Dossier Stop ai pesticidi 2020
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Dossier Stop ai pesticidi 2020
L’impiego di sostanze chimiche di sintesi capaci di garantire elevati standard qualitativi e produttivi e protezione contro piante infestanti, insetti e funghi in ambito agricolo, è ancora estremamente diffuso, benché sia stato dimostrato come non abbia contribuito in maniera significativa alla riduzione della fame del mondo1 e sia responsabile di impatti negativi sulla salute dell’uomo e degli ecosistemi.
Tali sostanze sono largamente utilizzate nonostante lo sviluppo di tecniche di intervento e prevenzione alternative, tra le quali l’applicazione di corrette pratiche di gestione agronomica, l’utilizzo di organismi competitori e l’applicazione di tecnologie innovative per minimizzarne gli impatti e ridurre i rischi associati alla loro esposizione. Secondo i dati statistici Eurostat, la vendita di sostanze attive presenti nei prodotti fitosanitari in Italia ha subito una riduzione nel periodo 2015-2018, a conferma del trend già osservato tra il 2010 e il 2014, determinando un decremento graduale fino al 14% dal 2015 al 2018, durante il quale si riscontra un volume di vendita di circa 54.039 tonnellate di cui: 59,9% fungicidi, 12,6% erbicidi e 3,8% insetticidi e acaricidi per un totale di 114 396 tonnellate di prodotti fitosanitari venduti.
Nel periodo considerato, anche la quantità di nuove sostanze attive autorizzate contenute in prodotti fitosanitari ha subito una diminuzione del 14%. A tale riguardo, è utile evidenziare che la principale causa di tale decisione non è più correlata in maniera predominante a incertezze da parte delle autorità sui possibili effetti tossici per la salute umana e dell’ambiente (52% delle revoche nel 2015) ma a irregolarità amministrative (87% delle revoche del 2018), indicando una possibile maggior attenzione alla salvaguardia ambientale. In siffatto contesto, si assiste altresì ad un incremento delle coltivazioni dedicate all’agricoltura biologica, che nel decennio 2008-2018 ha visto un’estensione della superficie delle colture quasi raddoppiata su tutto il territorio nazionale, fino a raggiungere nel 2019 1.993.236 ettari.
Questo metodo di produzione agricola è percepito come sinonimo di tutela ambientale e di qualità ed sempre più apprezzato dai consumatori, tanto che il suo fatturato ha superato i 3,3 miliardi di euro (dati aggiornati al primo semestre 2020), crescendo nell’ultimo anno del +4,4% e incidendo sulla spesa dell’agroalimentare del 4%. Il quadro descritto ci mostra l’evidenza della necessità di una svolta decisiva ed auspicabile verso l’agroecologia, l’utilizzo di prodotti biologici e la riduzione delle molecole pericolose di sintesi, non solo da parte del mondo agricolo produttivo ma anche dei consumatori.
Tuttavia, nonostante l’impegno nell’incrementare le produzioni biologiche e nel diminuire l’impiego di pesticidi, nel 2018 l’Italia si riconferma terza potenza europea per maggior consumo di questi prodotti, preceduta da Francia (84.969 tonnellate in un anno) e Spagna (61.343 tonnellate in un anno) e seguita dalla Germania (44.923 tonnellate in un anno). I volumi venduti in Spagna e Germania hanno determinato un trend di decrescita di circa il 7% e il 20% rispettivamente, mentre in Francia si nota un andamento inverso, avendo aumentato il consumo del 27%.
Purtroppo, l’esposizione ai fitofarmaci non coinvolge solo il personale addetto alla loro applicazione in campo, ma anche le fasce più deboli della popolazione, interagendo solo in parte con gli organismi bersaglio e disperdendosi nelle matrici ambientali quali aria, acqua e suolo, provocando tossicità anche nella vegetazione, negli insetti utili e nel resto del biota. Conscia di ciò, Legambiente promuove e sostiene le pratiche agricole che mirano alla mitigazione degli impatti negativi che l’uso di pesticidi provoca nell’ambiente, riducendo drasticamente la dipendenza a queste sostanze in agricoltura. Risulta dunque prioritario promuovere l’agroecologia e l’agricoltura biologica come pilastri fondamentali capaci di accompagnare l’intero settore verso una piena e concreta transizione ecologica.
Per fare ciò, è però necessario anche definire un contesto normativo efficace e sostenuto da una chiara azione condivisa a livello europeo. La direttiva europea 128/2009 ha delineato un primo quadro comunitario, richiedendo agli Stati membri l’adozione di Piani di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Il nostro Paese ha recepito la prescrizione europea nel 2014, adottando un Piano di Azione Nazionale (PAN) che dovrebbe mirare ad una sensibile riduzione dell’impiego di presidi fitosanitari in agricoltura e in ambiente urbano, investendo in informazione, sensibilizzazione, tutela dei consumatori, salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità. Come evidenziato dai risultati dei dati raccolti all’interno del presente dossier, siamo ben lontani dagli obiettivi prefissati e chiediamo, quindi, che il nuovo PAN venga adottato in tempi brevi e sia in grado di intervenire in maniera decisiva sulla riduzione del rischio ambientale e sanitario correlato all’impiego di queste sostanze.
[...] Segue in allegato
Fonte: Legambiente
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