Slide background




Circolare n. 132 del 22 dicembre 1962

ID 9984 | | Visite: 4584 | Prevenzione Incendi

Circolare n. 132 del 22 dicembre 1962

MINISTERO DELL’INTERNO
DIREZIONE GENERALE DEI SERVIZI ANTINCENDI

Circolare N. 132
Ispett. Tecn./ Prev.
Prot. N° 45539/4112
Roma, 22 dicembre 1962


OGGETTO: Depositi ed impianti di olii minerali. Norme di sicurezza integrative di quelle stabilite nel decreto ministeriale 31 luglio 1934.

Con l’evoluzione sempre più importante e rapida dell’industria petrolifera e petrolchimica si è profondamente alterata, per dimensioni ed altre caratteristiche, la situazione dei relativi stabilimenti in base alla quale furono compilate le norme di sicurezza di cui al decreto ministeriale 31 luglio 1934.

Lo sviluppo verificatosi nel settore petrolifero ha determinato, in particolare, la necessità di realizzare ingenti depositi di olii minerali, della potenzialità di parecchie centinaia di migliaia di metri cui tra greggio e prodotti finiti, nonchè di installare serbatoi di capienza singola superiore anche ai 50.000 mc, con diametro ed altezza molto maggiori di quelli che erano normalmente in esercizio al momento della compilazione delle norme di sicurezza innanzi citate.

La capacità di alcuni serbatoi, recentemente installati, ha fatto sorgere nuovi problemi nei confronti degli argini o dei muri di contenimento i quali, a loro volta, tendono a crescere oltre ogni limite determinando così anche delicati problemi circa la loro stabilità per l’aumentare delle pressioni in gioco.

Inoltre nelle nuove condizioni, come si è avuto modo di constatare, la difesa antincendi degli stabilimenti petroliferi, che ha per presupposto fondamentale la possibilità di impiegare mezzi mobili anche da terra in aggiunta all’azione degli impianti fissi, o per l’inefficienza di questi, diventa sempre più difficile se non addirittura impossibile.

Infatti l’impiego di lance schiumogene a mano, il cui getto può essere diretto con immediatezza dalla volontà intelligente dell’operatore, nonchè quello anche massiccio di cannoni schiumogeni - di maggiore potenza ma di minore maneggevolezza -, non offre le necessarie garanzie circa il risultato positivo della manovra, giacché i getti a grande distanza ed altezza sono fortemente sfrangiati, subiscono l’azione del vento, presentano grande difficoltà a colpire dal basso, con efficacia, il bersaglio costituito da un semplice anello circolare, nel caso di incendio di serbatoio a tetto galleggiante e, in definitiva, risultano di scarsa efficacia, quando addirittura non riescono a raggiungere l’obiettivo.

Oltre a ciò è da rilevare il fatto che, nel caso d’impiego dei cannoni schiumogeni, si verifica - per la rilevante portata di essi - un enorme consumo di liquido schiumogeno che crea problemi di approvvigionamento e di trasporto - non attraverso condutture - di difficile soluzione in caso di necessità.

Le difficoltà di intervento innanzi esposte sono ulteriormente accresciute dalla tendenza, da parte delle società che gestiscono le raffinerie o i depositi petroliferi, a costruire, per motivi di spazio, bacini di contenimento circondati da muri di altezza sempre maggiore, costituenti come un bastione, il che rende ancora più difficile ogni manovra efficace da terra.

Misure integrative al Decreto ministeriale 31 luglio 1934 (ndr)

Ciò premesso questo Ministero, allo scopo di limitare il volume di un eventuale incendio negli impianti petroliferi, di garantire la dovuta stabilità ai muri dei bacini di contenimento e di rendere possibile un’efficace azione di soccorso, anche nell’ipotesi che gli impianti fissi andassero fuori servizio, è venuto nella determinazione di emanare le seguenti norme di sicurezza che, preliminarmente, sono state sottoposte all’esame ed al parere della Commissione consultiva per le sostanze esplosive ed infiammabili:

1) i serbatoi destinati a contenere petrolio greggio o prodotti definiti di categoria A e B, ai sensi delle vigenti disposizioni, devono essere a tetto galleggiante qualora la loro capacità geometrica superi 1.500 mc.
Per i serbatoi destinati a contenere i prodotti di categoria C, si consiglia l’adozione del tetto galleggiante quando la loro capacità superi 20.000 mc.
2) Premesso che, in linea di massima sono preferibili gli argini in terra ai muri di contenimento, l’altezza sul piano di campagna dei muri, di norma, non deve superare 4 metri. Solo in casi eccezionali, da giustificare di volta in volta, l’altezza dei muri può superare i 4 metri.
Gli argini di terra ed i muri di contenimento devono essere stagni.
3) I muri dei bacini a pianta poligonale devono essere calcolati tenendo conto dei seguenti fattori resistenti:
I) peso proprio;
II) peso del liquido ipotizzato che, riempiendo il bacino, agisce per gravità sulla eventuale suola interna della fondazione del muro;
III) peso del terreno che grava su detta suola e su quella eventuale esterna;
IV) qualunque altro fattore che concorra alla resistenza.
Come fattori ribaltanti devono essere considerati i seguenti:
I) la pressione idrostatica agente sul muro per tutta l’altezza della sua proiezione verticale comprendente anche la fondazione;
II) la sottospinta idrostatica, che però potrà essere trascurata in parte o del tutto solo quando il muro è incastrato in roccia sana ed eseguito con ogni accuratezza in modo da assicurare una parziale o totale monoliticità con la fondazione;
III) qualunque altro fattore che concorra a provocare il ribaltamento.
4) Il coefficiente di sicurezza, inteso come il rapporto fra i valori del momento resistente e di quello ribaltante, deve essere di almeno 1,2. Particolare cura deve essere tenuta nella costruzione dei raccordi di spigolo dei muri di contenimento. In tali zone dovrà essere assicurata la resistenza agli sforzi di trazione e di flessione.
5) I muri di contenimento a pianta circolare devono essere dimensionati in base ai procedimenti della scienza delle costruzioni, tenendo conto di tutte le forze attive e resistenti agenti su di essi.
6) In ogni caso deve essere curato, con opportuna scelta del terreno di posa, accurata esecuzione o adatti accorgimenti, che non possa verificarsi il sifonamento del liquido che invadesse il bacino.
7) Per i muri di altezza superiore a 4 metri deve essere previsto un passaggio di coronamento sul muro, largo almeno 1 metro, protetto da balaustra ai lati e con scale di accesso dall’esterno del bacino, poste a non più di 80 metri l’una dall’altra.
8) In ogni caso i serbatoi a tetto galleggiante dovranno avere, in sommità, un passeggiatoio posto all’esterno del mantello, largo almeno 80 cm e protetto, su entrambi i lati; le scale di accesso a tale ballatoio dovranno distare non più di 60 metri l’una dall’altra.
9) In corrispondenza dei punti di sbocco delle scale sul passeggiatoio di coronamento dei serbatoi, devono essere costruiti ripari in prosecuzione del mantello, alti 2 m sul piano di passaggio e larghi almeno 4 m, che consentano l’accesso ai soccorritori nonchè l’inizio delle operazioni di spegnimento.
10) Tra il passaggio di coronamento del muro di contenimento e quello del serbatoio devono essere costruite passerelle che consentano ai soccorritori di raggiungere direttamente la cima del serbatoio senza discendere nel bacino di contenimento.
11) L’altezza del serbatoio non deve superare, per più di 12 metri, l’altezza del muro di contenimento.
...

Collegati

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Circolare n. 132 del 22 dicembre 1962.pdf
 
321 kB 10

Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 1 del 23 Gennaio 2020

ID 9975 | | Visite: 2339 | Interpelli Sicurezza lavoro



Quesiti Sicurezza MLPS D.Lgs. 81/2008 Istanza di Interpello n. 1 del 23 Gennaio 2020

Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011
Con Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011 è stata istituita la Commissione per gli interpelli prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro (Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81) ed è stato attivato l’indirizzo di posta elettronica Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

I quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro possono essere inoltrati alla Commissione per gli interpelli, esclusivamente tramite posta elettronica, dagli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.

Le istanze di interpello trasmesse da soggetti non appartenenti alle categorie indicate o privi dei requisiti di generalità non potranno essere istruite. Non saranno pertanto istruiti i quesiti trasmessi, ad esempio, da studi professionali, associazioni territoriali dei lavoratori o dei datori di lavoro, Regioni, Province e Comuni.

Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza. Prima di inoltrare l’istanza si prega di verificare:

- che il quesito, concernente l’interpretazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro sia di carattere generale e non attenga a problematiche aziendali specifiche;
- che il soggetto firmatario rientri nelle categorie indicate. 

Nuovo Interpello del 23 Gennaio 2020 (n. 1/2020):

23/01/2020 - n. 1/2020 Regione Friuli Venezia Giulia
Art. 12, d.lgs. n. 81/2008 e smi - risposta ai quesiti in merito - all’applicazione della sanzione prevista per la violazione dell’art. 71 comma 7 e art. 73 comma 4 del D. Lgs 81/08”. 

Oggetto: art. 12, d.gs. n. 81/2008 e successive modificazioni in merito “all’applicazione della sanzione prevista per la violazione dell’art. 71 comma 7 e art. 73 comma 4 del D.Lgs. 81/08”.

La Regione Friuli Venezia Giulia ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione, in merito alla seguente problematica: «L'art. 69, comma 1, lettera e) del D. Lgs 81/08 definisce operatore: il lavoratore incaricato dell’uso di una attrezzatura di lavoro o il datore di lavoro che ne fa uso.

L’art. 71, co. 7, lettera a) del medesimo Decreto sancisce che “qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché: a) l’uso dell’attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una informazione, formazione ed addestramento adeguati.” Tale formazione, in relazione a quanto disposto dall’art. 73, comma 4, per le attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari, ha caratteristiche “tali da consentire l’utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai rischi che possano essere causati ad altre persone.”

Visto quanto previsto dall’art. 69, co. 1, lett. e) del Testo Unico, quindi, anche il datore di lavoro che utilizza le attrezzature di cui al comma 4 dell’art. 73 è considerato operatore e in quanto tale deve essere formato e abilitato al loro utilizzo.

Ciò premesso, in virtù di tale parificazione di fatto al lavoratore, si richiede se in caso di omessa abilitazione del datore di lavoro all’utilizzo di attrezzature di cui all’art. 73 co. 4 debba essere ascritta allo stesso la sanzione prevista dall’art. 87 - comma 2, lettera c), del D. Lgs. 81/08, in riferimento alla violazione di cui all’art. 71, comma 7, lettera a), del medesimo Decreto in relazione ai rischi che come un qualsiasi altro lavoratore potrebbe indurre ai terzi».

...

Consulta tutti gli Interpelli

Correlati:

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Interpello n. 1 2020.pdf
 
284 kB 7

Circolare prot. n. 6178 del 8 maggio 2014

ID 9971 | | Visite: 6972 | Prevenzione Incendi

Circolare prot. n. 6178 del 8 maggio 2014

OGGETTO: D.P.R. 151/11. Liquidi con punto di infiammabilità superiore 65°C di cui alle attività 12 e 13 dell'Allegato I.

Con riferimento ad alcune richieste di chiarimento concernenti l'oggetto, si rappresenta che quanto precisato nella nota DCPREV Prot.n.17382 del 27 dicembre 2013, può trovare applicazione anche per la classificazione delle attività di cui ai punti 12 e 13 dell'Allegato al D.P.R.151/11.

Collegati

Nota n. 17382/2013 del 27 dicembre 2013

ID 9969 | | Visite: 6450 | Prevenzione Incendi

Nota n. 17382/2013 del 27 dicembre 2013

OGGETTO: Gasolio in contenitori-distributori rimovibili per autotrazione.

D.M. 31 luglio 1934. Liquidi combustibili di categoria C.

Giungono a questa Amministrazione richieste di chiarimento in merito alla possibilità di utilizzare il gasolio con temperatura di infiammabilità T > 55 - 56 ° C nei contenitori-distributori rimovibili per autotrazione.

Al riguardo - sentito in proposito il Comitato Centrale Tecnico Scientifico per la Prevenzione Incendi - si ritiene ammissibile tale possibilità in considerazione del fatto che il D.M. 31 luglio 1934 prevede che anche i liquidi caratterizzati da un punto di infiammabilità inferiore a 65°, ma non sotto i 55°, con una frazione del distillato non maggiore del 2%, a 150° C, possano essere classificati liquidi di categoria C e quindi equiparati, dal punto di vista del rischio incendio e dei relativi sistemi di sicurezza, ai liquidi combustibili aventi un punto di infiammabilità superiore a 65° C.

Si evidenzia che i metodi e le apparecchiature da utilizzare per ricercare il punto di infiammabilità e per eseguire la distillazione frazionata del liquido devono essere quelli previsti dal citato decreto, ovvero funzionanti secondo gli stessi principi.

Collegati

Progetto CEI | Linee guida applicazione Norme CEI EN 62305

ID 9965 | | Visite: 4056 | News Sicurezza

Progetto CEI 1253

Progetto CEI | Linee guida applicazione Norme CEI EN 62305 (pubblicata la CEI 81-29)

ID 9965 | Update 05.2023

Linee guida per l'applicazione delle Norme CEI EN 62305 - C. 1253

Data limite 02/03/2020

Pubblicata la CEI 81-29:2020

CEI 81-29:2020 Linee Guida per l'applicazione delle Norme CEI EN 62305

Data pubblicazione: 11.2020

Questo Progetto fornisce informazioni per il corretto utilizzo delle Norme CEI EN 62305, mediante l'uso di:

1) note esplicative ai corrispondenti articoli della Norma; in particolare si segnalano i punti: "Nodo", "Densita' di fulmini a terra", "Perdita di vite umane" e "Punto caldo";

2) precisazioni e informazioni supplementari su specifici argomenti quali:

- le influenze ambientali e di posizionamento della spira negli effetti induttivi sulle linee e sui circuiti.
- la valutazione della frequenza di danno F.
- la protezione contro le sovratensioni, necessaria per ridurre la frequenza F di danno alle apparecchiature.
- la probabilità PSPD che un Sistema di SPD fallisca la sua missione di protezione delle apparecchiature;
- un metodo semplificato per la scelta e il dimensionamento, con l’aiuto di grafici e di esempi, di un Sistema di SPD che riduca la frequenza di danno .F

La presente Guida può essere utilizzata solo congiuntamente alla serie di Norme CEI EN 62305:2013.

...

Fonte: CEI

Collegati:

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato C1253.pdf
Progetto CEI C. 1253
1149 kB 31

Istruzione operativa INAIL del 23 gennaio 2020 | Riders

ID 9954 | | Visite: 4453 | News Sicurezza

Istruzione operativa INAIL del 23 gennaio 2020

Istruzione operativa INAIL del 23 gennaio 2020 | Riders

Online le prime indicazioni sull’estensione della tutela ai “ciclofattorini” che, come previsto dalla normativa vigente, decorrerà dal 1° febbraio. Successivamente, l’Istituto pubblicherà una circolare in cui il nuovo regime sarà approfondito in maniera più dettagliata

L’Inail ha pubblicato una nota con le prime istruzioni relative all’estensione dell’obbligo assicurativo ai rider che decorrerà dal 1° febbraio. Destinatarie le imprese di “delivery”, ovvero di consegna, che utilizzano piattaforme anche digitali e impiegano i ciclofattorini, definiti dal decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, convertito con modificazioni dalla legge n.128/2019 “lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore, attraverso piattaforme anche digitali”.

Chi deve mettersi in regola: termini e adempimenti. La nota, a cui seguirà una circolare Inail più dettagliata, fornisce istruzioni su come mettersi in regola per non incorrere nell’evasione del nuovo obbligo assicurativo. Ecco cosa deve fare il datore di lavoro. Se si tratta di un’impresa che non ha già un codice ditta e una posizione assicurativa territoriale Inail (Pat), dovrà trasmettere all’Inail, in via telematica entro il 1° febbraio o prima di questa data, la denuncia d’iscrizione e le informazioni utili alla valutazione del rischio e al calcolo del premio assicurativo, per tutte le attività svolte tra cui la consegna dei beni per conto altrui. Se, invece, l’impresa è già registrata, entro 30 giorni dalla data di decorrenza del nuovo regime assicurativo, è tenuta a presentare la denuncia di variazione delle attività, comunicando le successive modificazioni di estensione e di natura del rischio rispetto a quello già coperto dall’assicurazione, con riferimento all’attività di consegna di beni per conto altrui attraverso lavoratori autonomi precedentemente non denunciati.

Necessario indicare il mezzo utilizzato per individuare la voce di rischio. Oltre alla lavorazione svolta dal rider, è fondamentale indicare il mezzo utilizzato per le consegne (scooter, bici o altro, oppure a piedi) e la percentuale delle attività eseguite in relazione ai diversi mezzi, per esempio con bicicletta o ciclomotore 70%, auto o altro mezzo di trasporto 15%, a piedi 15%, perché la voce di rischio da attribuire alle lavorazioni può variare in funzione del mezzo usato per le consegne. Il Testo unico per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali stabilisce infatti che il premio di assicurazione Inail è determinato in base al tasso di rischio corrispondente all’attività svolta.

Il premio è totalmente a carico dell’impresa e deve essere versato in anticipo. Per determinare le retribuzioni presunte, le aziende di delivery dovranno moltiplicare il numero delle giornate di effettiva attività che si presume saranno svolte dai rider, per il valore della retribuzione giornaliera convenzionale, al momento pari a 48,74 euro. Con l’autoliquidazione 2021 sarà poi stabilito il premio assicurativo dovuto per il 2020 in base alla retribuzione giornaliera convenzionale aggiornata e al numero complessivo delle giornate di attività effettivamente prestate dai lavoratori per quest’anno. In base alle informazioni raccolte, l’Inail invierà tramite Pec il certificato di assicurazione e conteggio del premio oppure il certificato di variazione e conteggio del premio, in cui è stabilito l’importo del premio da versare, in via anticipata, per il 2020 tramite F24 entro il termine indicato.

Stesse prestazioni dei lavoratori dipendenti in caso di infortunio e malattia professionale. Con il nuovo regime assicurativo ai rider spettano le stesse prestazioni previste per i lavoratori dipendenti. Per ottenerle, però, i ciclofattorini dovranno dare immediata notizia al datore di lavoro di qualsiasi infortuno gli accada, anche di lieve entità o denunciare la malattia professionale. Per assolvere quest’obbligo, il lavoratore deve fornire all’impresa il numero identificativo del certificato medico di infortunio, la data di rilascio e i giorni di prognosi indicati nel certificato stesso. L’obbligo di denuncia di infortunio o malattia professionale da parte del datore di lavoro decorre dalla data in cui gli sono stati notificati gli estremi del certificato medico. I rider sono, quindi, assicurati per tutti gli eventi infortunistici, incluso l’infortunio in itinere.

_________


Oggetto: copertura assicurativa lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore, attraverso piattaforme anche digitali (c.d. riders) – art. 47-septies del decreto legislativo n. 81 del 2015 introdotto dal comma 1, lettera c), della legge 2 novembre 2018, n.128.

Prime istruzioni operative.

Con la presente nota, si forniscono le prime istruzioni utili per la corretta applicazione delle nuove disposizioni che hanno esteso l’obbligo assicurativo ai lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore, attraverso piattaforme anche digitali (c.d. riders), rinviando alla successiva circolare in corso di adozione la trattazione più approfondita del nuovo regime assicurativo che decorre dal 1° febbraio 2020.

Soggetti tutelati e attività lavorative assicurate

L’articolo 1 del decreto-legge 3 settembre 2019, n.101, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 novembre 2019, n. 128, ha modificato il decreto legislativo n. 81 del 2015, con l’inserimento dell’art. art. 47-septies2 che ha esteso l’obbligo assicurativo Inail ai lavoratori autonomi che svolgono attivita' di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l'ausilio di velocipedi o veicoli a motore di cui all'articolo 47, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, attraverso piattaforme anche digitali”.

In virtù di tale disposizione, la tutela assicurativa Inail è estesa, dal 1° febbraio 2020, ai lavoratori autonomi che svolgono la predetta attività di consegna anche secondo tipologie contrattuali di lavoro autonomo occasionale, posto che essa era già operante per i lavoratori dipendenti e i lavoratori parasubordinati che prestano la medesima attività.

Soggetti tenuti all’obbligo assicurativo e relativi adempimenti. Termini per le denunce di iscrizione e di variazione. Determinazione delle retribuzioni presunte 2020 e pagamento del premio assicurativo.

Il committente e, cioè, l’impresa di delivery (consegna) che utilizza la piattaforma anche digitale è tenuto, ai sensi del citato art. 47-septies, comma 25, dal 1° febbraio 2020, agli specifici adempimenti posti a carico del datore di lavoro, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n.1124.

In particolare, il predetto soggetto, ove non già titolare di codice ditta e di specifica posizione assicurativa territoriale Inail, deve trasmettere all’Istituto, ai sensi dell’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, mediante modalità telematiche, contestualmente alla data d’inizio delle attività (1° febbraio 2020) o prima di tale data, la denuncia di iscrizione, fornendo le informazioni utili alla valutazione del rischio e al calcolo del premio assicurativo, per tutte le attività svolte, tra le quali l’attività di consegna dei beni per conto altrui.

Qualora, invece, l’impresa di delivery sia già titolare di codice ditta e di posizione assicurativa territoriale, la stessa è tenuta a presentare la denuncia di variazione delle attività, comunicando le successive modificazioni di estensione e di natura del rischio rispetto a quello già coperto dall’assicurazione, entro 30 giorni 6 dalla data di decorrenza dell’obbligo assicurativo, con riferimento all’attività di consegna di beni per conto altrui avvalendosi di lavoratori autonomi precedentemente non denunciati.

La violazione dei termini indicati configura evasione dell’obbligo assicurativo, con applicazione delle sanzioni civili previste dalla vigente normativa.

Nelle denunce di esercizio o di variazione il soggetto assicurante deve dichiarare la lavorazione svolta dai lavoratori autonomi in questione, indicando anche il tipo (o i tipi) di mezzi utilizzati dai riders per effettuare le consegne. Ciò in quanto la voce di rischio da attribuire alle lavorazioni può variare in funzione del diverso mezzo utilizzato per le consegne. Nelle denunce dovrà, altresì, essere indicata la stima della percentuale delle consegne dei beni in relazione ai diversi mezzi di trasporto utilizzati,
compresa la modalità a piedi (ad esempio, consegna merce con velocipede 50%, con ciclomotori 30%, con auto o furgoni 5%, senza l’ausilio di mezzi di trasporto 15%).

A norma del decreto interministeriale 27 febbraio 2019, l’attività esercitata dai lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore, attraverso piattaforme anche digitali, è classificata alla voce 0721 delle Nuove Tariffe dei premi Inail, che esplicitamente prevedono, in detta voce, il Servizio di consegna merci in ambito urbano svolto con l’ausilio di veicoli a due ruote o assimilabili effettuato a sé stante,
nel cui ambito rientra anche la consegna senza mezzi di trasporto.

L’utilizzo di mezzi di trasporto diversi da quelli indicati dalla norma e dallo specifico riferimento del nomenclatore tariffario sopra riportato comporta, invece, l’attribuzione di una diversa voce di tariffa.

Ai fini del calcolo dell’importo del premio, l’art. 47-septies prevede, al secondo periodo, che il premio di assicurazione INAIL e' determinato ai sensi dell'articolo 41 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, in base al tasso di rischio corrispondente all'attività svolta. Ai fini del calcolo del premio assicurativo, si assume come retribuzione imponibile, ai sensi dell'articolo 30 del decreto delì Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, la retribuzione convenzionale giornaliera di importo corrispondente alla misura del limite minimo di retribuzione giornaliera in vigore per tutte le contribuzioni dovute in materia di previdenza e assistenza sociale, rapportata ai giorni di effettiva attività.

La retribuzione giornaliera convenzionale, pari per l’anno 2019 a Euro 48,74, è annualmente rivalutata in relazione all’aumento dell’indice medio del costo della vita accertato dall’Istat.

Il premio è posto a totale carico dell’impresa di delivery e deve essere versato in via anticipata.

Il premio, in fase di avvio dell’assicurazione, è calcolato sulle retribuzioni presunte indicate dalla medesima impresa di delivery che utilizza la piattaforma nella denuncia di esercizio o di variazione, salvo successivo conguaglio (regolazione) da effettuare
con l’autoliquidazione successiva.

Per la determinazione delle retribuzioni presunte, le aziende di delivery dovranno moltiplicare il numero complessivo delle giornate di effettiva attività, che si presume saranno svolte da tutti i riders che si stima si collegheranno alla piattaforma digitale, per il valore della retribuzione giornaliera convenzionale, attualmente pari a Euro 48,74.

Con l’autoliquidazione 2021, sarà calcolata la regolazione del premio assicurativo dovuto per il 2020 in base alla retribuzione giornaliera convenzionale aggiornata per tale anno e al numero complessivo delle giornate di attività effettivamente prestate dai lavoratori nel 2020.

Si considera giorno di effettiva attività quello nel quale è stata effettuata dal rider almeno una consegna nell’arco delle 24 ore giornaliere.

Le retribuzioni presunte stimate complessivamente per il periodo intercorrente tra l’inizio dell’attività e il 31 dicembre dovranno essere suddivise in percentuale in relazione alla incidenza della consegna dei beni rispetto ai mezzi di trasporto utilizzati.

Il premio assicurativo, determinato sulla base dei tassi delle tariffe Inail e della retribuzione giornaliera convenzionale come sopra determinata, non è frazionabile in relazione al numero di ore lavorate giornalmente dal lavoratore assicurato.

Successivamente alla presentazione della denuncia di iscrizione o di variazione, l’azienda riceverà, via PEC, a seconda della diversa fattispecie di denuncia, il certificato di assicurazione e conteggio dei premio, oppure il certificato di variazione e conteggio del premio, con l’indicazione dell’importo del premio anticipato da versare per il 2020 tramite F24 entro la scadenza indicata nel certificato stesso.

Per gli anni successivi al primo, il committente liquiderà direttamente i premi relativi alla regolazione dell’anno precedente e alla rata anticipata per l’anno in corso, sulla base del numero complessivo delle giornate effettivamente lavorate da tutti i riders.

Denunce di infortunio e di malattia professionale

L’impresa di delivery che utilizza la piattaforma anche digitale ha l’obbligo di effettuare le denunce di infortunio sul lavoro e di malattia professionale, nei termini e nelle modalità previste dagli articoli 53 e 54 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 e successive modificazioni.

In caso di infortunio mortale o per il quale si prevede la morte, l’impresa deve segnalare l’evento entro ventiquattro ore e con qualunque mezzo che consenta di comprovarne l’invio, fermo restando comunque l’obbligo di inoltro della denuncia/comunicazione nei termini e con le modalità di legge.

In caso di denuncia omessa, tardiva, inesatta oppure incompleta, è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa (art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 e successive modificazioni).

L’impresa deve, inoltre, inviare la comunicazione dei dati dell’infortunio ai soli fini statistici se la certificazione medica riporta una prognosi di almeno un giorno, escluso quello dell’evento, entro 48 ore, ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. r) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81 e successive modificazioni.

Ai fini degli adempimenti della impresa di delivery, uno specifico obbligo è posto a carico del lavoratore autonomo ex art.47-septies il quale è obbligato, ai sensi dell’articolo 52 del citato decreto del Presidente della Repubblica, a dare immediata notizia al committente che utilizza la piattaforma anche digitale di qualsiasi infortunio gli accada, anche se di lieve entità, o a denunciare la malattia professionale. Per assolvere a tale obbligo, il lavoratore autonomo deve fornire alla rispettiva impresa il numero identificativo del certificato medico di infortunio, la data di rilascio e i giorni di prognosi indicati nel certificato stesso.

L’obbligo di denuncia di infortunio e l’obbligo di denuncia di malattia professionale da parte della medesima impresa di delivery decorrono dalla data in cui gli sono stati comunicati gli estremi del certificato medico.

Non ottemperando a tale obbligo, l’infortunato perde il diritto all’indennità di temporanea per i giorni ad esso antecedenti.

Prestazioni dovute in caso di infortunio sul lavoro o di malattia professionale.

I lavoratori in oggetto, in caso di infortunio o di malattia professionale, riconosciuti dall’Istituto, hanno diritto, per effetto dell’estensione della copertura assicurativa Inail, alle medesime prestazioni previste in favore della generalità dei lavoratori dipendenti, quali l’indennità per inabilità temporanea assoluta, le prestazioni per danno permanente in capitale e in rendita, comprese quelle per eventi mortali, previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 e successive modificazioni, nonché le prime cure e le prestazioni protesiche e riabilitative, oltre alle altre prestazioni sanitarie integrative riconosciute dall’Istituto alla generalità dei lavoratori dipendenti e parasubordinati assicurati.

In proposito, si precisa che è assunta a base del calcolo delle prestazioni la medesima retribuzione convenzionale giornaliera utilizzata per il calcolo della retribuzione imponibile.

Infortunio in itinere

I lavoratori di cui all’art. 47-bis del decreto legislativo n. 81 del 2015 e successive modificazioni sono assicurati per tutti gli eventi infortunistici avvenuti in occasione di lavoro, nonché per l’infortunio in itinere ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n.38 e successive modificazioni.

Osservatorio permanente

Le Sedi territoriali avranno cura di supportare le imprese di delivery che gestiscono le piattaforme anche digitali, al fine di facilitare gli adempimenti assicurativi e monitorare gli effetti delle nuove disposizioni, con particolare riguardo alle denunce di cui all’art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 e alle denunce degli eventi infortunistici trasmessi dalle predette imprese di delivery, al fine di consentire la fornitura dei dati relativi al fenomeno all’osservatorio permanente, previsto dall’art. 47-octies del decreto legislativo n. 81 del 2015.

...

Fonte: INAIL

Collegati:

Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 1733 | 17 gennaio 2020

ID 9950 | | Visite: 6399 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 3 del 17 gennaio 2020 n. 1733

Videosorveglianza in mancanza di accordo sindacale. Il consenso del lavoratore non costituisce esimente della responsabilità penale

Penale Sent. Sez. 3 Num. 1733 Anno 2020
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: MENGONI ENRICO
Data Udienza: 06/11/2019

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 30/4/2019, il Tribunale di Lanciano dichiarava G.D. colpevole della contravvenzione di cui all'art. 4, L. 20 maggio 1970, n. 300, e lo condannava alla pena di tremila euro di ammenda; allo stesso, quale datore di lavoro, era contestato di aver installato un sistema di videosorveglianza, idoneo a controllare l'attività dei dipendenti, in difetto di accordo con le rappresentanze sindacali.
2. Propone ricorso per cassazione il G.D., a mezzo del proprio difensore, deducendo - con unico motivo - la mancanza di motivazione nel provvedimento impugnato. Il Tribunale si sarebbe limitato ad una formale ed astratta affermazione di principi giurisprudenziali, senza esaminare la vicenda concreta e, in particolare, la documentazione versata in atti (nello specifico: l'accordo formale sottoscritto dal ricorrente ed i dipendenti nel luglio 2014; l'istanza di annullamento in autotutela del verbale di accertamento e prescrizione del dicembre 2014; le trascrizioni delle deposizioni rese dalle dipendenti nel corso del giudizio di primo grado). Questa censura concernerebbe anche il profilo soggettivo del reato, da escludere in ragione della piena condivisione - con i dipendenti, all'epoca - dell'installazione dell'impianto, volto soltanto a prevenire furti nel negozio; come confermato, peraltro, dalle dichiarazioni rese dagli stessi collaboratori ed allegate all'impugnazione.

Considerato in diritto

3. Il ricorso risulta infondato.
Occorre premettere che la vicenda è emersa nel giudizio con caratteri del tutto pacifici, richiamati nella sentenza e non contestati dall'imputato; è acclarato, quindi, che il G.D. - datore di lavoro e titolare di un negozio - nel 2014 aveva installato un impianto di videosorveglianza in difetto delle condizioni di cui all'art. 4, l. n. 300 del 1970, ma previo accordo scritto con i dipendenti.
4. Ebbene, come correttamente affermato dal Tribunale, tale accordo non costituisce esimente della responsabilità penale, dovendosi al riguardo richiamare il prevalente e più recente indirizzo di legittimità che ritiene che la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 4 in esame sia integrata (con l'installazione di un sistema di videosorveglianza potenzialmente in grado di controllare a distanza l'attività dei lavoratori, come nel caso di specie) anche quando, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali e di provvedimento autorizzativo dell'autorità amministrativa, la stessa sia stata preventivamente autorizzata per iscritto da tutti i dipendenti (tra le altre, Sez. 3, n. 38882 del 10/4/2018, D., Rv. 274195; Sez. 3, n. 22148 del 31/01/2017, Zamponi, RV. 270507).
5. In particolare, secondo quanto prescritto dall'art. 4 L. n. 300 del 1970, l'installazione di apparecchiature (da impiegare esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale ma dalle quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori) deve essere sempre preceduta da una forma di codeterminazione (accordo) tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali dei lavoratori, con la conseguenza che se l'accordo (collettivo) non è raggiunto, il datore di lavoro deve far precedere l'installazione dalla richiesta di un provvedimento autorizzativo da parte dell'autorità amministrativa (Direzione territoriale del lavoro) che faccia luogo del mancato accordo con le rappresentanze sindacali dei lavoratori, cosicché, in mancanza di accordo o del provvedimento alternativo di autorizzazione, l'installazione dell'apparecchiatura è illegittima e penalmente sanzionata. Questa procedura - frutto della scelta specifica di affidare l'assetto della regolamentazione di tali interessi alle rappresentanze sindacali o, in ultima analisi, ad un organo pubblico, con esclusione della possibilità che i lavoratori, uti singuli, possano autonomamente provvedere al riguardo - trova la sua ratio nella considerazione dei lavoratori come soggetti deboli del rapporto di lavoro subordinato. La diseguaglianza di fatto, e quindi l'indiscutibile e maggiore forza economico-sociale dell'imprenditore, rispetto a quella del lavoratore, rappresenta la ragione per la quale la procedura codeterminativa sia da ritenersi inderogabile (a differenza di quanto ritenuto invece dalla Sez. 3, n. 22611 del 17/04/2012), potendo essere sostituita dall'autorizzazione della direzione territoriale del lavoro solo nel solo di mancato accordo tra datore di lavoro e rappresentanze sindacali, non già dal consenso dei singoli lavoratori, poiché, a conferma della sproporzione esistente tra le rispettive posizioni, basterebbe al datore di lavoro fare firmare a costoro, all'atto dell'assunzione, una dichiarazione con cui accettano l'introduzione di qualsiasi tecnologia di controllo per ottenere un consenso viziato, perché ritenuto dal lavoratore stesso, a torto o a ragione, in qualche modo condizionante l'assunzione.
6. Sì da concludersi, quindi, che il consenso del lavoratore all'installazione di un'apparecchiatura di videosorveglianza, in qualsiasi forma prestato (anche scritta, come nel caso di specie), non vale a scriminare la condotta del datore di lavoro che abbia installato i predetti impianti in violazione delle prescrizioni dettate dalla fattispecie incriminatrice; la doglianza del ricorrente sul punto, pertanto, risulta infondata.
7. Quanto precede, peraltro, senza che possa accedersi alla tesi difensiva in ragione della quale il Tribunale non avrebbe esaminato la documentazione prodotta dal G.D., limitandosi ad una astratta affermazione di principio; dalla lettura della sentenza, infatti, risulta che il preventivo accordo scritto tra datore di lavoro e dipendenti - confermato da questi ultimi in dibattimento e fulcro del ricorso - era stato ben valutato dal Giudice (al pari dell'istanza di annullamento in autotutela del verbale di accertamento), il quale, tuttavia, lo aveva correttamente ritenuto irrilevante nell'ottica di cui alla rubrica, proprio in ragione delle considerazioni appena sopra espresse, qui da confermare.
8. L'impugnazione, pertanto, deve essere dichiarata rigettata, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2019

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Penale Sent. Sez. 3 Num. 1733 Anno 2020.pdf
 
154 kB 25

Alberghi - Raccolta di quesiti e chiarimenti VVF

ID 9815 | | Visite: 7899 | Prevenzione Incendi

Alberghi   Raccolta di quesiti chiarimenti VVF

Alberghi - Raccolta di quesiti e chiarimenti VVF

Update 06.01.2020

Quesiti di prevenzione incendi relativi ad assoggettabilità, strutture ricettive esistenti, spazio calmo, atrio d'ingresso, reazione al fuoco, resistenza al fuoco, compartimentazione, cambio di destinazione d'uso dei locali, ampliamenti, padiglioni, dependance, bungalow, studentati, comunità religiose, case ed appartamenti per vacanze, campeggi, villaggi-turistici, edifici a destinazione mista, utilizzo di ferri da stiro e bollitori elettrici, abitazione a servizio del gestore, ecc.

Con l'entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di prevenzione incendi di cui al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, gli alberghi (e simili) sono ricompresi al punto 66 dell’allegato I al decreto che, a differenza di quanto previsto dal vecchio elenco del D.M. 16/2/1982, comprende anche attività prima non soggette (residenze turistico - alberghiere, rifugi alpini, case per ferie, campeggi, villaggi-turistici, ecc.).

N. ATTIVITÀ CATEGORIA
A B C
66 Alberghi, pensioni, motel, villaggi albergo, residenze turistico - alberghiere, studentati, villaggi turistici, alloggi agrituristici,
ostelli per la gioventù, rifugi alpini, bed & breakfast,
dormitori, case per ferie, con oltre 25 posti-letto;
Strutture turistico-ricettive nell’aria aperta
(campeggi, villaggi-turistici, ecc.)
con capacità ricettiva superiore a 400 persone.
fino a 50 posti letto oltre 50 posti letto
fino a 100 posti letto; Strutture turistico-ricettive nell’aria aperta
(campeggi, villaggi-turistici, ecc.)
oltre 100 posti letto

Collegati

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Alberghi - Raccolta di quesiti e chiarimenti VVF.pdf
VV 2019
862 kB 59

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 1366 | 15 Gennaio 2020

ID 9895 | | Visite: 2324 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 15 gennaio 2020 n. 1366 

Infortunio con una macchina filettatrice priva del necessario sistema di sicurezza a pedale

Penale Sent. Sez. 4 Num. 1366 Anno 2020
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: TANGA ANTONIO LEONARDO
Data Udienza: 28/11/2019

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 30/06/2014, il Tribunale di Bergamo, all'esito del giudizio abbreviato, dichiarava L.S. colpevole del reato reato di cui all'art. 590 c.p., commesso in Treviolo il 4 giugno 2012, perché in qualità di legale rappresentate della ditta TCM Montaggi SRL e pertanto datore di lavoro ai sensi del D.Lgs 81/2008, cagionava lesioni gravi al dipendente S.B., e lo condannava alla pena di mesi 2 reclusione; sono stati concessi i doppi benefici di legge.
1.1. Con la sentenza n. 893/2019 del giorno 26/03/2019, la Corte di Appello di Brescia, adita dall'imputato, in parziale riforma dell'impugnata sentenza, ritenute concedibili le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sulla contestata aggravante, riduceva la pena inflitta all'appellante a mesi 1 di reclusione, confermando nel resto.
2. Avverso tale sentenza d'appello propone ricorso per cassazione L.S., a mezzo del proprio difensore, lamentando (in. sintesi giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.),:
I) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione agli artt. 120 e 590 c.p. e in riferimento al giudizio relativo alla durata della malattia e alla sussistenza della condizione di procedibilità. Deduce che gli unici punti certi sono che S.B. non era guarito il 2 luglio, mentre lo era il 30 luglio; quanto alla durata della malattia, non vi erano certezze, ben potendo il lavoratore essere guarito prima del 30 luglio. Afferma che appariva quanto meno possibile ritenere che la malattia avesse avuto una durata di poco inferiore a 40 giorni (dunque S.B. fosse guarito il 14 luglio posto che egli aveva dichiarato che a metà luglio utilizzava le mani per guidare e per fare la spesa) e, in tale eventualità sarebbe mancata la condizione di procedibilità, non avendo S.B. presentato alcuna querela.
II) violazione di legge in relazione agli artt. 521, 522, 441, comma 5, 423, 441 bis c.p.p. Deduce che la condotta per la quale il L.S. era stato imputato non era l'omessa predisposizione del pedale bensì per aver omesso una formazione adeguata del dipendente S.B.. Sostiene, conseguentemente, che il fatto per il quale L.S. è stato condannato era diverso rispetto a quello per il quale è stato imputato per cui la sentenza è nulla per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.
Ili) vizi motivazionali in riferimento al giudizio relativo all' «abitudine di non usare il pedale». Deduce che né S.B., né C., né F. hanno mai detto che vi era «l'abitudine di non usare il pedale» e, quindi, è manifestamente illogica l'inferenza che, movendo dalla circostanza che «il 4 giugno 2012 il pedale non c'era», giunge ad affermare che «come al solito la macchina filettatrice era direttamente collegata alla presa elettrica senza il pedale di sicurezza».

Considerato in diritto

3. Il ricorso proposto è infondato.
4. Innanzitutto va evidenziato che, nel caso di c.d. "doppia conforme", le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
4.1. Occorre, inoltre, rimarcare che il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame.
4.2. La Corte territoriale ha, in vero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo -seppur sinteticamente- alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.
4.3. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
4.4. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché -come nel caso in esame- siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento, (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).
4.5. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
4.6. In realtà il ricorrente tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
5. Ciò posto, in replica alle doglianze formulate, mette conto solo evidenziare che la Corte del merito ha fatto buon uso dei principi fissati dal Supremo Collegio e sopra riportati, sviluppando una motivazione logica e congrua.
6. In ordine alla doglianza sub I), mette conto evidenziare che, a norma dell'alt. 529 c.p.p. il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere indicandone la causa nel dispositivo quando la prova dell'esistenza di una condizione di procedibilità è insufficiente o contraddittoria. Nella specie, la querela non appariva necessaria, posto che la durata della malattia (superiore a 40 giorni) non la richiedeva. Quanto alla effettiva durata della*stessa malattia, la Corte territoriale ha fornito una congrua, adeguata e convincente motivazione, immune da censure logiche perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.
6.1. Occorre solo evidenziare che la Corte distrettuale ha - incensurabilmente in questa sede- reso la propria valutazione sul punto in maniera dettagliata e congrua, rilevando che «sono i certificati medici che definiscono la durata della malattia, salvo prova contraria: nel caso di specie sono acquisiti in atti oltre il primo certificato di Pronto Soccorso in data 4.6.2012, con prognosi di giorni 25, il successivo certificato INAIL in data 2.7.2012 a firma dello Specialista in Ortopedia, dott. Simone P., che attesta "L'infermità determina inabilità con prognosi giustificata dal 02/07/2012 fino al 30/07/2012" e l'ulteriore certificato INAIL in data 30.7.2012, a firma del medesimo specialista, che attesta "L'infermità è cessata e l'infortunato può riprendere il lavoro il giorno 31/07/2012" [...] considerato il dato di comune esperienza circa la gradualità della ripresa del semplice movimento, prima, e poi del vero e proprio utilizzo delle dita lesionate dopo una lussazione e fasciatura di circa un mese, e l'altro dato pure di comune esperienza che si riesca a guidare una autovettura anche senza particolare necessità di utilizzo di tutte le dita della mano sinistra e così pure a fare la spesa e a portare i relativi pacchi o sacchetti, resta il fatto che il semplice movimento delle dita -peraltro avvenuto a metà luglio e quindi oltre 40 giorni dopo l'infortunio- è cosa diversa dalla possibilità di utilizzare appieno le dita nell'attività lavorativa, (non solo di muoverle) [...] le dichiarazioni dell'infortunato ex art. 391 bis c.p.p. non smentiscano in alcun modo le attestazioni dei certificati medici INAIL».
6.2. Ne deriva che il dovere del giudice dell'appello di dare esecuzione al disposto dell'art. 529 c.p.p., comma 2, ossia alla regola del proscioglimento nel caso del dubbio sulla prova dell'esistenza di una condizione di procedibilità, appare assolto mediante la citata osservazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale le lesioni riportate dalla persona offesa dovevano ritenersi guarite in un tempo utile ai fini della ricorrenza della procedibilità di ufficio. L'inequivoco tenore, favorevole alla tesi dell'accusa,4delle certificazioni mediche non supporta l'opinabilità, dedotta dalla difesa, della conclusione del giudice dell'appello che risulta, comunque, denunciata in maniera non sostenibile, proprio alla luce della motivazione della sentenza impugnata e del supporto probatorio della medesima: supporto che la difesa tende a mettere in crisi con considerazioni di natura fattuale che questa Corte di legittimità non può apprezzare (v. anche Sez. 5, n. 34999 del 04/06/2015, ud. 04/06/2015, dep. 20/08/2015). 
7. Il motivo sub II) risulta infondato in quanto il giudice territoriale ha evidenziato, con coerente e logico argomentare, che non si sia realizzata alcuna modifica sostanziale della contestazione, così da compromettere il principio di necessaria correlazione tra accusa e sentenza, atteso che l'originario capo di imputazione contiene, sia con il richiamo alla colpa generica, sia con riferimento alla specifica norma violata, tutti gli elementi valorizzati dai giudici di merito per riconoscere la responsabilità del prevenuto, in punto di adeguata descrizione della condotta ascritta, del rapporto di causalità con l'evento e del riconoscimento dell'elemento psicologico.
7.1. Sul punto peraltro va subito riaffermato che il principio di correlazione tra sentenza e accusa oggetto di contestazione, riconducibile all'art. 521 cod.proc.pen. risulta violato soltanto quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità e di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia verificata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione del contenuto essenziale dell'addebito nei confronti dell'imputato, il quale si troverebbe sottoposto a sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza avere alcuna possibilità di apprestare adeguata difesa. Il principio non risulta al contrario violato quando nei fatti, così come contestati, ovvero ritenuti nella decisione del giudice di merito, si possa parimenti individuare un nucleo comune. In tale prospettiva per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, così da pervenirsi ad una incertezza sull'oggetto della contestazione da cui scaturisca un effettivo pregiudizio per la difesa dell'imputato (cfr. Sez. 4, n. 50967 del 05/07/2017). Ne deriva che la indagine volta ad accertare la violazione del suddetto principio, non deve esaurirsi nel mero pedissequo confronto puramente letterale fra imputazione e decisione perché, vertendosi in materia di garanzie di difesa, la violazione si appalesa del tutto insussistente quando l'imputato, anche mediante l'iter del processo, si sia trovato nella condizione concreta di difendersi in ordine al fatto ritenuto in sentenza (v. Sez. Un., n. 16 del 19/06/1996 Cc. -dep. 22/10/1996- Rv. 205619).
7.2. Orbene nel caso in specie il motivo di ricorso in scrutinio non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte territoriale la quale ha fornito logica ed esaustiva risposta alle puntuali doglianze sollevate nei motivi di appello, attraverso il richiamo, già contenuto nel capo di imputazione, agli obblighi di diligenza, prudenza e perizia, che comunque la norma riconosce in capo al datore di lavoro. La locuzione "fatto nuovo", di cui all'art. 518 cod. proc. pen., denota un accadimento assolutamente difforme da quello contestato, e l'emergere in dibattimento di accuse in nessun modo rintracciabili nel decreto di rinvio o di citazione a giudizio (v. anche Sez. 4, n. 4958 del 31/01/2013). Più in particolare, i giudici distrettuali han fatto buon uso del principio secondo cui, in tema di reati colposi, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra l'accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa (cfr. Sez. 4, n. 35943 del 07/03/2014 Ud. -dep. 19/08/2014- Rv. 260161). Segnala, infatti, il giudicante del merito che «nelle annotazioni di P.G., allegato n. 2 al 1° Seguito Infortunio della ASL di Bergamo, dep. in Procura il 4.12.2012, si parla del pedale, chiamato "foot switch" che permette l'avvio e l'arresto della macchina filettatrice tramite l'utilizzo del piede, collegato alla macchina con una semplice "spinetta elettrica si specifica altresì "Al momento del sopralluogo e dalle dichiarazioni rilasciate dall'infortunato e dal testimone, non si è evidenziata la presenza di tale pedale in quanto gli stessi utilizzavano la macchina solamente azionando l'interruttore on/off." [...] il primo giudice nella formulazione del relativo quesito da sottoporre al perito per il conferimento dell'incarico, faceva espressamente riferimento alla circostanza che la macchina prima dell'Infortunio fosse stata privata del pedale; il Giudice, formulato il quesito nel contraddittorio delle parti, altrettanto espressamente, chiedeva alle parti se il quesito così formulato poteva andare bene, ricevendo esplicita risposta affermativa dal difensore, Avv. Pasta [...] In atti è stata depositata in data 5 giugno 2014 la perizia effettuata sulla macchina dall'ing. Paolo P. che spiega analiticamente le caratteristiche della macchina e in particolare il "sistema di sicurezza integrale a pedale" non installato al momento dell'infortunio, nonché le istruzioni presenti nel Libretto d'uso e manutenzione della filettatrice [...] Infine all'udienza dell'11 giugno 2014 e nel contraddittorio delle parti il perito Ing. P. ha diffusamente spiegato le caratteristiche della macchina filettatrice e soprattutto il sistema di sicurezza a pedale previsto dal costruttore e necessario nell'utilizzo della macchina, che avrebbe evitato la verificazione dell'infortunio o comunque avrebbe grandemente limitato la forza e la protrazione della presa da parte della macchina delle dita dell'infortunato con eventuali conseguenze lesive ben inferiori». Correttamente, quindi, concludono i giudici territoriali che «la difesa ha avuto pieno modo di conoscere e di difendersi anche in relazione al comportamento colposo o di specificazione della colpa, - pienamente emergente dagli atti processuali e quindi non sottratto al concreto esercizio del diritto di difesa, - consistente nel mancato controllo adeguato da parte del datore di lavoro sull’osservanza della normativa della sicurezza che avrebbe imposto il costante utilizzo del pedale nell’uso della filettatrice»
8. Quanto alla censura sub III), oltre a ribadire quanto già affermato ai punti da 4.1. a 4.6., mette solo conto ribadire che La Corte territoriale ha reso, anche su tale punto, una adeguata e, quindi, incensurabile motivazione, evidenziando che «il Tribunale non ha travisato le dichiarazioni rese dalla P.O. S.B. e dal collega di lavoro C.A., ma ha semplicemente e logicamente dedotto che le loro risposte sulle modalità dell'incidente e su come si accendeva e spegneva la macchina filettatrice, senza alcun riferimento al pedale di sicurezza [...] inducono a ritenere che quel giorno e come al solito la macchina filettatrice era direttamente collegata alla presa elettrica senza il pedale di sicurezza. La circostanza peraltro era stata già dedotta anche dagli UPG dell'ASL nelle summenzionate osservazioni di P.G. [...] La Corte condivide altresì l'osservazione del primo giudice che trae ulteriore elemento di convincimento sull'abitualità dell'utilizzo della macchina filettatrice senza il pedale di sicurezza, conosciuto e tollerato dal datore di lavoro L.S. che, infatti, non risulta aver adottato alcun richiamo o sanzione disciplinare nei confronti del dipendente S.B. per siffatto utilizzo della macchina»
9. Segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 28/11/2019

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 1366 Anno 2020.pdf
 
409 kB 5

Legge 12 aprile 1943 n. 455

ID 9878 | | Visite: 4125 | Decreti Sicurezza lavoro

Legge 12 aprile 1943 n. 455

Estensione dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali alla silicosi ed all'asbestosi

(G.U. 14 giugno 1943, n. 137)
_______

In allegato
- testo nativo;
- testo 2021 consolidato con le modifiche degli atti:

13/07/1956
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 20 marzo 1956, n. 648 (in G.U. 13/07/1956, n.173)

26/10/1960
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 21 luglio 1960, n. 1169 (in G.U. 26/10/1960, n.263)

06/03/1961
LEGGE 10 febbraio 1961, n. 51 (in G.U. 06/03/1961, n.58)

Applicazione dei Mog: Modulistica per una agenzia di viaggi

ID 9873 | | Visite: 3909 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

MOG agenzia viaggi

Applicazione dei Mog ai sensi del d.m. 13/02/2014 nelle Pmi: esempio di compilazione della modulistica per una agenzia di viaggi

Il documento, in attuazione del Protocollo d’intesa tra Inail e Sistema Impresa del 26 giugno 2018, rappresenta un esempio di collaborazione dedicata alla produzione di modelli di compilazione dei Mog, ai sensi del d.m. 13/02/2014, e come tale ha un valore aggiunto rappresentato dal target di riferimento ovvero le piccole e medie imprese di specifici settori, per le quali è ancora molto critica l’applicazione dei modelli organizzativi.

Con il d.m. 13/02/2014, pubblicato in attuazione dell’articolo 30, comma 5 bis, del d.lgs. 81/2008, sono state emanate delle indicazioni organizzative semplificate, di natura operativa, destinate alle piccole e medie imprese e ritenute utili per la predisposizione e l’efficace attuazione di un sistema aziendale idoneo a prevenire i reati di cui all’articolo 25 septies del d.lgs. 231/2001, come sostituito dall’articolo 30 del d.lgs. 81/2008.

La modulistica allegata al decreto consente di gestire in maniera semplice e schematica molti degli adempimenti previsti dal suddetto articolo 30, ed in particolare di registrare l’avvenuta effettuazione delle attività previste al comma 1.

L’utilizzo di indicazioni operative e modelli standard è certamente utile per le piccole e medie imprese che, pur con strutture organizzative semplici, possono decidere volontariamente di adottare un MOG concentrando l’impegno sugli adempimenti dell’articolo 30 e sulla loro efficacia.

Per la completa attuazione dell’art. 30 è tuttavia necessario soddisfare tutti i requisiti essenziali dei MOG, previsti dal comma 1 al comma 4 dell’art. 30. A tal proposito, le indicazioni operative fornite dal decreto consentono, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell’organizzazione e dal tipo di attività svolta, di soddisfare anche i seguenti requisiti dei MOG:

- prevedere un’articolazione di funzioni che assicuri competenze tecniche e poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio
- prevedere un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello
- prevedere un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate.

In proposito, per le piccole e medie imprese che intendono predisporre e attuare efficacemente un MOG, sono particolarmente vantaggiose le indicazioni, specifiche per queste dimensioni aziendali, che consentono di adottare, sotto opportune condizioni, un sistema di controllo senza dover individuare un organismo di vigilanza ai sensi della lettera b), comma 1, dell’articolo 6 del d.lgs. 231/01. Infatti, al punto 17 delle procedure allegate al d.m. 13/02/2014 è riportato quanto segue: Un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del modello va effettuato, oltre che con le attività di vigilanza e verifica descritte nei paragrafi 11, 12 13 e 15, attraverso la combinazione delle attività di due processi che sono strategici per l’effettività e la conformità del MOG: gli audit interni di sicurezza ed il riesame.

Ai sensi della Lettera circolare del Ministero del lavoro Prot. 15/VI/0015816/MA001.A001 dell’11/07/2011, “Si evidenzia come tali processi rappresentino un sistema di controllo idoneo ai fini di quanto previsto al comma 4 dell’art. 30 del d.lgs. 81/2008 solo qualora prevedano il ruolo attivo e documentato, oltre che di tutti i soggetti della struttura organizzativa aziendale per la sicurezza, dell’Alta Direzione (intesa come posizione organizzativa eventualmente sopra stante il datore di lavoro) nella valutazione degli obiettivi raggiunti e dei risultati ottenuti, oltre che delle eventuali criticità riscontrate in termini di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro”. Quando ricorrano tali condizioni si può ritenere soddisfatto l’obbligo secondo il quale “il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli, di curare il loro aggiornamento è stato affidato ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo”; quanto sopra è in coerenza con la previsione normativa che recita come “negli enti di piccole dimensioni i compiti indicati nella lettera b del comma 1 possono essere svolti direttamente dall’organo dirigente”.

Nell’aprile 2015, Inail e Sistema Impresa (Confederazione delle imprese e dei professionisti) hanno stipulato un primo accordo quadro, di durata triennale, finalizzato a svolgere iniziative utili a fornire supporto alla applicazione delle procedure semplificate di cui al d.m. 13/02/2014 per l’implementazione di MOG in considerazione di specifiche complessità organizzative e tecniche aziendali e realizzare iniziative informative da diffondere anche con l’organizzazione di workshop e
seminari tematici.

Le attività previste nell’accordo erano rappresentate dall’elaborazione e pubblicazione di tre diversi esempi di attuazione di Modelli di organizzazione e gestione (MOG) per la salute e sicurezza sul lavoro nei settori commercio, turismo e servizi e la realizzazione di seminari tematici di informazione per gli operatori del settore e relativi all’applicazione dei MOG.

Il primo obiettivo è stato quello di costruire un primo esempio di MOG redatto da piccole e medie imprese, per semplificare l’attività di compilazione alle aziende che volessero implementarne uno proprio ai sensi del decreto suddetto nonché per fornire alle piccole e medie imprese dei settori individuati un supporto cui fare riferimento non solo per la realizzazione del proprio modello organizzativo gestionale di salute e sicurezza ma anche per aumentare la consapevolezza e la sensibilità del datore di lavoro verso l’implementazione di un modello di organizzazione.

La selezione delle imprese con cui effettuare la compilazione della modulistica allegata al d.m. 13/02/2014 è stata effettuata con il supporto della Consulenza statistica attuariale, che ha provveduto ad estrarre i dati infortunistici nel quinquennio 2011 2015 per i codici Ateco segnalati da Sistema Impresa e rappresentativi dei loro assistiti.

Sulla base dei codici Ateco trasmessi e degli accordi presi, sono stati elaborati i dati infortunistici e tecnopatici dei settori suindicati per il periodo 2011-2015 e si è proceduto alla compilazione del primo esempio riguardante un’agenzia di viaggi, relativo al settore del turismo, che è l’oggetto della presente pubblicazione.

L’esempio di compilazione costituisce una proposta di interpretazione e applicazione degli allegati del d.m. 13/02/2014. E’ responsabilità del datore di lavoro che sceglie di adottarle farlo nei limiti indicati dal decreto suddetto.

La pubblicazione ha scopo esemplificativo e divulgativo e le indicazioni in esso contenute non sono pertanto vincolanti.

Gli altri due esempi, riguardanti i settori Commercio e Servizi, relativi ad una carrozzeria e ad una impresa di pulizie, sono al momento in via di perfezionamento per una successiva pubblicazione.

________

Indice
Prefazione
Presentazione
Introduzione
1. Panoramica generale delle aziende affiliate a Sistema Impresa
2. Metodologia
a. Scelta dei settori coinvolti
b. Rappresentazione della cronologia degli adempimenti in materia di SSL e integrazione con i MOG
3. Modelli di organizzazione e di gestione
4. Esempio di compilazione della modulistica di cui al d.m. 13/02/2014 per una Agenzia di Viaggi

Fonte: INAIL

Collegati:

Decreto 5 novembre 2019 n. 167

ID 9859 | | Visite: 5027 | Prevenzione Incendi

Decreto 5 novembre 2019 n  167

Decreto 5 novembre 2019 n. 167

Regolamento recante norme per l'individuazione dei limiti di eta' per l'ammissione ai concorsi pubblici e alle procedure selettive di accesso ai ruoli del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

(GU Serie Generale n.7 del 10-01-2020)

Entrata in vigore del provvedimento: 25/01/2020

Il decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, ha previsto, negli articoli 5, 20, 71, 79, 91, 103, 115, 126, 143, 155, 164, 173, 180 e 190, l’emanazione di un regolamento, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per l’individuazione dei requisiti di idoneità fisica, psichica e attitudinale al servizio per l’accesso ai ruoli del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco

...

Art. 1. Limiti minimi di età

1. Il limite minimo di età per l’ammissione ai concorsi pubblici e alle procedure selettive di accesso ai ruoli del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, di seguito denominato: «Corpo nazionale», è fissato in diciotto anni.
2. Ai sensi dell’articolo 28 della legge 4 novembre 2010, n. 183, per particolari discipline sportive indicate nel bando di concorso, il limite minimo di età per il reclutamento degli atleti dei gruppi sportivi del Corpo nazionale è fissato in diciassette anni.

Art. 2. Limiti massimi di età

1. L’ammissione ai concorsi pubblici e alle procedure selettive per l’accesso ai ruoli del personale non direttivo e non dirigente del Corpo nazionale, di cui al Titolo I del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, è soggetta ai seguenti limiti massimi di età:
a) ventisei anni nel concorso pubblico per l’accesso alla qualifica di vigile del fuoco;
b) trenta anni nel concorso pubblico per l’accesso alla qualifica di ispettore antincendi, salvo quanto previsto dall’articolo 19, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217;
c) quarantacinque anni nelle procedure selettive e nei concorsi pubblici per l’accesso ai ruoli tecnico-professionali, salvo quanto previsto dagli articoli 78, comma 2, primo periodo, 90, comma 2, primo periodo, 102, comma 2, primo periodo, 114, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217;
d) quarantacinque anni nei concorsi pubblici per l’accesso ai ruoli della banda musicale del Corpo nazionale;
e) trenta anni nei concorsi pubblici per l’accesso al ruolo degli atleti del gruppo sportivo vigili del fuoco Fiamme Rosse del Corpo nazionale, salvo quanto previsto dall’articolo 28 della legge 4 novembre 2010, n. 183.
2. L’ammissione ai concorsi pubblici per l’accesso ai ruoli del personale direttivo e dirigente del Corpo nazionale, di cui al Titolo II del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, è soggetta ai seguenti limiti massimi di età:
a) trentacinque anni nel concorso pubblico a vice direttore, salvo quanto previsto dall’articolo 143, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217;
b) quarantacinque anni nei concorsi pubblici di accesso ai ruoli tecnico-professionali, salvo quanto previsto dagli articoli 155, comma 3, primo periodo, 164, comma 3, primo periodo, 173, comma 3, primo periodo, 180, comma 2, primo periodo, 190, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217.
3. Per il solo personale volontario del Corpo nazionale che partecipa alle procedure concorsuali di cui al comma 1, lettere a) e b) , e al comma 2, lettera a) , si applica il limite di età di trentasette anni di cui all’articolo 12, comma 2, della legge 10 agosto 2000, n. 246, con esclusione di ogni altra elevazione.

[...]

Collegati:

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 54 | 03 Gennaio 2020

ID 9855 | | Visite: 3098 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale, Sez. 4, 03 gennaio 2020, n. 54

Disattivazione delle fotocellule che comandano l'arresto del macchinario. L'omissione dei doveri tipici del datore di lavoro ha permesso l'ingenerarsi della scorretta prassi lavorativa

Penale Sent. Sez. 4 Num. 54 Anno 2020
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: DOVERE SALVATORE
Data Udienza: 07/11/2019

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Firenze ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Siena con la quale G.E. è stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 590 cod. pen., per aver cagionato per colpa lesioni personali a D.B., commettendo il fatto con violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni e per imprudenza, imperizia, negligenza.
Secondo l'accertamento condotto nei gradi di merito, D.B., lavoratore alle dipendenze della Travertino Sant'Andrea G. s.r.l., della quale era consigliere delegato G.E., stava trasferendo delle lastre di travertino dalla levigatrice alla stuccatrice quando, a causa del mancato funzionamento delle fotocellule presenti sull'impianto, rimaneva incastrato tra il carrello mobile e la rulllera fissa, riportando lesioni personali dalle quali derivava una malattia guarita in oltre quaranta giorni.
2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il G.E., a mezzo del difensore di fiducia, lamentando con un primo motivo la violazione di legge in relazione agli artt. 2, 16, 18 e 299 del d.lgs. n. 81/2008.
Osserva l'esponente che la Corte di Appello ha ritenuto che il G.E. ricoprisse una posizione di garanzia nonostante la presenza all'interno dell'organizzazione aziendale di altre figure specificamente preposte e l'assenza di qualsiasi potere, anche di fatto, in materia di vigilanza e sicurezza dei lavoratori.
La Corte di Appello ha ritenuto la responsabilità del G.E. perché consigliere delegato e in quanto indicato nel documento di valutazione dei rischi come referente; ma tale documento non attribuisce alcuna qualifica tipizzata dal legislatore. Egli risulta indicato nel DVR come dirigente con funzioni di 'responsabile e commerciale e produzione', mentre altra persona, F.F., viene qualificato come preposto, con funzioni di capo cantiere.
Pertanto, il G.E. era dirigente ma con funzioni connesse alla commercializzazione e alla produzione. Quanto alla qualifica di consigliere delegato, l'esponente rammenta che non trova applicazione il principio del cumulo delle responsabilità in capo ai vertici dell'azienda quando esistente una delega esplicita o implicita della posizione di garanzia; delega che nella specie era stata conferita al F.F., che nella qualità di preposto era garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro.
Con un secondo motivo si denuncia il vizio della motivazione perché la Corte di Appello ha ritenuto che il G.E. avesse di fatto esercitato le funzioni di responsabile della sicurezza senza però che taluno abbia riferito circostanze dalle quali desumere l'esercizio di un potere di fatto. Che il G.E. impartisse disposizioni specifiche ai lavoratori in merito alle modalità operative è stato riferito solo dal B., che tuttavia è stato smentito dai testi OMISSIS. Quindi la sentenza impugnata non rispetta le risultanze probatorie. Risulta altresì illogico l'uso che delle dichiarazioni dell'imputato ha fatto la Corte di Appello.
Con un terzo motivo si lamenta la illogicità della motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche, fondato sull'elevato grado della colpa; dato non reale, perché l'imputato non ha violato alcuna regola di diligenza positivizzata o meno.
Infine si lamenta la violazione dell'alt. 538 cod. proc. pen., per essere stata omessa la condanna del responsabile civile.
3. In data 21.10.2019 è stata depositata memoria difensiva nell'interesse di D.B., nella quale è argomentata la richiesta di rigetto del ricorso.
4. In data 23.10.2019 è stata depositata memoria nell'interesse dell'impresa, con la quale si formulano osservazioni e la richiesta di provvedere all'annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

3. Il ricorso è inammissibile. Ciò non consente di dare rilievo al sopravvenuto decorso del termine massimo di prescrizione (cfr. Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531; Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164; Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 - dep. 25/03/2016, Ricci, Rv. 266818).
3.1. Il primo motivo è manifestamente infondato. Lo stesso ricorrente espone di aver rivestito la qualifica di consigliere delegato. E' noto che secondo la giurisprudenza di questa Corte nelle società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 8118 del 01/02/2017 - dep. 20/02/2017, Ottavi, Rv. 26913301). I rilievi che si muovono alla sentenza impugnata in relazione all'interpretazione data di quanto emergente dal DVR risultano quindi recessivi, ove pure cogliessero il punto.
Il ricorrente evoca anche una delega, della cui esistenza non è fatta menzione nelle sentenze di merito. E, d'altronde, appare evidente che nel ricorso si confonde l'attribuzione di ruoli all'interno dell'organigramma aziendale con la delega delle funzioni prevenzionistiche di cui all'art. 16 d.lgs. n. 81/2008. Ma la prima, quando associata alla effettiva titolarità di pertinenti poteri, fonda la posizione gestoria a titolo originario; la seconda comporta il trasferimento dal datore di lavoro ad altri di alcune sue specifiche e definite competenze e dei correlati poteri. La preposizione di un preposto non costituisce atto di delega in senso stretto; e d'altronde non sottrae il datore di lavoro ai propri obblighi di organizzazione e di vigilanza sulla osservanza delle procedure aziendali, anche da parte del preposto stesso.
3.2. Pertanto, se la presenza di altri gestori del rischio da lavoro non costituisce di per sé ragione di esonero da responsabilità del datore di lavoro, quel che rileva è l'identificazione del rischio che si è concretizzato nell'evento, onde risalire a colui che avrebbe dovuto curare gli adempimenti prevenzionistici.
Nel caso che occupa, secondo la ricostruzione conforme delle sentenze di merito, l'infortunio si è determinato perché posta in essere una procedura di lavoro non conforme alle regole cautelari, in quanto erano state disattivate le fotocellule che comandavano l'arresto del macchinario ove il lavoratore fosse entrato nel loro campo di azione.
La Corte di appello ha esposto che ciò rispondeva ad una prassi che era tollerata dal G.E..
Si tratta di circostanze non contestate nemmeno dal ricorrente. Sicché trova applicazione il principio secondo il quale, in tema di infortuni sul lavoro, in presenza di una prassi dei lavoratori elusiva delle prescrizioni volte alla tutela della sicurezza, non è ravvisabile la colpa del datore di lavoro, sotto il profilo dell’esigibilità del comportamento dovuto omesso, ove non vi sia prova della sua conoscenza, o della sua colpevole ignoranza, di tale prassi (Sez. 4, n. 32507 del 16/04/2019 - dep. 22/07/2019, Romano, Rv. 27679702).
Sotto altro profilo, che il G.E. non avesse esercitato in concreto le funzioni di vigilanza è al contempo ragione dell'addebito - perché proprio l'omissione dei doveri tipici del datore di lavoro aveva permesso l'ingenerarsi della scorretta prassi lavorativa - e circostanza irrilevante - ove si faccia riferimento ai compiti di vigilanza del preposto, la cui violazione si somma a quella datoriale e non la elide.
3.3. Anche il terzo motivo è manifestamente infondato. Con esso si saldano il piano dell'an della responsabilità e quello del quantum, laddove è palese che a fondamento delle attenuanti generiche può essere posto solo un elemento che incide sulla misura del bisogno di pena dell'imputato, la cui responsabilità è ormai acclarata.
3.4. L'ultimo motivo è inammissibile per carenza di interesse. L'imputato non ha interesse ad impugnare la sentenza che abbia omesso di pronunciare la condanna solidale al risarcimento del danno anche a carico del responsabile civile, e che abbia escluso l'applicazione della manleva dell'assicurato ai sensi dell'art. 1917 cod. civ. da parte del responsabile civile, in quanto il vincolo di solidarietà tra quest'ultimo e l'imputato ha efficacia "ope legis" e, per il pagamento delle spese in favore della parte civile, è previsto dall'art. 541, comma primo, cod. proc. pen. (Sez. 4, Sentenza n. 3347 del 22/12/2016 dep. 23/01/2017, Mirenda e altro, Rv. 269004 - 01).
4. Segue alla declaratoria di inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di duemila euro alla Cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile D.B. che vanno liquidate in euro 2.500,00 oltre spese generali al 15%, CPA e IVA.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile D.B. che liquida in euro 2.500,00 oltre spese generali al 15%, CPA e IVA.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7/11/2019.

Fondo per le vittime dell'amianto - 2019

ID 9852 | | Visite: 3378 | Guide Sicurezza lavoro INAIL

Fondo vittime amianto 2019

Fondo per le vittime dell'amianto - 2019

Nell’edizione 2019 dell’opuscolo sono illustrate le prestazioni in favore dei soggetti colpiti da patologie asbesto-correlate e dei loro superstiti e le modalità di funzionamento del Fondo.

L’Inail svolge un ruolo centrale nella lotta all’amianto per le competenze attribuitegli dal legislatore in materia di malattie professionali. Tra gli strumenti utilizzati per garantire la tutela dei lavoratori rientra anche la prestazione aggiuntiva finanziata dal Fondo per le vittime dell’amianto, istituito presso l’Inail, con contabilità autonoma e separata, dalla legge finanziaria del 2008 (n. 244/2007). Si tratta di un ulteriore indennizzo economico destinato ai titolari di rendite per malattie correlate all’esposizione all’amianto e, in caso di morte, in favore dei loro eredi titolari di rendita a superstiti.

Diffondere in modo capillare le conoscenze sulle prestazioni che il Fondo assicura ai malati e ai loro familiari, semplificare l’accesso a queste prestazioni, anche attraverso una maggiore sinergia con i Centri operativi regionali e il Registro nazionale dei mesoteliomi, e incrementare le prestazioni economiche per i malati e i loro familiari, nell’ambito delle disponibilità economiche stanziate. Questi gli obiettivi da raggiungere per il triennio 2019-2021, illustrati in modo più ampio ed articolato all’interno dell’opuscolo.

 Fonte: INAIL

Collegati:

CIIP lettera 17 dicembre 2019 | Aggressioni in ambito sanitario

ID 9838 | | Visite: 2444 | News Sicurezza

CIIP lettera 17 dicembre 2019 | Aggressioni in ambito sanitario

Oggetto: Sulle aggressioni in ambito sanitario

Signor Ministro,

- il problema delle aggressioni riguarda principalmente il settore della sanità, che comprende le strutture ospedaliere ma anche le altre strutture sanitarie, le strutture socio assistenziali, le attività di assistenza domiciliare e tutti i servizi di prevenzione (igiene pubblica, igiene e sicurezza alimentare, salute e sicurezza del lavoro, veterinaria).

- è necessario istituire un osservatorio nazionale degli eventi, non limitati agli infortuni denunciati da INAIL, ma questo non può che essere l’aggregazione degli osservatori territoriali; occorre quindi incentivare la raccolta dei dati in tutte le realtà lavorative in cui più frequentemente si verificano episodi di aggressioni, che devono inserire questo tema nelle loro valutazioni dei rischi (DLgs 81/08)

- le misure per il contrasto a questo fenomeno devono sì comprendere misure di repressione, quali quelle previste dal DL in discussione al Parlamento, ma devono essere indirizzate anche alla prevenzione e alla limitazione dei danni, devono quindi riguardare l’organizzazione del lavoro, gli aspetti strutturali, la formazione del personale, l’assistenza post traumatica; devono inoltre essere accompagnate da campagne di comunicazione attraverso strumenti diversi.

Trova qui allegati un documento con le considerazioni in materia derivate a CIIP dai suoi Gruppi di Lavoro interdisciplinari, ed uno strumento operativo che permette di utilizzare i dati disponibili aggregandoli in funzione degli obiettivi.

Saremmo lieti di poter offrire le nostre competenze anche per l’elaborazione di indirizzi nazionali e per la predisposizione di una FAD per la formazione di base sulla prevenzione delle aggressioni.

...segue in allegato

Fonte: CIIP

Sentenza Cassazione Penale n. 20051/2016

ID 9836 | | Visite: 3810 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenza Cassazione Penale n. 20051/2016 

Cassazione Penale, Sez. 4, 13 maggio 2016, n. 20051 - Caduta dell'anta sinistra di un cancello della scuola: responsabilità del dirigente scolastico e del RSPP

Fatto

1. Con sentenza del 30 ottobre 2013 il Tribunale di Termini Imerese aveva dichiarato la prof.ssa G.S., dirigente scolastico dell'Istituto scolastico statale "Casteldaccia" in Casteldaccia (PA), comprensivo del plesso scolastico scuola elementare "Luigi Capuana", colpevole dei reati alla stessa ascritti al capo A) (artt. 63, 64 e 68 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81), per avere cioè omesso di provvedere, in qualità di datore di lavoro, affinché i luoghi di lavoro fossero sicuri e venissero sottoposti a regolare manutenzione tecnica, in particolare omettendo di provvedere affinché il cancello a due ante dell'istituto "Luigi Capuana", cancello in evidente stato di degrado, potesse essere utilizzato in piena sicurezza, ed al capo C) (art. 590 cod. pen.), cioè lesioni colpose lievi in danno dello studente V.G.O., di otto anni, e di A.B., genitore di un altro studente della scuola, lesioni procurate in conseguenza della improvvisa caduta dell'anta sinistra del cancello di cui si è detto; fatti commessi entrambi in Casteldaccia il 19 dicembre 2008.
Esclusa l'aggravante di cui al 3° comma dell'art. 590 cod. pen., previa concessione delle attenuanti generiche, l'imputata era stata, dunque, condannata alla pena, condizionalmente sospesa, di duemila euro di ammenda per la contravvenzione di cui al capo A) e di quattrocento euro di multa per il delitto di cui al capo C), nonché al risarcimento dei danni cagionati alle due pp.oo. costituite parti civili, V.G.O. ed A.B., con assegnazione di provvisionale a ciascuna di esse.
Il Tribunale aveva, invece, assolto l'ing. A.F. dai reati di cui al capo B) (art. 33 d.lgs. n. 81 del 2008), per avere cioè, in qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell'Istituto comprensivo statale "Casteldaccia", di cui era dirigente scolastico la prof.ssa G.S., che lo aveva incaricato come consulente, nella redazione del documento di valutazione dei rischi, omesso di individuare il rischio connesso allo stato di ammaloramento del cancello a due ante di pertinenza del plesso scolastico "Luigi Capuana" e di prevedere, tra gli interventi da effettuare, la manutenzione del predetto cancello e, in particolare, la sostituzione dei cardini, visibilmente corrosi, e di cui al capo C), cioè il delitto di lesioni colpose addebitato anche a G.S., del quale si è detto in precedenza. L'assoluzione è stata pronunciata con la formula "perché il fatto non sussiste".
L'antefatto del processo era costituito dall'improvviso distacco, la mattina del 19 dicembre 2008, di un'anta del cancello che costituiva il varco dell'istituto scolastico, con caduta dell'anta, rallentata ma non fermata dall'intervento di A.B., che era venuto a riprendere il proprio figlio all'uscita di scuola.
La pesante anta colpiva, dunque, sia il genitore A.B. sia lo studente V.G.O., provocando ad entrambi le lesioni di cui al capo C). Le indagini avviate dal Pubblico Ministero conducevano alla formulazione delle imputazioni che si sono riassunte e nell'avvio del processo.
2. Avverso la decisione di primo grado hanno presentato appello sia l'imputata G.S. sia, ai soli effetti civili, la parte civile A.B. nei confronti di A.F..
3. Con sentenza del 16 febbraio 2015 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di G.S. in ordine alla contravvenzione di cui al capo A), perché estinta per prescrizione, conseguentemente eliminando la pena dell'ammenda che era stata inflitta; ha dichiarato A.F. responsabile, ai soli effetti civili, del fatto illecito di lesioni colpose di cui al capo C) in danno di A.B. e, per l'effetto, ha condannato A.F. a risarcire, in solido con l'imputata, il danno patito da A.B., rimettendo le parti per la liquidazione di tale danno davanti al giudice civile; ha provveduto sulle spese sostenute dalle parti civili, che ha posto a carico degli imputati soccombenti; ha confermato la decisione adottata dal Tribunale il 30 ottobre 2013 nel resto.
4. La sentenza della Corte di appello è stata impugnata da entrambi gli imputati.
4.1. La prof.ssa G.S., con ricorso presentato personalmente il 14 aprile 2015, ha dedotto due motivi.
4.1.1. In primo luogo, ha censurato la ritenuta manifesta illogicità della motivazione, che non terrebbe nel debito conto il rilievo che, poiché nessuno stato di ammaloramento visibile presentava il cancello e poiché la dirigente aveva incaricato quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione un esperto, l'ing. A.F., il quale, peraltro, ispezionato il cancello, nulla di anomalo aveva riscontrato, era da escludersi qualsiasi imprudenza, imperizia o negligenza da parte della donna.
4.1.2. In secondo luogo, ha contestato la mancata assunzione di una prova decisiva, essendo stata chiesta ai sensi dell'art. 495, comma 2, cod. proc. pen., ma non ammessa, la deposizione della prof.ssa M.A.S..
4.2. A.F., tramite il proprio difensore, ha tempestivamente presentato ricorso, basato su di una articolate pluralità di motivi, ampiamente argomentati ed ulteriormente arricchiti nella memoria intitolata "motivi nuovi", fatta pervenire nella Cancelleria della Corte a mezzo fax il 19 dicembre 2015 e a mezzo posta il 28 dicembre 2015. Li si riassume schematicamente.
4.2.1. Come primo - e principale - motivo di ricorso si sostiene che la Corte di appello, nel ribaltare, sia pure ai soli effetti civili (essendo stata presentata impugnazione ex art. 573 cod. proc. pen.), la sentenza di primo grado avrebbe violato il principio giurisprudenziale secondo il quale, per capovolgere una decisione di assoluzione, è assolutamente necessaria una motivazione "rafforzata", particolarmente minuziosa e specifica che non si limiti a contrapporre alla prima lettura una ulteriore, diversa, lettura "alternativa" dei medesimi elementi ma che si sovrapponga, per così dire, "a tutto campo" alla precedente, individuando, con obbligo motivazionale peculiare, i punti specifici e le motivazioni per cui la precedente decisione è stimata erronea e non condivisibile (cfr. ricorso, pp. 2-14; memoria aggiuntiva, passim). La esposizione di tale motivo, ampiamente illustrata, è così strutturata: richiamo della giurisprudenza di legittimità sul cosiddetto obbligo rafforzato di motivazione (pp. 2-4 del ricorso); richiamo di interi passaggi motivazionali delle sentenze di primo e di secondo grado e confronto, anche testuale, tra le stesse, anche alla luce del contenuto di fonti di prova acquisite a dibattimento (pp. 5-12 del ricorso); richiamo di deduzioni difensive contenute in apposita memoria depositata il 16 febbraio 2015 in Corte di appello e, in ossequio al principio di auto-sufficienza del ricorso, nuovamente prodotta, deduzioni che - si assume - sarebbero state totalmente ignorate o in larga parte pretermesse dal giudice cui erano dirette (pp. 13-14 del ricorso).
4.2.2. Come ulteriore motivo di ricorso si lamenta violazione della legge penale e del principio di legalità per avere la Corte territoriale, ad avviso del ricorrente, condannato A.F. per cooperazione colposa in un reato che sarebbe esclusivamente attribuibile alla dirigente scolastica, della quale l'imputato era un mero consulente, così finendo per attribuire, in buona sostanza, all'ingegnere una "posizione di garanzia" che in verità per legge non gli sarebbe spettata (pp. 14-15 del ricorso).
4.2.3. Si censura, infine, la asserita violazione delle disposizioni sulle spese nei giudizi di impugnazione (art. 592 cod. proc. pen.): si sostiene, al riguardo, la illegittimità della condanna alle spese dell'imputato, che, non avendo riportato una previa condanna penale, non poteva, in quanto condannato ai soli effetti civili su impugnazione di parte privata, essere gravato delle spese; si lamenta anche la ritenuta illegittima duplicazione della condanna alle spese, essendo stato A.F. condannato, secondo quanto si legge nel ricorso, da un lato, a rifondere, in solido con G.S., le spese sostenute dalla p.c. A.B. in entrambi i gradi di giudizio, pari ad euro 7.050,00 oltre 
accessori, e, dall'altro, a rifondere, sempre in solido con la coimputata, anche le spese di costituzione e difesa sostenute da A.B. nel secondo grado, liquidate in euro 1.800,00, oltre accessori; con indebita duplicazione di rimborsi a carico di A.F. e con conseguente, indebita, locupletazione della p.c. (pp. 16-17 del ricorso).

Diritto

1.Il ricorso di G.S. è tardivo e, dunque, inammissibile ai sensi dell'art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Infatti la sentenza di appello, emessa all'udienza del 16 febbraio 2015 (cui era presente l'imputata: v. intestazione di sentenza), senza indicazione in dispositivo di un termine diverso da quello ordinario di quindici giorni e con motivazione concretamente depositata il giorno 2 marzo 2015, poteva essere impugnata (ai sensi del combinato disposto degli artt. 544, comma 2, e 585, comma 1, lett. b, e comma 2, lett. c, cod. proc. pen.) entro il trentesimo giorno a partire dal 3 marzo 2015 (16 febbraio 2015 + 15 gg. = 3 marzo 2015) e cioè entro il 2 aprile 2015, mentre è stata depositata in Cancelleria (v. timbro in calce all'atto di appello) il 14 aprile 2015.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna al pagamento delle spese processali e, non sussistendo ragioni ostative (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 13 giugno 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma, che si stima congrua, di mille euro.
2. Diverso il discorso da farsi in relazione al ricorso di A.F., per le ragioni di seguito specificate.
2.1. Deve premettersi che costituisce pacifico principio giurisprudenziale quello secondo il quale la motivazione della sentenza di riforma in grado di appello, tanto più ove si addivenga ad una condanna in secondo grado, deve essere particolarmente attenta.
Il principio viene espresso talora in termini meno assoluti, talaltra in termini più forti.
Si è specificato, infatti, che il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (Sez. Un., n. 3748 del 12/07/2015, Mannino, Rv. 231679) e che non viola il principio dell' "oltre ogni ragionevole dubbio" la decisione del giudice di appello che riformi totalmente la sentenza assolutoria di primo grado valutando diversamente il medesimo compendio probatorio, purché delinei con adeguata motivazione le linee portanti del proprio alternativo percorso argomentativo, che metta in evidenza le ragioni di incompletezza o di incoerenza del provvedimento riformato (Sez. 2, n. 17812 del 09/04/2015, Maricosu, Rv. 263763).
Si è anche detto che «il ribaltamento dello statuto decisorio in sede di gravame [...] deve fondarsi non su una semplice divergenza di apprezzamento tra giudici "orizzontalmente" proiettati verso un - reciprocamente autonomo - sindacato dello stesso materiale di prova, ma sul ben diverso versante di un supposto "errore" di giudizio che l'organo della impugnazione reputi di "addebitare" al giudice di primo grado, alla luce delle circostanze dedotte dagli appellanti ed in funzione dello specifico tema di giudizio che è stato devoluto. Ad una plausibile ricostruzione del primo giudice, non può, infatti, sostituirsi sic et simpliciter, la altrettanto plausibile - ma diversa - ricostruzione operata in sede di impugnazione (ove così fosse, infatti, il giudizio di appello sarebbe null'altro che un mero doppione del giudizio di primo grado, per di più "a schema libero"), giacché, per ribaltare gli esiti del giudizio di primo grado, deve comunque essere posta in luce la censurabilità del primo giudizio; e ciò, sulla base di uno sviluppo argomentativo che ne metta in luce le carenze o le aporie che giustificano un diverso approdo sui singoli "contenuti" che hanno formato oggetto dei motivi di appello. La sentenza di appello, dunque, ove pervenga ad una riforma (specie se radicale [...]/ di quella di primo grado, deve necessariamente misurarsi con le ragioni addotte a sostegno del decisum dal primo giudice, e porre criticamente in evidenza gli elementi, in ipotesi, sottovalutati o trascurati, e quelli che, al contrario, risultino inconferenti o, peggio, in contraddizione, con la ricostruzione di fatti e della responsabilità poste a base della sentenza appellata» (così Sez. 2, n. 50643 de 18/11/2014, Fu e altri, Rv. 261327).
In termini ancora più netti, si è affermato che il principio per il quale, nel caso di riforma da parte del giudice di appello di una decisione assolutoria emessa dal primo giudice, il secondo giudice ha l'obbligo di dimostrare specificamente l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da completa e convincente motivazione che, sovrapponendosi a tutto campo a quella del primo giudice, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati, trova applicazione persino in caso di radicale rovesciamento di una valutazione essenziale nell'economia della motivazione (Sez. 5, n. 35762 del 05/05/2008, Aleksi e altri, Rv. 241169), con affermazione che appare particolarmente apprezzabile, specie in considerazione del maggior rigore motivazionale che progressivamente si è ritenuto esistere nel caso di riforma in peius, anche in conseguenza della sollecitazione derivante dalla nota decisione Dan vs. Moldavia del 5 luglio 2011 della Corte europea dei diritti dell'uomo (i cui effetti sull'ordinamento interno, anche sotto il profilo della eventuale necessità di rinnovazione dell'istruttoria in appello, sono stati, da ultimo, evidenziati, da Sez. 2, n. 34843 del 01/07/2015, Sagone, Rv. 264542; Sez. 3, n. 38786 del 23/06/2015, U. e altro, Rv. 264793; Sez. 5, n. 25475 del 24/02/2015, Prestanicola ed altri, Rv. 263903).
2.2. Ebbene, dovendosi fare applicazione nel caso di specie del principio richiamato, va preliminarmente osservato che, in effetti, la Corte territoriale si è basata sul medesimo materiale istruttorio valutato al Tribunale, per inferirne conseguenze opposte. In particolare, posto che è incontroverso che l'ing. A.F., dal punto di vista della condotta materiale posta in essere, ha avuto nel settembre 2008 l'incarico consulenziale di responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell'istituto comprensivo statale "Castaldaccia", la cui dirigente era la prof.ssa G.S., e che l'ing. A.F. ha svolto dei sopralluoghi e degli accertamenti, compendiati nel documento di valutazione dei rischi, con allegati, tra i quali le schede valutative, depositato presso la scuola il 15 ottobre 2008, documento nel quale descrive una certa situazione di fatto ed indica, con determinate espressioni, alcune situazioni di rischio, è soltanto sulla valutazione del rilievo, in termini di liceità (pp. 15-18 della sentenza del Tribunale) ovvero di colpa penalmente significativa (pp. 11-13 della sentenza di secondo grado) del comportamento dell'imputato che, a ben vedere, divergono i due testi motivazionali.
2.3. Così stando le cose e passando a tirare le fila del ragionamento sinora condotto, deve rilevarsi che la Corte di appello, in realtà, ha valorizzato solo ed esclusivamente l'elemento documentale costituito dalla relazione scritta redatta dall'imputato, sicché - pacificamente - non è necessaria la rinnovazione dell'istruttoria (cfr. Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261566; Sez. 6, n. 36179 del 15/04/2014, Dragotta, Rv. 260234; Sez. 2, n. 13233 del 25/02/2014, Trupiano, Rv. 258780; Sez. 2, n 29452 del 17/05/2013, Marchi e altri, Rv. 256467).
Ciò posto, ha evidenziato la Corte di appello (alle pp. 9-12 della sentenza) che l'imputato, nel segnalare nel suo scritto del 15 ottobre 2008 (documento di valutazione dei rischi, acronimo: D.V.R.) vaghi problemi alla "recinzione esterna dell'edificio", evidentemente comprensiva di muri, cancelli, ringhiere e quant'altro, recinzione esterna descritta come connotata da "diffuso ammaloramento", peraltro visibile ad occhio nudo, con particolare riferimento proprio al cardine inferiore sinistro (quello che aveva ceduto), non poteva certo specificamente riferirsi al cancello in questione, anche perché l'imputato, volendo riferirsi ad un altro cancello dell'immobile, sito in un altro punto, lo aveva in altra parte del documento specificamente individuato; e, inoltre, che la verifica sulla stabilità del cancello in questione era stata superficialmente svolta dall'ing. A.F. soltanto mediante l'impiego, in un'occasione, di un cacciavite, a mo' di "sonda", su di un ferro del cancello, con una tecnica, cioè, all'evidenza, troppo grossolanamente approssimativa per potere avere una qualche validità tecnica ed una qualche affidabilità dal punto di vista predittivo.
Osserva il Collegio che il ragionamento svolto dalla Corte territoriale al riguardo appare congruo, lineare, immune da censure di tipo logico e non scalfito dalle censure del ricorrente.
Quanto all'argomento difensivo, svolto nel ricorso (alle pp. 7 e 9, con riproposizione peraltro di un argomento già speso alla p. 6 della memoria depositata nella fase dell'appello), secondo cui l'ingegnere, che intendeva riferirsi al cancello, si sarebbe dovuto necessariamente adattare agli spazi precostituiti della modulistica ministeriale adoperata come schema per la relazione, è agevole osservare che, data l'importanza del ruolo assegnato dalla dirigente scolastica all'ing. A.F., appunto quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione di una scuola elementare, l'incaricato non poteva certo, burocraticamente, assolvere all'incombenza limitandosi a spingere con un cacciavite su di un ferro di un vecchio cancello e a compilare un modellino ministeriale definendo, imprecisamente, uno dei due cancelli come recinzione esterna genericamente malmessa (v. foglio n. 344 del fascicolo), senza preoccuparsi più seriamente della sicurezza dei bambini, oltre che dei numerosi genitori e lavoratori della scuola che ogni giorno varcavano quella soglia (pp. 9 ed 11 della sentenza di appello), il rispetto per l'incolumità dei quali avrebbe dovuto indurre l'imputato, quantomeno, ad adattare gli spazi di un formulario ministeriale per inserirvi parole di chiarezza a proposito del rischio che derivava da un cardine di un cancello in cattive condizioni.
3. Resta da esaminare l'ulteriore argomentazione difensiva (di cui si è dato atto al par. n. 4.2.2. del "ritenuto in fatto") incentrata sull'asserita esclusiva responsabilità della dirigente scolastica: assume infatti la difesa essere stata violata la legge penale, con particolare riferimento al principio di legalità, per avere la Corte territoriale condannato l'ing. A.F. per cooperazione colposa in un reato che sarebbe esclusivamente attribuibile alla dirigente scolastica, della quale l'imputato era un mero consulente, così finendo per attribuire, in buona sostanza, all'ingegnere una "posizione di garanzia" che per legge non gli sarebbe spettata.
L'assunto è impreciso, inconcludente ed incondivisibile. Trascura, infatti, di considerare adeguatamente l'importanza del ruolo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in quanto il datore di lavoro, normalmente a digiuno (come peraltro nel caso di specie) di conoscenze tecniche, è proprio concretamente avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che ottempera all'obbligo giuridico di analizzare e di individuare, secondo l'esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno del luogo di lavoro (Sez. U., n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261109). Con la conseguenza che «in tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all'occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri» (Sez. U., n. 38343 del 24/04/2014, Epenhahan e altri, Rv. 261107).
Ebbene, la sentenza di appello delinea in modo chiaro la pozione di garanzia ed il ruolo, tutt'altro che defilato e secondario, e, anzi, di centrale importanza, dell'ing. A.F. sul quale, proprio in quanto dotato di specifiche competenza tecniche che non rientravano nel profilo professionale della preside, l'istituzione scolastica aveva il diritto di fare pieno affidamento (nel caso di specie risultato malriposto) nella individuazione di possibili fonti di pericolo per la popolazione scolastica.
4. Infondata anche il motivo di ricorso incentrato sulla distribuzione delle spese tra le parti private in quanto: le conseguenze della soccombenza processuale sono, in linea di massima (salvi solo gli adattamenti necessariamente derivanti dalla natura di parte pubblica del Pubblico Ministero), comuni ad entrambi i rami dell'ordinamento; la solidarietà passiva è uno strumento per rafforzare la posizione del danneggiato; la segnalata aporia si risolve, per il resto, in un'imprecisione del dispositivo di secondo grado comunque agevolmente superabile, essendo la somma di 1.800,00 euro evidentemente inclusa, come una parte del tutto, nel più ampio importo di euro 7.050,00, oltre accessori, che va refusa complessivamente a A.B. Antonino per le spese necessarie per far valere il proprio diritto (senza, insomma, che i 1.800,00 euro si debbano aggiungere ai 7.050,00).
5. Consegue dalle considerazioni svolte il rigetto del ricorso di A.F. e la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali ed alla refusione delle spese sostenute dalle parti civili A.B. e G.M.O., liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso di G.S. e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di 1.000,00 euro alla cassa delle ammende.
Rigetta il ricorso di A.F. e lo condanna al pagamento delle spese processuali per questo giudizio di legittimità in favore delle parti civili, che liquida in 2.500,00 euro oltre accessori come per legge per ciascuna delle due parti A.B. e G.M.O. .
Così deciso il 15/01/2016.

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Cassazione Penale Sez. 4 13 maggio 2016 n. 20051.pdf
 
51 kB 12

Incidenti in gallerie stradali

ID 9983 | | Visite: 2594 | News Sicurezza

Incidenti in gallerie stradali

Incidenti in gallerie stradali

La proposta riporta un’analisi sulla sicurezza e sull’incidentalità, anche di tipo lavoro-correlato, nelle gallerie stradali italiane.

Tra il 2013 e il 2017 l’incidentalità è crescente e interessa soprattutto le gallerie fino a 500 metri dove si osservano le più elevate frequenze e gravità. Per lunghezze superiori si osservano significative variazioni in percentuale.

Il d.p.r. 151/2011 sulla prevenzione incendi e la direttiva 54/2004/EC sui requisiti di sicurezza e sui comportamenti degli utenti e soccorritori in gallerie della Rete Trans-europea sono due fondamentali norme di sicurezza applicabili a queste infrastrutture da cui, tuttavia, restano escluse le gallerie fino a 500 metri.

...

Fonte: INAIL

Collegati:

Lettera circolare n. 756 del 16 marzo 2009

ID 9973 | | Visite: 3952 | Prevenzione Incendi

Lettera circolare n. 756 del 16 marzo 2009

OGGETTO: D.M. 22 ottobre 2007(N) recante "Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la installazione di motori a combustione interna accoppiati a macchina generatrice elettrica o a macchina operatrice a servizio di attività  civili, industriali, agricole, artigianali, commerciali e di servizi" - Chiarimenti. 

Con riferimento ad alcuni quesiti, pervenuti a questo Ufficio, in merito al decreto indicato in oggetto, si formulano i seguenti chiarimenti. 

1. Le installazioni di gruppi di produzione di energia elettrica in modo continuativo - mossi da motori alimentati anche da combustibili alternativi/rinnovabili, quali ad es. oli vegetali, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione o biogas -vanno classificati come impianti industriali di produzione di energia elettrica e non come gruppi elettrogeni e, pertanto, non ricadono nel campo di applicazione del D.M. 22 ottobre 2007.

Ciò premesso, - in considerazione anche delle finalità del D.Lgs.29/03 in materia di promozione dell"energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili - le indicazioni e le limitazioni. anche quelle relative alla capacità dei depositi di combustibili. riportate nella regola tecnica di prevenzione incendi di cui al D.M. 22 ottobre 2007, possono costituire un utile criterio di riferimento, ma non sono da considerarsi vincolanti.

2. Ai fini dell'applicazione del decreto in oggetto - fino ad un approfondimento della problematica a cura elci Comitato Centrale Tecnico Scientifico - il gasolio viene considerato in ogni caso liquido combustibile di categoria C, così come classificato dal D.M. 31 luglio 1934. a prescindere dall'effettiva temperatura d·infiammabilità

3. I gruppi elettrogeni commercializzati prima dell'entrata in vigore del D.P.R.459/96 possono essere utilizzati pur in assenza della marcatura CE e della dichiarazione CE di conformità di cui al Titolo III del D.M. 22 ottobre 2007, a condizione che venga attestata tale circostanza, nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza, e venga curata la tenuta del libretto d'uso e manutenzione, ai fini dei controlli dell'organo di vigilanza.

(N) Il D.M. 22 ottobre 2007 è abrogato da:

D.M. 13 luglio 2011 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la installazione di motori a combustione interna accoppiati a macchina generatrice elettrica o ad altra macchina operatrice e di unità di cogenerazione a servizio di attività civili, industriali, agricole, artigianali, commerciali e di servizi. (G.U. n. 169 del 22 luglio 2011) 

Collegati

Circolare prot. n. 6181 del 8 maggio 2014

ID 9970 | | Visite: 3311 | Prevenzione Incendi

Circolare prot. n. 6181 del 8 maggio 2014

Oggetto: D.M. 12 aprile 1996 "Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio degli impianti termici alimentati da combustibili gassosi"- Indicazioni applicative.

Con il D.M. 12 aprile 1996 sono state emanate disposizioni di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio degli impianti termici alimentati da combustibili gassosi.

Nel periodo di applicazione del predetto decreto si è registrata una significativa evoluzione tecnologica nel settore impiantistico in argomento che ha determinato la necessità di avviare l'aggiornamento dello stesso.

Nelle more dell'aggiornamento e ai fini dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, risulta utile ricordare che l'impianto interno di adduzione del gas, come definito alla lettera h) dell'allegato al DM 12 aprile 1996, è soggetto alle procedure del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 22 gennaio 2008 n. 37.

Tale impianto deve essere progettato e realizzato secondo la regola dell'arte ed, in particolare, può essere conforme a norme di prodotto e di installazione adottate sia a livello comunitario (ad esempio norme UNI EN) che a livello nazionale dall'Ente di Unificazione Italiano (norme UNI).

Tale approccio consente l'utilizzo di norme regolarmente aggiornate, ai sensi della vigente legislazione nazionale e comunitaria, che tengono conto dell'evoluzione tecnologica di settore.

Al riguardo si segnala la pubblicazione della norma UNI 11528 "Impianti a gas di portata termica maggiore di 35kW", di recente emanazione (febbraio 2014), nonché la norma UNI 8723:2010 "Impianti a gas per l'ospitalità professionale di comunità e similare - Prescrizioni di sicurezza", che ben rappresentano la recente evoluzione tecnologica deL' rispettivi aspetti impiantistici, individuandone la regola dell'arte

Update 21.11.2019 - Abrogazione DM 12 aprile 1996

Pubblicato nella GU n. 273 del 21 Novembre 2019 il Decreto 8 Novembre 2019 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la realizzazione e l'esercizio degli impianti per la produzione di calore alimentati da combustibili gassosi. (GU n.273 del 21-11-2019)

Modello sicurezza a bordo e a terra nel settore pesca

ID 9967 | | Visite: 4387 | Documenti Sicurezza Enti

Modello sicurezza a bordo e a terra nel settore pesca

Modello sicurezza a bordo e a terra nel settore pesca

Modello operativo per l’identificazione e la gestione dei pericoli lavorativi a bordo e a terra nei settori della pesca

1.1 Parte generale

1.1.1 Pesca

La pesca è l'attività economica organizzata svolta in ambienti marini o salmastri o di acqua dolce, diretta alla ricerca di organismi acquatici viventi, alla cala, alla posa, al traino e al recupero di un attrezzo da pesca, al trasferimento a bordo delle catture, al trasbordo, alla conservazione a bordo, alla trasformazione a bordo, al trasferimento, alla messa in gabbia, all'ingrasso e allo sbarco di pesci e prodotti della pesca. Sono connesse alle attività di pesca professionale, purché non prevalenti rispetto a queste ed effettuate dall'imprenditore ittico mediante l'utilizzo di prodotti provenienti in prevalenza dalla propria attività di pesca ovvero di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'impresa ittica, le seguenti attività:

a) imbarco di persone non facenti parte dell'equipaggio su navi da pesca a scopo turistico-ricreativo, denominata: «pesca turismo»;
b) attività di ospitalità, ricreative, didattiche, culturali e di servizi, finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici delle risorse della pesca e alla valorizzazione degli aspetti socio-culturali delle imprese ittiche esercitate da imprenditori, singoli o associati, attraverso l'utilizzo della propria abitazione o di struttura nella disponibilità dell'imprenditore stesso, denominata: «ittiturismo»;
c) la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione dei prodotti della pesca, nonché le azioni di promozione e valorizzazione;
d) l'attuazione di interventi di gestione attiva, finalizzati alla valorizzazione produttiva, all'uso sostenibile degli ecosistemi acquatici ed alla tutela dell'ambiente costiero.

L'imbarco di persone è autorizzato dall'autorità marittima dell'ufficio di iscrizione della nave da pesca secondo le modalità fissate dalle disposizioni vigenti.

1.2 Struttura della Linea Guida

Questa Linea Guida vuole essere un supporto pratico, per gli operatori della filiera ittica della provincia di Reggio Calabria, all’individuazione dei Pericoli e delle Misure di prevenzione e protezione sul lavoro nel comparto ittico: le indicazioni in essa contenute hanno validità generale e la loro applicazione va modulata sulle caratteristiche complessive dell’impresa che intende seguirle. Sarebbe utile che, ogni realtà realizzi procedure che tengano conto delle specificità, ed entrino nel merito degli aspetti tecnici dell’organizzazione. L’obiettivo di questa pubblicazione, frutto di una ricerca e riorganizzazione di informazioni e fonti varie, senza avere la presupponenza di aver realizzato un’opera “definitiva” o di sostituirsi ai testi di legge che rimangono sempre i soli riferimenti ufficiali, è di fornire una linea guida agli Stakeholder del comparto della pesca. Scopo della presente guida è quello fornire un supporto al comparto della Pesca della provincia di Reggio Calabria nella individuazione dei Pericoli e delle Misure di prevenzione e protezione occupazionali per i lavoratori del settore “mare e terra”.

L’individuazione dei Pericoli è infatti il primo passo nella spirale del miglioramento continuo, necessario per migliorare le condizioni di salute e sicurezza, e favorire la sensibilizzazione degli addetti attraverso azioni informative e formative, nel rispetto della normativa vigente. Per la identificazione dei Pericoli abbiamo considerato:

- pericoli per la sicurezza, o Pericoli di natura infortunistica;
- pericoli per la salute, o Pericoli igienico-ambientali;
- pericoli trasversali o organizzativi.

La Linea guida consta di una parte introduttiva nella quale sono definite le nozioni di base specifiche per l’ambito della “pesca”, con una ampia presentazione delle finalità della guida stessa. Abbiamo illustrato la principale normativa vigente, applicabile alla sicurezza sul lavoro durante la navigazione e per i servizi a terra, con un accenno al complesso sistema delle sanzioni in materia di Sicurezza e Salute sul lavoro, riguardo al diverso grado di responsabilità, delle figure coinvolte nel Servizio di Prevenzione e Protezione.

Tuttavia, la recente normativa sulla sicurezza a bordo delle navi e imbarcazioni, indipendentemente dalla loro grandezza ha rimesso in discussione i problemi della salute e della sicurezza dei lavoratori del settore pesca in senso lato, sia a terra sia a bordo ed evidenzia che tali problemi devono essere affrontati sistematicamente non solo in termini oggettivi di carenza di sicurezze, ma anche in termini di comportamenti errati e di sensibilizzazione degli addetti.

Per una corretta applicazione della normativa abbiamo riportato un flusso per identificare l’applicazione delle unità da pesca marittima che rientrano nel campo di applicazione della legislazione della sicurezza dei lavoratori marittimi. Abbiamo illustrato gli adempimenti ed obblighi sia in materia di Sicurezza nell'attività di pesca in mare, sia adempimenti ed obblighi in materia di Sicurezza nell'attività a terra. Sono stati illustrati gli obblighi formativi nella pesca professionale a bordo e a terra.

Sono state descritte le principali figure professionali coinvolte nelle attività di pesca in navigazione, anche in relazione ai disposti regolamenti del settore marittimo, nonché tutte le necessarie figure professionali specifiche per la gestione e controllo della sicurezza in mare e a terra (Datore di Lavoro, RSPP, RLS, MC, ASPP, APS, AA……).

Un breve riferimento è stato dedicato al Sistema di gestione per la sicurezza in quanto la normativa ha fissato il legame fra la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro ed un modus operandi socialmente responsabile, riproponendo di fatto la necessità di una visione integrata e trasversale di politiche e strategie orientate alla diffusione di una cultura della sicurezza che costituisca uno degli strumenti più efficaci per migliorare la competitività delle imprese e garantire contestualmente condizioni di lavoro più sicure e ambienti di lavoro migliori.

È stato introdotto Il sistema di gestione della salute e sicurezza secondo lo standard BS OHSAS 18001:2007 la cui adozione, pur non essendo obbligo di legge, se è conforme a quanto previsto dall’art.30 del D.Lgs. 81/2008 ha efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni (D.Lgs. 231/2001).

È stata illustrata la documentazione necessaria e le relative procedure previste e sono stati indicati specifici requisiti. Sono stati illustrati i vantaggi nell’adozione del sistema di gestione OHSAS 18001 sia nel miglioramento delle performance aziendali in campo della sicurezza sia i vantaggi economici stabiliti dall’INAIL tramite uno sconto” denominato “oscillazione per prevenzione”, le aziende, operative da almeno un biennio, che eseguono interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli minimi previsti dalla normativa in materia (D.Lgs. 81/2008).

In questo contesto rientrano le aziende che realizzano un sistema di gestione per la sicurezza, secondo le linee guida INAIL o in riferimento alla norma OHSAS 18001:2007. Inoltre sono stati definiti i benefici offerti dall’impiego di un sistema integrato, anche attraverso l’adozione di sistemi conformi alla ISO 9001/2008 e ISO 14001/2004 Sono stati brevemente illustrati i requisiti della norma per quanto concerne la Politica per la Sicurezza e Salute sul lavoro, l’Analisi dei rischi e pianificazione degli obiettivi di miglioramento, la Formazione e consapevolezza, la Partecipazione, consultazione e comunicazione, il Controllo operativo e risposta alle emergenze, la Misura e controllo delle prestazioni, Analisi degli incidenti e quasi incidenti, Audit e Riesame della Direzione.

E’ stata definito in un specifico capitolo la documentazione obbligatoria da conservare accuratamente sull’imbarcazione, per eventuali richieste da parte delle autorità competenti. Sono state illustrate nel dettaglio le misure di primo soccorso, le attrezzature da utilizzare e avere a disposizione, i contenuti minimi delle cassette di primo soccorso contenenti i presidi medici e il personale idoneo all’impiego di tali misure. Un capitolo è stato dedicato ai Pericoli a cui sono esposti i lavoratori del comparto ittico, rinviando per la completa identificazione e valutazione di tutti i Pericoli a una analisi approfondita di ogni luogo di lavoro, degli impianti, delle attrezzature, dei processi e delle sostanze utilizzate.

È stato illustrato un metodo per individuare i pericoli e valutare i rischi in cinque passi. Nell’ultimo capitolo sono state attentamente analizzate le problematiche tese sia all’individuazione dei Pericoli sia alle Misure di prevenzione e protezione per:

- imbarcazioni;
- magazzini per armamenti;
- distribuzione;
- punti di sbarco;
- magazzini di acquisto e Mercato ittico;
- aziende di trasformazione.

Per ogni attività o area sono stati analizzati i processi e individuati i relativi pericoli le conseguenze correlate e le azioni per migliorare la sicurezza. Per ogni processo sono state predisposte delle Schede Standard per facilitare la lettura e l’identificazione di situazioni simili a quelle del lettore.
...
segue in allegato

CCIIA RC

Collegati


Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Modello pericoli lavorativi settori pesca.pdf
 
7507 kB 15

Rischi connessi con lo stoccaggio di sistemi di accumulo litio-ione

ID 9963 | | Visite: 14406 | Prevenzione Incendi

Rischi connessi stoccaggio batterie

Rischi connessi con lo stoccaggio di sistemi di accumulo litio-ione

VVF, 21.01.2020

La pubblicazione “Rischi connessi con lo stoccaggio di sistemi di accumulo litio-ione” è il primo studio completo disponibile in Italia sulla sicurezza degli accumulatori e pile al litio, il cui pregio fondamentale è quello di aver inquadrato a tutto tondo le problematiche di gestione in sicurezza, lungo tutto il ciclo di vita, di queste nuove tecnologie ampiamente utilizzate nell’elettronica di consumo, nei veicoli elettrici e per lo stoccaggio di energia prodotta da fonti rinnovabili.

La pubblicazione  è accompagnata da un Data Base incidentale sviluppato da ENEA che raccoglie una porzione della casistica incidentale reperibile da fonti internazionali e che sarà utilizzata dal Corpo Nazionale per la formazione del proprio personale, la registrazione dei dati di intervento effettuati sul territorio italiano, l’implementazione con notizie di incidente a livello internazionale, l'attivazione di procedure di prevenzione dei rischi e di gestione degli interventi.

...

Questo documento è il frutto delle attività svolte dal GDL e costituisce uno studio di base sulle problematiche di sicurezza dello stoccaggio dei sistemi di accumulo realizzati con tecnologie al litio, laddove con il termine “stoccaggio” si è deciso di individuare: le attività connesse alla logistica (stoccaggio passivo) nelle quali lo stato di carica degli accumulatori è al massimo pari al 30% del SOC (state of charge) oppure è pari al 100% nel caso di pile al litio e le batterie non sono sottoposte a cicli di carica e scarica; le attività nelle quali, per i soli accumulatori, le batterie sono soggette a cicli di carica e scarica (stoccaggio attivo).

A titolo non esaustivo, sono stati identificati i seguenti ambiti:

1. Stoccaggio passivo
a. Operazioni di deposito temporaneo presso: produttori di pile al litio celle litio-ione; assemblatori di batterie; importatori di celle, batterie ed elettronica di consumo; rivenditori; interporti e catena logistica; gestori della filiera dei rifiuti di pile, batterie e rifiuti elettronici (RAEE);
b. manutenzione di dispositivi elettronici e di veicoli;
c. produzione e vendita di veicoli elettrici
2. Stoccaggio Attivo
a. Sistemi di stoccaggio dell’energia elettrica (ESS) ad uso industriale e domestico
b. Locali di ricarica di veicoli elettrici
c. Autorimesse e box nei quali vengono custoditi veicoli elettrici

Lo studio è suddiviso in sette capitoli nei quali vengono descritte le tecnologie al litio, incluse le norme applicabili, l’individuazione delle sostanze chimiche che le costituiscono, la loro classificazione ed etichettatura ai sensi del regolamento REACH, le dinamiche di guasto e le evoluzioni incidentali. Un capitolo è dedicato alla ampia casistica incidentale disponibile a livello internazionale, alla esposizione della struttura di un data base incidentale e la predisposizione di una bozza in formato elettronico, alle pratiche di prevenzione e protezione adottate a livello internazionale, sia a livello di politiche degli enti pubblici che a livello delle organizzazioni degli esperti di gestione incendi. Il secondo capitolo è dedicato alla caratterizzazione dello scenario del runaway dei sistemi litio ione, considerato come il caso di incidente in quanto, in tali condizioni, vengono rilasciate la massima quantità di energia e di materia disponibili. Nel capitolo cinque, vengono esaminati gli aspetti normativi relativi allo stoccaggio passivo e al trasporto delle batterie al litio, e vengono esaminati gli aspetti di rischio connessi alla gestione della filiera dei rifiuti. Nel capitolo sei si tratta la materia della prevenzione e protezione dei rischi, valutando il contributo dei dispositivi esistenti a livello di batteria/dispositivi utilizzatori (quali il BMS) che le tecniche di protezione passiva e di protezione attiva attuabili all’interno degli stoccaggi. Lo studio si conclude con un capitolo dedicato alla modellazione su container e sperimentazione su scala reale, frutto delle attività svolte dall’Università “Sapienza” in collaborazione con il corpo Nazionale dei vigili del fuoco.

Generalità sugli stoccaggi

Come precisato nei capitoli 1 e 5 B, le batterie al litio, pile e accumulatori, e gli apparecchi utilizzatori che le contengono, a livello internazionale sono definite “merci pericolose” e, pertanto, sono sottoposte alle norme internazionali applicabili al trasporto di merci pericolose lungo il loro intero ciclo di vita. Vale a dire: dal sito di produzione fino al conferimento dei rifiuti e alla loro gestione come tali, fino agli impianti di riciclo.

Lo stoccaggio di merci pericolose è sottoposto, in relazione alle quantità e alle tipologie di merce, alle norme giuridiche di tutela ambientale (TU Ambiente), di tutela dei lavoratori addetti (D.Lgs. 81/08 e smi), di prevenzione del rischio incendio (Attività soggette) e di prevenzione dei rischi di incidente rilevante (Direttiva Seveso III). In tutti questi casi, la prevenzione dei rischi è affidata alla individuazione sistematica dei pericoli e alla loro gestione, tra cui le misure necessarie per la prevenzione delle incompatibilità chimico-fisiche con sostanze, miscele o articoli, che possono portare ad aggravamenti del rischio.

Lo studio condotto sullo stoccaggio di batterie al litio ha consentito di individuare i pericoli di questa tecnologia, ma necessita ulteriori approfondimenti sulle incompatibilità di natura chimica.

Per le pile al litio metallico, sebbene siano sigillate, la presenza di tale elemento impone la prevenzione del contatto con l’acqua o la gestione in ambienti troppo umidi o che sottopongano a stress meccanico o chimico le sigillature, questione questa da risolvere attraverso la scienza dei materiali.

Per gli accumulatori al litio, lungo tutto il ciclo di vita, vanno individuate le cause esterne di natura chimica e fisica che possono portare alla perdita di sigillatura ovvero alla perdita dell’integrità dei contenitori di celle e batterie, e le condizioni di incompatibilità chimica.

Considerando la composizione chimica di questi sistemi, l’abuso termico è ciò che va evitato per primo: vanno quindi gestite correttamente sia la prossimità con materiali che possono incendiarsi (sostanze infiammabili o combustibili) o provocare incendi (agenti ossidanti), che l’esposizione ad alta temperatura o a condizioni di irraggiamento termico ambientale che producono accumulo di calore all’interno o sulle superfici dei sistemi litio-ione.

La differenza tra stoccaggio passivo e stoccaggio attivo consente di individuare un aggravamento del rischio collegato ai cicli di carica e scarica, alla maggiore quantità di energia elettrica immagazzinata come energia chimica e al cambiamento della composizione chimica in funzione di parametri elettrici, quali, ad esempio, stato di carica, e velocità di carica/scarica, come pure del normale processo di invecchiamento e di impurezze eventualmente presenti “ab origine” che, nel tempo, possono condurre a invecchiamento precoce o innescare reazioni non desiderate portando il sistema di accumulo nel campo della instabilità chimico-fisica.

______

Fonte: VVF

Collegati:

D.Lgs. 26 maggio 2000 n. 241

ID 9952 | | Visite: 6012 | Decreti Sicurezza lavoro

D.Lgs. 26 maggio 2000 n. 241

Attuazione della direttiva 96/29/EURATOM in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti.

(GU n.203 del 31.08.2000 - S.0 n. 140)

Collegati

 

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 1683 | 17 Gennaio 2020

ID 9949 | | Visite: 2407 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 17 gennaio 2020 n. 1683

Prassi contra legem nelle operazioni di sollevamento e di carico delle casseforme. Responsabilità di un preposto

Penale Sent. Sez. 4 Num. 1683 Anno 2020
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: ESPOSITO ALDO
Data Udienza: 24/09/2019

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Bergamo del 1° ottobre 2014, con cui C.E. (imputato non ricorrente) e B.G. erano stati condannati rispettivamente alla pena di mesi cinque di reclusione e di mesi tre di reclusione per il reato di cui agli artt. 113, 590, commi 1A, 2A e 3, cod. pen., perché, in cooperazione colposa tra loro, il C.E., quale amministratore delegato della I.E.G.A. Costruzioni s.p.a., di direttore tecnico di cantiere e di referente per la sicurezza sul cantiere edile sito in via Predore n. 6, e il B.G., in qualità di preposto della I.E.G.A. e di capocantiere presente in occasione dell'infortunio, cagionavano lesioni gravi a T.C., dipendente della I.E.G.A., il quale, mentre si trovava sul cassone di autocarro Mercedes dotato di gru dietro la cabina e stava effettuando operazioni di imbracatura di casseforme a telaio Trio prodotte dalia ditta Peri s.p.a. e, in particolare, aveva appena imbracato tre casseforme a telaio delle dimensioni di circa 1,20 mt. di larghezza e 3,30 mt. di altezza e del peso di kg. 195 ciascuna, utilizzando n. 2 fasce in tessuto ed una catena di sollevamento, veniva schiacciato contro la sponda posteriore dell'automezzo delle casseforme che, durante le operazioni di sollevamento effettuate dal collega A.A., scivolavano a causa dell'inidonea modalità di imbracatura mediante l'uso di fasce in tessuto e non tramite ganci o brache di sollevamento, come previsto dal manuale di istruzione ed uso della ditta Peri, così procurando alla persona offesa lacerazione epatica, rottura del bacinetto renale destro, frattura del gran trocantere e ala sacrale, contusioni polmonari bilaterali, fratture costali multiple e frattura sternale dalle quali derivava una malattia di durata superiore a quaranta giorni - colpa generica e specifica: per il C.E., violazione dell'alt. 18, comma 1, lett. F), D. Lgs. n. 81 del 2008, per non aver richiesto al T.C. l'osservanza delle norme di procedura per il sollevamento delle casseforme in conformità al manuale di istruzioni ed uso alla ditta Peri produttrice delle casseforme; per il B.G., violazione dell'art. 19, comma 1, lett. A), D. Lgs. n. 81 cit., per avere omesso di sovrintendere e vigilare sull'osservanza da parte dei lavoratori del cantiere degli obblighi di legge e delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza previste nel piano operativo di sicurezza e, in particolare, perché non disponeva e non esigeva che le operazioni di movimentazione delle casseforme fossero effettuate secondo le indicazioni del manuale - in Sarnico il 13 aprile 2012).
In base alla ricostruzione dei fatti, il T.C. riportava le lesioni, mentre si trovava su un camion dell'impresa per la quale lavorava a seguito dello scivolamento di alcuni pannelloni di metallo situati nel cassone del mezzo e che stava movimentando con la gru del veicolo azionata. 
Il T.C. dichiarava di aver seguito tre corsi di formazione sull'uso della gru, sull'impiego dei "pannelloni" e sulla sicurezza in cantiere e di aver appreso dal B.G. e dal C.E. di dover movimentare i pannelloni mediante appositi ganci e con delle "manine" attaccate al pannello. Sottolineava che, come avveniva anche in altri cantieri, il giorno del fatto erano state adoperate le fasce in luogo dei ganci.
Il Tribunale aveva evidenziato che l'uso delle fasce non era assolutamente previsto dal manuale di istruzione Peri, disposizione di particolare rigore determinata dal peso notevole delle casseforme in questione. Il teste A.A., autista, sosteneva che le fasce erano state adoperate sistematicamente, senza che il capocantiere o altri ne sconsigliasse l'uso o controllasse lo stato di usura.
La sua indicazione di aver seguito un corso risentiva di una notevole approssimazione, essendo egli erroneamente convinto che il manuale di istruzione consentisse le fasce. Dal controllo dei provvedimenti disciplinari, peraltro, il T.C. non risultava essere stato rimproverato per l'uso delle fasce. Il B.G. effettuava il corso sull'uso dei ganci solo dopo l'incidente occorso al T.C.. Egli aveva violato proprio il compito di sovraintendere ad ogni attività di cantiere. La Corte territoriale ha rilevato che, dalla documentazione in atti, il T.C. non risultava aver frequentato il corso sull'uso di pannelloni, ma solo gli altri due corsi suindicati.
A prescindere dalla non documentata formazione del T.C., in ogni caso permaneva il concreto problema della corretta osservanza delle norme, delle misure di sicurezza e della relativa vigilanza da parte degli imputati nella loro posizione di garanzia. Le fasce consentivano di svolgere il lavoro più velocemente e per questo costituivano una dotazione del cantiere, già impiegata in precedenti occasioni. Il sistema di sicurezza approntato dal datore di lavoro conteneva delle criticità, dovendo egli dominare ed evitare l'instaurarsi di prassi di lavoro non corrette.
2. Il B.G., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo due motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'elemento oggettivo del reato.
Si deduce che erroneamente la Corte territoriale ha fondato il proprio giudizio di responsabilità sulla circostanza dell'abituale uso nel cantiere delle fasce anziché dei ganci, mentre sarebbe stato necessario stabilire se l'utilizzo delle fasce aveva provocato l'evento morte. La Corte di merito erroneamente aveva ritenuto attendibili il T.C. e il teste A.A., nella parte in cui avevano dato atto della prassi dell'uso delle fasce e, in seguito, li aveva considerati inattendibili nella parte in cui avevano raccontato di aver partecipato a corsi formativi e di aver deciso autonomamente le modalità di azione in occasione dell'evento lesivo.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al nesso di causalità. 
Si rileva che la Corte lombarda ha basato la propria decisione sul solo accertamento della violazione o meno di norme in materia di sicurezza sul lavoro e non su un reato di evento. Essa, inoltre, ha omesso di verificare la causalità nella colpa sotto i profili della concretizzazione del rischio e dell'evitabilità dell'evento.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato.
Va premesso che, alla luce della normativa prevenzionistica vigente, sul datore di lavoro grava l'obbligo di valutare tutti i rischi connessi alle attività lavorative e attraverso tale adempimento pervenire alla individuazione delle misure cautelari necessarie e quindi alla loro adozione, non mancando di assicurarsi l'osservanza di tali misure da parte dei lavoratori.
Nella maggioranza dei casi, tuttavia, la complessità dei processi aziendali richiede la presenza di dirigenti e di preposti che in diverso modo coadiuvano il datore di lavoro. I primi attuano le direttive del datore di lavoro, organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa [art. 2, co. 1, lett. d), d.lgs. n. 81 del 2008]; i secondi sovrintendono alla attività lavorativa e garantiscono l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa [art. 2, co. 1, lett. e), d.lgs. n. 81 del 2008].
Pertanto, già nel tessuto normativo è prevista la vigilanza del datore di lavoro attuata attraverso figure dell'organigramma aziendale che - perché investiti dei relativi poteri e doveri - risultano garanti della prevenzione a titolo originario. Il datore di lavoro può assolvere all'obbligo di vigilare sull'osservanza delle misure di prevenzione adottate attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza da parte sua delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione scelte a seguito della valutazione dei rischi (Sez. 4, n. 14915 del 19/02/2019, Arrigoni, Rv. 275577).
Prendendo atto di tali previsioni, questa Corte ha già affermato il principio secondo il quale, in tema di prevenzione infortuni sul lavoro, ai fini dell'individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l'infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell'organizzazione dell'attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l'incidente derivante da scelte gestionali di fondo (Sez. 4, n. 22606 del 04/04/2017, Minguzzi, Rv. 269972). 
Pertanto, anche in relazione all'obbligo di vigilanza, le modalità di assolvimento vanno rapportate al ruolo che viene in considerazione; il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell'esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli.
Ne consegue che, qualora nell'esercizio dell'attività lavorativa si instauri, con il consenso del preposto, una prassi contra legem, foriera di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di omicidio colposo o di lesioni colpose aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche (Sez. 4, n. 26294 del 14/03/2018, Fassero Gamba, Rv. 272960, in un caso di omicidio colposo; in conformità, in un'ipotesi di lesioni colpose, Sez. 4, n. 18638 del 16/01/2004, Policarpo, Rv. 228344; principio risalente a Sez. 4, n. 17941 del 16/11/1989, Raho, Rv. 182857).
2. Ciò posto sui principi operanti in materia di preposti e di prassi lavorative, va osservato che la presente vicenda concerne l'infortunio sul lavoro occorso all'operaio T.C., il quale, mentre si trovava su un camion dell'impresa di appartenenza, subiva lesioni gravi cagionate per effetto dello scivolamento di alcuni pannelloni di metallo situati nel cassone del mezzo e che stava movimentando con la gru del veicolo, azionato da A.A., autista, altro dipendente, per essere scaricati a terra. Il lavoratore era schiacciato contro la sponda posteriore dell'automezzo dalle casseforme che, durante le operazioni di sollevamento effettuate dal collega A.A., scivolavano a causa dell'inidonea modalità di imbracatura mediante l'uso di fasce in tessuto e non tramite ganci o brache di sollevamento, come previsto dal manuale di istruzione ed uso della ditta Peri.
La Corte territoriale ha evidenziato che la persona offesa aveva riferito in dibattimento quanto segue: era stata resa edotta dal preposto B.M. o da C.E. delle modalità di spostamento dei pannelloni, i quali andavano movimentati con appositi ganci e poi con le "manine" (dette anche agganci o maniglie) attaccate al pannello, consistenti in pinze che si chiudevano agganciandosi al pannello; il giorno del fatto non aveva usato le manine, bensì delle fasce, adoperate anche in altri cantieri, per imbracare due pannelli del peso di kg. 200 ciascuno; per la movimentazione erano consigliati gli appositi ganci, anche se potevano essere usate le fasce; non era mai stato ammonito per l'uso delle fasce; quel giorno, aveva usato le fasce, che consentivano un'operazione più veloce, perché l'autista aveva fretta, dovendo portare del materiale in un altro cantiere. 
La Corte di merito ha altresì chiarito che il manuale d'uso Peri non prevedeva l'uso di fasce di tessuto, ma esclusivamente di ganci di sollevamento, per i quali era prevista un'ispezione ad intervalli regolari, disposizione di particolare rigore introdotta per il peso notevole e per l'elevato ingombro delle casseforme; si trattava di ganci - con dichiarazione di conformità CE - collaudati per quelle specifiche casseforme, e contenenti l'indicazione del limite di carico.
Nella sentenza impugnata sono state evidenziate altresì l'impiego abituale delle fasce e la conoscenza approssimativa del T.C. e dell'A.A. del manuale Peri; il T.C. non aveva mai seguito un corso per l'uso delle casseforme. L'affermazione del T.C. di essere stato più volte redarguito per la scelta di usare le fasce trovava smentita nella verifica dei provvedimenti disciplinari adottati dalla ditta, tra i quali non era ricompresa la sanzione della sospensione dal lavoro, che egli avrebbe subito per l'inosservanza. Dal rilevante costo delle fasce di tessuto era desumibile che il loro impiego non poteva dipendere da una mera iniziativa dei dipendenti.
Il B.G. censura la mancata dimostrazione della sussistenza del nesso causale.
La Corte bresciana, tuttavia, ha illustrato l'approssimazione nell'espletamento di un'attività pericolosa e l'utilizzazione di fasce non consentite, spiegando che esse risultavano del tutto inidonee a sostenere il peso delle casseforme e a scongiurare eventi lesivi, come quello poi effettivamente verificatosi ai danni del T.C.. Ha chiarito le ragioni per le quali ha considerato inattendibile il T.C. nella parte in cui affermava di aver seguito corsi formativi e di aver autonomamente scelto le modalità concrete di compimento dell'azione lesiva.
Il giudice a quo, pertanto, ha risposto adeguatamente a tutte le censure in fatto formulate dal B.G. con l'atto di appello e ha affrontato in modo completo ed esauriente il tema della causalità. In ogni caso, la dedotta insussistenza del nesso eziologico non aveva formato oggetto di specifico motivo di appello.
La Corte territoriale ha riconosciuto mediante idoneo apparato argomentativo l'esistenza di una prassi contra legem osservata per le operazioni di sollevamento e di carico delle casseforme. Né l'esistenza di tale prassi (e della sua conoscibilità da parte dei vertici aziendali) poteva essere desunta dalle ammissioni della persona offesa e di un altro lavoratore di aver effettuato in precedenza la medesima manovra pericolosa.
Si è quindi dimostrato che il preposto, nell'esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, non si era attenuto alle disposizioni di legge, tollerando una prassi particolarmente pericolosa per gli addetti e suggerita dalla società, non predisponendo le opportune precauzioni per scongiurarne l'utilizzo nonché non sorvegliando l'operato dei dipendenti.
2. Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato. 
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 cod. proc. pen.).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 24 settembre 2019.

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 1683 Anno 2020.pdf
 
320 kB 10

Testo Unico Sicurezza D.Lgs. 81/2008 - 01.2020

ID 9901 | | Visite: 9259 | Testo Unico Sicurezza

Dlgs81 08 2020

Testo Unico Sicurezza D.Lgs. 81/2008 - 01.2020

Decreto legislativo 81/2008 in materia salute e sicurezza nei luoghi di lavoro - Ed. 01. 2020 (17 Gennaio 2020)

Disponibile il testo coordinato MLPS nell'edizione Gennaio 2020 

Download TUS Ed. 01.2020

Novità in questa versione:

- Inseriti gli interpelli dal n. 4, 5, 67 e n. 8 del 2019;
-  Sostituito il Decreto Direttoriale n. 8 del 25 febbraio 2019 con il Decreto Direttoriale n. 57 del 18 settembre 2019 - Ventiduesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11 ;
- Sostituito il Decreto Direttoriale n. 2 del 16 gennaio 2018 con il Decreto Direttoriale n. 58 del 18 settembre 2019 - Ottavo elenco dei soggetti abilitati e dei formatori per l’effettuazione dei lavori sotto tensione ;
- Aggiunta la lettera a-bis all’art. 4, comma 1, del Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 22 gennaio 2008, n. 37, inserita dal comma 50 dell’art. 1 della Legge 13 luglio 2015, n. 107;
- Aggiunto l’art. 7-bis al Decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, come previsto dall’art. 36 del Decreto-Legge 30 dicembre 2019, n. 162, pubblicato sulla G.U. n. 305 del 31/12/2019.

MLPS - 17 Gennaio 2019

Tutte le Versioni del TUS MLPS pubblicate

CUS 2019 small

ebook Codice Unico Sicurezza

Norme per la Salute e la Sicurezza lavoro e dei prodotti CE

Codice Unico Sicurezza, direttamente dal nostro sito, in formato PDF, riservato Abbonati o in Acquisto Store

Vedi la nostra versione nativa per smartphone/tablet

Info e acquisto Store Certifico

Info e acquisto Google Play

Info e acquisto Apple Store

Info e acquisto Amazon Store

Cover TUS small

D.Lgs. 81/2008 consolidato 2019

Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro

Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro, direttamente dal nostro sito, in formato PDF, riservato Abbonati o in Acquisto Store

Vedi la nostra versione nativa per smartphone/tablet

Info e acquisto Apple iBooks

Info e acquisto Google Play

Info e acquisto Amazon Store

Ultime Edizioni

Sicurezza nell’invecchiamento della forza lavoro e nell’industria 4.0

ID 9883 | | Visite: 3040 | Documenti Sicurezza Enti

Sicurezza invecchiamento forza lavoro

Sicurezza nell’invecchiamento della forza lavoro e nell’industria 4.0

Il Gruppo territoriale temporaneo (GTT) istituito dalla Commissione Sicurezza del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI) sul tema “sicurezza nell’invecchiamento della forza lavoro e nell’industria 4.0” ha sviluppato il presente Dossier grazie al contributo di referenti provenienti da diversi Ordini Provinciali degli Ingegneri.

L’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Milano (OIM) ha contributo allo sviluppo del presente documento riportando la sintesi dell’attività svolta dal Gruppo di Lavoro (GdL) omonimo cui hanno partecipato anche referenti INAIL da tempo impegnati a sviluppare attività e iniziative sul tema.

Obiettivo del GTT è stato principalmente quello di identificare le criticità relative all’argomento e identificare un approccio metodologico condivisibile e condiviso con i principali stakeholders al fine di proporre soluzioni ai nuovi problemi che si dovranno affrontare e aumentare le competenze dell’ingegnere della sicurezza in quanto professionista di riferimento per tutti gli aspetti relativi alla sicurezza sul lavoro.

L’incremento delle aspettative di vita a un livello di gran lunga superiore alle generazioni precedenti e la riduzione dei tassi di natalità stanno determinando in Italia, e in altri Paesi sviluppati, il progressivo invecchiamento della popolazione e un impatto diretto non trascurabile sulla crescita economica del Paese.

Con l'invecchiamento della popolazione si riduce, a parità di età di pensionamento, la quota di popolazione in età lavorativa (15-64 anni) e aumenta la spesa pensionistica (la nostra spesa pubblica è costituita soprattutto dalla voce pensioni. Inoltre le attitudini, i comportamenti, gli investimenti e le preferenze degli individui variano decisamente con l’età e con l’aspettativa di vita: il prezzo delle case è sotto pressione negativa perché più la gente è anziana tanto meno compra casa, la spesa assistenziale-sanitaria è in crescita mentre i consumi sono in decrescita.

Come conseguenza indiretta di tali dinamiche, si riscontrano forti influenze sulle politiche del lavoro volte alla modifica della legislazione previdenziale per il prolungamento della vita attiva. Infatti, i fattori macroeconomici e il mantenimento della sostenibilità del sistema pensionistico portano a posticipare l’accesso al trattamento di quiescenza. Questo comporta un progressivo invecchiamento della forza lavoro che, per il Datore di lavoro, si traduce nella necessità di approfondire gli aspetti tecnici e organizzativi aziendali, al fine di riequilibrare il rapporto mansione/dipendente in funzione delle sue capacità e condizioni, allo stato di salute e alla sicurezza (D.Lgs. 81/08 art. 18 c1 lettera c).

Con l’aumento della percentuale di lavoratori che ha un’età media sempre più elevata, il problema della tutela della salute e sicurezza negli ambiti lavorativi si arricchisce dunque di nuove criticità rispetto alle quali, ad oggi, non sono disponibili statistiche o resoconti di periodi pregressi che possano descrivere le conseguenze di una maggiore permanenza nel mondo del lavoro in ragione di vari parametri come ad esempio, il tipo di attività svolta. Come stanno affrontando le aziende questo scenario? Quali azioni tecniche ed organizzative sono necessarie nei luoghi di lavoro per sostenere i lavoratori maturi ed i più anziani? Esiste un legame fra età e produttività? E tra infortuni ed invecchiamento? Quale il ruolo dell’Ingegnere della Sicurezza?

Il presente articolo, frutto del lavoro svolto dal GTT CNI anche in collaborazione con la Sottocommissione Sicurezza igiene del lavoro e Cantieri - GdL "Sicurezza e invecchiamento forza lavoro", vuole aiutare ad approfondire il dibattito in corso sull'invecchiamento della popolazione lavorativa cercando di cogliere tutti gli aspetti di una problematica trasversale e complessa ed anche, attraverso l’analisi di dettaglio del tema, poter suggerire agli addetti ai lavori ed alle Aziende, un approccio metodologico che possa essere di supporto nella scelta delle azioni tecniche ed organizzative per gestire al meglio questo fenomeno.

Questo tema, che coinvolge qualsiasi lavoratore, perché ahimè tutti noi invecchiamo e, con rare eccezioni, qualsiasi settore produttivo, è complesso ed articolato e si presta a differenti spunti di approfondimento.

L’ingegnere si pone in particolare come un operatore sui temi della salute e sicurezza a favore di un lavoro sostenibile a tutte le età al fine di evitare possibili conseguenze quali:

- Una riduzione della produttività del sistema industriale, per effetto dell'aumento crescente dell'assenteismo cronicizzato;
- Un impatto crescente sui costi del sistema sanitario nazionale per l'accumulo di malattie invalidanti;
- Un aumento di potenziali inoccupati cioè persone (con patologie e limitazioni) senza accesso alla pensione anticipata e senza concrete possibilità di reimpiego che vengono espulse dal mondo del lavoro e diventano un costo per la collettività.
- Un aumento di infortuni e malattie professionali tra i lavoratori più anziani.

Quindi supportare le organizzazioni nell’affrontare tempestivamente il fenomeno dell’invecchiamento della forza lavoro, significa innanzitutto sostenere il nostro sistema competitivo nazionale e la nostra crescita economica; ecco perché il problema deve essere necessariamente affrontato di petto, senza indugio, col realismo e decisionismo richiesto.

...

Fonte: CNI

Bozza di RTV edifici tutelati

ID 7962 | | Visite: 7561 | News Prevenzioni Incendi

Bozza di RTV edifici tutelati

Bozza di RTV edifici tutelati

Update 22.07.2020

Bozza di RTV musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi in edifici tutelati Att. 72 D.P.R. n. 151/2011

Pubblicato nella GU Serie Generale n.183 del 22-07-2020 il Decreto 10 luglio 2020 Norme tecniche di prevenzione incendi per gli edifici sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, aperti al pubblico, destinati a contenere musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi, ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. Entrata in vigore: 21.08.2020

La nuova RTV per gli edifici tutelati costituirà il Capitolo V.9 Musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi in edifici tutelati del DM 3 agosto 2015.

La presente regola tecnica verticale ha per oggetto gli edifici sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei Beni culturali e paesaggio), aperti al pubblico, destinati a contenere musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi.

15.01.2020 - Nella seduta del CCTS del 11 dicembre 2019 è stata presentata la bozza di revisione della Regola Tecnica Verticale recante disposizioni di prevenzione incendi riguardanti la progettazione delle "Attività in edifici tutelati diverse da musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi".

Il Consiglio nazionale degli Ingegneri, con circolare del 14.01.2020 ricorda che le attività di "musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi in edifici tutelati" sono oggetto di una diversa RTV, già approvata in CCTS, per la quale si attende la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, invita a formulare osservazioni.

Update 17.07.2019

Il 17 luglio 2019 L'Italia ha notificato alla Commissione Europea (Notifica n. 2019/0343/I - B20) lo schema di DM - Bozza di RTV musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi in edifici tutelati Att. 72 D.P.R. n. 151/2011- e la Commissione potrà produrre osservazioni fino al 17 ottobre 2019 (termine dello status quo).

Il provvedimento notificato, approva le norme tecniche di prevenzione incendi, per edifici sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 , aperti al pubblico, destinati a contenere musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi, aggiornando le precedenti norme tecniche di prevenzione incendi di cui al  DM 3 agosto 2015 e successive modificazioni e integrazioni.

Il provvedimento in particolare, integra il  DM 3 agosto 2015 introducendo nella Sezione V “Regole tecniche verticali” il capitolo V.9 - Musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi.

Nel dettaglio lo schema di decreto si compone di quattro articoli e un allegato, e precisamente:
art. 1: Approva le norme tecniche;
art. 2: Definisce il campo di applicazione;
art. 3: Modifica il decreto 3 agosto 2015;
art. 4: Stabilisce le disposizioni finali;
Allegato: Capitolo V.9 - Musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi.

Update 31.10.2018

CNI
CCTS del 31/10/2018: invito a formulare osservazioni alla bozza di "RTV musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi in edifici tutelati"

D.P.R. n. 151/2011 
...
Attività n. 72 (solo categoria C)
Edifici sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, aperti al pubblico, destinati a contenere biblioteche ed archivi, musei, gallerie, esposizioni e mostre, nonché qualsiasi altra attività contenuta nel presente Allegato.

Collegati

Circolare VVF n. 15480 del 16.10.2019

ID 9637 | | Visite: 9006 | Prevenzione Incendi

Corsi base Prevenzione incendi

Circolare VVF n. 15480 del 16.10.2019

ID 9637 | 04.12.2019

Nuovo programma del Corso base di Prevenzione Incendi - Allegata Circolare e Documento di lettura PDF

Circolare DCPREV prot. n. 15480 del 16 ottobre 2019
Aggiornamento del programma didattico per i corsi base di prevenzione incendi di cui all'articolo 4 del D.M. 5 agosto 2011 e s.m.i.

OGGETTO: Corsi base di specializzazione in prevenzione incendi in attuazione dell'articolo 4 del D.M. 5 agosto 2011 e s.m.i..

Con precedenti determinazioni, questa Amministrazione ha definito l'articolazione, il programma e le procedure di approvazione del corso base, nonché dei corsi e seminari di aggiornamento previsti dal decreto 5 agosto 2011 e s.m.i.

Alla luce dell'evoluzione della normativa m materia di prevenzione incendi nel frattempo intervenuta, in particolare l'emanazione della c.d. Regola Tecnica Orizzontale allegata al decreto 3 agosto 2015 e delle successive regole tecniche verticali, si rende necessario procedere ad un aggiornamento del programma relativo ai corsi base di prevenzione incendi, di concerto con codesti Consigli Nazionali delle professioni.

E' stata pertanto/ definita l'articolazione aggiornata del programma del corso base di specializzazione antincendio, che si allega alla presente e che, con decorrenza immediata sostituirà la precedente versione.

Restano ovviamente validi i corsi già autorizzati e quelli per i quali sia già stata inoltrata la relativa richiesta di autorizzazione alla competente Direzione Regionale.

Nulla muta, invece, per quanto attiene alle procedure di autorizzazione del corso base, del relativo esame finale e dei successivi adempimenti amministrativi.

Si rivolge cortese richiesta affinché gli Uffici in indirizzo assicurino la comunicazione della presente nota agli uffici di competenza.

D.M. 5 agosto 2011
...

Art. 4. Programmi e organizzazione dei corsi

1. Il Dipartimento, sentiti i Consigli nazionali delle professioni elencate all’art. 3, stabilisce i programmi dei corsi base di specializzazione di prevenzione incendi, nonché la durata degli specifici insegnamenti.
2. I programmi dei corsi base di cui al comma 1 contengono almeno le materie di seguito indicate e prevedono un numero complessivo di ore di insegnamento non inferiore a centoventi:
...

Circolare VVF n. 15480 del 16.10.2019
...

Allegato

Corso base di specializzazione in prevenzione incendi finalizzato alla iscrizione dei professionisti negli elenchi del Ministero dell’Interno (DM 05 agosto 2011, art. 4)

Il corso si pone l’obiettivo di fornire ai professionisate4 le principali indicazioni metodologiche per definire, fin dalla fase ideativa, i requisiti di sicurezza antincendio integrati con gli altri requisiti di progetto. E, in questa ottica, il corso presenta un’impostazione che predilige anche l’aspetto pratico, tale da fornire gli strumenti per l’approccio più idoneo alle reali necessità peculiari del settore della sicurezza antincendio, con particolare riguardo all’attività certificativa.

Inquadramento didattico

Il corso si articola in dieci moduli formativi, non modificabili in termini di numero ed argomenti.

In relazione alla complessità di alcuni degli argomenti trattati, è facoltà del soggetto organizzatore, in raccordo con la direzione del corso, stabilire dei momenti di verifica dell’apprendimento, a carattere didattico e non valutativo, non computabili nell’ambito delle 120 ore di corso.

Complessivamente il percorso formativo minimo è di 120 ore. Resta ferma la facoltà del soggetto organizzatore, in relazione a specifiche esigenze territoriali e/o di comparto, di inserire ulteriori argomenti o approfondire quelli previsti nei singoli moduli, per una durata complessiva maggiore.

La frequenza delle lezioni ha carattere obbligatorio e non possono, pertanto, essere ammessi a sostenere l’esame finale i discenti che abbiano maturato assenze superiori al 10% delle ore complessive di durata del corso stesso. Ai fini del raggiungimento del monte ore minimo per l’ammissione all’esame finale, il soggetto organizzatore del corso può prevedere, prima dell’esame, moduli didattici integrativi per i discenti aventi necessità.

Parte del corso è destinata all’acquisizione delle nozioni di più frequente applicazione che connotano la sicurezza antincendio delle attività soggette ai procedimenti di prevenzione incendi: ai professionisti vengono fornite conoscenze di base sulle principali regole tecniche di prevenzione incendi, prevedendo anche specifiche esercitazioni pratiche di elaborazione di progetti antincendio.

Al termine dei moduli 4, 5 e 7, i discenti dovranno confrontarsi con la predisposizione di un progetto antiincendio, sotto la guida del docente, comprensivo della predisposizione di un progetto antincendio, sotto la guida del docente, comprensivo della predisposizione della relativa modulistica, dell’organizzazione degli elaborati tecnici e dell’analisi del rischio; sarà cura del soggetto organizzatore individuare gli argomenti e le attività soggette più significative. E’ auspicabile collegare le esercitazioni alle visite presso le attività soggette di fine corso.

I dieci moduli che compongono il corso trattano i seguenti argomenti:

1. Legislazione in materia di prevenzione incendi
2. Fisica e chimica dell’incendio
3. La progettazione antincendio
4. La progettazione antincendio con il codice di prevenzione incendi
5. Procedure di prevenzione incendi
6. Approccio ingegneristico
7. Progettazione – Attività di tipo civile
8. Progettazione – Attività produttive/industriali
9. Attività a rischio di incidente rilevante
10. Visita presso una attività soggetta

[...segue in allegato]

_________

In allegato Documento di consultazione Allegato Circ. VVF 15480/2019

Documento di consultazione

Contenente tabelle di lettura relative a:

1. Contenuti minimi del corso

Moduli

[...segue in allegato]

2. Articolazione oraria dei moduli

Articolazione oraria

[...segue in allegato]

_____
Fonte CNI/VVF

Collegati

Decreto 4 novembre 2019 n. 166

ID 9858 | | Visite: 8936 | Prevenzione Incendi

Decreto 4 novembre 2019 n  166

Decreto 4 novembre 2019 n. 166

Ministero dell'Interno 

Regolamento recante requisiti di idoneita' fisica, psichica e attitudinale per l'ammissione ai concorsi pubblici e alle procedure selettive di accesso ai ruoli del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

(GU Serie Generale n.7 del 10-01-2020)

Entrata in vigore del provvedimento: 25/01/2020

Il decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, ha previsto, negli articoli 5, 20, 71, 79, 91, 103, 115, 126, 143, 155, 164, 173, 180 e 190, l’emanazione di un regolamento, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per l’individuazione dei requisiti di idoneità fisica, psichica e attitudinale al servizio per l’accesso ai ruoli del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco

...

Capo I REQUISITI DI IDONEITÀ FISICA, PSICHICA E ATTITUDINALE PER L’ACCESSO AI RUOLI DEL PERSONALE DEL CORPO NAZIONALE DEI VIGILI DEL FUOCO CHE ESPLETA FUNZIONI OPERATIVE

Art. 1. Requisiti di idoneità fisica, psichica e attitudinale per l’accesso ai ruoli del personale che espleta funzioni operative

1. L’ammissione ai concorsi pubblici per l’accesso alle qualifiche iniziali dei ruoli dei vigili del fuoco, degli ispettori antincendi e dei direttivi che espletano funzioni operative del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è soggetta alla verifica del possesso dei seguenti requisiti di idoneità fisica e psichica:
a) piena integrità psichica;
b) parametri fisici conformi a quanto previsto dall’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 17 dicembre 2015, n. 207;
c) sufficienza del senso cromatico, accertata mediante corretta percezione dei colori staccati;
d) normalità del campo visivo, della visione binoculare e della motilità oculare;
e) acutezza visiva, secondo i seguenti parametri:
1) per la qualifica di vigile del fuoco, acutezza visiva naturale non inferiore a 14/10 complessivi, quale somma del visus dei due occhi, con non meno di 6/10 nell’occhio che presenta il visus più ridotto. Non è ammessa la correzione con lenti;
2) per le qualifiche di ispettore antincendi e di vice direttore, acutezza visiva naturale non inferiore a 14/10 complessivi, quale somma del visus dei due occhi, con non meno di 6/10 nell’occhio che presenta il visus più ridotto. È ammessa la correzione con lenti con equivalente sferico compreso tra -6,00 e +4,00 e valore del cilindro compreso tra -4,00 e + 4,00; la differenza tra le due lenti non deve essere superiore a tre diottrie;
f) capacità uditiva: soglia audiometrica, rilevata per ciascun orecchio, non superiore a 25 decibel, calcolata come media delle frequenze 500 - 1000 - 2000 - 3000 Hz; soglia audiometrica, rilevata per ciascun orecchio, non superiore a 45 decibel, rilevata sulle frequenze di 4000 - 6000 - 8000 Hz. È escluso l’uso delle protesi acustiche.
2. L’accertamento e la verifica dei parametri fisici di cui al comma 1, lettera b) , sono effettuati con le modalità applicative definite nella direttiva tecnica adottata in attuazione dell’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 17 dicembre 2015, n. 207.
3. I partecipanti alle procedure concorsuali di cui al comma 1 devono possedere, in correlazione alle funzioni previste per la qualifica da ricoprire, adeguate capacità intellettive, emotive, comportamentali, socio-relazionali, di autocontrollo, di assunzione di responsabilità decisionali e di gestione pratica di situazioni lavorative e di eventi critici con particolare riferimento a:
a) attitudine a controllare ed elaborare situazioni impreviste con rapida capacità risolutiva; maturazione evolutiva che esprima una valida integrazione della personalità, percezione e autostima di sé, assunzione di
responsabilità finalizzata ad agire in sicurezza nell’espletamento dei compiti propri della qualifica; capacità di comunicazione e determinazione operativa;
b) capacità di assumere iniziative e ruoli decisionali in situazioni di discreta complessità operativa di gruppo; adeguata capacità di percezione, attenzione, memorizzazione ed esecuzione dei compiti assegnati; resistenza psico-fisica allo stress;
c) capacità di relazione finalizzata all’integrazione ed operatività di gruppo semplice e complesso, nonché capacità di adattarsi in contesti di lavoro formalmente organizzati;
d) attitudine tecnico-organizzativo-sanitaria al soccorso urgente integrato.
4. Oltre alla mancanza di anche uno solo dei requisiti indicati nei commi 1 e 3 del presente articolo, costituiscono cause di non idoneità all’ammissione ai concorsi pubblici per l’accesso alle qualifiche iniziali dei ruoli di cui al comma 1 le imperfezioni e le infermità, in atto stabilizzate, indicate nell’allegato A, che costituisce parte integrante del presente regolamento.
5. Il giudizio medico legale attestante il possesso o meno dei requisiti di idoneità fisica, psichica e attitudinale è formulato da una commissione medica nominata dall’amministrazione, che accerta i requisiti di cui al comma 3 previa valutazione psicodiagnostica, eseguita anche con appositi esami o test psico-attitudinali, somministrati da specialisti nella disciplina.

Capo II REQUISITI DI IDONEITÀ FISICA, PSICHICA E ATTITUDINALE PER L’ACCESSO AI RUOLI TECNICO-PROFESSIONALI E AI RUOLI DELLA BANDA MUSICALE DEL CORPO NAZIONALE DEI VIGILI DEL FUOCO

Art. 2. Requisiti di idoneità fisica, psichica e attitudinale per l’accesso ai ruoli tecnico-professionali

1. L’ammissione ai concorsi pubblici e alle procedure selettive per l’accesso alle qualifiche iniziali dei ruoli degli operatori e degli assistenti, degli ispettori logistico-gestionali, degli ispettori informatici, degli ispettori tecnico-scientifici, degli ispettori sanitari, dei direttivi logistico-gestionali, dei direttivi informatici, dei direttivi tecnico-scientifici, dei direttivi sanitari e dei direttivi ginnico-sportivi è soggetta alla verifica del possesso di:
a) idoneità fisica e psichica all’espletamento delle funzioni proprie della qualifica da ricoprire;
b) profilo sanitario esente da malattie infettive e diffusive, in atto o silenti, e da imperfezioni e infermità fisiche e neuropsichiche a rilevanza medico-legale, valutate anche con riferimento alle esigenze di tutela della salute e dell’incolumità del candidato e di coloro che prestano attività lavorativa congiuntamente ad esso.
2. I partecipanti alle procedure concorsuali e selettive di cui al comma 1 devono possedere, in correlazione alle funzioni previste per la qualifica da ricoprire, adeguate capacità intellettive, emotive, comportamentali, socio-relazionali, di autocontrollo, di assunzione di responsabilità decisionali e di gestione pratica di situazioni lavorative e di eventi critici.
3. Il giudizio medico legale attestante il possesso o meno dei requisiti fisici, psichici e attitudinali è formulato da una commissione medica nominata dall’amministrazione, che accerta i requisiti di cui al comma 2 previa valutazione psicodiagnostica, eseguita anche con appositi esami o test psico-attitudinali, somministrati da specialisti nella disciplina.

[...]

Collegati:

Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 229 | 08 Gennaio 2020

ID 9854 | | Visite: 2444 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale, Sez. 3, 08 gennaio 2020, n. 229

Omissioni in materia di sicurezza. Qualifica di datore di lavoro

Penale Sent. Sez. 3 Num. 229 Anno 2020
Presidente: ANDREAZZA GASTONE
Relatore: CORBETTA STEFANO
Data Udienza: 22/11/2019

Fatto

1. Con l'impugnata sentenza resa all'esito di giudizio abbreviato, il g.i.p. del Tribunale di Cagliari condannava G.A. alla pena di sei mila euro di ammenda per le contravvenzioni di cui agli artt. 17, comma 1, lett. b), 18, comma 1, lett. a) e d), e 96 d.lgs. n. 81 del 2008, perché, quale datore di lavoro e titolare della omonima ditta individuale: ometteva di designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ometteva di nominare il medico competente per la sorveglianza sanitaria, non forniva al lavoratore G.AB. i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale e, infine, non redigeva il piano operativo di sicurezza. Fatti accertati il 15/01/2016.
2. Avverso l'indicata sentenza, l'imputato, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo con cui deduce il vizio di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Assume il ricorrente che il Tribunale avrebbe desunto in maniera apodittica, in capo all'Ansa, la qualifica di "datore di lavoro", in quanto, come risulterebbe dalla visura camerale storica della ditta A.G., l'imputato avrebbe cessato l'attività ben trentun anni prima dei fatti contestati; in ogni caso, il Tribunale non avrebbe spiegato in che modo ha individuato in capo all'Ansa la qualifica di datore di lavoro, il che integra il denunciato vizio di omessa motivazione.

Diritto

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. Va ricordato che, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. b, d.lgs. n. 81 del 2008, per "datore di lavoro" si intende "il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa".
Orbene, la qualifica di datore di lavoro si radica non già in una veste meramente formale, bensì nell'effettiva titolarità del rapporto di lavoro con il lavoratore; e ciò per l'evidente ragione di evitare che il titolare del rapporto di lavoro possa sottrarsi al rispetto delle prescrizioni in materia di prevenzione degli infortuni sol perché l'esercizio dell'attività di lavoro non è organizzata in forma societaria.
Del resto, è principio consolidato quello secondo cui, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto (Sez. 4, n. 50037 del 10/10/2017 - dep. 31/10/2017, Buzzegoli e altri, Rv. 271327; Sez. 4, n. 22606 del 04/04/2017 - dep. 09/05/2017, Minguzzi, Rv. 269973).
3. Nel caso di specie il Tribunale ha correttamente ravvisato la qualifica di datore di lavoro in capo all'imputato, pur dando atto delle ripetute iscrizioni e cancellazioni dal registro delle imprese che emergono dalla visura della ditta "A.G.", il Tribunale ha desunto detta qualifica dal comportamento tenuto dall'imputato all'atto dell'ispezione presso il cantiere ove, unitamente ad altro soggetto, identificato in G.AB., stava effettuando lavori di tinteggiatura, essendosi appurato dagli ispettori che l'G.AB. era stato assunto proprio dall'G.A. per un giorno di lavoro effettivo, svolgendo mansioni di manovale edile.
E' perciò evidente che l'G.A., essendo titolare del rapporto di lavoro, rivestiva a tutti gli effetti la qualifica di datore di lavoro, circostanza, del resto, confermata dal fatto che proprio l'G.A. abbia in seguito ottemperato alle prescrizioni imposte dagli ispettori del lavoro.
4. Per i motivi indicati, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 22/11/2019.

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Penale Sent. Sez. 3 Num. 229 Anno 2020.pdf
 
92 kB 9

Abbonamento Prevenzione Incendi: New 2020

ID 9724 | | Visite: 4847 | News Prevenzioni Incendi

Abbonamento Prevenzione Incendi

Abbonamento Prevenzione Incendi: New 2020

Disponibile dal 16 Dicembre 2019 la nuova Sezione "Prevenzione Incendi" con i Documenti Riservati disponibili ed il nuovo Abbonamento "Prevenzione Incendi".

Tutta la normativa, Documenti VVF, Documenti di raccordo tra le tematiche, Prevenzione/Sicurezza/Marcatura CE, Status RTV, Testi consolidati RTV, e altro.

L'Abbonamento Prevenzione Incendi è compreso nell'Abbonamento Full:

- acquistato/rinnovato nel 2019
- acquistato a partire dalla data del 16 Dicembre 2019.

o previa richiesta negli Abbonamenti abbinati 2X, 3X, 4X.

La Sezione Prevenzione Incendi 2020

I Documenti Riservati Abbonamento Prevenzione Incendi

Acquista Abbonamento Prevenzione Incendi

Sentenza cassazione penale n. 30143/2016

ID 9837 | | Visite: 2131 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenza cassazione penale n. 30143/2016

Cassazione Penale, Sez. 3, 15 luglio 2016, n. 30143 - Accertamento dei VdF in una scuola: mancata verifica degli estintori e impianto idrico non funzionante. Condanna per il dirigente del Comune

Penale Sent. Sez. 3 Num. 30143 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: ANDREAZZA GASTONE
Data Udienza: 14/04/2016

Fatto

1. B.R. ha proposto ricorso avverso la sentenza dei Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Aversa, con cui lo stesso è stato condannato alla pena di euro 2.000 di ammenda per il reato di cui agli artt. 46, comma 2, e 55, comma 5, lett. c) del d. lgs.. n. 81 del 2008 per non avere, quale dirigente responsabile dell'area tecnica e manutentiva del comune di Succivo, adottato misure idonee per prevenire gli incendi all'interno della scuola elementare De Amicis atteso che gli estintori non erano stati sottoposti alla verifica periodica e che l'impianto idrico non era funzionante. Rileva che a norma dei d. lgs.. n. 195 del 2003 nonché dei d.m. n. 292 del 1996 il datore di lavoro per gli uffici e le istituzioni scolastiche dipendenti dal ministero della pubblica istruzione è individuato nei capi delle istituzioni scolastiche ed educative statali sì che erroneamente il responsabile sarebbe stato individuato nella specie nell'imputato quale dirigente dell'area tecnica del Comune. Inoltre l'imputato ha formalmente cessato le funzioni di responsabile dell'ufficio tecnico in data 30/06/2009 essendo l'accertamento avvenuto successivamente a tale data, ovvero il 13/10/2009. Lamenta poi che la sentenza non ha analizzato adeguatamente il contributo delle fonti dichiarative avendo acriticamente recepito il contenuto delle deposizioni dei testimoni Pu. e Pa.; né la sentenza ha spiegato le ragioni per cui si è ritenuta irrilevante la documentazione citata dal teste Pa.. Infine nessuna motivazione puntuale sarebbe stata data in relazione all'elemento psicologico dei reato.
2.Sotto un secondo profilo lamenta l'incompetenza funzionale del giudice, essendo stato istituito solo a far data dal 13/09/2013 con i decreti legislativi nn. 155 e 156 dei 2012 il Tribunale di Napoli Nord, mentre per i fatti anteriori doveva ritenersi competente il tribunale di Santa Maria Capua Vetere e non il neo istituito Tribunale di Napoli Nord.
3. Infine, con un terzo motivo, lamenta la nullità della sentenza per violazione di legge in relazione alla quantificazione della pena giacché il giudice avrebbe dovuto dar conto degli elementi ostativi alla concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione nonostante l'ottimo comportamento processuale dell'imputato e la presenza di un fatto di modestissima entità, nonché in relazione all'I'irrogazione di una sanzione senza indicazione in maniera analitica degli elementi di cui all'art. 133 c.p.

Diritto

4. L'assunto, proposto con il primo motivo, secondo cui la responsabilità in ordine alla sicurezza negli istituti scolastici sarebbe da attribuire ai capi delle istituzioni scolastiche ed educative statali, è manifestamente infondato. L'art. 18 comma 3 del d.lgs. n. 81 del 2008 prevede che gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi dello stesso decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico. Sicché, correttamente, tenuto conto anche del contenuto del d.m. del 26/08/1992, la sentenza impugnata ha spiegato che nell'ambito della gestione della sicurezza negli istituti scolastici bisogna distinguere le misure di tipo "strutturale ed impiantistico", di competenza dell'ente locale proprietario dell'immobile, e titolare del resto dei potere di spesa necessario per adottare le dovute misure, e gli adempimenti di tipo unicamente "gestionale" ed organizzativo spettanti invece all'amministrazione scolastica con la conseguenza che, versandosi in fattispecie relativa alla riscontrata assenza di funzionalità dell'impianto idrico antincendio e alla mancata sottoposizione degli estintori alla verifica periodica, altrettanto correttamente il Tribunale ha concluso per la responsabilità dell'imputato, quale dirigente responsabile dell'area tecnica e manutentiva del Comune di Succivo. La sentenza ha anche logicamente escluso che il fatto che il decreto del Sindaco n. 3 del 2009 prevedesse la cessazione di detta veste possa avere avuto rilievo scriminante giacché, da un lato, l'accertamento svolto dai vigili del fuoco, seppure avvenuto nell'ottobre del 2009, aveva appurato una carenza da tempo sussistente in ragione del mancato assolvimento dei compiti di legge già a far data dall'anno 2005, e, dall'altro, il dirigente scolastico Pa., esaminato quale teste, aveva affermato di avere continuato ad avere come proprio referente in ordine al profilo della sicurezza nella scuola l'imputato sino al gennaio dei 2010. Quanto alle altre doglianze lamentate con il ricorso in ordine alla pretesa ricezione acritica delle dichiarazioni dei testi Pu. e Pa. e in ordine al profilo dell'elemento soggettivo, ne va constatata l'assoluta genericità.
5. Il secondo motivo è parimenti inammissibile : anche a prescindere dalla inammissibile proposizione della eccezione di incompetenza territoriale per la prima volta dinanzi a questa Corte, viene comunque lamentata la illegittima trattazione dei processo ad opera del Tribunale di Napoli Nord quando invece, nella specie, è pacifico che il processo si è svolto dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capuavetere, dallo stesso ricorrente indicato come ufficio competente.
6. Infine il terzo motivo è manifestamente infondato: premesso che le attenuanti generiche sono state riconosciute, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, nella loro massima estensione, va poi ricordato, quanto alla determinazione della pena, che ove, come nella specie, per la violazione ascritta sia prevista alternativamente la pena dell'arresto e quella dell'ammenda, il giudice non è tenuto ad esporre diffusamente le ragioni in base alle quali egli applichi la misura massima della sanzione pecuniaria, perché, avendo l'imputato beneficiato di un trattamento obiettivamente più favorevole rispetto all'altra più rigorosa indicazione della norma, è sufficiente che dalla motivazione sul punto risulti la considerazione conclusiva e determinante in base a cui è stata adottata la decisione, tale motivazione ben potendo esaurirsi nell'accenno alla equità quale criterio di sintesi adeguato e sufficiente ( Sez. 3, n. del 18/06/20015, Di santo, Rv. Sez. 1, n. 3632 del 17/01/1995, Capelluio, Rv. 201495; vedi anche Sez.1, n. 40176 del 01/10/2009, Russo, Rv. 245335).
7. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente, da un lato, preclusione della possibilità di rilevare la prescrizione intervenuta successivamente alla sentenza impugnata (cfr. Sez. U., n. 32 dei 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266), e, dall'altro, condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di denaro di euro 1.500 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500 in favore della cassa delle ammende.

 

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Penale Sent. Sez. 3 Num. 30143 Anno 2016.pdf
 
199 kB 12

Sentenza Cassazione Penale n. 2536/2016

ID 9835 | | Visite: 2247 | Cassazione Sicurezza lavoro

Sentenza Cassazione Penale n. 2536/2016

Cassazione Penale, Sez. 4, 21 gennaio 2016, n. 2536 - Crollo dell'edificio che ospitava il Convitto nazionale in l'Aquila. Omicidio colposo a carico del dirigente scolastico e di quello del settore edilizia e pubblica istruzione

Fatto

1. Il Tribunale di L'Aquila ha affermato la responsabilità di B.L. in ordine ai reati di omicidio colposo in danno di Ce.Lu., N.O. e Z.M. e di lesioni colpose in danno di Co.Mi. e C.L.; ed ha invece assolto M.V. dalle medesime imputazioni per non aver commesso il fatto. Si sono costituiti parti civili i congiunti del defunto Ce., i due giovani feriti e le associazioni Cittadinanza attiva e Codacons. All'affermazione di responsabilità del B. ha fatto seguito la condanna al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili Ca.Lu. (anche quale esercente la potestà nei confronti della figlia Ce.Gi.), C.L., C. O., I.A., da liquidarsi in separata sede; e frattanto al pagamento di una provvisionale nei confronti di Ca.Lu. e Ce.Gi.. Sono stati invece rigettate le richieste avanzate dalle altre parti civili.

La sentenza è stata parzialmente riformata dalla Corte d'appello di L'Aquila che ha affermato la responsabilità anche del M.; e lo ha condannato al risarcimento del danno in favore della parte civile Cittadinanza attiva.

I responsabili civili Convitto nazionale D.C. e Ministero dell'istruzione sono stati altresì condannati, in solido con l'imputato B., al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili C.L., C.O., I. A. e Ca.Lu. (anche quale esercente la potestà nei confronti della figlia Ce.Gi.), da liquidarsi in separata sede.

La domanda di Cittadinanza attiva nei confronti dei responsabili civili è stata respinta.

L'appello proposto dalla parte civile Ca.Lu. è stato dichiarato inammissibile.

2. L'imputazione attiene ad un tragico evento verificatosi nella notte del 6 aprile 2009. A seguito di una violenta scossa sismica, l'edificio che ospitava il Convitto nazionale in L'Aquila subiva rilevanti crolli di porzioni di muratura e dei solai, a seguito dei quali derivavano gli eventi lesivi oggetto del processo.

Al B., nella veste di Dirigente scolastico del Convitto, è stato mosso l'addebito colposo di non aver valutato la totale inadeguatezza dell'edificio dal punto di vista statico e sismico, vetusto nelle strutture e mai sottoposto ad opere di ristrutturazione, privo di tutti i certificati di idoneità ed agibilità ed indicato in diversi documenti ingegneristici come edificio di media-elevata vulnerabilità sismica; e di aver colposamente omesso di adottare provvedimenti volti allo sgombero dell'edificio o comunque alla salvaguardia dell'incolumità degli studenti pur a seguito di numerose e rilevanti scosse sismiche verificatesi in precedenza; di avere omesso di redigere un idoneo piano per la sicurezza; di avere infine omesso qualunque valutazione sull'adeguatezza delle strutture portanti dell'edificio in termini di sicurezza statica e sismica.

Al M., nella qualità di Dirigente del settore edilizia e pubblica istruzione della Provincia di l'Aquila, ente tenuto alla manutenzione ordinaria e straordinaria dell'immobile, è stato mosso l'addebito di non aver valutato la totale inadeguatezza del medesimo edificio e di non aver adottato provvedimenti per lo sgombero e la sicurezza dell'edificio o comunque per la salvaguardia degli ospiti.

3. Ricorrono per cassazione gli imputati.

M. deduce diversi motivi.

3.1. La Corte, nonostante le affermazioni formali, nel riformare la prima sentenza, è venuta meno all'obbligo di motivazione rafforzata, essendosi limitata ad una alternativa lettura delle emergenze probatorie. La pronunzia non si confronta con i passaggi fondamentali del ragionamento assolutorio espresso dal primo giudice.

Si è omesso di prendere in considerazione la pochezza delle risorse economiche disponibili; il ruolo subordinato dell'imputato privo di autonoma capacità decisionale. Sono state proposte affermazioni puramente assertive in ordine alla praticabilità di una procedura di somma urgenza ed alla utilità della convocazione di una conferenza di servizi. Si propongono mere ipotesi di lavoro e non si compie un'appropriata valutazione in ordine alla loro rilevanza eziologica.

In sintesi, la sentenza non si confronta con il tema afferente all'assenza di un'effettiva posizione di garanzia del M., unicamente debitore di un obbligo manutentivo. In ogni caso, non vi è nessuna dimostrazione circa la posseduta e certa capacità di salvaguardare il bene protetto.

Si è in particolare trascurato di considerare il parere del Consiglio di Stato circa l'obbligo delle Province, in ordine agli immobili scolastici non di loro proprietà, di assicurare unicamente la manutenzione ordinaria e straordinaria. Inoltre, la convenzione tra Convitto e Provincia condizionava gli interventi all'esistenza di mezzi finanziari adeguati ad assicurare il consolidamento ed il rafforzamento strutturale dell'immobile. Il M. era pure privo di poteri decisionali e di spesa.

La sentenza, inoltre, ha omesso di individuare il fondamento giuridico del ritenuto obbligo di sgomberare l'edificio. Essa non si è fronteggiata con la prima sentenza che aveva escluso qualsiasi potestà di intervento dell'imputato e dell'ente provinciale in ordine alla evacuazione o chiusura dell'immobile. Il Tribunale aveva infatti inequivocabilmente ritenuto che il ricorrente avesse meramente l'obbligo di occuparsi di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria nell'ambito delle previsioni della convenzione. Egli non aveva quindi alcun dovere normativamente previsto di intervento per lo sgombero dell'edificio e la salvaguardia dell'incolumità delle persone. Lo stesso Tribunale aveva rimarcato la piena autonomia gestionale e decisionale del Convitto senza che vi fosse un potere di interferenza di uno degli enti nei confronti dell'altro. Tutti tali temi sono stati elusi dalla sentenza di appello.

3.2. La Corte d'appello ha pure violato l'obbligo di esaminare e valutare le argomentazioni non sviluppate nella pronuncia assolutoria ma comunque dedotte dall'imputato. Viene diffusamente richiamato il contenuto di una memoria depositata in vista del giudizio di appello e si ritiene che la sentenza abbia completamente pretermesso di misurarsi criticamente con i temi introdotti, di decisiva rilevanza per l'esito del giudizio: i rapporti giuridici tra Convitto e Provincia; la corretta lettura della circolare ministeriale n. 617 del 2009 e della convenzione tra Convitto e Provincia stipulata nel 2002; la posizione subordinata ed il modus operandi dell'ingegner M.; la evidente e cronica carenza presso la Provincia dell'Aquila delle risorse economiche per interventi più importanti di quelli manutentivi; gli elementi di valutazione circa l'adeguatezza dello stato dell'edificio che il ricorrente aveva a disposizione; e le ragioni della inattendibilità delle cosiddette fonti accusatorie. Dunque l'obbligo motivazionale non è stato adempiuto.

3.3 Oggetto di censura è pure la ritenuta esistenza di una posizione di garanzia in capo al M., avente ad oggetto i rischi indotti dalle carenze strutturali e costruttive dell'edificio. La sentenza fonda l'obbligo principalmente sulla convenzione del 2002 tra Provincia e Convitto, nonchè sulla richiamata circolare ministeriale n. 617 del 2009 e sul D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 18, comma 3. Si assume che l'imputato avesse l'obbligo di attivarsi per la messa in sicurezza sismica dell'immobile, ovvero per l'inibizione dell'uso e l'evacuazione.

Il ricorrente considera che la citata convenzione mai giunge a fare specificamente carico alla Provincia di oneri importanti, cospicui, radicali e di elevatissimo impegno finanziario, che avrebbero evocato per legge e per ragionevolezza la titolarità del diritto di proprietà dell'edificio, con i relativi poteri decisionali. Le necessarie opere di consolidamento strutturale e statico avrebbero oltrepassato di gran lunga, anche sul piano dei costi, l'entità dei modesti obblighi manutentivi di cui parla la convenzione. Le parti della convenzione mai hanno dubitato che la pattuizione implicasse esclusivamente obblighi di manutenzione ordinaria e straordinaria e che invece interventi di consolidamento rimanessero in capo all'ente proprietario e quindi al Convitto ed al Ministero della pubblica istruzione. Si evocano a tale riguardo le dichiarazioni dell'ingegner Bo., predecessore dell'imputato, e quella della presidente dell'Amministrazione Provinciale. D'altra parte è lo stesso capo d'imputazione ad evocare unicamente l'obbligo manutentivo. Se è vero, si aggiunge, che interventi anche su parti strutturali degli edifici sono fatti rientrare dalla legge nella manutenzione straordinaria, è anche vero che essi non possono assimilarsi in alcun modo agli interventi di consolidamento strutturale statico ritenuti necessari dai giudici di merito. Induce in tal senso anche l'interpretazione resa dal Consiglio di Stato con parere nel 1997, che prevede a carico della Provincia non proprietaria degli edifici scolastici solo opere di manutenzione ordinaria e straordinaria.

Si aggiunge che nella materia è inconferente la ridetta circolare n. 617 del 2009 che si riferisce ai proprietari o gestori di opere pubbliche strategiche con finalità di protezione civile o suscettibili di conseguenze rilevanti in caso di collasso. Difetta sia la proprietà che la natura di opera strategica con finalità di protezione civile dell'edificio.

Pure inconferente viene ritenuto il richiamo al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 18 che fa riferimento alle situazioni in cui le pubbliche amministrazioni abbiano avuto assegnato in uso l'edificio destinatario degli interventi previsti dalla norma. E' indiscusso, infatti, che nella specie l'uso dell'edificio e la sua gestione sono sempre rimasti nella titolarità del Convitto.

La ritenuta esistenza di posizione di garanzia è oggetto di censura pure per ciò che attiene all'esistenza di mezzi impeditivi dell'evento. Si sarebbe dovuta accertare la presenza presso la Provincia delle risorse finanziarie bastevoli ad effettuare un intervento capace di mettere in sicurezza sismica l'immobile; nonchè il possesso da parte dell'imputato della necessaria autonomia decisionale e di spesa.

L'art. 3 della convenzione condiziona l'assunzione degli oneri di intervento alla disponibilità delle risorse finanziarie necessarie.

Dunque il giudice avrebbe dovuto verificare l'esistenza di tale condizione e quindi l'esistenza di fondi idonei. La difesa ha ricordato la cronica insufficienza di fondi presso la Provincia, dimostrata dal rinvio di anno in anno dell'attuazione del progetto manutentivo predisposto dall'ufficio edilizia scolastica nel 2004, dell'importo di Euro 555.000, per mancanza della relativa copertura finanziaria.

La pronunzia, si deduce ancora, ha semplicemente ventilato possibili ed eventuali segnalazioni o iniziative sollecitatorie, senza farsi carico di accertare che l'attivazione di esse avrebbe certamente consentito il reperimento delle risorse necessarie. Dunque, è mancata la prova che la condotta doverosa avrebbe attinto il risultato impeditivo dell'evento antigiuridico. A dimostrazione di ciò si considera che la sentenza impugnata non fornisce indicazione alcuna in ordine agli effettivi importi necessari all'esecuzione dei lavori. Il ragionamento accusatorio è dunque indeterminato e manifestamente illogico.

La sentenza è oggetto di censura anche per ciò che attiene all'esistenza di autonomia decisionale e di spesa ed al ruolo subordinato del professionista. Il tema non è stato trattato dalla sentenza d'appello, sebbene il Tribunale avesse al contrario affrontato l'argomento considerando che il funzionario aveva competenze limitate alla programmazione degli interventi di manutenzione; condizionate dalla indisponibilità di fondi e dalla necessità di adeguarsi al piano degli interventi predisposto dalla Provincia, nel rispetto delle priorità indicate dagli organi politico-amministrativi. Invano la memoria difensiva già evocata ha richiamato l'attenzione della Corte sul fatto che l'imputato aveva solo un potere di proposta agli organi di direzione politica ed un potere di spesa nei limiti fissati dal documento di programmazione annuale. In breve, la Corte d'appello non si è confrontata con la prima sentenza e con la memorie difensive e non ha considerato le dimensioni reali delle potestà riservate all'imputato. In conclusione, secondo il ricorrente, difettavano i poteri impeditivi che per costante giurisprudenza sono condizione per la configurabilità dello status di garante.

3.4. Ancora, la pronunzia è oggetto di censura per ciò che attiene all'accertamento del nesso causale tra la condotta omissiva e l'evento lesivo; e quindi in ordine all'attitudine di tale condotta ad assicurare con elevata probabilità logica che le strutture dell'edificio avrebbero resistito alle scosse sismiche. Tale questione non è stata neppure introdotta nella motivazione della decisione impugnata. E' stato completamente omesso il necessario giudizio controfattuale.

3.5. Argomento di ulteriore censura è la ritenuta esistenza di condotta colposa, valutazione che ha omesso di considerare circostanze e questioni sollevate nella richiamata memoria. Numerosi ed attendibili elementi inducevano l'imputato a ritenere che l'edificio non versasse nelle condizioni di debolezza strutturale di cui si dice nella sentenza. Le fonti da cui la pronunzia ha tratto la prova della criticità sismica dell'immobile sono inattendibili. Le criticità hanno sempre riguardato l'impiantistica e l'arredo architettonico, ritenuti non più rispondenti alla normativa per la loro vetustà. Si tratta di aspetti trascurati nella pronunzie.

3.6. Oggetto di doglianza è pure la ritenuta esistenza di una posizione di garanzia in forza della quale l'imputato avrebbe dovuto attivarsi per l'inibizione dell'uso e l'evacuazione dell'edificio. In particolare, la già richiamata circolare n. 617 del 2009 non era applicabile, come già in precedenza esposto. Neppure pertinente è il richiamo ai provvedimenti cautelari adottati dal sindaco dell'Aquila: questi, contrariamente all'amministrazione Provinciale ed al Dirigente dell'edilizia scolastica, possedeva un preciso e duplice titolo di legittimazione ad intervenire, per essere il Comune proprietario di quegli edifici e per la qualità di autorità locale di protezione civile. L'assenza di potere al riguardo è stata ampiamente considerata nella prima sentenza che ha rimarcato l'inesistenza di alcun titolo giuridicamente idoneo, di alcun dovere normativamente previsto. E' pure da escludere l'esistenza di un obbligo di sollecitazione nei confronti degli organi della Provincia e del rettore del Convitto, ai fini dell'adozione di provvedimenti di inibizione all'uso ed evacuazione. Infatti la Provincia non aveva alcun compito o potere al riguardo. D'altra parte, neppure nei confronti del rettore del Convitto esisteva alcun obbligo, giacchè questi si avvaleva del Servizio di prevenzione e protezione cui competevano obblighi di segnalazione e proposta rispetto alle situazioni pericolose per gli occupanti dell'immobile. Anche al riguardo il primo giudice ha espresso valutazioni dirimenti.

3.7. La sentenza ha pure trascurato di considerare l'incidenza causale del comportamento omissivo, pervenendo attraverso tale omissione motivazionale ad un'applicazione erronea dell'art. 40 cpv cod. pen.. La Corte aquilana mai si è interrogata sull'evoluzione degli accadimenti qualora l'imputato avesse adempiuto all'obbligo di segnalazione e sollecitazione. Il Rettore aveva ricevuto da tempo, secondo la Corte d'appello, ripetute segnalazioni di allarme dal proprio tecnico di fiducia, il Responsabile del servizio di prevenzione, senza assumere alcuna iniziativa di messa in sicurezza o di chiusura dell'immobile. Dunque, occorre ritenere che il Rettore avrebbe con ogni probabilità mantenuto il medesimo atteggiamento per effetto di una segnalazione da parte dell'imputato.

3.8 La difesa del M. ha presentato note difensive, ribadendo ed ampliando precedenti deduzioni.

Si rammenta l'obbligo di legge della Provincia limitato alla manutenzione ordinaria e straordinaria; norma di stretta interpretazione.

La convenzione avrebbe dovuto essere stipulata, per gli oneri gravosi che comporta, dal Consiglio Provinciale. Quella sottoscritta dal Dirigente è nulla.

Nessun intervento è ipotizzabile senza il consenso del proprietario.

La Provincia ha vanamente tentato di acquisire la proprietà per addivenire al restauro.

La veste datoriale ai sensi del D.Lgs. n. 81 era dell'organo politico e non del dirigente, privo di poteri decisionali e di spesa, se non per interventi ordinari di manutenzione.

In ogni caso l'art. 18, comma 3, del T.U. prevede che l'obbligo previsto in capo alla pubblica amministrazione s'intende assolto da parte dei dirigenti con la richiesta di adempimento all'amministrazione competente. Dal processo è emerso che l'imputato ha fatto tutto quanto in suo potere per attivare i soggetti tenuti ad intervenire.

E' stata indebitamente espressa un'equazione tra la posizione apicale e la addebitabilità del mancato approntamento dei lavori di messa in sicurezza e ristrutturazione; trascurando l'assenza di alcun potere in ordine allo sgombero, che era atto di competenza del rettore.

4. Pure B. propone diverse censure.

4.1. L'imputato, nella veste di dirigente scolastico, non ha mai assunto il ruolo di garante. Egli non era tenuto ad elaborare specifici progetti per l'adeguamento dell'edificio. E la legge attribuisce ad altri soggetti l'obbligo di provvedere ai lavori per assicurare la resistenza sismica. Vengono a tale riguardo evocati atti normativi afferenti ad interventi per la riconduzione a sicurezza di edifici scolastici. La giurisprudenza costituzionale ha posto in luce le peculiarità dei Convitti nazionali e degli istituti scolastici, evidenziando l'impossibilità di attribuire loro una incondizionata libertà di autodeterminazione. L'imputato non è mai stato al vertice di un ente pubblico dotato di mezzi o risorse proprie, nè è stato nominato soggetto attuatore per l'eliminazione del rischio sismico; nè, ancora, ha mai ricoperto alcuno degli incarichi che a livello nazionale o locale implichino obblighi nella materia.

Si aggiunge che il Convitto nazionale è dotato di personalità giuridica e sottoposto alla tutela del Provveditorato agli studi cui sono inviati per l'approvazione gli atti e le deliberazioni del Consiglio di amministrazione. L'ente ha dunque un vincolo gerarchico di dipendenza funzionale rispetto al Provveditorato agli studi; e la personalità giuridica deve essere intesa unicamente come una sorta di limitata facoltà gestionale.

La posizione dell'imputato non è sotto alcun profilo paragonabile a quella attribuita ai rettori delle università e non implica, quindi, poteri di intervento sugli immobili.

Oltre a ciò, occorre considerare che il Convitto medesimo era ospite di un immobile di proprietà della Provincia di L'Aquila in base alla L. 11 gennaio 1996, n. 23, art. 8, commi 1 e 2.

4.2. Erroneamente si è ritenuto che l'edificio oggetto dei processo fosse di proprietà del Convitto nazionale. Si è incongruamente attribuito rilievo ai dati catastali che costituiscono solo un strumento secondario, sussidiario. Dunque, il fatto è diverso da quello contestato e la sentenza è affetta quindi da nullità.

4.3. La sentenza si è basata su circostanze inesistenti e contraddette da prove incontrovertibili acquisite in atti.

La cittadina di L'Aquila era oggetto da mesi di rilevanti scosse e l'imputato, nella veste di dirigente scolastico, doveva attenersi solo a dati certi, elementi incontrovertibili, norme vigenti ed ordini della pubblica amministrazione legittimamente impartiti; e non lasciarsi condizionare da questioni non scientifiche o emozionali.

L'area in questione era classificata come zona sismica n. 2, cioè con sismicità media e dunque non caratterizzata da terremoti di forte intensità. Al contrario, la sentenza si è basata su un parere scientifico redatto solo dopo i fatti.

Oltre a ciò, bisogna considerare che pochi giorni prima del sisma sulla stampa era comparsa la dichiarazione di autorevole rappresentante della protezione civile che rassicurava, evocava la comunità scientifica ed escludeva un pericolo attuale. Analoghe dichiarazioni rendeva il responsabile nazionale della protezione civile, raccolte dalla stampa come da documentazione prodotta in giudizio, senza che i giudici di merito ne abbiano tenuto alcun conto.

Rassicurazioni venivano pure rese da un esponente della Commissione grandi rischi (anche esse riportate dalla stampa), che limitava il rischio ad eventi minori: danni ad elementi secondari ma non strutturali.

In conclusione, la capacità di decisione dell'imputato era condizionata dalle dichiarazioni ufficiali. Difettava la possibilità di prevedere l'evento verificatosi. La conformità del comportamento dell'imputato ai dettami della detta Commissione è tale da richiedere l'applicazione dell'art. 51 cod. pen. per aver adempiuto ad un dovere imposto da un ordine della pubblica autorità, che dovrebbe essere semmai ritenuta responsabile degli accadimenti.

Per ciò che attiene al mancato sgombero dell'edificio, l'imputato, nella veste di dirigente scolastico, si è attenuto ai suggerimenti autorevolmente forniti dall'Avvocatura dello Stato, che rappresentavano l'inopportunità di adottare disposizioni interne all'istituto scolastico che consentissero ai genitori di richiedere il rientro a casa degli allievi minori non accompagnati da un maggiorenne.

4.4. Oltre a ciò, si deduce ancora, nessun comportamento antigiuridico è stato tenuto dal ricorrente, posto che da un punto di vista regolamentare i minori potevano essere fatti uscire solo se affidati all'esercente la potestà genitoriale o ad un maggiorenne all'uopo delegato; e che la Protezione civile aveva categoricamente escluso situazioni di pericolo o il sorgere di problematiche ulteriori rispetto a quanto fino a quel momento avvenuto. E la decisione di un istitutore, cioè di un docente, di dar corso lo sgombero fu assunta in assenza di alcuna autorizzazione da parte delle dirigente scolastico.

5. Ricorso di analogo testuale contenuto ha proposto personalmente l'imputato.

6. Il Codacons Onlus ha dedotto di essersi costituita parte civile ed ha lamentato la omessa citazione per il giudizio di appello. In base al principio di immanenza della costituzione di parte civile, tale citazione era dovuta; e la sua omissione implica nullità della sentenza.

7. La parte civile Ca. ha presentato una memoria.

Diritto

1. I ricorsi degli imputati sono infondati. E' invece fondato il ricorso del Codacons. La varietà delle questioni proposte impone di esporre analiticamente il contenuto delle parzialmente divergenti valutazioni espresse dai giudici di merito.

Per il Tribunale il terremoto non rappresenta un fatto eccezionale nel quadro della sismicità dell'area; e le sue caratteristiche rientrano negli elaborati di pericolosità sismica utilizzati per assegnare i Comuni alle zone sismiche e per stabilire gli spettri della normativa antisismica. Il carattere di prevedibilità e non eccezionalità dell'evento sismico costituisce dato definitivo non posto in discussione tra le parti.

La proprietà dell'edificio è del Convitto nazionale, ente giuridico pubblico presieduto da un rettore. Lo si desume dalla L. n. 23 del 1996, artt. 3 ed 8 oggetto di analitica interpretazione del Consiglio di Stato: tutte le istituzioni scolastiche vengono poste sotto la cura delle amministrazioni Provinciali, ma quelle appartenenti a soggetti diversi dagli enti territoriali non vengono trasferite in proprietà alle Province. E sono previste convenzioni per disciplinare il rapporto tra Ente proprietario e Provincia. Dunque i convitti, istituzioni educative ma non scolastiche, sono configurati come enti autonomi con sedi di loro proprietà. Il dato è confortato dalle visure catastali. Inoltre un decreto Ministero dei Beni culturali dell'anno 2000 in tema di tutela vincolistica ha espressamente individuato la proprietà in capo al Convitto. A tale riguardo vi è stata modifica della contestazione in udienza preliminare, proprio per attribuire la proprietà al Convitto.

Il Tribunale considera pure che i consulenti hanno posto in luce la vetustà costruttiva e la scadente qualità del manufatto, come documentato anche dal crollo di numerosi solai, del tetto, di murature portanti.

Coerenti in tal senso sono anche le relazioni di Collabora Engineering, del Responsabile del Servizio di prevenzione e protezione ing. Is., dei tecnici dell'Università di l'Aquila: essi hanno relazionato le amministrazioni interessate alla gestione e sicurezza dell'edificio. Dirimenti vengono peraltro ritenute le testimonianze degli occupanti dell'alloggio, che hanno riferito della estrema fatiscenza della struttura. Tali concordi valutazioni, secondo il Tribunale, confutano la tesi della difesa di M.: l'edificio era in stato veramente fatiscente e non garantiva nessuna sicurezza a chi vi dimorava. Esso era inidoneo a reggere l'impatto del terremoto.

La manutenzione ordinaria e straordinaria, considera ancora il primo giudice, è affidata alla Provincia di L'Aquila ai sensi della L. n. 23 del 1996. La Provincia ha nel corso degli anni eseguito numerosi interventi di manutenzione coerenti con la natura ed i limiti della convenzione. Tali interventi non erano idonei a risolvere i gravissimi problemi strutturali dell'edificio.

Alla luce di tale complessiva valutazione della situazione, il Tribunale argomenta che "il ruolo professionale del M. risulta essere praticamente irrilevante rispetto alle enormi problematiche tecniche, giuridiche ed economiche che la messa in sicurezza sismica dell'edificio avrebbe comportato". Il Convitto nazionale costituisce ente autonomo dotato di personalità giuridica, gestito da un consiglio di amministrazione e da un rettore rispetto al quale l'imputato è privo di qualsiasi potere decisionale e la sua funzione professionale è limitata alla programmazione degli interventi di manutenzione a lui richiesti dagli organi di diretta gestione dell'ente proprietario. Peraltro, anche in presenza di tali richieste, l'imputato vedeva limitato il suo potere decisionale dalle scarse risorse e dalla necessità di adeguarsi al piano di interventi predisposto dalla Provincia, nel rispetto delle priorità indicate dall'ente territoriale. Tale situazione azzera qualsiasi dubbio in ordine alla totale insussistenza di qualsiasi comportamento omissivo da parte dell'imputato in relazione alle gravi criticità strutturali.

Lo stato di grave degrado dell'edificio e l'esiguità delle risorse costituiscono ostacoli insormontabili per individuare responsabilità personali o istituzionali per mancati interventi idonei ad evitare la tragedia. Gli interventi necessari per porre in sicurezza l'edificio sarebbero stati enormi con costi elevatissimi, sostenibili solo attraverso il coinvolgimento simultaneo dello Stato e di tutti gli altri enti territoriali interessati. I due imputati erano certamente edotti delle precarie condizioni in cui versava l'immobile, ma i mancati interventi finalizzati a raggiungere un accettabile stato di sicurezza non possono essere posti a fondamento della loro responsabilità penale.

Il vero tema da esaminare è rappresentato dalla condotta dei due imputati con riferimento alla mancata chiusura ed evacuazione del Convitto. Qui, secondo il Tribunale, è il cuore del processo. La reale causa, insieme al terremoto, degli eventi lesivi.

All'imputato M., si considera ancora, è anche contestato un profilo di colpa afferente alla mancata assunzione di provvedimenti autoritativi di sgombero dell'edificio finalizzati alla salvaguardia dell'incolumità, alla luce della sua conoscenza delle gravi carenze strutturali. Occorre chiedersi se il M. fosse il destinatario di una norma giuridica, di un preciso obbligo di intervento diretto o indiretto finalizzato allo sgombero, posto che egli era a conoscenza, come l'altro imputato, delle condizioni dell'edificio. A tale quesito il Tribunale risponde negativamente. Il dirigente era collocato nella struttura gerarchico-amministrativa dell'ente ed era tenuto esclusivamente ad occuparsi dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria nell'ambito della convenzione. Egli non aveva quindi nessun dovere di intervento per lo sgombero dell'edificio e neppure gli può essere attribuito un obbligo di suggerimento e stimolo in tal senso, che non è previsto da nessuna norma. Nè la convenzione contiene espressioni dalle quali trarre argomento dal quale desumere l'esistenza di tale obbligo, considerata anche la piena autonomia gestionale e decisionale dell'ente.

Anche nei confronti del B. non può essere ritenuto alcun addebito afferente alla mancata ristrutturazione dell'edificio, monumento architettonico di riconosciuto pregio.

Nei suoi confronti occorre solo esaminare il distinto profilo di colpa afferente alla mancata adozione di iniziative in prossimità dell'evento, volte a sottrarre i giovani alla rovina dell'edificio.

Si rammenta che ai sensi del D.Lgs. n. 297 del 1994 i Convitti nazionali hanno per fine l'educazione e lo sviluppo intellettuale fisico dei giovani. Il dirigente scolastico ha numerosi obblighi definiti dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2 e dal D.M. n. 292 del 1996, art. 1: egli riveste la qualità di datore di lavoro. Su di lui dunque incombono tutti gli obblighi datoriali che vengono analiticamente rammentati. La rilevanza di tale normativa è stata recepita dalla circolare ministeriale n. 119 del 29 aprile 1999. Tale circolare si inserisce nella normativa di riferimento costituita dal richiamato D.Lgs.. n. 81 e da alcuni decreti ministeriali attuativi.

Le circolari chiariscono la sostanziale parificazione tra datore di lavoro e dirigente scolastico. Vi è dunque in primo luogo un obbligo di valutazione dei rischi da esprimere in apposito documento con la collaborazione del responsabile della sicurezza.

Gli obblighi in questione si intendono assolti ai sensi del D.Lgs. n. 81, art. 18, comma 3, con la richiesta di opportuni interventi nei confronti delle amministrazioni competenti; fermo restando l'obbligo di garantire nelle more dell'intervento richiesto un equivalente livello di sicurezza e, nel caso in cui ciò non sia possibile, di interrompere l'attività. Ulteriore conferma si rinviene nel D.M. 29 settembre 1998, n. 382. Il preminente rilievo attribuito alla posizione di garanzia del dirigente scolastico è ribadito nella circolare ministeriale n. 119 del 1999 che, proprio per ciò che concerne gli interventi sulle strutture prevede l'obbligo del capo d'istituto di adottare ogni misura idonea e contingente in caso di grave ed immediato pregiudizio per l'incolumità dell'utenza. Si configura insomma una pregnante posizione di garanzia in tema di incolumità delle persone.

Tale obbligo è stato palesemente violato a causa della mancata valutazione della totale inadeguatezza dell'edificio dal punto di vista statico, sismico. Esso era vetusto e non sottoposto ad opere di ristrutturazione, privo di certificati di idoneità statica, di collaudo statico, di certificazione di prevenzione antincendi, indicato nel censimento di vulnerabilità degli edifici pubblici strategici speciali della regione Abruzzo nell'anno 1996.

Pure nei confronti del B. non è esigibile la condotta idonea a porre in essere gli enormi interventi strutturali che sarebbero stati necessari per la messa in sicurezza dell'edificio soprattutto in considerazione dei pesanti limiti economici gravanti sugli enti interessati.

Ben altre appaiono viceversa le omissioni poste in essere da costui nel lasso di tempo trascorso dall'inizio dell'attività sismica sino al tragico evento. Le sue responsabilità sono emerse in dibattimento in tutta la loro gravità. Le testimonianze raccolte evidenziano la sua totale inerzia pure in presenza dello stato di degrado e di patente insicurezza dei locali, riferito dai ragazzi scampati alla scossa di quella notte. Il solo fatto che egli abbia consentito il protrarsi delle attività in quell'edificio nel quale nessuno avrebbe dovuto ancora dimorare rappresenta un'insuperabile prova delle sue responsabilità. In una situazione in cui da mesi la zona era interessata dal continuo stillicidio delle scosse, egli ha omesso di porre la dovuta attenzione alle condizioni in cui versava la struttura, documentate dalle infiltrazioni di acqua piovana, dalla caduta di intonaci, dalle imponenti crepe. D'altra parte lo stato dell'edificio era perfettamente noto all'imputato non solo in relazione a quanto riferito dai ragazzi ma anche in quanto lo stesso alloggiava nell'edificio con la sua famiglia. Inoltre l'ingegnere responsabile della sicurezza aveva ampiamente relazionato per iscritto circa le gravi carenze riscontrate nelle strutture a seguito di periodici sopralluoghi in tutti i locali. La professionista ha ricordato in dibattimento di avere direttamente rappresentato al dirigente scolastico le criticità strutturali e di aver personalmente assistito ai colloqui telefonici con i tecnici della Provincia con riferimento alle problematiche dell'immobile.

Anche dalla testimonianza del direttore amministrativo emerge che l'edificio è dotato di un piano di emergenza nel quale erano espressamente previsti gli interventi di evacuazione in caso di terremoto e che erano state fatte diverse esercitazioni. La mancata evacuazione del Convitto, protrattasi per un intollerabile lasso temporale, rappresenta il punto nodale della responsabilità penale dell'imputato. Del resto la fatiscenza dell'edificio è stata riferita da diversi testi che nel corso degli anni si sono occupati di interventi edilizi sull'edificio.

Insomma, anche alla luce delle eloquenti drammatiche testimonianze dei giovani allievi, la chiusura dell'Istituto appariva assolutamente improcrastinabile. Ciò appariva ancora più evidente in considerazione degli accadimenti sviluppatisi nelle drammatiche e concitate ore che hanno preceduto la devastante scossa delle ore 3,32.

Il Tribunale da conto delle forti scosse, delle richieste dei giovani di lasciare l'edificio, dell'autorizzazione data ai maggiorenni ma non ai minorenni, in una situazione in cui i calcinacci cadevano dal tetto e dal soffitto. Dunque l'imputato operò una scelta precisa in totale spregio del piano di sicurezza vigente e delle più elementari regole cautelari. Il Tribunale valuta la condotta dell'imputato come colposa ed assurdamente negligente. Costui ha omesso di adottare sin dall'epoca del primo manifestarsi delle scosse risalente all'anno precedente l'unico provvedimento che la situazione imponeva: la chiusura del Convitto. La sua responsabilità è cresciuta in modo esponenziale man mano, con il ripetersi delle scosse sino al culmine nella tragica notte, dopo le forti scosse delle 22,40 e delle 00,39.

Tra l'altro l'imputato approvò la scelta, compiuta da un istitutore nei giorni precedenti, di evacuare l'edificio ma fece l'esatto contrario nella tragica notte in cui non consentì ai ragazzi di mettersi in salvo.

La responsabilità quale garante dell'imputato derivava, oltre che dalla legge, anche dal contratto attraverso il quale gli aveva assunto il ruolo di dirigente dell'istituzione con ruolo che, quanto ai minori, sostituiva quello genitoriale. D'altra parte, sul piano controfattuale non vi è dubbio che la condotta omessa avrebbe senz'altro evitato l'evento. D'altra parte, oltre a ciò, la giurisprudenza di legittimità ha individuato il contatto sociale quale relazione giuridicamente rilevante ai fini dell'individuazione del dovere di protezione vigilanza.

2. La Corte d'appello ha rivisitato l'intero materiale probatorio, pervenendo a valutazione parzialmente divergente, di cui occorre dar conto con qualche dettaglio.

Si rammenta che L'Aquila era interessata dall'autunno 2008 da uno sciame sismico consistente in numerose scosse di intensità crescente. Nella tragica notte vi furono due forti scosse, cui ne seguì una di particolare violenza alle 3,32 del 6 aprile 2009, con magnitudo 6,3.

A nulla rilevano le rassicurazioni provenienti da fonti della Commissione grandi rischi dato che, indipendentemente dal contenuto di tali rassicurazioni, nessuno poteva escludere il verificarsi di altre scosse nel contesto dello sciame sismico in corso, anche più intense di quelle già registrate, seppure non eccezionali. Non può invocare il principio di affidamento chi già versa in colpa, come nel caso di entrambi gli imputati, dovendosi ribadire che nel caso in esame la scossa fatale non fu eccezionale, rientrava nell'ambito del probabile come tutti gli eventi di medio-alta intensità in zone sismiche significative come l'area aquilana. Si evoca a tale riguardo la giurisprudenza di legittimità: i terremoti rientrano nelle ordinarie vicende del suolo e non possono essere considerati fatti eccezionali ed imprevedibili specie se non di rilevantissima intensità ed incidenti in zone sismiche.

D'altra parte, la scossa non cagionò il crollo di tutti gli edifici neppure nel centro storico; e quelli interessati da interventi di consolidamento subirono danni ma non conseguenze disastrose.

Viceversa il Convitto versava in pessime condizioni più volte contestate, accertate e portate a conoscenza di entrambi gli imputati; in una situazione di immediata percezione dei rischi testimoniata dai giovani ospiti. Rispetto a tale situazione la condotta degli imputati è caratterizzata da superficialità ed imprudenza. Si versava in una situazione di tale degrado che il semplice susseguirsi delle scosse,indipendentemente dalla loro crescente intensità poteva esser causa di un crollo come quello verificatosi.

La pronunzia è diffusa nel valutare le fonti di conoscenza in ordine in ordine alla vulnerabilità dell'edificio. La responsabile del Servizio prevenzione e protezione, ing. Is., tra il 2000 ed il 2009 aveva più volte segnalato al dirigente scolastico ed ai competenti uffici della Provincia le gravi carenze in tema di sicurezza. La donna redasse nel 2004 una relazione tecnica circa la inadeguatezza statico-strutturale di parti dell'edificio, coerente con uno studio di vulnerabilità sismica prodotto nel medesimo anno dalla Abruzzo engineering. Appena un mese prima della scossa fatale l'ingegnere aveva intrattenuto corrispondenze con ambedue gli imputati definendo la struttura fatiscente; sicchè entrambi erano chiaramente consapevoli della situazione di rischio. I documenti di tale professionista superano tutti i rilievi critici delle difese.

Alcuni sopralluoghi furono fatti insieme ai tecnici della Provincia poco prima del terremoto, quando erano evidenti rilevanti crepe strutturali riferite anche da numerosi testi. Uno in particolare ebbe luogo il 31 marzo ad opera dei tecnici della Provincia: fu superficiale, a vista. Venne redatta nota sul sopralluogo a firma dell'imputato M..

Lo stato dell'edificio emerge da una scheda redatta da Abruzzo Engiineering nell'ambito del progetto "vulnerabilità sismica degli edifici scolastici" commissionato dalla Regione a seguito del terremoto di S. Giuliano. Ne emerge un quadro allarmante con valutazioni in ordine al grado di vulnerabilità che andavano dalla elevata alla media (quella che caratterizzava la zona nella quale si sono verificati i decessi) tale da imporre immediati interventi di restauro e consolidamento. Il documento prevedeva il rischio esteso fino al 50% delle mura e delle strutture portanti.

I crolli si sono verificati proprio nelle zone segnalate come più vulnerabili da Abruzzo Engineering. Si aggiunge che tale documento era stato avviato alla Provincia perchè fosse attentamente esaminato; ma la Provincia, con atto a firma del M., fornì dati incompleti a dimostrazione di un approccio assolutamente superficiale volto a sporadiche iniziative di manutenzione ordinaria.

Si da atto che la difesa ha evocato una scheda redatta nel 2005 che evidenzia lo stato di manutenzione sostanzialmente buono. Si ribatte che la generica indicazione di cui alla richiamata scheda non è tale da smentire il contenuto di tutti i documenti di segno contrario;

anche perchè redatta con ottica afferente alla manutenzione ed ai servizi.

Viceversa per la Corte di merito rileva la dichiarazione del geometra D.F., capo dell'aria edilizia scolastica, secondo cui il Convitto era: in uno stato inconsistente, di osteoporosi, di deterioramento naturale. Egli si rifiutò di interessarsene proprio per tale condizione evidentemente ritenuta fonte di immanente pericolo. Una testimonianza che la Corte d'appello definisce devastante. Viene anche ritenuta quasi esilarante l'affermazione difensiva secondo cui l'immobile in questione era uno degli edifici antichi meglio conservati all'Aquila.

D'altra parte i consulenti sono stati concordi nel ritenere che i crolli letali sono stati determinati dalla scossa non eccezionalmente violenta che ha inciso su una situazione di marcata vetustà, di precarietà, anche a seguito di interventi di consolidamento del tutto inadeguati e limitati all'ordinaria amministrazione. Diversi testi, anche della difesa, hanno riferito di crolli di parti di soffitto ed intonaco. Si era in una situazione di immediata percepibilità del degrado e della pericolosità della struttura.

Tutto ciò era ben noto agli imputati.

3. Poste tali premesse fattuali la pronunzia analizza la posizione del M.. Costui era titolare di posizione di garanzia derivante da ruolo di dirigente del settore edilizia scolastica pubblica istruzione della Provincia, e basata sulla legge e sul contratto. Rileva la convenzione stipulata nel 2002 tra Provincia e Convitto. Essa prevedeva oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria ed anche i necessari interventi di ristrutturazione richiamati all'art. 4 della convenzione. Si parla nel documento anche di verifiche tecnico-strutturali e messa a norma; e ciò rende evidente lo stesso ambito degli interventi di competenza della Provincia e quindi del M..

Ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2000, art. 3 gli interventi di manutenzione straordinaria sono quelli relativi alle opere e modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici. In conseguenza, nei confronti del ricorrente gravava l'adempimento di tali obblighi. La Corte d'appello non dubita che gli interventi di risanamento, consolidamento strutturale e miglioramento sismico mai realizzati, progettati ma neppure presi in considerazione erano di competenza della Provincia.

L'inesistenza di fondi sufficienti ed i vincoli di carattere culturale ed artistico, secondo la Corte, non potevano limitare l'obbligo di sicurezza per il quale il M. avrebbe dovuto attivarsi coinvolgendo le varie amministrazioni competenti, ed eventualmente attivando conferenza di servizi per affrontare in modo complessivo il problema. E comunque, se a causa di qualche ostacolo non fosse stato possibile alcun intervento significativo ed efficace, ne doveva conseguire la segnalazione all'ente di appartenenza, al vertice del Convitto ed agli organi amministrativi competenti per l'adozione dei conseguenti provvedimenti di inibizione all'uso della struttura e dichiarazione di inagibilità. Ai problemi finanziari si sarebbe inoltre potuto ovviare con la procedura di somma urgenza che consente di far fronte a spese eccezionali e non previste nel bilancio.

Dinanzi ad una evidente, segnalata, visibile inidoneità dell'immobile a garantire i livelli minimi di sicurezza sismica ed in presenza di una sequenza sismica persistente il M. è rimasto inerte; non ha posto in essere alcun intervento.

Era stato redatto un progetto preliminare di riqualificazione dell'importo di 550.000 Euro che però, a detta del consulente, non conteneva previsione di opere di consolidamento e risanamento. Il M. non ha posto in essere alcun intervento, non ha operato alcuna segnalazione agli organi politici circa l'idoneità dell'immobile rispetto all'uso assegnatogli, non ha neppure segnalato la necessità del risanamento statico cui la Provincia era obbligata;

e neppure ha segnalato la necessità di inibire l'uso dell'immobile per ragioni di sicurezza; soluzione estrema da praticare qualora l'insufficienza delle risorse avesse reso impossibile interventi di messa in sicurezza dello stabile. Indicazioni in tal senso derivano dalla circolare ministeriale n. 617 del 2009 che prevede in condizioni di inadeguatezza di un immobile rispetto ad azioni ambientali incontrollabili, come un terremoto, la possibilità che il proprietario o i gestori dell'opera dispongano il cambiamento di destinazione d'uso o la messa fuori servizio dell'immobile.

Nella situazione data, l'inibizione all'uso o la limitazione della sua fruizione, date le particolari condizioni di degrado e di evidente rischio sismico erano provvedimenti non esagerati o avulsi dalla realtà, come dimostra il fatto che il sindaco, dopo la forte scossa del 30 marzo, aveva disposto la totale chiusura degli edifici scolastici del centro storico che in quelle condizioni non davano più garanzie di resistenza alle sollecitazioni sismiche.

L'obbligo in questione coinvolgeva sia il M. che il B. proprio alla luce della indicata circolare, che equipara proprietario e gestore. L'obbligo a carico del M. si rinviene anche nel D.Lgs. n. 81, art. 18, comma 3. Ma in ogni caso l'obbligo derivante dalla convenzione è insuperabile.

Ulteriore prova della responsabilità del M. viene dedotta dall'ispezione compiuta, a seguito della forte scossa del 30 marzo, dai tecnici della Provincia. Si trattò di un giro all'interno dell'immobile: una valutazione a vista e non approfondita. Peraltro, la nota che accompagna il resoconto del sopralluogo, a firma dell'imputato, rileva comunque lesioni che segnalavano la necessità di interventi sulle strutture portanti. Tutto ciò in relazione ad un edificio già ritenuto e definito fatiscente cui si aggiungevano le ulteriori lesioni del 30 marzo, in un contesto caratterizzato dal protrarsi di scosse di crescente intensità. Tutto ciò avrebbe dovuto indurre iniziative di estrema prudenza e cautela.

La pronunzia analizza il tema dell' incapienza finanziaria. Si afferma che essa non è dimostrata. In ogni caso, avrebbe dovuto essere adottato un programma di messa in sicurezza tale da assicurare condizioni minime di affidabilità della struttura. Si sarebbe dovuta considerare la consistenza dei lavori necessari e all'esito avrebbe dovuto essere dichiarata eventualmente l'inagibilità.

In definitiva si dovevano prevedere i lavori necessari e se essi non potevano essere eseguiti ci si doveva attivare per inibire l'uso della struttura. Nell'uno e nell'altro caso l'evento non si sarebbe verificato. Vero è che il M. non aveva il potere di disporre lo sgombero ma egli aveva possibilità di attivarsi per la dichiarazione di inagibilità; profilo di colpa che rientra appieno nell'addebito mosso, che fa riferimento anche alla mancata adozione di tutti i provvedimenti volti alla salvaguardia dell'incolumità dei terzi. Si ribadisce a tale riguardo che il ricorrente rivestiva il ruolo di vertice tecnico-amministrativo del settore edilizia e pubblica istruzione con autonomi poteri decisionali, sicchè la Provincia attraverso il suo agire tecnico doveva adempiere agli obblighi derivanti dalla legge nonchè da norme secondarie e dalla convenzione.

La pronunzia analizza le deduzioni difensive afferenti all'assenza di competenze in ingegneria civile ed alla presenza di funzionari cui era affidata la gestione dei singoli immobili. Si obietta che l'assenza di conoscenze edilizie rappresenterebbe semmai un ulteriore profilo di colpa. Il M. aveva perfetta conoscenza della situazione ed aveva obbligo di vigilanza e di intervento. L'ente di cui egli era espressione aveva l'obbligo, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3 di monitorare l'edificio al fine di verificare l'efficienza ed agibilità.

La sentenza si dichiara consapevole dell'esigenza di una motivazione rafforzata attesa la pronunzia assolutoria del Tribunale, non limitata ad una lettura alternativa del medesimo compendio probatorio ma tale da dimostrare vizi logici o inadeguatezze probatorie che minano la sostenibilità della prima sentenza. La Corte ritiene di aver adempiuto a tale onere avendo dimostrato la palese inadeguatezza ed erroneità del ragionamento del Tribunale.

4. Per B. la pronunzia ritiene che è evidente il profilo di colpa ritenuto fondato dal Tribunale e relativo al fatto che il prevenuto non adottò alcuna misura di salvaguardia nella notte fatale. Si considera che la scossa micidiale fu preceduta da due forti scosse di intensità crescente. Esse facevano con evidenza pensare che la situazione stesse precipitando. Anche le rassicurazioni che potevano essere state date da parte di organi tecnici cui fa riferimento l'appellante erano del tutto inconferenti.

La situazione di grave rischio era di tutta evidenza anche in considerazione della volontà manifestata dai ragazzi: unica soluzione ragionevole era lo sgombero immediato. Del resto già qualche giorno prima un istitutore si era assunta la responsabilità di analoga iniziativa. Analoga iniziativa assunsero alcuni giovani componenti di una squadra di reprobi ospiti del Convitto.

La sentenza si diffonde nel descrivere i tratti di allarmante precarietà della situazione dell'edificio, documentata dalle crepe e dalla caduta di calcinacci. Quantomeno in quel momento, a tutto voler concedere, la situazione di pericolo era eclatante ed il Convitto andava sgomberato. La struttura andava d'altra parte infine definitivamente chiusa. Considerato che i giovanissimi ospiti erano terrorizzati a nulla poteva rilevare il fatto che non vi fosse autorizzazione dei genitori.

Diverse sono le fonti della posizione di garanzia di costui. Il Convitto, pur con le sue peculiarità, è una scuola media di secondo grado e tale qualificazione rende evidente l'obbligo di garantire la sicurezza dei ragazzi ospiti. Tale obbligo si aggiunge e sovrappone a quello che deriva dal rapporto contrattuale anche da contatto. Il contratto di ospitalità obbligava il vertice dell'istituto a garantire che essa fosse prestata in una condizione di sicurezza. La qualificazione poi come istituto scolastico con presenza anche di minorenni comporta un'ulteriore obbligo di protezione che deriva proprio dalla funzione di educativa che pone il dirigente scolastico in posizione di vertice; come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità. In caso di danno la responsabilità è di natura contrattuale atteso che l'accoglimento della domanda di iscrizione determina la instaurazione di un vincolo negoziale.

Peraltro la Corte d'appello ritiene anche l'esistenza di un profilo di responsabilità afferente ai mancati interventi di consolidamento della struttura secondo gli stessi profili di addebiti mossi all'altro imputato. L'obbligo della Provincia non esclude quella del dirigente scolastico di interessarsi della solidità della struttura e di assumere iniziative di controllo autonome da segnalare anche all'ente deputato alla manutenzione e di assumere comunque le decisioni conseguenti per la tutela degli ospiti. Al riguardo viene richiamato il decreto ministeriale 30 settembre 1977 recante norme cautelari volte garantire la sicurezza statica di tutte le costruzioni scolastiche.

Oltre a ciò, trova applicazione il D.Lgs. n. 81, art. 2 in relazione agli obblighi che gravano sul dirigente scolastico quale datore di lavoro. Analogo obbligo derivava dalla qualifica di organo di vertice dell'ente proprietario e quindi custode dell'immobile, secondo quanto previsto dalla normativa civilistica. La proprietà dell'immobile si desume non solo dal dato catastale ma da altri univoci elementi come il decreto ministeriale riguardante la tutela vincolistica che ha indicato le particelle interessate come di proprietà del Convitto.

Al di là di tutto ciò rileva il fatto che l'ente, proprio nella qualità di proprietario dell'immobile, stipulò la convenzione con la Provincia.

La pronunzia ha ritenuto anche di dover pronunziare condanna del Convitto nazionale e del ministero dell'istruzione al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili; domanda erroneamente disattesa senza motivazione dal Tribunale. Non vi è dubbio che l'ente Convitto ed il ministero dell'istruzione debbano rispondere delle condotte colpose poste in essere dal suo dirigente nell'esercizio delle sue funzioni anche a norma di quanto disposto dall'art. 2049 cod. civ..

5. La prima sentenza viene pure censurata per ciò che attiene al rigetto della domanda risarcitoria avanzata dalla parte civile Cittadinanzattiva "allo stato" e senza alcuna motivazione.

6. Tali valutazioni si sottraggono alle indicate censure.

La prima, basilare questione proposta dal giudizio attiene all'esistenza di un rischio prevedibile e governabile. Al riguardo le censure difensive tentano in larga misura di sollecitare impropriamente questa Corte alla riconsiderazione del fatto. E' invece indubbio che la ponderazione del giudice di merito è basata su plurime e significative acquisizioni probatorie.

Le sentenze sono nitide e concordi: la fragilità delle strutture è emersa oggettivamente, a posteriori, a seguito dei rilevantissimi crolli; ed è stata altrettanto oggettivamente constatata dagli esperti.

Resta da domandarsi, ai fini della configurazione della colpa, se la fatiscenza del manufatto e la sua inadeguatezza a fronteggiare rilevanti eventi sismici fosse nota o conoscibile. In breve, si tratta di valutare la prevedibilità ex ante del rischio sismico poi drammaticamente concretizzatosi. Orbene, a tale riguardo le sentenze di merito propongono argomenti fattuali plurimi e coerenti: i rapporti delle persone che negli anni si erano occupate della sicurezza e della manutenzione dell'edificio; le narrazioni degli studenti; soprattutto la relazione di Abruzzo Engeneering che aveva individuato rischi specifici che si sono concretizzati proprio nei punti dell'edificio che erano stati indicati come fragili. Tale esatta corrispondenza tra il primo ed il dopo, bene evidenziata in sentenza, correttamente viene ritenuta prova inoppugnabile, concludente in ordine alla prevedibilità dell'evento costituito dal danno sismico.

D'altra parte, il rischio era non solo ictu oculi visibile, ma anche desumibile dai documenti tecnici richiamati dalle pronunzie di merito nei termini sopra esposti. Dunque, ambedue gli imputati, nelle qualificate loro vesti professionali, erano al corrente della situazione. Del resto, di sicurezza dell'edificio si era ripetutamente discusso, nella inquietante temperie del riferito sciame sismico, tra il vertice dell'istituzione scolastica ed il personale tecnico dell'Amministrazione provinciale. Tutto, dunque, era sul tappeto delle conoscenze e delle competenze dei soggetti responsabili.

7. Sia pure in termini alquanto allusivi le impugnazioni fanno riferimento a rassicurazioni pervenute da figure di rilievo della protezione civile. La risposta del giudice di merito, nella sostanza, è che, nella situazione data, l'allarme era tanto eloquente che nessuna seria rassicurazione poteva essere data da alcuno, mancando la possibilità di compiere affidabili previsioni atte ad escludere eventi del genere di quello concretizzatosi.

Tale valutazione non mostra profili di criticità. La sentenza impugnata, con gli argomenti che si sono sopra esposti, dimostra che l'evento sismico concretatosi non costituisce, per la sua entità, per il sito e per il momento storico nel quale si è verificato, un accadimento eccezionale, straordinario, ingovernabile. Dunque, un evento di tale natura non sfuggiva all'obbligo di governo del rischio da parte dei soggetti competenti.

Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che i terremoti, anche di rilevante intensità, sono eventi rientranti tra le normali vicende del suolo, e non possono essere considerati come accadimenti eccezionali ed imprevedibili quando si verifichino in zone già qualificate ad elevato rischio sismico, o comunque formalmente classificate come sismiche (particolarmente Sez. 4, del 27/01/2010 n. 24732, Rv. 248115). In breve, si tratta di eventi con i quali i professionisti competenti sono chiamati a confrontarsi (Sez. 4, 16/11/1989 n. 17492, Rv. 182859). Tale responsabile approccio, improntato a speciale prudenza e accurata attenzione agli aspetti tecnico-scientifici ed alle informazioni e direttive che ne giungono, va qui ribadito. Va solo aggiunto che qualunque valutazione in tale delicata materia va naturalmente rapportata anche a ciascuna peculiare situazione concreta; e di ciò pure il giudice è chiamato a tener conto, come sempre è del resto richiesto nella delicata valutazione sulla colpa. Si vuoi dire che la adeguatezza del comportamento dell'agente chiamato a gestire il rischio sismico andrà in ogni caso rapportato alle caratteristiche dell'edificio, alla sua utilizzazione, alle informazioni scientifiche, specifiche e di contesto, disponibili in ordine a possibilità o probabilità di verificazione di eventi dirompenti. Insomma, riassuntivamente, si tratterà di valutare tutte le contingenze proprie del caso concreto.

Orbene, nel caso in esame, i giudici di merito si sono correttamente diffusi nel sottolineare che si era in area a discreto rischio sismico, che uno sciame sismico si protraeva da tempo con incalzante intensità e che, soprattutto, nella tragica notte già due violentissime scosse avevano suscitato speciale allarme e fondate preoccupazioni nei giovani allievi ospiti del fatiscente Convitto: si tratta di aspetto di speciale rilievo nel caso in esame, sul quale si tornerà in prosieguo.

In tale quadro, le deduzioni difensive che evocano le non meglio chiarite rassicurazioni fornite da alcuno non colgono nel segno. In primo luogo l'indicazione è generica. Non si chiarisce quale veste istituzionale rivestisse il soggetto da cui provenivano le indicate rassicurazioni; e, soprattutto, non si colloca tale dato nella complessiva informazione scientifica ed operativa afferente alla gestione della difficile situazione nella quale si trovava la comunità locale. Si vuoi dire che nessuna menzione viene fatta ad indicazioni ufficiali o, comunque, a direttive univoche e non controverse dalle quali potesse trarsi l'affidabile previsione che un evento importante non si sarebbe verificato. E d'altra parte non manca di logicità e ragionevole persuasività la considerazione della Corte di merito che in quella temperie ed ancor più nella memorabile notte, di fronte alle sensate paure ed alle richieste dei giovani, occorresse assumere iniziative atte ad escludere il rischio, allontanando tutte le persone dalla fonte di pericolo.

8. Poste tali premesse di carattere generale sul rischio e sul suo governo, si tratta di valutare se gli imputati rivestissero ruoli istituzionali dai quali derivava l'obbligo giuridico di evitare l'evento ex art. 40 cpv cod. pen.; se, in breve, costoro rivestissero posizione di garanzia.

La risposta è agevole per ciò che riguarda il B.. La Corte d'appello pone correttamente in luce le diverse fonti dalle quali derivava l'obbligo di cui si discute. La prima questione risolta è quella afferente alla proprietà dell'edificio. Contrariamente a quanto dedotto, la pronunzia non si limita a considerare i dati catastali, ma analizza la disciplina legale (e l'interpretazione fornitane dal Consiglio di Stato) che per le istituzioni educative come i Collegi nazionali esclude il trasferimento della proprietà alla Provincia e prevede invece che la gestione degli immobili sia disciplinata da apposita convenzione tra la stessa Provincia e l'Ente proprietario. La lettura del testo normativo, di cui si è sopra dato conto, è senz'altro corretta; e del resto l'esistenza di una convenzione tra i due enti dimostra nel modo più evidente la duplicazione di ruoli conseguente all'indicato assetto normativo.

Altrettanto puntuale ed ineccepibile è l'indicazione delle fonti giuridiche, invero molteplici, che individuano e modellano l'obbligo giuridico di agire per evitare l'evento: la veste datoriale, quella di responsabile dell'ente proprietario dell'edificio, la qualità di dirigente dell'istituzione, nonchè la convenzione di ospitalità.

Sul tema e specialmente sulla natura contrattuale della responsabilità si è già espressa condivisibilmente questa Corte (Sez. 4, 22/05/2007, Conzatti, Rv. 236852, Sez. 4, 23/02/2010 n. 17574, Ciabatti, Rv. 247522), richiamando anche giurisprudenza delle Sezioni unite civili. La responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che, quanto all'istituto scolastico, l'accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell'allievo alla scuola, determina l'instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell'istituto l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso; e che, quanto al precettore dipendente dell'istituto scolastico, tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico nell'ambito del quale l'insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l'allievo si procuri da solo un danno alla persona. Si tratta di principi con ancor maggiore evidenza applicabili alla figura del dirigente scolastico.

E', conclusivamente, di particolare interesse appuntare qui, per le deduzioni che se ne trarranno nel prosieguo, l'intensità dell'obbligo di protezione correttamente enfatizzato dalla Corte d'appello, connesso alla funzione educativa e soprattutto all'affidamento dei minori in una struttura residenziale per tutte le loro esigenze esistenziali.

9. A conclusioni non diverse deve giungersi per ciò che riguarda il M.. Costui, come evidenziato in sentenza, era il dirigente tecnico dell'edilizia scolastica della Provincia. In tale veste era chiamato a gestire la già evocata convenzione che regolava i rapporti tra i due Enti in ordine alla manutenzione ordinaria, straordinaria ed alla ristrutturazione del manufatto. Correttamente si argomenta dalla convenzione l'esistenza di un ruolo tecnico di ampia portata, che riguardava anche gli aspetti tecnico-strutturali.

L'ampiezza dell'interazione tra i due organismi è documentata dal tenore della ridetta convenzione, prodotta dalla difesa per documentare il ravvisato travisamento della prova. Vi si parla di attuazione della L. n. 23 del 1996; di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonchè di necessari interventi di ristrutturazione nel rispetto delle norme sulla sicurezza. La Provincia si obbliga, in breve, all'attuazione delle legge; ed il Convitto si impegna a consentire a ciò che occorre per l'esecuzione degli interventi di restauro e messa a norma.

Emerge, così, che l'impegno della Provincia si mostra in due guise, in relazione alle quali si articola l'imputazione e la valutazione del giudice di merito: garantire la manutenzione e l'adeguamento dell'edificio e fornire supporto tecnico-scientifico per tutto ciò che attiene alla gestione del manufatto nella prospettiva di garantirne la sicurezza.

10. In relazione a tale duplicazione di ruoli della Provincia e dei suoi organi si articola la discussione dei giudici di merito per ciò che attiene alla posizione del M.. Su questo decisivo punto, come si è visto, le due sentenze divergono radicalmente.

Orbene, per ciò che attiene alla garanzia in ordine alla sicurezza strutturale dell'edificio la sentenza del Tribunale propone notazioni realistiche, razionali, coerenti: l'onerosissimo impegno afferente alla ristrutturazione dell'ampio ed antico edificio al fine di adeguarlo dal punto di vista della sicurezza anche dal punto di vista sismico costituiva responsabilità dell'organo politico e non di quello tecnico. Del resto, come documentato dalla difesa, la struttura tecnica aveva abbozzato una proposta concretizzatasi in un progetto di massima dell'ottobre 2004, che tuttavia non era mai stato attuato da nessun punto di vista, verosimilmente per l'indisponibilità degli ingenti fondi occorrenti.

La Corte d'appello ha rivisitato criticamente tale valutazione con argomenti che, tuttavia, non solo non confutano radicalmente il giudizio del Tribunale, ma che denunziano la loro intrinseca debolezza per ciò che riguarda il ricorrente.

Si vuoi dire che correttamente il Tribunale ha ritenuto che l'opera di ristrutturazione dell'edificio trascendesse radicalmente il ruolo tecnico del M. e coinvolgesse, anche sul piano della garanzia, il vertice politico della Provincia. Senza dubbio l'imputato non aveva in tale ambito alcun potere di spesa; ed il compito di collaborazione tecnica era stato svolto anche con la elaborazione dell'indicato progetto di massima del 2004. Del resto, la fatiscenza della sede del Convitto era ben nota a tutti i soggetti competenti.

D'altra parte la nuova pressante contingenza, costituita dallo sciame sismico e dall'allarme che ne derivava, non consentiva di programmare ed attuare lavori imponenti che richiedevano molto tempo e molto danaro. Correttamente, dunque, il Tribunale ritiene che il cuore del processo sia altrove.

Di ciò finisce col rendersi conto la Corte d'appello che, dopo aver dipanato riflessioni alquanto fumose su ciò che avrebbe potuto esser fatto per promuovere la ristrutturazione, che comunque non coinvolgevano il ruolo del M., ha esattamente posto in campo l'alternativo obbligo di intervenire per garantire la sicurezza delle persone sia regolando diversamente l'utilizzazione del bene, sia eventualmente favorendo l'evacuazione, l'inibizione all'uso dell'edificio. Tale diversione denunzia da sè, definitivamente, la fragilità dell'argomento accusatorio afferente al ruolo di garanzia del M. in ordine all'esecuzione dei lavori sull'edificio.

Invero, l'unico obbligo poteva afferire all'informazione tecnico- scientifica a proposito dello stato del manufatto, ed era stato adempiuto, quantomeno, con il già evocato progetto del 2004.

Conclusivamente, riguardando le cose dal punto di vista delle deduzioni difensive, la critica da parte della Corte d'appello alla prima sentenza per ciò che attiene al tema di cui si discute non è riuscita.

11. Resta da esaminare l'altra dimensione della posizione di garanzia del ricorrente, afferente alla collaborazione tecnico-scientifica ed anche operativa, funzionale all'attuazione dell'obbligo di protezione nei confronti delle persone che occupavano l'edificio.

Va intanto preliminarmente chiarito che l'alternatività degli obblighi propugnata con forza dalla Corte d'appello è giuridicamente corretta: sia che si voglia vedere le cose sotto il profilo della posizione di garanzia, sia che le si voglia analizzare sul versante della colpa, è certamente corretto affermare che quando un obiettivo di sicurezza possa essere soddisfatto con l'adozione di diverse strategie, la scelta dell'una o dell'altra è indifferente sotto il profilo della responsabilità penale. Inoltre l'obbligo può ben essere adempiuto anche con l'adozione di cautele diverse da quelle "specifiche", quando si adottino interventi evoluti dal punto di vista tecnico e scientifico ed efficienti almeno quanto quelli prescritti dalla regolamentazione ufficiale della materia.

Resta allora da chiedersi se il M., nella indicata veste dirigenziale, rivestisse un ruolo di garanzia complementare rispetto a quello gravante in primo luogo sul Dirigente dell'istituzione educativa, afferente alla protezione degli occupanti e precipuamente dei giovani ospiti.

Correttamente i giudici di merito hanno risposto positivamente a tale interrogativo, confutando l'opposto giudizio del Tribunale.

Occorre partire dalla considerazione già in precedenza proposta in ordine all'integrazione tra Provincia e Convitto. L'istituzione scolastica non disponeva nè di risorse nè di competenze professionali per assicurare la sicurezza dell'edificio. Essa si avvaleva della collaborazione del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione, nonchè dei tecnici della Provincia. Il Responsabile collaborava con riguardo all'obbligazione datoriale, mentre la struttura della Provincia era l'interlocutore sulle problematiche più squisitamente strutturali afferenti, anche alla sicurezza sismica.

Per ciò che riguarda la struttura tecnica della Provincia, si tratta di rispondere a due cruciali interrogativi, nei quali risiede la risoluzione del maggiore problema afferente alla responsabilità.

L'uno attiene all'esistenza dell'obbligo di collaborazione nella valutazione e gestione del rischio sismico. L'altro riguarda la configurazione di tale obbligo quale posizione di garanzia rilevante ex art. 40 cpv cod. pen..

Correttamente i giudici di merito hanno risposto positivamente ad ambedue le questioni, con argomenti in parte espliciti ed in parte impliciti; che vanno meglio chiariti, alla stregua del dovere d'integrazione imposto dalla legge processuale a questa Corte di cassazione nell'ambito dell'interpretazione della normazione.

Quanto al primo tema, la richiamata L. n. 23 del 1996, ed il tenore della Convenzione rendono chiaro che la manutenzione e la ristrutturazione degli edifici scolastici afferiscono non solo ad istanze di funzionalità ma anche di sicurezza; e che la Provincia, con i suoi organismi tecnici, è chiamata in ogni direzione a fornire la collaborazione occorrente.

Del resto, in fatto, la Provincia ha assunto senza incertezze tale ruolo. Le sentenze di merito, infatti, danno conto delle ripetute ispezioni dei tecnici dell'ente territoriale, anche pochi giorni prima del sinistro; nonchè di intese scritte, verbali, telefoniche tra i due enti, proprio per la gestione del rischio sismico nella particolare temperie di cui ci si occupa. Ciò varrebbe da solo a fondare l'obbligo giuridico di fornire qualificata cooperazione tecnico-scientifica ai fini delle valutazioni e determinazioni degli organi competenti; ed a configurare quindi la posizione di garanzia, con le precisazioni che si diranno nel prosieguo.

In proposito questa Corte si è ripetutamente e condivisibilmente espressa. Le Sezioni unite (S.U. 24 aprile 2014, ThyssenKrupp, RV 261107), hanno recentemente chiarito che la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante. Ed hanno anzi aggiunto che è spesso di particolare importanza porre attenzione alla concreta organizzazione della gestione del rischio. Tale indicazione si desume testualmente dall'art. 299 del T.U. sulla sicurezza del lavoro; ma costituisce importante principio dell'ordinamento penale.

La questione è stata del resto esaminata ampiamente anche in passato, con notazioni consonanti (Sez. 4, 22/05/2007, Conzatti, Rv. 236852). Si è rammentato che si è affermata anche in giurisprudenza una visione eclettica della fondazione del ruolo di garanzia che ha in parte superato la storica concezione formale. Si è sviluppata una elaborazione sostanzialistico-funzionale che non fa più leva tanto su profili formali quanto piuttosto sulla funzione dell'imputazione per omissione, connessa all'esigenza di natura solidaristica di tutela di beni giuridici attraverso l'individuazione di un soggetto gravato del ruolo di garante della loro protezione. Tale individuazione del garante avviene, più che sulla base di criteri formali, alla stregua della posizione di fatto assunta, del ruolo svolto.

L'elaborazione in questione, pur dovendosi ecletticamente integrare con l'approccio formale, presenta il pregio ampiamente riconosciuto di aderire allo specifico punto di vista dell'ordinamento penale, selezionando in senso restrittivo il dovere di agire nell'ambito della sterminata congerie di obblighi presenti nell'ordinamento. Essa consente inoltre di fronteggiare situazioni nelle quali, pur in presenza di un vizio della fonte contrattuale dell'obbligo, vi è stata la effettiva assunzione del ruolo di garante, la cosiddetta presa in carico del bene protetto; nonchè quelle nelle quali si riscontra una situazione di fatto assimilabile, analoga, rispetto a quella prevista dalla fonte legale dell'obbligazione, come ad esempio nel caso della consolidata convivenza in un rapporto di tipo familiare o istituzionale.

Alla luce di tali principi non può dubitarsi dell'esistenza di obbligo di collaborare alla gestione del rischio sismico connesso alla fragilità dell'edificio.

12. Resta infine da chiarire, come si è sopra accennato, se l'esistenza di obbligo di collaborazione informativa e valutativa sui temi della sicurezza sia idonea a fondare l'obbligo giuridico di cui si discute anche nelle situazioni nelle quali, come nel caso in esame, l'agente non sia munito di autonomo potere di gestione operativa del rischio.

Anche al riguardo si è espressa la richiamata pronunzia delle Sezioni unite, in ambito distinto, ma assolutamente affine; afferente alla posizione del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Si è considerato che si tratta di figura dotata di una delicata funzione di supporto informativo, valutativo e programmatico ma priva di autonomia decisionale. Essa tuttavia coopera in un contesto che vede coinvolti diversi soggetti con distinti ruoli e competenze. Si è considerato che non vi è dubbio che tale figura sia destinataria di obbligo giuridico afferente al diligente svolgimento delle indicate funzioni. D'altra parte, tale ruolo è parte inscindibile di una procedura complessa, che sfocia nelle scelte operative sulla sicurezza compiute dal datore di lavoro. Tale cooperazione può dunque ben rilevare ai fini della spiegazione causale dell'evento illecito, come accade ad esempio nel caso in cui si manchi di informare il datore di lavoro di un rischio la cui conoscenza derivi da competenze specialistiche. In tale situazione si è ritenuto razionale attribuire, in presenza di tutti i presupposti di legge ed in particolare di condotta colposa, la responsabilità dell'evento al soggetto di cui si parla.

Con tutta evidenza tali principi possono essere trasposti nel differente ma analogo ambito di cui si discute nel quale, pur essendo le decisioni operative demandate ad altri soggetti, il compito di segnalazione e di informazione assume speciale rilievo ed è parte di contesto cooperativo complesso che vede l'interazione di differenti figure.

Dunque, conclusivamente in proposito, può senz'altro affermarsi che correttamente sia stata individuata l'esistenza di una posizione di garanzia a carico del ricorrente, nei termini che si sono sopra indicati.

Per completezza va aggiunto che le deduzioni della difesa in ordine alla portata di alcune delle fonti individuate dal giudice di merito quali matrici dell'obbligo di garanzia sono prive di fondamento. Si tratta, per la verità, di aspetti marginali e non risolutivi della questione di cui si discute; alla luce degli argomenti sopra esposti.

Tuttavia è opportuno fornire le opportune chiarificazioni.

In primo luogo la circolare del Ministero delle infrastrutture n. 617 del 2009 reca istruzioni per l'applicazione delle "Nuove norme tecniche per le costruzioni" di cui al D.M. 14 gennaio 2008. Si aggiunge, nel preambolo, che detto Decreto "raccoglie in forma unitaria le norme che disciplinano la progettazione, l'esecuzione ed il collaudo delle costruzioni al fine di garantire, per stabiliti livelli sicurezza, la pubblica incolumità. Il testo normativo, recependo le diverse osservazioni e suggerimenti di ordine tecnico pervenute dal mondo produttivo, scientifico e professionale, fornisce una serie di indicazioni inerenti le procedure di calcolo e di verifica delle strutture, nonchè regole di progettazione ed esecuzione delle opere". Segue una copiosissima disciplina tecnica.

Alla luce di tale introduzione e del complessivo tenero della articolata disciplina tecnica non può in alcun modo dubitarsi che si tratti di normazione tecnica afferente a tutte le categorie di edifici.

D'altra parte, la lettura del T.U. n. 81, richiamato art. 18, comma 3 è univoca e non lascia spazio alle tesi difensive. Gli obblighi relativi ad interventi strutturali e di manutenzione per garantire la sicurezza degli edifici assegnati in uso alle pubbliche amministrazioni, comprese le istituzioni scolastiche ed educative, sono a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. Tali disciplina, applicata al caso in esame, significa che gli obblighi afferenti al Convitto afferivano alla Provincia che, come si è visto, ha obbligo manutentivo.

La normativa aggiunge che gli obblighi di cui si parla si intendono assolti da parte dei dirigenti degli uffici cui si riferisce l'istanza di sicurezza attraverso la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente. Ciò implica, nel caso in esame, che il dirigente scolastico è tenuto, con effetto liberatorio, a richiedere all'Amministrazione provinciale gli interventi sicuritari occorrenti. Dunque, neppure tale aspetto della normazione può essere invocato dal ricorrente; fermo restando che, come si è esposto, l'obbligo afferente agli interventi strutturali non gravava personalmente sul M., attesa l'assenza di poteri di spesa adeguati.

13. Constatata l'applicabilità dell'art. 40 cpv cod. pen., occorre intendere se il nesso causale sia stato correttamente individuato dal giudice di merito. La pronunzia impugnata, come si è visto, non dubita che le determinazioni operative dovessero essere assunte da diversi soggetti: il vertice politico della Provincia per ciò che attiene agli interventi strutturali volti alla protezione antisismica; il Rettore o l'autorità di protezione civile per ciò che riguarda l'adozione di iniziative volte alla protezione degli ospiti, eventualmente anche attraverso la chiusura ed evacuazione dell'istituto. In proposito il ricorrente ha articolato, come si è visto, puntuali censure incentrate sulla mancata dimostrazione dell'effetto salvifico di eventuali segnalazioni in ordine alla pericolosità dell'edificio ed alla necessità di mettere in salvo gli ospiti. Si è in particolare insistito sul fatto che la insensibilità del Rettore avrebbe con ogni probabilità reso inutile una incalzante segnalazione e richiesta di evacuazione. E si è lamentato che nella pronunzia manca una valutazione di tale cruciale questione.

La deduzione è assolutamente puntuale ma priva di pregio. La sentenza, infatti, risponde a tale questione con argomenti che, sebbene non strettamente testuali, risultano chiaramente dalla complessiva trama argomentativa. Si è infatti considerato che la situazione di allarme sismico era talmente conclamata che il sindaco di L'Aquila aveva disposto la chiusura di tutte le istituzioni scolastiche del centro storico. Evidentemente tale statuizione era stata assunta sulla base dei poteri di ordinanza quale autorità di protezione civile; ed alla stregua di informazioni di carattere tecnico-scientifico fornite dagli uffici competenti. E con implicita evidenza la Corte di merito ritiene che, in presenza di valutazione dell'organo tecnico competente, che nella specie era l'ufficio tecnico provinciale, non sarebbe mancata una analoga ordinanza di inagibilità che avrebbe salvato gli allievi del convitto. Dunque, il controfattuale è esperito in conformità ai noti principi che regolano la materia e senza errori.

14. Conclusa la disamina dei profili della vicenda afferenti all'imputazione oggettiva dell'evento, resta da esaminare le questioni afferenti all'elemento soggettivo, alla colpa.

Anche sotto tale riguardo la sentenza reca appropriata analisi immune da vizi logici o giuridici.

L'indagine è tranciante per ciò che riguarda il B.. Per costui il piano di sicurezza prevedeva espressamente il potere dovere di disporre l'evacuazione in caso di necessità. D'altra parte, in quella notte fatale si era in presenza di indicazioni drammatiche ed incalzanti che imponevano di corrispondere con immediatezza alle pressanti richieste dei giovani allievi e particolarmente di quelli minori. L'imputato manifestò, argomenta ragionevolmente la Corte d'appello, una conclamata insensibilità, una grave negligenza ed imprudenza, imponendo ai ragazzi di sopportare un rischio intollerabilmente elevato che si concretizzò nel breve volgere di poche ore. Di qui il ben fondato addebito colposo.

Le deduzioni difensive svolte in proposito dal ricorrente sono palesemente prive di pregio. La situazione era da tempo pericolosa; e gli era stata segnalata dal suo RSPP. Essa, in ogni caso, aveva assunto una tale drammatica evidenza in quella notte che veniva travolto qualunque parere fosse stato espresso in epoca anteriore a proposito della verificazione di un sisma di rilevante portata. E le prospettazioni circa le circolari ministeriali in ordine all'assenso dei genitori all'allontanamento degli allievi sono chiaramente inconferenti. Infatti, si tratta di direttive che fanno riferimento a situazioni ordinarie, fisiologiche, nelle quali l'allontanamento stesso sia determinato da banali contingenze esistenziali; e non si riferiscono per nulla a quelle in atto, impellenti e drammatiche, in relazione alle quali era anche formalmente previsto un ordine di evacuazione affidato al Rettore.

15. Pure immune da censure è la più complessa valutazione che riguarda il M.. Le deduzioni di costui, volte a dimostrare l'assenza di una reale pericolosità dell'edificio, come si è visto, sono state puntualmente confutate dalla Corte d'appello. Al riguardo sotto l'insegna del vizio di travisamento della prova l'imputato tenta di sollecitare questa Corte di legittimità alla riconsiderazione del merito, proponendo isolati frammenti del materiale probatorio che, in ogni caso, non sono in grado di inficiare il nucleo valutativo della motivazione afferente, come si è visto, precipuamente alla consonanza tra lo stato dell'edificio accertato dopo l'evento e le valutazioni compiute in precedenza da Abruzzo Engeneering. Dunque correttamente si è ritenuto che la fatiscenza e pericolosità dell'edificio fosse nota o comunque agevolmente conoscibile, visto che i documenti in questione erano stati portati a conoscenza dell'amministrazione provinciale e dell'imputato senza che venissero svolti i necessari approfondimenti in ordine alla vulnerabilità sismica, non solo con riguardo agli interventi strutturali, ma anche alle esigenze di tutela delle persone, specialmente nel peculiare contesto del più volte riferito sciame sismico. Altrettanto argomentato, logico e basato su plurime e definite acquisizioni probatorie è l'apprezzamento in ordine alla colpevole inerzia mostrata nel tempo e particolarmente nella fase di critica sismicità di cui ci si occupa.

Per completezza va aggiunto che le produzioni che dovrebbero mostrare l'inconoscibilità del rischio connesso alla vulnerabilità dell'edificio e l'assenza di obblighi di garanzia del ricorrente costituiscono meri frammenti della copiosa base probatoria, che non possono essere letti in modo avulso dal restante compendio e che, soprattutto, non solo non mettono in crisi, non corrompono logicamente il giudizio, ma per alcuni versi lo confermano.

Infatti, la deposizione del geometra D.F. conferma l'"osteoporosi", il deterioramento naturale dell'edificio. Il documento di Collabora Engeenering del giugno 2005 sembra proprio riguardare le opere di adeguamento elettrico, idrico ecc; e non reca valutazioni in ordine alla criticità sismica. La convenzione già molte volte evocata parla di interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e ristrutturazione; di restauro emessa a norma: a conferma della pregnanza del ruolo di collaborazione della Provincia non solo in ordine ai lavori da eseguire, ma anche per ciò che attiene alla già evocata collaborazione informativa sul piano tecnico-scientifico. Ancora, il progetto di massima del 2004 prevede interventi indispensabili per il miglioramento delle caratteristiche antisismiche, il consolidamento delle mura, delle volte e della copertura. Ciò conferma che il rischio sismico e la fragilità dell'edificio erano ben noti già in tale epoca agli uffici tecnici della Provincia. Le altre deposizioni appaio irrilevanti, essendo precipuamente dedicate ad informazioni sulla indubbia complessità ed onerosità delle opere strutturali volte al risanamento dell'edificio. Il piano di emergenza prevede l'evacuazione anche per terremoto ed affida al rettore la competenza a disporla. Ciò, oltre a corroborare il ragionamento della Corte d'appello sulla responsabilità del B., conferma che plurimi strumenti potevano essere esperiti per tutelare gli studenti e che, come pure correttamente ritenuto dal giudice di merito, l'organo tecnico provinciale aveva utili strumenti sollecitatori che sono risultati colposamente inadempiuti.

22. Dunque, i ricorsi degli imputati vanno rigettati. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

Gli imputati vanno altresì condannati in solido a rimborsare alla parte civile Cittadinanzattiva Onlus le spese sostenute per questo giudizio, che appare congruo liquidare in Euro 2.500,00 oltre accessori come per legge, a favore dello Stato ai sensi del D.P.R. n. 112 del 2002, art. 110.

B. va pure condannato a rimborsare alle parti civili che si sono costituite solo nei suoi confronti le spese dalle stesse sostenute per questo giudizio, che appare congruo liquidare come segue:

C.L., C.O. e I.A. Euro 3.500,00 oltre accessori come per legge;

Ca.Lu. Euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.

23. E' invece fondato il ricorso della parte civile Codacons. Questa Corte ha costantemente affermato, condivisibilmente, che l'omessa notifica del decreto di citazione, avanti il giudice di appello, alla parte civile regolarmente costituita, nel corso del giudizio di primo grado, determina la nullità di cui all'art. 178, comma 1, lett. c) - concernente la violazione delle norme che prevedono l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza di una parte privata - sottoposta al regime di cui all'art. 180 cod. proc. pen. la quale, ove tempestivamente dedotta, comporta l'annullamento della sentenza, impugnata ai soli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. Il giudice del rinvio vorrà pure provvedere al regolamento delle spese tra le parti anche per questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi degli imputati B.L. e M.V. e li condanna al pagamento delle spese processuali.

Condanna altresì i predetti in solido a rimborsare alla parte civile Cittadinanzattiva Onlus le spese sostenute per questo giudizio che liquida in Euro 2.500,00 oltre accessori come per legge, a favore dello Stato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 110.

Condanna B. a rimborsare alle parti civili le spese dalle stesse sostenute per questo giudizio, che liquida come segue:

C.L., C.O. e I.A. complessivi Euro 3.500,00 oltre accessori come per legge;

Ca.Lu. Euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.

Annulla la stessa sentenza limitatamente alle statuizioni civili relative alla Onlus Codacons e rinvia sul punto al giudice civile competente per valore in grado di appello cui rimette pure il regolamento delle spese tra le parti anche per questo giudizio.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2015.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2016

Descrizione Livello Dimensione Downloads
Allegato riservato Penale Sent. Sez. 4 Num. 2536 Anno 2016.pdf
 
2057 kB 9

Ultimi archiviati Sicurezza

Le molestie e le vittime e contesto
Lug 02, 2024 80

Report ISTAT Le molestie e le vittime (2022-2023)

Report ISTAT Le molestie e le vittime e contesto - Anno 2022-2023 ID 22159 | 02.07.2024 / In allegato Nel 2022-2023 si stima che il 13,5% delle donne di 15-70 anni, che lavorano o hanno lavorato, abbia subito molestie sul lavoro a sfondo sessuale nel corso dell’intera vita (soprattutto le più… Leggi tutto
Giu 30, 2024 108

Decreto 18 giugno 2024

Decreto 18 giugno 2024 ID 22148 | 30.06.2024 Decreto 18 giugno 2024 Procedure per il rilascio dell'autorizzazione allo svolgimento dei corsi di addestramento per il personale marittimo. (GU n.151 del 29.06.2024) ... Art. 1. Finalità e ambito di applicazione 1. Il presente decreto disciplina i… Leggi tutto
Piano Triennale della Formazione INL
Giu 27, 2024 108

Piano Triennale della Formazione INL | 2024-2025-2026

Piano Triennale della Formazione INL | 2024-2025-2026 ID 22132 | 27.06.2024 / In allegato Il presente Piano Triennale della Formazione (PTF) 2024-2026 costituisce il principale strumento di pianificazione, programmazione e governo della formazione del personale nel quale vengono rappresentate le… Leggi tutto
Giu 26, 2024 140

Decreto n. 43 del 21 giugno 2024

Decreto n. 43 del 21 giugno 2024 / Componenti task force “Lavoro sommerso” ID 22125 | 26.06.2024 / In allegato Con Decreto n. 43 del 21 giugno 2024, il Direttore generale INL Paolo Pennesi ha provveduto alla nomina dei componenti della Task force "Lavoro sommerso", istituita con il D.M. 50/2024.… Leggi tutto

Più letti Sicurezza