione in 3.23.1. Si vedano al riguardo anche i diagrammi delle Fig. GB.1-1 e GB.1-2.

Il campione selezionato per la valutazione deve essere rappresentativo della polvere prevedibile nell’ambiente nelle condizioni peggiori. Questo in quanto anche particelle di grandezza maggiore di 500 µm sottoposte a diverse operazioni (es. trasporto pneumatico) possono essere sminuzzate con formazione di frazioni più fini o creare comunque pericoli d’esplosione.
E’ bene ricordare uno dei principi fondamentali della prevenzione contro le esplosione da polveri: le polveri generano sempre polveri più fini.
...

5.8.2 Esempi di tipi di zone pericolose

5.8.2.1 Esempi di zona 20

Le condizioni che conducono alla formazione di zone 20 si possono presentare, generalmente, solo all'interno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili, quali ad esempio: recipienti, apparecchi, mulini, frantumatrici, essiccatoi, cicloni, filtri, tramogge, mescolatori, condutture per il trasporto, coclee, nastri trasportatori, insaccatrici, sili, ecc., qualora si possano formare in permanenza, per lunghi periodi o spesso, miscele esplosive di polveri in quantità pericolose, vedi 5.7.1. 

Tuttavia, la zona 20 può essere presente anche all'esterno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili, con emissioni di grado continuo nell’ambiente, quali possono essere ad esempio quelle da recipienti aperti, da depositi all’aperto, da strati di polvere di spessore incontrollato perché non è attuata un’adeguata bonifica (in genere si tratta di luoghi in cui non si svolgono operazioni di pulizia), vedi 3.26 e Appendice GC. 

5.8.2.2 Esempi di zona 21

Le zone 21 possono essere presenti all'esterno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili nell’immediato intorno delle emissioni di primo grado, vedi 5.7.1. e in presenza di strati di polvere quando non è attuata un’adeguata bonifica, vedi 3.26 e Appendice GC. 

Le zone 21 possono essere presenti anche all'interno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili se, tramite un’analisi specifica delle procedure di lavorazione o deposito, la probabilità di presenza dell’atmosfera esplosiva soddisfa la definizione di zona 21 (vedi 5.8.1). 

Esempio:

Alcuni sili possono essere riempiti o svuotati solo raramente, quindi, l’interno può essere classificato come zona 21. In questi casi, per evitare di mantenere attive delle sorgenti di accensione quando non necessario, le apparecchiature [Prodotti] installate all’interno utilizzate solo per le operazioni di riempimento o svuotamento devono essere mantenute fuori servizio quando non si attuano dette operazioni.

La valutazione delle sorgenti di accensione deve prendere in considerazione il fatto che la nube di polvere è

probabile sia presente mentre le apparecchiature sono in funzione.

5.8.2.3 Esempi di zona 22

Le zone 22 possono essere presenti all'esterno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili nell’immediato intorno delle emissioni di secondo grado, vedi 5.7.1. e in presenza di strati di polvere quando non è attuata un’adeguata bonifica, vedi 3.26 e Appendice GC. 

In ambienti chiusi la zona 22 deve essere prevista nell’intorno delle zone 21 non confinate o limitate da ostacoli rigidi.
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Esempi Zone pericolose

Nelle Figure seguenti sono riportati alcuni esempi di zone pericolose.
Le dimensioni delle zone possono essere definite facendo riferimento a guide e raccomandazioni relative a specifiche industrie o applicazioni, a dati attendibili che consentano una corretta valutazione (es. con analisi operativa o con calcolo probabilistico basato su dati statistici idonei), a studi sperimentali di settori specifici, od anche procedendo come indicato nell’Appendice GD.
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DVR ATEX Polveri EN 60079 10 2 05

Fig. 5.9-1
Esempio di zone pericolose originate dallo svuotamento di contenitori in una tramoggia priva di mezzi di aspirazione polveri, sita in ambiente chiuso in cui è prevista la possibilità di formazione di strati di polvere

DVR ATEX Polveri EN 60079 10 2 06

Fig. 5.9-4
Esempio di zone pericolose originate dallo svuotamento di un autocarro in una fossa di ricezione priva di mezzi di aspirazione polveri, sita in ambiente chiuso


DVR ATEX Polveri EN 60079 10 2 07
Fig. 5.9-7
Esempio di zona pericolosa originata dallo scarico in ambiente chiuso (o anche aperto) di un filtro dove la polvere può essere emessa solo per malfunzionamento o rottura del filtro stesso

DVR ATEX Polveri EN 60079 10 2 08

Fig. 5.9-13
Esempio di zone pericolose originate da uno scarico, o anche travaso, continuo o frequente di polvere, in un recipiente aperto con bocca di scarico bassa sotto il bordo del contenitore sito in ambiente aperto
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6. Documentazione tecnica di classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione

6.1 Livelli di preparazione della documentazione di classificazione dei luoghi 

Per poter fare la valutazione di cui in 5.12, la classificazione dei luoghi dovrebbe essere preparata in due edizioni (livelli) distinte:

a)  una edizione preliminare, da preparare nelle fasi iniziali della progettazione (progetto preliminare e/o definitivo secondo la Guida CEI 0-2) in concomitanza con la definizione della planimetria dell'opera, delle caratteristiche dei componenti che costituiscono i sistemi di contenimento delle sostanze infiammabili (impianti di processo) e degli edifici; essa dovrebbe contenere almeno:

- l’elenco dei dati generali e delle caratteristiche dell'impianto tecnologico;
- l’elenco delle sorgenti di emissione più significative e già note;
- una bozza di planimetria della classificazione, oppure una descrizione delle scelte effettuate per quanto attiene i sistemi di contenimento delle polveri combustibili e delle sostanze che possono produrle, gli ambienti, i sistemi di bonifica, ecc.;

b)  una edizione definitiva (da preparare nella fase di progetto esecutivo secondo la Guida CEI 0-2), comprendente tutte le informazioni necessarie per una corretta definizione dei requisiti di sicurezza degli impianti e dei relativi Prodotti.

6.2 Tipi di documenti

La documentazione tecnica di classificazione dei luoghi costituisce il risultato dell’attività svolta.

Essa, nella sua edizione definitiva, è generalmente costituita da:

- relazione tecnica;
- fogli dati; (eventuali);
- relazione illustrativa dei calcoli eseguiti (eventuale); 
- disegni.

Nei documenti sopra indicati devono essere riportate, tra l’altro, le informazioni per la definizione dei requisiti dei Prodotti di cui in 5.14.

Per i casi più semplici la documentazione può essere semplificata di conseguenza, purché contenga tutte le informazioni necessarie.

6.2.1 Relazione tecnica 

La relazione tecnica è il documento che riassume tutto il lavoro di classificazione e raccoglie la documentazione relativa.

Essa può costituire un documento a sé stante od anche far parte del “Documento sulla protezione contro le esplosioni” di cui all’art. 294, Titolo XI del D.Lgs. n. 81/08.

Quando il luogo (opera) considerato è grande e costituito da tante parti o unità, può essere utile preparare una relazione tecnica generale e tante relazioni tecniche particolari quante sono le parti o unità di cui si effettua la classificazione dei luoghi.

La relazione tecnica deve contenere:

a)  i dati generali di progetto di cui in 5.3; 
b)  descrizione del procedimento di classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione con l’elenco delle principali disposizioni legislative, norme e guide tecniche di riferimento, 
....

segue

Certifico Srl - IT 
©Copia autorizzata Abbonati

Matrice Revisioni

Rev. Data Oggetto Autore
1.0 2019 Nota. CEI 31-56 Certifico Srl
0.0 2018 --- Certifico Srl

Attenzione, il Documento è elaborato su alcune parti della Guida CEI 31-56, con lo scopo di illustrare il processo di VR ATEX Polveri secondo quanto previsto dal D.Lgs. 81/2008 ed avere una struttura ed esempi di riferimento.

D.Lgs. 14 agosto 1996 n. 494

ID 9508 | | Visite: 4440 | Decreti Sicurezza lavoro

D Lgs  14 agosto 1996 n  494

D.Lgs. 14 agosto 1996 n. 494

Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili. 

(GU n.223 del 23-9-1996 - SO n. 156)

Abrogato da: D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81

Testo nativo allegato a scopo di Archivio.

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Quesito VVF | carico d’incendio ed impianti di protezione attiva

ID 9497 | | Visite: 7210 | Prevenzione Incendi

Quesito VVF carico d incendio ed impianti di protezione attiva

Quesito VVF | carico d’incendio ed impianti di protezione attiva

Roma, 23 aprile 2019 - Chiarimento Prot. n° 0005913 

OGGETTO: quesiti inerenti il D.M. 3 agosto 2015 in relazione al carico d’incendio ed agli impianti di protezione attiva.

In riscontro ai quesiti formulati con la nota a margine indicata, si rappresenta quanto segue:

a) Nel concordare con il parere espresso da codesta Direzione regionale, si evidenzia infatti che la generica dicitura “elevato carico d’incendio specifico” è stata intenzionalmente utilizzata per meglio evidenziare come la necessità di adottare il livello di prestazione IV della misura S6 derivi prettamente dalla specifica valutazione del rischio per ogni singolo caso in studio, sulla base di una pluralità di fattori e non esclusivamente su di un valore prefissato del carico d’incendio.

b) Relativamente al secondo quesito posto, si fa osservare che nell’ambito delle soluzioni conformi si deve far ricorso a norme e documenti emanati dall’Ente di normazione nazionale, sia per le reti di idranti che per i sistemi automatici di controllo o estinzione degli incendi. Per entrambe le casistiche, si potrà far ricorso a norme e documenti diversi da quelli emanati dall’Ente di normazione nazionale nell’ambito delle soluzioni alternative di cui al p.to G.2.6 del D.M. 3 agosto 2015 e s.m.i.. (Chiarimento lett. b) non più necessario dopo la sostituzione dell’allegato 1 del DM 03/08/2015 da parte del DM 18/10/ 2019. N.d.R.)

[...] segue in allegato

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Guidelines Exposure to Time-Varying Electric, Magnetic, and Electromagnetic Fields (Up to 300 GHz)

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Guidelines Exposure to Time Varying Electric  Magnetic  and Electromagnetic Fields  Up to 300 GHz

Guidelines for Limiting Exposure to Time-Varying Electric, Magnetic, and Electromagnetic Fields (Up to 300 GHz)

INTRODUCTION

IN 1974, the International Radiation Protection Association (IRPA) formed a working group on non-ionizing radiation (NIR), which examined the problems arising in the field of protection against the various types of NIR. At the IRPA Congress in Paris in 1977, this working group became the International Non-Ionizing Radiation Committee (INIRC).

In cooperation with the Environmental Health Division of the World Health Organization (WHO), the IRPA/INIRC developed a number of health criteria documents on NIR as part of WHO’s Environmental Health Criteria Programme, sponsored by the United Nations Environment Programme (UNEP). Each document includes an overview of the physical characteristics, measurement and instrumentation, sources, and applications of NIR, a thorough review of the literature on biological effects, and an evaluation of the health risks of exposure to NIR. These health criteria have provided the scientific database for the subsequent development of exposure limits and codes of practice relating to NIR.

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ICNIRP 1998

 

 

Guidance compliance of exposure to pulsed and complex non-sinusoidal waveforms below 100 kHz

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Guidance compliance of exposure to pulsed and complex non sinusoidal waveforms below 100 kHz

Guidance compliance of exposure to pulsed and complex non-sinusoidal waveforms below 100 kHz

THE INTERNATIONAL Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP) has published guidelines for limiting exposure to electric, magnetic and electromagnetic fields (ICNIRP 1998a, b) and has provided frequency dependent basic restrictions and reference levels from which a hazard assessment for exposures to electric and magnetic fields can be made. This document provides clarification for assessing compliance with the guidelines for pulsed and complex non-sinusoidal waveforms with frequency components predominantly up to 100 kHz. The approaches described may be helpful to product standards setting bodies concerned with metrology.

In the frequency range up to 100 kHz there are a number of sources of non-sinusoidal magnetic fields with the potential to exceed the reference levels for exposures specified in the ICNIRP guidelines. Common sources include electronic article surveillance gates, demagnetizers, electronic security systems, and metal detectors, and these generate predominantly magnetic fields. Therefore, this statement focuses mainly on magnetic fields; however, this can be readily extended to electric fields.

The ICNIRP guidelines specify “basic restrictions” and “reference levels.” Basic restrictions on exposure to magnetic fields are based on established adverse health effects. For magnetic fields below 100 kHz the physical quantity used to specify the basic restrictions is current density (J) induced inside the body. Reference levels are values that are provided for practical exposure assessment purposes to determine whether the basic restrictions are likely to be exceeded. Compliance with the reference levels is designed to ensure compliance with the relevant basic restriction. For exposures to magnetic fields below 100 kHz, the derived quantity magnetic flux density (B) is the parameter used for the reference levels. Reference levels expressed in terms of rate of magnetic flux density change dB/dt can also be derived from basic restrictions

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ICNIRP 2003

Strategie monitoraggio qualità dell’aria indoor ambienti sanitari

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RapportoISTISAN 1917

Strategie di monitoraggio della qualità dell’aria indoor negli ambienti sanitari: strategie di monitoraggio degli inquinanti chimici e biologici

Rapporto ISTISAN 19/17

Obiettivo di questo documento è quello di fornire delle corrette strategie di monitoraggio dell’aria indoor nelle strutture sanitarie sia per un’adeguata attività di misura, acquisizione, verifica e valutazione degli inquinanti chimici e biologici, sia per supportare adeguatamente specifici protocolli di prevenzione individuale e collettiva, con l’obiettivo di migliorare lo stato di salute dei fruitori sanitari e degli operatori sanitari, e per ribadire il ruolo centrale di responsabilità nella promozione e tutela della salute da parte delle strutture sanitarie così come previsto dalla World Health Organization.

Si riportano i principali fattori da considerare per pianificare le attività di monitoraggio in relazione agli ambienti e alle sorgenti indoor. Vengono descritti i principi generali e le caratteristiche dei metodi per il campionamento e l’analisi dei Composti Organici Volatili (COV), del materiale particellare (PM10 e PM2,5), dei microinquinanti organici (IPA, PCDD/F e PCB) e inorganici (metalli e metalloidi), biologici (virus, batteri e funghi) con riferimento alle norme elaborate a livello europeo.

Fonte: ISTISAN

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Rapporti ISTISAN 19/17
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Circolare Inail n. 30 dell'8 novembre 2019

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Circolare Inail n. 30 dell'8 novembre 2019

Prestazioni economiche per infortunio sul lavoro e malattia professionale: settore industria, compreso il settore marittimo, agricoltura, medici esposti a radiazioni ionizzanti. Rivalutazione annuale con decorrenza 1° luglio 2019.

Con effetto dall'anno 2000 e a decorrere dal 1° luglio di ciascun anno, la retribuzione di riferimento per la liquidazione delle rendite corrisposte dall'Inail ai mutilati e agli invalidi del lavoro, relativamente a tutte le gestioni di appartenenza dei medesimi, è rivalutata annualmente sulla base della variazione effettiva dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertata dall’Istat intervenuta rispetto all'anno precedente.

Secondo quanto disposto dalla normativa sopra richiamata, gli incrementi annuali, come sopra determinati, verranno riassorbiti nell'anno in cui scatterà la variazione retributiva minima non inferiore al 10% rispetto alla retribuzione presa a base per l'ultima rivalutazione effettuata ai sensi dell’articolo 20, commi 3 e 4, della legge 28 febbraio 1986, n.4115.

Per l’anno 2018, la rivalutazione delle prestazioni economiche per infortunio sul lavoro e malattia professionale - nel settore industria, compreso il settore marittimo, agricoltura, medici esposti a radiazioni ionizzanti e tecnici sanitari di radiologia autonomi - è stata approvata dai decreti ministeriali del 19 luglio 2018, con decorrenza 1° luglio 2018.

Per l’anno 2019 l’Istat ha registrato una variazione percentuale dell’indice dei prezzi al consumo pari all’1,1%, che comporta la necessità di adeguare le prestazioni in questione.

Con determina del Presidente Inail 12 giugno 2019, n. 201, è stata di conseguenza approvata la proposta di rivalutazione, con decorrenza dal 1° luglio 2019, delle prestazioni economiche per infortunio sul lavoro e malattia professionale per i settori industria, agricoltura, navigazione e medici radiologi.

Tale determina è stata approvata con i tre decreti ministeriali del 2 agosto 2019 citati nel quadro normativo, relativi, rispettivamente, al settore industriale, compreso il settore marittimo, al settore agricolo, ai medici radiologi a decorrere dal 1° luglio 2019.

Con la presente circolare vengono illustrati, come negli anni passati, i riferimenti retributivi per procedere alla prima liquidazione delle prestazioni, alla riliquidazione delle prestazioni in corso, nonché gli indirizzi operativi alle Strutture territoriali ai fini della riliquidazione.

[...]

Fonte: INAIL

Circolare DCPREV n. 16510 del 31/10/2019

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Circolare DCPREV n  16510 del 31 10 2019

Circolare DCPREV n. 16510 del 31/10/2019

Circolare DCPREV n. 16510 del 31/10/2019 recante indirizzi applicativi per gli adempimenti procedurali e tecnici da osservare per le gallerie stradali più lunghe di 500 mt.

DPR 151/11 Attività n. 80 - Gallerie stradali più lunghe di 500 metri - Adempimenti procedurali e tecnici - Indirizzi applicativi.

Il DPR 151/11 ha assoggettato ai procedimenti di prevenzione incendi le gallerie stradali di lunghezza superiore ai 500 metri annoverandole in categoria A.

Tali infrastrutture possono o meno essere ricomprese nella rete stradale transeuropea (rete TEN).

Si evidenzia, in via preliminare, la differenza dei procedimenti amministrativi antincendio applicabili per le infrastrutture stradali che appartengono alla rete TEN, per le quali, pur applicandosi la disciplina dall'art. 4 del DPR 151/11, risulta preminente, sia in termini procedurali che tecnici, l'aspetto autorizzatorio nonchè l'opera di controllo e vigilanza che il D.lgs. 264/06 pone in capo alle competenti strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in particolare alla Commissione permanente per le gallerie di cui all'art. 4 dello stesso D.lgs. 264/06.

Per quanto riguarda, invece, le gallerie stradali esistenti non appartenenti alla rete TEN, il termine di presentazione della SCIA di cui all'art. 4 del DPR 151/11 è stato prorogato da vari interventi legislativi che si sono succeduti nel corso del tempo e, da ultimo, sono stati fissati dall'articolo 7 dalla legge n. 134/2012 che, tra l'altro, prevede che " ...gli adempimenti amministrativi stabiliti dal... regolamento sono espletali entro i sei mesi successivi al completamento degli adeguamenti previsti nei termini disciplinati dall'articolo 55, comma 1-bis, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 (il termine dei sei mesi decorre dal 30 aprile 2019).

Tale disposto normativo ha, pertanto, uniformato i termini per la presentazione della SCIA ex art. 4 DPR 151/11 sia in caso di gallerie appartenenti alla rete TEN che di gallerie non appartenenti alla rete TEN.

In considerazione della scadenza di tale termine, si forniscono i seguenti indirizzi applicativi per il personale de! CNVVF che dovesse trovarsi in presenza di gallerie stradali in esercizio più lunghe di 500 metri, sia nell'ambito degli ordinari controlli di prevenzione incendi che nell'ambito dell'attività di vigilanza ispettiva.

Qualora nell'ambito dei controlli di prevenzione incendi ii personale VF si trovasse in presenza di gallerie appartenenti alla rete TEN esistenti e non ancora conformi ai requisiti di cui al D.lgs. 264/06, fermo restando la necessità di attivare le procedure di polizia giudiziaria previste in caso di mancanza di SCIA, le valutazioni tecniche sulle eventuali carenze degli aspetti antincendio devono essere effettuate con riferimento ai requisiti minimi riportati nell 'Allegato II del D.lgs. 264/06.

Si fa presente, comunque, che la Commissione permanente per le gallerie ex art. 4 del D.lgs. 264/06, su richiesta di taluni gestori, ha di recente licenziato, con apposito atto deliberativo, alcuni requisiti di sicurezza tecnici e gestionali in modo da consentire l'esercizio provvisorio, con limitazioni, di gallerie esistenti e non adeguate. Si fa riserva di trasmettere tale documento, non appena sarà disponibile.

In sede di sopralluogo dovrà, inoltre, essere verificata la sussistenza del previsto atto autorizzativo della Commissione permanente per le gallerie.

Le risultanze degli eventuali esiti negativi dei controlli devono essere comunicate, oltre che agli organi competenti secondo quanto previsto dagli artt. 16, comma 5 o 19, comma 3 del D.lgs 139/06 e s.m.i., anche alla Commissione permanente per le gallerie ai fini dell'adozione delle proprie determinazioni in merito all'esercizio di cui all'art. 4 comma 10 del D.lgs. 264/06.

Con l'occasione, si rammenta che i Comandi dei Vigili del fuoco non sono tenuti a valutare ed approvare, qualora proposti dai gestori, interventi atti a compensare ii rischio del mancato adeguamento ai requisiti previsti dal D.lgs. 264/06 o alle condizioni di esercizio con limitazioni fissati dalla Commissione permanente, nemmeno qualora tali misure fossero presentate dai gestori nell'ambito dei Piani di intervento predisposti ai fini di ottenere il concerto con le strutture territoriali dei Vigili de! fuoco.

Qualora invece ci si trovasse in presenza di una galleria appartenente alla rete TEN già conforme ai requisiti di cui al D.lgs. 264/06, fermo restando la necessita di attivare le procedure di polizia giudiziaria previste in caso di mancanza di SCIA, il personale VF avrà cura di verificare, in sede di sopralluogo, la sussistenza dell'atto autorizzativo all'esercizio di cui all'allegato IV del D.lgs. 264/06 da parte della Commissione permanente per le gallerie.

Per quanto attiene, invece, alle gallerie esistenti non appartenenti alla rete TEN, si comunica che, al fine di individuare le necessarie disposizioni normative, il Ministero dell'interno, competente per i soli aspetti antincendio, di concerto con ii Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, hanno predisposto uno specifico provvedimento recante "Regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio di gallerie stradali non appartenenti alla rete stradale transeuropea", approvato dal C.C.T.S. nell'adunanza del 28/11/2018. Per tale provvedimento si sta completando l'iter di acquisizione del previsto concerto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Detto provvedimento prevede, tra l'altro, per le gallerie già in esercizio alla data della sua emanazione, un adeguamento a specifici requisiti di sicurezza antincendio in tre differenti fasi temporali con scadenza 6 mesi, 1 anno e 5 anni.

Sul punto si chiarisce che, al termine di ciascuno degli adeguamenti previsti e comunque alla scadenza dei rispettivi termini, ii gestore o soggetto titolare dell'attività deve presentare la SCIA.

...

Fonte: VVF

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Delibera 31 ottobre 2019 | Commissione di inchiesta condizioni di lavoro

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Delibera 31 ottobre 2019

Delibera 31 ottobre 2019 

Senato della Repubblica

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati. 

(GU Serie Generale n.262 del 08-11-2019)

Art. 1. Istituzione

1. È istituita, ai sensi dell’art. 82 della Costituzione e dell’art. 162 del Regolamento del Senato, una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza  nei luoghi di lavoro pubblici e privati, di seguito denominata «Commissione».

Art. 2. Composizione

1. La Commissione è composta da venti senatori, nominati dal Presidente del Senato in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, garantendo, per quanto possibile, un’equilibrata rappresentanza tra i generi.
2. Il Presidente del Senato, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, convoca la Commissione per la costituzione dell’ufficio di presidenza.
3. L’ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto a scrutinio segreto dalla Commissione tra i suoi componenti. Per l’elezione del presidente è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti della Commissione. Se nessuno riporta la maggioranza assoluta, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. È eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
4. Per l’elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, si procede ai sensi del comma 3, quinto periodo.
5. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche per le elezioni suppletive.
6. La Commissione approva, prima dell’inizio dell’attività di inchiesta, un regolamento interno per il proprio funzionamento. Ciascun componente può proporre modifiche alle norme regolamentari.
7. Tutte le volte che lo ritiene opportuno la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.
8. Per l’adempimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente del Senato.

Art. 3. Compiti

1. La Commissione accerta:
a) l’entità dello sfruttamento del lavoro con particolare riguardo agli strumenti di prevenzione e repressione;
b) l’entità della presenza dei minori, con particolare riguardo ai minori provenienti dall’estero e alla loro protezione ed esposizione a rischio;
c) l’incidenza del fenomeno della presenza di imprese controllate direttamente o indirettamente dalla criminalità organizzata, nonché il rispetto della normativa in caso di appalti e subappalti con specifico riguardo ai consorzi, al fenomeno delle cooperative di comodo, alle reti di impresa e ai siti produttivi complessi, con particolare evidenza ai settori sensibili come edilizia e logistica;
d) la presenza delle cooperative spurie sul territorio nazionale, che operano in violazione della normativa vigente ed esercitano concorrenza sleale, al fine di tutelare la funzione sociale della cooperazione, ai sensi dell’art. 45 della Costituzione;
e) la congruità delle provvidenze previste dalla normativa vigente a favore dei lavoratori o dei loro familiari in caso di infortunio sul lavoro;
f) l’idoneità dei controlli da parte degli organi di vigilanza sull’applicazione delle norme antinfortunistiche;
g) la dimensione e la gravità degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con particolare riguardo alla tutela delle vittime e delle loro famiglie;
h) le cause degli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo alla loro entità nell’ambito del lavoro nero o sommerso e del doppio lavoro;
i) l’incidenza complessiva del costo degli infortuni sul lavoro sulla dimensione familiare dei lavoratori, sulla produttività delle imprese, sul Servizio sanitario nazionale e sul sistema economico;
l) eventuali nuovi strumenti legislativi e amministrativi da proporre al fine della prevenzione e della repressione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali;
m) l’incidenza e la prevalenza del fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali in ragione dell’età, del genere e del luogo di residenza delle vittime, attraverso lo svolgimento di appropriate analisi.

Art. 4. Durata e relazione conclusiva

1. La Commissione è istituita per la durata della XVIII legislatura. La Commissione riferisce al Senato ogni qual volta lo ritenga opportuno. La Commissione presenta una relazione scritta, con cadenza annuale e a conclusione dei lavori, sull’attività svolta e sui risultati dell’inchiesta.
Sono ammesse relazioni di minoranza.

[...]

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Esposizione a micotossine aerodisperse

ID 9447 | | Visite: 3724 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Esposizione a micotossine

Esposizione a micotossine aerodisperse: un rischio occupazionale?

INAIL, 2019

Numerosi studi epidemiologici riportano effetti sanitari dovuti a ingestione di alimenti contaminati.

Meno studiato è il rischio di contrarre patologie a seguito di inalazione di spore fungine o particelle di polvere contaminate, rischio che, per alcune attività, può essere consistente. I lavoratori a maggior rischio espositivo risultano quelli addetti alla raccolta di cereali, stoccaggio di materiale agricolo, carico e scarico (es. autotrasportatori), produzione e distribuzione di mangimi.

Il documento intende approfondire le problematiche connesse con l’esposizione a micotossine per via inalatoria e il loro impatto sulla saluto occupazionale.

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Fonte: INAIL

Decreto Ministero dell'Interno 18 ottobre 2019

ID 9401 | | Visite: 22706 | Prevenzione Incendi

Decreto 18 ottobre 2019

Decreto Ministero dell'Interno 18 ottobre 2019 | Codice Prevenzione Incendi 2019

Modifiche all'allegato 1 al decreto del Ministro dell'interno 3 agosto 2015, recante «Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139».

(GU Serie Generale n.256 del 31-10-2019 - Suppl. Ordinario n. 41)

Entrata in vigore: 01.11.2019

_______

Art. 1  Modifiche all'allegato 1 al decreto del Ministro dell'interno del 3 agosto 2015

1. E' approvato l'allegato 1, che costituisce parte integrante del presente decreto, contenente le modifiche all'allegato 1 al decreto del Ministro dell'interno 3 agosto 2015 relative alle seguenti sezioni:

a) Sezione G - Generalita';
b) Sezione S - Strategia antincendio;
c) Sezione V - Regole tecniche verticali, limitatamente ai seguenti capitoli:
c.1) V.1 (Aree a rischio specifico);
c.2) V.2 (Aree a rischio per atmosfere esplosive);
c.3) V.3 (Vani degli ascensori);
d) Sezione M - Metodi.

2. L'allegato 1 di cui al comma 1 sostituisce integralmente l'allegato 1 al decreto del Ministro dell'interno 3 agosto 2015.

Art. 2 Disposizioni finali 

1. In caso di utilizzo dei metodi di progettazione della sicurezza antincendio di cui al paragrafo G.2.7 dell'allegato 1, per la determinazione della durata dei servizi, trovano applicazione l'art. 3, comma 3 e l'art. 4, comma 2 del decreto del Ministro dell'interno 9 maggio 2007.

2. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Allegato 1

Norme tecniche di prevenzione incendi
Sezione G Generalita'
Sezione S Strategia anticendio
Sezione V Regole tecniche verticali
Sezione M Metodi
...

Testo Codice di Prevenzione Incendi RTO II

Codice Prevenzione Incendi RTO II 2019

Maggiori Info

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Direttiva (UE) 2019/1834

ID 9428 | | Visite: 5643 | Legislazione Sicurezza UE

Direttiva UE 2019 1834

Direttiva (UE) 2019/1834

Direttiva (UE) 2019/1834 della Commissione del 24 ottobre 2019 che modifica gli allegati II e IV della Direttiva 92/29/CEE del Consiglio per quanto riguarda gli adeguamenti meramente tecnici

GU L 279 del 31.10.2019

Entrata in vigore: 20.11.2019

Attuazione

In GU n. 108 del 10 maggio 2022 pubblicato il Decreto 10 marzo 2022 Attuazione della direttiva (UE) 2019/1834 della Commissione del 24 ottobre 2019 che modifica gli allegati II e IV della direttiva 92/99/CEE del Consiglio per quanto riguarda gli adeguamenti meramente tecnici.

...

Articolo 1

Gli allegati II e IV della Direttiva 92/29/CEE sono sostituiti dal testo dell’allegato della presente direttiva.

Articolo 2

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 20 novembre 2021. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.

Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni principali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

_______

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Direttiva 2006/25/CE

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Direttiva 2006 25 CE

Direttiva 2006/25/CE

Direttiva 2006/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006 , sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (radiazioni ottiche artificiali) (diciannovesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)

GU L 114 del 27.4.2006

Testo consolidato 2019 con le modifiche apportate da:

Direttiva 2007/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2007 (GU L 165/21 del 27.6.2007)
Regolamento (CE) n. 1137/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2008 (GU L 311/1 21.11.2008)
Regolamento (UE) 2019/1243 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 (GU L 198/241 25.7.2019)

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Direttiva 2002/44/CE

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Direttiva 2002 44 CE

Direttiva 2002/44/CE

Direttiva 2002/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 giugno 2002, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni) (sedicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) - Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo e del Consiglio

GU L 177 del 6.7.2002

Testo consolidato 2019 con le modifiche apportate da:

Direttiva 2007/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2007 (GU L 165/21 del 27.6.2007)
Regolamento (CE) n. 1137/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2008 (GU L 311/1 21.11.2008)
Regolamento (UE) 2019/1243 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 (GU L 198/241 25.7.2019)

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ISS: Esposizioni pericolose e intossicazioni | 10° Rapporto nazionale

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ISS X Rapporto

ISS: Esposizioni pericolose e intossicazioni | 10° Rapporto nazionale

Sistema informativo nazionale per la sorveglianza delle esposizioni pericolose e delle intossicazioni: casi rilevati nel 2015

Decimo rapporto annuale

Il rapporto descrive le principali caratteristiche di 43.981 casi di esposizione umana rilevati dai Centri Antiveleni nazionali di Milano e Bergamo nel 2015. Per il 46% dei casi l’età è risultata < 6 anni e per l’insieme della casistica il genere è risultato equamente distribuito.

La maggior parte delle esposizioni (94%) si è verificata in ambiente domestico, circa l’81% dei casi è risultato esposto in modo accidentale, principalmente per accesso incontrollato (44%), errore terapeutico (11%) e travaso da contenitore originale (6%), mentre circa il 16% dei casi è stata vittima di esposizione intenzionale, principalmente per gesto autolesivo (14%).

Il 39% dei casi è risultato esposto a Farmaci, il 59% a Non farmaci e il 2% a entrambi. Le categorie secondarie di agente più frequentemente riportate sono state: prodotti per la pulizia di uso domestico (21%), sedativi/ipnotici/antipsicotici (9%), analgesici e cosmetici/cura della persona (6%, rispettivamente), antidepressivi, antiparassitari, corpi estranei (4%, rispettivamente). Per il 37% dei casi è stato rilevato almeno un effetto clinico associabile all’esposizione, mentre per circa il 65% è stato prescritto almeno un intervento terapeutico.

...

INDICE
Introduzione
Raccolta, revisione, classificazione e analisi dei dati
Casi rilevati nel 2015
Confronto con la casistica rilevata negli USA nel 2015
Considerazioni sulle osservazioni effettuate e prospettive di approfondimento
Bibliografia
Appendice A
Esposizioni a Farmaci (2015)
Appendice B
Esposizioni a Non farmaci (2015)

Fonte: ISS

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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 7/2019

ID 9524 | | Visite: 3621 | Interpelli Sicurezza lavoro



Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 7 del 24 Ottobre 2019

Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011
Con Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011 è stata istituita la Commissione per gli interpelli prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro (Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81) ed è stato attivato l’indirizzo di posta elettronica Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

I quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro possono essere inoltrati alla Commissione per gli interpelli, esclusivamente tramite posta elettronica, dagli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.

Le istanze di interpello trasmesse da soggetti non appartenenti alle categorie indicate o privi dei requisiti di generalità non potranno essere istruite. Non saranno pertanto istruiti i quesiti trasmessi, ad esempio, da studi professionali, associazioni territoriali dei lavoratori o dei datori di lavoro, Regioni, Province e Comuni.

Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza. Prima di inoltrare l’istanza si prega di verificare:

- che il quesito, concernente l’interpretazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro sia di carattere generale e non attenga a problematiche aziendali specifiche;
- che il soggetto firmatario rientri nelle categorie indicate. 

Nuovo Interpello del 24 Ottobre 2019 (n. 7/2019):

24/10/2019 - n. 07/2019 Destinatario: Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia (CONSAP) 
Art. 12, d.lgs. n. 81/2008 e smi - “Medico Competente della Polizia di Stato – Distanza dai luoghi di lavoro assegnati. Medico competente della Polizia di Stato – Iscrizione nella sezione d – bis dell’elenco dei medici competenti del Ministero della salute e aggiornamento”.

Oggetto: art. 12, d.gs. n. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni -  “Medico Competente della Polizia di Stato - Distanza dai luoghi di lavoro assegnati"

La Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia (CONSAP) ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito alla legittimità della riconferma di nomina di un medico competente della Polizia di Stato che, pur essendo stato trasferito in altra Regione, continui ad esercitare la sua funzione a distanza dal luogo di destinazione, tenuto conto che nella provincia nella quale è stato nominato medico competente vi sono altri medici della Polizia di Stato che svolgono analogo incarico.
La citata Confederazione rappresenta, altresì, che “nella pagina del Ministero della Salute dedicata alla ricerca dei medici competenti[…] autorizzati a svolgere tale mansione, sono presenti due sezioni: la prima è riservata alla ricerca dei medici competenti autorizzati e che hanno sostenuto l’apposito esame e, la seconda, è la sezione dedicata ai medici delle Forze Armate e Forze di Polizia ai sensi dell’art. 38 co.1 lett. d – bis del D.L.gs. nr.81/08 ss.mm.ii.. I medici delle FF.AA. e delle FF.PP., per poter essere inseriti nella predetta sezione loro riservata, devono obbligatoriamente presentare al Ministero della Salute la prevista autodichiarazione[…].
Tanto premesso la CONSAP chiede, a questa Commissione “se i Medici della Polizia di Stato, per poter iniziare ad operare in qualità di medici competenti ai sensi della predetta lettera d – bis, hanno l’obbligo di inviare al Ministero della Salute l’autodichiarazione di cui sopra” e “se i medici della Polizia di Stato, qualora iscritti nell’apposita sezione di cui alla lettera d-bis, per poter continuare nel compito di medico competente per i lavoratori interni, debbano effettuare il previsto aggiornamento professionale e acquisire i previsti crediti formativi ECM come indicato nella circolare del Ministero della salute del 1/6/2017 ed inviare allo stesso la prevista autocertificazione […]”.

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Cassazione Penale Sent. Sez. F Num. 45719 | 11 Novembre 2019

ID 9518 | | Visite: 2757 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. Fer. dell' 11 novembre 2019, n. 45719

Rischio da schiacciamento per oscillazione. Sebbene non vi sia un divieto di intervenire manualmente sui carichi, è necessario garantire il pieno governo del carico da parte del lavoratore

Penale Sent. Sez. F Num. 45719 Anno 2019

Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: NARDIN MAURA
Data Udienza: 27/08/2019

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 31 ottobre 2017 la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Firenze con la quale A.M., legale rappresentante della Sos Amianto s.r.l,. è stata ritenuta responsabile del reato di cui all'art. 590, comma 1A e 3A cod. pen. in relazione all'art. 71 comma 3 d. lgs. 81/2008, contestatogli per avere colposamente cagionato lesioni personali gravi a L.C., consistite in ferita da taglio al III dito della mano destra, perché con imprudenza, negligenza ed imperizia ed in violazione delle norme di prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro, ometteva di adottare attrezzature, quali aste o cinghie, che consentissero la guida dei carichi a distanza e, non prendendo in considerazione le caratteristiche del lavoro da svolgere ed i rischi presenti, consentiva al lavoratore, intento a posizionare sul tetto di un edificio pannelli di lamiera del peso di kg. 300, sollevati tramite gru, di operare con le mani per reggere il carico, cosicché egli veniva colpito da un pancale in sollevamento, che nell'oscillazione gli schiacciava la mano destra.
2. Il fatto -come ricostruito dalle sentenze di merito- può essere descritto come segue: L.C., dipendente della Sos Amianto s.r.l., incaricata dal Comune di Scandicci del rifacimento della copertura di un edificio scolastico, in data 6 marzo 2012, si portava sul tetto dell'immobile al fine di provvedere allo scarico di pancali in lamiera, del peso di kg. 300 cadauno, movimentati da A.F., anch'egli dipendente dell'azienda, a mezzo di una gru posizionata su un camion. A.F., nell'occasione, sollevava il pancale con la gru fino all'altezza del tetto e qui L.C. lo indirizzava, appoggiando una mano sul carico per tenerlo in equilibrio, indi invitava il collega, che da terra non poteva vedere cosa accadesse sul tetto, a mandare giù il carico. Nel corso dell'operazione, nondimeno, il pancale oscillava bruscamente andando a colpire L.C., la cui mano destra rimaneva schiacciata contro un muretto posizionato sul tetto.
3. Avverso la sentenza della Corte di appello propone ricorso per cassazione l'imputata, a mezzo del suo difensore, affidandolo due motivi.
4. Con la prima doglianza fa valere, ex art. 606, primo comma, lett.re b) ed e) cod. proc. pen., la violazione della legge penale in relazione all'art. 43 cod. pen. ed il vizio di motivazione. Denuncia la mancata indicazione da parte del provvedimento impugnato della norma cautelare in concreto violata, non essendo previsto da alcuna disposizione l'obbligo di utilizzare aste o cinghie per la guida dei carichi del tipo di quelli movimentati dal lavoratore infortunato, ma solo quello di cui all'art. 71, comma 3 del d.lgs. 81/2008, che impone al datore di lavoro di adottare 'adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell'ALLEGATO VI' che, a loro volta, non indicano siffatta prescrizione. Assume che per la tipologia del carico e dell'ambiente nel quale le lavorazioni venivano effettuate l'adozione di simili presidi non era attuabile. Sostiene che il P.O.S. relativo al cantiere conteneva l'indicazione dei rischi derivanti dalla rimozione dei pannelli, ed in particolare il rischio di schiacciamento delle persone presenti nella zona di evoluzione della macchina -come peraltro riconosciuto dalla sentenza di primo grado- e che, dunque, il datore di lavoro non ha omesso di prevedere i rischi, ma semplicemente ha ritenuto che peculiarità delle lavorazioni in concreto svolte e la particolare esperienza e capacità dei lavoratori non rendesse necessaria la prescrizione dell'uso di aste o cinghie, dovendo invece individuarsi, di volta in volta, la cautela pertinente al rischio da affrontare. Al contrario, entrambe le sentenze di merito, hanno trascurato il profilo della pertinenza fra la prescrizione come individuata (utilizzo di funi o aste) e la lavorazione in atto, nel corso della quale l'infortunio si è verificato. Lamenta la superficialità delle indagini della A.S.L., limitata alle sole informazioni rese dalla persona offesa, senza alcun sopralluogo e sottolinea la ricaduta di detta incompletezza sull'individuazione della regola cautelare pertinente al caso.
5. Con il secondo motivo fa valere la violazione della legge penale in relazione agli artt. 40 e 41 cod. pen., nonché il vizio di cui all'art. 606 comma 1, lett. e) cod. proc. pen., sotto il profilo della carenza assoluta. Osserva che la Corte territoriale, a fronte di specifico motivo di appello, in violazione dell'obbligo di motivazione, ha mancato di affrontare la questione inerente alla sussistenza del nesso di causalità fra la contestata condotta omissiva e l'evento lesivo. Rileva che lo schiacciamento della mano del lavoratore è avvenuto nella fase di scarico del grave e non in quella di traslazione e che, pertanto, la c.d fase di guida del carico j era terminata e non richiedeva l'utilizzo di alcuno strumento di movimentazione. Dunque, l'avere tenuto la mano sul carico non era più necessario al fine di agevolare il rilascio a terra, e se ciò costituisce un comportamento gravemente imprudente posto in essere dal lavoratore in difformità delle procedure aziendali, dimostra anche che l'osservanza della cautela individuata dai giudici di merito, non avrebbe consentito di evitare l'evento.
6. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
3. La doglianza si concentra sull'assenza della norma impositiva della cautela indicata dai giudici di merito quale presidio del rischio realizzatosi. Nessuna disposizione, infatti, secondo la ricorrente, prevede l'utilizzo di funi, cinghie, aste o uncini nella movimentazione dei carichi, sicché non potrebbe dirsi violato il disposto dell'art. 71, comma 3 d.lgs. 81/2008, non avendo il datore di lavoro omesso di ottemperare a prescrizioni inerenti alla specifica lavorazione, non contenute neppure nell'Allegato VI. Al contrario, secondo il datore di lavoro, il P.O.S. individuava, già all'epoca dell'infortunio, i rischi da 'schiacciamento delle persone presenti nella zona di evoluzione della macchina', che, nondimeno, dovevano essere diversamente contenuti dai medesimi lavoratori, in relazione delle concrete condizioni di operatività.
4. Ora, l'art. 71, comma 3 d.lgs 81/2008 definisce il generale obbligo del datore di lavoro di 'ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro' e di 'impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte', adottando tutte le misure tecniche ed organizzative idonee a scongiurare i rischi derivanti dalle lavorazioni. Siffatto generale obbligo di "ridurre al minimo" il rischio di infortuni impone al datore di lavoro non solo di dotarsi degli specifici presidi previsti dalle disposizioni (fra cui quelle dell'Allegato VI), ma di tutti i dispositivi di sicurezza delle attrezzature, secondo quanto stabilito dal medesimo art. 71 al comma 4, lett. a) n.l), assicurando, inoltre, che "il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell'ergonomia", come prescritto del sesto comma della norma.
3.1. Va chiarito che quanto previsto dall'art. 2 del d.lgs. 359/1999, con cui si modificava l'art. 35 del d.lgs. 626/1994, è stato trasfuso, a seguito dell'abrogazione di siffatto ultimo provvedimento legislativo ai sensi dell'art. 304, comma 1 lett. a) del d.lgs. 81/2008, nelle disposizioni contenute nel punto 3 e sue articolazioni dell'Allegato VI, del T. U. sulla sicurezza sul lavoro. Ivi, fra le 'disposizioni concernenti l'uso delle attrezzature di lavoro che servono a sollevare e movimentare carichi' si prevede al punto 3.2.4. che "I lavori devono essere organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, che il lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto".
3.2. Dunque, sebbene non vi sia un divieto di intervenire manualmente sui carichi, è comunque previsto che le manovre, debbano garantire la salvaguardia del lavoratore, in modo tale da non consentire la perdita -da parte di chi opera- dei pieno governo del carico.
Siffatta garanzia può essere assicurata con modalità diverse a mezzo di procedure o di strumenti, non essendo stabilita una cautela predeterminata, e tuttavia, laddove vi siano istruzioni sull'uso di un macchinario contenute nel suo manuale di utilizzo, le medesime non possono essere tout court ignorate dal datore di lavoro, né la loro applicazione può essere semplicemente rimessa alla valutazione del lavoratore che provvede alla manovra. Pur potendo (e talora dovendo cfr. Sez. 4, n. 5441 del 11/01/2019 - dep. 04/02/2019, Lanfranchi Lanfranco, Rv. 27502001) la sicurezza di un macchinario o di una procedura di utilizzo, come descritta nelle informazioni del costruttore-venditore, essere potenziata con ulteriori sistemi, dispositivi o procedimenti compatibili con la corretta funzionalità dell'apparecchiatura, che garantiscano un incremento delle cautele, il datore di lavoro, nondimeno, non può certo trascurare le prescrizioni del manuale di funzionamento, su cui deve informare i lavoratori che operano sul macchinario, istruendoli sulle modalità del suo utilizzo.
3.3. A questo proposito la sentenza di prima cura, chiarisce che il libretto di istruzioni della gru, con la quale si provvedeva alla movimentazione dei pancali, alla lett. J) prevede che il carico sollevato debba essere guidato a distanza tramite funi, evitando di farlo oscillare, mentre la Corte territoriale ricorda che pochi mesi prima dell'infortunio il datore di lavoro era stato reso edotto della necessità di provvedere alla 'guida a distanza' dei carichi in movimento, essendo stato destinatario di prescrizioni INAIL, nel gennaio 2012, informazioni non portate a conoscenza della persona offesa, destinataria unicamente di formazione in ordine ai rischi di caduta dall'alto.
3.4. Ciò significa che, diversamente da quanto ritenuto dalla ricorrente, non solo è identificabile la condotta doverosa relativamente alle operazioni di carico e scarico con la gru mobile utilizzata, ma l'evento poteva essere preveduto ed evitato dal datore di lavoro, peraltro specificamente informato del pericolo, rispetto al quale, tuttavia, secondo i giudici del merito, non ha predisposto alcuna misura, neppure provvedendo a informare e formare i lavoratori operanti su quanto prescritto dall'INAIL.
4. Ebbene, quanto sin qui detto rende chiaro che anche laddove si volesse ritenere che il P.O.S. redatto dal datore di lavoro indicava il rischio specifico da schiacciamento per oscillazione (le sentenze lo escludono, nonostante riportino la previsione del P.O.S. relativa al pericolo di schiacciamento delle persone presenti nella zona di evoluzione della macchina) vi è che nulla è stato predisposto per evitarlo, tanto che la stessa ricorrente si limita ad affermare di avere stabilito che fossero i lavoratori addetti a dover individuare la modalità più corretta di elisione del rischio, a seconda dei casi. Dunque, anche questo profilo di censura deve essere respinto.
5. Parimenti manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso.
5. La doglianza con cui si sostiene l'insussistenza del nesso di causalità fra la condotta omissiva contestata e l'evento, si basa sull'assunto secondo il quale lo schiacciamento si sarebbe prodotto nella fase di rilascio a terra del carico e non in quella di traslazione, per la quale sarebbe previsto l'utilizzo di uno strumento di guida a distanza (fune, uncino ecc.), con la conseguenza dell'indifferenza dell'eventuale violazione cautelare sul prodursi dell'evento lesivo.
6.1. Si tratta di osservazioni che si reggono su una parcellizzazione del movimento di traslazione, priva di fondamento, posto l'operazione di trasferimento del carico è unitaria e che l'eventuale oscillazione del grave non può che essere esclusa solo quando il medesimo si trovi a terra, cioè quando sia in equilibrio stabile.
6.2. Dunque, essendo le regole stabilite per la movimentazione tramite la gru destinate a ridurre i pericoli derivanti dall'oscillazione del carico non può che affermarsi la correttezza del ragionamento in ordine alla causalità della colpa consistita nella mancata adozione di siffatte precauzioni, essendosi l'evento prodotto proprio per la loro inosservanza. Il doveroso giudizio controfattuale è stato correttamente svolto dal giudice di prima cura che ha precisato come l'adozione della cautela omessa, consistente nell'utilizzo di uno strumento che consentisse di mantenere il carico lontano dal corpo dell'operatore, avrebbe impedito lo schiacciamento, verificatosi a causa dell'utilizzo da parte del lavoratore delle mani al fine di stabilizzare il carico oscillante in discesa.
7. D'altro canto, il motivo qui proposto ,con cui ci si duole della carenza di motivazione da parte della Corte territoriale sul punto, non appare formulato in questi termini nell'atto appello, per come riportato dalla sentenza impugnata, il che impedisce di valutare, in assenza dell'allegazione del gravame, la coerenza della catena devolutiva.
8. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di ammende
Così deciso il 27/08/2019

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Circolare VVF n. 16746 del 06/11/2019 Porte resistenti al fuoco

ID 9498 | | Visite: 11727 | Prevenzione Incendi

Circolare 6 11 2019

Circolare VVF n. 16746 del 06/11/2019 Porte resistenti al fuoco

Circolare DCPREV n. 16746 del 06/11/2019 recante "Porte resistenti al fuoco ricadenti nel campo di applicazione del Regolamento (UE) n.305/2011 sui Prodotti da Costruzione (CPR) - Porte pedonali esterne, porte e cancelli industriali, chiarimenti ed indirizzi applicativi"

Come noto, ai sensi dell’art.5 del D.lgs 106/2017 di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 305/2011, quando un prodotto da costruzione rientra nell'ambito di applicazione di una norma armonizzata per la quale sia terminato il periodo di coesistenza, desumibile dall’elenco pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, il fabbricante redige una dichiarazione di prestazione (DoP) ed appone, all'atto dell'immissione di tale prodotto sul mercato, la marcatura CE.

Il 01/11/2019 è terminato il periodo di coesistenza della norma armonizzata EN 16034:2014 “Porte pedonali, porte e cancelli industriali, commerciali e finestre apribili - Norma di prodotto, caratteristiche prestazionali — caratteristiche di resistenza al fuoco e/o controllo del fumo”. Ai fini della redazione della DoP e della marcatura CE, tale norma per la valutazione delle prestazioni al fuoco deve essere utilizzata esclusivamente con le collegate norme di prodotto con le quali vengono misurate anche le altre prestazioni delle porte.

Ad oggi, le norme armonizzate relative alle porte già pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea sono le seguenti:

- EN 14351-1:2006+A2:2016 “Finestre e porte - Norma di prodotto, caratteristiche prestazionali - Parte 1: Finestre e porte esterne pedonali”;
- EN 13241:2003+A2:2016 “Porte e cancelli industriali, commerciali e da garage - Norma di prodotto, caratteristiche prestazionali”.

Premesso quanto sopra, a far data dal 01/11/2019, le porte ricadenti nel campo di applicazione delle sopra citate norme armonizzate (Finestre e porte esterne e porte e cancelli industriali) per le quali siano richiesti requisiti di resistenza al fuoco, devono essere commercializzate in accordo alle procedure previste dal Regolamento prodotti da costruzione (marcatura CE e dichiarazione di prestazione).

Le porte non ricadenti nel campo di applicazione delle specifiche tecniche armonizzate EN 14351-1:2006+A2:2016 ed EN 13241:2003+A2:2016, per l’attestazione delle prestazioni di resistenza al fuoco, restano assoggettate al regime di omologazione in accordo alle procedure indicate nel D.M. 21/06/2004.

Ad esempio, le porte pedonali interne non ricadono nel campo di applicazione delle norme armonizzate EN 14351-1 ed EN 13241.

Qualora il fabbricante intenda commercializzare una porta o finestra resistente al fuoco con doppio uso (sia per interno che per esterno) è necessario che siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

- per l’uso esterno, essendo applicabile la specifica tecnica armonizzata EN 14351- 1:2006+A2:2016, il serramento sia marcato CE ed accompagnato dalla Dichiarazione di Prestazione (DoP) nella quale risulti il solo utilizzo previsto dalla norma armonizzata di riferimento;
- per l’uso interno, il serramento sia omologato secondo le procedure sopra richiamate, che, qualora la porta non sia già stata omologata, potranno essere avviate sulla base dei medesimi rapporti di prova rilasciati ai fini della marcatura CE per uso esterno;
- il libretto di installazione, uso e manutenzione tenga conto di entrambi gli usi previsti.

Si rappresenta che una “porta per uso esterno” è un serramento che separa due locali con condizioni climatiche diverse (ad esempio un vano climatizzato da un vano non climatizzato, o un vano dall’ambiente esterno alla costruzione).

Si rammenta che ai fini della predisposizione della modulistica di cui al D.M. 7.08.2012 (mod. PIN 2.3 - Dich. Prod.), da allegare alla SCIA nell’ambito dei procedimenti autorizzativi previsti dal DPR 151/2011, la documentazione da considerare per le porte resistenti al fuoco ricadenti nel campo di applicazione del CPR 305/2011 (Finestre e porte esterne e porte e cancelli industriali) è la Dichiarazione di Prestazione (DoP art. 24 del  regolamento (UE) n. 305/2011), mentre la documentazione per le porte in regime di omologazione nazionale (porte interne) è la Dichiarazione di Conformità alla porta omologata (Art. 2 lettera h) del D.M. 21/06/2004).

In ultimo, si evidenzia che l’omologazione relativa ad una porta resistente al fuoco commercializzata prima del termine del periodo di coesistenza (01/11/2019) resta comunque idonea, sino al termine della sua validità, ai fini della installazione anche per uso esterno.

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Fonte: VVF

Vedi Focus Porte Antincendio: Quadro normativo

Porte antincendio Quadro riepilogativo CE - Omologazione VVF

Collegati:

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Tecnologie wireless applicate ai dispositivi medici

ID 9496 | | Visite: 2780 | Documenti Sicurezza Enti

RapportoISTISAN 1919

Tecnologie wireless applicate ai dispositivi medici

Valutazione dell’impatto su qualità e sostenibilità dei servizi offerti dalla rete dell’emergenza-urgenza

Rapporto ISTISAN 19/19

I dispositivi e i sistemi che ci consentono di comunicare senza utilizzare supporti fisici, come cavi in rame o fibre ottiche, fanno parte del mondo delle tecnologie wireless. Con le tecnologie wireless le persone, ma anche gli oggetti, possono comunicare tra loro su grandi distanze. L’applicazione di queste tecnologie nel settore ospedaliero dell’emergenza-urgenza, nel rispetto della normativa vigente, può introdurre benefici rilevanti per il Servizio Sanitario Nazionale, soprattutto nel trattamento delle patologie tempo-dipendenti, consentendo contestualmente un incremento della sicurezza per il paziente, il miglioramento della qualità dei servizi e la riduzione dei costi di gestione.

L’obiettivo del progetto di ricerca descritto in questo documento è la valutazione dell’impatto delle tecnologie wireless sulla qualità e sulla sostenibilità dei servizi offerti dalle strutture ospedaliere. Il documento descrive la metodologia adottata, gli strumenti elaborati a supporto dei processi di valutazione e i risultati ottenuti dal loro utilizzo.

______

Introduzione
1 Definizione dello stato dell’arte della tecnologia mediante l’analisi della letteratura
1.1. Revisione sistematica della letteratura scientifica: definizione del problema dell’HTA
1.1.1. Tecnologie wireless per la tutela della salute pubblica
1.1.1.1. Sicurezza e qualità dell’ambiente
1.1.1.2. Sicurezza e qualità degli alimenti
1.1.1.3. Patologie stress-correlate
1.1.1.4. Sicurezza nei luoghi di lavoro
1.1.1.5. Assistenza alle persone anziane
1.1.2. Tecnologie wireless utilizzate in ambiente ospedaliero
1.1.3. Tecnologie wireless applicate ai dispositivi medici
1.1.4. Tecnologie wireless applicate ai dispositivi medici presenti a bordo delle autoambulanze
1.1.4.1. Applicazioni di telemedicina a bordo delle autoambulanze
1.1.4.2. Applicazioni di telecardiologia a bordo delle autoambulanze
1.1.4.3. Applicazioni di telecardiologia a bordo delle autoambulanze: alcune esperienze sul territorio nazionale
1.2. Analisi della normativa e delle linee guida finalizzata al processo di categorizzazione
2. Definizione e applicazione della metodologia di valutazione
2.1. Definizione della metodologia di valutazione
2.1.1. Definizione del problema HTA: dimensioni dell’assessment
2.1.2. Categorizzazione: sub-dimensioni dell’assessment
2.1.3. Prioritizzazione
2.1.3.1. D1 Sicurezza
2.1.3.2. D2 Efficacia
2.1.3.3. D3 Processi orientati al paziente
2.1.3.4. D4 Tempestività
2.1.3.5. D5 Equità
2.1.3.6. D6 Efficienza
2.1.3.7. D7 Sostenibilità
2.2. Stima dei coefficienti di priorità: interviste dirette
2.2.1. Esecuzione delle interviste dirette
2.2.2. Strumento di valutazione: matrice per l’attribuzione del livello di priorità
2.2.3. Algoritmo per la stima dei coefficienti di priorità
2.3. Procedure di valutazione sul campo: audit on-site
2.3.1. Esecuzione degli audit on-site
2.3.2. Strumento di valutazione: la lista di riscontro
2.3.3. Algoritmo per la valutazione dell’impatto
3. Risultati dello studio
3.1. Interviste dirette
3.2. Audit on-site
Conclusioni
Bibliografia
Appendice A
Matrice per l’esecuzione del processo di interviste dirette
Appendice B
Lista di riscontro per la valutazione dell’impatto delle tecnologie wireless sulla qualità
e sulla sostenibilità dei servizi offerti dalla rete dell’emergenza-urgenza

Fonte: ISTISAN

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Rapporti ISTISAN 19/19
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Guidelines on Limits of Exposure to Static Magnetic Fields

ID 9492 | | Visite: 2660 | Documenti Sicurezza Enti

Guidelines on Limits of Exposure to Static Magnetic Fields

Guidelines on Limits of Exposure to Static Magnetic Fields

INTRODUCTION

THE RAPID development of technologies in industry and medicine using static magnetic fields has resulted in an increase in human exposure to these fields and has led to a number of scientific studies of their possible health effects. The World Health Organization (WHO) recently developed a health criteria document on static electric and magnetic fields within the Environmental Health Criteria Program (WHO 2006).

The document contains a review of biological effects reported from exposure to static fields and, together with other recent publications [mainly International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP) 2003, McKinlay et al. 2004, and Noble et al. 2005], serves as the scientific database for the development of the rationale for the guidelines described in the current document, which supersede those published by ICNIRP in 1994 (ICNIRP 1994).

SCOPE AND PURPOSE

These guidelines apply to occupational and general public exposure to static magnetic fields. The guidelines do not apply to the exposure of patients undergoing medical diagnosis or treatment. Detailed consideration of protection of patients is given in an ICNIRP statement on protection of patients undergoing a magnetic resonance imaging (MRI) examination (ICNIRP 2004; ICNIRP in preparation).

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ICNIRP 2010

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ICNIRP 2010
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Guidelines exposure time-varying electric and magnetic fields (1Hz - 100 KHz)

ID 9490 | | Visite: 2937 | Documenti Sicurezza Enti

Guidelines for limiting exposure to time varying electric and magnetic fields  1 Hz to 100 kHz

Guidelines for limiting exposure to time-varying electric and magnetic fields (1 hz to 100 khz)

International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection

INTRODUCTION

In this document, guidelines are established for the protection of humans exposed to electric and magnetic fields in the low-frequency range of the electromagnetic spectrum. The general principles for the development of ICNIRP guidelines are published elsewhere (ICNIRP 2002).

For the purpose of this document, the low-frequency range extends from 1 Hz to 100 kHz. Above 100 kHz, effects such as heating need to be considered, which are covered by other ICNIRP guidelines. However, in the frequency range from 100 kHz up to approximately 10 MHz protection from both, low frequency effects on the nervous system as well as high frequency effects need to be considered depending on exposure conditions. Therefore, some guidance in this document is extended to 10 MHz to cover the nervous system effects in this frequency range. Guidelines for static magnetic fields have been issued in a separate document (ICNIRP 2009). Guidelines applicable to movement-induced electric fields or time-varying magnetic fields up to 1 Hz will be published separately. This publication replaces the low-frequency part of the 1998 guidelines (ICNIRP 1998).

ICNIRP is currently revising the guidelines for the high-frequency portion of the spectrum (above 100 kHz).

ICNIRP 2010

Circolare VVF n. 5014/2019 | Armadi compattabili resistenti al fuoco

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Armadi compattabili resistenti al fuoco

Circolare VVF n. 5014/2019 | Armadi compattabili resistenti al fuoco

Circolare VVF Prot. n. 0005014 del 05 Aprile 2019

OGGETTO: Armadi compattabili resistenti al fuoco impiegati ai fini della riduzione del carico di incendio specifico di progetto.

Pervengono alla scrivente Direzione Centrale quesiti e segnalazioni in merito all’impiego di particolari contenitori di materiale prevalentemente cartaceo (armadi compattabili) aventi caratteristiche di resistenza al fuoco in grado di preservare dalla partecipazione alla combustione, in presenza di un incendio generalizzato all’esterno dell’armadio, ospitanti tali armadi.

Come noto, infatti, sia il d.M. 9/3/2007 (paragrafo 2 dell’allegato) che il d.M. 3/8/2015 (paragrafo S.2.9 dell’allegato) prevedono la possibilità di definizione di un coefficiente ψi pari a 0 in caso di materiali combustibili contenuti in appositi contenitori progettati per resistere al fuoco. La circolare P414/ 412 sott. 55 del 28/3/2008 fornisce, per tale coefficiente, indicazioni aggiuntive successivamente riprese dal paragrafo S.2.9 del d.M. 3/8/2015, in caso di impiego di alcune comuni tipologie di contenitori non combustibili.

Stante la particolarità dell’argomento, la mancanza di specifiche norme nazionali o europee in materia e la necessità di consentire la determinazione sperimentale della prestazione suddetta in maniera uniforme per i fin i indicati in premessa, la scrivente

Direzione Centrale ha fornito ai laboratori autorizzati in indirizzo le indicazioni operative riportate nella nota allegata, cui si aggiungono le seguenti ulteriori prescrizioni specifiche:

- gli armadi compattabili siano muniti di un sistema automatico di autochiusura, attivo nelle 24 ore, collegato al sistema IRAI del compartimento di installazione. Tale sistema automatico sarà realizzato in maniera tale da scongiurare la presenza di occupanti all’interno in fase di movimentazione;
- all’interno degli armadi compattabili non siano presenti sorgenti di innesco o impianti di alcun genere;
- all’interno degli armadi compattabili non siano riposti contenitori di sostanze che possano dare luogo a miscele infiammabili o esplodenti;
- la classe minima di resistenza al fuoco degli armadi compattabili, da valutarsi in termini di isolamento termico “EI”, risulti non inferiore alla classe del compartimento di installazione e, comunque, pari almeno a EI15.

Ulteriori soluzioni potranno comunque essere valutate caso per caso dalle strutture VV.F. in indirizzo.

I Comandi in indirizzo acquisiranno il modello Dich.Prod. degli armadi compattabili ed il connesso rapporto di prova sarà messo a disposizione presso la sede dell’attività soggetta, nel fascicolo documentale, per eventuali controlli.

La D.C.P.S.T. interesserà l’UNI ai fini dello studio di una norma sperimentale specifica che sostituirà la risoluzione allegata alla presente.

[...]

Fonte: VVF

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Istanze di deroga art. 7 del D.P.R. 1° agosto 2011 n. 151

ID 9477 | | Visite: 6897 | Prevenzione Incendi

Istanze di deroga art  7 del D P R  1  agosto 2011 n  151

Istanze di deroga di cui all’art. 7 del D.P.R. 1° agosto 2011 n. 151

ID 9477 | 11.11.2019

Chiarimenti Prot. n. 0009723 del 26.06.2019

Nella Gazzetta Ufficiale n. 95 del 23 aprile 2019 è stato pubblicato il decreto del Ministero dell’Interno del 12 aprile 2019 recante: “Modifiche al decreto 3 agosto 2015, recante l’approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139”. Tale decreto, che entrerà in vigore il 20 ottobre 2019 ponendo fine al periodo transitorio (cd. “doppio binario”) di applicazione volontaria del Codice di prevenzione incendi per la progettazione delle attività non dotate di specifica regola tecnica, ha ampliato il campo di applicazione alle “attività di cui all’allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, individuate con i numeri: 9; 14; da 19 a 40; da 42 a 47; da 50 a 54; 56; 57; 63; 64; 66, ad esclusione delle strutture turistico-ricettive all’aria aperta e dei rifugi alpini; 67, ad esclusione degli asili nido; da 69 a 71; 73; 75; 76”.

In data 18 giugno 2019 in seno alla riunione n. 339 del Comitato Centrale Tecnico Scientifico per la Prevenzione Incendi (art. 21 D.Lgs. n. 139/2006), è stato approvato l’aggiornamento del decreto del Ministro dell’Interno 3 agosto 2015 recante “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139”, con il quale sono state introdotte rilevanti novità al decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale (n. 192 del 20/08/2015).

In particolare, è stata estesa la rosa dei metodi per la progettazione della sicurezza impiegabili da parte del professionista antincendio per la verifica delle soluzioni alternative, al fine di dimostrare il raggiungimento del collegato livello di prestazione (paragrafo G.2.6.5.2). A tale scopo sono state incluse metodologie finora riservate alle sole soluzioni in deroga, ampliando la possibilità di ricorrere a soluzioni progettuali conformi o alternative.

Tutto ciò evidenziato e ferma restando la libertà del professionista di individuare le misure tecniche compensative più opportune nell’ambito del procedimento di deroga, si richiamano i contenuti della Circolare prot. DCPREV n. 3272 del 16/3/ 2016Chiarimenti sulle procedure di deroga”, sottolineando che il procedimento di deroga può riguardare anche le attività non ricomprese nel campo di applicazione del decreto del Ministro dell’interno del 3 agosto 2015.

Si evidenzia che l’adozione del Codice nella valutazione delle deroghe, presentate per le pratiche trattate con le regole tecniche tradizionali, comporta la necessità di rivalutare l’intero progetto alla luce di tutti i contenuti del Codice stesso.

In tale ottica sono state individuate alcune soluzioni progettuali, riportate nella tabella allegata, che possono costituire utile riferimento per l’individuazione delle misure compensative del rischio aggiuntivo.

Reazione al fuoco   
Soluzione 1  Incremento di un livello di prestazione delle misure:

- S6 controllo dell’incendio

- S7 rivelazione e allarme

Soluzione 2  Incremento di un livello di prestazione della misura S7 rivelazione ed allarme e adeguata riduzione della lunghezza dei percorsi di esodo
Soluzione 3  Livello di prestazione V della misura S6 controllo dell’incendio
Resistenza al fuoco 
Soluzione 1 Incremento di un livello di prestazione delle misure:

- S6 controllo dell’incendio

- S7 rivelazione e allarme

Soluzione 2 Incremento di un livello di prestazione delle misure:

- S1 reazione al fuoco

- S8 controllo di fumi e calore

Soluzione 3  Livello di prestazione V della misura S6 controllo dell’incendio

Compartimentazione 
Soluzione 1 Incremento di un livello di prestazione delle misure:

- S6 controllo dell’incendio

- S7 rivelazione e allarme

Soluzione 2 Incremento di un livello di prestazione delle misure:

- S1 reazione al fuoco

- S8 controllo di fumi e calore

Soluzione 3 Livello di prestazione V della misura S6 controllo dell’incendio
Esodo           
Soluzione 1 Incremento di un livello di prestazione delle misure:

- S7 rivelazione e allarme

- S8 controllo di fumi e calore

 Soluzione 2 Incremento di un livello di prestazione delle misure:
- S1 reazione al fuoco

- S8 controllo di fumi e calore

 Soluzione 3  Livello di prestazione V della misura S6 controllo dell’incendio
Controllo dell’incendio 
 Soluzione 1 Incremento di un livello di prestazione delle misure:
-  S1 reazione al fuoco,

-  S9 operatività antincendio

Controllo di fumi e calore   
Soluzione 1 Incremento di un livello di prestazione delle misure:

- S6 controllo dell’incendio

- S7 rivelazione e allarme

Soluzione 2  Incremento di un livello di prestazione delle misure:

-   S1 reazione al fuoco

-  S9 operatività antincendio

Soluzione 3 Livello di prestazione V della misura S6 controllo dell’incendio

 Fonte: VVF

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Cassazione Penale Sent. Sez. Fer Num. 45316 | 07 Novembre 2019

ID 9472 | | Visite: 2628 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. Fer. del 07 novembre 2019 n. 45316

Assenza di estintori e di segnaletica di sicurezza nel condominio: impianto di distribuzione di "Gpl" e serbatoio di titolarità della ditta di distribuzione del gas.

Nozione di luogo di lavoro

L'area nella quale era stato collocato l'impianto era accessibile ai lavoratori della ditta di distribuzione del gas per ogni intervento di manutenzione/riparazione/modifica dei componenti che si fosse reso eventualmente necessario in relazione alle parti di proprietà della ditta e dunque essa doveva essere ricompresa nella nozione di luogo di lavoro, nella quale, il responsabile della ditta, avrebbe dovuto adempiere ai prescritti obblighi di sicurezza posti a tutela della salute dei lavoratori. Né alcuna specifica situazione di inesigibilità del relativo comando avrebbe potuto configurarsi, come condivisibilmente osservato dalle due sentenze di merito, a partire dalla presenza dell'impianto in un'area privata, non potendo ragionevolmente dubitarsi che i proprietari della stessa avrebbero certamente consentito l'ingresso al personale della Elgas al fine di eseguire i necessari interventi di modifica o manutenzione dell'impianto, essendo quest'ultimo concretamente utilizzato dagli stessi proprietari; fermo restando che l'imputato non ha offerto alcuna concreta dimostrazione che detti interventi fossero stati impediti o in qualche modo ostacolati dalla descritta situazione giuridica dell'area.

Penale Sent. Sez. F Num. 45316 Anno 2019
Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: RENOLDI CARLO
Data Udienza: 27/08/2019

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 16/4/2019, la Corte di appello di Firenze confermò la sentenza del Tribunale di Lucca in data 23/11/2017 con la quale P.G. era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di venti giorni di arresto in quanto ritenuto colpevole, con le attenuanti generiche, della contravvenzione di cui agli artt. 46, comma 2, e 55, punto 5, lett. c), d. Lgs 81/2008, per non aver adottato idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l'incolumità dei lavoratori; fatti accertati in Segromigno in Piano (Lucca), il 29/8/2014.
In seguito a un sopralluogo, eseguito in data 21/8/2014 presso un condominio sito in Segromigno in Piano, erano emerse violazioni della normativa di sicurezza (come l'assenza di estintori e di segnaletica di sicurezza) in relazione all'impianto di distribuzione del gas "Gpl" e al serbatoio interrato a monte dei contatori privati; serbatoio che, dagli accertamenti svolti, era risultato nella titolarità e in gestione della ditta di distribuzione del gas, denominata Elgas, della quale P.G. era il legale rappresentante. Gli accertatori avevano, pertanto, redatto un foglio di prescrizioni nei confronti della ditta, affinché si uniformasse alla normativa di sicurezza, ritenendo che la tubazione e il serbatoio di "Gpl" dovessero intendersi quale pertinenza aziendale della ditta Elgas.
Secondo la Corte territoriale, non poteva condividersi quanto dedotto in sede di appello dall'imputato, secondo cui l'obbligo di mantenimento di estintori efficienti, di cartelli di segnalazione, del posizionamento di idonei manufatti atti a impedire la carrabilità dell'area di installazione del serbatoio sarebbe stato a carico del proprietario dell'area, identificato con l'utilizzatore dell'impianto, non potendo il sito in cui insistevano la tubazione e il serbatoio/deposito di "Gpl" essere considerato come "luogo di lavoro", né come "pertinenza dell'azienda", essendo l'area in questione privata e in uso al proprietario dell'immobile, come tale inaccessibile all'imputato. Secondo la sentenza impugnata, infatti, la mancanza di estintori e della segnaletica di sicurezza costituivano addebiti riferibili alla società che aveva installato l'impianto e che ne rimaneva proprietaria, essendo stato concesso ai privato il mero comodato d'uso del serbatoio, come ammesso da P.G.; e non potendo condividersi la tesi difensiva dell'inaccessibilità, da parte della Elgas, all'area in cui era stato collocato l'impianto, in quanto gli inadempimenti contestati riguardavano il momento in cui erano stati collocati, ferma restando l'ovvia concessione dell'autorizzazione all'ingresso da parte del proprietario dell'area ove la Elgas lo avesse chiesto per compiere gli interventi di modifica dell'impianto o della sua manutenzione.
Quanto, poi, alla nozione di "luogo di lavoro", la Corte fiorentina osservò che, ai sensi dell'art. 62 del d. Lgs 81/2008, hanno tale qualifica "i luoghi-destinati a ospitare posti di lavoro,-ubicati all'Interno dell'azienda o dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unità produttiva accessibile al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro". Ed essendo evidente che il resede in cui era stato collocato l'impianto era frequentato dai lavoratori della Elgas per ogni necessario intervento di manutenzione, riparazione e modifica dei componenti, esso doveva essere ricompreso nei luoghi per i quali erano previsti gli obblighi di sicurezza a tutela della salute dei lavoratori. Tanto più che l'impianto in questione, pur installato in un area privata, era di proprietà della Elgas, per cui l'attività di manutenzione o modifica doveva ritenersi di competenza del lavoratori della società proprietaria, che avrebbero potuto operare in un sito nel quale dovevano essere rispettate le norme per la sicurezza del lavoro.
Quanto all'elemento soggettivo, pacifica era stata ritenuta la negligenza e imprudenza, da parte dell'imputato, nella gestione dell'impianto di distribuzione, posto che P.G., quale titolare della ditta, provvedeva regolarmente ai rifornimenti, accedendo alla resede ove il serbatoio/deposito e le tubazioni di distribuzioni poste a monte dei contatori privati era stato collocato, ben potendo ogni volta verificare l'assenza del rispetto della normativa di sicurezza.
Né poteva ritenersi integrato, nella specie, il meccanismo estintivo previsto dall'art. 21, comma secondo, d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758. Ciò in quanto le prescrizioni imposte dagli accertatori alla ditta dell'imputato al fine di uniformarsi alla normativa sulla sicurezza sul lavoro erano state puntualmente adempiute, con la rimozione delle situazioni di pericolo; e, tuttavia, l'imputato non-aveva provveduto al versamento dell'oblazione in via amministrativa, pagata solo a distanza di due anni, nel 2016, e non nel termine perentorio di trenta giorni.
Era, infine, stata esclusa la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen., considerata la abitualità della condotta e la non lieve gravità della stessa, stante il rischio di incendio e di esplosione legato alle inosservanze contestate.
2. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso Giorni per mezzo del difensore di fiducia, avv. Gianfelice C., deducendo, con un unico articolato motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la contraddittorietà della motivazione, nella forma sia del travisamento che della omessa valutazione di prove in atti. In particolare, il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., che la decisione impugnata abbia erroneamente considerato come pertinenza aziendale della ditta Elgas non già il solo serbatoio, quanto piuttosto l'intero deposito del "Gpl", costituito "dal serbatoio, dalle tubazioni di distribuzione e dal vano contatori", in realtà di proprietà di tale Giovanni Mario C., secondo quanto emergerebbe dal verbale di verifica redatto dai Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Lucca, prodotto all'inizio dell'udienza dibattimentale del 13/7/2017 dal Pubblico ministero; con ciò omettendo di considerare un documento decisivo, peraltro confermato dalle dichiarazioni testimoniali di chi lo aveva redatto (ovvero l'ing. Maria Vincenza S. e il caporeparto M.B., che mai avrebbero riferito circa una disponibilità dell'area in capo alla ditta dell'imputato).
Sotto altro profilo, il ricorso lamenta l'omessa valutazione delle dichiarazioni a discolpa rese, in sede di esame dibattimentale, dallo stesso Giorni, il quale avrebbe ribadito la proprietà privata dell'area e l'assenza di disponibilità su di essa da parte della Elgas.
Pertanto, i Giudici di merito avrebbero errato nel ritenere che quest'ultima potesse essere qualificata come "luogo di lavoro", non trattandosi di una pertinenza dell'azienda e non rientrando essa, proprio in quanto privata, nella disponibilità del datore di lavoro, essendo la Elgas proprietaria unicamente del serbatoio, dato in comodato d'uso all'utente privato, ma non, appunto, anche del deposito (nozione, questa, che sarebbe comprensiva: 1) del serbatoio, ovvero il contenitore che contiene il gas propano liquido; 2) dell'area recintata dove è allocato serbatoio; 3) delle strutture che sorreggono e stabilizzano il contenitore;
4) delle condutture che portano il "Gpl" dal serbatoio ai loghi in cui viene utilizzato;
5) del contatore singolo o dei contatori); deposito che sarebbe stato accessibile unicamente su disposizione del relativo proprietario e non su iniziativa della ditta.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile.
2. L'art. 55, punto 5, lett. c), d. Lgs 81/2008, punisce, con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.200 a 5.200 euro, la violazione, tra gli altri, dell'art. 46, comma 2, del medesimo decreto; il quale, a sua volta, prescrive che "nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto legislativo devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l'incolumità dei lavoratori". Ad onta del riferimento nel capo di imputazione, infatti, ove la disposizione asseritamente violata è indicata come quella di cui all'art. 47, comma 2, la contestazione, così come sviluppata nel testo dei due provvedimenti di merito, deve pacificamente identificarsi, anche alla luce degli stessi rilievi difensivi, in quella di cui all'art. 46, comma 2, del menzionato decreto legislativo.
3. Come in precedenza sottolineato (v. supra § 2 del "ritenuto in fatto"), la difesa dell'imputato non contesta la mancata adozione delle misure antincendio. Al contrario, il ricorso si limita a dedurre che l'area in cui insisteva l'impianto di "Gpl" non potesse essere qualificata come "luogo di lavoro", non trattandosi di una pertinenza dell'azienda e non rientrando essa, proprio in quanto privata, nella disponibilità del datore di lavoro, quanto piuttosto in quella del privato, su disposizione del quale sarebbe stato possibile l'accesso.
4. Osserva, nondimeno, il Collegio che tale prospettazione è manifestamente infondata, alla luce della giurisprudenza di questa Suprema Corte sulla nozione di "luogo di lavoro".
In argomento, giova rilevare che la restrittiva previsione dettata dall'art. 62 del d. Lgs 81/2008, a mente del quale hanno tale qualifica "i luoghi-destinati a ospitare posti di lavoro,-ubicati all'interno dell'azienda o dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unità produttiva accessibile al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro", è destinata a trovare applicazione soltanto in relazione alle disposizioni contenute nel Titolo II del predetto decreto (Sez. 4, n. 45808 del 27/6/2017, Catrambone, in motivazione), tra le quali non rientra l'art. 46, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2008. Viceversa, ai fini dell'applicazione di tale norma generale, ogni tipologia di spazio può assumere la qualità di "luogo di lavoro", a condizione che ivi sia ospitato almeno un posto di lavoro oppure che esso sia accessibile al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro (cfr. Sez. 4, n. 2343 del 27/11/2013, dep. 2014, S., Rv. 258435; Sez. 4, n. 28780 del 19/5/2011, Tessari, Rv. 250760; Sez. 4, n. 40721 del 9/9/2015, Steinwurzel, Rv. 26471501), potendo, dunque, rientrarvi ogni luogo in cui viene svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità della struttura in cui essa si svolge e dell'accesso ad essa da parte di terzi estranei all'attività lavorativa (cfr. Sez. 4, n. 2343 del 27/11/2013, S., Rv. 258435; Sez. 4, n. 12223 del 3/2/2015, dep. 2016, Del Mastro, Rv. 266385).
5. Ne consegue che, essendo l'area nella quale era stato collocato l'impianto accessibile ai lavoratori della Elgas per ogni intervento di manutenzione/riparazione/modifica dei componenti che si fosse reso eventualmente necessario in relazione alle parti di proprietà della ditta di P.G., essa doveva essere ricompresa, alla luce della delineata cornice di principio, nella nozione di luogo di lavoro, nella quale, il responsabile della ditta, avrebbe dovuto adempiere ai prescritti obblighi di sicurezza posti a tutela della salute dei lavoratori. Né alcuna specifica situazione di inesigibilità del relativo comando avrebbe potuto configurarsi, come condivisibilmente osservato dalle due sentenze di merito, a partire dalla presenza dell'impianto in un'area privata, non potendo ragionevolmente dubitarsi che i proprietari della stessa avrebbero certamente consentito l'ingresso al personale della Elgas al fine di eseguire i necessari interventi di modifica o manutenzione dell'impianto, essendo quest'ultimo concretamente utilizzato dagli stessi proprietari; fermo restando che l'imputato non ha offerto alcuna concreta dimostrazione che detti interventi fossero stati impediti o in qualche modo ostacolati dalla descritta situazione giuridica dell'area.
6. Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in 2.000,00 euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 27/8/2019

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Carrelli elevatori e cintura di sicurezza: obbligo di legge/normativo

ID 6773 | | Visite: 29040 | Documenti Riservati Sicurezza

Carrelli elevatori e cintura di sicurezza

Carrelli elevatori e cintura di sicurezza: obbligo di legge/normativo

Il Documento illustra gli aspetti legislativi e le norme tecniche relative all’obbligo di installazione/dotazione delle cinture di sicurezza/sistemi di trattenuta applicati al sedile/altro del carrello elevatore a protezione della caduta/schiacciamento del conducente. In fondo all’articolo segnalazione di giurisprudenza in merito:

D.LGS. 81/2008
Direttiva 2006/42/CE Macchine
UNI EN ISO 6683:2009
UNI EN ISO 3691-1:2015
UNI ISO 24135-1:2012
SAE J386 Operator Restraint Systems for Off-Road Work Machines 
UNECE R16 - E/ECE/324 Regulation 16 Safety-belts
Cassazione Penale, Sez. 4, 31 Maggio 2012, n. 21199

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I sistemi di ritenuta per il conducente come le cinture di sicurezza/cabine/barriere laterali/altro sono obbligatori sui carrelli elevatori sia per l’Allegato V del D.Lgs. 81/08 che per l’Allegato I della Direttiva Macchine 2006/42/CE per assicurare il lavoratore da schiacciamenti/altro per ribaltamento/altro dello stesso.

La sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, 31 maggio 2012, n. 21199 ha sottolineato l’importanza della presenza di un dispositivo di ritenuta, nella fattispecie della cintura di sicurezza, che avrebbe potuto evitare l’urto della testa del conducente con la struttura metallica del carrello elevatore a seguito del ribaltamento dello stesso.

La Sentenza della Cassazione Penale del 31 maggio 2012, n. 21199, ha stabilito che il carrello elevatore deve essere dotato: 

- di un abitacolo sicuro (telaio con tettuccio conforme che funge da protezione sia per la caduta di materiali dall’alto sia in caso di ribaltamento, struttura che impedisce un facile ribaltamento del mezzo) (ROPS) (FOPS);
- delle cinture di sicurezza. 

Nella citata sentenza è stata confermata la condanna di un datore di lavoro per la responsabilità in merito ad un infortunio mortale di un lavoratore mentre era alla guida di un carrello elevatore che si è ribaltato. Ne appura le cause per una struttura dell’abitacolo insicura (parte anteriore del tettuccio non conforme /costruita artigianalmente) e mancanza di cinture di sicurezza.

Estratto Sentenza
“ la pronunzia dimostra persuasivamente che la mancanza della cintura di sicurezza ventrale ha avuto un decisivo ruolo nella dinamica del sinistro, incrementando in modo drammatico l'entità dell'impatto del cranio con le parti metalliche del veicolo e cagionando quindi l'evento letale”.

Excursus

Decreto Legislativo 81/2008

Allegato V

Requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, o messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente alla data della loro emanazione

[…] 2.5 I carrelli elevatori su cui prendono posto uno o più lavoratori devono essere sistemati o attrezzati in modo da

limitarne i rischi di ribaltamento, ad esempio,

- istallando una cabina per il conducente,
- mediante una struttura atta ad impedire il ribaltamento del carrello elevatore,
- mediante una struttura concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, uno spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo,
- mediante una struttura che trattenga il lavoratore o i lavoratori sul sedile del posto di guida per evitare che, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati da parti del carrello stesso […]

Direttiva Macchine 2006/42/CE

Allegato I

[…] 3. Requisiti essenziali supplementari di sicurezza e di tutela della salute per ovviare ai pericoli dovuti alla mobilità delle macchine

3.2.2.   Sedili

Se c'è il rischio che gli operatori o altre persone trasportati dalla macchina possano essere schiacciati tra elementi della macchina e il suolo in caso di ribaltamento o rovesciamento laterale, in particolare per le macchine munite di una struttura di protezione di cui ai punti 3.4.3 o 3.4.4, i sedili devono essere progettati o muniti di un sistema di ritenuta in modo da mantenere le persone sui loro sedili, senza opporsi ai movimenti necessari alle operazioni né ai movimenti dovuti alla sospensione dei sedili rispetto alla struttura. Detti sistemi di ritenuta non devono essere montati se accrescono i rischi. […]


....

Per quanto riguarda la correlazione della legislazione con le norme tecniche, si faccia riferimento al diagramma sottostante Fig. 1.

Sviluppo legislazione norme cinture carrelli elevatori

Fig. 1. Diagramma correlazione legislazione/norme tecniche

...
segue

INDICE

1. DECRETO LEGISLATIVO 81/08
2. DIRETTIVA MACCHINE 2006/42/CE
3. NORME TECNICHE
3.1 UNI EN ISO 3691-1:2015
3.2 UNI ISO 24135-1:2012
3.3 UNI EN ISO 6683:2009
4. SAE J386 Operator Restraint Systems for Off-Road Work Machines 
5. UNECE R16 - E/ECE/324 Regulation 16
6. CASSAZIONE PENALE, SEZ. 4, 31 MAGGIO 2012, N. 21199.
7. CONCLUSIONI

Fonti:

D.LGS. 81/08
Direttiva 2006/42/CE Macchine
UNI EN ISO 6683:2009
UNI EN ISO 3691-1:2015
UNI ISO 24135-1:2012
SAE J386 Operator Restraint Systems for Off-Road Work Machines
UNECE R16 - E/ECE/324 Regulation 16 Safety-belts

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Rischio agenti cancerogeni: Polveri di legno duro

ID 6192 | | Visite: 59445 | Documenti Riservati Sicurezza

Rischio esposizione polveri legno duro

Rischio agenti cancerogeni: Polveri di legno duro

ID 6192 | Documento 04.11.2019: Disponibile in allegato Documento completo e Allegati Riservati

Update 04.11.2019

Aggiunta scheda Dors - Regione Piemonte sulla polvere di legno

In allegato Documenti di riferimento per la Valutazione rischio esposizione agenti chimici cancerogeni polveri di legno duro Artt. 235 e 236, Allegati XLII e XLIII e Documentazione di riferimento IARC, ECHA, ACGIH, Guide e altro.

Numerosi studi hanno dimostrato che i cosiddetti legni duri possono dar luogo a polveri potenzialmente cancerogene. I legni teneri invece, non danno luogo, in generale, a polveri potenzialmente cancerogene. L’unico riferimento accettato anche dal D.Lgs. 81/2008 per differenziare tra legni duri e teneri e quindi procedere alla valutazione di esposizione agenti cancerogeni, con i limiti opportuni, è l’elenco pubblicato  nel volume 62 delle monografie sulla valutazione dei rischi cancerogeni per la salute umana “Wood Dust and Formaldehyde” dallo IARC, Lione 1995 e "Wood Dust" IARC 2012.

Epidemiologia

Numerosi studi epidemiologici hanno rilevato eccesso di rischio per tumori delle cavità nasali e dei seni paranasali, in particolare l'adenocarcinoma delle cavità nasali e dei seni paranasali risulta associato all'esposizione alle polveri di legno duro (Vedi Monografie IARC Allegate).

Il D.Lgs. 81/2008 include le polveri di legno duro sia:

- come agente cancerogeno il cui valore limite di esposizione non deve comunque superare il limite tabellato - art. 235 (allegato XLIII)
- nelle attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o miscele cancerogene o mutagene o di processi industriali - art. 236 (ALLEGATO XLII)

Attualmente il Valore limite di esposizione professionale alle polveri di legno duro di cui all'ALLEGATO XLIII del D.Lgs. 81/2008 è di 5 mg/m3, con la Direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2017 che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (Modifica alla VI Direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE), da recepire entro il 17 Gennaio 2020, il limite viene abbassato a 2 mg/m3, con un transitorio di cinque anni, dall'entrata in vigore il 16 Gennaio 2018 fino 17 gennaio 2023 in cui il limite è di 3 mg/m3.

Premessa

Le polveri dure sono generalmente presenti nelle industrie ove avviene la lavorazione del legno. Tutte le lavorazioni meccaniche del legno producono polvere. Peraltro, la quantità e le dimensioni delle particelle sono determinate dal tipo di macchina utilizzata e dalle caratteristiche del materiale lavorato: si può trovare polvere fine, segatura più o meno grossa, trucioli, schegge, ecc., ovunque vi sia una macchina. E’ possibile incontrare polveri anche là dove esse vengono raccolte: durante la pulizia dei filtri dei macchinari, durante la loro sostituzione o durante lo svuotamento dei contenitori o dei depositi della polvere. Inoltre le polveri aerodisperse tendono a depositarsi uniformemente sull’intera superficie dei locali interessati, in particolare là dove solitamente non si transita e non si pulisce. Le polveri si distinguono in diverse categorie a seconda del diametro aerodinamico; le differenti dimensioni modificano difatti il livello di assorbimento dell’organismo umano, in particolare:

Polveri Inspirabili: polveri che possono entrare nell’organismo per mezzo delle vie aeree (naso e bocca)

Polveri Inalabili: polveri aventi per il 50% un taglio dimensionale di 100 µm (micron), inalate e trattenute nelle prime vie respiratorie, cioè naso e bocca.

Polveri Toraciche: polveri aventi per il 50% un taglio dimensionale di 10 µm e penetranti nell’area compresa tra la laringe e i bronchi Polveri respirabili: polveri aventi per il 50% un taglio dimensionale di 5 µm e penetranti nelle vie respiratorie conciliate, ossia negli alveoli dei polmoni.

Vedasi: Esposizione lavorativa a polveri di legno INAIL 2012

Polveri di legno duro

Il D.Lgs. 81/2008 include le polveri da legno duro:

- come agente cancerogeno il cui valore limite di esposizione non deve comunque superare il limite previsto - art. 235 (allegato XLIII)
- nelle attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o miscele cancerogene o mutagene o di processi industriali - art. 236 (ALLEGATO XLII)

Numerosi studi hanno dimostrato che i cosiddetti legni duri possono dar luogo a polveri potenzialmente cancerogene. I legni teneri invece, non danno luogo a polveri potenzialmente cancerogene.

La prima discriminate da effettuare per la valutazione di esposizione agenti cancerogeni è il tipo del legno in lavorazione (e di conseguenza le sue polveri): se duro o tenero/dolce.

L’unico riferimento accettato anche dal D.Lgs. 81/2008 per differenziare tra legni duri e teneri e quindi procedere alla valutazione di esposizione agenti cancerogeni è  l’elenco pubblicato nel volume 62 delle  monografie sulla valutazione dei rischi cancerogeni per la salute umana “Wood Dust and Formaldehyde”  Volume 62 IARC 1995 e "Wood Dust" Monografia 100C IARC 2012.

Estratto Monografie IARC Vol. 62 (1995)

Legni duri (estratto):

Genere e specie Nome comune inglese Nome comune italiano

Hardwood (legno duro)

Acer

Maple

Acero

Alnus

Alder

Ontano

Betula

Birch

Betulla

Carya

Hickory

Hickory

Carpinus

Hornbeam, white beech

Carpino o faggio bianco

Legni teneri (estratto)

Softwood (Legno dolce)

Abies

Fir

Abete

Chamaecyparis

Cedar

Cedro

Cupressus

Cypress

Cipresso

Larix

Larch

Larice

Picea

Spruce

Picea-Abete

Pinus

Pine

Pino

Pseudotsuga menziesii

Douglas fir

Douglas

Sequoia sempervirens

Redwood

Sequoia

Codifica

Codice CAS: --- 
Numero EINECS: ---
Classe IARC: 1 Monografie IARC Vol. 62 (1995)
Formula bruta: ---
Famiglia chimica: Polveri
Sinonimi: Wood dust
Regolamento REACH: Sostanza soggetta a restrizioni secondo l'Allegato XVII

Regolamento (CE) 1906/2006 REACH - Allegato XVII

Sostanza soggetta a restrizione (allegato XVII): Wood powder

- occorre attenersi alle restrizione di immissione nel mercato oppure all’uso delle sostanze come elencate nell’Allegato XVII del Regolamento REACH.

I fornitori devono inserire informazioni relative all'autorizzazione e alla restrizione nella sezione 15 della scheda dati di sicurezza o fornire altro tipo di informazioni secondo quanto previsto dall'articolo 32 del REACH.

Attività

Esposizioni a polveri di legno in attività di costruzione mobili ed armadietti; nella rifinitura di pannelli in compensato; segherie e stabilimenti che effettuano una prima lavorazione del legno, falegnamerie, costruzione porte e finestre, costruzione imbarcazioni in legno, installazione e rifinitura di pavimenti in legno, costruzione di modelli, produzione di carta, edilizia, taglio e trasporto tronchi.

Tipologie di aziende

Azienda / Modalità associazione 

Agricoltura. Associazione validata in azienda
Allestimento di stand e di scenografie per interni. Associazione validata in azienda
Attività di vendita di generi alimentari. Associazione validata in azienda
Carico, scarico, facchinaggio di qualunque merce. Associazione validata in azienda
Costruzione di infissi, imballaggi, bauli. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura
Costruzione di mobili ed arredamenti. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura
Costruzione di mobili, infissi ed affini. Imballaggi. Falegnamerie. Associazione validata in azienda
Costruzione, riparazione, manutenzione e demolizione di mezzi di trasporto in legno. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura
Finitura di manufatti in legno. Associazione validata in azienda
Laboratori di falegnameria per la riparazione e il restauro di mobili ed infissi in legno. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura
Lavorazione e fabbricazione di oggetti in sughero. Associazione reperita in letteratura
Lavori di finitura delle costruzioni. Associazione validata in azienda
Lavori generali totali o parziali di costruzione, finitura, manutenzione, riparazione, demolizione e ristrutturazione. Associazione reperita in letteratura
Prima lavorazione dei tronchi di legno. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura
Produzione di calzature in legno, forme da scarpe e da cappelli, tacchi, bottami. Associazione reperita in letteratura
Produzione di carte e cartoni. Associazione reperita in letteratura
Produzione di macchine, attrezzi, utensili ed arnesi in legno. Associazione reperita in letteratura
Produzione di oggetti ed articoli vari in legno, artistici e decorativi. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura
Produzione di paste per carte e cartoni. Associazione reperita in letteratura
Produzione di sfogliati, compensati, paniforti, elementi in legno lamellare. Associazione reperita in letteratura
Produzione di strumenti musicali in legno, modelli per fonderia. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura
Produzione di tavolette per pavimenti, perline per rivestimenti, cornici, attrezzi ginnici e sportivi. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura
Produzione di tranciati. Associazione reperita in letteratura
Produzione di truciolo, lana o farina di legno, punte di legno. Associazione reperita in letteratura
Silvicoltura. Associazione reperita in letteratura
Trasformazione meccanica del legname in manufatti. Associazione validata in azienda 

Organi Bersaglio

Numerosi studi epidemiologici hanno rilevato eccesso di rischio per tumori delle cavità nasali e dei seni paranasali, in particolare l'adenocarcinoma delle cavità nasali e dei seni paranasali risulta associato all'esposizione alle polveri di legno duro.
Evidenza sufficiente: Cavità naso-sinusali Naso-faringe
Evidenza limitata: ---

Disponibile in allegato Documento completo e Allegati Riservati

Rischio chimico Poveri legno duro

La norma

Per quanto riguarda l’esposizione a polvere di legno duro, in Italia il Valore Limite di esposizione Professionale (OEL) in vigore è quello dei D.Lgs. 81/2008 e corrisponde al recepimento delle Direttive Sociali Europee 38 e 37: il VLP per le polveri di legno - calcolato per un periodo di riferimento di otto ore - è di 5 mg/m3.

Il D.Lgs. 81/2008 include le polveri da legno duro sia:

- come agente cancerogeno il cui valore limite di esposizione non deve comunque superare il limite previsto - art. 235 (allegato XLIII)
- nelle attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o miscele cancerogene o mutagene o di processi industriali - art. 236 (ALLEGATO XLII)

 D.Lgs. 81/2008

Titolo IX SOSTANZE PERICOLOSE
...
Capo II
Protezione da agenti cancerogeni e mutageni
...

Sezione II Obblighi del datore di lavoro

Art. 235. Sostituzione e riduzione

1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o una miscela o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso purché tecnicamente possibile.

3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.

L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato XLIII.

Art. 236. Valutazione del rischio

1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'articolo 17.

2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo.

3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente capo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.

4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, o l'autocertificazione dell'effettuazione della valutazione dei rischi di cui all'articolo 29, comma 5, sono integrati con i seguenti dati:

a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o miscele cancerogene o mutagene o di processi industriali di cui all'allegato XLII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni;

b) i quantitativi di sostanze ovvero miscele cancerogene o mutagene prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;

c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o mutageni;

d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;

e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;

f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e le miscele1 eventualmente utilizzati come sostituti.

5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.

6. Il rappresentante per la sicurezza può richiedere i dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50, comma 6.
...
ALLEGATO XLII Elenco di sostanze, miscele e processi

ELENCO DI SOSTANZE, MISCELE E PROCESSI

1. Produzione di auramina con il metodo Michler.
2. I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone.
3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate.
4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico.
5. Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di legno duro

ALLEGATO XLIII Valori limite di esposizione professionale

Nome agente

EINECS (1)

CAS (2)

Valore limite esposizione professionale

osservazioni

Misure transitorie

 

 

 

Mg/m3 (3)

Ppm (4)

 

 

Polveri di legno

-

-

5,00 (5) (6)

-

-

-

(1) EINECS: Inventario europeo delle sostanze chimiche esistenti (European Inventory of Existing Chemical Susbstances). 
(2) CAS: Numero Chemical Abstract Service. 
(3) mg/m3 = milligrammi per metro cubo d'aria a 20° e 101,3 Kpa (corrispondenti a 760 mm di mercurio). 
(4) ppm = parti per milione nell'aria (in volume: ml/m3). 
(5) Valori misurati o calcolati in relazione ad un periodo di riferimento di otto ore. 
(6) Frazione inalabile; se le polveri di legno duro sono mescolate con altre polveri di legno, il valore limite si applica a tutte le polveri di legno presenti nella miscela in questione

Ma secondo le Linee Guida del Coordinamento Tecnico delle Regioni tale Valore Limite è alquanto elevato e scarsamente giustificato sul piano tecnico-sanitario per i seguenti motivi:

- l’esposizione a polveri di legno, oltre a patologie tumorali, può indurre patologie respiratorie allergiche anche a concentrazioni molto inferiori al valore limite;
- attualmente è possibile contenere tecnicamente l’esposizione a polveri di legno ben al di sotto dei 5 mg/m3.

La nuova Direttiva (UE) 2017/2398 che modifica la Direttiva 2004/37/CE (da recepire entro il 17 Gennaio 2020) abbassa il limite a 2 mg/m3, tuttavia per cinque anni il limite sarà più alto: 3 mg/m3 per permettere alle aziende di adeguarsi, vedi tabella estratta Direttiva di cui sotto: 

A. VALORI LIMITE PER L’ESPOSIZIONE PROFESSIONALE

Nome agente

N. CE (1)

N. CAS (2)

Valori limite (3)

Osservazioni

Misure transitorie

mg/m3 (4)

ppm (5)

f/ml (6)

Polveri di legno duro

 -

 -

2 (7)

 -

 -

 -

Valore limite: 
3 mg/m3 fino al 
17 gennaio 2023

(1) N. CE (ossia EINECS, ELINCS o NLP): è il numero ufficiale della sostanza all’interno dell’Unione europea, come definito nell’allegato VI, parte 1, punto 1.1.1.2, del regolamento (CE) n. 1272/2008.
(2) N. CAS: numero di registrazione CAS (Chemical Abstract Service).
(3) Misurato o calcolato in relazione a un periodo di riferimento di 8 ore.
(4) mg/m3 = milligrammi per metro cubo di aria a 20 °C e 101,3 kPa (corrispondenti alla pressione di 760 mm di mercurio).
(5) ppm = parti per milione per volume di aria (ml/m3).
(6) f/ml = fibre per millilitro.
(7) Frazione inalabile: se le polveri di legno duro sono mischiate con altre polveri di legno, il valore limite si applica a tutte le polveri di legno presenti nella miscela in questione.

Direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2017 che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (Modifica alla VI Direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)

Entrata in vigore: 16.01.2018

GUUE L 345/87 del 27.12.2017 

Valori Limite di Soglia ACGIH

OSHA Permissible Exposure Limit (PEL):

General Industry: 29 CFR 1910.1000 Table Z-1 -- 15 mg/m3 TWA (Listed under Particulates Not Otherwise Regulated - Total dust)

Construction Industry: 29 CFR 1926.55 Appendix A -- 15 mg/m3 TWA (Listed under Particulates Not Otherwise Regulated - Total dust)

Maritime: Maritime: 29 CFR 1915.1000 Table Z-Shipyards -- 15 mg/m3 TWA (Listed under Particulates Not Otherwise Regulated - Total dust)

American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) Threshold Limit Value (TLV):

Western red cedar: 0.5 mg/m3 TWA*; Sensitizer; Appendix A4 - Not Classifiable as a Human Carcinogen Classifiable as Human Carcinogen
All other species: 1 mg/m3TWA*; 
Carcinogenicity Oak and beech: Appendix A1 - Confirmed Human Carcinogen
Birch, mohagan, teak, walnut: Appendix A2 - Suspected Human Carcinogen
All other wood dusts: Appendix A4 - Not Classifiable as a Human Carcinogen

* Inhalable fraction, see Appendix C, paragraph A

National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH)

Recommended Exposure Limit (REL)1 mg/m3TWA; Appendix A - NIOSH Potential Occupational Carcinogens

Valori Limite di Soglia (ACGIH)

In questa sezione vengono riportati i valori limite di esposizione in ambiente di lavoro stabiliti dall’American Conference of Governmental Industrial Hygienists.

I Threshold Limit Values (TLV) si riferiscono alla concentrazione dell’inquinante in atmosfera e rappresentano la condizione per cui la maggior parte dei lavoratori esposta in modo continuo all’inquinante non sviluppa patologie.

I TLV si basano su informazioni provenienti da esperimenti industriali, da studi epidemiologici sull’uomo, da studi sperimentali su animali e, quando possibile dalla combinazione dei tre.

Sono previste tre categorie di TLV. Il TLV-TWA (Time Weighted Average) rappresenta la concentrazione media di inquinante ponderata nel tempo riferita ad una giornata lavorativa di 8 ore ed a una settimana di 40 ore a cui un lavoratore può essere esposto in modo continuo senza sviluppare patologie.

Il TLV-STEL (Short Term Exposure Limit) rappresenta una concentrazione TWA di 15 minuti che non deve essere superata in qualsiasi momento durante la giornata lavorativa. Il TLV-C (Ceiling) rappresenta la concentrazione che non deve essere mai superata durante qualsiasi momento dell'attività lavorativa.

La notazione "cute" si riferisce alla possibilità di assorbimento dell’inquinante attraverso la via cutanea.

La notazione "sen" si riferisce al potenziale sensibilizzante dell’inquinante. L’assenza della notazione "sen" non implica necessariamente che l’agente non sia in grado di dare origine a sensibilizzazione ma indica la scarsità di informazioni e di evidenze scientifiche.

La notazione "IFV" si riferisce alla frazione inalabile in fase vapore. E' usata quando un materiale possiede una tensione di vapore tale da doversi considerare in entrambe le fasi (particellare e di vapore).

All’interno di questa sezione si riporta anche la classificazione di cancerogenicità attribuita dall’ ACGIH che si basa sulle seguenti 5 classi:

A1: sostanze confermate come cancerogene per l’uomo
A2: sostanze sospette di essere cancerogene per l’uomo
A3: sostanze cancerogene per gli animali
A4: sostanze non classificabili come cancerogene per l’uomo;
A5: sostanze non sospette di essere cancerogene per l’uomo.

La definizione di ogni TLV si basa sugli effetti avversi che compaiono alla più bassa esposizione. Gli effetti critici sono indicati insieme ai TLV e forniscono una guida per valutare se gli effetti dei componenti di una miscela debbano essere considerati indipendenti o additivi. Di seguito si riportano le abbreviazioni utilizzate per gli effetti critici.

alp Alopecia emrg Emorragia nsl Nasale
alt Alitosi fbrp Fibrosi polmonare oclr Danno oculare
anm Anemia fbrs Fibrosi ortc Orticaria
anst Anestesia ffmt Febbre da fumi metallici oss Ossa
ansm Anosmia fgt Fegato otts Ototossico
anss Anossia (cellulare) flrs Fluorosi pfr Porfirine
argr Argiria fnpl Funzione polmonare plmn Polmone
asbs Asbestosi gnts Genotossico pnmc Pneumoconiosi
asfs Asfissia gstr Gastrointestinale ren Reni
asm Asma imnt Immunotossicità rprd Riproduttivo
brls Berilliosi incol Inibitore colinesterasi rspr Respiratorio
brnc Bronchite ipss Ipossia sdrs Siderosi
bssn Bissinosi irrt Irritazione sen Sensibilizzazione
cfl Cefalea lcm Leucemia sencard Sensibilizzazione cardiaca
cglz Coagulazione lrg Laringe slcs Silicosi
clnrg Colinergico mbmc Membrane mucose sndrR Sindrome di Raynaud
clrc Cloracne mc Massa corporea sng Sangue
cncr Cancro mcst Mucosrasi sscv Sistema cardiovascolare
cns Cianosi mhb Meta emoglobinemia ssnc Sistema nervoso centrale
cnvl Convulsioni mlz Milza ssnp Sistema nervoso periferico
crbemg Carbossiemoglobina mrtmpr Morte improvvisa stnn Stannosi
crrs Corrosione mscl Muscoli svl Sviluppo
cute Cute mstl Mesotelioma trd Tiroide
dc Diminuzione cognitiva mtbl Metabolismo trgn Teratogeno
dnt Denti mtpl Metaplasia tsmsc Tossina muscolare
dpgm Depigmentazione ncrs Necrosi urn Urinario
drmt Dermatiti npls Neoplasia ustn Ustioni
dstm Disturbi metabolici nrcs Narcosi vrt Vertigini
emb/fet Danni all'embrione o al feto nrlg Neurologico vsc Vescica
edmpln Edema polmonare nrpt Neuropatia vst Vista
enfpln Enfisema polmonare nrts Neurotossicità    
emsd Emosiderosi ns Nausea    

Il processo di valutazione del rischio

Nella logica del D.Lgs. 81/2008, vi è il concetto fondamentale di miglioramento continuo e di programmazione degli interventi.

Il D.Lgs. 81/2008, Titolo IX (protezione dei lavoratori da Agenti Cancerogeni e Mutageni) prevede a carico delle varie figure coinvolte nel sistema di sicurezza e protezione aziendale (datore di lavoro, responsabile del servizio di prevenzione e sicurezza, medico competente, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza), particolari obblighi e compiti volti alla prevenzione dei rischi per la salute, alla modifica degli adempimenti organizzativi procedurali, comportamentali e tecnici, quali: 

- valutazione dell’esposizione a polveri di legno duro; 
- attuazione di tutte le misure tecnologicamente attuali previste per il contenimento della quantità di polvere nell’aria ambiente; 
- mantenimento e controllo tramite il monitoraggio ambientale del valore limite di esposizione che non deve essere superato (valore limite di esposizione personale 5 mg/m³); 
- istituzione e/o aggiornamento del registro di esposizione per il lavoratori esposti alla polvere di legno duro (agente cancerogeno) nel quale è riportato, per ciascuno di essi, l’attività svolta; 
- limitazione del numero dei lavoratori esposti a polveri di legno duro con la segregazione delle lavorazioni ove è possibile; 
- formazione ed informazione degli esposti da effettuare con continuità e/o quando si verificano modifiche al ciclo produttivo;
- raccolta, immagazzinamento delle polveri di legno duro, ai fini dello smaltimento, utilizzando contenitori ermetici etichettati;
- fornitura di idonei Dispositivi di Protezione Individuale con l’elaborazione di una relativa procedura per la pulizia, la sostituzione ed il controllo prima e dopo ogni utilizzazione. 

In particolare

D.Lgs. 81/2008

Art. 237. Misure tecniche, organizzative, procedurali

1. Il datore di lavoro:

a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;

b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali «vietato fumare», ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;

c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'articolo 18, comma 1, lettera q). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale;

d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato XLI del presente decreto legislativo;

e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti;

f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;

g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;

h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;

i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati.

Art. 238. Misure tecniche

1. Il datore di lavoro:

a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati;

b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;

c) provvede affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi o deteriorati, prima di ogni nuova utilizzazione.

2. Nelle zone di lavoro di cui all'articolo 237, comma 1, lettera b), è vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.

Art. 239. Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:

a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;

b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;

c) le misure igieniche da osservare;

d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego;

e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.

4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni.

Art. 240. Esposizione non prevedibile

1. Qualora si verifichino eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un'esposizione anomala dei lavoratori ad agenti cancerogeni o mutageni, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.

2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al tempo strettamente necessario.

3. Il datore di lavoro comunica senza indugio all'organo di vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 indicando analiticamente le misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze dannose o pericolose. Tale comunicazione può essere effettuata in via telematica, anche per mezzo degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.

Art. 241. Operazioni lavorative particolari 

1. Per le operazioni lavorative, quale quella di manutenzione, per le quali è prevedibile, nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili, un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti ad agenti cancerogeni o mutageni, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:

a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;

b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni.

2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al tempo strettamente necessario con riferimento alle lavorazioni da espletare.

Sezione III
Sorveglianza sanitaria

Art. 242. Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche

1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'articolo 236 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per i singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.

3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.

4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.

5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:

a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'articolo 236;

b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria e comunque dell'esposizione all'agente, considerando tutte le circostanze e le vie di esposizione possibilmente rilevanti per verificare l'efficacia delle misure adottate.

6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa.

Art. 243. Registro di esposizione e cartelle sanitarie

1. I lavoratori di cui all'articolo 242 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.

2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 242, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio secondo quanto previsto dall'articolo 25, comma 1, lettera c).

3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio.

4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all'ISPESL, per il tramite del medico competente, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e, secondo le previsioni dell'articolo 25 del presente decreto, ne consegna copia al lavoratore stesso.

5. In caso di cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.

6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cangerogeni o mutageni.

7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati personali e nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni.

8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:

a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;

b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1;

c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna copia del registro di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per territorio;

d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4.

9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati dal decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 12 luglio 2007, n. 155, ed aggiornati con decreto dello stesso Ministro, adottato di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, sentita la commissione consultiva permanente.

10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali dati di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili alle regioni.

Art. 244. Registrazione dei tumori

1. L'ISPESL, tramite una rete completa di Centri operativi regionali (COR) e nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, realizza sistemi di monitoraggio dei rischi occupazionali da esposizione ad agenti chimici cancerogeni e dei danni alla salute che ne conseguono, anche in applicazione di direttive e regolamenti comunitari. A tale scopo raccoglie, registra, elabora ed analizza i dati, anche a carattere nominativo, derivanti dai flussi informativi di cui all'articolo 8 e dai sistemi di registrazione delle esposizioni occupazionali e delle patologie comunque attivi sul territorio nazionale, nonché i dati di carattere occupazionale rilevati, nell'ambito delle rispettive attività istituzionali, dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, dall'Istituto nazionale di statistica, dall'Istituto nazionale contro gli infortuni sul lavoro, e da altre amministrazioni pubbliche. I sistemi di monitoraggio di cui al presente comma altresì integrano i flussi informativi di cui all'articolo 8.

2. I medici e le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali ed assicurativi pubblici o privati, che identificano casi di neoplasie da loro ritenute attribuibili ad esposizioni lavorative ad agenti cancerogeni, ne danno segnalazione all'ISPESL, tramite i Centri operativi regionali (COR) di cui al comma 1, trasmettendo le informazioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 dicembre 2002, n. 308, che regola le modalità di tenuta del registro, di raccolta e trasmissione delle informazioni.

3. Presso l'ISPESL è costituito il registro nazionale dei casi di neoplasia di sospetta origine professionale, con sezioni rispettivamente dedicate:

a) ai casi di mesotelioma, sotto la denominazione di Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM);

b) ai casi di neoplasie delle cavità nasali e dei seni paranasali, sotto la denominazione di Registro nazionale dei tumori nasali e sinusali (ReNaTuNS);

c) ai casi di neoplasie a più bassa frazione eziologia riguardo alle quali, tuttavia, sulla base dei sistemi di elaborazione ed analisi dei dati di cui al comma 1, siano stati identificati cluster di casi possibilmente rilevanti ovvero eccessi di incidenza ovvero di mortalità di possibile significatività epidemiologica in rapporto a rischi occupazionali.

4. L'ISPESL rende disponibili al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, all'INAIL ed alle regioni e province autonome i risultati del monitoraggio con periodicità annuale.

5. I contenuti, le modalità di tenuta, raccolta e trasmissione delle informazioni e di realizzazione complessiva dei sistemi di monitoraggio di cui ai commi 1 e 3 sono determinati dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d'intesa con le regioni e province autonome.

Art. 245. Adeguamenti normativi

1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione che, pur non essendo classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di classificazione ivi stabiliti e fornisce consulenza ai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, su richiesta, in tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.

2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, sentita la commissione consultiva permanente e la Commissione consultiva tossicologica nazionale:

a) sono aggiornati gli allegati XLII e XLIII in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni;

b) è pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione effettuata ai sensi del comma 1.


Campionamento

Secondo quanto prescritto dal D.Lgs. 81/2008, le procedure di misura prevedono l’utilizzo quanto più possibile di sistemi che consentano il prelievo in zona respiratoria quindi campionamenti personali della frazione inalabile (in base alla Norma UNI EN 481:1994, particelle con diametro aerodinamico compreso nel range 0 - 100 µm)

Una tipica linea di campionamento delle polveri è costituita da:

- una pompa personale
- un opportuno preselettore che contiene la membrana di captazione. Preselettori: CONO, IOM, BUTTON (problema dei proiettili)
- Membrane in fibra di vetro, PVC, esteri misti di cellulosa(diametro 25 o 37 mm, porosità variabile a seconda del materiale da 0,8 a 8 μm)

Cono IOM    Button
CONO IOM BUTTON

Le membrane vengono pesate, prima e dopo il campionamento, su bilancia di precisione alla VI cifra decimale, previo condizionamento di 24 - 48 ore sotto cappa ad umidità e temperatura controllate.

UNI EN 481:1994
Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Definizione delle frazioni granulometriche per la misurazione delle particelle aerodisperse.

Versione italiana della norma europea EN 481 (edizione lug. 1993). Definisce le convenzioni di campionamento per le frazioni granulometriche delle particelle che devono essere utilizzate per valutare i possibili effetti sanitari derivanti dall'inalazione di particelle aerodisperse nell'ambiente di lavoro. Queste sono derivate da dati sperimentali ottenuti su adulti sani.

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Elenco della dotazione medica a bordo navi

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Elenco dotazione medica a bordo navi 2019

Elenco della dotazione medica a bordo navi 2019

ID 9430 | 03.11.2019

Documento completo riepilogativo della dotazione medica a bordo delle navi secondo quanto previsto dall'adattamento tecnico della Direttiva (UE) 2019/1834.
Quanto riportato è da applicare anche Direttiva 93/103/CE prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca
, tredicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE, attuata con il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 298.

Con la Direttiva (UE) 2019/1834 è stato aggiornato l'elenco della dotazione medica a bordo delle navi cosi classificate (Articolo 1, lettera a) della Direttiva 92/29/CEE:

A. Nave che pratica la navigazione marittima o la pesca in mare senza limiti di distanza dalle coste.
B. Nave che pratica la navigazione marittima o la pesca in mare in acque che si trovano entro 150 miglia marine dal più vicino porto adeguatamente equipaggiato dal punto di vista medico (1).
C. Nave che pratica la navigazione portuale, natanti e imbarcazioni operanti vicino alle coste o aventi a disposizione come compartimento a bordo soltanto la timoneria.

(1) La categoria B è estesa alle navi che praticano la navigazione marittima o la pesca in mare in acque che si trovano entro 175 miglia marine dal più vicino posto adeguatamente equipaggiato dal punto di vista medico e che rimangono in permanenza nel raggio d'azione dei mezzi di evacuazione sanitaria eliportati. A tal fine, ciascuno Stato membro comunica informazioni aggiornate sulle zone e le condizioni in cui è sistematicamente assicurato il servizio di evacuazione sanitaria eliportato:
a) agli altri Stati membri e alla Commissione, e b) ai capitani delle navi battenti la sua bandiera o registrati sotto la sua piena giurisdizione, interessati o che possono essere interessati dall'applicazione del primo comma della presente nota, nella maniera più appropriata, in particolare tramite centri di consultazione via radio, centri di coordinamento di salvataggio o stazioni costiere.

La Direttiva 92/29/CEE interessa anche i lavoratori della pesca disciplinati dalla Direttiva sociale Direttiva 93/103/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca (tredicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) attuata con il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 298.

Le disposizioni della Direttiva (UE) 2019/1834 sono in vigore dal 20.11.2019, con recepimento da parte degli Stati membri entro il 20 novembre 2021.

Allegati
ALLEGATO I CATEGORIE DI NAVI Articolo 1, lettera a)
ALLEGATO II DOTAZIONE MEDICA (ELENCO NON ESAURIENTE) [Articolo 1, lettera d)]
ALLEGATO III MATERIE PERICOLOSE [Articolo 1, lettera e) ed articolo 3, punto 1]
ALLEGATO IV SCHEMA GENERALE PER IL CONTROLLO DELLE DOTAZIONI MEDICHE DELLE NAVI [Articolo 2, paragrafo 1, lettera c), articolo 3, paragrafo 3]
...
segue in allegato

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Direttiva 89/654/CEE

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Direttiva 89 654 CEE

Direttiva 89/654/CEE

Direttiva 89/654/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro (prima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)

GU L 393 del 30.12.1989

Testo consolidato 2019 con le modifiche apportate da:

Direttiva 2007/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2007 (GU L 165/21 del 27.6.2007)
Regolamento (UE) 2019/1243 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 (GU L 198/241 25.7.2019)

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Direttiva 2003/10/CE

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Direttiva 2003 10 CE

Direttiva 2003/10/CE

Direttiva 2003/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 febbraio 2003, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (rumore) (diciassettesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)

GU L 42 del 15.2.2003

Attuazione

La Direttiva è stata attuata con il Decreto Legislativo 10 aprile 2006 n. 195

Attuazione della direttiva 2003/10/CE relativa all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (rumore)(GU n. 124 del 30 maggio 2006)

Testo consolidato 2019 con le modifiche apportate da:

Direttiva 2007/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2007 (GU L 165/21 del 27.6.2007)
Regolamento (CE) n. 1137/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2008 (GU L 311/1 21.11.2008)
Regolamento (UE) 2019/1243 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 (GU L 198/241 25.7.2019)

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Direttiva 1999/92/CE

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Direttiva 1999 92 CE

Direttiva 1999/92/CE

Direttiva 1999/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive (quindicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)

GU L 23 del 28.1.2000

Testo consolidato 2007 con le modifiche apportate da:

Direttiva 2007/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2007 (GU L 165/21 del 27.6.2007)

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