Cassazione Civile, Sez. Lav., 28 ottobre 2016, n. 21894
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 28 ottobre 2016, n. 21894 - Infortunio mortale del lavoratore colpito dal braccio di un'autopompa. Sicuro che sia responsabile solo il proprietario e manovratore del macchinario?
"In tema di infortuni e di sicurezza sul lavoro, l'esternalizzazione in tutto o in parte del processo produttivo non esclude che il datore di lavoro possa essere ritenuto responsabile dell'evento, ove egli non dia prova di avere - secondo le previsioni dell'art. 7 d.lgs. n. 626/1994 - adeguatamente verificato l'idoneità tecnico-professionale del soggetto cui l'opera è affidata e di avere concorso alla prevenzione del rischio specifico implicato nella realizzazione della medesima, anche mediante un'idonea opera di informazione dei lavoratori addetti".
Con sentenza n. 430/2010, depositata il 7 giugno 2010, la Corte di appello di Torino respingeva l'appello incidentale proposto da E.P. nei confronti della sentenza del Tribunale di Aosta, che ne aveva accertato la responsabilità nella causazione del decesso di C.P. avvenuto l'8/5/2003, allorquando il lavoratore, mentre immetteva calcestruzzo nel cassero di una fondazione, era stato colpito dal braccio meccanico dell'autopompa di proprietà e manovrata dallo stesso E.P..
La Corte osservava in proposito, come già il primo giudice, che il E.P., in quanto proprietario della macchina, era tenuto alla sua regolare manutenzione e che proprio il difetto di essa era stato all'origine della caduta improvvisa del braccio dell'autopompa, dovuta al "cedimento del pacco di guarnizioni montato sul pistone del secondo cilindro", secondo quanto accertato dalle indagini peritali svolte in sede penale e nel primo grado di giudizio; inoltre, già qualche minuto prima del sinistro il braccio dell'autopompa si era abbassato e il E.P., anziché bloccare immediatamente la lavorazione, aveva ritenuto di proseguire la gettata, dando assicurazioni ai lavoratori impegnati nel cantiere circa il buon funzionamento del macchinario.
La Corte di appello riteneva invece di accogliere l'appello incidentale proposto dal datore di lavoro A.R., che il Tribunale, seppure per una quota percentuale limitata al 20%, aveva ritenuto corresponsabile dell'infortunio, osservando come nella fattispecie concreta non fosse rilevante la problematica dei carichi sospesi (art. 186 d.P.R. n. 547/1955), non rientrando in tale categoria né il braccio dell'autopompa, né il materiale; d'altra parte, rilevava ancora la Corte, una responsabilità del A.R. non poteva neppure essere ravvisata nella mancata vigilanza sui rischi e sulla pericolosità della mansione affidata al C.P., posto che l'unica avvisaglia della presenza di qualche malfunzionamento o anomalia della macchina era individuabile nella circostanza occorsa pochi minuti prima dell'evento, quando il braccio della gru, con movimento lento e controllabile, si era abbassato fino a terra, e peraltro il E.P., manovrando il quadro comandi, era riuscito a risollevarlo: non era, quindi, ipotizzabile che nel brevissimo lasso di tempo intercorso tra il primo abbassamento e la caduta rovinosa del braccio sul corpo del lavoratore, il A.R. (neppure interpellato in proposito) potesse intervenire e bloccare l'operazione che si stava svolgendo.