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Salute e sicurezza sul lavoro: al via la consultazione pubblica

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Salute e sicurezza sul lavoro al via la consultazione pubblica

Salute e sicurezza sul lavoro: al via la consultazione pubblica

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Comunicato 19 dicembre 2019

​A oltre dieci anni dall'entrata in vigore del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.lgs. 81/2008), il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali intende promuovere una consultazione pubblica, nella prospettiva di fissare nuovi traguardi per dare piena attuazione al diritto alla sicurezza e alla salute nei luoghi di lavoro. 

Parallelamente al confronto già avviato con le Parti Sociali, la consultazione si rivolge quindi ai diversi stakeholders per raccogliere indicazioni, proposte ed esperienze che possano contribuire ad individuare le priorità dell'azione di Governo.

La consultazione rimarrà aperta fino al 31 gennaio 2020. 

Partecipa alla Consultazione

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Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 

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Circolare Inail n. 33 del 13 dicembre 2019

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Circolare Inail n. 33 del 13 dicembre 2019

Evoluzione del servizio telematico “Cruscotto infortuni” – Accesso ai dati delle Comunicazioni di infortunio.

L’Inail a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, che all’articolo 21, comma 4, ha disposto l’abolizione del Registro infortuni, al fine di offrire agli organi preposti all’attività di vigilanza uno strumento alternativo in grado di fornire dati e informazioni utili a orientare l’azione ispettiva, ha rilasciato, con circolare Inail 23 dicembre 2015, n 92, l’applicativo informatico “Cruscotto infortuni” attraverso il quale è possibile consultare gli infortuni occorsi ai dipendenti prestatori d’opera, denunciati dal datore di lavoro all’Inail stesso, secondo quanto previsto dall’ articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.

L’articolo 3, comma 3 – bis, del decreto legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19 ha modificato l’articolo 18, comma 1–bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni.

A seguito della nuova formulazione, a decorrere dal 12 ottobre 2017, tutti i datori di lavoro, compresi i datori di lavoro privati di lavoratori assicurati presso altri enti o con polizze private, nonché i soggetti abilitati a intermediazione, sono tenuti a comunicare in via telematica all’Inail, (…) nonché per loro tramite al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro di cui all’articolo 8, entro 48 ore dalla ricezione del certificato medico, a fini statistici e informativi, i dati e le informazioni relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento.

Con circolare 12 ottobre 2017, n. 42, l’Inail ha reso disponibile ai datori di lavoro assicurati all'Istituto e ai datori di lavoro privati di lavoratori assicurati presso altri enti o con polizze private, nonché ai loro intermediari, il nuovo servizio telematico "Comunicazione di infortunio", quale esclusivo strumento volto a inviare, per fini statistici e informativi, la comunicazione di infortunio occorso ai propri dipendenti, nonché ai soggetti a essi equiparati.

Servizio telematico Cruscotto infortuni. Accesso ai dati delle comunicazioni di infortunio.

Al fine di rendere lo strumento “Cruscotto infortuni”, utile anche all’attività di vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, con la presente circolare si comunica che a decorrere dal 17 dicembre 2019 viene rilasciata un’implementazione al servizio telematico “Cruscotto infortuni” che consentirà agli utenti abilitati per la consultazione delle denunce di infortunio e ai datori di lavoro di soggetti non assicurati Inail, di consultare i dati riguardanti le comunicazioni d’infortunio a fini statistici e informativi, pervenute telematicamente all’Inail a partire dal 12 ottobre 2017.

Assistenza agli utenti

Nell’area “Supporto” e “Contatti” del portale www.inail.it è a disposizione dell’utenza il servizio “Inail risponde” per l’assistenza e il supporto nell’utilizzo dei servizi online e per approfondimenti normativi e procedurali. Nell’area “Supporto” è altresì disponibile per la consultazione il manuale operativo dell’applicativo.

È inoltre possibile rivolgersi al Contact center Inail al numero 066001, accessibile sia da rete fissa sia da rete mobile, secondo il piano tariffario del gestore telefonico di ciascun utente.

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Fonte: INAIL

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Rettifica della direttiva 2013/59/Euratom | 13.12.2019

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Rettifica della direttiva 2013/59/Euratom | 13.12.2019

Rettifica della direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, del 5 dicembre 2013, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom (Gazzetta ufficiale dell'Unione europea L 13 del 17 gennaio 2014)

GU L 324/80 del 13.12.2019

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Pagina 40, allegato II, tabella A, colonna «Tipo di radiazione», ultima voce

anziché: «Neutroni, En < 50 MeV»;

leggasi: «Neutroni, En > 50 MeV».

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D.P.R. 20 marzo 1956 n. 321

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D.P.R. 20 marzo 1956 n. 321

Norme per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro nei cassoni ad aria compressa. 

(GU n.109 del 5-5-1956 - SO)
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Testo nativo e Testo consolidato 2019 con le modifiche apportate dagli atti:

11/06/1956
Avviso di rettifica (in G.U. 11/06/1956, n.142)

26/01/1995
DECRETO LEGISLATIVO 19 dicembre 1994, n. 758 (in SO n.9, relativo alla G.U. 26/01/1995, n.21)

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 49771 | 09 Dicembre 2019

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Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 09 dicembre 2019 n. 49771

Guanto trascinato dai rulli in lavorazione. Mancata predisposizione di idonei requisiti di sicurezza della calandra

Penale Sent. Sez. 4 Num. 49771 Anno 2019
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO
Data Udienza: 14/11/2019

Ritenuto in fatto

1. La Corte di Appello di L'Aquila, pronunciando nei confronti degli odierni ricorrenti C.E. e DG.A., con sentenza del 18/7/2018, in parziale riforma della sentenza emessa in data 10/12/2016 dal Tribunale di Teramo, appellata dagli imputati, concesse ad entrambi le circostanze attenuanti generiche valutate equivalenti alla contestata aggravante, rideterminava la pena in 300 euro di multa per ciascuno degli imputati, con revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, confermando nel resto.
Il G.M. del Tribunale di Teramo, in primo grado, aveva condannato gli odierni ricorrenti alla pena di mesi 4 di reclusione ciascuno, con sospensione della pena, avendoli ritenuti colpevoli:
• C.E. del reato p. e p. dall'art. 590 commi 2 e 3 c.p. in qualità di legale rappresentante della ditta C.E. srl corrente in Morro D'Oro e di datore di lavoro di S.G. e in qualità di redattore del documento di valutazione dei rischi per la citata ditta, per colpa consistita in imprudenza, imperizia e violazione di norme di legge (artt. 70 co. 1, 71 co. 1 e 11, 87 co. 1 lett. b, e punto 5.9 dell'allegato V del D.L.vo 81/08, artt. 17-18- 28-29 e 55 del citato D.L.vo 81/08 e punti 1.3.7. e 1.4 all. I del D.P.R. 459/96), cagionava al S.G. lesioni personali gravi (trauma da schiacciamento da rulli arto superiore sx con ampio scuoiamento e modificazione dei tessuti molli interessante l'avambraccio, mano e dita con amputazioni falangi ungueali 2-3-4-5 dito, frattura base 50 metacarpo con prognosi riservata e iniziale poi di gg. 72), poiché il S.G., inserendo un foglio di lamiera nell'imbocco della calandra MH 308 B, dopo aver avviato i rulli, allungava una mano per togliere un sassolino dal foglio e il suo guanto veniva afferrato dai rulli in lavorazione che trascinavano e schiacciavano la mano e l'avambraccio.
Per colpa del C.E. avendo lo stesso:
a) in qualità di datore di lavoro messo a disposizione del lavoratore la calandra MH 308 B matr. 07083 del 2007 non conforme ai requisiti essenziali di sicurezza del DPR 459/1996 e del punto 5.9 dell'allegato V dei D.L.vo 81/08, perché non efficacemente protetta per tutta la sua estensione con riparo per impedire la presa e il trascinamento delle mani e di altre parti dei corpo del lavoratore, non provvista di un idoneo dispositivo di protezione che permette agevolmente la manovra di arresto dei cilindri, e che permetta l'arresto con semplice e leggera pressione di una qualche parte del corpo del lavoratore nel caso che questi venga preso con le mani dai cilindri in moto, e che consenta oltre all'arresto la contemporanea inversione del moto dei cilindri per liberare l'arto;
b) in qualità di datore di lavoro per non aver fornito ai lavoratore appropriati attrezzi che gli consentano di eseguire le operazioni senza avvicinare le mani alla zona pericolosa;
c) in qualità di datore di lavoro per non aver sottoposto la macchina a verifiche periodiche ai sensi dell'art. 71 comma 11;
d) in qualità di redattore dei documento di valutazione dei rischi avendo redatto il documento del sito n 2 sede dell'evento infortunistico alle pagg. 1010 e 1011 con indicazione generica e non adeguata dei rischi e delle misure di prevenzione da adottare, essendo stato individuato il rischio di impigliamento e trascinamento come possibile, con danno significato e con entità notevole ma non essendo stati individuati i dispositivi di protezione richiesti dal citato allegato V punto 5.9.
In Morro D'Oro il 28/6/2012.
• DG.A. del reato p. e p. dall'art. 590 commi 2 e 3 c.p. perché in qualità di Responsabile dei Servizio di Prevenzione e Protezione della ditta C.E. srl corrente in Morro D'Oro, e in qualità di co-redattore del documento di valutazione dei rischi per la citata ditta, per colpa consistita in colpa generica (imprudenza, negligenza e imperizia), e colpa specifica per violazione di norme di legge (art. 33 D.L.vo 81/08, artt. 17-18-28-29 e 55 del citato D.L.vo 81/08, punto 5.9 dell'allegato V del D.L.vo 81/08 e punti 1.3.7. e 1.4 all. I dei D.P.R. 459/96), cagionava ai S.G. lesioni personali gravi (trauma da schiacciamento da rulli arto superiore sx con ampio scuoiamento e modificazione dei tessuti molli interessante l'avambraccio, mano e dita con amputazioni falangi ungueali 2-3-4-5 dito, frattura base 50 metacarpo con prognosi riservata), poiché il S.G., inserendo un foglio di lamiera nell'imbocco della calandra MH 308 B, dopo aver avviato i rulli, allungava una mano per togliere un sassolino dai foglio e il suo guanto veniva afferrato dai rulli in lavorazione che trascinavano e schiacciavano la mano e l'avambraccio.
Per colpa del DG.A. il quale, in qualità di co-redattore del documento di valutazione dei rischi,
a) ha redatto il documento del sito n. 2 sede dell'evento infortunistico alle pagg. 1010 e 1011 con indicazione generica e non adeguata dei rischi e delle misure di prevenzione da adottare, essendo stato individuato il rischio di impigliamento e trascinamento come possibile, con danno significativo e con entità notevole ma non essendo stati individuati i dispositivi di protezione richiesti dal DPR 459/1996 e dal citato allegato V punto 5.9 per la calandra MI-1 308 B matr. 07083 del 2007 (che non efficacemente protetta per tutta la sua estensione con riparo per impedire la presa e il trascinamento delle mani e di altre parti del corpo del lavoratore, non provvista di un idoneo dispositivo di protezione che permette agevolmente la manovra di arresto dei cilindri, e che permette l'arresto con semplice 
e leggera pressione di una qualche parte del corpo del lavoratore nel caso che questi venga preso con le mani dai cilindri in moto, e che consenta oltre all'arresto la contemporanea inversione del moto dei cilindri per liberare l'arto);
b) non ha evidenziato la necessità di fornire al lavoratore appropriati attrezzi che gli consentano di eseguire le operazioni senza avvicinare le mani alla zona pericolosa;
c) non ha evidenziato la necessità di sottoporre la macchina a verifiche periodiche ai sensi dell'art. 71 comma 11;
In Morro D'Oro il 28/6/2012.
2. Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio comune difensore di fiducia, C.E. e DG.A., deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
Con un primo motivo si deduce vizio di motivazione per la mancata assunzione di prova decisiva.
I ricorrenti riportano testualmente la richiesta di parziale rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale proposta con i motivi di appello evidenziando la necessità di disporre esperimento giudiziale o perizia antroprometrica al fine di stabilire la manovra compiuta dal lavoratore, che durante la lavorazione compietamente automatica della lamiera, sarebbe intervenuto non sporgendosi sul laminatoio, ma entrando nella zona protetta con la fune perimetrale, al fine di rimuovere, con il macchinario in movimento, delle impurità presenti sulla lamiera, adagiandovi sopra con parte del corpo e finendo risucchiato con la mano nei cilindri in movimento.
Viene evidenziato che tale ricostruzione, come rilevato dal consulente di parte, era plausibile, tenuto conto delle caratteristiche del laminatoio e della corporatura della persona offesa.
L'esatta ricostruzione della dinamica dei fatti sarebbe stata necessaria -si sostiene in ricorso- ai fini dell'accertamento del nesso di causalità e la corte di appello avrebbe dovuto motivare perché non riteneva pertinente l'esigenza di stabilire se la ricostruzione fosse compatibile con la corporatura della vittima se lo stesso avesse solo allungato la mano per rimuovere le impurità o, invece, avesse usato il laminatoio come piano di appoggio del proprio corpo, dimenticando che la lamiera in movimento l'avrebbe trascinato.
Sul punto la Corte distrettuale non avrebbe fornito alcuna risposta, limitandosi ad un apparente motivazione sulla logica spiegazione della posizione assunta dal S.G. a seguito dell'infortunio e della deposizione dei testi C. e DF., secondo i quali il S.G. poteva arrivare con la mano all'imboccatura dei rulli.
Ma, aggiungono i ricorrenti, la questione da valutare era se fosse raggiungibile la zona dei rulli sporgendosi dall'esterno del perimetro di protezione o con un piede dall'interno dello stesso perimetro.
Su questo aspetto, ritengono i ricorrenti, sarebbero stato necessario acquisire certezza processuale in relazione alla causalità dell'evento, al fine di accertare o escludere la causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento.
Con un secondo motivo si deduce vizio motivazione per travisamento della prova in punto di causalità e violazione di legge in relazione agli artt. 533 e 530 cpv. cod. proc. pen.
I ricorrenti lamentano che la Corte distrettuale pur riconoscendo la fondatezza dell'ipotesi che il danno alla mano fosse derivato da una manovra non corretta del primo soccorritore o da un vizio occulto della calandra che, nella fase di moto inverso dei cilindri, non ha consentito il rilascio della mano, non ne ha riconosciuto la rilevanza sul piano inferenziale.
Pertanto, ritengono i ricorrenti i giudici di merito avrebbero dovuto riconoscere il difetto di prova che il danno fosse derivato dall'assenza dei presidi antinfortunistici.
Vengono, quindi, riportati precedenti di questa Corte di legittimità sull'esclusione di responsabilità in relazione alla sicurezza delle macchine in presenza di vizi occulti e sul travisamento di prova.
Viene invocata, infine, l'applicazione del principio di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio, non potendosi escludere ipotesi alternative dotate di razionalità e plausibilità.
Con un terzo motivo si deduce violazione di legge in relazione all'art. 43 cod. pen. sull'individuazione delle regole prudenziali asseritamente violate e costituenti integrazione della colpa specifica.
I ricorrenti premettono di riproporre le questioni in diritto in senso antitetico rispetto all'interpretazione data dai giudici di appello, essendo privo di plausibilità e coerenza il percorso logico seguito dagli stessi nella sentenza impugnata.
Viene lamentata la pronuncia di un giudizio di responsabilità a prescindere dall'avvenuto accertamento, ai fini della configurabilità della colpa specifica, dell'effettiva violazione di regole di condotta tali da assicurare l'effettiva evitabilità dell'evento.
La valutazione svolta dai giudici di appello sulla violazione degli standard di sicurezza viene definita incongrua.
In relazione a quanto previsto dall'All. V punto 5.9.1 e dall'art. 132 DPR 547/55, si precisa che la responsabilità datoriale è esclusa quando per le modalità di funzionamento del macchinario e per il tipo di lavorazione non sia possibile una segregazione della zona di imbocco dei rulli della calandra, ma la macchina sia dotata di un sistema di arresto rapido dei cilindri.
Ora nel caso che ci occupa, la lavorazione secondo il difensore ricorrente doveva avvenire con l'inserimento della lamina con un'apposita pinza, mentre la lavorazione successiva era in automatico, con il posizionamento del lavoratore su pulpito distante dalla zona di imbocco.
La velocità della lavorazione era modesta e il posizionamento del lavoratore distante dalla zona di avvolgimento con apposizione di una fune perimetrale assicuravano un elevato livello di sicurezza escludendo possibilità di attingimento.
I ricorrenti contestano che la fune dovesse essere posta ad altezza del petto del lavoratore, rilevando che il posizionamento della stessa fune a 40 cm di altezza e a 40-50 cm dalla macchina erano corrette come riportato nella consulenza di parte.
Inoltre, rilevano ancora i ricorrenti, la circostanza che la calandra venisse fermata dallo stesso S.G. dimostrerebbe la funzionalità del sistema di arresto.
Mentre, si ribadisce, la sentenza impugnata non avrebbe chiarito la posizione del lavoratore sul laminatoio. La spiegazione della posizione come effetto del trascinamento non spiegherebbe il motivo per cui la fune perimetrale non sia stata intercettata con gli arti inferiori ma solo con il piede.
In relazione alla violazione dell'art. 71 D.Lgs. 81/2008, i ricorrenti deducono che la corte di appello non avrebbe considerato che il controllo sul sistema di sicurezza della calandra avveniva sia al momento dell'acquisto che in sede di verifica del rischio residuo. Nuovamente si evidenzia che il sistema di lavorazione sopra citato garantiva il miglior livello di sicurezza operativa.
Inoltre, la sentenza impugnata, imputerebbe al datore di lavoro l'assenza di ulteriori presidi, di fatto impraticabili, come documentato con la CTP, o non in commercio. Ed anche i presidi adottati dopo l'incidente sarebbero atti a prevenire incidenti solo dall'imbocco frontale della macchina, ma non dal lato perimetrale, come nel caso di specie.
Ancora, le responsabilità per carenza del DVR avrebbero dovuto essere vagliate unitamente all'eventuale violazione dell'art. 20 D.Lgs. 81/2008 da parte del lavoratore.
Si lamenta, infine, il mancato compimento di una prova di resistenza volta a stabilire se la prevenzione del rischio specifico e di quello residuo fossero neutra- lizzabili solo seguendo le modalità lavorative prescritte, in quanto, si insiste, nessuna esposizione al pericolo si sarebbe realizzata ove il lavoratore si fosse attenuto allo standard di diligenza richiesto. 
Con un quarto motivo si deduce vizio di motivazione in relazione agli artt. 41 cpv e 43 cod. pen. per difetto di causalità-esigibilità per abnormità/esorbitanza del comportamento dell'infortunato.
I ricorrenti configurando un comportamento anomalo del lavoratore, esorbitante rispetto alle modalità lavorative, ricordano i principali due orientamenti di questa Corte in tema di responsabilità evidenziando che il secondo, ad oggi minoritario, confortato dalle S.U. nel caso Thissen Group, riconosce anche un obbligo di sicurezza gravante sul lavoratore.
In particolare, si è riconosciuto anche il concetto di comportamento esorbitante del lavoratore diverso da quello abnorme.
Si ricorda, infine, che nel caso specifico il lavoratore ha praticamente disarmato il presidio di sicurezza, pertanto, la Corte di appello, alla luce anche del riconosciuto concorso di colpa, avrebbe dovuto assolvere gli imputati per inesigibilità di una condotta neutralizzatrice del comportamento del S.G..
Chiedono, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. I motivi sopra illustrati sono infondati e, pertanto, i proposti ricorsi vanno rigettati.
2. I ricorsi, in concreto, non si confrontano adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimità.
La Corte territoriale aveva già chiaramente confutato, nel provvedimento impugnato, la gran parte delle tesi oggi riproposte, in particolare quella sulla richiesta di rinnovazione istruttoria.
La sentenza impugnata dà conto, infatti, che la dinamica dell'infortunio è stata accertata in maniera chiara, sulla base delle dichiarazioni del S.G., che ha spiegato logicamente la posizione in occasione dell'infortunio, confermata anche dal teste R. e dai testi C. e DF., del Servizio di Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di lavoro della ASL di Teramo, che hanno ricostruito la dinamica in maniera conforme alle dichiarazioni della persona offesa e hanno confutato la ricostruzione resa dagli imputati.
Il lavoratore infortunato ha indicato, quale motivo della propria condotta, la volontà di rimuovere un sassolino, della cui presenza si era avveduto sulla lamiera. Ciò, peraltro, è quanto lo stesso ebbe a riferire nell'immediatezza del fatto al teste R.L. che ebbe a soccorrerlo, come anche da quest’ultimo testimoniato. E con motivazione logica la Corte distrettuale ha ritenuto che non possa certo dubitarsi della versione del S.G. sul punto per il solo fatto che all'esito dell'infortunio detto sassolino non fu rinvenuto dal R.. 
La sentenza impugnata precisa che dalle emergenze processuali è risultato accertato che era possibile accedere con la mano nella calandra, benché l'operazione fosse vietata. E che i testi C. e DF. hanno riferito che la persona offesa non sarebbe potuta arrivare con la propria mano all'imbocco dei rulli se la fune di protezione fosse stata posizionata ad una congrua distanza dalla macchina e a una congrua altezza. Ciò in ragione del fatto che la parte offesa, per compiere la manovra della rimozione del sassolino dalla lamiera, doveva necessariamente essersi trovata all'esterno della fune, la quale, peraltro, non era neppure sufficientemente tesa, tanto che per azionarla in sede di ispezione era stato necessario portarla fino al suo livello massimo, quasi a toccare la calandra stessa.
Viene illustrato, in altri termini, un compendio probatorio, idoneo a convalidare, senza necessità di ulteriori approfondimenti, la conclusione cui era già pervenuto il giudice di primo grado, secondo cui le rubricate lesioni fossero eziologicamente connesse alla mancata predisposizione di idonei requisiti di sicurezza della calandra che, sebbene munita di dichiarazione di conformità CE, era dotata, oltre che del dispositivo di accensione e spegnimento, di un dispositivo di protezione costituito da una fune metallica, che, però, era posizionata a distanza insufficiente a livello orizzontale dalla zona di contatto, non era sufficientemente alta e non era attivabile mediante una leggera pressione; detto sistema, inoltre, non comportava l'inversione di moto dei cilindri.
Il primo giudice aveva, peraltro, già evidenziato: 1. che in ragione di dette carenze furono impartite prescrizioni inerenti: a. il posizionamento della fune ad un'altezza superiore; b. la installazione di sistemi di fotocellule finalizzato al blocco della calandra al passaggio della zona di rischio; c. un sistema di impedimento di riattivazione della calandra una volta bloccata attraverso quello di fotocellule; 2. che il libretto di manutenzione della calandra, benché riportante il medesimo numero di matricola di quella in questione, ineriva ad una diversa macchina; c) che erano state carenti la formazione e la informazione della parte offesa (aspetto in relazione al quale, tuttavia, il giudice di secondo grado ha escluso il nesso di causalità con l'evento; 3. che il documento inerente la valutazione dei rischi era carente in quanto non aveva individuato dispositivi di sicurezza e che il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione neppure aveva sollecitato la prescritta verifica periodica.
I giudici del gravame del merito, pertanto, nel negare la rinnovazione dibattimentale, operano un buon governo della giurisprudenza di questa Corte di legittimità che ha costantemente chiarito come la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio di appello sia evenienza eccezionale, subordinata ad una valutazione giudiziale di assoluta necessità conseguente all’insufficienza degli elementi istruttori già acquisiti, che impone l’assunzione di ulteriori mezzi istruttori pur se le parti non abbiano provveduto a presentare la relativa istanza nel termine stabilito dall'art. 468 c.p.p. (Sez. 2, n. 41808 del 27/9/2013, Mongiardo, Rv. 256968). E che la mancata rinnovazione in appello dell'istruttoria dibattimentale può essere censurata soltanto qualora si dimostri l'esistenza, nell'apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all'assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014 il 2015, Di Vincenzo, Rv. 261556; Sez. 6, n. 1256 del 28/11/2013, dep. il 2014, Rv. 258236).
3. In relazione al secondo motivo di ricorso, se ne palesa l'infondatezza, in quanto la sentenza impugnata, come già quella di primo grado, ha, in maniera del tutto logica, già ampiamente motivato che le lesioni possono eventualmente solo essersi aggravate nella rimozione della mano dai rulli, ma certamente ciò non può ritenersi un'esimente o un'interruzione del nesso di causalità, tanto più che tra i presidi di sicurezza mancanti può riconoscersi proprio il comando di inversione della marcia dei rulli. Né tale mancanza può definirsi un vizio occulto della macchina.
4. La motivazione della sentenza impugnata appare logica e congrua, oltre che corretta in punto di diritto -e pertanto si sottrae ai denunciati vizi di legittimità- anche nella parte in cui evidenzia gli elementi che l'hanno portata a convalidare l'affermazione di responsabilità già operata dal primo giudice nei confronti di entrambi gli odierni ricorrenti.
Infondato appare, perciò, anche il terzo motivo di ricorso, non corrispondendo al vero che non siano stati analizzati i singoli profili di colpa specifica che l'impugnato provvedimento distingue per ognuno dei due imputati.
I giudici del gravame del merito, come peraltro aveva già fatto il giudice di primo grado, si soffermano analiticamente sulle carenze prevenzionali riscontrate e sull'inidoneità dei sistemi di sicurezza adottati.
Quanto, nello specifico, alle caratteristiche del sistema di sicurezza della calandra, evidenziano come dalla documentazione in atti (non essendo stati i testi, a distanza di anni, stati precisi sulle misure relative alla distanza della fune dalla macchina e alla sua altezza), si evincevano: a. l'insufficiente distanza orizzontale della fune metallica rispetto alla zona di contatto, misurata in 20 cm rispetto alla calandra; b. l'insufficiente altezza della fune metallica rispetto al livello in cui sosta l'operatore, misurata a cm. 50; c. l'azionamento del dispositivo di sicurezza solo per ampi spostamenti della fune metallica (maggiori di mm. 10); d. l'omesso azionamento del dispositivo di sicurezza a seguito di una leggera pressione da parte di qualsiasi parte del corpo del lavoratore; e. il fatto che il dispositivo di sicurezza non comprendesse un sistema di inversione del moto dei cilindri prima del loro arresto definitivo (il richiamo è alla relazione di accertamento a firma dei predetti testi in data 8/5/2013)
Viene inoltre ricordato che M.M., già indagato per il medesimo fatto in quanto legale rappresentante della ditta fornitrice della calandra, in sede di interrogatorio, al fine di sottolineare "il divieto di inserire gli arti nella calandra mentre questa e in funzione", ha dato atto del fatto che nel caso di specie il S.G. non si era attenuto al divieto, segnalato nel libretto d'uso e manutenzione della calandra e dagli adesivi apposti sulla medesima, in quanto, "dopo aver avviato i rulli allungava una mano nella calandra", dal che deve logicamente ritenersi, qualora ve ne fosse ancora bisogno, che l'operazione posta in essere dal S.G., benché vietata con gli organi della macchina in movimento, era sicuramente possibile senza alcuna necessità di scavalcare la fune di protezione e distendersi sulla calandra.
La sentenza si sofferma poi sulle prescrizioni di sicurezza imposte dopo l'infortunio al C.E., adempiute, all'esito delle quali si evince che la fune di protezione non è stata riposizionata nella medesima maniera riportata in precedenza.
5. La Corte territoriale ha dato conto argomentatamente e logicamente, con motivazione corretta anche in punto di diritto, del perché dell'ascrivibilità della penale responsabilità agli odierni ricorrenti.
Quanto al C.E., datore di lavoro, si tratta del garante primario della sicurezza del lavoratore, in quanto titolare di un rapporto di lavoro o comunque dominus di fatto dell'organizzazione dell'attività lavorativa.
Fonte primaria degli obblighi di sicurezza che fanno capo al datore di lavoro - com'è noto- è il Decreto legislativo 81 del 2008, il cui articolo 17 individua tassativamente gli obblighi non delegabili del datore di lavoro, individuandoli: "a) nella valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28; b) nella designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi."
Il terzo obbligo non delegabile, cioè quello di vigilanza, viene ricavato, poi, dall'articolo immediatamente precedente che al comma terzo espressamente prevede che: "La delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite."; mutando, in questo caso, il contenuto della situazione d'obbligo del datore di lavoro: da obbligo di adempiere personalmente a obbligo di vigilanza sull'attività del delegato.
Accanto a questi obblighi che devono essere adempiuti inderogabilmente dal datore di lavoro in persona, l'articolo 18 ne contiene un elenco meticoloso e li distribuisce tra il datore di lavoro e il dirigente, sia pur, con riferimento a quest'ultimo, nei limiti segnati dalle attribuzioni e dalle competenze ad esso conferite.
Ebbene, in proposito, va ricordato, innanzi tutto, il principio affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 38343 del 24/4/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261105 e ss. sul caso Thyssenkrupp, secondo cui, in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l’obbligo giuridico di analizzare ed individuare, secondo la propria, esperienze e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell’azienda e, all’esito, redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi (D.S.S.) previsto dall'art. 28 del D.L.vo n.81 del 2008 (Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro): all'interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Va dunque qui riaffermato il principio che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro quale responsabile della sicurezza, è gravato non solo dell'obbligo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente la loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod civ., egli è costituito garante dell'Incolumità fisica dei prestatori di lavoro" (cfr. questa Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014 dep. il 2015, Ottino, Rv. 263200). E che, qualora sussista la possibilità di ricorrere a plurime misure di prevenzione di eventi dannosi, il datore di lavoro è tenuto ad adottare il sistema antinfortunistico sul cui utilizzo incida meno la scelta discrezionale del lavoratore, al fine di garantire il maggior livello di sicurezza possibile Sez. 4, n. 4325 del 27/10/2015 dep. il 2016, Zappalà ed altro, Rv. 265942).
Va ricordato, altresì, che, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione (così Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, Pezzo, Rv. 253850 in una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto la responsabilità del datore di lavoro per il reato di lesioni colpose nonostante fosse stata dedotta l'esistenza di un preposto di fatto).
Come si diceva, in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all'interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata (Sez. 4, n. 27295 del 2/12/2016 dep. il 2017, Furlan, Rv. 270355).
6. Fatta questa debita premessa, per evidenziare il ruolo pregnante e le responsabilità che nel sistema antinfortunistico gravano sul datore di lavoro, va rilevato che i giudici di merito, con riferimento alla posizione di C.E., quale legale rappresentante della "C.E. Srl" e, quindi, datore di lavoro dell'Infortunato, ha individuato i seguenti profili di colpa specifica, ritenuti "in palese nesso causale con l'evento":
1. la violazione dell'art. 70, co. 1 D. L.vo n. 81/2008, inerente i dispositivi di sicurezza (norma che prevede che "salvo quanto previsto al comma 2, le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle specifiche disposizioni legislative regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto"), non essendo risultata la calandra, considerando l'inidoneità della predetta fune metallica con riferimento al suo posizionamento, funzionalità e modalità di utilizzo, conforme ai seguenti requisiti: a) ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dal D.P.R. 459/96 ("Regolamento per l'attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine inerente la prevenzione dei rischi dovuti agli elementi mobili"), già in vigore all'atto di acquisto della calandra, con riferimento al sistema di protezione dei rischi dovuti agli elementi mobili della calandra (il richiamo è all'all. 1, punto 1.3.7. D.P.R. n. 459/1996 - "Prevenzione dei rischi dovuti agli elementi mobili" "Gli elementi mobili della macchina devono essere progettati, costruiti e disposti per evitare i rischi oppure, se sussistono rischi, essere muniti di protezioni o dispositivi di protezione in modo tale da prevenire qualsiasi rischio di contatto che possa provocare infortuni", all. li punto 1.4.1 D.P.R. n 459/1996 - "caratteristiche richieste per le protezioni ed i dispositivi di protezione, requisiti generali" "Le protezioni e dispositivi di protezione non devono essere facilmente elusi o resi inefficaci e devono essere situati ad una distanza sufficiente dalla zona pericolosa"; b. ai requisiti di sicurezza previsti dal D.Lvo n. 81/2008 (cui la calandra avrebbe dovuto essere adeguata) all. V, parte 11, punto 5-9 "Laminatoi, rullatrici, calandre e cilindri" e, in particolare, a quanto disposto sia dal punto 5.9. 1 "Nelle macchine con cilindri lavoratori e alimentatori accoppiati e sovrapposti, o a cilindro contrapposto a superficie piana fissa o mobile, quali laminatoi, rullatrici, calandre, molini a cilindri, raffinatrici, macchine tipografiche a cilindri e simili, la zona di imbocco, qualora non sia inaccessibile, deve essere efficacemente protetta per tutta la sua estensione, con riparo per impedire la presa e il trascinamento delle mani o di altre parti del corpo del lavoratore. Qualora per esigenze della lavorazione non sia possibile proteggere la zona di imbocco, le macchine di cui al primo comma debbono essere provviste di un dispositivo che, in caso di pericolo, permetta, mediante agevole manovra, di conseguire il rapido arresto dei cilindri omiszs", sia dal punto 5.9.2 "I laminatoi e le calandre che, in relazione alle loro dimensioni, potenza, velocità o altre condizioni, presentano pericoli specifici particolarmente gravi, quali i laminatoi (mescolatori) per gomma, le calandre per foglie di gomma e simili, debbono essere provvisti di un dispositivo per l'arresto immediato dei cilindri avente l'organo di comando conformato e disposto in modo che l'arresto possa essere conseguito anche mediante semplice e leggera pressione di una qualche parte del corpo del lavoratore nel caso che questi venga preso con le mani dai cilindri in moto. Il dispositivo di arresto di cui al comma precedente oltre al freno deve comprendere anche un sistema per la contemporanea inversione del moto dei cilindri prima del loro arresto definitivo".
2. La violazione dell'art. 71 co. 1 D. L.vo n. 81/ 2008, inerente agli obblighi del datore di lavoro (norma che prevede che "il datore di lavoro mette a disposizione del lavoratore attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie");
3. La violazione dei già ricordati artt. 17 ("obblighi del datore di lavoro non delegabili", tra cui -co 1 lett. a - la valutazione dei rischi), 28 ("oggetto della valutazione dei rischi") e 29 ("modalità di effettuazione della valutazione dei rischi") D. L.vo n. 81/ 2008, per avere indicato in maniera generica e non adeguata i rischi e le conseguenti misure di prevenzione da adottare nella redazione del documento di valutazione dei rischi.
Diversamente, come pure già si anticipava, quanto alla violazione dell'obbligo di formazione del lavoratore di cui all'art. 18 D. L.vo n. 81/2008, osserva la Corte territoriale che, pur dovendosi ritenere sussistente detta violazione con riferimento alla specifica mansione cui il S.G. era addetto all'atto dell'infortunio, la stessa non possa tuttavia valutarsi in nesso causale con l'evento, non potendo ritenersi certo che, qualora fosse stato specificamente formato, il S.G. si sarebbe astenuto dalla sua condotta imprudente, in ragione dell'istintività della stessa e della macroscopicità dell’imprudenza.
Del pari, per i giudici del gravame del merito, deve ritenersi non in certo nesso causale con l'evento la contestata violazione dell'art. 71, comma 11, D. L.vo n. 81/2008, non potendosi ritenere che a seguito dell'esecuzione della prescritta verifica periodica la calandra sarebbe sicuramente stata adeguata ai suindicati requisiti di sicurezza.
7. Nell'attribuire tali profili di colpa specifica al datore di lavoro la sentenza impugnata si colloca nel solco della richiamata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, laddove si è da tempo chiarito che, qualora un infortunio sia dipeso dalla utilizzazione di macchine od impianti non conformi alle norme antinfortunistiche, la responsabilità dell'imprenditore che li ha messi in funzione senza ovviare alla non rispondenza alla normativa suddetta non fa venir meno la responsabilità di chi ha costruito, installato, venduto o ceduto gli impianti o i macchinari stessi (così Sez. Un. n. 1003 del 23/11/1990 dep. il 1991, Tescaro, Rv. 186372; conf. Sez. 4, n. 2494 del 3/12/2009 dep. il 2010, Castelletti, Rv. 246162).
E, per converso, del principio, che pure costituisce ius receptum secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l'evento dannoso sia provocato dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro, sul quale grava l'obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare tale macchina e di adottare nell'impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori; a detta regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l'accertamento di un elemento di pericolo sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio di progettazione, che non consentano di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza (così Sez. 4 , n. 1184 del 3/10/2018 dep. il 2019, Motta Pelli srl, Rv. 275114 in una fattispecie relativa a macchinario privo di "carter" di protezione, in cui la Corte ha ritenuto che il pericolo era evidentemente riconoscibile con l'ordinaria diligenza, dovendo gli organi in movimento dei macchinari essere sempre segregati per evitare contatti pericolosi con la persona del lavoratore; conf. Sez. 4, n. 26247 del 30/05/2013, Magrini, Rv. 256948 che, in applicazione del principio, ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro, in ordine al reato di cui all'art. 590, comma terzo, cod. pen., per avere messo a disposizione del lavoratore un macchinario, specificamente una pressa, privo dei necessari presidi di sicurezza, in conseguenza della non attenta verifica dei requisiti di legge e della mancata valutazione in progress delle carenze del predetto macchinario, anche attraverso una adeguata azione di manutenzione, nella specie effettuata senza carattere di sistematicità; Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014, Enne ed altro, Rv. 259229).
La responsabilità del costruttore, nell'ipotesi in cui l'evento dannoso sia stato provocato dall'inosservanza delle cautele antinfortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, in altri termini, non vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro utilizzatore della macchina, giacché questi è obbligato ad eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti chiamati ad avvalersi della macchina. A tale regola, fondante la concorrente responsabilità del datore di lavoro, si fa eccezione nella sola ipotesi in cui l'accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza, per esempio, allorquando il vizio riguardi una parte non visibile e non raggiungibile della macchina (Sez. 4, n. 1216 del 26/10/2005 dep. il 2006, Mollo, Rv. 233174-5).
Per contro, il costruttore non risponde per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili alla costruzione di una macchina che risulti priva dei necessari dispositivi o requisiti di sicurezza (obbligo su di lui incombente per il disposto dell'articolo 7 d.P.R. 27 aprile 1955 n. 547), se l'utilizzatore abbia compiuto sulla macchina trasformazioni di natura ed entità tale da poter essere considerate causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento (per esempio, nel caso di una totale trasformazione strutturale della macchina).
Coerentemente con i principi sopra ricordati, i giudici del gravame del merito evidenziano che certo non può valere ad escludere i suindicati profili di colpa a carico degli Imputati il fatto che la calandra fosse marchiata CE.
Al riguardo della marchiatura CE, va infatti ribadito quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità sul punto, ossia che il datore di lavoro, quale Responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro (e pertanto anche il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione), e tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati e risponde pertanto dell'infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza ditali requisiti, senza che la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità "CE" o l'affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarli dalla loro responsabilità.
In merito, questa Corte ha anche precisato - va ribadito- che la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l'evento dannoso sia stato provocato dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro - sul quale grava l'obbligo di eliminare ogni fonte di percolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare la predetta macchina e di adottare tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori - (e pertanto anche del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, di cui si dirà di qui a breve) e che a detta regola può farsi eccezione nel solo caso in cui l'accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza, il che non era nel caso di specie (v., in termini, Sez. 4, sentenze n 54480/2016, n. 26247/2013 e n. 37060/2008).
8. Venendo alla posizione di DG.A., Responsabile del Servizio di Prevenzione ella "C.E. S.r.l.", per la Corte aquilana va individuata, quale profilo di colpa specifica, in palese nesso causale con l'evento, la violazione degli artt. 28 ("oggetto della valutazione dei rischi") e 29 ("modalità di effettuazione della valutazione dei rischi") D. L.vo n. 81/ 2008, per avere indicato in maniera generica e non adeguata i rischi e le conseguenti misure di prevenzione da adottare nella redazione del documento di valutazione dei rischi.
Per i giudici del gravame del merito -che ne danno conto con una motivazione logica e congrua, oltre che corretta in punto di diritto, e che pertanto si sottrae ai denunciati vizi di legittimità- risulta dunque confermata la prospettazione accusatoria che imputava al DG.A., essendo stato individuato il rischio di impigliamento e trascinamento come possibile, con danno significativo e con entità notevole, di non avere individuato e prescritto i dispositivi di protezione richiesti dal DPR 459/1996 e dal citato allegato V punto 5.9 per la calandra MI-1 308 B matr. 07083 del 2007 (che non efficacemente protetta per tutta la sua estensione con riparo per impedire la presa e il trascinamento delle mani e di altre parti del corpo del lavoratore, non provvista di un idoneo dispositivo di protezione che permette agevolmente la manovra di arresto dei cilindri, e che permette l'arresto con semplice e leggera pressione di una qualche parte del corpo del lavoratore nel caso che questi venga preso con le mani dai cilindri in moto, e che consenta oltre all'arresto la contemporanea inversione del moto dei cilindri per liberare l'arto).
Diversamente, come già sopra evidenziato, è stato ritenuto non in certo nesso causale con l'evento la contestata violazione dell'art. 71, comma 11, D. L.vo n. 81/2008, non potendosi ritenere che, a seguito dell'esecuzione della prescritta verifica periodica la calandra sarebbe sicuramente stata adeguata ai suindicati requisiti di sicurezza.
9. Va ricordato che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, secondo quanto prevede l'articolo 2 comma 1, lett. f) Dlgs 81/08 è un "consulente del datore di lavoro, da questi designato, ai fini della valutazione dei rischi aziendali e della previsione di un idoneo piano di intervento per eliminarli o ridurli al minimo."
Con la sua nomina, si potrebbe dire che, il datore di lavoro costituisca il suo alter ego sul piano delle competenze e conoscenze scientifiche attinenti all'attività d'impresa.
Riguardo a tale figura si pone un dubbio teorico concernente la possibilità di individuare o meno in capo ad essa una posizione di garanzia.
Autorevole dottrina lo ha escluso per due ordini di motivi: 1. in primo luogo perché il garante deve avere poteri impeditivi, invece, molto spesso il RSPP è un soggetto estraneo all'azienda, un mero consulente; 2. in secondo luogo perché non risulta essere prevista per lo stesso nessuna sanzione penale contravvenzionale.
La giurisprudenza di questa Corte di legittimità, dal suo canto, concorda sul fatto che a tale figura non possa essere assegnata una specifica posizione di garanzia; tuttavia, poiché sostiene che la procedura di governo del rischio si inserisca in un contesto cooperativo, quando, come nel caso che ci occupa, il comportamento del RSPP sin inserisce causalmente nella determinazione dell'evento ne fa discendere la responsabilità in concorso con il garante).
Questa Corte (Sez. 4, n. 24958 del 26/4/2017, Rv. 270286) ha affermato il principio che la mera designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non costituisce una delega di funzioni e non è dunque sufficiente a sollevare il datore di lavoro ed i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (in motivazione si è precisato che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione svolge un ruolo di consulente in materia antinfortunistica del datore di lavoro ed è privo di effettivo potere decisionale).
Va dunque sgombrato ancora una volta il campo da ogni equivoco in ordine alla natura ed ai compiti del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP).
Si tratta, infatti, di un soggetto che non è titolare di alcuna posizione di garanzia rispetto all'osservanza della normativa antinfortunistica e che opera, piuttosto, quale "consulente" in tale materia del datore di lavoro, essendo e rimanendo quest'ultimo direttamente tenuto ad assumere le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio (cfr. ex multis questa Sez. 4, n. 6277 del 6/12/2007 dep. il 2008, Oberrauch ed altro Rv. 238750). 
Tuttavia il soggetto designato responsabile del servizio, pur rimanendo ferma la posizione di garanzia del datore di lavoro, può, ancorché sia privo di poteri decisionali e di spesa, essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta, come nel caso che ci occupa, questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere, nel sistema elaborato dal legislatore, che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione (cfr. Sez. 4, n. 32195 del 15/7/2010, Scagliarini, Rv. 248555).
In altra pronuncia, di qualche mese successiva, si è condivisibilmente, parimenti, affermato che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, degli eventi dannosi derivati dai suoi suggerimenti sbagliati o dalla mancata segnalazione di situazioni di rischio, dovuti ad imperizia, negligenza, inosservanza di leggi o discipline, che abbiano indotto il secondo ad omettere l'adozione di misure prevenzio- nali doverose (Sez. 4, n. 2814 del 21/12/2010 dep. il 2011, Di Mascio, Rv. 249626).
C'è stata, poi, la già ricordata pronuncia con cui le Sezioni Unite n. 38343 del 24/4/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261105 e ss. sul caso Thyssenkrupp hanno puntualizzato che, in tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all'occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri (e perciò le Sezioni Unite nel caso sottoposto al loro esame hanno ritenuto penalmente rilevante la condotta del responsabile del servizio che aveva redatto il documento di valutazione dei rischi con indicazione di misure organizzative inappropriate, sottovalutando il pericolo di incendio e omettendo di indicare ai lavoratori le opportune istruzioni per salvaguardare la propria incolumità).
La riconosciuta possibilità che il RSPP concorra nel reato con il datore di lavoro non ne ha tuttavia mutato la natura di mero consulente di quest'ultimo, la cui designazione non è dunque sufficiente a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (così questa Sez. 4, n. 6277/2008 cit; conf. Sez. 4, n. 27420 del 20/5/2008, Verderosa e altro, Rv. 240886). 
Correttamente, perciò, nel caso che ci occupa, la Corte territoriale ha ritenuto che c'era l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, sia da parte del datore di lavoro che del RSSP tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, di redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 81/2008, all'interno del quale andavano indicate le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
L'infortunio occorso al lavoratore, in un caso come quello che ci occupa, era oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare al datore di lavoro, il che non era avvenuto, per cui la mancata segnalazione di situazioni di rischio ha indotto il datore di lavoro ad omettere l'adozione di misure prevenzionali doverose e il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro.
A tale ultimo proposito deve essere ribadita anche in questa sede la giuri-sprudenza di questa Corte di legittimità, da tempo consolidata, oltre che nel ribadire che il RSPP ha una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell'individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti, nel senso di ritenere il datore di lavoro responsabile anche delle eventuali negligenze del RSPP (cfr. Sez. 4, n. 50605 del 5/4/2013, Porcu, Rv. 258125; Sez. F, n. 32357 del 12/8/2010, Mazzei ed altro, Rv. 247996).
10. In relazione al quarto motivo di ricorso, lo stesso è parimenti infondato, essendo del tutto logico e congruo il ragionamento compiuto dalla Corte aquilana che, pur riconoscendo una condotta imprudente del lavoratore, fa buon uso dei principi stabiliti da questa Corte in tema di imprevedibilità del comportamento del lavoratore e ritiene la condotta imprudente dello stesso inidonea ad interrompere il nesso di causalità tra la condotta colposa degli imputati e l'evento lesivo realizzatosi.
Costituisce, infatti, giurisprudenza pacifica di questa Corte di legittimità che il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da re-sponsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle 
mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontolo-gicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (vedasi sul punto Sez. 4, n. 7188 del 10/1/2018, Bozzi, Rv. 272222).
il dictum in questione di collega all'affermazione, che pure costituisce ius receptum, secondo cui il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all'incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori l'osservanza delle regole di cautela, sicché la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell'eccezionaiità, dell'abnormità e, comunque, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile (così, ex multis, Sez. 4 n. 37986 del 27/6/2012, Battafarano, Rv. 254365, che, in applicazione del principio di cui in massima ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilità - in ordine al reato di cui all'art. 590, comma terzo, cod. pen. - dell'imputato, legale rappresentante di una s.a.s., per non avere adeguatamente informato il lavoratore, il quale aveva ingerito del detersivo contenuto in una bottiglia non contrassegnata, ritenendo trattarsi di acqua minerale; conf. Sez. 4, n. 3787 del 17/10/2014 dep. il 2015, Bonelli Rv. 261946 in un caso in cui la Corte ha ritenuto non abnorme il comportamento del lavoratore che, per l'esecuzione di lavori di verniciatura, aveva impiegato una scala doppia invece di approntare un trabattello pur esistente in cantiere).
Inoltre, è altrettanto pacifico che non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre comunque all'insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente (così questa Sez. 4, n. 7364 del 14/1/2014, Scarselli, Rv. 259321 relativamente ad una fattispecie relativa alle lesioni "da caduta" riportate da un lavoratore nel corso di lavorazioni in alta quota, in relazione alla quale la Corte ha ritenuto configurabile la responsabilità del datore di lavoro che non aveva predisposto un'idonea impalcatura - "trabattello" - nonostante il lavoratore avesse concorso all'evento, non facendo uso dei tiranti di sicurezza).
Non è configurabile, in altri termini, la responsabilità ovvero la corresponsabilità del lavoratore per l'infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro, come nel caso in esame, presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza dì prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli (Sez. 4, n. 22813 del 21/4/2015, Palazzolo, Rv. 263497). Ciò perché il datore di lavoro quale responsabile della sicurezza gravato non solo dell'obbligo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente la loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro" (vedasi anche questa Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014 dep. il 2015, Ottino, Rv. 263200). E, qualora sussista la possibilità di ricorrere a plurime misure di prevenzione di eventi dannosi, il datore di lavoro è tenuto ad adottare il sistema antinfortunistico sul cui utilizzo incida meno la scelta discrezionale del lavoratore, al fine di garantire il maggior livello di sicurezza possibile Sez. 4, n. 4325 del 27/10/2015 dep. il 2016, Zappalà ed altro, Rv. 265942).
Di rilievo, in argomento, appare anche il recente dictum di Sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018 dep. il 2019, Musso, Rv. 275017 che ribadisce che la condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore, idonea ad escludere il nesso causale, non è solo quella che esorbita dalle mansioni affidate al lavoratore, ma anche quella che, nell'ambito delle stesse, attiva un rischio eccentrico od esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (in quel caso la Corte di legittimità ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la responsabilità del datore di lavoro per le lesioni riportate da un lavoratore che, per sbloccare una leva necessaria al funzio-namento di una macchina utensile, aveva introdotto una mano all'interno della macchina stessa anziché utilizzare l'apposito palanchino di cui era stato dotato).
Ribadendo il concetto di "rischio eccentrico" altra recente pronuncia (Sez. 4 n. 27871 del 20/3/2019, Simeone, Rv. 276242) ha puntualizzato che, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (si trattava di un caso di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro in quanto la mancata attuazione delle prescrizioni contenute nel POS e la mancata informazione del lavoratore avevano determinato l'assenza delle cautele volte a governare anche il rischio di imprudente esecuzione dei compiti assegnati al lavoratore infor-tunato).
E' del tutto palese che il lavoratore infortunato, nel caso che ci occupa, abbia compiuto un gesto assai imprudente, ma nell'ambito delle mansioni affidategli e senza attivare un rischio eccentrico od esorbitante dalla sfera di rischio governata dai soggetti titolari della posizione di garanzia in ordine alla sua incolumità.
Decisivo è il rilievo, come ricorda la Corte territoriale, che il teste De Felice ha dichiarato che, in ragione della distanza della fune dalla calandra ("troppo vicina ai rulli") e della sua non congrua altezza, l'inidoneità di tale unico dispositivo di protezione della calandra era "palese" e di conseguenza l'evento era "facilmente prevedibile".
La conclusione cui perviene la Corte aquilana secondo cui se la calandra fosse stata adeguata ai requisiti di sicurezza previsti dalla suindicata normativa (quindi oggetto di prescrizioni da parte della Asl di Teramo), dei quali difettava per la sopra evidenziata condotta colposa omissiva tenuta da entrambi gli imputati, l'evento non sarebbe accaduto, appare sorretta da motivazione logica congrua e corretta in punto di diritto, e pertanto immune dai denunciati vizi di legittimità.
E lo stesso vale per il rilievo dei giudici del gravame del merito secondo cui la condotta, sicuramente imprudente, del lavoratore non può valutarsi idonea ad interrompere il nesso causale tra quelle colpose tenute dagli imputati e l'evento.
11. Al rigetto dei ricorsi consegue, ex lege, la condanna dei ricorrenti al pa-gamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 14 novembre 2019

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 48788 | 02 Dicembre 2019

ID 9659 | | Visite: 2132 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale, Sez. 4 del 02 dicembre 2019 n. 48788

Fare formazione sui rischi derivanti dal macchinario ma non mantenerlo in sicurezza: l'adempimento del primo obbligo non fa venire meno l'incidenza causale dell'inadempimento del secondo

Qualora il datore di lavoro provveda alla formazione dei lavoratori sui rischi derivanti da un particolare macchinario ma ometta di mantenere il detto macchinario in condizione di essere utilizzato in sicurezza, non provvedendo a corredarlo dei prescritti dispositivi di cautela, l'adempimento del primo obbligo non fa venire meno l'incidenza causale dell'inadempimento del secondo.
Affinché l'informazione e la formazione del lavoratore non si risolvano nella trasmissione di un sapere tecnico astratto occorre, in realtà, che esse si possano tradurre nell'utilizzazione di macchinari conformi all'uso in condizioni di sicurezza e nel ricorso a procedure effettivamente percorribili, rimanendo altrimenti confinate in un ambito teorico che, per la sua genericità, non consente di incidere in modo concreto sulla prevenzione degli infortuni e sulla sicurezza del lavoro.

Penale Sent. Sez. 4 Num. 48788 Anno 2019

Presidente: MENICHETTI CARLA
Relatore: NARDIN MAURA
Data Udienza: 19/11/2019

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza della Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Nola con cui D.DP. è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 590, commi lAe 3A cod. pen., per avere nella sua qualità di legale rappresentante della Ineca S.p.a., per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia e violazione della disciplina sulla prevenzione degli infortuni su lavoro - ed in particolare dell'art. 70, comma 2 con riferimento all'allegato V, punto 5.7.1 d. Lgs. 81/2008, nonché degli artt, 29, 36 e 37 d.lgs. 81/2008- cagionato a M.M. lesioni personali gravissime, consistite nell'amputazione traumatica a livello III prossimale dell'avambraccio destro.
2. Il fatto, non contestato nella sua materialità, può essere così descritto: M.M., operaio palista, incaricato di alimentare con un escavatore la tramoggia del 'fresato', nell'impianto di frantumazione della Ineca S.p.a., resosi conto che nell'estrattore a nastro, posto sotto la tramoggia, era finito del materiale 'fresato', scendeva dalla pala meccanica per accertarsene. Nondimeno, nell'atto di scendere, perdeva l'equilibrio ed inciampando urtava con il braccio sul macchinario, finendo con le dita nel nastro trasportatore, che gli trascinava l'arto sotto il rullo.
3. Le sentenze di primo e secondo grado, non essendo contestata la modalità di accadimento, hanno affermato la responsabilità di D.DP., nella sua qualità di datore di lavoro, ritenendo che l'infortunio fosse derivato dalla violazione di norme cautelari imposte a tutela della sicurezza dei lavoratori.
In particolare, l'impianto di frantumazione, come risultato dagli accertamenti disposti dalla A.S.L., si presentava privo di sistemi di blocco idonei a prevenire l'accesso incondizionato del personale, in violazione dell'art. 70, comma 2 con riferimento all'allegato V, punto 5.7.1 d.lgs. 81/2008; il documento di valutazione dei rischi, redatto il 30 aprile 2011, non conteneva la valutazione del rischio dovuto all'utilizzo ed alla manutenzione delle macchine di cui all'impianto di frantumazione, in violazione dell'art. 29 d.lgs. 81/2008; il personale alle dipendenze dell'impresa, non aveva ricevuto formazione sufficiente, in violazione degli artt. 36 e 37 d.lgs. 81/2008.
4. La Corte nel rigettare l'appello ha ribadito che la presenza delle barriere avrebbe impedito l'evento, dando atto che era stato accertato dagli Ispettori del lavoro, che procedettero al sequestro del macchinario, che detti sistemi protettivi non erano presenti al momento dell'infortunio, tanto che fu impartita la prescrizione di provvedere alla loro adozione, non concretamente adempiuta a causa della rottamazione dell'impianto, successiva al dissequestro a ciò finalizzato. A ciò, ha aggiunto che i documenti - relativi a verbali di riunioni su temi di prevenzione dei rischi relativi agli anni 2002-2007- prodotti nel corso del giudizio di appello, allo scopo di provare l'adempimento all'obbligo formativo ed informativo di cui agli artt. 36 e 37 d.lgs. 81/2008, reputato non dimostrato dal giudice di primo grado sulla base delle dichiarazioni testimoniali- non sono utili ad integrare il positivo accertamento della partecipazione della persona offesa alle previste attività formative. Invero, non solo siffatti documenti non sono stati prodotti all'Ispettorato del lavoro, all'indomani del sinistro, ma essi sono riferiti alla società Fll.i DP., mentre fino all'anno 2008 M.M. era dipendente della Co.Ge.Fo, con la conseguenza che da quelle produzioni non può trarsi la partecipazione della persona offesa a corsi di formazione ed addestramento.
5. Avverso la sentenza della Corte di appello propone ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del suo difensore, affidandolo a due motivi.
6. Con il primo fa valere, ex art. 606, comma 1, lett.re b) ed e) cod. proc. pen., la violazione di legge, in relazione all'art. 40 cod. pen. ed agli artt. 29, 36, 37, 70, comma 2, in relazione all'allegato V, parte II, punto 5.7.1 del d.lgs. 81/2008 ed il vizio di motivazione. Osserva che la decisione, ritenendo la condotta del lavoratore esente da rimproveri, ha omesso di valutarne l'incidenza causale esclusiva, posto che laddove la persona offesa avesse provveduto a spegnere l'impianto, prima di provvedere all'ispezione, il sinistro non si sarebbe verificato. Tanto più che, come correttamente descritto nell'imputazione, il lavoratore era inciampato, perdendo l'equilibrio, nell'atto di recarsi sotto la tramoggia, cioè quando aveva già varcato l'accesso all'impianto delimitato dalle sbarre di protezione. Sicché la contestata mancata adozione di sistemi di protezione va ritenuta ininfluente in relazione al prodursi dell'evento. Sostiene che la sentenza impugnata si manifesta gravemente illogica nella parte in cui, dopo avere dato atto del fatto che M.M. era un esperto 'palista', svolgendo dette mansioni da oltre vent'anni, ed essendo da sempre addetto all'utilizzo di quella tramoggia, si sottrae al confronto con la deposizione dell'ing. A., che aveva curato la formazione e l'informazione della persona offesa, proprio in relazione ai rischi dell'impianto semovente. Il teste, infatti, escusso nel corso del giudizio di appello, ha affermato di avere svolto corsi di formazione per contro della DP F.Ili , cui avevano partecipato anche dipendenti di altre imprese che operavano nella cava, precisando di avere proiettato nel corso delle sedute videoriprese di sinistri relativi a quella tipologia di impianto, e depositando, al termine della sua deposizione, i verbali di quelle riunioni, dai quali aveva desunto la presenza di M.M.. Cionondimeno, la Corte, valorizzando la tardività della produzione, pur non disconoscendo la genuinità della testimonianza e la veridicità del materiale, ne ometteva la valutazione, limitandosi a constatare che M.M. non era, all'epoca, dipendente della F.Ili DP.. Assume che siffatte considerazioni consentono di ritenere superata anche la contestazione inerente alla mancata valutazione del rischio relativo all'utilizzo ed alla manutenzione delle macchine e conseguentemente di escludere il nesso di causalità fra la
contestata omissione e l'infortunio.
7. Con il secondo motivo lamenta violazione dell'art. 606, comma 1A, lett. b) in relazione agi artt. 62 bis, 69, 132, 133, 590 commi 3 e 5 cod. pen.. Rileva che la Corte territoriale ha applicato una pena illegale. Ed infatti ha determinato la pena base in anni uno di reclusione, ridotta a mesi otto per la concessione delle circostanze attenuanti generiche, benché applicando la riduzione di un terzo, abbia chiaramente ritenuto le circostanze di cui all'art. 62 bis cod. pen., prevalenti sulla contestata aggravante di cui all'art 590 comma 3A cod. pen.. Cosicché il calcolo avrebbe dovuto muovere da una pena base determinata nella cornice edittale del reato non circostanziato (reclusione fino a tre mesi ed euro 309,00 di multa) di cui all'art. 590 comma 1 cod. pen., anziché come ritenuto dalla Corte dalla pena base del reato 'così come aggravato', di cui all'art. 590, comma 3A cod. pen. (da uno a tre anni di reclusione).

Considerato in diritto

1. Va preliminarmente chiarito che il reato non può essere dichiarato estinto per intervenuta prescrizione. Sebbene la data del commesso delitto sia quella del 12 settembre 2011, il termine di cui all'art. 157 cod. pen., tenuto conto dell'aumento di cui all'art. 161 cod. pen. per effetto degli atti interruttivi, scade in data 8 gennaio 2020. Debbono, infatti, computarsi, ai sensi dell'art. 159, comma 1, n. 3) cod. pen. n. 302 giorni di sospensione. In particolare dal 15 dicembre 2016 al 27 aprile 2017, n. gg. 60, per legittimo impedimento professionale documentato; dal 20 settembre 2017 al 13 dicembre 2017, gg. 84 per richiesta di rinvio della discussione da parte della difesa; dal 13 dicembre 2017 al 21 marzo 2018, gg. 98 su richiesta di rinvio del difensore per adesione all'astensione dalle udienze proclamata dalle Camere penali; infine gg. 60 dal 3 maggio 2019 al 3 luglio 2019 rinvio per discussione su richiesta del difensore.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
3. La premessa sottesa alla decisione della Corte appello è chiaramente indicata nel disposto dell'art. 70 del D. Lgs. 81/2008, che introduce l'obbligo di utilizzo di macchinari conformi alle disposizioni nazionali e comunitarie (primo comma) o comunque conformi ai requisiti generali di sicurezza di cui all'Allegato V del medesimo d.lgs. 81/2008, se antecedenti la loro approvazione o costruite in loro assenza (secondo comma). In particolare, secondo la previsione contenuta nell'allegato V punto 5.7. del d.lgs. 81/2008 "Gli organi lavoratori dei frantoi, dei disintegratori, dei polverizzatori e delle macchine simili, i quali non siano completamente chiusi nell'involucro esterno fisso della macchina e che presentino pericolo, debbono essere protetti mediante idonei ripari, che possono essere costituiti anche da robusti parapetti collocati a sufficiente distanza dagli organi da proteggere".
4. Si tratta di una normativa specifica di tutela minima volta ad impedire l'intervento dell'operatore a macchinario in moto, che implica la prevedibilità dell'evento allorquando inosservata. Ma anche di una regola di generale prudenza, avuto riguardo alla prevedibilità della realizzazione del rischio connessa al moto non controllato delle apparecchiature, per il caso di contatto con l'operatore, sinanco quando questo è accidentale.
5. Ora, le barriere laterali di cui, secondo i giudici di merito, gli Ispettori del Lavoro hanno constatato l'assenza, prescrivendone l'adozione, rivestono proprio la funzione di impedire il contatto dell'operatore con le parti meccaniche in moto, interponendo un ostacolo fisico fra il corpo ed il movimento.
Dunque, la mancata predisposizione della specifica misura cautelare, normativamente prevista, rivolta alla riduzione del pericolo di casuale o accidentale interazione uomo-macchina, integra la condotta colposa contestata.
6. Che il contatto fra il movimento del macchinario ed il lavoratore sia causalmente connesso con l'evento non è circostanza posta in dubbio dal ricorrente, che si limita ad affermare che il contatto è dipeso esclusivamente dalla condotta dell'operatore, il quale non ha provveduto ad azionare il comando manuale di fermo dell'apparecchiatura, prima di procedere all'ispezione.
Si tratta di un'osservazione del tutto inidonea a scardinare gli argomenti su cui si fonda la motivazione dei giudici di merito, avuto riguardo al fatto che anche un comportamento gravemente imprudente del lavoratore non avrebbe avuto alcuna conseguenza, ove le cautele previste fossero state predisposte, soddisfacendo proprio quei requisiti generali di sicurezza, contenuti nell'allegato V, come richiamato dall'art. 70 d.lgs. 81/2008, e cioè assicurando sistemi protettivi rivolti ad escludere l’accesso alle zone pericolose e ad arrestare i movimenti pericolosi dei macchinari prima che sia possibile accedere a dette zone, interponendo una barriera fisica non eludibile dal comportamento tenuto dal lavoratore, ancorché questi si riveli gravemente imprudente.
7. Il ragionamento contenuto nella sentenza impugnata non viene, quindi, scalfito dalle censure che gli vengono mosse, che, in qualche modo, denunciando il difetto di contraddittorietà della motivazione invertono l'inferenza logica, pretendendo di ricavare da un comportamento del lavoratore, ritenuto antidoveroso, la sufficienza dei sistemi di sicurezza approntati dal datore di lavoro, che, invece, come ben ha chiarito la Corte territoriale, non erano conformi alle disposizioni antinfortunistiche.
8. Questa premessa consente di escludere la consistenza dell'ulteriore profilo relativo all'adeguatezza della informazione e della formazione impartita dal datore di lavoro. A di là della mancata considerazione delle produzioni dei verbali, relativi ai corsi tenuti negli anni dal 2002 al 2007, ritenuti tardivamente prodotti dalla Corte territoriale, che dà atto che fra i documenti tempestivamente prodotti non vi sono attestati di frequenza di M.M., vi è che la mancata apposizione delle barriere costituisce un addebito che supera anche l'eventuale assolvimento dell'obbligo formativo ed informativo. Va affermato, infatti, che qualora il datore di lavoro provveda alla formazione dei lavoratori sui rischi derivanti da un particolare macchinario, ma ometta di mantenere il detto macchinario in condizione di essere utilizzato in sicurezza, non provvedendo a corredarlo dei prescritti dispositivi di cautela, l'adempimento del primo obbligo non fa venire meno l'incidenza causale dell'inadempimento del secondo.
9. Affinché l'informazione e la formazione del lavoratore non si risolvano nella trasmissione di un sapere tecnico astratto occorre, in realtà, che esse si possano tradurre nell'utilizzazione di macchinari conformi all'uso in condizioni di sicurezza e nel ricorso a procedure effettivamente percorribili, rimanendo altrimenti confinate in un ambito teorico che, per la sua genericità, non consente di incidere in modo concreto sulla prevenzione degli infortuni e sulla sicurezza del lavoro.
10. Il secondo motivo, invece, è fondato.
11. Ed invero, la Corte incorre in errore laddove riconoscendo le attenuanti generiche opera la diminuzione di un terzo sulla pena del reato aggravato, ai sensi dell'art. 590, comma terzo cod. pen., anziché su quella di cui all'art. 590, comma primo cod. pen., nonostante la diminuente di cui all'art. 62 bis cod. pen., appaia concessa in regime di prevalenza sulla contestata aggravante, posto che la riduzione è stata effettivamente calcolata.
12. La sentenza deve, pertanto, essere annullata sul punto, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Napoli, dichiarando inammissibile il ricorso nel resto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Visto l'art. 624 cod. proc. pen. dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità dell'imputato.
Così deciso il 19/11/2019

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Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 48788 Anno 2019.pdf
 
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Circolare Prot. n. 3819 del 21.03.2013

ID 9652 | | Visite: 4792 | Prevenzione Incendi

Circolare Prot. n. 3819 del 21.03.2013 VVF

Guida tecnica ed atti di indirizzo per la redazione dei progetti di prevenzione incendi relativi ad impianti di alimentazione di gas naturale liquefatto (GNL) con serbatoio criogenico fuori terra a servizio di stazioni di rifornimento di gas naturale compresso (GNC) per autotrazione

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Adempimenti Prevenzione Incendi: normativa e procedure

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Adempimenti Prevenzione Incendi

Adempimenti Prevenzione Incendi: normativa e procedura

ID 5230 | Rev. 1.0 del 04.05.2019

In allegato Documento completo sulle modalità di Adempimenti di Prevenzione Incendi, con schemi, relativi a Normativa e Procedure per:

- Richiesta valutazione del progetto (art. 3 del D.P.R. n. 151/2011)
- SCIA (art. 4 del D.P.R. n. 151/2011
- Attestazione di rinnovo (art. 5 del D.P.R. n. 151/2011
- Richiesta di deroga (art. 7 del D.P.R. n. 151/2011
- Richiesta nulla osta di fattibilità (art. 8 del D.P.R. n. 151/2011
- Richiesta verifica in corso d'opera (art. 9 del D.P.R. n. 151/2011)

alla luce del 
D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 e in relazione alla normativa della SCIA Segnalazione Certificata d'Inizio Attività di cui all'art. 19 della Legge 7/8/1990 n. 241.

Update 04.05.2019

La sicurezza antincendio persegue l'intento di garantire un livello adeguato di protezione determinato univocamente per l'intero territorio nazionale. A tal fine con l'allegato I al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, che ha sostituito il DM 16 febbraio 1982, un elenco di 80 attività (denominate "attività soggette"), considerate a maggior rischio d'incendio, che sono sottoposte a controllo dei Vigili del Fuoco. (Vedi elenco)

I responsabili (enti e privati) delle "attività soggette" sono tenuti a rispettare vari adempimenti procedurali che vengono di seguito descritti.

LA SCIA ANTINCENDIO

Le procedure per la prevenzione degli incendi vengono semplificate sensibilmente grazie al DPR 1.8.2011 n.151 (GU 22.9.2011 n.122). Il DPR applica alle procedure antincendio la SCIA, Segnalazione Certificata d'Inizio Attività. Nella tabella allegata al DPR vengono elencate 80 attività (Vedi elenco) (tra esse istruzione, commercio, sanità, industria, edifici per uso civile) soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi. Ad ogni attività corrispondono tre categorie A, B, C, a seconda che il rischio di incendio sia basso, medio o alto. In precedenza le attività erano 97, elencate nel DM 16 febbraio 1982 che è stato abrogato insieme al DPR 26.5.1959 n. 689.

Il D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, riguardante il regolamento per la disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi è entrato in vigore il 7 ottobre 2011. Il nuovo regolamento opera una sostanziale semplificazione e tiene conto dell'introduzione della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività, art. 19 della Legge 7/8/1990 n. 241 come sostituito con art. 49 co. 4 bis del D.L. 31/5/2010 n. 78 convertito in Legge 30/7/2010 n. 122) sui procedimenti di competenza dei Vigili del Fuoco, nonché di quanto previsto dal regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo Sportello Unico per le attività produttive (S.U.A.P.), di cui al D.P.R. 7 settembre 2010, n. 160. Tiene inoltre conto di quanto stabilito dal D.Lgs n. 139/2006, art.16 co. 1.

Vedi Articolo SCIA / SCIA2

Il nuovo regolamento individua 3 categorie con una differenziazione degli adempimenti procedurali:

Categoria A: attività dotate di 'regola tecnica' di riferimento e contraddistinte da un limitato livello di complessità, legato alla consistenza dell'attività, all'affollamento ed ai quantitativi di materiale presente;

Sono comprese nella categoria A, tra le altre, le seguenti attività da n. da 65 a 78:

  • alberghi e residenze collettive fino a 50 posti letto
  • scuole fino a 150 persone
  • strutture sanitarie e case per anziani fino a 50 posti letto e ambulatori fino a 1000 mq
  • locali per il commercio, negozi, fino a 600 mq
  • aziende ed uffici fino a 500 persone presenti 
  • autorimesse fino a 1000 mq
  • edifici civili con altezza antincendio fino a 32 metri.

Categoria B: attività presenti in A, quanto a tipologia, ma caratterizzate da un maggiore livello di complessità, nonché le attività sprovviste di una specifica regolamentazione tecnica di riferimento, ma comunque con un livello di complessità inferiore al parametro assunto per la categoria 'superiore';

Sono comprese nella categoria B, tra le altre, le seguenti attività:

  • locali di spettacolo, teatri, palestre, fino a 200 persone,
  • alberghi, residenze turistico-alberghiere, villaggi turistici, bed&breakfast, tra 50 e 100 posti letto
  • scuole da 150 a 300 persone
  • strutture sanitarie da 50 a 100 posti letto
  • ambulatori e laboratori di analisi di superficie oltre 1000 mq
  • locali per il commercio, negozi, fiere, da 600 a 1500 mq
  • aziende e uffici da 500 a 800 persone presenti
  • edifici civili con altezza antincendio tra 32 e 54 metri.

Categoria C: attività con alto livello di complessità, indipendentemente dalla presenza o meno della 'regola tecnica'.

Sono comprese nella categoria C, tra le altre, le seguenti attività:

  • tutti gli edifici protetti ex codice beni culturali e paesaggistici DLgs 42/2004.
  • teatri oltre le 100 persone,
  • alberghi e villaggi oltre 100 posti letto,
  • scuole oltre 300 persone,
  • strutture sanitarie oltre 100 posti letto
  • locali per il commercio, negozi, fiere oltre i 1.500 mq,
  • aziende e uffici oltre 800 persone presenti
  • edifici civili oltre i 54 metri di altezza antincendio

Come precisato nella circolare del Ministero dell'Interno del 6 ottobre 2011, per le attività incluse nelle categorie B e C la SCIA di inizio attività non dovrà contenere anche il progetto dei lavori, perché è stato già consegnato al Comando in allegato all'istanza di parere di conformità. Inoltre la circolare precisa che ai sensi dell'art. 4.1 del DPR occorre allegare al progetto: atto notorio del titolare dell'attività, asseverazione di un tecnico abilitato di conformità alla regola tecnica approvata dal Comando provinciale e certificazione comprovante che gli elementi costruttivi, gli impianti ecc. sono stati realizzati secondo le norme antincendio.

Adempimenti PI 00

Figura 1 - Procedura di prevenzione incendi per le categorie A/C/B

VALUTAZIONE DEI PROGETTI

(Rif. art. 3 DPR 151/2011 - art. 3 DM 7/8/2012)

I responsabili delle "attività soggette" di categorie B e C, devono presentare al Comando la domanda di valutazione del progetto di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio, utilizzando il mod. PIN1-2018, in bollo ove previsto, allegando la seguente documentazione:

- documentazione conforme all'allegato I al DM 7/8/2012 a firma di tecnico abilitato (professionista iscritto in albo professionale, che opera nell'ambito delle proprie competenze) comprendente la scheda informativa generale, la relazione tecnica e gli elaborati grafici;

- attestato del versamento effettuato a mezzo di conto corrente postale a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.

In caso di presentazione della domanda di valutazione del progetto in forma cartacea, solo la domanda deve essere in duplice copia. La documentazione tecnica allegata (relazione tecnica e elaborati grafici) deve essere presentata in singola copia, che rimarrà agli atti del Comando.

In presenza di documentazione incompleta od irregolare, il Comando può richiedere la documentazione integrativa entro 30 giorni. In attesa della ricezione della documentazione richiesta, il termine per la conclusione del procedimento (60 giorni) è interrotto.

Il Comando rilascia il parere entro 60 giorni dalla data di presentazione della documentazione completa. 

In caso di parere contrario, il Comando invia preventivamente una comunicazione al richiedente (Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza) informando ai sensi dell'art. 10 bis della Legge 7/8/1990 n. 241, che sussistono motivi ostativi (che vengono elencati) all'accoglimento della domanda. Il responsabile dell'attività viene invitato a presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate di documenti, nel termine di 10 giorni dal ricevimento, che saranno valutate ai fini dell'espressione di parere definitivo. In tal caso i termini di conclusione del procedimento iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine dei citati 10 giorni.

CONTROLLI DI PREVENZIONE INCENDI - SCIA

(Rif. art. 4 DPR 151/2011 - art. 4 DM 7/8/2012)

A lavori ultimati deve essere presentata al Comando, prima dell'esercizio dell'attività, la SCIA (segnalazione certificata di inizio attività / diversa da SCIA amministrativa), corredata dalla documentazione prevista, allegando la documentazione tecnica composta da certificazioni e dichiarazioni atte a comprovare la conformità delle opere realizzate, dei materiali impiegati e degli impianti installati, alla normativa vigente. 

La SCIA deve essere redatta secondo il mod. PIN2-2018, e va presentata al Comando prima dell'esercizio dell'attività, allegando la seguente documentazione:

asseverazione attestante la conformità dell'attività alle prescrizioni vigenti in materia di sicurezza antincendio nonché, per le attività di categoria B e C, al progetto approvato dal Comando, mod. PIN2.1-2018;

- documentazione conforme all'allegato II al DM 7/8/2012 per le attività di cat. B/C;

- documentazione conforme all'allegato I b) al DM 7/8/2012 per le attività di cat. A;

- attestato del versamento effettuato a mezzo di conto corrente postale a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.

Il Comando verifica la completezza formale (dell'istanza, documentazione e allegati) e ne rilascia ricevuta (in caso di esito positivo). La ricevuta di avvenuta presentazione della SCIA al Comando provinciale, direttamente oppure attraverso il SUAP, è titolo abilitativo all’esercizio dell’attività ai soli fini antincendio.

SCIA - categoria C:

Il Comando, entro 60 giorni, effettua controlli, attraverso visite tecniche, volti ad accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi, nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio. Entro 15 giorni dalla data di effettuazione delle visite tecniche, in caso di esito positivo, il Comando rilascia il certificato di prevenzione incendi.

Si fa presente che, con le innovazioni introdotte con il nuovo regolamento, il certificato di prevenzione incendi non è più un provvedimento finale di un procedimento amministrativo, ma costituisce solo il risultato del controllo effettuato; non ha validità temporale; assume la valenza di “attestato del rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e della sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio”.

Qualora il sopralluogo debba essere effettuato nel corso di un procedimento di autorizzazione che prevede un atto deliberativo propedeutico emesso da organi collegiali, dei quali è chiamato a far parte il Comando, si applicano i diversi termini stabiliti per tali procedimenti. 

Per tutte le "attività soggette" (di categoria A, B e C), in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per l'esercizio delle attività, il Comando adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi dalla stessa prodotti, ad eccezione che, ove sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa antincendio e ai criteri tecnici di prevenzione incendi detta attività entro un termine massimo di 45 giorni

Oltre che alle modifiche che comportano un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio, l'obbligo di avviare nuovamente le procedure ricorre quando vi sono modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.

SCIA - categoria A/B: 

Il Comando, entro 60 giorni, effettua controlli attraverso visite tecniche (anche con metodo a campione o in base a programmi settoriali), volti ad accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione degli incendi, nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio. A richiesta dell'interessato, in caso di esito positivo, è rilasciata copia del verbale della visita tecnica.

ATTESTAZIONE DI RINNOVO PERIODICO DI CONFORMITÀ ANTINCENDIO

(Rif. art. 5 DPR 151/2011 - art. 5 DM 7/8/2012)

Il titolare delle "attività soggette" (di categoria A, B e C), deve inviare al Comando la richiesta di rinnovo periodico di conformità antincendio ogni 5 anni, tramite una dichiarazione attestante l'assenza di variazioni alle condizioni di sicurezza antincendio corredata dalla documentazione prevista.
Per un numero limitato di attività (n. 6, 7, 8, 64, 71, 72, 77) per le quali è lecito presumere la conservazione nel tempo delle caratteristiche costruttive e funzionali originarie ed ininfluenti le modificazioni esterne, è stata prevista una cadenza è di 10 anni

Il Comando rilascia contestuale ricevuta dell'avvenuta presentazione della dichiarazione. 

Indipendentemente dalla data di scadenza, ogni modifica "sostanziale" delle strutture o degli impianti ovvero delle condizioni di esercizio delle attività, che comporti un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendi o modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate (ampliamenti, modifiche al sistema di vie di esodo, variazioni significative del carico di incendio, trasformazione dei processi lavorativi, incremento dell'affollamento, ecc.), obbliga l'interessato ad avviare nuovamente le procedure previste dalla SCIA (in relazione alla categoria di attività) che tenga conto della mutata situazione. 

L’Attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio deve essere redatta secondo il mod. PIN3-2018, va presentata al Comando prima della scadenza, completa dei seguenti allegati:

-  asseverazione (mod. PIN3.1-2014) attestante la funzionalità e l'efficienza degli impianti di protezione attiva antincendi, con esclusione delle attrezzature mobili di estinzione, resa da professionista abilitato ed iscritto negli elenchi del Ministero dell'Interno di cui  all'art. 16 del D.Lgs 8/3/2006 n. 139;

- attestato del versamento effettuato a mezzo di conto corrente postale a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.

RICHIESTA DI DEROGA

(Rif. art. 7 DPR 151/2011 - art. 6 DM 7/8/2012)

Le norme di prevenzione incendi (regole tecniche) emanate dal Ministero dell'Interno sono di tipo ''deterministico-prescrittivo''. A volte la presenza di vincoli di vario genere (strutturali, impiantistici, edilizi, storico-architettonici, ecc.), non consente di rispettare uno o più punti delle disposizioni antincendio vigenti. Per tenere conto di questi casi, è previsto l'istituto della deroga che consente di sanare situazioni non altrimenti risolvibili prevedendo misure tecniche alternative in grado di garantire un livello di sicurezza equivalente. 

Tale procedura è pertanto attuabile unicamente in presenza di attività, anche non soggette,(cioè non comprese nell'elenco dell'Allegato I al DPR 151/2011) dotate di specifiche regole tecniche di prevenzione incendi (locali di pubblico spettacolo, impianti sportivi, scuole, ospedali, alberghi, impianti termici a gas o a combustibile liquido, autorimesse, gruppi elettrogeni, ecc.). 

La domanda di deroga all'osservanza della vigente normativa antincendi, deve essere redatta secondo il modello mod. PIN4-2018, in bollo ove previsto, e va indirizzata alla Direzione Regionale dei Vigili del fuoco, tramite il Comando provinciale. Alla domanda devono essere allegati:

- documentazione conforme all'allegato I al DM 7/8/2012 (scheda informativa, relazione ed elaborati grafici), a firma di professionista antincendio, integrata da una valutazione sul rischio aggiuntivo conseguente alla mancata osservanza delle disposizioni cui si intende derogare e dalle misure tecniche che si ritengono idonee a compensare il rischio aggiuntivo;

- attestato del versamento effettuato a mezzo di conto corrente postale a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.

In caso di presentazione della domanda di deroga in forma cartacea, la domanda deve essere in triplice copia. La documentazione tecnica allegata (relazione tecnica e elaborati grafici) deve essere presentata in duplice copia

Il Comando esamina la domanda ed entro 30 giorni la trasmette, con il proprio parere, alla Direzione Regionale che, sentito il Comitato Tecnico Regionale di prevenzione incendi, si pronuncia entro 60 giorni dalla ricezione, dandone contestuale comunicazione al Comando ed al richiedente. 

NULLA OSTA DI FATTIBILITÀ (N.O.F)

(Rif. art. 8 DPR 151/2011 - art. 7 DM 7/8/2012)

Si tratta di un procedimento non previsto nel precedente regolamento di cui al DPR n. 37/98.

I responsabili delle "attività soggette" di categorie B e C, possono richiedere al Comando l'esame preliminare della fattibilità dei progetti di particolare complessità, ai fini del rilascio del nulla osta di fattibilità. 

La richiesta di nulla osta di fattibilità deve essere redatta secondo il mod. PIN5-2018, in bollo ove previsto, va presentata al Comando completa dei seguenti allegati:

-  documentazione conforme all'allegato I al DM 7/8/2012, con particolare attenzione agli aspetti per i quali si intende ricevere il parere, a firma di tecnico abilitato;

-  attestato del versamento effettuato a mezzo di conto corrente postale a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.

VERIFICHE IN CORSO D'OPERA

(Rif. art. 9 DPR 151/2011 - art. 8 DM 7/8/2012)

Anche questo è un procedimento non previsto nel precedente regolamento di cui al DPR n. 37/98.

I responsabili delle "attività soggette" di categorie A, B e C, possono richiedere al Comando l'effettuazione di visite tecniche, da effettuarsi nel corso di realizzazione dell'opera. 

La richiesta di verifica in corso d'opera deve essere redatta secondo il mod. PIN6-2018, in bollo ove previsto, va presentata al Comando completa dei seguenti allegati:

- attestato del versamento effettuato a mezzo di conto corrente postale a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
...

Abolizione del "silenzio-rifiuto"

L'art. 3 co. 3 del DPR 151/2011non prevede il c.d. “silenzio-rifiuto”, a differenza del vecchio regolamento che all'art. 2 co. 2 del D.P.R. n. 37/98 prevedeva «… ove il comando non si esprima nei termini prescritti, il progetto si intende respinto.»

Nota DCPREV prot. n. 2120 del 14-02-2013.
Quesito interpretazione del silenzio assenso sulla richiesta di esame progetto.

Con riferimento al quesito in oggetto …, si rinvia al chiaro disposto dell’art. 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990 n. 241.(1)

(1) Art. 20 co. 4 legge 7 agosto 1990 n. 241: Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l’immigrazione, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.

Previsione di parere contrario

In caso di rilascio di “parere contrario”, il Comando invia preventivamente una comunicazione al richiedente (Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza) informando ai sensi dell'art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, che sussistono motivi ostativi (che vengono elencati) all'accoglimento della domanda.

Il richiedente è invitato a presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate di documenti, nel termine di 10 giorni dal ricevimento, che saranno valutate ai fini dell'espressione del parere definitivo.

I termini di conclusione del procedimento (che è sospeso) iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza dei citati 10 giorni.

segue in allegato

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Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 30666 | 25 Novembre 2019

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Sentenze cassazione civile

Cassazione Civile Sez. Lav. del 25 novembre 2019 n. 30666

Scoppio del compressore privo del dispositivo di sicurezza

Civile Sent. Sez. L Num. 30666 Anno 2019
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: BOGHETICH ELENA
Data pubblicazione: 25/11/2019

Ritenuto

1. Con sentenza n. 538 depositata il 9.12.2014 la Corte di appello di Genova - confermando la pronuncia, non definitiva, n. 277 del 2013 del Tribunale di La Spezia e in parziale riforma della pronuncia, definitiva, n. 380 del 2013 del medesimo Tribunale - ha accolto la domanda proposta da P.Z. per il risarcimento del danno (consistente in otalgia da trauma e sindrome da stress a seguito di scoppio provocato dal distacco della testata di un compressore in uso per travasare propano da un serbatoio ad un camion cisterna) conseguente all'infortunio subito in data 8.8.2007 e ha condannato, in solido tra loro, la società datrice di lavoro Bpgas s.r.l. e la Axa assicurazioni s.p.a. a risarcire i 3/4 del danno (detratto quanto corrisposto dall'INAIL), nonché ha condannato la Axa assicurazioni s.p.a. a rimborsare le spese affrontate da G.A. (amministratore della società Bpgas) nel procedimento penale instaurato nei suol confronti per il decesso, nel corso del medesimo infortunio, del dipendente M.C., respingendo la medesima domanda avanzata dalla società Bpgas; infine, ha respinto le domande formulate da Axa assicurazioni nel confronti della società Assicurazioni V. di Graziano Enrico V. & C. s.a.s. e di Graziano V. in proprio, agente stipulante la polizza assicurativa per conto della Axa assicurazioni, e della chiamata CNA insurance Limited Company nonché ha disposto l'estromissione dal giudizio di Ace European Group.
2. La Corte distrettuale, per quel che interessa, ha accertato la responsabilità, ex art. 2087 cod.civ., della società datrice di lavoro rilevando la mancata assunzione della protezione consistente nell'installazione di un c.d. barilotto trappola (un tipo di compressore, esistente sul mercato già dalla fine degli anni ottanta, che in caso di pericolo va in blocco anziché esplodere), ritenendo addebitabile, nella misura di 1/4, l'infortunio allo stesso P.Z., che aveva Imprudentemente proceduto a svuotare il compressore del liquido e, per svuotare il tubo della fase gas che portava al compressore, aveva avvicinato un'autocisterna al punto di travaso mettendo in moto il compressore; la Corte, a seguito di interpretazione - nel suo complesso - di tutte le clausole della polizza stipulata tra la società Bpgas e la Axa assicurazioni e ritenuto versato il premio pattuito per le garanzie prestate, ha, inoltre, ritenuto estesa la garanzia alla responsabilità (oltre che verso i terzi altresì) nel confronti degli operai del datore di lavoro (considerata la clausola I) delle condizioni particolari della polizza che prevedeva espressamente l'estensione della garanzia alla responsabilità nel confronti dei propri operai), con conseguente condanna della società assicuratrice per i danni conseguenti all'infortunio, anche con riguardo alla responsabilità invocata dallo P.Z. nei confronti dell'amministratore della società, G.A..
3. Avverso la detta sentenza la società Axa assicurazioni s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque, illustrati da memoria. La società Bpgas ,s.r.l. e G.A. resistono con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale fondato su un unico motivo, illustrato da memoria. Graziano Enrico V. nonché le società Assicurazioni V. s.a.s., CNA insurance Limited Company, Ace European Group resistono con distinti controricorsi. La società Assicurazioni V. s.a.s. ha depositato memoria. P.Z. è rimasto intimato.

Considerato

1. Con i primi due motivi di ricorso principale si denunzia violazione degli artt. 2043 cod.civ. e 40-41 cod.pen nonché degli artt. 1227 e 2087 cod.civ. e 5, lett. f), del d.lgs. n. 626 del 1994 e vizio di motivazione (ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, erroneamente attribuito portata assorbente alla ritenuta "obsolescenza" del compressore, trascurando alcuni dati fattuali (segnatamente l'abnorme pressione raggiunta all'interno del compressore) che sarebbero stati tali da comportare lo scoppio anche in presenza del c.d. barilotto trappola, così come riferito dai consulenti di parte nell'ambito del procedimento penale nonché sottovalutando la condotta colposa dello P.Z. titolare di una posizione di garanzia del tutto assimilabile a quella datoriale in quanto Responsabile della sicurezza dello stabilimento.
2. Con il terzo e quarto motivo del ricorso principale si denunzia violazione degli artt. 1917, 1363,1882 cod.civ. nonché vizio di motivazione (ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, erroneamente interpretato la polizza assicurativa stipulata con la società Bpgas che deve ritenersi circoscritta - anche solo visivamente dalla disamina del frontespizio (ove il premio indicato si riferisce all'unica garanzia che risulta "compilata") - alla responsabilità civile verso terzi, con esclusione dell'estensione della garanzia nei confronti degli operai dipendenti della società assicurata per la quale è indicato "zero" con riguardo al massimale assicurato. inoltre, il mandato conferito da Axa assicurazioni all'agente V. comprendeva solamente la garanzia per responsabilità civile verso terzi (oggetto di tutte le polizze già stipulate negli anni precedenti con Bpgas), come si evince dalla richiesta dello stesso V. avanzata alla società assicuratrice per la stipula (rectius: riforma) della polizza, (da ritenersi pattuita esclusivamente con riguardo alla responsabilità civile verso terzi) e nessun premio poteva ritenersi riscosso.
3. Con il quinto motivo del ricorso principale si deduce violazione degli artt. 1362 e ss. cod.civ. nonché vizio di motivazione (ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, erroneamente ritenuto che la responsabilità personale dell'amministratore G.A. era coperta dalla previsione di cui alla "garanzia complementare A 14" (disposizione integralmente riprodotta), non potendo, per converso, ritenersi il dipendente infortunato "terzo" rispetto all'amministratore della società. inoltre, la Corte ha erroneamente accollato alla società assicuratrice le spese (legali e peritali) affrontate dall'amministratore nel procedimento penale a suo carico per il decesso del dipendente C., erroneamente interpretando l'art. 15 delle Condizioni generali di contratto (disposizione integralmente riprodotta), operando la garanzia accessoria solamente ove il sinistro sia riconducibile alle garanzie di polizza (e dovendosi escludere, come già rilevato nel motivi precedenti, la garanzia nel confronti degli operai dell'assicurata) e, comunque, non essendo stati designati dalla società assicuratrice (bensì unicamente dall'G.A.) i legali e i tecnici intervenuti nel procedimento penale.
4. Con il ricorso incidentale la società Bpgas s.r.l. deduce omesso esame di un fatto decisivo nonché nullità della sentenza (ex art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte di appello, omesso di provvedere sulla richiesta di ammissione di CTU sull'Impianto Bpgas e sulla rilevanza di un eventuale barilotto- trappola, Istanza respinta dal Tribunale e riproposta in appello, ed a fronte del contrasto di opinioni su detto aspetto insorto nel corso del procedimento penale in base al quale poteva ritenersi che il barilotto non avrebbe potuto evitare lo scoppio del compressore non avendo la robustezza necessaria a fronte dell'onda d'urto proveniente dalla fase liquida del gas e dovendosi attribuire efficacia deterministica determinante all'apertura delle "valvole in radice" da parte dello P.Z..
5. I primi due motivi del ricorso principale nonché l'unico motivo del ricorso incidentale, che attengono tutti all'obbligo di sicurezza gravante sul datore di lavoro e all'interruzione del nesso di causalità per condotta Imprevedibile del lavoratore, sono inammissibili. 
Deve, in primo luogo, rimarcarsi che in tema di ricorso per cessazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l'una e l'altra ipotesi - violazione di legge in senso proprio a causa dell'erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta - è segnato dal fatto che solo quest'ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (ex aliis: Cass. 16 luglio 2010 n. 16698; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394).
Nella specie è evidente che il ricorrente lamenta la erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, e dunque, in realtà, non denuncia un'erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalla norma di legge (ossia un problema interpretativo, vizio riconducibile all'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) bensì un vizio-motivo, da valutare alla stregua del novellato art. 360, primo comma n. 5 cod.proc.civ., che - nella versione ratione temporis applicabile - lo circoscrive all'omesso esame di un fatto storico decisivo (cfr. sul punto Cass. Sez. U. n. 19881 del 2014), riducendo al "minimo costituzionale" il sindacato di legittimità sulla motivazione (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014).
Nessuno di tali vizi ricorre nel caso in esame e la motivazione non è assente o meramente apparente, né gli argomenti addotti a giustificazione dell'apprezzamento fattuale risultano manifestamente illogici o contraddittori.
La sentenza impugnata ha ampiamente esaminato i fatti controversi ed accertato - sulla base degli elementi istruttori raccolti e conformemente a quanto statuito dal Tribunale, sia in primo grado che in sede penale - che: "E' accaduto che l'8 agosto 2007 sia scoppiato il compressore, che l'attore [P.Z.] e il collega M.C. stavano utilizzando per travasare propano da un serbatoio ad un camion cisterna, e che dallo scoppio M.C. sia deceduto e P.Z. abbia riportato un'otalgia da scoppio e una sindrome post traumatica da stress indennizzate dall'INAIL. Ciò in quanto nell'ultima operazione di carico di una autocisterna con gpl antecedente allo scoppio, si superò la soglia massima di riempimento di liquido all'80% caricandola al punto tale che il liquido stesso penetrò nel tubo deputato al trasferimento della parte gassosa fino a giungere al compressore, che appunto così, messo in moto, scoppiò." La Corte di appello ha precisato: "Va messo in luce, come puntualmente fatto dal giudice penale, che lo scoppio in questione è avvenuto dopo che il compressore fu messo in movimento. Ciò, per un verso, toglie valore al rilievo dell'appellante principale [Axa assicurazioni] per il quale già la pressione del gpl liquido presente nell'autocisterna era tale, anche per il caldo del periodo, da provocare lo scoppio e che pertanto il mancato utilizzo del barilotto trappola non abbia avuto incidenza causale sul medesimo." in ordine al concorso causale dello P.Z., la Corte di appello ha sottolineato che "Per un altro verso, il ruolo di responsabile della sicurezza di P.Z. non ha avuto rilievo più di quello dato dal Tribunale nell'episodio: se il datore di lavoro avesse usato un compressore dotato di dispositivo di sicurezza da oltre trent'anni presente sul mercato lo scoppio non ci sarebbe stato nonostante il riempimento eccessivo e l'imprudenza di P.Z. e M.C.. "
Le censure fondate sull'archetipo dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ. risultano altresì inammissibili in quanto incorrono nel vizio della pronuncia "doppia conforme". invero, l'art. 348 ter, comma 5, cod.proc.civ. prescrive che la disposizione di cui al comma 4 - ossia l’esclusione del n. 5, dal catalogo dei vizi deducibili di cui all'art. 360, comma 1, c.p.c. - si applica, fuori dei casi di cui all'art. 348 bis, comma 2, lett. a), cod.proc.civ. anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado, con la conseguenza che il vizio di motivazione non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme.
Nel caso di specie, per l'appunto, la Corte ha confermato la statuizione del Tribunale che aveva, con sentenza non definitiva (n. 277 del 2013) condannato la società Bpgas a risarcire i 3/4 del danno subito dallo P.Z. (detratto quanto corrisposto dall'Inail) ritenendo il sinistro addebitabile, per la quota indicata, al datore di lavoro per l'assorbente ragione di non avere questi installato compressori, esistenti sul mercato dalla fine degli anni ottanta, che in caso di pericolo vanno in blocco (tramite il c.d. barilotto trappola) anziché esplodere e per 1/4 attribuibile allo stesso P.Z. che, accortosi insieme a M.C. e ad altro operaio, della riempimento eccessivo dell'autocisterna, procedeva con loro imprudentemente a svuotare il compressore del liquido e, per svuotare il tubo della fase gas che portava al compressore, avvicinava l'autocisterna al punto di travaso e metteva in moto il compressore che così scoppiava.
Quando la ricostruzione delle emergenze probatorie effettuata dal Tribunale sia stata confermata dalla Corte d'appello, com'è nel caso, il ricorrente in cassazione, per evitare l'inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5528 del 2014), ciò che nel caso non è stato fatto né dal ricorrente principale, né dal ricorrente incidentale.
6. Non appare fondata la censura, sollevata dalla società Bpgas nell'ambito del ricorso incidentale, della mancata valutazione, da parte della Corte di appello, dell'istanza di ammissione della consulenza tecnica d'ufficio sulla inutilità dell'installazione del sistema protettivo del c.d. barilotto trappola, posto che la ricostruzione pacifica dei fatti (in specie, le modalità temporali dello scoppio, "avvenuto dopo che il compressore fu messo in movimento") ha determinato un rigetto implicito dell'istanza, che si coglie agevolmente nella parte di motivazione della sentenza impugnata ove si sottolinea che la tesi della società assicuratrice Axa (che refluiva nel quesito da sottoporre all'eventuale consulente tecnico d'ufficio) secondo cui la sola pressione del gpl liquido presente nell'autocisterna era tale, anche per il caldo del periodo, da provocare lo scoppio (con conseguente irrilevanza causale della mancata installazione del barilotto trappola) non aveva valore proprio in considerazione della sequenza temporale degli eventi (pag. 13 della sentenza impugnata).
7. Il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale sono inammissibili.
L’interpretazione delle disposizioni di un contratto individuale costituisce accertamento di fatto ed è riservata al giudice di merito; può essere sindacata in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale oppure per vizio di motivazione (Cass. nn. 2512 del 2013, Cass. n. 16376 del 2006); in tal caso, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente il punto ed il modo in cui l'interpretazione si discosti dai canoni di ermeneutica o la motivazione relativa risulti obiettivamente carente.
Va sottolineato che la sentenza in esame (pubblicata dopo il 11.9.2012) ricade sotto la vigenza della novella legislativa concernente l'art. 360, primo comma, n. 5 cod.proc.civ. (d.l. 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134). L'intervento di modifica, come recentemente interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053/2014), comporta una ulteriore sensibile restrizione dell'ambito di controllo, in sede di legittimità, sulla motivazione di fatto, che va circoscritto al "minimo costituzionale".
Ebbene, i motivi risultano carenti quanto ai requisiti di completezza e di specificità, avendo, il ricorrente, trascurato di trascrivere (quantomeno per estratto) le clausole contrattuali oggetto di interpretazione e di fornire - al contempo - alla Corte elementi sicuri per consentirne l'individuazione e il reperimento negli atti processuali, in tal modo violando il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio dei suddetti principi dall'art. 366 cod.proc.civ., primo comma, n. 6, e dall'art. 369 c.p.c., secondo comma, n. 4 (Cass. n. 3224 del 2014; Cass. SU n. 5698 del 2012; Cass. SU n. 22726 del 2011).
Il ricorrente, inoltre, si è limitato a contrapporre la propria ricostruzione ermeneutica della polizza assicurativa senza indicare gli errori esegetici asseritamente compiuti dal giudice di merito che, applicando correttamente il criterio di interpretazione delle clausole le une per mezzo delle altre (art. 1363 cod.civ.), ha ritenuto sussistenti tutti gli elementi costitutivi del contratto di assicurazione (ai sensi dell'art. 1882 cod.civ.), dovendo individuarsi il massimale della garanzia per la responsabilità civile nei confronti degli operai pari a quello previsto per la responsabilità verso terzi e dovendosi ritenere l'importo previsto del "totale premio imponibile di cui al frontespizio, non scritto né nella riga riservata alla rct, né a quello reo" individuato sia con riguardo alla garanzia per la responsabilità verso terzi sia con riguardo all'estensione della garanzia per responsabilità nei confronti degli operai.
In ordine alla censura concernente l'inefficacia dell'estensione della polizza per responsabilità dell'agente (che non avrebbe trasmesso la clausola di cui alle condizioni particolari alla preponente né avrebbe ricevuto autorizzazione alla stipulazione) trova applicazione il principio secondo cui, qualora la pronuncia impugnata sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, il rigetto delle doglianze relative ad una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto di interesse, l'esame relativo alle altre, pure se tutte tempestivamente sollevate, in quanto il ricorrente non ha più ragione di avanzare censure che investono una ulteriore ratio decidendi, giacché, ancorché esse fossero fondate, non potrebbero produrre in nessun caso l'annullamento della decisione anzidetta (cfr, ex plurimis, Cass. n. 9752 del 2017, Cass. n. 12355 del 2010; Cass. n. 13956 del 2005). Nel caso di specie, la Corte distrettuale ha rilevato che i principi dell'apparenza e dell'affidamento incolpevole consentivano di ritenere legittimo il convincimento da parte della Bpgas che l'agente fosse investito dei poteri di rappresentanza della società proponente e, in ogni caso, doveva ritenersi che la società assicuratrice avesse ratificato l'operato dell'agente incassando i premi per tutti i rischi assicurati (come ritenuto sede di interpretazione della polizza assicurativa). Il rigetto della doglianza relativa a questa seconda ratio decidendi (come precedentemente illustrato) rende ultronea la disamina della censura relativa alla prima ratio decidendi.
8. Il quinto motivo del ricorso principale è in parte infondato (quanto alla prima censura) e in parte inammissibile (quanto alla seconda censura).
In ordine alla prima censura relativa alla garanzia assicurativa nei confronti dell'amministratore della Bpgas, e tralasciando profili di inammissibilità per carenza di specificità riconnessi alla mancata trascrizione di tutte le clausole necessarie per l'interpretazione della "garanzia complementare A 14" (nella specie la definizione di "prestatori di lavoro" contenuta nelle condizioni generali di contratto ed espressamente richiamata dal giudice di merito), la censura non è fondata avendo, la Corte distrettuale, correttamente interpretato la clausola A 14 che estende la copertura assicurativa alla responsabilità personale dei prestatori di lavoro della società Bpgas, prestatori di lavoro "coperti" dalla garanzia assicurativa tra cui va incluso altresì l'amministratore della società.
Questa Corte ha più volte affermato che degli atti illeciti posti in essere dall'amministratore di una società di capitali nell’esercizio della propria attività gestoria risponde la persona giuridica in virtù del rapporto organico e del disposto dell’art. 2049 cod.civ. (cfr. ex plurìmis, Cass. n. 12951 del 1992, Cass. 24326 del 2007, Cass. n. 25510 del 2010).
Deve, pertanto, ritenersi correttamente incluso - sia alla luce del tenore lessicale della clausola sia in ottemperanza alla consolidata giurisprudenza di questa Corte - l'amministratore nel novero dei "prestatori di lavoro".
La clausola contrattuale prevedeva, invero, alla lettera b), che la garanzia valeva : "Qualora operante l'unità tecnica 02 - RCO e nei limiti del massimale RCO, i danni derivanti da morte o invalidità permanente non inferiore al 6% cagionati agli altri prestatori di lavoro calcolata sulla base delle tabelle INAIL..." includendo - come già correttamente statuito dalla Corte distrettuale - la responsabilità del prestatori di lavoro per danni procurati ad altri colleghi di lavoro.
La censura relativa al rimborso delle spese legali affrontate dall'G.A. nell'ambito del processo penale è inammissibile per carenza dei requisiti di completezza e specificità. invero, il ricorrente si limita a ribadire che la clausola contrattuale concernente la garanzia accessoria del rimborso delle spese legali e peritali opera esclusivamente con riguardo a difensori e tecnici designati dalla stessa compagnia assicuratrice a fronte della coerente ricostruzione esegetica effettuata dalla Corte distrettuale che (tenuta, nell'interpretazione del contratto di assicurazione, a ricorrere agli usuali canoni esegetici dettati dagli artt. 1362 e ss. cod.civ. e, in particolare, a quello dettato dall'art. 1370 cod.civ., che impone di interpretare una clausola ambigua contro il predisponente, cfr. da ultimo Cass. n. 668 del 2016) ha rilevato che "la clausola per la quale la società non risponde per i legali e tecnici da essa non designati va quindi interpretata nel senso che essa opera (nel senso di non rispondere) se non sia stata notificata o abbia rifiutato giustificatamente", perché nel caso di adesione alla prospettazione letterale avanzata dalla società assicuratrice qualsiasi immotivato rifiuto di designazione di legali a tecnici da parte dell'obbligato-compagnia assicuratrice "metterebbe nel nulla l'obbligo".
9. In conclusione, il ricorso principale e il ricorso incidentale debbono essere rigettati. Le spese di lite del presente giudizio seguono il criterio della soccombenza dettato dall'art. 91 cod.proc.civ. e sono liquidate come da dispositivo.
12. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato - se dovuto - previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).



P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa le spese del presente giudizio di legittimità fra Axa Assicurazioni s.p.a. e Bpgas s.r.l. e G.A.; condanna Axa Assicurazioni s.p.a. al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti di Assicurazioni V. di G.E. V. s.a.s. e di Graziano Enrico V. liquidate in euro 200,00 per esborsi nonché in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge a favore di ciascun controricorrente; compensa fra le altre parti (CNA insurance Limited Company, Ace European Group) le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato - se dovuto - pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 17 settembre 2019.

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Metodi per l'ingegneria della sicurezza antincendio

ID 9576 | | Visite: 5177 | Prevenzione Incendi

Metodi per ingegneria sicurezza antincendio

Metodi per l'ingegneria della sicurezza antincendio

INAIL, 2019

Il "Codice di prevenzione incendi", nella sezione M "Metodi", si occupa della Metodologia per l’ingegneria della sicurezza antincendio, degli Scenari d’incendio per la progettazione prestazionale e della Salvaguardia della vita con la progettazione prestazionale.

Obiettivo della pubblicazione è illustrare che la vera novità del Codice è rappresentata dalle soluzioni alternative e che, in tale ambito, ciascun professionista antincendio può far valere le proprie competenze e professionalità.

Focus sui Metodi del Codice di prevenzione incendi:

- M.1 Metodologia per l’ingegneria della sicurezza antincendio
- M.2 Scenari d’incendio per la progettazione prestazionale
- M.3 Salvaguardia della vita con la progettazione prestazionale

Fonte: INAIL

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Direttiva (UE) 2019/1936

ID 9574 | | Visite: 4511 | Legislazione Sicurezza UE

Direttiva UE 2019 1936

Direttiva (UE) 2019/1936

Direttiva (UE) 2019/1936 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019 che modifica la direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali

GU L 305/1 del 26.11.2019

Entrata in  vigore: 16.12.2019

Attuazione IT: Decreto legislativo 15 novembre 2021 n. 213

______

Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione

1. La presente direttiva richiede l’istituzione e l’attuazione di procedure relative alle valutazioni d’impatto sulla sicurezza stradale, ai controlli sulla sicurezza stradale, alle ispezioni di sicurezza stradale e alle valutazioni della sicurezza stradale a livello di rete da parte degli Stati membri.

2. La presente direttiva si applica alle strade che fanno parte della rete transeuropea, alle autostrade e alle altre strade principali, siano esse in fase di progettazione, in costruzione o già aperte al traffico.

3. La presente direttiva si applica anche alle strade e ai progetti di infrastrutture stradali non contemplati dal paragrafo 2 che non sono situati nelle aree extraurbane, che non servono le proprietà che li costeggiano e che sono completati mediante il finanziamento dell’Unione, a eccezione delle strade non aperte al traffico automobilistico generale, per esempio le piste ciclabili o delle strade non destinate al traffico generale, per esempio le strade di accesso a siti industriali, agricoli o forestali.

4. Gli Stati membri possono escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva le strade principali che presentano un basso rischio per la sicurezza, sulla base di motivi debitamente giustificati connessi ai volumi di traffico e alle statistiche sugli incidenti.

Gli Stati membri possono includere nell’ambito di applicazione della presente direttiva le strade di cui non si fa menzione ai paragrafi 2 e 3.

Ciascuno Stato membro trasmette alla Commissione entro il 17 dicembre 2021 l’elenco delle autostrade e delle strade principali presenti sul suo territorio e la informa circa qualsivoglia modifica successiva delle stesse. Ciascuno Stato membro comunica altresì alla Commissione l’elenco delle strade oggetto dell’esenzione a norma del presente paragrafo oppure quelle che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva, nonché qualsivoglia modifica successiva delle stesse.

La Commissione pubblica l’elenco delle strade segnalate in conformità del presente articolo.

5. La presente direttiva non si applica alle strade in gallerie stradali disciplinate dalla direttiva 2004/54/CE.»;

2) l’articolo 2 è così modificato:

a) il punto 1 è sostituito dal seguente:

«1. “rete stradale transeuropea”: la rete stradale definita nel regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (*1);

(*1) Regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti e che abroga la decisione n. 661/2010/UE (GU L 348 del 20.12.2013, pag. 1).»;"

b) sono inseriti i punti seguenti:

«1 bis. “autostrada”: strada appositamente progettata e costruita per il traffico motorizzato che non serve le proprietà che la costeggiano e che soddisfa i criteri seguenti:

a) dispone, salvo in punti particolari o provvisoriamente, di carreggiate distinte per le due direzioni di traffico, separate l’una dall’altra da una fascia divisoria non destinata alla circolazione o, eccezionalmente, da altri mezzi;

b) non presenta intersezioni a raso con alcuna altra strada, linea ferroviaria o sede tranviaria, pista ciclabile o cammino pedonale;

c) è specificamente designata come autostrada;

1 ter. “strada principale”: strada situata al di fuori dell’area urbana che collega importanti città o regioni, o entrambe, appartenente alla categoria di strade più elevata, al di sotto della categoria “autostrada” nella classificazione stradale nazionale in vigore al 26 novembre 2019;»;

c) il punto 5 è abrogato;

d) i punti 6 e 7 sono sostituiti dai seguenti:

«6. “classificazione della sicurezza”: la classificazione di parti della rete stradale esistente in categorie, in base alla loro sicurezza intrinseca misurata oggettivamente;

7. “ispezione di sicurezza stradale mirata”: indagine mirata per individuare condizioni pericolose, difetti e problemi che aumentano il rischio di incidenti e lesioni, sulla base di un sopralluogo di una strada o di un tratto di strada esistente;»;

e) è inserito il punto seguente:

«7 bis. “ispezione di sicurezza stradale periodica”: la verifica ordinaria periodica delle caratteristiche e dei difetti che esigono un intervento di manutenzione per ragioni di sicurezza;»;

f) è aggiunto il punto seguente:

«10. “utenti della strada vulnerabili”: utenti della strada non motorizzati, quali in particolare ciclisti e pedoni, e utilizzatori di veicoli a motore a due ruote.»;

3) all’articolo 4 è aggiunto il paragrafo seguente:

«6. La Commissione fornisce orientamenti per la realizzazione di “margini della strada che perdonano l’errore” e di strade “auto esplicative” e “self-enforcing” (progettate in modo tale da suscitare corrette percezioni e comportamenti da parte dei conducenti) nel controllo iniziale della fase di progettazione, come pure orientamenti sui requisiti di qualità relativi agli utenti della strada vulnerabili. Tali orientamenti sono elaborati in stretta collaborazione con gli esperti degli Stati membri.»;

4) l’articolo 5 è sostituito dal seguente:

«Articolo 5 Valutazione della sicurezza stradale a livello di rete

1. Gli Stati membri assicurano che sia eseguita la valutazione della sicurezza stradale a livello di rete sull’intera rete stradale aperta al traffico oggetto della presente direttiva.

2. Le valutazioni della sicurezza stradale a livello di rete valutano il rischio di incidente e di gravità dell’impatto sulla base degli elementi seguenti:

a) in primo luogo, un’indagine visiva, in loco o con mezzi elettronici, delle caratteristiche di progettazione della strada (sicurezza intrinseca); e

b) un’analisi dei tratti della rete stradale aperti al traffico da oltre tre anni e in cui è stato registrato un numero considerevole di incidenti gravi in proporzione al flusso di traffico.

3. Gli Stati membri provvedono affinché la prima valutazione della sicurezza stradale a livello di rete sia eseguita entro e non oltre il 2024. Le valutazioni successive della sicurezza stradale a livello di rete sono effettuate con una frequenza sufficiente a garantire livelli di sicurezza adeguati, comunque in ogni caso almeno ogni cinque anni.

4. Nel valutare la sicurezza stradale a livello di rete, gli Stati membri possono tenere conto delle componenti indicative di cui all’allegato III.

5. La Commissione fornisce orientamenti circa la metodologia da applicare per svolgere valutazioni periodiche della sicurezza stradale a livello di rete e per la classificazione delle strade.

6. Sulla base dei risultati della valutazione di cui al paragrafo 1 e al fine di definire le priorità delle ulteriori misure necessarie, gli Stati membri classificano tutti i tratti della rete stradale in almeno tre categorie in base al loro livello di sicurezza.»;

5) l’articolo 6 è così modificato:

a) il titolo è sostituito dal seguente:

«Articolo 6 Ispezioni di sicurezza stradale periodiche»;

b) il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:

«1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché siano eseguite ispezioni di sicurezza stradale periodiche con frequenza sufficiente a garantire livelli adeguati di sicurezza per l’infrastruttura stradale in questione.»;

c) il paragrafo 2 è abrogato;

d) il paragrafo 3 è sostituito dal seguente:

«3. Gli Stati membri garantiscono la sicurezza dei tratti della rete stradale contigui alle gallerie oggetto della direttiva 2004/54/CE attraverso ispezioni di sicurezza stradale congiunte, con la partecipazione delle entità competenti coinvolte nell’attuazione della presente direttiva e della direttiva 2004/54/CE. Le ispezioni di sicurezza stradale congiunte sono eseguite con una frequenza sufficiente a garantire livelli di sicurezza adeguati, ma in ogni caso almeno ogni sei anni.»;

6) sono inseriti gli articoli seguenti:

«Articolo 6 bis Seguito delle procedure per le strade aperte al traffico

1. Gli Stati membri garantiscono che ai risultati delle valutazioni della sicurezza stradale a livello di rete, effettuate ai sensi dell’articolo 5, facciano seguito ispezioni di sicurezza stradale mirate o interventi correttivi diretti.

2. Nell’effettuare le ispezioni di sicurezza stradale mirate, gli Stati membri possono tenere conto delle componenti indicative di cui all’allegato II bis.

3. Le ispezioni di sicurezza stradale mirate sono effettuate da gruppi di esperti. Almeno un membro del gruppo di esperti deve soddisfare i criteri di cui all’articolo 9, paragrafo 4, lettera a).

4. Gli Stati membri garantiscono che ai risultati delle ispezioni di sicurezza stradale mirate facciano seguito decisioni ragionate per stabilire l’eventuale necessità di interventi correttivi. In particolare, gli Stati membri individuano i tratti di strada in cui è necessario apportare miglioramenti della sicurezza delle infrastrutture stradali e, in base alle priorità, definiscono gli interventi finalizzati a migliorare la sicurezza di tali tratti.

5. Gli Stati membri garantiscono che gli interventi correttivi siano mirati principalmente ai tratti di strada con bassi livelli di sicurezza e che offrono l’opportunità di attuare le misure che hanno un elevato potenziale di miglioramento della sicurezza e di risparmio dei costi connessi agli incidenti.

6. Gli Stati membri predispongono e aggiornano regolarmente un piano d’azione in ordine di priorità basato sul rischio, per seguire l’attuazione dell’intervento correttivo individuato.

Articolo 6 ter Protezione degli utenti della strada vulnerabili

Gli Stati membri garantiscono che, nell’attuazione delle procedure di cui agli articoli da 3 a 6 bis, saranno considerate le esigenze degli utenti della strada vulnerabili.

Articolo 6 quater Segnaletica orizzontale e segnaletica verticale

1. Gli Stati membri prestano particolare attenzione, nell’ambito delle procedure attuali e future in materia di segnaletica orizzontale e verticale, alla leggibilità e alla visibilità di detta segnaletica sia per i conducenti umani che per i sistemi automatizzati di assistenza alla guida. Tali procedure tengono conto delle specifiche comuni laddove tali specifiche comuni siano state stabilite in conformità del paragrafo 3.

2. Al più tardi entro giugno 2021, la Commissione istituisce un gruppo di esperti incaricato di valutare la possibilità di stabilire specifiche comuni comprendenti diversi elementi volti a garantire l’uso operativo della segnaletica stradale orizzontale e verticale onde promuovere l’effettiva leggibilità e visibilità di detta segnaletica sia per i conducenti umani che per i sistemi automatizzati di assistenza alla guida. Tale gruppo è composto da esperti designati dagli Stati membri. Nell’ambito di detta valutazione è consultata la Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite.

La verifica tiene conto, in particolare, degli elementi seguenti:

a) l’interazione tra le diverse tecnologie di assistenza alla guida e l’infrastruttura;

b) gli effetti dei fenomeni metereologici e atmosferici, nonché del traffico sulla segnaletica orizzontale e verticale presente nel territorio dell’Unione;

c) il tipo e la frequenza degli interventi di manutenzione necessari alle diverse tecnologie, compresa una stima dei costi.

3. Tenendo conto della valutazione di cui al paragrafo 2, la Commissione può adottare atti di esecuzione per stabilire specifiche comuni, correlate alle procedure degli Stati membri di cui al paragrafo 1, allo scopo di garantire l’uso operativo della segnaletica orizzontale e verticale, con particolare riguardo all’effettiva leggibilità e visibilità di detta segnaletica sia per i conducenti umani che per i sistemi automatizzati di assistenza alla guida. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 13, paragrafo 2.

Gli atti di esecuzione di cui al primo comma lasciano impregiudicata la competenza del Comitato europeo di normazione a riguardo delle norme per la segnaletica stradale orizzontale e verticale.

...

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D.Lgs. 15 agosto 1991 n. 277

ID 9561 | | Visite: 6302 | Decreti Sicurezza lavoro

D Lgs  15 agosto 1991 n  277

D.Lgs. 15 agosto 1991 n. 277

Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212. 

(GU n.200 del 27-8-1991 - S.O. n. 53 )

Entrata in vigore del decreto: 11-9-1991 - Testo allegato nativo di archivio
 
Abrogato da: D.Lgs. 81/2008
 

Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 46462 | 15 Novembre 2019

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Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale, Sez. 3, 15 novembre 2019, n. 46462

Utilizzo di una PLE su autocarro senza DPI anticaduta. Pagamento della sanzione amministrativa e meccanismo estintivo

Penale Sent. Sez. 3 Num. 46462 Anno 2019

Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: GAI EMANUELA
Data Udienza: 17/09/2019

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di Macerata, con sentenza del 19 dicembre 2018, ha condannato S.G., all'esito del giudizio abbreviato, alla pena, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, di € 200,00 di ammenda, per il reato di cui all'art. 115 comma 1 del d.lgs n. 81 del 2008, perché quale legale rappresentante della ditta Decoredil snc di Benedetti C. e S. G, eseguiva i lavori in facciata con una piattaforma aerea su autocarro senza indossare i necessari DPI anticaduta; fatto accertato in Tolentino il 07/03/2018.
2. Avverso la sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia e ne ha chiesto l'annullamento deducendo, con un unico motivo di ricorso, la violazione dell'articolo 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all'inosservanza dell'art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, art. 1 della legge 24 gennaio 1962, n. 13, artt. 1187 e 2963 cod. civ., art. 7 comma 1 lett. h) del d.l. n. 70 del 2011 e artt. 21 e 24 del d. lgs n. 758 del 1994.
Il Tribunale di Macerata avrebbe condannato il prevenuto ritenendo, erroneamente, che il pagamento della sanzione amministrativa, dovuta a titolo di oblazione, fosse stato eseguito decorso il termine perentorio di trenta giorni, decorrenti dal 10 maggio 2018, da cui la non operatività della causa estintiva del reato contravvenzionale, ai sensi dell'art. 24 del d.P.R. n. 758 del 1994, non considerando, e così in violazione di legge, la tempestività del pagamento, eseguito lunedì 11 giugno 2018, mediante pagamento con F23, scadendo il termine di legge il sabato 9 giugno 2018, dovendo, in applicazione delle norme sopra citate, considerarsi il sabato giorno festivo e dovendo essere prorogato, il termine di scadenza del pagamento, nel primo giorno feriale successivo (lunedì).
Il legislatore avrebbe sciolto i dubbi con l'art. 7 comma 1 lett h) del d.l. n. 70 del 2011, stabilendo un principio generale secondo cui "i versamenti e gli adempimenti, anche se solo telematici, previsti da norme riguardanti l'Amministrazione economico finanziaria che scadono di sabato o in un giorno festivo sono sempre rinviati al primo giorno lavorativo successivo". In ogni caso, il pagamento sarebbe comunque tempestivo se decorrente dall'11 maggio 2018, data di consegna all'imputato della CAN e di perfezionamento della notificazione.
3. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio in applicazione dell'art. 24 del d.P.R. n. 758 del 1994.

Considerato in diritto

4. Il ricorso non mostra ragioni di fondatezza e va, pertanto, respinto.
Giova ricordare che il procedimento di estinzione delle contravvenzioni in materia antinfortunistica, disciplinato dal d.P.R. n. 758 del 1994, ha previsto una articolata disciplina negli artt. 20 e ss. 
Secondo quanto stabilito dall'art. 20 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 (intitolato "Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro"), nel caso in cui l'organo di vigilanza abbia accertato la commissione di un reato in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, esso impartisce al contravventore, allo scopo di eliminare la contravvenzione, un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario (comma 1); prescrizione con la quale l'organo può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro (comma 3).
Secondo, poi, quanto stabilito dall'art. 21, rubricato "verifica dell'adempimento", del d.lgs. n. 758 del 1994, entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione (comma 1). E quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione accertata. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza comunica al Pubblico ministero l'adempimento alla prescrizione nonché l'eventuale pagamento della predetta somma (comma 2) quando, invece, risulta l'inadempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ne dà comunicazione al Pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione (comma 3).
Ai sensi del successivo art. 23, rubricato "sospensione del procedimento penale", il procedimento penale per la contravvenzione è sospeso dal momento dell'Iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen., fino al momento in cui il Pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all'art. 21, commi 2 e 3.
Infine, ai sensi dell'art. 24, rubricato "estinzione del reato", se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall'art. 21, comma 2, la contravvenzione si estingue e il Pubblico ministero richiede l'archiviazione della notitia criminis.
5. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in tema di prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro, per la realizzazione dell'effetto estintivo previsto dall'art. 24 del D.Lgs. 19 dicembre 1994 n. 758, il contravventore deve eliminare la violazione secondo le modalità prescritte dall'organo di vigilanza nel termine assegnatogli e poi provvedere al pagamento della sanzione amministrativa nel termine di giorni trenta. Il mancato rispetto anche di una sola delle due citate condizioni impedisce la realizzazione dell'effetto estintivo (Sez. 3, n. 24418 del 10/03/2016, Sollano, Rv. 267105 - 01) e la speciale causa di estinzione delle contravvenzioni in materia di prevenzione antinfortunistica non opera se il pagamento della somma determinata a titolo di oblazione amministrativa avviene oltre i trenta giorni fissati dall'art. 21 comma secondo del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, trattandosi di termine avente natura perentoria e non ordinatoria (Sez. 3, n. 45228 del 03/07/2014, P.M. in proc. Chinello, Rv. 260745 - 01; Sez. 3, n. 7773 del 05/12/2013, Bongiovanni, R.v. 258852 - 01), a nulla rilevando che la previsione del termine per il pagamento non sia accompagnata da esplicite sanzioni di decadenza o di inammissibilità (Sez. 3, n. 12294 del 09/02/2005, P.G. in proc. Maratea, Rv. 231065 - 01).
6. Il ricorrente argomenta la tempestività del pagamento della sanzione amministrativa, dovuta a titolo di oblazione, con conseguente effetto estintivo della contravvenzione, perché avvenuta nel termine di trenta giorni, ovvero il trentesimo giorno, lunedì 11 giugno 2018, scadendo il termine, di trenta giorni, di sabato, 9 giugno 2018, equiparato a giorno festivo con conseguente spostamento del termine al primo giorno successivo utile, ossia il lunedì 11 giugno 2018.
A sostegno della prospettazione difensiva richiama il contenuto di alcune norme di settore sopra indicate (art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, art. 1 della legge 24 gennaio 1962, n. 13, arti. 1187 e 2963 cod. civ., art. 7 comma 1 lett. h) del d.l. n. 70 del 2011) ed il principio enunciato dalla giurisprudenza tributaria di Questa Corte secondo cui l'art. 1187 cod. civ. - il quale, richiamando l'art. 2963 cod. civ., che prevede la proroga dei termini di adempimento delle obbligazioni scadenti in giorno festivo al giorno seguente non festivo, - costituisce una norma generale in materia di adempimento delle obbligazioni, applicabile, come tale, anche alle obbligazioni tributarie (nella specie, agli adempimenti previsti dall'art. 7 d.P.R. n. 602 del 1973 per i versamenti delle ritenute fiscali sull'apposito conto corrente postale intestato all'esattoria), pur in mancanza di un esplicito richiamo o di un'espressa disposizione analoga nelle singole leggi d'imposte (principio affermato in relazione ad ipotesi antecedente all'entrata in vigore del D.L. n. 330 del 1994, conv. nella legge n. 473 del 1994, il quale ha stabilito che "il pagamento di ritenute alla fonte, d'imposte, tasse contributi erariali, regionali e locali, il cui termine scade di Sabato o di giorno festivo, è considerato tempestivo se effettuato il primo giorno lavorativo successivo") (Sez. 1, n. 11391 del 02/11/1995, Rv. 494497 - 01). 
L'applicazione del principio generale di adempimento delle obbligazioni, che prevede la proroga dei termini di adempimento delle obbligazioni scadenti in giorno festivo al giorno seguente non festivo, sarebbe applicabile anche all'adempimento della sanzione amministrativa dovuta a titolo di oblazione ai sensi del d.P.R. n. 758 del 1994.
7. La tesi difensiva non è condivisibile per una pluralità di ragioni.
Va, in primo luogo, rilevato che la disciplina del d.P.R. 758 del 1994 non detta alcuna disciplina al riguardo e non contiene alcun riferimento a quale disciplina dei termini sia applicabile e non paiono, al Collegio, estendibili le diverse discipline di settore richiamate dal ricorrente.
Trattasi, all'evidenza, di norme dettate per lo specifico settore che intendono regolare (l'art. 25 riguarda le operazioni da eseguirsi presso le Aziende e gli Istituti di credito di cui al regio decreto 12 marzo 1936, n. 375, e l'Istituto di emissione; l'art.7 comma 1 lett. h) del d.l. n. 70 del 2011 riguarda gli adempimenti, anche telematici previsti da norme riguardanti l'Amministrazione economico finanziaria). Proprio perché è una disciplina dettata nelle specifiche materie (la prima discende dalla circostanza che gli istituti bancari sono chiusi nel giorno di sabato), non è suscettibile di applicazione estensiva a settori diversi dell'ordinamento giuridico, né tantomeno può trovare applicazione nell'ambito della procedura di oblazione prevista dalla d.P.R. n. 758 del 1994., in assenza di richiamo nella disciplina di cui ci si occupa.
Ma ciò che appare dirimente, a parere del Collegio, è la stessa previsione del meccanismo estintivo previsto dal d.P.R. n. 758 del 1994, come disciplinato dagli artt. 21 e ss. e dall'art. 24 del citato d.P.R., che prevede, appunto, una causa estintiva del reato contravvenzionale, ha dare riposta negativa.
La causa estintiva di cui all'art. 24 cit. si verifica allorché il contravventore abbia adempiuto alle prescrizioni e corrisposto la somma di denaro dovuta a titolo di oblazione amministrativa. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito, con orientamento consolidato, che tutto il procedimento di estinzione è improntato a passaggi successivi con caratteri di perentorietà, e che la mancata previsione (della perentorietà) discende dalla natura stessa della procedura di precondizione negativa dell'azione penale, nel senso che questa non viene esercitata solo se si sia perfezionata, in tutti i suoi estremi, la procedura di estinzione.
A tale conclusione conducono, del resto, anche le considerazioni del carattere eccezionale della trasformazione di un illecito da penale in amministrativo e della complessiva ratio della fattispecie estintiva che, oltre che fondata sull'esigenza del sollecito ripristino delle condizioni di sicurezza sui posti di lavoro, ha anche chiari intenti deflativi.
Al verificarsi delle condizioni di cui all'art. 21 cit. (adempimento delle prescrizioni e pagamento della sanzione amministrativa), lo Stato rinuncia a perseguire il colpevole consentendogli di provocare l'estinzione del reato, con l'adempimento dell'obbligazione amministrativa, e la trasformazione dell'illecito penale in illecito amministrativo può essere ammessa, appunto per il suo carattere eccezionale, solo se attuata nei termini previsti e previo accertamento dei presupposti.
Dunque, la causa estintiva, che deriva a seguito di adempimento della procedura di trasformazione dell'illecito penale in illecito amministrativo, va accertata e dichiarata in sede giudiziaria con l'applicazione della disciplina processuale penale anche per quanto riguarda quella dei termini processuali.
Il pagamento della sanzione che direttamente rileva, se effettuata nei termini perentori, quale fatto che produce l'effetto estintivo della contravvenzione, deve essere verificato dal giudice, al pari dell'adempimento delle prescrizioni, al fine della produzione di un effetto giuridico, appunto la declaratoria di estinzione.
Ed allora, la verifica della tempestività va valutata alla stregua della disciplina dei termini di cui all'art 172 comma 2 cod.proc.pen., che è applicabile anche ai termini perentori (Sez. 6, n. 1748 del 19/04/1994, Rv. 199059 - 01), secondo cui il termine stabilito a giorni, il quale scade in giorno festivo è prorogato di diritto al giorno successivo.
Va, infine, ricordato che, con una recente pronuncia la Corte di cassazione ha chiarito che in materia di termini processuali, è prorogato per legge unicamente il termine stabilito a giorni che scade il giorno festivo, da individuarsi tra quelli indicati nominativamente come festivi dalla legge e tra cui non è menzionato il sabato (Sez. 2, n. 13505 del 31/01/2018, Novak, Rv. 272469 - 01).
8. Quanto al caso concreto, rilevato, per inciso, che il pagamento nel giorno di sabato può essere effettuato mediante delega agli uffici postali notoriamente aperti nella giornata di sabato, la notifica del verbale di verifica di ottemperanza e modalità di pagamento si era perfezionata il 10 maggio 2018, data di spedizione della CAN in presenza di notificazione a famigliare convivente (Cass. civ. Sez. 2, n. 19730 del 03/10/2016, Rv. 641721 - 01 che ha chiarito che non si perfeziona la notificazione nel momento del ricevimento dell'avviso CAN), e il trentesimo giorno scadeva il 9 giugno 2018, sabato, il pagamento, effettuato lunedì 11 giugno 2018, è avvenuto oltre il termine perentorio di scadenza. L'effetto estintivo non si era verificato per mancanza dei presupposti, avendo il contravventore adempiuto alle prescrizioni, ma non effettuato il pagamento della somma di denaro dovuta a titolo di oblazione amministrativa nel termine di giorni 30. Correttamente il Tribunale ha escluso l'effetto estintivo ed ha condannato l'imputato per la contravvenzione in questione.
9. Deve pertanto affermarsi il principio di diritto secondo cui al termine perentorio di cui all'art. 21 comma 2 del d.P.R. n. 758 del 1994, deve applicarsi la disciplina prevista dall'art. 172 comma 2 cod.proc.pen., comportando il differimento della scadenza al giorno successivo solo quando detto termine cada di giorno festivo, giorno festivo nel quale non è ricompreso il sabato.
10. Il ricorso va rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 17/09/2019

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Dossier scuola Inail 2019

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Dossier scuola Inail 2019

Dossier scuola Inail 2019

Il volume presenta una selezione dei migliori progetti formativi realizzati dall’Inail, a livello locale, nazionale ed europeo, attraverso l’impiego di metodologie didattiche innovative e l’uso di strumenti multimediali interattivi volti a favorire il coinvolgimento e la sensibilizzazione di studenti e insegnanti ai valori della salute e della sicurezza nei luoghi di studio, di lavoro e di vita quotidiana. Tra le iniziative citate “Napo”, il divertente personaggio nato dalla collaborazione di numerose realtà europee per stimolare riflessioni sulla sicurezza sul lavoro.

La pubblicazione include anche una sezione dedicata alle risorse stanziate per l’edilizia scolastica e un focus sui dati relativi agli infortuni occorsi a personale scolastico, studenti e docenti, nel triennio 2016-2018.

A chiusura del dossier una piccola rassegna di film e serie tv che affrontano i temi della legalità e della sicurezza e una sezione dedicata alle pubblicazioni Inail sul tema della prevenzione in ambito scolastico.

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Sommario

INAIL PER LA SCUOLA: TRA CENTRO E TERRITORIO
Ambiente sicuro infanzia
Sicuri e tranquilli a casa, per la strada e a scuola
Portolab
Diario di SicurEnza
Lo spettacolo della sicurezza – fase 2
La giusta strada – on the road again
E adesso
Agrisicura
Ahm… abili cuochi
Scuola sicura
Progetto ISSA. Informazione sensibilizzazione sicurezza antincendio
La scuola sicura – fase 2
Trasporto a casa la sicurezza
A viva voce
Speaker per un giorno
Gli Scacciarischi e le Olimpiadi della prevenzione
Diffondere la conoscenza e la consapevolezza dei rischi idrogeologici
Crescere in sicurezza
Informazione in-sicurezza? Take it easy, il futuro è nelle tue mani
Formazione per studenti inseriti nei Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento: corso di formazione e-learning “Studiare il lavoro”
Formazione per i dirigenti scolastici:
seminario “Salute e sicurezza sul lavoro nelle scuole”
IL PROGETTO EUROPEE
Con Napo tutti a scuola di sicurezza
SICUREZZA NELLE SCUOLE
Nasce la Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole
DDL Buona Scuola - Edilizia scolastica
edilizia sicura
la sicurezza a scuola attraverso i numeri
Scuola, sicurezza e legalità nel cinema e in tv
PUBBLICAZIONI

Fonte: INAIL

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D.P.C.M. 28 novembre 2011 n. 231

ID 9526 | | Visite: 4977 | Decreti Sicurezza lavoro

D.P.C.M. 28 novembre 2011 n. 231 

Regolamento di attuazione dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante "Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro", relativamente all'individuazione delle particolari esigenze connesse all'espletamento delle attivita' del Dipartimento della protezione civile, nel conseguimento delle finalita' proprie dei servizi di protezione civile.

(GU n.32 del 08-02-2012)

Art. 1 Definizioni

1.Ai fini del presente regolamento si intende per:

a) «datore di lavoro»: il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attivita', e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo. Nel caso di specie il datore di lavoro e' individuato nella figura del Capo del Dipartimento ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 luglio 2003;

b) «personale del Dipartimento della Protezione Civile»: le unita' inquadrate nel ruolo speciale della protezione civile di cui all'articolo 9-ter del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 e successive modificazioni ed integrazioni; il personale di ruolo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di cui all'articolo 9-bis del decreto legislativo n. 303 del 1999 e successive modificazioni ed integrazioni, in servizio presso il Dipartimento della protezione civile; il personale in posizione di distacco, comando o di fuori ruolo in servizio presso il Dipartimento medesimo; il personale in possesso di contratto a tempo determinato o di collaborazione coordinata e continuativa;

c) «formazione»: processo educativo mediante il quale trasferire ai lavoratori conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti all'interno del Dipartimento e alla identificazione, alla riduzione ed alla gestione dei rischi;

d) «attivita' divulgativa e informativa» complesso delle attivita' dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione ed alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro;

e) «sorveglianza sanitaria» insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all'ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali ed alle modalita' di svolgimento dell'attivita' lavorativa.

Art. 2 Campo di applicazione

1. Il presente regolamento si applica al personale cosi' come definito all'articolo 1, comma 1, lett. b), nei casi in cui lo stesso personale sia impegnato in attivita' di protezione civile ai sensi dell'articolo 3 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e successive modificazioni ed integrazioni, prestate fuori dall'ordinaria sede di servizio e poste in essere per fronteggiare eventi di cui all'articolo 2 della medesima legge ovvero di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401.

Art. 3 Particolari esigenze

1. Le peculiarita' che caratterizzano le attivita' del personale del Dipartimento della Protezione Civile impegnato, ai sensi dell'articolo 3 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, in particolare negli eventi di cui all'articolo 2 della legge n.225 del 1992 e all'articolo 5-bis, comma 5 del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, sono individuate principalmente, nei seguenti elementi ed aspetti:

tempestivita' dell'intervento al fine di tutelare l'integrita' della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni;

possibilita' di intervento in contesti di rischio prevedibili e dalle conseguenze preventivamente valutabili;

possibilita' di intervento immediato anche in contesti di rischio non prevedibili e dalle conseguenze non preventivamente valutabili;

flessibilita' di impiego in ragione alle esigenze di immediatezza e all'utilizzo delle risorse disponibili, a fronte di una possibile contestuale esiguita' dei tempi disponibili per l'adeguamento e l'ottimizzazione delle risorse necessarie a fronteggiare la situazione in atto;

esigenza di operare con la necessaria flessibilita' in ordine alle procedure ed agli adempimenti riguardanti le scelte da operare in materia di prevenzione e protezione, pur osservando ed adottando sostanziali e concreti criteri operativi in grado di garantire l'adozione di appropriate misure di autotutela.
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Entrata in vigore del provvedimento: 23/02/2012

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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 8/2019

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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 8 del 02 Dicembre 2019

Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011
Con Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011 è stata istituita la Commissione per gli interpelli prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro (Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81) ed è stato attivato l’indirizzo di posta elettronica Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

I quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro possono essere inoltrati alla Commissione per gli interpelli, esclusivamente tramite posta elettronica, dagli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.

Le istanze di interpello trasmesse da soggetti non appartenenti alle categorie indicate o privi dei requisiti di generalità non potranno essere istruite. Non saranno pertanto istruiti i quesiti trasmessi, ad esempio, da studi professionali, associazioni territoriali dei lavoratori o dei datori di lavoro, Regioni, Province e Comuni.

Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza. Prima di inoltrare l’istanza si prega di verificare:

- che il quesito, concernente l’interpretazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro sia di carattere generale e non attenga a problematiche aziendali specifiche;
- che il soggetto firmatario rientri nelle categorie indicate. 

Nuovo Interpello del 02 Dicembre 2019 (n. 8/2019):

02/12/2019 - n. 08/2019 Destinatario: Associazione sindacale CIMO (Sindacato dei medici) 
Art. 12, d.lgs. n. 81/2008 e smi - “Medico Competente cui spetta la comunicazione delle informazioni previste dall’articolo 40, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, nel caso di avvicendamento avvenuto nel corso dell’anno ed all’obbligo di trasmissione delle suddette informazioni “anche qualora nell’anno precedente non sia stata svolta alcuna attività di sorveglianza sanitaria”.

Oggetto: art. 12, d.gs. n. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni -  “Comunicazione informazioni art. 40 co. 1 del D.lgs 9 aprile 2008 n. 81 - avvicendamento medico competente"

L’Associazione sindacale CIMO (Sindacato dei medici) ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito ai seguenti quesiti concernenti le informazioni previste dall’articolo 40, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 ed in particolare: “a quale Medico Competente spetta la comunicazione dei dati di cui detto in precedenza nel caso di avvicendamento avvenuto nel corso dell’anno e, comunque, prima della data di scadenza dell’invio (31 marzo)”; “l’invio dei dati deve essere effettuato anche qualora nell’anno precedente non sia stata svolta alcuna attività di sorveglianza sanitaria” […]”.

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Servizi igienici nei cantieri: Normativa

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Servizi igieni cantieri   Bagni e WC

Servizi igienici nei cantieri: Normativa

ID 9697 | 14.12.2919

Dopo il Documento sui Servizi igienico assistenziali nei luoghi di lavoro in generale, Documento dettaglio dell'evoluzione normativa per i Servizi igienici assistenziali a servizio dei cantieri. Dal D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303 (abrogato) al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Inoltre devono essere presi in esame i riferimenti dei Regolamenti d'igiene locale (regionali/comunali) qualora riportino indicazioni.

Excursus

 A.  Normativa pregresso

Il D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303 Norme generali per l'igiene del lavoro. (GU n.105 del 30-04-1956 - S.O.), mentre riportava indicazioni per tutte le attività per i "lavandini", non riportava indicazione per "latrine ed orinatoi" a servizio dei cantieri:

Art. 37. Lavandini

La distribuzione dell'acqua per lavarsi deve essere fatta in modo da evitare l'uso di vaschette o di catinelle con acqua ferma.

I lavandini devono essere in numero di almeno uno per ogni 5 dipendenti occupati in un turno, ed i lavandini collettivi devono disporre di uno spazio di almeno 60 centimetri per ogni posto.

Agli operai che si trovano nelle condizioni indicate dall'art. 38 il datore di lavoro deve fornire anche adatti mezzi detersivi e per asciugarsi.

DPR 303 1956 Lavandini

Fig. 1 Riferimento N. lavandini cui al D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303

Nel D.P.R. 20 marzo 1956, n. 320 Norme per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro in sotterraneo (GU n. 109 del 5-5-1956 - SO), sono previsti (equiparazione cantieri per la parte di servizi igienico assistenziali):

86. Lavandini.

I cantieri devono essere forniti dei mezzi necessari per la pulizia personale dei lavoratori; l'erogazione dell'acqua deve essere fatta in modo da consentire ai lavoratori di lavarsi in acqua corrente.
I lavandini devono essere installati in locali chiusi; essi possono essere installati in locali semplicemente coperti qualora le condizioni climatiche lo consentano. I getti d'acqua devono distare l'uno dall'altro almeno 50 centimetri ed essere in numero di almeno uno ogni cinque lavoratori occupati in ciascun turno di lavoro.
I lavandini devono essere ubicati nelle immediate adiacenze degli alloggiamenti.

Lavandini DPR 320 1956

Fig. 2 Riferimento N. lavandini cui al D.P.R. 20 marzo 1956, n. 320

94. Latrine.

Nelle vicinanze degli alloggiamenti devono essere predisposte latrine in numero di almeno una ogni 20 lavoratori occupati.
Le latrine devono essere protette dagli agenti atmosferici ed inoltre costruite e mantenute in modo da salvaguardare la decenza, da non costituire causa di diffusione delle malattie trasmissibili e da non costituire causa di inquinamento delle acque destinate agli usi del cantiere e dell'abitato.
L'Ispettorato del lavoro può prescrivere la installazione di latrine, in sotterraneo, fissandone le caratteristiche, ove ne riconosca la necessità in relazione alla natura ed importanza dei lavori, al numero dei lavoratori occupati ed al rischio di trasmissione di malattie.
Alla pulizia ed alla manutenzione delle latrine deve essere destinato personale in numero sufficiente.

DPR 320 1956 Latrina
Fig. 3 Riferimento N. lavandini cui al D.P.R. 20 marzo 1956, n. 320

 B.  Normativa in vigore

D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81
...

Art. 96. Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

1. I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti:

a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui all'allegato XIII;
...

ALLEGATO XIII

PRESCRIZIONI DI SICUREZZA E DI SALUTE PER LA LOGISTICA DI CANTIERE

1. I luoghi di lavoro al servizio dei cantieri edili devono rispondere, tenuto conto delle caratteristiche del cantiere e della valutazione dei rischi, alle norme specifiche nel presente decreto legislativo.
1. Spogliatoi e armadi per il vestiario
1.1. I locali spogliatoi devono disporre di adeguata aerazione, essere illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda, muniti di sedili ed essere mantenuti in buone condizioni di pulizia.
1.2. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentano a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.
1.3. La superficie dei locali deve essere tale da consentire, una dislocazione delle attrezzature, degli arredi, dei passaggi e delle vie di uscita rispondenti a criteri di funzionalità e di ergonomia per la tutela e l'igiene dei lavoratori, e di chiunque acceda legittimamente ai locali stessi.

2. Docce
2.1. I locali docce devono essere riscaldati nella stagione fredda, dotati di acqua calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi ed essere mantenuti in buone condizioni di pulizia. Il numero minimo di docce è di uno ogni dieci lavoratori impegnati nel cantiere.

3. Gabinetti e lavabi
3.1. I locali che ospitano i lavabi devono essere dotati di acqua corrente, se necessario calda e di mezzi detergenti e per asciugarsi.
3.2. I  servizi igienici devono essere costruiti in modo da salvaguardare la decenza e mantenuti puliti.
3.3. I lavabi devono essere in numero minimo di uno ogni 5 lavoratori e 1 gabinetto ogni 10 lavoratori impegnati nel cantiere.

DLGS 81 2008 Bagni

Fig. 4 Riferimento N. Gabinetti e lavabi di cui al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81

3.4. Quando per particolari esigenze vengono utilizzati bagni mobili chimici, questi devono presentare caratteristiche tali da minimizzare il rischio sanitario per gli utenti.

DLGS 81 2008 Bagni chimici

3.5. In condizioni lavorative con mancanza di spazi sufficienti per l'allestimento dei servizi di cantiere, e in prossimità di strutture idonee aperte al pubblico, è consentito attivare delle convenzioni con tali strutture al fine di supplire all'eventuale carenza di servizi in cantiere: copia di tali convenzioni deve essere tenuta in cantiere ed essere portata a conoscenza dei lavoratori.

DLGS 81 2008 Bagni in altre strutture

...
6. Utilizzo di caravan ai fini igienico assistenziali
6.1.  L'uso di caravan o roulottes quali servizi igienico-assistenziali,  è  consentito esclusivamente ad inizio cantiere per un periodo massimo di 5 giorni, prima dell'installazione dei servizi di cantiere veri e propri.

DLGS 81 2008 Caravan

6.2.  L'uso di caravan o roulottes quali servizi igienico-assistenziali,  è consentito nei cantieri stradali di rilevante lunghezza e brevi tempi di lavorazione su singole posizioni fra loro molto lontane in aggiunta agli ordinari servizi igienico assistenziali posizionati presso le aree di cantiere o i campi base.

I servizi igienici devono essere compresi nel PSC

Art. 100. Piano di sicurezza e di coordinamento

1. Il piano è costituito da una relazione tecnica e prescrizioni correlate alla complessità dell'opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i rischi particolari di cui all'allegato XI, con specifico riferimento ai rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri interessati da attività di scavo,1 nonché la stima dei costi di cui al punto 4 dell'allegato XV.

Il piano di sicurezza e coordinamento (PSC) è corredato da tavole esplicative di progetto, relative agli aspetti della sicurezza, comprendenti almeno una planimetria sull'organizzazione del cantiere e, ove la particolarità dell'opera lo richieda, una tavola tecnica sugli scavi. I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento e l'indicazione della stima dei costi della sicurezza sono definiti all'allegato XV.

Bagni chimici mobili 

Il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 prevede l'utilizzo di "bagni mobili chimicinei luoghi di lavoro solo al servizio dei cantieri edili (Allegato XIII p. 3.4. Quando per particolari esigenze vengono utilizzati bagni mobili chimici, questi devono presentare caratteristiche tali da minimizzare il rischio sanitario per gli utenti), nel numero di 1 ogni 10 lavoratori (Allegato XIII 3.3. I lavabi devono essere in numero minimo di uno ogni 5 lavoratori e 1 gabinetto ogni 10 lavoratori impegnati nel cantiere.

I Bagni chimici mobili devono rispondere ai requisiti della norma UNI EN 16194:2012.

UNI EN 16194:2012
Bagni mobili non collegati alla rete fognaria - Requisiti per i prodotti ed i servizi necessari per l’utilizzo di bagni mobili e relativi prodotti sanitari
 
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 16194 (edizione febbraio 2012). La norma si applica ai bagni mobili (esclusi i bagni a secco) non collegati alla rete fognaria. Essa specifica i requisiti per i servizi relativi all'installazione dei bagni mobili e i requisiti pertinenti ai bagni mobili e ai prodotti sanitari, tenendo conto di fattori quali igiene, salute e sicurezza. Essa specifica i requisiti di qualità minimi relativi ai bagni mobili e ai prodotti sanitari e correlati inoltre alle misure di pulizia richieste, al numero di bagni mobili da fornire, alle ubicazioni nonché agli intervalli di pulizia e smaltimento.

...
segue in allegato

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Linee di indirizzo Sgsl per l'esercizio dei parchi eolici

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Linee di indirizzo SGSL esercizio dei parchi eolici

Linee di indirizzo Sgsl per l'esercizio dei parchi eolici

INAIL, 2019

La particolare conformazione delle diverse tipologie di macchine eoliche, necessaria al migliore sfruttamento dell’energia fornita dal vento, richiede l’adozione di particolari misure tecniche e procedurali.

Tali misure sono necessarie, ad esempio, per l’accesso dei lavoratori alle parti che richiedono controlli e manutenzione o per la movimentazione dei materiali e delle attrezzature necessarie fino ad altezze particolarmente elevate.

L’implementazione di un Sistema di Gestione Salute e Sicurezza sul Lavoro (SGSL) nel settore eolico è stata appositamente studiata da Inail, Anev e rappresentanze sindacali in un impegno comune per la definizione di una Linea di indirizzo che possa contribuire in maniera significativa a migliorare l’efficacia della gestione dei processi, riducendo di conseguenza i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori che operano nel settore.

Le presenti Linee di indirizzo sono state sviluppate con riferimento a parchi eolici realizzati con aerogeneratori di grossa taglia, per la produzione di energia elettrica da immettere nella rete elettrica nazionale.

Per parco eolico si intende l’insieme di macchine, impianti nonché infrastrutture finalizzate alla produzione di energia elettrica, a partire dall’energia cinetica del vento, per la sua immissione nella rete elettrica nazionale.

Il parco eolico comprende quindi il sistema meccanico e il sistema elettrico finalizzati alla produzione dell’energia elettrica, fino al punto di connessione con la rete di trasmissione elettrica nazionale. In generale, i parchi eolici sono costituiti dagli aerogeneratori, dalla sottostazione per la connessione alla rete di trasmissione elettrica nazionale, da eventuali cabine di trasformazione/smistamento e dal sistema elettrico di collegamento fra gli aerogeneratori e la sottostazione; fa parte del parco eolico anche la rete stradale di collegamento fra i suddetti componenti.

I macroprocessi legati ai parchi eolici sono sostanzialmente costituiti da:

- Installazione del parco eolico
- Esercizio del parco eolico
- Smantellamento del parco eolico

Il presente documento si riferisce al macroprocesso operativo Esercizio del parco eolico, inteso come l’insieme di attività connesse alla gestione del parco eolico e finalizzate alla produzione di energia elettrica, ivi comprese le attività necessarie al mantenimento dell’efficienza e della sicurezza del parco stesso.

Sono comprese altresì le attività svolte in ambienti diversi, quali uffici e magazzini, funzionali all’Esercizio del parco eolico stesso.

_____

Indice
1. Premessa, introduzione e campo di applicazione
Premessa
Introduzione
Campo di applicazione
2. Politica per la salute e la sicurezza sul lavoro
3. Pianificazione
3.1 Esercizio del parco eolico
3.2 Identificazione e gestione della normativa applicabile
3.3 Analisi e valutazione dei rischi per la salute e sicurezza sul lavoro
3.4 Obiettivi
4. Attuazione
4.1 Definizione ed assegnazione delle responsabilità, autorità e ruoli
4.2 Competenza, formazione e consapevolezza
4.3 Comunicazione, consultazione, partecipazione interna, rapporto con l’esterno
4.4 Documentazione del sistema di gestione
4.5 Controllo operativo
4.5.1 Procedure operative
4.5.2 Gestione dei cambiamenti
4.5.3 Gestione dei permessi di lavoro
4.5.4 Gestione di terzi per l’esecuzione di opere, servizi e forniture
4.5.5 Gestione delle attrezzature di lavoro
4.5.6 Sorveglianza sanitaria
4.5.7 Dispositivi di protezione individuali (DPI)
4.6 Preparazione e risposta alle emergenze
5. Verifica
5.1 Monitoraggio e misurazioni
5.2 Audit interni
5.3 Non conformità, quasi incidenti, incidenti, infortuni e malattie professionali
6. Riesame della Direzione
7. Modelli organizzativi
8. Allegati
ALL. 1: ACCORDO DI COLLABORAZIONE INAIL ANEV
ALL. 2: Estratto dal CCNL per l’industria metalmeccanica e dell’installazione di impianti del 26-11-2016
ALL. 3: ACRONIMI E DEFINIZIONI
ALL. 4: Tabella di correlazione tra SGSL SETTORE EOLICO, BS OHSAS 18001 e Linee guida SGSL
ALL. 5: Tabella di correlazione tra articolo 30 del D.LGS 81/08, Linee guida SGSL e BS OHSAS 18001
ALL. 6: Esempio (non esaustivo) di elenco della legislazione SSL applicabile (vedi processo 3.2)
ALL. 7: Esempio (non esaustivo) di scadenziario degli adempimenti documentali previsti dalla legislazione SSL (vedi processo 3.2)
ALL. 8: Esempio di elenco dei pericoli (vedi processo 3.3)
ALL. 9: Esempio di modulo per la predisposizione del piano annuale di miglioramento (vedi processo 3.4)
ALL. 10: Legislazione Nazionale e Standard Formativi di settore (GWO) (vedi processo 4.2)
ALL. 11: Indicazioni per la programmazione e l’esecuzione delle attività per il Mantenimento dell’efficienza e della sicurezza del parco eolico (vedi processo 4.5.1)
ALL. 12: Indicazioni per lo svolgimento in sicurezza di lavori che possono portare ad operare su o vicino parti attive non protette all’interno degli aerogeneratori, in conformità alla norma CEI 11-27 (vedi processo 4.5.1)
ALL. 13: Attività lavorative in ambienti propri delle macchine eoliche che per le loro caratteristiche o per le attività lavorative svolte possono essere assimilabili ad ambienti confinati o sospetti di inquinamento (vedi processo 4.5.1)
ALL. 14: Esempio di Permesso di Lavoro per terzi (vedi processo 4.5.3)
ALL. 15: Esempio di modulo per il Riesame della Direzione (vedi processo 6)
ALL. 16: Elenco procedure/istruzioni operative richiamate

Fonte: UNI

...

Collegati:

D.P.R. 20 marzo 1956 n. 322

ID 9706 | | Visite: 2494 | Decreti Sicurezza lavoro

D.P.R. 20 marzo 1956 n. 322

Norme per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro nell'industria della cinematografia e della televisione

(GU n.109 del 5-5-1956 - SO)
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Testo nativo e Testo consolidato 2019 con le modifiche apportate dagli atti:

26/01/1995
DECRETO LEGISLATIVO 19 dicembre 1994, n. 758 (in SO n.9, relativo alla G.U. 26/01/1995, n.21)

Collegati

D.P.R. 20 marzo 1956 n. 320

ID 9703 | | Visite: 9820 | Decreti Sicurezza lavoro

D P R  20 marzo 1956 n  320

D.P.R. 20 marzo 1956 n. 320

Norme per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro in sotterraneo.

(GU n. 109 del 5-5-1956 - SO)

D.P.R. 20 marzo 1956 n. 320
...

Capo I - Disposizioni generali

1. Campo di applicazione.

Le norme di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro contenute nel presente decreto si applicano ai lavori eseguiti in sotterraneo per costruzione, manutenzione e riparazione di gallerie, caverne, pozzi e opere simili, a qualsiasi scopo destinati, ai quali siano addetti lavoratori subordinati ai sensi dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547.
Per le gallerie di lunghezza non superiore ai metri 50, si applicano solamente le norme dei capi II, VII, VIII e X.
Le disposizioni contenute nei capi XI, XII e XIII si applicano anche ai lavori esterni connessi a quelli in sotterraneo, in sostituzione delle norme previste, per la stessa materia, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, contenente norme generali per l'igiene del lavoro.

2. Esclusioni.

Sono escluse dal campo di applicazione delle presenti norme, in quanto vi provvedono altre disposizioni:
a) le miniere, cave e torbiere;
b) i comuni pozzi idrici;
c) gli altri pozzi, i cunicoli e i vani sotterranei facenti parte o costituenti opere complementari od accessorie degli edifici;
d) le fondazioni di opere di qualsiasi specie.

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Testo nativo e Testo consolidato 2019 con le modifiche apportate dagli atti:

11/06/1956
Avviso di rettifica (in G.U. 11/06/1956, n.142)

26/01/1995
DECRETO LEGISLATIVO 19 dicembre 1994, n. 758 (in SO n.9, relativo alla G.U. 26/01/1995, n.21)

26/08/2003
DECRETO LEGISLATIVO 12 giugno 2003, n. 233 (in G.U. 26/08/2003, n.197)

05/08/2009
DECRETO LEGISLATIVO 3 agosto 2009, n. 106 (in SO n.142, relativo alla G.U. 05/08/2009, n.180)

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Prevenzione Incendi scuole: Proroga al 31.12.2019 (asili nido) e 31.12.2021(scuole)

ID 6716 | | Visite: 24584 | News Sicurezza

Adeguamento Prevenzione Incendi scuole

Adeguamento Prevenzione Incendi scuole: Proroga al 31.12.2019 (asili nido) e 31.12.2021 (scuole) 

ID 6716 | 11.12.2019 | Timeline adeguamento

Update 11.12.2019: Errata corrige

Errata corrige

Aggiornamento articolo e Documento allegato Rev. 1.0 per errata corrige termini di adeguamento differiti tra scuole e asili nido:

- 31.12.2019 (asili nido)
- 31.12.2021 (scuole)

Update 12.08.2019: differita proroga al 31 dicembre 2019 (asili nido) e 31 Dicembre 2021 (scuole) dalla Legge 8 agosto 2019 n. 81

Differimento termini adeguamento PI asili nido al 31.12.2019 e scuole al 31.12.2021 

La Legge 8 agosto 2019 n. 81, conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2019, n. 59 (Decreto "cultura"), con l'articolo 4-bis differisce (dal 31 dicembre 2018) il termine di adeguamento delle strutture alla normativa antincendio adibite ad asili nido al 31 dicembre 2019 e al 31 dicembre 2021 per le scuole , nei casi in cui a ciò non si sia già proceduto.

Art. 4 - bis Modifiche all’articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, e piano straordinario per l’adeguamento alla normativa antincendio degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico

1. Al fine di garantire la sicurezza nelle scuole, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è definito un piano straordinario per l’adeguamento alla normativa antincendio degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico. All’attuazione del piano straordinario di cui al primo periodo si provvede, nei limiti di 25 milioni di euro per l’anno 2019, di 25 milioni di euro per l’anno 2020 e di 48 milioni di euro per l’anno 2021, mediante utilizzo delle risorse assegnate al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo dell’articolo 1, commi 95 e 98, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

2. Nelle more dell’attuazione del piano straordinario di interventi di cui al comma 1, all’articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, le parole: «al 31 dicembre 2018» sono sostituite dalle seguenti: «al 31 dicembre 2021»;

b) al comma 2 -bis , le parole: «al 31 dicembre 2018» sono sostituite dalle seguenti: «al 31 dicembre 2019».

3. Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sono definite idonee misure gestionali di mitigazione del rischio, da osservare sino al completamento dei lavori di adeguamento. Con lo stesso decreto, fermo restando il termine del 31 dicembre 2021, sono altresì definite scadenze differenziate per il completamento dei lavori di adeguamento a fasi successive.

Update 22.09.2018: confermata proroga dalla Legge 21 settembre 2018 n. 108

Normativa antincendio edifici scolastici

Decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, come modificato dalla Legge 21 settembre 2018 n. 108 

Art. 4 (Proroga di termini in materia di istruzione, università e ricerca) 
1. (Omissis). 

2. Il termine di adeguamento alla normativa antincendio per gli edifici scolastici ed i locali adibiti a scuola, per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non si sia ancora provveduto al predetto adeguamento è stabilito al 31 dicembre 2018. 

2 -bis. Il termine per l’adeguamento alla normativa antincendio per gli edifici ed i locali adibiti ad asilo nido, per i quali, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, non si sia ancora provveduto all’adeguamento antincendio indicato dall’articolo 6, comma 1, lettera a) , del decreto del Ministro dell’interno 16 luglio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2014, è stabilito, in relazione agli adempimenti richiesti dalla citata lettera a), al 31 dicembre 2018. Restano fermi i termini indicati per gli adempimenti di cui alle lettere b) e c) dello stesso articolo 6, comma 1.

Proroga di un anno (31 dicembre 2018) per l’adeguamento antincendio di scuole ed asili nido, e proroga entro il 2019 per i rifugi alpini.

E' questa la sintesi dell'emendamento 6.4 approvato dal Senato per la proroga dell’adeguamento antincendio degli edifici scolastici nel disegno di legge di Conversione in legge del decreto legge n. 91 del 2018, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative.

L'emendamento 6.4 aggiunge i commi 3-bis e 3-ter all’articolo 6 del decreto legge n. 91 del 2018 (Milleproroghe 2018), all Art. 6. Proroga di termini in materia di istruzione e università:

- comma 3-bis: si differisce (dal 31 dicembre 2017) al 31 dicembre 2018 il termine di adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici alla normativa antincendio, nei casi in cui a ciò non si sia già proceduto;

- comma 3-ter: si differisce (dal 31 dicembre 2017) al 31 dicembre 2018 il termine per l’adeguamento alla normativa antincendio degli edifici e locali adibiti ad asilo nido, nei casi in cui a ciò non si sia già provveduto;

Il termine per l’adeguamento delle scuole alla normativa di prevenzione e protezione dagli incendi, era scaduto il 31 dicembre 2017 dopo diverse proroghe.

Il decreto legge n. 91 del 2018 interviene solo sul primo ciclo del piano di adeguamento definito dall’adeguamento ufficiale (Decreto Min. Interno 16 luglio 2014 e Decreto 21 marzo 2018).

Update 22.03.2018 Indicazioni programmatiche prioritarie per gli edifici ed i locali adibiti ad asili nido.

29 marzo 2018: Adeguamento programmatico prioritario

Decreto 21 marzo 2018
Applicazione della normativa antincendio agli edifici e ai locali adibiti a scuole di qualsiasi tipo, ordine e grado, nonché agli edifici e ai locali adibiti ad asili nido
GU n. n.74 del 29-03-2018

Art. 3. Indicazioni programmatiche prioritarie per gli edifici ed i locali adibiti ad asili nido 

1. Fatti salvi gli obblighi stabiliti dalla vigente legislazione in materia di prevenzione incendi ed in particolare dagli articoli 3 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, e ferma restando l’integrale osservanza delle misure di sicurezza antincendio di cui all’art. 6, lettera a), del decreto del Ministro dell’interno 16 luglio 2014, le attività di adeguamento degli edifici e dei locali adibiti ad asili nido, potranno essere realizzate secondo le seguenti indicazioni, attuative del predetto art. 6, lettera a), che fissano livelli di priorità programmatica:

livello di priorità a): disposizioni di cui al punto 13.5, limitatamente ai punti 6.3, limitatamente al comma 1, lettere a) e b) , 6.4, 7.2, 9, limitatamente all’allarme acustico, 10, 11, 12 del citato decreto del Ministro dell’interno 16 luglio 2014;
livello di priorità b): disposizioni di cui ai punti 13.5, limitatamente ai punti 6.1, 6.2, 6.3 limitatamente al comma 1, lettera c) del decreto del Ministro dell’interno 16 luglio 2014;
livello di priorità c): restanti disposizioni di cui all’art. 6, lettera a) del citato decreto.

Il primo step del percorso di adeguamento delle scuole e degli asili nido fa riferimento al decreto 21 marzo 2018, che individua gli interventi da attuare in via prioritaria per l’adeguamento delle scuole ancora non in regola:

- i requisiti di resistenza al fuoco delle separazioni, degli elementi strutturali, delle compartimentazioni
- la messa a norma dei vani scala, dei percorsi di esodo, delle vie di uscita, degli impianti elettrici e di sollevamento
- l’organizzazione della gestione della sicurezza
- l’installazione di un numero adeguato di estintori, di idonei sistemi di allarme e della segnaletica

Adeguamento antincendio rifugi alpini

Per i rifugi alpini con più di 25 posti letto ed esistenti al 14 aprile 2014 proroga dei termini del piano di adeguamento in due fasi:

- prima fase: entro il dicembre 2019 
- seconda fase: entro il 31 dicembre 2021

Matrice Revisioni

Rev. Data Oggetto Autore
1.0 11.12.2019 Errata corrige Certifico Srl
0.0 12.08.2019 --- Certifico Srl

Certifico Srl - IT | Rev.  1.0 2019
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Bozza RTV Prevenzione incendi impianti distribuzione GNL

ID 9653 | | Visite: 6607 | News Sicurezza

Bozza RTV Prevenzione incendi impianti distribuzione GNL

Bozza RTV di prevenzione incendi impianti di distribuzione GNL

Bozza RTV di prevenzione incendi per la progettazione, la realizzazione e la conduzione di impianti di distribuzione di tipo L-GNL, L-GNC e L-GNC/GNL per autotrazione alimentati da serbatoi fissi di gas naturale e liquefatto

Rev. 02 Ottobre 2019 CNVVF

Decreto pubblicato

In GU n.166 del 13.07.2021 pubblicato il  Decreto Ministero dell'Interno del 30 giugno 2021 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la realizzazione e l'esercizio di impianti di distribuzione di tipo L-GNL, L-GNC e L-GNC/GNL per autotrazione alimentati da serbatoi fissi di gas naturale liquefatto. 

Obbligo Codice: NO

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Guida tecnica Impianti di stoccaggio di GNL VVF

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Guida tecnica Impianti di stoccaggio di GNL VVF

Guida tecnica Impianti di stoccaggio di GNL VVF

Circolare prot n. 12112 del 12 settembre 2018

Guida tecnica per lo stoccaggio di GNL Guida Tecnica di prevenzione incendi per l'analisi dei progetti di impianti di stoccaggio di GNL di capacità superiore a 50 tonnellate

L’attuazione del quadro strategico nazionale dei combustibili alternativi (D.lgs. 257/2016) ha dato impulso alla realizzazione di nuove installazioni per la produzione, lo stoccaggio, la movimentazione e l’impiego di tali prodotti. In particolare, nel settore del GNL è prevista la realizzazione di un congruo numero di depositi – prevalentemente costieri – di media taglia (cosiddetti “stoccaggi intermedi” con capacità a partire mediamente da 5.000 mc.) per far fronte all’incremento della richiesta di GNL e l’espansione della movimentazione di GNL nei porti per il carico di tale combustibile alle navi.

Il GNL è sostanza che ha peculiarità differenti dal gas naturale, da cui deriva, e dal GPL a cui lo accomuna il fatto di essere un gas liquefatto, e che pertanto abbisogna di accorgimenti impiantistici e gestionali non perfettamente coincidenti con quelli che caratterizzano gli stoccaggi di metano in fase gas e di GPL, le cui caratteristiche, anche impiantistiche, sono ormai standardizzate e riconosciute dal personale del CNVVF che opera nella attività di valutazione ed analisi dei progetti di tali tipologie di stoccaggi.

Corre quindi l’esigenza di sostenere il personale del CNVVF coinvolto nel percorso autorizzativo di detti impianti, con la diffusione della conoscenza delle caratteristiche impiantistiche, delle peculiarità connesse alla individuazione dei rischi specifici degli impianti di stoccaggio di GNL, anche per fornire informazioni che consentano una valutazione omogenea sul territorio nazionale relativamente ad impianti similari in ordine alle possibili soluzioni impiantistiche.

In particolare la presente guida tecnica approfondisce le caratteristiche impiantistiche, le principali criticità ed i relativi sistemi di mitigazione degli impianti di stoccaggio di GNL – definiti impianti “secondari” da tabella 6 dell’Allegato III al D.Lgs 257/2016 - aventi capacità superiore a 50 tonnellate, con l'obiettivo di fornire una appropriata formazione conoscitiva sugli aspetti connessi ai rischi ed alla sicurezza antincendio da verificare sulla base delle caratteristiche peculiari di ogni singolo impianto.

Il documento è il frutto della collaborazione tra il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ed esperti delle aziende associate ad Assogasliquidi, con la collaborazione dell’Università di Pisa - Dipartimento di Costruzioni Meccaniche e Nucleari.

Si ritiene necessario evidenziare che quanto contenuto nella presente guida non deve in alcun modo essere inteso come adozione di criteri di prevenzione incendi o di principi per la valutazione dei rapporti di sicurezza, ma il documento costituisce una raccolta di riferimenti tecnici, a cui il personale del CNVVF potrà attingere anche nell’esercizio delle competenze affidate al Corpo nell’ambito del Decreto Legislativo 105/2015.

Il documento potrà essere oggetto di periodici aggiornamenti sulla base dei contributi e delle osservazioni che perverranno, nonché in relazione alle ulteriori novità che potranno emergere da emanazione di nuove normative tecniche di settore.

Indice
1. Natura e caratteristiche del GNL
1.1 Caratteristiche del prodotto
1.2 Effetti fisici specifici del prodotto
2. Impianti di stoccaggio di GNL
2.1 Situazione impiantistica GNL in Italia e nei principali paesi europei
2.2 Schema impiantistico tipo
2.3 Descrizione del ciclo produttivo
2.4 Descrizione degli elementi costitutivi (con riferimento alle caratteristiche proprie del GNL
rispetto ad altri gas combustibili)
3. Aspetti tecnici di dettaglio
3.1 Massima percentuale di riempimento dei serbatoi in operazione
3.2 Torce calde
3.3 Presenza di ridondanze nel sistema di carico/scarico liquidi da un serbatoio
3.4 Sistemi di vaporizzazione legati al sistema di controllo di temperatura
3.5 Materiali utilizzati nella filiera del GNL
3.6 Presenza di bacini di contenimento
3.7 Distanze di sicurezza (posizione pompa, liquefattori, macchine operatrici….)
3.8 Tubazioni per GNL (criteri di dimensionamento e costruzione, materiali)
3.9 Presidi antincendio
3.10 Impianti elettrici, di terra e di protezione delle strutture dalle scariche atmosferiche
4. Pianificazione e gestione delle anomalie e delle situazioni di emergenza
Appendice A: Termini e definizioni
Appendice B: Analisi storica eventi incidentali
Appendice C: Norme tecniche di riferimento

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Attestazione sorveglianza radiometrica

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Attestazione sorveglianza radiometrica

Attestazione sorveglianza radiometrica

ID 8035 | 24.03.2019

In allegato si fornisce un modello di accettazione, in base a quanto indicato nello schema decreto interministeriale di attuazione comma 3 art. 157 D.Lgs 230/1995, modulo, ad oggi mancante, da utilizzare ad opera degli esperti qualificati per l’avvenuta sorveglianza radiometrica sui rottami e gli altri materiali metallici.

Attestazione sorveglianza radiometrica D.Lgs. n. 101/2020 

Vedi Attestazione sorveglianza radiometrica in accordo con il nuovo D.Lgs. 101/2020

Il presente elaborato risulta essere così strutturato:

Premessa
1. D.Lgs 100/2011 Sorveglianza radiometrica
2. Periodo transitorio - Attuazione Art. 157 co. 3 D.Lgs 230/1995
3. Schema Decreto interministeriale - Attuazione Art. 157 co. 3
4. Modello Attestazione avvenuta sorveglianza
5. Ruolo dell’esperto qualificato ed attestazione di sorveglianza radiometrica
6. Trasformazione da rifiuto metallico a prodotto
7. Esempio di check list per ispezioni/sopralluoghi presso gli impianti di termovalorizzazione e gli impianti che trattano rottami metallici
8. Sistema sanzionatorio
Fonti
________

I soggetti che a scopo industriale o commerciale esercitano attività di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di Sorveglianza radiometrica dei rottami e semilavorati metallici
Il controllo radiometrico dei rottami e degli altri materiali metallici di risulta è stato introdotto nella normativa italiana con l’art.157 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 “Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti”.

Art. 157 decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 (Sorveglianza radiometrica su materiali o prodotti semilavorati metallici).

1. I soggetti che a scopo industriale o commerciale esercitano attivita' di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta nonche' i soggetti che a scopo industriale o commerciale esercitano attivita' di importazione di prodotti semilavorati metallici hanno l'obbligo di effettuare la sorveglianza radiometrica sui predetti materiali o prodotti, al fine di rilevare la presenza di livelli anomali di radioattivita' o di eventuali sorgenti dismesse, per garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione da eventi che possono comportare esposizioni alle radiazioni ionizzanti ed evitare la contaminazione dell'ambiente. La disposizione non si applica ai soggetti che svolgono attivita' che comportano esclusivamente il trasporto e non effettuano operazioni doganali.

2. L'attestazione dell'avvenuta sorveglianza radiometrica e' rilasciata da esperti qualificati di secondo o terzo grado, compresi negli elenchi istituiti ai sensi dell'articolo 78, i quali nell'attestazione riportano anche l'ultima verifica di buon funzionamento dello strumento di misurazione utilizzato.

3. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri delle politiche europee, della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del lavoro e delle politiche sociali, dell'interno, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l'Agenzia delle dogane e sentito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), da emanarsi all'esito delle notifiche alla Commissione europea ai sensi della direttiva 98/34/CE e all'Organizzazione mondiale del commercio ai sensi dell'Accordo sugli ostacoli tecnici al commercio in vigore dal 1° gennaio 1995, sono stabilite le modalita' di applicazione, nonche' i contenuti delle attestazioni della sorveglianza radiometrica ed elencati i prodotti semilavorati metallici oggetto della sorveglianza.

4. Ferme restando le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 25, nei casi in cui le misure radiometriche indichino la presenza di sorgenti o comunque livelli anomali di radioattivita', individuati secondo le norme di buona tecnica applicabili ovvero guide tecniche emanate ai sensi dell'articolo 153, qualora disponibili, i soggetti di cui al comma 1 debbono adottare, ai sensi dell'articolo 100, comma 3, le misure idonee ad evitare il rischio di esposizione delle persone e di contaminazione dell'ambiente e debbono darne immediata comunicazione al prefetto, agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio, al Comando provinciale dei vigili del fuoco, alla regione o province autonome ed all'Agenzie delle regioni e delle province autonome per la protezione dell'ambiente competenti per territorio. Ai medesimi obblighi e' tenuto il vettore che, nel corso del trasporto, venga a conoscenza della presenza di livelli anomali di radioattivita' nei predetti materiali o prodotti trasportati. Il prefetto, in relazione al livello del rischio rilevato dagli organi destinatari delle comunicazioni di cui al presente comma, ne da' comunicazione all'ISPRA.

5. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 52, nei casi in cui le misure radiometriche indichino la presenza di livelli anomali di radioattivita', i prefetti adottano, valutate le circostanze del caso in relazione alla necessita' di tutelare le persone e l'ambiente da rischi di esposizione, i provvedimenti opportuni ivi compreso il rinvio dell'intero carico o di parte di esso all'eventuale soggetto estero responsabile del suo invio, con oneri a carico del soggetto venditore. Il Ministero degli affari esteri provvedera' ad informare della restituzione dei carichi l'Autorita' competente dello Stato responsabile dell'invio.

L'articolo 157 del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230, così come da ultimo modificato dal D.Lgs. 1 giugno 2011, n. 100, stabilisce che quanti esercitano, a scopo industriale o commerciale, attività di importazione, raccolta, deposito o operazioni di fusione di rottami o di altri materiali metallici di risulta sono tenuti ad effettuare una sorveglianza radiometrica su detti materiali al fine di rilevare la presenza di livelli anomali di radioattività o di eventuali sorgenti radioattive dismesse. Agli stessi obblighi sono tenuti i soggetti che, a scopo industriale o commerciale, esercitano attività di importazione di prodotti semilavorati metallici.

Come è noto, le disposizioni dettate sulla sorveglianza radiometrica dall’articolo 157 sono rivolte a garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione da eventi, come quelli avvenuti anche in tempi recenti, ed ad evitare la contaminazione dell'ambiente.

Ad esempio, i possibili rischi di esposizione accidentale alle radiazioni ionizzanti possono derivare dall’eventuale presenza di sorgenti radioattive orfane nei rottami e negli altri materiali metallici di risulta, dall’importazione di “coil” in acciaio inossidabile contaminati da cobalto 60 destinati alla realizzazione di componenti di impianti industriali (quali serbatoi, tramogge, camini, ecc.), ovvero durante i lavori di manutenzione degli stessi, da parti metalliche delle pulsantiere degli ascensori, da corpi valvola di impianti di processo o da vergelle. Peraltro, le disposizioni del suddetto articolo tendono a tutelare i soggetti stessi a cui la legge impone l’obbligo della sorveglianza radiometrica, attraverso l’introduzione della norma per i soggetti in questione, che prevede la restituzione al venditore dei materiali risultati contaminati o in cui sia rinvenuta la presenza di sorgenti orfane, con oneri a carico del venditore medesimo.

L’attestazione dell’avvenuta sorveglianza radiometrica deve essere rilasciata da esperti qualificati, di secondo o terzo grado, iscritti negli elenchi istituiti ai sensi dell’articolo 78 del D.Lgs. n. 230/1995. Inoltre, nell’attestazione, gli esperti qualificati devono riportare anche l’ultima verifica del buon funzionamento della strumentazione di misura utilizzata.

....

(*) Schema di decreto interministeriale di attuazione dell'articolo 157, comma 3 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 e successive modifiche, recante modalità di applicazione, contenuti delle attestazioni della sorveglianza radiometrica ed elenco dei prodotti semilavorati metallici oggetto della sorveglianza radiometrica.

Con il decreto in parola viene data attuazione al comma 3 dell’articolo 157 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 , il quale prevede che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri delle politiche europee, della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del lavoro e delle politiche sociali, dell'interno, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e sentito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), da emanarsi all'esito delle notifiche alla Commissione europea, ai sensi della direttiva 98/34/CE (ora direttiva 2015/1535/UE), e all'Organizzazione mondiale del commercio, ai sensi dell'Accordo sugli ostacoli tecnici al commercio in vigore dall’1 gennaio 1995, sono stabilite le modalità di applicazione, nonché i contenuti delle attestazioni della sorveglianza radiometrica ed elencati i prodotti semilavorati metallici oggetto della sorveglianza.

In particolare, oltre ad adeguare i codici identificativi delle categorie merceologiche, sulla base delle modifiche intervenute in campo internazionale, relativi all’elenco dei prodotti semilavorati metallici, di cui all’Allegato I del D.Lgs. n. 100/2011, sono stabiliti i contenuti dell’attestazione dell’avvenuta sorveglianza radiometrica rilasciata dagli esperti qualificati ai soggetti sui quali incombe l’obbligo della sorveglianza radiometrica in questione. Come è noto, in via transitoria, nell’Allegato II del D.Lgs. n. 100/2011, è riportato il modulo che gli esperti qualificati debbono utilizzare ai fini dell’attestazione dell’avvenuta sorveglianza radiometrica sui prodotti semilavorati metallici. Va detto che tale modulo in specifiche parti richiederebbe alcune modifiche.

Con il suddetto decreto viene peraltro predisposto un modulo analogo, oggi mancante, da utilizzare ad opera degli esperti qualificati per l’avvenuta sorveglianza radiometrica sui rottami e gli altri materiali metallici di risulta.

Vengono altresì stabilite talune disposizioni in ordine al mutuo riconoscimento delle attestazioni dei controlli radiometrici sui rottami metallici o sugli altri materiali metallici di risulta e sui prodotti semilavorati metallici di importazione, provenienti da Paesi terzi, effettuati nel luogo di origine dei carichi, ai fini dell’espletamento delle formalità doganali.

Con l’emanazione del decreto si concluderà, pertanto, il regime transitorio per l’obbligo di sorveglianza radiometrica sui prodotti semilavorati metallici di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 100, poiché le relative disposizioni vengono superate e sostituite da quelle decreto a partire dalla data della sua entrata in vigore.

...

Modello Attestazione avvenuta sorveglianza

Modulo attestazione

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(*) Iter: scaduto il 13.06.2018 il periodo di valutazione da parte della Commissione Europea (notifica ai sensi della direttiva 2015/1535/UE)

... [segue in allegato]

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EU-OSHA 2019 | Agenti biologici e malattie professionali

ID 9588 | | Visite: 3615 | Documenti Sicurezza Enti

EU OSHA Biological agents

EU-OSHA 2019 | Agenti biologici e malattie professionali

Agenti biologici e malattie professionali: risultati della rassegna della letteratura, indagine di esperti e analisi dei sistemi di monitoraggio

EU-OSHA, 21.11.2019

La presente relazione fa parte di un progetto di ampia portata volto a far fronte ai rischi derivanti dagli agenti biologici nei luoghi di lavoro. L’obiettivo del progetto è di aumentare la consapevolezza dell’esposizione a tali pericoli nei luoghi di lavoro, fornire maggiori informazioni in merito ai problemi di salute correlati e sostenere le iniziative di prevenzione.

La relazione presenta i risultati di una rassegna della letteratura scientifica, un’indagine di esperti e l’analisi dei sistemi selezionati impiegati dagli Stati membri dell’Unione europea per il monitoraggio delle malattie e dell’esposizione. Valuta le conoscenze esistenti in materia, anche in merito ai nuovi rischi emergenti, identifica le lacune nei dati e formula raccomandazioni per migliorare il monitoraggio e la prevenzione di questi rischi diffusi ma poco conosciuti.

Fonte: EU-OSHA

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Prevenzione Incendi: Approccio ordinario e Approccio ingegneristico FSE

ID 9266 | | Visite: 14831 | Documenti Riservati Sicurezza

Prevenzione incendi   Approccio Ordinario e Approccio Ingegneristico FSE

Prevenzione Incendi: Approccio ordinario e Approccio ingegneristico FSE

ID 9266 | Rev. 1.0 del 23.11.2019

Documento sulla Prevenzione Incendi: Approccio ordinario (prescrittivo) e Approccio ingegneristico (prestazionale), con esempio illustrativo e Software utilizzabili per la FSE alla luce dell'eliminazione del doppio binario (20 Ottobre 2019) di cui al Decreto 12 aprile 2019.

Con il Decreto 12 aprile 2019 (eliminazione del doppio binario) dal 20 Ottobre 2019 si obbliga alle norme prestazionali del Codice la Prevenzione Incendi (DM 3 agosto 2015) per 42 attività (Vedi Tabella di lettura e Tabella Attività PI e RTV) del D.P.R. 151/2011. Sono previsti, comunque, metodi non prestazionali, ma ordinari / aggiuntivi di cui ai Cap G.2.5 e G 2.9 dello stesso Codice (sezioni aggiornate dal Decreto Ministero dell'Interno 18 ottobre 2019 di modifica del Codice - RTO II).

Codice DM 3 agosto 2015

(N.B. Le Sezioni G.2.5 e G.2.9 sono  state modificate dal Decreto Ministero dell'Interno 18 ottobre 2019 (RTO II)
...

G.2.7 Metodi di progettazione della sicurezza antincendio

1. La tabella G.2-1 elenca i metodi per la progettazione della sicurezza antincendio impiegabili da parte di progettista per:

a. la verifica delle soluzioni alternative al fine di dimostrare il raggiungimento del collegato livello di prestazione (paragrafo G.2.6.5.2)

b. la verifica del livello di prestazione attribuito alle misure antincendio al fine di dimostrare il raggiungimento dei pertinenti obiettivi di sicurezza antincendio (paragrafo G.2.6.4).

G2 7 DM 18 ottobre 2019

Tabella G.2-1: Metodi di progettazione della sicurezza antincendio 

G.2.8 Metodi aggiuntivi di progettazione della sicurezza antincendi

1. Per la verifica di soluzioni in deroga (paragrafo G.2.6.5.3), al fine di dimostrare il raggiungimento dei pertinenti obiettivi di prevenzione incendi indicati al paragrafo G.2.5, il professionista antincendio può impiegare i metodi per la progettazione della sicurezza antincendio di cui alla tabella G.2-1 ed i metodi aggiuntivi della tabella G.2-2.

 G2 8 DM 18 ottobre 2019

Tabella G.2-2: Metodi aggiuntivi di progettazione della sicurezza antincendio
[...]

Fire safety engineering: Una applicazione

La prevenzione incendi può essere approcciata secondo due metodologie sostanzialmente differenti.
 
1. Approccio ordinario (prescrittivo)

L'approccio ordinario, di tipo prescrittivo, si concretizza nell'applicazione di regole tecniche in cui sono riportate le misure da adottare ai fine di ottenere la sicurezza antincendio e nel ricorso a strumenti di calcolo molto semplici (ad esempio, gli Eurocodici per il calcolo analitico della classe REI delle strutture, le curve standard d'incendio, ecc.). Le norme e le regole tecniche impongono, in definitiva, di realizzare il livello minimo di sicurezza fissato attraverso misure specificatamente prescrittive”.
 
Il vantaggio più evidente risiede “nella sua estrema semplicità, nella garanzia di una sufficiente omogeneità di applicazione, nel riscontro di accettabili criteri di uniformità da parte dei controllori”.
Invece il limite maggiore consiste “nella rigidità delle prescrizioni normative e delle procedure di calcolo”. In particolare l'approccio ordinario alla sicurezza antincendio “suddivide le misure di sicurezza in due gruppi, legati ai due principali obiettivi dell'attività di prevenzione:
- le misure destinate a limitare le probabilità che un evento incidentale si manifesti;
- le misure destinate a limitare i danni nei casi in cui un incendio accada”.

Per determinare le misure di sicurezza più idonee si possono utilizzare i criteri di valutazione del rischio d'incendio (codificati nel DM 10 Marzo 1998 per i luoghi di lavoro) oppure, quando sono disponibili delle norme, “attuare le misure previste nelle singole disposizioni (adottate con decreto del Ministero dell'Interno) che sono redatte secondo uno schema che espone i requisiti dei diversi componenti edilizi, impiantistici e gestionali necessari per assicurare il livello di sicurezza richiesto dalla collettività”.

2. Approccio ingegneristico (prestazionale) FSE

In materia di prevenzione incendi è possibile seguire in alternativa un approccio di tipo ingegneristico (Fire Safety Engineering, FSE) che “si basa sulla predizione della dinamica evolutiva dell'incendio tramite l'applicazione di idonei modelli di calcolo. Quest'approccio, di tipo prestazionale, permette di studiare le conseguenze degli incendi negli edifici e di valutare, prima di realizzare l'opera, l'effetto sulle persone e sulle cose degli incendi presi a riferimento”.

Il principale vantaggio di questa metodologia è “rappresentato dall'estrema flessibilità, che permette la simulazione d'incendi di complessità anche elevata, previa valutazione di alcuni dati di input (geometria del dominio di calcolo, tipo e quantità dei combustibile, condizioni di ventilazione, curva HRR: Heat Release Rate/tempo, ecc.), da assegnare con dettaglio variabile e secondo la tipologia del modello”.

I limiti di tale approccio, diffuso specialmente nei paesi anglosassoni, “risiedono nella problematica validazione sperimentale dei modelli utilizzati, considerata la natura distruttiva delle prove che andrebbero condotte, nell'approfondita preparazione richiesta ai professionisti ed, ancor più, ai controllori (considerato il proliferare negli anni di modelli anche molto diversi tra loro), nella necessità di dover congegnare un sistema di gestione della sicurezza mirato al mantenimento delle condizioni operative individuate nello scenario di progetto, ed infine, nel caso di modelli di campo più complessi, negli oneri di calcolo, spesso non indifferenti”.

FSE e Metodi ordinari 

Con il Decreto 12 aprile 2019 (eliminazione del doppio binario) dal 20 Ottobre 2019 si obbliga alle norme prestazionali del Codice la Prevenzione Incendi per 42 attività (Vedi Tabella di lettura e Tabella Attività PI e RTV) del D.P.R. 151/2011. Sono previsti, comunque, metodi non prestazionali, ma ordinari / aggiuntivi di cui ai Cap G.2.5 e G.2.9 dello stesso Codice (sezioni aggiornate dal Decreto Ministero dell'Interno 18 ottobre 2019 di modifica del Codice - RTO II).

Nell'ambito della Prevenzione Incendi la progettazione, da sempre, è sempre stata di tipo prescrittivo.
Vale a dire, come già indicato, che per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, cioè con obbligo di ottenimento del CPI, prima ai sensi del d.m. 16 febbraio 1982 ed oggi secondo il d.p.r. 151 del 1 agosto 2011, ci si è regolarmente riferiti a disposti normativi che impongono il rispetto di vincoli, specifici per ogni attività.
 
Le attività regolamentate da norme verticali sono ad esempio le scuole, gli alberghi, gli ospedali, i locali di pubblico spettacolo, le centrali termiche, le autorimesse e così via.
 
Per le attività invece, ad esempio, di deposito di materiali combustibili o di lavorazioni meccaniche, come per molte altre, non esistono riferimenti normativi peculiari e si applica il DM 10 Marzo 1998 e il DM 3 agosto 2015.

Esempio 

Ad esempio per una attività di deposito oltre i 1000 mq, vige l'obbligo di rispettare il DM 10 Marzo 1998, che prevede, tra le varie prescrizioni, che i percorsi di esodo siano di lunghezza massima non superiore a 45 m. Di fronte a questa imposizione, il progettista, al fine di recepire l'obbligo, non può fare altro che adeguare, dal punto di vista architettonico, il layout oggetto dell'attività.
 
Qualora però questo non sia possibile, ad esempio per attività esistenti, è necessario avanzare apposita istanza di deroga ai VV.F. che imporranno una misura compensativa, ovvero pretenderanno una soluzione che compensi il fatto che i percorsi d'esodo sono più lunghi di 45 m, previsti dal decreto di riferimento.
 
A questo punto si avranno richieste, impositive, da parte dei VV.F. che potranno variare dalla necessità di installare un impianto di rilevazione incendi fino ad uno di spegnimento automatico. 
 
Tali imposizioni, peraltro, risultano sovente assai soggettive, in quanto la valutazione dell'appropriatezza della misura compensativa è demandata al tecnico dei VV.F. che rilascerà il parere sul progetto in questione. Si potrebbe incorrere quindi, anche nel caso di percorsi di pochi metri superiori al disposto normativo, in richieste molto onerose e, d'altra parte, non contestabili.

Questo approccio, tipicamente prescrittivo, ha ben poco di ingegneristico; infatti esso si basa sul mero recepimento di un elenco di prescrizioni normative: inizialmente da parte del progettista e, in un secondo momento, da parte dei VV.F. nell'interpretazione dell'ente autorizzativo. Adottando la strategia della FSE si possono, viceversa, individuare soluzioni alternative ai vincoli dei disposti normativi ed anche economicamente vantaggiose.
Applicando questa metodologia si vanno, infatti, ad identificare i rischi ed a progettare delle possibili difese che aiutino nel prevenire, controllare e mitigare gli effetti del fuoco e del fumo.
 
Il metodo consiste, di fatto, nell'utilizzo di complessi programmi di fluidodinamica, ormai ampiamente riconosciuti a livello internazionale, il più noto dei quali è probabilmente FDS (Fire Dynamics Simulator) sviluppato dal National Institute of Standards and Technology (NIST).
 
Il vantaggio più evidente del metodo in questione risiede nel fatto che, a differenza dell'approccio ordinario, è possibile dimostrare che il mancato rispetto del vincolo normativo non comporta un reale aggravio del rischio ovvero, che una misura compensativa proposta risulti sufficiente a garantire la sicurezza degli occupanti della struttura, ovvero dei soccorritori.
 
Per intenderci, riferendoci all'esempio precedente, sarà possibile dimostrare che anche se i percorsi di esodo risultano, ad esempio, di 60 m contro i 45 m previsti gli occupanti potranno lasciare in sicurezza l'edificio, in caso di emergenza, senza la necessità di alcuna misura compensativa perché, ad esempio, il deposito in questione è alto 10 m e i fumi dovuti al principio d'incendio raggiungeranno l'altezza uomo solo dopo che tutti gli occupanti saranno usciti.
Oppure si potrà dimostrare che è sufficiente un impianto di rilevazione incendi e non risulta necessario un impianto a pioggia, economicamente assai più oneroso.
 
Mediante l'approccio FSE, si comproverà che la soluzione adottata risulta idonea e, pertanto, non sarà più necessaria la valutazione soggettiva dei VV.F.
 
Ciò dimostra, in linea generale, che nessuna prescrizione potrà più essere imposta soggettivamente, ma andrà motivata, giustificata e dimostrata, ovviamente sia da parte del progettista che da parte dei VV.F. L'approccio ingegneristico apre dunque a nuovi scenari dal punto di vista progettuale, consentendo di individuare nuove soluzioni, giustificate da dati sperimentali e da calcoli.
 
La FSE risulta particolarmente efficace per affrontare problematiche di edifici, esistenti o nuovi, che presentino percorsi di esodo molto lunghi o che abbiano resistenza al fuoco delle strutture molto bassa, consentendone l'utilizzo senza la necessità, o con una significativa riduzione, di trattamenti intumescenti e l'installazione di impianti di protezione attiva quali sprinkler o evacuatori di fumo e calore (Es. Fig. 1). 

FSE
Fig. 1 - Flusso per l'applicazione dell'Approccio ordinario o ingegneristico per garantire percorsi di esodo maggiori di 45 m (previsti norma) ad una attività  esiste di deposito sup. > 1000 m2

Peraltro, mediante l'approccio ingegneristico, di ogni misura alternativa, è possibile quantificarne l'effetto mentre, fino ad oggi, si accettavano misure secondo un criterio qualitativo, senza nessuna possibilità di misurare l'impatto effettivo dei singoli strumenti sull'evoluzione dell'incendio. Pertanto, mentre con l'approccio ordinario si potrebbe finire con l'accettare indifferentemente un gruppo di misure di sicurezza piuttosto che un altro (ad esempio, rivelatori d'incendio più estrattori di fumo, invece che aperture di ventilazione più materiali incombustibili), con le valutazioni ingegneristiche tale indifferenza svanisce, in quanto diviene misurabile l'effetto sulla sicurezza complessiva dei singoli miglioramenti accettati. Da questo discende anche un vantaggio economico per i proprietari degli immobili. Per tali motivazioni non è azzardato ritenere, dunque, che questo metodo progettuale rappresenti il futuro della prevenzione incendi anche in Italia e che sia destinato a divenire quella realtà consolidata, ed economicamente vantaggiosa, che è già da anni a livello internazionale.
 
Software per la FSE: NIST National Institute of Standards and Technology (NIST) of the United States Department of Commerce e VTT.

Fire Growth and Smoke Transport Modeling (CFAST) è un programma per computer che investigatori, funzionari addetti alla sicurezza, ingegneri, architetti e costruttori che possono utilizzare per simulare l'impatto di incendi e fumi emessi o potenziali in un determinato ambiente dell'edificio. CFAST è utilizzato per calcolare la distribuzione in evoluzione di fumo, gas e temperatura degli incendi in tutti i compartimenti di un edificio durante un incendio (modello di incendio a due zone)

Il pacchetto CFAST include il programma Smokeview, che visualizza con animazioni tridimensionali colorate i risultati della simulazione CFAST le temperature di uno specifico incendio, varie concentrazioni di gas e crescita e movimento degli strati di fumo attraverso strutture multi-room.

Fire Dynamics Simulator (FDS) è un modello di fluidodinamica computazionale (CFD) del flusso di fluido guidato dal fuoco. Il software risolve numericamente una forma delle equazioni di Navier-Stokes appropriate per il flusso a bassa velocità, guidato termicamente, con un'enfasi sul trasporto di fumo e calore dagli incendi.

Smokeview (SMV) è un programma di visualizzazione che viene utilizzato per visualizzare l'output di simulazioni FDS e CFAST.

FDS + Evac è il modulo di simulazione di evacuazione per Fire Dynamics Simulator (FDS). Il software viene utilizzato per simulare il movimento delle persone in situazioni di evacuazione. Le simulazioni di evacuazione possono essere completamente accoppiate con le simulazioni di fuoco. (Sviluppato e gestito da VTT, Finlandia, e FDS+Evac  2.5.2, sono implementati in FDS da V. 6.6.0).

Allegati: 
- Prevenzione Incendi: Approccio ordinario e Approccio ingegneristico FSE [PDF]
- CFAST 7.4.2, Smokeview 6.7.9 (Bundle)
- Smokeview 6.7.9
- FDS 6.7.1 - SMV 6.7.5
- FDS+EVAC Guide VTT

[...]segue in allegato

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Raccomandazione 2019/C 387/01

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RACCOMANDAZIONE 2019 C 387 01

Raccomandazione 2019/C 387/01

Raccomandazione del Consiglio dell’8 novembre 2019 sull’accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi

(GU C 387/1 del 15.11.2019)

Oggetto e campo di applicazione

1. Si raccomanda agli Stati membri di:

1.1. fornire a tutti i lavoratori subordinati e autonomi negli Stati membri accesso a un livello adeguato di protezione sociale, in linea con la presente raccomandazione e fatte salve le facoltà degli Stati membri di organizzare i propri sistemi di protezione sociale;

1.2. stabilire norme minime nel settore della protezione sociale dei lavoratori subordinati e autonomi, in linea con la presente raccomandazione. La protezione sociale può essere garantita mediante una combinazione di sistemi, che la loro organizzazione sia garantita da organismi pubblici o affidata alle parti sociali o ad altri soggetti, in conformità dei principi fondamentali dei sistemi nazionali di protezione sociale. I prodotti assicurativi privati sono esclusi dal campo di applicazione della presente raccomandazione. In conformità all’articolo 153, paragrafo 4, del TFUE, gli Stati membri hanno la facoltà di definire i livelli di contributi e decidere quale sia la combinazione di sistemi più appropriata.

2. La presente raccomandazione riguarda il diritto di partecipare a un sistema di protezione sociale e di maturare ed esercitare i diritti a prestazioni. In particolare, si raccomanda agli Stati membri di garantire a tutti i lavoratori subordinati e autonomi:

a) copertura formale;
b) copertura effettiva;
c) adeguatezza;
d) trasparenza.

3. La presente raccomandazione si applica ai:

3.1. lavoratori subordinati e autonomi, comprese le persone che si trovano in entrambe le condizioni lavorative o che sono in transizione tra l’una e l’altra, come pure alle persone che hanno interrotto l’attività lavorativa a causa del verificarsi di uno dei rischi coperti dalla protezione sociale;

3.2. seguenti settori della protezione sociale, nella misura in cui siano previsti negli Stati membri:

a) prestazioni di disoccupazione;
b) prestazioni per malattia e assistenza sanitaria;
c) prestazioni di maternità e di paternità assimilate;
d) prestazioni d’invalidità;
e) prestazioni di vecchiaia e prestazioni ai superstiti;
f) prestazioni in caso di infortuni sul lavoro e malattie professionali.

4. La presente raccomandazione non si applica alla fornitura di accesso all’assistenza sociale e ai regimi di reddito minimo.

5. Pur riconoscendo che norme differenti possano essere applicate ai lavoratori subordinati e agli autonomi, i principi di copertura formale e copertura effettiva, adeguatezza e trasparenza, quali definiti nella presente raccomandazione, si applicano a tutti i lavoratori subordinati e autonomi.

6. La presente raccomandazione non impedisce agli Stati membri di mantenere o adottare disposizioni in materia di protezione sociale più avanzate rispetto a quelle di cui alla presente raccomandazione. La presente raccomandazione non limita l’autonomia delle parti sociali ove esse siano responsabili dell’istituzione e della gestione dei sistemi di protezione sociale.
[...]

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D.Lgs. 81/2008 e i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza

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D Lgs  81 2008 e il RLS

Il Decreto Legislativo 81/2008 e i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza

Con il 15 maggio 2008 è entrato in vigore il Decreto Legislativo n. 81 che dà attuazione alla delega contenuta nella Legge n. 123 del 3/08/07 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Per espressa dichiarazione del legislatore, questo provvedimento si propone lo scopo di realizzare una riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, attraverso il riordino e il coordinamento della normativa vigente in un unico testo. Ecco, quindi che vengono abrogate, perchè sostituite dalle nuove disposizioni, tante norme che per anni sono state il quadro di riferimento in materia di prevenzione, compreso, solo per citarne alcune, il D.P.R n. 164 del 1956, il D.P.R. n. 303 del 1956, il D.Lgs. n. 277 del 1991 e il D.Lgs n. 626 del 1994.

Il nuovo quadro normativo non è, però, ancora definitivo. Mancano, infatti, tutta una serie di decreti ministeriali che dovranno disciplinare diverse materie, nonché accordi tra Stato e Regioni in materia di formazione. Con questa pubblicazione ci si propone di fornire delle informazioni sulle novità che riguardano i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza.

Uno strumento di facile uso, che certamente non può, e non vuole, analizzare nel suo complesso un decreto composto da ben 306 articoli e 51 allegati.

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Decreto 8 novembre 2019 | RTV Centrali termiche a combustibile gassoso

ID 9555 | | Visite: 47978 | Prevenzione Incendi

Decreto 8 novembre 2019

Decreto 8 novembre 2019 | RTV Centrali termiche a combustibile gassoso

Decreto 8 novembre 2019 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la realizzazione e l'esercizio degli impianti per la produzione di calore alimentati da combustibili gassosi.

(GU Serie Generale n.273 del 21-11-2019)

Entrata in vigore: 21.12.2019

________

Art. 1. Campo di applicazione

1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano alla progettazione, realizzazione ed esercizio degli impianti per la produzione di calore civili extradomestici di portata termica complessiva maggiore di 35 kW alimentati da combustibili gassosi della 1a, 2a e 3a famiglia con pressione non maggiore di 0,5 bar, asserviti a:
a) climatizzazione di edifici e ambienti;
b) produzione di acqua calda, acqua surriscaldata e vapore;
c) cottura del pane e di altri prodotti simili (forni) ed altri laboratori artigiani;
d) lavaggio biancheria e sterilizzazione;
e) cottura di alimenti (cucine) e lavaggio stoviglie, anche nell’ambito dell’ospitalità professionale, di comunità e ambiti similari.
2. Il presente decreto non si applica a:
a) impianti realizzati specificatamente per essere inseriti in cicli di lavorazione industriale;
b) impianti di incenerimento;
c) impianti costituiti da stufe catalitiche;
d) impianti costituiti da apparecchi di tipo A ad eccezione di quelli per il riscaldamento realizzati con diffusori radianti ad incandescenza.
3. Più apparecchi alimentati a gas, di seguito denominati apparecchi, installati nello stesso locale, ovvero in locali direttamente comunicanti, sono considerati come facenti parte di un unico impianto di portata termica pari alla somma delle portate termiche dei singoli apparecchi ivi installati; qualora detta somma sia maggiore di 35 kW, indipendentemente dal valore della singola portata termica di ciascun apparecchio, il locale che li contiene ricade, ai fini delle misure di prevenzione incendi, nel campo di applicazione del presente decreto. All’interno di una unità immobiliare ad uso abitativo, ai fini del calcolo della portata termica complessiva, non concorrono gli apparecchi domestici di portata termica singola non superiore a 35 kW quali gli apparecchi di cottura alimenti, le stufe, i caminetti, i radiatori individuali, gli scaldacqua unifamiliari, gli scaldabagno ed i lavabiancheria. Gli impianti del gas a cui tali apparecchi sono collegati devono essere comunque realizzati nel rispetto delle norme tecniche vigenti ad essi applicabili o di specifiche tecniche ad esse equivalenti.
4. Più apparecchi installati all’aperto non costituiscono un unico impianto.
5. Le disposizioni del presente decreto si applicano agli impianti di nuova realizzazione. Per gli impianti esistenti si applicano le specifiche disposizioni indicate nell’art. 5 e nell’allegato 1 di cui all’art. 3.

Art. 2. Obiettivi

1. Ai fini della prevenzione degli incendi ed allo scopo di raggiungere i primari obiettivi di sicurezza relativi alla salvaguardia delle persone, alla tutela dei beni, alla sicurezza dei soccorritori, contro i rischi di incendio ed esplosione, gli impianti di cui all’articolo precedente devono essere realizzati in modo da:
evitare, nel caso di fuoriuscite accidentali di combustibile gassoso, accumuli pericolosi del combustibile medesimo nei luoghi di installazione e nei locali direttamente comunicanti con essi;
limitare, in caso di evento incidentale, danni alle persone;
limitare, in caso di evento incidentale, danni ai locali vicini a quelli contenenti gli impianti;
garantire la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza.

Art. 3. Disposizioni tecniche

1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi descritti nell’art. 2, è approvata la regola tecnica di prevenzione incendi di cui all’allegato 1, che costituisce parte integrante del presente decreto.
2. Gli impianti medesimi sono realizzati e gestiti secondo le procedure individuate dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37, in conformità alle norme tecniche vigenti ad essi applicabili, o a specifiche tecniche ad esse stesse equivalenti, e utilizzando i prodotti previsti dalle disposizioni comunitarie applicabili ove esistenti.
3. Specifiche tecniche nella materia del presente decreto sono individuate nell’allegato 2, che costituisce parte integrante del presente decreto.

Art. 4. Impiego dei prodotti per uso antincendio

1. I prodotti per uso antincendio, impiegati nel campo di applicazione del presente decreto, sono:
a) identificati univocamente sotto la responsabilità del fabbricante secondo le procedure applicabili;
b) qualificati in relazione alle prestazioni richieste e all’uso previsto;
c) accettati dal responsabile dell’attività, ovvero dal responsabile dell’esecuzione dei lavori mediante acquisizione e verifica della documentazione di identificazione e qualificazione.
2. L’impiego dei prodotti per uso antincendio è consentito se gli stessi sono utilizzati conformemente all’uso previsto, sono rispondenti alle prestazioni richieste dal presente decreto e se:
a) sono conformi alle disposizioni comunitarie applicabili;
b) sono conformi, qualora non ricadenti nel campo di applicazione di disposizioni comunitarie, alle apposite disposizioni nazionali applicabili, già sottoposte con esito positivo alla procedura di informazione di cui alla direttiva (UE) 2015/1535;
c) qualora non contemplati nelle lettere a) e b) , sono legalmente commercializzati in un altro Stato membro dell’Unione europea o in Turchia, o provenienti da uno Stato EFTA firmatario dell’accordo SEE e in esso legalmente commercializzati, per l’impiego nelle stesse condizioni che permettono di garantire un livello di protezione, ai fini della sicurezza dall’incendio, equivalente a quello previsto nella regola tecnica allegata al presente decreto.
3. L’equivalenza del livello di protezione, garantito dai prodotti per uso antincendio di cui al comma 2, è valutata, ove necessario, dal Ministero dell’interno applicando le procedure previste dal regolamento (CE) n. 764/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e, a decorrere dal 19 aprile 2020, a quelle previste dal regolamento (UE) 2019/515, del 19 marzo 2019, relativo al reciproco riconoscimento delle merci legalmente commercializzate in un altro Stato membro.

Art. 5. Disposizioni per gli impianti esistenti

1. Gli impianti esistenti, ad eccezione di quelli indicati ai commi 2 e 3, devono essere resi conformi alle presenti disposizioni.
2. Agli impianti esistenti alla data di emanazione del presente decreto e di portata termica superiore a 116 kW, approvati o autorizzati dai competenti organi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in base alla previgente normativa, non è richiesto alcun adeguamento, anche nel caso di aumento di portata termica, purché non superiore al 20% di quella già approvata od autorizzata e purché realizzata una sola volta.
3. Agli impianti esistenti alla data di emanazione del presente decreto e di portata termica superiore a 35 kW e fino a 116 kW, realizzati in conformità alla previgente normativa, non è richiesto alcun adeguamento, anche nel caso di aumento di portata termica, purché non superiore al 20% di quella esistente e purché realizzato una sola volta e tale da non comportare il superamento della portata termica oltre i 116 kW.
4. Successivi aumenti della portata termica realizzati negli impianti di cui ai precedenti commi o aumenti realizzati una sola volta in percentuale superiore al limite indicato ai commi precedenti o passaggi del tipo di alimentazione al combustibile gassoso in impianti di portata termica superiore a 35 kW richiedono l’adeguamento alle disposizioni del presente decreto. Per le attività soggette alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, devono essere attivati i relativi procedimenti.

Art. 6. Disposizioni finali

1. Fatto salvo quanto previsto nell’art. 5, a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto non sono più applicabili le precedenti disposizioni impartite in materia dal Ministero dell’interno.

...

- Allegato 1: Regola tecnica di prevenzione incendi

- Allegato 2: Elenco non esaustivo specifiche tecniche
...

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ISS: Esposizioni pericolose e intossicazioni | 10° Rapporto nazionale

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ISS X Rapporto

ISS: Esposizioni pericolose e intossicazioni | 10° Rapporto nazionale

Sistema informativo nazionale per la sorveglianza delle esposizioni pericolose e delle intossicazioni: casi rilevati nel 2015

Decimo rapporto annuale

Il rapporto descrive le principali caratteristiche di 43.981 casi di esposizione umana rilevati dai Centri Antiveleni nazionali di Milano e Bergamo nel 2015. Per il 46% dei casi l’età è risultata < 6 anni e per l’insieme della casistica il genere è risultato equamente distribuito.

La maggior parte delle esposizioni (94%) si è verificata in ambiente domestico, circa l’81% dei casi è risultato esposto in modo accidentale, principalmente per accesso incontrollato (44%), errore terapeutico (11%) e travaso da contenitore originale (6%), mentre circa il 16% dei casi è stata vittima di esposizione intenzionale, principalmente per gesto autolesivo (14%).

Il 39% dei casi è risultato esposto a Farmaci, il 59% a Non farmaci e il 2% a entrambi. Le categorie secondarie di agente più frequentemente riportate sono state: prodotti per la pulizia di uso domestico (21%), sedativi/ipnotici/antipsicotici (9%), analgesici e cosmetici/cura della persona (6%, rispettivamente), antidepressivi, antiparassitari, corpi estranei (4%, rispettivamente). Per il 37% dei casi è stato rilevato almeno un effetto clinico associabile all’esposizione, mentre per circa il 65% è stato prescritto almeno un intervento terapeutico.

...

INDICE
Introduzione
Raccolta, revisione, classificazione e analisi dei dati
Casi rilevati nel 2015
Confronto con la casistica rilevata negli USA nel 2015
Considerazioni sulle osservazioni effettuate e prospettive di approfondimento
Bibliografia
Appendice A
Esposizioni a Farmaci (2015)
Appendice B
Esposizioni a Non farmaci (2015)

Fonte: ISS

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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 7/2019

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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 7 del 24 Ottobre 2019

Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011
Con Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011 è stata istituita la Commissione per gli interpelli prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro (Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81) ed è stato attivato l’indirizzo di posta elettronica Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

I quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro possono essere inoltrati alla Commissione per gli interpelli, esclusivamente tramite posta elettronica, dagli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.

Le istanze di interpello trasmesse da soggetti non appartenenti alle categorie indicate o privi dei requisiti di generalità non potranno essere istruite. Non saranno pertanto istruiti i quesiti trasmessi, ad esempio, da studi professionali, associazioni territoriali dei lavoratori o dei datori di lavoro, Regioni, Province e Comuni.

Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza. Prima di inoltrare l’istanza si prega di verificare:

- che il quesito, concernente l’interpretazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro sia di carattere generale e non attenga a problematiche aziendali specifiche;
- che il soggetto firmatario rientri nelle categorie indicate. 

Nuovo Interpello del 24 Ottobre 2019 (n. 7/2019):

24/10/2019 - n. 07/2019 Destinatario: Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia (CONSAP) 
Art. 12, d.lgs. n. 81/2008 e smi - “Medico Competente della Polizia di Stato – Distanza dai luoghi di lavoro assegnati. Medico competente della Polizia di Stato – Iscrizione nella sezione d – bis dell’elenco dei medici competenti del Ministero della salute e aggiornamento”.

Oggetto: art. 12, d.gs. n. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni -  “Medico Competente della Polizia di Stato - Distanza dai luoghi di lavoro assegnati"

La Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia (CONSAP) ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito alla legittimità della riconferma di nomina di un medico competente della Polizia di Stato che, pur essendo stato trasferito in altra Regione, continui ad esercitare la sua funzione a distanza dal luogo di destinazione, tenuto conto che nella provincia nella quale è stato nominato medico competente vi sono altri medici della Polizia di Stato che svolgono analogo incarico.
La citata Confederazione rappresenta, altresì, che “nella pagina del Ministero della Salute dedicata alla ricerca dei medici competenti[…] autorizzati a svolgere tale mansione, sono presenti due sezioni: la prima è riservata alla ricerca dei medici competenti autorizzati e che hanno sostenuto l’apposito esame e, la seconda, è la sezione dedicata ai medici delle Forze Armate e Forze di Polizia ai sensi dell’art. 38 co.1 lett. d – bis del D.L.gs. nr.81/08 ss.mm.ii.. I medici delle FF.AA. e delle FF.PP., per poter essere inseriti nella predetta sezione loro riservata, devono obbligatoriamente presentare al Ministero della Salute la prevista autodichiarazione[…].
Tanto premesso la CONSAP chiede, a questa Commissione “se i Medici della Polizia di Stato, per poter iniziare ad operare in qualità di medici competenti ai sensi della predetta lettera d – bis, hanno l’obbligo di inviare al Ministero della Salute l’autodichiarazione di cui sopra” e “se i medici della Polizia di Stato, qualora iscritti nell’apposita sezione di cui alla lettera d-bis, per poter continuare nel compito di medico competente per i lavoratori interni, debbano effettuare il previsto aggiornamento professionale e acquisire i previsti crediti formativi ECM come indicato nella circolare del Ministero della salute del 1/6/2017 ed inviare allo stesso la prevista autocertificazione […]”.

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