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Silica exposure Database Report 2000-2019

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Silica exposure Database Report 2000 2019

Silica exposure Database Report 2000-2019

The adverse health effects and ubiquitous nature of crystalline silica make the issue of occupational exposure to this substance a topical one, despite the evolution of work scenarios over the years.

The Inail Silica Exposure Database includes data from over 8000 samples, described by activity and job title, collected during surveys carried out throughout Italy since 2000. The statistical elaborations of the results of personal exposure measurements presented in the Report could be useful for managing occupational risk from inhalation of crystalline silica, to identify risk control measures and good practices to be applied in industries, and to support epidemiological studies.

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Foreword
Summary
Abbreviations
PART 1. Data acquisition and processing methodology
1.1 The INAIL Silica Exposure Database
1.2 Crystalline silica polymorphs: quartz and cristobalite
1.3 Personal, static and bulk samples
1.4 Workplace sampling
1.5 Laboratory analysis
1.6 Classification of working activities
1.7 Correspondence table between CONTARP 2016 and NACE rev. 2 classifications
1.8 Classification of job titles
1.9 Classification of bulk materials
1.10 Statistical parameters and data evaluation criteria
1.11 Organisation of the Report
PART 2. Overview of data on a national scale
PART 3. Exposure data by activity and job title
A1 - Agriculture
B1 - Quarrying of marble, granite and other coherent rocks
B2 - Quarrying of sand and gravel
B3 - Quarrying of clays, pozzolana and feldspar
B4 - Quarrying of pumice stone
C1 - Bituminous membranes
C2 - Paints, glues and adhesives
C3 - Rubber, plastic, artificial stone
C4 - Glass
C5 - Refractories
C6 - Ceramic tiles
C7 - Bricks
C8 - Ceramic ornamental articles
C9 - Ceramic sanitary fixtures
C10 - Cement
C11 - Concrete products
C12 - Stone working
C13 - Abrasives
C14 - Foundry sand cores
C15 - Iron and steel industry
C16 - Foundries
C17 - Treatment of metals
C18 - Ovens and furnaces
C19 - Jewellery
C20 - Medical and dental instruments
C21 - Denim sandblasting
F1 - Construction
F2 - Tunnel construction, conventional excavation
F3 - Tunnel construction, mechanical excavation
F4 - Sand blasting for building exteriors
PART 4. Quartz content in bulk materials
4.1 Quartz content in settled dust, by production activity
4.2 Quartz content in products and materials
4.3 Quartz content in rocks and aggregates
REFERENCES

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Fonte: INAIL

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Direttiva 2000/54/CE

ID 15783 | | Visite: 3080 | Legislazione Sicurezza UE

Direttiva 2000 54 CE

Direttiva 2000/54/CE / Agenti biologici lavoro (VII Direttiva particolare lavoro) consolidato 2020

Direttiva 2000/54/CE del parlamento europeo e del consiglio del 18 settembre 2000 relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)

(GU L 262/21 del 17.10.2000)
______

Modificata da:
- M1 Direttiva (UE) 2019/1833 della Commissione del 24 ottobre 2019 (GU L 279 54 31.10.2019)
- M2 Direttiva (UE) 2020/739 della Commissione del 3 giugno 2020 (GU L 175 11 4.6.2020)

Collegati

Elenco degli esplosivi attività estrattive 2021

ID 15780 | | Visite: 1615 | Documenti Sicurezza Enti

Elenco degli esplosivi   Anno 2021

Elenco degli esplosivi attività estrattive 2021

Elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione riconosciuti idonei all'impiego nelle attività estrattive

L'elenco contiene prodotti esplodenti secondo la classifica prevista dal titolo VIII del Decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, a seguito delle prove o verifiche condotte dall'Amministrazione per la conformità ai requisiti previsti dal Decreto Ministeriale 6 febbraio 2018. I prodotti sono iscritti nell'elenco a seguito del versamento del canone annuo di cui all'art. 32 della Legge 12 dicembre 2002, n. 273 da parte del fabbricante, di un suo rappresentante autorizzato o di un importatore.

Riferimenti normativi

Il titolo VIII del Decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128 disciplina l'impiego degli esplosivi nelle attività estrattive; in particolare l'art. 297 stabilisce che "nelle miniere e nelle cave è vietato impiegare esplosivi da mina, accessori detonanti e mezzi di accensione non compresi tra quelli riconosciuti dal Ministero dell'Interno ai sensi dell'art. 53 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con Regio Decreto 18 giugno 1931 n. 773, e riconosciuti idonei per l'impiego minerario dal Ministero per l'industria ed il commercio".

L'art. 299 recita: "È istituito presso il Ministero dell'industria e del commercio l'elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione, riconosciuti idonei per l'impiego minerario dallo stesso Ministero [omissis] L'elenco è approvato con decreto da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale".

L'art. 303 stabilisce che "gli imprenditori sono tenuti a fornirsi degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione destinati alle lavorazioni minerarie, eventualmente tramite imprese commerciali, soltanto dalle ditte produttrici comprese nell'elenco di cui all'art. 299".

L'art. 687 stabilisce: "Quando per gli strumenti, apparecchi, dispositivi, macchinari, esplosivi o materiali vari è richiesta dalle norme del presente decreto una specifica idoneità, il Ministro per l'industria ed il commercio stabilisce i requisiti per il riconoscimento di tale idoneità e, accertata attraverso prove di controllo la rispondenza dei tipi ai requisiti previsti, li ammette all'impiego fissando il termine per l'adozione. Fino a quando non siano stati stabiliti i requisiti per il riconoscimento di idoneità previsto dal precedente comma, l'ingegnere capo prescrive le misure di sicurezza eventualmente necessarie. I controlli sono eseguiti a spese degli interessati presso la Stazione mineraria statale di prova del Corpo delle miniere e, se questa non sia costituita o non sia ancora attrezzata per particolari incombenze, presso laboratori, istituti, e servizi tecnici di riconosciuta competenza".

La Direttiva 2013/29/UE e la Direttiva 2014/28/UE, che hanno armonizzato le legislazioni degli Stati membri sulla messa a disposizione sul mercato di articoli pirotecnici ed esplosivi per uso civile, in particolare introducendo nei due settori figure di operatori economici fino ad ora non considerate, nel settore in questione definendone compiti e responsabilità, nonché dettando norme per l’immissione sul mercato dei prodotti de quo, hanno avuto impatto anche sulla regolazione dell’utilizzo di esplosivi nelle specifico settore estrattivo.

Il Decreto Ministeriale 6 febbraio 2018, al fine di recepire le sopra dette modificazioni, interviene pertanto ad aggiornare e sostituire il precedente Decreto Ministeriale 21 aprile 1979, dettando "norme per il rilascio dell'idoneità di prodotti esplodenti ed accessori di tiro all'impiego estrattivo”, ai sensi dell'art. 687 del Decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128".

MITE
Anno 2021
Aggiornamento del 31/12/2021

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Circolare MLPS n. 34 del 29 aprile 1999

ID 15762 | | Visite: 3882 | Circolari Sicurezza lavoro

Circolare MLPS n 34 del 29 aprile 1999

Circolare MLPS n. 34 del 29 aprile 1999 / Pulizia e manutenzione indumento DPI

ID 15762 | Inserita 15.02.2022

Oggetto: Indumenti di lavoro e dispositivi di protezione individuale.

Considerati alcuni dubbi sorti in merito agli indumenti di lavoro quando sono destinati ad assolvere ad una funzione di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, si ritiene opportuno richiamare l'attenzione sul complesso della pertinente legislazione prevenzionistica ai fini della sua corretta e puntuale applicazione.

Gli indumenti di lavoro, possono assolvere a varie funzioni:

a) elemento distintivo di appartenenza aziendale, ad esempio uniforme o divisa;
b) mera preservazione degli abiti civili dalla ordinaria usura connessa all'espletamento dell’attività lavorativa;
c) protezione da rischi per la salute e la sicurezza (DPI).

In tale ultimo caso, tali indumenti, rientrano tra i dispositivi di sicurezza che assolvono alla funzione di protezione dai rischi, ai sensi dell'art.40 del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n.626. Rientrano, ad esempio, tra i dispositivi di protezione individuale (DPI) gli indumenti fluorescenti che segnalano la presenza di lavoratori a rischio di investimento, quelli di protezione contro il caldo od il freddo, gli indumenti per evitare il contatto con sostanze nocive, tossiche, corrosive o con agenti biologici, ecc.

L'articolo 43, comma 4 del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n.626, prevede che il datore di lavoro, debba assicurare le condizioni igieniche nonché l'efficienza dei D.P.I. ossia il mantenimento nel tempo delle loro caratteristiche specifiche quali, ad esempio, l'impermeabilità o la fluorescenza (vedi al riguardo la sentenza della Corte di Cassazione, sezione lavoro, n.11139/1998 del 9 luglio 1998).

Ciò vale ovviamente anche per gli indumenti di lavoro che assumano la caratteristica di dispositivi personali di protezione. A tale scopo è necessario che il datore di lavoro provveda alla loro pulizia stabilendone la periodicità. Detta pulizia può essere effettuata sia direttamente all'interno dell'azienda, sia ricorrendo ad imprese esterne specializzate; la scelta ricade sotto la responsabilità del datore di lavoro.

In via generale, qualora gli indumenti sono o possano essere contaminati da agenti chimici, cancerogeni o biologici, nel caso che si provveda alla loro pulizia all'interno dell'azienda, il datore di lavoro dovrà tenere conto dei rischi connessi con la manipolazione e il trattamento di tali indumenti da parte dei lavoratori addetti e pertanto dovrà applicare le stesse misure di protezione adottate nel processo lavorativo; se viceversa, si sceglie un'impresa esterna, il datore di lavoro, come già ricordato, responsabile delle buone condizioni igieniche e dell'efficienza di tali D.P.I., efficienza che un'errata pulizia potrebbe pregiudicare, deve preventivamente assicurarsi che l'impresa stessa abbia requisiti tecnici professionali sufficienti allo scopo e curare che tali indumenti vengano consegnati opportunamente imballati, ed evitare rischi di contaminazione esterna.

Il datore di lavoro inoltre, dal momento che è tenuto, ai sensi dell'art.4, comma 5, lett. n del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.626, ad assumere gli appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate (uso dei DPI) possono causare rischi per la salute della popolazione, fra cui rientra, a questi fini, il lavoratore esterno, deve provvedere alla puntuale informazione della lavanderia esterna sulla natura dei rischi connessi alla manipolazione degli indumenti contaminati, e sulla loro entità.

Ovviamente l'impresa esterna è responsabile della sicurezza dei propri dipendenti e dovrà pertanto provvedere alla valutazione dei rischi ed alle conseguenti misure di prevenzione e protezione, anche sulla base delle informazioni fornite dal datore di lavoro che ha conferito l'incarico della pulizia degli indumenti.

Si evidenzia poi, in particolar modo, la disciplina specifica dettata dagli art.14 comma 2 e 28 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n.277, nel caso in cui l'agente contaminante sia il piombo o l'amianto.

Il datore di lavoro dovrà provvedere affinchè gli indumenti di protezione siano riposti in luogo separato da quello destinato agli abiti civili; il lavaggio dovrà essere effettuato in lavanderie appositamente attrezzate, con macchine adibite esclusivamente all'attività specifica; il trasporto dovrà essere effettuato in imballaggi chiusi, opportunamente etichettati.

D.Lgs. 81/2008

Art. 77 - Obblighi del datore di lavoro
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4. Il datore di lavoro:

a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante.
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Nella foto indumento DPI conforme:

UNI EN 342:2018

Indumenti di protezione - Completi e capi di abbigliamento per la protezione contro il freddo

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Allegato riservato Circolare MLPS n.34 del 29 aprile 1999.pdf
 
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Modello operativo organizzazione verifiche Green pass Lavoratori privati

ID 14657 | | Visite: 67860 | Documenti Riservati Sicurezza

Cover Modello Operativo organizzazione verifiche Green pass Lavoratori privati

Modello operativo organizzazione verifiche Green pass Lavoratori privati / Rev. 3.0 del 15.02.2022

ID 14657 | Rev. 3.0 del 15 febbraio 2022 / In allegato modello operativo .doc/pdf

In allegato modello operativo relativo all’organizzazione delle verifiche da parte del datore di lavoro delle certificazione verdi COVID-19 dei lavoratori nel settore privato. Tale modello, in formato .doc, è adattabile alle singole realtà aziendali. Inoltre, viene fornito un modello di Registro giornaliero verifiche certificazioni verdi COVID-19, al paragrafo 7 del modello in parola. Tale registro è strutturato nel rispetto di quanto previsto dal Regolamento privacy (ovvero non possono essere in nessun caso oggetto di raccolta e conservazione i dati riguardanti il possessore del green pass).

Rev. 3.0 del 15.02.2022
Decreto-Legge 7 gennaio 2022 n. 1 - Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore. (GU n.4 del 07.01.2022). 
Il DL dispone che, dal 15 febbraio 2022 fino al 15 giugno 2022, il green pass rafforzato, cioè esclusivamente ottenuto per vaccinazione o guarigione, debba essere richiesto a tutti i lavoratori pubblici e privati a partire dai 50 anni di età, per accedere ai luoghi di lavoro. 
Aggiornamenti del modello relativi ai paragrafi:
- Normativa di riferimento
3. Scelta del metodo di verifica
7. Modalità di verifica

Il modello definisce la procedura per l’organizzazione delle verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 per i lavoratori ai sensi del Decreto-Legge 21 Settembre 2021 n. 127 Articolo 3 che ha introdotto il novello art. 9-septies del Decreto-Legge 22 aprile 2021 n. 52.

Difatti, dal 15 ottobre 2021 fino al 31 marzo 2022, chiunque svolge un’attività lavorativa nel settore privato, per accedere ai luoghi di lavoro, è obbligato a possedere ed esibire, su richiesta, la Certificazione verde COVID-19. L’obbligo è esteso anche a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa, formativa o di volontariato presso la medesima sede, anche con contratto esterno. 

Dal 15 febbraio 2022 al 15 giugno 2022, è consentito inoltre, l'accesso ai lavoratori fino ai 49 anni di età con certificazioni verdi COVID-19 generate da vaccinazione, da guarigione o da tampone (green pass base), mentre ai lavoratori over 50, l'accesso è consentito, solo con certificazioni verdi COVID-19 generate da vaccinazione o da guarigione (green pass rafforzato).

Il presente modello è espressione di quanto previsto al comma 5 dell'articolo 9 - septies del Decreto-Legge 22 aprile 2021 n. 52 ovvero: "5. I datori di lavoro di cui al comma 1, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10".

Art. 9 co. 10 Decreto-Legge 22 aprile 2021 n. 52 
10. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con i Ministri della salute, per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e dell’economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono individuate le specifiche tecniche per assicurare l’interoperabilità delle certificazioni verdi COVID-19 e la Piattaforma nazionale -DGC, nonché tra questa e le analoghe piattaforme istituite negli altri Stati membri dell’Unione europea, tramite il Gateway europeo. Con il medesimo decreto sono indicati i dati che possono essere riportati nelle certificazioni verdi COVID-19, le modalità di aggiornamento delle certificazioni, le caratteristiche e le modalità di funzionamento della Piattaforma nazionale -DCG, la struttura dell'identificativo univoco delle certificazioni verdi COVID-19 e del codice a barre interoperabile che consente di verificare l’autenticità, la validità e l’integrità delle stesse, l’indicazione dei soggetti deputati al controllo delle certificazioni, i tempi di conservazione dei dati raccolti ai fini dell’emissione delle certificazioni, e le misure per assicurare la protezione dei dati personali contenuti nelle certificazioni. Nelle more dell’adozione del predetto decreto, le certificazioni verdi COVID-19 rilasciate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto dalle strutture sanitarie pubbliche e private, dalle farmacie, dai medici di medicina generale e pediatri di libera scelta ai sensi dei commi 3, 4 e 5, assicurano la completezza degli elementi indicati nell’allegato 1.

(!) Si segnala che mentre, per il settore pubblico, è prevista (al comma 5 dell'art. Art. 9-quinquies Decreto-Legge 22 aprile 2021 n. 52) la possibilità di adozione di linee guida per l'omogenea definizione delle modalità organizzative, per il settore privato al contrario, tale possibilità non è stata prevista a livello normativo.

Vedi Modello Incarico accertatori / Procedura verifica green pass lavoratori / Decreto n. 127/2021

Il modello risulta essere così strutturato:

Normativa di riferimento
1. Popolazione lavorativa
2. Struttura dell’orario lavorativo
3. Scelta del metodo di verifica
4. Ingressi di accesso luogo di lavoro
5. Individuazione dei soggetti verificatori
6. Dotazione apparecchiature per la verifica
7. Modalità di verifica
8. Conclusioni 

Sanzioni

Per i datori di lavoro che non abbiano predisposto le modalità di verifica è prevista una sanzione da 400 a 1.000 euro.

...

Normativa di riferimento

Decreto-Legge 21 Settembre 2021 n. 127 Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening. (GU n.226 del 21.09.2021), convertito con modificazioni dalla Legge 19 novembre 2021 n. 165 (GU n.277 del 20.11.2021).

Testo del Decreto-Legge 21 settembre 2021 n. 127 (in GU n. 226 del 21 settembre 2021), coordinato con la Legge 19 novembre 2021 n. 165 (in GU n.277 del 20.11.2021), recante: «Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening».

In rosso le novità della Legge di conv. Legge 19 novembre 2021 n. 165

Art. 3. Disposizioni urgenti sull’impiego di certificazioni verdi COVID-19 in ambito lavorativo privato

1. Al decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, dopo l’articolo 9-sexies, come introdotto dall’articolo 2, è inserito il seguente:

«Art. 9-septies (Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 nel settore privato).
- 1. Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2022, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2, a chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 9-ter, 9-ter.1 e 9-ter.2 del presente decreto e dagli articoli 4 e 4-bis del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione, anche in qualità di discenti, o di volontariato nei luoghi di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale esentati dalla somministrazione del vaccino sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.

4. I datori di lavoro di cui al comma 1 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui ai commi 1 e 2 per i lavoratori di cui al comma 2 la verifica sul del rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, è effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro. Per i lavoratori in somministrazione la verifica del rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1 compete all’utilizzatore; è onere del somministratore informare i lavoratori circa la sussistenza delle predette prescrizioni.

5. I datori di lavoro di cui al comma 1, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10. Al fine di semplificare e razionalizzare le verifiche di cui al presente comma, i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro.

6. I lavoratori di cui al comma 1, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risultino privi della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata di cui al primo periodo non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.

7. Per le imprese con meno di quindici dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di cui al comma 6, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni lavorativi, rinnovabili fino al rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso.

8. L’accesso di lavoratori ai luoghi di lavoro di cui al comma 1 in violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2, è punito con la sanzione di cui al comma 9 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore.

9. In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 4 o di mancata adozione delle misure organizzative di cui al comma 5 nel termine previsto, nonché per la violazione di cui al comma 8, si applica l’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. Per le violazioni di cui al comma 8, la sanzione amministrativa prevista dal comma 1 del citato articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 è stabilita nel pagamento di una somma da euro 600 a euro 1.500in euro da 600 a 1.500.

10. Le sanzioni di cui al comma 9 sono irrogate dal Prefetto. I soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni di cui al medesimo comma 9 trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione.

DPCM 17 Giugno 2021 Disposizioni attuative dell’articolo 9, comma 10, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, recante «Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19» (GU n.143 del 17.06.2021)

Decreto-Legge 22 aprile 2021 n. 52 Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19. (GU n.96 del 22.04.2021)

Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati). (GU L 119/1 del 4 maggio 2016) 

DPCM 12 Ottobre 2021 Modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 giugno 2021, recante «Disposizioni attuative dell'articolo 9, comma 10, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, "Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19"».

_______

Estratto

Popolazione lavorativa

Modello operativo verifica green pass   Figura  1

 (*) dato da sottrarre dal totale della popolazione in quanto la verifica viene effettuata da DL del luogo di lavoro dove i lavoratori effettuano prestazione

(**) Tutti coloro che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione, anche in qualità di discenti o di volontariato

 Modello Operativo organizzazione verifiche Green pass Lavoratori privati Figura2

Struttura dell’orario lavorativo

Modello Operativo organizzazione verifiche Green pass Lavoratori privati Paragr 2

Scelta del metodo di verifica

Modello Operativo organizzazione verifiche Green pass Lavoratori privati Paragr 3

Descrizione:

L’azienda, ha adottato quale metodo di verifica delle certificazioni verdi COVID-19 la verifica di tutta la popolazione lavorativa nel momento dell’accesso al luogo di lavoro.
Oppure
L’azienda, ha adottato quale metodo di verifica delle certificazioni verdi COVID-19 il metodo a campione stimato rappresentativo nel …. Ad es. 70%(*) della popolazione lavorativa.
(*) Il campione dovrebbe tenere conto del numero dei lavori esentati dal green pass
Campione
Ad esempio
54 dipendenti verificati giornalmente (in base all’orario di lavoro)
Frequenza del campionamento: verifica della certificazione verdi COVID-19
Ore 6.00: 5 lavoratori (ad es. i primi cinque oppure il primo, il terzo, il quinto…)
Ore 8.00: 34 lavoratori
Ore 14.00: 5 lavoratori
Ore 22.00: 10 lavoratori

(*) Esenzione dalla vaccinazione anti COVID-19:

dal 7 febbraio 2022, la certificazione di esenzione dalla vaccinazione anti COVID-19 viene rilasciata esclusivamente in formato digitale in modo da permettere la verifica attraverso la scansione del QR code e con gli altri sistemi di verifica automatizzati.

La validità delle certificazioni di esenzione dalla vaccinazione è indicata nella certificazione stessa e dipende dalla specifica condizione clinica che ne ha giustificato il rilascio. In caso di sopravvenuta positività a SARS-CoV-2 anche le certificazioni di esenzione sono revocate e poi riattivate automaticamente con la guarigione.

Le certificazioni di esenzione dalla vaccinazione anti COVID-19 precedentemente emesse in modalità cartacea saranno valide massimo fino al 27 febbraio 2022, poi non potranno più essere utilizzate. Chi ne è in possesso potrà rivolgersi al medico certificatore che rilascerà all’assistito una nuova attestazione. Per venti giorni, dal 7 al 27 febbraio, sarà quindi possibile usare sia le precedenti certificazioni cartacee sia le digitali.

Inoltre, l'obbligo della Certificazione verde COVID-19 non si applica:

- ai lavoratori che, previa richiesta, abbiano consegnato al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che abbiano consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro (art. 9-septies co. 5 Decreto-Legge 52/2021).

Modello Registro giornaliero verifiche certificazioni verdi COVID-19

Modello Operativo organizzazione verifiche Green pass Lavoratori privati Paragr 7

... Segue in allegato

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Sorveglianza sanitaria eccezionale

ID 14162 | | Visite: 5996 | News Sicurezza

Sorveglianza sanitaria eccezionale   Proroga 31 marzo 2022

Sorveglianza sanitaria eccezionale: proroga al 31 Marzo 2022 (cessazione stato emergenza Covid-19)

ID 14162 | 12.02.2022 / Documento completo allegato

Con la proroga dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 al 31 Marzo 2022, è prorogata alla stessa data, il temine per la "sorveglianza sanitaria eccezionale" dei lavoratori istituita con il Decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Art. 83).

Infatti l'articolo 16 del Decreto Legge 24 dicembre 2021, n. 221, pubblicato sulla (GU n.305 del 24.12.2021) e in vigore dal 25 Dicembre 2021, contiene una nuova proroga dei termini correlati con lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19.

Tra questi vi è anche il termine di vigenza della sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio in caso di contagio da virus SARS-CoV-2, di cui all'articolo 83 del decreto Rilancio (decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77).

In merito, comma 1 dell'articolo 16 Decreto Legge 24 dicembre 2021, n. 221sono prorogate fino al 31 Marzo 2022 i termini di specifiche disposizioni legislative elencate nell'allegato A del decreto stesso, in particolare al punto 15 dell'allegato A, l'articolo 83 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Rilancio), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, che reca una disciplina speciale per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori.

Decreto-Legge 23 luglio 2021, n. 105
...
ART. 16 (Proroga dei termini correlati con lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19)

1. I termini previsti dalle disposizioni legislative di cui all'allegato A sono prorogati fino al 31 Marzo 2022, e le relative disposizioni vengono attuate nei limiti delle risorse disponibili autorizzate a legislazione vigente.
...

Allegato A
...
15. Articolo 83 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 Sorveglianza sanitaria lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio.
...

Sorveglianza sanitaria eccezionale   Proroga 31 03 2022

Decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34
.
..

Art. 83 Sorveglianza sanitaria

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 41 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per garantire lo svolgimento in sicurezza delle attivita' produttive e commerciali in relazione al rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza (*) per rischio sanitario sul territorio nazionale, i datori di lavoro pubblici e privati assicurano la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell'eta' o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia COVID-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilita' che possono caratterizzare una maggiore rischiosita'.
Le amministrazioni pubbliche provvedono alle attivita' previste al presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.

2. Per i datori di lavoro che, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, non sono tenuti alla nomina del medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal medesimo decreto, ferma restando la possibilita' di nominarne uno per il periodo emergenziale, la sorveglianza sanitaria eccezionale di cui al comma 1 del presente articolo puo' essere richiesta ai servizi territoriali dell'INAIL che vi provvedono con propri medici del lavoro, su richiesta del datore di lavoro, avvalendosi anche del contingente di personale di cui all'articolo 10 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.
Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro della Salute, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e' definita la relativa tariffa per l'effettuazione di tali prestazioni. Per i medici di cui al presente comma non si applicano gli articoli 25, 39, 40 e 41 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

3. L'inidoneita' alla mansione accertata ai sensi del presente articolo non puo' in ogni caso giustificare il recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro.

4. Per le finalita' di cui al presente articolo atte a sostenere le imprese nella ripresa e nella prosecuzione delle attivita' produttive in condizioni di salubrita' e sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalita' lavorative l'INAIL e' autorizzato, previa convenzione con ANPAL, all'assunzione con contratti di lavoro a tempo determinato, della durata massima di quindici mesi, di figure sanitarie, tecnico-specialistiche e di supporto di eta' non superiore a 29 anni, nel limite di spesa pari a euro 20.895.000 per l'anno 2020 e ad euro 83.579.000 per l'anno 2021. Ai relativi oneri si provvede, a valere sulle risorse di cui al Programma Operativo Nazionale Iniziativa Occupazione Giovani.

(1) (2) (3) (4) (5)

(*) Proroghe cessazione dello stato di emergenza / termine sorveglianza sanitaria eccezionale

AGGIORNAMENTO (1)
Il D.L. 30 luglio 2020, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 25 settembre 2020, n. 124, come modificato dal D.L.14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126, ha disposto (con l'art. 1, comma 3) che il termine previsto dal presente articolo e' prorogato al 31 dicembre 2020.

AGGIORNAMENTO (2)
Il D.L. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2021, n. 21, ha disposto (con l'art. 19, comma 1) che il termine previsto dal presente articolo e' prorogato fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e comunque non oltre il 30 aprile 2021.

AGGIORNAMENTO (3)
Il D.L. 22 aprile 2021, n. 52 ha disposto (con l'art. 11, comma 1) che il termine previsto dal presente articolo e' prorogato fino al 31 luglio 2021.

AGGIORNAMENTO (4)
Il D.L. 23 luglio 2021, n. 105 ha disposto (con l'art. 6, comma 1) che il termine previsto dal presente articolo e' prorogato fino al 31 dicembre 2021.

AGGIORNAMENTO (5)
Il D.L. 24 dicembre 2021, n. 221 ha disposto (con l'art. 16, comma 1) che il termine previsto dal presente articolo e' prorogato al 31 marzo 2022.

...

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Dati INAIL Gennaio 2022 - Focus sul binomio pandemia-infortuni

ID 15714 | | Visite: 1250 | News Sicurezza

Dati INAIL Gennaio 2022

Dati INAIL Gennaio 2022 - Focus sul binomio pandemia-infortuni

L’approfondimento che il periodico statistico dedica agli anni del Covid conferma il forte condizionamento dell’emergenza sanitaria sull’andamento infortunistico e tecnopatico rilevato dall’Istituto.

ROMA - Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail entro la fine del 2021 sono state 555.236, 896 in più (+0,2%) rispetto alle 554.340 del 2020, sintesi di un decremento nel trimestre gennaio-marzo (-11%), di un incremento nel semestre aprile-settembre (+21%) e di un nuovo calo nel trimestre ottobre-dicembre (-16%), nel confronto tra i due anni. A rilevarlo è il primo numero del 2022 di Dati Inail, mensile curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, che concentra l’attenzione sul tragico binomio pandemia-infortuni. Il riferimento agli infortuni, precisa la Csa, non è casuale. Da sempre, infatti, le patologie infettive contratte in occasione di lavoro – tra le quali, oltre al Covid-19, rientrano per esempio anche l’epatite, la brucellosi, l’Aids e il tetano – sono state inquadrate e trattate dall’Inail come infortunio sul lavoro, poiché la causa virulenta è equiparata alla causa violenta propria dell’infortunio, anche quando i suoi effetti si manifestano dopo un certo periodo di tempo.

Con la ripresa delle attività netto incremento degli incidenti in itinere. L’emergenza sanitaria da nuovo Coronavirus ha dunque fortemente condizionato l’andamento infortunistico del 2020 e 2021, che devono quindi essere considerati anni “anomali” e poco rappresentativi per i confronti temporali. I dati rilevati al 31 dicembre di ciascun anno evidenziano a livello nazionale un aumento degli infortuni in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro (+29,2%, da 62.217 a 80.389 casi), che sono diminuiti del 32% nel primo bimestre del 2021 e aumentati del 50% nel periodo marzo-dicembre, complice il massiccio ricorso allo smart working nel 2020, a partire proprio dal mese di marzo, e un decremento del 3,5% (da 492.123 a 474.847) di quelli avvenuti in occasione di lavoro, che sono calati dell’11% nel primo trimestre 2021, aumentati del 18% nel semestre aprile-settembre e calati di nuovo nel trimestre ottobre-dicembre (-22%).

I decessi in occasione di lavoro in calo del 7,9%. Le denunce di infortuni con esito mortale, più di quelle in complesso, risentono di una maggiore provvisorietà anche in conseguenza della pandemia da Covid-19, con il risultato di non conteggiare tempestivamente alcuni casi mortali da contagio. Tenendo conto di questa avvertenza, i dati rilevati al 31 dicembre di ciascun anno evidenziano un aumento solo dei decessi avvenuti in itinere, passati dai 214 casi del 2020 ai 248 del 2021 (+15,9%), mentre quelli in occasione di lavoro sono diminuiti del 7,9% (da 1.056 a 973). Il decremento rilevato tra il 2021 e il 2020 è legato sia alla componente femminile, i cui casi mortali denunciati sono passati da 138 a 126 (-8,7%), sia a quella maschile, che è passata da 1.132 a 1.095 casi (-3,3%).

Le malattie professionali tornano ad aumentare. Nel 2020 la pandemia ha fortemente condizionato anche l’andamento delle malattie professionali denunciate all’Inail, che nel 2021 sono state 55.288, oltre 10mila in più rispetto all’anno precedente (+22,8%), sintesi di un calo del 26% nel periodo gennaio-febbraio, di un aumento del 54% in quello di marzo-settembre, di un lieve calo dello 0,4% a ottobre e di un nuovo incremento del 18% nel bimestre novembre-dicembre. In ottica di genere si rilevano 7.436 denunce in più per i lavoratori, da 32.951 a 40.387 (+22,6%), e 2.829 in più per le lavoratrici, da 12.072 a 14.901 (+23,4%). Anche nel 2021 le prime tre patologie di origine professionale denunciate sono state quelle del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo (36.163 casi), del sistema nervoso (6.337) e dell’orecchio (3.614), seguite dai tumori (1.702) che superano quelle del sistema respiratorio (1.643), le sole a registrare un calo rispetto al 2020.

Il confronto con il periodo pre-Covid. Il confronto tra i dati del 2021 con quelli di un anno pre-pandemia, il 2019, evidenzia come le 555.236 denunce di infortunio sul lavoro pervenute all’Inail nel periodo gennaio-dicembre 2021 siano in sensibile calo (-13,5%) rispetto alle 641.638 dello stesso periodo del 2019. Questo decremento è sintesi di una flessione degli infortuni avvenuti in occasione di lavoro (-12,2%) e di un calo ancor più sostenuto di quelli in itinere (-20,3%). L’analisi per settori di attività economica mostra una riduzione generalizzata dei casi avvenuti in occasione di lavoro in quasi tutti i settori dell’Industria e servizi, a eccezione degli incrementi rilevati nella Sanità e assistenza sociale (+43,7%), nell’Amministrazione pubblica (+14%) e nei Servizi di informazione e comunicazione (+38,5%), dovuti essenzialmente ai contagi da Covid-19 ancora presenti l’anno scorso, anche se numericamente meno consistenti rispetto al 2020. Per i decessi, al contrario, l’incremento delle denunce rilevato tra il 2019 e il 2021 è stato del 12,1%, da 1.089 a 1.221 casi, sintesi di una crescita degli infortuni mortali avvenuti in occasione di lavoro (+24,3%) e di una flessione di quelli occorsi in itinere (-19%). Al netto dei contagi da Covid-19, però, nel 2021 i decessi sono diminuiti del 5% rispetto al 2019.

Le infezioni di origine professionale nel biennio 2020-2021. Il nuovo numero di Dati Inail mette a confronto anche le denunce di infortunio sul lavoro da Covid-19 rilevate al 31 dicembre di ciascuno degli anni 2020 e 2021, che sono state rispettivamente 131.090 e 42.561. Dal punto di vista territoriale, in entrambi gli anni si evidenzia un maggior numero di contagi di origine professionale nel Nord-Ovest, con alcune differenze: se nel 2020 erano quasi la metà le infezioni denunciate (47,5%), nel 2021 sono poco più di un terzo (34,1%). Resta stazionario il Nord-Est, con circa il 23% dei casi in entrambi gli anni, mentre nel 2021 è aumentata la quota delle altre ripartizioni geografiche, a dimostrazione di come i contagi manifestatisi dapprima nel Nord abbiano successivamente coinvolto in maniera più marcata anche le altre aree del Paese. Al netto dei casi ancora da determinare, la Sanità e assistenza sociale si conferma al primo posto per numero di contagi da Coronavirus. Rispetto al 2020, però, nel 2021 il suo peso percentuale sul totale delle attività economiche è passato dal 68,8% al 52,5%. Dopo le riaperture quasi complete del 2021, invece, l’incidenza di altri settori è aumentata. È il caso in particolare del Trasporto e magazzinaggio, passato dall’1,8% al 10,7%, del Commercio (dall’1,8% al 3,5%), dell’Amministrazione pubblica (dal 9,1% del 2020 al 9,7% del 2021) e delle Attività manifatturiere (dal 3,1% al 3,8%).

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Fonte: INAIL

Decreto Ministeriale n.18 dell'08 febbraio 2022

ID 15711 | | Visite: 1233 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto Ministeriale n.18 dell'08 febbraio 2022

Sostituzione Coordinatore del tavolo tecnico per lo sviluppo ed il coordinamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP)

___

Articolo 1

1. Il dr. Gennaro Gaddi è designato, quale rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in seno al Tavolo tecnico per lo sviluppo e il coordinamento del sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), con funzioni di coordinatore, in sostituzione del dr. Romolo De Camillis.

...

Fonte: MLPS

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Decreto Ministeriale n.19 dell'08 febbraio 2022

ID 15702 | | Visite: 1548 | Decreti Sicurezza lavoro

D M  n  19 2022

DM n.19 dell'08 febbraio 2022 / Commissione consultiva permanente SSL

ID 15702 | 09.02.2022 / DM allegato

Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro - Aggiornamento composizione
...

Fonte: MLPS

Art. 6 - Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul Lavoro

1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro. La Commissione è composta da:

a) un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con funzioni di presidente;
b) un rappresentante del Ministero della salute;
c) un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
d) un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
e) un rappresentante del Ministero dell'interno;
f) un rappresentante del Ministero della difesa, un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca o un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica quando il Presidente della Commissione, ravvisando profili di specifica competenza, ne disponga la convocazione;
g) sei rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
h) sei esperti designati delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale;
i) sei esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale;
l) tre esperti in medicina del lavoro, igiene industriale e impiantistica industriale;
m) un rappresentante dell'ANMIL.
...

8. La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha il compito di:

a) esaminare i problemi applicativi della normativa di salute e sicurezza sul lavoro e formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente;
b) esprimere pareri sui piani annuali elaborati dal Comitato di cui all'articolo 5;
c) definire le attività di promozione e le azioni di prevenzione di cui all'articolo 11;
d) validare le buone prassi in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
...
segue in allegato

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Luoghi di lavoro e barriere architettoniche

ID 10078 | | Visite: 46062 | Documenti Riservati Sicurezza

Luoghi di lavoro e barriere architettoniche

Luoghi di lavoro e barriere architettoniche / Update 02.2022

ID 10078 | Rev. 1.0 2022 del 06.02.2022 / Documento allegato

Documento e riferimenti normativi sui luoghi di lavoro e lavoratori disabili, Inserirti testi consolidati con immagini di:

D.P.R. 24 luglio1996 n. 503

DM LLPP 14 giugno 1989 n. 236
_______

Ferma restando la competenza comunale in materia di barriere architettoniche, in merito ai soggetti disabili l’art. 63 del D.Lgs 81/08 stabilisce che:

D.Lgs 81/08
...
Titolo II Luoghi di lavoro

Art. 63 - Requisiti di salute e di sicurezza

1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV.

2. i luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili;

3. l’obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posti di lavoro utilizzati da lavoratori disabili;

4. la disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 01.01.1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l’utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
...

La Circolare del Ministero, del Lavoro (n. 102 del 07.08.1995) precisa che, ferma restando l’applicazione delle disposizioni concernenti l’abbattimento delle barriere architettoniche (DPR 503/96, L. 13/89, D.M. 236/89L. 104/92 e successive modifiche ed integrazioni), esse devono essere attuate solo nel caso in cui siano effettivamente presenti detti lavoratori.

Per gli edifici di nuova costruzione, dovranno essere rispettate le disposizioni concernenti l'abbattimento delle barriere architettoniche.

I requisiti edilizi richiesti per favorire la mobilità dei lavoratori con difficoltà motorie sono quelli riportati nella legge sul superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati; per gli edifici aperti al pubblico, in particolare, deve essere garantito il requisito dell’accessibilità.

In base a quanto disposto dall’art. 63, comma 4, D.Lgs. 81/08, per i posti di lavoro riguardanti sia le attività pubbliche che private, si avrà una doppia possibilità:

- per i posti di lavoro utilizzati prima del 01.01.1993: accessibilità parziale, riguardante cioè un’area limitata all’interno della quale si svolge l’attività del disabile, per consentirne la mobilità, nonché l’utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale, a meno che le norme legislative e regolamentari esistenti non prevedono disposizioni più restrittive (Circ. 22/06/1989 n. 1669/UL);

- per i posti di lavoro utilizzati dopo il 01/01/1993: accessibilità completa.
Quindi si ritiene opportuno che tutti i nuovi ambienti di lavoro siano realizzati garantendo in partenza l’adattabilità degli stessi in tempi successivi.

Se la struttura è aperta al pubblico, deve anche rispondere al requisito di visitabilità, intesa come un livello di accessibilità limitato ad una parte più o meno estesa dell’edificio o delle unità immobiliari, che consente comunque ogni tipo di relazione fondamentale anche alle persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale. Deve garantire l’accesso ad almeno un servizio igienico per ogni unità immobiliare (D.M. 236/89 art. 2, 3, 5.5).

Negli interventi di ristrutturazione si deve garantire il soddisfacimento di requisiti analoghi a quelli prescritti per la nuova edificazione, salvo il caso di dimostrata impossibilità tecnica connessa agli elementi strutturali ed impiantistici.

Per adattabilità si intende la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, mentre per accessibilità si intende la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità, di entrarvi agevolmente e di fruire di spazi ed attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza ed autonomia. (D.M. 236/89 art. 2).

L’accessibilità consente pertanto la totale fruizione nell’immediato, mentre la adattabilità rappresenta un livello ridotto di qualità, potenzialmente suscettibile, per originaria previsione progettuale, di trasformazione in livello di accessibilità; l’adattabilità è pertanto una accessibilità differita.

Ne consegue che, qualora sia necessario effettuare lavori di modifica gravosi o costosi (es. abbattimento di pareti, rifacimenti di impianti, ecc.), l'edificio o il singolo posto di lavoro potrebbero non configurarsi come adattabili. Devono inoltre essere accessibili gli edifici sedi di aziende o imprese soggette alla normativa sul collocamento obbligatorio, secondo le norme specifiche di cui al punto 4.5. (D.M. 236/89 art. 3.3 lettera c)

Nelle unità immobiliari sedi di attività aperte al pubblico, di superficie netta inferiore a mq. 250, il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se gli spazi di relazione nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta, sono accessibili. (D.M. 236/89 art. 3.4 lettera e)

Nei luoghi di lavoro sedi di attività non aperte al pubblico e non soggette alla normativa sul collocamento obbligatorio, è sufficiente che sia soddisfatto il solo requisito della adattabilità. (D.M. 236/89 art. 3.4 lettera f)

Negli edifici sedi di aziende o imprese soggette al collocamento obbligatorio il requisito della accessibilità si considera soddisfatto se sono accessibili tutti i settori produttivi, gli uffici amministrativi ed almeno un servizio igienico per ogni nucleo di servizi igienici previsto.

Deve essere sempre garantita la fruibilità delle mense, degli spogliatoi, dei luoghi ricreativi e di tutti i servizi di pertinenza. (D.M. 236/89 art. 4.5).

D.Lgs 81/08
...
Art. 63. Requisiti di salute e di sicurezza

1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili.
3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posi di lavoro utilizzati da lavoratori disabili.
4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
6. Comma abrogato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.

..

Decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236

Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche. (GU n. 145 del 23 giugno 1989 S.O. n. 47)

DM LL PP 14 giugno 1989 n  236   Tipo di prescrizioni
...

Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503
Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici
(GU n.227 del 27-9-1996 - S.O. n. 160)
...

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ICOH Report 2018-2021

ID 15693 | 07.02.2022

The current ICOH Triennium (2018 to 2022) started just after the very successful 32nd International Congress on Occupational Health (ICOH2018) held in Dublin, Ireland, for which we thank and congratulate the Congress President, Dr Martin Hogan, and his congress organizer committees. Little did we know at that time that the current triennium would be extended to four years and that many of the planned events for ICOH and its Scientific Committees, Working Groups and members would have to be indefinitely postponed or cancelled, and that so much of ICOH’s work would be done virtually as the ‘new normal’.

We live in unprecedented and challenging times. Our world is in turmoil, and the ways in which we live and work have changed forever during the course of the past two years.

The COVID-19 pandemic and all its health, economic and social impacts and ramifications have ironically brought the world closer together. Never before has there been such a united front in collaboration and sharing of lessons learned, knowledge and experience, as we all try to do our bit towards managing and eradicating the pandemic as quickly and effectively as possible.

There are probably very few workers and their families and communities worldwide who can say that they have not been affected by COVID-19. At international, regional and local levels, and across all sectors, organizations have mobilized their resources and skills to develop and/or share all they can about COVID-19 for the benefit of their workers, their families and their communities.

These include policies, legislation updates, technical guidance documents, training materials, official statements, risk assessment tools, standard operating procedures, action frameworks, vaccination protocols and mandates, and return-to-work guidelines.

Many organizations have dedicated COVID-19 resources on their websites, and have shared what they have learned though countless virtual information sessions such as webinars, symposia, conferences and workshops. ICOH has stepped up, as anticipated, and contributed to the ongoing global battle against the pandemic, and I would like to mention some iexamples.
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The International Commission on Occupational Health - ICOH

Dirigente sicurezza sul lavoro - Atto di nomina / Novità DL 146/2021

ID 15649 | | Visite: 14804 | Documenti Riservati Sicurezza

Dirigente per la sicurezza Atto di nomina Rev  0 0 2022

Dirigente per la sicurezza sul lavoro / Atto di nomina / Novità DL 146/2021

ID 15649 | 05.02.2022 / In allegato Documento completo e Modello atto nomina aggiornato (*)

Il DL n. 146/2021 (convertito / Legge 17 dicembre 2021 n. 215) ha apportato all'Art. 18 D.Lgs. 81/2008 (Obblighi del datore di lavoro e del dirigente) un'importante modifica riguardo agli obblighi del "dirigente per la sicurezza", inserendo il compito di individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’Art. 19 del D.Lgs. 81/2008.

Pur essendo una figura prevista dal D.Lgs. 81/2008, non esiste l'obbligo di nomina per il "dirigente sicurezza" (Art. 2).

Secondo il D.Lgs. 81/2008 la figura di "dirigente per la sicurezza" (Art. 2) ha poteri gerarchici e funzionali secondo le attribuzioni conferite Art. 18 c.1, (possibile delegato DL tramite di un atto di delega - Art. 16 Delega di funzioni D.Lgs. 81/2008).

L'eventuale atto di delega di funzioni al dirigente (es. c.2 Art. 18 Obblighi del Datore di lavoro delegabili) secondo le modalità di cui all'Art. 16, dovrà essere integrato, presumibilmente, con il nuovo obbligo.

(*) Attenzione:

Da valutare, di caso in caso, se sia sufficiente un semplice atto di nomina del "Dirigente per la sicurezza" ai sensi del D.Lgs. 81/2008 (Art. 2) come predisposto, oppure:

- se già è stato previsto ed inserito a livello contrattuale come "Dirigente per la sicurezza" ai sensi del D.Lgs. 81/2008;
- se è da adottare una attribuzione di poteri al Dirigente con specifico atto di Delega/Procura che può ricomprendere quanto previsto da eventuale delega di funzioni di cui all’Art. 16

Inoltre è da stabilire quali lettere del comma 1 siano oggetto o meno dell'atto di nomina (Delega/Procura).

Posizione di garante “Dirigente per la sicurezza” di fatto:

Art. 299 - Esercizio di fatto di poteri direttivi

1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) (dirigente / ndr) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.

Schema 1   Obblighi Dirigente per la sicurezza

Schema 1 - Obblighi Dirigente per la Sicurezza

In allegato si fornisce un modello di nomina o collegato a delega funzioni del dirigente sicurezza, alla luce delle modifiche apportate dal DL n. 146/2021 (convertito / Legge 17 dicembre 2021 n. 215) al D.lgs 81/2008 in tema di obblighi del dirigente, in formato .doc/pdf.

D.lgs 81/2008

Art. 18 - Obblighi del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:

a) nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto legislativo.
b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;
b-bis) individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’articolo 19. I contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo. Il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività; (7)
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente;
e) prendere le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione;
g) inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto;
g-bis) nei casi di sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41, comunicare tempestivamente al medico competente la cessazione del rapporto di lavoro;
h) adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37;
m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;
n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute;
o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche su supporto informatico come previsto dall'articolo 53, comma 5, nonché consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati di cui alla lettera r); il documento è consultato esclusivamente in azienda;
p) elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3 anche su supporto informatico come previsto dall'articolo 53, comma 5, e, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, consegnarne tempestivamente copia ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Il documento è consultato esclusivamente in azienda;
q) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio;
r) comunicare in via telematica all'INAIL e all'IPSEMA, nonché per loro tramite, al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro di cui all'articolo 8, entro 48 ore dalla ricezione del certificato medico, a fini statistici e informativi, i dati e le informazioni relativi agli infortuni sul lavoro che comportino l'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento e, a fini assicurativi, quelli relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni; l'obbligo di comunicazione degli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni si considera comunque assolto per mezzo della denuncia di cui all'articolo 53 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124; (1) (2)
s) consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle ipotesi di cui all'articolo 50; (5) (6)
t) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di pericolo grave e immediato, secondo le disposizioni di cui all'articolo 43. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti;
u) nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto, munire i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro; (3)
v) nelle unità produttive con più di 15 lavoratori, convocare la riunione periodica di cui all'articolo 35;
z) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione;
aa) comunicare in via telematica all'INAIL e all'IPSEMA, nonché per loro tramite, al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro di cui all'articolo 8, in caso di nuova elezione o designazione, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; in fase di prima applicazione l'obbligo di cui alla presente lettera riguarda i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori già eletti o designati;
bb) vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità.
1-bis. L'obbligo di cui alla lettera r) del comma 1, relativo alla comunicazione a fini statistici e informativi dei dati relativi agli infortuni che comportano l'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento, decorre dalla scadenza del termine di dodici mesi (4) dall'adozione del decreto di cui all'articolo 8, comma 4.

(Altri obblighi solo Datore di lavoro / ndr)

2. Il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle malattie professionali;
e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.

3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.

3.1. I dirigenti delle istituzioni scolastiche sono esentati da qualsiasi responsabilità civile, amministrativa e penale qualora abbiano tempestivamente richiesto gli interventi strutturali e di manutenzione di cui al comma 3, necessari per assicurare la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati, adottando le misure di carattere gestionale di propria competenza nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente. In ogni caso gli interventi relativi all’installazione degli impianti e alla loro verifica periodica e gli interventi strutturali e di manutenzione riferiti ad aree e spazi degli edifici non assegnati alle istituzioni scolastiche nonché ai vani e locali tecnici e ai tetti e sottotetti delle sedi delle istituzioni scolastiche restano a carico dell’amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione. Qualora i dirigenti, sulla base della valutazione svolta con la diligenza del buon padre di famiglia, rilevino la sussistenza di un pericolo grave e immediato, possono interdire parzialmente o totalmente l’utilizzo dei locali e degli edifici assegnati, nonché ordinarne l’evacuazione, dandone tempestiva comunicazione all’amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione, nonché alla competente autorità di pubblica sicurezza. Nei casi di cui al periodo precedente non si applicano gli articoli 331, 340 e 658 del codice penale. (8)

3.2. Per le sedi delle istituzioni scolastiche, la valutazione dei rischi strutturali degli edifici e l’individuazione delle misure necessarie a prevenirli sono di esclusiva competenza dell’amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione. Il documento di valutazione di cui al comma 2 è redatto dal dirigente dell’istituzione scolastica congiuntamente all’amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla fornitura e manutenzione degli edifici. Il Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con proprio decreto da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, stabilisce le modalità di valutazione congiunta dei rischi connessi agli edifici scolastici. (8)

3-bis. Il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti altresì a vigilare in ordine all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ferma restando l'esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti.

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(Note)
(1) Il Decreto legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito con modificazioni dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, ha disposto (con l'art. 4, comma 2) che le disposizioni di cui al comma 1, lettera r), del presente articolo, si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2009.
(2) Il Decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, ha disposto (con l'art. 32, comma 1) che le disposizioni di cui al comma 1, lettera r), del presente articolo 18, si applicano a decorrere dal 16 maggio 2009.
(3) La Legge 13 agosto 2010, n. 136, ha disposto (con l'art. 5, comma 1) che "La tessera di riconoscimento di cui all'articolo 18, comma 1, lettera u), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, deve contenere, oltre agli elementi ivi specificati, anche la data di assunzione e, in caso di subappalto, la relativa autorizzazione".
(4) La Legge 27 febbraio 2017, n. 19 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l'esercizio di deleghe legislative ha disposto nell'allegato la proroga del termine da sei a dodici mesi.
(5) Circolare INAIL 12 marzo 2009, n. 11: Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza: comunicazione nominativi
(6) Circolare INAIL 11 luglio 2018, n. 29 - Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza: comunicazione a cura delle Amministrazioni statali assicurate con la speciale forma della gestione per conto dello Stato.
(7) Lettera aggiunta dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021).
(8) Comma inserito dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021).

Nuovo Articolo Art. 18 del D.Lgs. n. 81/2008 – tavola concordanza

In rosso le modifiche apportate al TUS dal DL 146/2021

In azzurro le modifiche apportate dal TUS dalla L 215/2021 (conversione in legge con modificazioni del Dl 146/2021)

Tavola di concordanza

Tavola di concordanza art  18   Dirigente atto di nomina

[...] Segue in allegato

Il dirigente è la persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa.

 D.lgs 81/2008

Art. 2 - Definizioni

1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per:
[...]
d) "dirigente": persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa;

Secondo il D.Lgs. 81/2008 la figura di dirigente per la sicurezza ha poteri gerarchici e funzionali secondo le attribuzioni conferite Art. 18 c.1, (possibile delegato DL tramite di un atto di delega - Art. 16 Delega di funzioni D.Lgs. 81/2008).

L'eventuale atto di delega di funzioni al dirigente (es. c.2 Art. 18 Obblighi del Datore di lavoro delegabili) secondo le modalità di cui all'Art. 16, dovrà essere integrato, presumibilmente, con il nuovo obbligo.

Struttura atto di Delega (Vedi Art. 16):

- deve risultare da atto scritto recante data certa;
- deve attestare che il delegato è in possesso di tutti i requisiti professionali e dell'esperienza necessaria a ricoprire tale ruolo;
- deve attribuire al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
- deve attribuire al delegato il potere di spesa necessario;
- deve essere accettata dal delegato per iscritto.

La delega deve essere resa nota nell'ambito lavorativo, a tutti i lavoratori.

Modello nomina e delega funzioni 

Modello nomina dirigente 2022

D.lgs 81/2008

Art. 16 - Delega di funzioni

1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non espressamente esclusa, è ammessa con i seguenti limiti e condizioni:
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.

2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità.

3. La delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. L'obbligo di cui al primo periodo si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all'articolo 30, comma 4.

3-bis. Il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle medesime condizioni di cui ai commi 1 e 2.

La delega di funzioni di cui al primo periodo non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al delegante in ordine al corretto espletamento delle funzioni trasferite. Il soggetto al quale sia stata conferita la delega di cui al presente comma non può, a sua volta, delegare le funzioni delegate.

D.lgs 81/2008

Art. 299 - Esercizio di fatto di poteri direttivi

1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) (dirigente / ndr) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.

... Segue in allegato

Certifico Srl - IT | Rev. 0.0 2022
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Circolare MLPS 10 febbraio 2011 n. 3328

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Circolare MLPS 10 febbraio 2011 n. 3328

Lettera circolare in ordine alla approvazione della Procedura per la fornitura di calcestruzzo in cantiere

Oggetto: La Commissione Consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro di cui all’art. 6 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 come modificato e integrato dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, allo scopo di fornire, alle imprese esecutrici e alle imprese fornitrici di calcestruzzo preconfezionato, indicazioni operative relativamente a:

- Le informazioni da scambiarsi in materia di sicurezza dei lavoratori coinvolti nelle diverse fasi in cui si articola il rapporto fra il fornitore di calcestruzzo preconfezionato e l’impresa cliente;

- Le procedure a garanzia della sicurezza dei lavoratori coinvolti, a partire dal momento in cui vi sia la richiesta di fornitura di calcestruzzo da parte dell’impresa edile, fino alla consegna del prodotto nel cantiere di destinazione;

ha approvato nella riunione del 19 gennaio 2011, la seguente procedura per la fornitura di calcestruzzo in cantiere.
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segue in allegato

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Infor.MO | Infortuni in edilizia

ID 15655 | | Visite: 2151 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Informo edilizia 2022

Infor.MO, Infortuni in edilizia: caratteristiche, fattori causali, misure preventive

La scheda analizza gli infortuni avvenuti nel settore delle Costruzioni in termini di caratteristiche, dinamiche di accadimento e fattori causali registrati nella banca dati del sistema di sorveglianza nazionale degli infortuni mortali e gravi Informo.

Nel dettaglio, oltre a presentare indicatori di incidenza e gravità, vengono esaminate le caratteristiche dei fattori di rischio degli infortuni trattati, anche con riferimento alle più frequenti modalità di accadimento degli stessi. Sono poi indicate le principali misure di prevenzione e protezione da attuare per il contenimento e la riduzione del rischio infortunistico.

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Fonte: INAIL

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Linee indirizzo costruzione di impianti Atmosfera Controllata (AC)

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Linee indirizzo costruzione di impianti atmosfera controllata

Linee indirizzo costruzione di impianti Atmosfera Controllata (AC) 

Il Documento allegato è stato predisposto a partire dai rilievi e dagli approfondimenti tecnici condotti a seguito di un infortunio mortale occorso nel 2013, a Trento, ad un lavoratore addetto alla manutenzione degli impianti di una cella di conservazione di mele.

Nel Documento sono riportate

- le carenze riscontrate.

- le linee di indirizzo atte a migliorare gli standard di sicurezza degli impianti di conservazione della frutta.

I fatti

In Trentino nell’autunno 2013, all’interno di una cella di conservazione della frutta vuota, ha perso la vita per asfissia un manutentore intento, con un ponte mobile sviluppabile, alla manutenzione dell’impianto frigorifero. A seguito di questo infortunio mortale l’Autorità Giudiziaria di Trento ha disposto, con specifici decreti di ispezione, la verifica dello stato dell’arte organizzativo ed impiantistico dei magazzini di conservazione delle mele presenti sul territorio della Provincia Autonoma di Trento. Territorio nel quale notoriamente è rinomata e molto sviluppata la coltivazione delle mele.


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Per Atmosfera Controllata si intende la modificazione dell'aria atmosferica in un determinato ambiente, con miscele di gas diversamente combinati, per influire direttamente o indirettamente sulle sostanze ivi contenute.

Quindi, la composizione standard dell'atmosfera terrestre secca al suolo (azoto N2=78,1%; ossigeno O2=20,9%; anidride carbonica CO2=0,035%; argon Ar=0,9%; vari altri infinitesimali), viene alterata artificialmente per creare, all'interno di adeguati locali, nuove composizioni gassose tra N2-O2-CO2 che vengono controllate periodicamente con analizzatori elettronici di gas. A seconda degli scopi richiesti si progettano impianti con caratteristiche differenti ed anche diversamente composti.

Nel campo della conservazione di prodotti ortofrutticoli, lo scopo è di ridurre il metabolismo ed i processi di invecchiamento, per aumentare la vita dei prodotti e mantenerne il più a lungo e meglio possibile le qualità organolettiche (aspetto, sapore, consistenza ecc.).

Esistono diverse tipologie d’impianto per la conservazione della frutta che differiscono in funzione della specie di prodotto da conservare (mele, kiwi, lamponi, pere, drupacee, uva da tavola, ecc.).

Ai fini del presente documento viene presa in considerazione unicamente la tecnologia per la conservazione delle mele mantenute in celle con controllo della temperatura, della concentrazione dell’anidride carbonica e dell’ossigeno. L’ossigeno nelle celle viene infatti sostituito con pari volume di azoto e ridotto in concentrazione a valori dell’ordine di qualche unità percentuale.

In modo molto sintetico, una cella di conservazione della frutta si può schematizzare come un volume ermetico e isolato, anche termicamente, dal resto dell’ambiente, dotato in generale di due aperture: un portone per il carico e lo scarico della frutta da conservare e un “finestrino”, posto in alto, accessibile da un corridoio tecnico sovrapposto al corridoio di servizio, con funzioni di ispezione e di ventilazione della cella. Talvolta anche sul portone di accesso è presente un finestrino d’ispezione.

Termini ricorrenti specifici

Atmosfera controllata: tecnica di conservazione mirata ad evitare il contatto dell'ossigeno con la superficie dell'alimento realizzata mediante il controllo simultaneo in un determinato ambiente delle percentuali dei gas presenti nell'atmosfera (ossigeno, azoto e anidride carbonica), della temperatura e dell'umidità. In abbreviazione AC.

Valvola di non ritorno: valvola ad acqua o a clapet, applicata alle celle di conservazione per lo scarico della sovrappressione che si genera in fase di insufflaggio dell’azoto all’interno della cella di conservazione della frutta. (Fig. 1)

Valvola di non ritorno AC

Fig.1 Valvola di non ritorno

Pallone di compensazione: vaso di espansione della cella di conservazione costituito da una sacca in materiale plastico. Costituisce il polmone di compensazione del volume della cella al variare del volume dell’AC con la temperatura. Impedisce l’implosione della cella durante la fase di raffreddamento. (Fig. 2)

Pallone di compensazione AC

Fig.2 Pallone di compensazione

Portone: porta di accesso alla cella di conservazione attraverso il quale si effettuano le operazioni di carico e scarico della frutta con carrelli elevatori. Il portone deve garantire una perfetta chiusura ermetica della cella durante il periodo di conservazione. Può essere dotato di una apertura di dimensioni ridotte (finestrino).

Finestrino: apertura che consente l’accesso e il controllo visivo all’interno della cella. Nella pratica il finestrino realizzato sul portone di accesso è posto nella parte bassa del portone. L’altro finestrino è realizzato in quota, ed è generalmente posizionato in corrispondenza dei gruppi ventilanti installati nella cella. Entrambi devono garantire una perfetta chiusura ermetica della cella durante il periodo di conservazione. Il finestrino sul portone, in molti casi, è utilizzato per il prelievo di campioni di frutta durante il periodo della conservazione, ai fini del monitoraggio della qualità del prodotto. I campioni sono preliminarmente predisposti in prossimità del portone in fase di chiusura della cella prima dell’avvio del processo di conservazione. Mediante l’apertura del finestrino in quota, per effetto camino, si favorisce la ventilazione naturale del volume interno della cella a portone aperto.

Corridoio tecnico: ambiente normalmente sovrapposto ai corridoi di accesso alle celle, nel quale sono disposti gli impianti ed i macchinari di processo, quali ad esempio i generatori di azoto, gli assorbitori di anidride carbonica, i collettori di derivazione delle relative condutture, le valvole di sovrappressione. Dal corridoio tecnico generalmente sono accessibili anche i finestrini in quota delle celle.

Inquadramento normativo

Le celle per la conservazione delle mele sono ambienti in cui, durante il periodo di funzionamento in AC, è presente un’atmosfera sotto ossigenata e quindi a rischio di asfissia. In altre fasi le stesse celle – ma anche alcuni locali tecnici di servizio attigui – sono da considerarsi invece ambienti a sospetto d’inquinamento, quando non si possa escludere la presenza di un’adeguata ventilazione naturale atta a garantire l’esistenza di un’atmosfera respirabile e l’assenza di agenti chimici pericolosi al di sopra dei limiti di esposizione. L’eventuale accesso all’interno delle celle, effettuato solo in casi eccezionali, avviene attraverso i finestrini (aperture di dimensioni limitate).

Per tale motivo, in caso sia da prevedere (per qualsiasi ragione) l’accesso al volume interno della cella che si trovi in Atmosfera Controllata, trovano applicazione le previsioni del DPR 14 settembre 2011, n. 177 “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti, a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”.

Il sopracitato regolamento si applica ai lavori in ambienti sospetti di inquinamento di cui agli articoli 66 e 121 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e negli ambienti confinati di cui all'allegato IV, punto 3, del medesimo decreto legislativo. In particolare, l’art. 66 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Lavori in ambienti sospetti di inquinamento) stabilisce: “È vietato consentire l’accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l’assenza di pericolo per la vita e l’integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell’atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei.”

D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81
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Art. 66. Lavori in ambienti sospetti di inquinamento

1. È vietato consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l'assenza di pericolo per la vita e l'integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell'atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell'atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione.

L'apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l'agevole recupero di un lavoratore privo di sensi.

Il rischio di asfissia in celle con atmosfera controllata

In Trentino nell’autunno 2013, all’interno di una cella di conservazione della frutta vuota, ha perso la vita per asfissia un manutentore intento, con un ponte mobile sviluppabile, alla manutenzione dell’impianto frigorifero. A seguito di questo infortunio mortale l’Autorità Giudiziaria di Trento ha disposto, con specifici decreti di ispezione, la verifica dello stato dell’arte organizzativo ed impiantistico dei magazzini di conservazione delle mele presenti sul territorio della Provincia Autonoma di Trento. Territorio nel quale notoriamente è rinomata e molto sviluppata la coltivazione delle mele.

Durante i sopralluoghi effettuati è emersa una situazione impiantistica ed organizzativa omogenea, con strutture dotate di impianti di frigoconservazione, impianti di controllo del tenore di anidride carbonica e di impianti generatori di azoto per il controllo del tenore di ossigeno.

Detti impianti, nella maggioranza dei casi, nel loro funzionamento sono assoggettati a un sistema automatizzato di monitoraggio e di controllo dei parametri dell’atmosfera all’interno cella ai soli fini della conservazione. Durante il periodo di conservazione della frutta le celle sono chiuse a chiave con appositi lucchetti, la gestione delle chiavi è codificata e sui portoni di ingresso è ben evidente la cartellonistica di divieto di ingresso e di pericolo di asfissia. Le altre fasi di esercizio delle celle sono gestite con procedure organizzative, in particolare a fine ciclo di conservazione, le operazioni inerenti l’apertura e la bonifica delle celle prima dello svuotamento del prodotto per la sua successiva lavorazione e/o commercializzazione.

L'indagine ha permesso di accertare, infatti, che nella generalità dei casi la bonifica delle celle avviene a fine turno di lavorazione, mediante apertura manuale del portone di ingresso e del finestrino in quota. L’apertura viene effettuata, dopo aver disposto l’interdizione all’accesso di altre persone mediante il posizionamento di segnaletica ai lati del corridoio interessato, da parte di un operatore (frigorista) dotato di autorespiratore, che poi rapidamente abbandona i luoghi.

La bonifica si realizza così durante la notte, in assenza di personale, per autonomo deflusso dell’atmosfera presente all’interno della cella verso il corridoio tecnico, anche con l’ausilio dei ventilatori dell’impianto di refrigerazione avviati per rimescolare l’aria all’interno della cella. Se da un lato l’apertura e la bonifica di una cella avviene normalmente una volta all’anno, dall’altro lato, in questo contesto, in cui il personale opera in siti assimilabili a magazzini industriali, il numero di celle da gestire può anche superare le diverse decine.
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Carenze impiantistiche riscontrate

Alla luce di quanto sopra evidenziato, l'indagine svolta dai Tecnici della Prevenzione della U.O. Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dell’Azienda Sanitaria di Trento ha evidenziato importanti deficit di sicurezza negli impianti delle celle in AC e ha dato il via alla elaborazione delle necessarie misure preventive da adottare. La normativa italiana di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, nell’adozione da parte del datore di lavoro delle misure preventive, impone di scegliere prioritariamente soluzioni tecniche e, in subordine, l’assunzione di procedure organizzative.

Dal punto di vista impiantistico le soluzioni tecnologiche e di sicurezza per gestire le celle di conservazione in AC in modo da salvaguardare la salute e la sicurezza degli addetti sono risultate già disponibili sul mercato e commercialmente accessibili.

Negli impianti più recenti, infatti, per la bonifica dell’AC è ad esempio utilizzabile l’impianto in ciclo chiuso di assorbimento dell’anidride carbonica, in forma inversa, estraendo l’atmosfera a basso tenore di ossigeno e insufflando aria.

Gli impianti descritti, pur essendo impianti di processo, si ritiene debbano essere realizzati da soggetti aventi requisiti di idoneità tecnico professionale accertata, i quali al termine dei lavori debbano rilasciare una dichiarazione di conformità degli impianti realizzati alla regola dell’arte. In questo senso, si considera corretta l’applicazione a questa tipologia impiantistica del Decreto Ministeriale 22 gennaio 2008 n. 37, ricordando anche quanto precisato dal Ministero dello Sviluppo Economico, in data 24 luglio 2008, in risposta ad un quesito relativo all’installazione di impianti di frigoconservazione al servizio di supermercati.

Di seguito si elencano le principali carenze riscontrate:

 1.  Gli accessi alle celle non sono dotati di un sistema di sicurezza di rilevazione (sistema di controllo) e in prossimità degli stessi non sono presenti sistemi di segnalazione visivi e acustici, che avvisino i lavoratori dello “stato cella”, al fine di evitare l’ingresso in carenza di ossigeno e/o con condizioni di oggettiva irrespirabilità.

 2.  I lavoratori che operano l’apertura manuale delle celle in AC sono esposti al rischio di asfissia, in quanto in presenza di ventilazione limitata è possibile che si generino, all’esterno della cella, aree a basso tenore di ossigeno, dovute al deflusso dalla cella dell’AC in essa contenuta o da eventuali perdite dai circuiti.

 3.  L’impianto non è dotato di un sistema di sicurezza che impedisca di insufflare, anche involontariamente, a cella non in regime di AC, gas asfissianti (azoto) che modifichino la normale respirabilità, mettendo a rischio gli operatori che vi debbano accedere per qualsiasi ragione (es. deposito e prelievo frutta, manutenzioni, etc.).

 4.   Esposizione dei lavoratori al rischio di asfissia anche per operazioni saltuarie di prelievo, attraverso i finestrini, di campioni di frutta conservata.

 5.  Non è previsto un sistema di sicurezza tale da escludere, in qualsiasi situazione di lavoro, la presenza di sacche di gas per insufficiente bonifica della cella dall’atmosfera controllata ovvero il realizzarsi, per effetto del processo di respirazione del prodotto stoccato, di condizioni in carenza di ossigeno che possano compromettere la sicurezza dei lavoratori (anche la sola conservazione della frutta produce un lento consumo di ossigeno nella cella).

 6.  Le valvole di sovrappressione e lo scarico del gas dal generatore di azoto non hanno un sistema di convogliamento all’esterno dei gas asfissianti. − Non sono presenti o utilizzati, nelle altre parti dell’impianto, ove possono transitare o operare i lavoratori, apparecchi indicatori e avvisatori automatici atti a segnalare la possibile realizzazione di condizioni pericolose per basso tenore di ossigeno. 

 7.  Le tubazioni contenenti gas nocivi o pericolosi di diversa natura (es. azoto) non sono contrassegnate con distinta colorazione e/o indicazione del tipo di gas contenuto (es. nei corridoi e nei locali tecnici e in tutti gli altri luoghi in cui sono installati).

 8.   L’accesso per visionare le zone sopracelle, dove risultano collocati talvolta i palloni di compensazione o parti dell’impianto, per provvedere alla loro ispezione e/o manutenzione, risulta essere privo di un percorso idoneo che permetta di transitare e effettuare dette operazioni in sicurezza. Molte delle zone sopracella, infatti, non sono calpestabili o la loro portanza non è nota. 

 9.  L’impianto non possiede la dichiarazione di conformità e/o di rispondenza secondo quanto previsto dal Decreto Ministeriale 22 gennaio 2008 n. 37
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segue in allegato

CITSSL 2016

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​Decreto 27 dicembre 2021

ID 15782 | | Visite: 6024 | Decreti Sicurezza lavoro

 Decreto 27 dicembre 2021

Decreto 27 dicembre 2021 / Agenti biologici lavoro (ATP)

ID 15782 | 16.02.2022 / Decreto allegato (Pubblicazione sito MLPS 14 Febbraio 2022)

È stato adottato il Decreto del 27 dicembre 2021 del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, che recepisce la Direttiva n. 2019/1833/UE della Commissione del 24 ottobre 2019, che modifica gli allegati I, III, V e VI della Direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda gli adattamenti di ordine strettamente tecnico.

Il provvedimento prevede la sostituzione degli allegati XLIVXLVI e XLVII al Decreto legislativo n. 81 del 2008, aggiornandone il contenuto in conformità con le disposizioni introdotte dalla predetta Direttiva n. 2019/1833/UE.

(Comunicazione in GU n.43 del 21.02.2022)
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Art. 1 (Modifiche agli allegati XLIVXLVI e XLVII al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81)

1. Gli allegati XLIVXLVI e XLVII al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni sono sostituiti dagli allegati I, II e III del presente decreto.

2. Dall’applicazione del presente decreto non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Il presente decreto è inviato ai competenti organi di controllo, è pubblicato sul sito internet istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali all’indirizzo www.lavoro.gov.it - sezione pubblicità legale e ne viene dato avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
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ALLEGATO 1: ALLEGATO XLIV ELENCO ESEMPLIFICATIVO DIATTIVITA' LAVORATIVE CHE POSSONO COMPORTARE LA PRESENZA DI AGENTI BIOLOGICI
ALLEGATO 2: ALLEGATO XLVI ELENCO DEGLI AGENTI BIOLOGICI CLASSIFICATI
ALLEGATO 3: ALLEGATO XLVII INDICAZIONI SU MISURE E LIVELLI DI CONTENIMENTO
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segue in allegato

Vedi Note Decreto 27 Dicembre 2021

Decreto 27 12 2021   Agenti biologici TUS   Note

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Decreto 20 dicembre 2021

ID 15781 | | Visite: 5631 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto 20 dicembre 2021

Decreto 20 dicembre 2021 / Decreto DPI lavoro 2022 (ATP)

ID 15781 | 16.02.2022 / Decreto allegato (Pubblicazione sito MLPS 14 Febbraio 2022)

È stato adottato il Decreto del 20 dicembre 2021 del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, che recepisce la Direttiva n. 2019/1832/UE della Commissione del 24 ottobre 2019, recante modifica degli allegati I, II e III della direttiva 89/656/CEE del Consiglio per quanto riguarda adeguamenti di carattere strettamente tecnico.

Il provvedimento prevede la sostituzione dell’Allegato VIII al Decreto legislativo n. 81 del 2008, aggiornandone il contenuto in conformità con le disposizioni introdotte dalla predetta direttiva n. 2019/1832/UE.
 
(Comunicazione in GU n.43 del 21.02.2022)
________
 
Articolo 1 (Modifiche all’allegato VIII di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81)
 
1. L’allegato VIII al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 è sostituito dall’allegato I del presente decreto.
 
2. Dall’applicazione del presente decreto non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il presente decreto è trasmesso alla Corte dei conti per i controlli di competenza e pubblicato sul sito internet istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali all’indirizzo www.lavoro.gov.it - sezione pubblicità legale - e ne viene dato avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
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Protezione dei capelli
I lavoratori che operano o che transitano presso organi in rotazione presentanti pericoli di impigliamento dei capelli, o presso fiamme o materiali incandescenti, devono essere provvisti di appropriato dispositivo di protezione individuale (quale ad esempio cuffia di protezione, resistente e lavabile) che racchiuda i capelli in modo completo.
 
Protezione della testa
I lavoratori esposti a specifici pericoli di offesa al capo per caduta di materiali dall’alto o per contatti con elementi comunque pericolosi devono essere provvisti di appropriato dispositivo di protezione individuale per la protezione della testa. Parimenti, devono essere provvisti di appropriato dispositivo di protezione individuale per la protezione della testa i lavoratori che devono permanere, senza altra protezione, sotto l’azione prolungata dei raggi del sole.
 
Protezione degli occhi o del viso
I lavoratori esposti al pericolo di offesa agli occhi per proiezioni di schegge o di materiali roventi, caustici, corrosivi o comunque dannosi, devono essere muniti di appropriati dispositivi di protezione individuale quali ad esempio occhiali, visiere o schermi appropriati.
 
Protezione degli arti superiori
Nelle lavorazioni che presentano specifici pericoli di punture, tagli, abrasioni, ustioni, causticazioni alle mani o alle braccia, i lavoratori devono essere dotati di dispositivi di protezione individuale quali ad esempio guanti o altri appropriati mezzi dispositivi di protezione.
 
Protezione degli arti inferiori
Per la protezione degli arti inferiori nelle lavorazioni in cui esistono specifici pericoli di ustioni, di causticazione, di punture o di schiacciamento, i lavoratori devono essere provvisti di dispositivi di protezione individuali resistenti ed adatte alla particolare natura del rischio. Tali calzature devono potersi sfilare rapidamente.
 
Protezione delle altre parti del corpo
Qualora sia necessario proteggere talune parti del corpo contro rischi particolari, i lavoratori devono avere a disposizione idonei dispositivi di protezione individuale, quali ad esempio schermi adeguati, tute, scafandri, grembiuli, pettorali, gambali o ghette, etc.
[...]
 
1. SCHEMA INDICATIVO PER L'INVENTARIO DEI RISCHI IN RELAZIONE ALLE PARTI DEL CORPO DA PROTEGGERE CON DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
2. ELENCO INDICATIVO E NON ESAURIENTE DELLE TIPOLOGIE DI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE IN RELAZIONE AI RISCHI DAI QUALI PROTEGGONO
3. ELENCO INDICATIVO E NON ESAURIENTE DELLE ATTIVITÀ E DEI SETTORI DI ATTIVITÀ PER I QUALI PUÒ RENDERSI NECESSARIO METTERE A DISPOSIZIONE DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
4. INDICAZIONI NON ESAURIENTI PER LA VALUTAZIONE DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
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segue in allegato

Linee operative organizzazione pulizia e mantenimento efficienza indumenti DPI

ID 15763 | | Visite: 3462 | Documenti Sicurezza Enti

Linee operative organizzazione pulizia e mantenimentoefficienza DPI

Linee operative organizzazione pulizia e mantenimento efficienza di indumenti DPI

ID 15763 | Buona Prassi validata MLPS 2012

In materia di pulizia e mantenimento dello stato di efficienza degli indumenti di lavoro DPI, si ritiene opportuno richiamare parte di quanto riportato nella Circolare n. 34 del 29 aprile 1999 del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale.
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Con le linee guida elaborate in collaborazione con i ministeri del Lavoro, della salute e l’Ispesl, le parti sociali Assosistema e Femca cisl, filtea cgil, uilta uil hanno inteso offrire alle imprese tutte le informazione di base per una corretta fornitura e manutenzione dei dispositivi di protezione individuale.

In materia di pulizia e mantenimento dello stato di efficienza degli indumenti di lavoro DPI, si ritiene opportuno richiamare parte di quanto riportato nella Circolare n. 34 del 29 aprile 1999 del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale:

In via generale, qualora gli indumenti sono o possano essere contaminati da agenti chimici, cancerogeni o biologici, nel caso che si provveda alla loro pulizia all’interno dell’azienda, il datore di lavoro dovrà tener conto dei rischi connessi con la manipolazione ed il trattamento di tali indumenti da parte dei lavoratori addetti e pertanto dovrà applicare le stesse misure di protezione adottate nel processo lavorativo; se viceversa, si sceglie un’impresa esterna, il datore di lavoro, come già ricordato, responsabile delle buone condizioni igieniche e dell’efficienza di tali DPI, efficienza che un’errata pulizia potrebbe pregiudicare, deve preventivamente assicurarsi che l’impresa stessa abbia i requisiti tecnici professionali sufficienti allo scopo e curare che tali indumenti vengano consegnati opportunamente imballati, ed evitare i rischi di contaminazione esterna.

Introduzione
1. Requisiti dei DPI
2. Pulizia e mantenimento dello stato di efficienza dei DPI
2.1. Riferimenti normativi
2.2. Obblighi del Datore di Lavoro (DL)
2.3. Strumenti per una gestione efficace del processo di pulizia degli indumenti DPI
2.3.1. Addestramento di personale dedicato
2.3.1.1. Processo di pulizia interno all’azienda
Check list di verifica delle fasi di manipolazione dei DPI
2.3.1.2. Processo di pulizia affidato a ditte esterne
2.3.2. Obiettivi del Datore di Lavoro
3. Attività di vigilanza
4. Orientamenti giurisprudenziali in tema di lavaggio degli indumenti DPI
Riferimenti normativi

Linea guida validata "Buona Prassi" MLPS 2012
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D.Lgs. 81/2008 / Buone Prassi
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Art. 2 Definizioni

v) "buone prassi": soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi e il miglioramento delle condizioni di lavoro, elaborate e raccolte dalle regioni, dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli -Organismi paritetici- di cui all'articolo 51, validate dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, previa istruttoria tecnica dell'ISPESL, che provvede a assicurarne la più ampia diffusione;
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Art. 6 Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro
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8. La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha il compito di:

a) esaminare i problemi applicativi della normativa di salute e sicurezza sul lavoro e formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente;
b) esprimere pareri sui piani annuali elaborati dal Comitato di cui all'articolo 5;
c) definire le attività di promozione e le azioni di prevenzione di cui all'articolo 11
d) validare le buone prassi in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
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DPR 13 febbraio 1964 n. 185

ID 15760 | | Visite: 1566 | Decreti Sicurezza lavoro

DPR 13 febbraio 1964 n. 185

Sicurezza degli impianti e protezione sanitaria dei lavoratori e delle popolazioni contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti derivanti dall'impiego pacifico dell'energia nucleare.

(GU n.95 del 16.04.1964 - SO)

Abrogato da: D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230

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Requisiti docenti formazione addetti antincendio - Decreto 2 Settembre 2021 / Schema di lettura

ID 14884 | | Visite: 20907 | Documenti Riservati Sicurezza

Requisiti docenti formazione addetti antincendio Decreto 2 Settembre 2021

Requisiti docenti formazione addetti antincendio - Decreto 2 Settembre 2021 / Schema di lettura 2021/2022

ID 14884 | 05.11.2021 / Documento completo allegato

Il Documento allegato illustra con schemi specifici, i requisiti per i docenti dei corsi di formazione e aggiornamento degli addetti antincendio, in accordo con il Decreto 2 Settembre 2021 (GSA Antincendio). Previsti requisiti specifici per:

- docenti parte teorica e pratica
- docenti parte teorica
- docenti parte pratica

Alla data di entrata in vigore del presente decreto (04.10.2022), si ritengono già qualificati i docenti che possiedono una documentata esperienza come formatori in materia teorica antincendio di almeno cinque anni con un minimo di quattrocento ore all’anno di docenza (Art. 6 c. 4).

Docenti formatori già qualificati se:

Alla data di entrata in vigore del Decreto 2 Settembre 2021 (04.10.2022), si ritengono già qualificati i docenti che possiedono una documentata esperienza come formatori in materia teorica antincendio di:

- almeno cinque anni
- con un minimo di quattrocento ore all’anno di docenza (Art. 6 c. 4)
.

Decreto 2 Settembre 2021

Art. 6. Requisiti dei docenti

1. I docenti dei corsi di formazione ed aggiornamento degli addetti antincendio sono abilitati ad effettuare le docenze se in possesso dei requisiti di seguito indicati.

2. I docenti della parte teorica e della parte pratica devono aver conseguito almeno il diploma di scuola secondaria di secondo grado ed essere in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti:
a) documentata esperienza di almeno novanta ore come docenti in materia antincendio, sia in ambito teorico che in ambito pratico, alla data di entrata in vigore del presente decreto;
b) avere frequentato con esito positivo un corso di formazione per docenti teorico/pratici di tipo A erogato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell’art. 26 -bis del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, secondo le modalità definite nell’allegato V, che costituisce parte integrante del presente decreto;
c) essere iscritti negli elenchi del Ministero dell’interno di cui all’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 e aver frequentato, con esito positivo, un corso di formazione per docenti di cui al comma 5, lettera b) del presente articolo, limitatamente al modulo 10 di esercitazioni pratiche;
d) rientrare tra il personale cessato dal servizio nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che ha prestato servizio per almeno dieci anni nei ruoli operativi dei dirigenti e dei direttivi, dei direttivi aggiunti, degli ispettori antincendi nonché dei corrispondenti ruoli speciali ad esaurimento.

3. I docenti della sola parte teorica devono aver conseguito almeno il diploma di scuola secondaria di secondo grado ed essere in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti:
- documentata esperienza di almeno novanta ore come docenti in materia antincendio, in ambito teorico, alla data di entrata in vigore del presente decreto;
- avere frequentato con esito positivo un corso di formazione di tipo B per docenti teorici erogato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell’art. 26 -bis del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, secondo le modalità definite nell’allegato V, che costituisce parte integrante del presente decreto;
- iscrizione negli elenchi del Ministero dell’interno di cui all’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139;
- rientrare tra il personale cessato dal servizio nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che ha prestato servizio per almeno dieci anni nei ruoli operativi dei dirigenti e dei direttivi, dei direttivi aggiunti, degli ispettori antincendi nonché dei corrispondenti ruoli speciali ad esaurimento.

4. Alla data di entrata in vigore del presente decreto, si ritengono qualificati i docenti che possiedono una documentata esperienza come formatori in materia teorica antincendio di almeno cinque anni con un minimo di quattrocento ore all’anno di docenza.

5. I docenti della sola parte pratica devono essere in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti:
a) documentata esperienza di almeno novanta ore come docenti in materia antincendio, in ambito pratico, svolte alla data di entrata in vigore del presente decreto;
b) avere frequentato con esito positivo un corso di formazione di tipo C per docenti pratici erogato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell’art. 26 -bis del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, secondo le modalità definite all’allegato V;
c) rientrare tra il personale cessato dal servizio nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che ha prestato servizio nel ruolo dei capi reparto e dei capi squadra per almeno dieci anni.

6. I docenti frequentano specifici corsi di aggiornamento con cadenza almeno quinquennale, secondo quanto previsto nell’allegato V.

7. I docenti esibiscono, su richiesta dell’organo di vigilanza, la documentazione attestante i requisiti di cui al presente articolo o dichiarazione sostitutiva resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

Requisiti docenti formazione addetti antincendio Decreto 2 Settembre 2021   Schema 0
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Requisiti docenti formazione addetti antincendio Decreto 2 Settembre 2021   Schema 2

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segue in allegato

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 4450 | 08 Febbraio 2022

ID 15726 | | Visite: 1506 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 dell'08 febbraio 2022 n. 4450

Ustioni durante il travaso dell'acido nitrico. Omesso periodico controllo della consistenza delle manichette utilizzate e utilizzazione di una tuta inidonea

Penale Sent. Sez. 4 Num. 4450 Anno 2022
Presidente: DOVERE SALVATORE
Relatore: ESPOSITO ALDO
Data Udienza: 05/10/2021

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 6 luglio 2009, il Tribunale di Vicenza aveva condannato F.F. alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi due di reclusione e al risarcimento dei danni in favore della parte civile, con assegnazione di provvisionale di euro 20.000 provvisoriamente esecutiva oltre interessi legali e alla rifusione delle spese di costituzione in giudizio, in relazione al reato di lesioni personali colpose gravi di cui all'art. 590, commi primo e secondo, cod. pen. per avere cagionato - per colpa generica nonché per effetto della violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro sotto specificate, nella sua veste di datore di lavoro quale legale rappresentante della Unichimica s.r.l., incaricato con delega alla prevenzione degli infortuni, consentendo ai dipendenti l'utilizzo di manichette per il travaso dell'acido nitrico alla concentrazione del 65%, pericolose perché prive dei necessari requisiti di resistenza chimica nei confronti dell'aggressività dell'acido ed in assenza di misure che ne garantissero il buono stato di conservazione, cagionato all'operaio J.P. - intento a riempire dei fusti mediante una manichetta di travaso che si rivelava bucata - lesioni personali (causticazione arto inferiore sx ed in piccola parte anche all'addome) della durata di oltre 40 giorni di malattia, dovute alle ustioni riportate dal predetto operaio a seguito del contatto con l'acido nitrico - con l'aggravante di avere commesso il fatto con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni - in violazione dell'art. 374, comma 2, d.P.R. n. 547 del 1955 per avere mantenuto in funzione in azienda manichette di travaso pericolose, in quanto prive dei necessari requisiti di resistenza chimica nei confronti dell'aggressività dell'acido ed in assenza di misure che ne garantissero il buono stato di conservazione - in Torri di Quartesolo (VI) il 26 luglio 2005.
La Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del F.F. per intervenuta prescrizione e ha confermato le statuizioni civili.
In base alla ricostruzione dei fatti, lo J.P. e il suo collega B.A. erano intenti a travasare acido nitrico, in assenza di apposite cautele, quando vedevano fuoriuscire dalla manichetta di plastica, che era bucata, detto liquido, che attingeva entrambi, quanto alla persona offesa ustionandola sulla gamba e sull'addome, in quanto indossava un indumento inidoneo a proteggerlo dall'effetto corrosivo dell'acido e, diversamente dal collega, non provvedeva tempestivamente a detergere le parti nude del corpo interessate alla contaminazione e a togliere la tuta. C.F., autista che assisteva all'incidente, e il B.A., anch'esso infortunato, confermavano tali circostanze.
L'isp. Zanin Franco dello Spisal evidenziava le seguenti problematiche: a) l'esigenza di un esame tecnico trimestrale (e non semestrale come previsto dal datore di lavoro) della resistenza del materiale di composizione delle manichette all'effetto corrosivo dell'acido nitrico, al fine da poterle sostituire prima di cagionare danni (quali quelli verificatisi); b) la non resistenza all'acido nitrico delle manichette usate - in materiale resinoso siglato EPR - come emergente dalle tabelle allegate al prodotto dal fabbricante; c) l'omesso uso di una tuta resistente all'aggressione appartenente alla terza categoria da parte della persona offesa, più protettiva di quella di seconda categoria indossata dal lavoratore. A suo avviso, la qualificazione con indice 2 delle manichette non costituiva proprio la soluzione ottimale; a differenza della tuta indossata di seconda categoria, quella di terza categoria avrebbe potuto essere resistente rispetto ad un travaso di acido con una concentrazione pari a 65%. Precisava altresì che l'azienda aveva già a disposizione tale indumento di terza categoria, adottato per il travaso dell'acido fluoridico; conseguentemente aveva ritenuto di prescrivere anche per l'attività di travaso dell'acido nitrico a concentrazione pari a 65% la tipologia di indumenti di terza categoria (testimonianza di Zanin e verbale di prescrizione formulata ai sensi dell'art. 43, comma terzo, d.lgs. n. 626 del 1994, ai sensi dell'art. 21, comma 1, d.lgs. n. 758 del 1994, documento prodotto in udienza dal P.M.).
E' stata esclusa la rilevanza del comportamento dello J.P., che, in quanto" spaventato", non aveva dismesso immediatamente gli abiti intrisi di acido e non aveva provveduto ad un lavaggio ed alle cure adeguate, a differenza del compagno di lavoro che, grazie a tali precauzioni, non aveva riportato lesioni (i testi B.A. e C.F. riferivano che l'infortunato si era lavato con la tuta addosso). Il J.P. comunque si era recato in bagno nell'immediatezza e si era cambiato.
2. Il F.F., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo sei motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen..
Si deduce la mancanza di correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza.
Contrariamente a quanto riportato nella sentenza impugnata, il capo di imputazione escludeva espressamente l'inidoneità dei mezzi di protezione individuali forniti (tuta), violazione pur originariamente oggetto di prescrizione ex art. 20, comma 1, d. lgs. n. 758 del 1994 impartita dallo Spisal. Tale fattore non poteva essere considerato a posteriori, al fine di sostenere il giudizio di colpevolezza dell'imputato, che poteva semmai riferirsi solo a fatti e comportamenti diversi (rispetto alla colpa specifica espressamente contestata nel capo di imputazione relativa alle "manichette" utilizzate) e mai considerati e/o valutati e/o non emergenti dagli atti processuali precedenti la formalizzazione del capo di imputazione. La mutazione del fatto storico descritto nel capo di imputazione e dei contenuti essenziali dell'addebito aveva determinato la nullità della sentenza.
2.2. Vizio di motivazione in relazione alla non ritenuta interruzione del nesso causale per il grave comportamento colposo dello J.P., posto in essere in violazione delle prescrizioni in materia di sicurezza, integrante interruzione del nesso causale; vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta impossibilità di paragonare la posizione dello J.P. con quella del collega B.A. per asserita mancata individuazione delle zone in cui il B.A. era stato investito dall'acido.
Si rileva che l'istruttoria svolta aveva consentito di individuare le parti del corpo del B.A. investite dall'acido travasato nonché di dimostrare la conformità del suo comportamento alle prescrizioni ricevute - svestizione immediata della tuta e lavaggio della propria persona con l'acqua - con ciò rimanendo illeso. Le due posizioni erano quindi paragonabili.
Le conseguenze subite dallo J.P., infatti, derivavano esclusivamente dall'ingiustificata violazione, da parte sua, di tali procedure e la sua condotta disattenta integrava l'interruzione del nesso di causalità tra la condotta ed i danni lamentati. La tuta indossata dal B.A. e dallo J.P. in occasione dell'infortunio era di tessuto marinara Meraklon, certificata CE ed idonea a proteggere il corpo dell'utilizzatore dallo sversamento di acido ritardandone il passaggio.
Le suindicate rigorose procedure in materia di utilizzo dei dispositivi di sicurezza individuale e di gestione di eventuali sversamenti di acido adottate in azienda erano state rispettate. Tali circostanze risultavano comprovate dalla documentazione depositata dalla difesa e dalle dichiarazioni dell'isp. Zanin, il quale aveva dato espressamente atto di aver accertato e verificato che l'azienda aveva adottato ed applicato rigorose procedure nel sistema di gestione della sicurezza ex d. l.vo n. 334 del 1999 in ordine ai comportamenti da adottare in ipotesi di sversamento di acidi, in ordine alle modalità operative dei travasi e sull'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. Lo Zanin specificava, altresì, che l'azienda aveva svolto attività di informazione e formazione degli addetti, compreso lo J.P., con idonei corsi formativi.
La produzione difensiva dimostrava le numerose riunioni di formazione effettuate dall'azienda, alle quali partecipava lo J.P. che firmava il relativo registro di presenza, concernente, tra l'altro, i dispositivi di protezione individuale (DPI) da utilizzare, il modo d'uso e le procedure di travaso e la bonifica delle manichette.
Anche le prove orali, e nello specifico la testimonianza resa dallo J.P., confermavano tale specifica informazione e formazione in capo al medesimo, che riconosceva la circostanza e confermava le proprie firme nei verbali delle relative riunioni. Dalle risultanze istruttorie si evincevano le zone nelle quali il B.A. era stato investito dall'acido e segnatamente le parti intime e le cosce, ed il fatto che lo stesso B.A., rispettando le semplici procedure di sicurezza in essere in azienda, si era immediatamente tolto la tuta e lavato con abbondante acqua con ciò non riportando nessuna lesione. Nella sentenza, peraltro, non sono neppure indicati i punti nei quali lo J.P. era stato investito dall'acido.
2.3. Vizio di motivazione e contraddittorietà o manifesta illogicità della sentenza nella parte in cui si è ritenuta la tuta utilizzata dallo J.P. inidonea a proteggere il lavoratore. Erronea applicazione degli artt. 2087 cod. civ. e 2697 cod. civ..
Si rileva che la tuta fornita al J.P., essendo idonea a ritardare il passaggio dell'acido travasato, permetteva l'espletamento dell'operazione di travaso dell'acido e di proteggere il lavoratore in caso di sversamento della sostanza, ritardandone il passaggio. Il J.P. era stato informato e formato circa la natura e gli effetti ritardanti della tuta in dotazione anche in relazione alle specifiche procedure di sicurezza da adottare in ipotesi di sversamento.
Il datore di lavoro, quindi, aveva correttamente adempiuto ai propri obblighi, mettendo a disposizione del lavoratore DPI idonei ed informandolo relativamente alle loro caratteristiche e al loro uso. La violazione da parte dello J.P. delle prescrizioni in materia di sicurezza era gravemente colpevole, essendo egli stato preventivamente edotto sulla natura e sull'utilizzo dei DPI nonché sulle semplici procedure da adottare in ipotesi di sversamento.
Alla luce dell'esiguità dello sversamento (piccolissimo foro sulla manichetta), della diversa condotta tenuta dal collega B.A. e della spontaneità e naturalezza, oltre che specifica formazione, di un'operazione come quella di togliersi la tuta imbevuta di acido, era infondato quanto dedotto nella sentenza impugnata circa il presunto "spavento" dello J.P..
Lo J.P. avrebbe potuto evitare le conseguenze lesive se avesse agito come il B.A., che, attuando le semplici procedure di sicurezza, evitava qualsivoglia conseguenza pregiudizievole rimanendo illeso.
2.4. Vizio di motivazione laddove la sentenza ha ritenuto la manichetta utilizzata in materiale XLPE inidonea al travaso, richiamando erroneamente la tabella di resistenza chimica in atti e la testimonianza dell'ispettore Spisal dr. Zanin il quale diversamente da quanto indicato in sentenza aveva espressamente riconosciuto l'idoneità della manichetta in XLPE al passaggio dell'acido di cui è causa. Mancanza e erroneità ed illogicità della sentenza in relazione alla testimonianza del dr. Zanin e della documentazione in atti (tabella resistenza chimica manichette), totalmente equivocate e distorte dalla Corte di appello.
Si deduce che, riconosciuto che la sentenza di primo grado aveva errato nell'individuare la manichetta utilizzata in EBR per il travaso dai signori J.P. e B.A., la Corte di appello ha ritenuto adoperata la diversa manichetta in XLPE, ma l'ha comunque ritenuta assolutamente inidonea.
Al contrario, il compendio probatorio dimostrava che la manichetta utilizzata del tipo CHEM super Top in polietilene XLPE, di colore verde, era idonea a resistere al passaggio dell'acido nitrico. L'istruttoria svolta dalla Corte territoriale ha riguardato la manichetta in EBR erroneamente considerata in primo grado e solo in secondo grado ritenuta non dimostrata a favore di quella effettivamente utilizzata in XLPE; le prescrizioni impartite dallo Spisal, a seguito dell'infortunio in questione, come anche indicato nel capo di imputazione, non imponevano l'utilizzo di specifiche manichette con resistenza, limitandosi ad affermare quanto segue: "art. 374 comma 2 del d.P.R. n. 547/55 in quanto le manichette predisposte per il travaso dell'acido nitrico con concentrazione al 65% non possedevano i necessari requisiti di resistenza chimica e non erano state adottate misure per assicurarne un buono stato di conservazione e di efficienza".
Tali prescrizioni si riferivano innanzitutto alle diverse manichette in EPR erroneamente considerate utilizzate in occasione dell'infortunio e, in ogni caso, le stesse prescrizioni non imponevano l'utilizzo di manichette con classificazione di resistenza, limitandosi a rilevare semplicemente che quelle in EPR non possedevano i necessari requisiti di resistenza chimica.
La Corte di appello ha travisato la testimonianza dell'isp. Zanin dello Spisal. Egli, infatti, come emergente dalla stessa tabella di resistenza chimica richiamata, riferiva che la manichetta in XLPE era di livello massimo e che non esistevano alternative al suo utilizzo.
La Corte di merito ha omesso la motivazione in ordine alle misure adottate dall'azienda per garantire il buono stato di conservazione della manichetta e non ha considerato che la manichetta in XLPE utilizzata nello specifico era nuova, ancora avvolta dal nylon e che la fuoriuscita dell'acido era dipesa da un minuscolo forellino della manichetta stessa, accadimento verificabile con qualsiasi tipo di manichetta, anche con quelle con resistenza chimica di grado 1.
2.5. Inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 2697 cod. civ. in tema di onere della prova sul danno lamentato dalla parte civile, e 1227 cod. civ. sul concorso del fatto colposo del danneggiato ai fini delle statuizioni civili adottate; errata applicazione dell'art. 539 cod. proc. pen. e mancanza di prova e motivazione sui presupposti in punto an e quantum per la concessione della provvisionale nella misura di euro 20.000; contraddittorietà e manifesta illogicità della sentenza risultante dal provvedimento impugnato e dagli atti del processo per mancanza del nesso causale tra condotta colpevole dello J.P. e lesioni lamentate; mancanza di prova dell'esistenza ed entità in punto an e quantum delle lesioni lamentate.
Si osserva che l'incidente verificatosi ai danni del B.A., investito dall'acido nelle cosce e parti intime e rimasto illeso in quanto aveva rispettato le procedure di sicurezza aziendali, era paragonabile a quello subito dal J.P., unico responsabile delle lesioni da lui stesso patite. Se lo J.P. avesse osservato il medesimo comportamento del B.A., avrebbe impedito l'evento dannoso evitando conseguenze lesive. Egli, peraltro, inescusabilmente, il giorno dell'infortunio non si recava presso il pronto soccorso, così determinando e/o aggravando le asserite conseguenze dannose.
Nella sentenza impugnata sono stati erroneamente ritenuti dimostrati i presupposti per la concessione della provvisionale, l'esistenza e l'entità delle lesioni invocate dallo J.P.. Non v'era prova, infatti, delle lesioni asseritamente patite, anche in relazione alla "ricaduta" del 6 gennaio 2006 (menisco del ginocchio sinistro) dopo la ripresa dell'attività lavorativa e sicuramente estranea all'infortunio in oggetto, come riconosciuto dal soggetto passivo in sede di esame in udienza.
La prova dell'esistenza e dell'entità delle lesioni invocate dallo J.P. è stata dedotta da un certificato Inail del 18 gennaio 2007, atto amministrativo (e non medico) tuttavia inutilizzabile ai fini della decisione sulle statuizioni civili, mentre mancavano un certificato del pronto soccorso e altri certificati medici in atti.
Il richiamo apodittico a "spese per farmaci" per giustificare le statuizioni civili era manifestamente indimostrato. Si trattava di esborsi per poche centinaia di euro rappresentate per lo più da scontrini fiscali privi di indicazioni del farmaco oggetto della spesa e non riconducibili allo J.P. e tanto meno ai fatti in questione. Altre ridotte spese riguardavano farmaci sconosciuti, non ricollegabili alle indimostrate lesioni invocate dallo J.P. (ad esempio, quella relativa ad una visita allergologica).
3. Con nota del 6 settembre 2021 la parte civile J.P. ha chiesto la condanna del ricorrente al risarcimento dei danni fisici, morali e materiali, quantificabili in euro €. 83.062,13 oltre interessi e rivalutazione o nella diversa somma che si riterrà di giustizia, con il ristoro di ogni spesa ed esborso a seguito dei fatti per cui si procede.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato.
2. Il primo motivo di ricorso, con cui si contesta la violazione del principio di cor­ relazione tra accusa e sentenza, è manifestamente infondato.
Sul punto occorre dar seguito al condivisibile orientamento di questa Corte, che ha escluso in simili fattispecie concrete la violazione del principio di correlazione di cui all'art. 521, comma 1, cod. proc. pen., secondo cui per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051; Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205619); ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza per­ ché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Sez. U., n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264438, Golfarini, Rv. 269666).
L'esigenza sottesa a una tale lettura del principio di correlazione fra accusa e sentenza consiste nell'impedire, che attraverso rivendicazioni meramente formalistiche, l'imputato, abusando delle sue garanzie, pur posto in condizione di difendersi dall'ipotesi accusatoria, si trinceri dietro la non esatta corrispondenza letterale dell'espressione descrittiva del fatto.
Discorso diverso va svolto ove la descrizione dell'accadimento, visto in tutte le sue componenti, per il quale il soggetto viene condannato, venga a trovarsi in rapporto d'incompatibilità, eterogeneità o eccentricità, rispetto alla primigenia accusa, in quanto, pur avendo avuto l'imputato ovvio accesso a tutta la massa del materiale processuale utilizzabile, la sua difesa risulta essersi concentrata sul fatto siccome descritto nel capo d'imputazione, costituente specifica e precipua rappresentazione della vicenda di vita addebitata (Sez. 1, n. 28877 del 04/06/2013, Colletti, Rv. 256785).
Nel caso in esame, il Tribunale aveva condannato il F.F. per aver dotato il lavoratore di una manichetta deteriorata e non sostituita tempestivamente, fatto non espressamente contestato nel capo di imputazione.
Non è, tuttavia, neppure immaginabile un vulnus difensivo, in quanto la tematica in questione formava oggetto di trattazione nel corso dell'istruttoria dibattimentale, era poi ampiamente illustrata nella sentenza di primo grado e costituiva esplicitamente motivo di appello poi esaminato dalla Corte di appello.
L'affermazione di responsabilità penale, pertanto, non aveva trovato fondamento nell'accertamento di condotte illecite incompatibili, o anche solo eterogenee od eccentriche con quel che la difesa poteva ragionevolmente attendersi dal materiale processuale; l'imputato ha del resto potuto sul punto muovere le sue osservazioni critiche anche con il proposto ricorso, così escludendosi la sorpresa nella condanna intervenuta (Sez. 6, n. 422 del 19/11/2019, dep. 2020, Petittoni, Rv. 278093; Sez. 5, n. 19380 del 12/02/2018, Adinolfi, Rv. 273204).
3. Sono infondati il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, da trattare congiuntamente in quanto tutti inerenti all'affermazione di responsabilità del F.F..
Occorre preliminarmente porre in risalto che, nel corso del giudizio, si è progressivamente realizzata una sorta di mutamento dell'oggetto del rimprovero rispetto all'originaria imputazione, anche se, come sopra esposto nel paragrafo precedente, ciò non determinava un difetto di correlazione tra accusa e sentenza.
Nel capo di imputazione si contesta che il datore di lavoro aveva consentito ai lavoratori l'utilizzo di manichette per il travaso dell'acido nitrico alla concentrazione del 65%, pericolose a causa della mancanza dei necessari requisiti di resistenza chimica nei confronti dell'aggressività dell'acido ed in assenza di misure idonee a garantire il buono stato di conservazione, e ciò si era concretamente manifestato nella bucatura della manichetta di travaso in plastica.
Alla luce di quanto emerso nel corso dell'istruttoria dibattimentale, il Tribunale ha individuato i seguenti profili di addebito al F.F.; a) l'omesso periodico controllo della consistenza delle manichette adottate, suscettibili per l'effetto del decorso del tempo di perdere la propria capacità di resistenza all'intenso effetto corrosivo dell'acido nitrico; b) l'utilizzazione di una tuta di seconda categoria destinata ad una protezione intermedia e non alla protezione dall'acido nitrico, per la quale sarebbe stata necessaria una tuta di terza categoria; c) il mancato rispetto della prescrizione dello Spisal, che prevedeva la sostituzione delle manichette dopo tre mesi e non dopo sei mesi;
d) l'esistenza di fori nelle manichette di travaso in plastica.
La Corte territoriale ha evidenziato la fondatezza del rilievo difensivo inerente all'idoneità delle manichette messe a disposizione del lavoratore, in quanto esso censurava dichiarazioni da ritenere inutilizzabili per violazione degli artt. 62 e 63 cod. proc. pen. (per il divieto di testimoniare dell'Isp. Zanin su dichiarazioni rese dal F.F. che doveva essere sentito con le garanzie di legge).
In ogni caso, la Corte di merito ha comunque riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro, osservando che, anche a voler accedere alla tesi difensiva di una qualità superiore delle manichette (polietilene della tipologia XLPE), in realtà esse erano inidonee alla classificazione 1 (valutata di livello massimo dall'Isp. Zanin), bensì dovevano essere considerate di resistenza chimica 2, cioè suscettibili di "qual­ che attacco limitare l'esposizione".
Inoltre, nella sentenza impugnata si è riaffermata la tesi della minore protezione determinata dalla tuta di seconda categoria adoperata dalla persona offesa, in luogo di quella di terza categoria, che avrebbe potuto essere resistente rispetto ad un travaso di acido con concentrazione pari al 65%, per cui non poteva riconoscersi un'idoneità assoluta delle manichette. In proposito, l'ispettore Zanin dava altresì atto della disponibilità nell'azienda di tale indumento di terza categoria, che già era in uso ai fini del travaso dell'acido fluoridico; conseguentemente, aveva ritenuto di prescrivere anche per attività di travaso dell'acido nitrico a concentrazione pari a 65% la tipologia di indumenti di terza categoria (testimonianza dell'Isp. Zanin e verbale di prescrizione formulata ai sensi dell'art. 43, comma terzo, d.lgs. n. 626 del 1994, ai sensi dell'art. 21, comma 1, d.lgs. n. 758 del 1994, documento prodotto in udienza dal pubblico ministero).
Secondo la Corte territoriale, stante l'utilizzazione di uno strumento di lavoro, che non garantiva in maniera assoluta la sicurezza del travaso, proprio in relazione all'elevatissima concentrazione dell'acido nitrico versato, il F.F. avrebbe dovuto fornire dei mezzi di protezione individuali adeguati.
Sul datore di lavoro, infatti, grava l'obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i dipendenti che debbano utilizzare macchinari sofisticati e di adottare tutti i più moderni strumenti offerti dalla tecnologia, al fine di garantire la sicurezza dei medesimi, sempre che il pericolo sia riconoscibile con l'ordinaria diligenza (Sez. 4, n. 41147 del 27/10/2021, Favaretto, Rv. 282065; Sez. 4, n. 1184 del 03/10/2018, dep. 2019, Motta Pelli s.r.l., Rv. 275114).
Nella fattispecie, pertanto, correttamente, la formazione e l'informazione del lavoratore sono state ritenute insufficienti ad esonerare il datore di lavoro dalla responsabilità.
La responsabilità del F.F., peraltro, è stata riconosciuta in ragione del mancato espletamento di un esame tecnico trimestrale (e non semestrale come verificatosi nel caso in esame) della resistenza del materiale di composizione delle manichette all'effetto corrosivo dell'acido nitrico, nonostante la specifica diversa prescrizione dello Spisal, al fine da poterle sostituire prima del verificarsi dei danni.
Contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, la Corte di appello ha ben rappresentato il nesso causale tra le suesposte condotte omissive del datore di lavoro e l'infortunio.
3.1. Relativamente alle censure riguardanti il comportamento asseritamente abnorme ed esorbitante dello J.P., la Corte territoriale, con motivazione lineare e coerente, ha ritenuto attendibile la spiegazione fornita dal lavoratore, che aveva dichiarato di essersi spaventato per l'accaduto e di non aver inizialmente seguito la precauzione di togliersi la tuta (salvo provvedervi subito dopo in bagno, come esposto anche dal B.A.).
L'assunto del giudice d'appello è corretto e conforme al principio più volte affermato dalla Corte di legittimità in materia di infortuni sul lavoro, secondo cui il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222); nello stesso senso, si è affermato che, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa, Rv. 269603).
Pertanto, in tema di causalità, la colpa del lavoratore, concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica ascritta al datore di lavoro ovvero al destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, esime questi ultimi dalle loro responsabilità solo allorquando il comportamento anomalo del primo sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore (Sez. 4, n. 16397 del 05/03/2015, Guida, Rv. 263386).
A ciò deve aggiungersi che la condotta imprudente o negligente del lavoratore, in presenza di evidenti criticità del sistema di tutela approntato dal datore di lavoro, non potrà mai spiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza. Tali disposizioni, infatti, sono dirette a difendere il lavoratore anche da incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo, il datore di lavoro, prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli (Sez. 4, n. 10265 del 17/01/2017, Meda, Rv. 269255; Sez. 4 n. 22813 del 21/4/2015, Palazzolo, Rv. 263497).
Orbene, in base ai principi richiamati, come altresì evidenziato in maniera appropriata dalla Corte territoriale, è impossibile inquadrare nell'ambito delle condotte connotate da abnormità ed esorbitanza il comportamento del lavoratore infortunato, in quanto attuato in un ambito non avulso dal procedimento lavorativo a cui era stato addetto.
In ordine alla prevedibilità delle circostanze che hanno determinato l'evento lesivo del lavoratore, i giudici di merito, affermando la non eccentricità e la non imprevedibilità del comportamento del lavoratore, hanno evidenziato come la condotta dell'infortunato costituisse una comprensibile reazione all'accadimento improvviso.
4. Il quinto motivo di ricorso, con cui si deduce il difetto di motivazione in ordine al riconoscimento e alla quantificazione della provvisionale, è manifestamente infondato.
La Corte veneta ha ampiamente ed esaurientemente esposto le ragioni della non assimilabilità tra le posizioni dei due lavoratori, non essendo stato possibile verificare in quali zone e con quale ampiezza il B.A. fosse stato investito dall'acido, al fine di poter ascrivere la responsabilità esclusiva - o quantomeno parziale - dell'episodio lesivo allo J.P..
Occorre poi sottolineare che la condotta imprudente dello J.P. era stata tratteggiata in termini analoghi nelle due sentenze di merito, che entrambe evidenziavano la sua errata decisione dell'omessa dismissione della tuta, per cui non emergeva una differenza sostanziale di valutazione dell'incidenza causale del suo comportamento nella produzione dell'evento lesivo.
In ogni caso, persino se si intendesse rinvenire una diversità tra le due decisioni di merito, la diminuzione in sede di gravame della misura dell'apporto della parte tenuta a corrispondere la provvisionale non comporta una proporzionale riduzione della provvisionale medesima, trattandosi, infatti, di pronuncia discrezionale ed insindacabile, che non esige una circostanziata motivazione (Sez. 4, n. 34867 del 16/03/2017, Ruggiero, non massimata).
In ogni caso, non è possibile prospettare dinanzi a questa Corte questioni in ordine all'entità stabilita, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa, non suscettibile di passare in giudicato e non necessariamente motivata (Sez. 3, n. 18663 del 27/01/2015, D.G., Rv. 263486; Sez. 6, n. 50746 del 14/10/2014, P.C. e G., Rv. 261536).
Non sussistono, peraltro, ragioni giuridiche per negare rilievo probatorio alla certificazione Inail, attestante l'entità dell' infortunio .
5. Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 cod. proc. pen.) e al rimborso delle spese del presente giudizio di legittimità, da liquidare, alla luce della relativa complessità delle questioni trattate, nell'importo di euro 3.000 oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione a J.P. delle spese di questo giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 5 ottobre 2021.

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Allegato riservato Cassazione Penale Sez. 4 dell'08 febbraio 2022 n. 4450.pdf
 
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Regolamento delegato (UE) 2022/184

ID 15724 | | Visite: 1135 | Legislazione Sicurezza UE

Regolamento delegato (UE) 2022/184

Regolamento delegato (UE) 2022/184 della Commissione del 22 novembre 2021 che modifica l’allegato IV della direttiva (UE) 2017/2397 del Parlamento europeo e del Consiglio

GU L 30/3 dell' 11.2.2022

...

Articolo 1

L’allegato IV della direttiva (UE) 2017/2397 è sostituito dal testo che figura nell’allegato del presente regolamento.

[...]

Collegati

Decreto Ministeriale n. 20 dell'08 Febbraio 2022

ID 15715 | | Visite: 3045 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto Ministeriale n 20 2022

Decreto Ministeriale n.20 dell'08 Febbraio 2022 / Costituzione Commissione per gli interpelli

ID 15715 | 10.02.2022 / In allegato DM

Decreto Ministeriale n.20 dell'08 Febbraio 2022  - Commissione per gli interpelli - costituzione

______

Articolo 1

1. Ai sensi dell’articolo 12 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni è costituita, presso la Direzione generale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, la Commissione per gli interpelli.

Articolo 2

1. La Commissione è così composta per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali

- dr.ssa Maria Teresa Palatucci;
- ing. Claudia Mancuso per il Ministero della salute
- dr.ssa Maria Giuseppina Lecce;
- dr. Paolo Rossi per le regioni e le province autonome
- dr.ssa Mara Bernardini - Regione Emilia-Romagna;
- dr. Roberto Zanelli - Regione Piemonte;
- dr. Bernardo Perazzi - Regione Toscana;
- dr. Giorgio Miscetti - Regione Umbria.

Articolo 3

1. Le funzioni di segreteria della Commissione sono assicurate dal personale in servizio presso la Direzione generale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Articolo 4

1. La Commissione svolge la sua attività per un quinquennio, a decorrere dalla data del presente decreto.

Articolo 5

1. Le modalità di funzionamento della Commissione sono stabilite con apposito regolamento approvato dalla Commissione stessa a maggioranza assoluta.

Articolo 6

1. La Commissione opera senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

2. Ai suoi componenti, ad eventuali rappresentanti di altre Amministrazioni pubbliche invitate a partecipare e ai segretari non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennità di missione.

...

D.lgs 81/2008

Art. 12 - Interpello

1. Gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali, gli enti pubblici nazionali, le regioni e le province autonome, nonché, di propria iniziativa o su segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i consigli nazionali degli ordini o collegi professionali, possono inoltrare alla Commissione per gli interpelli di cui al comma 2, esclusivamente tramite posta elettronica, quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro. (1)(2)

2. Presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali è istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la Commissione per gli interpelli composta da due rappresentanti del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, da due rappresentanti del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e da quattro rappresentanti delle regioni e delle province autonome. Qualora la materia oggetto di interpello investa competenze di altre amministrazioni pubbliche la Commissione è integrata con rappresentanti delle stesse. Ai componenti della Commissione non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennità di missione.

3. Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1 costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l'esercizio delle attività di vigilanza.

(Nota)
(1) Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Decreto direttoriale 28 settembre 2011 - Costituzione della Commissione per gli Interpelli
(2) Comma modificato dall'art. 20, comma 1 lett. d del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

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Lavoratori autonomi e TUS: Obblighi e Check controllo

ID 4920 | | Visite: 135085 | Documenti Riservati Sicurezza

Lavoratori autonomi e TUS Rev  1 0 2022

Lavoratori autonomi e TUS: Tutti gli Obblighi e Check controllo / Rev. 1.0 2022

ID 4920 | Rev. 1.0 del 31.01.2022 / Documento completo in allegato 

Il documento allegato illustra gli Obblighi dei Lavoratori autonomi d'interesse per i Datori di lavoro e i Lavoratori autonomi stessi, sono presenti estratti dal D.Lgs. 81/2008 per quanto riguarda tutti gli obblighi, quesito MLPS del 14 settembre 2012, Sentenze della Corte di Cassazione ed una check di controllo.

Update Rev. 1.0 del 31 gennaio 2022

- Decreto-Legge 21 ottobre 2021 n. 146 Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili (in GU n.252 del 21.10.2021) convertito con modificazioni in Legge 17 dicembre 2021 n. 215 (in GU n.301 del 20.12.2021).
- Nota INL 11 gennaio 2022 n. 29 - Art. 13, decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146 conv. da Legge 17 dicembre 2021 n. 215 - obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali.
- Nota INL 27 gennaio n. 109 2022 - Obbligo comunicazione INL lavoratori autonomi occasionali - ulteriori chiarimenti

Il Documento, con la Check finale, intende rispondere a comuni domande sulla sicurezza dei lavoratori autonomi, ad esempio:

- Quali sono gli obblighi dei lavoratori autonomi?
- Che documenti devono produrre i lavoratori autonomi?
- I lavoratori autonomi devono redigere il POS?

Excursus

Il lavoratore autonomo è “colui che si obbliga a compiere un’opera o un servizio con lavoro proprio e senza vincoli di subordinazione con il committente”.

E nel lavoro autonomo “l’oggetto della prestazione non consiste quindi in un ‘facere’ cioè nella messa a disposizione di energie lavorative che saranno utilizzate secondo le direttive del datore di lavoro, come avviene invece nel lavoro subordinato, ma consiste nella produzione, con mezzi propri e piena autonoma organizzazione, di un opus.

Il lavoratore autonomo assume quindi una obbligazione di risultato, garantendo il raggiungimento di determinati obiettivi con piena discrezionalità in merito ai tempi, luoghi e modalità della prestazione”.

E quindi caratteristiche fondamentali quindi del lavoratore autonomo “sono l’autonomia della realizzazione del lavoro ed il rischio di impresa”.
Lavoratore autonomo e impresa individuale

Il lavoratore autonomo di cui al 2222 del cod. civ. e impresa individuale senza dipendenti non sono la stessa cosa, i primi ad esempio non han alcun obbligo di iscrizione alle Camera di Commercio, mentre i secondi si come tutti i "piccoli imprenditori" di cui al 2083 del Cod. Civ. (la cui definizione è esattamente quanto riportato nell'incipit dell'art. 21 del Dlgs 81/2008) ma sono evidentemente equiparati.

L'art. 89 dell'81/2008 che dice "lavoratore autonomo: persona fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell’opera senza vincolo di subordinazione".
Una impresa individuale senza dipendenti si applica il solo art. 21 perché nei limiti dell'applicazione del titolo IV è un lavoratore autonomo.

D.Lgs. 81/2008 Art. 21 Disposizioni relative ai componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi

1. I componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell'articolo 2222 del codice civile, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti devono:
a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III;
b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;
c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.(1)
2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di:
a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;
b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali.
-------------
(1) La Legge 13 agosto 2010, n. 136, ha disposto (con l'art. 5, comma 1) che " [...] Nel caso di lavoratori autonomi, la tessera di riconoscimento di cui all'articolo 21, comma 1, lettera c), del citato decreto legislativo n. 81 del 2008 deve contenere anche l'indicazione del committente."

D.Lgs. 81/2008 Art. 26. Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione

1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo:

a) verifica, con le modalità previste dal decreto di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), l'idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione.

Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo che precede, la verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità:

1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato;
2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445;

b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

....

D.Lgs. 81/2008 Art. 89

...

d) lavoratore autonomo: persona fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell'opera senza vincolo di subordinazione;


 Attenzione! Non confondere il lavoratore autonomo con la ditta o impresa individuale.

Il lavoratore autonomo non ha personale dipendente. La ditta o impresa individuale fa capo a un solo soggetto, che è l’unico responsabile della gestione imprenditoriale e, a differenza del lavoratore autonomo, può avere dipendenti.

Se il titolare gestisce con la collaborazione dei propri familiari si parla di impresa familiare.

In entrambi i casi, ditta o impresa individuale e/o impresa familiare, il titolare datore di lavoro soggiace agli obblighi previsti per il datore di lavoro.


E' ritenuta non regolare la posizione di due o più lavoratori autonomi che si “associano di fatto” per eseguire un lavoro che a sua volta viene svolto senza rispettare la reciproca autonomia oppure che uno solo assume l’obbligazione contrattuale mentre gli altri operano con vincolo di subordinazione nei suoi confronti. 

 

 I lavoratori autonomi non devono redigere il POS

D.Lgs. 81/2008 Art. 89 Definizioni
...
h) piano operativo di sicurezza: il documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti sono riportati nell'allegato XV;

E' obbligatorio redigere il POS -Piano Operativo di Sicurezza- per il datore di lavoro di un’impresa affidataria anche nel caso in cui questa operi da sola nel cantiere o in cui si tratti di impresa familiare o di impresa con meno di dieci addetti. 
...

D.Lgs. 81/2008 Art. 96. Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

1. I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti:
...
g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 89, comma 1, lettera h).
...

Se in un cantiere c’è un CSE, Coordinatore della Sicurezza per l’Esecuzione, designato dal committente, nel cantiere in cui il lavoratore autonomo si trova ad operare, ricevuto il PSC -Piano di sicurezza e coordinamento- si deve adeguare alle sue prescrizioni.

I lavoratori autonomi non hanno l'obbligo di redigere il POS.

...

Lavoratori autonomi occasionali - Preventiva comunicazione all'Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio

La L. n. 215/2021, di conversione del D.L. n. 146/2021, ha introdotto a far data dal 21 dicembre 2021 un nuovo obbligo di comunicazione finalizzato a “svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive” nell'impiego di lavoratori autonomi occasionali.

In particolare, al comma 1 dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008 – come modificato dall’art. 13 del D.L. n. 146/2021 definitivamente convertito dalla L. n. 215/2021 – si prevede che: “con riferimento all'attività dei lavoratori autonomi occasionali, al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell'utilizzo di tale tipologia contrattuale, l'avvio dell'attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all'Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica. Si applicano le modalità operative di cui all'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124”.

D.Lgs. n. 81/2008

Art. 14 Provvedimenti degli organi di vigilanza per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori

1. Ferme restando le attribuzioni previste dagli articoli 20 e 21, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, al fine di far cessare il pericolo per la salute (1) e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il lavoro irregolare, l'Ispettorato nazionale del lavoro adotta un provvedimento di sospensione, quando riscontra che almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell'accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ovvero inquadrato come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste dalla normativa (1), nonché, a prescindere dal settore di intervento, in caso di gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro di cui all'Allegato I. Con riferimento all’attività dei lavoratori autonomi occasionali, al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell’utilizzo di tale tipologia contrattuale, l’avvio dell’attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica. (2)(3)

Si applicano le modalità operative di cui all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 (1). Il provvedimento di sospensione è adottato in relazione alla parte dell'attività imprenditoriale interessata dalle violazioni o, alternativamente, dell'attività lavorati a prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni di cui ai numeri 3 e 6 dell'Allegato I. Unitamente al provvedimento di sospensione l'Ispettorato nazionale del lavoro può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro.
[...]
Note
(1) Modifiche apportate dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021)
(2) Nota INL 11 gennaio 2022 n. 29 - Art. 13, decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146 conv. da Legge 17 dicembre 2021 n. 215 - obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali.
(3) Nota INL 27 gennaio n. 109 2022 - Obbligo comunicazione INL lavoratori autonomi occasionali - ulteriori chiarimenti

Sicurezza lavoratori autonomi: Risposte a quesiti MLPS.

I lavoratori autonomi sono obbligati a redigere il Documento di valutazione dei rischi (DVR) ai sensi dell’articolo 28 del d.lgs. 9 aprile 2008, n.81?
(Quesito del 14 settembre 2012)

A riscontro di quanto richiesto, si evidenzia che l’articolo 21 del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i., (di seguito T.U.), stabilisce che i componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230- bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell’art. 2222 del codice civile, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti, soggiacciono all’obbligo di utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III, munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni del medesimo Titolo III e munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità (ma quest’ultimo obbligo è previsto solo nell’ipotesi in cui effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto).

L’articolo 21, al comma 2, poi, prevede la facoltà degli stessi soggetti, in relazione ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico, di beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni dell’art. 41 del T.U. (fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali) e partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo quanto previsto dall’articolo 37 del T.U. (anche in tal caso fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali).

Alla luce delle considerazioni su esposte ed in risposta al quesito formulato, si evidenzia che i soggetti su menzionati non saranno obbligati a redigere il documento di valutazione dei rischi, atteso che tale obbligo incombe unicamente in capo a chi riveste la qualifica di datore di lavoro.

NB: tenere presente che per le tutte le società, i soci operanti sono equiparati ai lavoratori e quindi sussistono tutti gli obblighi del T.U. compreso il DVR. 

Sentenze:

Cassazione Penale, Sez. IV, 27 agosto 2014 n. 36268
...

Cassazione Civile 11 giugno 2012 n. 9441


...
Lavoratori autonomi TUS 00

[...] Segue in allegato

Elaborato Certifico Srl - IT | Rev. 1.0 2022
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Matrice Revisioni

Rev. Data Oggetto Autore
1.0 01.2022 Decreto-Legge 21 ottobre 2021 n. 146 convertito con modificazioni in Legge 17 dicembre 2021 n. 215 (in GU n.301 del 20.12.2021).
Nota INL 11 gennaio 2022 n. 29
Nota INL 27 gennaio n. 109 2022
Certifico Srl
0.0 11.2017 --- Certifico Srl

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Check list antincendio luoghi di lavoro

ID 13368 | | Visite: 12051 | Prevenzione Incendi

Check list luoghi di lavoro 2021

Check list antincendio luoghi di lavoro (di lavoratori anche con disabilità)

ID 13368 | 20.04.2021 / In allegato Check list .doc/pdf

Aggiornamento programmato:

La check list sarà aggiornata, in tempo utile, ai Decreti di Prevenzione Incendi luoghi di lavoro 2021 che sostituiscono, dal 25 Settembre al 29 Ottobre 2022, il decreto del Ministro dell’interno del 10 marzo 1998:

Decreto 1 settembre 2021 (Entrata in vigore: 25.09.2022)
Decreto 2 settembre 2021 (Entrata in vigore: 04.10.2022)
Decreto 3 settembre 2021
 (Entrata in vigore: 29.10.2022)

Con la Lettera Circolare VVF prot. n. P880/4122 sott. 54/3C del 18 agosto 2006 “La sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili: strumento di verifica e controllo (check-list)”, è stata predisposta una check list antincendio di tutte le persone (ed in particolare di quelle con disabilità). 

I riferimenti della Check list sono stati attualizzati al D.Lgs. 81/2008 e norme tecniche antincendio 2021.

Questa lista di controllo (check-list) è stata elaborata per proporre uno strumento operativo finalizzato ad individuare gli elementi significativi per la sicurezza di tutte le persone (ed in particolare di quelle con disabilità) nei luoghi di lavoro. L’obiettivo è far emergere le condizioni di criticità a cui contrapporre concrete soluzioni tecniche in applicazione alla Circolare del Ministero dell’Interno n. 4 del 1 marzo 2002. La check-list non pretende di risultare esaustiva per ogni realtà, in quanto ambienti e spazi particolarmente ampi, complessi ed articolati, possono presentare criticità non rilevabili sempre in modo agevole. In tali circostanze dovranno essere utilizzati i concetti di fondo prescrittivi e prestazionali contenuti nella Circolare citata. Il documento è stato elaborato dal Gruppo di lavoro sulla sicurezza delle persone con disabilità, istituito dal Ministero dell’Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, del quale fanno parte tecnici e rappresentanti di associazioni di persone con disabilità.

STRUTTURA DELLA CHECK-LIST

La check-list è stata organizzata considerando la sequenza delle azioni che dovrebbero essere svolte da ciascun individuo coinvolto in una situazione di emergenza, dal momento in cui viene percepito l’allarme fino al raggiungimento del luogo sicuro. Per ciascuna di queste azioni vengono quindi proposte specifiche domande di verifica delle caratteristiche quantitative e/o qualitative degli elementi edilizi ed impiantistici del luogo di lavoro che, interagendo direttamente con le azioni connesse all’esodo, ne possono conseguentemente determinare anche l’efficacia. Le possibili risposte (terza colonna, voce “verifica”) sono: 9 NO, quando la domanda non risulta soddisfatta 9 SI, quando la domanda risulta soddisfatta 9 NP, quando la domanda non risulta pertinente con l’ambiente considerato. Nel caso in cui i requisiti considerati non siano riscontrati positivamente, viene proposta una possibile soluzione di supporto alla pianificazione delle integrazioni (edilizie ed impiantistiche) che si rendono necessarie. L’ultima colonna (voce “Fonti) considera l’eventuale riferimento normativo, in mancanza del quale la prestazione richiesta deve intendersi come “criterio di buona tecnica”.

Domande e soluzioni possibili interessano le seguenti voci:

A. Percezione dell’allarme
B. Orientamento durante l’esodo
C. Mobilità negli spazi interni

Estratto Check list

Check list antincendio luoghi di lavoro 00
...
segue in allegato

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Gestione in sicurezza di suoli contaminati da amianto di origine antropica

ID 15699 | | Visite: 2379 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Gestione in sicurezza suoli contaminati amianto

Gestione in sicurezza di suoli contaminati da amianto di origine antropica

INAIL 2022

Le attività di caratterizzazione, campionamento, gestione del suolo contaminato e relative analisi non risultano ancora sufficientemente normate. Il suolo può risultare contaminato da amianto sia a causa di attività antropiche inquinanti che di processi naturali di disgregazione di Pietre verdi.

L’interazione con tali suoli può contribuire alla loro alterazione e contaminazione con l’amianto. Considerando l’elevato numero di aree con suoli contaminati da amianto, si comprende quanto la loro gestione in sicurezza rivesta un suolo strategico per la riqualificazione del territorio, il recupero di uso del suolo in aree compromesse e risparmi economici. E’ stato dunque predisposto il presente volume che indica le modalità operative in campo volte ad evitare esposizioni indebite.

...

Indice
Le attività dell’Inail Dit sul rischio amianto
Introduzione
Contesto di riferimento
1. Quadro normativo
2. La gestione di suoli contaminati da amianto di origine antropica
3. Iter procedurale da adottare per suoli/terreni con concentrazioni di amianto potenzialmente basse (caso C)
3.1 Flow-chart 1A
3.1 Flow-chart 1B
3.2 Flow-chart 2
3.3 Flow-chart 3
3.4 Flow-chart 4
4. Procedure di sicurezza, dispositivi di protezione, controlli
4.1 Suoli/terreni con contaminazione accertata > ai valori limiti normativi (casi A e B)
4.2 Suoli/terreni con concentrazioni di amianto potenzialmente basse (caso C)
5. Conclusioni
Allegato 1
Relazione utilizzata per il calcolo del peso del campione rappresentativo del lotto considerato, in funzione della dimensione massima dei grani presenti nel suolo/terreno
Allegato 2
Linee guida generali da adottare per la corretta gestione delle attività di bonifica da amianto nei siti di interesse nazionale (sin)
Allegato 3
Gruppo di studio del ministero della salute per la ricerca delle fibre asbestiformi nelle acque e nei suoli dei siti inquinati da attività antropiche
Frequently asked questions (Faq)
Riferimenti normativi
Ringraziamenti
Bibliografia
Riferimenti alle immagini
Elenco degli acronimi

Fonte: INAIL

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Testo Unico Sicurezza D.Lgs. 81/2008 - 02.2022

ID 15691 | | Visite: 9187 | Testo Unico Sicurezza

Dlgs81 08 2020

Testo Unico Sicurezza D.Lgs. 81/2008 - 02.2022

Decreto legislativo 81/2008 in materia salute e sicurezza nei luoghi di lavoro - Ed. 02.2022 (07 Febbraio 2022)

Disponibile il testo coordinato MLPS nell'edizione Febbraio 2022. 

Download TUS Ed. 02.2022

Novità in questa versione:

Corretti alcuni refusi agli artt. 8, 13, comma 4, 14, commi, 1, 7, 9 e 10 e 19;
Inserito il Decreto Ministeriale n. 61 del 23/05/2018 di recepimento dello strumento di supporto, rivolto alle micro, piccole e medie imprese, per la valutazione dei rischi sviluppato secondo il prototipo europeo OiRA, dedicato al settore “Uffici”;
Inserita Nota per evidenziare che dal 12 marzo 2021, a conclusione di un periodo di transizione di tre anni dalla pubblicazione, la norma UNI ISO 45001:2018 ha sostituito la BS OHSAS 18001:2007, come unico riferimento per la certificazione dei sistemi di gestione per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
Inserita Nota alla circolare INAIL n. 44/2020 del 11/12/2020 riguardante la comunicazione INAIL del 27/12/2021, sulla proroga dei termini della sorveglianza sanitaria eccezionale;
Inserita la lettera circolare INL prot. n. 29 del 11/01/2022 ad oggetto “art. 13, D.L. n. 146/2021 conv. da L. n. 215/2021 – obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali”;
Inserita la Nota INL prot. n. 109 del 27/01/2022 ad oggetto “art. 13, D.L. n. 146/2021 conv. da L. n. 215/2021 – obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali – ulteriori chiarimenti”;
Sostituito il Decreto Direttoriale n. 65 del 26 ottobre 2021 con il Decreto Direttoriale n. 1 del 13 gennaio 2022 – Ventinovesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11.
Inserita la Nota INL prot. n. 151 del 02/02/2022 ad oggetto “richiesta parere su condizioni di revoca del provvedimento di sospensione ex art. 14 D.Lgs. n. 81/2008.”

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Piano di emergenza antincendio   In accordo Decreto 2 Settembre 2021   Note

Piano di emergenza antincendio: in accordo Decreto 2 Settembre 2021 / Note

ID 14860 | 01.11.2021 / Documento completo in allegato

Il Decreto 2 settembre 2021 all'Art. 2 comma e, prevede l'obbligo di predisporre un piano di emergenza nei seguenti casi:

1. luoghi di lavoro ove sono occupati almeno dieci lavoratori;
2. luoghi di lavoro aperti al pubblico caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di cinquanta persone, indipendentemente dal numero dei lavoratori;
3. luoghi di lavoro che rientrano nell’allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.

Piano di emergenza antincendio   In accordo Decreto 2 Settembre 2021   Schema

Fig. 1 - Casi in cui predisporre il Piano di emergenza antincendio nei luoghi di lavoro

Luoghi di lavoro non rientranti nei criteri 1, 2, 3 precedenti

Per i luoghi di lavoro che non rientrano in nessuno dei casi indicati in precedenza, il datore di lavoro non è obbligato a redigere il piano di emergenza, ferma restando la necessità di adottare misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio. Tali misure sono, comunque, riportate nel documento di valutazione dei rischi o nel documento redatto sulla base delle procedure standardizzate di cui all'art.29, comma 5 del decreto legislativo n.81 del 2008 e possono sostanziarsi in misure semplificate per la gestione dell'emergenza, secondo quanto indicato al punto 2.4 dell'Allegato II (planimetria ed indicazioni schematiche).

Piano di emergenza antincendio In accordo Decreto 2 Settembre 2021 No PE

Fig. 2 - Luoghi di lavoro dove non è prevista la redazione del Piano di emergenza antincendio

Decreto 2 settembre 2021

Art. 2. Gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza

1. Il datore di lavoro adotta le misure di gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza, in funzione dei fattori di rischio incendio presenti presso la propria attività, secondo i criteri indicati negli allegati I e II, che costituiscono parte integrante del presente decreto.
2. Nei casi sottoelencati il datore di lavoro predispone un piano di emergenza in cui sono riportate le misure di gestione della sicurezza antincendio in emergenza di cui al comma 1: luoghi di lavoro ove sono occupati almeno dieci lavoratori; luoghi di lavoro aperti al pubblico caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di cinquanta persone, indipendentemente dal numero dei lavoratori; luoghi di lavoro che rientrano nell’allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.
3. Nel piano di emergenza sono, altresì, riportati i nominativi dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e di gestione delle emergenze, o quello del datore di lavoro, nei casi di cui all’art. 34 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
4. Per i luoghi di lavoro che non rientrano in nessuno dei casi indicati al comma 2, il datore di lavoro non è obbligato a redigere il piano di emergenza, ferma restando la necessità di adottare misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio; tali misure sono riportate nel documento di valutazione dei rischi o nel documento redatto sulla base delle procedure standardizzate di cui all’art. 29, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Circolare DCPREV n. 15472 del 19 Ottobre 2021
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PIANO DI EMERGENZA (art. 2)

L'articolo 2 regola l'obbligo per il datore di lavoro di adottare idonee misure di gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza, in funzione dei fattori di rischio di incendio presenti presso la propria attività, secondo i criteri indicati nei citati Allegati I e II, specificando l'obbligo di predisporre un piano di emergenza nei seguenti casi:

- luoghi di lavoro ove sono occupati almeno 10 lavoratori;

- luoghi di lavoro aperti al pubblico caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di 50 persone, indipendentemente dal numero dei lavoratori;

- luoghi di lavoro che rientrano nell'allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.

Una delle principali novità introdotte da questo decreto è rappresentata dal fatto che la necessità del piano di emergenza non si valuta più solo in funzione dei lavoratori presenti, bensì anche rispetto al numero degli occupanti a qualsiasi titolo presenti all'interno dell'attività (lettera b) elenco puntato).

Per i luoghi di lavoro che non rientrano in nessuno dei casi indicati in precedenza, il datore di lavoro non è obbligato a redigere il piano di emergenza, ferma restando la necessità di adottare misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio. Tali misure sono, comunque, riportate nel documento di valutazione dei rischi o nel documento redatto sulla base delle procedure standardizzate di cui all'art.29, comma 5 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e possono sostanziarsi in misure semplificate per la gestione dell'emergenza, secondo quanto indicato al punto 2.4 dell'Allegato II (planimetria ed indicazioni schematiche).

I contenuti del piano di emergenza sono esplicitati nell'Allegato II.

Il decreto prevede che, nel piano di emergenza, siano altresì riportati i nominativi dei lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e di gestione delle emergenze, o quello del datore di lavoro, nei casi di cui all'articolo 34 del decreto legislativo n. 81 del 2008.

ALLEGATO II
GESTIONE DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO IN EMERGENZA.
(Articolo 2, comma 1)

2.1 Generalità
1.In tutti i luoghi di lavoro dove ricorra l’obbligo di cui all’articolo 2, comma 2, del presente decreto, il datore di lavoro predispone e tiene aggiornato un piano di emergenza, che deve contenere:
a) le azioni che i lavoratori devono mettere in atto in caso di incendio;
b) le procedure per l’evacuazione del luogo di lavoro che devono essere attuate dai lavoratori e dalle altre persone presenti;
c) le disposizioni per chiedere l’intervento dei vigili del fuoco e per fornire le necessarie informazioni al loro arrivo;
d) le specifiche misure per assistere le persone con esigenze speciali.
2.Il piano di emergenza deve identificare un adeguato numero di addetti al servizio antincendio incaricati di sovrintendere e attuare le procedure previste. Il numero complessivo di personale designato alla gestione delle emergenze deve essere congruo, in relazione alle turnazioni e alle assenze ordinariamente prevedibili.
3.Il piano di emergenza deve essere aggiornato in occasione di ogni modifica che possa alterare le misure di prevenzione e protezione; l’aggiornamento deve prevedere l’informazione dei lavoratori ed il coinvolgimento degli addetti alla gestione dell’emergenza.

2.2 Contenuti del piano di emergenza

1. I fattori da tenere presenti nella compilazione e da riportare nel piano di emergenza sono:
a) le caratteristiche dei luoghi, con particolare riferimento alle vie di esodo;
b) le modalità di rivelazione e di diffusione dell’allarme incendio;
c) il numero delle persone presenti e la loro ubicazione;
d) i lavoratori esposti a rischi particolari;
e) il numero di addetti all’attuazione ed al controllo del piano nonché all’assistenza per l’evacuazione (addetti alla gestione delle emergenze, dell’evacuazione, della lotta antincendio, del primo soccorso);
f) il livello di informazione e formazione fornito ai lavoratori.

2. Il piano di emergenza deve essere è basato su chiare istruzioni scritte e deve includere:
a) i compiti del personale di servizio incaricato di svolgere specifiche mansioni con riferimento alla sicurezza antincendio, quali, a titolo di esempio: telefonisti, custodi, capi reparto, addetti alla manutenzione, personale di sorveglianza;
b) i compiti del personale cui sono affidate particolari responsabilità in caso di incendio;
c) i provvedimenti necessari per assicurare che tutto il personale sia informato sulle procedure da attuare;
d) le specifiche misure da porre in atto nei confronti di lavoratori esposti a rischi particolari;
e) le specifiche misure per le aree ad elevato rischio di incendio;
f) le procedure per la chiamata dei vigili del fuoco, per informarli al loro arrivo e per fornire la necessaria assistenza durante l’intervento.

3. Il piano deve includere anche una o più planimetrie nelle quali sono riportati almeno:

a) le caratteristiche distributive del luogo, con particolare riferimento alla destinazione delle varie aree, alle vie di esodo ed alle compartimentazioni antincendio;
b) l’ubicazione dei sistemi di sicurezza antincendio, delle attrezzature e degli impianti di estinzione;
c) l'ubicazione degli allarmi e della centrale di controllo;
d) l'ubicazione dell'interruttore generale dell'alimentazione elettrica, delle valvole di intercettazione delle adduzioni idriche, del gas e di altri fluidi tecnici combustibili;
e) l'ubicazione dei locali a rischio specifico;
f) l’ubicazione dei presidi ed ausili di primo soccorso;
g) i soli ascensori utilizzabili in caso di incendio.

4. Per più luoghi di lavoro ubicati nello stesso edificio, ma facenti capo a titolari diversi, i piani di emergenza devono essere coordinati.


5. In attuazione delle previsioni di specifiche norme e regole tecniche o per adottare più efficaci misure di gestione dell’emergenza in esito alla valutazione dei rischi, potrà essere predisposto un apposito centro di gestione delle emergenze.


6. È necessario evidenziare che gli ascensori non devono essere utilizzati per l’esodo, salvo che siano stati appositamente realizzati per tale scopo.

3. Assistenza alle persone con esigenze speciali in caso di incendio

1.Il datore di lavoro deve individuare le necessità particolari delle persone con esigenze speciali e ne tiene conto nella progettazione e realizzazione delle misure di sicurezza antincendio, nonché nella redazione delle procedure di evacuazione dal luogo di lavoro.
2.Occorre, altresì, considerare le altre persone con esigenze speciali che possono avere accesso nel luogo di lavoro, quali ad esempio le persone anziane, le donne in stato di gravidanza, le persone con disabilità temporanee ed i bambini.
3.Nel predisporre il piano di emergenza, il datore di lavoro deve prevedere una adeguata assistenza alle persone con esigenze speciali, indicando misure di supporto alle persone con ridotte capacità sensoriali o motorie, tra le quali adeguate modalità di diffusione dell'allarme, attraverso dispositivi sensoriali (luci, scritte luminose, dispositivi a vibrazione) e messaggi da altoparlanti (ad esempio con sistema EVAC).

Nota:
Utile riferimento è la norma UNI EN 17210 - Accessibilità e fruibilità dell'ambiente costruito - Requisiti funzionali

4 Misure semplificate per la gestione dell’emergenza
1.Per gli esercizi aperti al pubblico ove sono occupati meno di 10 lavoratori e caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di 50 persone, ad esclusione di quelli inseriti in attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e in edifici complessi caratterizzati da presenza di affollamento, il datore di lavoro può predisporre misure semplificate per la gestione dell’emergenza, costituite dalla planimetria prevista dal punto 2.2, numero 3) e da indicazioni schematiche contenenti tutti gli elementi previsti dai punti 2.2, numeri 1 e 2.
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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 3538 | 01 Febbraio 2022

ID 15657 | | Visite: 1757 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 1° febbraio 2022 n. 3538

Malfunzionamento di un macchinario e schiacciamento di un dito. Responsabilità del preposto per non aver ottemperato all'obbligo diretto e continuativo di sorveglianza sui mezzi e sulle lavorazioni

Penale Sent. Sez. 4 Num. 3538 Anno 2022
Presidente: FERRANTI DONATELLA
Relatore: NARDIN MAURA
Data Udienza: 17/12/2021

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 14 giugno 2019 la Corte di appello di Milano ha parzialmente riformato, concedendo il beneficio di cui all'art. 175 cod. pen., la sentenza de Tribunale di Milano la quale G.T. è stato ritenuto responsabile, nella sua qualità di preposto della Doppei Farmaceutici s.r.l., del reato di cui all'art. 590, comma 2 cod. pen., per avere, in cooperazione colposa con A.P., nella sua qualità di responsabile della sicurezza, cagionato lesioni personali gravi a M.R., la quale operava sull'elevatore Sharp, azionato da una pulsantiera, il cui difettoso funzionamento, consentiva la correzione manuale del convogliamento della tramoggia, caricata manualmente delle compresse in lavorazione, sul tramoggino, per agevolare l'adesione dello scarico della tramoggia con l'apertura posta al di sopra, sicché a causa dell'involontario azionamento del pulsante di discesa dell'elevatore e dell'operazione manuale di correzione in corso di esecuzione da parte della lavoratrice, questa subiva lo schiacciamento del primo dito della mano destra.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello propone ricorso per cassazione, l'imputato a mezzo del suo difensore, formulando tre motivi di impugnazione.
3. Con il primo motivo fa valere la violazione della legge penale in relazione agli artt. 43 e 590 cod. pen. ed il vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale ritenuto la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, senza indagare sulla prevedibilità dell'evento da parte del preposto, facendo leva unicamente sulla posizione di garanzia ricoperta, così configurando una forma di responsabilità oggettiva, derivata unicamente dall'elemento materiale del reato.
Ricorda che la responsabilità oggettiva, alla luce del dettato dell'art. 27 Cost., è incompatibile con il sistema penale e che per affermarsi la sussistenza della colpa è necessario che l'evento sia prevedibile ex ante dall'agente modello. Sottolinea come sia emerso che nel caso di specie il preposto non era stato edotto del malfunzionamento del macchinario, ciò impedendo ogni proficuo intervento.
4. Con il secondo motivo denuncia il vizio di motivazione sotto il profilo della carenza e della pretermissione di prove decisive. Ricorda che l'imputato aveva prodotto in sede dibattimentale il verbale del 7 giugno 2013 relativo al sopralluogo nelle aree di lavoro (in data antecedente l'infortunio occorso il 30 agosto 2014), redatto nell'ambito del progetto sicurezza ed ambiente e sottoscritto dal Responsabile aziendale del servizio di prevenzione e protezione per la sicurezza, dal rappresentante di lavoratori per la sicurezza ed al medico competente, oltre ai verbali di manutenzione del macchinario elevatore Sherpa, redatti prima e dopo l'infortunio ed al libro infortuni, da cui emergeva che nessun infortunio si era in precedenza verificato su quella apparecchiatura. Atti questi tutti ignorati dalla Corte territoriale, che ha altresì omesso di valutare le dichiarazioni dei testi P. e B., nonostante la sollecitazione contenuta nell'atto di appello. Invero, non solo il primo ha affermato di non avere mai ritenuto pericoloso quel macchinario, ma la stessa persona offesa M.R. ha chiarito di non avere mai denunciato il malfunzionamento dell'apparecchiatura. Inoltre, B. ha precisato che mai si erano verificati infortuni di alcun genere sull'elevatore Sherpa. Il giudice di seconda cura, nondimeno, non confrontandosi con le prove da cui poteva desumersi l'impossibilità di G.T. di prevedere il sinistro, è incorso in un grave vizio argomentativo, omettendo di rendere esplicito il percorso logico-giuridico in forza del quale è possibile affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la sussistenza della colpa in capo all'imputato.
5. Con il terzo motivo lamenta il vizio di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui, senza alcuna valutazione critica del relativo motivo di appello, si limita a condividere il giudizio formulato dal primo giudice sul bilanciamento in regime di equivalenza delle concesse circostanze attenuanti generiche con l'aggravante contestata. Il mero appiattimento sulla decisione di primo grado merita censura. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
6. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione con requisitoria scritta ex art. 23 comma 8 d.l. 137/2020 ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi .

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
3. Va ricordato, innanzitutto, che il preposto, ai sensi della previsione di cui all'art. 2 lett. e) del d. lgs. 81/2008, è colui che "in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa".
Le competenze normativamente attribuitegli, che delineano l'area di rischio rispetto alla quale egli riveste la posizione di garante, derivano dalla situazione di prossimità alle lavorazioni ed all'opera svolta dai dipendenti. E' proprio in forza di detta condizione che l'art. 19 d. lgs. 81/2008 assegna al preposto il compito di controllo immediato e diretto sull'esecuzione dell'attività da parte dei lavoratori, così come quello sull'eventuale instaurarsi di prassi comportamentali incaute e quello su anomalie di funzionamento di macchinari cui gli operatori siano addetti.
Quest'ultimo obbligo, specificamente sancito dalla lett. f) della disposizione che impone di "segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta" non può risolversi nell'attesa di segnalazioni da parte di terzi -e nella specie degli lavoratori- di anomalie di funzionamento dei macchinari utilizzati o della modifica operativa da parte degli addetti di schemi lavorativi apprestati per l'utilizzo di apparecchiature, posto che ciò comporterebbe un vero e proprio svuotamento del dovere di vigilanza e di sovraintendenza delle lavorazioni, che costituisce l'essenza stessa delle sue attribuzioni.
4. In questo senso deve essere letta la sentenza impugnata.
5. La Corte, infatti, muove dalla considerazione che il malfunzionamento della macchina su cui la persona offesa si infortunò, era noto a tutti nel Reparto Confezione (pagg. 3 e 4). Ricorda che la teste C. ha riferito di conoscere il problema (ovverosia il fatto che la tramoggia non si innestasse bene nel tramoggino) e di avere sempre fatto attenzione nell'utilizzo di quell'apparecchiatura, senza avere tuttavia comunicato agli assistenti alcunché, mentre il teste P., che pure ha sostenuto l'assenza di ogni pericolo, ha, nondimeno, dichiarato di avere notato un'operatività non perfetta al momento del 'fine-corsa'. Circostanza quest'ultima -ricorda il giudice di seconda cura­ ricostruita, nel corso del sopralluogo successivo all'infortunio, da parte dell'ufficiale di polizia giudiziaria Giuseppe L., il quale ha spiegato che il movimento della tramoggia avveniva mediante una pulsantiera, utilizzabile con una sola mano, che ne permetteva salita e discesa e che, tuttavia, all'atto dell'innalzamento la tramoggia non si inseriva correttamente nel tramoggino. Siffatta carenza tecnologica comportava che i lavoratori -erroneamente- la accompagnassero con una mano, per evitare la dispersione delle compresse, operazione compiuta da M.R. e sfociata nello schiacciamento del primo dito della mano destra.
6. E', dunque, in relazione all'omissione di vigilanza che la Corte -così come il giudice di primo grado- ascrive la responsabilità al preposto, cui imputa di non avere verificato il mal funzionamento del macchinario ed il suo utilizzo con modalità incongrua, siffatto controllo rientrando nell'esercizio dei compiti proprii della figura di garanzia e ad esso conseguendo il dovere di segnalazione al datore di lavoro.
7. Non può, pertanto, sostenersi, come fa il ricorrente, che il fatto sia addebitato in forza dell'elemento materiale del reato, cioè del solo verificarsi dell'evento, ed a titolo di responsabilità oggettiva, in forza della posizione ricoperta, perché la condotta colposa è precisamente individuata e non viene posta in dubbio la sua natura di condizione dell'evento.
8. A fronte di queste osservazioni, anche la contestazione introdotta dall'imputato sull'imprevedibilità dell'evento, in assenza di informazioni circa il problema manifestatosi nell'uso dell'elevatore Sherpa, perde consistenza, perché essa viene formulata sulla base dell'assenza di un obbligo diretto e continuativo di sorveglianza sui mezzi e sulle lavorazioni, che invece è prescritto al preposto dall'art. 19 d. lgs. 81/2008. Invero, potrebbe configurarsi l'esenzione di responsabilità del medesimo solo ed esclusivamente se il problema verificatosi sul macchinario, e l'incauta modalità di lavoro posta in essere per ovviarvi, fossero così recenti rispetto al momento in cui l'infortunio si è verificato da potersi immaginare che entrambi avessero potuto sfuggire al controllo continuativo, proprio perché appena manifestatisi.
9. Quanto fin qui detto consente di ritenere manifestamente infondato anche il secondo motivo di ricorso, con il quale si censura la mancata valorizzazione da parte del giudice di secondo grado della produzioni relativa al verbale di sopralluogo del giugno 2013 ed a quelli di manutenzione dell'apparecchiatura, trattandosi, come implicitamente ritengono i giudici di merito, di documentazione che non può comprovare l'assolvimento concreto dell'onere di controllo e vigilanza delle lavorazioni. Né può affermarsi, diversamente da quanto si sostiene con il ricorso, che la Corte non abbia vagliato il contenuto della testimonianza del dipendente P. solo perché ha tratto dalle sue dichiarazioni una ricostruzione diversa da quella auspicata dall'imputato, valorizzando -anziché la soggettiva situazione di non pericolosità dell'elevatore, riferita dal medesimo- la descrizione della 'non perfetta operatività al momento del fine corsa', constatata, a dire del teste, anche da altri colleghi. Del pari il giudice di seconda cura non ha mancato di riprendere quanto riportato dal teste B. (RSPP dello stabilimento), circa l'assenza di altri infortuni sul macchinario e la mancata segnalazione di anomalie, ma ne ha sostanzialmente escluso il rilievo, ciò non incidendo direttamente sulla violazione dell'obbligo di vigilanza da parte del preposto.
10. Il terzo motivo è inammissibile. Il ricorrente, infatti, dolendosi della carenza motivazionale in ordine al giudizio di bilanciamento delle circostanze, non specifica sulla base di quali elementi l'imputato avesse sollecitato una diversa valutazione del giudice di seconda cura, sicché non è possibile verificare l'eventuale mancata risposta del giudice di appello. D'altro canto, va ricordato che "In tema di circostanze, il giudizio di bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti costituisce esercizio del potere valutativo riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato alla stregua anche solo di alcuni dei parametri previsti dall'art. 133 cod. pen., senza che occorra un'analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati" (da ultimo: Sez. 5 - , Sentenza n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838). Nel caso di specie, la Corte dà atto che il grado di colpa e la gravità del danno cagionato alla persona offesa (la cui malattia è durata cinque mesi, residuando postumi invalidanti) non consentono un più favorevole bilanciamento. Rispetto a siffatti argomenti il ricorrente non formula critiche adeguate, lamentando solo la mancata risposta alle doglianze contenute nel gravame, di cui non riporta il contenuto, finendo per proporre una censura del tutto generica
11. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17/12/2021

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Sistemi a riduzione di ossigeno (ORS) ISO 20338

ID 9368 | | Visite: 15501 | Documenti Riservati Sicurezza

Sistemi a riduzione di ossigeno OSR ISO 20338 2019

Prevenzione Incendi: Sistemi a riduzione di ossigeno ISO 20338 (ORS - Oxygen Reduction Systems)

ID 9368 | 26.10.2019 | Documento completo in allegato (traduzione interna IT non ufficiale)

Documento Estratto e rielaborato graficamente dalla 1a Edizione della norma ISO 20338:2019 (Preview) che tratta la progettazione, installazione, pianificazione e manutenzione dei sistemi di riduzione dell'ossigeno per la prevenzione degli incendi. Vedi anche la norma del CEN UNI EN 16750:2017.

Attenzione traduzione IT non ufficiale. Fare riferimento a: ISO 20338:2019

Pubblicata la 1a Edizione della norma ISO 20338:2019 che tratta la progettazione, installazione, pianificazione e manutenzione dei sistemi di riduzione dell'ossigeno per la prevenzione degli incendi.

La ISO 20338:2019 e la UNI EN 16750:2017 sono due norme con contenuto per la maggior parte identico nonostante un’esposizione diversa in alcuni capitoli. La struttura delle due norme può essere facilmente messa a confronto tramite l’indice che differisce solo per quanto riguarda l’Allegato B e l’Allegato C presenti nella UNI EN 16750:2017.

Tabella 1

Tabella 1 - Indici a confronto

Come emerge dal confronto tra gli indici, la principale differenza è costituita dall’Allegato B che viene richiamato per la prima volta nella Tabella 2 della UNI EN 16750:2017.

Tabella 2 EN 16750

Tabella 2 UNI EN 16750:2017 - Esempio per il calcolo della concentrazione di ossigeno

L’allegato B della norma si rivolge ai Datori di Lavoro ed agli operatori addetti ai sistemi ad ossigeno ridotto per la prevenzione incendi. Lo scopo dell’allegato è la descrizione dei sistemi ad ossigeno ridotto in modo da definire le misure preventive e protettive ai fini di tutelare la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro.

L’Allegato B, in sintesi, definisce delle specifiche classi di rischio per ognuna della quali vengono indicate le misure di sicurezza da attuare.

Tabella B 1

Tabella B.1 Classi di rischio

Tabella B 2

Tabella B.2 Classificazione del rischio di esposizione ad atmosfere ad ossigeno ridotto e misure di prevenzione

Excursus

Questo documento specifica i requisiti minimi e definisce le specifiche che regolano la progettazione, l'installazione e la manutenzione di sistemi fissi di riduzione dell'ossigeno con aria a ossigeno ridotto per la prevenzione degli incendi negli edifici e negli impianti di produzione industriale.

Le applicazioni più diffuse per i Sistemi a riduzione di ossigeno sono legati al fatto che sono evitati danni causati da principi di incendio ai beni, es:

- magazzini automatici;
- data center e altri locali a grosso pericolo di rischi elettrici;
- musei:
- archivi e librerie storiche.

Oxygen Reduction Systems (ORS)

L'azoto è oggi il gas più adatto per la riduzione dell'ossigeno. Per altri gas, questo documento può essere utilizzato come riferimento. Questo documento non si applica a:

- sistemi di riduzione dell'ossigeno che utilizzano nebbia d'acqua o gas di combustione;
- sistemi di soppressione delle esplosioni;
- sistemi di prevenzione delle esplosioni, nel caso di sostanze chimiche o materiali contenenti il ​​proprio apporto di ossigeno, come nitrato di cellulosa;
- sistemi di estinzione incendi con agenti estinguenti gassosi;
- inertizzazione di contenitori portatili;
- sistemi in cui i livelli di ossigeno sono ridotti per ragioni diverse dalla prevenzione degli incendi (ad es. lavorazione dell'acciaio in presenza di gas inerte per evitare la formazione di film di ossido);
- inertizzazione richiesta durante i lavori di riparazione su sistemi o apparecchiature (ad es. Saldatura) al fine di eliminare il rischio di incendio o esplosione.

Oltre alle condizioni per l'attuale sistema di riduzione dell'ossigeno e dei suoi singoli componenti, questo documento copre anche alcune specifiche strutturali per l'area protetta.

Lo spazio protetto da un sistema di riduzione dell'ossigeno è a clima interno controllato e continuamente monitorato per un'occupazione prolungata.

Questo documento non copre spazi confinati non ventilati che possono contenere gas pericolosi.

...

4 Requisiti di sistema

4.1 Generalità

Un sistema di riduzione dell'ossigeno deve comprendere almeno:

a) una fornitura di ossigeno ridotto di aria;
b) un sistema di tubazioni fisso con raccordi, valvole, ugelli, uscite;
c) sensori di ossigeno e pannello di controllo;
d) allarmi.

Sistemi a riduzione di ossigeno OSR ISO 20338 2019 Schema

Figura 0 - Esempio schema con componenti base di un Oxygen Reduction Systems (ORS)

Modalità di riduzione dell’ossigeno

L'aria a ossigeno ridotto viene prodotta mediante separazione dell'aria o iniettando gas inerte o miscela di gas nell'area protetta.

La concentrazione di ossigeno nell'area protetta deve essere monitorata mediante strumenti di misurazione.
Durante il funzionamento, la fornitura di aria arricchita di azoto deve essere controllata automaticamente in base alla domanda. Se necessario, a seguito di un'analisi dei rischi, devono essere previsti mezzi aggiuntivi per gestire la fornitura manualmente o una fornitura aggiuntiva gestita manualmente o automaticamente.

Il sistema di riduzione dell'ossigeno può essere equipaggiato con apparecchiature automatiche progettate per spegnere macchinari e chiudere porte tagliafuoco e altre apparecchiature, con l'obiettivo di creare e mantenere la concentrazione di ossigeno richiesta.

Il livello di riduzione dell'ossigeno è definito dai singoli rischi di queste aree (vedi Allegato A).

I singoli componenti devono essere conformi alle norme tecniche pertinenti, se esistenti.

In alternativa, per i sistemi elettrici / elettronici / programmabili relativi alla sicurezza elettronica, utilizzare IEC 61508 (tutte le parti).

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5 Progettazione

5.1 Qualificazione del progettista

Il progettista deve essere tecnicamente qualificato per garantire una protezione efficace.

5.2 Concetto di protezione antincendio

La progettazione del sistema deve far parte del concetto di sicurezza antincendio dell'edificio.

Come parte della progettazione del sistema, una valutazione del rischio di incendio può portare a ulteriori misure di protezione antincendio.
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Sistemi di rilevazione del fumo

Poiché il sistema di riduzione dell'ossigeno non è in grado di prevenire o rilevare processi di combustione o pirolizzazione (ad es. cavi surriscaldati), sono installabili adeguati sistemi di rilevazione del fumo per il volume protetto (ad es. sistemi di rilevazione del fumo altamente sensibili secondo ISO 7240-20 classe A) come parte del principale sistema di allarme antincendio della struttura.

Laddove circostanze particolari si discostano da quanto trattato in questo documento (ad es. configurazione spaziale, struttura, installazioni, materiali combustibili, altitudine diversa dal livello del mare, temperatura diversa dalla normale, fumi o gas, che richiedono misure speciali), il progettista deve tenerne conto.

5.5 Riduzione dell'ossigeno per prevenire il fuoco

Concentrazione O2 < Concentrazione di progetto

L'accensione può essere prevenuta nelle aree protette solo se la concentrazione di ossigeno nell'area protetta non supera la concentrazione di progetto. Se questo livello viene superato, l'obiettivo di protezione della "prevenzione incendi" non può più essere garantito.

Se nell'area protetta sono presenti materiali combustibili diversi, la soglia di accensione più bassa (ovvero il materiale più infiammabile nella sua geometria più infiammabile) deve essere presa come base per determinare la concentrazione di progetto. In singoli casi, è possibile eseguire ulteriori test per stabilire soglie di accensione per materiali combustibili nelle forme e geometrie in cui i materiali sono effettivamente presenti.

...

5.6 Margini di sicurezza

Il margine di sicurezza per i sistemi di riduzione dell'ossigeno deve essere fissato allo 0,75% di ossigeno in volume.
...

 Diagramma di controllo OSR

Figura 1 - Diagramma di controllo per la riduzione dell'ossigeno

Legenda

X tempo
Y Concentrazione di O2


1 valori di progettazione
2 soglia di accensione
a Margine di sicurezza
b Tolleranza del sensore di ossigeno
3 concentrazione massima di O2
c Intervallo operativo di progettazione
4 concentrazione minima di O2
d Tolleranza del sensore di ossigeno
e Correzione dell'altitudine
5 valore per la gestione del rischio

6 livelli di allarme e avviso

7 Avviso max O2
8 Pre-allarme O2 max (vedi NOTA 1)
f Alimentazione aria ridotta ossigeno ON
g Alimentazione aria ridotta ossigeno OFF
9 Pre-allarme O2 min (vedi NOTA 1)
10 O2 min allarme
...

5.7.2 Piano di emergenza

Deve essere formulato un piano di emergenza che descriva lo stato di avanzamento della concentrazione di ossigeno in caso di mancanza dell'aria ridotta di ossigeno. Se esiste il rischio che dopo l'attivazione degli allarmi di O2 max venga raggiunta la concentrazione di progetto e che non sia possibile escludere una situazione di pericolo nell'area protetta, devono essere prese misure di emergenza. Le misure di emergenza possono essere misure tecniche o organizzative.

Il piano di emergenza deve essere discusso con tutti i responsabili della protezione antincendio e, ove applicabile, con il personale addetto alla sicurezza.
...

7 Monitoraggio della concentrazione di ossigeno

In un sistema di riduzione dell'ossigeno, il processo di monitoraggio viene eseguito misurando direttamente la concentrazione di ossigeno. La misurazione deve essere sempre effettuata da almeno tre sensori di ossigeno indipendenti per volume protetto (cfr. Tabella 3) e almeno un sensore di ossigeno per zona di misurazione.
...
Monitoraggio della concentrazione di ossigeno   Zone e sensori

Figura 2 - Monitoraggio della concentrazione di ossigeno: Zone e sensori

8 Allarmi e notifiche

Quando vengono raggiunte le soglie di allarme o di avviso (vedere 5.6), devono essere emesse notifiche in base al piano di emergenza e introdotte funzioni di protezione automatica o misure organizzative.
...

I segnali che indicano l'atmosfera a ridotto contenuto di ossigeno devono essere posizionati in tutti gli ingressi (vedere le figure 3 e 4).

OSR   Signal 1

Figura 3 - Esempio di segnale combinato (ISO 7010-W001 "Segnale di avvertimento generale", ISO 7010-W041 "Avvertenza; Atmosfera asfissiante" e un segno di testo supplementare) all'ingresso di un'area a ridotto contenuto di ossigeno

OSR   Signal 2

Figura 4 - Esempio di segnale combinato (ISO 7010-P001 "Segnale di divieto generale", ISO 7010-W041 "Avvertenza; atmosfera asfissiante" e un segno di testo supplementare) in corrispondenza di un ingresso in un'area a ridotto contenuto di ossigeno in caso di allarme
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Allegato A

Soglie di accensione per la riduzione dell'ossigeno mediante aria arricchita di azoto nella prevenzione degli incendi

A.1 Soglie di accensione

Soglie di accensione

Tabella A.1 - Soglie di accensione
...
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Circolare MLPS 12 ottobre 2015 n. 26

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Circolare 26 2015

Circolare MLPS 12 ottobre 2015 n. 26 

D.Lgs. n. 151/2015, articolo 22 (modifica di disposizioni sanzionatorie in materia di lavoro e legislazione sociale) - indicazioni operative

Oggetto: D.Lgs. n. 151/2015 recante "diposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di lavoro e pari opportunità” - articolo 22 (modifica di disposizioni sanzionatorie in materia di lavoro e legislazione sociale) - indicazioni operative.

Nell’ambito delle semplificazioni delle “disposizioni in materia di lavoro e pari opportunità”, l’art. 22 del D.Lgs. n. 151/2015, in attuazione della delega di cui all’art. 1, comma 6 lett. f), della L. n. 183/2014, apporta importanti modifiche al regime delle sanzioni di alcune fattispecie di illeciti. In particolare trattasi degli illeciti in materia di lavoro “nero”, di Libro Unico del Lavoro, di prospetti paga e di assegni per il nucleo familiare.

Al riguardo, al fine di assicurare l’uniformità di comportamento di tutto il personale ispettivo, appare opportuno riepilogare le modifiche intervenute, fornendo le prime indicazioni necessarie ad una corretta applicazione delle nuove disposizioni.

Maxisanzione per il lavoro “nero”

L’art. 22, comma 1, del decreto legislativo sostituisce il comma 3 dell’art. 3 del D.L. n. 12/2002 (conv. da L. n. 73/2002), già modificato in più occasioni nel corso degli anni.

In questo caso, l'intervento del Legislatore non incide sulla condotta integrante la fattispecie illecita, atteso che il comportamento sanzionato resta “l’impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con l’esclusione del datore di lavoro domestico”.

Viene eliminata, invece, la previsione di un trattamento sanzionatorio più favorevole, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo a quello prestato “in nero” (c.d. maxisanzione affievolita), con la conseguente equiparazione di tale fattispecie alla condotta tipica, rispetto alla quale si rinvia alle indicazioni già fornite con circolare n. 38/2010.

La disposizione riformula inoltre il regime sanzionatorio. L’originaria sanzione amministrativa - già modificata dal D.L. n. 145/2013 (con importi da euro 1950 ad euro 15.600, più euro 195 per ciascuna giornata di effettivo lavoro in "nero”) - è sostituita da una sanzione graduata “per fasce”, in relazione alla durata del comportamento illecito:

a) da euro 1.500 a euro 9.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro;
b) da euro 3.000 a euro 18.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 e sino a 60 giorni di effettivo lavoro;
c) da euro 6.000 a euro 36.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro.

Gli importi sanzionatori sono inoltre aumentati del 20% nel caso di impiego di lavoratori stranieri non in possesso di un valido permesso di soggiorno o di minori in età non lavorativa e rispetto ad essi non trova evidentemente applicazione la procedura di diffida di seguito indicata.

Si ricorda comunque, così come già chiarito con circ. n. 38/2010, che non è soggetto alla maxisanzione il datore di lavoro che, antecedentemente al primo accesso in azienda del personale ispettivo o di una eventuale convocazione per l’espletamento del tentativo di conciliazione monocratica, regolarizzi spontaneamente e integralmente, per l’intera durata, il rapporto di lavoro, avviato originariamente senza una preventiva comunicazione obbligatoria di instaurazione.

La procedura di diffida

La disposizione reintroduce la diffidabilità della maxisanzione ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004. Ai fini della regolarizzazione della violazione, fermi restando i connessi adempimenti formali (istituzione ovvero compilazione LUL, consegna lettera di assunzione, comunicazione al Centro per l’impiego ecc.), si prevede:

a) la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale con riduzione dell'orario non superiore al 50%, o con contratti a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi;
b) il mantenimento in servizio dei lavoratori oggetto di regolarizzazione per un periodo non inferiore a “tre mesi”.

Va subito chiarito che la stipulazione di tali contratti è sottratta, evidentemente, alle eventuali connesse agevolazioni già previste dalla vigente disciplina (prima fra tutte quella di cui all’art. 1, commi 118 e 119, della L. n. 190/2014), attesa peraltro la violazione del disposto di cui all’art. 1, comma 1175, della L. n. 296/2006 che subordina l'accesso ad eventuali benefici “normativi e contributivi” anche al rispetto degli “altri obblighi di legge”.

Nei confronti dei lavoratori irregolari trovati "ancora in forza" al momento dell’accesso ispettivo, si ottempera alla diffida nel termine complessivo di 120 giorni dalla notifica del verbale unico, mediante la dimostrazione, da parte del datore di lavoro, dei seguenti adempimenti:

a) la regolarizzazione dell’intero periodo di lavoro prestato in “nero” secondo le modalità accertate ivi compreso il versamento dei relativi contributi e premi;
b) la stipula del contratto di lavoro secondo le tipologie contemplate dalla norma;
c) il mantenimento in servizio del lavoratore per almeno “tre mesi” e cioè almeno 90 giorni di calendario, da comprovare attraverso il pagamento delle retribuzioni, dei contributi e dei premi scaduti entro il termine di adempimento;
d) il pagamento della maxisanzione.

Per inciso è opportuno ricordare che, a prescindere dalla regolarizzazione del rapporto come sopra indicata, resta fermo il recupero delle retribuzioni eventualmente non versati attraverso l’emanazione della diffida accertativa, così come del resto già chiarito con circ. n. 1/2013.

Circa l’operatività della diffida ex art. 3, comma 3 ter, D.L. n. 12/2002, occorre svolgere inoltre alcune osservazioni.

Con specifico riferimento alle tipologie contrattuali previste dal Legislatore, si evidenzia che non risulta possibile, ai fini dell’adempimento alla diffida, la stipula di un contratto di lavoro intermittente sia a tempo indeterminato che a tempo determinato, in ragione della ratio legis che impone un’evidente continuità del rapporto, certamente non compatibile con tale fattispecie contrattuale. Inoltre la stipula di un contratto a termine, pur ammessa tra le ipotesi previste dal Legislatore, potrà effettuarsi nel rispetto della disciplina prevista dal D.Lgs. n. 81/2015, ivi compresi i limiti quantitativi di cui all’art. 23 del medesimo Decreto.

Il periodo minimo di 3 mesi di mantenimento in servizio del lavoratore va computato “al netto” del periodo di lavoro prestato “in nero”, il quale andrà comunque regolarizzato.

In altri termini, il contratto decorrerà dal primo giorno di lavoro “nero” mentre il periodo di 3 mesi utile a configurare l’adempimento alla diffida andrà “conteggiato” dalla data dell’accesso ispettivo.

Nelle ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro per cause non imputabili al datole di lavoro nel periodo compreso tra l'accesso ispettivo e la notifica del verbale unico, è comunque possibile - ferma restando la regolarizzazione del periodo “in nero” pregresso - che l'adempimento alla diffida avvenga con un separato contratto stipulato successivamente allo stesso accesso ispettivo. All’esito della verifica, tale contratto dovrà aver consentito un effettivo periodo di lavoro di almeno tre mesi, entro il termine di 120 giorni dalla notifica del verbale unico.

Per maggior chiarezza e al fine di consentire al datore di lavoro di adempiere tempestivamente agli obblighi connessi alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro “nero”, il personale ispettivo in sede di primo accesso, nel relativo verbale, avrà cura di informare il datore di lavoro di quanto appena specificato.

In particolare, fermi restando gli esiti dell’accertamento contenuti nel verbale unico e quanto sopra chiarito in ordine alle possibili interruzioni del rapporto, andrà spiegato che la diffida prevista dal nuovo art. 3 del D.L. n. 12/2002 richiederà la formalizzazione di un contratto decorrente dal primo giorno di lavoro “nero” che preveda il mantenimento al lavoro del lavoratore per almeno tre mesi decorrenti dall’accesso ispettivo.

Nelle ipotesi in cui il datore di lavoro abbia provveduto, prima della notifica del verbale (come può accadere anche a seguito del provvedimento di sospensione adottato ai sensi dell'art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008), a regolarizzare il rapporto di lavoro secondo le tipologie contrattuali contemplate dalla norma, il personale ispettivo procederà ad adottare ugualmente la diffida che avrà ad oggetto esclusivamente l’obbligo del mantenimento in servizio del lavoratore per almeno tre mesi da comprovare secondo le modalità sopra indicate nonché la richiesta di pagamento del minimo della sanzione edittale. Nelle risultanze del verbale si darà altresì atto della regolarizzazione del lavoratore mediante la stipulazione del contratto.

In ogni caso si ricorda che, laddove il datore di lavoro non abbia adempiuto alla diffida entro il centoventesimo giorno dalla notifica, il verbale unico, ai sensi dell’art. 13, comma 5, del D.Lgs. n. 124/2004, produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati nei confronti del trasgressore e della persona obbligata in solido ai quali sia stato notificato. A tal proposito appare opportuno specificare che entro il centoventesimo giorno dalla notifica del verbale deve pertanto trovare pieno compimento l’intero periodo trimestrale di mantenimento in servizio del lavoratore.

Va inoltre precisato che l’adempimento alla diffida costituisce elemento oggettivo di applicabilità della sanzione in misura minima che, in qualche misura, bilancia gli oneri sostenuti dal datore per il mantenimento del rapporto di lavoro. Ne consegue che, in assenza di un effettivo mantenimento del rapporto di lavoro per almeno 3 mesi entro il centoventesimo giorno dalla notifica del verbale, qualunque ne sia la ragione, non potrà ritenersi adempiuta la diffida.

Nel caso di contestazione di più illeciti, diffidabili secondo termini diversi o anche non diffidabili, il c.d. dies a quo per il pagamento della sanzione in misura ridotta (60 giorni ex art. 16 L. n. 689/1981), decorre necessariamente dalla scadenza dei termini individuati dal Legislatore per l’adempimento alla diffida per la maxisanzione.

Allo stesso modo, il termine di 30 giorni per presentare ricorso ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004, decorre dalla scadenza del termine di 120 giorni previsto per l’ottemperanza alla diffida per tutti gli illeciti contestati con il medesimo verbale, in conformità con quanto già chiarito con circ. n. 41/2010.

Lavoratori regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo a quello prestato “in nero”

Il Legislatore fa salva, in riferimento a taluni contenuti della diffida, l'ipotesi in cui i lavoratori "risultino regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo" a quello prestato “in nero”. Trattasi, in sostanza, della precedente fattispecie oggetto della c.d. maxisanzione affievolita.

In tal caso, pertanto, la diffida non avrà ad oggetto la stipulazione del contratta secondo le tipologie previste dal Legislatore né il conseguente mantenimento in servizio del lavoratore per 3 mesi ma esclusivamente la regolarizzazione del periodo di lavoro prestato in “nero”. Pertanto il datore di lavoro, nell’ordinario termine di 45 giorni dalla notifica della diffida, dovrà dare dimostrazione della “copertura” del precedente periodo di occupazione irregolare, rettificando la data di effettivo inizio del rapporto di lavoro, del pagamento delle sanzioni nella misura minima e dei contributi riferibili al periodo “in nero”.

Allo stesso modo dovrà comportarsi il datore di lavoro nel caso in cui i lavoratori irregolarmente occupati non risultino più in forza al momento dell’accesso ispettivo, atteso che la disposizione limita la condizione del “mantenimento in servizio per almeno tre mesi” ai soli lavoratori irregolari “ancora in forza” al momento dell'accesso ispettivo.

Diffida ora per allora

Il personale ispettivo ammetterà direttamente il trasgressore al pagamento della sanzione amministrativa pari al minimo edittale (c.d. diffida ora per allora) nel caso in cui, prima della redazione del verbale, questi abbia già documentato gli adempimenti di cui alle lettera a), b) e c) sopra richiamati (regolarizzazione dell'intero periodo di lavoro prestato in "nero", stipula del contratto di lavoro secondo le tipologie contemplate dalla norma, mantenimento in servizio del lavoratore per 3 mesi e cioè almeno 90 giorni), ivi compreso il versamento dei relativi contributi e premi.

In tal caso, il pagamento delle sanzioni andrà effettuato comunque entro il termine di 120 giorni dalla notifica del verbale.

Violazioni connesse e regime intertemporale

La norma, in caso di contestazione della maxisanzione, esclude l’applicazione delle ulteriori sanzioni di cui all’art. 19. commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 276/2003 relative alla mancata comunicazione obbligatoria e alla mancata consegna della lettera di assunzione, nonché delle sanzioni relative alle violazioni in materia di Libro Unico del Lavoro il quale, evidentemente, non è mai compilato (o nei casi di prima assunzione mai istituito) qualora si faccia ricorso al lavoro “nero”.

Come già anticipato con nota prot. n. 16494 del 7 ottobre u.s., la nuova disciplina della maxisanzione, ai sensi dell’art. 1 della L. n. 689/1981, trova applicazione per gli illeciti commessi successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo.

Per le condotte iniziate e cessate nella vigenza della precedente disciplina si applica l’apparato sanzionatorio precedentemente vigente, ivi compresa la fattispecie attenuata di maxisanzione. Alle medesime condotte non si applica, invece, la procedura di diffida in considerazione dei contenuti sostanziali - e non esclusivamente procedurali - della stessa.

Per le condotte iniziate sotto la previgente disciplina e proseguite dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo, stante la natura permanente dell’illecito che si consuma al momento della cessazione della condotta trova applicazione, all’intero periodo oggetto di accertamento, la nuova disciplina, così come richiamata nella presente circolare.

Provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale

La disposizione modifica gli importi delle somme aggiuntive dovute ai fini della revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale nella misura di euro 2.000 per le sospensioni conseguenti all’impiego di lavoratori “in nero” e di euro 3.200 per le ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di salute e sicurezza.

Il Legislatore introduce anche la possibilità da parte del datore di lavoro di chiedere, fermo restando il rispetto delle altre condizioni di legge, la revoca del provvedimento mediante il versamento immediato del 25% della somma aggiuntiva dovuta (rispettivamente euro 500 ed euro 800), riservandosi di pagare l’importò residuo, maggiorato del 5%, entro i 6 mesi successivi alla presentazione dell’istanza di revoca (rispettivamente euro 1.575 ed euro 2.520).

Qualora, nei termini di legge, l’importo residuo non venga pagato, in tutto o in parte, il provvedimento di accoglimento dell’istanza in uno al provvedimento di revoca della sospensione costituiscono titolo esecutivo.

A tal fine, nel provvedimento di revoca della sospensione sarà quindi indicato:
- l’importo versato nella misura di euro 500 o di euro 800;
- l’importo ancora da versare maggiorato del 5% (rispettivamente euro 1.575 ed euro 2.520);
- il termine di 6 mesi entro il quale dovrà essere dimostrato il pagamento dell’importo residuo;
- le conseguenze del mancato o parziale versamento dell’importo residuo.

Trattasi peraltro di elementi già presenti nella relativa modulistica disponibile nell’applicativo SGIL ad uso del personale ispettivo.

Condizioni per la revoca del provvedimento

In riferimento alle ulteriori condizioni di legge necessarie ai fini della revoca, deve ritenersi che la regolarizzazione dei lavoratori in “nero” vada effettuata di norma mediante le tipologie contrattuali indicate dalla disciplina in materia di maxisanzione (contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale con riduzione dell’orario non superiore al 50% o contratti a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi). In tali casi, evidentemente, non rileva il requisito del mantenimento del rapporto per almeno 3 mesi che, come sopra chiarito, costituisce esclusivamente condizione necessaria per l'adempimento alla diffida.

Così come precisato con circ. n. 33/2009, alla quale si rinvia per ogni ulteriore chiarimento, si ricorda inoltre che la regolarizzazione dei rapporti va verificata anche in relazione agli obblighi di sorveglianza sanitaria, formazione e informazione eventualmente previsti dal D.Lgs. n. 81/2008.

In tal senso, con specifico riferimento al settore dell’edilizia, configurandosi nella quasi totalità dei casi la violazione di obblighi puniti penalmente (almeno in riferimento all’omessa sorveglianza sanitaria ed alla mancata formazione ed informazione), il personale ispettivo dovrà adottare il provvedimento di prescrizione obbligatoria relativo a tali ipotesi contravvenzionali e verificare, conseguentemente, l’ottemperanza alla prescrizione impartita.

Per quanto attiene alla regolarizzazione di lavoratori extracomunitari "clandestini’’ e di lavoratori minori illegalmente ammessi al lavoro, fermo restando il pagamento della somma aggiuntiva ai fini della revoca e pur nell’impossibilità di una piena regolarizzazione, sarà comunque necessario provvedere al versamento dei contributi di legge ex art. 2126 c.c.

Libro Unico del Lavoro, prospetto paga, assegni familiari

Il Legislatore modifica la disciplina sanzionatoria in materia di LUL, prospetto paga e assegni familiari, introducendo un criterio di commisurazione della sanzione graduato per fasce in relazione sia al numero dei lavoratori coinvolti che ai periodi in cui permanga la condotta illecita.

Giova subito precisare che qualora la condotta sia riconducibile a due diverse fasce, andrà applicata la sanzione più elevata la quale assorbirà, evidentemente, la violazione meno grave.

Libro unico del Lavoro

In riferimento al LUL, viene riformulato il comma 7 dell’art. 39 del D.L. n. 112/2008 prevedendo, per le condotte di omessa o infedele registrazione dei dati, la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 150 ad euro 1.500.

La sanzione è aumentata nei seguenti termini:

- da euro 500 ad euro 3.000 se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 6 mesi;
- da euro 1.000 ad euro 6.000 se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 12 mesi.

Atteso che la graduazione della sanzione tiene conto sia del numero di lavoratori che delle mensilità interessate dall’omissione, sono evidentemente superate le indicazioni fomite con circ. n. 23/2011, afferenti le modalità di quantificazione della sanzione nei casi in cui la condotta illecita si protragga per più di una mensilità.

Restano invece fermi i chiarimenti già forniti da questa Direzione generale, da ultimo con circolare n. 2/2012, in relazione al concetto di infedele registrazione che va riferito esclusivamente ai casi di difformità tra i dati registrati e il quantum della prestazione lavorativa resa o l’effettiva retribuzione o compenso corrisposto. È quindi da escludersi qualsiasi valutazione in ordine alla riconduzione del rapporto ad altra tipologia contrattuale ovvero in ordine alla mancata corresponsione di determinate somme previste dalla contrattazione collettiva applicata o applicabile, rispetto alle quali è fatto salvo evidentemente il potere di emanare la diffida accertativa al fine di dare immediata tutela ai lavoratori interessati.

Si ricorda infine che le condotte di omessa e infedele registrazione - alle quali sono equiparate, ai fini sanzionatori, anche la tardiva compilazione del LUL - sono punibili a condizione che le stesse abbiano determinato differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali.

Prospetti paga

Anche l'art. 5 della L. n. 4/1953 (relativo alla mancata o ritardata consegna, ovvero all’omessa o inesatta registrazione sul prospetto paga) è riformulato mediante la previsione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 150 ad euro 900. La sanzione è aumentata in ragione del numero dei lavoratori coinvolti o del periodo interessato:

- da euro 600 ad euro 3.600 se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 6 mesi;

- da euro 1.200 ad euro 7.200 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 12 mesi.

In conformità con le indicazioni già fornite con circ. n. 23/2011 il Legislatore chiarisce che, laddove il datore di lavoro adempia alla consegna del prospetto paga tramite la consegna di copia del Libro Unico del Lavoro, trova applicazione esclusivamente la sanzione di cui all’art. 39, comma 7, D.L. n. 112/2008. Ciò vale, tuttavia, per le ipotesi in cui il datore di lavoro, avvalendosi della facoltà di consegnare al lavoratore copia del Libro Unico del Lavoro, ometta alcune registrazioni o le effettui in maniera infedele. In tal caso andrà applicata unicamente la sanzione prevista per le registrazioni sul LUL e non quella per l’inesattezza del prospetto di paga. Diversamente, ove lo stesso ometta di consegnare la copia del LUL all’atto della corresponsione della retribuzione, non essendosi avvalso, di fatto, della facoltà contemplata dal comma 5 dell’art. 39 del D.L. n. 112/2008, non avrà assolto agli obblighi previsti dalla L. n. 4/1953 ed andrà conseguentemente incontro alla sanzione contenuta nel nuovo art. 5 della medesima Legge.

Assegni familiari

Infine, viene riformulato il comma 2 dell'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797 (omessa corresponsione degli assegni familiari), prevedendo la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 5.000. La sanzione viene aumentata in ragione del numero dei lavoratori coinvolti e del periodo interessato nei seguenti termini:

- da euro 1.500 ad euro 9.000 se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 6 mesi;

- da 3.000 ad euro 15.000 se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 12 mesi.

Tutte le disposizioni sanzionatone, così come novellate, si applicano esclusivamente agli illeciti commessi successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.

[...]

Fonte: MLPS

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