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Sentenza CC n. 29979 del 9 luglio 2019

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Sentenza CC n  29979 del 9 luglio 2019

Sentenza CC n. 29979 del 9 luglio 2019

L'intervenuto condono cosiddetto "ambientale" di cui alla Legge 308/2004 non implica al tempo stesso l'inapplicabilità di demolizione delle opere abusive ex art.31 comma 9 del DPR 380/2001.

Il condono ambientale, di cui alla Legge 308/2004, non implica una sanatoria per i reati edilizi, cioè un condono edilizio di cui al DPR 380/2001: il principio è contenuto nella sentenza n. 29979 del 9 luglio 2019 della Corte di Cassazione, che, poiché distingue tra condono ambientale ed edilizio assume una importante rilevanza.

Condono ambientale e condono edilizio

I due condoni (ambientale ed edilizio) viaggiano su distinti binari, considerando la diversità delle disciplina dettata in materia di interventi di tipo edilizio o paesaggistico:

D.Lgs. 42/2004 (disciplina paesaggistica)
DPR 380/2001 (disciplina edilizia)

______

Penale Sent. Sez. 3 Num. 29979 Anno 2019
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: NOVIELLO GIUSEPPE
Data Udienza: 22/02/2019

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 24 novembre 2017 il giudice dell'esecuzione presso la sezione distaccata di Ischia ha revocato l'ordine di demolizione n. 64/05 disposto dalla Procura della Repubblica di Napoli nei confronti di Mazzella Rosa sulla base del principio per cui l'intervenuto condono cd. ambientale di cui alla L. 15.12.2004 n. 308 implica l'inapplicabilità dell'ordine di demolizione delle opere abusive ex art. 31 comma 9 del DPR 380/01.
2. Avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione il PM del tribunale di Napoli ha
proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo di impugnazione.
3. Si contestano i vizi di cui all'art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e per contraddittorietà manifesta illogicità e apparenza della motivazione, sul rilievo dell'assenza di coordinamento tra la disciplina edilizia e paesaggistica come prospettato dal giudice dell'esecuzione e comunque osservando che l'autorizzazione paesaggistica intervenuta non riguarderebbe l'intero immobile con la conseguenza dell'assenza anche del solo «condono ambientale» per il medesimo e della insussistenza anche in astratto dell'impedimento alla demolizione dell'immobile per l'intervenuta parziale autorizzazione paesaggistica.
4 Mazzella Rosa a mezzo del suo difensore ha presentato memoria ex art. 121 cod. proc. pen. insistendo per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e per avere il Pm fatto riferimento a motivi non dedotti dinannzi al giudice dell'esecuzione nonché ad opere, per sostenere la non estensibilità alle medesime dell'autorizzazione paesaggistica, che non sono oggetto dell'ordine di demolizione. Ha sottolineato la sopravvenuta incompatibilità dell'ordine di demolizione a fronte del rilasciato provvedimento di condono e della sopravvenuta autorizzazione paesaggistica.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.
2. Va preliminarmente evidenziata, con riguardo a quanto di interesse in questa sede, la diversità della disciplina dettata in materia di interventi di tipo edilizio o paesaggistico, che si traduce innanzitutto nella intervenuta redazione di distinti testi normativi (rispettivamente corrispondenti al D.Lgs. 42/2004 e al DPR 380/2001), fondamentali, seppur non esaustivi delle predette, complesse materie.
2.1. La citata distinzione trova peculare espressione in materia di cd. "sanatoria" in senso stretto, nozione quest'ultima riferibile alle ordinarie procedure amministrative attraverso cui sia possibile, a determinate condizioni, superare e, quindi, "sanare", l'illiceità o l'illegittimità di determinati tipi di intervento in materia edilizia o pasesaggistica. Concetto come tale distinto rispetto ai casi di cd. "condono", riguardanti procedure amministrative di tipo eccezionale, riconducibili quindi a fattispecie di "sanatoria" in senso lato.
2.2. Nell'ambito della prima nozione, e con riferimento alla materia edilizia e urbanistica, rileva, con riguardo alle fattispecie di reato, la disposizione di cui all'art. 36 del DPR 380/01, ai sensi della quale il permesso di costruire rilasciato a seguito di accertamento di conformità estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non i reati paesaggistici previsti dal D.Lgs. 42/2004, che sono soggetti ad una disciplina difforme e differenziata, legittimamente e costituzionalmente distinta, avente oggettività giuridica diversa, rispetto a quella che riguarda l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio. (cfr. Corte Cost., ord. 21 luglio 2000, n. 327; in motivazione, Sez. 3, Sentenza n. 37318 del 03/07/2007 Rv. 237562 - 01 Carusotto).
2.3. Proprio il diverso quadro costituzionale e la distinta oggettività giuridica, sottesi alla separata disciplina in materia paesaggistica, spiegano come, diversamente da quanto disposto con il citato art. 36, il rilascio postumo dell'autorizzazione paesistica da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, non determina l'estinzione del reato paesaggistico (art. 181, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42); ciò in quanto tale effetto non è espressamente previsto da alcuna disposizione legislativa avente carattere generale, atteso altresì il divieto di rilascio postumo dell'autorizzazione paesaggistica fissato dall'art. 146, comma dodicesimo, del D.Lgs. 42/2004. Cosicchè, il nulla osta paesaggistico sopravvenuto, ove adottato, ha solo l'effetto di escludere l'emissione o l'esecuzione dell'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi limitatamente a quello previsto dall'art. 181 comma 2 del D.Lgs. 42/2004 (cfr. per tutte Sez. 3, n. 24410 del 09/02/2016 Rv. 267192 - 01 Pezzuto).
2.4. Costituisce un'eccezione al predetto principio, la disciplina di cui alla L. n. 308 del 2004, articolo unico, comma 36, che ha introdotto la possibilità di una valutazione postuma della compatibilità paesaggistica, limitata tuttavia solo ad alcuni interventi minori; all'esito della stessa, pur restando ferma l'applicazione delle misure amministrative ripristinatorie e pecuniarie di cui al D.Lgs. 42/2004, art. 167, non si applicano le sanzioni penali stabilite per il reato contravvenzionale contemplato dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1. Si tratta, in particolare:
- dei lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
- dell'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
- dei lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, ai sensi del DPR 380/2001, art. 3.
Nei casi anzidetti, la non applicabilità delle sanzioni penali è subordinata - in ogni caso - all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento "secondo le procedure di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 quater", introdotto dalla L. 15 dicembre 2004, n. 308: deve essere presentata, in particolare, apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo e detta autorità deve pronunciarsi entro il termine perentorio di 180 giorni, previoì parere vincolante della Soprintendenza, da rendersi entro il termine, anch'esso perentorio, di 90 giorni (cfr. Sez. 3, n. 24410 del 09/02/2016 Rv. 267191 - 01 Pezzuto).
2.5. Ulteriore eccezione al principio della non sanabilità dell'illecito paesaggistico in via ordinaria è data dalla previsione di cui all'art. 181 comma 1 quinquies del Dlgs. 42/2004, ai sensi del quale la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, prima che venga disposta d'ufficio dall'autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1.
2.6. Esprimono la rappresentata diversità di disciplina in materia di abusi edilizi e paesaggistici, anche le disposizioni dettate, tra l'altro, in tema di demolizione e/o ripristino dei luoghi. Infatti, da una parte, per gli abusi ediizi il
legislatore ha elaborato al riguardo le norme di cui agli artt. 31 (in tema di demolizione di interventi eseguiti "in assenza di permesso di costruiire, in totale difformità o con variazioni essenziali"), 33 ("interventi di ristruturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità"), 34 ( "interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire") e 35 ("interventi abusivi realizzati su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici") del DPR 380/01, ed alle stesse ha in alcuni casi ricollegato, a fronte dell'omessa demolizione d'iniziativa dell'interessato, conseguente all'ingiunzione demolitoria comunale, anche l'acquisizione del bene al patrimonio dell'ente locale; dall'altra, con riguardo agli abusi paesaggistici, ha nuovamente formulato una distinta regolamentazione. In particolare, con l'art. 167 comma 1 del Dlgs. 42/2004 ha previsto, in caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza (inerente i "beni paesaggistici"), l'obbligo del trasgressore di procedere alla rimessione in pristino a proprie spese, fatti salvi i casi di sopravvenuto giudizio di compatibilità paesaggistica dell'intervento, secondo quanto previsto al comma 4 del medesimo articolo. Quindi, con riferimento agli
illeciti paesaggistici di cui all'art. 181 del citato Dlgs. 42/2004, ha stabilito al comma 2 che con la sentenza di condanna viene ordinata la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato.
2.7. Giova infine sottolineare, come sopra anticipato, anche la diversità dei beni giuridici tutelati: mentre in tema di reati edilizi l'interesse protetto è sia quello formale della realizzazione della costruzione nel rispetto del titolo abilitativo sia quello della tutela sostanziale del territorio, il cui sviluppo deve avvenire in conformità alle previsioni urbanistiche (cfr. in tal senso per tutte Sez. 3, n. 6671 del 04/05/1998 Rv. 210977 - 01 Losito), in tema di illeciti paesaggistici viene tutelato il paesaggio e l'amoniosa articolazione e sviluppo dell'ambiente (cfr. Sez. 3, n. 43880 del 30/09/2004 Rv. 230184 - 01 Macino).
3. Quanto sopra esposto consente di evidenziare, già soltanto attraverso gli istituti rilevanti nel caso in esame, la diversità di disciplina dettata in materia di regolamentazione degli abusi edilizi e paesaggistici; da tale considerazione consegue quella, ulteriore, per cui non è dato rinvenire un'automatica e necessaria correlazione - e quindi una reciproca influenza - tra le vicende giuridiche che possono interessare un medesimo intervento abusivo e che operino nei distinti settori della tutela paesaggistica o della disciplina edilizia ed urbanistica. In altri termini, in assenza di specifiche disposizioni normative, l'assetto normativo dettato in materia peesaggistica e in quella edilizia ed urbanistica emerge e si configura tendenzialmente in piena autonomia.
3.1. Ciò significa, con riguardo al caso in esame, che l'eventuale venir meno dell'obbligo di ripristinare Io status quo ante dei luoghi, di cui alla citata previsione contenuta nell'art. 181 del Dlgs 42/2004, in ragione della sopravvenuta operatività del cd. "condono ambientale" di cui alla L. n. 308 del 2004, articolo unico, comma 36, non implica, in via automatica, anche una situazione di incompatibilità con il distinto ordine di demolizione emesso ai sensi dell'art. 31 comma 9 del DPR 380/2001, siccome correlato ad una differente tutela di beni giuridici diversi da quelli cui inerisce la predetta disciplina di tipo paesaggistico. Consegue la necessità di escludere la condivisibilità della pronunzia di legittimità citata con l'ordinanza impugnata (cfr. Sez. 3, n. 40639 del 10/10/2008 Rv. 241537 - 01 Chialina), secondo cui in tema di reati edilizi e paesaggistici, il relativo coordinamento imporrebbe, in presenza dell'intervenuto rilascio del cosiddetto "condono ambientale" (L. 15 dicembre 2004, n. 308) "per interventi edilizi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali", l'inapplicabilità dell'ordine di demolizione delle opere abusive previsto dall'art. 31, comma nono, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Tanto più in considerazione della circostanza per cui, a tale principio, non pare corrispondere una complessiva valutazione delle due discipline in esame, in termini tali da potere ribaltare la ricostruzione dei rapporti tra le medesime, come sopra rappresentata.
3.2. Peraltro, occorre anche tenere presente il dato, particolarmente significativo nell'analizzare eventuali interrelazioni tra le due discipline, per cui l'eventuale incidenza del "condono ambentale" anche sui profili edilizi del medesimo immobile non può prescindere dalla necessità che si verta sulla medesima tipologia di interventi. In altri termini, posto che il predetto "condono ambientale" opera, a date condizioni sostanziali e procedurali, solo in rapporto ad interventi "minori" (sostanzialmente riconducibili alle tipologie della manutenzione), esso non potrà mai assumere, neppure in astratto, riflessi su interventi tipologici edilizi di maggiore spessore e di carattere penale. Anzi, proprio il ridotto rilievo degli interventi oggetto di tale condono, non richiedenti, sul piano edilizio, il rilascio del permesso di costruire o di titoli abilitativi equipollenti, porta ad escludere la possibilità che il suo rilascio possa far sorgere problematiche in termini di incidenza su situazioni giuridiche correlate ad abusi di rilievo penale richiedenti il permesso di costruire, commessi nel settore edilizio ed urbanistico.
4. Consegue l'annulamento dell'ordinanza impugnata, con rinvio al tribunale di Napoli per procedere a nuovo esame dell'istanza presentata alla luce dei principi sopra esposti, oltre che previa completa ricostruzione ed analisi delle circostanze concrete, da valutarsi in rapporto alla disciplina di condono di riferimento.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al tribunale di Napoli.
Così deciso il 22 febbraio 2019

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