Secondo documento di consenso sulla sorveglianza sanitaria / CIIP Maggio 2023
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Secondo documento consenso sorveglianza sanitaria / CIIP 05.2023 ID 19715 | 30.05.2023 / Documento in allegato Nel maggio 2023 il Gruppo di Lavoro CIIP Sorveglianza Sanitaria ha aggiornato il "Documento di consenso sulla sorveglianza sanitaria" prodotto nel febbraio 2020. Il GdL Sorveglianza Sanitaria comprende Medici Competenti, Medici del Lavoro e Psicologi che operano sia nelle imprese che nei servizi pubblici di prevenzione e vigilanza. Dal confronto fra le diverse professionalità nasce questo 2° documento di consenso, che vuole mettere a fuoco le nuove necessità, opportunità e criticità per una nuova medicina del lavoro e un nuovo ruolo del medico Competente. 1. Lo scenario dei rischi e dei danni da lavoro. La moderna medicina del lavoro si è sempre occupata del binomio lavoro-persona, cioè dei rischi e dei fattori lavorativi che sono correlati alla salute delle persone che lavorano, attraverso la prevenzione primaria (cioè la riduzione dei rischi) e la sorveglianza sanitaria. Tuttavia, le caratteristiche del lavoro e i problemi di salute correlati sono profondamente mutati nel tempo. Oggi molti rischi tradizionali sono quasi scomparsi o si sono fortemente ridotti, mentre hanno maggior rilievo le basse esposizioni, i rischi psicosociali e quelli correlati alla disergonomia e all’organizzazione del lavoro. Siamo al cospetto di rischi emergenti legati alle nuove tecnologie e forme di lavoro (nanotecnologie, smart working, digitalizzazione del lavoro, ecc.) e ai cambiamenti climatici. Questi inediti fattori di nocività possono impattare sulla salute e la sicurezza di alcune categorie di lavoratori in modo diretto (ad esempio, nel settore dell’agricoltura, delle costruzioni, dei trasporti ed in generale nei lavori outdoor) o in modo indiretto, attraverso un aumento dell’inquinamento dell’aria o alla comparsa di nuove malattie infettive trasmesse dagli animali all’uomo (zoonosi), grazie alla presenza di nuovi serbatoi e vettori alle nostre latitudini. Vi sono inoltre fenomeni sociali come l’immigrazione, nuove forme contrattuali di lavoro, l’invecchiamento della popolazione lavorativa e l’ingresso sempre più massiccio delle donne nel mondo del lavoro; tutti elementi, questi, che oggi rientrano a pieno titolo nella valutazione dei rischi. La prevenzione primaria, pertanto, non può limitarsi più al controllo dei rischi tradizionali, ma deve tener conto di molteplici fattori che influenzano il benessere e la salute dei lavoratori. Oggi non è più sufficiente tenere i rischi al di sotto del valore limite per proteggere la salute dei lavoratori e mantenere la piena idoneità alla mansione. Parimenti la sorveglianza sanitaria non può più limitarsi alla prevenzione delle sole tecnopatie, incentrandosi sugli effetti precoci dell’esposizione lavorativa, ma deve riguardare anche le malattie correlate al lavoro, le patologie di origine extralavorativa che possono aggravarsi con il lavoro, le condizioni di fragilità e di suscettibilità individuale e l’invecchiamento. L’esperienza del COVID-19 ci ha poi insegnato come non sia facile definire il confine tra fattori di rischio lavorativi e rischi generici che possono essere aggravati dall’attività lavorativa e dalla suscettibilità individuale del lavoratore. 2. Nuovi concetti di salute, di prevenzione e di ambienti di lavoro sani e sicuri. Il dibattito cominciato nel 2009 alla conferenza dell’AIA sulla nuova definizione di salute ben rappresenta lo scenario di cui stiamo parlando. La proposta avanzata in quella sede e ripresa successivamente da altri esperti è quella di sostituire la definizione di salute come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solamente assenza di malattia o infermità” (definizione ripresa anche dal D.Lgs. 81/2008) con il concetto di “capacità di adattarsi e autogestirsi”. Questa definizione meglio descrive una situazione in cui non esistono persone “sane” o “malate”, ma la malattia consiste nella difficoltà ad adattarsi all’ambiente di vita e di lavoro, in rapporto alle proprie condizioni di salute. Persone che convivono per molti anni con patologie croniche, o che, a causa dell’invecchiamento, inevitabilmente non godono di uno stato di completo benessere, possono comunque vivere una vita dignitosa ed essere ben integrate nel loro ambiente di lavoro, se vengono rispettate condizioni di lavoro ergonomiche con il costante impegno, in un’ottica antropocentrica, di adattare il lavoro all’uomo o, meglio, di realizzare interventi di progettazione universale (o di ergonomia di prevenzione). Oggi l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce gli ambienti di lavoro sani, sicuri e resilienti, come i luoghi dove le persone possono lavorare - senza ammalarsi o subire infortuni a causa del lavoro, D’altra parte, l’approccio del NIOSH definito “Total Worker Health” ci ha insegnato che molte condizioni patologiche tradizionalmente ritenute non correlate al lavoro possono invece essere aggravate dai rischi lavorativi: le malattie metaboliche, i disordini alimentari, i disturbi del sonno, le malattie cardiovascolari, la depressione e le malattie mentali. Parimenti molti fattori lavorativi, tradizionalmente non considerati rischi professionali (o solo in parte considerati nell’ambito della valutazione dello stress lavoro correlato), possono avere un impatto significativo sulla salute delle persone, come l’orario, la distanza e il pendolarismo, la flessibilità e la conciliazione vita-lavoro, la retribuzione, le relazioni interpersonali, la formazione culturale, ecc. 3. I vari aspetti dell’idoneità lavorativa In medicina del lavoro nella valutazione dell’idoneità alla mansione specifica si considera: - se il lavoratore ha la capacità/abilità per svolgere i compiti della mansione per cui deve essere formulato il giudizio di idoneità; Come già evidenziato nel documento di consenso CIIP sulla sorveglianza sanitaria del 2020, non tutti questi aspetti sono stati affidati dal legislatore italiano al medico competente o lo sono stati solo per alcuni ambiti specifici (come, ad esempio, la valutazione dello stato di alcol dipendenza e dell’assunzione di sostanze psicotrope o stupefacenti). 4. Dall’accomodamento ragionevole alla progettazione universale. Tutti i lavoratori che non possono svolgere appieno la propria attività lavorativa per motivi di salute hanno diritto a un accomodamento ragionevole. Questo riguarda sia le persone affette da invalidità civile o del lavoro certificate, sia i lavoratori giudicati inidonei alla mansione specifica, parzialmente o totalmente, dal medico competente, sia in generale le persone fragili. L’accomodamento ragionevole non è semplicemente garantire lavoro e retribuzioni alle persone con disabilità o altri problemi di salute che limitano le capacità lavorative. È invece un processo di adattamento del lavoro alle persone affinché la loro patologia non sia di impedimento all’esprimere competenze e professionalità ed è una misura antidiscriminazione. In questo senso costituisce un passo avanti rispetto al giudizio di idoneità che tradizionalmente contiene solo indicazioni per limitare i rischi. Come recita il preambolo della Direttiva 2000/78/CE, implica “l’adozione di misure appropriate, ossia misure efficaci e pratiche destinate a sistemare il luogo di lavoro in funzione dell'handicap, ad esempio sistemando i locali o adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro, la ripartizione dei compiti o fornendo mezzi di formazione o di inquadramento.” L’accomodamento ragionevole non riguarda quindi solo le misure di prevenzione dei rischi lavorativi tradizionali, ma anche fattori generalmente estranei al giudizio di idoneità, come quelli legati all’organizzazione del lavoro. Per tale ragione, si tratta di un processo che richiede un’azione integrata di medico competente, servizio di prevenzione e protezione e gestione delle risorse umane, con il coinvolgimento dell’intera linea aziendale. Se pensiamo allo stigma che colpisce i lavoratori inidonei in alcune aziende, alla medicina del lavoro difensiva, alle frequenti incongruenze tra protocollo di sorveglianza sanitaria e documento di valutazione dei rischi, come anche tra reali situazioni lavorative e prescrizioni del giudizio di idoneità (espresso dal medico competente ovvero riformulato dopo il ricorso all’organo di vigilanza), ci rendiamo conto di quanta strada ci sia ancora da fare per un approccio condiviso tra tutti gli stakeholder occupazionali. Perseguire l’obiettivo di indurre il datore di lavoro a progettare e realizzare, nell’ottica della ergonomia di prevenzione, ambienti di lavoro (fisici e organizzativi) salubri, sicuri e adatti a ogni lavoratore, sì da rendere il lavoro inclusivo, è senza dubbio lo snodo culturale a cui tendere. 5. La promozione della salute. Sotto l’etichetta di promozione della salute troviamo oggi una molteplicità di iniziative attuate dalle aziende come benefit, strumenti per favorire l’engagement dei lavoratori, o per accedere a benefici fiscali, alla norma premiale INAIL, ecc. Le iniziative spaziano da offerte di check up (più o meno mirati per genere, età, patologia), a campagne informative e di sensibilizzazione, a offerte di opportunità per l’attività fisica, la disassuefazione dal fumo e da altre dipendenze, la mindfulness, ecc. Si tratta di iniziative comunque lodevoli, delle quali, tuttavia, mancano spesso valutazioni di costo-efficacia. L’invecchiamento, l’evoluzione delle malattie croniche, la concomitanza di patologie e disturbi extra lavorativi, portano inevitabilmente ad una riduzione delle capacità lavorative necessarie per lo svolgimento della mansione. Sebbene, attraverso la gestione dei rischi, la sorveglianza sanitaria e l’accomodamento ragionevole, la richiesta lavorativa possa essere ridotta e adeguata alla persona, è altrettanto importante cercare di aumentare le risorse individuali del lavoratore, migliorando le condizioni di salute, in modo da contenere il gap tra le richieste lavorative e le risorse disponibili. In questo senso il luogo di lavoro diventa un luogo che promuove salute. Per tale ragione, occorre condurre a monte un’analisi dei problemi socio-sanitari della popolazione lavorativa e della loro possibile inter-relazione con i fattori di rischio occupazionali; come ad esempio il maggior rischio di sindrome dismetabolica nei lavoratori turnisti e comportamenti alimentari. Su queste basi si possono definire i programmi di promozione della salute, la cui efficacia deve essere valutata sia con indicatori di gradimento e di adesione, sia con indicatori di risultato. 6. I limiti della normativa attuale. Il D.Lgs. 81/2008 ha fissato per la prima volta in una norma di legge “i principii della medicina del lavoro”, prefigurando anche molti dei temi qui dibattuti: il codice etico ICOH, la responsabilità sociale, la promozione della salute, la tutela dei soggetti fragili. Tuttavia, anche per la sua impostazione cogente, penalmente sanzionata, la norma appare oggi per molti aspetti inadeguata rispetto alle tematiche evidenziate. Da un lato, infatti, costringe il medico competente a compiti e procedure rigidamente definite, a volte poco utili ai fini di una reale tutela della salute dei lavoratori (si pensi alla sorveglianza sanitaria dei videoterminalisti, alle periodicità fissate per legge, alle visite da rientro, alla tassatività dei controlli per abuso di alcol e sostanze stupefacenti), dall’altro lo limita nella possibilità di occuparsi dei problemi e dei rischi effettivi. Tutto questo rischia di togliere valore alla medicina del lavoro trasformandola in un visitificio che fabbrica giudizi di inidoneità rendendo problematico il bilanciamento del diritto alla salute con il diritto al lavoro delle persone affette da problemi di salute cronici. Già nel documento di consenso CIIP del 2020 abbiamo dato indicazioni in merito alle finalità e al campo di applicazione della sorveglianza sanitaria. È tempo, tuttavia, di introdurre dei chiarimenti interpretativi univoci, ovvero opportune modifiche per adeguare la norma alle attuali problematiche, in particolare per le seguenti criticità: - sorveglianza sanitaria dei rischi non previsti da specifiche norme di legge, anche alla luce del recente DL 4 maggio 2023 n. 48 7. Ritorno al futuro. La medicina del lavoro si è sempre occupata del binomio lavoro-persona. Alla luce della rapida evoluzione del mondo del lavoro e della incidenza di nuovi determinanti di salute, il binomio va ripensato in un’ottica di total workers health e di one health, contestualizzando il lavoratore anche nel suo ambiente urbano, sociale e familiare. Va in primo luogo ribadito che la sorveglianza sanitaria, pur essendo un compito ineludibile ed esclusivo, non è l'unico e forse nemmeno il più importante del medico competente, che rappresenta il consulente globale per la salute in azienda, impegnato soprattutto nella prevenzione primaria, attraverso la collaborazione con il datore di lavoro per la valutazione e gestione dei rischi e il supporto per il problem solving di situazione critiche individuali. Tuttavia, la prevenzione primaria non può più riguardare solo i rischi lavorativi, ma anche i determinanti di salute presenti dentro e fuori l’ambiente di lavoro, ivi compresi i rischi generici aggravati e i fattori organizzativi del lavoro che hanno comunque effetti sulla salute e sul benessere. La sorveglianza sanitaria dei lavoratori non riguarda più solo le malattie da lavoro o correlate al lavoro, ma anche le patologie di origine extralavorativa che con il lavoro possono aggravarsi, le malattie correlate a stili di vita che sono tuttavia in gran parte indotti dal lavoro, le disabilità e le fragilità. La valutazione dell’idoneità riguarda il complesso delle condizioni che determinano l’idoneità lavorativa. La progettazione di ambienti di lavoro salubri, sicuri e adatti a ogni lavoratore, e, nel caso di sopraggiunte peculiari disabilità, l’accomodamento ragionevole inteso come adattamento del lavoro all’individuo rappresentano strategie indispensabili per mantenere il più possibile le persone in un lavoro proficuo che valorizza le loro esperienze e competenze. L’obiettivo di salute da perseguire è duplice: da quello più tradizionale di evitare che le persone si ammalino a causa del lavoro, a quello di migliorare la loro salute e il benessere al fine di assicurare la piena e duratura partecipazione al lavoro e alla vita sociale. Ciò significa identificare tutti i più comuni problemi di salute dei lavoratori con particolare riguardo a quelli che hanno conseguenze sull’idoneità, sulle capacità lavorative e sul benessere. Tali problemi sono riconducibili a: - Rischi lavorativi (per i quali sia prevista o meno una sorveglianza sanitaria di legge) Sulla base di questa analisi andrebbero identificati gli obiettivi di salute da raggiungere attraverso un complesso di azioni (gestione dei rischi, sorveglianza sanitaria, accomodamento ragionevole e promozione della salute) che coinvolgano le diverse funzioni aziendali e una sinergia con le reti territoriali del Servizio sanitario (medici di medicina generale e dipartimenti di sanità pubblica). La sinergia dovrebbe essere ricercata anche con altre istituzioni, in particolare i Comuni, per i vari aspetti come trasporti, aiuti alle lavoratrici per la gestione dei figli e degli anziani, dei lavori domestici, ecc., realizzando concretamente alcuni obbiettivi della responsabilità sociale delle imprese. Collegati |
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