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Cassazione Penale Sez. 4 del 22 aprile 2025 n. 15696

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Sentenza CP 15696 2025

Sentenza CP Sez. 4 del 22 aprile 2025 n. 15696 / Infortunio mortale - Responsabilità preposto alle lavorazioni

ID 23883 | 27.04.2025 / In allegato

Cassazione Penale Sez. 4 del 22 aprile 2025 n. 15696 - Caduta mortale dall'alto durante la pulizia della parete stradale. Responsabilità del preposto alle lavorazioni

Penale Sent. Sez. 4 Num. 15696 Anno 2025

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente
Dott. BELLINI Ugo - Relatore
Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere
Dott. CENCI Daniele - Consigliere
Dott. RICCI Anna Luisa Angela - Consigliere

Ritenuto in fatto

1. La Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la decisione del Tribunale di Catanzaro che aveva riconosciuto A.A. colpevole del reato di omicidio colposo con inosservanza della disciplina antinfortunistica ai danni di C.C. e lo aveva condannato alla pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili.

2. A A.A., dipendente della ditta L.L. Costruzioni Srl, incaricata ad eseguire lavori di bonifica in loc. C lungo la parete sovrastante la strada provinciale, in qualità di preposto alle lavorazioni, era contestato di avere omesso qualsiasi vigilanza nella predisposizione delle misure di sicurezza, avendo altresì omesso di approntare specifici sistemi di protezione, consentendo che l'attività lavorativa da parte del personale che si trovava ad operare in quota, si svolgesse in condizioni di palese pericolo per l'incolumità dei lavoratori in assenza dell'adozione di misure individuali di protezione quali linee vita, sistemi di aggancio, connettori, cordini ed altro, così che il dipendente C.C., che si trovava ad operare all'altezza di otto metri, perdeva l'equilibrio e precipitava in terra provocandosi lesioni personali da cui derivava la morte.

3. I giudici di merito, con doppia pronuncia di condanna, rilevavano che la mancata presenza nel cantiere al momento del tragico evento da parte del A.A. non lo esonerava da responsabilità, in quanto il suo ruolo di prepositura nella sorveglianza dell'attività svolta dagli scalatori intenti a curare la pulizia della parete stradale emergeva dal complessivo tenore delle dichiarazioni testimoniali assunte da parte degli altri operai impegnati nell'attività di pulizia, da cui era emerso che il A.A. costituiva un punto di riferimento della società nelle attività di direzione, coordinamento e vigilanza delle maestranze nell'attività di bonifica da eseguirsi presso il cantiere in C; in particolare lo stesso veniva indicato quale soggetto che forniva le direttive cui avrebbero dovuto attenersi gli operai sul posto di lavoro, nonché l'interlocutore della dirigenza dell'azienda in caso di inconvenienti sul luogo di lavoro e, nella specie anche suggeritore di un'opera di depistaggio che alcuni testimoni avevano tentato di accreditare quando erano stati sentiti a sommarie informazioni subito dopo la verificazione dell'infortunio; alcuni di essi (M.M. e N.N.) erano stati infatti sollecitati a rendere dichiarazioni false in ordine alla presenza del A.A. sul posto di lavoro e sul fatto di indossare i dispositivi di protezione individuale che invece erano rimasti nel furgone della ditta.

4. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.A. prospettando quattro motivi di ricorso.

Con il primo motivo assume violazione di legge in relazione all'affermazione di responsabilità dell'imputato, con particolare riferimento agli artt. 40 comma 2 e 113 cod. pen. con riferimento alla disciplina antinfortunistica, in relazione alla riconosciuta posizione di garanzia di preposto alle lavorazioni, atteso che lo stesso non risultava titolare di alcun ruolo prepositurale all'interno dell'azienda; rileva infatti che dalle testimonianze assunte risultava dimostrato che il A.A. non si trovava presso il cantiere di C ove si era verificato l'infortunio e che esistevano posizioni di garanzia effettivamente deputate alla direzione e alla vigilanza delle opere, quale il titolare della società datrice di lavoro e, in via di fatto, il figlio di questi, O.O. il quale, secondo la testimonianza del lavoratore PUPO, era colui che all'inizio della giornata aveva fornito le indicazioni per procedere alle lavorazioni, escludendo altresì che dovessero essere utilizzati particolari dispositivi, quali imbracature.

Con una seconda articolazione assume violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento della interruzione del rapporto di causalità in presenza di cause sopravvenute da sole sufficienti a realizzare l'evento e travisamento della prova in relazione a circostanza decisiva, rappresentata dal fatto che, a differenza di quanto contestato in imputazione, il A.A. non era presente sul luogo dell'infortunio, né poteva essere assunto a elemento a sostegno della posizione di garanzia ad esso riconosciuta la circostanza del sopralluogo avvenuto nei giorni precedenti, in ragione dell'equivocità del dato, tenuto conto che dal complesso delle testimonianze assunte, era emerso che era stato O.O. a coordinare il lavoro del cantiere e a dare disposizioni agli operai in ordine alle singole incombenze e a fornire indicazioni sulle misure di sicurezze da adottare, in quanto il ricorrente era un geometra e forniva indicazioni solo dal punto di vista tecnico progettuale.

Con il terzo motivo di ricorso si assume travisamento della prova e difetto di correlazione tra accusa e decisione in relazione ai punti sopra evidenziati, nonché in relazione al decisivo dato probatorio che il A.A. non avrebbe potuto sovraintendere e vigilare l'esecuzione dei lavori in loc. C in quanto era impegnato in altro cantiere lontano sei chilometri e che era stato chiamato soltanto per condurre in ospedale un altro dipendente infortunatosi non gravemente; egli era stato sollecitato a intervenire dal soggetto che era intento a sovraintendere i lavori, mentre le prime dichiarazioni con le quali il A.A. e i testimoni, dipendenti dell'azienda, avevano riconosciuto la presenza di questi presso il cantiere di C, erano dirette a non pregiudicare la posizione della ditta e dei suoi responsabili; la motivazione era contraddittoria e illogica laddove non aveva misurato l'accertamento della responsabilità del prevenuto con una serie di elementi fattuali e logici che emergevano dall'istruttoria dibattimentale.

Con una quarta articolazione si assume violazione della disciplina antinfortunistica con riferimento al riconoscimento al A.A. di una posizione di garanzia di fatto che non gli era propria anche alla luce degli artt. 2 e 299 TU sicurezza, atteso che il ricorrente era privo di poteri di iniziativa e di controllo nell'attuazione delle direttive dei dirigenti in quanto in nessun momento aveva sovrainteso all'attività lavorativa dei dipendenti, impegnati nella lavorazione.

5. Il sostituto Procuratore Generale ha concluso come in intestazione.

5.1. La difesa del ricorrente, in persona dell'avv.to Natale Ferraiolo ha depositato, nei termini di legge una memoria insistendo per l'accoglimento del ricorso e proponendo istanza per la discussione orale del ricorso.

5.2. La difesa delle parti civili ha depositato conclusioni e nota spese.

Considerato in diritto

1. Il ricorso si presenta in fatto, reiterativo di doglianze già esaminate dai giudici di merito e disattese con adeguato costrutto logico giuridico e manifestamente infondato. Ne deve pertanto essere dichiarata la inammissibilità.

2. Deve considerarsi che la Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato l'imputato responsabile del reato ascritto configurandosi quindi, nel caso che occupa, una c.d. "doppia conforme" di condanna, avendo entrambi i giudici di merito affermato la responsabilità del A.A. in ordine al reato oggetto di contestazione, quale preposto alle pericolose operazioni in quota eseguite in assenza di presidi di sicurezza e in assenza di adeguata vigilanza sul rispetto delle prescrizioni di legge. Ne deriva che le motivazioni della pronuncia di confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Ulteriore conseguenza della "doppia conforme" di condanna è che il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione solo nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L e altro, Rv. 272018-01). Nessuna di queste condizioni appare ravvisabile nel caso in disamina, in cui il ricorso, sotto l'apparenza del vizio motivazionale, pretende di asseverare, su alcuni punti specifici, una diversa valutazione del compendio probatorio, richiamando aspetti di merito non deducibili in sede di legittimità e legittimare una ricostruzione alternativa della dinamica del sinistro.

2.1 È noto, infatti, che esulano dal numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità le doglianze che investano profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto, che sono riservati alla cognizione del giudice di merito le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (sez. U. n. 930 del 13/12/1995 - dep. 1996, Clarke, Rv. 20342801; sez. 4, n. 4842 del 2/12/2003, Elia e altri, Rv. 229369). Più recentemente è stato riconosciuto che ricorre il vizio di motivazione manifestamente illogica nel caso in cui vi sia una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse, nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono, e, invece, di motivazione contraddittoria quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine ad uno stesso fatto o ad un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza, ovvero nella stessa si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice -conducenti ad esiti diversi - siano state poste a base del suo convincimento (sez. 5, n. 19318 del 20/01/2021, Cappella, Rv. 281105)

3. Tanto chiarito, nel caso di specie, la Corte di Appello ha ricostruito la vicenda fattuale in modo logico e coerente, evidenziando in termini analitici e coerenti tutti i passaggi salienti, in termini causali, che hanno determinato la verificazione del sinistro e operando la ricostruzione del sinistro in termini coerenti con le risultanze processuali, in particolare sulla base delle testimonianze acquisite.

3.1. Orbene, alla stregua di tali principi, deve prendersi atto del fatto che la sentenza impugnata non presenta il vizio di motivazione dedotto dalla difesa del ricorrente, atteso che l'articolata valutazione, da parte dei giudici di merito, degli elementi probatori acquisiti, rende ampio conto delle ragioni che li hanno indotti a riconoscere la responsabilità dell'imputato e la censura proposte finiscono sostanzialmente per riproporre argomenti già esposti in sede di appello, che tuttavia risultano ampiamente vagliati e correttamente disattesi dalla Corte territoriale; peraltro le incongruenze e i travisamenti evidenziati dalla difesa del ricorrente risultano meramente apparenti, atteso che il giudice di appello ha dato adeguato conto, alla stregua degli elementi acquisiti della ricorrenza della posizione di garanzia di preposto alle lavorazioni, riconosciuta al A.A. in imputazione, e del rapporto di causalità intercorrente tra le inosservanze allo stesso ascritte e il tragico infortunio.

4. La Corte territoriale ha già precisato, a pag. 5 del provvedimento impugnato, che il giudice di primo grado ha ritenuto sussistente in capo all'imputato la violazione dei profili di colpa previsti dagli artt. 115 e 116 D.Lgs. 81/2008, nella parte in cui si fa obbligo al preposto di vigilare sull'osservanza da parte dei lavoratori dei loro obblighi di legge e di uso dei mezzi di protezione collettivi e individuali, la cui inosservanza ha cagionato la caduta e la conseguente morte del lavoratore. Precisa, poi, che tale punto della sentenza di primo grado non è stato impugnato, dal che il giudice d'appello desume – correttamente - che l'evento morte sia stato cagionato dalla mancata adozione di misure precauzionali, escluse cause sopravvenute ed autonome. La circostanza che il ricorrente contesti la ricorrenza di ulteriori profili di colpa nel secondo motivo di ricorso, quali la mancanza di adeguata formazione dei lavoratori, risulta del tutto inconferente rispetto alla decisione assunta dai giudici di merito in punto di nesso causale, ma soprattutto è inammissibile in quanto proposta qui per la prima volta senza il previo vaglio di merito del giudice d'appello.

4.1 In effetti la questione centrale di tutti e quattro i motivi di ricorso, sebbene diversamente orientati sotto il profilo soggettivo ovvero sul piano del rapporto di causalità che, come già in precedenza osservato non aveva formato oggetto neppure dei motivi di appello, attiene alla ricorrenza di una posizione di garanzia in capo al A.A. che lo rendeva titolare del governo del rischio di infortunio dei lavoratori presso il cantiere di C. e della concreta possibilità (sotto il profilo della esigibilità) di attivare poteri inibitori ed impeditivi, che invece sarebbero gravati sui titolari dell'impresa, pure presenti presso il cantiere.

In ordine a tale questione il ricorrente assume un travisamento della prova testimoniale, che si fonda sulle stesse testimonianze rese in primo grado e valorizzate da entrambi i giudici del merito, di talchè il motivo risulta inammissibile. In caso di "doppia conforme", il vizio di travisamento della prova, come in precedenza rappresentato, può essere rilevato in sede di legittimità solo quando il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione della motivazione del provvedimento di secondo grado ovvero qualora entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite, in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili (ossia in assenza di alcun discrezionale apprezzamento di merito), il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 35963 del 03/1.2/2020, Tassoni, Rv. 280155; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018; Sez. 2, n. 7896 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217; Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine, Rv. 256837).

4.2. Sotto un primo profilo va rilevato che i giudici di merito hanno accertato la presenza dell'imputato sul cantiere, ancorchè non continuativa, il giorno dell'infortunio, richiamando le testimonianze dei lavoratori N.N. e M.M.. Sotto altro profilo i giudici di merito hanno sostanzialmente ritenuto la non decisività, ai fini della ricostruzione della posizione di garanzia in capo al A.A., del fatto che lo stesso non fosse presente nel cantiere in coincidenza con l'evento infortunistico (questione questa posta al centro dei motivi di ricorso), avendo individuato il ricorrente come il punto di riferimento dei lavoratori dell'impresa L.L. Costruzioni, quale il soggetto, sovraordinato alle maestranze, che aveva impartito istruzioni ai lavoratori la sera precedente il fatto, dopo aver effettuato personalmente un sopralluogo sul cantiere. Secondo i giudici di merito, l'imputato avrebbe dovuto e potuto pretendere che i lavoratori facessero uso dei dispositivi di protezione rimasti inutilizzati nel furgone e prescriverne l'utilizzo di altri più efficaci, essendo insufficienti questi ultimi, secondo il principio di esigibilità. Il rimprovero colposo attiene pertanto alla realizzazione di un fatto di reato che poteva essere evitato mediante l'osservanza delle norme cautelari violate e mediante l'attivazione di condotte doverose o, comunque, esigibili a carico di soggetto preposto, quantomeno di fatto, alle lavorazioni, consapevole della sistematica inosservanza da parte dei lavoratori all'adozione di presidi antinfortunistici individuali, pure presenti sul luogo di lavoro (Sez. U., n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn). Alla luce delle considerazioni che precedono, anche il quarto motivo di ricorso concernente l'erronea applicazione del D.Lgs. 81/2008, si appalesa manifestamente infondato.

5. Il terzo motivo, è inammissibile in ordine al dedotto travisamento di informazioni probatorie, per le ragioni già illustrate prima. Le doglianze inerenti alle risultanze probatorie si risolvono, in realtà nella proposizione di una rilettura alternativa delle stesse, non ammessa in questa sede. Né si ravvisa la denunciata contraddittorietà della motivazione per difetto di correlazione tra l'imputazione e la decisione. I giudici di merito hanno specificato i profili di colpa rimproverati all'imputato, che peraltro corrispondono a quelli indicati in imputazione, ed hanno già rilevato come l'eventuale assenza dal cantiere dell'imputato sia ininfluente per configurare la posizione di preposto di fatto, sulla scorta di argomentazioni tutt'altro che contraddittorie.

Al contempo i giudici di merito hanno applicato i principi costantemente espressi dalla giurisprudenza di legittimità in presenza di una pluralità di posizioni di garanzia che operano, sebbene con diversi compiti e responsabilità nell'ambito dello stesso cantiere, escludendo pertanto che la posizione prepositurale assunta dal A.A. in relazione alle lavorazioni presso il cantiere di C., potesse essere neutralizzata dalla presenza di un ulteriore responsabile del cantiere, in ragione dell'attività concretamente svolta nella disciplina del lavoro delle maestranze, delle indicazioni e delle prescrizioni impartite ai dipendenti ad inizio giornata e della palese inosservanza all'adozione di misure di prevenzione del rischio cadute da parte di questi. In tema di infortuni sul lavoro, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione. (sez. 4, n. 18826 del 9/02/2012, Pezzo, Rv. 253850; n. 928 del 28/09/2022, Bocchio, Rv. 284086; n. 10460 del 21/01/2025, Andrulli, Rv. 287550).

6. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero al riguardo al versamento, ai sensi dell'art. 616cod. proc. pen., di una somma in favore della Cassa delle Ammende che si stima equa nella misura indicata in dispositivo. Il ricorrente va infine condannato alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalla difesa delle parti civili che vengono liquidate, come da dispositivo, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014 n. 55.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla refusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili B.B., C.C., D.D., E.E., F.F., D.D. (Omissis), H.H., I.I., J.J. e K.K., che liquida in complessivi Euro seimilatrenta oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma il 5 febbraio 2025.

Depositata in Cancelleria il 22 aprile 2025.

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