Sentenza CP 49022/2019 del 3 dicembre 2019
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Sentenza CP 49022/2019 del 3 dicembre 2019
Il noleggiatore delle macchine da cantiere, utilizzate per realizzare opere senza i dovuti permessi, è responsabile degli abusi edilizi commessi
Penale Sent. Sez. 3 Num. 49022 Anno 2019
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: CERRONI CLAUDIO
Data Udienza: 25/10/2019
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SENTENZA
avverso la sentenza del 16/04/2019 della Corte di Appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Stefano Tocci, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione, articolato su due motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo il ricorrente ha censurato la commistione, operata dalla Corte territoriale, tra le nozioni di "costruttore" del manufatto e di "noleggiatore", caratterizzata quest'ultima da una mera obbligazione di mezzi, ossia dalla consegna di un bene.
Al contrario, la sentenza impugnata aveva inteso prescindere dal dato contrattuale esistente tra le parti. Infatti il noleggiatore, quale il ricorrente, non partecipava alla realizzazione del risultato avuto di mira dal proprietario del fondo, e non aveva posizioni di garanzia in merito alla realizzazione dell'opera abusiva, atteso che egli metteva solamente a disposizione il macchinario nonché, eventualmente, l'addetto al suo utilizzo.
2.2. Col secondo motivo è stata censurata la mera apparenza della motivazione, dal momento che era stato solamente sostenuto che ai fini della norma penale incriminatrice non aveva rilievo il tipo contrattuale, mentre anche il noleggiatore doveva intendersi come costruttore.
Né risultava giustificata la mancata riduzione della pena.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell'inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è inammissibile.
In primo luogo, peraltro, questa Corte ricorda che, nonostante l'adesione - tempestivamente comunicata - del difensore all'astensione proclamata dall'Unione delle Camere Penali, il procedimento è stato egualmente trattenuto in decisione stante la previsione dell'art. 4, comma 1, lett. a) del Codice di autoregolamentazione forense.
Trattasi invero di processo concernente un reato la cui prescrizione matura, nella pendenza del giudizio di legittimità, entro novanta giorni. In specie, il termine di maturazione della prescrizione deve essere individuato nel 29 ottobre 2019, atteso che al quinquennio contravvenzionale, con scadenza 1. Ottobre 2019, va aggiunto il periodo di ventotto giorni per precedente astensione del difensore (16 giugno-11 luglio 2017).
Infatti, nel giudizio di cassazione, l'adesione del difensore dell'imputato ad astensione collettiva dalle udienze non opera in riferimento a reati il cui termine di prescrizione maturi entro novanta giorni, come individuati dal predetto Codice di autoregolamentazione (Sez. 3, n. 7620 del 28/01/2010, Settecase, Rv. 246197), in quanto il rispetto dei presupposti fissati da questo atto, avente natura regolamentare, costituisce la precondizione per la sussistenza del diritto che si afferma voler esercitare (Sez. 2, n. 21779 del 18/02/2014, Frattura, Rv. 259707; Sez. 6, n. 39248 del 12/07/2013, Cartia, Rv. 256336).
4.1. Ciò doverosamente premesso, i motivi di impugnazione vanno esaminati congiuntamente, stante la loro connessione.
Il ricorrente ha inteso sostenere la propria estraneità all'opera ed all'intervento eseguito (ampliamento abusivo di un piazzale in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, nonché sbancamento di una porzione di versante della collina adiacente, il tutto siccome indicato nell'imputazione) in considerazione della propria posizione contrattuale di noleggiatore, obbligato solamente alla consegna di un mezzo necessario, nonché di un manovratore esperto, al fine di consentire l'esecuzione del lavoro (pacificamente abusivo).
Ciò posto, questa Corte, sia pure in tema di infortuni sul lavoro, ha già avuto modo di osservare ripetutamente che, nell'ipotesi di noleggio "a caldo" di macchinari anche il noleggiatore risponde delle conseguenze dannose derivanti dall'inosservanza delle norme antinfortunistiche relative all'utilizzo del macchinario noleggiato (Sez. 4, n. 38071 del 07/07/2016, Pesolillo, Rv. 267881; Sez. 4, n. 1763 del 14/10/2008, dep.
2009, Mazzuoli e altro, Rv. 242490).
A questo proposito, infatti, è stato colà osservato che - attraverso la valorizzazione della posizione di garanzia di colui che, consapevolmente, conceda un mezzo comunque utilizzato in un'attività rischiosa - è in tal modo offerta tutela - non puramente formalistica - ai beni, di primario rilievo costituzionale, della vita, dell'incolumità fisica e della salute.
Al riguardo, non può negarsi comunque analoga esigenza di tutela rafforzata in favore di beni di altrettanto primario interesse della collettività, dal momento che comunque in specie si è trattato tra l'altro di uno sbancamento non proprio irrilevante (fronte di 13-15 metri; profondità di sei metri; altezza di cinque metri) realizzato in difetto di titolo autorizzativo ed in zona oggetto di vincolo paesaggistico.
Del tutto in coerenza, poi, questa Corte ha già annotato che in tema di reati edilizi, e specificamente di lavori di costruzione edilizia in assenza del relativo permesso, gli esecutori materiali dei lavori, che prestano la loro attività alle dipendenze del costruttore, possono concorrere, per colpa, nella commissione dell'illecito per il caso di mancanza del permesso di costruire, se non adempiono all'onere di accertare l'intervenuto rilascio del provvedimento abilitante (Sez. 3, n. 8407 del 30/11/2006, dep. 2007, Roberto e altri, Rv. 236183). Del pari, e per le ragioni ivi ampiamente dedotte, è stato così ribadito che le contravvenzioni edilizie previste dall'art. 44 cit. devono essere qualificate come reati comuni e possono dunque essere commesse da qualsiasi soggetto (fatta eccezione per le condotte di inottemperanza all'ordine di sospensione dei lavori, per quelle ascrivibili esclusivamente al direttore dei lavori, nonché per alcune fattispecie riconducibili alla lettera a) della norma in quanto riferib li a specifici destinatari)(Sez. 3, n. 45146 del 08/10/2015, Fiacchino e altro, Rv. 265443).
Tutto ciò con la conseguenza, già sostanzialmente evidenziata dalla Corte territoriale, che l'esecutore dei lavori edilizi ha il dovere di controllare preliminarmente che siano state richieste e rilasciate le prescritte autorizzazioni, rispondendo a titolo di dolo del reato di cui all'art. 44 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in caso di inizio delle opere nonostante l'accertamento negativo, e a titolo di colpa nell'ipotesi in cui tale accertamento venga omesso (Sez. 3, n. 16802 del 08/04/2015, Carafa e altro, Rv. 263474).
4.1.1. In siffatto quadro, pertanto, del tutto correttamente si è preteso dall'imprenditore, che noleggia mezzo e manovratore, la verifica della liceità dell'opera che la sua organizzazione aziendale contribuirà a realizzare, ancorché sotto le direttive del proprietario dell'area.
Se dunque la responsabilità, a norma dell'art. 44 cit., è ravvisata financo nell'operato dei meri esecutori materiali, nell'ambito della verifica dell'esistenza del titolo autorizzativo, a maggior ragione la sentenza impugnata ha confermato che non può esimersi da un'elementare attività informativa l'imprenditore specializzato che consente l'uso di proprie attrezzature e di proprio personale, pena l'illiceità dello stesso rivendicato contratto stipulato.
4.1.2. Non sussiste quindi alcun profilo di censura nel provvedimento impugnato, che
- con le integrazioni motivazionali appena ricordate, peraltro non incidenti sul nucleo della decisione e del percorso argomentativo seguito nei due convergenti gradi di merito - ha correttamente applicato i principi appena richiamati. Né, alla stregua di quanto osservato, ha inteso obliterare l'esistenza delle fattispecie contrattuali rappresentate dal ricorrente.
4.2. Infine, quanto alla determinazione della pena, e contrariamente ai rilievi del ricorrente, la Corte territoriale ha motivatamente condiviso la dosimetria determinata dal Tribunale, ribadendone la sostanziale mitezza e la già avvenuta considerazione degli elementi favorevoli evidenziati dall'appellante.
Al riguardo, per vero, nulla di specifico è stato aggiunto o contrastato in questa sede, rispetto a quanto affermato dalla Corte di Appello.
5. In definitiva, la complessiva censura è quindi manifestamente infondata, conseguendone l'inammissibilità del ricorso. Tenuto infine conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere
delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 2.000,00.[/panel]
P.Q.M.
Così deciso in Roma il 25/10/2019.
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