Cassazione Penale Sez. 4 del 04 aprile 2025 n. 13146
ID 23791 | | Visite: 485 | Cassazione Sicurezza lavoro | Permalink: https://www.certifico.com/id/23791 |
Cassazione Penale Sez. 4 del 04 aprile 2025 n. 13146
ID 23791 | 10.04.2025 / In allegato
Cassazione Penale Sez. 4 del 04 aprile 2025 n. 13146
Infortunio mortale durante il prelievo della colla dalla pressa: centralità del concetto di rischio e posizioni di garanzia
______
Cassazione Penale Sez. 4 del 04 aprile 2025 n. 13146
Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente
Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere
Dott. RANALDI Alessandro - Relatore
Dott. MICCICHÈ Loredana - Consigliere
Dott. ARENA Maria Teresa - Consigliere
1. Con sentenza del 5.4.2024, la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado in relazione alla declaratoria di responsabilità di A.A., B.B. e C.C. per il delitto di cui all'art. 589, commi 1 e 2, cod. pen. in danno di D.D.
1.1. I Giudici torinesi hanno ricostruito la vicenda come di seguito sinteticamente riportato. Il 31.1.2019 D.D., dipendente della I-PAN Spa e addetto al laboratorio, si era recato nel vicino stabilimento della IBL Spa per effettuare il prelievo di un campione di colla da analizzare. Era quindi salito sulla scala che consentiva di accedere alla zona rulli della (Omissis) compensato, situata a due metri di altezza, ove erano presenti i rulli in movimento. In tale area vi era una coppia di rulli (ed. superiori, perché collocati in posizione superiore rispetto ad un'altra coppia di rulli inferiori). Sui rulli, controrotanti, doveva giungere la colla utilizzata per formare i pannelli di compensato ottenuti incollando i vari fogli. La colla proveniva da una tramoggia (mixer) da cui partivano due tubazioni in materiale plastico, una destinata alla coppia di rulli superiori e l'altra ai rulli inferiori. Il punto di scarico era verso il centro dei rulli, per cui era difficile prelevare la colla dallo scarico senza ausilio. La scala su cui era salito il dipendente era molto traballante, per cui la Corte territoriale ha ritenuto probabile la caduta accidentale del lavoratore a causa della scala: egli aveva perso l'equilibrio quando, giunto sul pulpito, stava muovendosi sulla scala per carcare di capire come procedere al prelievo, che non appariva agevole per le posizioni dei punti di scarico dei tubi. Era quindi caduto sulla macchina che era priva di protezioni, per cui era avvenuto il contatto del capo del lavoratore con le parti taglienti che, di conseguenza, determinarono la resezione alla base del capo.
1.2. La sentenza impugnata ha ritenuto responsabili per il tragico evento, sotto il profilo colposo, gli odierni imputati, ed in particolare: A.A., quale amministratore delegato della IBL Spa e committente/datore di lavoro di fatto; C.C., quale dirigente responsabile del reparto compensato finitura della IBL Spa; B.B., quale amministratore delegato della I-PAN Spa e datore di lavoro della persona offesa.
1.3. Agli imputati sono state attribuite diverse violazioni della normativa antinfortunistica, fra cui la mancata previsione, nel DVR (Documento di Valutazione dei Rischi), della fase inerente alle modalità di campionamento della colla sulla macchina spalmatrice e dei conseguenti rischi collegati a tale operazione; l'omessa attuazione di misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro derivanti dall'attività lavorativa intercorsa fra le ditte IBL e I-PAN, comportante rischi interferenziali; l'omessa predisposizione di appropriate misure affinché solo i lavoratori che avevano ricevuto adeguata istruzione, formazione e specifico addestramento accedessero a zone di lavoro che li esponevano a rischi gravi, nella specie destinando il D.D. al prelievo della colla in zona pericolosa, in ragione della instabilità della scala per accedervi, della mancanza di riparo degli elementi mobili, della posizione dei dispositivi di comando avviamento e della mancanza dì adeguate segnalazioni circa la pericolosità della zona stessa.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto distinti ricorsi per cassazione i suddetti imputati, i quali hanno dedotto plurimi motivi, alcuni comuni, come sarà di seguito specificato (con esposizione sintetica, giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
3. A.A. lamenta quanto segue.
3.1. Vizio di motivazione, derivante dall'incompatibilità delle argomentazioni con altri atti del processo e dalle incongruenze tra la ricostruzione dei fatti e la parte motiva della sentenza.
Deduce che la tesi della caduta involontaria a causa della scala traballante - tesi diversa da quella del Tribunale (secondo cui il lavoratore si era proteso verso i rulli in movimento, rendendo possibile che la sciarpa indossata venisse impigliata e trascinata) - sia incompatibile con la deposizione del teste F.F., il quale ha dichiarato di aver visto il D.D. "proteso in avanti" nel tentativo di effettuare il prelievo. Inoltre, non è vera l'affermazione che nessuno quella mattina avesse impedito o ordinato al D.D. di non procedere al prelievo, avendo il E.E. (pressista avente il compito di effettuare il prelievo) dichiarato che quella mattina disse alla vittima di attendere, poiché in quel momento doveva occuparsi di altre incombenze. La riscontrata necessità di un cartello di divieto di accesso e di segnalazione del pericolo non si concilia con l'affermazione inerente all'immediata evidenza al D.D. della pericolosità della zona a causa dei rulli in movimento, per cui l'apposizione di un cartello non avrebbe avuto alcuna incidenza causale. Il lavoratore ha deliberatamente compiuto un'operazione che non era di sua competenza, in violazione dell'art. 20 D.Lgs. n. 81/2008 e del divieto di accesso a zone esposte a rischi, di cui il lavoratore era consapevole.
3.2. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta non conformità prevenzionale della Pressa (Omissis) compensato, con particolare riferimento alla violazione riferita alla mancanza di protezione degli elementi mobili.
Eccepisce che l'area ove è avvenuto l'incidente non è una postazione di lavoro, come erroneamente ritenuto dalla Corte di appello, bensì un'area di manutenzione, ove interviene, saltuariamente, personale altamente specializzato e qualificato e in relazione al quale si applicano norme specifiche. Attività che rientrano tra quelle indicate dalla norma UNI EN 13306 che definisce la manutenzione e gestione della stessa. Ne deriva che l'area di accesso ai rulli non era una "postazione operatore" ma una zona in cui il personale addetto, i c.d. pressisti, accedevano per effettuare attività di ispezione, controllo e regolazione, ove necessario. La norma tecnica applicabile è la EN 415-10 relativa alla sicurezza dei macchinari, secondo cui per altezze superiori a 2100 mm. non sono necessarie protezioni, e nel caso di specie i rulli si trovavano ad un'altezza di 2150 mm.
3.3. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta non conformità prevenzionale della Pressa Pagnoni compensato, con particolare riferimento alla violazione riferita alla scala.
Osserva che il giudizio della Corte di merito sulla instabilità della scala sia disancorato da qualunque riferimento legislativo ed è fondato unicamente su "impressioni" del tecnico dello SPRESAL (Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro) Costanzo e dei consulenti tecnici.
3.4. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta non conformità prevenzionale della Pressa Pagnoni compensato, con particolare riferimento alla violazione riferita al dispositivo di comando per l'arresto.
Deduce che il pulsante di emergenza, diversamente da quanto affermato in sentenza, era posizionato in modo conforme nell'area di immediato intervento della persona, come pure specificato dal teste F.F. ed in conformità con la norma tecnica di riferimento UNI EN ISO 13850 che a sua volta richiama la norma tecnica EN 60204-1 anche per gli aspetti di posizionamento dei dispositivi di comando, tra cui il pulsante di emergenza, in cui sono considerati i principi ergonomici di progettazione relativi alle zone di raggiungibilità da parte dell'operatore.
3.5. Violazione di legge in punto di svolgimento del giudizio controfattuale.
Deduce come sia insuperabile l'inefficienza causale della mancanza delle griglie di protezione sopra la macchina nella verificazione dell'evento, trattandosi di griglie suscettibili di consentire il passaggio della sciarpa avvolta intorno al capo dell'infortunato e l'afferramento della stessa tra i rulli. Il lavoratore ha violato l'obbligo di non indossare indumenti con parti svolazzanti, che nel caso di specie ha creato una oggettiva e concreta situazione di rischio. Il giudizio controfattuale non ha considerato che la norma tecnica applicabile per la protezione delle zone pericolose della macchina non avrebbe potuto evitare l'evento.
3.6. Vizio di motivazione in relazione alla violazione riferita all'accesso non limitato, non comprendendosi sulla base di quali elementi la Corte territoriale abbia ritenuto che la presenza del cartello recante il divieto di accesso avrebbe dissuaso il D.D. dal salire sulla scala, avendo costui agito di propria iniziativa, pur non avendone la competenza.
3.7. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alle violazioni riferite ai Documenti di Valutazione dei rischi e al ruolo del ricorrente quale datore di lavoro di fatto del D.D..
Deduce che l'imputato non ricopre la posizione di garanzia di datore di lavoro di fatto di D.D., per cui su di lui non grava l'obbligo di valutare i rischi specifici della mansione svolta dal D.D. stesso.
3.8. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alle violazioni riferite alla mancanza del DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenziali).
Deduce che nel caso di specie l'evento infausto non si è verificato per un rischio interferenziale e comunque, anche se il documento fosse stato elaborato, non sarebbero stati contemplati i rischi propri dell'attività del prelievo della colla in quanto rischi specifici della mansione del soggetto che svolge l'attività nell'ambito di IBL Spa.
4. C.C. lamenta quanto segue.
4.1. Vizio di motivazione in ordine alla dinamica dell'evento, al nesso causale, all'elemento psicologico e in punto di ragionamento controfattuale.
Deduce l'erroneità dell'affermazione della Corte di merito, secondo cui la sciarpa indossata dalla vittima non possa essere considerata come la causa materiale dell'evento, atteso che secondo la consulenza tecnica medico legale la sciarpa impigliata nei rulli decapitò la povera vittima. Ne consegue che il lavoratore violò le disposizioni aziendali che vietavano ai dipendenti di indossare indumenti con parti svolazzanti, indipendentemente dalla circostanza che la sciarpa fosse occultata al di sotto del pile aziendale. Né la protezione delle parti pericolose avrebbe evitato l'evento, atteso che la norma tecnica prevedeva delle aperture a feritoia con dimensioni tali (fra 12 e 20 mm) da consentire il passaggio al loro interno di cravatte, sciarpe o altre parti di abbigliamento svolazzanti. La motivazione è anche contraddittoria laddove, da una parte, afferma che l'operazione di prelievo era un'operazione tipica e ripetuta delle mansioni lavorative della vittima, dall'altra che egli, una volta salito sul pulpito della scala, abbia cercato di capire come procedere al prelievo, indicativo di scarsa familiarità e confidenza con l'operazione. In realtà non era compito dell'infortunato effettuare il prelievo della colla, sicché la sua azione ha attivato un rischio eccentrico e esorbitante la sfera di rischio governata dal ricorrente, nella sua qualità di dirigente responsabile del reparto compensato finitura di IBL rispetto al dipendente di altra azienda (I-PAN), con conseguente esclusione della prevedibilità dell'evento in capo al C.C..
4.2. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta non conformità prevenzionale della Pressa Pagnoni compensato, con particolare riferimento alla violazione riferita alla mancanza di protezione degli elementi mobili.
4.3. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta non conformità prevenzionale della pressa Pagnoni compensato, con particolare riferimento alla violazione riferita alla scala.
4.4. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta non conformità prevenzionale della pressa Pagnoni compensato, con particolare riferimento alla violazione riferita al dispositivo di comando per l'arresto.
4.5. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta posizione di garanzia di C.C. quale dirigente di fatto.
Deduce che la sentenza fa derivare il ruolo "di fatto" del ricorrente dall'organigramma generale della IBL, in assenza di prove concrete in merito all'esercizio dei poteri riferiti al medesimo, con particolare riferimento alle specifiche attribuzioni e competenze esercitate dal C.C. sul personale della ditta I-PAN.
5. B.B. lamenta quanto segue.
5.1. Vizio di motivazione, derivante dall'incompatibilità delle argomentazioni con altri atti del processo e dalle incongruenze tra la ricostruzione dei fatti e la parte motiva della sentenza.
5.2. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta non conformità prevenzionale della pressa Pagnoni compensato, con particolare riferimento alla violazione riferita alla mancanza di protezione agli elementi mobili.
5.3. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta non conformità prevenzionale della pressa Pagnoni compensato, con particolare riferimento alla violazione riferita alla scala.
5.4. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta non conformità prevenzionale della pressa Pagnoni compensato, con particolare riferimento alla violazione riferita al dispositivo di comando per l'arresto.
5.5. Violazione di legge in punto di svolgimento del giudizio controfattuale.
5.6. Vizio di motivazione in relazione alla violazione riferita all'accesso non limitato.
5.7. Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alle violazioni riferite ai Documenti di Valutazione dei rischi.
Deduce che la valutazione dei rischi debba essere elaborata con riferimento alle effettive mansioni assegnate ai propri lavoratori, e che nella specie l'operazione di prelievo della colla sulla pressa Pagnoni compensato non rientrava fra le mansioni del D.D..
Diritto
1. I proposti ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.
2. Sotto la veste di apparenti vizi motivazionali i ricorrenti muovono, in larga parte, serrate critiche alla ricostruzione in fatto offerta dai giudici di merito, partendo da presupposti diversi (e spesso contrari) rispetto a quelli accertati e di cui danno debitamente conto le "conformi" sentenze oggetto di impugnazione.
3. Invero, va preliminarmente evidenziato che nel caso di c.d. "doppia conforme" in punto di responsabilità - come nel caso - le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. La Corte territoriale ha, invero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza, procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto. Sul punto, va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione, di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016). Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione, per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché - come nel caso in esame - siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Più di recente, è stato ribadito come, ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca, Rv. 255542). Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Non va, infine, pretermesso che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purché specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio, fermi restando il limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774); ipotesi che, nella specie, deve escludersi.
4. Ciò posto, giova rammentare che, nell'ambito della sicurezza sul lavoro, emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l'uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie. Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il "garante" è il soggetto che gestisce il rischio e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l'illecito, qualora l'evento si sia prodotto nell'ambito della sua sfera gestoria. Proprio nell'ambito in parola (quello della sicurezza sul lavoro) il D.Lgs. n. 81 del 2008 (così come la precedente normativa in esso trasfusa) consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che, in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale.
Ebbene, contrariamente a quanto sostenuto nei vari motivi di ricorso sintetizzati nella narrativa in fatto, i giudici di merito hanno sviluppato un percorso motivazionale congruo, logico e corretto in diritto, mediante il quale sono state ravvisate, previa individuazione delle aree di rischio delimitanti le posizioni di garanzia dei ricorrenti, le specifiche condotte colpose loro attribuite, causative dell'evento mortale oggetto del giudizio.
5. Larga parte delle doglianze prospettate dai ricorrenti si incentrano sull'affermazione secondo cui l'operazione effettuata dal D.D., da cui è derivato l'incidente, non fosse ricompresa fra le sue mansioni; per contro, i giudici territoriali hanno insindacabilmente accertato che la vittima era solita svolgere tale operazione: i campionamenti di colla costituivano un'attività ordinaria, che avveniva con frequenza almeno giornaliera e coinvolgeva sia i pressisti, sia i tecnici di laboratorio, tra i quali il D.D. I giudicanti hanno riscontrato che i datori di lavoro avevano completamente omesso di formare e informare i dipendenti interessati dei rischi ai quali erano esposti con riguardo all'operazione di raccolta del campione di colla dalla Pressa Pagnoni, per la quale non era prevista alcuna specifica procedura, né valutazione del rischio nel DVR e nel DUVRI, motivo per cui ogni volta l'interessato doveva "industriarsi" per porre in essere un'attività non banale e di indiscutibile pericolosità.
Sotto questo profilo, nessun vizio di legittimità presentano le argomentazioni della Corte di appello, che hanno ricostruito in maniera non manifestamente illogica la dinamica del sinistro, nella parte in cui hanno osservato che nell'occorso il D.D., salito sulla scala e giunto sul "pulpito" della stessa, avesse aperto il contenitore muovendosi sulla scala per valutare il modo migliore per procedere al prelievo, che non appariva agevole per le posizioni dei punti di scarico dei tubi; senonché, avendo improvvisamente perso l'equilibrio a causa della posizione del tubo e della instabilità della scala, egli era caduto sulla macchina priva di protezioni, subendo le gravi lesioni che ne determinarono il decesso.
6. La Corte distrettuale, conformemente al primo giudice, ha fornito congrue e logiche spiegazioni sulla circostanza che la zona dove si è verificato il sinistro fosse una normale zona di lavoro che necessitava di protezione, evidenziando incontrovertibili dati di fatto, univocamente indicativi della tipologia dell'area in questione.
Le censure dei ricorrenti sul punto ripropongono la tesi che si trattava di area di manutenzione, che, in quanto tale, non richiedeva un sistema di segregazione dei rulli, tesi che è stata ragionevolmente disattesa dal giudice d'appello.
La sentenza impugnata, inoltre, ha correttamente affrontato l'indagine sul nesso di causalità, sviluppando adeguatamente il tema della valenza positiva del comportamento alternativo lecito, mentre i ricorsi si risolvono in una mera critica che ripropone il contenuto degli analoghi motivi d'appello senza tener conto delle compiute ragioni per le quali sono stati disattesi. Trattasi, peraltro, di una critica frammentaria di singole frasi della sentenza impugnata, che non considera come, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di una valida motivazione, ogni punto vada posto in relazione agli altri, costituendo la pronuncia un tutto coerente ed organico. In questa prospettiva, le censure dedotte non tengono conto della lettura complessiva e unitaria degli elementi raccolti, impeccabilmente offerta nella motivazione della c.d. "doppia conforme", le cui argomentazioni, coerenti con le risultanze processuali, escludono la configurabilità di vizi motivazionali rilevabili in questa sede.
7. Sulle singole posizioni di garanzia (e di responsabilità) la Corte distrettuale ha ampiamente motivato, nel rispetto delle norme di legge e dei principi ermeneutici applicabili in materia.
A.A., quale amministratore unico della IBL, proprietaria della macchina, è stato individuato quale soggetto committente che avrebbe dovuto garantire a tutti i soggetti operanti nell'ambito della Pressa Pagnoni adeguata protezione, apprestando le opportune procedure e misure di sicurezza volte ad impedire il contatto dei lavoratori con le parti mobili del macchinario in funzione, con le modalità che sono state congruamente specificate dalle sentenze di merito.
B.B., quale datore di lavoro, amministratore delegato alla sicurezza della I-PAN ed appaltatore rispetto al servizio di campionamento ed analisi che veniva svolto per conto di IBL, avrebbe dovuto garantire che i dipendenti che effettuavano i campionamenti di colla non fossero esposti ai rischi dell'operazione di prelievo nella "zona rulli", eventualmente sollecitando il* committente IBL ad attivarsi affinché tale operazione fosse riservata ai pressisti addetti al macchinario.
C.C. è stato individuato quale dirigente della IBL, responsabile del reparto compensato finitura in cui era presente la Pressa Pagnoni; la mattina dell'incidente D.D. era andato a parlare con C.C. e la stessa mattina quest'ultimo si stava interfacciando con un collega per le decisioni da assumere sulla lavorazione. Il C.C., secondo quanto accertato in sede di merito, era a conoscenza sia della rischiosità della zona per la mancanza del riparo ai rulli sia del libero accesso a tale zona attraverso la scala, che non era fissata al suolo ed era instabile. Il dirigente - ai sensi dell'art. 18, comma 1, lett. e), D.Lgs. 81/2008 - avrebbe dovuto adottare le misure appropriate affinché solo i soggetti appositamente istruiti ed addestrati potessero accedervi, mentre nel capannone non lavoravano solo i pressisti e nessun cartello di divieto era posizionato vicino alla scala.
8. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Descrizione | Livello | Dimensione | Downloads | |
---|---|---|---|---|
![]() |
Cassazione Penale Sez. 4 del 04 aprile 2025 n. 13146.pdf |
77 kB | 7 |