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Raccomandazioni MLPS 2009: pandemia influenzale luoghi di lavoro

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Raccomandazioni MLPS 2009 pandemia influenzale luoghi di lavoro

Raccomandazioni Min Salute 2009:  pandemia influenzale luoghi di lavoro

Raccomandazioni generali ad interim per la riduzione del rischio espositivo in corso di pandemia influenzale nei luoghi di lavoro

Nota Bene: * nella attuale situazione pandemica, si può presumere che un caso di sindrome simil influenzale (ILI) sia attribuibile al nuovo virus A(H1N1), anche in assenza di conferma di laboratorio

Aggiornato 1 dicembre 2009

Indice :
1. Introduzione
1.1. Sintomatologia e modalità di trasmissione
2. Raccomandazioni su prevenzione e controllo dell’influenza nei luoghi di lavoro
2.1 Azioni dei datori di lavoro e dei dirigenti utili per la riduzione della diffusione del virus influenzale nei luoghi di lavoro:
2.2 Azioni da adottare da parte dei dipendenti per la riduzione della diffusione dell’Influenza nei luoghi di lavoro
2.3 Gestione post-esposizione di dipendenti in ambiente di lavoro
3. Assistenza a dipendenti in missione per motivi di lavoro 4 Gravidanza e influenza

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Tabella di lettura PI strutture sanitarie: Proroga 2020

ID 10258 | | Visite: 6413 | Prevenzione Incendi

Prrevenzione incendi strutture sanitarie   Proroga 2020

Tabella di lettura PI strutture sanitarie: Proroga 2020

ID 10258 | 29.02.2020

In allegato Documento Tabella di lettura Prevenzione Incendi strutture sanitarie, facendo seguito alla pubblicazione del Decreto 20 febbraio 2020 Proroga delle scadenze (un anno) in materia di prevenzione incendi per le strutture sanitarie, previste dal decreto del Ministro dell'interno del 19 marzo 2015 (GU n.50 del 28-02-2020).

Nel Documento sono riportati gli articoli oggetto di proroga del decreto del Ministro dell'interno del 19 marzo 2015 e i tutti i punti dell'allegato del D.M. 18 settembre 2002 Consolidato con il Decreto 19 marzo 2015.

Decreto 20 febbraio 2020
...

Art. 1 Proroga dei termini previsti dal decreto del Ministro dell'interno 19 marzo 2015

1. Per le strutture sanitarie che hanno aderito al piano di adeguamento antincendio previsto dal decreto del Ministro dell'interno 19 marzo 2015 e che, per cause di forza maggiore dovute alle nuove procedure di gara o per mancata assegnazione di fondi, siano impossibilitate a completare i lavori programmati entro le scadenze previste oltre la prima, sono prorogati di un anno i termini di cui: 

a) all'art. 2, comma 1, lettere c) e d) per le attivita' in regola con gli adempimenti di cui all'art. 2, comma 1, lettere a) e b); 
b) all'art. 2, comma 2, lettere c) e d) per le attivita' in regola con gli adempimenti di cui all'art. 2, comma 2, lettere a) e b); 
c) all'art. 3, comma 1, lettere b) e c) per le attivita' in regola con gli adempimenti di cui all'art. 3, comma 1, lettera a); 
d) all'art. 3, comma 4, lettere c) e d) per le attivita' in regola con gli adempimenti di cui all'art. 3, comma 4, lettere a) e b).

2. Per le strutture sanitarie di cui e' prevista la dismissione o riconversione in strumenti di programmazione negoziata gia' stipulati con la presenza del Ministero della salute, quali gli accordi di programma e gli accordi di programma quadro, i termini di cui al comma 1 si intendono prorogati sino al termine di cui all'art. 2, comma 1, lettera e) al fine di assicurare la corretta allocazione delle risorse pubbliche.
...


...
Prrevenzione incendi strutture sanitarie   Proroga 2020   00
...

I Decreti d'interesse (RTV Strutture sanitarie)

D.M. 18 SETTEMBRE 2002
Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private (GU n. 227 del 27 settembre 2002)

DECRETO 19 MARZO 2015
Aggiornamento della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private di cui al decreto 18 settembre 2002. (GU n.70 del 25-03-2015)

DECRETO 20 FEBBRAIO 2020
Proroga delle scadenze in materia di prevenzione incendi per le strutture sanitarie, previste dal decreto del Ministro dell'interno del 19 marzo 2015. (GU n.50 del 28-02-2020)


segue in allegato

Certifico Srl - IT | Rev. 00 2020
©Copia autorizzata Abbonati
NB

D.M. 18 settembre 2002 Consolidato Estratto VVF

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Dispositivi di protezione delle vie respiratorie (RPE): Criteri di scelta HSE

ID 9905 | | Visite: 10222 | Documenti Sicurezza Enti

Respiratory protective equipment at work A practical guide

Dispositivi di protezione delle vie respiratorie (RPE): Criteri di scelta HSE

Interessante documento di HSE (UK) che illustra i dispositivi di protezione delle vie respiratorie (RPE - Respiratory Protective Equipment) e la loro scelta in relazione al tipo di lavoro svolto.

I dispositivi di protezione delle vie respiratorie (RPE), sono particolari pezzi di DPI (PPE) utilizzati per proteggere i lavoratori dall'inalazione di sostanze pericolose sul luogo di lavoro.

La guida è destinata a coloro che devono gestire l'esposizione dove non può essere evitata. La valutazione del rischio aiuterà a decidere se sono necessari controlli nell'ambiente di lavoro in presenza di polvere, nebbia, vapore, gas o fumi. L'RPE può essere richiesto perché non ci sono altre misure di sicurezza adatte o se altre misure di sicurezza non sono sufficiente da soli.

Sarà richiesto un DPI adeguato e idoneo a garantire che chi lo indossa sia protetto.

Questo significa:

- Adeguato: è adatto al pericolo e riduce l'esposizione al livello richiesto per proteggere la salute di chi lo indossa.
- Adatto: adatto a chi lo indossa, al compito e all'ambiente, in modo tale che chi lo indossa può lavorare liberamente e senza rischi aggiuntivi dovuti all'RPE.

Per selezionare un RPE che protegga chi lo indossa è necessario avere una conoscenza di base di:

- la sostanza pericolosa e la quantità nell'aria (esposizione);
- la forma della sostanza nell'aria (ad es. gas, particelle solide, vapore);
- il tipo di lavoro svolto;
- eventuali requisiti specifici di chi lo indossa, come altri DPI o necessità di occhiali.

La Figura 1 illustra un processo che è possibile seguire per raccogliere queste informazioni e selezionare le opzioni RPE più adatte.

Select RPE
Figura 1 - Processo scelta RPE

Forma e proprietà delle particelle

Le sostanze pericolose possono essere presenti nell'aria come particelle (solide o liquide), vapore o gas. In determinate condizioni, possono esistere in più di una forma a allo stesso tempo (ad es. durante la spruzzatura di vernice). È necessario identificare la forma del sostanze pericolose nell'aria per selezionare l'RPE corretto (vedere la Tabella 1). Si noti che:

- forme solide e liquide saranno presenti come particelle;
- spray e nebbie sottili sono costituiti da particelle liquide (goccioline);
- i fumi sono particelle solide molto fini e non gas o vapore;
- fumo, fumi e liquidi dispersi nell'aria richiedono un RPE idoneo all'uso contro particelle.

Oltre a quanto sopra, in determinate condizioni possono diventare liquidi volatili aereo come particelle e vapore.

Forme sostanze pericolose
Tabella 1 - Esempi delle diverse forme di sostanze pericolose

Decidere il fattore di protezione

È necessario assicurarsi che l'RPE selezionato sia in grado di proteggere il lavoratore dal sostanza pericolosa nell'aria che li circonda. La decisione dipenderà dal quantità nell'aria e nella sua forma (ad esempio particelle, vapore).

Esistono vari tipi di respiratori e autorespiratore disponibili. La protezione che offrono sarà determinata da a numero di fattori, incluso il fattore di protezione assegnata (APF ). In termini semplici, questo è il rapporto di sostanza pericolosa esterna all'RPE fino alla quantità all'interno dell'RPE.

Ogni tipo e classe RPE è classificato da un fattore protezione assegnato (APF - Assigned Protection Factor). L'APF è un numero che indica quanta protezione l'RPE è in grado di fornire.

Respiratori monouso: Classificazione per protezione dalle polveri

Classification RPE
Tabella 2 - Classificazione RPE monouso e relativo APF

Ad esempio, RPE con un APF di 10 ridurrà esposizione di chi lo indossa di almeno un fattore 10 se usato correttamente, o, in altri termini, chi lo indossa respirerà solo un decimo o meno della quantità di sostanza presente nell'aria.

Vengono utilizzate solo alcune classificazioni numeriche, quindi gli APF RPE saranno: 4; 10; 20; 40; 200 o 2000. Quando si calcola il fattore di protezione, occorre scegliere sempre un APF sopra il valore calcolato.

Se non ci sono consigli sull'APF richiesto nella SDS o negli elementi essenziali di COSHH(*), è possibile calcolare il fattore di protezione richiesto utilizzando il WEL e la quantità della sostanza nell'aria. La quantità di sostanza nell'aria è individuate eseguendo misurazioni dell'esposizione sul posto di lavoro.

Se la sostanza ha un limite di esposizione sul luogo di lavoro (WEL) prescritto è necessario assicurarsi che chi lo indossa sia protetto a un livello inferiore al WEL (vedere Documento EH40 Limiti di esposizione sul posto di lavoro - allegato).

Esempio selezione APF

Sostanza - Toluene (un solvente comune)

Concentrazione misurata di toluene nell'aria: 350 ppm (parti per milione) entro otto ore media ponderata nel tempo (TWA).

Toluene WEL: 50 ppm (da EH40 Documento HSE limiti di esposizione - allegato).
Richiesto APF da ridurre a WEL = 350/50 = 7. Selezionare il dispositivo RPE con un APF superiore al fattore di protezione richiesto. In questo caso sarà un APF di 10.

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Tipi RPE

Tipi di RPE

Tipi di RPE II
Tabella 3 - Tipi RPE

...

A seguire dettaglio dei diversi tipi di RPE disponibili. Andando attraverso le sezioni precedenti di questa guida, è possibile selezionare quale RPE appropriato per un determinato luogo di lavoro.

Disposable half mask respirators
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Full face mask respirators particle filter
...
Constant flow airline breathing apparatus with hoods helmets light duty
Tabella 4 - Schede dettaglio dei diversi tipi di RPE>

...

(*) Il COSHH (Control of Substances Hazardous to Health Regulations 2002 (as amended)) è il regolamento UK nel quale sono recepite le Direttive UE sugli agenti chimici.

Regulations COSHH

Il COSHH (Control of Substances Hazardous to Health Regulations 2002 (as amended)) è il regolamento UK che recepisce le Direttive UE sugli agenti chimici.

L'ultima versione del Documento EH40/2005 "Limiti di esposizione sul luogo di lavoro" (allegato) è stato aggiornato per includere i nuovi e rivisti limiti di esposizione sul luogo di lavoro (WEL) introdotti dalla direttiva sugli agenti cancerogeni e mutageni Direttiva (UE) 2017/2398 che modifica la direttiva 2004/37/CE.

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Segue in allegato

http://www.legislation.gov.uk/uksi/2002/2677/contents

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Coronavirus disease (COVID-19) outbreak and workplace safety and health

ID 10251 | | Visite: 5469 | Documenti Sicurezza Enti

COVID 19

Coronavirus disease (COVID-19) outbreak and workplace safety and health

EU-OSHA, 28.02.2020

EU-OSHA’s sister agency, the European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), is closely monitoring the spread of the corona virus and is regularly posting updates and resources on its website.

The World Health Organization (WHO) and the International Labour Organization (ILO), as well as the Canadian Centre for Occupational Health and Safety (CCOSH) have also published practical information for workplaces.

WHO’s guide Getting your workplace ready for COVID-19

Visit the ECDC’s website 

Check out CCOHS’ coronavirus factsheet .

Additional WHO and ILO resources include:

The COVID-19 risk communication package for healthcare facilities
Corona Virus Disease (COVID-19) Outbreak: Rights, roles and responsibilities of health workers, including key considerations for occupational safety and health
WHO, ePROTECT respiratory occupational health and safety
Occupational safety and health in public health emergencies: A manual for protecting health workers and responders
Work improvement in health services
Guidelines on Decent Work in Public Emergency Services

...

Fonte: EU OSHA

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Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 2 del 20 Febbraio 2020

ID 10236 | | Visite: 2650 | Interpelli Sicurezza lavoro



Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 2 del 20 Febbraio 2020

Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011
Con Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011 è stata istituita la Commissione per gli interpelli prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro (Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81) ed è stato attivato l’indirizzo di posta elettronica Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

I quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro possono essere inoltrati alla Commissione per gli interpelli, esclusivamente tramite posta elettronica, dagli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.

Le istanze di interpello trasmesse da soggetti non appartenenti alle categorie indicate o privi dei requisiti di generalità non potranno essere istruite. Non saranno pertanto istruiti i quesiti trasmessi, ad esempio, da studi professionali, associazioni territoriali dei lavoratori o dei datori di lavoro, Regioni, Province e Comuni.

Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza. Prima di inoltrare l’istanza si prega di verificare:

- che il quesito, concernente l’interpretazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro sia di carattere generale e non attenga a problematiche aziendali specifiche;
- che il soggetto firmatario rientri nelle categorie indicate. 

Nuovo Interpello del 20 Febbraio 2020 (n. 2/2020):

20/02/2020 - n. 2/2020 Unione sindacale di base Pubblico impiego
Art. 12, d.lgs. n. 81/2008 e smi - risposta ai quesiti in merito al diritto ad usufruire del servizio di mensa o sostitutivo del Rappresentante dei Lavoratori per la sicurezza nel Pubblico Impiego”. 

Oggetto: art. 12, d.gs. n. 81/2008 e successive modificazioni in merito “al diritto ad usufruire del servizio di mensa o sostitutivo del Rappresentante dei Lavoratori per la sicurezza nel Pubblico Impiego”.

L’Unione sindacale di base Pubblico impiego ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione, in merito alla seguente problematica: « se i permessi ex art. 50 d.lgs. n. 81/2008 e C.C.Q. del 10.07.1996, fruiti per adempiere alle funzioni di Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, devono essere considerati servizio a tutti gli effetti e quindi assimilabile all’attività di servizio “istituzionale” anche ai fini del diritto alla fruizione del servizio di mensa o sostitutivo».

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Consulta tutti gli Interpelli

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Laboratory biosafety guidance related to COVID-19

ID 10214 | | Visite: 6042 | Documenti Sicurezza Enti

Lavoratory WHO 2019

Laboratory biosafety guidance related to coronavirus disease 2019 (COVID-19)

WHO - Interim guidance 12 February 2020 (OMS)

The purpose of this document is to provide interim guidance on laboratory biosafety related to the testing of clinical specimens of patients that meet the case definition of the novel pathogen identified in Wuhan, China, that is, 2019 novel coronavirus (2019-nCoV), now known as the virus responsible for coronavirus disease 2019 (COVID-19).

As our understanding of COVID-19 is limited but rapidly growing, the World Health Organization (WHO) continues to monitor developments and will revise these recommendations as necessary.

Highlights of COVID-19 laboratory biosafety

- All procedures must be performed based on risk assessment and only by personnel with demonstrated capability, in strict observance of any relevant protocols at all times.

- Initial processing (before inactivation) of all specimens should take place in a validated biological safety cabinet (BSC) or primary containment device.

- Non-propagative diagnostic laboratory work (for example, sequencing, nucleic acid amplification test [NAAT]) should be conducted at a facility using procedures equivalent to Biosafety Level 2 (BSL-2)

- Propagative work (for example, virus culture, isolation or neutralization assays) should be conducted at a containment laboratory with inward directional airflow (BSL-3).

- Appropriate disinfectants with proven activity against enveloped viruses should be used (for example, hypochlorite [bleach], alcohol, hydrogen peroxide, quaternary ammonium compounds and phenolic compounds).

- Patient specimens from suspected or confirmed cases should be transported as UN3373, “Biological Substance Category B”. Viral cultures or isolates should be transported as Category A, UN2814, “infectious substance, affecting humans”.

Recommendations addressing minimal/essential working conditions associated with specific manipulations in laboratory settings

The additional recommendations provided in this section address the minimal/essential working conditions associated with specific manipulations in laboratory settings.

a. Risk assessment

Risk assessment is a systematic process of gathering information and evaluating the likelihood and consequences of exposure to or release of workplace hazard(s) and determining the appropriate risk control measures to reduce the risk to an acceptable level. It is important to note that hazards alone do not pose a risk to humans or animals. Consideration therefore must also be given to the types of equipment used and the procedure(s) that will be performed with the biological agent.

It is highly recommended to start with performing a local risk assessment for each process step, that is, from sample collection, sample reception, clinical testing, polymerase chain reaction (PCR) to virus isolation (only when and where applicable).

Certain hazards will then be considered for each process step, such as aerosol exposure during sample processing; eye splash during sample processing; infectious culture material spill; and leaking sample (in the case of sample reception), with an
assessed grade of risk. For each identified risk, appropriate risk control measures, including but not limited to the following recommendations, should be selected and implemented, in order to mitigate the residual risks to an acceptable level.

A risk assessment template is provided in Annex 2; this is intended to serve as an example and to facilitate the process.

b. Routine laboratory procedures, including nonpropagative diagnostic work and PCR analysis

Non-culture-based diagnostic laboratory work, and PCR analysis on clinical specimens from patients who are suspected or confirmed to be infected with the virus responsible for COVID-19, should be conducted adopting practices and procedures described for conventional clinical and microbiology laboratories as described in the “core requirements” (see Annex 1).

However, all manipulations of potentially infectious materials, including those that may cause splashes, droplets or aerosols of infectious materials (for example, loading and unloading of sealed centrifuge cups, grinding, blending, vigorous shaking or mixing, sonic disruption, opening of containers of infectious materials whose internal pressure may be different from the ambient pressure), should be performed in appropriately maintained and validated BSCs or primary containment devices, by personnel with demonstrated capability.

Examples of routine laboratory procedures include:

- diagnostic testing of serum; blood (including haematology and clinical chemistry); respiratory specimens such as nasopharyngeal and oropharyngeal swabs, sputum and/or endotracheal aspirate or bronchoalveolar lavage; stool; or other specimens;
- routine examination of mycotic and bacterial cultures developed from respiratory tract specimens. When handling and processing specimens, “core requirements” (see Annex 1), including GMPP, should be followed at all times, including but not limited to those under the following subheadings. More details are explained and demonstrated in the WHO Biosafety video series.

c. Use of appropriate disinfectants

- While little is known about this novel virus, the comparable genetic characteristics between the virus responsible for COVID-19 and MERS-CoV suggest that the COVID-19 virus may be susceptible to disinfectants with proven activity against enveloped viruses, including sodium hypochlorite (bleach; for example, 1000 parts per million [ppm] (0.1%) for general surface disinfection and 10 000 ppm (1%) for disinfection of blood spills); 62–71% ethanol; 0.5% hydrogen peroxide; quaternary ammonium compounds; and phenolic compounds, if used according to the manufacturer’s recommendations.

Other biocidal agents such as 0.05–0.2% benzalkonium chloride or 0.02% chlorhexidine digluconate can be less effective.

- Particular attention should be paid not only to the selection of the disinfectant but also the contact time (for example, 10 minutes), dilution (that is, concentration of the active ingredient) and expiry date after the working solution is prepared.

- Human coronaviruses in general are known to persist on inanimate surfaces such as metal, glass or plastic for up to 9 days (5).

[...]

Packaging and shipment

All materials transported within and between laboratories should be placed in a secondary container, to minimize the potential for breakage or a spill. An example includes transfer of materials from the BSC to an incubator and vice versa. Specimens leaving the BSC should be surface decontaminated. Detailed guidance is provided in the WHO Biosafety video series, in particular Good microbiological practices and procedures (GMPP): transport.

Transport of specimens within national borders should comply with applicable national regulations. Crossboundary transport of specimens of the virus responsible for COVID-19 should follow the United Nations model regulations, Technical instructions for the safe transport of  Laboratory biosafety guidance related to coronavirus disease 2019 (COVID-19): interim recommendations dangerous goods by air (Doc 9284) of the International Civil Aviation Organization, for airlifted transport, and any other applicable regulations depending on the mode of transport being used. More information may be found in the WHO Guidance on regulations for the transport of infectious substances 2019-2020 (applicable as from 1 January 2019). A summary on transport of infectious substances can also be found in Tool box 4 of the WHO handbook, Managing epidemics: key facts about deadly diseases.

Patient specimens from suspected or confirmed cases should be transported as UN3373, “Biological Substance Category B”, when they are transported for diagnostic or investigational purposes. Viral cultures or isolates should be transported as Category A UN2814, “infectious substance, affecting humans” (3). All specimens being transported (whether UN3373 or UN2814) should have appropriate packaging, labelling and documentation, as described in the documents mentioned earlier.
...
WHO - OMS

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Lettera Circolare 11 luglio 2011 n. 15816

ID 10209 | | Visite: 4448 | Circolari Sicurezza lavoro

Lettera Circolare 11 luglio 2011, n. 15816

Modello di organizzazione e gestione ex art. 30 D.Lgs. n. 81/08

Oggetto: Modello di organizzazione e gestione ex art. 30 DLgs. n. 81/2008 - Chiarimenti sul sistema di controllo (comma 4 dell'articolo 30 del D.Lgs. 81/2008) ed indicazioni per l'adozione del sistema disciplinare (comma 3 dell'articolo 30 del D.Lgs. 81/2008) per le Aziende che hanno adottato un modello organizzativo e di gestione definito conformemente alle Linee Guida UNI-INAIL (edizione 2001) o alle BS OHSAS 18001:2007 con Tabella di correlazione articolo 30 D.lgs. n. 81/2008 - Linee guida UNI INAIL - BS OHSAS 18001:2007 per l'identificazione delle "parti corrispondenti" di cui al comma 5 dell'articolo 30.

Si comunica che il documento concernente l'argomento specificato in oggetto, approvato in data 20 aprile 2011 dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro di cui all'art. 6 del D.lgs. n. 81/2008 e s.m.i., è disponibile nell'area dell'home page dedicata alla "Sicurezza nel lavoro" del sito Internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/SicurezzaLavoro).

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 6566 | 20 Febbraio 2020

ID 10205 | | Visite: 2735 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale, Sez. 4 del 20 febbraio 2020, n. 6566

Amputazione di un dito dell'operaio meccanico con una sega orizzontale. Non basta il marchio CE per escludere la responsabilità del datore di lavoro

Penale Sent. Sez. 4 Num. 6566 Anno 2020
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: ESPOSITO ALDO
Data Udienza: 17/10/2019

Al riguardo della certificazione CE, va ribadito quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità sul punto, ossia che il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro, è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati e risponde, pertanto, dell'infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza ditali requisiti, senza che la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità "CE" o l'affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarli dalla loro responsabilità.
In merito, questa Corte ha anche precisato che la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l'evento dannoso sia stato provocato dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro sul quale grava l'obbligo di eliminare ogni fonte di percolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare la predetta macchina e di adottare tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori e che a detta regola può farsi eccezione nel solo caso in cui l'accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza, il che non era nel caso di specie (Sez. 4, n. 54480 del 10/11/2016, Pucci, non massimata; Sez. 4, n. 26247 del 30/05/2013, Magrini, Rv. 256948).

 

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano del 2 ottobre 2017, con cui V.F. era stata condannata alla pena di euro duecento di multa in relazione ai reati di cui agli artt. 590, commi secondo e terzo, 583, comma primo, cod. pen., perché, in qualità di datore di lavoro della OMT s.r.l. per colpa generica e specifica causava a L.L., operaio meccanico, una lesione personale grave consistente in amputazione netta a livello dell'articolazione interfalangea distale terzo dito mano sinistra, dalla quale derivava un indebolimento permanente di un organo; in particolare, consentiva che il L.L., intento a tagliare pezzi metallici mediante l'impiego di una sega a nastro orizzontale, nel raccogliere manualmente degli sfridi di lavorazione urtava con la mano sinistra la lama in movimento, in un tratto non adeguatamente protetto, cagionandosi la lesione sopra meglio descritta - per colpa specifica consistita nel non aver messo a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi alle disposizioni normative, in particolare nell'aver predisposto una sega a nastro orizzontale priva dei requisiti di protezione e sicurezza indicati ai punti 1.3.8.1. e 1.4.1. del D. Lgs. n. 17 del 2010 (art. 70, comma 1, D. Lgs. n. 81 del 2008).
Il L.L. risultava essere stato fornito di dispositivi di sicurezza individuale nonché adeguatamente formato ed informato dei rischi di utilizzo del macchinario. Mentre stava lavorando su una sega a nastro per metalli, si accorgeva che si era accumulata una limatura, per cui, indossati i guanti, prendeva con le mani la limaglia accumulata sul lato destro della macchina ed urtava con la mano sinistra la lama in movimento, procurandosi l'infortunio.
Secondo la Corte di merito, la particolare gravità del fatto non consentiva di ritenere astrattamente configurabili i presupposti per la non punibilità; era stata applicata la solo pena pecuniaria, prevedendo quale pena base il massimo edittale. Il risarcimento del danno, in ragione del contenuto della transazione e del concreto importo irrogato, poteva essere valutato ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche ma non dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen..
2. La V.F., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo quattro motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'asserita violazione di regole cautelari.
Si deduce che la Corte di appello, pur tenendo conto della cornice normativa della vicenda, in riferimento all'art. 70, commi 1 e 2, D. Lgs. n. 81 del 2008, aveva erroneamente ritenuto insussistenti le condizioni che avrebbero consentito la non completa segregazione della sega a nastro. In presenza di "effettive esigenze della lavorazione" (All. V, capitolo 6.5), infatti, il datore di lavoro poteva utilizzare dispositivi non completamente riparati, adottando in compenso ulteriori accorgimenti antinfortunistici.
Tale possibilità era in linea col principio generale di cui ai punti 1.3.8.1 e 1.4.1 dell'All. 1 al D. Lgs. n. 17 del 2010, in base ai quali occorreva tener conto delle esigenze del ciclo produttivo. D'altronde, in base al par. 5.5.2, comma 2, dell'All. V al D. Lgs. n. 81 del 2008, il nastro non doveva essere protetto nel tratto strettamente necessario per la lavorazione.
La sega, prodotta da terzi, era dotata di certificazione CE, in conformità alle normative europee in tema di tutela dei lavoratori e il suo collaudo si era dimostrato rispettoso di tali disposizioni. La macchina era stata costruita con un tratto di lama non riparato, per cui, già a livello di costruzione, l'incompleta segregazione delle parti mobili era compatibile con la normativa antinfortunistica e l'impostazione originaria doveva essere ritenuta funzionale alle esigenze di lavorazione.
Per segregare interamente la sega, la OMT avrebbe dovuto modificare arbitraria-mente le caratteristiche strutturali della macchina considerate adeguate ai requisiti di sicurezza richiesti dalla legge in sede di rilascio di certificazione CE. Risultando possibile l'uso di una macchina non integralmente riparata, la responsabilità non doveva essere fondata sulla mancata completa segregazione della lama, bensì sull'adeguatezza delle misure ulteriori per ridurre al minimo il pericolo.
Nel DVR, infatti, erano state specificate le precauzioni da adottare (uso di guanti, di attrezzi per la rimozione dei trucioli e obbligo di rimuoverli a macchina ferma e la formazione ed informazione sul rischio specifico). Le istruzioni erano contenute in un cartello attaccato alla macchina. Nessun elemento acquisito dimostrava che col dispositivo completamente segregato la capacità produttiva sarebbe rimasta la medesima.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione per errata applicazione degli artt. 40 e 41, comma secondo, cod. pen..
Si osserva che la condotta del lavoratore rivestiva i caratteri dell'abnormità o dell'esorbitanza.
La V.F. aveva correttamente individuato l'area di rischio ed aveva adottato misure efficaci per contenerlo, espressamente individuate e codificate nel DVR. Il L.L. aveva violato le procedure di sicurezza predisposte dall'azienda ponendo in essere una condotta esorbitante non solo in astratto ma anche in concreto, per cui il suo comportamento aveva interrotto il nesso causale tra la condotta del datore di lavoro e l'infortunio, ponendosi come causa da sé sola a determinare l'evento.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione per mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen.. 
Si rileva che il richiamo nella sentenza impugnata alla gravità del fatto era del tutto generico e che il Tribunale non si era espresso sulla possibile applicazione dell'istituto. I giudici di merito non indicavano aspetti della condotta della V.F. rivelatori di una peculiare lesività.
2.4. Violazione dell'art. 62 n. 6 cod. pen..
Si sostiene che l'attenuante in questione non era stata riconosciuta nonostante il risarcimento integrale del danno anteriormente al giudizio.

Considerato in diritto

1. La sentenza impugnata va annullata per essere il reato non punibile per particolare tenuità del fatto.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Nell’attribuire profili di colpa specifica al datore di lavoro la sentenza impugnata si colloca nel solco della richiamata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l'evento dannoso sia provocato dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro, sul quale grava l'obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare tale macchina e di adottare nell'impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori; a detta regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l'accertamento di un elemento di pericolo sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio di progettazione, che non consentano di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza (Sez. 4, n. 1184 del 03/10/2018, dep. 2019, Motta Pelli s.r.l., Rv. 275114, in fattispecie relativa a macchinario privo di "carter" di protezione, in cui la Corte ha ritenuto che il pericolo era evidentemente riconoscibile con l'ordinaria diligenza, dovendo gli organi in movimento dei macchinari essere sempre segregati per evitare contatti pericolosi con la persona del lavoratore; Sez. 4, n. 26247 del 30/05/2013, Magrini, Rv. 256948, che ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro, in ordine al reato di cui all'art. 590, comma terzo, cod. pen., per avere messo a disposizione del lavoratore un macchinario, specificamente una pressa, privo dei necessari presidi di sicurezza, in conseguenza della non attenta verifica dei requisiti di legge e della mancata valutazione in progress delle carenze del predetto macchinario, anche attraverso una adeguata azione di manutenzione, nella specie effettuata senza carattere di sistematicità; Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014, Enne, Rv. 259229). 
La responsabilità del costruttore, nell'ipotesi in cui l'evento dannoso sia stato provocato dall'inosservanza delle cautele antinfortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, in altri termini, non vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro utilizzatore della macchina, giacché questi è obbligato ad eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti chiamati ad avvalersi della macchina. A tale regola, fondante la concorrente responsabilità del datore di lavoro, si fa eccezione nella sola ipotesi in cui l'accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza, per esempio, allorquando il vizio riguardi una parte non visibile e non raggiungibile della macchina (Sez. 4, n. 1216 del 26/10/2005 dep. 2006, Mollo, Rv. 233174-5).
Coerentemente coi principi sopra ricordati, i giudici del gravame del merito hanno evidenziato che certo l'eventuale colpa del lavoratore non esimeva il datore di lavoro dalla sua responsabilità per colpa specifica, occorrendo la dimostrazione dell'adozione da parte di quest'ultimo di tutte le cautele possibili e di impedire prevedibili comportamenti imprudenti del dipendente.
La Corte territoriale ha logicamente individuato nell'omessa completa riparazione della sega a nastro la causa della lesione; ha poi legittimamente ritenuto indispensabile la sicurezza delle macchine messe a disposizione ed utilizzate dagli operai per evitare infortuni e ha affermato che il datore di lavoro doveva garantire tale conformità e mantenerla nel tempo mediante idonei programmi di manutenzione.
Coerentemente con i principi sopra ricordati, i giudici del gravame del merito evi-denziano che la marchiatura CE della sega non può valere ad escludere i suindicati profili di colpa a carico dell'imputata.
Al riguardo della certificazione CE, va ribadito quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità sul punto, ossia che il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro, è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati e risponde, pertanto, dell'infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza ditali requisiti, senza che la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità "CE" o l'affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarli dalla loro responsabilità.
In merito, questa Corte ha anche precisato che la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l'evento dannoso sia stato provocato dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro sul quale grava l'obbligo di eliminare ogni fonte di percolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare la predetta macchina e di adottare tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori e che a detta regola può farsi eccezione nel solo caso in cui l'accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza, il che non era nel caso di specie (Sez. 4, n. 54480 del 10/11/2016, Pucci, non massimata; Sez. 4, n. 26247 del 30/05/2013, Magrini, Rv. 256948).
2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
Relativamente alle censure riguardanti il comportamento asseritamente abnorme ed esorbitante del dipendente, la Corte territoriale ha rilevato, con motivazione lineare e coerente, che il lavoratore stava adottando una procedura esecutiva meno sicura, ma resa possibile proprio dalla conformazione della macchina, per cui tale condotta non poteva essere da sola idonea ad interrompere il nesso causale con l'evento verificatosi.
L'assunto del giudice d'appello è corretto e conforme al principio più volte affermato dalla Corte di legittimità in materia di infortuni sul lavoro, secondo cui il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Sez. 4, n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, Musso, Rv. 275017; Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222); nello stesso senso, si è affermato che, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa, Rv. 269603).
Pertanto, in tema di causalità, la colpa del lavoratore, concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica ascritta al datore di lavoro ovvero al destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, esime questi ultimi dalle loro re-sponsabilità solo allorquando il comportamento anomalo del primo sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un compor-tamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore (Sez. 4, n. 16397 del 05/03/2015, Guida, Rv. 263386). 
A ciò deve aggiungersi che la condotta imprudente o negligente del lavoratore, in presenza di evidenti criticità del sistema di tutela approntato dal datore di lavoro, non potrà mai spiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza. Tali disposizioni, infatti, sono dirette a difendere il lavoratore anche da incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo, il datore di lavoro, prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli (Sez. 4, n. 10265 del 17/01/2017, Meda, Rv. 269255; Sez. 4 n. 22813 del 21/4/2015, Palazzolo, Rv. 263497).
Orbene, risulta evidente, dai principi richiamati, non è possibile inquadrare nell'ambito delle condotte connotate da abnormità ed esorbitanza, il comportamento tenuto dal lavoratore infortunato, non essendosi realizzato in un ambito avulso dal procedimento lavorativo a cui era stato addetto, come evidenziato in maniera appropriata dalla Corte territoriale.
In ordine alla prevedibilità delle circostanze che hanno determinato l'evento lesivo del lavoratore, i giudici di merito, affermando la non eccentricità e la non imprevedibilità del suo comportamento, hanno evidenziato come l'operazione intrapresa da lui intrapresa costituisse un ordinario intervento di sistemazione della sega.
3. Il terzo motivo di ricorso, con cui si deduce l'ingiustificato diniego della causa di non punibilità dell'art. 131 bis cod. pen., è fondato.
Va osservato che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di "particolare tenuità del fatto", la motivazione può risultare anche implicitamente dall'argomentazione con la quale il giudice d'appello abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell'imputato, alla stregua dell'art. 133 cod. pen., per stabilire la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado (Sez. 5, n. 15658 del 14/12/2018, dep. 2019, D., Rv. 275635). Si è altresì precisato che, ai fini dell'applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell'offesa dev'essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, Milone, Rv. 274647).
Tanto premesso, la Corte di merito, nonostante lo specifico motivo di gravame, non ha sviluppato un adeguato apparato argomentativo, essendosi limitata a negare la sussistenza dei parametri di cui all'art. 133 cod. pen., senza illustrare le ragioni. Tale valutazione, peraltro, è formulata esclusivamente con riferimento al trattamento sanzionatorio.
3.1. Va poi ricordato l'insegnamento delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266594), secondo cui, quando la sentenza impugnata è anteriore alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 16 marzo 2015, n. 28, l'applicazione dell'istituto nel giudizio di legittimità va ritenuta o esclusa senza rinvio del processo nella sede di merito e se la Corte di cassazione, sulla base del fatto accertato e valutato nella decisione, riconosce la sussistenza della causa di non punibilità, la dichiara d'ufficio, ex art. 129 cod. proc. pen., annullando senza rinvio la sentenza impugnata, a norma dell'art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen.. E' stata quindi riconosciuta la possibilità per la Corte di cassazione di accertare d'ufficio, in presenza di un ricorso ammissibile, la sussistenza della indicata causa di non punibilità nel giudizio di legittimità, con l'adozione dei provvedimenti conseguenti.
La valenza dell'indicato principio non può essere limitata al caso di sentenza impugnata, pronunciata in data anteriore all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 28 del 2015 cit.. La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall'art. 131 bis cod. pen., nel giudizio di legittimità, può essere rilevata d'ufficio, in presenza di un ricorso ammissibile, anche se non dedotta nel corso del giudizio di appello pendente alla data di entrata in vigore della norma, a condizione che i presupposti per la sua applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali a tal fine (Sez. 3, n. 12906 del 13/11/2018, dep. 2019, Canella, non massimata sul punto; Sez. 2, n. 49446 del 03/10/2018, Zingari, Rv. 274476; Sez. 1, n. 27752 del 09/05/2017, Menegotti, Rv. 270271).
In particolare, depongono in senso favorevole alla V.F. i seguenti elementi ricavabili dal contenuto delle sentenze di merito: a) la mancata indicazione di precedenti penali, circostanza da cui è possibile desumere l'incensuratezza dell'imputata; b) l'avvenuto risarcimento del danno; c) la valutazione di non eccessiva entità del fatto tenuto conto della condanna ad una pena solo pecuniaria, in entità estremamente ridotta già con la sentenza di primo grado; d) l'acclarata esclusione della possibilità di qualificare la perdita della falange come indebolimento permanente.
Ne consegue che, a norma dell'art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il reato non punibile per particolare tenuità del fatto. Resta conseguentemente assorbito il quarto motivo di ricorso.

P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato non punibile per particolare tenuità del fatto.
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2019.

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 5975 | 17 Febbraio 2020

ID 10200 | | Visite: 1864 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale, Sez. 4 del 17 febbraio 2020, n. 5975

Amputazione di un piede a seguito del ribaltamento di un serbatoio non stabilizzato. Reato estinto per prescrizione

Penale Sent. Sez. 4 Num. 5975 Anno 2020
Presidente: BRICCHETTI RENATO GIUSEPPE
Relatore: FERRANTI DONATELLA
Data Udienza: 12/02/2020

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello dì Salerno, confermava la pronuncia del Tribunale di Salerno del 13.06.2017, che aveva condannato P.P. alla pena di mesi uno di reclusione per il reato di cui agli artt. 113 e 590, commi primo, secondo e terzo, cod. pen. commesso ai danni di L.S..
1.1. P.P., quale amministratore delegato della Artes Ingegneria S.p.A. (di seguito ARTES), che aveva stipulato un contratto di appalto con la Servizi Generali Società Cooperative (il cui amministratore I. è deceduto) avente ad oggetto la realizzazione di un serbatoio di grosse dimensioni da utilizzare come filtro industriale per la depurazione delle acque, è imputato del reato anzidetto in relazione agli artt. 26 comma 1 lett. b), 28 comma 2, 37 comma 7 e 71 comma 1 d.lvo n. 81/08 perché, in cooperazione con F.E. e C.C., rispettivamente preposto e dipendente della ARTES (nei confronti dei quali si è proceduto separatamente con applicazione di pena concordata ex art. 444 cod. proc. pen) cagionava, per colpa, al lavoratore L.S., dipendente della Società Cooperative, non adeguatamente formato né istruito e attrezzato, lesioni personali da cui derivava l'amputazione del piede destro; il serbatoio, proprio mentre L.S. si accingeva ad entrarvi, al fine di procedere all'eliminazione di alcuni difetti di saldatura, si ribaltava a causa dell'erronea installazione e del non adeguato posizionamento, così da tranciare con la flangia il piede destro del lavoratore.
Si contesta aLL'imputato la condotta colposa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia e violazione delle norme di prevenzione, in particolare per non aver adeguatamente valutato il rischio connesso all'attività specifica e aver elaborato un documento di valutazione dei rischi (di seguito DUVRI) non adeguato, non avendo rappresentato le informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro (in particolare la stabilizzazione della cisterna del peso di 6 tonnellate e le modalità di utilizzo dei viratori Rotamatic ST. 30) e non idoneo alla tipologia delle attività svolta e ai rischi connessi.
1.2. L'infortunio, secondo la ricostruzione della Corte territoriale, che riporta le risultanze dibattimentali del giudizio di primo grado, avveniva con le seguenti modalità.
L'operaio L.S., dipendente della Società Cooperativa che aveva stipulato con la ARTES un contratto di appalto per la realizzazione di alcune fasi di lavorazione del sistema di filtraggio delle acque (pulizia, saldature, preparazione alla verniciatura), la mattina del 21.06.2011 doveva svolgere un'attività di saldatura nella cisterna; mentre stava entrando attraverso un grosso foro collocato nella parte bassa, il serbatoio, poiché non era stato adeguatamente stabilizzato, a causa del peso del corpo si inclinava di lato e cadeva proprio sul piede dell'uomo, provocandogli le lesioni da cui è derivata l'amputazione totale dell'arto inferiore destro.
1.3. I Giudici del merito ritenevano accertata la colpa specifica dell'imputato che,nella sua qualità, aveva omesso di prevedere e valutare nel DUVRI il rischio specifico, connesso con il posizionamento e la stabilizzazione dei serbatoi, del peso di 6 tonnellate ciascuno, oggetto di lavorazione sui viratori Rotamatic ST 30. La Corte territoriale argomentava, infatti, che solo successivamente all'incidente furono eseguite le prescrizioni e inserite le istruzioni di utilizzo e sicurezza per le attrezzature di lavoro, manufatti, impianti con diametro maggiore della lunghezza, prevedendo che laddove non fosse stato possibile equidistanziare i viratori si sarebbe dovuto procedere con il posizionamento del castelletto di ancoraggio (fol. 7) nonché informare e formare adeguatamente gli operai circa i rischi connessi all'operazione che doveva essere effettuata con la stabilizzazione del serbatoio mediante l'installazione di un trabattello, destinato ad equilibrare il carico. Dette condotte omissive erano state causa dell'evento che non si sarebbe verificato ove la cisterna fosse stata adeguatamente stabilizzata (fol. 9).
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il P.P. a mezzo dei suoi difensori deducendo i seguenti motivi:
1) violazione di legge, nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione anche per travisamento della prova in relazione alla ritenuta inosservanza da parte dell'imputato, quale datore di lavoro, degli obblighi di formazione e informazione del lavoratore L.S. e del preposto F. in merito ai rischi riguardanti la stabilizzazione della cisterna.
Il ricorrente lamenta che i risultati dell'istruzione probatoria, in particolare le prove testimoniali di cui riporta alcuni passi (testi N., C., F., C., D'A., P.), del tutto ignorati o travisati, danno conto del fatto che la stabilizzazione della cisterna era un metodo ampiamente utilizzato nello svolgimento della mansione cui era addetto il L.S. e che proprio quest'ultimo doveva mettere in sicurezza e ancorare la cisterna con il trabattello primo di entrare all'interno; i corsi di formazione, che si tenevano un paio di volte l'anno, e ai quali partecipavano tutti i lavoratori, anche quelli delle ditte esterne, prevedevano la preventiva stabilizzazione del manufatto attraverso i castelletti; e ciò risulta documentato dalla istruzione del 11.04.2001 ritenuta immotivatamente di dubbia attendibilità, quanto alla data, da entrambi i giudici.
Il comportamento del L.S., in quanto ha concretizzato l'inosservanza di specifiche norme infortunistiche, ha determinato la interruzione del nesso causale trattandosi di comportamento del tutto anomalo rispetto al processo di lavorazione.
2) Violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla omessa sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria e ciò in considerazione del fatto che l'unico precedente risale al 1996, per il delitto di cui all'art. 590 cod. pen., per il quale il P.P. ha patteggiato una multa di 400.000 lire, senza sospensione condizionale della pena; la Corte territoriale ha, dunque, errato nella valutazione affermando che invece ha beneficiato della sospensione condizionale della pena.
3. Il ricorso è ammissibile quantomeno con riferimento al secondo motivo di ricorso.
Sussistono, pertanto, i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare l'intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, essendo spirato il 5 aprile 2019 successivamente alla sentenza impugnata, pronunciata in data 22 02 2019, il relativo termine massimo di prescrizione pari ad anni sette e mesi sei, ivi compreso l'aumento per interruzione, cui vanno ad aggiungersi 105 giorni relativi al periodo di sospensione dal 9 novembre 2018 al 22.02.2019. Si osserva, infine, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., non potendosi constatare con evidenza dagli atti l'insussistenza del fatto-reato.
4. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reati estinto per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 12.02.2020

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Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 5975 Anno 2020.pdf
 
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R.D.L 23 marzo 1933 n. 264

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Cassa nazionale di assicurazione per gli infortuni sul lavoro

R.D.L 23 marzo 1933, n. 264

Unificazione degli istituti per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni degli operai sul lavoro. 

(GU n.86 del 12-4-1933) 
_____

Art. 1.
A decorrere dal 1° luglio 1933, l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni degli operai sul lavoro ai sensi della legge (testo unico) 31 gennaio 1904, n. 51, e successive modificazioni, e' esercitata esclusivamente dalla Cassa nazionale di assicurazione per gli infortuni sul lavoro, la quale assume la denominazione di «Istituto nazionale fascista per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro», salvo quanto dispone l'art. 4 del presente decreto e ferme restando le eccezioni stabilite dal 1° comma dell'art. 18 della legge predetta, modificato con il R. decreto-legge 5 dicembre 1926, n. 2051.

Con Regio decreto, su proposta del Capo del Governo, Primo Ministro Segretario di Stato, e del Ministro per le corporazioni sarà stabilito l'ordinamento dell'Istituto nazionale predetto; con detto ordinamento saranno istituite sezioni su base mutua per la gestione dell'assicurazione di quelle categorie di industrie che saranno determinate con decreto del Ministro per le corporazioni.

A dette sezioni si applicano le disposizioni del sesto comma dell'art. 19 della legge predetta, modificato con il R. decreto-legge 5 dicembre 1926, n. 2051.

Convertito in Legge 22 giugno 1933 n. 860 (G.U. n. 171 del 25-07-1933).

Collegati

R.D 25 ottobre 1938 n. 2176

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ENPI

R.D 25 ottobre 1938 n. 2176

Riconoscimento giuridico ed approvazione dello statuto dell'Ente Nazionale di Propaganda per la Prevenzione Infortuni (E.N.P.I.). 

(GU n.42 del 20-2-1939)
______

Art. 1.
E concesso il riconoscimento giuridico a norma ed agli effetti della legge 3 aprile 1926, n. 563, e del relativo regolamento 1° luglio 1926, n. 1130, all'Ente Nazionale di Propaganda per la Prevenzione Infortuni (E.N.P.I.) e ne è approvato lo statuto secondo il testo annesso al presente decreto e firmato, d'ordine Nostro, dal Ministro proponente.
....

Provvedimento abrogato dal D.P.R. 13 dicembre 2010 n. 248 "Stralcialeggi"

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Testo nativo 1938
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23° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche

ID 10171 | | Visite: 5034 | Decreti Sicurezza lavoro

23° Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche 

14 febbraio 2020

Elenco dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche

Pubblicato il Decreto Direttoriale n. 6 del 14 Febbraio 2020

Con il Decreto direttoriale n. 6 del 14 Febbraio 2020, è stato adottato il ventitreesimo elenco, di cui al punto 3.7 dell'Allegato III del d.i. 11 aprile 2011, dei soggetti abilitati per l'effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro ai sensi dell'art. 71, comma 11, del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.

Il suddetto decreto è composto da sette articoli:

- Articolo 1 Rinnovo delle iscrizioni nell'elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 2 Variazione delle abilitazioni
- Articolo 3 Iscrizione nell'elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 4 Proroga delle iscrizioni nell'elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 5 Cancellazione dall'elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 6 Elenco dei soggetti abilitati
- Articolo 7 Obblighi dei soggetti abilitati.

 Fonte: MPLS

Tutti gli elenchi pubblicati

D.M. 11 aprile 2011 Verifica impianti e attrezzature

Consulta il database dei Soggetti abilitati 

Collegati:

Linee di indirizzo lavori in ambienti confinati | CNI 2020

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Linee di indirizzo ambienti confinati 2020

Linee di indirizzo lavori in ambienti confinati | CNI 2020

Linee di indirizzo per la gestione dei rischi derivanti dai lavori in ambienti confinati o a rischio di inquinamento (gennaio 2020)

Documento approvato dal CNI nel corso della seduta del 29/01/2020

Il tema degli ambienti confinati non trova ad oggi una sua collocazione esplicita all'interno del corpus del Testo unico sicurezza (Dlgs. 81/08), né con un Titolo specifico né nell'ambito degli Allegati dello stesso.

L’emanazione del D.P.R. 14 settembre 2011, n.177, “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti” ha peraltro generato fin da subito problemi applicativi ed interpretativi, ad oggi non ancora risolti, introducendo tra l’altro criteri vincolanti di qualificazione che si inseriscono però in un sistema nazionale generale di qualifica fortemente differenziato tra settore pubblico e privato.

Anche la recente giurisprudenza legata ai casi di infortunio in ambiente confinato soffre della mancanza di una trattazione più estesa del tema nella norma generale, nonché della mancata definizione chiara e univoca di ambiente confinato.

Preso atto del quadro normativo e giurisprudenziale attuale si è ritenuto pertanto utile redigere un “documento di indirizzo”, destinato in particolare ai colleghi RSPP/ASPP, CSP/CSE ed ai professionisti del settore, ma sicuramente utile anche per i Datori di lavoro Committenti, per le Imprese e per tutte le figure coinvolte.

Il presente documento non vuole essere né una raccolta né una proposta normativa, né una di sintesi di precedenti lavori ma, allargando il punto di vista anche all'ambito internazionale e superando alcuni limiti evidenti della regolamentazione attuale, vuole offrire orientamenti e strumenti operativi efficaci per la progettazione e la esecuzione in sicurezza delle attivitàì all’interno degli ambienti confinati.

La valutazione dei rischi presenti nei luoghi di lavoro che sono classificabili ambienti confinati o a rischio di inquinamento nella presente linea di indirizzo non viene trattata in maniera approfondita in quanto le modalità con cui effettuarla sono molto diverse in funzione dell’attività svolta e degli aspetti geometrici e ambientali dello stesso luogo di lavoro. Nel documento è tuttavia presente una parte che evidenzia gli aspetti della valutazione che sono a carico sia dei datori di lavoro committenti che dei datori di lavoro delle imprese appaltatrici/esecutrici.

Un particolare approfondimento è stato dedicato alle seguenti tematiche, sulle quali vertono i principali quesiti da parte dei potenziali utenti del presente documento.

Applicazione del DPR 177/2011 alle attività gestite con risorse aziendali interne

Nonostante una corrente di pensiero, basata sulla considerazione che il D.P.R. 14 settembre 2011, n.177 sia espressamente reso in adempimento delle previsioni di cui all’art. 6, comma 8, lett. g), D.Lgs. 81/2008 e quindi in tema di affidamento di attività a terzi, alcuni ritengono che tale norma non sia applicabile ove le attività in ambienti confinati o sospetti di inquinamento siano svolte da risorse interne. Le presenti Linee di indirizzo evidenziano al contrario che la struttura del provvedimento e soprattutto quanto indicato nella lettera di accompagnamento alla presentazione del D.P.R. stesso redatta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, comprendono espressamente anche le lavorazioni effettuate con risorse aziendali interne in ambienti confinati o a rischio inquinamento tra le attività oggetto della norma citata.

Riconoscimento di un ambiente confinato

Partendo dalla definizione quanto più condivisa di ambiente confinato è stato eseguito uno screening delle metodologie e degli strumenti (ad es. check list, algoritmi/SW, App, altro) attualmente a disposizione degli RSPP/consulenti per il riconoscimento di un ambiente confinato e per la relativa valutazione del rischio, individuando anche nuovi possibili sviluppi utili.

Ruolo del DDL Committente, del Rappresentante del Datore di Lavoro Committente (RDLC) e verifica dell’idoneità tecnico professionale (VITP) in relazione al DPR 177/11.

Sono state affrontate le problematiche inerenti all’attività di VITP in carico al DDL Committente nei contesti di applicazione dell’art.26 e/o del Titolo IV del D.Lgs. 81/08, in relazione anche ai requisiti esperienziali specifici richiesti dal D.P.R. 14 settembre 2011, n.177.

È stato inoltre approfondito un focus specifico su ruolo/requisiti/responsabilità del RDLC, analizzando anche le possibili interazioni in fase esecutiva tra le figure potenzialmente presenti nominate dal DDL Committente quali l’RDLC, il Responsabile Lavori (RL) e il Coordinatore per la Sicurezza (CS).

Medico Competente e DPR 177/11

Si è rilevato come, nonostante gli elevati livelli di rischio per la salute, allo stato attuale manchi un profilo specifico di sorveglianza sanitaria sia per i lavoratori che per i soccorritori di questi particolari ambienti di lavoro, lasciando al singolo Medico Competente la valutazione. Si sono pertanto approfonditi, sulla base degli studi recenti, i criteri utili a definire l’idoneità alla mansione ed il protocollo degli accertamenti sanitari preventivi e periodici necessari.

Si è inoltre analizzato il tema della collaborazione del Medico Competente nella valutazione dei rischi, nella redazione delle procedure operative (definizione delle condizioni limite di lavoro, tempi di pausa/lavoro, gestione dei tempi di recupero, ecc.) e di gestione dell’emergenza (procedura di soccorso, livello di preparazione dei soccorritori, ecc.) per quanto attiene le attività da eseguire negli ambienti di cui al D.P.R. 14 settembre 2011, n.177.

Gestione delle emergenze e salvataggio in ambiente confinato

Il D.P.R. 14 settembre 2011, n.177 prevede siano adottate ed efficacemente attuate specifiche procedure per operare in ambiente confinato. Si è rilevato come tali procedure siano limitate all'operatività ovvero alla riduzione del rischio durante l'accesso, la lavorazione e l'uscita dall'ambiente confinato, mentre la pianificazione e la gestione degli scenari di emergenza ipotizzabili fanno spesso riferimento alle sole modalità e mezzi di accesso/uscita ordinari, o alla mera fase di allarme dei soccorsi esterni, peraltro senza che siano stati preventivamente organizzati i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti.

Si sono pertanto definire le modalità di progettazione ed i contenuti minimi del "Piano di emergenza in ambiente confinato" quale parte integrante delle procedure di lavoro, con particolare riferimento alla fase di allarme ed alla fase di recupero, e all'interazione soccorso interno aziendale ed interaziendale/soccorsi esterni.

Regolamentazione della Formazione ed addestramento in ambito ambienti confinati

La normativa e le indicazioni operative in materia non regolamentano durata, contenuti e qualificazione dei docenti dei corsi di formazione ed addestramento di tutti i soggetti operanti in ambiente confinato: la totale discrezionalità con cui attualmente viene affrontato il tema dal mercato della formazione/addestramento richiede sicuramente una presa di posizione e la produzione di indicazioni in merito utili per professionisti e non, che ricoprono il ruolo di RSPP, CSP/CSE o anche lo stesso ruolo di

Rappresentante del DDL Committente (RDLC).

Si è generata pertanto una proposta di requisiti minimi in termini di programma e contenuti, e di qualificazione dei docenti (là dove ritenuto non applicabile il D.I. 06/03/2013), per la progettazione e l'erogazione di formazione e addestramento di tutti i soggetti operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, in particolare per lavoratori, preposti e RDLC.
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Sommario
1. Premessa
Applicazione del DPR 177/2011 alle attività gestite con risorse aziendali interne
Riconoscimento di un ambiente confinato
Ruolo del DDL Committente, del Rappresentante del Datore di Lavoro Committente (RDLC) e verifica dell’idoneità tecnico professionale (VITP) in relazione al DPR 177/11
Medico Competente e DPR 177/11
Gestione delle emergenze e salvataggio in ambiente confinato
Regolamentazione della Formazione ed addestramento in ambito ambienti confinati
1.1 Destinatari
Datore di Lavoro Committente
Rappresentante del Datore di Lavoro Committente (RDLC)
Addetto del servizio di prevenzione e protezione (ASPP)
Coordinatore della sicurezza nei cantieri (CSP/CSE)
1.2. Applicazione del DPR 177/2011 alle attività gestite con risorse aziendali interne
2. Definizione di ambiente confinato
Valutazione dei rischi
3. Informazione, formazione ed addestramento
Inquadramento normativo e riferimenti utili
Indirizzi per la progettazione ed erogazione dei percorsi di informazione, formazione ed addestramento in ambito AC
Organizzazione e metodologia
Requisiti dei docenti
Formazione del Rappresentante del Datore di lavoro committente (RDLC ex D.P.R. 177/2011)
Aggiornamento periodico di formazione ed addestramento previsti dal D.P.R. 177/2011
Informazioni dettagliate su caratteristiche luoghi e rischi esistenti
4. Requisiti previsti dal D.P.R.177/2011
5. Gestione delle emergenze
Procedura di emergenza
Il soccorso medico specializzato
Formazione degli Addetti alle Emergenze
6. La figura del medico competente
Obbligo del sopralluogo
Protocollo sanitario/idoneità sanitaria
Verifica dell’assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti, alcool dipendenza
Idoneità all’utilizzo dei DPI respiratori filtranti
Redazione delle procedure operative
Procedure di gestione dell’emergenza
Procedure di assistenza
ALLEGATI
1- Presentazione della APP “Confined Space App”
2- Documenti e guide esempi di contenuti dell’informazione, formazione e addestramento
3- Flow-chart: guida nella scelta di una procedura per la gestione dell’emergenza
4- Linee Guida, norme internazionali e documenti disponibili per approfondimenti sul tema
5- Notifica di svolgimento di attività in ambiente confinato
6- Esempio di Modello Designazione RDLC

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Fonte: CNI

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 5541 | 12 Febbraio 2020

ID 10138 | | Visite: 3495 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 12 febbraio 2020 n. 5541

Collasso strutturale della gru nella raffineria. Difetto di fabbricazione del macchinario

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che "Qualora un infortunio sia dipeso dalla utilizzazione di macchine od impianti non conformi alle norme antinfortunistiche, la responsabilità dell'imprenditore che li ha messi in funzione senza ovviare alla non rispondenza alla normativa suddetta non fa venir meno la responsabilità di chi ha costruito, installato, venduto o ceduto gli impianti o i macchinari stessi".

In applicazione di detto principio numerose successive pronunce di questa Corte hanno ribadito che il costruttore riveste una posizione di garanzia in relazione ai difetti strutturali dei macchinari messi in commercio, rispondendo per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili alla fornitura di tali macchinari, a meno che non si provi che l'utilizzatore abbia compiuto sulla macchina trasformazioni di natura e di entità tale da poter essere considerate causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento. Se ciò non si verifica - come avvenuto nel caso in esame - si ha una permanenza della posizione di garanzia del costruttore che non esclude il nesso di condizionamento con l'evento (così Sez. 4, n. 1216 dei 26/10/2005, dep. 13/01/2006, Rv. 233174 - 01)

Anche il lamentato uso improprio del macchinario, messo in rilievo dalla difesa nella parte in cui rileva l'avvenuto sovraccarico del cestello, non può dare luogo ad un esonero di responsabilità ove non si dimostri che tale uso improprio sia stato da solo causa sufficiente a determinare l'evento.

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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5541 Anno 2020
Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: BRUNO MARIAROSARIA
Data Udienza: 08/11/2019

Ritenuto in fatto

1. La Corte di appello di Roma, con sentenza emessa in data 25/6/2015, in parziale riforma della pronuncia resa dal Tribunale dì Roma in data 20/3/2013, ha dichiarato estinti per prescrizione i reati ascritti a S.G.; ha confermato l'affermazione di responsabilità nei confronti degli imputati B.L. e F.M., riducendo la pena ai predetti inflitta in quella di mesi dieci di reclusione ciascuno; ha confermato la condanna degli imputati al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili costituite ed al pagamento di una provvisionale, immediatamente esecutiva, stabilita nella misura di euro 35.000,00.
Gli imputati erano ritenuti responsabili del delitto di omicidio colposo e di lesioni colpose in danno di T.M. e di D.E., in seguito ad un infortunio sul lavoro occorso ai predetti in data 27/11/2007, in Roma, presso gli stabilimenti della "Raffineria di Roma S.p.A.".
I fatti possono essere così riassunti.
I tecnici T.M. e D.E., dipendenti della "Eco Control S.r.l." erano stati incaricati di effettuare un campionamento dei fumi dei camini della "Raffineria di Roma S.p.A.". In data 27/11/2007, per procedere alla suddetta verifica, si erano posizionati all'interno di un cestello che era sollevato dal braccio meccanico di una gru collocata su un autocarro, di proprietà della Soc. "Romedil". Nel momento della elevazione il braccio telescopico si era spezzato con conseguente caduta degli occupanti. A causa della caduta al suolo, il T.M. era deceduto subito dopo il trasporto in ospedale, il D.E. aveva riportato lesioni gravissime poiché era riuscito ad aggrapparsi al cestello. Sulla base delle testimonianze raccolte e degli accertamenti tecnici effettuati attraverso le diverse consulenze acquisite agli atti, il Tribunale e la Corte di appello, nelle due sentenze conformi, ritenevano che la causa del sinistro fosse da attribuirsi ad un "collasso strutturale" della gru, modello JIB42N, fabbricata dalla Soc. Italmec.
Secondo quanto era stato accertato dall'Ing. Rodolfo F., le cui conclusioni sono state condivise dai Giudici di merito, il braccio aveva ceduto nel punto in cui era stata saldata una "staffa" per il sostegno della canaletta su cui venivano appoggiate le tubazioni idrauliche e gli impianti elettrici che raggiungevano il cestello per consentirne la movimentazione.
Osservavano i Giudici che tale saldatura, peraltro erroneamente eseguita, non era stata prevista nel progetto originario del macchinario. Essa aveva comportato una modifica nella realizzazione del macchinario a cui non era seguita alcuna comunicazione all'Ente notificato, come previsto nella "Direttiva Macchine".
Sulla base di tali elementi i Giudici di merito pervenivano all'affermazione di reponsabilità nei confronti degli odierni imputati, avvicendatisi nella qualità di legali rappresentanti della società costruttice "Italmec", successivamente incorporata dalla soc. "Heila Gru s.r.l." .
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, che hanno dedotto le censure di cui appresso si dirà.
2.1 Per B.L. e F.M. il comune difensore, con separati atti di ricorso, lamenta quanto segue.
Inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 589, 590 cod. pen in relazione all'art. 40 cod. pen.
La Corte di merito avrebbe erroneamente confermato la responsabilità dei ricorrenti, trascurando di considerare una serie di significative circostanze emerse nel corso della istruttoria dibattimentale ed esaminando in maniera illogica ed approssimativa il materiale probatorio acquisito al processo. Non avrebbe considerato che la macchina era stata costruita nell'anno 2001 e consegnata al primo proprietario nel maggio 2001. Essa era stata venduta dalla Italmec alla società di noleggio "All Service S.r.l." e da questa venduta alla "Romedil", senza mai rientrare nella disponibilità della casa costruttrice.
Al momento del sinistro, avvenuto nel novembre dell'anno 2007, la macchina aveva operato per oltre sei anni al di fuori di ogni controllo del fabbricante e senza il rispetto delle regole di manutenzione imposte dal costruttore. In proposito, evidenzia la difesa, risulta dall'esame del teste S.S. e dalla consultazione del "libretto manutenzioni" che la macchina non era stata sottoposta ai dovuti controlli durante questo lungo periodo di tempo. I diversi noleggiatori, succedutisi nel possesso della macchina, avevano omesso sistematicamente di sottoporla alle dovute verifiche di manutenzione presso una delle officine autorizzate dal fabbricante.
La compiuta istruttoria aveva accertato che il macchinario era stato alterato dalla Romedil, che aveva scollegato il sistema di sicurezza che impediva il funzionamento del macchinario quando il cestello raggiungeva il peso limite.
Il macchinario, nell'anno 2007, era diverso da quello che era stato posto in circolazione da Italmec nell'anno 2001. La Romedil aveva in tal modo violato gli accordi contrattuali previsti con il costruttore, in base ai quali l'utilizzatore si impegnava a rispettare determinati limiti di impiego e ad effettuare periodiche manutenzioni.
E' provato, in base a quanto riferito dal teste S.S. all'udienza del 21/12/12, che, al momento della immissione in circolazione da parte del fabbricante, la macchina era accompagnata dal manuale d'uso e manutenzione contenente specifiche prescrizioni In materia di revisione e manutenzione. Nel novembre 2007, al momento del sinistro, il contatore della- macchina segnalava 5755 ore lavoro. Pertanto, secondo la regola, la macchina avrebbe dovuto essere sottoposta a decine di tagliandi, mai effettuati nella pratica. Invero, di fatto, sul libretto di manutenzione (allegato in atti) non risultava annotato alcun intervento.
2.2 All'atto della immissione in circolazione da parte del fabbricante, il macchinario era dotato di un impianto elettronico di controllo del carico perfettamente funzionante. Inoltre il vano di alloggio dell'impianto elettronico di controllo era chiuso. Al momento del sinistro, secondo quanto è stato verificato in seguito agli accertamenti tecnici compiuti, il vano di alloggio dell'impianto elettronico di controllo era aperto e risultava manomesso (i collegamenti erano in posizione di corto circuito come riferito dal teste F. all'udienza del 21/12/12).
2.3 Si rinviene, in atti, documentazione attestante interventi di manuntenzione eseguiti sul macchinario presso un'autofficina non autorizzata. Inoltre il macchinario era dotato di un manuale d'uso (codice n.955.047) non aggiornato e superato dalla manualistica successiva.
Quindi, dopo 7 anni dalla vendita, in assenza di controlli intermedi presso officine autorizzate, il macchinario funzionava senza che l'operatore potesse conoscere le regole aggiornate di uso della macchina. Se la gru fosse stata revisionata, come prescritto dal costruttore nel corso dei normali cicli di verifica, il costruttore avrebbe potuto intercettare la macchina pericolosa.
2.4 La gru era dotata all'origine di un dispositivo di controllo del carico che bloccava il suo funzionamento quando era superato il limite previsto. Tale dispositivo, al momento degli accertamenti, risultava manomesso. Sulla base di tale circostanza, si deve ritenere che la macchina abbia lavorato stabilmente con il dispositivo di sicurezza disattivato. Si deve altresì ritenere che, al momento dell'incidente, fosse soggetta ad un utilizzo anomalo, contrario alle regole d'uso stabilite dal fabbricante. Si è dunque accertato che, al momento del sinistro, la macchina era sottoposta ad un utilizzo anomalo, non consentito dalle norme di uso imposte dal fabbricante. Con il dispositivo funzionante, il braccio non sì sarebbe sollevato e, pertanto, l'incidente non avrebbe avuto luogo. 
2.5 Errata sarebbe la conclusione a cui giungono i Giudici di merito, secondo la quale il sinistro sarebbe conseguenza di un collasso strutturale del braccio meccanico, verificatosi in prossimità del punto di saldatura della "staffa", come stabilto dalla perizia F..
La perizia e la sentenza ometterebbero di considerare in maniera appropriata le cause della rottura, l'incidenza su di essa dell'accertato sovraccarico, i tempi di propagazione della frattura.
La difesa aveva allegato agli atti del processo la perizia V.. Il Prof. V., cattedratico dell'Università di Bologna ed esperto in metallotecnica, aveva certificato che il braccio della macchina era realizzato in metallo acciaio Weldox 700, materia prima adeguata all'uso e metallo normalmente saldabile. Il Prof. V. all'esito di un procedimento di calcolo tecnico matematico, ha accertato che la frattura del braccio si è verificata solamente molti anni dopo l'esecuzione della saldatura della staffa e dopo molte ore (migliaia) di lavoro. Il perito ha accertato inoltre che la frattura iniziale doveva essere stata provocata da cause esterne, come un urto. Il fatto essenziale, provato documentalmente nel corso del processo e non considerato dai Giudici, è che nel maggio 2007 (vedasi perizia F. pagina 117) la macchina era stata verificata da una officina non autorizzata - la Lift Service srl di Fonte Nuova (Roma) - e dall'Ente pubblico di controllo ARPA, senza che venissero individuati segni dì tale cedimento strutturale. Lo stesso Perito F. scrive che, nel maggio 2007 - quindi sei mesi prima del sinistro - sulla struttura del braccio non si erano manifestate cricche o lesioni evidenti
2.6 E’ stato versato in atti l'elaborato di parte del perito Ing. M. Antonio (esperto di dinamica e meccanica applicata) che ha anche deposto in dibattimento.
L'utilizzo della macchina di sollevamento in condizioni di sistematico sovraccarico (consapevole o inconsapevole) comporterebbe un affaticamento della macchina e ridurrebbe il numero dei cicli sopportabili dai componenti di primo assemblaggio. Nel caso in esame vi sarebbe una prova documentale (fattura di intervento di manutenzione del maggio 2007 da parte di Lift Service srl) che attesta il fatto che nel maggio 2007 non si erano ancora verificate cricche o lesioni di sorta sul braccio della macchina. Da ciò si dovrebbe desumere che la frattura del braccio della macchina si è formata progressivamente, in seguito ad un probabile urto avvenuto dopo il maggio 2007, propagatosi per effetto delle sollecitazioni subite dal macchinario, dovute a cicli di lavoro forzato con sovraccarico del cestello. Il sovraccarico della navicella -prassi illegittima di uso della macchina attuata mediante by pass del sistema di controllo del carico - sarebbe l'elemento scatenante del collasso del braccio. Se fosse stato in funzione il dispositivo di controllo di carico, il braccio non si sarebbe nemmeno alzato giacchè (si veda perizia F.) vi erano a bordo più di 200 kg., limite massimo consentito.
2.7 La Corte di merito non prende in esame l'accelerazione subita dalla frattura in relazione agli sforzi di utilizzo del macchinario.
La perizia del tecnico di parte M. Antonio analizza precisamente (con modello matematico) sia la questione dei tempi di propagazione della fessura, sia la questione del rapporto tra i tempi di propagazione e le condizioni di utilizzo della macchina. Tali questioni non sono state approfondite dal perito F.. Invero, a pagina 102 dell'elaborato, il perito sorvola sull'argomento ed ammette, durante l'udienza del 24/5/10, in sede di incidente probatorio, di non avere esaminato la questione.
2.8 Errano i Giudici di merito nel ritenere che vi sia stata una rottura istantanea del braccio.
La sentenza si contraddice quando ammette che, ancora nel maggio 2007, la macchina aveva superato positivamente i controlli dei tecnici ARPA.
Dal modello matematico presente nella perizia M. risulta che a determinare la propagazione della fessura sarebbero state necessarie 4,28 settimane di lavoro continuo della macchina (senza tempi morti). La macchina in uso alla Romedil srl, come si evince dalla deposizione del teste Fr., non era in funzione il sabato e la domenica, inoltre essa veniva utilizzata dalla Romedil alternandola con altra macchina (come riferito dal teste Fr. Stefano all'udienza del 4/7/12). Il perito M. Antonio, basandosi sulle fotografie allegate dal perito F. (vedasi foto n. 3 perizia F.), esamina e studia anche il problema della "visibilità della frattura". Il collasso immediato della sezione di braccio snodabile presupponeva che dopo l'iniziale innesco, la lesione si fosse già estesa all'intera lunghezza del braccio sino a provocarne il troncamento. Tale fenomeno avrebbe dovuto essere visibile già ad occhio nudo.
La sentenza erra clamorosamente laddove considera che la "portata massima consentita" sia un concetto suscettìbile di tolleranza. La portata massima, indicata dal costruttore sulla base di specifiche prove tecniche eseguite, non ammetteva margini di tolleranza.
Tali considerazioni avrebbero dovuto indurre la Corte di merito a ritenere che nel maggio 2007 (all'epoca della verifica effettuata del manutentore Lift Service) nessuna frattura si era prodotta sul braccio meccanico. La frattura venne provocata da un probabile urto in fase di uso, in epoca successiva al maggio 2007 e sì propagò rapidamente - anche a causa dell'uso eccessivo da parte della Romedil - con conseguente cedimento nel novembre 2007. Il giudice di prime cure omette poi di considerare che, in ragione di un'attenta opera di manutenzione ed ispezione periodica della macchina, si sarebbe potuto individuare l'esistenza della frattura anche a occhio nudo: il sinistro poteva essere evitato con l'ispezione periodica almeno settimanale. Sul punto giova soffemarsi anche sulla deposizione del testimone Fr. Stefano (escusso all'udienza del 4/7/12, pag. 52 della verbalizzazione) il quale afferma di avere eseguito la manutenzione sulla macchina alcuni giorni prima dell'incidente (il sabato precedente), ingrassando tutto il braccio con il pennello, senza rilevare alcuna frattura. La Corte di merito, ancora una volta, non si avvede di tale particolare che costituisce un sicuro elemento a favore della difesa.
3. Erronea applicazione dell'art. 113 cod. pen.
Per la difesa non sarebbe ipotizzabile la cooperazione colposa tra i diversi imputati. La sentenza mostra sul punto un grave difetto di motivazione. Il B.L. ed il F.M. non erano al corrente del comportamento del S.G.. La modifica apportata sul macchinario fu una conseguenza della iniziativa del S.G., che era il coordinatore dell'attività di fabbricazione.
Il certificato CE di collaudo del macchinario venne rilasciato dall'Ente all'Italcert in data 31/1/2001 allorquando era legale rappresentante il S.G..
Il sinistro verificatosi ad Arezzo nell'anno 2006 (e non come scritto in sentenza nel 2005) non poteva in nessun caso costituire un precedente significativo, poiché le condizioni di uso e manutenzione di quel macchinario e le condizioni del sinistro erano del tutto particolari e specifiche. Nell'incidente di Arezzo era coinvolta una macchina di tipo diverso rispetto a quella rimasta coinvolta nell'incidente per cui è causa, come risulta dalla deposizione dei testi S.S. e M. Antonio. Non potrebbe quindi dedursi alcun profilo di responsabilità e consapevolezza in capo al fabbricante, anche perchè - per fatto imputabile alla stessa Romedil srl - il fabbricante non era a conoscenza della posizione del macchinario.
4. Disapplicazione dell'art. 41, comma 2, cod. pen.
Il giudizio non avrebbe accertato la condotta colposa ascritta ai ricorrenti e, soprattutto, non avrebbe accertato il nesso causale tra la condotta e l'evento.
Non avrebbe considerato a questo fine le circostanze idonee ad interrompere l'ipotizzato nesso causale: il cedimento si è verficato dopo oltre sei anni dalla consegna del macchinario alla prima società acquirente; nel maggio 2007 la macchina era stata cotrollata dalla Lift Service che non aveva rilevato anomalie; il teste F. aveva praticato la manutenzione il sabato precedente senza rilevare alcuna frattura; la rottura del braccio meccanico fu un fatto improvviso non riconducibile alla saldatura; era stata accertata una sistematica violazione delle norme di utilizzo del macchinario con disapplicazione del sistema di controllo del peso. 
Si tratta di cause indipendenti sopravvenute, poste ai di fuori del raggio di azione e controllo del fabbricante.
5. Erronea applicazione dell'art. 133 cod. pen. in riferimento agli artt. 2056 e 1227 cod. civile.
La sentenza non avrebbe ponderato l'esistenza di concause e fatti causali indipendenti. Il processo ha accertato che la macchina veniva adoperata senza l'impiego dei prescritti dispositivi di sicurezza.
Nel verbale AUSL del 29/11/07 è attestata la circostanza che i due operatori coinvolti al momento del sinistro non indossavano le cinture di sicurezza predisposte sulla navetta. Inoltre risulta che i due operatori indossavano i caschi slacciati (circostanza ammessa anche dai testi D.E. e Fr. verbale d’udienza 4/7/12). Se i due operatori avessero utilizzato correttamente i caschi e le cinture disponibili, le conseguenze del sinistro sarebbero state ben diverse. L’utilizzo delle cinture avrebbe evitato ad uno degli operatori di precipitare (il corpo di T.M. fu proiettato in avanti venendo espulso dalla navicella durante la rotazione del braccio in caduta). Allo stesso modo il corretto utilizzo del casco avrebbe evitato o limitato le conseguenze del sinistro.
La Corte di appello avrebbe omesso di considerare la posizione di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nella vicenda omettendo di verificare le specifiche relazioni contrattuali che li legavano. Il sinistro si è verificato nell'ambito di un cantiere in cui operano diversi soggetti, ciascuno con specifiche competenze.
Investito delle questioni civili, a fronte del comportamento colposo delle stesse vittime (mancato uso delle cinture e dei caschi), la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare in altro modo i fatti e quantificare diversamente, in termini percentuali, i comportamenti colposi.
6. Con specifico riferimento alla posizione di F.M. la difesa lamenta che la motivazione offerta dalla Corte di merito sarebbe contraddittoria ed illogica: il processo avrebbe dimostrato la circostanza che, nel novembre 2007, appena ricevuta la notizia dell'evento verificatosi in Roma, venne incaricato un Ente di Certificazione ("Eco S.p.a." di Fidenza) a cui fu affidato il compito di verificare tutte le macchine poste in commercio dal 1997 al 2002.
7. S.G. impugna la sentenza ai soli effetti civili, articolando i seguenti motivi di ricorso.
7.1 Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al tema della ritenuta responsabilità del ricorrente per l'errore nella realizzazione della saldatura della mensola porta impianti del braccio elevatore collassato.
Nel motivo di appello la difesa aveva lamentato che il Tribunale aveva ascritto collettivamente a tutti gli imputati una serie di condotte ritenute contrarie a regole di prudenza e a regole cautelari, senza fare alcuna distinzione tra le varie posizioni. Nell'atto di appello si era evidenziato che il S.G. era stato legale rapp.te della Soc. Italmec fino al 31.3.2001 allorquando era subentrato il B.L.. La macchina era stata venduta il 31.5.2001, corredata da una dichiarazione di conformità sottoscritta dal B.L..
Sulla base di tali elementi doveva essere esclusa la responsabilità del S.G., poiché non emergevano dagli atti circostanze dalle quali era possibile desumere che fosse stato il S.G. ad ordinare la realizzazione della saldatura (eseguita male, lasciando sulla superficie pericolosi spruzzi di vernice e senza procedere al preriscaldamento dei materiali, determinando il formarsi della "cricca").
Ebbene, la Corte di merito pur avendo individuato la causa della rottura del braccio, ha omesso di offrire congrua motivazione in ordine alla individuazione del soggetto a cui era imputabile la condotta.
7.2 Inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione con riferimento all'affermata responsabilità dell'imputato per la progettazione e l'esecuzione della modifica apportata sul braccio elevatore del macchinario.
La compiuta istruttoria avrebbe consentito di accertare che non erano mai esistiti progetti e tavole riguardanti il braccio allestito con la canaletta. La situazione di pericolo venutasi a creare non sarebbe ascrivibile al S.G., ma al suo successore. Il fatto che durante il periodo di amministrazione del S.G. siano stati realizzati alcuni bracci dotati della canaletta non implica che tale soluzione sia stata replicata in tutte le successive macchine. Se così fosse stato, si sarebbero dovuti rinvenire i progetti che, tuttavia, non esistono.
7.3 Travisamento della prova con riferimento alla ritenuta esistenza di un progetto di costruzione del braccio elevatore dotato di canaletta.
7.4 Inosservanza di norme processuali e mancanza di motivazione con riferimento al tema della responsabilità concorrente delle vittime nella causazione dell'evento dannoso.
7.5 Mancanza di motivazione e travisamento della prova con riferimento al tema dell'uso dei caschi protettivi da parte dei lavoratori.
7.6 Mancanza di motivazione e travisamento della prova con riferimento al tema della colpa concorrente del proprietario della macchina collassata e del manovratore al momento del fatto.
7.7 Erronea applicazione della legge penale ed illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza della cooperazione colposa nel reato ex art. 113 cod. pen.
8. Le parti civili costituite, a mezzo dei rispettivi difensori, hanno depositato memorie nelle quali chiedono che i ricorsi siano rigettati o dichiarati inammissibili.

Considerato in diritto

1. Osserva preliminarmente la Corte come i reati ascritti al ricorrente B.L. siano estinti per intervenuta prescrizione.
E' necessario tuttavia effettuare talune precisazioni in proposito.
E' d'uopo rilevare che, prima dell'introduzione dell'art.1, comma 1, lett.c) del d.l. 23 maggio 2008, n.92, convertito nella l. 24 luglio 2008, n.125, la pena edittale massima prevista per il reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro era di anni cinque di reclusione.
Il raddoppio dei termini di prescrizione, ex art. 157, comma 6, cod. pen., è stato introdotto dall'art. 6 della I. 5 dicembre 2005, n.251 (cd. legge "Cirielli") in vigore dall'8/12/2005.
Per effetto del raddoppio, il termine massimo di prescrizione del suddetto reato, prima dell'innalzamento del limite edittale massimo della pena (portato ad anni sette dal citato d.l. 92/2008) era, nella vigenza del nuovo regime di prescrizione, di anni 15 di reclusione.
Erra, pertanto, la Corte territoriale nell'affermare che il raddoppio del termine di prescrizione è "conseguente alle modifiche introdotte con il D.L. n. 92/2008". Il richiamo al d.l. 92/2008 è inconferente poiché la previsione del raddoppio della prescrizione è stata introdotta con I. 251/2005.
Sebbene i fatti risalgano al 27.11.2007, epoca in cui si è verificato l'evento del decesso del T.M. e delle lesioni occorse al D.E., le condotte ascritte al B.L. risultano anteriori alla entrata in vigore della I. 251/2005, essendosi realizzate nel periodo compreso tra il 31/5/2001 - allorquando il B.L. assunse la qualifica di legale rapp.te della Soc. Italmenc ponendo in commercio il macchinario, accompagnato dalla inveritiera certificazione di conformità - ed il 21/10/2003 (data nella quale dismise la carica di legale rappresentate).
1.2 Ai fini della individuazione del regime di prescrizione da applicarsi in relazione alla posizione di B.L., occorre rilevare come questa Sezione abbia avuto modo di affermare che, ulteriore corollario del percorso argomentativo della pronuncia a Sezioni Unite Pittala, sebbene non espressamente declinato nella pronuncia, in quanto non compreso nell'oggetto del devolutum nella ordinanza di rimessione, debba essere ravvisato nella possibilità di estendere la regola enunciata nella predetta sentenza anche al regime della prescrizione, tenuto conto delle modifiche ad esso apportate dall'art. 6 L. 5.12.2005 n.251 [cfr. Sez. 4, n. 13582 del 23/01/2019, Rv. 275800 - 01, così massimata: "In tema di prescrizione, nel caso di condotta interamente posta in essere sotto il vigore di una legge penale più favorevole e di un evento intervenuto nella vigenza della legge più sfavorevole, trova applicazione la disciplina vigente al momento della cessazione della condotta. (Fattispecie in tema di omicidio colposo plurimo con inosservanza della normativa antinfortunistica In materia di amianto, in cui, essendo intervenuto il decesso delle persone offese nella vigenza della meno favorevole disciplina sulla prescrizione introdotta dalla legge 05 dicembre 2005, n. 251, la Corte ha ritenuto applicabile la normativa di cui al previgente art. art. 157 cod. pen.)"].
E' il caso di rammentare, per quanto di interesse in questa sede, che la sentenza delle Sezioni Unite Pittala era stata chiamata a pronunciarsi sul seguente quesito: "se, a fronte di una condotta interamente posta in essere sotto il vigore di una legge penale più favorevole e di un evento intervenuto nella vigenza di una legge penale più sfavorevole, debba trovare applicazione la legge vigente al momento della condotta ovvero quella vigente al momento dell'evento".
All'esito dell'articolata motivazione, le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio di diritto:"In tema di successione di leggi penali, nel caso in cui l'evento del reato intervenga nella vigenza di una legge penale più sfavorevole rispetto a quella in vigore al momento in cui è stata posta in essere la condotta, deve trovare applicazione la legge vigente al momento della condotta. (Nella specie la Corte ha annullato la sentenza di patteggiamento con cui era stata applicata la pena più severa introdotta dalla norma incriminatrice dell'omicidio stradale di cui all'art. 589-bis cod. pen., entrata in vigore medio tempore, prima della verificazione dell'evento lesivo)" (così Sez. U, n. 40986 del 19/07/2018, Rv. 273934 - 01).
In ordine alla ratio sottesa alla estensione al regime della prescrizione della regola di diritto appena enunciata, la pronuncia di questa Sezione ha osservato: "le ragioni di interpretazione sistematica e di consonanza con i principi costituzionali richiamati a conforto della conclusione assunta dalle sezioni unite nella sentenza Pittalà appaiono invero applicabili anche alla normativa penale che disciplina il tempo necessario a prescrivere. Se infatti il cittadino al momento della condotta deve avere la concreta conoscibilità del sistema ordinamentale, precettivo e sanzionatorio che consegue all'inosservanza della norma penale, in una prospettiva anche della funzione preventiva della pena, appare del tutto coerente con il sistema delineato dalle sezioni unite riconoscere preminente rilievo alla garanzia fornita al consociato di mettere in preventivo i costi e l’afflitti vita dell'illecito ricomprendendo in essa la previsione del tempo necessario a estinguere il reato in ragione dell'omesso o intempestivo esercizio dell'azione penale. Invero a sostegno della rilevanza sostanziale dell'istituto della prescrizione e della riconducibilità delle disposizioni sulla individuazione del termine necessario a prescrivere al principio di legalità, nelle sue varie declinazioni di tassatività e di non ultrattività della norma penale e di divieto di retroattività della norma penale più sfavorevole trovano fondamentali agganci nella giurisprudenza di legittimità, anche a sezioni unite e del giudice delle leggi" (cosi in motivazione la già citata Sez. 4, n. 13582 del 23/01/2019, Rv, 275800 - 01).
1.3 Tutto ciò premesso, in ossequio al condivisibile orientamento richiamato, devono ritenersi estinti per prescrizione i reati ascritti a B.L.. Come osservato in precedenza, al paragrafo 1 della parte in diritto, le condotte poste in essere dal ricorrente si collocano temporalmente nel periodo compreso tra il 31/5/2001 ed il 21/10/2003, ossia in epoca anteriore alla entrata in vigore del regime di prescrizione introdotto dalla I. 251/2005 illo tempore (vale a dire negli anni 2001- 2003) il delitto di omicidio colposo, commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, era punito con la pena massima di anni cinque di reclusione. Il termine di prescrizione massimo, in base ai previgenti artt. 157 e 160 cod. pen., era di anni 15 (anni 10 più la metà di anni 10).
In virtù del regime di prescrizione vigente prima della introduzione della cd. legge "Cirielli", per consolidato orientamento della Corte di legittimità, in tema di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche, la concessione delle attenuanti generiche, in rapporto di prevalenza sull'aggravante, influiva sulla determinazione del tempo necessario a prescrivere (cfr. ex multis Sez. 4, Sentenza n. 8879 del 11/05/1987, Rv. 176498 - 01: "In tema di prescrizione, quando il reato di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale o antinfortunistiche, sia attenuato da circostanze dichiarate prevalenti sull'aggravante, deve ritenersi sanzionato con una pena edittale massima inferiore a cinque anni di reclusione, determinandosi, così, il termine di prescrizione di cui all'art. 157, primo comma n. 4 cod. pen., prolungabile fino a sette anni e sei mesi a norma dell'art. 160 ult. cpv. stesso codice").
Nel caso in esame, il Giudice di primo grado ha concesso al B.L. le circostanze attenuanti generiche. Benché non lo abbia espressamente indicato, dal testo della sentenza, nella parte dedicata al trattamento sanzionatorio, si evince che ha applicato le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante (la pena è stata determinata nel modo seguente: pena base anni 1 mesi 9 di reclusione, ridotta per la concessione delle attenuanti generiche ad anni 1 mesi 2 di reclusione, aumentata ad anni 1 mesi 4 di reclusione per la continuazione tra i reati).
Sulla base di tali elementi deve ritenersi che il termine massimo di prescizione del reato di omicidio colposo ascritto al B.L. sia di anni 7 e mesi 6.
Facendo decorrere tale termine dalla data di consumazione del reato di omicidio colposo (27/11/07), ed aggiungendo il periodo di sospensione della prescrizione, pari a giorni 60, detto reato risulta estinto per prescrizione alla data del 27/7/2015. Ad analogo esito si perviene con riferimento al reato di lesioni colpose, il cui termine massimo di prescrizione è di anni 7 e mesi 6.
Per completezza argomentativa, si aggiunge che la previsione di cui all'ultimo comma di cui all'art. 589 cod. pen., riguardante l'ipotesi della morte di più persone e della morte e lesioni di più persone derivanti da un'unica condotta, non è suscettibile di incidere sul regime di prescrizione poiché, secondo consolidato orientamento della Corte di legittimità, ciascun reato conserva la propria individualità ai fini della prescrizione ( cfr. ex muttis Sez. 4, n. 3127 del 27/01/1999, Rv. 213221 - 01: «In tema di omicidio colposo la fattispecie disciplinata dall’ultimo comma dell’art. 589 cod. pen. non costituisce un'autonoma figura di reato complesso, ne' dà luogo alla previsione di circostanza aggravante rispetto al reato previsto dal primo comma, ma prevede un'ipotesi di concorso formale di reati, unificati solo "quoad poenam", con la conseguenza che ogni fattispecie di reato conserva la propria autonomia e distinzione. (Fattispecie di prescrizione, il cui termine, in applicazione di detto principio, va calcolato in relazione a ciascun reato)».
E' il caso di aggiungere che la ricostruzione fin qui operata in ordine al regime di prescrizione da applicarsi al B.L. vale solo con riferimento alla sua posizione. Le condotte ascritte a F.M. si sono protratte oltre la data di entrata in vigore della legge 251/05. Quindi, per il F.M., in relazione al delitto di omicidio colposo contestato, vale il raddoppio dei termini di prescrizione contemplato dall'art. 157, comma 6, cod. pen.
1.4 Per B.L. sussistono le condizioni per rilevare d'ufficio l'intervenuta causa estintiva dei reati per cui si procede, non presentando il ricorso profili di inammissibilità suscettibili d'incidere sulla valida instaurazione del rapporto di impugnazione. In lìnea generale, la inammissibilità del ricorso, sotto il profilo contenutistico, si caratterizza per l'aspecificità dei motivi, i quali, per essere tali, devono presentare aspetti di genericità ed indeterminatezza o risultare carenti della necessaria correlazione con le argomentazioni riportate nella decisione impugnata (cosi ex multis Sez. 4, Sentenza n. 18826 del 09/02/2012, Rv. 253849 - 01). Deve rilevarsi come tali qualificazioni non siano individuabili nei motivi di censura proposti, in rapporto ai quali non è sostenibile la ricorrenza di ipotesi ascrivibili alla categoria della inammissibilità, pur dovendosi dare atto della loro infondatezza che rileva, in questa sede, ai fini del rigetto del ricorso agli effetti civili.
E' d'uopo rammentare, proprio con riferimento a tale ultimo aspetto, che nel giudizio di impugnazione, in presenza di una condanna al risarcimento dei danni o alle restituzioni pronunciata dal primo giudice o dalla Corte d'appello, in seguito a costituzione di parte civile nel processo, è preciso obbligo del giudice, anche di legittimità, secondo il disposto dell’art. 578 cod. proc. pen., esaminare il fondamento dell'azione civile e verificare, senza alcun limite, l'esistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale al fine di confermare o meno la condanna alle restituzioni ed al risarcimento pronunciate nei precedenti gradi.
1.5 Tutto ciò premesso, occorre rilevare come i motivi di doglianza dedotti dal B.L. siano, come detto, infondati.
Con il primo motivo la difesa sostiene che la Corte di merito avrebbe trascurato di considerare circostanze rilevanti ai fini di una diversa risoluzione della vicenda, lamentando che non si era tenuto conto, sotto il profilo della determinazione del nesso causale, del lungo tempo trascorso dal momento dell'alienazione del macchinario e della mancanza di una regolare manutenzione durante quel periodo (dal 2001 al 2007) presso officine autorizzate.
Tali argomentazioni dovrebbero valere, secondo l'intendimento della difesa, ad escludere il nesso di causalità tra la condotta addebitata al B.L. (l'avere venduto il macchinario collassato accompagnato da una certificazione di conformità che non si riferiva a quel modello) e l'evento. In realtà la difesa, nel prospettare cause alternative a quelle indicate in motivazione dalla Corte di merito, non spiega come esse possano avere determinato da sole il cedimento del braccio telescopico, interrompendo il decorso causale puntualmente evidenziato in sentenza, e non individua aspetti critici nel ragionamento seguito dalla Corte territoriale in sentenza.
In proposito la Corte di merito offre una risposta accurata, non censurabile in sede di legittimità, ponendo in evidenza che la causa accertata del cedimento strutturale del braccio telescopico deve essere individuata in un difetto di fabbricazione del macchinario, riconducibile alle modifiche apportate dall'azienda costruttrice sul braccio medesimo, consistite nella saldatura - imperfetta e mal eseguita - sul predetto braccio, di una mensola di appoggio della canalina porta impianti che aveva reso vulnerabile la parte interessata, determinandone la rottura (si legge nella sentenza che il collasso aveva interessato la sezione del primo elemento JIB della piattaforma di lavoro elevabile dove era stata appunto saldata la staffa per il sostegno della canaletta). 
La modifica introdotta, inesistente nel progetto originario, non era stata approvata dall'Ente notificato. Secondo quanto stabilisce il punto 5 dell'allegato VI della Direttiva Macchine 98/37/CE, richiamato nelle sentenze di merito, tendente a realizzare un controllo specifico sulla conformità di macchinari ai requisiti di sicurezza prima della loro immissione in commercio, il fabbricante deve informare l'organismo notificato di tutte le modifiche, sia pure di scarsa importanza, che abbia apportato o che intende apportare alla macchina che forma oggetto del modello. L'organismo notificato, dopo le opportune verifiche, decide sulla permanenza della validità della certificazione CE, la quale rende lecita la produzione e la commercializzazione della macchina.
1.6 Per un corretto inquadramento della fattispecie concreta esaminata dai giudici di merito con riguardo al profilo normativo, occorre ricordare che la disciplina introdotta con il d.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (denominato Regolamento per l'attuazione delle 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine), meglio conosciuto con il nome "Direttiva Macchine", ha regolamentato i presidi antinfortunistici concernenti le macchine e i componenti di sicurezza immessi sul mercato. Tali norme traevano origine dalla Direttiva n. 89/392, la cui base giuridica era costituita dall'art. 100 del Trattato CE (sostituito dall'art. 114 del Trattato sul funzionamento dell'unione europea - TFUE), che consente all'Unione di adottare misure volte al riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri nei vari settori d'interesse. La Direttiva Macchine, nella sua originaria versione, è stata poi modificata dalle successive seguenti Direttive: la Direttiva 91/368/CEE5, che ha ampliato il campo d'applicazione della Direttiva Macchine alle attrezzature intercambiabili, alle macchine mobili e alle macchine per il sollevamento di cose; la Direttiva 93/44/CEE, che ha esteso il campo di applicazione della Direttiva Macchine ai componenti di sicurezza ed alle macchine per il sollevamento.
La Direttiva originaria e le sue successive modifiche sono state unificate nella Direttiva 98/37/CEE, a sua volta lievemente modificata con l'esclusione dei dispositivi medici (Direttiva 98/79/CE), che è rimasta in vigore fino al 29 dicembre 2009. L'intera normativa è stata poi trasfusa nella successiva nuova Direttiva n. 2006/42/CE, attuata nell'ordinamento italiano con il d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 17.
Dal raccordo del complesso di tale normativa con il sistema prevenzionistico già in vigore, si è da tempo desunta un'anticipazione della soglia di tutela antinfortunistica al momento della costruzione, vendita, noleggio e concessione in uso dei macchinari, che implica il coinvolgimento della responsabilità del fabbricante per la mancata rispondenza dei prodotti alle normative di sicurezza (si vedano in proposito Sez. 3, n. 37408 del 24/06/2005, Guerinoni, n,m.; Sez. 4, n. 4923 del 15/12/2009, dep. 2010, Bonfiglioli, n.m.).
Nel presente caso, la violazione dell'obbligo imposto dalla normativa richiamata, rispondente alla necessità che siano messi in circolazione prodotti sicuri, è reso ancora più evidente dalla circostanza, rimarcata in sentenza, che il macchinarlo, oltre ad essere stato sottoposto a modifiche non approvate dall'organo notificato, fu posto in commercio accompagnato da una certificazione di conformità che si riferiva al modello 42NR (altro diverso modello da quello interessato dal cedimento).
1.7 Ebbene, le argomentazioni proposte dalla difesa, non si confrontano realmente con la motivazione offerta dalla Corte: il ricorrente, pur non contestando la esistenza della modifica praticata sul macchinario, individua plurime causali alternative dell'infortunio le quali, come osservato correttamente nella motivazione della sentenza impugnata, possono astrattamente escludere la responsabilità del fabbricante, secondo i principi generali (artt. 40 e 41 cod. pen.), soltanto ove sia dimostrato che abbiano determinato da sole l'evento, interrompendo o escludendo il rapporto causale con le condotte contestate, non essendo al contrario ammissibile che la concorrenza anche di altre cause nel verificarsi dell'evento sia ex se fonte di esonero di responsabilità, per il noto principio della equivalenza di esse.
In particolare, come già detto in precedenza, la difesa ritiene che l'infortunio sia da addebitarsi non alla modifica strutturale apportata al macchinario, ma al decorso del tempo, alla mancanza di manutenzione del macchinario presso ditte autorizzate, all'uso improprio del braccio elevatore, caricato oltre il limite imposto dal fabbricante mediante disattivazione del congegno di rilevazione del carico, al mancato impiego dei caschi e delle cinture di sicurezza da parte dei tecnici che avevano preso posto nel cestello. Ebbene, ciascuna di tali cause alternative è stata puntualmente esaminata dai Giudici di merito che sono pervenuti alla conclusione della irrilevanza della loro incidenza sul decorso causale, con motivazione del tutto adeguata.
Il profilo del decorso del tempo è stato esaminato in sentenza, sia pure implicitamente, nella parte in cui si evidenzia che l'analisi delle modalità di accadimento del fatto e le condivisibili risultanze della perizia effettuata dall'Ing. F. hanno rivelato che il cedimento del braccio è stato istantaneo e che la causa è riconducibile unicamente alla saldatura effettuata sul macchinario. Quanto alla manutenzione, la Corte di merito ha ricordato che il macchinario era stato sottoposto alla revisione annuale dell'ARPA ed al controllo della Lift Service, officina indicata dalla Heila - Italmec, sei mesi prima dell'incidente. 
Per altro verso, è d'uopo rilevare che la distanza temporale della condotta colposa rispetto al risultato dell'evento, secondo principi già affermati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di omicidio e lesioni colpose, non impedisce di riconoscere la responsabilità penale del soggetto che tale condotta abbia posto in essere. Sì è invero affermato che deve essere tenuto nettamente distinto il momento nel quale fu posta in essere la condotta dell’Imputato e quello degli eventi che si ritengono generati da quella condotta, dato che condotta ed evento, pur essendo elementi costitutivi di un unico fatto rilevante, possono essere tra loro temporalmente distanti senza che ciò possa incidere sull'affermazione di responsabilità (così Sez. 5, n. 998 del 31/3/1992, Quaglino, Rv. 190422 in una fattispecie relativa ad eventi -deflagrazione di una miscela aria-gas metano a seguito della quale era crollato un fabbricato cagionando la morte di un abitante - verificatisi nel 1986, in cui la Corte ha ritenuto legittimo che la condotta causativa di tali eventi penalmente rilevanti potesse esser ricercata con riferimento ad eventuali deficienze nella costruzione dell'impianto del gas sotto la casa della vittima avvenuta tra il 1970 e il 1972).
Quanto al lamentato sovraccarico del cestello, sulla base dei dati ricavati dalla compiuta istruttoria e dall'elaborato peritale dell'Ing. F., la Corte ha accertato che il superamento del peso indicato dalla casa costruttrice non ha influito in alcun modo sul determinarsi dell'infortunio.
Ha infatti evidenziato che il carico esistente al momento del cedimento era di 223 kg., superiore del 10% a quello stabilito dalla casa costruttrice e, comunque, inferiore a quello massimo consentito (pari a 240 kg.). Il dispositivo di controllo e di sicurezza del carico - benché trovato disattivato dopo l'infortunio - non si sarebbe comunque attivato nella circostanza in esame, perché tarato per entrare in funzione solo in caso di superamento del 120% del carico nominale,
Quanto all'impiego delle cinture e dei caschi, tali dispositivi, si legge in sentenza, non avrebbero impedito il verificarsi dell'evento poiché, dopo la frattura del braccio, i due tecnici sono precipitati al suolo con tutto il cestello e le cinture erano state concepite non per tenere l’operatore ancorato saldamente all'interno della struttura, ma per impedirgli la caduta nei movimenti, essendo collegate al parapetto del cestello tramite funi abbastanza lunghe.
Da tutto quanto precede, deve ritenersi che la Corte di merito abbia offerta congrua risposta in ordine alla causa dell'infortunio occorso ai due tecnici, esponendo argomentazioni che si rivelano incensurabili in questa sede, poiché sorrette da valutazioni logiche e coerenti, oltreché rispondenti ai principi di diritto stabiliti in sede di legittimità.
1.8 Più in particolare, quanto ai princìpi generali che informano la materia, a cui si attenuta la Corte di merito, è il caso di rammentare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che "Qualora un infortunio sia dipeso dalla utilizzazione di macchine od impianti non conformi alle norme antinfortunistiche, la responsabilità dell'imprenditore che li ha messi in funzione senza ovviare alla non rispondenza alla normativa suddetta non fa venir meno la responsabilità di chi ha costruito, installato, venduto o ceduto gli impianti o i macchinari stessi" (Sez. U, n. 1003 del 23/11/1990, dep. 30/01/1991, Rv. 186372 - 01).
In applicazione di detto principio numerose successive pronunce di questa Corte hanno ribadito che il costruttore riveste una posizione di garanzia in relazione ai difetti strutturali dei macchinari messi in commercio, rispondendo per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili alla fornitura di tali macchinari, a meno che non si provi che l'utilizzatore abbia compiuto sulla macchina trasformazioni di natura e di entità tale da poter essere considerate causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento. Se ciò non si verifica - come avvenuto nel caso in esame - si ha una permanenza della posizione di garanzia del costruttore che non esclude il nesso di condizionamento con l'evento (così Sez. 4, n. 1216 dei 26/10/2005, dep. 13/01/2006, Rv. 233174 - 01)
Anche il lamentato uso improprio del macchinario, messo in rilievo dalla difesa nella parte in cui rileva l'avvenuto sovraccarico del cestello, non può dare luogo ad un esonero di responsabilità ove non si dimostri che tale uso improprio sia stato da solo causa sufficiente a determinare l'evento [cfr. Sez, 4, Sentenza n. 39157 del 18/01/2013, Rv. 256390 - 01: "In tema di responsabilità per colpa, il costruttore risponde per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili alla costruzione del prodotto ove risulti privo dei necessari dispositivi o requisiti di sicurezza e sempre che l'utilizzatore non ne abbia fatto un uso improprio, tale da poter essere considerato causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l'evento. (Fattispecie in tema di responsabilità del produttore di un aliante, a seguito di un incidente in volo per una manovra acrobatica)"].
In conclusione, la rilevata mancanza di efficacia sul decorso causale delle circostanze rilevate dalla difesa, predicata dalla Corte di merito nella sentenza impugnata, alla luce dei principi espressi in sede di legittimità in casi analoghi, è del tutto idonea ad escludere un esonero di responsabilità del ricorrente.
1.9 Il rilievo sulla erronea configurazione dell'art. 113 cod. pen., oggetto del secondo motivo di ricorso, non ha incidenza sui profili di responsabilità individuati a carico del B.L..
Va subito ricordato che la cooperazione nel delitto colposo si distingue dal concorso di cause colpose indipendenti per la necessaria reciproca consapevolezza dei cooperanti di contribuire alla realizzazione di un evento non voluto [cfr. Sez. 4, n. 49735 del 13/11/2014, Jimenez Vellejro, Rv. 261183: "La cooperazione nel delitto colposo si distingue dal concorso di cause colpose indipendenti per la necessaria reciproca consapevolezza dei cooperanti della convergenza dei rispettivi contributi all'incedere di una comune procedura in corso, senza che, peraltro, sia necessaria la consapevolezza del carattere colposo dell'altrui condotta in tutti quei casi in cui il coinvolgimento integrato di più soggetti sia imposto dalla legge ovvero da esigenze organizzative connesse alla gestione del rischio o, quantomeno, sia contingenza oggettivamente definita della quale gli stessi soggetti risultino pienamente consapevoli. (Fattispecie in cui è stata ritenuta responsabile di omicidio colposo a titolo di cooperazione la madre della vittima, la quale era salita a bordo dell'autovettura guidata dal coniuge, che versava in evidente stato di ebbrezza alcolica, senza preoccuparsi di collocare nel seggiolino di sicurezza il figlio, che rimaneva ucciso nell'incidente stradale causato dalla condotta di guida del padre)]".
Benché non sia ravvisabile nel caso in esame una ipotesi tipica di cooperazione colposa, poiché il S.G. ed il B.L. si sono avvicendati nella carica di legali rappresentanti della Società, il rilievo non ha carattere dirimente circa la esclusione della riferibilità al B.L. delle condotte colpose che hanno determinato l'infortunio: come già detto in precedenza, il B.L., quale legale rappresentante della società Italmec, ha posto in commercio il macchinario difettoso, accompagnato da una certificazione di conformità che non si riferiva a quel determinato modello.
1.10 Infondate risultano le ulteriori critiche contenute nel terzo motivo di ricorso nelle quali si ribadisce l'ipotesi che l'infortunio sia dipeso da cause diverse dal difetto di fabbricazione strutturale del macchinario, sopravvenute rispetto alla messa in circolazione del mezzo ed interruttive del nesso di causalità. La difesa in questa parte del ricorso, riallacciandosi ai rilievi precedenti ed alle risultanze delle consulenze di parte, prospetta una diversa ricostruzione dei fatti, affermando che le cause del cedimento del braccio telescopico erano da ricercarsi nel mancato rispetto delle regole di uso e manutenzione, nella omessa applicazione da parte della Romedil delle norme di sicurezza, nella disattivazione dei sistemi di controllo di cui la macchina era dotata. Oltre ad essere sostanzialmente ripetitive dei concetti già espressi nel primo motivo di ricorso, i rilievi sollecitano, da parte della Corte di legittimità, una non consentita rivalutazione delle emergenze probatorie. E' il caso di rammentare, con riferimento ai più generali poteri di controllo esperibili in questa sede, come alla Corte di Cassazione non spetti il compito di procedere ad una rinnovata valutazione degli elementi probatori posti a base del giudizio di responsabilità, (cfr. Sez. U n. 12 del 31/05/2000, Rv. 216260 - 01, Jakani, così massimata: «In tema di controllo sulla motivazione, alla Corte di cassazione è normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall'esterno; ed invero, avendo il legislatore attribuito rilievo esclusivamente al testo del provvedimento impugnato, che si presenta quale elaborato dell'Intelletto costituente un sistema logico in sè compiuto ed autonomo, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della coerenza strutturale della sentenza in sè e per sè considerata, necessariamente condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi da cui essa è "geneticamente" informata, ancorché questi siano ipoteticamente sostituibili da altri»; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944 - 01 , così massimata: «L'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in vìa esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali»).
In ordine poi all'apprezzamento espresso dal Giudice di merito circa i risultati della cd. "prova scientifica", occorre rammentare che esso è soggetto a controllo di legittimità solo con riferimento agli aspetti motivazionali che sostengono l'approccio del Giudice al sapere scientifico e che giustificano l'affidabilità delle informazioni che si ricavano da esso (in argomento Sez. 5, n. 6754 del 07/10/2014, dep. 16/02/2015, Rv. 262722 - 01, così massimata: «In tema di prova scientifica, la Cassazione non deve stabilire la maggiore o minore attendibilità scientifica delle acquisizioni esaminate dal giudice di merito e, quindi, se la tesi accolta sia esatta ma solo se la spiegazione fornita sia razionale e logica; essa, infatti, non è giudice del sapere scientifico ed è solo chiamata a valutare la correttezza metodologica dell’approccio del giudice di merito al sapere tecnico-scientifico, che riguarda la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all'affidabilità delle informazioni utilizzate ai fini della spiegazione del fatto. Ne deriva che il giudice di legittimità non può operare una differente valutazione degli esiti di una consulenza, trattandosi di un accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato»). 
Ebbene, anche in ordine a tale profilo le argomentazioni espresse dalla Corte di appello non risultano censurabili. Sul piano della valutazione degli apporti scientifici, la Corte di merito ha inteso condividere le conclusioni espresse dal perito Ing. Rodolfo F. evidenziando la completezza del suo elaborato e la persuasività tecnico scientifica delle sue conclusioni anche alla luce di tutti gli elementi probatori acquisiti nel corso del giudizio, oggetto di puntuale disamina in sentenza nella parte dedicata alla ricostruzione dei fatti.
1.12 Sul piano dell'accertamento del grado della colpa, risulta infondato l'assunto difensivo secondo il quale i Giudici di merito non avrebbero adeguatamente tenuto conto delle concorrenti condotte colpose degli altri soggetti coinvolti nella vicenda e degli stessi lavoratori colpiti dall'infortunio i quali avrebbero serbato una condotta imprudente, mancando di indossare i caschi e le cinture di sicurezza.
Anche sotto questo profilo, non può non evidenziarsi come il motivo di ricorso sia incentrato sulle medesime, indimostrate premesse riguardanti la esistenza di alternativi decorsi causali incidenti sulla determinazione dell'evento. Come già detto in precedenza, la motivazione espressa dai Giudici di merito rivela, in modo ineccepibile, che il mancato impiego delle cinture di sicurezza e dei caschi da parte delle persone offese non ha avuto nessuna influenza sul verificarsi dell'incidente. Deve parimenti escludersi, sulla base di quanto validamente argomentato in sentenza, che il distacco del sistema riguardante il carico del cestello abbia avuto incidenza sulle cause dell'infortunio accertate in sentenza.
Tutto ciò esclude una erronea considerazione del grado della colpa individuato in sentenza.
2. I motivi di ricorso proposti da S.G., attinenti esclusivamente agli effetti civili, devono essere rigettati.
2.1 Nessuna violazione dì legge o vizio di motivazione è individuabile in relazione al tema della ritenuta responsabilità del ricorrente per il difetto dì fabbricazione del braccio elevatore, causa dell'infortunio.
La difesa lamenta, nei primi tre motivi di ricorso (paragarafi 7.1, 7.2, 7.3 della parte in fatto), che il Tribunale e la Corte di merito hanno ascritto collettivamente a tutti gli imputati una serie di condotte ritenute contrarie a regole cautelari, senza fare alcuna distinzione tra le varie posizioni e che sarebbe rimasta indimostrata la circostanza che le intervenute modifiche sul macchinario siano state realizzate dal S.G..
Gli assunti sono infondati poiché, nelle due sentenze conformi, si evidenzia che il S.G., sulla base di quanto risulta accertato dalla documentazione acquisita, ha rivestito la carica di legale rappresentante della Italmec fino al 31/3/2001, periodo al quale è riconducibile la realizzazione delle modifiche strutturali apportato al macchinario interessato dal collasso. Che il S.G. sia stato responsabile delle modifiche in questione, nella sua veste apicale di legale rappresentante dell'azienda, si desume dalla scansione temporale messa in evidenza negli accertamenti peritali, sulla cui affidabilità la Corte di merito si è espressa in maniera assolutamente congrua. Sul punto si richiamano le considerazioni contenute a pagina 43 della sentenza impugnata, in cui si legge che il macchinario periziato era accompagnato da una certificazione denominata "revisione 01", rilasciata dall'Ente notificato in data 31/1/01, che si riferiva ad altro modello, privo delle modifiche strutturali apportate sul modello 42N.
Anche a volere ritenere che non siano mai esistiti progetti e tavole riguardanti il braccio allestito con la canaletta, come propone la difesa, rimane immutata la situazione rappresentata in sentenza, secondo la quale l'allestimento e la produzione di macchinari con canaletta saldata sul braccio telescopico venne avviata nel periodo in cui il S.G. era alla guida della società Italmec. D'altro canto, è lo stesso ricorrente ad ammettere tale circostanza nella parte del ricorso (pag. 8) in cui afferma: "Il fatto che durante il periodo di amministrazione del S.G. siano stati realizzati alcuni bracci dotati della canaletta non implica che tale soluzione sia stata replicata in tutte le successive macchine". E' evidente, in tale passaggio, la non congruenza delle conseguenze che il ricorrente trae dalla prima proposizione: pur ammettendo la fabbricazione del macchinario di quel tipo, esclude ogni suo collegamento con la vicenda in esame, trascurando di considerare che il macchinario interessato dall'infortunio - mai sottoposto a controllo dell'Ente notificato - era accompagnato da una certificazione rilasciata nel periodo della sua gestione.
2.2 In ordine al tema della responsabilità concorrente delle vittime nella causazione dell'evento dannoso e del proprietario della macchina collassata, si richiamano le argomentazioni svolte in precedenza (paragrafo 1.7 della parte in diritto), valevoli anche in relazione alla posizione del S.G..
Quanto al lamentato errore del manovratore della gru, motivo neanche sviluppato nel relativo paragrafo del ricorso, la Corte di merito ha evidenziato, con motivazione non censurabile in sede di legittimità, che non è stato individuato alcun errore di questo tipo all'esito degli accertamenti risultanti dalla perizia F. e che la presenza di un solo operatore addetto alla manovra della gru non ha avuto alcuna incidenza causale sull'evento.
2.3 In ordine alla erronea sussistenza della cooperazione colposa nel reato, si richiamano le argomentazioni svolte nel paragrafo 1.9 della presente parte in diritto. La ritenuta esistenza di una ipotesi di cooperazione colposa nel reato non ha alcuna incidenza sui profili di responsabilità individuati a carico del ricorrente. 
3, Risulta invece non soddisfacente la motivazione espressa dalla Corte di merito in relazione all'affermata responsabilità nei fatti di F.M., a cui è dedicato un breve passaggio argomentativo alla fine della pagina 45 e all'inizio della pagina 46 della motivazione. Secondo quanto si legge in sentenza il F.M. "aveva avuto piena consapevolezza dell'analogo sinistro avvenuto in Arezzo, in data 26/9/2005, su una stessa macchina prodotta dalla sua fabbrica, avente le stesse caratteristiche costruttive di quella a causa della quale, aveva perso la vita il T.M. ed aveva riportato lesioni personali gravi il D.E. (la citata HEILA GROUP era stata persino coinvolta in un procedimento civile per lesioni, a seguito dell'infortuno avvenuto ad Arezzo)".
Il generico richiamo all'analogo incidente occorso in Arezzo, non può essere reputato sufficiente ai fini della dimostrazione dell'elemento soggettivo dei reati in capo al ricorrente il quale, come risulta dagli atti, assunse la carica di legale rappresentate della società nell'anno 2003, a distanza di anni dalla realizzazione del modello difettoso e della sua immissione in commercio ad opera dei suoi predecessori.
E' necessario dunque che la Corte di merito, la quale incentra la responsabilità omissiva dell'imputato sulla consapevolezza del fatto occorso nell'anno 2005, verifichi le caratteristiche di tale ultimo infortunio, esplicitando le ritenute analogie con quelle oggetto del presente giudizio, anche in relazione alla tipologia di macchina di cui si discute, onde accertare se tale incidente potesse avere indotto, anche potenzialmente, il F.M. a sospettare del difetto strutturale di fabbricazione esistente nel macchinario di cui si discute.
5. Deve pertanto annullarsi senza rinvio, agli effetti penali, la sentenza impugnata nei confronti di B.L. perché i reati di cui agli artt. 589 e 590 c.p. sono estinti per prescrizione. Va rigettato agli effetti civili il ricorso dello stesso B.L., con conseguente condanna del medesimo, in solido con S.G., alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalla parte civile costituita Enrico D.E., liquidate in euro 2.500,00, oltre accessori come per legge. Va rigettato il ricorso di S.G., con conseguente condanna dello stesso al pagamento delie spese processuali.
L'impugnata sentenza deve essere annullata nei confronti di F.M. con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte d'appello di Roma, cui va demandata la regolamentazione delle spese tra le parti anche per il presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali nei confronti di B.L. perché i reati di cui agli artt. 589 e 590 c.p. sono estinti per prescrizione. Rigetta agli effetti civili il ricorso di B.L., che condanna, in solido con S.G., alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalla parte civile D.E., che liquida in euro 2.500,00, oltre accessori come per legge. Rigetta il ricorso di S.G., che condanna al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di giudizio sostenute della parte civile D.E., come sopra liquidate, in solido con B.L.. Annulla la medesima sentenza nei confronti di F.M. e rinvia, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte d'appello di Roma, cui demanda pure la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizio di legittimità.
In Roma, così deciso in data 8 novembre 2019

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R.D. n. 333 del 27 febbraio 1939

ID 10129 | | Visite: 7032 | Prevenzione Incendi

RD n  333 del 27 febbraio 1939

Regio Decreto n. 333 del 27 febbraio 1939

Nuove norme per la organizzazione dei servizi antincendi.

(GU n.49 del 28 febbraio 1939 SO)
______

(Art.1) E' istituito e posto alla diretta dipendenza del Ministero dell'interno il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, il quale è chiamato a tutelare la incolumità delle persone e la salvezza delle cose, mediante la prevenzione e l'estinzione degli ncendi e l'apparto di soccorsi tecnici in genere, anche ai fini della protezione antiaerea.
Il Corpo è chiamato, inoltre, a contribuire alla preparazione delle forze necessarie alle unità dell'esercito di campagna ed ai bisogni della difesa territoriale.

Provvedimento abrogato dal D.L. 22 dicembre 2008, n. 200, convertito con modificazioni dalla L. 18 febbraio 2009, n. 9

Allegato testo nativo

Linee guida OMS organizzazione eventi emergenza coronavirus

ID 10269 | | Visite: 8410 | News Sicurezza

OMS Mass Gatherings COVID 19

Linee guida OMS organizzazione eventi durante l'emergenza coronavirus

OMS, Febbraio 2020

Principali raccomandazioni di pianificazione per i raduni di massa nel contesto dell'attuale epidemia di COVID-19

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato il documento "Key planning recommendations for Mass Gatherings in the context of the current COVID-19 outbreak" riguardante la gestione degli eventi durante l’emergenza coronavirus.

Lo scopo del documento è quello di pianificare le fasi organizzative chiave per chi gestisce eventi nel contesto dell'epidemia di COVID-19.

Le linee guida dovrebbero essere lette congiuntamente alle indicazioni più generali di salute pubblica fornite dall'OMS relativamente ai raduni di massa (Public health for mass gatherings: key considerations 2015).

Il documento contiene considerazioni già espresse dall'OMS in precedenti contesti di pandemia (influenza H1N1 del 2009) e in relazione ad incontri internazionali dove hanno partecipato delegazioni provenienti da paesi colpiti dal virus Ebola.

...

Sommario

1 - Introduzione
2 - Informazioni generali sul virus COVID-19
3 - Fase di pianificazione
3.1 - Collegamento con le autorità sanitarie pubbliche locali e nazionali
3.2 - Valutazione del rischio
3.2.1 - Considerazioni generali
3.2.2 - Considerazioni specifiche in relazione alla malattia COVID-19
3.3 - Piano d'azione specifico per la malattia COVID-19
3.4 - Capacità e valutazione delle risorse
3.5 - Comunicazione dei rischi e piano di coinvolgimento della comunità
4 - Fase operativa
4.1 - Comunicazione del rischio
4.2 - Sorveglianza dei partecipanti
4.3 - Test e disposizioni diagnostiche
4.4 - Strutture di trattamento
4.5 - Processo decisionale
4.6 - Pratiche operative per ridurre la trasmissione legata all'evento del virus COVID-19
5 - Revisione post-evento
5.1 - Dopo l'evento
5.2 - Comunicazione del rischio per i partecipanti in partenza
5.3 - Lezioni identificate
5.4 - Legacy

_______

Fonte: OMS

Collegati:

Direttiva 94/33/CE

ID 10262 | | Visite: 3909 | Legislazione Sicurezza UE

Direttiva 94/33/CE

Direttiva 94/33/CE del Consiglio, del 22 giugno 1994, relativa alla protezione dei giovani sul lavoro

(GU L 216 del 20.8.1994)

Attuata con il D.Lgs. 4 agosto 1999 n. 345


_______

Testo Consolidato con le modifiche apportate da:

Direttiva 2007/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2007 (L 165 21 27.6.2007)
Direttiva 2014/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 (L 65 1 5.3.2014)
Regolamento (UE) 2019/1243 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 (L 198 241 25.7.2019)

Collegati

Decreto 20 febbraio 2020

ID 10255 | | Visite: 5864 | Prevenzione Incendi

Decreto 20 febbraio 2020

Decreto 20 febbraio 2020 

Proroga delle scadenze in materia di prevenzione incendi per le strutture sanitarie, previste dal decreto del Ministro dell'interno del 19 marzo 2015.

Entrata in vigore: 29 Febbraio 2020

(GU n.50 del 28-02-2020)

Art. 1 Proroga dei termini previsti dal decreto del Ministro dell'interno 19 marzo 2015

1. Per le strutture sanitarie che hanno aderito al piano di adeguamento antincendio previsto dal decreto del Ministro dell'interno 19 marzo 2015 e che, per cause di forza maggiore dovute alle nuove procedure di gara o per mancata assegnazione di fondi, siano impossibilitate a completare i lavori programmati entro le scadenze previste oltre la prima, sono prorogati di un anno i termini di cui:

a) all'art. 2, comma 1, lettere c) e d) per le attivita' in regola con gli adempimenti di cui all'art. 2, comma 1, lettere a) e b);
b) all'art. 2, comma 2, lettere c) e d) per le attivita' in regola con gli adempimenti di cui all'art. 2, comma 2, lettere a) e b);
c) all'art. 3, comma 1, lettere b) e c) per le attivita' in regola con gli adempimenti di cui all'art. 3, comma 1, lettera a);
d) all'art. 3, comma 4, lettere c) e d) per le attivita' in regola con gli adempimenti di cui all'art. 3, comma 4, lettere a) e b).

2. Per le strutture sanitarie di cui e' prevista la dismissione o riconversione in strumenti di programmazione negoziata gia' stipulati con la presenza del Ministero della salute, quali gli accordi di programma e gli accordi di programma quadro, i termini di cui al comma 1 si intendono prorogati sino al termine di cui all'art. 2, comma 1, lettera e) al fine di assicurare la corretta allocazione delle risorse pubbliche.

Art. 2 Norme finali

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

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Procedura determinazione componente batterica materiale particolato

ID 10246 | | Visite: 3198 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Procedura materiale particolato

Procedura sperimentale per la determinazione della componente batterica del materiale particolato

INAIL, 2020

Nonostante negli ultimi anni sia aumentato il numero delle attività lavorative soggette a rischio biologico, a causa della mancanza di metodi standardizzati per misurare quantitativamente gli agenti biologici non sono ancora stati stabiliti limiti di esposizione agli agenti biologi, né si hanno sufficienti informazioni sulla relazione dose-risposta.

Al fine di monitorare l’andamento e le variazioni delle concentrazioni di batteri e spore batteriche aerodisperse in diverse realtà lavorative (impianti di riciclaggio dei rifiuti, industrie di compostaggio, aziende zootecniche e agricole), è proposto un metodo analitico per la loro determinazione tramite due indicatori chimici: acido muramico e acido dipicolinico.

...

Fonte: INAIL

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Check list autovalutazione SGSL Micromprese

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Check list autovalutazione SGSL Micrimprese

 Check list autovalutazione Sistema Gestione Salute e Sicurezza Lavoro SGSSL Micromprese

L’implementazione di un Sistema di Gestione della Salute e Sicurezza nel Luogo di Lavoro (SGSL) è lo strumento privilegiato per permettere alle aziende di creare un sistema organizzativo efficace nella gestione della salute e sicurezza e capace di realizzare miglioramenti. L’applicazione del modello di SGSL ad aziende fino a 10 dipendenti, tuttavia, richiede una semplificazione, che attiene all’ambito del linguaggio, dei modelli organizzativi di riferimento e all’adozione di criteri di priorità, che evidenzino i requisiti più importanti (essenziali) da quelli meno importanti. L’adozione di criteri di priorità è strettamente correlata ad una pesatura degli stessi, attraverso criteri più o meno espliciti.

A tale proposito si possono considerare:

− i criteri della valutazione semplificata per le aziende fino a 10 dipendenti (cfr. art. 29 comma 5 del D. Lgs. 81/2008),
− il sistema sanzionatorio relativo al D. Lgs. 81/2008 e s.m.i.,
− i processi individuati come prioritari dall’art. 30 del D. Lgs. 81/2008. Gli obiettivi connessi con la definizione di una griglia di autovalutazione del sistema di gestione della salute e sicurezza di piccole/piccolissime imprese, aventi meno di dieci addetti, sono:
a) promuovere i sistemi di gestione della sicurezza, con il duplice scopo di migliorare le condizioni di salute e di sicurezza nelle aziende e di estendere i concetti del miglioramento continuo alla gestione dei processi per la salute e sicurezza, come componente integrante della gestione aziendale;
b) facilitare l’applicazione delle linee guida (Linee Guida UNI-INAIL) sui SGSL di imprese fino a 10 addetti, attraverso l’individuazione e la messa a punto di strumenti operativi di semplice applicazione;
c) far conoscere la norma a chi può applicarla, evidenziandone gli elementi essenziali, per quanto contenute possano essere le dimensioni dell’impresa;
d) far comprendere al datore di lavoro il grado di adeguatezza della propria impresa rispetto ai requisiti dei sistemi di gestione della salute e sicurezza;
e) rendere disponibile, in fase di riesame del sistema, un valido strumento operativo per tenere “sotto controllo” il sistema stesso.

Le check - list sono rivolte prevalentemente ai soggetti che vogliono eseguire l’autovalutazione/valutazione di sistemi di gestione della salute e sicurezza di piccole/piccolissime imprese, aventi fino a 10 dipendenti.

In tali realtà, molto spesso i compiti del RSPP sono svolti dal datore di lavoro stesso.

Le check – list realizzate si riferiscono prioritariamente ai requisiti relativi a processi e “oggetti organizzativi” del sistema di gestione della salute e sicurezza, previsti dalle Linee Guida UNI INAIL, avendo comunque come ulteriore riferimento la Norma OHSAS 18001:2007, e i requisiti a cui si fa riferimento nell’art. 30 comma 1 del D.Lgs. 81/2008. Sono state, inoltre, redatte secondo criteri di semplicità, praticità, accessibilità con riferimento al target dei fruitori delle check – list stesse.

D.Lgs. 81/2008
...
Art. 30 Modelli di organizzazione e di gestione(1)

1. Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:
a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;
b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
d) alle attività di sorveglianza sanitaria;
e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori;
f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;
g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;
h) alle periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure adottate.

2. Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione delle attività di cui al comma 1.

3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo di attività svolta, un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

4. Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell'organizzazione e nell'attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.

5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all'articolo 6.

5-bis. La commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro elabora procedure semplificate per la adozione e la efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese. Tali procedure sono recepite con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

6. L'adozione del modello di organizzazione e di gestione di cui al presente articolo nelle imprese fino a 50 lavoratori rientra tra le attività finanziabili ai sensi dell'articolo 11.

(1) Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Circolare 11 luglio 2011, Prot. 15 / VI / 0015816 / MA001.A001 - Modello di organizzazione e gestione ex art. 30  

...segue in allegato

ITACA 2012

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ITACA 2012
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Regio decreto 23 ottobre 1925 n. 2537

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Regio decreto 23 ottobre 1925 n  2537

Regio decreto 23 ottobre 1925 n. 2537

Approvazione del regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto.

(GU n.37 del 15-2-1926 )

Entrata in vigore del provvedimento: 02/03/1926

...

Testo consolidato riservato Abbonati contenente tutti i seguenti aggiornamenti all'atto:

31/12/1926
REGIO DECRETO-LEGGE 11 novembre 1926, n. 2186 (in G.U. 31/12/1926, n.301), convertito senza modificazioni dalla L. 22 maggio 1927, n. 841 (in G.U. 08/06/1927, n. 132)
23/02/1927
REGIO DECRETO-LEGGE 6 febbraio 1927, n. 181 (in G.U. 23/02/1927, n.44), convertito senza modificazioni dalla L. 22 maggio 1927, n. 842 (in G.U. 08/06/1927, n. 132)
04/06/1927
REGIO DECRETO-LEGGE 8 maggio 1927, n. 826 (in G.U. 04/06/1927, n.129), convertito senza modificazioni dalla L. 11 marzo 1928, n. 788 (in G.U. 24/04/1928, n. 96)
06/04/1928
REGIO DECRETO 26 febbraio 1928, n. 615 (in G.U. 06/04/1928, n.82)
06/06/1950
LEGGE 5 aprile 1950, n. 280 (in G.U. 06/06/1950, n.128)
22/05/1999
LEGGE 17 maggio 1999, n. 144 (in SO n.99, relativo alla G.U. 22/05/1999, n.118)
03/08/2002
La LEGGE 1 agosto 2002, n. 166 (in SO n.158, relativo alla G.U. 03/08/2002, n.181)
26/08/2005
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 8 luglio 2005, n. 169 (in G.U. 26/08/2005, n.198)

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Decreto 13 Febbraio 2014

ID 10207 | | Visite: 5747 | Decreti Sicurezza lavoro

Decreto 13 Febbraio 2014 Procedure semplificate MOG

Decreto 13 Febbraio 2014

Comunicato MLPS
Recepimento delle procedure semplificate per l'adozione e la efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese.

Si rende noto che, in data 13 febbraio 2014, con decreto ministeriale, sono state recepite le procedure semplificate per la adozione e la efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese di cui all’art. 30, comma 5 -bis , del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i., reperibili nel sito internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (http://www.lavoro.gov.it/ Lavoro), all’interno della sezione «Sicurezza del lavoro».

(GU n.45 del 24-02-2014)

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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 6567 | 20 Febbraio 2020

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Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 20 febbraio 2020 n. 6567

Infortunio con un impianto per la produzione di pannelli nobilitati. Facilità da parte del lavoratore di elusione del meccanismo di sicurezza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 6567 Anno 2020
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: ESPOSITO ALDO
Data Udienza: 17/10/2019

"Al riguardo della certificazione CE, va ribadito quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità sul punto, ossia che il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro, è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati e risponde, pertanto, dell'infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti, senza che la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità CE o l'affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarli dalla loro responsabilità.

In merito, questa Corte ha anche precisato che la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l'evento dannoso sia stato provocato dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro sul quale grava l'obbligo di eliminare ogni fonte di percolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare la predetta macchina e di adottare tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori e che a detta regola può farsi eccezione nel solo caso in cui l'accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza, il che non era nel caso di specie (Sez. 4, n. 54480 del 10/11/2015, Pucci, non massimata; Sez. 4, n. 26247 del 30/05/2013, Magrini, Rv. 256948)."

 

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Treviso del 13 maggio 2016, con cui C.M. era stato condannato alla pena di euro millecinquecento di multa in relazione al reato di cui agli artt. 40, comma secondo, e 590, comma terzo, cod. pen. (colpa consistita nella violazione degli artt. 2087 cod. civ., 64 e 71 D. Lgs. n. 81 del 2008, perché, in qualità di legale rappresentante della Walco s.p.a., aveva messo a disposizione del lavoratore R.R. un'attrezzatura - impianto per la produzione di pannelli nobilitati - inidonea ai fini di sicurezza in quanto priva di sistema in grado di impedire efficacemente l'accesso alle zone degli elementi mobili, per cui cagionava al lavoratore lesioni gravi consistite in «trauma cranio non commotivo, scalpo del cuoio capelluto, plurime ferite lacere al volto e distacco parziale dell'orecchio destro, con conseguente incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni» - in Cison di Vaimarino il 28 febbraio 2012).
Durante la prova per l'utilizzo di una nuova colla presso un impianto per la produzione di pannelli nobilitati, il lavoratore R.R., avendo notato un pannello uscito non in linea dalla macchina (vedi sul punto la sentenza di primo grado), si introduceva nell'area di funzionamento degli elementi mobili, disattivando le fotocellule poste all'ingresso della macchina. Giunto nei pressi del punto di scarico dei pannelli, il pettine della macchina lo colpiva in testa e gli causava le lesioni descritte nel capo di imputazione.
La macchina presso la quale era avvenuto l'infortunio era dotata di fotocellule, che potevano essere aggirate (temporaneamente disattivate e poi riattivate). Si trattava di manovra usuale a detta dell'infortunato, circostanza smentita dagli altri lavoratori.
2. Il C., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo tre motivi di impugnazione.
2.1. Vizio di motivazione nella parte della sentenza in cui è assunto che il fondamento della responsabilità risiederebbe nella mera possibilità che i presidi di sicurezza (nella specie le fotocellule antintrusione), dei quali la macchina era dotata, potessero essere facilmente elusi dal lavoratore, consentendo così l'accesso alle zone interessate dalla presenza di componenti mobili, in violazione dell'All. V, parte I, art. 6.1, del D. Lgs. n. 81 del 2008).
Si deduce che la lavorazione in questione non prevedeva l'accesso del lavoratore alle zone pericolose, le quali peraltro erano assai lontane dalla sua postazione, per cui doveva escludersi in radice un rischio di contatto accidentale. 
Il lavoratore si era addentrato per diversi metri all'interno della linea 2 prima di essere attinto dal pettine, nei pressi del quale non era previsto nessun uso dell'attrezzatura ex art. 69, comma 1, lett. b), D. Lgs. n. 81 del 2008. Non sussistevano esigenze di manutenzione e l'entrata in quell'area era stata espressamente vietata al lavoratore. Non era stata dimostrata una tolleranza da parte del datore di lavoro di una prassi contraria alle predette istruzioni.
La formazione, l'informazione e le istruzioni impartite prevedevano chiaramente che la disattivazione della cellula dovesse essere funzionale esclusivamente al passaggio delle cataste di legno lungo i rulli trasportatori. L'impianto era sicuro e gli enti preposti avevano rilasciato alla società le certificazioni in materia di sicurezza, verificando la sicurezza del processo produttivo e dei macchinari utilizzati, ragione per la quale la Corte territoriale ha assolto la società in relazione all'illecito amministrativo contestatole.
2.2. Violazione dell'art. 41, comma secondo, cod. pen. e vizio di motivazione.
Si rileva che tutti i testimoni avevano osservato che sussisteva un divieto assoluto di entrare nella macchina durante il funzionamento e che nel corso degli anni nessun lavoratore l'aveva mai violato prima del giorno del fatto. Inoltre, l'attraversamento delle fotocellule da parte della persona comportava il blocco della macchina. L'infortunio avveniva in un momento in cui le lavorazioni erano ferme e l'impianto non era in funzione.
Si versava in ipotesi di comportamento abnorme del lavoratore, avendo egli violato consapevolmente le cautele impostegli, ponendo in essere una situazione di pericolo imprevedibile ed inevitabile.
2.3. Violazione dell'art. 521 cod. proc. pen..
Si osserva che la violazione degli obblighi di formazione ed informazione, su cui si è basata l'affermazione di colpevolezza, non era mai stata contestata e che l'imputazione concerneva esclusivamente la messa a disposizione di un'attrezzatura inidonea.

Considerato in diritto

Per quanto attiene al primo motivo di ricorso, secondo la motivazione priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto del provvedimento impugnato, che pertanto si sottrae alle proposte censure di legittimità, sul C. gravavano in toto tutti gli obblighi in materia prevenzionale del datore di lavoro, che, in quanto tale, è il garante primario della sicurezza del lavoratore, in quanto titolare di un rapporto di lavoro o comunque dominus di fatto dell'organizzazione dell'attività lavorativa.
Fonte primaria degli obblighi di sicurezza che fanno capo al datore di lavoro - com'è noto - è il D. lgs n. 81 del 2008, il cui art. 17 individua tassativamente gli obblighi non delegabili del datore di lavoro, individuandoli: "a) nella valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'art. 28; b) nella designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi".
Il terzo obbligo non delegabile, cioè quello di vigilanza, viene ricavato, poi, dall'articolo immediatamente precedente che al comma terzo espressamente prevede che: "La delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite."; mutando, in questo caso, il contenuto della situazione d'obbligo del datore di lavoro: da obbligo di adempiere personalmente a obbligo di vigilanza sull'attività del delegato.
L'art. 18 contiene un elenco meticoloso degli obblighi che devono essere adempiuti inderogabilmente dal datore di lavoro in persona e li distribuisce tra il datore di lavoro e il dirigente, sia pur, con riferimento a quest'ultimo, nei limiti segnati dalle attribuzioni e dalle competenze ad esso conferite.
In proposito, va ricordato, innanzitutto, il principio affermato dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261105), secondo cui, in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio dì prevenzione e protezione, ha l’obbligo giuridico di analizzare ed individuare, secondo la propria, esperienze e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 D. Lgs. n. 81 del 2008: all'interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Va dunque qui riaffermato il principio che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro quale responsabile della sicurezza, è gravato non solo dell'obbligo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente la loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod. civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro (Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014 dep. 2015, Ottino, Rv. 263200; Sez. U, n. 5 del 25/11/1998, dep. 1999, Loparco, Rv. 212577). E' stato altresì precisato che, qualora sussista la possibilità di ricorrere a plurime misure di prevenzione di eventi dannosi, il datore di lavoro è tenuto ad adottare il sistema antinfortunistico sul cui utilizzo incida meno la scelta discrezionale del lavoratore, al fine di garantire il maggior livello di sicurezza possibile (Sez. 4, n. 4325 del 27/10/2015, dep. 2016, Zappalà, Rv. 265942).
Come si diceva, in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento dì valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 D. Lgs. n. 81 del 2008, all'interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata (Sez. 4, n. 27295 del 02/12/2015 dep. 2017, Furlan, Rv. 270355).
Tanto premesso sui principi operanti in materia, il profilo di responsabilità del datore di lavoro per inosservanza del dovere di vigilanza è stato adeguatamente vagliato dalla Corte di appello, che ha sottolineato la facilità da parte del lavoratore di elusione del meccanismo di sicurezza.
Il ricorrente non affronta tale specifico tema, limitandosi ad evidenziare l'esistenza di un divieto di accesso alla macchina, che però era agevolmente aggirabile dal lavoratore, come poi dimostrato dalle modalità di svolgimento dell'Infortunio.
1.1. Al riguardo della certificazione CE, va ribadito quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità sul punto, ossia che il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro, è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati e risponde, pertanto, dell'infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti, senza che la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità CE o l'affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarli dalla loro responsabilità.
In merito, questa Corte ha anche precisato che la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l'evento dannoso sia stato provocato dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro sul quale grava l'obbligo di eliminare ogni fonte di percolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare la predetta macchina e di adottare tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori e che a detta regola può farsi eccezione nel solo caso in cui l'accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza, il che non era nel caso di specie (Sez. 4, n. 54480 del 10/11/2015, Pucci, non massimata; Sez. 4, n. 26247 del 30/05/2013, Magrini, Rv. 256948).
La Corte territoriale ha dimostrato che la possibilità di tale elusione era stata riscontrata dagli stessi operanti dello Spisal, autori degli accertamenti tecnici, tanto vero che era imposto al datore di lavoro di far arretrare le fotocellule, con conseguente maggiore distanza dal comando di attivazione, per impedirne il superamento. 
D'altronde, l'AII. V al D. lgs. n. 81 del 2008, al punto 6.1, prevede che "le protezioni e i sistemi protettivi non devono essere facilmente elusi o resi inefficaci".
2. In ordine al secondo motivo di ricorso, relativo alla prevedibilità delle circostanze che hanno determinato l'evento lesivo del lavoratore, i giudici dì merito hanno affermato la non eccentricità e la non imprevedibilità del comportamento del lavoratore ed hanno evidenziato come il comportamento negligente della vittima costituisse un ordinario accadimento fortuito, preventivamente controllabile e intuibile in anticipo.
L'assunto del giudice d'appello è corretto e conforme al principio più volte affermato dalla Corte di legittimità in materia di infortuni sul lavoro, secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, la condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore, idonea ad escludere il nesso causale, non è solo quella che esorbita dalle mansioni affidate al lavoratore, ma anche quella che, nell'ambito delle stesse, attiva un rischio eccentrico od esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, Musso, Rv. 275017); nello stesso senso, si è affermato che, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa, Rv. 269603).
Pertanto, in tema di causalità, la colpa del lavoratore, concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica ascritta al datore di lavoro ovvero al destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, esime questi ultimi dalle loro responsabilità solo allorquando il comportamento anomalo del primo sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore (Sez. 4, n. 16397 del 05/03/2015, Guida, Rv. 263386).
A ciò deve aggiungersi che la condotta imprudente o negligente del lavoratore, in presenza di evidenti criticità del sistema di tutela approntato dal datore di lavoro, non potrà mai spiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza. Tali disposizioni, infatti, sono dirette a difendere il lavoratore anche da incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo, il datore di lavoro, prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli (Sez. 4, n. 10265 del 17/01/2017, Meda, Rv. 269255; Sez. 4 n. 22813 del 21/4/2015, Palazzolo, Rv. 263497). 
Orbene, risulta evidente, in base ai principi richiamati, come evidenziato in maniera appropriata dalla Corte territoriale, non è possibile inquadrare nell'ambito delle condotte connotate da esorbitanza, il comportamento tenuto dal lavoratore, non essendosi realizzato in un ambito avulso dal procedimento lavorativo a cui era stato addetto.
La Corte di merito, con motivazione logica ed immune da censure, ha evidenziato che il comportamento del lavoratore non poteva essere considerato eccentrico rispetto alle sue mansioni: la macchina era in movimento, l'operaio vi stava lavorando e i sistemi di blocco erano agevolmente eludibili, per cui il C. non aveva provveduto a predisporre un sistema per impedire materialmente l'accesso.
Con riferimento alla circostanza ipotizzata dalla difesa, secondo cui la macchina era ferma al momento del fatto, la Corte di appello ha condiviso le valutazioni del giudice di primo grado che spiegava esaurientemente le ragioni della ritenuta attendibilità dell'infortunato R.R. in ordine all'accurata descrizione della dinamica del sinistro. Il R.R., in particolare, sosteneva di aver eseguito la manovra su incarico di S.P., responsabile della linea, e di averla già effettuata più volte in precedenza, al fine di non interrompere il processo produttivo.
In ogni caso, è stato più volte chiarito che la contestazione originaria non concerne il mancato addestramento del lavoratore ad eseguire una manovra pericolosa o di avergli ordinato di eseguirla, bensì la messa a disposizione di un'attrezzatura inidonea ai fini della sicurezza, in quanto priva di un sistema in grado di impedire effettivamente l'accesso alle zone pericolose durante il funzionamento degli elementi mobili del macchinario.
3. In relazione al terzo motivo di ricorso, va premesso che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nei procedimenti per reati colposi, il mutamento dell'imputazione, e la relativa condanna, per colpa generica a fronte dell'originaria formulazione per colpa specifica non comporta mutamento del fatto e non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, qualora l'imputato abbia avuto la concreta possibilità di apprestare in modo completo la sua difesa in relazione ad ogni possibile profilo dell'addebito (Sez. 4, n. 53455 del 15/11/2018, Castellano, Rv. 274500).
Questa Corte ha altresì affermato che, nei procedimenti per reati colposi, la sostituzione o l'aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure specifica, al profilo di colpa originariamente contestato, non vale a realizzare diversità o immutazione del fatto ai fini dell'obbligo di contestazione suppletiva di cui all'art. 516 cod. proc. pen. e dell'eventuale ravvisabilità, in carenza di valida contestazione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell'art. 521 stesso codice (Sez. 4, n. 18390 del 15/02/2018, Di Landa, Rv. 273265). 
Ciò posto sui principi operanti in materia, non risulta effettuata una sostanziale modificazione del fatto e che è stata assicurato ampiamente al C. l'esercizio di difesa in riferimento a tutti i profili di addebito.
La Corte territoriale comunque ha basato l'affermazione di responsabilità del C. non solo sulla mancata formazione ed informazione dell'operaio da parte del datore di lavoro, bensì su plurimi profili di colpa analiticamente descritti nel capo di imputazione sopra riportato. Il rilievo difensivo, pertanto, non risulta decisivo al fine di escludere la colpevolezza dell'imputato.
4. Va infine precisato che, al periodo massimo di prescrizione di anni sette e mesi sei previsto dall'art. 157 cod. pen. per il reato contestato, va aggiunto il periodo di sospensione della durata di mesi uno e giorni ventidue, per cui la scadenza di detto termine va fissata al 22 ottobre 2019. Ne consegue che, alla data della presente decisione, il reato non è prescritto.
5. Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 cod. proc. pen.).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 17 ottobre 2019.

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R.D. 31 gennaio 1904 n. 51

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R D  31 gennaio 1904 n  51

R.D. 31 gennaio 1904 n. 51

Che approva il testo unico di legge per gl'infortuni degli operai sul lavoro.

(GU n.48 del 27-02-1904)

Testo unico della legge per gli infortuni degli operai sul lavoro

Provvedimento abrogato dal D.P.R. 13 dicembre 2010 n. 248 "Stralcialeggi"

In allegato testo nativo 1904

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Legge 19 dicembre 1952 n. 2390

ID 10184 | | Visite: 1790 | Decreti Sicurezza lavoro

Legge 19 dicembre 1952 n. 2390 

Riorganizzazione giuridica dell'Ente nazionale per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. (ENPI)

(GU n.302 del 31-12-1952)
______

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica panno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA la seguente legge:

Art. 1. L'Ente nazionale di propaganda per la prevenzione degli infortuni, riconosciuto con regio decreto 25 ottobre 1938, n. 2176, assume la denominazione di Ente nazionale per la prevenzione degli infortuni (E.N.P.I.).

Esso ha personalita' giuridica di diritto pubblico ed ha sede in Roma.

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Circolare MLPS n. 9 del 12 Gennaio 2001

ID 10169 | | Visite: 2121 | Circolari Sicurezza lavoro

Circolare n. 9 del 12 Gennaio 2001

Riflessi sul sistema dei collaudi e delle verifiche di talune attrezzature di lavoro derivanti dalle disposizioni del D.P.R. 24.7.96, n. 459 e dell’art. 46 della L. 24.4.98, n. 128.

Come noto, le disposizioni del D.P.R. n. 459/96 e quelle dell’art. 46, comma 1, della Legge n. 128/98 hanno comportato profonde innovazioni nel preesistente regime giuridico/amministrativo relativo alle macchine e alle attrezzature ad esse assimilate. Ne è risultato profondamente innovato, tra gli altri, l’intero sistema dei collaudi e, relativamente ad alcuni aspetti di contenuto, quello delle verifiche periodiche di determinate attrezzature di lavoro. Circa questi aspetti, sono pervenute alla scrivente, nel tempo, richieste di chiarimenti alle quali si è dato di volta in volta riscontro. Tuttavia, considerata la valenza generale della questione e la necessità di garantire uniformità di comportamento da parte degli Uffici territoriali, sentita anche la Div. VII della D. G. AA. GG., competente per il Coordinamento dell’Ispezione del Lavoro, si ritiene opportuno fornire le seguenti linee di comportamento.

Premessa

Sul piano generale, occorre osservare che le disposizioni indicate in oggetto sono riferite solo alle macchine ed attrezzature ad esse assimilate che, in applicazione della omonima direttiva, recano la marcatura CE e sono accompagnate dalla dichiarazione di conformità, vale a dire le macchine che godono della prerogativa della libera circolazione sul mercato dei Paesi aderenti all’Unione europea e di quelli aderenti allo Spazio economico europeo (SEE).

L’applicazione del principio della libera circolazione dei prodotti conformi alle direttive comunitarie che li riguardano comporta, a partire dalla data di entrata in vigore della corrispondente direttiva, il divieto per gli Stati membri dell’Unione di introdurre o mantenere in vigore qualsiasi disposizione di carattere costruttivo o di controllo preventivo (all’immissione nel circuito commerciale o alla messa in servizio) che sia in contrasto con la medesima direttiva, in quanto il requisito della conformità alle corrispondenti esigenze è da ritenersi soddisfatto mediante l’apposizione della marcatura CE e la redazione e sottoscrizione della dichiarazione di conformità.

Conseguentemente, l’art. 2 del DPR n. 459/96 citato ha stabilito che l’attestazione di conformità e l’apposizione della marcatura CE da parte del fabbricante rappresentano le condizioni necessarie e sufficienti a ritenere soddisfatte le procedure formali ed i requisiti di sicurezza previsti per il prodotto "macchina" e consentire l’immissione sul mercato o in servizio dei singoli esemplari, mentre l’art. 46, della Legge n. 128/98 ha dato attuazione formale al suesposto principio. Più in dettaglio, il comma 1 del citato art. 46 ha stabilito la disapplicazione delle disposizioni di omologazione, vale a dire la cessazione dei regimi nazionali di controllo preventivo precedentemente applicati a determinate categorie di prodotti per effetto di disposizioni contenute in previgenti atti legislativi.

Il comma 2 dello stesso articolo precisa che le disposizioni di carattere costruttivo contenute negli atti legislativi assumono lo status di norme (cioè di documenti di riferimento destinati ad essere applicati su base volontaria) e sancisce, così, la loro non cogenza quando si tratti di macchine fabbricate nel regime individuato dalla relativa direttiva.

Può essere utile rilevare che l’abrogazione in forma esplicita di tali atti non sarebbe stata possibile, neppure al momento della emanazione del D.P.R. n. 459/96, poiché:
- avrebbe prodotto una sorta di discontinuità giuridica determinando la cessazione della regolamentazione nazionale dei prodotti già messi in servizio alla data di entrata in vigore delle direttive,
- avrebbe rappresentato una vera e propria deregolamentazione - per vacatio legis - di quei prodotti già compresi nel campo di applicazione di norme nazionali abrogate ma non compresi in quello della direttiva "macchine"
- avrebbe, contestualmente, comportato l’abrogazione del complesso delle disposizioni comportamentali o di uso in esse contenute, determinando un’altra deregolamentazione.
...
segue in allegato

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Circolare Min. Lavoro 23/06/1980 n. 55

ID 10168 | | Visite: 3627 | Circolari Sicurezza lavoro

Circolare Min. Lavoro 23/06/1980 n. 55

Esercizio delle macchine per centrifugare e simili operanti con solventi infiammabili o tali da dar luogo a miscele esplosive.

Gli organi preposti alla vigilanza sulle norme di prevenzione e alle verifiche delle apparecchiature in oggetto hanno da più parti ripetutamente manifestato perplessità interpretative, e principalmente applicative, del Capo VIII del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 e, specificatamente, dell'art. 131. 
In particolare, sono state indicate difficoltà di valutazione dell'idoneità degli idroestrattori operanti con solventi infiammabili, in relazione ai rischi di esplosione. 
E' apparso quindi necessario disciplinare le macchine per centrifugare con più specifiche disposizioni tecniche individuando i seguenti criteri ai quali attenersi nel corso delle verifiche e dei controlli da parte degli organi di vigilanza.
Si fa presente inoltre che le disposizioni tecniche sono state elaborate da un gruppo di esperti in cui erano rappresentate tutte le parti interessate (Ispettorato del lavoro, ENPI, Aschimici, C.N.R., CEI e OO.SS. dei lavoratori) e sono state approvate, dopo ampia discussione, dalla Commissione consultiva per la prevenzione degli infortuni.

A. Considerazioni di carattere generale per macchine per centrifuga e simili
A.1 - Condizioni di pericolo
Le condizioni di pericolo che devono essere prese in considerazione sono quelle che, in presenza di solventi infiammabili, possono determinare incendio e/o esplosioni.
Le condizioni di pericolo si verificano per presenza contemporanea di inneschi di accensione quali ad esempio: cariche elettrostatiche, scintille per cause elettriche o meccaniche, surriscaldamenti, urti metallici entro i limiti di infiammabilità per contenuto di O(2) e di gas ossidante.
A.2 - Condizioni di sicurezza
Per prevenire incendi o esplosioni di atmosfera è necessario che non coesistano l'infiammabilità dell'atmosfera ed una causa di innesco. 
Poichè le cariche elettrostatiche sono difficilmente eliminabili, ancorchè si adottino misure di sicurezza quali il collegamento a terra delle parti metalliche così come previsto dalle norme vigenti, esse sono un innesco da considerare sempre presente. Pertanto è indispensabile prevenire la formazione di una atmosfera infiammabile. 
La formazione di un'atmosfera infiammabile potrebbe essere evitata operando in sovrapressione od in depressione con contemporanea introduzione di azoto o gas inerte onde evitare concentrazioni comprese nel campo di infiammabilità. 
L'esercizio in sovrapressione esclude nelle condizioni operative l'eventuale ingresso di aria nella macchina. 
L'esercizio in depressione degli idroestrattori non esclude viceversa tale eventualità per richiamo di aria attraverso le tubazioni di adduzione e scarico, o per deficienza delle tenute e degli accoppiamenti.
Considerazioni tecniche aggiunte alle esperienze italiane e di Nazioni a sviluppo tecnologico avanzato consentono di ritenere che solo l'esercizio in sovrapressione con presenza di gas inerte negli idroestrattori a forza centrifuga, tipo a paniere, sia idonea a prevenire le esplosioni di miscele infiammabili. 
E' noto che, in un'atmosfera costituita da aria ed un determinato solvente, se si supera una soglia minima di concentrazione in gas inerte, si ha soppressione dell'infiammabilità.
In altri termini, è possibile individuare sul diagramma di infiammabilità una regione esterna al campo di esplosività tale che, per quella data concentrazione di gas inerte, le condizioni operative ricadano sempre all'esterno del campo di pericolosità (V. diagramma allegato sotto la lettera A).
E' però necessario tenere presente che anomalie di funzionamento delle guarnizioni e delle tenute potrebbero eventualmente determinare parziali richiami di aria dall'esterno verso l'interno della macchina e portare le condizioni di esercizio nel campo di infiammabilità. Per questa ragione è necessario operare sempre con concentrazioni ricadenti nella zona di sicurezza appositamente indicata nel diagramma di cui all'allegato A.
Pertanto le condizioni di sicurezza necessarie e sufficienti che devono essere realizzate sono:
a) buona ed efficiente tenuta della macchina;
b) idoneo lavaggio e successiva compensazione di microperdite con flussaggio di inerte sotto appropriato battente;
c) controllo continuo dell'atmosfera gassosa con possibilità di intervento automatico sul macchinario in marcia.
Tali condizioni devono essere verificate contemporaneamente tramite più dispositivi con funzioni di barriere di sicurezza indipendenti relativamente alle singole cause di guasto e disposte in modo tale che solo il venire meno di tutte contemporaneamente causi la mancanza della necessaria retroazione di blocco.
Le disposizioni di cui al presente punto A) sono applicate in via generale a tutte le macchine in oggetto operanti con solventi infiammabili, salvo le prescrizioni particolari riguardanti le macchine di cui al successivo punto B) o quelle che disciplineranno in forma specifica in futuro altre macchine.

B. Prescrizioni tecniche per la prevenzione degli incendi e/o esplosioni nell'esercizio degli idroestrattori a forza centrifuga del tipo a paniere
B.1 - Le prescrizioni di cui al presente punto B. hanno carattere transitorio fino alla entrata in vigore del t.u. di cui all'art. 24 della L. n. 833/1978.
B.2 - Rispetto alle condizioni ottimali di sicurezza sopra enunciate, in considerazione della complessità degli interventi da effettuare sul macchinario già installato o comunque già in esercizio, operante con solventi infiammabili o tali da dar luogo a miscele esplosive per il suo adeguamento alla sicurezza, dei tempi tecnici richiesti e delle interferenze con il ciclo produttivo che ciò comporta e delle eventuali ripercussioni sul piano occupazionale cui può dar adito, si devono seguire le seguenti prescrizioni suscettibili di raggiungere, in stretti tempi di adeguamento tecnico, una sufficiente e ragionevole sicurezza di esercizio.
B.3 - Lavaggio
Prima di introdurre le sostanze da centrifugare si deve ridurre l'ossigeno nel volume della macchina e dei suoi successori, connessi alla stessa durante il suo esercizio, a valore che sia sempre compreso nella zona del diagramma di cui all'allegato A.
Questa riduzione può essere ottenuta mediante lavaggio di gas inerte con le portate definite e per un tempo sufficiente, di cui alle prove del punto C.1 b).
B.4 - Compensazione di microperdite e pressurizzazione
La macchina può essere avviata solo dopo aver realizzato al suo interno una pressione superiore a quella dell'atmosfera esterna di almeno 150 mm. di colonna d'acqua misurata in condizioni statiche, atte ad impedire con sovrapressione prestabilita di azoto o di altro gas inerte, passaggi di aria dall'esterno verso l'interno anche in condizioni dinamiche.
Il consenso all'avviamento della macchina deve essere dato da un pressostato e da un temporizzatore che permette l'avviamento dopo il tempo di lavaggio.
In esercizio il flusso di azoto deve compensare le inevitabili perdite del sistema.
B.5 - Arresto di emergenza
La sovrapposizione deve essere controllata da un pressostato e da altro idoneo dispositivo.
In caso di diminuzione della sovrapressione sotto ad un valore stabilità, il pressostato, o quanto altro ad esso equivalente, deve:
- determinare l'interruzione della linea di alimentazione del motore della macchina;
- inserire il lavaggio di cui al punto B.3.
B.6 - Dispositivo di blocco del coperchio
Il dispositivo di blocco del coperchio di protezione deve essere collegato con gli organi di movimento della macchina, non deve dar luogo a scintille e deve rimanere attivo fino a quando il paniere non è fermo, oppure abbia una velocità periferica residua di 40 cm/sec.
In caso di mancanza dell'energia di alimentazione del motore, durante il moto della macchina, il coperchio deve rimanere bloccato.
B.7 - Tenuta idraulica
Sulla via di scarico deve essere assicurata la costante ed efficace presenza della tenuta idraulica con sfiatatoio munito di rompifiamma e prolungato all'esterno del locale di lavoro e collegato ad apposito impianto di abbattimento.
B.8 - Controllo delle sovrapressioni
Il controllo delle sovrapressioni di cui in B.4 e B.5 può essere ottenuto:
- con un unico pressostato che nel caso di suo guasto autorilevi lo stesso e contemporaneamente determini l'arresto di emergenza di cui in B.5 e cioè l'interruzione della linea di alimentazione del motore e l'inserimento del lavaggio;
- con due pressostati tra di loro indipendenti nelle loro cause di guasto.
Nel caso di intervento anche di uno solo dei due pressostati, si deve determinare l'arresto di emergenza di cui in B.5, vale a dire l'interruzione dell'alimentazione del motore e l'inserimento del lavaggio.
B.9 - Ingresso dell'inerte
Ai fini del raggiungimento delle concentrazioni ottimali di gas inerte, l'immissione dell'inerte deve avvenire in parti della macchina che permettano l'uniforme distribuzione del gas evitando la formazione di zone non interessate al flussaggio.
B.10 - Organi di tenuta sull'albero
Il sistema ottimale è, allo stato attuale, tenuta di tipo meccanico. 
Tuttavia, organi di tenuta di tipo diverso possono risultare adeguati a condizione che tale idoneità persista nel tempo, sia in condizioni statiche che dinamiche, quale ad esempio una tenuta idraulica.
B.11 - Analizzatore di ossigeno
Per l'esercizio, gruppi di non oltre cinque centrifughe, purchè non ubicate in piani differenti nè in capannoni diversi, devono essere dotate di un analizzatore di ossigeno per consentire controlli saltuari sulle singole macchine oltre a quelli necessari per il punto C.1. Tali controlli devono essere effettuati ogni qualvolta si attui una sostituzione di organi di tenuta o loro parti ed in caso di intervento di manutenzione.
La frequenza dei controlli dovrà essere commisurata all'impiego dell'idroestrattore ed in ogni caso deve essere almeno settimanale.
Di ogni controllo deve essere effettuata la registrazione sulla scheda di cui al punto C.
B.12 - Riserva di gas inerte
A monte del macchinario deve essere assicurata una riserva di gas inerte che non contenga significative impurezze di ossigeno o di altri ossidanti.
Se l'alimentazione dell'inerte avviene mediante serbatoi di N(2) liquido, sugli stessi serbatoi deve essere installato un indicatore di minimo livello o di minima pressione con dispositivo di allarme ottico ed acustico. Se invece l'alimentazione avviene per mezzo di bombole, la riserva deve essere assicurata mediante un gruppo o pacco di bombole di capacità pari a quella di esercizio, inseribili con facile manovra.
B.13 - Possibili schemi realizzativi
A titolo di esempio orientativo si allega un possibile schema funzionale (All. B).

...
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Lettera Circolare DCPST/A4/RS/3000 del 14 luglio 2006

ID 10153 | | Visite: 3466 | Prevenzione Incendi

Lettera Circolare DCPST/A4/RS/3000 del 14 luglio 2006

Ministero dell'interno

Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile

Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica - Area rischi industriali

Alle Direzioni regionali dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile loro sedi e per conoscenza:

Alle Prefetture — Utg loro sedi

Ai Comandanti provinciali dei Vigili del fuoco loro sedi

Come è noto, il Dlgs 238/05 è stato emanato, oltre che in attuazione della direttiva 2003/105/CE, anche per superare alcuni rilievi formulati dalla Commissione europea nell'ambito della procedura d'infrazione 2003/2014, avviata per recepimento non conforme della direttiva 96/82/CE e riguardanti, per quanto attiene in particolare il sistema dei controlli, la mancata trasposizione, nel testo del Dlgs 334/99, dell'articolo18, paragrafo 1, primo, secondo e terzo trattino.

Tanto premesso, vengono di seguito esaminati gli aspetti da tenere in considerazione nello svolgimento dell'attività di verifica e controllo presso stabilimenti a rischio di incidente rilevante, raccomandando una attenta rilettura dell'articolo 25 del Dlgs 334/99, come modificato ed integrato dal Dlgs 238/05.

La norma prevede che tutti gli stabilimenti vengano sottoposti ad un programma di controllo da effettuarsi con periodicità stabilita in relazione alla potenziale pericolosità.
Le verifiche ispettive devono essere finalizzate ad accertare l'adeguatezza della politica di prevenzione degli incidenti rilevanti posta in atto dal gestore e dei relativi sistemi di gestione della sicurezza.

Attualmente, poiché l'operatività delle leggi regionali in materia di incidenti rilevanti, rimane subordinata alla sottoscrizione dell'accordo di programma di cui all'articolo 72 del Dlgs 112/98, a tutt'oggi non ancora perfezionato per alcuna Regione, in attesa che venga approvato dalla Conferenza unificata un accordo quadro per la verifica dei presupposti per lo svolgimento delle funzioni amministrative in tale settore, le Regioni possono disporre verifiche ispettive unicamente presso stabilimenti a rischio di incidente rilevante non soggetti a presentazione di rapporto di sicurezza.

Il personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco potrà, qualora richiesto dalle Regioni, collaborare all'espletamento di tale attività secondo gli indirizzi di cui alla nota Prot.n.Dcpst/A4/RS/2078 del 23 settembre 2004.

Si ritiene che tale attività di collaborazione possa costituire anche un valido contributo a quella che i Comandi provinciali dei Vigili del fuoco competenti per territorio, ai fini della prevenzione incendi, e il Comitato tecnico regionale per la prevenzione incendi, quale autorità preposta al controllo e la vigilanza su tutte le aziende a rischio, sono chiamati a svolgere presso stabilimenti per i quali, pur in mancanza del rapporto di sicurezza, devono essere effettuate le valutazioni utili alla pianificazione del territorio e dell'emergenza esterna.

Per quanto riguarda, invece, gli stabilimenti soggetti a presentazione del rapporto di sicurezza — oltre ai sopralluoghi in corso di istruttoria, effettuati dai Comitati tecnici regionali integrati ai sensi dell'articolo19 del Dlgs 334/99, al fine di a garantire che i dati e le informazioni contenuti nel rapporto stesso descrivano fedelmente la situazione dello stabilimento — il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio dispone, nel transitorio, verifiche ispettive ai sensi del Dm 5 novembre 1997 (cfr. decreti di nomina delle commissioni incaricate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio di effettuare verifiche ispettive per l'anno 2006).

Tali verifiche, così come quelle disposte dalla Regione, devono comunque essere svolte al fine di consentire un esame pianificato e sistematico dei sistemi tecnici, organizzativi e gestionali applicati nello stabilimento, per garantire che il gestore possa comprovare di aver adottato misure di prevenzione adeguate, di disporre di mezzi sufficienti a limitare le conseguenze e di non aver modificato la situazione dello stabilimento rispetto i dati e le informazioni contenuti nell'ultimo rapporto di sicurezza presentato (cfr. articolo 25, comma 1 bis, del Dlgs 334/99 e lettera circolare prot.Dcpst/A4/RS/3600 del 20 dicembre 2005).

In tal senso, si prega di volere sensibilizzare i funzionari VF incaricati di effettuare tali visite ispettive al fine di agevolare l'attività di controllo di competenza del Ctr.

Si confida sulla consueta attenzione nell'espletamento dell'attività in argomento, della quale, in relazione alla rilevanza di alcuni aspetti di carattere sia tecnico che amministrativo, si riconosce la particolare complessità.

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Depositi e/o rivendite liquidi infiammabili: quadro normativo

ID 6801 | | Visite: 91236 | Prevenzione Incendi

Depositi   rivendite liquidi infiammabili quadro normativo

Depositi e/o rivendite liquidi infiammabili e/o combustibili: quadro normativo

ID 6801 | Rev. 1.0 del 29.01.2020

I depositi di liquidi infiammabili e/o combustibili con capacità geometrica maggiore di 1 m3 (oltre all'attività di rivendita), sono presenti come magazzini in molte attività lavorative.

Al superamento di tale soglia l'attività rientra come attività soggetta a PI di cui al punto 12 del D.PR. 151/2011 con RTV di riferimento di cui al DM 31/07/34.

Come detto i depositi e/o rivendite di liquidi infiammabili vari (cosiddetti "oli minerali") rientrano nell'attività di cui al punto 12 del D.PR. 151/2011:

Attività 12 Attività 12.1.A Attività 12.2.B Attività 12.3.C
Depositi e/o rivendite di liquidi infiammabili e/o combustibili e/o oli lubrificanti, diatermici, di qualsiasi derivazione, di capacità geometrica complessiva superiore a 1 mc Depositi e/o rivendite di liquidi con punto di infiammabilità sopra i 65 °C, con capacità da 1 a 9 mc (esclusi liquidi infiammabili). Depositi e/o rivendite di liquidi con punto di infiammabilità sopra i 65 °C, con capacità superiore a 9 e fino 50 mc; depositi e/o rivendite di liquidi infiammabili con capacità da 1 a 50 mc. Depositi e/o rivendite di liquidi infiammabili e/o combustibili e/o oli lubrificanti, diatermici, di qualsiasi derivazione, di capacità geometrica complessiva superiore a 50 mc.

Equiparazione con le attività di cui all’allegato ex DM 16/02/1982

La nuova attività, che unifica sostanzialmente le precedenti del DM 16/02/1982, non distingue più, per l’assoggettabilità ai controlli di prevenzione incendi, le attività a secondo l'uso:
commerciale, industriale, agricolo, artigianale o privato e fissa, per l’assoggettabilità, un unico limite è il quantitativo superiore ad 1 m3 (capacità geometrica).

n. DM 16/02/1982
15 Depositi di liquidi infiammabili e/o combustibili:
a) per uso industriale o artigianale con capacità geometrica complessiva da 0,5 a 25 mc
 b) per uso industriale o artigianale o agricolo o privato, per capacità geometrica complessiva superiore a 25 mc
(Testo come modificato dal D.M. 27/03/1985)
16

Depositi e/o rivendite di liquidi infiammabili e/o combustibili per uso commerciale:

- per capacità geometrica complessiva da 0,2 a 10 mc
- per capacità geometrica complessiva superiore a 10 mc

17 Depositi e/o rivendite di oli lubrificanti, di oli diatermici e simili per capacità superiore ad 1 mc

Le norme e chiarimenti

Norma Titolo Data
DM 31/07/34 Approvazione delle norme di sicurezza per la lavorazione, l’immagazzinamento,  l’impiego o la vendita di oli minerali, e per il trasporto degli oli stessi. 31/07/1934
Circolare n. 132 del 22 dicembre 1962 Depositi ed impianti di olii minerali. Norme di sicurezza integrative di quelle stabilite nel decreto ministeriale 31 luglio 1934. 22/12/1962
Lettera Circolare 16/01/75, n° 32343/4112 Depositi commerciali misti di oli minerali di capacità inferiore a 16 mc e superiori a mc 10. 16/01/1975
Lettera circolare n. 1607/4112 del 23/01/1976 Stabilimenti di lavorazione, depositi di olii minerali - Misure di sicurezza. 23/01/1976
Chiarimento 20/12/96, n° P2586/4112 sott. 53 D.M. 31 luglio 1934 - Categorie e distanze di sicurezza per depositi commerciali misti di oli minerali. Quesito 20/12/1996
Circolare prot. n. 6178 del 8 maggio 2014 D.P.R. 151/11. Liquidi con punto di infiammabilità superiore 65°C di cui alle attività 12 e 13 dell'Allegato I. 08/05/2014
Nota n. 17382/2013 del 27 dicembre 2013

Gasolio in contenitori-distributori rimovibili per autotrazione.
D.M. 31 luglio 1934. Liquidi combustibili di categoria C.

27/12/2013

Il Documento completo in allegato:

Depositi iquidi infiammabili

Classificazione degli oli minerali, dei residui delle miscele carburanti

DM 31/07/34

Titolo II Classificazione degli oli minerali, dei residui delle miscele carburanti

1. Le sostanze delle quali si tratta sono raggruppate nelle seguenti categorie:

Categoria A - Liquidi i cui vapori possono dare luogo a scoppio
Derivati del petrolio e liquidi aventi un punto di infiammabilità inferiore a 21°C: petroli greggi per raffinazione, etere di petrolio, benzine; e inoltre alcune sostanze che entrano nella composizione di miscele carburanti, come benzolo ed etere solforico, nonchè le miscele medesime quando contengono più del 10 per cento di benzina, di benzolo, o di etere. Queste miscele possono anche contenere speciali sostanze antidetonanti.

Categoria B - Liquidi infiammabili
Petrolio raffinato, e liquidi aventi un punto di infiammabilità fra 21°C e 65°C compresi; acqua ragia minerale (white spirit); e inoltre gli alcooli (etilico e metilico) in quanto usati per la composizione di miscele carburanti.

Categoria C - Liquidi combustibili
Oli minerali combustibili (cioè residui della distillazione, per combustione), nonchè liquidi aventi un punto di infiammabilità da oltre 65°C sino a 125°C compreso; ed oli minerali lubrificanti (nonchè oli minerali bianchi), con un punto di infiammabilità superiore a 125°C. Il limite di 65°C per la temperatura degli oli combustibili è in relazione a peculiari caratteristiche di alcuni prodotti non completamente scevri di tracce di oli leggeri.

Qualora il punto di infiammabilità sia inferiore a 65°, ma non sotto i 55°, la prova del grado di infiammabilità deve essere completata da una prova di distillazione frazionata, nella quale non si dovrà avere, a 150°, più del 2 per cento di distillato. In questa categoria C sono anche compresi i residui della distillazione, per raffinazione (Mazut, Astaki, Pakura, ecc.), da rilavorare con piroscissione (cracking o altri processi; nonchè i residui distillati per motori a combustione interna (Gasoil, Motol, Carburol, Petrolina, Motorina, ecc.). Fra le varie specie di prodotti petroliferi derivati dagli oli minerali o in ciclo di lavorazione, sono infine da annoverare: la vaselina, la paraffina, il bitume del petrolio e il coke del petrolio.

Equivalenza fra le varie specie di liquidi

DM 31/07/34

Titolo II Classificazione degli oli minerali, dei residui delle miscele carburanti
...

4. L'equivalenza fra benzina (e sostanze carburanti ad essa equiparate), petrolio, oli combustibili e oli lubrificanti, è rappresentata rispettivamente dai nn. 1, 10, 40 e 60.
Ne consegue che, ad esempio, un deposito contenente 10 mc di benzina, 50 mc di petrolio 1.200 mc di oli combustibili e 1.800 mc di oli lubrificanti, equivale ad un deposito di sola benzina della capacità di 75 mc, e cioè: 10 + 50/10 + 1.200/40 + 1.800/60 = 75 mc.
Questo computo è necessario per la definizione della classe del deposito e la conseguente determinazione delle distanze di rispetto da osservare, come viene specificato in seguito.

Limiti Esenzioni 

DM 31/07/34
...
Sono esenti dall'osservanza delle presenti norme di sicurezza i seguenti quantitativi, pur dovendo osservarsi anche per essi le abituali cautele occorrenti nel maneggio e nell'impiego di liquidi infiammabili:

1. Per uso privato e per le farmacie
1.1 Nell'abitato:

Benzina litri 36
Petrolio litri 54
Oli combustibili e lubrificanti, in complesso Kg 200

1.2 Fuori dell'abitato:
Benzina litri 150
Petrolio litri 500
Oli combustibili e lubrificanti, in complesso Kg 2.000

2. Per piccole rivendite

2.1 Fuori dell'abitato, o nei centri rurali:
Benzina litri 18
Petrolio litri 36
Oli combustibili e lubrificanti, in complesso Kg 200
Può essere variata la proporzione fra benzina e petrolio, purchè il totale non superi i 54 litri.
Non è consentita la sostituzione di oli con benzina e petrolio.

3. Per uso agricolo o industriale
Benzina e petrolio, in complesso mc 5
Oli combustibili e lubrificanti, in complesso mc 20

Frantoi oleari / Oleifici

I depositi di olio di oliva vergine costituiscono un'attivita soggetta al controllo dei vigili del fuoco in quanto, per quantitativi di olio maggiori di 1 m3, sono ascrivibili all'attività di cui al punto 12 dell'Allegato I del DPR 151/2011.

Per tali attività è stata predisposta, da parte dell’Associazioni di categoria (F.O.O.I. - Filiera Olivicola Olearia Italiana) e degli Uffici della Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica, una specifica linea guida che si riporta di seguito von Nota VVF prot. n. 12622 del 26-09-2017 relativa alle linee guida per i depositi di olio vegetale

Con l'obiettivo di fornire un supporto concreto alle imprese del settore, indicando gli elementi indispensabili per assicurare il corretto adempimento degli obblighi in materia di prevenzione degli incendi, sono state predisposte le "Linee guida di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio delle attività di frantoio oleario- oleificio".

Quesiti VVF

Attività 12: Depositi e/o rivendite di liquidi infiammabili e/o combustibili e/o oli lubrificanti, diatermici, di capacità > 1 m3.

Domanda:
Un frantoio oleario, per la molitura di olive e produzione olio e che detiene olio extravergine d'oliva superiore a 25 mc, è soggetto al DPR 151/2011?

Risposta:
Il deposito di olio in un frantoio può essere ricompreso al punto 12 dell'allegato al DPR 151/2011 in funzione della quantità depositata.

Domanda:
Una attività in possesso di CPI per le attività ex 72-15-17-20-91 del D.M. 16/02/1982, all'atto della presentazione della attestazione periodica di conformità antincendio, essendo le attività 15,17 e 20 state accorpate nell'attività 12, la devo considerare tre volte?

Risposta:
Nel processo di semplificazione avviato dal DPR 151/2011 è stata operata altresì una rielaborazione ed accorpamento delle attività soggette agli obblighi di prevenzione incendi.
Pertanto, nel caso esposto, le attività da inserire nell'attestazione periodica di conformità antincendio e per le quali deve essere effettuato il versamento sono: att. 54, 74 e 12, quest'ultima considerata una sola volta.
Resta inteso che, qualora i depositi e/o rivendite di cui all'attività 12, si configurano come attività distinte e separate, esse andranno conteggiate separatamente.

Domanda:
Un deposito o rivendita di lubrificanti e/o di oli diatermici di capacità 4 mc è ricompreso al punto 12 cat. A o 12 cat. B?

Risposta:
I depositi e/o rivendite di liquidi combustibili e/o oli lubrificanti, diatermici, di qualsiasi derivazione rientrano in categoria "A" se hanno un punto di infiammabilità superiore a 65 °C e capacità geometrica compresa tra 1 e 9 mc.

Domanda:
Nel caso di un'azienda agricola in cui è presente una cisterna per il deposito di gasolio agricolo di capacità inferiore a 1 mc, quali sono gli adempimenti in relazione alle novità introdotte con il DPR 151/2011, e quali i requisiti che devono possedere la cisterna ed il locale in cui è posizionata?

Risposta:
Una cisterna di gasolio di capacità inferiore a 1 mc non rientra tra le attività sottoposte ai controlli di prevenzione incendi in base al DPR 151/2011. Se il gasolio è contenuto in un "contenitore-distributore mobile" per macchine in uso presso l'azienda agricola, devono essere rispettate le norme contenute nel d.m. 19 marzo 1990. Qualora il deposito non abbia la suddetta caratterizzazione, devono essere rispettate le norme contenute nel d.m. 31 luglio 1934.

Domanda:
Un'azienda agricola, in cui sia presente un deposito a tettoia aperta, con più di 50.000 kg di fieno, posto in adiacenza ad una stalla, a distanza minore di 100 m da abitazione interna all'azienda, deve essere considerata soggetta alla valutazione del progetto e quindi alla procedura di SCIA?

Risposta:
Rispetto ai fabbricati ubicati all'interno dell'azienda agricola non si configura la "distanza di sicurezza esterna" ma "interna." Pertanto, nel caso in esame, non pare sussistere attività soggetta, a meno che non vi siano fabbricati esterni all'azienda in un raggio inferiore ai 100 metri.

Domanda:
In un'azienda agricola è presente un frantoio di olive. Secondo la tabella delle attività soggette allegata al D.M. 16/02/1982, l'impianto risultava non soggetto al certificato di prevenzione incendi in quanto molto inferiore al limite di 25 mc previsto nell'ex punto 15B. A seguito delle modifiche apportate dal nuovo regolamento, un deposito di olio d'oliva in quale attività può essere classificato?

Risposta:
Un deposito di olio d'oliva rientra fra le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi se di capacità geometrica complessiva superiore ad 1 mc, essendo in questo caso ricompreso al punto 12 dell'allegato al DPR 151/2011.

Domanda:
Un frantoio oleario, con annesso deposito di olio extravergine di oliva in tre silos di capacità 16 mc cadauno, costituisce attività soggetta al rilascio di certificato di prevenzione incendi?

Risposta:
Nel caso specifico si configura l'attività 12B dell'allegato al DPR 151/2011, per la presenza di un deposito di liquidi combustibili in quantità fino a 50 mc.

DM 31 Luglio 1934 Coordinato VVF 2019

DM 31 Luglio 1934

Aggiornamento 29.09.2021

Approvazione delle norme di sicurezza per la lavorazione, l'immagazzinamento, l'impiego o la vendita di oli minerali, e per il trasporto degli oli stessi

Testo coordinato con modifiche successive (D.M. 12 maggio 1937, D.M. 1° dicembre 1975, D.M. 24 febbraio 1995, ecc.) con chiarimenti e commenti a cura dell’autore (in corsivo rosso).

Fonte: Corpo Nazionale Vigili del Fuoco

Ed. VVF V1. 2015
Ed. VVF V2. 2018
Ed. VVF 2019


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29.01.2020 1.0 Circolare n. 132 del 22 dicembre 1962
Circolare prot. n. 6178 del 8 maggio 2014

Nota n. 17382/2013 del 27 dicembre 2013
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Decreto Legge 10 ottobre 1935 n. 2472

ID 10125 | | Visite: 3327 | Prevenzione Incendi

RDL 10 ottobre 1935 n  2472

Regio Decreto Legge 10 ottobre 1935 n. 2472

Organizzazione provinciale e coordinazione nazionale dei servizi pompieristici.

(GU n. 32 del 08.02.1936)

Art.1 E' istituito e posto alla diretta dipendenza del Ministero dell'interno il Corpo pompieri per la prevenzione ed estinzione incendi e per soccorsi tecnici in genere. I servizi del Corpo hanno organizzazione provinciale, con comando nel capoluogo delle Provincie e distaccamenti nei centri più importanti; vengono effettuati mediante contributo obbligatorio di tutti i Comuni della Provincia.

Provvedimento abrogato dal D.L. 22 dicembre 2008, n. 200, convertito con modificazioni dalla L. 18 febbraio 2009, n. 9

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