#Next Generation Italia: Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)
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#Next Generation Italia: Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)
In allegato:
Bozza 24 Aprile 2021
Bozza 12 Gennaio 2021
Bozza 6 Dicembre 2020
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Update 23 aprile 2021
Il piano italiano per il Next Generation Eu arriva venerdì 24 aprile 2021 in consiglio dei ministri con cifre e progetti rivisitati. Mario Draghi negli incontri dei giorni scorsi si è limitato ad ascoltare senza rivelare i dettagli del Piano, e solo nella tarda serata schede e tabelle - non ancora il testo completo - sono iniziate a circolate tra i ministri in vista della cabina di regia con i capidelegazione che dovrà mettere a punto gli ultimi dettagli prima del via libera finale in Cdm.
I numeri del Piano
Il governo presenterà un pacchetto complessivo di interventi da 221,5 miliardi. Da un lato ci sono 191,5 miliardi coperti con il Recovery Fund vero e proprio (138,5 per nuovi progetti e 53 per sostituire coperture di progetti già in essere), dall’altro i 30,04 del Fondo complementare alimentato con lo scostamento di bilancio in cui dovranno confluire i progetti “esclusi” dal Piano.
Update 12 gennaio 2021
Il Consiglio dei Ministri, riunito martedì 12 gennaio 2021, ha approvato la proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che sarà inviata alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica al fine di acquisirne le valutazioni.
Il Piano dovrà dare attuazione, nel nostro Paese, al programma Next Generation EU, varato dall’Unione europea per integrare il Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 alla luce delle conseguenze economiche e sociali della pandemia da COVID-19.
L’azione di rilancio del Paese delineata dal Piano è guidata da obiettivi di policy e interventi connessi ai tre assi strategici condivisi a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale.
Il Piano consente di affrontare, in modo radicale, le profonde trasformazioni imposte dalla duplice transizione, ecologica e digitale, una sfida che richiede una forte collaborazione fra pubblico e privato. Inoltre, attraverso un approccio integrato e orizzontale, si mira al rafforzamento del ruolo della donna e al contrasto alle discriminazioni di genere, all’accrescimento delle competenze, della capacità e delle prospettive occupazionali dei giovani, al riequilibrio territoriale e allo sviluppo del Mezzogiorno. Tali priorità non sono affidate a singoli interventi circoscritti in specifiche componenti, ma perseguite in modo trasversale.
Il Piano si articola in sei missioni, che rappresentano “aree tematiche” strutturali di intervento:
2. rivoluzione verde e transizione ecologica;
3. infrastrutture per una mobilità sostenibile;
4. istruzione e ricerca;
5. inclusione e coesione;
6. salute.
Nell’insieme, le missioni raggruppano sedici componenti, funzionali a realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del Governo, che a loro volta si articolano in 47 linee di intervento per progetti omogenei e coerenti.
Le risorse complessivamente allocate nelle sei missioni del PNRR sono pari a circa 210 miliardi di euro. Di questi, 144,2 miliardi finanziano “nuovi progetti” mentre i restanti 65,7 miliardi sono destinati a “progetti in essere” che riceveranno, grazie alla loro collocazione all’interno del PNRR, una significativa accelerazione dei profili temporali di realizzazione e quindi di spesa.
Con il Piano, il Governo intende massimizzare le risorse destinate agli investimenti pubblici, la cui quota supera il 70%. Gli incentivi a investimenti privati sono pari a circa il 21%. Impiegando le risorse nazionali del Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027 non ancora programmate, è stato possibile incrementare gli investimenti di circa 20 miliardi per nuovi progetti in settori importanti, che comprendono la rete ferroviaria veloce, la portualità integrata, il trasporto locale sostenibile, la banda larga e il 5G, il ciclo integrale dei rifiuti, l’infrastrutturazione sociale e sanitaria del Mezzogiorno.
I singoli progetti di investimento sono stati selezionati secondo criteri volti a concentrare gli interventi su quelli trasformativi, a maggiore impatto sull’economia e sul lavoro. A tali criteri è stata orientata anche l’individuazione e la definizione sia dei “progetti in essere” che dei “nuovi progetti”. Per ogni missione sono indicate, inoltre, le riforme necessarie a realizzarla nel modo più efficace.
Il primo 70 per cento delle sovvenzioni verrà impegnato entro la fine del 2022 e speso entro la fine del 2023. Il piano prevede inoltre che il restante 30 per cento delle sovvenzioni sarà speso tra il 2023 e il 2025. I prestiti totali aumenteranno nel corso del tempo, in linea con l’obiettivo di mantenere un livello elevato di investimenti e altre spese, in confronto all’andamento tendenziale. Nei primi tre anni, la maggior parte degli investimenti e dei “nuovi progetti” (e quindi dello stimolo macroeconomico rispetto allo scenario di base) sarà sostenuta da sovvenzioni. Nel periodo 2024-2026, viceversa, la quota maggiore dei finanziamenti per progetti aggiuntivi arriverà dai prestiti.
Nella tabella di seguito si evidenzia l’entità delle risorse che si prevede di impiegare nelle sei missioni, con la distinzione tra i progetti già in essere e quelli nuovi.
Il PNRR impatterà positivamente sulle principali variabili macroeconomiche e sugli indicatori di inclusione, equità e sviluppo sostenibile attraverso i maggiori investimenti che attiverà direttamente e indirettamente e le innovazioni tecnologiche che introdurrà e stimolerà. Questi effetti saranno amplificati dalle riforme di contesto e da quelle più settoriali inserite nelle singole componenti del Piano. Una valutazione dell’impatto complessivo di investimenti, trasferimenti, incentivi e riforme, nonché dell’effetto moltiplicativo che potrebbe realizzarsi grazie all’effetto-leva di numerose linee progettuali del Piano, potrà essere effettuata quando tutti i dettagli dei progetti e delle relativamente riforme saranno pienamente definiti.
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INDICE
Premessa
Parte 1 – Obiettivi generali e coerenza del Piano
1.1 Il Contesto
1.2 La strategia di rilancio per la resilienza e la crescita sostenibile e inclusiva
1.3 Le risorse del PNRR
1.4 La struttura del PNRR
Part 2 – Le riforme e gli investimenti per una transizione “green, smart and healthy”
2.0 Riforme di sistema: la giustizia
2.1 Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura
2.2 Rivoluzione verde e transizione ecologica
2.3 Infrastrutture per una mobilità sostenibile
2.4 Istruzione e ricerca
2.5 Parità di genere, coesione sociale e territoriale
2.6 Salute
Part 3 – L’attuazione e il monitoraggio del PNRR
3.1 Coerenza con altre iniziative e complementarietà dei finanziamenti
3.2 Modello di gestione del piano
3.3 Verifica dell’attuazione e monitoraggio del piano
3.4 Piattaforma di open-government per il controllo pubblico [da completare]
3.5 Resoconti periodici sull’andamento del PNRR [da completare]
Parte 4 – Valutazione dell’impatto macroeconomico del PNRR
4.2 Impatto macroeconomico delle riforme
4.3 Valutazione d’impatto delle misure per il Sud nel PNRR e nel DDL di Bilancio
4.4 Impatto di genere del PNRR e del DDL di Bilancio
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L’Italia è un’economia avanzata e uno dei maggiori Paesi esportatori europei. Nel 2019 il valore delle esportazioni di merci ha toccato i 476 miliardi di euro. L’avanzo delle partite correnti ha raggiunto 53,4 miliardi di euro nel 2019, pari al 3% del Pil italiano. Il marchio Made in Italy è garanzia di alta qualità e originalità sui mercati internazionali in numerosi settori ‘tradizionali’. Il settore manifatturiero è tuttavia altamente specializzato anche in industrie a maggiore contenuto tecnologico, quali la meccanica strumentale e la robotica, l’aerospaziale e la farmaceutica. Il patrimonio culturale italiano è uno dei più grandi al mondo, con 55 siti inclusi nella lista del 2020 del patrimonio mondiale dell’UNESCO. La spesa dei visitatori stranieri in Italia ha raggiunto i 44 miliardi di euro nel 2019.
D’altro canto, la crescita economica dell’Italia negli ultimi vent’anni è stata nettamente inferiore alla media europea e, più in generale, a quella delle altre economie avanzate. Ciò anche nella fase di ripresa degli anni 2014-2019, in cui il tasso medio di crescita del PIL reale non è andato oltre lo 0,8 per cento.
L’insoddisfacente crescita italiana è dovuta non solo a fattori strutturali, quali la ridotta dimensione media delle imprese e l’insufficiente competitività del sistema-Paese, o macrofinanziari, quali l’elevato debito pubblico, ma anche ad una incompleta transizione verso un’economia basata sulla conoscenza. Ciò è reso sempre più evidente dalle statistiche che riguardano i risultati del Paese nel campo dell’istruzione, dell’innovazione tecnologica e della produttività, che evidenziano significativi ritardi nei confronti dei principali partner europei, così come marcate disparità regionali.
Le disparità di reddito, genere e territoriali, già significative, si sono ampliate a partire dalla crisi globale del 2008. Le deboli prospettive di occupazione hanno causato una emigrazione netta di giovani studenti e lavoratori altamente qualificati. I ridotti margini di finanza pubblica hanno compresso la capacità di risposta, specie dopo la stretta seguita alla crisi del debito sovrano dell’area dell’euro del 2011.
Ne hanno risentito soprattutto gli investimenti pubblici, diminuiti rispetto al PIL, da un picco del 3,7% nel 2009 al 2,1% nel 2018, recuperando solo marginalmente, al 2,3%, nel 2019. Le valutazioni della Commissione europea indicano che negli ultimi anni gli investimenti fissi lordi della pubblica amministrazione non sono stati sufficienti a compensare l’obsolescenza del capitale pubblico.
Le calamità naturali, indotte anche dai cambiamenti climatici, che hanno ripetutamente colpito il Paese, dai terremoti alle alluvioni e alle frane, provocano enormi danni, aggravati dall’obsolescenza delle infrastrutture e dall’abbandono di alcuni territori. Vi è pertanto una 12 pressante esigenza di migliorare la resilienza delle infrastrutture. La resilienza, tuttavia, è un concetto più ampio, come evidenziato drammaticamente dalla crisi pandemica in corso. Essa comprende, ad esempio, la capacità di risposta del sistema sanitario a inattese crisi epidemiche ed altri rischi per la salute; la protezione dei cittadini e del territorio a fronte dei rischi ambientali; la solidità della pubblica amministrazione e della finanza pubblica, che è necessaria per poter rispondere con prontezza ed efficacia a crisi improvvise.
Le ricadute economiche dell’epidemia da Covid-19 si inseriscono in questo quadro, aggravandolo. L’impatto sul mercato del lavoro è stato attutito dalle molteplici misure messe in campo dal Governo, ed in particolare dall’ampio ricorso agli ammortizzatori sociali. Tuttavia, le perdite di occupazione sono state notevoli fra i lavoratori con contratto a tempo determinato (specie i giovani) e i lavoratori autonomi. Alcuni posti di lavoro potrebbero essere definitivamente perduti – anche per il progredire della rivoluzione tecnologica digitale – e sarà necessario affrontare un processo di riallocazione tra settori e località. I servizi pubblici per l’impiego e il loro coordinamento con i servizi privati devono essere potenziati per facilitare questo processo.
La debole capacità amministrativa del settore pubblico italiano ha rappresentato un ostacolo al miglioramento dei servizi offerti e agli investimenti pubblici negli ultimi anni.
Il PNRR affronta questa rigidità promuovendo un’ambiziosa agenda di riforme per la Pubblica Amministrazione, supportata dalla digitalizzazione dei processi e dei servizi, dal rafforzamento della capacità gestionale e dalla fornitura dell’assistenza tecnica necessaria alle amministrazioni centrali e locali, che sono fondamentali per promuovere un utilizzo rapido ed efficiente delle risorse pubbliche...
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