Licenziamento disciplinare: voluta negligenza e lentezza nell'esecuzione del lavoro
Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 17685 | 05 Luglio 2018
Licenziamento dovuto all'eccessivo tempo impiegato per una lavorazione tenendo conto della recidiva dell’operaio nella voluta negligenza e considerata altresì legittima, l’installazione di impianti ed apparecchiature di controllo poste per esigenze organizzative e produttive o a tutela del patrimonio aziendale e da cui non derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività lavorativa né risulti in alcun modo compromessa la dignità e la riservatezza dei lavoratori.
Civile Ord. Sez. L Num. 17685 Anno 2018
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: BOGHETICH ELENA
Data pubblicazione: 05/07/2018
Rilevato
- quali elementi costitutivi del potere espulsivo - tre precedenti sanzioni disciplinari conservative;
che la Corte territoriale, dopo aver rilevato la sussistenza della recidiva in capo all'Eddouiri, già destinatario di tre precedenti provvedimenti disciplinari di sospensione (del 12.1.2011, del 16.9.2013 e del 30.9.2013), ritenuti dalla Corte medesima validi ed efficaci, e dopo aver altresì rilevato che la domanda riguardante la violazione dell'art. 4 della legge 20 maggio 1970. n. 300 fosse stata tardivamente proposta e, comunque, non fondata nel merito (per impossibilità di comprendere tra i controlli "a distanza" l'uso di un lettore ottico e di un codice a barre), concludeva per la legittimità del licenziamento disciplinare comminato ai sensi dell'art. 10 CCNL settore Metalmeccanica Industria privata, poiché correttamente sorretto dalla recidiva in una qualunque delle mancanze previste dall'art. 9 CCNL, tra cui la voluta negligenza o lentezza nell'esecuzione del lavoro;
che per la cassazione della sentenza il sig. Eddouiri propone ricorso affidato a tre motivi illustrati da memoria;
che la società ha depositato controricorso;
che il P.G. in data 26.3.2018 ha chiesto il rigetto del ricorso;
Considerato
che con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 9 e 10 CCNL in relazione all'art. 7, Statuto dei Lavoratori (ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale ritenuto efficace anche la contestazione del 16.9.2013 in considerazione della sua applicazione da parte del datore di lavoro, nonostante fosse stato contestato il vizio di omessa comunicazione;
che con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 4, L. 20 maggio 1970, n. 300 (ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.), avendo erroneamente la Corte territoriale ritenuto tardivamente sollevato (e, comunque, infondato) l'ulteriore motivo di illegittimità del licenziamento consistente nella sottoposizione del lavoratore a controlli a distanza;
che il primo motivo di ricorso è infondato, atteso che l'istituto della recidiva presenta caratteri autonomi rispetto all'istituto regolato dal diritto penale, costituendo espressione unilaterale di autonomia privata del datore di lavoro, in relazione alla quale l'impugnazione da parte del lavoratore sanzionato è solo eventuale e, in ogni caso, non costituisce causa di sospensione della sua efficacia (cfr. sulla efficacia delle sanzioni disciplinari temporaneamente sospese, ex art. 7, comma 6, della legge n. 300 del 1970, a seguito di costituzione del collegio di conciliazione ed arbitrato, Cass. n. 7719 del 2016, Cass. n. 172 del 2005, Cass. 3915 del 1996);
che il secondo motivo, attesa la reiezione del primo, oltre che risultare ultroneo (essendo sufficiente, ai sensi dell'art. 10 del CCNL di settore, la sussistenza di due precedenti disciplinari), risulta comunque inammissibile, per avere ricondotto sotto l'archetipo della violazione di legge censure che in realtà si risolvono nella diversa valutazione delle risultanze istruttorie, avendo - la Corte territoriale - ritenuto sfornita di prova la deduzione della mancata notifica del provvedimento disciplinare del 16.9.2013, né risultando che il CCNL richiedesse una veste formale specifica per la comunicazione di una sanzione disciplinare;
che il terzo motivo di ricorso appare inammissibilmente formulato perché, senza contestare la statuizione di tardività della dedotta violazione dell'art. 4 della legge n. 300 del 1970 (in quanto profilo sollevato solamente in sede di discussione della causa), sollecita una diversa lettura delle risultanze procedimentali in ordine alla percezione della condotta datoriale illegittima, sindacato non suscettibile di vaglio in sede di legittimità;
che, ferma l'inammissibilità per carenza di impugnazione di entrambe le rationes decidendi, la Corte territoriale ha correttamente affermato - in conformità a orientamento consolidato di questa Corte - che, in tema di controllo del lavoratore, non è soggetta alla disciplina dell'art. 4, comma 2, legge n. 300 del 1970, l'installazione di impianti ed apparecchiature di controllo poste per esigenze organizzative e produttive o a tutela del patrimonio aziendale dalle quali non derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività lavorativa né risulti in alcun modo compromessa la dignità e riservatezza dei lavoratori (cfr. da ultimo, Cass. n. 22662 del 2016; Cass. n. 2531 del 2016, in motivazione; Cass. n. 10636 del 2017);
che, in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall'art. 91 cod.proc.civ.;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013);
P.Q.M.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nell'Adunanza camerale del 17 aprile 2018.
_________
Art. 4. (Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo) Legge 300/1970
1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilita' di controllo a distanza dell'attivita' dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unita' produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in piu' regioni, tale accordo puo' essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unita' produttive dislocate negli ambiti di competenza di piu' sedi territoriali, della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalita' d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
Collegati:
Descrizione | Livello | Dimensione | Downloads | |
---|---|---|---|---|
Sentenza Civile Ord. Sez. L Num. 17685 Anno 2018.pdf |
183 kB | 7 |
Tags: Sicurezza lavoro Cassazione