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Circolare n 45 del 30 novembre 2016

ID 3301 | | Visite: 9018 | Circolari Sicurezza lavoro

Circolare n 45 del 30 novembre 2016

Abolizione Registro infortuni. Accesso ai dati contenuti nel “Cruscotto infortuni” da parte dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (aziendali e territoriali). 

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Cassazione Civile, Sez. Lav., 24 novembre 2016, n. 24029

ID 3294 | | Visite: 3018 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Civile, Sez. Lav., 24 novembre 2016, n. 24029 - Riorganizzazione aziendale e ricollocazione del lavoratore: non sussiste mobbing

1 - La Corte di Appello di Torino, in riforma della sentenza del Tribunale di Biella che aveva parzialmente accolto il ricorso, ha respinto le domande proposte nei confronti della Commerciale Brendolan s.r.l, poi incorporata dalla Maxi Di s.r.l., da P.D. , il quale aveva convenuto in giudizio la società allegando il carattere vessatorio della condotta tenuta nei suoi confronti dai vertici aziendali, che lo avevano ingiustamente privato di ogni mansione, costringendolo ad una forzosa inattività ed inducendolo a dimettersi. Aveva, quindi, domandato, "previa occorrendo dichiarazione di nullità delle dimissioni rassegnate per vizio del consenso", la condanna della convenuta al risarcimento dei danni, quantificati in complessivi Euro 543.022,87.

2 - La Corte territoriale ha ritenuto fondato l’appello principale (e conseguentemente assorbito l’incidentale relativo alla quantificazione del risarcimento), escludendo qualsiasi profilo di illegittimità della condotta tenuta dal datore di lavoro. Ha osservato, in sintesi, il giudice di appello che:

a) l’antefatto della vicenda era rappresentato dalla acquisizione da parte della Commerciale Brendolan s.r.l. del Gruppo T., alle dipendenze del quale il P. aveva in precedenza prestato attività lavorativa;
b) a seguito di detta acquisizione la società aveva dovuto attuare una complessa riorganizzazione ed aveva deciso di accentrare tutte le funzioni presso la sede di (omissis) e di avviare contestualmente una procedura di mobilità del personale in eccedenza assegnato all’unità di (omissis) , che si era conclusa con la collocazione in mobilità dei soli dipendenti che avevano aderito volontariamente;
c) le funzioni di responsabile degli acquisti dei prodotti ortofrutticoli, in precedenza svolte dal P. , erano state accentrate e ciò aveva fatto venir meno anche l’incarico ispettivo accessorio, limitato dal punto di vista qualitativo e quantitativo, che era stato assegnato, in aggiunta ai compiti in precedenza espletati, ad altro dipendente, il quale rivestiva una posizione sovraordinata rispetto a quella dell’appellante e svolgeva una generale attività di controllo e di supervisione dei punti vendita, non limitata al solo settore ortofrutticolo;
d) la missiva del 4.11.2005, con la quale la società aveva invitato il P. ad "aderire alla richiesta di godere temporaneamente.... di un periodo di ferie", era giustificata dalla necessità di individuare, all’esito della riorganizzazione aziendale, una diversa posizione lavorativa alla quale assegnare il ricorrente;
e) doveva, pertanto, essere escluso qualsivoglia intento persecutorio, giacché le scelte aziendali erano correlate alla operazione di acquisizione commerciale ed avevano riguardato tutto il personale assegnato alla sede di (omissis);
f) in ogni caso nel periodo compreso fra la lettera del 4 novembre 2005 e la instaurazione del procedimento cautelare l’appellante aveva prestato servizio per soli 24 giorni, sicché doveva escludersi qualsiasi pregiudizio alla professionalità del lavoratore;
g) il Tribunale aveva anche errato nel fare proprie le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio quanto alla ritenuta sussistenza del nesso causale fra la condotta aziendale e l’insorgenza della patologia psichica, poiché i primi sintomi si erano manifestati nel giugno 2005, quando non era ancora stato compiuto il primo atto ritenuto ostile dal ricorrente, che lo aveva individuato nella lettera del 4.11.2005.

3 - Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso P.D. sulla base di sei motivi. La MAXI DI s.r.l. ha resistito con tempestivo controricorso, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

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Allegato riservato Cassazione Civile, Sez. Lav., 24 novembre 2016, n. 24029.pdf
Cassazione civile Sez. Lav.
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 23 novembre 2016, n. 23862

ID 3266 | | Visite: 3036 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Civile, Sez. Lav., 23 novembre 2016, n. 23862 - Operaio visto a fumare nell'ambiente di lavoro in presenza di materiali infiammabili: licenziato

Con sentenza 14 agosto 2013, la Corte d'appello di Ancona rigettava l'appello di I.B. avverso la sentenza di primo grado, che aveva accertato la legittimità del licenziamento disciplinare intimatogli il 22 aprile 2011 dalla datrice Imap Group s.p.a., per avere, non ottemperando a precedenti richiami del superiore gerarchico, fumato in ambiente di lavoro con materiali infiammabili.

Preliminarmente rilevate l'idonea affissione del codice disciplinare alle bacheche degli accessi allo stabilimento in prossimità della timbratrice e la presenza all'interno dello stesso di visibili segnali di divieto di fumare, la Corte territoriale riteneva la giusta causa del licenziamento intimato, sulla base delle scrutinate risultanze istruttorie. Ed infatti, il lavoratore, già recidivo, era stato sorpreso a fumare nell'ambiente di lavoro, procurando (indipendentemente dalla verificazione di un danno, non avvenuta), per i materiali infiammabili presenti, quali legno e solventi, una situazione di pericolo che il divieto violato mirava a prevenire, in funzione della sicurezza dell'ambiente di lavoro; ed essa era sanzionata dall'art. 81, lett. m) del CCNL Legno industria con il licenziamento in tronco. Sicchè, la sanzione espulsiva doveva considerarsi proporzionata alla gravità della condotta reiterata, idonea all'irrimediabile rottura del legame fiduciario tra le parti. Con atto notificato il 17 febbraio 2014, I.B. ricorre per cassazione con quattro motivi, cui resiste Imap Group s.p.a. con controricorso.

Ponteggi: Modello di Pi.M.U.S. Piano di Montaggio, Uso e Smontaggio

ID 1124 | | Visite: 24513 | Documenti Sicurezza Enti

Ponteggi: Modello di Pi.M.U.S. Piano di Montaggio, Uso e Smontaggio

Modello di PIMUS in accordo con il D. Lgs. 81/2008 Titolo IV Cantieri temporanei o mobili Artt. 134 e 136.

1. Nei cantieri in cui vengono usati ponteggi deve essere tenuta ed esibita, a richiesta degli organi di vigilanza, copia della documentazione di cui al comma 6 dell'articolo 131 e copia del piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in caso di lavori in quota, i cui contenuti sono riportati nell'allegato XXII del presente Titolo.
2. Le eventuali modifiche al ponteggio, che devono essere subito riportate sul disegno, devono restare nell'ambito dello schema-tipo che ha giustificato l'esenzione dall'obbligo del calcolo.

D.Lgs. n. 81/2008
...
Titolo IV Cantieri temporanei o mobili
...

Sezione V
Ponteggi fissi

Art. 131. Autorizzazione alla costruzione ed all'impiego

1. La costruzione e l'impiego dei ponteggi realizzati con elementi portanti prefabbricati, metallici o non, sono disciplinati dalle norme della presente sezione.
2. Per ciascun tipo di ponteggio, il fabbricante chiede al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali l'autorizzazione alla costruzione ed all'impiego, corredando la domanda di una relazione nella quale devono essere specificati gli elementi di cui all'articolo seguente.
3. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in aggiunta all'autorizzazione di cui al comma 2 attesta, a richiesta e a seguito di esame della documentazione tecnica, la rispondenza del ponteggio già autorizzato anche alle norme UNI EN 12810 e UNI EN 12811 o per i giunti alla norma UNI EN 74.
4. Possono essere autorizzati alla costruzione ed all'impiego ponteggi aventi interasse qualsiasi tra i montanti della stessa fila a condizione che i risultati adeguatamente verificati delle prove di carico condotte su prototipi significativi degli schemi funzionali garantiscano la sussistenza dei gradi di sicurezza previsti dalle norme di buona tecnica.
5. L'autorizzazione è soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verificare l'adeguatezza del ponteggio all'evoluzione del progresso tecnico.
6. Chiunque intende impiegare ponteggi deve farsi rilasciare dal fabbricante copia della autorizzazione di cui al comma 2 e delle istruzioni e schemi elencati al comma 1, lettere d), e), f) e g) dell'articolo 132.
7. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali si avvale anche dell'ISPESL per il controllo delle caratteristiche tecniche dei ponteggi dichiarate dal titolare dell'autorizzazione, attraverso controlli a campione presso le sedi di produzione.

Art. 132. Relazione tecnica

1. La relazione di cui all'articolo 131 deve contenere:

a) descrizione degli elementi che costituiscono il ponteggio, loro dimensioni con le tolleranze ammissibili e schema dell'insieme;
b) caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati e coefficienti di sicurezza adottati per i singoli materiali;
c) indicazione delle prove di carico, a cui sono stati sottoposti i vari elementi;
d) calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di impiego;
e) istruzioni per le prove di carico del ponteggio;
f) istruzioni per il montaggio, impiego e smontaggio del ponteggio;
g) schemi-tipo di ponteggio con l'indicazione dei massimi ammessi di sovraccarico, di altezza dei ponteggi e di larghezza degli impalcati per i quali non sussiste l'obbligo del calcolo per ogni singola applicazione.

Art. 133. Progetto

1. I ponteggi di altezza superiore a 20 metri e quelli per i quali nella relazione di calcolo non sono disponibili le specifiche configurazioni strutturali utilizzate con i relativi schemi di impiego, nonché le altre opere provvisionali, costituite da elementi metallici o non, oppure di notevole importanza e complessità in rapporto alle loro dimensioni ed ai sovraccarichi, devono essere eretti in base ad un progetto comprendente:

a) calcolo di resistenza e stabilità eseguito secondo le istruzioni approvate nell'autorizzazione ministeriale;
b) disegno esecutivo.

2. Dal progetto, che deve essere firmato da un ingegnere o architetto abilitato a norma di legge all'esercizio della professione, deve risultare quanto occorre per definire il ponteggio nei riguardi dei carichi, delle sollecitazioni e dell'esecuzione.

3. Copia dell'autorizzazione ministeriale di cui all'articolo 131 e copia del progetto e dei disegni esecutivi devono essere tenute ed esibite, a richiesta degli organi di vigilanza, nei cantieri in cui vengono usati i ponteggi e le opere provvisionali di cui al comma 1.

Art. 134. Documentazione

1. Nei cantieri in cui vengono usati ponteggi deve essere tenuta ed esibita, a richiesta degli organi di vigilanza, copia della documentazione di cui al comma 6 dell'articolo 131 e copia del piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in caso di lavori in quota, i cui contenuti sono riportati nell'allegato XXII del presente Titolo.
2. Le eventuali modifiche al ponteggio, che devono essere subito riportate sul disegno, devono restare nell'ambito dello schema-tipo che ha giustificato l'esenzione dall'obbligo del calcolo.

Art. 135. Marchio del fabbricante

1. Gli elementi dei ponteggi devono portare impressi, a rilievo o ad incisione, e comunque in modo visibile ed indelebile il marchio del fabbricante.

Art. 136. Montaggio e smontaggio

1. Nei lavori in quota il datore di lavoro provvede a redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in funzione della complessità del ponteggio scelto, con la valutazione delle condizioni di sicurezza realizzate attraverso l'adozione degli specifici sistemi utilizzati nella particolare realizzazione e in ciascuna fase di lavoro prevista. Tale piano può assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato da istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio, ed è messo a disposizione del preposto addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati.
2. Nel serraggio di più aste concorrenti in un nodo i giunti devono essere collocati strettamente l'uno vicino all'altro.
3. Per ogni piano di ponte devono essere applicati due correnti, di cui uno può fare parte del parapetto.
4. Il datore di lavoro assicura che:

a) lo scivolamento degli elementi di appoggio di un ponteggio è impedito tramite fissaggio su una superficie di appoggio, o con un dispositivo antiscivolo, oppure con qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;
b) i piani di posa dei predetti elementi di appoggio hanno una capacità portante sufficiente;
c) il ponteggio è stabile;
d) Lettera soppressa dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106;
e) le dimensioni, la forma e la disposizione degli impalcati di un ponteggio sono idonee alla natura del lavoro da eseguire, adeguate ai carichi da sopportare e tali da consentire un'esecuzione dei lavori e una circolazione sicure;
f) il montaggio degli impalcati dei ponteggi è tale da impedire lo spostamento degli elementi componenti durante l'uso, nonché la presenza di spazi vuoti pericolosi fra gli elementi che costituiscono gli impalcati e i dispositivi verticali di protezione collettiva contro le cadute.

5. Il datore di lavoro provvede ad evidenziare le parti di ponteggio non pronte per l'uso, in particolare durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione, mediante segnaletica di avvertimento di pericolo generico e delimitandole con elementi materiali che impediscono l'accesso alla zona di pericolo, ai sensi del titolo V.

6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d'arte e conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste.

7. La formazione di cui al comma 6 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:

a) la comprensione del piano di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio;
b) la sicurezza durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio con riferimento alla legislazione vigente;
c) le misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone o di oggetti;
d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle condizioni meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;
e) le condizioni di carico ammissibile;
f) qualsiasi altro rischio che le suddette operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione possono comportare.

8. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.

Art. 137. Manutenzione e revisione

1. Il responsabile del cantiere, ad intervalli periodici o dopo violente perturbazioni atmosferiche o prolungata interruzione di lavoro deve assicurarsi della verticalità dei montanti, del giusto serraggio dei giunti, della efficienza degli ancoraggi e dei controventi, curando l'eventuale sostituzione o il rinforzo di elementi inefficienti.
2. I vari elementi metallici devono essere difesi dagli agenti nocivi esterni con idonei sistemi di protezione.

Art. 138. Norme particolari

1. Le tavole che costituiscono l'impalcato devono essere fissate in modo che non possano scivolare sui traversi metallici.
2. È consentito un distacco delle tavole del piano di calpestio dalla muratura non superiore a 20 centimetri.
3. È fatto divieto di gettare dall'alto gli elementi del ponteggio.
4. È fatto divieto di salire e scendere lungo i montanti.
5. Per i ponteggi di cui alla presente sezione valgono, in quanto applicabili, le disposizioni relative ai ponteggi in legno. Sono ammesse deroghe:

a) alla disposizione di cui all'articolo 125, comma 4, a condizione che l'altezza dei montanti superi di almeno 1 metro l'ultimo impalcato;
b) alla disposizione di cui all'articolo 126, comma 1, a condizione che l'altezza del parapetto sia non inferiore a 95 cm rispetto al piano di calpestio;
c) alla disposizione di cui all'articolo 126, comma 1, a condizione che l'altezza del fermapiede sia non inferiore a 15 cm rispetto al piano di calpestio;

d) Lettera soppressa dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.

ALLEGATO XXII

CONTENUTI MINIMI DEL Pi.M.U.S.

1. Dati identificativi del luogo di lavoro;
2. Identificazione del datore di lavoro che procederà alle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio;
3. Identificazione della squadra di lavoratori, compreso il preposto, addetti alle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio;
4. Identificazione del ponteggio;
5. Disegno esecutivo del ponteggio dal quale risultino:
5.1. generalità e firma del progettista, salvo i casi di cui al comma 1, lettera g) dell’articolo 132,
5.2. sovraccarichi massimi per metro quadrato di impalcato,
5.3. indicazione degli appoggi e degli ancoraggi.

Quando non sussiste l’obbligo del calcolo, ai sensi del comma 1, lettera g) dell’articolo 132, invece delle indicazioni di cui al precedente punto 5.1, sono sufficienti le generalità e la firma della persona competente di cui al comma 1 dell’articolo 136.

6. Progetto del ponteggio, quando previsto;
7. Indicazioni generali per le operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio ("piano di applicazione generalizzata"):
7.1. planimetria delle zone destinate allo stoccaggio e al montaggio del ponteggio, evidenziando, inoltre: delimitazione, viabilità, segnaletica, ecc.,
7.2. modalità di verifica e controllo del piano di appoggio del ponteggio (portata della superficie, omogeneità, ripartizione del carico, elementi di appoggio, ecc.),
7.3. modalità di tracciamento del ponteggio, impostazione della prima campata, controllo della verticalità, livello/bolla del primo impalcato, distanza tra ponteggio (filo impalcato di servizio) e opera servita, ecc.,
7.4. descrizione dei DPI utilizzati nelle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio e loro modalità di uso, con esplicito riferimento all’eventuale sistema di arresto caduta utilizzato ed ai relativi punti di ancoraggio,
7.5. descrizione delle attrezzature adoperate nelle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio e loro modalità di installazione ed uso,
7.6. misure di sicurezza da adottare in presenza, nelle vicinanze del ponteggio, di linee elettriche aeree nude in tensione, di cui all’articolo 117,
7.7. tipo e modalità di realizzazione degli ancoraggi,
7.8. misure di sicurezza da adottare in caso di cambiamento delle condizioni meteorologiche (neve, vento, ghiaccio, pioggia) pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio e dei lavoratori,
7.9. misure di sicurezza da adottare contro la caduta di materiali e oggetti;
8. Illustrazione delle modalità di montaggio, trasformazione e smontaggio, riportando le necessarie sequenze “passo dopo passo”, nonché descrizione delle regole puntuali/specifiche da applicare durante le suddette operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio (“istruzioni e progetti particolareggiati”), con l’ausilio di elaborati esplicativi contenenti le corrette istruzioni, privilegiando gli elaborati grafici costituiti da schemi, disegni e foto;
9. Descrizione delle regole da applicare durante l’uso del ponteggio;
10. Indicazioni delle verifiche da effettuare sul ponteggio prima del montaggio e durante l’uso (vedasi ad es. ALLEGATO XIX)

Modello elaborato su doc. CPT padova

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Art. 134. D.Lgs. 81/2008
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Linea guida formaildeide RL

ID 3255 | | Visite: 4943 | Documenti Sicurezza ASL

Linea guida formaildeide RL

Linea guida regionale sulla stima e gestione del rischio da esposizione a formaldeide: razionalizzazione del problema e proposta opera

Indice
1. GENERALITA’
1.a Identificazione dell’agente chimico e proprietà chimico-fisiche
1.b Esposizione outdoor e indoor
2. CENNI DI TOSSICOLOGIA
3. INQUADRAMENTO NORMATIVO
4. STIMA E/O MISURA DELL’ESPOSIZIONE
4.a Monitoraggio Ambientale
4.a.1 Tecniche di Campionamento
5. VALUTAZIONE DEL RISCHIO
5.a Metanalisi degli studi di cancerogenicità della formaldeide
5.b Considerazioni critiche sugli studi di cancerogenicità
6. SETTORI LAVORATIVI
6.a Sistema Informativo Internazionale “CAREX” (Carcinogen Exposure)
6.b Sanità
6.c Plastica
6.d Legno
6.e Metalmeccanica
6.f Fonderie di Ghisa
7. INDICAZIONI UTILI ALLA GESTIONE DEL RISCHIO
7.a Linee Guida della SIMLII per la sorveglianza sanitaria degli esposti ad agenti cancerogeni e mutageni in ambiente di lavoro 2013
7.b Valori Guida
7.b.1 Valori Limite di esposizione per la popolazione generale
7.b.2 Valori Limite di esposizione occupazionale
8. CONSIDERAZIONI PER UNA GESTIONE RAZIONALE DEL PROBLEMA
9. BIBLIOGRAFIA

Regione Lombardia 
Decreto n. 11665 del 15/11/2016

Cassazione Penale, Sez. 1, 09 novembre 2016, n. 47211

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Cassazione Penale, Sez. 1, 09 novembre 2016, n. 47211 - Uso di accorgimenti atti ad eludere la corretta registrazione dei dati sui cronotachigrafi degli automezzi: rimozione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro da parte del DL

1. Con sentenza del 19/11/15 il G.u.p. del Tribunale di Milano dichiarava non luogo a procedere nei confronti di V.GP. perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Al suddetto era contestato il reato di cui agli artt., 81 cpv., 437 co. 1, 61 n. 2, cod. pen., "perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in qualità di amministratore della Autotrasporti V.GP. s.r.l. e della E. Transport s.r.l., ometteva di collocare impianti, diretti a prevenire infortuni sul lavoro, regolarmente funzionanti, segnatamente imponendo ai conducenti degli automezzi....di utilizzare accorgimenti e/o dispositivi che eludevano la corretta registrazione dei dati sui cronotachigrafi digitali installati sugli automezzi medesimi, occultando il mancato rispetto del periodo di riposo attraverso modalità quali l'apposizione di un magnete sul sensore del cambio che, alterando il congegno elettronico, impediva il regolare flusso dei dati del tachigrafo digitale".
La sentenza impugnata, per quanto in questa sede di interesse, evidenziava, invero, come dalla convergenza delle denunce di LR.M. e di M.M., ex dipendenti della Autotrasporti V.GP. s.r.l., e dai riscontri offerti dall'informativa di reato della Polizia stradale di Milano, nonché dalle s.i.t. degli altri dipendenti della società ed infine dal verbale di perquisizione in atti, fosse emersa la sistematicità della manomissione dei cronotachigrafi installati a bordo dei veicoli di detta società da parte dei dipendenti; ai quali ultimi era stato imposto dall'imputato l'utilizzo di magneti per alterare il funzionamento degli apparecchi, impedendo, di fatto, la registrazione della velocità, dei tempi di guida e di sosta, al fine di eludere i controlli su detti tempi da parte della Polizia stradale, e di violare conseguentemente i diritti ai riposi settimanali dei lavoratori, sottoposti a turni di lavoro più lunghi del consentito. Invero, le denunce e le dichiarazioni dei dipendenti su tale prassi avevano trovato riscontro nei pregressi accertamenti su svariati veicoli della società, controllati dalla Polizia stradale (che aveva proceduto alla contestazione della violazione delle regole sul cronotachigrafo di cui all'art. 179 Codice della strada), nonché nei successivi accertamenti di polizia giudiziaria, svolti collocando a bordo dei veicoli utilizzati da detta società apparecchiature GPS, che avevano consentito di verificare varie incongruenze tra i periodi di riposo segnati nelle stampate del cronotachigrafo rispetto agli effettivi spostamenti del mezzo rinvenibili dall'analisi dello storico GPS, comprovando, pertanto, la manomissione dei rilevatori a bordo dei camion. Ulteriore conferma era stata offerta, secondo la ricostruzione della sentenza in oggetto, dal rinvenimento a bordo di alcuni mezzi, all'esito della perquisizione degli stessi, di calamite di forma circolare.
Così ricostruiti i fatti, il G.u.p. riteneva che gli stessi andassero sussunti nella disposizione di cui all'alt. 179 c.d.s., anziché in quella contestata di cui all'art. 437 cod. pen.. Premetteva, invero, che quest'ultima fattispecie puniva chiunque omettesse di collocare, ovvero rimuovesse o danneggiasse impianti, apparecchi e segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro e che, nella prospettazione accusatoria, la manomissione del cronotachigrafo, impedendo l'effettiva registrazione dei periodo di riposo dei conducenti dei mezzi, determinava un maggior rischio di incidenti stradali, a danno dell'incolumità del dipendente stesso e della sicurezza pubblica; ed inoltre che l'art. 179 del codice della strada assoggettava ad una sanzione amministrativa la condotta diretta alla manomissione o alterazione di cronotachigrafo. Rilevava, quindi, che, ponendosi un problema di concorso tra norma penale e sanzione amministrativa, occorreva verificare, ai sensi dell'art. 9 l. 689/81 (come interpretato dalla pronuncia n. 1963 delle Sezioni Unite del 2011), attraverso un confronto tra le fattispecie astratte, quale tra le due disposizioni applicabili al caso in esame risultasse speciale rispetto all'altra.
Evidenziava, pertanto, come all'interno della fattispecie amministrativa vi fossero elementi specializzanti rispetto alla fattispecie penale: a) in relazione ai soggetti destinatari, riferendosi l'art. 437 cod. pen. genericamente a chiunque ed invece l'art. 179 c.d.s. a "chiunque circola" o al "titolare della licenza o dell'autorizzazione al trasporto di cose o di persone"; b) in relazione alla condotta sanzionata, individuata in una generale previsione di danneggiamento nell'ipotesi del reato codicistico, a fronte della specifica previsione amministrativa di "manomissione dei sigilli", di "alterazione" o "manomissione del cronotachigrafo"; c) in relazione anche all'oggetto materiale della condotta, individuato dalla disposizione amministrativa in modo specifico nel cronotachigrafo, a fronte della generale indicazione ex art. 437 cod. pen. di impianti, apparecchi o segnali. Aggiungendo che specializzante non fosse neppure 
l'elemento soggettivo dell'art. 437 cod. pen., poiché in entrambe le ipotesi si trattava di fatti commessi dolosamente.
Il giudice a quo, pertanto, ravvisando nella specie gli estremi della fattispecie amministrativa, emetteva pronuncia di non luogo a procedere per non essere il fatto previsto dalla legge come reato.

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, lamentando l'erronea applicazione dell' art. 9 l. n. 689/1981 in relazione al rapporto tra l' art. 437 cod. pen. e l' art. 179 c.d.s..
Ci si duole che il G.u.p. abbia qualificato i fatti contestati ai sensi di quest'ultimo articolo, anziché ai sensi dell'art. 437 cod. pen., trascurando : - che l'articolo di cui in ultimo è caratterizzato da un elemento specializzante, pur se implicito, rispetto alla suddetta previsione amministrativa, prevedendo un delitto punito esclusivamente a titolo di dolo, mentre la violazione del codice della strada, essendo sanzionata solo in via amministrativa, può essere punita sia a titolo di dolo che di colpa ( anche l'ipotesi aggravata del comma 2, ultimo periodo ); - inoltre, che l'art. 437 cod. pen. punisce chi omette di collocare, rimuove, danneggia o comunque manomette, mentre l'art. 179 c.d.s. solo chi circola o chi mette in circolazione, come titolare della licenza di trasporto, punendoli anche se non sono autori della manomissione, diversamente dalla norma codicistica, o anche se non sono a conoscenza della stessa.
Diverso, peraltro, è, secondo il ricorrente, il bene giuridico tutelato, prendendo in considerazione l'art. 179 c.d.s. i soli rischi derivanti dalla circolazione stradale e quindi tutelando la sicurezza di detta circolazione, mentre l'art. 437 cod. pen. tutela in via principale la sicurezza dei lavoratori, essendo limitato il suo ambito di operatività ai dispositivi diretti a prevenire gli infortuni, e per estensione l'incolumità pubblica, non essendo la fattispecie configurabile laddove vi sia un pericolo effettivo per l'incolumità pubblica, in assenza di profili di rischio per la sicurezza dei lavoratori.
La diversità dei beni giuridici coinvolti, impone, quindi, secondo il ricorrente, di escludere l'applicabilità dell'art. 9 l. n. 689/81 al caso di specie, avendo le finalità di tutela della previsione di cui all'art. 437 cod. pen. una specificità propria non sovrapponibile a quelle del Codice della strada, sì da non poterla ritenere norma generale rispetto a quella di cui all'art. 179 C.d.s. 
Il P.m. ricorrente chiede, alla luce dei sopraindicati motivi, l'annullamento della sentenza impugnata.

3. Il difensore di V.GP. ha presentato memoria nella quale chiede il rigetto del ricorso, evidenziando come l'estensore della sentenza impugnata non solo abbia fatto corretto uso dei principi della sentenza delle Sezioni Unite dallo stesso richiamata ( sottolinea, invero, il difensore come gli elementi specializzanti della norma di cui all'art. 179 c.d.s. rispetto alla disposizione penale riguardino il soggetto agente e l'oggetto materiale della condotta e come non rilevi la diversità del bene giuridico tutelato ), ma si inserisca, altresì, nell'alveo della giurisprudenza di merito che, in più occasioni, in casi del tutto simili a quello di specie, hanno "riconosciuto la sussistenza della violazione amministrativa di cui al comma 2 dell'art. 179 c.d.s. rispetto al delitto previsto dal codice penale".

Vademecum sui Lavori Usuranti - UIL

ID 1770 | | Visite: 9850 | Documenti Sicurezza Enti

Vademecum sui Lavori Usuranti

Decreto Legislativo N. 67/2011 - Diritti e modalità d’accesso anticipato al pensionamento

Il D.Lgs. n. 67/2011 consente, ai lavoratori addetti a mansioni particolarmente pesanti e faticose, cosiddetto lavori usuranti, di andare in pensione in anticipo rispetto ai tempi normali.

Perché ciò possa essere possibile, la legge ha disciplinato una serie di comunicazioni obbligatorie a carico del lavoratore e del datore di lavoro. Inoltre ha disciplinato le modalità e le tempistiche con le quali tali comunicazioni devono essere presentate al fine di velocizzare e rendere più efficiente il procedimento.

Qui di seguito sono elencate le varie categorie di lavori usuranti:

- Lavori in galleria, cava o miniera o comunque tutte le mansioni svolte in sotterraneo dagli addetti con carattere di prevalenza e continuità;
- Lavori in occasioni di aria compressa;
- Lavori svolti dai palombari;
- Lavori ad alte temperature;
- Lavorazione del vetro cavo;
- Lavori espletati in spazi ristretti (es: attività di costruzioni, riparazione e manutenzione navale, intercapedini, pozzetti, doppi fondi);
- Lavori di asportazione dell'amianto;
- Lavori notturni (attività svolte, per almeno tre ore di lavoro giornaliero, durante il periodo notturno, cioè un periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino; in difetto di contrattazione collettiva, attività svolte nel periodo notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno);
- Lavori svolti da addetti alla c.d. "linea catena" (prodotti dolciari, additivi per bevande, lavorazione delle resine sintetiche e di materiali polimerici , produzione di articoli finti, macchine per cucire, costruzioni di autoveicoli e di rimorchi, apparecchi termici, elettrodomestici, confezione di calzature e confezione con articoli di abbigliamento ed accessori);
- Conducenti di veicoli di capienza non inferiore a nove posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo.

Le attività di lavori usuranti dovranno essere prestate in un periodo di tempo pari almeno a sette anni, compreso l'anno di maturazione dei requisiti, negli ultimi dieci anni di attività lavorativa, per le pensioni aventi decorrenza entro il 31 dicembre 2017, o da almeno la metà della vita lavorativa complessiva, per le pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 2018 ( sono considerati solo i periodi effettivamente prestati).

Fonte: UIL

Decreto Legislativo 21 aprile 2011, n. 67 - Lavori usuranti

Info INPS

http://www.inps.it/portale/default.aspx?itemdir=9652

Cassazione Civile, Sez. Lav., 04 novembre 2016, n. 22475

ID 3213 | | Visite: 2952 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Civile, Sez. Lav., 04 novembre 2016, n. 22475 - E' escluso il cumulo tra due prestazioni fondate sullo stesso evento invalidante

1. Il Tribunale di Velletri, con sentenza del n. 309/1998, riconobbe a G.S. il diritto all'assegno ordinario di invalidità con decorrenza 1/11/1996. In sede di esecuzione, l'Inps rilevò che il G.S. era titolare di rendita Inail fondata sulla stessa patologia posta a base del riconoscimento dell'assegno di invalidità e, stante l'incumulabilità tra le due prestazioni ai sensi dell'art. 1, comma 43, legge n. 335 /1995, ne sospese l'erogazione.

2. Il G.S. propose pertanto nuovo ricorso al Tribunale di Velletri per la condanna dell'Inps al pagamento degli arretrati dell'assegno ordinario dal 1/11/1996 al 31/12/1999. Il Tribunale rigettò la domanda.

3. Contro la sentenza il G.S. propose appello e la Corte d'appello di Roma, dopo aver disposto una nuova consulenza tecnica d'ufficio, con sentenza depositata in data 23 settembre 2009 ha parzialmente accolto l'impugnazione riconoscendo all'appellante il diritto all'assegno ordinario di invalidità con la decorrenza indicata dal c.t.u. d'appello (1 gennaio 2008) sul presupposto che la capacità di lavoro dell'assicurato, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, si era ridotta a meno di 1/3 del normale a far tempo dalla suddetta data. Ha invece rigettato la domanda di condanna al pagamento delle somme richieste a titolo di ratei maturati dal 1996 al 1999, ribadendo l'incompatibilità della prestazione richiesta con la rendita Inail ancora in godimento, in quanto fondata sullo stesso evento invalidante. Il c.t.u. aveva infatti rilevato che le infermità valutate dal tribunale di Velletri con la sentenza n. 309/1998 coincidevano in tutto con i postumi di un infortunio sul lavoro, subito il 18/6/1994, e già valutati in sede INAIL per il riconoscimento di una rendita per inabilità.

4. Contro la sentenza l'Inps propone ricorso per cassazione, articolando un unico motivo. Il G.S. resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale dal quale si difende l'Inps con controricorso.

Safety and health in the use of machinery

ID 1491 | | Visite: 5427 | Documenti Sicurezza Enti

Safety and health in the use of machinery

ID 1491 | 07.11.2016

This new ILO code of practice sets out principles concerning safety and health in the use of machinery and defines safety and health requirements and precautions applicable to governments, workers and employers, and also to designers, manufacturers and suppliers of machinery.

Machinery is used in virtually all work activities, and thus presents certain safety and health risks in a large number of workplaces all over the world. Many new types of machinery are also introduced each year, hence the urgent need for a systematic approach to ensure safety and health when machinery is put on the market.

The ILO Global Strategy on Occupational Safety and Health adopted in 2003 called for the revision of the Guarding of Machinery Convention, 1963 (No. 119), and Recommendation (No. 118), and recommended that “Priority should also be given to the development of a new instrument on the guarding of machinery in the form of a code of practice”.

ILO
International Labour Office Geneva
2013

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ILO - International Labour Office Geneva - 2013
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Cassazione Penale, Sez. 4, 31 ottobre 2016, n. 45786

ID 3191 | | Visite: 2588 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Penale, Sez. 4, 31 ottobre 2016, n. 45786 - Silos privo di carter di protezione e infortunio del dipendente della cooperativa

1. Con pronunzia resa il 10 aprile 2015, la Corte d'appello di Salerno riformava la sentenza con la quale il Tribunale di Salerno -sezione distaccata di Eboli- in data 21 giugno 2007 aveva assolto I.A. dai reati a lui ascritti ex artt. 590 cod.pen. e 55, 68 e 81 del D.P.R. 547/1955, commessi in Battipaglia il 24 giugno 2002; la Corte salernitana, ritenuta la responsabilità dell'I.A., dichiarava non doversi procedere nei confronti del medesimo per essere i reati estinti per maturata prescrizione, dichiarandolo responsabile ai fini civili e condannandolo al risarcimento del danno e delle spese di giudizio in favore della costituita parte civile V.A..

Oggetto del giudizio é un infortunio sul lavoro occorso all'V.A., dipendente della cooperativa C. che operava presso la società A. s.p.a., della quale l'I.A. era legale rappresentante; l'operaio, addetto alla pulizia dei locali della società, mentre stava espletando le proprie mansioni introduceva la mano destra nella catena di trasmissione di un silos utilizzato per raccogliere scarti di lavorazione, catena di trasmissione che, secondo la tesi accusatoria, era priva del carter di protezione; ciò provocava l'amputazione della falange del dito mignolo, dell'indice e del medio della mano destra del lavoratore.
Secondo la Corte di merito, doveva ritenersi comprovato che la catena di trasmissione fosse priva del carter e che ciò abbia cagionato l'infortunio, sulla base delle dichiarazioni rese per iscritto dall'isp. DS. dell'ASL, dei rilievi fotografici e della deposizione della persona offesa; della carenza di detto mezzo di protezione, sempre secondo la Corte territoriale, deve rispondere l'I.A., quale datore di lavoro e titolare di una posizione di garanzia e dei connessi doveri di vigilanza e controllo.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre l'I.A., per il tramite del suo difensore di fiducia.
Il ricorso consta di due motivi, più un motivo nuovo, contenuto in atto depositato in Cancelleria in data 22 settembre 2016.

2.1. Con il primo motivo l'esponente lamenta vizio di motivazione con riferimento all'affermazione di penale responsabilità dell'I.A. e, in specie, alla circostanza che il silos fosse sprovvisto di mezzi di sicurezza: circostanza in ordine alla quale il primo giudice non aveva ritenuto raggiunta la prova e che invece la Corte, riformando in peius la pronunzia di primo grado, ha ritenuto accertata senza confrontarsi con la difforme decisione del Tribunale e senza adeguatamente motivare il suo diverso convincimento; ripercorrendo la versione accolta dal giudice di primo grado (secondo la quale l'V.A., scivolato presso il silos, si aggrappava all'imbocco del macchinario venendo accidentalmente a contatto con l'elemento ruotante dello stesso), il ricorrente denuncia la ricostruzione della Corte di merito come ipotesi meramente alternativa, basata sulle iniziali dichiarazioni del DS. (peraltro da questi corrette nella sua deposizione dibattimentale) e non suffragata dalle stesse dichiarazioni dell'V.A..

2.2. Con il secondo motivo l'esponente lamenta vizio di motivazione in riferimento alle statuizioni civili a suo carico e alla condanna alle spese di giudizio in favore della parte civile: la persona offesa non era dipendente della società di cui l'I.A. era legale rappresentante, ma di una cooperativa che operava presso detta società in regime di appalto; in base al contratto vi era un responsabile di cantiere per l'appaltatore (alternativamente A.P. o G.F.), ed inoltre non è stato esaminato l'aspetto riguardante la dotazione dei dispositivi individuali di protezione per l'V.A., dipendente - si ripete - da altra ditta, né è stata scrutinata la posizione del datore di lavoro dell'V.A. per verificarne il contributo causale nella produzione dell'evento.

2.3. Con il motivo nuovo da ultimo depositato l'esponente lamenta, sulla scorta della giurisprudenza di legittimità formatasi a seguito dell'orientamento espresso dalla Corte di Strasburgo con le note sentenze Dan c. Moldavia e Manolachi c. Romania, che la Corte di merito abbia condannato l'imputato agli effetti civili, dichiarando prescritti i reati, dopo la pronunzia assolutoria di primo grado, basandosi esclusivamente o in modo determinante su una differente valutazione delle fonti dichiarative escusse nel precedente grado di giudizio e senza procedere a nuova assunzione delle stesse.

3. All'odierna udienza il difensore della parte civile V.A. ha rassegnato conclusioni scritte e depositato nota spese.

Guida esposizione alla silice cristallina respirabile (RCS) nei cantieri

ID 3184 | | Visite: 4786 | Documenti Sicurezza UE

Guida esposizione alla silice cristallina respirabile (RCS) nei cantieri: EU OSHA Ottobre 2016

Silice cristallina respirabile nei cantieri: è appena stata pubblicata la nuova guida europea per gli ispettori del lavoro

Il comitato degli alti responsabili dell’ispettorato del lavoro (CARIP), assieme al ministero del Lavoro dei Paesi Bassi (ispezione del lavoro), ha pubblicato una guida destinata agli ispettori nazionali del lavoro su come affrontare i rischi per i lavoratori derivanti dall’esposizione alla silice cristallina respirabile (RCS) nei cantieri.

La silice cristallina respirabile è ampiamente presente in svariati settori industriali nei luoghi di lavoro dei paesi dell’UE ed è nota perché causa gravi malattie, quali la silicosi, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (COPD) e il cancro ai polmoni. Il lavoro nei cantieri è il fulcro di questa guida, a causa della sua ampia diffusione in Europa e degli elevati rischi in termini di potenziale di esposizione e dell’ampio numero di lavoratori potenzialmente esposti.

La guida fornisce agli ispettori nazionali del lavoro informazioni di riferimento su RCS, rischi per la salute, quadro normativo, misure di controllo, oltre a una serie di elenchi delle attività riguardanti la RCS. Sono inoltre consigliate possibili azioni in cui si può individuare un rischio potenziale per la salute ascrivibile alla RCS, elevato, medio o basso, sulla base della portata e del livello dei controlli effettuati dagli ispettori al momento dell’accertamento.

Guidance for National Labour Inspectors on addressing risks from worker exposure to respirable crystalline silica (RCS) on construction sites Senior Labour Inspectors’ Committee (SLIC) Date of Issue:
October 2016

Fonte: EU OSHA

Decreto 20 settembre 2016

ID 3174 | | Visite: 3626 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto 20 settembre 2016 Min. Salute

Individuazione del datore di lavoro negli uffici centrali e periferici.

(GU n.247 del 21.10.2016)
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Art. 1
1. Ai fini e per gli effetti del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modifiche ed integrazioni, il datore di lavoro per il personale in servizio, assegnato ovvero in posizione di distacco o comando presso gli uffici centrali e periferici del Ministero della salute, è individuato come segue:

1) negli uffici centrali dell’amministrazione: il Direttore generale dell’organizzazione e del bilancio;
2) negli uffici USMAF-SASN di cui all’art. 3, comma 2 del decreto ministeriale 8 aprile 2015 citato in premessa, dipendenti dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria, il dirigente di II fascia titolare o reggente dell’ufficio, anche con riferimento al personale di cui all’art. 3, comma 1, ultima parte, di cui si avvale l’Ufficio 10 della medesima Direzione generale;
3) negli uffici UVAC-PIF di cui all’art. 9, comma 2 del decreto ministeriale 8 aprile 2015 citato in premessa, dipendenti dalla Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari, il dirigente di II fascia titolare o reggente dell’ufficio.
2. Nel caso in cui gli uffici di cui al comma 1, numeri 2) e 3) risultino temporaneamente vacanti, il datore di lavoro, ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, è individuato nel superiore gerarchico e, pertanto, nel responsabile della Direzione generale dal quale questi dipendono.
...
Segue in allegato

Collegati


Cassazione Penale, Sez. 4, 06 ottobre 2016, n. 42092

ID 3170 | | Visite: 2878 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Penale, Sez. 4, 06 ottobre 2016, n. 42092 - Caduta dalla scala a pioli del lavoratore "improvvisatosi" manutentore: comportamento abnorme o responsabilità del DL?

1. La Corte di Appello di Catania con sentenza in data 1.10.2015, sull'appello dell'imputato, confermava la sentenza del Tribunale di Ragusa che aveva riconosciuto C.C. colpevole del reato di cui all'art.589 cod.pen., nonché di tre distinte contravvenzioni in materia di sicurezza sul lavoro, in conseguenza della caduta da una scala a pioli del dipendente L.O. intento ad eseguire lavori di manutenzione in quota del macchinario "filo diamantato" e in conseguenza la aveva condannata alla pena di anni due di reclusione in relazione al delitto e a € 5000 di ammenda in relazione alle tre contravvenzioni. Condannava altresì la imputata al risarcimento dei danni a favore delle parti civili costituite cui riconosceva somme a titolo provvisionale in ragione del grado di parentela nei confronti del de cuius.

2. A fondamento della propria decisione la corte territoriale rilevava che L.O., sebbene inserito nella ditta O. e C. s.r.l. di cui la imputata risultava legale rappresentante in qualità di autista, sulla base del materiale istruttorio acquisito al giudizio, risultava essere comandato a svolgere anche attività ausiliarie in altri settori, quale quelli della manutenzione delle macchine, come nella specifica ipotesi in cui il L.O. si era issato su una scala a pioli per operare all'altezza richiesta dello specifico macchinario alla cui manutenzione era intento. La circostanza che la manutenzione straordinaria della suddetta macchina fosse curata da una ditta esterna, come desumibile dai documenti fiscali prodotti dalla difesa dell'imputata, non era incompatibile con l'incarico assunto dal dipendente, la cui azione non era stata improvvisa ed arbitraria, essendo altresì emerso che i dipendenti non erano soliti assumere iniziative personali di esecuzione di incombenti non comandati.

3. Da tali circostanze derivava la responsabilità del titolare della ditta e datore di lavoro del L.O. sia in relazione alla omessa predisposizione degli accorgimenti tecnici di cui alle fattispecie contravvenzionali ascritte e in particolare di non avere predisposto un sistema di accesso in quota per la manutenzione del macchinario, nonché per non avere provveduto acchè la scala a pioli fosse saldamente ancorata e comunque fosse di altezza superiore al livello di accesso al macchinario, sia in relazione alla omessa formazione del dipendente sui rischi connessi alla effettuazione di lavori di meccanica e di manutenzione dei macchinari presenti in azienda.

4. Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso per cassazione la difesa dell'imputata deducendo vizio di mancanza di motivazione e di violazione nella valutazione della prova, atteso che era emerso in dibattimento che giammai il L.O. aveva svolto interventi di manutenzione straordinaria ma semmai piccoli lavori di manutenzione ordinaria. Assumeva pertanto che la manutenzione del "filo diamantato" presentava caratteri di straordinarietà e di particolare delicatezza che giustificavano l'intervento di ditta specializzata, mentre vi erano elementi oggettivi per ritenere che il L.O. avesse assunto il compito di ingrassare la macchina, compito che mai avrebbe potuto impartire il datore di lavoro in quanto la macchina non aveva punti di lubrificazione. Ne derivava che il comportamento del dipendente era stato arbitrario e imprevedibile.

Con memoria depositata in data 4 Luglio 2016 si costituiva in giudizio la parte civile Inail che chiedeva il rigetto del ricorso.

Cassazione Civile, Sez. 3, 25 ottobre 2016, n. 21465

ID 3160 | | Visite: 3573 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Civile, Sez. 3, 25 ottobre 2016, n. 21465 - Contratto di affitto di azienda: macchinari e attrezzature non conformi

1. Avendo con atto del 26 marzo 2014 A. S.r.l. citato Fornace O. S.r.l. davanti al Tribunale di Voghera perché fosse dichiarato nullo per violazioni di norme imperative il contratto di affitto di azienda che essa, in qualità di affittuaria, aveva stipulato con la convenuta il 19 dicembre 2002, ovvero perché fosse annullato o ne fosse dichiarata la risoluzione per inadempimento di controparte (causa RG 232/2004), ed avendo in altro giudizio (RG 770/2004), poi riunito a quello avviato da A., Banca Popolare Emilia Romagna s.c. a r.l. agito per accertare che Fornace O. non aveva il diritto di escutere la fideiussione che essa il 5 dicembre 2002 aveva rilasciato quanto al pagamento dei canoni d'affitto d'azienda - aderendo la banca alla prospettazione di A. -, ed essendosi in entrambi giudizi costituita Fornace O. resistendo, il Tribunale, con sentenza del 2-15 febbraio 2010 rigettava le domande di A., dichiarava risolto il contratto per inadempimento di quest'ultima, che condannava al pagamento dei canoni, dichiarando la banca tenuta ad adempiere alla fideiussione.
Presentava appello A., e si costituiva Fornace O., resistendo. Con sentenza del 25 settembre-11 ottobre 2013 la Corte d'appello di Milano ha riformato la sentenza di primo grado limitatamente alla determinazione dei canoni che l'appellante è condannata a pagare, per il resto confermandola.
2. Ha presentato ricorso A. sulla base di un unico articolato motivo - sviluppato anche con memoria ex articolo 378 c.p.c. -, da cui si difende con controricorso O. Fornace.

Diritto

3. Il ricorso è parzialmente fondato.

Piano sicurezza ed emergenza: musei e luoghi cultura statali

ID 3158 | | Visite: 20517 | Decreti Sicurezza lavoro

Piano della sicurezza e dell’emergenza: musei e luoghi cultura statali

Note relative alla sicurezza dal "Decreto 30 giugno 2016 Criteri per l’apertura al pubblico, la vigilanza e la sicurezza dei musei e dei luoghi della cultura statali".

Decreto 30 giugno 2016
Criteri per l’apertura al pubblico, la vigilanza e la sicurezza dei musei e dei luoghi della cultura statali.

...
Art. 2. Sicurezza e vigilanza
...

2. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, e successive modificazioni, e dal decreto del Ministro dei beni culturali e ambientali 20 maggio 1992, n. 569, la vigilanza degli istituti e dei luoghi della cultura statali, ivi inclusa la vigilanza dei beni esposti e di quelli conservati nei depositi,
è svolta secondo le modalità stabilite, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, da un apposito piano della sicurezza, comprensivo del piano della sicurezza e dell’emergenza, del piano della vigilanza e del piano dell’accoglienza del pubblico.

Il piano è redatto dal direttore dell’istituto, nel rispetto della normativa vigente e delle ulteriori disposizioni emanate dal Ministero in materia di emergenza e di sicurezza del patrimonio culturale, in accordo con gli standard dell’International Council of Museums (ICOM) e sulla base dell’allegato tecnico «Istruzioni e parametri per il Piano della sicurezza dei musei e dei luoghi della cultura statali», che costituisce parte integrante del presente decreto. Il piano è adottato dal direttore, sentito il direttore del polo museale regionale e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e, per gli istituti dotati di autonomia speciale, sentito anche il consiglio di amministrazione, entro sessanta giorni dall’emanazione del presente decreto e successivamente aggiornato a cadenza almeno triennale.
...

Allegato tecnico

Istruzioni e parametri per il Piano della sicurezza dei musei e dei luoghi della cultura statali

Il servizio di accoglienza, vigilanza e sicurezza nei musei e luoghi della cultura dello Stato è fi nalizzato ad assicurare l’integrità dei beni e l’incolumità delle persone presenti al loro interno e a garantire l’accoglienza dei visitatori.

Il servizio è assicurato in via permanente, mediante l’utilizzo integrato di dispositivi adeguati e di personale idoneo, nella quantità e con le modalità appropriate al contesto ambientale, alle dimensioni e alla tipologia dell’istituto o del luogo della cultura e degli spazi accessibili al pubblico, alle caratteristiche dei beni esposti, ai dispositivi di protezione fisica e di vigilanza remota esistenti, alle modalità di visita previste.

Allo scopo di assicurare il servizio, il direttore elabora il Piano della sicurezza museo o del luogo della cultura, sulla base alle dotazioni relative alle strutture, alla sicurezza, alle risorse umane e finanziarie e garantendo il coinvolgimento del personale.

Il Piano si compone di:

- il Piano della sicurezza e dell’emergenza, che, elaborato sulla base dell’analisi dei rischi, individua le misure e le attività volte a garantire la sicurezza dei beni e delle persone presenti nel museo e le azioni da mettere in atto in caso di emergenza e le responsabilità e i compiti del personale in ordine alle mansioni attribuite, indicando altresì i numeri minimi di unità di personale necessari per garantire l’apertura in sicurezza dei siti culturali;

- il Piano della vigilanza, che individua le responsabilità e i compiti del personale in ordine alle mansioni attribuite, nella custodia, nella sorveglianza, nel controllo e nell’intervento a protezione delle strutture, dei beni e delle persone presenti nel museo o nel luogo della cultura; 

il Piano dell’accoglienza del pubblico, che, elaborato sulla base del Piano della sicurezza e dell’emergenza e del Piano della vigilanza, individua le responsabilità e i compiti del personale in ordine alle mansioni attribuite, nel ricevimento e nell’assistenza del pubblico.

I piani sono elaborati tenendo conto dei parametri sotto riportati, definiti in accordo con gli standard dell’International Council of Museums (ICOM), sulla base delle dimensioni e della tipologia del museo o del luogo della cultura e degli spazi accessibili al pubblico, delle caratteristiche dei beni esposti e di quelli conservati nei depositi, dei dispositivi di protezione fi sica e di vigilanza, anche remota, delle modalità di visita previste, nonché dei rischi connessi alle caratteristiche della struttura e del contesto ambientale.

I parametri sotto riportati hanno carattere indicativo e non esaustivo.

In ogni caso, i piani sono elaborati nel rispetto della normativa vigente e delle ulteriori disposizioni emanate dal Ministero in materia di emergenza e di sicurezza del patrimonio culturale, ivi incluse le circolari citate in premessa.

Il Piano della sicurezza e dell’emergenza è elaborato sulla base dell’analisi dei rischi, e individua le misure e le attività volte a garantire la sicurezza dei beni e delle persone presenti nel museo e le azioni da mettere in atto in caso di emergenza e le responsabilità e i compiti del personale in ordine alle mansioni attribuite, indicando altresì i numeri minimi di unità di personale necessari per garantire l’apertura in sicurezza dei siti culturali.
...

GU 247 del 21.10.2016

Cassazione Penale, Sez. 4, 23 novembre 2016, n. 49626

ID 3295 | | Visite: 3002 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Penale, Sez. 4, 23 novembre 2016, n. 49626 - Frattura da schiacciamento della falange. Rischio previsto ma nessuna misura di sicurezza adottata

Il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all'incolumità fisica dei lavoratori ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori il rispetto delle regole di cautela, sicché la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell'eccezionalità, dell’abnormità e, comunque, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile, (sez. 4, n. 37986 del 27.6.2012, Battafarano, rv. 254365; conf. sez. 4, n. 3787 del 17.10.2014 dep. il 27.1.2015).

Nel caso che occupa, dunque, secondo la logica conclusione dei giudici di merito, l'imputato - pur avendo ampiamente previsto i rischi di quella lavorazione, nel DUVRI dell'azienda - non aveva posto in essere misure idonee a impedire comunque l'evento, cioè misure tecniche valide a neutralizzare il rischio di cui stiamo parlando. E tali omissioni sono state poste a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'odierno ricorrente, sul già ricordato presupposto che il datore di lavoro non ha soltanto l’obbligo di fornire al lavoratore gli strumenti idonei all'attività demandata, ma ha anche l'obbligo di verificare in modo puntuale e pregnante, che tali strumenti e tutti i DPI vengano diuturnamente utilizzati. Compito datoriale che è stato ritenuto essere ampiamente ed evidentemente disatteso nell'azienda dell’imputato, che permetteva all'infortunato di movimentare le pesantissime barre di metallo semplicemente utilizzando le mani.

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Allegato riservato Cassazione Penale, Sez. 4, 23 novembre 2016, n. 49626.pdf
Cassazione Penale, Sez. 4
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Promoting diversity and inclusion through workplace adjustments: A practical guide

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Promoting diversity and inclusion through workplace adjustments: A practical guide

This guide aims to explain the concept of reasonable adjustments (“reasonable accommodation”) and provide practical step-by-step guidance on how and when these should be provided in the workplace.

Reasonable accommodations enable employees to bring their full self to work and thereby contribute to business success.

Reasonable accommodation is a concept that is applicable to all workers. However, specific groups of workers are more likely to be in need of reasonable accommodations, including persons with disabilities, people living with HIV or AIDS, pregnant workers and those with family responsibilities as well as employees who hold a particular religion or belief. Employers that accommodate individual needs create environments that welcome the diversity of their staff, create greater inclusion and are economically more successful.

This guide is designed to help the reader understand the concept of reasonable accommodations, accompanying measures as well as the process and steps to provide workplace adjustments throughout the employment cycle, including practical examples.

ILO 2016

Cassazione Penale, Sez. 4, 23 novembre 2016, n. 49623

ID 3265 | | Visite: 2739 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Penale, Sez. 4, 23 novembre 2016, n. 49623 - Esplosione e infortunio dell'operaio addetto ai forni fusori. Macchina fuori uso e sostituzione con una meno sicura: responsabilità di un dirigente

1. La Corte d'appello di Milano, con pronunzia resa il 5 febbraio 2016, riformava parzialmente la sentenza con la quale, in data 4 novembre 2014, il Tribunale di Milano in composizione monocratica aveva condannato G.M. (unitamente a G.T.) per il reato di lesioni personali colpose ex artt. 113 e 590 cod.pen., con violazione di norme prevenzionistiche e l'aggravante della previsione dell'evento ex art. 61, n. 3, cod.pen., commesso in Cormano il 23 giugno 2010 in danno di N.B.. Con la sentenza d'appello, mentre il G.T. veniva assolto per non avere commesso il fatto, al G.M. veniva riconosciuta la non menzione della condanna sul certificato dei casellario giudiziale; nel resto, la pronunzia di primo grado veniva confermata.
Nell'ambito della vicenda per cui é processo, il G.M. risponde del reato suddetto quale procuratore con delega in materia di igiene e sicurezza del lavoro della società Form S.p.A..

1.1. L'evento lesivo oggetto d'imputazione si verificava presso il reparto fonderia della detta Società, dalla quale il N.B. dipendeva quale operaio addetto ai forni fusori: costui, con una ruspa dotata di benna, stava caricando frontalmente rottami di alluminio all'interno di un forno, sebbene solitamente per tale attività si adoperasse un altro mezzo, denominato Tomorrow e munito di un particolare sistema di protezione per le operazioni di carico, che però - secondo quanto riferito dal N.B. in giudizio - non funzionava da oltre un mese e, secondo altre fonti di prova orali, era in manutenzione ma era stato già riparato e doveva essere rifornito unicamente di olio. Improvvisamente, si verificava una violenta esplosione (cagionata, secondo quanto emerso nel giudizio di merito, dalla presenza di acqua nei rottami) con fuoriuscita di una significativa quantità di metallo fuso, che investiva la ruspa sulla quale stava operando il N.B. e penetrava nell'abitacolo; l'operaio dapprima cercava di indietreggiare ma, essendosi reso conto della presenza di metallo fuso nell'abitacolo, scendeva dalla ruspa e, a quel punto, scivolava sul metallo fuso sparsosi sul pavimento e cadeva in terra, provocandosi le gravi ustioni di cui all'imputazione.

1.2. La ricostruzione dei fatti e delle responsabilità, emersa in primo grado sulla scorta delle testimonianze e dei rilievi eseguiti dall'ASL, veniva in sostanza confermata dalla Corte territoriale, che escludeva la possibilità che il liquido si fosse mischiato per cause accidentali all'alluminio; affermava che il N.B., nell'operare sulla ruspa, non era protetto, atteso che sulla stessa mancavano i vetri laterali non solo quel giorno, ma già da tempo, come precisato dalla stessa persona offesa e confermato dall'assenza di frammenti di vetro sul luogo dell'incidente; e concludeva, pertanto, che, pur essendo previsto dal DVR che la ruspa potesse essere usata in mancanza del Tomorrow per le operazioni di carico dei rottami, essa era meno adatta a proteggere i lavoratori e oltretutto, nel momento dell'Incidente, essa era priva di vetri laterali e dunque inidonea a proteggere i dipendenti che la usassero per tali operazioni.
Nella predetta qualità, secondo l'imputazione, viene addebitato al G.M. di avere cagionato l'evento lesivo in violazione dell'art. 71, commi 1 e 4 n. 2, D.Lgs. 81/2008, per avere messo a disposizione del N.B. un mezzo inidoneo a proteggerlo (ossia la ruspa), per di più in carente stato di manutenzione, e per averlo cosi costretto a un'uscita precipitosa dall'abitacolo della ruspa, nel quale erano penetrati schizzi di alluminio fuso, e ciò lo poneva nelle condizioni di scivolare sul metallo fuso sparsosi sul pavimento e di procurarsi le lesioni di cui all'imputazione.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre il G.M., per il tramite del suo difensore di fiducia. Il ricorso, corredato da una copiosa produzione documentale, si articola in tre ordini di motivi.

2.1. Il primo motivo, con il quale si denuncia vizio di motivazione (e, nella sostanza, anche travisamento di prove), concerne in realtà una pluralità di profili: in primo luogo, la difforme valutazione delle cause dell'incidente da parte della Corte di merito (che collega eziologicamente l'evento alla mancanza dei vetri laterali di protezione della ruspa, di per sé considerata come strumento alternativo al Tomorrow) rispetto al giudice di primo grado (secondo il quale la causa del sinistro é da ricercarsi nell'Indisponibilità del sistema Tomorrow Technology, caratterizzato da ben maggiore sicurezza ed efficacia protettiva); in secondo luogo, l'omessa valutazione del fatto che, a differenza di quanto sostenuto dal teste A. e come confermato dalla stessa persona offesa, l'ordine di utilizzare la ruspa non provenne dal G.M., ma dal preposto, ossia dal capo reparto A.G.; in terzo luogo, quest'ultimo, pur essendo incaricato di avvertire l'ing. G.M. di eventuali guasti o rotture, omise di dare avviso all'imputato della rottura dei vetri della ruspa, come confermato sia dal G.M. che dallo stesso A.G., il quale ha dichiarato in dibattimento che non era al corrente della rottura dei vetri.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta vizio di motivazione in riferimento alla ricostruzione alternativa dell'episodio fornita dal consulente tecnico della difesa, dott. M., il quale ha evidenziato la possibilità che fosse presente, all'interno del box scarti e rottame ubicato nel forno, il liquido contenuto in lattine da bibita, considerato che (come erroneamente escluso nel giudizio di merito ma confermato dallo stesso teste D. dell'ASL) era presente in prossimità della fonderia un distributore di bevande: ciò, deduce l'esponente, integrerebbe l'interruzione del nesso di causalità fra la condotta contestata e l'evento, risalendo quest'ultimo sui piano eziologico alla condotta abnorme, eccezionale e imprevedibile di qualche lavoratore che avrebbe abbandonato una lattina di alluminio, contenente liquido, nel box scarti e rottami.
2.3. Con il terzo motivo si denuncia la carenza di motivazione, sia nella sentenza impugnata che in quella di primo grado, in ordine alla riconosciuta aggravante della colpa con previsione ex art. 61, n. 3, cod.pen..

Use communication devices and its impact on the health

ID 3258 | | Visite: 3192 | Documenti Sicurezza UE

The increasing use of portable computing and communication devices and its impact on the health of EU workers

Portable computing and communication devices are widely used by workers from different occupations and their use is steadily increasing.

The risks associated with working with portable devices and systems, for which at present no guidelines exist, differ considerably from those associated with working with visual display units at workstations.

The latter are covered by the European VDU Directive and governed by a host of guidelines and recommendations within the EU Member States.

In the light of the above, the study addresses the following issues:

- To what extent are mobile communication devices used by the working population – how is such use growing in absolute terms and which types of workers are using them?

- How is the technology behind these devices  – hardware and telecommunications – developing, and how is the technology likely to evolve in the future?

- Description of the possible hazards arising from the use of portable computing and communication devices and the risks to workers in terms of ill health and accidents. We also consider how the nature and extent of these risks will change in the future in the light of likely developments in technology and its use.

-  The implications of the use and development of mobile communication and computing devices for occupational health and safety management and for legislation and implementation in the context of European law concerning health and safety at work. · The scope is limited to work carried out in locations and environments that are impossible or difficult for the employer to control.


European Commission 2009

 

 

Cassazione Civile, Sez. Lav., 16 novembre 2016, n. 23350

ID 3239 | | Visite: 3557 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Civile, Sez. Lav., 16 novembre 2016, n. 23350 - Risarcimento del danno da infortunio: quando è l'erede a dover pagare

Con ricorso al Tribunale di Parma del 6 agosto 2002 B.M. agiva nei confronti di S.L., nella qualità di erede del genitore S.LU. nonché di C.M. chiedendo condannarsi le parti convenute al risarcimento del danno biologico subito a seguito dell'infortunio sul lavoro del 18 settembre 1990, in misura di € 448.448.71 oltre accessori. Premetteva di avere subito un danno da invalidità temporanea e postumi permanenti per il quale aveva già promosso precedente giudizio nei confronti del datore di lavoro, S.LU. e del preposto, C.M., definito nei gradi di merito dal Pretore e dal Tribunale di Parma con accertamento della responsabilità delle parti convenute e condanna al risarcimento del danno, escluso il danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa. La Corte di Cassazione, su ricorso delle originarie parti convenute - con sentenza 14440/2000- in accoglimento dell'ultimo motivo di ricorso e respinti gli altri, aveva cassato per vizio di motivazione la sentenza impugnata nella parte in cui il giudice dell'appello aveva liquidato il danno biologico permanente applicando le tabelle del Tribunale di Milano in assenza di specifica motivazione.
Il giudizio, non riassunto nei termini, si estingueva.
Con l'attuale giudizio il B.M. chiedeva liquidarsi il danno biologico, sul presupposto della definitività delle statuizioni di accertamento della responsabilità e condanna dei convenuti al risarcimento del danno, non investite dalla sentenza di cassazione.
Il Tribunale di Parma, con sentenza del 23.9-8.10.2003 (nr. 525/03 ), accoglieva parzialmente la domanda, liquidando il danno biologico in € 429.856,26 oltre accessori; per S.L. limitava la condanna al valore dell'asse ereditario, stante la accettazione dell'eredità con beneficio di inventario.
Proponeva appello S.L., impugnando la sentenza:

- nella parte in cui il giudice del primo grado aveva ritenuto insussistente la violazione del principio del bis in idem, eccezione, sollevata nelle note autorizzate, fondata sulla circostanza che il B.M. aveva già iniziato la esecuzione forzata e che il Tribunale di Parma aveva respinto la opposizione alla esecuzione (sentenza del 30.4.2003, nr. 280/03);
-nella parte in cui il Tribunale aveva omesso di quantificare il valore-limite della sua condanna nonostante la accettazione beneficiata.

La Corte d'appello di Bologna, con sentenza del 29.10 -24.12.2009 (nr. 1106/2009), in parziale accoglimento dell'appello, dichiarava che l'appellante in relazione alla domanda di risarcimento del danno biologico da invalidità permanente non era tenuta al pagamento oltre il limite di valore dell'eredità accettata, pari ad € 170.531,44.
La Corte territoriale respingeva invece la eccezione di violazione del principio del ne bis in idem. Osservava che le statuizioni di merito non interessate dalla sentenza di cassazione avevano acquisito autorità di giudicato sicché il B.M. poteva avvalersi del titolo esecutivo quanto al danno biologico temporaneo, al danno morale, al danno futuro ed al danno emergente mentre era tenuto ad nuova azione per la liquidazione del danno biologico permanente, fermo il diritto sull'an e nel rispetto delle statuizioni contenute nella sentenza di cassazione con rinvio (nr. 14440/2000).
Quanto al secondo motivo di appello, la Corte di merito riteneva che il Tribunale avrebbe dovuto quantificare, come richiesto, il limite della responsabilità dell'erede beneficiato sicché aveva errato nel demandare la questione alla fase esecutiva emettendo condanna per l'intero ammontare liquidato.
Esponeva che la S.L. aveva già eseguito pagamenti al B.M. in sede esecutiva, a seguito di conversione di un pignoramento sui beni del de cuius, in misura di € 505.613,93. .
Quanto al valore dei beni ereditari poteva farsi riferimento alla perizia di stima redatta per incarico del giudice dell'esecuzione nel corso del procedimento esecutivo, che valutava complessivamente i beni in € 676.145,37 alla data della perizia. La domanda del B.M. doveva pertanto essere accolta nel limite del residuo valore coperto dai beni ( € 170.531,44).
Da ultimo la Corte d'appello respingeva la eccezione di assegnazione del credito del lavoratore ad un terzo, creditore del lavoratore, nel corso di un procedimento di espropriazione presso terzi in danno del B.M.; rilevava la novità della eccezione e comunque la sua infondatezza.
Per la Cassazione della sentenza ricorre B.M., articolando quattro motivi.
Resiste con controricorso S.L., che ha altresì depositato memoria e documenti aggiunti (sentenze rese in sede di opposizione alla esecuzione).
C.M. è rimasto intimato.

Pesticidi: Formazione operatori e Ispezione macchine

ID 2657 | | Visite: 5502 | Documenti Riservati Sicurezza

Pesticidi: aspetti formativi e di Ispezione delle macchine per l'applicazione

Focus

Entro Novembre 2016 dovranno essere effettuate le prime "Ispezioni di controllo funzionale sulle macchine per l'applicazione di pesticidi - Gruppo A"

Le direttive binomio "pesticidi-macchine per pesticidi" legano aspetti ambientali e aspetti tecnici di attrezzature/macchine:

1. Direttiva 2009/128/CE
Direttiva 2009/128/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009 che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi. 

2. Direttiva 2009/127/CE
Direttiva 2009/127/CE Del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009 che modifica la direttiva 2006/42/CE relativa alle macchine per l’applicazione di pesticidi.


Macchine per l’applicazione di pesticidi

Poiché la direttiva 2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, relativa alle macchine, contempla disposizioni sull’immissione sul mercato di attrezzature per l’applicazione dei pesticidi che garantiranno il rispetto di requisiti ambientali, al fine di minimizzare l’impatto negativo dei pesticidi sulla salute umana e sull’ambiente dovuto all’impiego di tali attrezzature, è stato istituito un sistema che consente l’ispezione tecnica periodica delle attrezzature già in uso.

Le Macchine per l'applicazione di Pesticidi sono regolamentate dalla Direttiva 2009/127/CE (Direttiva Macchine pesticidi) che modifica la Direttiva macchine 2006/42/CE ed è stata attuata con il Decreto Legislativo n. 124 del 22 Giugno 2012.

Per «macchine per l’applicazione di pesticidi» s’intendono le macchine specificamente utilizzate per l’applicazione di prodotti fitosanitari ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo alla commercializzazione dei prodotti fitosanitari (Decreto Legislativo n. 124 del 22 Giugno 2012)

Elenco, non esaustivo, delle attrezzature utilizzate, sia in ambito agricolo sia extra agricolo, per la distribuzione di prodotti fitosanitari

Il seguente elenco sostituisce quello inserito al paragrafo A.3.2 del Piano d’Azione Nazionale:

A1) Macchine irroratrici per la distribuzione su colture a sviluppo verticale (es. trattamenti su colture arboree)
- irroratrici aero-assistite (a polverizzazione per pressione, pneumatica e centrifuga);
- irroratrici a polverizzazione per pressione senza ventilatore;
- dispositivi di distribuzione a lunga gittata e con ugelli a movimento oscillatorio automatico;
- cannoni;
- irroratrici scavallanti;
- irroratrici a tunnel con e senza sistema di recupero.

A2) Macchine irroratrici per la distribuzione su colture a sviluppo orizzontale (es. diserbo colture erbacee)
- irroratrici a polverizzazione per pressione, pneumatica e centrifuga con o senza manica d’aria con barre di distribuzione con larghezza di lavoro superiore a tre metri;
- irroratrici con calate;
- cannoni;
- dispositivi di distribuzione a lunga gittata orizzontale con ugelli a movimento oscillatorio automatico;
- irroratrici per il trattamento localizzato del sottofila delle colture arboree non dotate di schermatura;
- irroratrici abbinate a macchine operatrici, quali seminatrici e sarchiatrici, che distribuiscono la miscela in forma localizzata, con larghezza della banda effettivamente trattata superiore a tre metri.

A3) Macchine irroratrici impiegate per i trattamenti fitosanitari alle colture protette
- irroratrici fisse o componenti di impianti fissi all’interno delle serre, come le barre carrellate;
- irroratrici portate dall’operatore, quali lance, irroratrici spalleggiate a motore;
- irroratrici mobili quali cannoni, irroratrici con barra di distribuzione anche di lunghezza inferiore a tre metri e irroratrici aereo-assistite a polverizzazione per pressione, pneumatica o centrifuga.

A4) Altre macchine irroratrici
- irroratrici montate su treni;
- irroratrici spalleggiate a motore, con ventilatore.

Direttiva 2009/127/CE

Direttiva 2009/128/CE

Decreto Legislativo 14 Agosto 2012 n. 150

Decreto Legislativo 22 giugno 2012 n. 124

Decreto 22 gennaio 2014

Decreto 10 marzo 2015

Il corretto impiego dei prodotti fitosanitari edizione 2016 - Reg. ER

Pesticidi: Formazione operatori e Ispezione macchine applicazione

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Il monitoraggio microbiologico negli ambienti di lavoro

ID 3207 | | Visite: 10097 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Il monitoraggio microbiologico negli ambienti di lavoro Campionamento e analisi

Linee Guida, ad uso interno Inail, mirate alla definizione di uno standard tecnico-operativo di riferimento sul territorio nazionale per il monitoraggio microbiologico ambientale, l'unificazione dei criteri di lettura dei campioni (piastre) e di interpretazione dei risultati ottenuti e la creazione di banche-dati omogenee sugli agenti biologici negli ambienti di lavoro.
La pubblicazione viene divulgata all'esterno dell'Inail come contributo e stimolo allo scambio di esperienze tra gli operatori del settore.

INAIL 2010

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Cassazione Penale, Sez. 4, 09 novembre 2016, n. 47092

ID 3212 | | Visite: 2597 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Penale, Sez. 4, 09 novembre 2016, n. 47092 - Operazione di rimozione del materiale in eccesso nell'asciugatrice in movimento. Infortunio del lavoratore e nessun comportamento abnorme se la macchina non è sicura

"La Corte territoriale ha escluso l'abnormità e l'imprevedibilità del comportamento dell'infortunato, evidenziando anzi come fosse stata accertata la frequente operazione di pulizia dell'asciugatrice con il macchinario in movimento, e la costante inerzia del datore di lavoro che ben avrebbe potuto e dovuto rendersi conto dell'inadeguatezza del sistema di protezione."

1. La Corte d'Appello di Firenze confermava la condanna di B.M.C., rappresentante legale ed amministratrice unica della tintoria LU.NA., quale responsabile del reato di lesioni colpose gravi cagionate con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro al dipendente D.S., oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

2. In merito alle modalità del fatto la Corte distrettuale esponeva che il giorno 6 febbraio 2008 il D.S., dopo aver caricato la macchina asciugatrice cui era addetto, aveva tentato di rimuovere il materiale in eccesso mentre questa era in movimento; per fare ciò aveva inserito la mano destra in una feritoia posta lateralmente, di norma chiusa da uno sportello apribile con una chiave; il nastro trasportatore aveva afferrato la mano trascinando il braccio fino a quando la macchina non era stata bloccata da un altro operaio; ne erano derivate gravi lesioni da schiacciamento ed una frattura alla dialisi ulnare.

Nei motivi di appello la difesa aveva contestato l'affermazione di penale responsabilità, sostenendo che il meccanismo di protezione della feritoia utilizzata per la rimozione del materiale in eccesso era sufficientemente sicuro e che l'evento era stato provocato dall'iniziativa inadeguata ed abnorme del D.S., il quale aveva preso la chiave, tolto i bulloni ed aperto lo sportello con l'asciugatrice in movimento, pur essendo consapevole della necessità di spegnere prima il macchinario.

Nel respingere il gravame, la Corte di Firenze escludeva ogni condotta eccezionale ed imprevedibile del lavoratore ed evidenziava che l'asciugatrice non presentava un efficace dispositivo di sicurezza, nonostante si trattasse di un'attrezzatura in relazione alla quale era di particolare evidenza il pericolo costituito dagli organi lavoratori in movimento e la conseguente problematica attinente alla protezione e segregazione degli stessi.

3. Ha proposto ricorso la B.M.C., tramite il difensore di fiducia, per due distinti motivi, entrambi relativi al vizio motivazionale.

3.1. Sotto un primo profilo si deduce che i giudici di merito non avevano considerato che il D.S. da anni svolgeva quel compito ed aveva profonda esperienza del macchinario, e che della gestione dei dipendenti e dell'utilizzo e sicurezza dei macchinari si occupava il figlio dell'imputata, circostanza che escludeva la responsabilità della titolare dell'azienda.

3.2. Sotto un secondo profilo si duole del giudizio di mera equivalenza delle attenuanti generiche rispetto alle contestate aggravanti, sollecitandone invece la prevalenza.

Nanotecnologia sicura negli ambienti di lavoro

ID 3208 | | Visite: 4978 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Nanotecnologia sicura negli ambienti di lavoro

Una introduzione per Datori di Lavoro, Direttori, Lavoratori e Professionisti della Salute e Sicurezza

La nanotecnologia consiste nella progettazione e manipolazione di materiali a livello molecolare. Questa nuova tecnologia crea materiali con dimensioni variabili da 1 a 100 nanometri (1 nanometro è 1 miliardesimo di metro). Le particelle create in scala nanometrica presentano proprietà chimiche e fisiche differenti da quelle particelle più grandi dello stesso materiale. Queste nanoparticelle costruite sono conosciute come nanoparticelle ingegnerizzate*.

Scienziati e produttori possono utilizzare le nanoparticelle per creare nuovi prodotti, impossibili da realizzare con quelle più grandi. Questo opuscolo affronta le seguenti questioni:

1. Sono pericolose le nanoparticelle per i lavoratori?
2. Come possono essere esposti i lavoratori?
3. Può essere misurata l’esposizione a nanoparticelle?
4. Può essere controllata l’esposizione dei lavoratori?

1. Sono pericolose le nanoparticelle per i lavoratori ?

Ancora poco è conosciuto su quali possono essere i rischi immediati o come gestirli. L’Istituto Nazionale per la Salute e Sicurezza Occupazionale (NIOSHUSA) e l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), stanno conducendo ricerche per determinare se tali nanoparticelle presentano dei rischi per la salute dei lavoratori esposti. Sono diversi i tipi di nanoparticelle usate nei vari processi industriali. Per determinare se queste nanoparticelle sono pericolose per i lavoratori, gli scienziati devono verificare:

• I tipi e le concentrazioni delle nanoparticelle nel luogo di lavoro
• Le proprietà delle nanoparticelle che possono avere effetti negativi sul corpo
• Le concentrazioni delle nanoparticelle che possono produrre effetti sanitari avversi

* In questo opuscolo per nanoparticelle si intendono nanoparticelle ingegnerizzate


Un lavoratore addetto alla produzione di nanoparticelle, durante un’operazione di colata, indossa un campionatore personale, dispositivi di protezione dell’udito, delle vie respiratorie e dermici.

Effetti sugli animali Studi di laboratorio su animali hanno mostrato che alcuni tipi di nanoparticelle quando sono inalate possono raggiungere il sangue, il cervello, e altri organi. Alcuni studi rivelano effetti negativi quali infiammazione e fibrosi nei polmoni e altri organi.

Effetti sull’uomo
Attualmente non sono disponibili studi sull’esposizione e sugli effetti a nanoparticelle.

Sicurezza negli ambienti di lavoro
Le nanoparticelle di determinati materiali (ad es. sostanze infiammabili o catalitiche) comportano un potenziale rischio di reazioni chimiche inaspettate, incendi oppure esplosioni. Standard di esposizione Attualmente non esistono standard USA e internazionali di esposizione per le nanoparticelle.

Raccomandazioni
Sebbene sono necessarie più ricerche per determinare gli effetti dell’esposizione a nanoparticelle sull’uomo, le informazioni disponibili sono sufficienti per fornire consigli e indicazioni sull’esposizione professionale a nanoparticelle.

Il NIOSH e l’INAIL raccomandano un approccio prudente per la produzione e l’utilizzo di nanoparticelle nell’industria. I datori di lavoro dovrebbero adottare misure per ridurre al minimo l’esposizione dei lavoratori fino a quando saranno disponibili maggiori informazioni.

2. Come possono essere esposti i lavoratori?

I lavoratori possono essere esposti per via:

Inalatoria - È la via più comune di esposizione.
Ingestiva - I lavoratori possono essere esposti in maniera non intenzionale dai materiali trasferiti dalla mano alla bocca o ingoiando le particelle eliminate dalle vie respiratorie.
Dermica - Alcuni studi, ancora in fase di ricerca, indicano che le nanoparticelle possono penetrare attraverso la pelle.

Alcuni fattori che influiscono sull’esposizione lavorativa a nanoparticelle:

• La concentrazione, la durata e la frequenza di esposizione.
• La facilità di dispersione delle nanoparticelle da polveri, spray e goccioline.
• L’uso di misure protettive come sistemi di abbattimento possono ridurre l’esposizione lavorativa. Attività lavorative che possono influire sull’esposizione lavorativa
• L’attività di manipolazione di polveri costituite da nanoparticelle in sistemi non confinati può aumentare il rischio di esposizione inalatoria.
• Le attività che generano aerosol di nanoparticelle da fanghi, sospensioni o da soluzioni presentano un potenziale rischio di inalazione e esposizione dermica.
• La pulitura e lo smaltimento di nanoparticelle può provocare esposizione se non correttamente gestita.
• La manutenzione e la pulizia dei sistemi di produzione o dei sistemi di abbattimento delle polveri, se non correttamente eseguita, può causare l’esposizione a nanoparticelle depositate.
• La lavorazione, la levigatura, la perforazione, o altre operazioni meccaniche di materiali contenenti nanoparticelle può causare la loro aerodispersione.

3. Può essere misurata l’esposizione a nanoparticelle?

I metodi classici di campionamento in igiene industriali possono essere utilizzati per misurare le nanoparticelle aerodisperse.
Tuttavia questi metodi sono limitati e richiedono una attenta valutazione. Sono in corso studi scientifici per sviluppare specifiche tecniche di campionamento più sensibili per valutare l’esposizione occupazionale a nanoparticelle. Il campionamento nei luoghi di lavoro dovrebbe includere le misure del fondo e quelle prima, durante e dopo la produzione o manipolazione di nanoparticelle. Queste misure possono indicare se è in atto una possibile emissione ed esposizione a nanoparticelle.

4. Può essere controllata l’esposizione dei lavoratori?

Tecniche di controllo
I datori di lavoro dovrebbero utilizzare tecniche di controllo per ridurre l’esposizione dei lavoratori a nanoparticelle. Questi controlli comprendono l’isolamento della sorgente dai lavoratori e l’applicazione di sistemi locali di ventilazione. I sistemi che utilizzano filtri ad alta efficienza (HEPA) sono efficaci nel rimuovere le nanoparticelle. Esistono sistemi di controllo progettati per ridurre l’esposizione dei lavoratori ad altre particelle con dimensioni simili a quelle delle nanoparticelle, come ad esempio il controllo dei fumi di saldatura. Questi sistemi sono efficaci anche per ridurre l’esposizione a nanoparticelle.

Respiratori.
La scelta dei respiratori dovrebbe essere presa nel caso in cui le tecniche di controllo non risultano efficaci. La decisione sull’uso dei respiratori dovrebbe essere basata su un giudizio professionale e sulla valutazione dei rischi per la salute dei lavoratori esposti.

INAIL / NIOSH 2011

Cassazione Civile, Sez. Lav., 28 ottobre 2016, n. 21894

ID 3192 | | Visite: 2961 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Civile, Sez. Lav., 28 ottobre 2016, n. 21894 - Infortunio mortale del lavoratore colpito dal braccio di un'autopompa. Sicuro che sia responsabile solo il proprietario e manovratore del macchinario?

"In tema di infortuni e di sicurezza sul lavoro, l'esternalizzazione in tutto o in parte del processo produttivo non esclude che il datore di lavoro possa essere ritenuto responsabile dell'evento, ove egli non dia prova di avere - secondo le previsioni dell'art. 7 d.lgs. n. 626/1994 - adeguatamente verificato l'idoneità tecnico-professionale del soggetto cui l'opera è affidata e di avere concorso alla prevenzione del rischio specifico implicato nella realizzazione della medesima, anche mediante un'idonea opera di informazione dei lavoratori addetti".

Con sentenza n. 430/2010, depositata il 7 giugno 2010, la Corte di appello di Torino respingeva l'appello incidentale proposto da E.P. nei confronti della sentenza del Tribunale di Aosta, che ne aveva accertato la responsabilità nella causazione del decesso di C.P. avvenuto l'8/5/2003, allorquando il lavoratore, mentre immetteva calcestruzzo nel cassero di una fondazione, era stato colpito dal braccio meccanico dell'autopompa di proprietà e manovrata dallo stesso E.P..

La Corte osservava in proposito, come già il primo giudice, che il E.P., in quanto proprietario della macchina, era tenuto alla sua regolare manutenzione e che proprio il difetto di essa era stato all'origine della caduta improvvisa del braccio dell'autopompa, dovuta al "cedimento del pacco di guarnizioni montato sul pistone del secondo cilindro", secondo quanto accertato dalle indagini peritali svolte in sede penale e nel primo grado di giudizio; inoltre, già qualche minuto prima del sinistro il braccio dell'autopompa si era abbassato e il E.P., anziché bloccare immediatamente la lavorazione, aveva ritenuto di proseguire la gettata, dando assicurazioni ai lavoratori impegnati nel cantiere circa il buon funzionamento del macchinario.

La Corte di appello riteneva invece di accogliere l'appello incidentale proposto dal datore di lavoro A.R., che il Tribunale, seppure per una quota percentuale limitata al 20%, aveva ritenuto corresponsabile dell'infortunio, osservando come nella fattispecie concreta non fosse rilevante la problematica dei carichi sospesi (art. 186 d.P.R. n. 547/1955), non rientrando in tale categoria né il braccio dell'autopompa, né il materiale; d'altra parte, rilevava ancora la Corte, una responsabilità del A.R. non poteva neppure essere ravvisata nella mancata vigilanza sui rischi e sulla pericolosità della mansione affidata al C.P., posto che l'unica avvisaglia della presenza di qualche malfunzionamento o anomalia della macchina era individuabile nella circostanza occorsa pochi minuti prima dell'evento, quando il braccio della gru, con movimento lento e controllabile, si era abbassato fino a terra, e peraltro il E.P., manovrando il quadro comandi, era riuscito a risollevarlo: non era, quindi, ipotizzabile che nel brevissimo lasso di tempo intercorso tra il primo abbassamento e la caduta rovinosa del braccio sul corpo del lavoratore, il A.R. (neppure interpellato in proposito) potesse intervenire e bloccare l'operazione che si stava svolgendo.

Impresa sicura: Guida comparto impiantistico

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Impresa sicura: Guida comparto impiantistico

Guida Sicurezza del Settore Impiantistico

Questa pubblicazione si rivolge alle imprese installatrici di impianti elettrici e termoidraulici che operano all’interno dei cantieri edili, i cui lavoratori sono soggetti oltre ai rischi specifici della loro attività anche a quelli propri del luogo di lavoro, ovvero del “cantiere”.

In particolare le suddette imprese installatrici sono chiamate a realizzare gli impianti asserviti all’edificio, ossia gli impianti che resteranno a servizio dell’opera finita e non quelli a uso provvisorio, ad esempio per la fornitura di energia al cantiere durante la realizzazione dell’opera edile (alimentazione a: gru, baracche, macchine e impianti).

Durante l’installazione di questi impianti i lavoratori si trovano a operare all’interno di un cantiere edile dove possono essere in corso ulteriori lavorazioni da parte di altre imprese.

Questo comporta la presenza di numerose situazioni di pericolo che, in particolari casi, possono dare luogo a veri e propri RISCHI con conseguenze anche gravi per la salute, quali:
- lesioni traumatiche come ferite, contusioni, fratture, ecc. (infortuni sul lavoro);
- disturbi e malattie causati o aggravati dal lavoro (malattie professionali e malattie correlate al lavoro)

Capitolo 1 Introduzione
1.1 Situazione da valutare prima di accedere al cantiere 1
1.2 Il comparto impiantistico di cantiere “Impiantistica asservita all’opera inita”
1.3 Informazione e formazione

Capitolo 2 Aspetti generali connessi alla sicurezza in cantiere
2.1 Introduzione
2.2 Sicurezza generale coordinamento e organizzazione
2.3 Valutazione dei rischi e piani di sicurezza
2.4 Riferimenti normativi

Capitolo 3 Installazione impianti termo-idraulici
3.1 Introduzione
3.2 Realizzazione degli impianti
3.3 Attrezzature
3.4 Prodotti chimici nella termo-idraulica
3.5 Movimentazione manuale dei carichi
3.6 Rumore
3.7 Rischio chimico

Capitolo 4 Installazione impianti elettrici
4.1 Introduzione
4.2 Realizzazione degli impianti elettrici
4.3 Attrezzature
4.4 Movimentazione manuale dei carichi
4.5 Rumore
4.6 Normativa

Capitolo 5 Sicurezza
5.1 Sicurezza elettrica
5.2 Sicurezza generale delle attrezzature di lavoro e degli impianti
5.3 Sistemi di accesso e di lavori in quota
5.5 Sicurezza contro il rischio di caduta dall’alto
5.6 Sicurezza nei lavori all’interno o in prossimità di scavi
5.7 Ambienti confinati

Capitolo 6 Igiene industriale
6.1 Rumore
6.2 Vibrazioni
6.3 Rischio chimico e cancerogeno
6.4 Movimentazione manuale dei carichi (MMC)
6.5 Sovraccarico biomeccanico arti superiori

Capitolo 7 DPI
7.1 Introduzione
7.2 Dispositivi di protezione
7.3 Attribuzione e uso appropriato dei DPI
7.4 Quando sono necessari i DPI
7.5 Non costituiscono DPI
7.6 La scelta dei DPI
7.7 Definizione
7.8 Obbligo di uso
7.9 Requisiti
7.10 Scelta
7.11 Regole interne di approvvigionamento
7.12 Informazione, formazione, addestramento
7.13 Consegna
7.14 Utilizzo e vigilanza
7.15 Pulizia e manutenzione
7.16 Normativa di riferimento
7.17 Dispositivi di protezione individuale nel settore “Impiantistica”

Capitolo 8 Aspetti sanitari
8.1 Sorveglianza Sanitaria 339
8.2 Primo soccorso 341
8.3 Lavoratori minorenni
8.4 Lavoratrici madri
8.5 Aspetti sanitari nel settore dell’impiantistica

Ente Bilaterale Artigianato Emilia Romagna (EBER)
Ente Bilaterale Artigianato Marche (EBAM)
Direzione Regionale INAIL Emilia Romagna
Direzione Regionale INAIL Marche
Servizio Sanita Pubblica della Regione Emilia-Romagna
P.F Prevenzione e promozione Salute nei luoghi di vita e di lavoro - ARS - Regione Marche
Servizi Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (SPSAL) dei Dipartimenti di Sanità Pubblica - Regione Emilia-Romagna
Servizi Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (SPSAL) dei Dipartimenti di Prevenzione ASUR - Regione Marche 

Via de’ Preti 8- 40121 Bologna
051 2964311
051 6569507
www.eber.org

www.impresasicura.org

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Allegato riservato Impresa Sicura Impiantistica - INAIL 2014.pdf
INAIL 2014
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Regolamento (UE) n. 349/2011

ID 3176 | | Visite: 5146 | Legislazione Sicurezza UE

Regolamento  UE  n  349 2011   Statistiche degli infortuni sul lavoro

Regolamento (UE) n. 349/2011 / Statistiche degli infortuni sul lavoro

ID 3176 | 30.10.2016

Regolamento (UE) n. 349/2011 della Commissione dell’11 aprile 2011 recante disposizioni attuative del regolamento (CE) n. 1338/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche comunitarie in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, per quanto riguarda le statistiche degli infortuni sul lavoro.

Dopo aver fornito una serie di definizioni in materia di infortuni sul lavoro (art.1), tra cui:

a) «infortunio sul luogo di lavoro»: un evento fortuito nel corso del lavoro che conduce ad una lesione fisica o mentale. L’espressione «nel corso del lavoro» significa «mentre la persona è occupata in un’attività professionale» oppure «durante il tempo trascorso al lavoro». Ciò include i casi di incidenti stradali nel corso del lavoro; esclude, invece, gli infortuni in itinere, ossia gli infortuni verificatisi sul tragitto da e verso il posto di lavoro;

b) «infortunio mortale»: un infortunio che conduce al decesso della vittima entro il periodo di un anno a decorrere dalla data dell’infortunio;

c) «attività economica del datore di lavoro»: la principale attività «economica» dell’unità locale dell’impresa che occupa la vittima;

d) «età»: l’età della vittima al momento dell’infortunio; e) «tipo di lesione»: le conseguenze fisiche per la vittima;

f) «ubicazione geografica»: l’unità territoriale in cui si è verificato l’incidente;

g) «dimensione dell’impresa»: il numero di dipendenti (equivalenti a tempo pieno) dell’unità locale dell’impresa che occupa la vittima;

h) «nazionalità della vittima»: il paese di cittadinanza;

i) «giornate perdute»: il numero di giorni di calendario in cui la vittima è stata assente dal lavoro a causa di un infortunio sul lavoro.

j) «posto di lavoro»: la natura abituale od occasionale del luogo/posto occupato dalla vittima al momento dell’infortunio;

k) «tipo di luogo»: il posto di lavoro, i locali o lo spazio in generale in cui è avvenuto l’infortunio;

l) «tipo di lavoro»: il principale tipo di lavoro o compito (attività generica) svolto dalla vittima nel momento in cui si è verificato l’infortunio;

m) «attività fisica specifica»: l’esatta attività fisica specifica della vittima al momento dell’infortunio;

n) «agente materiale dell’attività fisica specifica»: lo strumento, l’utensile o l’oggetto utilizzato dalla vittima al momento dell’infortunio;

o) «deviazione»: l’ultimo evento, deviante rispetto alla norma, che ha portato all’infortunio;

p) «agente materiale della deviazione»: lo strumento, l’utensile o l’oggetto coinvolto nell’evento anormale;

q) «contatto - modalità di lesione»: il modo in cui la vittima è stata ferita (trauma fisico o mentale) dall’agente materiale che ha provocato la lesione;

r) «agente materiale del contatto - modalità di lesione»: lo strumento, l’utensile o l’oggetto con cui la vittima è venuta in contatto o la modalità della lesione psicologica.

Il Regolamento, che è diventato obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, ha prescritto le modalità e le procedure per la trasmissione alla Commissione (Eurostat) dei dati necessari, e cioè dei “microdati” sulle persone che sono state vittime di un infortunio nel corso del lavoro durante il periodo di riferimento e i relativi “metadati”(*).

I dati riservati trasmessi dagli Stati membri alla Commissione devono essere trattati in conformità al principio del segreto statistico, (definito sia nel Regolamento CE n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio che nel Regolamento CE n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente:

1) la tutela delle persone fisiche in  materia di trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari,
2) la libera circolazione di questi dati.

I dati vengono registrati con la codifica della metodologia ESAW (European Statistic of Accidents at Work, Statistiche europee degli infortuni sul luogo di lavoro) che permette  di attribuire dei codici (a due, tre e otto cifre) a una specifica tabella di nomenclature opportunamente individuate che definiscono queste variabili sensibili:

1. tipo di luogo;
2. tipo di lavoro;
3. attività fisica specifica seguita dalla vittima al momento dell’infortunio;
4. agente materiale nell’ attività fisica specifica;
5. deviazione, l’ultimo evento, deviazione rispetto alla norma, che ha portato all’infortunio;
6. agente materiale deviazione, il principale agente materiale associato o collegato all’evento deviante;
7. contatto, il contatto che ha provocato i danni alla vittima;
8. agente materiale contatto, il principale agente materiale associato o collegato al contatto lesivo.

Regolamento (CE) N. 1338/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 relativo alle statistiche comunitarie in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro. (GU L 354 del 31.12.2008).

Collegati

Cassazione Civile, Sez. Lav., 25 ottobre 2016, n. 21534

ID 3171 | | Visite: 3141 | Cassazione Sicurezza lavoro

Cassazione Civile, Sez. Lav., 25 ottobre 2016, n. 21534 - Uso della segatrice per il taglio del marmo e formazione

Con sentenza resa pubblica in data 19/10/2010 la Corte d'Appello di Venezia confermava la pronuncia del giudice di prima istanza con cui la E. Costruzioni s.r.l. era stata condannata al pagamento in favore di B.Y., della somma di euro 142.610,09 a titolo di risarcimento danni in relazione all'infortunio occorsogli il 21/6/2001, ed in favore dell'Inail, della somma di euro 110.391,88 a titolo di rimborso per le prestazioni di legge erogate in favore del lavoratore.
Confermava altresì la reiezione delle domande proposte dalla E. Costruzioni s.r.l. nei confronti di B.F., della F. Sud s.p.a. (società che aveva venduto il macchinario dal cui uso erano derivati i danni all'integrità psicofisica del lavoratore), della Compagnia Assicuratrice Unipol s.p.a. e del Lloyd Adriatico Assicurazioni s.p.a. (società chiamate in garanzia).
La Corte distrettuale a sostegno del decisum argomentava, per quanto in questa sede rileva, che l'espletata istruttoria non aveva consentito di dimostrare che il dipendente fosse stato adeguatamente istruito sui rischi derivanti dall'uso della segatrice alla quale era addetto per il taglio del marmo rimarcando, sotto altro versante, l'esclusione di un concorso di colpa del lavoratore. In tal senso la responsabilità della parte datoriale rimaneva modulata secondo lo schema dell'art.1218 c.c. con presunzione legale di colpa del debitore che, nello specifico, non risultava superata dal quadro probatorio delineato in prime cure.

La cassazione di tale decisione è domandata dalla E. Costruzioni s.r.l. nei confronti esclusivamente di B.Y. e dell'Inail con ricorso affidato a due motivi. Resiste l'Inail con controricorso illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..
Le ulteriori parti intimate B.F. e Compagnia Assicuratrice Unipol s.p.a. nei cui confronti è stato notificato il ricorso, non hanno svolto attività difensiva.

Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanze Interpello 25 Ottobre 2016

ID 3165 | | Visite: 7375 | Interpelli Sicurezza lavoro

Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanze di Interpello 25 Ottobre 2016

Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011
Con Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011 è stata istituita la Commissione per gli interpelli prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro (Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81) ed è stato attivato l’indirizzo di posta elettronica Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

I quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro possono essere inoltrati alla Commissione per gli interpelli, esclusivamente tramite posta elettronica, dagli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.

Le istanze di interpello trasmesse da soggetti non appartenenti alle categorie indicate o privi dei requisiti di generalità non potranno essere istruite. Non saranno pertanto istruiti i quesiti trasmessi, ad esempio, da studi professionali, associazioni territoriali dei lavoratori o dei datori di lavoro, Regioni, Province e Comuni.

Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza. Prima di inoltrare l’istanza si prega di verificare:

- che il quesito, concernente l’interpretazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro sia di carattere generale e non attenga a problematiche aziendali specifiche;
- che il soggetto firmatario rientri nelle categorie indicate. 

Nuovi Interpelli pubblicati il 25 Ottobre 2016:

25/10/2016 - n. 19/2016 Enea
istanza: Obbligo di designazione e relativa informazione e formazione degli addetti al primo soccorso

25/10/2016 - n. 18/2016 CNAPPC
istanza: Svolgimento dei corsi RSPP e ASPP in modalità di formazione a distanza

25/10/2016 - n. 17/2016 CNA
istanza: Applicazione del Decreto interministeriale 4 marzo 2013 anche per il personale addetto all’attività di soccorso stradale con carri attrezzi

25/10/2016 - n. 16/2016 Regione Marche
istanza: Presenza del RLS nelle società all’interno delle quali operino esclusivamente soci lavoratori

25/10/2016 - n. 15/2016 Regione Lazio
istanza: Applicabilità della sorveglianza sanitaria ai medici di continuità assistenziale

25/10/2016 - n. 14/2016 USB
istanza: Oneri visite mediche ai sensi dell’art. 41 del d.lgs. n. 81/2008

25/10/2016 - n. 13/2016 Regione Toscana
istanza: Possibilità di considerare come costo per la sicurezza l’utilizzo di una piattaforma elevabile mobile in sostituzione di un ponteggio fisso

25/10/2016 - n. 12/2016 Regione Toscana
istanza: Applicazione dell’art. 109 (recinzione di cantiere) del d.lgs. n. 81/2008 nel caso di cantieri stradali

25/10/2016 - n. 11/2016 UIL Trasporti
istanza: La valutazione dei rischi ambientali e sicurezza del posto di lavoro del personale navigante delle compagnie aeree

Fonte: MLPS
Elaborato: Certifico Srl - IT
Formato: Adobe portfolio

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Allegato riservato 01. MLPS Raccolta Istanze Interpello 2013-2014-2015-2016 - Update 25 Ottobre 2016.pdf
Update 25 Ottobre 2016
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Guide sicurezza lavori in quota D-A-CH-S

ID 3159 | | Visite: 7313 | Documenti Sicurezza Enti

Guide sicurezza lavori in quota D-A-CH-S

D-A-CH-S è un gruppo di lavoro internazionale formato da esperti provenienti dalla Germania, Austria, Svizzera e Alto Adige, con lo scopo di perseguire regolamenti standardizzati internazionali per sistemi di protezione contro le cadute dall’alto nei lavori in quota.

01. DPI anticaduta  
Indicazioni alla scelta corretta e all’uso di DPI contro la caduta dall’alto

02. Reti percorribili 
Lista di controllo per l’uso e il montaggio sicuro di reti da lavoro percorribili. Viene fatto riferimento alla BGI 662 “Raccomandazione per l’uso sicuro di reti percorribili”

03. Allestimenti di sicurezza e classificazione delle superfici dei tetti per uso e manutenzione 
Raccomandazione per la pianificazione di sistemi anticaduta per lavori da eseguirsi su tetti

04. Montaggio e verifica dei dispositivi di ancoraggio 
Come vengono installati in maniera corretta i nuovi punti d’ancoraggio, come deve essere documentata l’installazione e come vengono verificate installazioni esistenti? Il documento evidenzia soluzioni chiare, le quali sono da applicare

05. Accesso e lavori in sospensione a funi portanti  
Indicazioni e informazioni relativi all'accesso e lavori in sospensione a funi, rope access

06. DPI contro la caduta dall’alto durante l’uso di PLE
Indicazioni e informazioni per l’uso di DPI contro la caduta dall’alto durante l’uso di PLE  a braccio estensibile e attrezzature multifunzionali

07. Uscire da e risalire su cestelli da lavoro e PLE 
Indicazioni e informazioni per l’uscire dalla piattaforma in posizione sollevata, p. e. PLE, cestello gru, attrezzature multifunzionali, ecc.

08. Pericoli da fenomeni naturali  
Indicazioni e informazioni relativi ai lavori esposti in siti naturali difficili

09. Ponteggio di facciata 
Indicazioni e informazioni in riguardo alle protezioni contro le cadute dall’alto per i lavori di montaggio di ponteggi di facciata

10. Fattore rischio scala 
Aiuto decisionale per la selezione dello strumento di lavoro sicuro per le vie di circolazione e posti di lavoro - Pianificazione/predisposizione lavori

11. Montaggio in sicurezza di case a elementi prefabbricati in legno 
Per poter eseguire un progressivo montaggio veloce, le misure di sicurezza devono essere pianificate e attuate in maniera sistematica

http://www.bauforumplus.eu/absturz/

Check list Agenti chimici pericolosi - AUSL RE

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Check list Agenti chimici pericolosi

Check list sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza degli agenti chimici pericolosi.

Disponibili 2 Check list ispettive sulla Valutazione del Rischio Chimico:

1. Applicazione del titolo IX capo I del d.l.gs. 81/08
2. Rischio chimico stampaggio materie plastiche

In riferimento ai seguenti punti:

1. Il Datore di Lavoro ha valutato i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza degli agenti chimici pericolosi?
2. L’esito della valutazione dei rischi ha portato ad una chiara identificazione rispetto alle classificazioni del rischio per la salute e la sicurezza?
3. Sono state applicate le misure e i principi generali per la prevenzione dei rischi di cui agli Artt. 224 comma 1 del D.L.gs. 81/08?
4. RLS
5. Il datore di lavoro garantisce che i lavoratori dispongano di adeguata formazione e informazione specifica?
6. Il datore di lavoro ha adottato le misure specifiche indicate nell’art. 225 comma 1 D.Lgs. 81/08?
7. Salvo che il DDL possa dimostrare di controllare l’esposizione in altro modo, sono state effettuate le misurazioni periodiche degli agenti chimici pericolosi?
8. Viene effettuata la sorveglianza sanitaria per tutti i lavoratori esposti ad agenti chimici pericolosi indicati al comma 1 dell’art. 229 D.Lgs. 81/08?
9. Viene effettuato il monitoraggio biologico?
10. Il datore di lavoro ha adottato le misure specifiche indicate negli artt. 225 e 226 del D.Lgs. 81/08?
11. Addetti alle emergenze
Verifica aspirazioni

AUSL Reggio Emilia
Anno 2014

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Allegato riservato MO50 CL chimico plastiche.pdf
MO50 - AUSL RE
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Allegato riservato MO30_CL chimico Titolo IX.pdf
MO30 - AUSL RE
116 kB 477

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