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Europe, Rome

Indagine conoscitiva sul riordino delle professioni sanitarie

ID 23391 | | Visite: 46 | NewsPermalink: https://www.certifico.com/id/23391

Indagine conoscitiva sul riordino delle professioni sanitarie

Indagine conoscitiva sul riordino delle professioni sanitarie

ID 23391 | 02.02.2025 / In allegato

Camera dei Deputati - XII Commissione (Affari sociali) Roma 29 gennaio 2025 Dott.ssa Mariella Mainolfi Direttore generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del SSN

Sono oltre 1,5 milioni i professionisti sanitari (con età <75 anni) iscritti ai rispettivi albi professionali che afferiscono a 10 Federazioni Nazionali degli Ordini. Di questi oltre il 57% è costituito da medici ed infermieri. In sintesi sono 31 le professioni sanitarie riconosciute in Italia (compreso l’osteopata per il quale è in corso l’istituzione del relativo albo professionale) e 51 le tipologie di scuole per la formazione medica-specialistica cui si aggiunge il corso di formazione specifica in medicina generale.

La carenza di personale sanitario

La capacità dei sistemi sanitari di fornire servizi sanitari e soddisfare le nuove richieste di assistenza dipende fortemente dalla disponibilità di una forza lavoro flessibile, quantitativamente adeguata ed in possesso di competenze aggiornate.
Occorre premettere che si può parlare di carenza quando si crea un gap tra domanda ed offerta di professionisti; pertanto, sebbene i dati disponibili sul personale dipendente del SSN (fonte IGOP Conto annuale) mostrino che dal 2017 al 2022 il personale del ruolo sanitario sia aumentato di circa 27.000 unità, pari a +6% circa in termini percentuali, di cui l’aumento maggiore, di oltre 19.000 unità, è riferito al personale infermieristico, la criticità persiste (tabella 1).

I macro fattori che incidono sulla carenza di personale sanitario sono:

- l’invecchiamento della popolazione (l’ISTAT stima che le persone di età pari o superiore a 65 anni (ad oggi corrispondenti al 24,5% del totale) potrebbero rappresentare il 35% del totale della popolazione entro il 2050;
- il contestuale calo delle nascite cui consegue una popolazione in netta diminuzione nelle fasce di età più giovani. A titolo esemplificativo la popolazione in età pediatrica diminuirà di 1 milione 102mila unità dal 2024 al 2050 con ripercussioni anche in termini di disponibilità di nuovi professionisti da formare nel nostro Paese;
- la crisi vocazionale delle professioni sanitarie soprattutto per alcuni profili. Basti pensare che per il corso di laurea in infermieristica il rapporto tra domande e numero di posti attivati a livello nazionale nell’anno accademico 2023/2024 risulta essere in media pari a 1,1 (ossia 1,1 candidato per un posto disponibile), presentando una ulteriore flessione rispetto agli anni precedenti;
- la minore attrattività del SSN che si manifesta con difficoltà di reclutamento, soprattutto in specifiche aree geografiche e/o per alcune figure professionali o specializzazioni mediche;
- le difficoltà di trattenimento in servizio. I dati mostrano infatti un incremento delle cosiddette “dimissioni volontarie” non solo riferite ai dirigenti medici ma anche al personale infermieristico;
- l’approssimarsi del picco della curva pensionistica di alcuni professionisti. In primis il fenomeno riguarda gli infermieri. Sono oltre 53.000 gli infermieri impiegati presso le strutture del SSN di età compresa tra i 55 e i 59 anni che pertanto raggiungeranno nei prossimi anni i requisiti di pensionamento ed ancora più numerosa è la coorte di professionisti tra i 50 e 54 anni; in pratica circa il 41% degli infermieri del SSN ha tra i 50 ed i 59 anni;
- le condizioni di lavoro, rese ad elevato rischio di burn-out e che non consentono un adeguato bilanciamento tra lavoro e vita privata, oggi ritenuto fondamentale soprattutto per le nuove generazioni.

Iniziative e proposte per superare la carenza del personale sanitario e la scarsa attrattività del SSN:

1. Valorizzazione del personale e revisione dei profili professionali

In tale contesto, la valorizzazione del personale diventa una condizione necessaria per lo sviluppo del SSN e del sistema sanitario nel suo complesso, indispensabile per accompagnare i grandi processi di innovazione di cui l’intero sistema ha fortemente bisogno. E’ fondamentale far leva sulla motivazione dei professionisti, garantire l’autonomia e l’esercizio della responsabilità, investire sullo sviluppo delle competenze e sui percorsi di carriera, nonché promuovere il merito e riconoscere i risultati. Con l’avanzare delle conoscenze scientifiche e delle tecnologie, infatti, molte delle competenze richieste dai contesti professionali sempre più complessi si sono ampliate, rendendo al contempo obsolete competenze connesse all’uso di strumentazioni e tecniche sanitarie superate. Occorre, quindi, con particolare riferimento al personale del comparto sanitario, riconoscere le c.d. “competenze avanzate”.

In quest’ottica, anche per far fronte alla carenza della professione infermieristica - che è quella che desta maggiore preoccupazione - e rendere la professione stessa più attrattiva, in collaborazione con il MUR, il Ministero della salute sta procedendo ad una revisione dei percorsi formativi dell’infermiere, prevedendo in particolare una revisione in senso specialistico della laurea magistrale con l’avvio di percorsi specialistici in :

1) infermieristica in cure primarie di famiglia e comunità;
2) infermieristica in cure neonatali e pediatriche;
3) infermieristica in cure intensive ed emergenza. Ciò allo scopo di consentire l’apprendimento da parte dell’infermiere di quelle competenze specifiche ed avanzate, sia teoriche che pratiche, ritenute fondamentali per il supporto di alcune aree strategiche e prioritarie del SSN, quali l’attuazione della riforma dell’assistenza territoriale, l’ambito pediatrico e l’area critica.

Inoltre il Ministero della salute ha recentemente avviato opportune interlocuzioni con l’Ufficio regionale per l'Europa dell'OMS, con l’obiettivo di partecipare alla Nursing Action, nell'ambito dell'accordo sottoscritto dall'Ufficio regionale stesso con la Commissione UE, per aiutare gli Stati membri a trattenere gli infermieri nei loro sistemi sanitari. La predetta Azione comprenderà la creazione di piani d’azione per il reclutamento, programmi di tutoraggio per attrarre una nuova generazione di infermieri, la stesura di valutazioni d’impatto sulla forza lavoro infermieristica, al fine di analizzare e fronteggiare i problemi alla base della carenza di professionisti e mettere a punto strategie per rendere più attrattiva la professione, attraverso l’implementazione di apposite azioni, anche formative, per garantire che il personale sanitario possa trarre vantaggio dalla trasformazione digitale del sistema sanitario nel suo complesso.

Per quanto concerne i profili delle professioni sanitarie del comparto del ruolo sanitario (professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione), va evidenziato che essi si sono sviluppati in assenza di un disegno organico che ha condotto ad una numerosità dei profili stessi e ad una frammentarietà delle competenze. Peraltro, considerato l’attuale sistema di riconoscimento di nuove professioni sanitarie di cui all’art. 5 della legge 43 del 2006, l’attuale numero potrebbe essere ulteriormente incrementato in base alla costante richiesta da parte di diverse professioni, al momento non sanitarie, di ottenere un riconoscimento formale come professione sanitaria.
In tale quadro si avverte l’esigenza, condivisa anche con i rappresentanti delle Federazioni nazionali di riferimento, di riordinare le professioni sanitarie in termini di attualizzazione delle competenze professionali, ovvero revisione dei profili professionali, adattandoli ai nuovi bisogni di salute della popolazione, al fine di rimuovere i vincoli giuridici, ormai inadatti alle mutate esigenze di assistenza e cura, e valorizzarne le attività trasversali, allo scopo di consentire la flessibilità richiesta nei vari contesti operativi.

Al fine di fornire una sintesi del contesto giuridico delle professioni sanitarie, giova ricordare che con l’entrata in vigore del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 il sistema formativo delle professioni sanitarie ha subito una serie di importanti cambiamenti, con l’obiettivo di elevare il livello della formazione, passando da corsi regionali a corsi universitari, strutturati in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, secondo un modello che prevede una parte teorica e una parte pratica da svolgersi presso le strutture del Servizio Sanitario Nazionale.

In linea con il citato intento, il Ministero, ai sensi di quanto previsto dal menzionato d.lgs. n. 502/1992, ha individuato tra il ’94 e il ’98 con propri Decreti ministeriali 22 profili professionali di altrettante professioni sanitarie per le quali sono stati attivati i relativi corsi universitari. A tali originari profili di recente si è aggiunto, come sopra evidenziato, il DPR 131 del 2022, istitutivo della professione dell’osteopata.

Successivamente, è intervenuta la legge 26 febbraio 1999, n. 42, che ha sostituito la denominazione "professione sanitaria ausiliaria" nel testo unico delle leggi sanitarie, approvato con Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, nonché in ogni altra disposizione di legge, con la definizione "professione sanitaria"; ha abolito, inoltre, i “mansionari” per le professioni per le quali erano previsti e ha stabilito che il campo proprio di attività e di responsabilità di tutte le professioni sanitarie di cui all’articolo 6, comma 3, del d.lgs. n. 502/1992 è determinato dai contenuti dei DD.MM. istitutivi dei relativi profili professionali adottati negli anni dal 1994 al 1998, dai contenuti degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di Diploma universitario e di formazione post-base e dai contenuti degli specifici codici deontologici.

Con la Legge 10 agosto 2000, n. 251, nel tentativo di un primo intervento di razionalizzazione, le professioni sono state raggruppate in quattro classi, secondo alcune comunanze funzionali: professioni sanitarie infermieristiche e di ostetrica; professioni sanitarie riabilitative; professioni tecnico - sanitarie e professioni tecniche della prevenzione.

Il DM 29 marzo 2001 ha quindi collocato le professioni sanitarie all’interno delle quattro aree di riferimento.

Stante il quadro di riferimento sopra descritto, per promuovere una effettiva azione di riordino delle professioni sanitarie, diventa allora prioritario concentrarsi sull’analisi delle competenze di ciascuna professione.
Un processo di revisione delle competenze delle professioni sanitarie permetterebbe di:

1. semplificare la suddivisione dei compiti tra le varie professioni sanitarie, riducendo sovrapposizioni e realizzando una ottimizzazione dell’organizzazione del lavoro all’interno delle aziende e dei servizi sanitari. Ciò potrebbe anche portare a un miglior lavoro di squadra tra professionisti, riducendo errori e migliorando la qualità dell’assistenza;
2. contribuire a definire i ruoli e le responsabilità di ciascun professionista per garantire che i pazienti ricevano il trattamento più appropriato;
3. ridurre i conflitti tra professionisti, rafforzando i rapporti tra le diverse professioni e ridistribuendo in maniera migliore e più equa il carico di lavoro;
4. sviluppare forme di task shifting;
5. evitare forme di esercizio abusivo tra le stesse professioni sanitarie attraverso il superamento della sovrapposizione delle competenze professionali.

Proprio allo scopo di promuovere l’avvio di un riordino delle professioni sanitarie, per l’anno 2025 il Ministro, nell’ambito della direttiva generale per l’attività amministrativa e la gestione, ha assegnato al Dipartimento della Programmazione dei dispostivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del servizio sanitario nazionale - Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del SSN, l’obiettivo strategico dedicato alla valorizzazione delle professioni sanitarie del comparto attraverso l'attualizzazione e l’aggiornamento delle relative competenze professionali rispetto alla evoluzione dei bisogni di salute della popolazione.

Per il raggiungimento del suddetto obiettivo sono previste diverse fasi operative nell’ambito delle quali si procederà ad effettuare la:

- raccolta, analisi e studio delle competenze dei professionisti sanitari del SSN italiano attraverso l’esame dei profili, della formazione universitaria e dei relativi codici deontologici (cfr. art 1, comma 2, della legge 42 del 1999), chiarendo la distinzione tra le diverse categorie/aree professionali;
- definizione delle competenze core per ciascuna professione, delle competenze comuni a più profili appartenenti alle stesse aree professionali, e infine, le competenze trasversali e comuni a tutte le professioni sanitarie;
- costruzione di un dizionario nazionale delle competenze per le professioni sanitarie.

Al completamento del processo sopra descritto, sarà possibile pervenire ad una o più proposte, anche di carattere normativo, per l’efficientamento delle competenze delle professioni sanitarie che potranno riguardare:

- la razionalizzazione dei profili anche valutando eventuali accorpamenti degli stessi;
- la definizione di linee di indirizzo per la ristrutturazione dei curricula accademici e per la promozione della formazione post laurea;
- la definizione di un sistema di valutazione/ certificazione delle competenze;
- la definizione di un possibile modello di task shifting.

Sempre nell’ottica di procedere ad una valorizzazione delle competenze delle professioni sanitarie, si sta approfondendo l’opportunità di istituire un Sistema nazionale di certificazione delle competenze specifico per il settore sanitario. Allo stato attuale le Linee guida per l’interoperatività degli enti pubblici titolari del sistema nazionale di certificazione delle competenze adottate in attuazione dell’art. 3, comma 5 del decreto legislativo 16 gennaio 2013 n.13 (DECRETO 5 gennaio 2021) escludono espressamente dall’ambito di applicazione dei servizi di individuazione, validazione e certificazione delle competenze contemplate dalle stesse, le qualificazioni per le professioni sanitarie e per le arti ausiliarie delle professioni sanitarie.

Al riguardo, le Federazioni nazionali degli Ordini di alcune professioni sanitarie stanno manifestando l’esigenza di introdurre un sistema di certificazione delle competenze nelle aree per le quali non sussistono percorsi accademici di specializzazione, al fine di valorizzare l’esperienza e le competenze acquisite dai professionisti sanitari. L’istituzione di un sistema di certificazione delle competenze per il settore sanitario potrebbe contribuire ad un aggiornamento sempre maggiore delle abilità dei professionisti sanitari, garantendo un livello più efficiente di assistenza.

2. Miglioramento del processo di programmazione dei fabbisogni formativi ed assunzionali del personale

Per poter disporre nel tempo di una forza lavoro sanitaria adeguata ai bisogni mutevoli dei cittadini e alle continue evoluzioni dell’offerta sanitaria, così come un'equa distribuzione delle risorse umane sul territorio nazionale ed un corretto dimensionamento, è di fondamentale importanza migliorare l’attività di programmazione del personale sanitario, sia in ordine al fabbisogno formativo che ai fabbisogni di personale ed assunzionali legati alla presenza di vincoli di spesa, alla disponibilità delle risorse finanziarie ed all’assetto normativo in essere.

Con l’obiettivo di rafforzare le capacità di programmazione del fabbisogno formativo di personale sanitario in Italia, la Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse del SSN sta partecipando in qualità di partner associato alla Joint Action “Health Workforce to Meet Health Challenges – HEROES”, coordinata da Age.Na.S. In particolare, nell’ambito di tale iniziativa, si intende procedere ad un miglioramento del modello di programmazione attualmente utilizzato per la definizione del fabbisogno formativo delle professioni sanitarie e parallelamente sviluppare un modello di previsione del fabbisogno formativo di medici specialisti da utilizzare nell’ambito del processo di definizione del fabbisogno ai sensi dell’art.35 del d.lgs. 368/99 e da condividere con tutti gli stakeholders coinvolti individuati dalla stessa normativa.

Il Ministero sta lavorando sul miglioramento della programmazione dei fabbisogni formativi dei medici specialisti, nella consapevolezza che esiste un problema di attrattività di alcune scuole di specializzazione e quindi di distribuzione piuttosto che di numerosità dei contratti assegnati.

Negli ultimi anni infatti sono aumentati i finanziamenti e di conseguenza il numero dei contratti, ma nonostante ciò, molti contratti non vengono assegnati proprio per la scarsa attrattività di alcune scuole (Anatomia patologica, Anestesia Rianimazione, Terapia Intensiva e del dolore, Audiologia e foniatria, Chirurgia Generale, Chirurgia Toracica, Farmacologia e Tossicologia Clinica, Genetica medica, Geriatria, Igiene e medicina preventiva, Malattie Infettive e Tropicali, Medicina di comunità e delle cure primarie, Medicina d'emergenza-urgenza, Medicina e Cure Palliative, Medicina interna, Medicina nucleare, Microbiologia e virologia, Nefrologia, Patologia Clinica e Biochimica Clinica, Radioterapia, Statistica sanitaria e Biometria).

La percentuale dei contratti di formazione specialistica «non occupati» è pari al 29% del totale contratti finanziati con risorse statali per l’a.a. 2023/2024.

Proprio per ovviare alla scarsa attrattività, per la prima volta, per l’anno accademico 2023/2024, si è proceduto, nell’ambito di una approfondita interlocuzione con le Regioni, ad apportare correttivi e revisioni ai dati di fabbisogno già forniti, cercando di riequilibrarne la distribuzione; a tal fine è stato incrementato, in condivisione con le Regioni, come risulta dall’Accordo Stato Regioni del 25 luglio 2024, il fabbisogno delle specializzazioni più critiche e di maggiore interesse per il Servizio sanitario nazionale, per le quali si riscontra un elevato numero di contratti non assegnati, prevedendo una diminuzione di 205 unità del fabbisogno delle specializzazioni più ambite, in quanto caratterizzate da prevalenza di sbocchi lavorativi nel privato e nella libera professione, per le quali la percentuale di contratti non assegnati è molto bassa ( ad es. Chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica, Dermatologia e venereologia, Endocrinologia e malattie del metabolismo, Ginecologia e Ostetricia, Malattie dell'apparato cardiovascolare, Malattie dell’apparato digerente, Medicina legale, Neurologia, Neuropsichiatria infantile, Oftalmologia, Otorinolaringoiatria, Pediatria, Reumatologia, Radiodiagnostica).

Pertanto le predette 205 unità di fabbisogno sono state ripartite tra le suddette specializzazioni più critiche, in proporzione al fabbisogno espresso dalle Regioni.

Inoltre, tenuto conto che, al fine di pervenire ad una efficace programmazione del fabbisogno formativo dei medici specialisti, risulta indispensabile acquisire dati che consentano di conoscere i medici specialisti distinguendoli per specialità esercitata, per età, genere, regione di esercizio prevalente della professione, status occupazionale, la Direzione generale sta coordinando, in collaborazione con gli Enti titolari dei dati individuali sui medici, un’attività focalizzata sulla creazione di una banca dati di medici specialisti fruibile ai fini della programmazione del fabbisogno. Per quanto concerne la metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale presso gli enti del SSN, in attuazione delle disposizioni introdotte con il decreto - legge 7 giugno 2024, n.73, convertito dalla legge 29 luglio 2024, n.107, il Ministero della salute sta lavorando, congiuntamente con Agenas, affinchè la spesa per il personale delle aziende e degli enti del SSN sia determinata sulla base di una metodologia che definisca gli standard minimi e massimi del fabbisogno di personale da porre alla base dei piani dei fabbisogni triennali delle singole regioni. L’obiettivo finale, posto da Governo con il citato decreto-legge, è di superare il regime tradizionale vigente che si basa sul ricorso ai tetti alla spesa di personale degli enti del SSN legislativamente fissati.

È possibile che il sistema fin qui delineato necessiti di ulteriori interventi normativi di adeguamento.

3. Reclutamento e retention

In particolare, per quel che concerne la fase di reclutamento, appare indispensabile procedere ad uno snellimento dei procedimenti di reclutamento del personale sanitario, attraverso misure, anche di carattere normativo, volte a semplificare e velocizzare gli stessi.

Per quel che concerne invece il trattenimento in servizio, le esigenze di intervento sono molteplici e riguardano diversi aspetti che, congiuntamente, possono incidere sull’attrattività del SSN: aumento retributivo, miglioramento delle condizioni di lavoro, maggiore sicurezza nel luogo di lavoro, limitazione della responsabilità professionale.

Per quanto riguarda nello specifico il fattore retributivo, dal confronto con gli altri Paesi europei (fonte OECD) si rileva che la remunerazione dei medici specialisti italiani risulta inferiore del 4% rispetto al valore medio calcolato sulle retribuzioni degli altri Paesi europei; per gli infermieri la forbice è molto più ampia e lo stipendio di un infermiere italiano è di circa il 19% inferiore alla media europea.

Tuttavia, per quanto riguarda la professione medica e il reclutamento del personale sanitario in zone particolarmente disagiate, periferiche e rurali potrebbe essere efficace un’azione mirata volta a differenziare il trattamento retributivo nell’ottica di affrontare specifiche carenze. In primis si fa riferimento alla medicina della emergenza e urgenza che risulta particolarmente critica e va sicuramente attenzionata, poiché già in fase di assegnazione dei contratti statali di formazione specialistica, oltre ad avere una delle più elevate percentuali di contratti non assegnati, è tra le poche per cui tale percentuale aumenta anche nell’ultimo anno a differenza della media complessiva (grafico 14 e tabella 3). La riflessione può essere estesa alle altre branche specialistiche, tra le quali quelle chirurgiche, che comportano impegno, responsabilità e rischi maggiori.

La necessità di reclutare, attrarre e trattenere tali specialisti necessita di un ripensamento armonico dell’intero sistema.

In tale contesto si innesta anche il tema del potenziamento della medicina generale.

Va da sé, infatti, che l’attuazione della riforma territoriale e l’efficientamento della medicina di prossimità incide positivamente sul numero di accessi al pronto soccorso e quindi sul carico di lavoro dei medici di emergenza e urgenza. Un’organizzazione efficace ed efficiente del territorio consentirebbe di diminuire il rischio di aggressioni legato al sovraffollamento ed in generale creerebbe un ambiente di lavoro nel Pronto soccorso più “confortevole”.

Si tratta di ottimizzare le risorse e di trovare degli strumenti che aumentino l’attrattività della medicina generale (attualmente, soprattutto in alcune regioni, il numero dei candidati al concorso per l’accesso al corso di medicina generale è notevolmente inferiore al numero di posti), anche mediante interventi volti alla sburocratizzazione della professione.

Un altro tema centrale per i professionisti sanitari è quello della sicurezza. La legge n. 24/2017 (cd. Legge Gelli-Bianco) ha posto giustamente l’accento sulla sicurezza delle cure come parte costitutiva del diritto alla salute. «La sicurezza delle cure si realizza anche mediante l'insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all'erogazione di prestazioni sanitarie». Oggi è diventato di fondamentale importanza rafforzare la sicurezza di chi cura. Il contesto in cui operano i professionisti della salute è caratterizzato dalla carenza di personale con connessi problemi organizzativi che possono causare una maggiore incidenza di errori in campo medico; nonché dall’aumento delle denunce/contenzioso crescente con le relative conseguenze economiche, professionali, umane. Questo fenomeno ha generato e genera una serie di gravi danni ai singoli e disfunzioni nel sistema delle cure, quali ad esempio: il ricorso da parte del personale sanitario ad un approccio alle cure basato sulla medicina difensiva, con eccesso di prescrizioni di esami e visite (inappropriatezza prescrittiva) che non giovano, tra le altre cose, al buon governo delle liste d’attesa; il timore di discostarsi eventualmente dalle linee guida quando il caso lo richieda; la riduzione di serenità e minore attrattività della professione medica. Nell’ambito delle riflessioni in materia di responsabilità penale del personale sanitario, con l’espressione “depenalizzazione dell’atto medico” si fa riferimento ad un’istanza fortemente sentita negli ultimi anni, dalle parti sociali, dalle federazioni degli ordini di categoria e da diverse istituzioni, di riformare la disciplina vigente al fine di escludere/limitare la punibilità penale del personale sanitario.

Si rileva l’esigenza di intervenire con una misura di sistema rispetto agli attuali interventi normativi adottati in via transitoria, da ultimo con il decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202 che limita fino al 31 dicembre 2025 la responsabilità penale per i fatti commessi dagli esercenti le professioni sanitarie di cui agli artt. 589 (omicidio colposo) e 590 (lesioni personali colpose) del codice penale ai soli casi di colpa grave occorsi in situazione di grave carenza di personale.

Tale disciplina transitoria incontra a sua volta dei limiti: trova applicazione per il personale dipendente/contrattualizzato del SSN; non può trovare applicazione nel caso del libero professionista che si avvalga della struttura nell’adempimento della propria prestazione; risulta di difficile applicazione nel caso di medici dipendenti di strutture private.

Si tratta di una riforma delicata e complessa perché deve essere garantito il giusto equilibrio tra la tutela della salute del paziente e la tutela giuridica piena dello stesso, da un lato, e il benessere lavorativo del sanitario, la serenità del medico quando opera, dall’altro; inoltre viene ad intrecciarsi con l’evoluzione giurisprudenziale, i cambiamenti socio-culturali e, non da ultimo, l’impatto delle nuove tecnologie.

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