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Rapporto ISTISAN 19|14
Le amebe a vita libera (spesso conosciute come Free-Living Amoebae, FLA) sono protozoi presenti in tutte le matrici ambientali a diffusione cosmopolita. L’etichetta di organismi “a vita libera” deriva dal fatto che il loro serbatoio è l’ambiente acquatico naturale, e quello realizzato dall’uomo è un habitat secondario favorevole. Sono protozoi unicellulari che possono vivere all’interno di un ospite in condizioni di parassitismo facoltativo o avere un’esistenza autonoma. Per tale proprietà sono anche definite amebe anfizoiche.
In particolare, anche se in realtà è Acanthamoeba spp. il protozoo più frequentemente rilevabile nell’ambiente, amebe a vita libera sono state isolate da suolo, sedimenti, polveri, aria, acque naturali e reflue, dolci, marine, termali, e sono state anche rilevate in acque confezionate, potabilizzate e sottoposte a trattamenti di disinfezione (acque destinate al consumo umano e di piscina) e in biofilm.
Numerose specie di amebe a vita libera sono state segnalate in torri di raffreddamento, impianti di climatizzazione, deumidificatori, unità di dialisi, riuniti dentistici, apparecchi per il trattamento domestico dell’acqua e su lenti a contatto. Individuate nell’uomo e in animali a sangue caldo e freddo, in soggetti malati sono state isolate da ferite, dalla cornea, dai polmoni e dal sistema nervoso centrale, anche se la loro presenza è stata dimostrata anche in individui sani.
La loro distribuzione e diversità nell’ambiente sono fortemente influenzate da temperatura, umidità, pH, disponibilità di nutrienti e appare chiara l’esistenza di un loro andamento stagionale. In condizioni ambientali ostili le amebe producono cisti che excistano solo in condizioni favorevoli liberando trofozoiti. Sopravvivenza e moltiplicazione sono anche associate sia alla presenza di batteri, soprattutto Gram-negativi, sia alla concentrazione degli stessi batteri. Infatti, con rapporti di concentrazione
ameba: batteri di 1:104 , lo sviluppo dei protozoi è inibito.
Per il basso numero di infezioni riscontrate, le amebe non hanno mai rappresentato un argomento sanitario di interesse prioritario, anche se la mancanza di farmaci efficaci e l’esito quasi sempre fatale delle malattie indotte da alcune specie, le hanno sempre rese oggetto di interesse e di studio.
Negli ultimi decenni tuttavia, un’attenzione particolare è stata loro rivolta per il ruolo che rivestono come veicolo di trasmissione di microrganismi patogeni presenti nell’ambiente idrico. Infatti, circa un quarto degli isolati di origine ambientale, clinica o derivanti da lenti a contatto contengono microrganismi endosimbionti, definiti Amoeba-Resistant Microorganisms (ARM), microrganismi resistenti alle amebe, che sono in grado di mantenere la loro vitalità a livello intracellulare. Le amebe fungono così da riserva per altri microrganismi, proteggendoli da fattori ambientali ostili e fornendo condizioni favorevoli alla loro replicazione.
Per questa circostanza, nel 2017, presso la III Sezione del Consiglio Superiore di Sanità, presieduta dalla Prof.ssa Anna Teresa Palamara, e coordinata dalla Dott.ssa Anna Gaspardone, è stato istituito un Gruppo di Lavoro il cui compito è stato quello sia di approfondire gli aspetti sanitari associati alle amebe a vita libera rilevabili nelle acque, sia di valutare la rilevanza del problema in un’ottica di salvaguardia della salute. A seguito delle attività del Gruppo di lavoro è stato quindi predisposto il documento condiviso e di seguito presentato che produce informazioni sulle caratteristiche tassonomiche ed ecologiche di questi organismi, sulle loro possibili implicazioni di carattere sanitario, sul loro adattamento nelle reti di distribuzione idrica e sulle dinamiche di interazione con gli altri microrganismi.
Inoltre, il volume fornisce un indirizzo metodologico univoco e specifiche raccomandazioni per minimizzare il rischio associato alla presenza di amebe nell’ambiente idrico, nonché, in Appendice, metodi analitici colturali e molecolari per la ricerca di questi organismi nelle acque.
Fonte: ISTISAN
Consiglio SNPA del 9 gennaio 2018
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