Circolare ML n. 562 del 1° agosto 1962
ID 23806 | | Visite: 93 | Circolari Sicurezza lavoro | Permalink: https://www.certifico.com/id/23806 |
Circolare ML n. 562 del 1° agosto 1962
ID 23806 | 13.04.2025 / In allegato
Ministero del Lavoro circolare 1° agosto 1962, n. 562 Uso del benzolo nelle attività lavorative.
Data di promulgazione: 01/08/1962
Si sono dovuti lamentare, negli ultimi tempi, numerosi gravi casi di infortuni collettivi per intossicazione da benzolo, che hanno avuto vasta risonanza anche nell'opinione pubblica.
La sostanza in questione - che per le sue ottime qualità di solvente è particolarmente indicata nella composizione di numerosi prodotti, come colle, mastici, cementi, ecc. e trova, pertanto, diffuso impiego in diverse attività industriali e artigianali e soprattutto in quelle calzaturiere - è, infatti, un prodotto tra i più nocivi nel campo della patologia professionale, in ragione della sua tossicità, della sua elevata volatilità e della conseguente tendenza a diffondersi rapidamente negli ambienti.
Questo Ministero ha attualmente allo studio un provvedimento inteso a limitare l'impiego del benzolo nelle attività lavorative, in relazione alle esigenze della sicurezza dei lavoratori. In attesa dell'emanazione di tale disciplina restrittiva e su conforme avviso dell'Ispettorato medico centrale del lavoro, si richiama l'attenzione di codesti Ispettorati sulla necessità di dare la più rigorosa applicazione alle norme attualmente vigenti in materia, le quali, se scrupolosamente osservate, possono contribuire a ridurre notevolmente, sin da ora, il rischio di intossicazione.
Le norme e i criteri, alla cui applicazione codesti Ispettorati debbono soprattutto richiamarsi nell'espletamento della loro attività di vigilanza e nel rilasciare le prescrizioni, sono i seguenti:
1. le visite mediche preventive e periodiche, disposte dall'art. 33 del D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, contenente norme generali per l'igiene del lavoro, devono essere eseguite agli intervalli prestabiliti e con la maggiore diligenza da parte del medico dell'impresa, potendo esse rappresentare l'indice più significativo di un rischio presente nell'azienda. Occorre richiamare il medico affinchè adotti criteri di severità nell'accertamento dell'idoneità al lavoro nelle visite di assunzione, escludendo i soggetti delicati, denutriti, convalescenti da malattie carenziali, oltrecchè gli anemici. A tal riguardo, si richiama l'attenzione degli ispettori medici sulla necessità che essi si avvalgano della facoltà, conferita loro dal predetto art. 33, circa la prescrizione di particolari esami integrativi della visita medica, qualora questa non appaia sufficiente ad evidenziare alterazioni morbose rapportabili al rischio benzolico. Fra gli esami speciali indicati in tal caso, sono da tenersi in considerazione quelli suggeriti dalla Commissione di Alta consulenza medica dell'ENPI, consistenti nell'esame emocromocitometrico, nel conteggio delle piastrine e nella prova del laccio. Si ravvisa, altresì, l'opportunità che gli ispettori medici facciano ricorso alla facoltà, ad essi pure conferita dall'art. 34 delle citate norme, di estendere l'obbligo degli esami medici ai lavoratori che, pur non essendo addetti nell'impresa a lavorazioni espressamente previste dalla legge, tuttavia siano da ritenersi ugualmente esposti al rischio considerato, per il fatto di lavorare nello stesso ambiente in cui si svolgono le operazioni nocive. Criteri assai restrittivi debbono, inoltre, ispirare la concessione delle deroghe all'esecuzione dei controlli medici e l'autorizzazione ai prolungamenti della loro periodicità, previste dal successivo art. 35, non escludendosi una severa revisione delle concessioni eventualmente fatte in materia.
2. Il divieto di occupazione delle donne minorenni e dei fanciulli, nonchè delle lavoratrici gestanti e puerpere, nelle lavorazioni previste dalla voce n. 44 nonchè dalle voci 29, 30, 33, 34 e 50 della tabella A, annessa alla legge 26 aprile 1934, n. 653, dovrà essere rigorosamente applicato. Così pure si deve dare una interpretazione restrittiva alla facoltà attribuita all'Ispettorato di ammettere le donne minorenni ed i fanciulli alle lavorazioni indicate alle voce n. 13 della tabella B, annessa alla legge citata, quando nell'azienda risultino attuate misure di prevenzione. Resta fermo, ben inteso, per queste lavorazioni, il divieto di impiego, previsto per le lavoratrici gestanti o puerpere.
3. Per quanto riguarda la prevenzione tecnica, si richiama la norma contenuta nell'art. 18 del citato D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303 (Norme generali per l'igiene del lavoro), la quale stabilisce l'obbligo di applicare sui recipienti il prescritto contrassegno di pericolo. Tale misura appare di notevole efficacia prevenzionale, specie in determinate condizioni, quali quelle ricorrenti nelle piccole aziende e nell'artigianato, ove il rischio è da mettersi in relazione soprattutto con la scarsa conoscenza della natura del prodotto usato. L'art. 18 sopra richiamato è ancora da tener presente per quel che concerne le disposizioni in cui sono sancite le condizioni di conservazione e di impiego delle sostanze tossiche; chiusura ermetica dei recipienti destinati alla conservazione dei prodotti, limitazione della quantità da tenersi sul posto di lavoro al minimo indispensabile per le necessità giornaliere, allontanamento dei residui capaci di svolgere emanazioni dannose. Nel corso delle lavorazioni si dovrà ridurre al minimo l'impiego allo scoperto del benzolo, sia adottando, ove possibile, sistemi chiusi di lavoro, sia limitando la superficie evaporante dei recipienti. Una misura che l'esperienza ha dimostrato efficace e che può essere proposta, a titolo di esempio, quando occorra attingere frequentemente la soluzione benzolica, consiste nell'adozione di recipienti in cui la limitazione dell'evaporazione viene ottenuta, o con un coperchio in parte fisso e in parte "a bascule", apribile unicamente sotto la pressione del pennello o dell'arnese con cui si attinge la soluzione, ovvero con recipienti in cui l'attingimento della soluzione in parola viene fatto in un condotto di ristretto diametro inserito lateralmente al recipiente stesso.
4. Notevole importanza assume ai fini prevenzionali anche la norma di cui all'art. 19, dello stesso D.P.R. n. 303, la quale prescrive l'obbligo di effettuare, ogni qualvolta è possibile, le operazioni nocive in locali separati dagli altri, allo scopo di non esporre senza necessità al rischio i lavoratori addetti ad altre mansioni. Tale norma, nelle attività in esame, deve trovare idonea applicazione per le varie operazioni precedenti l'impiego delle soluzioni di benzolo. Così pure, occorre evitare di compiere in locali ove sia continua la presenza dei lavoratori, quelle operazioni, quali l'essiccazione dei prodotti trattati, che non esigono di essere costantemente seguite dal personale.
5. E' stato rilevato che seri inconvenienti derivano dal fatto che alle soluzioni fornite dai produttori, anche quando esse non contengono benzolo e sono direttamente idonee all'uso, vengono spesso aggiunte piccole quantità di benzolo, onde riportare le soluzioni stesse al titolo originario di solvente, ridottosi per effetto della evaporazione. Ad eliminare detto inconveniente, spesso si rivelano insufficienti le misure d'ordine tecnico indicate precedentemente. In tali evenienze, e in attesa che la prevista disciplina imponga "ope legis" la sostituzione del benzolo, gli ispettori vorranno fare utile opera di prevenzione, suggerendo agli imprenditori l'adozione di altri solventi, meno nocivi, tecnicamente idonei. Fra i solventi sostitutivi possono proporsi: la benzina, l'eptano, il cicloesano e la trielina.
6. Altro criterio fondamentale di prevenzione tecnica, in tutti i casi in cui non sia possibile evitare lo sviluppo dei vapori, è quello di impedire che la concentrazione di questi nell'atmosfera dell'ambiente superi i limiti di pericolosità, i quali si aggirano, come è noto, sul tasso di 25 p.p.m. (80 mgr/m3). Poichè non può farsi, in linea di massima, un sicuro affidamento sulla sola ventilazione naturale, al fine di una efficace diluizione dei vapori nocivi, è necessario, specie per gli impianti industriali di una certa rilevanza, fare ricorso ad installazioni di ventilazione meccanica.
Questa realizza i massimi vantaggi quando viene collegata ad un razionale impianto di aspirazione localizzata dei vapori, attuata il più vicino possibile ai punti di produzione, secondo i principi fissati dall'art. 20 delle più volte citate norme generali per l'igiene del lavoro. E' appena il caso di rilevare la necessità che l'impianto di aspirazione venga accuratamente studiato, tenendo conto delle varie condizioni nelle quali dovrà operare, soprattutto per quanto riguarda la posizione, la conformazione e le dimensioni delle cappe, nonchè la velocità di richiamo dell'aria. Si deve, inoltre, tener conto del fatto che i vapori di benzolo hanno, a temperatura ordinaria, una densità che è di circa tre volte quella dell'aria, e che, per conseguenza, è da preferire, salvo casi particolari di impiego a temperatura relativamente elevata, l'aspirazione "per descensum". Il corretto funzionamento di siffatti impianti, esige, peraltro, come è noto, il controllo dell'aria che viene immessa nell'ambiente a bilanciare quella estratta con l'aspirazione.
Tale controllo concerne sia la possibilità che l'aria venga richiamata da altre zone inquinate, a loro volta, da vapori di benzolo o da altri agenti nocivi, sia la evenienza che, provenendo l'aria dall'esterno, essa abbia, come accade normalmente d'inverno, una temperatura troppo bassa e costituisca perciò causa di serio disagio per gli operai. Come è dato rilevare con frequenza, gli operai hanno la tendenza, in questi casi, ad intercettare l'arrivo dell'aria, provocando, così, un pericoloso accumulo di vapori nocivi nell'ambiente. E' evidente che nei casi in cui la complessità degli impianti di produzione, la molteplicità e la estensione delle fonti di inquinamento, la loro mobilità, rendano particolarmente difficile una soddisfacente bonifica igienica, occorrerà far ricorso ad un vero e proprio condizionamento dell'aria dell'ambiente. E' superfluo, infine, sottolineare il valore profilattico che, anche nei riguardi del rischio considerato, assumono le varie misure di igiene individuale: curare scrupolosamente la pulizia personale, far uso di abiti da lavoro, impedire il più possibile il contatto diretto del benzolo con la cute (la quale, in certe condizioni, è capace di assorbirlo), evitare di conservare e di consumare cibi sul luogo di lavoro. Una notevole parte delle intossicazioni verificatesi riguarda il lavoro di incollaggio delle calzature, eseguito a domicilio. Poichè una bonifica igienica dell'ambiente e delle modalità della lavorazione è assai difficilmente conseguibile nel lavoro a domicilio, si ravvisa l'assoluta necessità di dare rigorosa applicazione al disposto dell'art. 3, ultimo comma, della legge 13 marzo 1958, n. 264, sulla tutela del lavoro a domicilio.
Tale norma dispone, com'è noto, che le domande di iscrizione al "Registro dei committenti" da parte degli imprenditori debbono essere respinte quando "trattasi di lavoro per la cui natura la esecuzione a domicilio..... risulta nociva, antigienica oppure priva di cautele sanitarie". Non v'è dubbio, a tal riguardo, che il benzolo debba essere considerato una sostanza nociva e che il suo impiego, a domicilio, avvenga, generalmente, in assenza di ogni necessaria cautela sanitaria. Pertanto, è senz'altro da dire che la necessità che il lavoratore a domicilio faccia uso, per l'esecuzione del lavoro commesso, di prodotti a base di benzolo, preclude, in maniera assoluta, la possibilità di ottenere l'iscrizione nel Registro dei committenti.
Nel caso quindi di calzaturifici che commettono a domicilio la lavorazione di incollaggio delle tomaie, o altre lavorazioni comportanti l'impiego di soluzioni di mastici, le domande di iscrizione potranno essere accolte solo a condizione che il datore di lavoro fornisca ai lavoratori i mastici, che questi siano privi di benzolo e che per il loro uso siano impiegati recipienti ad apertura molto ristretta, da fornirsi a cura dello stesso committente. Allo scopo di ovviare agli inconvenienti igienici di cui si è fatto cenno al precedente punto 5, si ravvisa necessario includere, tra le misure alle quali viene condizionata la registrazione del committente, anche l'obbligo da parte di questi di fornire al lavoratore il solvente necessario per riportare il mastice alla consistenza d'uso.
I solventi sostitutivi del benzolo dovranno essere, a loro volta, di bassa nocività (benzina pura, eptano, acetone), escludendosi altri solventi che, pur essendo meno nocivi del benzolo, richiederebbero, tuttavia, l'adozione di misure prevenzionali d'ordine tecnico ed ambientale che, a differenza di quanto si verifica negli stabilimenti industriali, molto difficilmente potrebbero essere assicurate a domicilio. Ai medesimi principi, dovrà, naturalmente, essere ispirata l'azione degli uffici in indirizzo anche nei casi di commissione di lavoro a domicilio da parte di industrie diverse da quelle calzaturiere, qualora nel domicilio debbano essere usati prodotti contenenti solventi nocivi.
...
Collegati
Tags: Sicurezza lavoro