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Cassazione Penale, Sez. 4, 01 luglio 2016, n. 27066

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Cassazione Penale, Sez. 4, 01 luglio 2016, n. 27066 - Infortunio mortale con un carrello elevatore. Responsabilità del guidatore e del datore di lavoro

l. S.A. e S.EM. sono stati tratti a giudizio davanti al Tribunale di Brescia per rispondere del reato previsto e punito dagli artt. 41 e 589 commi 1 e 2 c.p., per aver concorso, nelle rispettive qualità di legale rappresentante della S. Costruzioni srl (la S.A.) e di dipendente (il S.EM.), a cagionare la morte del dipendente P.V. per colpa generica (costituita da imperizia, imprudenza e negligenza) e per colpa specifica (costituita dalla violazione degli artt. 64 comma 1 lett. a), 71 comma 1 e 71 comma 4 lett. a) punti 1 e 2 del d. Lgvo n. 81/08.
Era accaduto che, in Castiglione delle Stiviere il 10 aprile 2009, il S.EM. aveva investito il collega P.V. con un carrello elevatore, per distrazione e per mancato corretto controllo del veicolo guidato, mentre entrambi erano impegnati in incombenze lavorative; tale evento era causato altresì dalla inidoneità del luogo di lavoro rispetto ai requisiti previsti dalla normativa antifortunistica in materia di delimitazione e separazione delle vie di circolazione dei mezzi di passaggio o stazionamento dei lavoratori a piedi (art. 64 citato), oltre che da carenze di sicurezza riscontrate nel carrello elevatore de quo in relazione al mancato funzionamento dell'avvisatore acustico e del girofaro, all'assenza di specchio retrovisore ed allo stato deteriorato delle gomme (art. 71 citato).
Tali condotte, secondo l'assunto accusatorio cristallizzato nel capo di imputazione, avevano determinato l'infortunio sul lavoro ed il conseguente grave traumatismo contusivo che infine portava al decesso del P.V..

2. Il Tribunale di Mantova, Sez. dist. di Castiglione delle Stiviere, con sentenza emessa in data 14 febbraio 2012 ad esito di dibattimento (non appellata e, dunque, passata in giudicato nei confronti di S.EM.), ha dichiarato entrambi gli imputati responsabili del delitto di omicidio colposo e, esclusa l'aggravante della violazione delle norme antinfortunistiche per il solo S.EM., concesse ad entrambi le attenuanti generiche, equivalenti all'aggravante contestata alla S.A., ha condannato ciascuno alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione, con concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione.

3. La Corte di appello di Brescia, con sentenza emessa in data 3 dicembre 2014, ha confermato la sentenza emessa dal giudice di primo grado, appellata dalla sola imputata S.A., salvo che in punto di trattamento sanzionatorio, laddove ha ridotto la pena inflitta alla S.A. ad anni uno di reclusione. 

4. Avverso la sentenza emessa dalla Corte territoriale propone ricorso per cassazione, a mezzo di difensore di fiducia, la S.A., che denuncia vizio di motivazione in punto di ricostruzione della dinamica del sinistro e conseguente violazione del canone decisorio di cui all'art. 533 c.p.p.

Al riguardo, la ricorrente: fa presente che, ferma restando la posizione di quiete del P.V., vi era stata discordanza tra il sormontamento del corpo del P.V. con le ruote del mezzo (sostenuto dal consulente medico legale del PM in considerazione delle lesioni riportate) e lo schiacciamento della vittima tra la carrozzeria del mezzo ed un muretto (ipotizzato dai tecnici dell'Asl, in considerazione della polvere sulla carrozzeria del mezzo). Si lamenta del fatto che la Corte territoriale aveva ritenuto irrilevante stabilire l'esatta dinamica del sinistro (se un investimento con sormontamento, e in questo caso, da quale direzione, ovvero lo schiacciamento involontario della vittima contro il muro, in ripartenza). Sottolinea che il S.EM., dopo aver investito il collega, aveva mentito, sostenendo la tesi del malore, anteponendo la sua impunità alle eventuali residue chanches di sopravvivenza dei P.V.. Rileva che, a fronte delle evenienze che precedono, non poteva definirsi remota l'ipotesi dello scherzo finito male. Conclude affermando che, in mancanza di una ricostruzione attendibile, non poteva essere affermata la sua responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio.

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Cassazione Penale, Sez. 4
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