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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 8295 | 28 Febbraio 2025

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Cassazione Penale Sez  4 del 28 febbraio 2025 n  8295

Cassazione Penale Sez. 4 del 28 febbraio 2025 n. 8295 / Marcatura CE non esonera da responsabilità il DL

ID 23571 | 07.03.2025 / In allegato

Cassazione Penale Sez. 4 del 28 febbraio 2025 n. 8295 - Palese vizio di progettazione della macchina: la marcatura CE non esonera da responsabilità il datore di lavoro

Penale Sent. Sez. 4 Num. 8295 Anno 2025
Dott. DOVERE Salvatore - Presidente
Dott. BRANDA Francesco Luigi - Consigliere
Dott. MARI Attilio - Consigliere
Dott. D'ANDREA Alessandro - Consigliere
Dott. SESSA Gennaro - Relatore

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 13/07/2023, la Corte di appello di Firenze ha parzialmente riformato la sentenza con cui, il precedente 16/07/2021, il Tribunale di Firenze aveva affermato la penale responsabilità di A.A. in ordine al delitto di lesioni personali colpose ascrittogli, concedendo al predetto le attenuanti generiche, valutate in termini di prevalenza sulla riconosciuta aggravante, rideterminando in melius il trattamento sanzionatorio, con inflizione di una pena pecuniaria ritenuta di giustizia e revocando, per l'effetto, il disposto beneficio della sospensione condizionale della pena.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del A.A., avv.to Gabriele Rondanina, che ha articolato due motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., violazione di legge, in punto di ritenuta configurabilità della colpa con riguardo al delitto per cui v'era stata condanna, sotto il profilo della prevedibilità dell'evento e dell'esigibilità di una condotta alternativa lecita.

Osserva al riguardo che, nella decisione della Corte territoriale, si sarebbe pervenuti all'affermazione della sussistenza dell'elemento soggettivo senza tener conto del fatto che il datore di lavoro, ritenuto responsabile del sinistro, avrebbe fatto incolpevole affidamento sulla certificazione di conformità emessa dal produttore del macchinario all'atto della commercializzazione, reiterata, peraltro, a seguito delle modifiche apportate, e sulla mancata indicazione, nel manuale di istruzione, del tipo di rischio in concreto verificatosi, sicché risulterebbe inesigibile l'adozione, da parte sua, di una condotta alternativa lecita.

2.2. Con il secondo motivo si duole, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., dell'inosservanza della norma processuale stabilita a pena di nullità di cui all'art. 178 cod. proc. pen.

Sostiene, in particolare, che la decisione oggetto d'impugnativa risulterebbe emessa ancorché le conclusioni scritte del Procuratore Generale fossero state inizialmente notificate alla difesa in maniera incompleta e la notificazione integrale dell'atto fosse intervenuta solo il giorno dell'udienza di trattazione, in palese violazione dei termini stabiliti ex lege.

Considerato in diritto

1. Il ricorso presentato nell'interesse di A.A. è manifestamente infondato per le ragioni che di seguito si espongono.

2. Ragioni di ordine logico inducono ad esaminare, innanzitutto, il secondo motivo di ricorso, essendo stata, con esso, prospettata una questione avente natura pregiudiziale.

Nello specifico, si lamenta, con tale motivo, l'inosservanza della norma processuale stabilita a pena di nullità di cui all'art. 178 cod. proc. pen., assumendo che la decisione della Corte territoriale sarebbe stata emessa benché le conclusioni scritte del Procuratore Generale fossero state inizialmente notificate alla difesa in maniera incompleta, mentre la notificazione dell'atto in forma integrale era intervenuta solo il giorno dell'udienza di trattazione, in spregio dei termini stabiliti ex lege.

La prospettata doglianza non coglie nel segno.

Osserva sul punto il Collegio che la natura processuale della deduzione legittima la diretta consultazione degli atti, costituendo principio consolidato quello secondo "In tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un "error in procedendo" ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all'esame diretto degli atti processuali" (così: sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304-01, nonché, in precedenza, Sez. 4, n. 47891 del 28/09/2004, Mauro e altri, Rv. 230568-01).

Orbene, l'attenta disamina dell'incarto processuale rivela che il confronto dei due atti contenenti le conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale presso la Corte di appello, il primo dei quali tempestivamente notificato al privato appellante e l'altro allo stesso notificato solo il giorno dell'udienza, fa emergere che l'incompletezza dell'uno si limita alla mancata formalizzazione dell'adesione della parte pubblica alla richiesta di inflizione della sola pena pecuniaria avanzata, con l'atto di gravame, dalla difesa, con conseguente revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Tale circostanza consente di concludere che, a fronte dell'avvenuto accoglimento di tale richiesta da parte della Corte territoriale e in carenza di specifiche indicazioni del ricorrente, appare insussistente la lesione del diritto di difesa dal predetto, in tesi, subita.

D'altro canto, deve rilevarsi che, essendosi celebrato il giudizio di appello con il rito cartolare previsto in funzione del contenimento della pandemia da Covid-19, trova applicazione nel caso di specie l'insegnamento della Suprema Corte, secondo cui "Nel rito a trattazione scritta, i termini per il deposito delle conclusioni delle parti, pur in mancanza di espressa indicazione, devono ritenersi perentori, essendo imprescindibilmente funzionali a consentire il corretto svilupparsi del contraddittorio, sicché il deposito tardivo esime il giudice dal tenere conto delle conclusioni ai fini della decisione, fermo restando che l'imputato non può limitarsi a lamentare un generico pregiudizio del proprio diritto di difesa, dovendo dedurre un 'effettiva incidenza delle conclusioni intempestive rispetto all'esito del giudizio" (in tal senso: Sez. 6, n. 22919 del 24/04/2024, P., Rv. 286664-01).

3. Palesemente infondato è anche il primo motivo di ricorso, con cui ci si duole di violazione di legge, in punto di ritenuta configurabilità dell'elemento soggettivo del reato sotto il profilo della prevedibilità dell'evento e dell'esigibilità di una condotta alternativa lecita, sostenendo che, nella decisione impugnata, non si sarebbe considerato che il datore di lavoro aveva incolpevolmente confidato sulla certificazione di conformità emessa dal produttore del macchinario all'atto della sua commercializzazione e in occasione delle modifiche ad esso apportate, oltre che sulla mancata indicazione, nel manuale di istruzione, del tipo di rischio di fatto verificatosi.

Ritiene il Collegio che il motivo di ricorso si caratterizzi per un'evidente genericità estrinseca o aspecificità, atteso che la parte ricorrente, nell'articolare la dedotta doglianza, ha omesso di confrontarsi con le argomentazioni spese dalla Corte territoriale con specifico riguardo ai temi indicati, finendo col riproporre le medesime osservazioni critiche dalla stessa già vagliate e confutate.

E invero, l'effettiva prevedibilità, da parte del datore di lavoro, dell'evento in concreto verificatosi e l'esigibilità, nei suoi confronti, di una condotta alternativa lecita costituiscono questioni che hanno formato oggetto di specifica deduzione alla Corte di appello e che i giudici del merito hanno accuratamente scrutinato (in specie alle pagg. 7-10 della decisione impugnata), evidenziando, con estrema chiarezza:

a) che gli elementi probatori acquisiti in esito all'istruttoria dibattimentale svoltasi in primo grado evidenziavano che il vizio di progettazione della macchina, il cui cattivo funzionamento causò l'infortunio, non poteva ritenersi occulto, emergendo con chiarezza dal video realizzato dal consulente tecnico della difesa che le pale metalliche, attraverso la cui rotazione era effettuata la mantecatura del gelato, continuavano a muoversi, nonostante l'azionamento del comando di stop, cui seguiva, peraltro, lo spegnimento sul display della scritta "organi in movimento";

b) che il datore di lavoro, in presenza di un vizio di progettazione palese, era tenuto ad attivarsi, nella sua qualità di garante della sicurezza dei lavoratori, imponendoglielo, nello specifico, l'art. 71, comma 1, D.Lgs. n. 81 del 2008 e non esonerandolo da responsabilità la marcatura "CE" apposta sulla macchina o l'affidamento nella competenza del produttore, posto che il vizio, come detto, era palese e, quindi, da lui agevolmente percepibile con l'uso dell'ordinaria diligenza;

c) che l'evento infausto di fatto verificatosi, oltre che prevedibile, era all'evidenza evitabile, in quanto il datore di lavoro avrebbe potuto agevolmente porre in essere la condotta alternativa lecita, consistente nell'adozione di una protezione idonea ad impedire che il dipendente introducesse le mani nel vano in cui avveniva il movimento rotatorio delle pale metalliche, funzionale all'operazione di mantecatura del gelato, mentre questo era in atto.

Coerentemente con le considerazioni testé riportate, i giudici di secondo grado hanno quindi concluso per la sussistenza di un evidente profilo di colpa nell'agire del datore di lavoro.

A fronte di un siffatto argomentato, il ricorrente, come sopra anticipato, ha finito col riproporre, con la doglianza di cui trattasi, le medesime osservazioni critiche già prospettate ai giudici di merito, senza confrontarsi in alcun modo con gli argomenti da questi spesi per confutare le sue deduzioni.

Deve, tuttavia, rilevarsi che i motivi di doglianza con cui, a fronte di un argomentato esauriente, com'è quello dinanzi riportato, si ripropongono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame risultano, per pacifica acquisizione della giurisprudenza di legittimità, affetti da un'evidente aspecificità.

La mancanza di specificità del motivo ricorre, infatti, tanto nel caso della sua genericità, intesa come indeterminatezza della doglianza, quanto in quello del difetto di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ai sensi dell'art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., all'inammissibilità del gravame (così, ex multis, Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521-01, nonché, in precedenza, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710-01, Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425-01, Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568-01 e Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849-01).

4. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v'è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di Euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, venga omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi della persona offesa, ai sensi dell'art. 52, comma 2, D.Lgs. n. 196 del 2003.
Così deciso in Roma il 23 gennaio 2025.
Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2025.

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