Nota prot. n. 5944 dell’8 luglio 2025
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Nota prot. n. 5944 dell’8 luglio 2025 / Provvedimento di interdizione ante/post partum. Indicazioni operative
ID 24264 | 10.07.2025 / In allegato
Nota prot. n. 5944 dell’8 luglio 2025
Oggetto:d.lgs. n. 151/2001: provvedimento di interdizione ante/post partum. Indicazioni operative.
Allo scopo di fornire indicazioni utili ad uniformare l’attività degli Uffici nelle fasi di istruttoria e valutazione dei procedimenti volti all’emanazione dei provvedimenti di interdizione al lavoro delle lavoratrici madri, in periodo antecedente e successivo al parto, si forniscono i seguenti chiarimenti.
La base normativa è costituita dalle disposizioni di cui agli artt. 6, 7 e 17 del d.lgs. n. 151/2001 finalizzate a tutelare la salute della lavoratrice madre e della prole attraverso l’adozione di misure di protezione in relazione alle condizioni di lavoro e alle mansioni svolte ovvero attraverso l’astensione dal lavoro, nonché dalle previsioni di natura esecutiva contenute nell’art. 18, commi 7 e 8, del D.P.R. n. 1026/1976 (tuttora vigente in forza dell’art. 87 del d.lgs. n. 151/2001).
Premessa fondamentale è quanto indicato nella Comunicazione della Commissione delle Comunità Europee del 05/10/2000 secondo cui: “la gravidanza non è una malattia ma un aspetto della vita quotidiana” tuttavia “condizioni suscettibili di essere considerate accettabili in situazioni normali possono non esserlo più durante la gravidanza”, lo stesso dicasi per il periodo dell’allattamento che la normativa tutela fino al VII mese dopo il parto.
1. PRESENTAZIONE ISTANZA
La richiesta di interdizione può essere inoltrata su istanza del datore di lavoro o su istanza della lavoratrice, utilizzando la modulistica disponibile nell’apposita sezione del portale INL, unitamente alla copia del documento di identità del richiedente, del certificato medico di gravidanza con indicazione della data presunta del parto (in caso di interdizione anticipata) o dell’autocertificazione/certificazione di nascita (in caso di interdizione posticipata) e l’indicazione della mansione svolta dalla lavoratrice.
Qualora la richiesta sia presentata dal datore di lavoro, la stessa dovrà contenere anche la precisazione dell’impossibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni sulla base di elementi tecnici attinenti all’organizzazione dell’azienda.
Inoltre, il datore di lavoro dovrà indicare gli eventuali lavori faticosi, pericolosi ed insalubri a cui è esposta la lavoratrice (quali ad es. stazione eretta, posizioni affaticanti, lavoro su scale, sollevamento pesi, lavoro a bordo di mezzi di trasporto, conduzioni di macchine utensili) di cui agli allegati A e B del d.lgs. n. 151/2001 e vietati ai sensi all’art. 7 c. 1 e 2 del d.lgs. n. 151/2001, anche mediante la trasmissione dello stralcio del documento di valutazione dei rischi (DVR) relativo alle lavoratrici gestanti e puerpere di cui all’art. 11 del medesimo decreto (Allegato C).
Sul punto, si ricorda che, allo scopo di garantire la corretta gestione delle fasi del procedimento ed evitare l’adozione tardiva del provvedimento di interdizione dal lavoro, è necessario provvedere alla protocollazione delle istanze presentate all’ufficio (cfr. art. 53 d.P.R. n. 445/2000) nella stessa data in cui vengono ricevute (cfr. art. 18-bis della L. n. 241/1990), nonché procedere all’assegnazione tempestiva della relativa istruttoria, fermo restando che, relativamente alle istanze pervenute nei giorni e negli orari di chiusura dell’ufficio, si provvederà a tali adempimenti nel primo giorno utile.
2. FASE ISTRUTTORIA
Durante la fase istruttoria, l’Ufficio dell’Ispettorato territoriale competente è tenuto a valutare la documentazione acquisita nonché la correttezza dei presupposti legittimanti la richiesta di interdizione al lavoro, ovvero che ricorrano congiuntamente le condizioni previste dalle lettere b) e c) dell’art. 17 comma 2 del d.lgs. n. 151/2001, di seguito richiamate:
b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;
c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7 e 12.
Nell’approccio alla valutazione dei rischi, la prima fase corrisponde all’identificazione degli stessi in riferimento alle mansioni svolte dalla lavoratrice e all’ambiente di lavoro con particolare attenzione alla presenza di (a mero titolo esemplificativo e non esaustivo):
- rumore, radiazioni, vibrazioni, microclima, campi elettromagnetici, microonde, ultrasuoni;
- fumi di saldatura, vapori di solventi, oli minerali, stampaggio materie plastiche, sostanze chimiche tossiche, nocive, corrosive, infiammabili;
- agenti biologici;
- aggressioni.
Come chiarito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con nota n. 7553 del 29/04/2013, il procedimento amministrativo de quo non rappresenta un accertamento ispettivo, poiché “la valutazione del rischio effettuata dal datore di lavoro”, come previsto all’art. 11 del d.lgs. n. 151/2001 nonché all’art. 28 comma 1 del d.lgs. n. 81/2008, “costituisce il presupposto sulla base del quale deve essere emesso il provvedimento di interdizione fuori dai casi di cui all'art. 7 commi 1 e 2”.
Pertanto, qualora non sia possibile eliminare il rischio e non sia praticabile lo spostamento della lavoratrice ad altra mansione, anche inferiore (ferma restando la retribuzione), compatibile con lo stato di gravidanza o allattamento, si dovrà procedere all’interdizione dal lavoro così come disposto dall’art. 7, comma 6, d.lgs. n. 151/2001.
3. FASE VALUTATIVA
L’art. 7 comma 1 del d.lgs. n. 151/2001 dispone “il divieto di adibire la lavoratrice al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché a lavori pericolosi faticosi e insalubri elencati specificamente negli allegati A e B del decreto citato”
Nella fase valutativa, pertanto, si dovranno verificare le condizioni di lavoro della lavoratrice se rientranti tra (vedi allegato 1):
- lavori indicati in Allegato A (art. 7 co.1);
- lavori indicati in Allegato B (art. 7 co 2);
- lavori indicati in Allegato C (art. 11 co 1).
Inoltre, l’Allegato A specifica che il divieto di trasporto di cui all’art. 7, co.1, del d.lgs. n. 151/2001 va inteso come divieto di adibire la lavoratrice al trasporto, sia a braccia sia a spalle, sia con carretti a ruote su strada o su guida e al sollevamento dei pesi, compreso il carico, scarico e ogni altra operazione connessa.
A riguardo, come già sancito dalla circolare INL prot. n. 553 del 02/04/2021, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di tutela della lavoratrice nel periodo ante e post partum, si ritiene sufficiente la mera constatazione della adibizione della lavoratrice madre a mansioni di trasporto e al sollevamento di pesi, ferma restando una valutazione circa l’impossibilità di adibizione ad altre mansioni.
In tal senso la medesima circolare, chiarisce che:
- vige il divieto generalizzato;
- l’adibizione a tali mansioni costituirebbe comunque condizione sufficiente per il riconoscimento della tutela della lavoratrice con la conseguente emanazione del provvedimento di interdizione.
È comunque opportuno evidenziare che per “carico” si intende un peso superiore ai 3 Kg che venga movimentato in via non occasionale nella giornata lavorativa tipo. Per spostamenti di pesi inferiori ai 3 kg non si applicano i criteri relativi alla movimentazione manuale carichi; in tale contesto vanno valutati altri rischi quali la stazione eretta, le posture incongrue, i ritmi lavorativi.
Si precisa inoltre che, nella fase post-partum, alla ripresa dell’attività lavorativa, alla lavoratrice madre dovrà essere evitata la movimentazione manuale di carichi qualora l’indice di rischio (UNI ISO 11228-1) sia superiore o uguale a 1.
4. VALUTAZIONE DEL RISCHIO PER LA SICUREZZA E LA SALUTE DELLE LAVORATRICI. ESAME DVR
L’art. 11 del d.lgs. n. 151/2001 stabilisce che: “fermo quanto stabilito dall’art. 7, commi 1 e 2, il datore di lavoro, nell’ambito ed agli effetti della valutazione di cui all’art. 4, comma 1 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, valuta i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, in condizioni di lavoro di cui all’allegato C, nel rispetto delle linee direttrici elaborate dalla Commissione dell’Unione europea, individuando, le misure di prevenzione e protezione da adottare”.
Dei risultati della valutazione dei rischi e sulle conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate devono essere informate tutte le lavoratrici ed i rappresentanti per la sicurezza (art.11 co.2 d.lgs. n. 151/2001).
Le lavoratrici vanno altresì informate che tutte le misure di tutela previste dal d.lgs. n. 151/2001 saranno attivate solo dopo aver comunicato al datore di lavoro lo stato di gravidanza anche mediante la presentazione del certificato medico che lo attesta.
Analogamente, in caso di affidamento o di adozione di un minore, la comunicazione al datore di lavoro sarà rappresentata dal provvedimento emesso dai competenti organi giudiziari.
La fase valutativa dovrà, pertanto, partire dall’esame dello stralcio del DVR esibito e dovrà necessariamente contemplare anche una valutazione oggettiva, volta per volta, afferente all’ambiente,
all’orario di lavoro, alla mansione e allo svolgimento in concreto della prestazione lavorativa.
Quanto agli effetti della valutazione del rischio, l’art. 12 del d.lgs. n. 151/2001 non lascia margini interpretativi: “qualora i risultati della valutazione di cui all’art. 11 comma 1 rivelino un rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, il datore di lavoro adotta le misure necessarie affinché l’esposizione al rischio delle lavoratrici sia evitata modificandone temporaneamente le condizioni o l’orario di lavoro”… “Ove la modifica delle condizioni o dell’orario di lavoro non sia possibile per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro applica quanto stabilito dall’art. 7, commi 3, 4 e 5 dandone contestuale informazione scritta al servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio, che può disporre l’interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui all’art. 6, comma 1”.
Pertanto, è evidente che laddove non sia possibile eliminare il rischio e non sia praticabile lo spostamento della lavoratrice ad altra mansione compatibile, l’Ufficio dovrà procedere all’emanazione dell’apposito provvedimento di interdizione dal lavoro così come disposto dall’art. 7 co. 6 del d.lgs. n. 151/2001.
Diversamente se sussiste la possibilità di spostamento, il datore di lavoro collocherà la lavoratrice alla mansione non pregiudizievole al suo stato (v. par. 6).
In conclusione, al fine di mettere in pratica tutte le misure necessarie ad evitare l’esposizione ai potenziali rischi della lavoratrice madre, il datore di lavoro dovrà attuare uno o più dei seguenti provvedimenti:
a) modifica temporanea delle condizioni o dell’orario di lavoro;
b) spostamento della lavoratrice ad altro reparto/mansione non pregiudizievole al suo stato;
c) qualora non siano possibili le ipotesi di cui alle lettere a) e b), il datore di lavoro dovrà tempestivamente avanzare istanza di astensione ante partum/post partum, all’ITL competente per territorio, al fine di ottenere il conseguente provvedimento autorizzativo.
5. FASE PROCEDURALE
[...]
6. CASI SPECIFICI
[...]
POSTURA ERETTA PROLUNGATA
[...]
COMPARTO SCUOLA
[...]
7. SPOSTAMENTO AD ALTRA MANSIONE
[...]
Fonte: INL
Collegati
D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151
D.Lgs. 81/2008 Testo Unico Salute e Sicurezza Lavoro
Linee di indirizzo lavoratrici madri
La tutela della gravidanza nei luoghi di lavoro
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