Emissioni odorigene: Quadro normativo
Con l'emanazione del D.Lgs. 183/2017 attuativo della direttiva 2015/2193 sulle emissioni da impianti di combustione, è stato introdotto l'Art. 272-bis nel D.Lgs 152/2006.
L'introduzione dell'articolo, stabilisce (1) e conseguentemente (2):
1) sono individuate nelle Regioni i soggetti che possono stabilire misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene; 2) anche gli impianti che emettono solamente emissioni odorigene "potrebbero" ricadere nell’art. 269, e dotarsi di un’apposita autorizzazione.
Per quanto concerne l'aspetto "Inquinamento" dell'emissione odorigena, non esiste norma specifica, ma solo studi dibattuti, sul fatto che sostanze odorigene siano un "inquinante", gli utlimi studi si posizionano sul fatto che l'emissione di sostanze odorigene, possono costituire "un inquinamento", infatti l'esposizione ad emissioni odorigene prolungate può causare disturbi e provocare sensibilizzazione (vedi ARPAT News).
Il D.Lgs. 183/2017 è il Decreto attuativo della direttiva 2015/2193, relativa alla limitazione delle emissioni di taluni inquinanti originati da impianti di combustione di media grandezza, indipendentemente dal tipo di combustibile utilizzato. La direttiva stabilisce norme per il controllo delle emissioni nell’aria di biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx) e polveri da impianti di combustione medi, nonché per il monitoraggio delle emissioni di monossido di carbonio.
Dal 19 dicembre 2017, data di entrata in vigore del decreto attuativo è modificato il “Testo Unico Ambientale” con l'introduzione del nuovo art. 272-bis:
“1. La normativa regionale o le autorizzazioni possono prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo. Tali misure possono anche includere, ove opportuno, alla luce delle caratteristiche degli impianti e delle attività presenti nello stabilimento e delle caratteristiche della zona interessata, e fermo restando, in caso di disciplina regionale, il potere delle autorizzazioni di stabilire valori limite più severi con le modalità previste all’articolo 271:
a) valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm³) per le sostanze odorigene; b) prescrizioni impiantistiche e gestionali e criteri localizzativi per impianti e per attività aventi un potenziale impatto odorigeno, incluso l’obbligo di attuazione di piani di contenimento; c) procedure volte a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili nell’intorno dello stabilimento; d) criteri e procedure volti a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento; e) specifiche portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento. 2. Il Coordinamento previsto dall’articolo 20 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, può elaborare indirizzi in relazione alle misure previste dal presente articolo. Attraverso l’integrazione dell’allegato I alla Parte Quinta, con le modalità previste dall’articolo 281, comma 6, possono essere previsti, anche sulla base dei lavori del Coordinamento, valori limite e prescrizioni per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo, inclusa la definizione di metodi di monitoraggio e di determinazione degli impatti.
Impianti solo odorigeni e autorizzazione Art. 269
Con l’introduzione dell’art. 272-bis, dal 19 dicembre 2017, anche gli impianti che emettono solamente emissioni odorigene in atmosfera, "potrebbero" ricadere nell’art. 269, che prescrive che tutti gli stabilimenti produttivi che generano emissioni in atmosfera, debbano necessariamente dotarsi di un’apposita autorizzazione.
Nella legislazione nazionale, non è presente una normativa dedicata agli odori, la lacuna normativa statale, ha consentito alle Regioni di legiferare in materia, con la nuova norma stabilisce proprio "la competenza" delle Regioni, in sede di autorizzazione, di prevedere misure di prevenzione e limitazione appositamente definite per le emissioni odorigene.
Nell'ordinamento italiano, fra le norme di primo livello erano assenti disposizioni volte a disciplinare le emissioni odorigene e gli impatti olfatti mediante criteri quantitativi; vi erano solo criteri qualitativi:
- art. 674 codice penale; - art. 844 codice civile; - art. 177 del D.Lgs 152/2006; - R.D. 27 luglio 1934 n.1265, “Approvazione del Testo unico delle leggi sanitarie” Capo III, artt. 216 e 217 (delle industrie insalubri) e successivi decreti di attuazione ed in particolare il D.M. 5 settembre 1994.
D.Lgs 152/2006 ... Art. 177 ... 4. I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare: a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora; b) senza causare inconvenienti da rumori o odori; c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.
Il vuoto legislativo è stato colmato nel tempo da disposizioni locali (regionali) di diverso rango (linee guida, leggi regionali, delibere di giunta, prassi)
La magistratura usava i criteri qualitativi dell'art. 674 cod.penale e dell'art. 844 cod.civile.
Moltissimi provvedimenti di autorizzazione (AIA, ecc.) stabiliscono (con molta discrezionalità) valori limite (quantitativi) per le emissioni odorigene e per gli impatti olfattivi; le violazioni sono sanzionate.
Recente è la Delibera SNPA n. 38/2018 del 03 Ottobre 2018 Metodologie per la valutazione delle emissioni odorigene.
La normativa regionale già presente:
L'APAT nel 2003 ha pubblicato: Metodi di misura delle emissioni olfattive APAT 2003
Cassazione con sentenza n. 36905 del 14/9/2015
La Cassazione con sentenza n. 36905 del 14/9/2015 ha affermato principi chiarissimi:
1. costituisce principio consolidato di questa Suprema Corte (che va qui ribadito) che la contravvenzione di cui all'art. 674 cod. pen. è reato configurabile in presenza anche di "molestie olfattive" promananti da impianto munito di autorizzazione, in quanto non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, con conseguente individuazione del criterio della "stretta tollerabilità" quale parametro di legalità dell'emissione, attesa l'inidoneità ad approntare una protezione adeguata all'ambiente ed alla salute umana di quello della "normale tollerabilità" 2. per la realizzazione del reato ex articolo 674 del Codice Penale è sufficiente l'apprezzamento diretto delle conseguenze moleste da parte anche solo di alcune persone, dalla cui testimonianza il giudice può logicamente trarre elementi per ritenere l'oggettiva sussistenza del reato, a prescindere dal fatto che tutte le persone siano state interessate o meno dallo stesso fenomeno o che alcune non l'abbiano percepito affatto. Nè è necessario un accertamento tecnico. 3. laddove trattandosi di odori manchi la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l'intensità delle emissioni, il giudizio sull'esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni dei testi, soprattutto se si tratta di persone a diretta conoscenza dei fatti, come i vicini, o particolarmente qualificate, come gli agenti di polizia e gli organi di controllo della USL. 4. Ove risulti l'intollerabilità, non rileva, al fine di escludere l'elemento soggettivo del reato, l'eventuale adozione di tecnologie dirette a limitare le emissioni, essendo evidente che non sono state idonee o sufficienti ad eliminare l'evento che la normativa intende evitare e sanziona 5. la definizione di odori “normali”, quali quelli provenienti da un impianto di rifiuti, affermata dai testimoni favorevole alla ditta condannata, sottende questa si un giudizio soggettivo e non si pone in logico contrasto con il fatto che un elevato numero di altre persone fosse concretamente esposta a esalazioni nauseabonde,6. qualsiasi monitoraggio delle emissioni odorigene non può fondarsi su modelli astratti ma sull’applicazione dei modelli in uso alla concreta realtà.
Consiglio di Stato sentenza n. 4588 del 10/9/2014
La Sentenza del Consiglio di Stato sentenza n. 4588 del 10/9/2014 afferma il principio che:
a prescindere dal rispetto dei limiti inquinanti previsti dalla normativa sulle emissioni atmosferiche, se, sulla base di adeguata documentazione scientifica, si dimostra persistere un probabile rischio sanitario per i cittadini residenti, l’autorità competente può negare l’autorizzazione o revocarla in fase di revisione/adeguamento. ... segue
Certifico Srl - IT | Rev. 00 2019 ©Copia autorizzata Abbonati
Info e download
Collegati Direttiva (UE) 2015/2193 Decreto Legislativo n. 183 del 15 novembre 2017 Metodologie valutazione emissioni odorigene
|