Circolare MLPS n. 6 del 27 marzo 2025
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Circolare MLPS n. 6 del 27 marzo 2025 / Principali interventi attuati con “Collegato lavoro”
ID 23700 | 28.03.2025 / In allegato
Circolare ministeriale n. 6 del 27 marzo 2025 che illustra i principali interventi attuati con il cosiddetto “Collegato lavoro” (legge 13 dicembre 2024 n. 203 recante “Disposizioni in materia di lavoro”) e fornisce le prime indicazioni operative.
In particolare il documento si sofferma sulle novità in materia di somministrazione di lavoro, lavoro stagionale, periodo di prova, comunicazioni in materia di lavoro agile e cosiddette dimissioni per fatti concludenti.
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Oggetto: Legge 13 dicembre 2024, n. 203 recante "Disposizioni in materia di lavoro" - Prime indicazioni operative.
Con la presente circolare si illustrano, sentito l’Ufficio legislativo, i principali interventi attuati con la legge 13 dicembre 2024 n. 203 recante "Disposizioni in materia di lavoro" e si forniscono le prime indicazioni operative in merito alle disposizioni che seguono.
Articolo 10, legge n. 203/2024 (modifiche alla disciplina della somministrazione contenuta nel decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di somministrazione di lavoro).
Con il comma 1, lettera a, numero 1), l’articolo 10 interviene sull’articolo 31, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, sopprimendone il quinto ed il sesto periodo. Con la modifica in esame si è inteso eliminare la disciplina transitoriamente in vigore fino al 30 giugno 2025, che consentiva agli utilizzatori di superare il limite complessivo di 24 mesi, anche non continuativi, per le missioni a tempo determinato di un medesimo lavoratore somministrato, laddove l’agenzia di somministrazione abbia comunicato all’utilizzatore di aver assunto detto lavoratore a tempo indeterminato.
Soppressa la disciplina transitoria, la norma di cui all’articolo 31, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015 dispone ora, in caso di sforamento del limite temporale di 24 mesi, la costituzione in capo all’utilizzatore di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato.
Per i contratti di somministrazione stipulati tra agenzia e utilizzatore a decorrere dal 12 gennaio 2025, data di entrata in vigore della legge 13 dicembre 2024 n. 203, il computo dei 24 mesi di lavoro dei lavoratori somministrati, ai sensi dell’articolo 19 comma 2 del decreto legislativo n. 81/2015, deve tenere conto di tutti i periodi di missione a tempo determinato intercorsi tra le parti successivamente alla data considerata.
Pertanto, ai fini del calcolo del suddetto periodo di 24 mesi, si conteggeranno solo i periodi di missione a termine che il lavoratore abbia effettuato per le missioni avviate successivamente al 12 gennaio 2025, data di entrata in vigore della modifica normativa in esame, senza computare le missioni già svolte in vigenza della precedente disciplina.
Ad esempio, nell’ipotesi di un lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’agenzia di somministrazione e inviato presso l’utilizzatore in una missione a termine per un periodo di 30 mesi, cessato prima del 12 gennaio 2025, tale periodo non viene calcolato per il raggiungimento del limite dei 24 mesi. Pertanto, il lavoratore potrà essere inviato in una o più missioni a termine il cui inizio è successivo a detta data, entro il limite massimo di 24 mesi.
Al contempo, secondo il principio tempus regit actum, le missioni in corso alla data di entrata in vigore della decreto legislativo n. 81/2015, svolte in ragione di contratti tra agenzia e utilizzatore stipulati antecedentemente al 12 gennaio 2025, potranno giungere alla naturale scadenza, fino alla data del 30 giugno 2025, senza che l’utilizzatore incorra nella sanzione della trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro con il lavoratore somministrato. Tuttavia, in quest’ultima ipotesi i periodi di missione maturati successivamente alla data del 12 gennaio dovranno essere scomputati dal limite dei complessivi 24 mesi, previsti dall’articolo 19 del decreto legislativo n. 81/2015.
A tali conclusioni deve giungersi anche alla luce delle sentenze rese il 14 ottobre 2020 e il 17 marzo 2022 in relazione alle cause C-681/18 e C-232/20 con cui la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha affermato che il ricorso al lavoro somministrato regolato dalla direttiva 2008/104/CE deve rispondere ad esigenze di temporaneità dell’impresa utilizzatrice, ribadendo l’obbligo degli Stati membri di preservare la natura temporanea di tale tipologia di lavoro e di adottare, conseguentemente, misure idonee ad evitare missioni successive di un lavoratore interinale presso la medesima impresa utilizzatrice finalizzate ad eludere la direttiva citata.
Tale principio, definitivamente acquisito dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass. civ. 21 luglio 2022, n. 22861; 11 ottobre 2022, n. 29570) e dalla giurisprudenza di merito, consente di superare quanto precedentemente affermato (cfr. circolare n. 17/2018) circa la possibilità che i lavoratori assunti dall’agenzia a tempo indeterminato potessero essere inviati in missione senza limiti di durata.
Il comma 1, lettera a), numero 2) dell’articolo 10 in esame introduce all’articolo 31, comma 2 del decreto legislativo n. 81/2015 due ulteriori categorie di lavoratori escluse dal limite quantitativo del 30% di lavoratori a termine e di lavoratori somministrati a tempo determinato rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore e che, quindi, sono utilizzabili in somministrazione a tempo determinato anche in sovrannumero.
In primo luogo, la modifica normativa opera un riallineamento tra il citato articolo 31, comma 2, e l’articolo 23, comma 2, in materia di lavoro a tempo determinato laddove stabilisce che non rientrano in detti limiti le ipotesi già escluse dai limiti quantitativi stabiliti per le assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato, ai sensi dell’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015.
Si tratta, in particolare, dei contratti conclusi:
- in fase di avvio di nuove attività;
- da start- up innovative;
- per lo svolgimento di attività stagionali;
- per lo svolgimento di specifici programmi o spettacoli;
- per la sostituzione di lavoratori assenti;
- con lavoratori over 50.
Inoltre, il secondo periodo della medesima lettera a) dell’articolo 10, comma 1, consente all’utilizzatore di non conteggiare entro la percentuale in esame anche i lavoratori inviati in missione a tempo determinato, se assunti dal somministratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Il comma 1, lettera b), dell’articolo 10 modifica l’articolo 34, comma 2 del decreto legislativo n. 81/2015, al fine di incentivare le opportunità di lavoro per i lavoratori che versano in situazioni di particolare debolezza. La norma stabilisce che, in caso di assunzioni a tempo determinato di tali categorie di lavoratori effettuate dalle agenzie per il lavoro, non trova applicazione l’obbligo di indicazione delle causali stabilite per le assunzioni con contratto a tempo determinato di durata superiore a dodici mesi dall’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015.
La disposizione, in particolare, consente alle agenzie di somministrazione di inviare in somministrazione a tempo determinato senza l’apposizione di causale:
- i soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali;
- i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati, di cui ai numeri 4) e 99) dell’articolo 2, comma 1, del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato ai sensi dell’articolo 31, comma 2, del citato decreto legislativo n. 81/2015.
Con DM 17 ottobre 2017 sono state individuate, in attuazione di quanto disposto dall’articolo 31, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015, le categorie di lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati in conformità alla regolamentazione euro-unitaria. In particolare, sono considerati soggetti svantaggiati coloro che:
a) non abbiano un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
b) abbiano un'età compresa tra i 15 e i 24 anni;
c) siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3) o abbiano completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e non abbiano ancora ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito;
d) abbiano superato i 50 anni di età;
e) siano adulti che vivono soli, con una o più persone a carico;
f) siano occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici e appartengano al genere sottorappresentato;
g) appartengano a minoranze etniche di uno Stato membro della UE e abbiano la necessità di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso ad un'occupazione stabile.
Sono lavoratori molto svantaggiati i soggetti privi da almeno 24 mesi di un impiego regolarmente retribuito e quelli che rientrano nelle ipotesi indicate nelle lettere da b) a g) dell’elenco sopra citato e risultano privi da almeno 12 mesi di un impiego regolarmente retribuito.
Articolo 11 (Norma di interpretazione autentica dell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di attività stagionali)
L’articolo 11 della decreto legislativo n. 81/2015 fornisce l’interpretazione autentica dell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015, in materia di attività stagionali chiarendo che “rientrano nelle attività stagionali, oltre a quelle indicate dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, le attività organizzate per fare fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché a esigenze tecnico produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, ivi compresi quelli già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative nella categoria, ai sensi dell’articolo 51 del citato decreto legislativo n. 81 del 2015”.
Rientra nella definizione di lavoro stagionale l’attività lavorativa svolta in un determinato periodo dell'anno e priva del carattere della continuità, sussumibile nella più ampia categoria del lavoro a tempo determinato, regolato dal citato decreto legislativo n. 81/2015 (articoli 19-29), dal quale si distingue per alcune eccezioni, in un’ottica di riduzione delle relative rigidità organizzative e gestionali.
In merito alle tipologie di attività di lavoro stagionale, la norma in commento chiarisce che le stesse sono riconducibili – oltre a quelle indicate dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525 – anche a quelle previste dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del citato decreto legislativo n. 81/2015, ossia dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
La norma di interpretazione autentica si è resa necessaria in quanto la formulazione letterale dell’articolo 21 del decreto legislativo n. 81/2015 non risultava sufficientemente chiara circa la possibilità o meno per i contratti collettivi di prevedere altre ipotesi di attività stagionali oltre a quelle contenute nel D.P.R. n. 1525 del 1963 o nel decreto ministeriale che avrebbe dovuto sostituirlo.
La soluzione individuata dalla norma di interpretazione autentica risulta conforme a quanto già chiarito in differenti occasioni (cfr. interpello n. 15 del 20 maggio 2016, da ultimo interpello n. 6 del 2 ottobre 2019 e nota INL n. 413 del 10 marzo 2021).
Gli atti sopra citati hanno precisato che, in relazione alle ipotesi di stagionalità individuate dal CCNL, il rinvio operato dal comma 2 dell’articolo 21 del decreto legislativo n. 81/2015 al D.P.R. n. 1525 del 1963 avviene in sostituzione del solo decreto ministeriale richiamato dalla norma stessa e non anche delle ulteriori ipotesi di esclusione individuate dalla contrattazione collettiva di settore, di cui all’articolo 51 del decreto legislativo n. 81/2015 alla quale, come in passato, resta demandata la possibilità di integrare il quadro normativo.
Come norma di interpretazione autentica, inoltre, l’articolo 11 ha natura retroattiva e trova, quindi, applicazione anche per i contratti collettivi firmati prima della sua entrata in vigore, come, peraltro, espressamente chiarito dallo stesso legislatore.
In base alla disposizione in esame, peraltro, sono considerate stagionali non solo le tradizionali attività legate a cicli stagionali ben definiti, ma anche quelle indispensabili a far fronte ad intensificazioni produttive in determinati periodi dell’anno o a soddisfare esigenze tecnico-produttive collegate a specifici cicli dei settori produttivi o dei mercati serviti dall'impresa.
Spetterà alla contrattazione collettiva chiarire specificamente – non limitandosi ad un richiamo formale e generico della nuova disposizione - in che modo, in concreto, quelle caratteristiche si riscontrino nelle singole attività definite come stagionali, al fine di superare eventuali questioni di conformità rispetto al diritto europeo (cfr. direttiva 1999/70/CE sul contratto a tempo determinato).
L’accordo quadro, contenuto nella direttiva citata, nella clausola 5.1, infatti, impone agli Stati membri, per prevenire abusi derivanti da una successione di contratti o rapporti a tempo determinato, di introdurre una o più misure relative a:
a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;
c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.
Pertanto, poiché il contratto stagionale - species del più ampio genere del contratto a tempo determinato - è privo di vincoli per quanto riguarda la durata massima (b) ed il numero dei rinnovi (c), l’unica misura tra quelle prospettate a livello europeo volta a limitarne l’utilizzo è proprio l’individuazione da parte del legislatore e da parte della contrattazione collettiva di ragioni obiettive, quanto più possibile puntuali, che ne giustifichino il rinnovo. Risulterebbero, infatti, in contrasto con lo scopo della direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia della UE (sentenza Angelidaki, cause riunite da C-378/07 a C-380/07), i contratti a termine che rispondano ad esigenze di carattere non provvisorio.
Articolo 13 (Durata del periodo di prova)
[...] Segue in allegato
Fonte: MLPS
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